(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194

Novelli Ermete. L'artista più generico del nostro tempo, che fa pensare nella spontaneità maravigliosa, e nella prodigiosa multiformità, a' più grandi attori della Commedia dell’arte, i quali, recitando e le buffonate e la tragedia, eran capaci di rendere le idee più alte de' poeti drammatici, e d’imitar le più straordinariamente ridicole della natura (V. Bertinazzi) : pregio, avverte il Riccoboni, che è una particolarità de' comici italiani. Tuttavia nessuno, come il Novelli, anche tra italiani, dalle altissime cime della tragedia potè scendere alle più basse della pochade, passando pel dramma moderno in tutte le sue svariatissime forme esprimenti le più calde passioni, e destando le più disparate commozioni in chi lo vede e ascolta. Il repertorio di Ermete Novelli si direbbe un repertorio acrobatico :…. Otello, Papà Lebonnard, Mia moglie non ha chic – Shylock, Morte Civile, Distrazioni del signor Antenore – Amleto, Bisbetica domata, Barbiere di Gheldria – Dramma nuovo, Burbero benefico, Tre mogli per un marito – Luigi XI, Kean, Michele Perrin – Nerone, Gerla di Papà Martin, la Zia di Carlo…. Poi una infinità di monologhi drammatici, comici, grotteschi, coi quali egli può far valere tutte le sue qualità di trasformista, dirò così, naturale, poichè la mobilità di fisionomia di Ermete Novelli è un miracolo vivente. Egli ha il fascino. Una larghissima vena di comicità, che gli zampilla su dal cuore, è entrata per modo nelle sue consuetudini, che non sappiam più se in iscena reciti, o se fuor della scena discorra, tanto si fondono e confondon l’uomo e l’artista. E codesta fusione e confusione, a volte, gli permette famigliarità col pubblico, le quali niun altro artista si permetterebbe…. Ma se il pubblico va' sta sera in visibilio dinanzi alle prodezze del suo beniamino improvvisate in Mia moglie non ha chic, o in Tre mogli per un marito, domani resta soggiogato dall’arte grandiosa ch'egli profonde in Papà Lebonnard, o in Un dramma nuovo.

Un’altra qualità, non so più se buona o cattiva, di Novelli, è quella di rimaneggiar tal volta le opere che rappresenta, di guisa che non rimanga più traccia della forma primitiva. Tagli, aggiunte, riduzioni, scene d’una tal commedia incastrate in tal altra, soppressioni o creazioni di personaggi…. tutto egli si permette…. Ma coglie giusto sempre ; e il lavoro da lui così trasformato, non a caso, ma perchè così veduto e sentito, si rinsangua, ripiglia vigore, e sfida glorioso a' lumi della ribalta l’edacità del tempo. Come si è rivelato il genio dall’artista ? Col mezzo di quali profondi studj è salito a tanta altezza ? A quali torture del cervello ha dovuto soggiacere per ottener certe maraviglie di bulino ? Fino a qual grado ha egli esercitata la pazienza nelle discipline degli studj per fondere il comico e il drammatico in modo da far piangere e ridere il pubblico in su lo stesso punto, con una perfetta musicalità d’inflessione, con un atto, con uno sguardo ? Nessuna risposta. Nell’arte di Novelli non saprei determinare nè modo e tempo di rivelazione, nè profondità di studj, nè torture di cervello, nè esercizj di pazienza !… Le profondità degli studj sono il più spesso, rispetto agli artisti di teatro, nella immaginazione dello spettatore ; e gli attori, in genere, che ne senton solleticata la propria vanità, a coltivarla, e ad afforzar quella immaginazione, discuton volentieri di malattie e di ospedali che non han mai visto, di notti vegliate su libri, di cui non sanno nè meno il frontespizio, di pensieri riposti dell’autore in una parola della lingua originale, di cui non conoscono l’alfabeto. Novelli è venuto su…. da sè, come a un dipresso vengon su tutti i genj. Nato a Lucca il 5 maggio del 1851 da Alessandro e Teresa Novelli, comici non primarj (il padre era un modesto suggeritore), cominciò a birichineggiare tra le quinte di un teatro molto uccio, dando noia al trovarobe, e aiutandolo a fabbricar gli oggetti ; contraffacendo i compagni, tormentando le ragazze, facendo le comparse, recitando parti di ogni genere, e recitando bene senza saperlo. Col crescere degli anni, gli si andò sviluppando, naturalmente, il cervello e la forza : e allora, invece di aiutare il trovarobe nella fabbricazione degli oggetti, aiutò il macchinista a rabberciare e ridipinger le scene, recitando sempre bene. Uomo, invece di aggiustare e ridipinger le scene, fece parrucche e vestiti all’antica, e fabbricò acque odorose, recitando sempre bene. Oggi, a cinquant’anni, fa il negoziante di oggetti antichi, e recita sempre bene. Il teatro, non occupandolo intero, non basta alla sua attività ; poichè Novelli è sempre stato ed è sopr'a tutto un grande lavoratore : nè oggi, che pur avrebbe il diritto e il comodo a un po' di riposo, può starsi in ozio un momento. E però, imitando alcuni de' suoi grandi predecessori, fra cui primo il Coltellini famoso, egli ha aperto nella sua casa di Venezia un ricchissimo negozio di oggetti antichi, ai quali è già tanto affezionato, che tra' più gustosi aneddoti della sua vita è questo, che, venduto un orologio antico a un forestiero, tanto se ne accorò, che non potè riacquistar l’antica pace, se non quando con perdita non lieve ebbe recuperato l’oggetto. Figuriamoci i lauti guadagni dell’artista mercante !

