(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Rasi Luigi. Fratello del precedente.

Singolare figura d’artista quella di Luigi Rasi poeta, scrittore, attore e professore di recitazione, che ci ricorda, per certi rispetti, il Cinquecento, quando i comici italiani contendevano la palma agli scrittori di maggior fama e, più che interpreti, erano, sulle scene, inventori.

Il Rasi, nato a Ravenna il 20 giugno 1852, si recò il '67 a Firenze, ove fece la quinta ginnasiale al Liceo Dante, e gli studi liceali agli Scolopj.

Entrò ventenne appena come secondo amoroso e secondo brillante nella Compagnia Sadowski diretta da Cesare Rossi. Di li, un anno appresso, nel 1873, passò in quella di Luigi Monti, che dovè lasciare poco dopo per soddisfare ai suoi obblighi di leva. E tre anni stette confinato a Lecce a fare il caporal foriere e il caporal maggiore di maggiorità, riconfortandosi negli studi e nel suo Catullo !

Licenziato di sotto le armi, nel settembre del 1877, eccotelo primo attor giovine nella Compagnia Pietriboni, dove rimase fino all’ anno scorso (1882), quando fu nominato direttore della R. Scuola di Recitazione in Firenze.

Attore studioso, elegante, accuratissimo, si cattivò di colpo le simpatie del pubblico per le sue intelligenti interpretazioni, per una rara naturalezza e limpidità di dizione, per il suo amore alla verità. Non gridava, diceva : otteneva mirabili effetti senza i soliti mezzucci : cercava che il pensiero dell’autore, non la voce dell’artista, facesse immediata impressione sull’animo del pubblico. Metteva grande studio nel penetrare il carattere, la psicologia del suo personaggio : gli guardava dentro e poi cercava d’entrar quasi ne' suoi panni. Non era la solita sovrapposizione dell’artista sul personaggio ; era un vero e proprio lavoro di transustanziazione, da cui l’attore usciva trasformato. Nel Violinajo di Cremona, nei Fourchambaùlt, nel Cantico dei Cantici, nella Libertas di Costetti e in tante altre parti, dimostrò col fatto la bontà del suo metodo : del quale vedemmo, di recente, gli ottimi risultati in una prova di studio degli alunni nella R. Scuola di recitazione da lui diretta.

Perchè il Rasi è ormai un transfuga della scena. Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento di poter darsi agli studi, di poter avere un po' di quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua.

Una delle sue passioni è il latino che conosce assai bene : un’altra è l’arte della lettura, ïntorno alla quale fa quotidianamente studi ed esperienze nella sua scuola.

Fra noi su questo argomento, non s’ è fatto il bel nulla. E al Rasi tocca il merito d’avere compresa e misurata tutta l’importanza e d’avere accennato al da farsi. Una sua conferenza tenuta al nostro Circolo filologico e ripetuta costi a Roma, fece rumore : un suo trattatello sull’arte del leggere, meritò gli elogi credibili del Carducci. All’ esperimento che dette il mese scorso nella sua scuola, un alunno alto tre o quattro palmi lesse un discorso – per esercizio – con una disinvoltura, con un garbo da sbalordire. So di un medico nominato a un tratto professore d’università, che tremava all’idea di leggere la prolusione. Andò dal Rasi che gliela fece studiare, e lessi poi nei giornali che a Parma avevano ammirato nel giovane professore il facile eloquio, l’ornata parola.

Un’altra passione del Rasi è l’erudizione. Quasi quasi vorrebbe pigliarne un tal bagno freddo da spegnerci i suoi ardori d’artista. Ma poi quell’altra parte di lui, quella sensitiva, si ridesta, e il fuoco sacro lo riaccende di nuovo.

