quel nome. E veramente nel comico, o sia grottesco, sonosi veduti tra
noi
dei balli degni di applauso ed anche dei ballerin
anze serie o eroiche, è pur forza confessare che i Francesi vincono e
noi
e tutt’altre nazioni. E quale tra le moderne ha p
ienza del ballo, a cui hanno da natura tale attitudine, quale abbiamo
noi
altri Italiani alla musica? L’arte della coregraf
arsi ad onta di studiare da essi anche in tal genere di gentilezza. E
noi
singolarmente non ci dovremmo mostrar ritrosi di
ezionare la nostra opera; da quella nazione cioè che ha preso da esso
noi
la opera medesima.
ostre commedie. Per quanto ci concerne, io vi prego di rammentare che
noi
siamo degli stranieri, ridotti per piacervi a dim
tare che noi siamo degli stranieri, ridotti per piacervi a dimenticar
noi
medesimi. Nuova lingua, nuovo genere di spettacol
zelo ci sprona, e per poco voi ci mettiate in istato di perseverare,
noi
diverremo, lo spero, se non attori eccellenti, me
erchè non lo è quel degli autori ? Meglio a compiangere degli autori,
noi
siamo responsabili e di ciò ch' essi ci fan dire,
ori, noi siamo responsabili e di ciò ch' essi ci fan dire, e del come
noi
lo diciamo. Siateci indulgenti pei nostri sforzi,
ieri scrivere, questo è un cane, questo è un cavallo; e quadrerebbe a
noi
assai meglio che non fece ai Francesi una caricat
tro, come in Atene, fa gran parte della vita e dello studio. Buon per
noi
se i nostri attori avessero ugualmente studiato i
tutte di una istessa famiglia. [3.7] Una grande libertà si suole tra
noi
concedere al musico massimamente nelle arie canta
nostri virtuosi dan fuoco in sul fine dell’aria; e la cadenza, direm
noi
, ha da essere tratta dal cuore dell’aria, variare
e le passioni; e si vedrebbe ai dì presenti rinnovare forse anche tra
noi
quegli medesimi effetti che cagionava anticamente
ia dei versi, dell’azione e dell’arte del cantore. Laddove gran torto
noi
avremmo, se mai credessimo di potere con un mezzo
o stato, con grandissima attenzione e non meno di diletto verrebbe da
noi
ascoltata l’opera dal principio sino alla fine; e
r assai considerando come senza l’aiuto dei rilievi di legname sia da
noi
vinta qualunque difficoltà di prospettiva, come i
difficoltà di prospettiva, come in siti ristrettissimi si facciano da
noi
apparire di grandi luoghi e spaziosi, considerand
?» Ora che direbbe quel matematico vedendo come nelle nostre scene da
noi
si applaudisce a quei laberinti di architettura,
à che io ne volessi adottare quegli strani ghiribizzi che appresso di
noi
sono entrati in luogo delle erudite grottesche di
India e degli altri maestri di quel secolo. Non vorrei né meno che da
noi
s’imitassero quelle loro pagode e quelle torri di
glia, la quale, nel porre un giardino, essi cercano egualmente che da
noi
fare si soglia nel tesser la favola di un poema.
’arte la meglio ordinata56. [5.7] Ma per tornare a cose più vicine a
noi
, che non istudiano i nostri pittori quelle che pu
inato a dovere si verrebbe a manifestare più che mai il vantaggio che
noi
abbiamo sopra gli antichi, di fare le nostre rapp
u risi e pianti ; tu diletti e pene, se in te li fingi, li commovi in
noi
. Tremar ci fai ad un tuo van periglio, e tutti si
u d’inumidire il ciglio. Che più ? Tu sai tutte le vie del core, e in
noi
risvegliar sai tutti gli affetti, ma più di tutti
e muros. Si sarà ingannato perchè non sa come io pensi. Il discordare
noi
due in qualche punto, secondo me, non significa n
di tal natura a che finalmente si riducono? Giri il Sole o la Terra,
noi
sempre goderemo alternatamente della notte quieta
gi, e Lettere apologetiche, e Discorsi rendonsi chiare. Scriviamo pur
noi
non pertanto, se a lei così piaccia, per anni (da
atria). La nostra pugna è per una Dulcinea, cioè per una divinità che
noi
stessi ci formammo dandole il nome di Letteratura
tteratura. Noi l’amiamo entrambi senza dubbio; ma forse a questo nome
noi
appiccheremo idee almeno in parte dissimili. Io n
Teatri, il di lei VI. Volumetto, ed il mio presente Discorso, qual di
noi
due sappia più utilmente amare. Oserò io prevenir
ro ; porto a V. S. Ill.ma l’avviso, qui si sta in pace ne vi è tra di
noi
pure una parola, resta solo la cità un poco disgu
universale, et quello che più importa con bonissima concordia fra di
noi
, et se pure vi è stata qualche cosa, ho procurato
ompagnia, Brescia è bona e vi anderemo volentieri, Vicenza non fa per
noi
, essendoci noi stati tre anni in fila, et vi ci s
ia è bona e vi anderemo volentieri, Vicenza non fa per noi, essendoci
noi
stati tre anni in fila, et vi ci siamo morti di f
ando doppo Brescia non si potrà haver altra piazza ne procuraremo una
noi
medemi. La verità di quanto li scrivo li sarà aut
fatica particolare, non so dire. Il Dottore vivente a quell’epoca e a
noi
noto sin qui era il Lolli ; ma egli, recatosi a P
ono e senza rumore, li aveva persuasi, che i Romani erano uomini come
noi
. Leggano, leggano quei signori critici il Giulio
rebbe tempo, che critici ed attori non invadessero il campo altrui, e
noi
attori specialmente lasciassimo a chi ne ha il có
avisato e resa incomprensibile l’opera dell’autore. Oh no ! non siamo
noi
i « mattoidi ! » Non siamo noi che combattiamo il
l’opera dell’autore. Oh no ! non siamo noi i « mattoidi ! » Non siamo
noi
che combattiamo il buon senso ! Non siamo noi gli
mattoidi ! » Non siamo noi che combattiamo il buon senso ! Non siamo
noi
gli spavaldi e distruttori dell’opera altrui ! No
generale della potenza più civile d’allora, non lo vogliono uomo come
noi
: lo vogliono africano a tutti i costi !… Ebbene,
amo all’autore la grande responsabilità di creare i suoi personaggi ;
noi
limitiamoci a farli parlare, camminare, e gestire
to, Grillo, e che riporto dal D’Ancona (op. cit., II, 486) : Havendo
noi
Comici Uniti, umilissimi servi di V. A. S., di nu
anco migliorata di personaggi famosi nell’arte comica, et desiderando
noi
venire a recitare a Mantova con buona gratia di V
S., ma perchè il Sig.r Filippo Angeloni (V.) fa ogni opera acciò che
noi
non ci venghiamo, habbiamo prima voluto farne con
edia che vi si rappresenta. Un pregiudizio volgare va impiccolendo in
noi
l’idea della coltura delle nazioni a proporzione
ra le lettere e le scienze. Essi studiano l’Arabo e ’l Persiano, come
noi
il Greco ed il Latino. Quei che attendono alle co
dell’Alcorano, i decreti de’ Gran-Signori, e i Fetfà de’ Mufti, come
noi
ci occupiamo sulla Bibbia, su i santi Padri e sul
sapere esprimere le delicatezze dell’ amore78. Alle riferite cose da
noi
scritte sin dal 1777 nella Storia de’ Teatri in u
se troppo ora presume. Noi siam quel navigante, e quel guerrier siam
noi
; Questa è la Patria, e il Lido, Padri ci foste v
a Si, che del non suo lume splende nel Ciel tal ora ; Se di valore in
noi
spuntò qualche scintilla, Fu da quel lume accesa,
lche scintilla, Fu da quel lume accesa, che intorno a voi sfavilla. E
noi
dobbiam lasciarvi ? E per fatal destino, Siamo co
else, graditelo, che vostri servi siamo, E con tal nome in fronte, di
noi
superbi andiamo : Che se sarem sicuri del perdon
che possono a mio giudizio servire a spiegar lo scadimento presso di
noi
delle belle arti in generale, e più immediatament
che contribuiscono a formar il melodramma. La prima è che essendo fra
noi
da gran tempo separate la filosofia, la legislazi
d’una intiera nazione? Qual differenza non si scorge nell’onorar, che
noi
facciamo, la memoria del più celebre musico con u
di lo scadimento del moderno teatro e il niun effetto che fa sopra di
noi
l’unione di tutte le belle arti benché cospiranti
differenza che passa tra quelli e i nostri. Simplificando l’idea che
noi
abbiamo della musica in generale, sembra che altr
sse all’anima un gruppo d’immagini, erano vantaggi per loro, ai quali
noi
per soverchia timidezza abbiamo in massima parte
nima la memoria o l’idea di quella tal cosa fanno che si riproduca in
noi
la stessa passione che ecciterebbe se sopposta fo
ostri sensi. Ora, siccome gli oggetti dell’universo agiscono sopra di
noi
con varie spezie di movimenti, così faceva di mes
il cangiamento del ritmo come una delle corruzioni della melodia. «Se
noi
mettiamo (egli dice) a confronto i tempi antichi
vergere altrove i movimenti delle passioni contrarie, onde nascono in
noi
le tendenze al bene od al male; essendo principio
sovra siffatti principi, si troverebbe lo scioglimento di tanti che a
noi
sembrano paradossi ne’ costumi degli antichi popo
olte squisite ed artifiziose modulazioni che questa produce presso di
noi
, e delle quali va così orgogliosa la nostra music
é nessuno ha voluto chiamarli a contrasto. Come la musica risorse fra
noi
ne’ più barbari secoli, nei quali gli spiriti non
icaverà che cotai difetti si riducono a due, l’uno al non aver saputo
noi
mettere un rapporto abbastanza confaccente ed int
nfaccente ed intrinseco fra queste due facoltà, l’altro all’usarsi da
noi
un genere d’armonia poco o niente opportuno all’e
il poema epico, capo d’opera dell’umano ingegno, vengono trattati da
noi
come generi puramente poetici che mai non debbono
materiale delle sillabe, avevano tuttavia la stessa cura, che abbiamo
noi
nella opportuna collocazione degli accenti sulle
r altro che seguitar alla cieca il poeta. La qual cosa non osserva da
noi
, poiché ignorandosi nella nostra poesia la quanti
estiamo fede all’erudito Bochard, un siffatto costume fu tramandato a
noi
da quei poeti e musici antichi chiamati Bardi dai
l numero di tempi che ponno esprimere le misure musicali accettate da
noi
? Se si parla delle misure semplici, le quali non
antico ch’era quello di dirigere la sua azione verso d’un solo punto,
noi
avremo un bel vantare la nostra musica e dileggia
so della prevenzione e i sofismi della pedanteria, ci farà vedere che
noi
non abbiamo della musica fuorché la parte più mat
a vera espressione se non rare volte, e per puro accidente, che quale
noi
la coltiviamo non é atta in se stessa a produrla,
, si spiega in tal guisa: «Ma quanto poi siano queste in oggi tolte a
noi
da nuovo costume, o trascuratone l’uso di esse, e
nione della musica e della poesia riflette saggiamente che l’idea che
noi
abbiamo del loro genere enarmonico debbono esser
del tuono minore, né dando il nome di consonanze se non a quelle che
noi
chiamiamo consonanze perfette, e conseguentemente
, e conseguentemente escludendo da questo numero le terze e le seste,
noi
non possiamo comprendere qual fosse la loro armon
ra. E dopo tale e tanta ignoranza si trovano pure degli scrittori fra
noi
che con grossi tomi corredati da citazioni preten
mmedia turca. Un pregiudizio volgare va impiccolendo sempre più in
noi
l’idea della coltura delle altre nazioni a propor
ere e le scienze, come si crede. Studiano l’arabo e ’l persiano, come
noi
il greco e ’l latino. Quei che attendono alle cos
ll’Alcorano, e sui decreti de’ gran signori e i tetfà de’ Mufti, come
noi
sulla Bibbia e i santi padri, e sul codice e le c
ezza in segno dall’ottima volontà mia, che professo di caminaretrà di
noi
con ogni uicendeuole et affettuosa corrispondenza
ra Signoria ci motiua e già che pare che sia in qualche miglioramento
noi
facciamo speditamente partirlo, stimando minor ma
ima del 1878. Che cosa divenisse il Diotti in pochissimo tempo, tutti
noi
sappiamo…. Poco a lui si addicevano gli amori sdo
no preda del micidiale Brasile, il tuo spirito eletto sarà sempre fra
noi
.
