(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 566-567
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 566-567

Cannelli Lorenzo. Rinomato Stenterello. Condusse sempre compagnie, delle quali era egli il principale ornamento, e nelle quali fecer le prime armi artisti di grido, come il Raimondi, il Verzura e altri. Era con lui prima attrice la moglie Paolina, nata Conti.

Fu scolaro del primo Stenterello Luigi Del Bono ; ma l’opera del maestro ridusse al grottesco : il sorriso diventò sberleffo, il riso sghignazzata ; in cotesti sberleffi e sghignazzate egli si grogiolava. Non più una parola senza un doppio senso, non più una frase, una situazione la più semplice, in cui egli non trovasse modo di mettere la men pulita allusione. Il giornale Lo Scaramuccia del 22 novembre ’56, parlando del teatro in cui recitava il Cannelli scrive :

A questo teatro si vedono e si sentono cose, che non si son mai, ch’ io mi sappia, vedute nè sentite in nessun paese del mondo. Se dovessi dirvi che razza di spettacolo è quello che vi richiama tanta gente, mi vedrei imbrogliato. Il cartellone annunzia una compagnia drammatica e delle produzioni drammatiche, ma potrei giurarvi che al teatro Leopoldo non si recita davvero ; qualcuno dirà che vi si canta, ma non è vero nemmen questo ; chi dicesse che vi si urla, vi si strepita, vi si fa un baccano da taverna, sarebbe il narratore più esatto.

In nessun’altra occasione, nemmeno negli infimi teatri, mi son mai trovato alle scene plateali ed ignobili cui si è costretti di assistere mettendo piedi in quella bolgia infernale. Fortunatamente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero questo è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati di vedere un pubblico, che fra le più volgari bassezze, dimentica interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non lo conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gusto, nè moralità, nè pudore.

Nè in mezzo alle più volgari allusioni, ai frizzi improvvisati del Cannelli, mancavan le allusioni politiche ; chè, anzi, a lungo andare, ci avea fatto l’abito a segno ch’eran più le sere passate per esse in prigione che in teatro. Qualche esempio : recitava all’antico teatro della Quarconia, mutata poi in Teatro Leopoldo, poi in Nazionale. Una sera disse : « C’è troppi stenterelli in Firenze. Siamo tre : Piazza vecchia, primo, Leopoldo secondo ; e Borgognissanti, terzo. » Leopoldo secondo fu specialmente il suo bersaglio. « Poldino, portati bene – disse una sera – l’altra volta si fece per chiasso, ma questa volta se ti mando via ’un ti ripiglio più. » E un’altra, alludendo alla minaccia di abolire lo Statuto : « Poldino, apri le Camere, se no ti finisce male. » E infinite della stessa risma. Buona parte della vita artistica passò tra Firenze e Lucca con compagnie comiche, cantanti e danzanti. Fu anche talora fuor di Toscana, e abbastanza apprezzato. Il feroce Cominazzi nella Fama del ’42 (17 febbraio) lasciò scritto :

Al Carcano il Cannelli co’ suoi drammatici subentrò ai molteplici trattenimenti del carnevale, ma perchè non vuol esser da meno de’ suoi predecessori, egli appresta un balletto ; s’io non temessi di fargli un complimento, gli direi :

Ben venuto il balletto – non biasimo lo scopo,
Ma se gli attori piacciono – vano è il soccorso all’ uopo.

Si capisce che ballerini e cantanti recitavan con gli altri : anzi ho qui sott’ occhio il manifesto della beneficiata di Felice Sciaccaluga, artista comico e primo ballerino (15 nov. 1843) in cui si eseguì un nuovissimo

PAX-DEX-DEUX POLLACCO
ossia CRACCOWIENNE

Composto dall’artista beneficiato, Ballato dal medesimo e dalla PRIMA ATTRICE

Un’altra sera (27 nov. 1837) a benefizio del primo attore Lorenzo De Paoli, Onde non restasse tediato il Pubblico, nell’ intermezzo della Commedia e della Farsa vi fu un gran volo di Piccioni. Talvolta il Cannelli, attore-specialità si aggregava solo, a simiglianza de’ grandi, a compagnie comiche, per rappresentazioni straordinarie : lo vediamo infatti al Pantera l’autunno 1825 colla Compagnia Zocchi, e al Giglio la primavera del 1829 con quella di Bergamaschi.

Quanto al repertorio Cannelliano, i soliti spettacoloni con trasformazioni, combattimenti, naufragi, incendj, in cui lo Stenterello ci faceva la solita parte di servo perseguitato dai ladri, dalle ombre, dalle balene, ecc., ecc. Dove il Cannelli poteva mostrar la sua vena satirica, era più specialmente a lavoro finito, quando s’intratteneva col pubblico invocante e reclamante l’ottava di prammatica.

Degl’ inviti al pubblico per la beneficiata si parla ai nomi di Anzampamber e di Ricci. Ora è lo Stenterello che numera al pubblico i suoi creditori, ora è un dialogo co’ creditori stessi. E gl’inviti son passati di Stenterello in Stenterello, come di padre in figlio, eredità incomprensibile di guitteria in quel costante ripetersi di spropositi sciocchi e di versi che non tornano.