E forse allora sogna i trionfi della scena, una filarata di teste che pendono commosse dalle sue labbra, un’eletta d’ anime gentili che la parola alata dell’artista e del poeta agitano soavemente, e il plauso che giunge caro, aspettato, desiderato, e l’effetto studiato e conseguito in quel dato momento, in quel punto preciso in cui si voleva e si attendeva, e il mormorio approvatore, e quella calda e vivace corrente di simpatia che lega il pubblico agli interpreti sapienti….

Adimaro.

P. S. — Rileggo quanto ebbi a scrivere diciannove anni fa nel Capitan Fracassa, in occasione d’ una memorabile recita al Quirinale, dove in conspetto dei Sovrani, della Principessa Isabella e del Duca di Genova allora sposi, Cesare Rossi, Eleonora Duse e Luigi Rasi, aggiunsero nova grazia e vivezza al proverbio di Francesco De Renzis Un bacio dato non è mai perduto. Allora la Duse cominciava ad esser nota e pregiata come prima attrice ; Cesare Rossi aveva già asceso il culmine del capocomicato ed aspirava, con tutta la forza della sua tromba nasale, a quella commenda che è il sogno d’oro d’ogni artista provetto ; e Luigi Rasi si era nobilmente affermato come scrittore, come dicitore squisito, come maestro a cui son noti e familiari tutti i segreti dell’arte scenica. — A distanza di diciannove anni, mi è grato oggi ristampare ciò che scrivevo, e aggiungere che le promesse di quei giorni non furon fallaci. Luigi Rasi le ha mantenute, dirò anzi che le ha sorpassate. Di lui allora si conosceva il poeta traduttor di Catullo, l’attore, l’artista colto e coscienzioso ; ma non ancora egli si era rivelato autore di quei monologhi che trovarono sulle scene maggiori e su quelle dei filodrammatici tanta e così invidiata fortuna ; non ancora gli si era sviluppato così nocchiuto il bernoccolo dell’ erudito e del feroce raccoglitore di qualunque cosa avesse attinenza con la storia del nostro Teatro. Questo Dizionario dei Comici italiani, concepito con tanta genialità e condotto innanzi con tanta dottrina e così ordinata serietà d’indagini e d’intendimenti, ch'egli volle dedicato a Teresa Sormanni, la fedele compagna della sua vita, la collaboratrice intelligente e amorosa de' suoi studi, tolta in moglie il 15 luglio 1881, è un bel titolo e degno alla riconoscenza di quanti pregiano le nostre glorie teatrali, è sopra tutto un’ opera utile e buona che colma una vergognosa e dolorosa lacuna della nostra storia dell’ arte, fin qui così trascurata. Per compierla occorreva un erudito che fosse al tempo stesso un artista e un attore, e che le notizie, pazientemente raccolte con zelo e industria di bibliofilo, sapesse poi ordinare e comporre, dando al lavoro l’ attraenza che han queste pagine. Paragonate, di grazia, il Dizionario del Regli con questo, e vedrete quanto ci corra, e come manchi per gli artisti lirici, il geniale compilatore che hanno trovato nella loro stessa schiera gli artisti drammatici. Ma quest’opera, così bene e solidamente piantata, richiedeva a fondamento una raccolta teatrale, quale il Rasi ha saputo raccogliere per formare un vero museo del Teatro Italiano, che dovrebbe diventar cosa pubblica, a documento delle nostre glorie passate, se si trovasse chi fosse disposto a compensare delle sue spese e delle sue fatiche il provvido collettore.

