(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 160
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 160

Moro-Lin Angelo. Veneziano, attore dialettale di moltissimo pregio fu, insieme alla moglie Marianna, uno de'più grandi se non il più grande illustratore del teatro di Giacinto Gallina. Iniziato agli studi ecclesiastici, buttò via un bel giorno l’abito talare per indossar la divisa di ufficiale della guardia nazionale, che dovè smettere al ritorno delle truppe austriache. Fu garzone d’un sensale di granaglie, fu impiegato doganale, poi filodrammatico, poi suggeritore con Copellotti e compagnia, poi attore, suggeritore, segretario, trovarobe, omnibus insomma della Compagnia Lombarda, poi amministratore di Aliprandi, poi segretario di Ernesto Rossi.

Sposatosi a Marianna Torta, attrice della Compagnia Aliprandi, fu con lei scritturato da Alessandro Salvini ; e, sciolta poi la Compagnia, egli risolse, mosso a pietà di tanti sciagurati, di rilevarla, correndo da una città all’altra, in lotta aperta con la fame. Abbandonato allora il capocomicato, diventò segretario del Toselli ; poi, tornato capocomico, tentò riduzioni di commedie piemontesi nel dialetto veneziano, quali Maridemo la putela, e La fia de Sior Piero all’asta ; e vistone il successo, formò una vera e propria compagnia dialettale, e andò a riaprire a Venezia quel Teatro Comploy, dove appunto la commedia veneziana era morta.

E da quel momento fu un trionfo, un vero e grande trionfo, nè solamente veneziano, ma italiano. Selvatico e Gallina. Questi due nomi apparver sui cartelloni inattesi, e non ne furon più banditi. Le commedie La bozzetta dell’ ogio, Le barufe in famegia, El moroso della nona, I recini da festa, La famegia in rovina, Mia fia, I oci del cuor furon la fortuna di Moro-Lin ; ma quest’ ultima segnò anche la sua nuova e non più mutabile sciagura. Dopo dieci giorni dalla rappresentazione del capolavoro galliniano, la povera Marianna, che vi aveva profuso tanta arte, tanta grandezza, gli venne a morire, e, lei dileguata, dileguò anche il bene che con la sua attività, con la sua onestà, con la sua mente egli s’era procacciato. Senza più attori di grido, senza repertorio, egli dovè piegare fatalmente, privo del più tenue fil di speranza per una prossima o lontana resurrezione, e dalle gloriose battaglie del capocomicato passò alla snervante monotonia dell’impiego per dar pane a' figliuoli…. Tornò dopo dieci anni alla scena, prima con Micheluzzi, poi con Corazza ; ma il suo ritorno fu una delusione di più. Ricoveratosi a Venezia, si fece maestro di recitazione, finchè, vinto dagli anni e dai fastidi, abbandonò il mondo la mattina del 9 febbraio 1898.

A dare un’ idea di quel che fosse l’attore, basti dire che l’attore Colomberti, dopo la recitazione del Prima el Sindaco e po el Pievan, lasciò scritto che rivedeva nel Moro-Lin il bravissimo Augusto Bon, di cui ricordava la stessa prontezza e naturalezza, la stessa grazia e spontaneità.