(1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252
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(1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

CAPO II.
Teatro Alemanno.

La turgidezza, i frizzi e le metafore stravaganti di Lohenstein, non meno che le bassezze di Cristiano Weisse, andavano sin dal principio del secolo cadendo nel meritato disprezzo. La giustezza e la verità de’ pensieri e la correzione dell’espressioni già campeggiava nelle opere di Wolf, di Canitz, di Breitinger, Neukirck, Haller, Hagedorn, Mosheim, Bodmer, Gottsched. Il solo teatro trovavasi tuttavia sino alla fine del 1730 in preda all’arlecchino, a Giovanni Salciccia, ai GranDrammi politici ed eroici. E a chi debbonsi i primi tentativi per la riforma del teatro Alemanno? Una donna, un’ attrice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarla e d’imprenderne l’esecuzione, e coll’ animare Gottsched a travagliarvi, e coll’ innoltrarsi ella stessa nell’sardua impresa, ad onta delle persecuzioni, correndo per la Sassonia e facendo la guerra al mal gusto. Kock abile attore ne secondò coraggiosamente gli sforzi traducendo alcuni componimenti francesi.

Il di lei entusiasmo passò al nominato professore di Lipsia Gottsched pieno della lettura de’ drammi francesi e persuaso della giustezza de’ loro principj. Tradusse dal francese, compose e fe comporre ad altri diversi componimenti da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswick. A norma ancora del Catone di Addisson compose il suo Catone moribondo. Zelante osservatore delle regole ne fece una tragedia regolare; freddo, depresso e poco nobile verseggiatore la vestì umilmente. I di lui colleghi conposero Dario, Benisa, il Bello spirito, l’Ippocondrico ed altre tragedie e commedie modellate freddamente alla francese. Gottsched unì a’ suoi tutti questi componimenti, e gli pubblicò in sei volumi. Madama Gottsched conferì ancora a’ di lui disegni col Penteo tragedia e colle commedie il Testamento ed il Matrimonio disuguale scritte con purezza, ma pesanti, sprovvedute di calore e spesso nojose per la lunghezza.

La nazione posta in movimento applaudi al disegno di una riforma, ma se ne disapprovava il mezzo scelto, cioè l’esempio de’ Francesi. “Il nostro gusto e i nostri costumi (osservavasi nelle Lettere sulla moderna letteratura pubblicate dal 1759 sino al 1763) rassomigliano più agl’ Inglesi che a’ Francesi: nelle nostre tragedie amiamo di vedere e pensare più che non si pensa e non si vede nella timida tragedia francese: il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di noi più impressione del tenero e dell’appassionato, e in generale noi preferiamo le cose difficili e complicate a quelle che si veggono con una occhiata”. Simili riflessioni contrapposte a quelle de’ seguaci di Gottsched fecero nascere in Germania due partiti, quello degl’ imitatori di Cornelio e Racine scrupolosi osservatori delle regole, e quello de’ seguaci di Shakespear ed Otwai anche nelle mostruosità. Applaudiva il pubblico or l’uno or l’altro partito, e la sua approvazione data a due gusti contrarj provava contro ambedue che l’un cammino e l’altro corso con genio poteva menare al medesimo scopo. Venne poi chi ne propose un terzo.

Quest’emulazione ha purgato in gran parte il teatro tedesco delle passate stravaganze. L’Alemagna già conta varj drammatici degni di lode. Tale in prima è Giovanni Elia Schlegel benchè morto nel più bello della carriera. Suoi lavori scenici furono cinque tragedie in versi, Arminio, Didone, Canuto re di Danimarca, le Troadi di Seneca e l’Elettra di Euripide, e tre commedie in prosa, il Trionfo delle donne sagge, la Bellezza mutola ed il Misterioso. Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia; tralle seconde si applaude il Misterioso per la decenza e per la moralità, benchè vi si desideri la piacevolezza comica. La morte gl’ impedì di riuscir quanto poteva. Il re di Danimarca Federigo V l’aveva tirato ne’ suoi dominj, ove Schlegel godeva di una comoda fortuna essendo cattedratico a Soroë.