consigliano a non andarui per non mettere a rischio la uita d’uno di
noi
; le quali tre lettere se gli è ritirato a se un
are ne lui, ne chi ha scritto le suddette tre lettere. In fede di che
noi
tutti habbiamo sottoscritto per far conoscere, ch
rnere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a
noi
, in forza di governo e di costumi furono ed esser
servatoci del suo Mercatante recatoci da Grozio: A. Questa legge fra
noi
regna in Corinto. Se alcun veggiam che prodigo ba
o recato da Plutarco nell’opuscolo de Consolatione ad Apollonium, che
noi
consultata la traduzione del Silandro così rechia
iano: Se quando al dì la madre tua ti espose Con questa legge tu fra
noi
venisti, Che a tuo piacer girar dovesse il mondo:
Dell’antica egli dice: Quel che abbiam detto della tragedia antica (
noi
l’abbiamo esaminato di sopra) affermiamo dell’ant
r qual capriccio) per oggetto principale de’ drammi Greci il ballo; e
noi
sempre attenendoci alla storia lo considereremo c
s. lib. XII. a. Nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie
noi
recammo tradotto uno squarcio della di lui commed
nque la Lidia, giacchè d’altre Lidie di quell’epoca non è pervenuta a
noi
notizia, aveva marito. Quanto all’essere stata l’
finissim’oro, dice il Valerini. O eran questi del Rossi comici non a
noi
pervenuti ? Eppure l’unione di questi tre nomi, V
li è evidente però che nello stesso modo dei Greci consideriamo ancor
noi
la poesia e la musica; mentre ce ne serviamo com’
case… e la stessa stima ch’ebbero i Greci dei drammi l’abbiamo anche
noi
.» RISPOSTA. [12] È cosa evidente per l’incompara
» RISPOSTA. [12] È cosa evidente per l’incomparabile estrattista che
noi
abbiamo della musica, della poesia, e delle rappr
Toscana gli istrioni che introducessero le rappresentazioni, come da
noi
in simile circostanza si farebbe un pubblico voto
atto al genere umano compassionando le sue miserie. Plutarco, come da
noi
altrove si asserì, dice che le rappresentazioni t
bro dell’Areopago enciclopedico di Bologna se sia cosa “evidente” che
noi
consideriamo nel modo stesso che i Greci la poesi
do stesso che i Greci la poesia, la musica e gli spettacoli? Facciamo
noi
forse la santissima trinità poetessa e suonatrice
mo come gli antichi? «Ma, replica egli con fortissima argomentazione,
noi
ce ne serviamo, com’essi nei templi, nei teatri,
i; ma si dirà per questo che i mentovati libri vengono considerati da
noi
come cose sacre, o come oggetti di somma importan
, e legislativo, del che si vedevano in pratica gli effetti; presso a
noi
l’istruzione lasciata in balia del poeta è sempre
salmi penitenziali posti in bocca d’Aristea, o di Cleonice. Quanto a
noi
meno costumati e purtroppo meno divoti v’andiamo
io e una specie di pittura, e di poesia.» RISPOSTA. [23] Essendo fra
noi
da gran tempo separate la filosofia, la legislazi
ggendo l’una l’azione direttrice dell’altra. Niente di più comune fra
noi
che il veder i governi prescriver delle leggi opp
, né per l’altra opinione. Alla pagina 184 del secondo tomo ho detto «
noi
abbiamo un contrappunto del quale si dice che gli
Antichi avessero della musica un’idea superiore di molto a quella che
noi
ci formiamo di essa, e che avvezzi fossero a vede
e vuol dire adunque che un siffatto accoppiamento non opera presso di
noi
il menomo di quei prodigiosi effetti che operava
più perfetta, e perfettamente eseguita v’ha pochissimo fra i moderni,
noi
restiamo indifferenti all’azione di essa. GIORNAL
ruttori del buon gusto ecc,… e lo stesso è seguito e segue ancora fra
noi
; ma da tutto questo si deve forse arguire che non
ell’italiana; che i Greci avessero i loro guastamestieri come abbiamo
noi
; ciò ha tanto che fare colla questione come i por
ig. Rousseau (Essai sur l’origine des langues), conviene con essi che
noi
siamo realmente all’oscuro sulla vera natura dell
lla pindarica, all’anacreontica ecc. ecc., ma altro è che tali poesie
noi
non usiamo di porle in musica alla maniera delle
nere di poesia; ho detto soltanto «che per una generale inavvedutezza
noi
abbiamo esclusi dal genere musicale quasi tutte l
ua critica. GIORNALISTA. [45] «Passa quindi il N. A. ad asserire che
noi
ignoriamo la quantità sillabica nella poesia; che
he da tutti le vien dato in grammatica ed in rettorica. Nel qual caso
noi
lo consigliamo a premettere per l’avvenire ad ogn
mini de’ più rispettabili che abbia avuti l’Italia fosse una ragione,
noi
conchiuderemo che l’estrattista sapeva dire delle
fredini, ci permetta parlando di qualunqne de’ suddetti scrittori che
noi
gli susurriamo rispettosamente all’orecchio «malo
proprio lodiamo con compiacenza que’ tempi, dei quali crediamo esser
noi
stati un non mediocre ornamento. Di ciò è un mani
più vantaggiosamente si pensa.» 209 GIORNALISTA. [56] «Cosa diremo
noi
, se il Signor Arteaga sembra essere appunto nel n
eatri, ma queste comparazioni hanno anzi giovato alla musica; come da
noi
si asserì nella nota 13 del nostro Libro delle Re
reo, quando al contrario giusto per questo è degno di lode? In verità
noi
non intendiamo un tal modo di ragionare.» RISPOS
di novità considerato metafisicamente è una inclinazione ingenita in
noi
dalla natura, come un’effetto immediato della cur
del buon gusto, come di un Pergolesi, di un Leo ecc. e non la nostra;
noi
gli risponderemo lo stesso che già si rispose ad
cui è formata la nostra opera, non fosse la stessa presso i Greci, ma
noi
ci uniamo piuttosto al parere del Sig. avvocato M
tanto che il dotto scrittore non s’accigne a così magnanima impresa,
noi
continueremo a far uso dell’edizioni che abbiamo,
del buon gusto come d’un Pergolese, e d’un Leo ecc. e non la nostra,
noi
gli risponderemo lo stesso che già si rispose ad
adre mio doi figliuoli ebbe senza più, ed egli è il vero che la madre
noi
d’un medesimo parto avendo partorito passò di que
o fino alli sette anni allevati, di poi, per odio di nostri parenti a
noi
portato, e per fuggire le insidie loro a noi nell
odio di nostri parenti a noi portato, e per fuggire le insidie loro a
noi
nella vita tese, fummo disgiunti : quello che di
oterà sarò servo e fante, e uomo e femmina. Piacendovi adunque uno di
noi
, piglierete quello che più vi piace, ch’ io non h
ta orribile quartina : Se poi a caso ci preme la stizza, e svogliata
noi
abbiamo la mente, il veder sulla scena Pelizza, t
e del suo personaggio, che con quello vero di casa, non giunto sino a
noi
. Fu caratterista buffo della Compagnia di Giacomo
nte la malattia della prima attrice, ha avuto campo di dimostrare fra
noi
che ella offre più che speranze alla scena italia
iamo, ed anzi s’egli vi porrà un maggiore studio nel ben pronunziare,
noi
lo assicuriamo di una maggiore e più luminosa tea
[Epigrafo] «Non per questo perché a
noi
manca quella squisitezza, e quella vivezza d’inge
a Cristiana Moderazione del Teatro…. Di questo comico Aurelio non è a
noi
pervenuto altro lume ; ma ci persuadiamo ch’ egli
ggiore, che dà di sempre migliore riuscita nell’arte comica seruano a
noi
di motivo di elegerlo e dichiararlo come in uirtù
uello della R. Cappella; ma fra’ Sacerdoti che vi offiziano, allorchè
noi
dimoravamo in Madrid, se ne trovavano alcuni che
ui il Bartoli riferisce la notizia, non sia giunto alcun cenno sino a
noi
. Forse la Palombera (V.) ?