E nell’acquisto di un’alabarda egli mette lo stesso entusiasmo che in una recita dell’ Otello. E, naturalmente, essendo la tragedia e le antichità quelle cose ch'ei predilige, son quelle ancora che gli dànno il maggior dei dolori. I più tra noi che di arte antica non capiscon jota, ridon delle compere del Novelli, che dicon vittima della propria ignoranza ; i più, tra noi, che dell’arte tragica del Novelli non han pur l’ombra d’idea, ridon d’una sua interpretazione di tragedia, dicendolo vittima della sua presunzione. I successi clamorosi avuti nel vecchio e nuovo mondo, attenuaron la crudeltà del giudizio de'suoi connazionali ; ma il grande, unico premio, a cui egli ambisse, di veder le platee tra noi riboccanti di popolo sì all’Otello, come alle Tre mogli per un marito, gli fu lungo tempo conteso. Le lotte per ciò sostenute, i rammarichi senza fine, i propositi nuovi son descritti in articoli di lui stesso, di Vamba, di Boutet, di Gandolin, di Panzacchi, di Yambo il figliuolo di Novelli, che li raccolse in un album dedicato interamente a papà, arricchendolo di un centinaio di pupazzetti che ritraggon l’uomo e l’artista in ciascun momento della sua vita (Roma, 1899). Ma di tal reluttanza al pubblico non va dato il torto. La colpa è più tosto delle circostanze. La interpretazione dell’alto dramma e della tragedia fu buttata dall’artista al pubblico, quando questi era più imbevuto di tutta l’arte comica di lui…. La pretesa che di punto in bianco il pubblico corresse a giudicar nell’Otello il grottesco protagonista delle Distrazioni del signor Antenore, era soverchia forse…. Il pubblico ha delle crudeltà, delle prepotenze, delle vanità, e delle sicumere tutte sue…. L'assenza dal teatro gli sembrò la più giusta delle lezioni all’audace…. diciamo la sua parola, allo sfacciato invasore, di cui la comicità fisica si congiungeva alla comicità del personaggio, di maniera che niuno, per quanto amico di buona volontà, voleva o sapeva vedere in lui un eroe da tragedia. Ricordo il Novelli Generico primario di quella Compagnia di Giuseppe Pietriboni, che si acquistò gran rinomanza per l’insieme omogeneo, per l’armonia delle voci, per la ricchezza dell’allestimento scenico, per la fedeltà storica dei costumi, per la sobrietà della dizione. Ne eran parti principali, oltre ai Pietriboni, la Glech, la Peracchi, Bassi, Barsi, Novelli e io. Vi entrai di punto in bianco primo attor giovine ; e ricordo che in una recita di prova al Valle di Roma, del Suicidio di Ferrari, Novelli, col quale ci legammo da bel principio di forte amicizia sin qui immutata, mi dettava, dirò così, di tra le quinte, la controscena dell’ultimo atto avanti il riconoscimento del padre. Una commozione viva lo agitava tutto…. le braccia, li occhi, le labbra si movevano…. e ogni tanto afforzava l’espressione del gesto colle parole su !… così ! anima !… Adesso !… Forza !… Bravo !… Coraggio !… Sinchè, gittatomi al finir della scena tra le braccia del padre, uno scroscio di applausi coronò l’opera del maestro sapiente e dello scolaro divoto. Il Novelli d’allora era ben altro dal Novelli d’adesso. La celebrità e l’agiatezza gli erano sconosciute. In quella compagnia disciplinata, egli, se bene spirito indipendente, sapeva essere disciplinato, perchè la disciplina era fatta tutta d’amore. Mostrava già allora la grandezza della sua duttilità artistica ; e il pubblico se ne compiaceva, poichè non era stato avvezzo a vedersi d’innanzi più specialmente un carattere ; ma sì i caratteri più varj del repertorio. Marecat degl’ Intimi, Francesco I de' Racconti della Regina di Navarra, Vouillard del Rabagas, Mario Amari del Duello…. Stasera caratterista, domani primo attore…. Un artista indisposto era surrogato da lui sul momento : e quando ei non sapeva che dire, infilava un discorso a modo suo, magari estraneo alla commedia, e aveva sempre ragione lui. Gli amorosi diventavan brillanti, le situazioni più scabrose, momenti di grandissimo effetto, ogni particina un partone. Sgambettava, capriolava, rideva, piangeva, e si faceva batter le mani. Un aneddoto : egli si seccava mortalmente a recitar nelle farse. Da quelle del primo brillante, Bassi, era stato generosamente liberato, ma da quelle del secondo, Canevari, no. O meglio : non vi recitava ; ma era una continua lamentazione del giovine attore col capocomico, perchè persuadesse Novelli a prender parte al meno a una farsa. E il capocomico pregò, e Novelli, tediato dall’insistenza, accondiscese. La sera della farsa venne, e a un dato punto Novelli entrò in iscena. Che cosa facesse, o dicesse non so ; e nessuno seppe, e forse non seppe mai nè anch'egli : improvvisa un discorso pazzo, con alzate e abbassamenti di tono di una comicità irresistibile, poi a piccoli salti, a gemiti interrotti, a grida soffocate, fugge, inciampa, va a gambe all’aria, si alza, esce zoppicando, e il pubblico frenetico lo vuole alla ribalta. Terminata la farsa, Canevari si recò nel camerino del capocomico, rammaricandosi del successo ; e Pietriboni, chiamato a nome il Novelli, dal suo camerino ammonì : « ti proibisco d’ora in avanti di farti applaudire. Vergogna ! » Canevari capì la lezione, e se ne andò livido di rabbia ; e Novelli ottenne il suo intento : da quella sera non ebbe più parte nelle farse del secondo brillante.

