(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622

Valerini Adriano. Gentiluomo e dottore veronese. Comico, istoriografo e poeta egregio, del quale si discorre distesamente al nome di Vincenza Armani, fiorì nella seconda metà del secolo xvi, recitando le parti di Innamorato sotto il nome di Aurelio. Domenico Bruni dice di lui, che fu peritissimo nelle lettere greche e latine ; e con tuttociò in iscena non avendo quella grazia che si aspettava, benchè di bellissima presenza fosse, non ispaventava Orazio Nobili (V.), l’altro innamorato della Compagnia de' Gelosi. Dell’arte sua e del suo valor letterario testimoniaron l’Andreini, Francesco Bartoli, il Quadrio, e più tardi Adolfo Bartoli che lo chiama uomo colto e di gusto non inferiore a molti scrittori del tempo suo. Fu amante appassionato di Lidia da Bagnacavallo, poi dell’Armani, morta avvelenata in Cremona. Dopo di essere stato co' Gelosi (V. Andreini Francesco) lo troviamo conduttore di una Compagnia a Milano il 1583, della quale eran parte il pantalone Braga e lo Zanni Pedrolino (Pelesini). Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia :

Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. Gouernatore, e mandato danari perchè tornassero à Verona ; i Comici per ciò attoniti ricorsero dal Sig. Gouernatore chiedendoli la cagione, non sapendo in che haueuano errato d’haver vn tal affronto : rispose quello, che certi gli haueuano detto esser la Comedia azzione di peccato mortale, e che gli aueuano mostrato quello, che ne scriueua il loro Arciuescouo : i Comici cominciarono à dire le loro ragioni, ma il Sig. Gouernatore disse, andate dal Sig. Cardinale, et aggiustateui seco, che per me hauerò gusto d’ vdir qualche volta questa Compagnia, che mi piace ; ma non voglio commetter peccato mortale ; e così i Comici ricorsero dal buon Pastore, e furono subito introdotti, atteso che quelli istessi, che haueuano parlato, erano in quell’hora all’udienza dando parte al Superiore di quanto haueuano fatto col Sig. Gouernatore. Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire. Il Decreto è nell’Arciuescouato di Milano, chi hauesse curiosità di vederlo, fu fatto tre anni in circa auanti la morte del Glorioso Santo, e presto si potrà trouare.

Secondo Adolfo Bartoli sarebbe stata quella la Compagnia degli Uniti, che si erano formati, – egli dice – sotto la direzione di Adriano Valerini nel 1580 circa. Può essere. È certo però che il Valerini non ne faceva più parte nell’aprile dell’ '84, secondo l’elenco che abbiam dato al nome di Pelesini.

Il Valerini pubblicò :

Afrodite. Nova tragedia, dedicata all’Illustrissimo Signore il Conte Paolo Canossa. Verona, Sebastiano e Giovanni dalle Donne fratelli, 1578, da cui è tolto il presente ritratto.

Cento Madrigali, dedicati al M. Illustre Sig. il Sig. Conte Marco Verità, con alcune annotazioni del signor Fulvio Vicomani da Camerino in alquanti dei Madrigali. Verona, M.D.XCII. Nella Stamperia di Girolamo discepolo.

Oratione in morte della Divina Signora Vincenza Armani (V.), Comica eccellentissima. Verona, per Bastian dalle Donne, et Giovanni fratelli, 1570 ?

Le bellezze di Verona. Ivi 1586, dov'egli – dice Adolfo Bartoli – cita scrittori greci e latini e dove dà prova di una erudizione storica non comune.

Della sua prosa s’è dato largo esempio al nome dell’Armani, ove il lettore troverà gran parte dell’orazione funebre in morte di lei. Della poesia diam come saggio un sonetto alla stessa, alcuni madrigali amorosi, e il coro dell’Imeneo che chiude il primo atto di Afrodite.

Da quella conca avventurosa e bella
che fuor dell’onde l’alma Dea di Gnido
allor portò, che dal Mar nacque, al Lido,
degna d’esser nel Ciel fatta una stella :
tolse le perle rilucenti, e in quella
bocca le pose di sua man Cupido,
cagion che da me stesso io mi divido,
qualor si dolce ride ovver favella.
Quinci dell’armonia s’ode dal cielo
vera imagine uscir, esempio vero,
ch'unqua all’orecchie dei mortal non venne.
Quindi pon dell’oblìo squarciar il velo
l’alme, e membrando il nido lor primiero
per voi Vincenza al Ciel spiegar le penne.