bbiamo di comune gusto e consenso riaccettato la sig.ª Valeria tra di
noi
, con la quale di nuovo uniti cercheremo di manten
quale di nuovo uniti cercheremo di mantenerci in quella pace tanto a
noi
necessaria, e con tanta fatica per nostro honore
nella lettera del Sig. Flavio ci viene prescritto, poi che ogn’uno di
noi
solo ha per fine il mantenersi in grazia di V. E.
eresse, strettezza di amicizia o vincolo di parentella che sia tra di
noi
, si come ogn’uno di Compagnia augurando a V. E. o
ella Podagra è così mal trattato da detto male che l’anno passato con
noi
in Venetia non si potea vestire ne allacciar la m
lla guisa che io ho fatto, poichè ci saremo separati. Torna indietro,
noi
partiamo”. E qui Sacontala prorompe in un pianto
’ Siciliani e de’ Tarentini nelle tavole. Eccolo secondochè l’abbiamo
noi
tradotto: Piè innanzi piè senza pensar m’inoltr
Uscir d’impacci e abbandonar la vita. Ci si permetta aggiungere da
noi
recato in italiano l’altro frammento rapportato d
del comico Filemone il maggiore tratto dalla commedia del Soldato da
noi
tradotto, e quì fia bene riferirlo, perchè non s’
i della sua commedia il Mercatante tradotto da Grozio in latino, e da
noi
volgarizzato: A. Questa legge fra noi regna in
to da Grozio in latino, e da noi volgarizzato: A. Questa legge fra
noi
regna in Corinto. Se alcun veggiam che prodigo
anno esse provato una simile vicenda; e al di d’oggi è in esempio tra
noi
singolarmente la musica. Risorta ne’ più barbari
arabeschi musicali, nuovi arzigogoli; e quasi fossimo nella infanzia
noi
medesimi, mutiamo a ogni momento pensieri e vogli
zia noi medesimi, mutiamo a ogni momento pensieri e voglie rigettando
noi
oggi e quasi abborrendo quello di cui avevamo ier
si conviene, di aver anche condito la composizione sua di varietà; ma
noi
diremo piuttosto che egli l’ha guasta con una dis
o strettamente congiunte, camminarono di un passo tutto contrario tra
noi
. La musica nell’altro secolo era ben lontana dal
za vivere. A così fatti uomini sarebbe da commettere la musica, quale
noi
la vorremmo nella nostra opera. Che già avendo es
la mestizia, e così delle altre? Attissima bensì ad accendere in esso
noi
qualunque si voglia passione è la melodia, la qua
ingolarissimo, celebre in Sicilia, conosciuto a Napoli, sconosciuto a
noi
, potè girar trionfalmente i più riposti angoli d’
dei più vigorosi e più spontanei comici. L’Alberti è ormai più noto a
noi
come conduttore e direttore della famosa Compagni
ole di questo suo porgere, ne parrà di aver fatto tutto quello che da
noi
si può meglio in limiti si angusti. Ancora : No
idia punto la Generosità del nostro Ser.mo Padrone, hà ottenuta là dà
noi
tanto desiderata licenza ; doppo esser stati per
fruttuosi appresso questa Real Corte, è quello che piu importa anco à
noi
stessi, non hauendo potuto rapresentare che solo
la Diana ? Nel secondo caso furon sempre con essa i Desiosi ? L' '82
noi
troviamo che i Confidenti, a Bologna, non aspetta
do un documento del Belgrano, ad esempio (Caffaro, 29 dicembre 1882),
noi
la vediamo a Genova nell’estate dell’ 86 con Cesa
tuoso orrore. Se però all’Apologista parrà dicevole l’usarle, vediamo
noi
, senza impacciarcene, di ribattere le sue parole.
L XIV. SECOLO? Nè anche vide ivi addotta la notizia della Tragedia, a
noi
non pervenuta, di Giovanni Manzini della Motta, r
cura di vedere, non danno al Signorelli dritto di affermare, che fra
noi
crebbero con tutta prestezza gli studj scenici, e
se, e di quella di Capitan Matamoros, sotto il cui nome arrivò fino a
noi
, autore di varie opere poetico-teatrali, nacque a
erzo piano dietro a Le Grand, il celebre Turlupin ; e a guardar bene,
noi
potremmo stabilire che la parte sinistra è occupa
anco non si sarebbe fatto cenno di suo padre ? Dietro il quale esame,
noi
non sapremmo in che modo rispondere con precision
mpositore d’osservare che «nel ragionare non solamente ad ogni parola
noi
assegniamo particolar tuono, ma a tutte le sillab
e all’inizo del terzo atto dell’Artaserse metastasiano: «già prima di
noi
un famoso letterato di Francia avea avvertita l’i
egli non ha il cuore occupato da quella passione che vuol fingere con
noi
?» (II.VII.22). L’inverosimiglianza rimaneva più c
atetico, cioè trarre diletto dal libero movimento delle passioni: «Se
noi
, per modo d’esemplo, fossimo stati presenti alla
stati presenti alla dissavventura di Priamo, questi sarebbe stato per
noi
un oggetto di passione, poiché egli ci avrebbe pr
e ai bruti, in ragione della differente ‘macchina’, non accadrebbe): «
noi
sperimentiamo tai scotimenti anche su nostri nerv
maginare il nostro autore — qual modo si richiedesse per insinuare in
noi
una data disposizione, egli sapea bene a qual s’a
orcere il più valente maestro di musica che s’abbia l’Italia: vedendo
noi
spesse volte un’aria, per esempio composta nel mo
l patetico della danza consiste nell’imitazione di que’ movimenti che
noi
facciamo, qualora da alcuna passione siam possedu
origine nelle tenebre d’una rimota antichità, la quale non tramandò a
noi
monumenti bastevoli a determinare sì fatta epoca.
architettura, la meccanica, la prospettiva, così per tempo fecero tra
noi
, come osserva il prenominato Cionacci. [Sez.I.1.
chiaro apparisce da ciò che sulla storia di questo spettacolo si è da
noi
fino a qui ragionato. La sola proprietà onde esso
ecorazioni, attirarono l’ammirazione di tutta Europa. Vive ancora tra
noi
la memoria del dramma intitolato La Divisione del
lla della poesia. Il che è sì vero, che tra tutte le altre facultà da
noi
annoverate non ce ne ha una che non sia stata amm
serbato a quella parte che tende a muovere i nostri affetti: e quando
noi
ce ne sentiamo effettivamente mossi, diciamo esse
ch’esse procurano d’insinuarsi col mezzo del piacere sensibile che a
noi
viene da quelle bellezze, di cui è giudice l’occh
scuna di queste discipline è destinato al piacere de’ sensi, e che da
noi
sarà per brevità chiamato l’estetico di tali disc
è tutt’altro da ciò che si adopera al movimento degli affetti, e che
noi
il patetico diremo di quelle. Non era la sonorità
l tutto. E ragione evidente è il paragone di due grandezze, col quale
noi
conosciamo senza fatica se sieno tra loro eguali,
ggiore dell’altra. Se per esemplo, fissando l’occhio sopra due linee,
noi
prestamente ci accorgiamo esser l’una il doppio d
tetico, sì naturale come artifiziale, è ora da dichiarare quanto è in
noi
l’essenza del piacere che da esso ne viene, sembr
ar si potesse in infinito. Sarebbe questa una falsa deduzione; poiché
noi
già dicemmo sin da prima che un’ idea piace ove c
atetico delle belle arti e ‘l piacer patetico [Sez.I.3.6.1] Fu da
noi
definito il patetico delle belle arti per quello
e imitazione produce nel nostro animo, di godere di quell’oggetto. Se
noi
, per modo d’esemplo, fossimo stati presenti alla
stati presenti alla dissavventura di Priamo, questi sarebbe stato per
noi
un oggetto di passione, poiché egli ci avrebbe pr
ggetto e lo presenti con energia, egli non può mancare di produrre in
noi
il piacer patetico. È nondimeno di tal natura sì
finamento, qualora il compor versi era già divenuta un’ arte. Infatti
noi
tutto dì osserviamo che i versi, che i fanciulli
i di leggieri provar si potrebbe. Ma non essendo questo luogo da ciò,
noi
non altro qui esamineremo che quanto singolarment
er esempio il verso seguente: Era il giorno che al sol si scoloraro
noi
spicchiamo sì sensibilmente la sesta sillaba, che
re un giusto mezzo in questo cammino ancora incerto, due princìpi, se
noi
ben ci avvisiamo, sceglier potrà per sua guida. I
n quì della mescolanza de’ versi ineguali. Avvertiremo però, non aver
noi
recati in mezzo se non quegli esempi che la memor
che su questa materia è stato scritto del tempo d’Aristotile insino a
noi
, per gli tanti scienziati uomini che le leggi del
la sola opera in musica destinò le sue osservazioni. [Sez.II.2.0.2] A
noi
dunque non altro appartiene che il divisare in ch
le leggi dell’antica tragedia, e per ragione altresì del progresso da
noi
fatto in alcune arti. Questa mutazione riguarda p
to, sotto altro tempo e cielo possa essere un pregio. Perciò entrando
noi
ne’ seguenti capitoli a ragionare di questi cinqu
, e più ricca, e più bella la renderebbero. [Sez.II.3.0.5] Ma qualora
noi
approviamo quella licenza che il melodramma si at
che sul modello delle antiche e di tristo fine si compongono oggi tra
noi
, sono astrette a mitigare quel terribile delle gr
te vizioso, questa rovina non avrebbe fatta tentazione alcuna; da che
noi
non sentiamo troppa compassione e terrore della s
ssaggio da quell’agitazione al contento di vedere il personaggio, che
noi
amiamo, passar di misero in prospero stato. [Sez.
