(1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13
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(1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13

Capo II.
In quali cose si rassomigli ogni teatro.

Una catena d’idee, uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che non comunicavano insieme; e ’l concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pur senza bisogno d’esempio, le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri.

Come il genere umano diviso in gran famiglie e società civili ha assicurata la di loro sussistenza coll’unione delle forze particolari di ciascun corpo, e provveduto al comodo colla fatica, volgesi tosto a procacciarsi riposo e passatempi. Manifesta allora il suo spirito imitatore, e chiede un teatro. Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella d’una divinità e di culto religioso (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto é minore la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del suo discorso. Quindi é, che non sì tosto egli comincia a far pruova delle forze del proprio ingegno, che ne dirige le primizie a quella prima cagione, da cui sente interiormente di dipendere. Troviamo perciò nella storia anteriori ad ogni altra produzione profana gli oracoli composti da’ sacerdoti gentili, le greche poesie nomiche e ditirambiche, i versi saliari del del Lazio, gl’inni peruviani al Sole, quelli de’ germani alle loro guerriere divinità, e tanti altri. Pieni adunque i popoli di tali idee religioso, le trasportano molto naturalmente eziandio ne’ loro piaceri, i quali in tal guisa quasi consacrati si cangiano in una spezie di rito; ond’é, che per primo fatto generale osserviamo, che in tanti paesi tutte le prime rappresentazioni furono sacre.

Il nostro intendimento poi, il quale da’ sensi attende le notizie delle cose esteriori, non in un tratto, ma successivamente si arricchisce. Egli si avvezza al facile, cioé ad osservare i particolari e a dipingerseli; e prima di avere acquistato una gran copia d’immagini, e d’averle in mille guise combinate, non può per una piena induzione sollevarsi all’ardua impresa di afferrar gli universali, donde comincia il sillogismo. L’uomo adunque procede per gradi ne’ lavori dell’ingegno, ed é naturalmente prima poeta che filosofo. Perciò s’incontra da per tutto la poesia coltivata prima della filososia, e l’esercizio di verseggiare anteriore allo scrivere in prosa. Cominciando dagli ebrei, l’opera letteraria più antica sono i due cantici del gran legislatore Mosé. Le memorie dei defunti scolpite nelle colonne egiziane erano in versi. Tra’ barbari (dice Aristotile Polit. lib. I) le prime leggi, furono dettate in canzoni. I goti, antichi popoli della Scandinavia, che abitavano nelle coste del Baltico, ebbero le famose rime runiche de’ loro poeti chiamati scaldi 2. I celti, nazione più antica e più potente de’ goti, ebbero in grande stima ed onore i loro bardi. Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma:

……………… Vedi con esso
I gran figli del canto, Ullin canuto,
E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino
Dall’armonica voce, e di Minona
Il soave lamento3

Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora. I versi saliari latini sono anteriori alla prosa usata per la prima volta da Appio Cieco contra Pirro. All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni europee, prima d’aver chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di trovatori provenzali e di rimatori siciliani. Molti negri africani e indiani senza lettere fecero versi. I Caraibi componeano canzoni. I messicani ne insegnavano alcune a’ fanciulli, le quali conteneano l’imprese de’ loro eroi, e servivano d’istorie. «Strana cosa (diceva il signor di Voltaire), che quasi tutte le nazioni abbiano prodotto poeti prima d’ogni altro scrittore». Tant’é. La prosa che ragiona, abbisogna di metodo e di principi che non si acquistano prima che l’intendimento non si perfezioni. La poesia che dipinge, abbisogna d’immagini che rappresentano le cose, la cui storia dalla prima età si va imprimendo nella fantasia. Oltre a ciò gli scrittori primitivi ambivano di scortarsi dal favellar volgare, e non essendo ancora destri abbastanza per conseguirlo nella sciolta orazione che aveano comune con tutti, adoprarono il meccanismo de’ versi che subito e con poca spesa si allontanano dal linguaggio naturale. Quindi si scorge perché tutte le prime composizioni sceniche, come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura, si trovino scritte in versi, ch’é il secondo fatto generale che notasi ne’ teatri.

Ma quando le società divengono più colte, saltano subito agli occhi gl’inconvenienti che produce quel mescolarsi un divertimento colle dilicatissime materie religiose. Allora le classi de’ cittadini si vanno aumentando; si assegnano a ciascuna di esse i limiti e le cure corrispondenti; e la religione intatta e rispettata va a sedersi in un trono augusto e sublime, donde si vede a’ piedi i seriosi capi delle società, non che i poetici scherzevoli capricci. Da tal punto i poeti teatrali rivolgono tutta la loro curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli eventi mediocri, né scoprono l’ingiustizie, le stravaganze, il ridicolo, ne tentano la correzione, ed i teatri fortunatamente si veggono cangiati in tante scuole di sana morale. E’ il terzo fatto osservato in tutti i teatri.

Cresce poi nelle nazioni colla coltura la popolazione, colla popolazione la ricchezza, colla ricchezza il lusso, e col lusso crescono nuovi bisogni e nuovi mali. Il teatro che dee considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a quei mali, s’infervora, trascorre, e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa coll’esempio del resto della società. Nell’uno e nell’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al suo dovere. Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppar l’attività degl’ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto felicemente un effetto assai diverso; perocché in cambio di trattenere il volo delle fantasie de’ poeti, la legge gli ha costretti ad uscir dell’uniformità, a spianarsi nuove strade, ed a rendere il teatro più vago, più vario, e più delicato. Ed é questo il quarto fatto rimarchevole che troveremo avverato in tutti i teatri europei; e dall’analogia delle idee siamo portati a conchiudere, che troveremmo l’istesso parimente presto gli orientali e presso il peruviano, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto possiamo instruirci della legislazione e poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nell’istesso punto di vista che qui presentiamo.