Una grande qualità del Novelli di allora, attenuatasi poi col sopravvenir della gloria, fu l’arte del trasformarsi. La camuffazione, o truccatura, toccava tal volta la perfezione. Chi non ricorda, per esempio, il Marecat de' Nostri intimi con quella enorme pancia, con quella faccia rosea, ridente, piena, fatta di bambagia, nè già grottesca come quella di un siur Cámola, ma ritraente un de'più belli e simpatici tipi di grasso borghese ? E chi nel Vouillard del Rabagas, una indovinata e non voluta caricatura carducciana, avrebbe riconosciuto a prima vista il Novelli ? Quando la poca o niuna responsabilità della parola gli lasciava una piena libertà di azione, egli soleva allora dedicare al suo personaggio insignificante, un minuzioso studio di trasformazione e di ingrandimento. Per tal guisa il pubblico era sempre alle prese con un forte e geniale artista, dicesse quattro parole, o recitasse i primi attori. E se egli avesse continuato in quella via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più naturale di questo mondo, la parabola ascendente dell’artista generico per eccellenza, assistendo con soddisfazione al tramutarsi di Marecat in Shylock, di Francesco I in Amleto, di Mario Amari in Otello. Invece egli passò caratterista con Bellotti-Bon, soggetto a Bellotti-Bon, poi caratterista nella Compagnia Nazionale, a vicenda col Vestri, e vincolato da un mondo di convenienze e sconvenienze, che impedivan l’esplicazione della sua forza e della sua volontà. Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi. Una compagnia comica…. Non aveva un soldo. Battè a tutti gli usci ; non gli fu aperto :…. nè men risposto : ma non si perdè di coraggio. Lottò con una pertinacia degna di chi ha la coscienza della propria forza, e vinse : chi gli rispose fu il pubblico…. Dalla prima sera fu tutto un trionfo di ilarità : il nome di Novelli sui cartelloni era già fonte di gaudio : si andava a teatro a rifarsi il sangue…. a ridere…. a ridere…. a ridere. E quando dopo tanti anni di buon umore, l’artista si presentò al pubblico, dicendogli bruscamente : « domani a sera venite a piangere : — Morte civile ! —  » il pubblico sconoscente sì, ma perdonabile nella sorpresa, saltò su a dire : « Tu farci piangere ? Tu ? Ammattisci, figliuolo ? Che ! Che ! De'miei non ne buschi ! » E disertò il teatro ! E ci volle la Francia, ci volle l’America, ci volle la Russia, ci volle la Germania, l’Austria, l’Ungheria, la Spagna, ci volle il mondo intero per piegar l’Italia a ricredersi dal suo primo giudizio.

Oggi Novelli è tutto vòlto alla erezione in Roma della Casa di Goldoni, di cui mise la prima pietra al Teatro Valle il 1° novembre del 1900 con pompa solenne e con accoglienze entusiastiche ; pensiero alto e generoso di cui gli deve saper grado ogni italiano. Di mezzo alle parole di gran lode, altre, naturalmente, se ne levan di incredulità e di scherno da coloro, e per buona sorte sono i pochi, che a questa del Goldoni voglion contrapporre (che c’entra ?) la casa di Molière. I più continueranno a dare al Novelli il loro aiuto morale e materiale ; e dagli esempi di pertinacia ch'egli ci ha dato più volte, si può concludere che egli dal modesto principio saprà pervenire a una magnifica fine.

Oltre all’album di Yambo, abbiamo sul nostro artista un saporitissimo studio umoristico di Jarro (Fir., Bemporad, 1897), un numero unico illustrato (Pisa, 1886), con una cocente epigrafe di Cavallotti, uno studio novissimo di Antonio Cervi (Bologna, Beltrami, 1900), e finalmente un novissimo scherzo di Jarro(Firenze, 1901) intitolato Il naso di Ermete Novelli.