Giovanni Behermann negoziante di Amburgo morto da non molti anni compose due tragedie ben verseggiate, il Timoleonte, e gli Orazj nella quale imitò Cornelio. Esse hanno un merito competente, e solo i critici vi desiderano più calore e minore sfoggio di massime filosofiche.

Cristiano Gellert nato nell’Alta Sassonia nel 1713 e morto nel 1769 mostrò buon gusto in più opere e diede al teatro alcune commedie pregevoli. Spiccano tra esse la Falsa Divota, la Donna Ammalata, il Biglietto del Lotto, nelle quali si dipingono al naturale i costumi correnti. Nel Biglietto del Lotto è ben colorito il sordido ed avaro Damone, e la vana, invidiosa e ciarliera mad. Orgone. Ma l’azione dovrebbe essere più vivace, il disegno più unito, lo sceneggiamento più connesso, l’entrare e l’uscire de’ personaggi più ragionevole e soprattutto il costume più decente. A questi dì in Italia, in Francia e nelle Spagne fremerebbe lo spettatore a una scena simile alla terza dell’atto III. “Un picciolo ristoro, madama, dice Simone a mad. Orgone, e la bacia. Tristarello, ella risponde, chi vi permette questa libertà? Non temete di ammalarvi abbracciando una inferma”? Ella poi si sente suffocare, ha difficoltà di respirare . . . il seno se le discopre senza accorgersene . . . Simone torna ad abbracciarla dicendo, “che seno di alabastro! che vista”! Peggiore è la seconda scena dell’atto IV. “Madama, dice Simone, è gran tempo che io non vi ho abbracciata. Ah mio caro, ella risponde, sento venire alcuno, ho paura che ci osservino; sentite io men vado fingendo di essere con voi in collera, seguitemi, ma non sì presto perchè non s’insospettiscano”. Se la modestia vi è offesa, l’arte non vi è risparmiata. Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietto, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio, un amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’ agio come si farebbe nel mezzo della favola.

Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schönemann, e lavorò come attore e come poeta. Corse poi per l’Alemagna e conobbe molti letterati. Tradusse le opere di Marivaux e di altri. Le più stimate sue commedie sono i Candidati, il Duca Michele, e lo Sposo Cieco 65. Il sig. Bertola, cui per altro si debbono alcune notizie recenti del teatro tedesco, ha detto che quest’ ultima, oltre all’essere stata imitata in Francia, sia pasjata anche fra noi in un’ opera buffa. Ma julle scene napoletane sin dal 1727 (cioè quando Krüger non contava che cinque anni) comparve un dramma intitolato lo Cecato fauzo che è uno sposo che si finge cieco per gelosia66.

Giovanni Federigo barone di Cronegh nato in Anspach poteva forse divenire un tragico eccellente, sì patetico e dilicato si dimostra nelle sue tragedie e nelle Solitudini, ovvero un gran comico per la facilità che ebbe nel dipingere i caratteri e per la grazia che riluce in qualche sua favola; ma cessò di vivere acerbamente nel 1756 in età di 26 anni. Egli amava i buoni drammatici della Francia e dimorando in Venezia acquistò la conoscenza de’ nostri gran poeti. Il suo Codro tragedia regolare e ben colorita prometteva in breve un gran tragico. Olindo e Sofronia non inferiore rimase non perfezionata. Riuscì similmente nel genere comico. Il suo Diffidente non iscarseggia nè di verità nè di piacevolezza. Vi si dipinge un sospettoso allevato in campagna e ad un tratto menato a studiar legge senza l’accompagnamento di altre cognizioni sociali che sogliono ripulirne la zotichezza scolaresca e correggerne lo spirito di sottigliezza e di cautela facile a degenerare in diffidenza67.

Intorno al medesimo tempo fiorì il sig. Brawe mostrando i medesimi talenti teatrali, e morì eziandio negli anni suoi più verdi. Scrisse varie tragedie regolari benchè non sempre naturali nell’espressioni. Il suo Deista riscosse grandi applausi nel proprio paese e tra gli esteri.