MADRIGALI

v

Or ch'altro scampo al mio martir non trouo,
Spero che il Tempo mi darà salute,
Voi della giouentute
Priuando e me d’affanni,
E spiegarà l’insegne fra poch'anni
Nel vostro vago volto,
Al qual tosto che tolto
Haurà le rose fresche, e matutine,
Torrà fors’anco a me del cor le spine.

vii

Vanne picciol mio parto
Se ben pochi ornamenti hai dentro, e fuore,
In mano a lei, ch'è de l’Italia honore ;
Così t’auesse, acciò le fossi grato,
Orfeo composto, e Dedalo legato,
O almen fosse a l’Autore
D'esser il libro suo dal Ciel concesso,
Per viuer sempre a sì gran Donna appresso.

Annotazione

Mandò il Valerini a donar alla sua Donna la Galeria di Minerua, libro da lui composto e dedicato al Serenissimo Sig. Duca di Mantoa, et di sua mano scrisse questo Madrigale in fronte dell’opera.

lv

Sono il Tempio di Giano
I bei vostr'occhi, i quali chiusi essendo
M'apportan pace ; ma se questi aprendo
Folgorate gli sguardi in me turbati,
D'ira e di foco armati,
Marte l’empio Furor scatena, e sferra,
E la mia pace si rivolge in guerra.

lxvi

Rubò Prometeo il foco
À le ruote del Sole,
Per farne parte a la mondana prole ;
Rapì Tantalo a Gioue
Il Nettare, e l’Ambrosia ; ma toglieste
Gli alti concenti, e l’armonia celeste
Voi Madonna a le Stelle, et a le noue
Sfere superne ; e'l furto riteneste
Dentro le labra : nè per questo sete
Con fame eterna, e con perpetua sete
Punita ne l’inferno, o nel Caucaso,
Ma fatta habitatrice di Parnaso.

A DONNA MARITATA

xcv

L'altra notte io sognai, quando le stelle
Dan loco al vicin giorno, di tenerti
Stretta ne le mie braccia, e di goderti ;
Fa che non passi il sogno
Per l’Auorio ben mio de i denti tuoi,
Perchè saria fallace ;
Se vuoi ch'ei sia verace,
Soccorri al mio bisogno,
E passi il Sonno per la fronte poi
Del tuo marito adorno,
Ch'iui la porta trouerà di Corno.

Annotazione

Narra Homero nel fine del decimo nono dell’Odissea il sonno hauer due porte, l’vna d’Auorio, l’altra di Corno, per la porta d’Auorio passano i sogni falsi, per quella di Corno i veri.

CORO

Sacrosanto Himeneo,
Che alberghi in Helicona
Con la tua casta madre,
Là doue il Pegaseo
Fonte, le dotte squadre
De i Cigni a bere inuita,
Per c’habbin la corona
Dal figlio di Latona,
Di quella fronde, ch'ha perpetua uita,
E d’essa ornati poi,
Cantin la gloria de gli eccelsi Heroi.
Vago Himeneo gentile
A l’honestade amico,
Che il bel uirgineo nodo
Al sesso feminile
Sciogliendo, in dolce modo
Diverso il leghi, e serbi
Il nome suo pudico,
E col tuo giogo antico
Vinci gli animi indomiti, e superbi,
Che in bella coppia vniti
Quai diuengono mogli, e quai mariti.
Tu di duo cori un core,
E un’Alma fai di due,
Di due voglie vna voglia,
Mentre per far minore
L'aspra eccessiua doglia
De la uita mortale,
Le noie e pene sue
Comparti in amendue,
Ond’è più lieue a sofferirsi il male,
Nè men le gioie, e i risi
Hanno in commun ne i tuoi beati Elisi.
Questa è la Coppia uera,
Che quale Hermafrodito
Non pur duo Corpi insieme
Ma l’Alme vnisce, e intiera
Fa vna sostanza, e un seme.
O dolce, e bel legame,
Che fosti in Cielo ordito
Per man de l’infinito
E sempiterno Amor, di quello stame,
Che il viuer volge ancora,
Tal che a scioglierti un huom, conuien che mora.
Tu Dio lieto, e benigno,
Polinnio, & Afrodite
Talmente insieme annoda,
Che influsso empio e maligno,
O rio voler non goda
Vederli vnqua disciolti,
Nè mai Discordia, o lite,
De le lor dolci vite
Turbi il tranquillo ; o'l bel seren de i volti ;
Ma amor e pace scorte
Sian del vital lor corso in fin a morte.