gran lunga più dolorosi. Ma vale almeno altrettanto l’istruzione che
noi
caviamo dalle vicende del protagonista del melodr
loro vizi; ma un uomo soggetto alle nostre debolezze è quasi un altro
noi
stessi, e noi desideriamo ardentemente che tali d
un uomo soggetto alle nostre debolezze è quasi un altro noi stessi, e
noi
desideriamo ardentemente che tali debolezze non a
o delle similitudini s’intenda ancora delle allegorie; e già prima di
noi
un famoso letterato di Francia48 avea avvertita l
icevute con quella favorevole prevenzione, che i gran nomi trovano in
noi
, i loro falli non possono abbagliarci o sorprende
nere che il linguaggio dagli appassionati. [Sez.II.7.2.13] Le arie da
noi
fino a qui disapprovate non solo nuocono al dramm
l medesimo dramma, perché esenti da tal difetto, cagionar sogliono in
noi
, quali sono esempigrazia le arie Conservati fedel
egli non ha il cuore occupato da quella passione che vuol fingere con
noi
? [Sez.II.7.3.2] Ma i recitativi, contenenti per l
sonanze, è facilissima a rinvenire dopo ciò che sulla simmetria fu da
noi
ragionato. L’unisono, a cagion d’esempio, è la pi
mai le tre ottave, per quanto da quelle notizie si ritrae, che fino a
noi
pervennero della loro musica stromentale. È chiar
particolare, e molto diverso dalla voce dell’uom tranquillo. Infatti
noi
senza vedere una persona, e senza sapere l’attual
, riproducendo nell’immaginazione l’idea di que’ movimenti d’animo da
noi
altra volta provati nell’ascoltare sì fatti tuoni
negli affetti concepiscono quelle che scendono verso il petto, e che
noi
tra’ nervi diatetici annoverammo. Di qui vien pur
quella del corpo de’ bruti, consista nella moltitudine de’ nervi, che
noi
abbiamo verso il petto e le viscere, là dove i br
unzioni vitali52. Tutto ciò conferma sempre maggiormente, trovarsi in
noi
una classe di nervi addetti all’uffizio delle pas
zio delle passioni, e questi essere propriamente quelli che diatetici
noi
abbiam nominati. [Sez.III.1.3.4] Sembra in oltre
n tuono, che faccia consonanza con quello che risuona attualmente. Ma
noi
sperimentiamo tai scotimenti anche su’ nostri ner
unque da una musica povera traevano maggior vantaggio che non facciam
noi
da una ch’è doviziosissima. Se si dimandava a un
Se si dimandava a un greco qual modo si richiedesse per insinuare in
noi
una data disposizione, egli sapea bene a qual s’a
orcere il più valente maestro di musica che s’abbia l’Italia: vedendo
noi
spesse volte un’ aria, per esempio composta nel m
sistematica, e giugnesse a tanta perfezione? [Sez.III.1.4.13] Ma tra
noi
l’opera sta tutta altrimenti. E’ vero, che, la bu
de in cultura a qualunque più florida età della Grecia. Ma coloro tra
noi
, che professano la musica, non sono quegli stessi
anto, c’imbattiamo in certi passi, i quali improvvisamente muovono in
noi
uno o un altro affetto, e talora senza che il com
o stile della musica teatrale, non ci crederemmo d’avere, quanto è in
noi
, promossa la perfezione di questa, se non iscende
sserverà primieramente che nel ragionare non solamente ad ogni parola
noi
assegniamo particolar tuono, ma a tutte le sillab
ogni punto che termina il periodo ha una cadenza medesima. Altramente
noi
terminiamo un punto finale, dopo il quale nulla c
la scorta de’ punti, delle virgole e degli altri segni di riposo, che
noi
adoperiamo nella scrittura; attesoché non di rado
oso; perciocché quando alcuna grave circostanza ci metta in pensiero,
noi
sogliamo di tempo in tempo interrompere il nostro
gni tempo da’ teatri, questo esige quello stile energico e breve, che
noi
abbiamo finora insinuato: testimonio non la sola
d’idee, capaci di formare nell’animo altrui quelle disposizioni, che
noi
vi desideriamo, così l’eloquenza del corpo consis
Demostene non si voglia solo in essa far consistere tal arte. Infatti
noi
proviamo tutto dì, che un eloquentissimo discorso
santi con maniere ancora interessanti non le pronunzi, non ottiene da
noi
alcuna fede71 , perché la sua sconvenevole pronun
e. Qui però non di costoro, ma degli attori dell’opera in musica va a
noi
talento di ragionare; e forte ne chiameremmo per
citati? Ognuno, che sia capace della menoma riflessione, converrà con
noi
che ciò sia proceduto dalla pronunziazione più ne
intelligente da que’ miracoli del greco scalpello che giunsero fino a
noi
, e dalle sculture di Michelagnolo, del Bernini, d
e si commettono contro di esse, tendono ogni momento a richiamarci in
noi
stessi. Tali sono quelle volte senza appoggio, qu
1.4] Questa pratica degli antichi, unita a una giornaliera pruova che
noi
ne facciamo, ha dato a conoscere che il legno è i
quale a ciò solo si adopera, che l’attore sia circondato da oggetti a
noi
stranieri, e propri del luogo dove è supposta la
l patetico della danza consiste nell’imitazione di que’ movimenti che
noi
facciamo, qualora da alcuna passione siam possedu
lodramma [Sez.VI.2.1.1] Nel secondo capo della prima sezione fu da
noi
stabilita la necessità, che hanno tutte le arti a
dia del dramma, quando quel moto, nel quale consiste il piacere che a
noi
reca l’azione drammatica, si estingue nel suo cuo
reci. Sono essi, per consenso d’ognuno, i maestri delle belle arti; e
noi
, ad onta de’ gran lumi che vantiamo, siamo a’ med
Per contentare i Greci e i romani vi volea pur tanto; e per contentar
noi
non ci vorrà egli per lo meno altrettanto? Noi, c
e i mutoli erano i migliori maestri de’ pittore: del medesimo possiam
noi
assicurare i ballerini. [Sez.VI.3.1.4] Può in olt
one. La pronunziazione ha colla danza una grande affinità, come fu da
noi
osservato, e però le loro leggi sono in buona par
e somministra la greca storia e la romana, siccome ne’ tempi ancora a
noi
più vicini abbiam veduto una sola commedia del Mo
Molto ancora contribuiscono gli spettacoli al progresso delle arti: e
noi
già osservammo fin da prima111, che la perfezione
da prima111, che la perfezione, a cui queste sì per tempo vennero tra
noi
, a quelli si debba in buona parte attribuire. Per
lanza richiede il tempo, che, finita l’opera, s’esce di teatro. Fu da
noi
già dianzi notato che un edificio di questa natur
devole a’ più rei e più contagiosi esempi. Massime ed esempi sì fatti
noi
non gli soffriremmo in un libro, in un sermone. P
le, dove si è in uno stato di distrazione. L’illusione che cagiona in
noi
questo artifiziosissimo spettacolo, ci rende poco
iosissimo spettacolo, ci rende poco attenti a ciò che passa dentro di
noi
, sì che, uscendo poi di teatro, troviamo alcuna v
entro di noi, sì che, uscendo poi di teatro, troviamo alcuna volta in
noi
stessi delle novità, alle quali avremmo certament
quel sentimento medesimo, che in altro luogo e tempo sarebbe stato da
noi
rigettato come erroneo e pernizioso, allora, favo
ngono nudamente, e senza grazia veruna, poca accoglienza ottengono da
noi
. Ma se ci vengono innanzi d’una maniera aggradevo
tadini. Ecco per appunto l’illusione che l’opera in musica produce in
noi
. La poesia, la musica, le decorazioni c’innebrian
ntrar di buon animo in tal carriera. Facciamo però giustizia al vero:
noi
cadiamo in una strana contraddizione. I nostri dr
condannare, o ad approvare gli spettacoli teatrali. Non appartiene a
noi
l’indicare i mezzi che tener dovrebbe lo stato, p
guainarci addosso uno scolastico trattato o una solenne predica, come
noi
abbiam veduto in alcuni drammi, i quali, non osta
riferimento forse trasparente per il lettore contemporaneo, meno per
noi
; potrebbe trattarsi (come ipotizza Degrada) della
quali sempre è stato solito di celebrarsi profanamente, giudicandola
noi
festa profana, e non sacra […], così da essa non
tumulto stien le voci chete, / massimamente poi quando si canta; / a
noi
fatica, a voi el piacer resta, / però non ci guas
etto, fatto superbamente adornare ad uso di quella Tragedia, la quale
noi
i primi in questa età abbiamo alla Gioventù, per
he Planelli cerca di distinguere tra le responsabilità del direttore (
noi
diremmo: direttore artistico) e dell’impresario,
: cfr. Petrarca, Trionfo della Fama, III, 61-63: «E quel che ‘nver di
noi
divenne petra, / Porfirio, che d’acuti sillogismi
A cura di F. Degrada, Firenze, Discanto Edizioni, 1981 (nelle note da
noi
apposte al testo ci si riferirà con Degrada a que
i voci e canti etc.». In S. Orsola: «Di Orsola clemente, onesta e pia
noi
possiam recitar con dolce canto etc.». In quello
quelle passioni a cui particolarmente mirano le arti piacevoli e che
noi
ci aspettiamo nell’osservar l’opere di queste. 1
con la loro Compagnia a Padova, di tratenere Trivellino, lasciando a
noi
Bertolino con la gionta della Moglie e Vicenza in
la uerita, altro non posso significarle se non che Vicenza non fa per
noi
in modo alcuno per esser non solo stata sbatuta l
: ma la causa dell’irrefrenato proromper del pubblico in matte risate
noi
dobbiam ricercare in qualcosa più che nella parol
so, da far di Ferravilla un artista senza confronti ? E dove mettiam
noi
l’arte del cammuffarsi o truccarsi, che è somma i
ando questi personaggi, così idealmente veri, così comici, aprivate a
noi
tutti una miniera inesauribile di gioconde allegr
a e Rodrigo Lombardi, morti) e la Davia crudel che l’abbandona, (che
noi
preghiamo tutti ginocchioni a ridonarci ancor la
la catalana fu da’ conti di Barcellona introdotta in Provenza. Laonde
noi
quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagn
gioni che portano incontrastabilmente il nome onorevole di spagnuole,
noi
troviamo nella Catalogna prima in Barcellona, ind
la Catalana fu da’ conti di Barcellona introdotta in Provenza. Laonde
noi
quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagn
gioni che portano incontrastabilmente il nome onorevole di Spagnuole,
noi
troviamo nella Catalogna prima in Barcellona, ind
sica. [1] Tal è lo stato presente del dramma musicale italiano quale
noi
finora l’abbiamo descritto nel presente volume, e
e que’ de’ secoli posteriori attaccavano a siffatta parola. Allorché
noi
sappiamo indubitatamente che la musica loro era r
è un piede saltante, leggiero, pieno di forza e di nobiltà; cosicché
noi
leggiamo in Aristotile 187 che quando la tragedia
di gran parte delle nostre contradanze, e in particolar modo delle da
noi
chiamate “gavotte” e “vaudevilles”. La grandezza
a corrispondenza delle misure impiegate dagli antichi con quelle onde
noi
ci serviamo, senza metter in chiaro lume questa p
i si devono collocare nel novero di quelle percezioni indistinte, che
noi
proviamo spesso senza poterle valutare, e quasi s
sica antica, che non differivano dalle nostre modulazioni. A dir vero
noi
ci sforziamo a rendere di giorno in giorno più gi
ca de’ Greci seco trasse anche quella de’ loro costumi. Ma tornando a
noi
, la musica de’ Greci fu nella sua origine in tal
principali caratteri. Definisco la melodia in generale, o quello che
noi
chiamiamo “un bel canto” una tessitura di suoni o
a sua seduzione, e della sua magia, mostrando che la monotonia di cui
noi
l’incolpiamo deriva meno dall’uniformità dei trat
no de’ difetti e de’ vizi nella lor musica, e perché dunque ci faremo
noi
coscienza di osservarli entrando nel medesimo lor
il melodramma è stato quello indicato dal più volte citato Brown che
noi
esporremo colle sue proprie parole, come si trova
ssi, e con Pietro Rosa. Ebbe tre mariti, uno dei quali, il secondo, a
noi
sconosciuto. Gli altri due furono : il Cicuzzi, d
ù del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro, e
noi
pochi, e senza lena, travagliammo con gran pena.
