(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 175-178
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 175-178

Napolioni Marco. Napoletano, fiorito alla metà del secolo xvii, recitava nella Compagnia del Principe di Parma le parti d’ Innamorato col nome di Flaminio. Oltre all’essere attore pregiato e pregiato capocomico, era ancor traduttore di opere drammatiche, delle quali l’ Allacci nella prima edizione della sua drammaturgia dà l’elenco che qui riferisco :

Il Re rivale del suo favorito, da D. Geronimo di Villa Assan.

Il Purgatorio di San Patrizio, opera, da D. Pietro Calderon.

La gran Zenobia, opera.

La vita è sogno, opera.

La casa con due porte, commedia, da Ivan Perez de Montalban.

Il Sansone, opera.

Il gran Seneca di Spagna Filippo II, opera, da Lopez de Vega.

Il Nigno diabolo, opera.

L'armata navale vittoriosa sotto D. Giovanni d’ Austria.

Il cane dell’ortolano, tragicommedia, da Mora de Mesqua.

Lo schiavo del demonio, ovvero ilD. Giliz, opera.

La fortuna di D. Bernardo di Cabrera, eD. Lopez de Luna, opera, da Ivan de Vigliega.

La verità bugiarda, opera, da tre autori.

Il gran Catà an Sacralonga, tragicommedia, da D. Francesco de Roxa.

Il Macometto, opera.

Theagene e Cariclea, opera.

Il pericolo ne' rimedj, opera.

Il maritarsi per vendetta, opera.

Persile e Sigismondo, opera.

Il generoso nemico, commedia.

Gli aggravj trionfanti della gelosia, commedia, da D. Ivan d’ Allarion.

L' Anticristo, opera, da D. Gabriel del Dovel.

Lo troviamo il 1647 a Roma, al servizio di Donna Olimpia Panfili, conduttor della Compagnia, insieme al Buffetto, Carlo Cantù (V.), nelle di cui lettere è riferita la storia dei subbugli, avvenuti in pubblico teatro, e la partenza per Napoli del Napolioni, che seco trasse buona parte di quei comici, da lui, come dice il Cantù, subornati. E lagnanze gli mosse contro anche la Fiorillo (Beatrice), come si vede dalla lettera del '51 pubblicata al suo nome (vol. I, pag. 929), per le solite gelosie di mestiere, e convenienze, e invidie suscitate non sappiam bene se dalla stessa Fiorillo, o dalla moglie del Napolioni, che ci sembra poter identificare per Argentina, come quella che insieme a lui assalse Beatrice con dispetti di ogni maniera (V. anche Fiorillo Giovan Battista).

« Nel Diario del Capecelatro, riferisce Benedetto Croce (op. cit., 126, nota), si parla di un Flaminio Napoleone o Nobilione, che nel 1648 era a Roma coll’ambasciatore di Francia e aveva intelligenze coi ribelli napoletani. Era il nostro comico Flaminio. »

Una sua lettera del 30 agosto del '57 da Bologna a un Ministro del Duca, ci fa sapere come il settembre e l’ottobre la Compagnia si recasse a Firenze e l’autunno a Venezia al San Samuele, chiamatavi da S. E. Grimani (V. pel 58 le lettere di Orsola Coris).

Il luglio del '59 si trovava a Siena, come abbiamo da una sua lettera a Francesco Toschi, colla quale accettava di far parte della Compagnia del Duca di Modena sì per l’autunno, sì fino a tutto il carnovale. La Compagnia di Flaminio era stata rotta dal signor Podestà di Galicano, e il Toschi dandone l’annunzio al Duca, e proponendogli il Napolioni, lo dice il Melio che calchi sena…. e aggiunge : se V. S. Ill. ma volesse scriuere, certo veriano, e si faria una Compagnia di tutto Paragone ; li do questo motivo acciò S. A. resti ben seruito come merita.

Il Croce, nel quarto punto dell’appendice, oltre a' titoli delle parti, ond’è composto, riferisce alcuni brani di un codice dal titolo : La pazzia di Flaminio nel presupposto tradimento di Cintia –  a 15 maggio 1680, ove sono soliloqui, parlate e dialoghi, relativi tutti alla parte di Flaminio. Il D' Ambra di Napoli ha ristampato (1884) una commediola, intitolata : Flaminio pazzo per amore, con Pulcinella studente spropositato, Commedia nuovissima, secondo il buon gusto moderno, che è certo – aggiunge il Croce – una manipolazione dello Scenario, del quale dovea far parte la scena di spropositi ch'egli riferisce tra Flaminio matto e Polcinella.