Tre autori Tedeschi si sono più distinti nel genere pastorale. Rost, Gessner e Gaërtner. Il primo nato nel 1711 in Lipsia scrisse diverse pastorali in un atto rappresentate per tramezzi nelle tragedie e commedie. Riscossero molti applausi, ma vi si desidera esattezza e decenza. Il delicato Salomone Gessner nato a Zurigo nel 1730 e morto non ha guari, il quale in tante guise ritrasse la bella e semplice natura, volle pur mettere sulla scena le bellezze pastorali ch’egli seppe leggiadramente colorire. Degna di molta lode è la sua pastorale Evandro ed Alcimna tradotta ed imitata in Francia. Cristoforo Gaërtner professore di eloquenza nato in Freiberg compose parimente una pastorale applaudita la Fedeltà al cimento 68. Noi ne commendiamo la bella scena di Filli e Mirtillo, in cui la ninfa gli propone di amare un’ altra ch’ella dipinge assai vezzosa, ed egli risponde naturalmente con quel motto pieno di fuoco replicato a tempo, ma non è Dori. Bello è pur l’altro di Dori stessa nella scena decima. Egli dice, Mirtillo infelice, chi ti consolerà? Io, risponde facendosi vedere la sua Dori.

Cristiano Felice Weiss nato nel 1726 nelle sue poesie di più di un genere ha mostrato or la delicatezza di Guido e dell’Albano, or il terribile di Michelangelo, or la piacevolezza di Teniers. Tali idee ci risvegliano le sue Poesie Liriche, le Canzoni dî un’ Amazzone, e le sue favole tragiche e comiche. Egli vedeva ugualmente gli errori tanto di chi contento della regolarità de’ Francesi non sentiva il gelo e la languidezza di una servile imitazione, quanto di chi trasportato dall’entusiasmo di Shakespear senza possederne l’ingegno, ne contraffaceva piuttosto le mostruosità che le bellezze, il patetico, il sublime. Volle dunque tentar di accoppiare al giudizio di Cornelio il colorito e la forza dell’Inglese. Con questo intento compose più tragedie, tralle quali son da distinguersi Edoardo III, Riccardo III, ed Atreo e Tieste. Ma la prima singolarmente ha meritati gli applausi degli stranieri intelligenti per la saviezza del piano, per la felice distribuzione delle scene, per la gradazione dell’interesse, per la forza del nodo, per lo sviluppamento e per l’elevatezza delle idee, per l’unità de’ caratteri, per la rapidità dello stile, pel calore del dialogo69. Quanta energia non ha la virtù in bocca di Edmond! Quanta verità non si scorge nel virtuoso carattere di Edoardo depresso dall’autorità materna! Qual contrasto di doveri, di rimorsi e di fiacchezza in Isabella! Il monologo di lei nella seconda scena dell’atto II n’esprime con vivacità il fatale amore per Mortimero che la predomina e la memoria del re suo sposo che languisce ne’ ferri e del figlio ch’ella tiene lontano dal trono. Ma non piacemi che nell’atto III si ripetano le istanze di Mortimero per la perdita del re e di Edmond e di Lancastro, ed i rimorsi della regina senza gran varietà di concetti. Patetica però è la seconda scena dell’atto IV in cui Lancastro dipinge ad Edoardo il padre che geme nella prigione. Le agitazioni d’Isabella nella terza scena dell’atto V, poichè l’esecrando delitto è compito, sono dipinte con forza. È da osservarsi ancora l’effetto che fa in lei l’ immagine del corpo di Edoardo grondante di sangue. Interessante è pur il di lei dialogo col figlio. Secondo me Weiss è quello che ha portata la tragedia reale in Alemagna al più alto punto.

Egli ha pur tentata la riforma dell’opera comica spogliandola delle buffonerie irragionevoli con alcuni suoi componimenti scritti in prosa frammischiata con versi. Nella sua commedia i Poeti alla moda, ben disegnata e bene scritta e ben tradotta dal Riviere in francese, Weiss si prefisse di correggere col ridicolo due partiti ugualmente stravaganti. L’Alemagna era divisa in due schiere opposte di verseggiatori. L’una a forza di stentati esametri tedeschi, d’iperboli insane, di pensieri enimmatici, di tenebre e di gonfiezze si lusingava di pareggiar Milton e Klopstock: l’altra con versi rimati, radendo il suolo con freddi, snervati e bassi concetti, pretendeva di aver acquistata la dolcezza, la grazia e la semplicità di Gessner. Weiss satireggiò i primi dipingendoli nel carattere del signor Gergone, e ritrasse al vivo i secondi in quello del signor Rima-ricca. Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola.