isogno in quell’ Eroica parte dell’ Italia nostra : nessuna occasione
noi
sfuggiremo per prestarle il nostro fraterno socco
ne sia dato ragguaglio : che ben la lettera giungerà a tempo, dovendo
noi
star al servizio dell’una e dell’altra Maestà que
col ben oprar la scorse e resse. Pregò, l’udì chi sempre ascolta pio,
noi
perchè in guerra noi medesmi ogn’ora tener, se ’n
se e resse. Pregò, l’udì chi sempre ascolta pio, noi perchè in guerra
noi
medesmi ogn’ora tener, se ’n pace ella contenta o
i. Quella che di virtù ferma colonna fù sempre, cui diede la Brenta a
noi
, e cui gemma pregiata hor tien la Sonna. aggiung
al tempo per voi, poichè per me dite, che non havete mai buon tempo :
noi
sogliamo dire quando il cielo è coperto di nubi,
Dou’hor si posa la bell’alma, e lieta Vagheggia à voglia sua quel che
noi
tanto In dubbio pone. A noi stà sopra il Sole Con
, e lieta Vagheggia à voglia sua quel che noi tanto In dubbio pone. A
noi
stà sopra il Sole Con gli altri ardenti lumi ; E
ver però non giunge ; Ed ella à pien gli intende, e gli fruisce. Hor
noi
di si gran perdita dolenti Poco il pomo curiam, p
te E domi, e vinca. in altra parte il sonno Sparga pur sua quiete : à
noi
non cale, Ch’ei dal Mondo ne sciolga, ò da noi st
rga pur sua quiete : à noi non cale, Ch’ei dal Mondo ne sciolga, ò da
noi
stessi. Et io, che più d’ogn’altra afflitta viuo
viui Ben ella in ciò saria veloce, e presta Come fù alhor, che tè da
noi
diuise ; Ma perch’ella conosce, Ch’essendomi crud
nelle proprieta loro nello inuentionarle. mad eccoci a lui. Sant. A
noi
Messer Veridico è paruto mill’ anni d’ auer desin
citanti nostri, per non mi condur poi isproueduto a fatti. Sant. Hor
noi
siam qui, e per far come il pardo, al primo salto
, che si compone la comedia, come di corpo, et d’anima siamo composti
noi
: l’ una di queste parti principali è del poeta,
poter introdurui habiti cosi di donne come di huomeni, inusitati fra
noi
onde spero d’ aggiun ger uaghezza non poca allo s
erò non uoleste uenir anco uoi, a ueder questa proua. Sant. Vogliamo
noi
, o signor Massimiano accettar questo cortese inui
n ammirazione, ed incantarono un popolo principe. Di buona fede siamo
noi
sicuri che a’ di di Aristofane sarebbero state ac
edoni, o tra quella di Roma donna del Mondo noto, o della Francia che
noi
ammiriamo?
che quì si trascriva il coro dell’atto I del Ciclope del Martirano da
noi
tradotto, perchè non abbia a cercarsi altrove:
onde Mi scaglierà da la più eccelsa balza. Deh qual parca crudel
noi
sventurati Di sì spietato mostro a l’ira espon
torie fossero state due, ed una sola l’edizione. A’ nostri dì abbiamo
noi
pur veduto più di un esempio di simili giuochetti
che ritornarono in Europa per mezzo degli stessi Italiani. E ciò fra
noi
venne a produrre nel XIV secolo poesie teatrali l
to nel 1330, ci fa sapere che già nel 1300 scriveansi comunemente tra
noi
in versi volgari (cioè facili ad esser compresi d
Il Crescimbeni giudicò tal rappresentazione di argomento profano; ma
noi
accordandoci di buon grado col cavaliere Tirabosc
che ritornarono in Europa per mezzo degli stessi Italiani. E ciò fra
noi
venne a produrre nel XIV secolo poesie teatrali l
to nel 1330, ci fa sapere che già nel 1300 scriveansi comunemente tra
noi
in versi volgari (cioè facili ad esser compresi d
Il Crescimbeni giudicò tal rappresentazione di argomento profano; ma
noi
accordandoci di buon grado col chiar. Tiraboschi,
prima d’essi recitato a Verona trenta commedie) dove dovevamo andarci
noi
, cercono ancora di non lasciarci fare le nostre o
quella mistura de’ colori, ch’egli non ha comunemente. Così è fino a
noi
pervenuta la fama di Zeusi, che volendo far il ri
gli oggetti quelle circostanze, che hanno più immediata relazione con
noi
, e che ridestano per conseguenza il nostro intere
agore del tuono: ora risvegliando colla melodia le sensazioni, che in
noi
producono le immagini di quegli oggetti, i quali
e non all’udito; il musico rappresenta invece loro l’effetto, che in
noi
cagiona la veduta maninconica di quel mausoleo, o
ando per mezzo dell’udito movimenti analoghi a quelli, ch’eccitano in
noi
gli altri sensi; come allora quando il musico vol
ta col mezzo de’ suoni, i quali, perché agiscono fisicamente sopra di
noi
, sono più atti a conseguire l’effetto loro che no
e dovesse aggirarsi soltanto intorno ai soggetti patetici, privandoci
noi
spontaneamente della ricca sorgente di bellezze a
ionato ridurre. [19] È però d’avvertirsi, che sebbene il principio da
noi
stabilito sia generalmente vero, si modifica tutt
rfettamente armonici: hanno il lor luogo i personaggi subalterni, che
noi
abbiamo supposto finora inutili al canto. Havvi u
le facoltà interne dell’uomo, onde avvien che la riflessione desti in
noi
le passioni, e queste destino la riflessione scam
oggiata sulle false nozioni ch’eglino ci danno dell’opera. «Presso di
noi
, dice il primo, la commedia è lo spettacolo dello
mescolata di storica narrazione, e per lungo corso de’ secoli fino a
noi
tramandata, abbia acquistato una spezie di credib
prospettiva, atteso lo stato in cui si trovano attualmente presso di
noi
queste facoltà, senza pretendere d’applicar le st
o anche che sono appunto ridicole e che l’effetto universale sarà per
noi
6.» Certo il ‘martelliano’ non piacque al marches
non andavano alla comedia, ed egli se l’è creduto, e su ciò fonda che
noi
dobbiamo far capital degli amori, perché i nostri
dell’imposture, vanno poi a ridere ne’ loro caffè della buona fede di
noi
Italiani39. Nella stessa lettera francese a Cont
ria e sono evidentemente ingiusti al nostro confronto, non invidiando
noi
agli antichi l’onore di primi inventori. [1.42ED]
se si ha la dovuta fede agli storici. [1.54ED] Ma io vi soggiungo che
noi
pure abbiamo migliorata la condizion vostra nel c
D] La pittura, la scoltura e l’architettura sono riuscite appresso di
noi
perfettissime; e da’ nostri artefici i vostri han
oni. [1.84ED] Vi sono virtù insuperabili e queste imitiamo non perché
noi
non le avessimo sapute inventare, ma perché i vos
oi non le avessimo sapute inventare, ma perché i vostri, nati prim di
noi
, sono stati in necessità d’inventarle. [1.85ED] C
essità d’inventarle. [1.85ED] Certo i primi hanno imitata la natura e
noi
, imitandola, sembra che quelli imitiamo; perché c
oratore della tragedia, questo distruttore della riputazione di tutti
noi
altri tragici italiani od esteri ha perfezionata
ore del tuo Papiniano. [1.126ED] La ragione si è che a ciascheduno di
noi
privati, come di quelli che per poco prendiamo de
a commedia sarebbero derise come impossibili; e pur le abbiam provate
noi
vere e non v’è uomo privato che nel corso della s
sta tempra bizzarra ed apparentemente incredibile. [1.127ED] E perciò
noi
altri, assisi ad una rappresentazione di non regi
ontri; e così sempre avverrà, qualora un affetto opposto a quello che
noi
aspettavamo inaspettatamente si sveli. [1.144ED]
e per ora ad essi il mio nome e di contentarti che a quattr’occhi fra
noi
due soli segua, con reciproco nostro diletto, que
supponendo ancora che i venti non siano contrari al messo, siccome a
noi
lo sono stati. [2.16ED] Di più, Ercole fa un sacr
06ED] Ma Elettra la stimola a quinci partirsi col dire: Non parti da
noi
, né partirai nuovamente da questa casa senza stre
r fare il restante del gran cammino per terra. [3.6ED] Divisatosi fra
noi
brevemente su la vaghezza del nostro soggiorno, i
