cedendo al voler de la natura Vivi de la tua sorte ognihor contenta :
Né
tentar con pericol manifesto De le tue forze l’im
lla, che non volea per modo alcuno Folle patir d’esser minor del Bue,
Né
creder che colui, ch’era suo figlio, Lei madre vi
mette a far con cor superbo e vano Quel, ch’a ragion tentar non può,
né
deve. Dunque ascolti ciascun l’altrui cons
ragione la sua lingua mova ; Ché non sta con l’età sempre il sapere :
Né
sempre è gioventù mendace e vana. Non gli anni,
ò parmi, che sarebbe buono Torci di questo loco periglioso,
Né
il fulmine aspettar udito il tuono. Onde gli fu
ssa Altri, che del padron il duro legno, Sia ch’ei si sia ;
né
temo altra percossa. Così non prende l’huomo sa
loco, e ancor Signore, Pur che ne stia de la sua sorte al segno,
Né
provi stato del primier peggiore. Nulla è il lo
Vide inchinato far simil effetto : E come quel, che di natura è rio,
Né
havea cagion, e pur volea trovarla Di venir seco
o vere o false Che sian, nel sen de la nequitia sua ; Con cui non val
né
la ragion, né il vero. L’huomo possente e rio r
Che sian, nel sen de la nequitia sua ; Con cui non val né la ragion,
né
il vero. L’huomo possente e rio ragion non sent
to l’anno governò a richiesta Del Contadino. Or finalmente avenne Che
né
biada, né vin quell’anno colse Tanto sterile andò
governò a richiesta Del Contadino. Or finalmente avenne Che né biada,
né
vin quell’anno colse Tanto sterile andò la terra
r del suo consiglio venne. Così devrebbe ognun fidarsi in Dio,
Né
chieder più da lui quello, che questo : Ch’ei, cu
e l’insolenza tua ben ti dorresti, Ben t’avvedresti de la tua pazzia,
Né
lungamente te n’andresti altera. Ella rispose. Be
iò che puoi. Così l’huomo insolente ancorché vile A chi non sa
né
può mostrarsi rio Dà spesso impazzo : ché benigno
alfin d’andar al Pruno, E dar a lui questo supremo grado. Et ei, che
né
di sé, né d’altri havea Cura, che punto l’annoias
ndar al Pruno, E dar a lui questo supremo grado. Et ei, che né di sé,
né
d’altri havea Cura, che punto l’annoiasse mai, Gi
to a ricercar l’altrui governo, Senza pensar qual sia l’ufficio suo :
Né
suole ambition di cure altrui Mover il cor di chi
et uscir d’affanni e duolo. Il caminar a piedi era lor grato,
Né
’l debole animal di peso alcuno, Perch’ei no
el giovine a cavallo Camini, e a piedi il vecchio dispossente.