Conta l’Alemagna tra’ suoi tragici il celebre ministro Federigo Amadeo Klopstock autore del poema la Messiade nato nel 1732 in Quedlinburgo. Egli ne ha composte quattro, la Morte di Adamo, il Salomone, il Davide, la Battaglia di Arminio. La prima in tre atti ha una bellezza originale. L’autore filosofo retrocedendo sino a’ tempi primitivi ha conseguito di rilevare i sentimenti che doveano occupare il primo uomo nell’imminente termine del suo vivere. E con un fatto sì comune, com’ è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. Uscì in Magdeburgo nel 1764 il Salomone divisa in cinque atti, in cui si rappresentano gli errori e ’l pentimento di Salomone. Tra’ personaggi vi s’introducono Moloch e Chamos falsi numi personificati; ma l’ autore se ne giustifica, considerandoli come demonj che prendono forma umana. L’interesse del Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo, perchè (come egli stesso bene osserva) le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana. Egli nonpertanto con tal arte ne prepara gli eventi e maneggia le passioni che ci commuove ancor col Salomone. L’arte stessa si scerne nel Davide, in cui leggesi una robusta descrizione della peste. La Battaglia di Arminio scritta parte in prosa e parte in versi per cantarsi contiene la sconfitta di Varo ricevuta da’ Germani condotti da Arminio.

Ma se Weiss e Klopstock hanno coltivato con competente felicità la tragedia grande o reale in Alemagna, nella cittadinesca si è sommamente segnalato Amadeo Efraim Lessing imitatore degl’ Inglesi nato nel 1730 in Kamenz. Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, e Miss Sara Sampson. Tutti i voti si sono riuniti a tener quest’ultima per la migliore delle sue tragedie urbane, essendo scritta con precisione, discernimento e somma intelligenza nel colorire i caratteri e le passioni. Eccone uno squarcio che può dar qualche idea del patetico che vi si maneggia e dello stile. “Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustar le dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi è sembrato di trovarmi in una ripida balza. Voi mi precedevate ed io vi seguiva con passi timidi ed incerti e pareva che mi deste coraggio con qualche sguardo che di tempo in tempo rivolgendovi gittavate sopra di me. Incontinente ascolto una voce che dolcemente mi comanda di arrestarmi. Era la voce di mio padre . . . Misera me! non posso dimenticarlo! Ah se la mia rimembranza è a lui così amara e crudele, s’egli ancora non può obbliarmi . . . Ma no; egli a me più non pensa . . . almeno lo spero . . . lo spero? ah qual consolazione, qual terribil sollievo per Sara! Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva la voce, il piè mi manca, vacillo, son presso a precipitare nel fondo dell’abisso, ma mi fento trattenere da uno che pareva mi rassomigliasse. Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io t’ho salvata per perderti”. Questo sogno che adombra la sostanza dell’azione, è un espediente mille volte praticato, non per tanto dispone a quel piacevole dolore che commuove e tocca gli animi sensibili nelle tragedie. Forte, odioso, detestabile è il carattere dell’empia Marwood, e rassomiglia a quello di Milvoud del Barnwelt Inglese; ma perchè lasciarla impunita nel fine? Trovasi in generale ne’ drammi lugubri di Lessing invenzione, forza, patetico e giudiziosa economia dell’azione, e ne incresce che tutti essi fieno così lunghi, e che si disviluppino sì lentamente. Ciò che dispiace ancora a coloro che amano l’urbanità al pari delle lettere, è che egli non meno del francese Belloy attribuisce i più infami tradimenti usciti dal di lui capo, alle famiglie più cospicue Italiane, come la Gonzaga, l’Appiana, l’Orsina, di che ebbe ragione di riprenderlo anche il chiar. Bettinelli. L’ab. Andres il quale non istimandola composizione del Lessing70 ha ripresa l’Emilia Gallotti come piena di bassezze e di assurdità, afferma poi senza esitare che Lessing sorpassò tutti i tragici nazionali. Ma se questo valentuomo rifletterà alla malagevolezza di riuscire in un piano grande che interessi le nazioni più che le famiglie private, ed a quella di essere eloquente in versi e nel genere drammatico senza alterarne la natura, egli attenderà che un autore di buone tragedie urbane riesca del pari nelle reali, cioè nella grand’arte de’ Sofocli e de’ Cornelj, per anteporlo in Alemagna a’ Klopstock ed a’ Weiss.

