(1728) Trattato del ballo nobile di Giambattista Dufort « Trattato del Ballo Nobile di Giambattista Dufort — Delle Riverenze fuor della Danza »
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(1728) Trattato del ballo nobile di Giambattista Dufort « Trattato del Ballo Nobile di Giambattista Dufort — Delle Riverenze fuor della Danza »

Delle Riverenze fuor della Danza

[1] Quantunque il far motto delle Riverenze fuor della danza paia cosa alla proposta materia, di cui mi sono diliberato, poco appartenente; pur nondimeno, considerando quanto sian esse nella società civile e nell’usar necessarie, mi piace (quando altri non fusser contenti di veder questo capitolo disgiunto dal Trattato del Ballo Nobile) anzi d’espormi alla lor giusta, ovvero ingiusta censura, che tralasciar cosa da cui possono spezialmente le Dame ed i Cavalieri, in serviggio de’ quali a sì fatta fatica messo mi sono, alcun profitto ritrarre. Le Riverenze adunque fuor della danza, avvegnaché anzi procedano dal “buon gusto” di chi le fa, dal conversare, e dall’aver imparato a ballare, che da particolari precetti; tuttavia vi sono anche alcune regole generali e costanti, per le quali si possono esattamente e con tutta la grazia adoperare. Si riducon queste al solo numero di quattro, cioè al riverire camminando innanzi, addietro, a man destra e sinistra, ed a piè fermo.

[2] Or volendo il Cavaliere salutare alcuno nel primo modo, mandi, ovvero sdruccioli (secondo l’opportunità di quel luogo ove si dimora), un piè per innanzi, e tenendo il cappello colla man sinistra, chini il corpo, o poco o assai, secondo il merito della persona che riverisce, la quale riguardi egli un pochetto, e graziosamente, nel viso. E volendo nuovamente risalutarla, poiché avrà fatti alquanti passi dalla banda dinanzi, torni, nel divisato modo, a fare la Riverenza.

[3] Le Riverenze che sono da fare camminando addietro servono ordinariamente nel prendere, che alcun fa, congedo da un altro da cui si vuol dipartire. Si fanno queste in quel numero che si conviene, chinando il corpo, e portando, o leggermente sdrucciolando, un piè dopo l’altro, per fintanto che sia lecito di sottrarre lo sguardo della persona che egli saluta.

[4] Le Riverenze che si vogliono fare dall’uno e dall’altro lato sono invero le più difficili. Servono ne’ luoghi dove vi ha gran copia di persone, e ne’ quali v’è obbligo di salutar camminando o solamente quelle che stanno a lato diritto, ovvero quelle che dimorano a man sinistra, o finalmente così l’une che l’altre. Dovendo adunque il Cavaliere entrare in una Galleria, od altra stanza, ove si trovano a man destra e sinistra, e nel fondo di quella, assai Dame e Cavalieri seduti, o che stanno in piedi, convien che, entrato che sarà in essa, faccia a tutta la brigata la sua prima Riverenza: e quindi messosi a camminare sopra la linea retta, e volendo egli salutare alcuna persona a lato destro, innanzi di farsele troppo di presso, guardatala graziosamente nel viso, e nello stesso tempo presentatale alquanto la presenza del corpo, sdruccioli soavemente, o mandi verso l’obliqua il piè destro, e chinando verso di lei il corpo, le faccia la Riverenza. Ed appresso, volendo egli salutare alcuno a man sinistra, cammini, se bisogna, uno, due, o più passi, e portato, o sdrucciolato, che avrà col piè manco verso l’obliqua sinistra, gli faccia, nel modo detto di sopra, la Riverenza. E s’egli vorrà continuare dall’una e dall’altra banda le sue Riverenze, avverta bene a passare da una all’altra obliqua contraria, acciocché non volti le spalle alle persone che stanno da un de’ lati.

[5] Ed ultimamente, le Riverenze a piè fermo servono qualora si vogliono salutare quelle persone alle quali si sta molto di presso. Si fanno esse staccando un de’ piedi dallato ed appoggiatolo a terra; si porti, o si sdruccioli dietro di esso leggermente coll’altro piede, chinandosi il corpo e facendosi quanto è detto di sopra.

[6] Quanto finora è detto serva anche di regola alla Dama nel far le sue Riverenze, la quale può solamente rimanersi di sdrucciolare: e quando vorrà salutare alcuno, basterà solo che si fermi tenendo i piedi sulla prima o sulla terza positura, o alquanto più lontani, quando le fosse più comodo: ed appresso pieghi amenduni i ginocchi nel modo di sopra mostrato nel capitolo della riverenza.