Né
trovaro alcun mai, cui grave fallo Ciò non p
le, Che far contento ognun pensa e s’ingegna De l’opre sue,
né
questo asseguir vale. Perché in natura tal disc
voglia si compiace ; Chi loda il pan mal cotto, e chi l’adusto,
Né
pur Venere stessa a tutti piace. Chi vuol de l’
Entrò in un tetto di galline pieno Per satiar di lor la lunga fame :
Né
difficil le fu la stretta entrata. Ma quando sati
he non hebbe il modo mai D’uscirne, e si dolea la notte e ’l giorno :
Né
restava però di mangiar sempre De’ polli il resto
sample recunte ici que tuit le lu sunt enveilli en cele pel u il sunt
né
; la remainent tut lur eé. Ki sur le lu meïst bon
tado : E sì forte d’Amor sentì l’ardore, Che mai non havea ben giorno
né
notte Pensando sempre a la fanciulla amata. Et pe
sicuro Era dal gran valor del fier Leone, Che non haveva più l’ugne,
né
i denti, Non solo di negargli hebbe ardimento La
DEL SERPENTE, ET GIOVE. IN mezo d’una via stava il Serpente,
Né
però ad altri facea danno alcuno, Anzi sempr
e sempre mi consola, È la medesma et a l’Estate e al verno,
Né
accidente alcun giamai l’invola. Quel bene adun
lan, l’ayant aperçue, dit : « Tu n’as que ce que tu mérites, puisque,
née
oiseau, tu cherchais ta vie sur la mer. » Ainsi l
iava, e in van scoteasi. Il suo padron vedendol sen ridea :
Né
per quello aiutar però moveasi. Intanto un L
sento, onde potria dir forse alcuno Ch’io non sia per sentir mai mal
né
bene ; Io, che cangiato havrò sorte e figura, In
esti sfere, Che danno al tutto ognihor principio e fine. Così parlò :
né
la Cicogna pote Dir altro contra a sue vive ragio
si dolea che l’ampia fronte Non havea, come il Bue, di corne armata ;
Né
la Simia facea minor lamento Di non haver la coda
giù di campi un largo piano : Et da stupore, et gran cordoglio mossa,
Né
senza grave horror del suo periglio Tra sé medesm
tosto l’afferrò per divorarlo. Ei che s’accorse del crudele effetto,
Né
scampo a sua salute haver poteva, Lagrimando tra
ispose il Serpe : Avienti questo Sorella mia, perché tu fuggi e cedi,
Né
forza mostri, onde far possi offesa A qualunque a
fuggissi. E tanto scorno, e dispiacer ne prese, Che viver non sapea,
né
comparire Fra le compagne sue di quella priva. E
devria colui lasciar le imprese, Che impossibili sono alle sue forze,
Né
contrastar con quel, ch’è più possente Di virtute
ustitia il vendicar il torto, Che l’innocenza da l’huom empio sente ;
Né
merita da gli altri haver perdono Chi fa senza ra
σιν. Codd. Ba 49 Bb 31. Dans la saison d’été, quand la chaleur fait
naître
la soif, un lion et un sanglier vinrent boire à u
abandonné même leur vrai propriétaire, avec qui la nature les a fait
naître
? » Il ne faut pas nous affliger des accidents qu
l tempo : onde ne nasce poi Che la soma di quel sopra lui cade Tutta,
né
trova chi gli porga aiuto Per giusta ira del ciel
Tal l’huom bugiardo e di malitia pieno Rimaner suole a lungo andar,
né
puote Sempre venir al fin del suo pensiero Con la
le mie spese imparo Fuggir così de l’acqua ogni periglio :
Né
fuori uscir, se non è ’l ciel ben chiaro. Tal d
moy tu médis l’an passé.
Comment l’aurois-je fait si je n’estois pas
né
?
Reprit l’Agneau, je tete encor ma mere,
Si ce
tue tutte, e far tue forze vane, S’io mi degnassi di contender teco,
Né
da cura maggior cacciato io fussi Al corso, che v
SAVA un Contadin col carro carco Di biada per un calle assai fangoso,
Né
havendo i buoi per la stanchezza forze D’indi rit
Sarò da chi vorrà movermi guerra, Non havrò tempo d’arrotar i denti,
Né
d’altro far, ch’oprar l’armi e la forza. Però nel
on ha in mente havuto. Chi servo è del Tiran vive in periglio,
Né
li giova innocenza, o buon consiglio.