Lessing ha composte ancora commedie spiritose e delicate nella dipintura de’ costumi. Le più pregiate sono lo Spirito-forte in cinque atti, e gli Ebrei, ed il Tesoro in uno solo. Nella prima ha ben colorita la malvagità de’ dissoluti ridotta a sistema, vizio di moda degno di essere schernito e corretto. Combatte nella seconda il pregiudizio volgare di supporre incapace di virtù morali chi ha la disgrazia di esser privo del vero lume rivelato, ed all’opposto incapace di vizj chiunque nasce ne’ paesi che ne sono rischiarati. La novità del carattere del personaggio principale ha dato a questa favola credito e corso. Il Tesoro a me sembra più interessante, più della precedente propria per la scena, meno della prima prolissa, e in generale più comica. Singolarmente si ammira in essa il tratto di generosità di Filto che vuol perdere per qualche tempo piuttosto la stima in apparenza che mancare di fedeltà all’amico. L’idea poi della scena di Raps e Anselmo è quasi degna del pennello di Moliere.

Giovanni Guglielmo di Gerstenberg nato nel 1737 a Tundern, imitatore della maniera di Ossian nelle sue Poesie di uno Scaldo, ha dato al teatro tedesco l’Ugolino tragedia terribile sul gusto Inglese. Giovanni Brandes ha prodotta l’Olivia tragicommedia in prosa in cinque atti, e la Locanda commedia rattoppata di ritagli della Scozzese e del Beverley. Due tragedie in prosa sul gusto Inglese si coronarono non ha molti anni in Amburgo, cioè i Gemelli di Klinker, e ’l Giulio di Taranto di Leusewitz, nella quale si notano molte bassezze ed assurdità. Il colonnello Ayrenhoff uno de’ letterati dell’Austria ha composte più tragedie e commedie, e tralle prime viene sommamente celebrata dall’ab. Bertola la Cleopatra, la quale però si pretende che non abbia secondato il disegno dell’autore di produrre una tragedia tedesca da paragonarsi con alcuna di Racine, cosa che sembrava tanto difficile al Wieland autore del Mercurio tedesco. Ma il Postzug, cioè il Tiro a quattro commedia del medesimo Ayrenhoff oltremodo felice in cui si dipingono al naturale i costumi e le ridicolezze della nazione, fe dire al re di Prussia Federigo II che i Tedeschi sono più felici nella commedia che nella tragedia. Egli stesso questo coronato capitano, filosofo e poeta volle calzare una volta il comico borz cchino colla sua École du monde commedia scritta in prosa francese in tre atti pubblicata tralle di lui opere postume sotto il nome di M. Satirico, e fatta, com’ egli disse, per recitarsi incognito. L’oggetto morale è di mostrare l’importanza dell’educazione della gioventù; e la satira vi lancia i suoi strali su di coloro che per falsi principj la corrompono. Vi si motteggia contro di un falso analista e metafisico che tiene stipendiato un professore che scrive per lui; ed attribuisce gli errori politici dello stato all’ignoranza dell’ algebra. Di più vi si dipinge un di lui figliuolo che dall’università degli studj ha riportato ignoranza, libertinaggio e rozzezza, e che domandato dal padre, come vanno le monadi? risponde pieno d’imbarazzo, esse sono come sempre furono molto stimate. Ma l’azione, benchè condotta con regolarità, manca d’interesse, di vivacità, di forza comica e di delicatezza. Il barone di Gemmingen ha composto il Padre di famiglia Tedesco, che si trova nella collezione de’ drammi tedeschi tradotti in francese fatta dal Friedel. L’autore si prefisse la più bella azione che possa onorare un buon padre di famiglia per farlo trionfare utilmente sulla scena; cioè l’obbligare, ad onta della propria nobiltà, il figliuolo a mantener la fede ad una fanciulla di condizione inferiore, ch’ egli avea renduta feconda. Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica che chiamò spettacolo, intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear. Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne insinua e ne fomenta l’amore.

