(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 62-67
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 62-67

Malloni Maria. È davvero a dolersi che in nessuna delle biblioteche pubbliche o private d’Italia e di fuori abbia rinvenuto il libretto, che già Fr. Bartoli chiama raro, stampato a Venezia da Gio. Pietro Pinelli il 1611 col titolo : Corona di lodi alla Signora Maria Malloni detta Celia Comica ; il quale anche ha in fine una Scrittura — dice il Bartoli — sopra i meriti della stessa, dettata in prosa dal Commendatore Cleoneo Accademico Oscuro. Molte cose avremmo forse potuto riferire sui pregi di codesta donna che fu incontestabilmente a testimonianza di molti una delle più forti attrici del suo tempo, sì per dottrina, sì per valore artistico. Ma ci basti sapere da Francesco Gabrielli, il celebre Scappino (V.), ch'ella fu di ingegno e di memoria prontissimi. La Celia — egli scrive da Ferrara, ov'egli si trovava con la Compagnia e con la stessa Malloni, ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, il 6 gennaio 1627 (pag. 964)  — è la prima donna che reciti, poichè se la Compagnia od altri mettono fuori opere 0 comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia (l’ Antonazzoni) nè altra donna non lo farà, se prima di un messe, non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene.

Intanto resta dunque assodato che sì il Sand (op. cit.), sì il Magnin nel suo Teatro Celeste in Rev. d. deux m. del 1847, erroneamente fanno comparire in Francia la Celia il 1571 e '72. Nel 1627, giudicata dal Gabbrielli prima fra le prime donne, avrebbe avuto al meno al meno settant’anni.

L'oroscopo rinvenuto nella Biblioteca Nazionale di Firenze ci dà l’anno di nascita che è il 1599 e la città natale : Ferrara ; più, l’anno del viaggio in Francia : il 1602. Il resto, come sempre, è indecifrabile. Ma anche per l’andata in Francia come concorderebber le due date 1599 e 1602 ? A tre anni andò in Francia ? Forse ella v'andò colla madre, comica anch'essa, e forse prima a portar sul teatro il nome di Celia, della quale il Magnin avrebbe potuto notar l’apparizione a Parigi il 1572 ? E chi son codeste Malloni, o almeno codesta Lucilla Malloni, di cui trovo la seguente domanda senza data nell’Archivio di Stato di Modena ?

Ser.mo Sig.re Duca,

Virginia et Lucilla Maioni commici con la loro Compagnia supplicano a Vostra Altezza Serenissima a volergli concedere licenza di poter recitare Commedie nella Città di Reggio per tutto questo Carnouale, ch'il tutto otterrà per gratia singolarissima dalla benignità di Vostra Altezza Serenissima quale Dio mantenga felicissima con tutta la Ser.ma Casa.

Di fuori : A Vostra Altezza Serenissima

per la Virginia et Lucilla Commici.

(Rescritto della Cancelleria) s’è scritto.

Alla testimonianza Gabbrielli, va subito congiunta quella del Beltrame Barbieri, che nella Supplica (1634) chiama la Celia giovane di belle lettere e comica famosa ; alle quali poi tengon dietro quelle di letterati illustri, e, prima, del Cavaliere Marino, che, nell’ottave 68, 69 e 70 del Canto XVII dell’ Adone, la mette quarta fra le Grazie :

Un’altra anco di più, che 'l pregio ha tolto
D'ogni rara eccellenza a tutte queste,
Aggregata ve n’è, non è già molto,
E sempre di sua man la spoglia, e veste,
Celia s’appella, e ben del Ciel nel volto
Porta la luce, e la beltà Celeste ;
Ed oltre ancor, che come il Cielo è bella,
Ha l’armonia del Ciel nella favella.
O con abito pur, che rappresenti
Ninfa selvaggia, il suo Pastore alletti,
O dolce esprima in amorosi accenti
Fatta Donna civile alti concetti,
O talor spieghi in tragici lamenti
Reina illustre i suoi pietosi affetti,
Co' sospiri non men, che con la laude
Chi ne langue traffitto, e chi l’applaude.
Talia, che ha de' Teatri il sommo onore,
Invida, a costei cede il primo vanto,
Onde veggendo pur la Dea d’ Amore,
Che le Grazie di grazia avanza tanto,
Non sol degna la fa del suo favore
Fra l’altre tutte, e del commercio santo,
Ma per renderla in tutto al Cielo eguale
Sempiterna l’ha fatta, ed immortale.