mesmes que la Nature commet pour leur gouvernement. Ces Presomptueux
naissent
avec tant d’amour propre ; Ils s’estiment si gran
tion de leur esprit. Ils croyent bastardes toutes les plantes, qui ne
naissent
point en leur terroir : Ils jugent de la conduite
dopo andò la madre anchora Per procacciarne a i figli esca novella :
Né
apparve in tanto metitore alcuno. Ma quando più l
due messore porti, onde ambidue Noi farem cotal opra ad agio nostro,
Né
ad alcun altro havremo obligo alcuno. Il c
iez pas tant à souffrir ;
Je vous defendrois de l’orage :
Mais vous
naissez
le plus souvent
Sur les humides bords des Royaum
aglio al collo al Gatto ? A tal proposta ognun muto restossi :
Né
seppe dar al ver risposta alcuna : E van restò di
olazzi e feste : Ond’esso mal pasciuto a le fatiche Sempre era posto,
né
mai conoscea Il giorno da lavor da quel di festa,
In caricarmi del caduto peso, Che, come vedi, ancora in terra giace :
Né
da te cerco verun’altra cosa. Così molti l
egli ti nudrisce et pasce Di miglior cibo ; perché allhor s’appressa (
Né
vorrei dirlo) di tua vita il fine ; Quando egli h
de pene e guai, Et è superbo a quel, che gli è più humile :
Né
può placar un beneficio pio Un cor, che nato
io. Tal l’huom, che studia al fin de le sue brame Venir un dì,
né
haverne il modo sente, Dee con prudenza usar
vera cagion ; ché tanto offende, Quanto ferisce de la voce il suono :
Né
più oltra può far di quel, che ’l vento Opra, che
satiaro a pien l’ingorda fame, Benché tremanti, e di sospetto pieni :
Né
però si sapean levar da mensa Dal gusto presi del
or vi trarrete de l’error comune, Nel quale ognun precipitoso corre :
Né
stimarete l’oro, o ’l lucid’ostro, O le delicatis
d’ogni mal è padre ; e gli ricorda A non marcirsi nelle pigre piume ;
Né
per ciò canto fuor di tempo mai. Soggiunse
tu oses, tout nouveau venu, pousser de pareils cris, tandis qu’à moi,
née
à la maison, les maîtres m’interdisent de crier !
a qui n’est pas loin,
Que ce qu’elle répand sera vôtre ruine.
De là
naîtront
engins à vous enveloper,
Et lacets pour vous att
essendo di natura empi e malvagi, Sono vuoti d’amor, di fede scarsi ;
Né
conto fanno de l’amore altrui, Ma sprezzano egual
breve spatio avanzar tutte Le fatiche de l’altro, e ’l tempo corso :
Né
s’accorge, ch’un sol continuo moto, Benché debole
« Je n’en veux pas tant à la hache qui me coupe qu’aux coins qui sont
nés
de moi. » Il n’est pas si rude d’essuyer quelque
disait en mourant : « Malheureux et insensé que je suis ! n’étant pas
né
de parents guerriers, pourquoi suis-je parti en g
nt au Buisson, c’est la marque d’une humeur pesante, qui n’estant pas
née
aux grandes choses, demeure enracinée dans une pl
ervar de l’amicitia vera Le ragion sante, e con l’honesto il dritto :
Né
per cagion benché importante assai, Che dal giust
ssuna guardar verso l’uscita : Ond’io fo stima molti esservi entrati,
Né
fatto haver alcuno indi partita : Però lasciovi i
rit : « Mais l’an passé tu as insulté mon père. — Je n’étais pas même
né
à cette époque, » répondit l’agneau. Alors le lou
lui, di cui già possessore Si sente, e haver tutte le forze in mano ;
Né
vuol haver per altri indarno speso Il valor propr
ent jugeant tous leurs advis reprochables. Mais de quelque source que
naisse
ceste imprudence, soit de l’une de ces causes soi
n la Terre saincte, et par Othoman en l’Asie Mineure, quoy qu’il fust
né
sujet et serviteur de Saladin leur Roy ? Tout de
plice è come tu semplice sei, Tutto benigno, e pien di scherzi vani ;
Né
mai del sangue altrui si nutre e pasce : E sol pe
’est encore une chose comme fatale à ceux qui en sont sortis, d’estre
nés
aux grandes Negotiations, où ils ont accoustumé d
ants, encore qu’à la verité ce soit une chose indigne d’un homme bien
né
de tomber en cét inconvenient envers qui que ce s