Per ciò che riguarda la musica tedesca, ne sono manifesti i progressi fatti dopo che si sparsero per quelle contrade i capi d’opera della musica italiana. Chi può ignorare la celebrità de’ famosi maestri di musica nazionale vocale, il rinomato Hendel, il chiaro Hass detto il Sassone alunno insigne de’ conservatorj di Napoli, il patetico ed armonico Back, l’impareggiabile Gluck onorato alcuni anni sono di una statua in Parigi71? Quanto a’ poeti melodrammatici tedeschi, mal grado dell’esempio del gran Poeta Cesareo Italiano, essi hanno coltivata l’opera mitologica rifiutata dall’Italia. Federigo Augusto Werthy del ducato di Wirtemberg nato nel 1748 ha composto due opere musicali mitologiche, Orfeo, e Deucalione. Cristoforo Martino Wieland nato nel 1733 in Biberach che avea composto anche Giovanna Grais tragedia, produsse la Rosamunda, la Scelta di Ercole, l’ Aurora, l’Alceste drammi musicali alla francese. Il Brandes, e l’Engel ne hanno composto ancora, e l’Arianna è un monodramma tedesco in cui lavorarono entrambi ad esempio del Pigmalione; ed è anche monodramma la Medea del Gotter. Essi però ridevolmente hanno chiamati monodrammi questi componimenti scritti in prosa, benchè non favelli in essi un solo personaggio; e piacesse al cielo e fosse questa la sola cagione che tiene sino a questo dì tanto lontani questi ed altri freddi monodrammisti dal Pigmalione che cercano di copiare senza ingegno! Ma l’augusta Maria Anna Walburga di Baviera elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e di Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica, valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale. Può anche contarsi per una specie di pregio dell’Alemagna l’aver contribuito al risorgimento dell’arte pantomimica con intere favole. Hilverding nativo di Vienna pose in iscena varj balli di azioni compiute, ed ebbe in ciò un abile seguace nel toscano Angiolini.

Un paese sì vasto, sì popolato, sì diviso in varj principati, sì dedito in questo secolo a coltivare la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero e per magnificenza conveniente al lustro di ciascuna città. Essi tutti sono costruiti alla foggia moderna a più ordini di palchetti e con una platea di forma per lo più ovale. Il teatro della corte di Vienna che sin dal passato secolo fu addetto all’opera italiana, dal 1752 cominciò ad ammettere anche la commedia francese. È un edifizio nobile e capace per le decorazioni e per gli balli. Il ridotto del giuoco fatto nel recinto di quest’edifizio comunica col teatro. Le rappresentazioni tedesche si fanno in Vienna in un altro teatro ancor più grande di quello di corte. I teatri dell’opera e della commedia nazionale di Praga superano in grandezza quelli di Vienna, e tutti poi cedono al teatro di Dresda. Meritano di mentovarsi anco i teatri di Monaco e di Amburgo. La sala ossia il teatro dell’opera di Berlino fu fatto costruire dal gran Federigo II, e si reputa il più bello di tutto il settentrione, ed è il solo che può gareggiare in qualche modo con quelli di Torino e di Napoli. Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia e la compagnia de’ balli da Parigi. La prima opera che vi si rappresentò nel 1 di dicembre del 1742, fu Cleopatra colla musica di Graun. Una delle opere assai riuscite in Berlino fu l’Ifigenia di cui fa menzione l’Algarotti. In Potsdam eravi un altro teatro dove Federigo ascoltava l’opera buffa italiana.