(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 734-735
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 734-735

Cutini-Mancini Daria. Nata in Livorno il 16 marzo 1835 da genitori commercianti, si diede per tempissimo all’arte dopo alcune ottime prove fra’ dilettanti della sua città. Si trovava nel 1853 in Compagnia Feoli, già sposa all’attore Ludovico Mancini ; e ad Alessandria della Paglia, in quell’anno, uditala il Righetti, la scritturò per la Compagnia Reale Sarda, pagando la penale alla Società Arnoud e Carrani con cui la Cutini era scritturata.

Nel citato libro su La Compagnia Reale Sarda e il Teatro italiano dal 1821 al 1855 (Milano, 1893), così parla il Costetti della egregia artista, dopo di avere accennato al ritirarsi dalle scene della Romagnoli :

Le succede Daria Cutini-Mancini, giovane, avvenente e bellissima attrice, ben degna insomma di succedere nella Reale a quella celebrità del grembiule.

La Cutini-Mancini recava con sè, in più della Romagnoli, uno spirito di modernità e un sentimento di grande fierezza che il nuovo repertorio esigeva. Infatti, il ruolo della servetta vera e propria era finito : subentrava la seconda donna, ossia un ruolo di comicità più oggettiva, come chi dicesse la donna emancipata, spesso vedova, desiderosa di nuove nozze, ed alla quale per solito annodavasi l’intrigo galante delle commedie nuove. Per un ruolo siffatto la Daria era proprio nata. La civetteria elegante, la malizia raffinata, l’arte di sottolineare le più arrischiate espressioni, avevano in lei una esecutrice inarrivabile.

Ed Ernesto Rossi (op. cit.) :

Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota.

Fu parte poi della Compagnia Pieri, e, cominciando a star male col petto, non fece che rare apparizioni sul teatro. Negli ultimi anni di sua vita, diresse per alcun tempo e per suo diletto alcune recite del Circolo Filodrammatico di Roma.

Al proposito di una sua beneficiata a Torino colla Cameriera astuta di Riccardo Castelvecchio, fu pubblicato in una gazzetta locale che ad onta delle mende di cui si potrebbe appuntare, la commedia non cadrà mai ove sia eseguita ottimamente, come lo fu in questa occasione, per merito principalmente della signora Cutini-Mancini, delizia di ogni pubblico per quel brio e naturalezza onde sa improntare le parti di servetta, nella quale è veramente l’erede dell’esimia Romagnoli. – Ed io, se non di quella sera, di quella interpretazione serbo il più vivo ricordo. La Daria Cutini-Mancini, già da un po’ fuor delle scene, si presentò appunto colla Cameriera astuta al pubblico dell’ Accademia Fiorentina de’ Fidenti.

Non era una donna, ma uno spiritello, che correva per la scena con movenze birichine, d’una galanteria indicibile, con una vocina d’argento che s’insinuava ne’ cuori, con una dizione limpida e netta, che afferrava lo spirito. Si pendeva intenti dal tutto di quel frullino, dinanzi a cui non si osava lasciarsi andare a una matta risata, per paura di perdere una mossa, un’occhiata, una sillaba. E la povera artista, giovane, appassionata tuttavia per quell’arte che le aveva così fuggevolmente sorriso, estenuata dalla tisi, morì in Roma il 16 aprile dell’ ’81.

Suo marito, Ludovico Mancini, era morto ad Alicante il 13 maggio del ’77 in Compagnia di Ernesto Rossi.