t souffert les approches de leurs Valets ? bref, combien de personnes
nées
de familles ennemies, qui se sont naturellement e
et mediocre injure. Il est donc certain qu’une ame genereuse, et bien
née
, pour estre outragée n’en perdra jamais la tranqu
co Corradi, 11 octobre 2016 Biographie Giovan Mario Verdizzotti,
né
à Venise entre 1537 et 1540 et mort entre 1604 et
rects de Phèdre ont à leur tour été imités, et de ces imitations sont
nées
de nouvelles collections de fables, qui, à défaut
em Pierio mater enixa est jugo. C’est sur le mont Piérus qu’il était
né
. Il est vrai que plusieurs critiques, parmi lesqu
nt implicitement quel était le versant du Piérus, sur lequel il était
né
; car ce mont, comme l’Olympe et l’Ossa, était co
Ossa. » Comme la Thessalie dépendait de la Grèce et que Phèdre se dit
né
, non pas en Grèce, mais dans le voisinage, il fau
é les noms de ces deux poètes de la Thrace que pour se justifier, lui
né
plus près qu’eux de la Grèce, d’être entré dans l
omme le Père Desbillons, que Phèdre a voulu dire que Linus et Orphée,
nés
en Thrace, n’étaient pas autant que lui voisins d
vec le Père Desbillons et avec Schwabe que Linus et Orphée avaient pu
naître
dans la partie de la Thrace restée en dehors de l
is le Scythe. C’est à eux qu’il fait allusion, quand il dit qu’il est
né
plus près de la Grèce, et il ajoute que son pays
rèce, et il ajoute que son pays plus voisin du foyer des lettres a vu
naître
Linus et Orphée. Qu’on lise toute la période qui
e à sa voix25 ! Mais, objectera-t-on, comment se fait-il que Phèdre,
né
en Macédoine, ait pu se dire le compatriote des p
ce et sa nationalité, j’aurais à indiquer la date à laquelle il était
né
. Mais sur ce point les documents font défaut, et
imativement fixée. Il a été également impossible de savoir s’il était
né
dans l’esclavage, ou si, né libre, il y était ens
également impossible de savoir s’il était né dans l’esclavage, ou si,
né
libre, il y était ensuite tombé. Il en a été enfi
rre Pithou fut l’aîné des deux enfants issus de cette union. Il était
né
à Troyes, le 1er novembre 1539. Son père, qui éta
re savoir que Jacques de Bongars, seigneur de Bauldry et la Chesnaye,
né
à Orléans en 1554, décédé à Strasbourg en 1612, a
on mariage avec Louis Le Peletier, secrétaire du roi, ajoute Grosley,
naquit
l’illustre Claude Le Peletier, qui succéda au gra
l il est tombé me fait un devoir de rappeler ce qu’il a été. Il était
né
à Orléans, en 1568, c’est-à-dire dans la ville et
l’ouvrage, je crois devoir dire d’abord quelques mots de l’auteur. Il
naquit
, en 1430, à Sassoferrato, sur les confins de l’Om
avant, parcourait l’Europe. Il se nommait Jacques-Philippe d’Orville.
Né
le 28 juillet 1696, il avait d’abord été confié à
avait pas été moins rude. L’autorité, qui s’attachait à son nom, fit
naître
des doutes, et, il faut bien le dire, ils furent
. « Phèdre lui-même, lui écrivait-il207, a fait connaître qu’il était
né
en Thrace, dans la partie de ce pays voisine de l
l n’est pas besoin de supposer qu’il n’a voulu parler que des auteurs
nés
à Rome pour trouver dans son langage une explicat
’écriture, et c’est d’abord par la tradition qu’elle s’est conservée.
Née
dans l’Inde, elle.se trouve dans les plus anciens
ait celle d’un moine nommé Adémar. Adémar, qu’on appelle aussi Aymar,
naquit
vers 988, à Chabanais, localité située à distance
ue ce personnage eût existé, ces mots ne permettraient pas de le dire
né
à Athènes. Au moins l’époque de sa vie était-elle
eux collections a été la fille de l’autre, ou si toutes les deux sont
nées
des fables de l’Æsopus ad Rufum, dont on pourrait
collections du manuscrit de Wissembourg et de Romulus sont deux sœurs
nées
de cet Æsopus, dont elles diffèrent un peu l’une
rles Burney, de qui je vais d’abord en quelques mots retracer la vie.