Il Rasi è sempre Direttore della nostra R. Scuola di Recitazione, la quale vanta ormai molti alunni che son divenuti artisti acclamati. Ma le cure della Scuola, cui egli si è consacrato con grande abnegazione, non lo hanno nè fisicamente nè moralmente abbattuto. Gigi Rasi è ancora il biondo Rasetto di venti anni fa e par quasi che il tempo non l’ abbia toccato con la sua cipria fatale. – La voce di lui ha acquistato in potenza e in vigorìa ; la dizione in perspicuità e sicurezza. Dicitore preciso e vibrato, il Rasi ha tentato per primo un arduo esperimento, quello di accompagnare col commento della calda e passionata parola le melodie della musica, anche quelle sonore d’ una orchestra intera. Le sue recitazioni del Manfredo di Byron, illustrato con grande orchestra da Schumann ; di monologhi suoi e ballate di Bürger, di Schiller, di Marradi con musica per pianoforte di Bellìo, di Liszt e di Ricci ; dell’ Egmont di Goethe, testè compendiato in bei versi italiani a commentare le armonie di Beethoven, hanno fatto comprendere come l’arte della parola possa utilmente e piacevolmente sposarsi al canto indefinito della musica strumentale. Nè basta : il Rasi ha voluto e saputo altresì dimostrare come una sapiente recitazione possa da sola servir di commento alla poesia, mettendone in rilievo le più riposte bellezze. La lettura ad alta voce, di cui egli è un apostolo convinto, diventa così un mezzo d’istruzione e di educazione, facile e aperto a tutti : esso dovrebbe sostituirsi anche nelle scuole a quel tedioso e forzato esercizio della memoria, che avvezza i ragazzi a non capire quello che recitano, e che riesce, certamente, a renderlo a tutti noioso, anche a chi è costretto ad ascoltarli.

Ma il poscritto è ormai più lungo dell’ articolo. Colpa del Rasi, che in questi diciannove anni ha voluto dar da fare al suo biografo e che gli darà dell’ altro filo da torcere ad una nuova edizione di questo genialissimo libro.

ELENCO DELLE OPERE A STAMPA

Clodia. Memorie di C. V. Catullo. (Lecce, 1876). Comprende la versione del poema Le Nosse di Peleo e Teti, e di altro. – Se ne fecero altre due edizioni a Milano nel 1878 e 1879.

Torva Prœlia. Versi originali e volgarizzamenti catulliani. (Napoli, De Angelis, 1879).

Eraclio Florenzano Galatonese. Monografia. (Ravenna, David, 1879).

Jacchus. Canto antico. (Bologna, Zanichelli, 1880).

La Verità Nell’ Arte Rappresentativa. Discorso inaugurale alla Cattedra fiorentina di recitazione. (Firenze, Galletti, 1882).

La Lettura Ad Alta Voce. (Firenze, Paravia, 1883).

Il Libro dei Monologhi. (Milano, Hoepli, 1888). – Se ne fecero tre edizioni.

Saggio di una traduzione integra del libro di Catullo. (Londra, Hall, 1889).

Armanda ritorna. Commedia in un atto. (Milano, Barbini, 1889).

L'Arte del Comico. (Milano, Paganini, 1890).

Il Libro degli Aneddoti. (Modena, Sarasino, 1891). – Ne ha fatto l’ editore Bemporad di Firenze una seconda edizione, nuovamente illustr., nel 1898.

Pluto. Commedia di Aristofane, volgarizzata in prosa, con prologo in versi e lettera di A. Franchetti. (Modena, Sarasino, 1891).

Il Secondo Libro dei Monologhi. (Milano, Hoepli, 1893).

La Recitazione nelle Scuole e nelle Famiglie. Antologia poetica. (Firenze, Civelli, 1895).

La Duse. (Firenze, Bemporad, 1901).

I Comici Italiani. Biografia, bibliografia, iconografia. (Firenze, Bocca-Lumachi, 1897-190….).

TESTIMONI

Caro Rasi, Firenze, 22 giugno '76.

Ebbi il tuo libro poche ore avanti ch' io partissi da Catania : lo portai con me e mi fece buona compagnia lungo il viaggio. Le memorie si leggono d’ un fiato e l’ elemento fantastico è così bene intrecciato allo storico, che pur essendo esso un romanzetto, lasciano poco o nulla a desiderare dal lato dell’ esattezza. Se fosse a questi pregi accoppiato un maggior colorito locale, il tuo lavoro sarebbe commendevole da tutti i lati….

