(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 738-742
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 738-742

Zanon-Paladini Laura. Da Giovanni Zanon, veneziano, e da Giovanna Bava, bresciana e comica, figlia di Paolo, genovese, nacque la nostra Laura…. Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua :

Nata…. nel '52…. brrrr ! Papà mio, Giovanni Zanon, era di famiglia benestante, e pei moti politici (mi pare del '21) fuggi da Venezia, e si rifugiò in una compagnia drammatica – Refugium peccatorum – (che latesin !). Nell’arte conobbe mia madre, buona creatura, donna dei tempi primitivi ! Quando io fui grande mi sembrava che lei fosse mia figlia, ed è perciò che credo d’averla amata il doppio. Suo padre era avvocato, ma alla discesa in Italia di Napoleone e al saccheggio di Genova, fuggi con la famiglia, e si mise a fare il suggeritore : viaggiava con otto figliuoli. Come farielo adesso ? Povero nono ! Altro che el Conte Ugolino ! ! ! La mamma mia nacque a Brescia : « che Dio la benedissa », avè scritto ? Oh, sì, ch'El la benedissa dassèno, come che lo fasso mi dal profondo del cuor, povera vecchietta santa !… Quel poco di buono che ho moralmente e artisticamente lo devo a lei !…

Qui io apro una parentesi : tra gli otto figli di Paolo Bava, trovo, oltre a Giovanna, una Teresa, di cui non ho notizie, e una Giuseppina, andata sposa a Giuseppe Ruggeri, veronese (V. nel Suppl.), primi amorosi entrambi il’ 21 della Compagnia Modena-Bellotti.

….. Da questo matrimonio nacquero due maschi, Vincenzo e Leopoldo, e una femmina, Teresa, che stette sempre a Venezia. « Sembrava – dise nell’Avocato Venezian – che i gavese serà bottega…. » co' rispetto parlando : Signor no ! Dopo dodici anni nacque questo po' po' di personaggio (La storia non dice se vi fu luminaria !). Dunque, quando venni al mondo, mio padre s’era già ritirato dall’arte, e impiegato nell’Amministrazione dell’Ospedale Civile di Venezia. Notate questa originalità : era veneziano puro sangue, fanatico della sua città, e non era buono di dire una parola in veneziano : a Venezia i vicini lo chiamavano El Foresto. Mancò ch'io era giovinetta, e venni affidata a mio fratello maggiore che era in arte (fu per molt’anni brillante, discreto, con Zoppetti, poi caratterista con Ernesto Rossi e con la Ristori). Quando andai con lui era maritato, e aveva una figlia ; per dire la verità, le prime particine andarono bene, ma mio fratello scrisse a mia madre di non calcolare su di me, perchè in arte non potevo far nulla, priva affatto di avvenenza, e troppo piccina…. (però ero simpatica, e questo ve lo dico io !). Che dolore per la povera vecchia ! Era su me sola che lei poteva fare assegnamento : si trovava presso una sua sorella, aspettando che mio fratello avesse trovato per me una scrittura. Un bel giorno, eravamo a Sanpierdarena, ella venne e dichiarò che mi voleva seco, non potendo più vivere senza di me. Mio fratello, indignato, ci pagò un mese d'affitto, e noi…. rimanemmo a spasso (prima d’incominciar la carriera !), fidando di trovar del lavoro…. aspettando gli eventi ! Venne la compagnia dello stenterello Miniati, il quale capitò proprio nella nostra casa. Aveva una figlia di otto o nove anni, e occorrendogli un’ amorosetta, la bimba, che m’aveva preso in gran simpatia, tanto pianse e si disperò, che il Miniati, benchè in trattative con altra famiglia, scritturò me con la paga di tre franchi al giorno e viaggi pagati. Quanti digiuni !… Tre anni senza bere vino !…