a differenza ci è circa lo sceneggiamento fra’ tragici franzesi e fra
noi
, ed è che i Franzesi hanno per li soliloqui un ce
fra noi, ed è che i Franzesi hanno per li soliloqui un cert’odio che
noi
non abbiamo. [3.14ED] Pochi e per lo più brevi se
rso o contro chi lo pronuncia. [3.20ED] E quante volte, vedendosi per
noi
un personaggio cupamente pensoso, a qual si sia c
. [3.23ED] Penserà, ruminerà per un’ora un personaggio quel tanto che
noi
in voce e dentro lo spazio di otto o di dieci min
attore che è più vicino; ma perché in altra guisa non si potrebbe per
noi
uditori sapere quanto o dice o pensa in disparte
mo avvezzi ad immaginarci che l’attore non debba ascoltare quello che
noi
ascoltiamo ed, in grazia della necessità, assolvi
non si scarseggia. [3.32ED] Ma certa cosa è che la scena appresso di
noi
compariva sempre guernita di personaggi, benché u
me, e pure ne’ vostri argomenti se ne conoscono i fonti, in guisa che
noi
, imitando le tragedie sì di Sofocle che di Euripi
passione. [3.45ED] Ora per nostra difesa tu dei sapere che l’amore di
noi
altri Greci non era già una passione inferiore al
al desio dell’incestuoso adulterio. [3.48ED] Quindi è che, non avendo
noi
mai avuti cotesti vostri princìpi di parlar d’amo
nteso o amato dal popolo inclinato alla libidine, non si è voluto per
noi
rappresentar nelle tragedie che aspettano il ‘viv
avete ne’ vostri amori rappresentati fra uomo e donna una fortuna che
noi
non avemmo, e questa è la religione. [3.61ED] La
a soffrire gli aggravi del principato. [3.123ED] Questa felicità fa a
noi
pure odiare le altrui libertà paurose e amare, al
il teatro all’Anfitrione. [4.19ED] Ma dopo della Medea ove ci vedrem
noi
? — [4.20ED] — In nessun luogo — ei rispose — ma,
e d’onorevolezza al mio verso; e perché so quanto vaglia appresso di
noi
il seguir più tosto l’esempi altrui che il farsi
a stessa ragione convengono. [4.43ED] Questi sei piedi pronunciati da
noi
e dagli antichi Latini, componevano una misura la
repugni all’imitazione del parlar naturale, potendo ben accadere che
noi
parliamo in verso senz’avvedercene, come il Casa
l’azione durerebbero negli ascoltanti verso l’attrice; siccome quando
noi
per qualche azion fatta di nostro piacere o scont
da’ ragionamenti degli uomini si allontanano, sono gli ottimi; e così
noi
perlopiù usammo il jambo, i Franzesi l’alessandri
parimente le giaciture del verso alessandrino e del tuo. [4.127ED] Ma
noi
avevamo il metro e conseguentemente anche il ritm
udizione per lo più ben fondata, almeno nella presunzione del farsi a
noi
credere per compilator di notizie da altri preced
architetto franzese, se non lasciava la medicina, e così avverrebbe a
noi
se, abbandonando l’arte poetica, volessimo entrar
renza fra la riputazione e l’onore; perché l’onore intrinsecamente da
noi
medesimi, la riputazione dall’altrui giudicio est
o chi rassomigliare al modello; puo essere, se io scriverò quanto fra
noi
si è discorso, che taluno vedendosi nelle tue par
presentò due tazze di caldo e fumante caffè, che a sorsi a sorsi per
noi
bevuto ci dié congedo da quella conversazione, da
Versaglie? — [5.8ED] — Versaglie — io soggiunsi nell’accostarci che
noi
facevamo a passi lenti al castello — è una copia
giare. [5.55ED] Già siamo imbarcati; or vediamo se mai si scoprisse a
noi
porto in questo a me nuovo golfo. [5.56ED] Ricerc
degli strumenti, così maggiormente ci ricreeranno le voci canore per
noi
ascoltate in luogo vago e adorno, laonde non può
e canta, quanto è più leggiadro nella sua corporal dispostezza, e, oh
noi
felici, se ancora di varie e colorate piume è ves
cena, dell’avvenenza e de’ vestimenti. [5.63ED] Ma incontentabili che
noi
siamo, massime quando ci diamo a nuotar nel piace
siamo, massime quando ci diamo a nuotar nel piacere! [5.64ED] Sapendo
noi
come gli uccelli fischiano e come suonano gli str
l’altra invece di opprimerla, mercé delle quali avvertenze già sarem
noi
in sicuro del profitto degl’impresari o siano app
altatori dell’opere in musica. [5.76ED] Ma quanto a’ versi, che farem
noi
sicché non riescan discari al componitor musicale
, avrebbero poste alla luce con plauso. [5.210ED] Ma tu dirai: quante
noi
ne leggiamo non confrontano perfettamente con l’i
piè dell’anno ascoltarne. [5.216ED] Tanto egli è vero che il gusto di
noi
Italiani e di ciascun’altra nazione che giura nel
to dalla forbice del giardiniero a quella figura e foltezza a cui fra
noi
altri il nero busso riducesi, con questa differen
ano e a gustare l’esquisitezza del pane. [6.34ED] Della nostra musica
noi
parleremo più a basso soltanto che io possa darti
o, la quale, quantunque per sé medesima possa sussistere, non rende a
noi
sensibili le sue operazioni che per lo mezzo degl
ncipio. [6.44ED] E per spiegarmi più chiaramente, ti sia noto numerar
noi
tre sorte di musica, l’una naturale o diatonica p
erni avete con tanto fasto introdotte sul palco l’opere in musica che
noi
non avemmo, vi dispensate da questa terza specie
musicali spettacoli altrove, non ha gran passione per questi cori; e
noi
potremmo, parlando delle tragedie, e di cotest’op
ino, tu omai conosci quanto s’ingannin coloro che credono essersi per
noi
tutto cantato nelle tragedie, quando nella maggio
n un cappello in testa piramidato di piume è una di quelle figure che
noi
Italiani esporremmo per muovere a riso coll’impro
vvertenza hanno poscia nel sortire in iscena e nel rientrare, nel che
noi
siamo religiosissimi. [6.98ED] Noi altri facciamo
on si debban reciprocamente vedere, lo che pure si nota di errore fra
noi
, e vi ha casi ne’ quali le sopradette avvertenze
utta quella degl’Italiani salterellante e briosa. [6.123ED] Veniamo a
noi
e, per giudicar senza passione, giudichiamo egual
ni vi siate posti in carriera di raggiungerla e forse di sorpassarla;
noi
altri Greci, trattando i nostri argomenti, abbigl
attori, ma il nostro vestiario era assai più parco del vostro, perché
noi
finivamo nel finger porpora ed oro, ove voi avete
alla distanza e da’ lumi, par sin che superi il vero; e benché più di
noi
Greci, meno certo di voi moderni Italiani han sap
atro. [6.134ED] La materia l’avete copiosa, perché avete più fatti di
noi
da lavorarvi sopra tragedie, e molte ancor delle
r la greca e per la latina abborriti, e ciò non solamente per l’esser
noi
sottoposti ad un soave giogo di legge, che nelle
ti del non essere io tanto da nulla quanto per essoloro gran parte di
noi
Italiani è creduta.» 26. Vera o piuttosto immag
to / mie tragedie incalzò, che le sospinse / poco men che nel fiume a
noi
confine»; già opportunamente messe a frutto da G.
informato di siffatte cose, consulti le opere de’ riferiti scrittori:
noi
intanto limiteremo le nostre cure a rilevare quel
tu non farai mai liscio e polito un riccio di castagna. Mangiamo pur
noi
, amici miei. Jer. Ed io? Trig. Oibò, mangia t
coloro, cui incresce il nostro rispetto verso la dotta antichità, che
noi
in quest’opera collo spirito d’imparzialità che n
a col ripetere per modo d’intercalare Flatto tratto flatto trat, come
noi
diciamo laralara laralà, e forse motteggiandola d
Nuvole celesti, dee sublimi, che agli uomini pacifici e studiosi come
noi
siamo danno forza per meditare e disputare, fecon
queste cose, mal grado de’ comentatori e degli scoliasti, oggi sono a
noi
indifferenti ed allora rapivano gli animi de’ Gre
lo, l’oceano, la terra e l’incorruttibile generazione degli dei. Così
noi
uccelli siamo i più antichi di tutti i beati . .