Trovo in una nota inedita del Gueullette che

Marco Napolioni detto Flaminio era conosciuto in teatro col nome di Flaminione per distinguerlo dagli altri Flaminj della Comedia italiana. Egli era nonno di Agata Vitaliani, che sotto il nome di Flaminia recitava in Italia le amorose, moglie di Francesco Balletti, primo del nome, che recitava gli amorosi.

Flaminione fu illustre nella sua professione e amato da' più grandi d’ Italia, specie da Cosimo III granduca di Toscana. Egli era a Napoli il 1647 al tempo della rivolta di Masaniello, che lo conosceva assai bene. Incontratolo per via, sapendo com’egli era amato dai grandi e dal popolo, gli ordinò di seguirlo. Il Napolioni dovette obbedire, e lo sciagurato lo nominò ambasciatore per aggiustar le differenze tra il popolo e la Corte di Spagna. Flaminione accettò ; ma l’ambasciata non ebbe luogo, perchè in capo a quindici giorni Masaniello fu destituito dalla sua pretesa regalità, e Flaminione di cui fu riconosciuta la probità, potè restituirsi a sè stesso.

Il padre di Flaminione era nipote del Cardinale. La sua casa era presso al Convento delle Fanciulle. Egli s’innamorò di una religiosa, e scavalcato il muro di cinta, la rapì. Gli fu fatto processo in contumacia. Egli si ritirò in questo tempo a Napoli, e vi si fece mercante sotto il nome di Napolioni. Fu là che divenne padre di Marco, il quale, montato sul teatro, mutò il nome di Napolioni in quello di Flaminio.

Nardelli Gaetano, nacque il 1786 da onesti parenti a Verona. Entrò il 1807 coscritto nei veliti italiani, e prese parte alla battaglia della Favorita presso Mantova. Poi, scioltasi l’armata italiana per l’entrata degli Austriaci in Milano, e rifiutatosi il Nardelli di continuar nel servizio, se ne tornò alla natìa Verona. Morti i genitori, egli, che avea già tal volta recitato nella filodrammatica della città, non avendo più legami di sorta in patria, si diede alle scene in cui riuscì valente caratterista e valentissimo capocomico. Formò il 1830 società con Luigi Ghirlanda, che fu poi sostituito da Giovanni Boccomini fino al '35. Ne fu per tutto quel tempo prima attrice l’ Amalia Bettini, che, cominciando allora a destar fanatismo, procacciò al Nardelli denaro e riputazione. Facean parte della Compagnia gli artisti Tessero, Rossi, Pelizza, come si vede nella poesia pubblicata al nome della Bettini (vol. I, pag. 390). Andata lei con Romualdo Mascherpa, e andato il Boccomini con Angelo Rosa, Nardelli si ritirò a Verona, ove comprò il teatrino dell’ Accademia, e de' vigneti in Valpolesella ; non tardando poi a formare una società per un triennio con Carlo Re, proprietario dell’antico teatro di questo nome in Milano, e con un caffettiere presso San Carlo, per nome Gottardi, i quali, saputa la provata esperienza di lui, gli affidaron la direzione dell’azienda. La Compagnia doveva rimanere al Teatro Re ogni anno dal 1° settembre al 15 dicembre, e ne eran principale ornamento, oltre a un buon numero di generici e generiche, Amalia Bettini, prima attrice ; Carolina Fabretti, poi Giardini, prima attrice giovane ; Adelaide Zannoni, madre e seconda donna ; Amalia Colomberti, servetta ; Lucrezia Bettini, caratteristica ; Antonio Colomberti, primo attore ; Giovanni Boccomini, padre nobile e promiscuo ; Gaetano Coltellini, caratterista ; Pietro Boccomini, primo amoroso ; Antonio Giardini, brillante e secondo amoroso ; Giuseppe Zannoni, generico primario.

L'entrata, un anno per l’altro, fu dalle 80,000 alle 90,000 lire, e l’uscita dalle 50,000 alle 55,000 ; e il biglietto serale allora era normalmente di centesimi 60, non mai più di 80. Non v'eran poltrone, posti chiusi o riservati…. Niente altro che incasso di Platea e Palchi che non eran di proprietarj. Il primo autunno fruttò lire 47,000, il secondo 27,000, il terzo, che si mutò poi in carnovale, 22,000 : e alla fine del triennio, prelevata largamente ogni spesa, i soci ebber di loro parte 20,000 lire austriache nette. Ritiratasi la Marchionni dalla R. Compagnia Sarda, andò la Bettini a sostituirla, e il Nardelli si ritirò per sempre in Verona, ove si diede al commercio de' vini forestieri.

Passò a seconde nozze (la prima moglie, una mediocre servetta figlia di comici, gli morì nel '39) con certa Barbato, figlia d’un suggeritore, e morì non ancor settantenne.