(1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Dedica] »
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(1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Dedica] »

[Dedica]

A sua eccellenza il signor D. Giuseppe Niccolo’ d’Azara

Cavaliere del reale e distinto ordine Carlo III, consigliere di S. M. Cattolica nel consiglio di azienda, suo agente procurator generale e ministro plenipotenziario nella corte di Roma ec.

Stefano Arteaga

[1] Se in un secolo come il nostro, se ad un uomo quale voi siete, io non presento una di quelle opere importanti che influiscono direttamente sul bene delle nazioni; io vi prego, o Signore, ad attribuirlo meno al non averne sentito gl’impulsi che al destino che mi vieta di secondarli. Il privilegio di afferrare certa classe d’oggetti, siccome non è concesso a tutti gl’ingegni, così non è proprio di tutte le circostanze. La natura, che non ha voluto annoverarmi tra quelli, è andata perfettamente d’accordo colla fortuna che mi frappone l’inciampo di queste.

[2] Ma a chi non può inalzare da pianta un novello edifizio rimane pur anco il non isteril compenso d’osservare, ed illeggiadrire i già fabbricati. Il gusto che percepisce, confronta ed analizza i rapporti; la critica che ci rende sensibili alle bellezze e ai difetti e che, indicando gli errori altrui, ci premunisce contro alle inavvertenze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggioso, ma talvolta poco avveduto. Il primo è come il microscopio applicato a gli occhi della ragione. La seconda è quel freno salutare, senza cui gl’impeti più felici non sono per lo più che altrettanti indizi di non lontana caduta.

[3] Incoraggiato da tai riflessi oso offrirvi, o Signore, insiem colla storia del più brillante spettacolo di Europa alcune mie osservazioni sulla maniera di perfezionar le varie e moltiplici parti, che lo compongono. Avrei voluto, e l’avrei certamente voluto con quel zelo, che l’amor nazionale ispira, e giustifica, consecrar alla nostra comune dilettissima patria le mie fatiche: allora io vi sarei venuto avanti con un dono più degno di voi, e la mia patriotica riconoscenza non sentirebbe ad ogni momento l’involontario rimorso di menar sulla terra una vita inutile affatto per la sua gloria. Ma dopo qualche lavoro intrapreso ad ottener un tal fine, mi ritrovai per mancanza degli opportuni letterari sussidi, come il Dedalo della favola allorché adagiava le piume sugli omeri del figlio «Bis conatus eram… Bis patriae cecidere manus.»

[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.