Dovevo farmi il vestiario ? !… Che lusso !… « Ah, povera macia ! » direte voi. Ma che ! Ridevo…. ridevo…. Avevo quindici anni ! Rimasi tra quella del Miniati e la Compagnia Fanelli quasi tre anni, e imparai a parlar toscano al punto, che mio fratello disse che non sarei più entrata in nessuna compagnia buona, perchè sembravo uno stenterello (a quell’ epoca non v'era molta simpatia per l’accento toscano). Trovai, invece, da scritturarmi con Ferrante e la Paladini (ora Andò), sostituita poi dalla Sivori, come prima attrice giovine ; e le parti, in cui più mi distinsi, a giudizio della stampa, furon le tragiche : Norma, Medea, Giuditta, Saffo, ecc. Chi l’avesse detto !… Saltiamo. Andai con Moro Lin (allora egli aveva compagnia italiana), scritturata per parti di amorosa, seconda donna, servetta, ecc. Si fece il carnevale a Trieste, e gli venne in mente di tradurre un lavoro piemontese in veneziano : « Maritemo la putela » (Mariuma Clarin), e di affidare a me la servetta. La fatica che feci a dire quelle poche parole !… Ma l’esito fu splendido, le repliche seguirono le repliche, e invogliarono Moro Lin a tradurre un altro lavoro : Povereti ma onesti. C'era la parte d’una vecchia, una specie di « batti…. Canappia…. me màgnela ? »…. Moro Lin mi prega di farla ; io ricuso, un po' per il genere, un po' perchè non sapevo come avrei potuto fare una vecchia : mi prega la Marianna (la Moro Lin)…. Moro Lin mi supplica…., e…. mi lascio convincere. Notate bene che si recitava allora Miss Multon, e io ci facevo la bambina : si replicava da molte sere, e mi trovai a faire nella stessa sera la bambina nella commedia, e quella vecchiaccia nella farsa…. Ma che fanatismi !… e adesso che calcolo freddamente, posso dire che la facevo proprio bene (modestia a parte !). Finito il carnevale, andai come servetta assoluta con Peracchi, che aveva allora in compagnia Cesare Dondini, Pasta, Rodolfi, ecc. Moro Lin seguitò a scrivermi, facendomi buone proposte. Metteva su una compagnia veneta. Io non volli accettare altro che col patto di fare almeno le farse in italiano ; e andai ma…. non sapevo parlare veneziano ! al punto che volevo chiedere lo scioglimento ; tuttavia siccome ero a Venezia, ov'era anche mia sorella, che parlava venezianissimo, fui aiutata, e seguitai. Venne il Gallina e le parti m’aiutarono a vincere l’antipatia del dialetto ereditata da mio padre…. Ah ! dimenticavo di dirvi che il secondo anno che ero con Moro Lin, mi sposai con Francesco Paladini, che faceva il brillante e piaceva molto. Ma…. avevamo fatto un sogno : stabilirci…. lasciar l’arte. Egli diffatti aprì uno studio fotografico in Padova ; ma lo colpi una grave malattia d’occhi, e tutto andò per aria…. Ritornai frattanto in arte con la Compagnia Benini (compagnia mista allora e di secondo ordine) ; poi con Gallina, poi con Zago-Gallina, e finalmente del '91, Gallina autore, col fratello Enrico…. a cui, come sapete, subentrò proprietario il Benini, e…. eccomi ancora qui. Auff ! ! ! Credo ne avrete abbastanza !

« Non abbastanza, cara macia » dirà certo con me il lettore, che al finir della lettera s’è vista sparire l’imagine viva di lei, saltellante, birichina, arguta, senza fronzoli, e senza affettazione. Al nome di Emilio Zago (V. pag. 719) io scrissi del Ferravilla e della Zanon : « due artisti, che per la loro vita vissuta dinanzi alla ribalta, assorbono dal lor primo apparirvi i sensi tutti dello spettatore. » Oggi potrei aggiungere Giovanni Grasso. Qual migliore elogio si potrebbe farne ?

I sensi tutti : sì. Qualunque sia l’artista che reciti con la Zanon, o per piena che sia la scena, i sensi dello spettatore son vòlti su di lei. Egli la cerca, e, trovatala, non l’abbandona più, anche quando il protagonista, o la protagonista si trovi presso la ribalta, ed ella, semplice servetta o parte di contorno, in un angolo della stanza, o alla finestra. Mai distratta, mai coll’ occhio al pubblico, mai immota. Le frasi degl’interlocutori sono accompagnate sempre da una sua occhiata, da un suo sogghigno, da una sua interiezione, da un suo atto qualsiasi di protesta, di assenso, di dubbio ; e quei rapidi cenni si sovrappongono a tutte le parole di quegl’interlocutori. Così ogni particina piglia nelle sue mani importanza di una gran parte ; e il personaggio è rappresentato con tale verità e con tale spontaneità, che par sempre ch'ella improvvisi. Eppure nulla di più studiato e di più finamente studiato : eppure ella è forse una delle più rispettose osservatrici del testo : me n’ ebbi ad accorgere, vedendola più sere in uno stesso lavoro. La vivacità della sua dizione, la snellezza della sua figurina, l’agilità dei suoi movimenti, l’eloquenza della sua espressione la fan parere ancor giovinetta ; specie quando rappresenta la Cameriera astuta del Castelvecchio, in cui ella profonde tutto il tesoro delle sue grazie, richiamando alla memoria le monellerie della Cutini (V.), che, appunto in quella commedia, sentii a oltre cinquant’anni, e pur sempre maravigliosa d’arte e di freschezza. In un momento di malinconia, o piuttosto, spero, di modestia, accennando ai giornali che le predicevano uno splendido avvenire nelle parti di forza e di sentimento, la Zanon mi scriveva : « ghe ne vorlo de più ? Chissà, prima de morir, quanti cambiamenti che farò ancora !… Basta : adesso go una consolazioni in vista – la Casa de riposo !… E sarìa ora dassèno che me riposasse !… » No, cara artista ; il pubblico reclama ancora più di un godimento da Lei ! Ella rimarrà sulla breccia, a edificazione nostra, rinnovellando i trionfi di Virginia Déjazet, la più birichina e più francese di tutte le artiste francesi che a più che sessant’anni creò la parte di Figaro nelle Prime armi di Figaro, e a settantasette rappresentò ancora al Vaudeville di Parigi, La Vedova di Brienne e M.r Garat.