Né
, le 4 décembre 1757, à Lynn dans le comté de Norf
utes les autres. Elle fut publiée par le Dr Henri Steinhöwel, médecin
né
à Wyrms, qui exerçait à Ulm sa profession, et imp
§ 8. — Éditions de Venise de 1493 et 1494. Hermann Liechtenstein,
né
à Cologne, mais établi à Venise, imprima de 1493
à quel personnage il se rapporte. Aussi n’en dirai-je que deux mots.
Né
en 1057, à Lavardin dans le Vendômois, Hildebert
i, plein d’amour pour les lettres et les fruits heureux qu’elles font
naître
, passa sa vie à former une bibliothèque distingué
înent comme les événements politiques. Les fables en vers de Walther,
nées
du Romulus ordinaire, extrait lui-même du Romulus
te et son contemporain, en fut, comme lui, le traducteur poétique. Il
naquit
à Saint-Alban, au mois de septembre 1157. Tanner,
parce que l’autre collection, enfouie dans le monastère où elle était
née
, ne lui était pas connue. Il m’est facile de just
Au contraire, dans toutes les collections qui m’ont paru directement
nées
du Romulus primitif, elle appartient au livre I.
s montrer qu’ils ne peuvent être issus l’un de l’autre et qu’ils sont
nés
d’un auteur commun qui ne peut être que le Romulu
bles, on n’a plus de texte latin qui permette de savoir si elles sont
nées
du Dérivé complet ou si au contraire ce dernier e
e qui n’était peut-être pas bien nécessaire, établi qu’il n’était pas
né
du Dérivé complet, mais encore j’ai, ce qui était
Le Dérivé hexamétrique n’est pas la seule collection poétique
née
de la prose du Romulus de Nilant. Il en existe un
Phèdre, livre IV, 1re partie, fable v. 68. Adry (Jean-Félicissime),
né
, en 1749, à Vincelotte, petit village de la Bourg
oyez p. 749 et suivantes. 75. Beaucousin (Christophe-Jean-François),
né
à Noyon en 1731, fut reçu avocat au Parlement de
voici comment M. Fétis s’explique sur son origine : « Que Guido soit
né
à Arezzo, cela ne paraît pas pouvoir être mis en
nom d’Aretinus. « Cependant il s’est trouvé des auteurs qui l’on fait
naître
ou du moins vivre en Normandie, en Allemagne, en
stiani Liebezeit, in-18. (Voyez p. 350 et 351.) 151. Louis Jacobilli
naquit
à Rome en 1598. Laborieux compilateur, il dirigea
-12. (Voyez articolo XV, nº XLIII, p. 455 à 468.) 154. Apostolo Zeno
naquit
à Venise, le 11 décembre 1668. Littérateur consci
par d’autres portant celui de Barbou. 165. Sanadon (Noël-Estienne),
né
à Rouen le 16 février 1676, entra dans la Compagn
urut à Paris en 1731. 166. Valart (Joseph), grammairien et critique,
naquit
au hameau de Fortel près de Hesdin, dans le diocè
age, p. 399. 180. André Contrario, littérateur du xve siècle, était
né
à Venise. Æneas Sylvius, son ami, étant devenu su
III, pages 574 et suivantes. 290. Le diacre Paul, historien lombard,
naquit
vers 730 à Aquilée selon les uns, vers 740 à Civi
tium. Romæ, 1483, in-4º. 308. Laurent de Médicis, dit le Magnifique,
né
le 1er janvier 1448, succéda à son père Pierre Ie
la Raccolta Pesarese, etc. N. R., t. XXIV, p. 23 et s. 414. Morelli,
né
à Venise le 14 avril 1745, a été un des premiers
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