i di tutti i beati . . . Tutti i beni più grandi (proseguono) sono da
noi
compartiti a i mortali . . . Noi ad essi siamo Am
. . Noi ad essi siamo Ammone, Delfo, Dodona, Febo, o Apolline . . . A
noi
destinar potrete aruspici ed are. Noi dalle nuvol
e per l’avvenire menar giorni felici e tranquilli, venga a vivere con
noi
uccelli. Ogni cosa turpe fra voi vietata per legg
e che bisogna sacrificare agli dei. Pist. A quali? Ir. A quali! A
noi
che siamo dei del cielo. Pist. Voi dei? Ir. V
dei del cielo. Pist. Voi dei? Ir. Ve ne sono forse altri fuori di
noi
? Pist. Gli Uccelli sono presentemente dei, e ad
tatori della qualità della favola. Non aspettino (dice un di essi) da
noi
gli spettatori nè il riso rubato da Megara, nè le
ipide ingannato e burlato nella cena, nè la magnificenza di Cleone da
noi
motteggiata. Pur non vo’ lasciare di dirvi cosa c
ia. Trovasi questo passo tradotto dal chiar. Ab. Cesarotti103. Fra
noi
, siano le colpe o grandi, o picciole, Tutte con
cioè co’ regali di quel paese104. Simili circostanze e allusioni per
noi
perdute accrescevano pregio alle finzioni di Aris
o al pari de’ poeti antichi, perchè egli abborrisce que’ medesimi che
noi
detestiamo, e perchè non teme di dire confranchez
che vi pescate. Voi me confondete colla miseria; ma dovete sapere che
noi
siamo due cose ben distinte. La povertà nulla pat
ricordi di sacrificare agli dei. Ben vi sta, dice Carione, perchè di
noi
nulla vi curate. Adunque nè anche in una favola s
mmedia mezzana. Egli compose intorno a trenta commedie, delle quali a
noi
non son pervenuti che pochi frammenti. Assai di l
rnere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a
noi
, in forza di governo e di costumi furono ed esser
Un curioso frammento del suo Mercatante tradotto da Grozio leggesi da
noi
volgarizzato nel citato tomo I delle Vicende dell
ro parmi quello recato da Plutarco De Consolatione ad Apollonium, che
noi
in tal guisa recheremo in Italiano, consultata la
Se quando al dì la madre tua ti espose, Con questa legge tu fra
noi
venisti, Che a tuo piacer girar dovesse il mond
olata la Filosofia della Musica, che i Greci andavano al teatro, come
noi
andiamo agli Esercizj Spirituali, e che la commed
ell’antica egli dice: Quel che abbiam detto della tragedia antica (da
noi
esaminato di sopra) affermiamo dell’antica commed
r qual capriccio) per oggetto principale de’ drammi Greci il ballo, e
noi
sempre attenendoci alla storia lo considereremo c
. Deipnos. lib. XIII. 122. Uno squarcio del Soldato sua commedia da
noi
tradotto trovasi nel citato tomo I delle Vicende
ode un sonetto, tolto alle Gemme liriche, libro citato altra volta da
noi
, ed è il seguente : O splendori, o cinabri, o fia
te. Improvvisatore di versi, che, grazie a Dio, non son giunti sino a
noi
, se giudichiamo dal distico che ne dà il Bartoli
mmo il bravo artista Luigi Belisario, il quale non volle rimanere con
noi
, dappoichè avendo per figlia una graziosa giovane
se averlo non potea pur l’incomparabil, vero, caldo amator Perèo ?……
noi
la vedemmo – scrive l’anonimo – come vinta in que
io spontaneo, universale di applausi mosse dal popolo maravigliato, e
noi
, ancora commossi, ricordiamo quel momento, e le p
ù del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro. E
noi
pochi e senza lena, travagliammo con gran pena.
Negli inviti al Pubblico ci entrava sempre il procureremo di superar
noi
medesimi ; e quando invitava per qualche Commedia
impiegato alla Quarantìa Criminale, di cui non giunse il nome sino a
noi
. Capitato a Venezia un Francesco Colleoni di Bres
cavalier della Rosa, in Portogallo quella dell’ordine di Cristo, e da
noi
, ministro Coppino, quella della Corona d’Italia.
e s’intendevan una volta, e come dovevan essere : che cominciavan per
noi
giovani da Alamanno Morelli, e finivan con Giovan
elazioni, che hanno le cose con esso lui, o per qualche altra causa a
noi
sconosciuta, certo è che l’uomo è naturalmente cu
ù del giovane eroe. Perciò gli antichi, i quali sapevano più oltre di
noi
nella cognizione dell’uomo, stimarono esser la fa
ssime, l’eroismo d’affetti e di pensieri, d’immaginare e d’agire, che
noi
per disonor nostro mettiamo al presente in ridico
sublime autore, ma quale dai torbidi fonti della setta alessandrina a
noi
si derivò. E siccome trascuravasi allora lo studi
stravagante, né di contrario, tuttavia considerandola come è nata fra
noi
dopo la caduta del romano impero, vi si scorge pe
inveisce contro a questa fredda filosofia: «È insorta (dic’egli) fra
noi
una setta di persone dure, che si chiamano solide
lisi. Quali però si fussero i versi che animarono tali invenzioni, da
noi
s’ignora a. Tra primi melodrammi rappresentati in
ennero consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropii: ma
noi
, noi stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chi
o consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropii: ma noi,
noi
stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chiese,
o al secolo XII. Ciò rilevasi da un passo di Teodoro Balsamone già da
noi
citato, il quale visse in quel secolo: olim cant
a riducendo discretamente questi molti anni a soli dodici o quindici,
noi
risaliremo intorno al 1625, E così se per ora non
istanza dello stesso Michiele scrisse l’Aprosio una elegia non sino a
noi
pervenuta, e sollecitò poesie da amici per raccog
i. Il Sig.r Flavio dunque, veduta questa perfidia, scrisse e fece che
noi
scrivessimo a Leandro ch’era a Napoli, dandoli pa
del Sig.r Flavio, lasciò ogni interesse, ricusò ogni profferta, et a
noi
diede parola gloriandosi d’hauer acquistato il ti
me serrà quadragesima e che non si vedranno dinari, averano gracia di
noi
e bisognerà che facino a nostro modo ; ma s’ingan
’inganano di gran lunga poichè non abiamo più che impegnare, e dinari
noi
non abbiamo, non n’aspetto da nessuna parte e pur
restava che la domenica. – Miseria per miseria, dicemmo, facciamo da
noi
! se ci sarà un solo pezzo di pane lo divideremo,
tragedia che nella commedia. Di fatti, oltre alle nominate tragedie a
noi
non pervenute, ebbero i Romani eziandio in pregio
encomiata dal satirico Giovenale, tutte queste buone tragedie danno a
noi
diritto di affermare che un genere di poesia mane
dentemente discordano dall’avviso del piemontese Denina. Laonde siamo
noi
inclinati a prestar tutta la fede a que’ Latini c
ige, son quelle ancora che gli dànno il maggior dei dolori. I più tra
noi
che di arte antica non capiscon jota, ridon delle
e del Novelli, che dicon vittima della propria ignoranza ; i più, tra
noi
, che dell’arte tragica del Novelli non han pur l’
a il grande, unico premio, a cui egli ambisse, di veder le platee tra
noi
riboccanti di popolo sì all’Otello, come alle Tre
gnuolo degli ultimi tempi. Un pregiudizio volgare va impicciolendo in
noi
l’idea della coltura delle nazioni a proporzione
dell’Alcorano, i decreti de’ Gran-Signori, e i Fetfà de’ Muftì, come
noi
ci occupiamo sulla Sacra Bibbia, su i santi Padri
ezie di farsa drammatica mescolata di declamazione e di danza; benchè
noi
eravamo pochissimo versati nel loro idioma, e per
Coturno gloria e del Socco, onde ti guarda e freme l’emula Francia a
noi
rivale eterna, vedendo dalla sua fronte rapita d’
ur vi fa ritorno con l’alma, giovin sempre e innamorata ? Ond’è che a
noi
d’intorno tanta pietà veggiam sì tosto nata ? Che
poss’ io I favori narrar, que'dolci modi, L'accoglienza gentil che a
noi
porgeste ? Li sente il cor, ma non sa dirli il la
fra i tragici antichi che cominciasse ad abbandonarlo. Similmente fra
noi
le persone di chiesa s’applicarono a siffatto ese
luoghi non permisero che le rappresentazioni sacre avessero presso a
noi
lo splendore e la durata ch’ebbero presso a loro
onvolta, cosicché potevano prender interesse nelle vicende loro, come
noi
lo prendiamo nelle sciagure di Zenobia, e di Mitr
i tal importanza furono considerate. [13] Tutto l’opposto avviene fra
noi
. Il cristianesimo, quella religion santa, che tra
one, e il teatro formano due oggetti separati, come avviene presso di
noi
, poiché il dissipamento dell’uno si oppone incess
ate e santissime, la celebravano, perché non dovremo celebrarla ancor
noi
? Tutti gli uomini abbiamo una dose di pazzia che
che fra le domestiche mura? Il liquore della saviezza è troppo forte,
noi
siamo dei vasi troppo gracili per contenerlo, e p
[23] Ritornando al nostro proposito, e raccogliendo in breve quanto a
noi
s’appartiene, quattro furono i gradi o l’epoche d
menti cantati un tempo sull’arpa di Davide seguitano a replicarsi fra
noi
da quelle bocche avvilite, cui meglio assai conve
il suo trono il governo feudale, tremenda polizia sino a quel punto a
noi
ignota e per natura poco propizia all’ordine e al
nazione conservavano una gran parte de’ loro diritti, stabilirono fra
noi
un governo fatto per dividere in vece di unire. L
nella sua più nobil sede. E questa sorgente di ricchezza ridestò fra
noi
il sopito natural desiderio di libertà, sotto i c
mute figurate dal clero in tempo di pasqua e di pentecoste. Veramente
noi
che reputiamo drammatiche ed espresse con parole
stituita nel XIII secolo per rappresentare i misteri, ne’ tempi più a
noi
vicini ciò fece con parole a tenore del suo istit
gnia. Che se le parole vi fossero introdotte non già dal XIII, come a
noi
sembra, ma dal XV, in cui si compose indubitatame
Ebbero questi conquistatori, per governare sì la propria nazione tra
noi
traspiantata, che gl’ Italiani che volessero sogg
che pruova, siccome per altro avrebbe potuo, facendo parola di quanto
noi
abbiamo non ha guari riferito, cioè de’ giuochi t