Egregia dunque appar qui in ogni genere di poesia drammatica. E per la pastorale infatti abbiamo nuova testimonianza nel seguente sonetto che le indirizzò il conte Ridolfo Campeggi, quand’ella recitò in Bologna l’ Aminta del Tasso :

Alla Signora Celia Comica Confidente, Silvia nell’ Aminta rappresentando

Donna, s’io miro gli occhi, o il crine in onde,
La bella fronte, e le serene ciglia,
In sè (dico al mio cor) con meraviglia
Le bellezze del Ciel Celia nasconde.
Ma se al rigor, cui pudicizia infonde,
Risguardar la ragion pur mi consiglia,
Soggiungo : al nome fier, che altera or piglia,
Il rigor delle Selve ahi ben risponde.
O Silvia, o Celia pur ; co' detti grati
Rendi, s’armino alfin di fiamme, e gelo,
Pietose l’ire, e gli odj innamorati.
Anzi, ch'eguale ai nati lumi in Delo,
Spargendo di virtù raggi animati,
Il nome hai fra le Selve, e il core in Cielo.

Dagli altri sonetti pubblicati dal Bartoli ne tolgo uno del Cavaliere Gerosolimitano Fra Ciro di Pers, dettato con ingegnosa strampaleria, e che trovo ancora nella raccolta di motti Brighelleschi di Atanasio Zannoni (Torino, 1807), da lui probabilmente recitato a qualche innamorata, sotto la maschera di Brighella :

Alla Signora Maria detta Celia in Commedia

Celia, e Maria, voi siete e Mare, e Cielo,
E sono i pregi in voi del Ciel, del Mare.
Vi dà le perle, ed i coralli il Mare :
La luce avete, e l’armonia dal Cielo.
Pien d’augelli canori è il vostro Cielo :
Di musiche Sirene il vostro Mare.
Beato il Ciel, ch'è tetto a sì bel Mare,
Beato il Mar, ch'è specchio a sì bel Cielo.
Mentre è sereno il Ciel, tranquillo il Mare,
Icaro esser vorrei per questo Cielo,
E dar novello nome a questo Mare.
O pur mi concedesse amico il Cielo
Morir nuovo Leandro in sì bel Mare,
Perir nuovo Fetonte in sì bel Cielo.

E metto qui ancora il seguente, non citato dal Bartoli, che tolgo dalle Rime di Pace Pasini, edite a Vicenza nel 1642, per gli eredi di Francesco Grossi :

Sopra Celia Comica

Scioglier la lingua, & annodare i cori,
melar le labra, e amareggiar gli affetti,
piagare i seni e non aprire i petti,
strugger la speme et animar gli amori ;
Scoprir la neve e suscitar gli ardori,
nutrire angoscie e partorir diletti,
influir tema e implacidir gli aspetti,
sono in Celia d’amor forze e stupori.
Ma co' vezzi condir grave alterezza
maturir gli anni in immaturo crine,
e maritar l’Honor con la Dolcezza ;
Il sesso sublimar sopra il confine,
gli oceani capir de la Bellezza,
sono in Celia del cielo opre diuine.

E ora, come saggio del suo stile, do anch'io il sonetto ch'ella dettò in risposta a uno di Paolo Fabbri, pubblicati entrambi da Fr. Bartoli :

Risposta di Celia

Pompa d’onor, che dall’obblio di Lete
Sempre fuggendo accresci gloria agli anni,
E quasi Cacciator tendi la rete
Alla virtù con onorati affanni.
Poggia pur tu colà, dove si miete
Eterna fama ; mentre io spiego i vanni
Inutili, e tarpati a basse mete
Nel troppo affetto il tuo sapere inganni.
Veggio (Talpa non son) che in te risplende
Ciò, che può far, ciò che può dar natura,
Che di bearti eternamente intende.
O rara contro Morte, alta ventura,
O virtù, che in te sol l’anima accende
Perch'ella viva d’immortale arsura.

Maria Malloni, detta Celia, fu dunque comica confidente e spensierata, e fiorì nella prima metà del secolo xviii. Ch'ella accoppiasse al grande valore artistico un’altrettale bontà dell’animo non pare : si sarebbe anzi portati a credere che avesse con le compagne di palcoscenico e di ruolo comune la diavoleria ; scusata in parte dal fatto, che mai madre di comica spinse la petulanza, il pettegolezzo, la malignità, l’abbiettezza sì alto, come la madre di Maria, a cui s’aggiungeva poi come braccio destro delle sue male azioni un figliuolo, fior di canaglia, disperazione vera del povero direttore Flaminio Scala. I dissapori, le battaglie, le accuse a Don Giovanni de' Medici, (il capocomico), e le scuse poi, le invidie, gli scandali sulla scena tra i partigiani di Celia e quelli di Lavinia (l’ Antonazzoni), le sonore fischiate a quella in pubblico teatro, e le pubbliche difese dello Scala, e le lettere di Celia, sono pubblicate e chiarite in un articolo di Achille Neri, uscito nella Scena illustrata del 1° agosto 1887. Dal quale anche appare, dopo un reciso richiamo all’ordine, come Celia si andasse ammansando, cosi da farsi chiamar dallo Scala stesso coppa d’oro, e chiedere in isposa da Iacopo Antonio Fidenzi detto Cintio ; matrimonio che non potè poi farsi per solenne divieto della madre infame, che vedea morto con esso ogni sorgente di lucro.