(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 32-37
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(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 32-37

CAPO VI.

Teatro Materiale.

Roma prima del tempo di Pompeo ebbe teatri magnifici che per qualche occorrenza si eressero di legno, e si disfecero. Tutto ciò che osservammo nella costruzione del teatro Greco, videsi ne’ teatri Romani innalzati estemporaneamante. Vitruvio ci fa sapere che in essi soltanto desideravansi que’ vasi di rame che rendevano la voce più sonora, e che questi non istimaronsi necessarii, perchè i tavolati a un di presse so facevano l’effetto medesimo de’ vasi. Incredibile era la loro sontuosità. L’immaginazione de’ romanzieri la più fertile non avrebbe potuto ideare un teatro più magnifico di quello di Emilio Scauro quando fu creato edile. Ornavano la scena trecentosessanta colonne divise in tre ordini, nel primo de’ quali esse erano di marmo di trentotto piedi di altezza, nel secondo di cristallo, nel terzo di legno dorato. Tremila statue di bronzo vedevansi collocate fralle colonne. Tali e tanti erano i fregi e i quadri, e così pompose le decorazioni, che essendosi così preziosi materiali bruciati per malignità degli schiavi di lui in una casa di campagna che avea in Tuscolo, ne montò la perdita a cento milioni di sesterzi in circa, cioè intorno a due milioni e ottocentomila ducati napoletani. Qual principe moderno ha mai profuso in un teatro momentaneo il valore che perdè allora quell’Edile?

Il primo che pensò a costruirne uno stabile di pietra, fu Pompeo, e l’eseguì nel suo secondo consolato che esercitò insieme con M. Licinio Crasso l’anno di Roma 699 secondo Plinio e Plutarco; e i lodatori degli andati tempi e costumi suoi coetanei ne’ l censurarono. Il disegno si tolse dal greco teatro di Mitilene; ma si concepì assai più splendido, pieno di commodi e di delizie, e capace di circa quarantamila personea. Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove s’innalzò questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti, non potendo contenere che ventiduemila spettatoria. Nè anche in questi teatri stabili Romani si collocarono i vasi di rame o bronzo soprannomati, per quel che osserva il più volte lodato architetto Vitruvio. Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di greca origine, come Napoli, Taranto ed altre del nostro regno. Nè tutte gli avevano del mentovato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi produssero il medesimo ottimo effettob.

In pochissime altre cose differivano da’ teatri Greci i Romani. Il pulpito Romano era più spazioso del Greco, perchè in Roma ogni spezie di attori operava nel-pulpito, ed all’opposto i Greci, come dicemmo, si valevano dell’orchestra per una specie di attori, cioè pe’ musici e danzatori. In oltre il pulpito Romano non dovea passare l’altezza di cinque piedi, perchè collocato più alto avrebbe incomodato i più ragguardevoli spettatori, i quali sedevano nell’orchestra che ad esso pulpito era immediata.

L’ordine di sedere agli spettacoli Romani era il seguente. Vedevasi nell’orchestra il podio, in cui si collocava una specie di cattedra o trono per l’imperadore, quando vi assisteva, oltre alle sedie curuli de’ magistrati. I senatori occupavano immediatamente alcuni scaglioni superiori della stessa orchestra. Seguivano poscia i quattordici gradini destinati ai cavalieri. Più sopra sedeva la plebe, e gli scaglioni da essa occupati chiamavansi popolari. Tutta adunque la scalinata dividevasi in tre spartimenti, basso, mezzano e superiore, detti da’ Latini ima, media e summa cavea, delle quali parti l’ima occupavasi da’ senatori e cavalieri, e la media e la summa dal rimanente del popolo. La media però era più decente della summa, perchè in questa sedevano le persone più vili e mal vestite. Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in un luogo popolare, e suddivideremo questo in equestre e popolare. Cosi l’ima cavea apparterrà a’ senatori, la parte media più vicina all’orchestra a’ cavalieri, e la più lontana insieme colla summa a’ plebei. Gli ambasciadori stranieri aveano luogo nel più basso spartimento co’ senatori; benchè poscia Augusto al vedere che mandavansi spesso per ambasciadori i figliuoli de’ liberti, negò loro il luogo nell’orchestra. Oltre a ciò pose Augusto nel sedere un ordine diverso dall’antico. I Militari si collocarono in un sito o cuneo separato: in un altro i pretestati co’ loro pedagoghi: in un altro anche a parte i mariti plebei: alle donne, che prima solevano intervenire alla rinfusa, impose che soltanto dall’alto ed in sito segregato, potessero vedere. Le Vestali occuparono un luogo distinto dirimpetto al seggio del Pretorea. Tra esse volle Augusto che si collocasse la sedia di Augusta allorchè veniva in teatrob. I luoghi più elevati riserbaronsi alla plebaglia più sordida ed abjettac.