iscrizione rapportata dal Grutero, dal Muratori, dal Tiraboschi, e da
noi
nel tomo I delle Vicende della Colture delle Sici
o de la Construction des Theatres impresso in Parigi nel 1777, quando
noi
pubblicammo la prima nostra Storia de’ Teatri in
tata in un teatrine privato costrutto in casa del medesimo Ausonio. A
noi
non è riuscito di vedere questo trattato per acce
hanno sulla loro gonnella. Tutte le suaccennate qualità le scorgiamo
noi
nelle nostre servette ? Ove si eccettui la commen
no nella Compagnia dei Comici Confidenti, che tanto grido levaron tra
noi
e in Francia nella seconda metà del sec. xvi. Non
in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, «
noi
troviamo quello che è così raro nella commedia it
tu non farai mai liscio e polito un riccio di castagna. Mangiamo pur
noi
; amici miei. Jer. Ed io? Tri. Oibò; mangia tu la
o, a’ quali incresce il nostro rispetto verso la dotta antichità, che
noi
in quest’opera collo spirito d’imparzialità che n
col ripetere per modo d’intercalare flatto tratto flatto trat , come
noi
diciamo laralara laralà, e forse motteggiandolo d
uvole celesti, Dee sublimi, che agli uomini pacifici e studiosi, come
noi
siamo, danno forza per meditare e disputare, feco
queste cose, mal grado de’ comentatori e degli scoliasti, oggi sono a
noi
indifferenti, ed allora rapivano gli animi de’ Gr
o, l’oceano, la terra, e l’incorruttibile generazione degli Dei. Così
noi
Uccelli siamo i più antichi di tutti i beati…. Tu
iamo i più antichi di tutti i beati…. Tutti i beni più grandi sono da
noi
compartiti ai mortali.. Noi ad essi siamo Ammone,
ortali.. Noi ad essi siamo Ammone, Delfo, Dodona, Febo e Apolline…. A
noi
destinar potrete aruspici ed are. Noi dalle nuvol
e per l’avvenire menar giorni felici e tranquilli, venga a vivere con
noi
uccelli. Ogni cosa turpe fra voi vietata per legg
dire che bisogna sacrificare agli Dei. Pist. A quali? Ir. A quali! A
noi
che siamo Dei del cielo. Pist. Voi Dei? Ir. Ve ne
amo Dei del cielo. Pist. Voi Dei? Ir. Ve ne sono forse altri fuori di
noi
? Pist. Gli Uccelli sono presentemente Dei, e ad e
tori della qualità della favola. Non aspettino (dice un di essi) da
noi
gli spettatori nè il riso rubato da Megara, nè le
ipide ingannato e burlato nella cena, nè la magnificenza di Cleone da
noi
motteggiata. Pur non vo’ lasciare di dirvi cosa c
annia. Trovasi questo passo tradotto dal chiarissimo Cesarottia. Fra
noi
, siano le colpe o grandi o picciole, Tutte congiu
i, cioè co’ regali di quel paesea. Simili circostanze e allusioni per
noi
perdute accrescevano pregio alle finzioni di Aris
o al pari de’ poeti antichi, perchè egli abborrisce que’ medesimi che
noi
detestiamo, e perchè non teme di dire con franche
che vi pescate. Voi me confondete colla Miseria; ma dovete sapere che
noi
siamo due cose ben distinte. La povertà nulla pat
icordi di sacrificare agli Dei. Ben vi stà , dice Carione, perchè di
noi
nulla vi curate. Adunque nè anche in una favola
9, la domenica 16 settembre, verso le otto del mattino, è comparso da
noi
, Michele Martino Grimperel, il signor Onorato Gab
in Genova, e mi fa a credere di certo che con poca fatica sarebbe con
noi
. Non dico d’avantaggio. Se il Ser.mo S.r Principe
essi ha meno del verisimile. Siccome può osservarsi tutto giorno tra
noi
, dove non pare che i trilli di un’arietta stiano
o, ma sia ad un tempo semplicissima e notissima. Lo essere l’azione a
noi
tanto peregrina ne renderà meno inverisimile l’ud
più vario, più delicato. Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che
noi
troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e d
n quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto
noi
possiamo instruirci sulla legislazione e la poesi
er nostra fortuna o per nostra disgrazia, ha dato alle donne sopra di
noi
, a sradicar un costume il quale divenuto che foss
sulla terra l’impero delle loro attrattive, e persin la loro tanto da
noi
pregiata esistenza140. [3] Ma poiché alla oscura
a quelle situazioni inaspettate ed energiche onde tanto s’ammiran da
noi
i poemi degli antichi, e le tragedie recitabili.
na le altre e le combina sotto la forma più acconcia a far nascere in
noi
le idee della unità, della varietà, della conveni
io, altro non furono che un aggregato di proprietà atte a produrre in
noi
un determinato genere di sensazioni, le quali pro
o, di quella tinta di falsità, o di riserba che hanno sparso sopra di
noi
i sistemi d’educazione, e i successivi progressi
la sua facoltà pensatrice e comparativa, o dalla sensazione analoga a
noi
che produce l’idea dell’armonia compresa negli in
nale imitato, e l’altro la rassomiglianza dei muovimenti ch’eccita in
noi
la copia coi muovimenti ch’ecciterebbe l’original
a un abbate: «Che ne dice ella, signore? Chi crede abbia il torto fra
noi
?» rispose con faceto imbarazzo «Ah! sì, sì. Dice
re la terza che deriva dalla somiglianza dei movimenti che sveglia in
noi
la copia coi movimenti che sveglierebbe la presen
un quadro arbitrario e in tutto diverso. Quindi la contraddizione con
noi
medesimi e colla nostra sensibilità in cui ci pon
fossimo stati presenti all’addio di Megacle e alle smanie di Timante,
noi
sentiam pure modular sul teatro il medesimo addio
i bensì nella loro applicazione, ma plausibili nel loro principio. Ma
noi
? Noi, che vantiamo ragionevolezza, umanità, cultu
posso diffinire in che consistesse questo suono medio, ignorandosi da
noi
la vera maniera del pronunziare de’ Greci e de’ L
umano di luce splendi più chiara, e lodata, che quel, che ’l giorno a
noi
porta dal Gange. Di lui abbiamo a stampa : Due
ferireimi or ora, E ferito m’avrei prima, che i suoi Lumi chiudesse a
noi
La mia diletta ; è vero al ciel salendo Per fruir
il pianto. In Verona, in Vicenza, in Brescia altero mandava ognun di
noi
moneta ed oro, or ha preso il guadagno altro sent
; e il Giannotti, ne’suoi Vecchi amorosi fa dire : « Il Barlacchi, se
noi
il potessimo averc, sarebbe a questa cena come il
risorgi, e fa al mio cor palese quell’affetto d’amor che or dorme in
noi
. Mente confusa, oppressi spirti, e voi mie dormen
n solo ha potuto farvi sfoggio di tutte le sue eccellenti qualità che
noi
già conoscevamo, ma è stata nel caso di rivelarce
primere rappresentare e declamare? Cantare dicesi pur da’ Latini e da
noi
il recitar versi, per quella specie di canto con
come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come
noi
stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie
Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra
noi
composta in volgare con qualche idea di regolare
a nelle nozze di Bianca Maria Visconti col conte Francesco Sforzaa. A
noi
basti l’aver mostrato ad evidenza con altri non a
esta si diede verso la fine del 1400. a. Vuolsi però avvertire, che
noi
ne parliamo soltanto come una festa stupenda, e n
primere rappresentare e declamare? Cantare dicesi pur da’ latini e da
noi
il recitar versi, per quella specie di canto con
come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come
noi
stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie
Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra
noi
composta in volgare con qualche idea di regolata
nelle nozze di Bianca Maria Visconti col conte Francesco Sforza68. A
noi
basti l’aver mostrato ad evidenza con altri non a
esta si diede verso la fine del 1400. 48. Si vuol però avvertire che
noi
ne parliamo soltanto come una festa stupenda, e n
il suo trono il governo feudale, tremenda polizia sino a quel punto a
noi
ignota e per propria natura poco propizia all’ord
nazione conservavano una gran parte de’ loro diritti, stabilirono fra
noi
un governo fatto per dividere in vece di unire. L
amonti . La medesima sorgente di ricchezza, il commercio, ridestò fra
noi
il sopito natural desiderio dilibertà, sotto i cu
mute figurate dal Clero in tempo di Pasqua e di Pentecoste. Veramente
noi
che reputiamo drammatiche, ed espresse con parole
stituita nel XIII secolo per rappresentare i Misteri, ne’ tempi più a
noi
vicini ciò fece con parole a tenere del suo istit
ia. Che se le parole vi si fossero introdotte non già dal XIII come a
noi
sembra, ma dal XV, in cui si compose indubitatame
o questi conquistatori, per governare non meno la propria nazione tra
noi
traspiantata, che gl’Italiani che volessero sogge
più vario, più delicato. Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che
noi
troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e d
n quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto
noi
possiamo instruirci sulla legislazione e la poesi
edia francese: il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di
noi
più impressione del tenero e dell’appassionato, e
di noi più impressione del tenero e dell’appassionato, e in generale
noi
preferiamo le cose difficili e complicate a quell
ima, oltre all’essere stata imitata in Francia, sia pasjata anche fra
noi
in un’ opera buffa. Ma julle scene napoletane sin
tatore degl’ Inglesi nato nel 1730 in Kamenz. Le sue favole lugubri a
noi
note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emil
si come una rarità l’unica mezza mascheretta simile a quella che oggi
noi
adopriamo nelle feste di ballo, la quale si vede
i come una rarità l’unica mezza mascheretta, simile a quella che oggi
noi
adopriamo nelle feste di ballo, la quale si vede
’amore non si attagliassero all’indole sua. Infatti, pochi anni dopo,
noi
lo vediamo abbracciare la maschera di Brighella,
icommedia col titolo : La clemenza nella vendetta, in altri luoghi da
noi
mentovata ; e come si disse sotto l’articolo del
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