Prendi intanto una cordiale stretta di mano

Dal tuo
Rapisardi.
Caro Rasi, Catania, 16 marzo '79.

L'Ati è un giojello ; l’ epistola ad Ortalo e la Chioma di Berenice più spigliata, non più bella di quella di Foscolo ; il carme a sè stesso così così : il mio è forse migliore.

Perdona alla scorbellata franchezza di chi ti vuol bene davvero.

Del tuo
Rapisardi.
Egregio Rasi, Firenze, 31 luglio 1880.

Ella conosce profondamente Catullo, e ciò ch' è più mirabile sa riprodurlo nell’arte. La traduzione che ci ha data dell’Epitalamio per le Nozze di Peleo e Teti, mi sembra veramente degna di Catullo, e, s’ io non erro, la migliore di quante ne abbiamo avute. C' è un sentimento fino di poeta congiunto ad una intelligenza non comune del latino da farmi sperare ch' Ella, se si mettesse all’ opera, tradurrebbe Catullo meglio degli altri.

Io consento nella sua spiegazione di quell’ extenuata gerens veteris vestigia pænæ : e se non fosse il gerens che mi mette ancora un po' di dubbio, oserei chiamarla certa.

Quello stupendo mollescunt colla non è da Lei reso pienamente. Il poeta, com’ Ella ben sa, v' intende l’ammollirsi del collo riposato. Perchè non si potrebbe adoperare anche in italiano la stessa parola ?

Mi perdoni questo mio giudizio schietto e senza ipocrisie. Ella comprenderà quanto io La stimi dal modo stesso col quale io La giudico.

Mi creda con verace stima

Suo dev.
G. Trezza.
Caro Rasi, Torino, 20 febbraio '80.

Sono veramente ammirato della splendida forma del tuo Bacco, e specialmente della poesia per la grotta di Pozzuoli, piena di sentimento e di grazia. Un omino che fa dei versi come questi

e prego e prego e prego, e nella torbida mente
geme il desìo delle dolcezze antiche

è un omino col pepe e col sale. Non posso levarmi dalla testa quel secondo verso che mi pare la più bella delle moltissime perle del tuo volumetto.…

I miei saluti alla Signora e al Signor Pietriboni e al Bassi. A te un abbraccio e un bacio in cui

geme il desìo delle dolcezze antiche

della meridiana. Addio, addio.

Tuo
Edmondo (De Amicis).
Caro Sig. Rasi, Bologna, 3 marzo 1883.

La ringrazio del suo libro, che mi pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò anch' io a leggere meno male i versi. Nella Esposizione che Ella ha fatto della mia Mors io piaccio a me stesso e meco stesso m’ esalto di esser così bello. Ma poi ripenso che tutte coteste mie nuove bellezze sono trovate d’ un poeta di fantasia, di sentimento e di molta coltura, che dell’ arte del declamare fa un’estetica pensata e imaginosa.

Alla Sua Signora tanti rispetti e ricordi da parte mia e delle mie donne. A Lei un saluto affettuoso, non senza il desiderio di rivedere di quando in quando di quei versi antichi che Ella sa fare così bene.

Suo
Giosuè Carducci.
Astichello, presso Vicenza, 30 ottobre 1887.
Ottimo professore e carissimo amico,

Non tardo un minuto a ringraziarla del volume « I Monologhi » che, domani comincierò a leggere, e della notizia che mi dà del superbo lavoro, a cui ha già posto mano. Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna mi parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando procurai di recitarli secondo le sue norme. O carissimo Rasi ! Non ci voleva che un pari suo, egregio tanto nel comporre, che nel recitare, il quale potesse donare all’ Italia un libro tanto utile e dirò, necessario….

Mi voglia sempre bene : mi ricordi alla sua egregia Signora : perdoni alla fretta, e mi tenga

Suo aff.mo
Giacomo Zanella.