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1 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 349
cit.), prima di assumere il carattere di Dottore, avrebbe recitato in quello di Scaramuccia, nel quale appunto avrebbe esordit
o Vicentini (Tommasino) il celebre Arlecchino, il 13 settembre 1745 a quello di una figlia dello stesso e il 7 dicembre 1753 a
embre 1745 a quello di una figlia dello stesso e il 7 dicembre 1753 a quello di Luigi Riccoboni. Sposò Claudia-Simona Audureau
2 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 451-452
iano. Questo costume, stando alle apparenze, era sul teatro innanzi a quello di Beltrame, Niccolò Barbieri, che era milanese,
ostro Teatro Italiano per la facilità del carattere principale, che è quello degli schiavi, applicato a questo personaggio. I
forse che Stefano Della Bella, e il costume di cui parla Riccoboni fu quello forse di Buffetto (V. Cantù), che è in tutto somi
fu quello forse di Buffetto (V. Cantù), che è in tutto somigliante a quello dello Scapino. Lo Scapino del Callot, invece (V.
3 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »
roni Agata. Moglie del precedente. Il suo nome è intimamente legato a quello del marito, col quale passò la sua vita artistica
, attrice acclamatissima. Niun particolare abbiamo di lei, se non che quello – dice Riccoboni – di aver veduto ed esaminato al
4 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212
ui recare ciò che leggesi nel trattato de Theatro del Bulengerob Ecco quello che riferisce coll’autorità dello Scoliaste di Ar
a questa usanza per celare il proprio volto e dare a credere di esser quello del personaggio rappresentato. Potrebbe dirsi che
ttata una invenzione destinata a far ridere. Questo Cherilo però, per quello che si è veduto, fiori nell’Olimpiade LXV, e Tesp
uova il fine di rassomigliare i personnagi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo a
allorchè cantava, di fare nelle maschere ritrarre il proprio volto e quello di Sabina e di altre dame, come leggesi nelle ope
venti, quale trenta e quale quarantamila persone; per non parlare di quello di M. Scauro capace di ottantamila. Fu perciò nec
sso gli antichi servì per occultare il volto dell’attore, per imitare quello del personaggio rappresentato e per ajutar la voc
5 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 158
ti…. A questo eccellente comico non si può imputare altro difetto che quello che deriva in lui da natura, quello cioè della pr
si può imputare altro difetto che quello che deriva in lui da natura, quello cioè della pronuncia. ( ?… Era fiorentino). Egli
6 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25
vano essere cotanto irragionevoli e ingiusti che volessero non vedere quello che pur vedeano, e doveano confessare che tutte l
olo XVI. con tutta la mia diligenza fatta ultimamente, non oltrepassa quello di quindici o sedici, inchiudendovi però anche le
nor Apologista a far paragone del numero delle Tragedie Spagnuole con quello delle Italiane. Sono più di cinquanta i Letterati
ce a due. Il numero de’ nostri buoni Epici trascende forse del doppio quello delle Tragedie Spagnuole, come potrebbe l’Apologi
io trasmetteva in Napoli, egli non ignorasse il tempo in cui surse, e quello in cui si estinse la Compagnia.
7 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 657-659
morii vieppiù crescenti, chè il pubblico non sapeva rendersi conto di quello sconcio di scene vuote, mai accaduto. L'Ajo era f
un negozio di cappelli, e provarne un gran numero, senza mai trovare quello che facesse al caso suo. » Pochi particolari si h
alor suo artistico, ma per comune consentimento egli fu ritenuto come quello de'figli che più si accostasse all’arte prodigios
8 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo I. Teatro Italiano nel Secolo XVII. » pp. 268-275
o stile va prendendo un portamento lirico é un poco d’affettazione di quello di Seneca. Quanto alle commedie si leggeranno sem
ne adultera il gusto, e scintillano ben rare le buone produzioni. In quello periodo presero tutta la voga i drammi musicali e
ammi che si fecero poi maggiormente ammirare ne’ teatri veneziani, fu quello intitolato la Divisione del Mondo, nel quale le d
to dell’uomo non avendo se non se una misura fissa e molto stretta di quello che si può sapere, perde da una parte quanto acqu
e va discorrendo; ma di tutte quelle mercanzie non ve n’é mai più di quello che importano i corpi e il credito di quella casa
casa di negozio, che lo tiene in affitto… Bisogna poi ricordarsi, che quello che noi sappiamo adesso, si sapeva tremil’anni fa
9 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »
ino ad un certo punto e ringentilirsi, e che da un sistema diverso da quello dei Greci potevano gli sforzi del genio far iscat
o dico che il primo e capitale difetto dell’odierna musica teatrale è quello di essere troppo raffinata e poco filosofica prop
getto. Allora non trova più verosimiglianza o interesse nell’opera di quello che troverebbe in un semplice concerto. E allora
ineamenti additandone. Se si dovesse rappresentare sulla scena lirica quello squarcio mirabile della Eneide, allorché Didone s
o sentire separatamente da esso, o producano un effetto differente da quello che si pretende. Diffatti pochi sono que’ maestri
endo diverso il suono che mi dispone a vedere i trionfi d’Achille, da quello , che mi prepara a sentire le amorose smanie d’Iss
le, da quello, che mi prepara a sentire le amorose smanie d’Issipile, quello che mi dee strappare le lagrime per l’abbandono d
ppare le lagrime per l’abbandono di Costanza nell’isola disabitata da quello , che m’indicherà le frodi del figliuolo di Venere
isdegnarmi colle moderne orchestre qualora vi veggo sbandita l’arpa, quello strumento delizioso le cui lunghe corde dolcement
ole. [22] Un massimo inconveniente del recitativo semplice italiano è quello d’essere troppo trascurato dai maestri, i quali c
overà che rare volte si conserva in essi il vero loro carattere, ch’è quello d’essere una cosa di mezzo tra il tuono della dec
’essere una cosa di mezzo tra il tuono della declamazione ordinaria e quello della melodia. Rare volte s’imita dai maestri il
«Tolgan gli dei ec.», le quali esprimono un sentimento risoluto, cioè quello di non condannare il padre? E che dopo tale risol
orrore che ispira ad Ermelinda l’idea di dover condannare un padre, a quello di dover sagrificare l’amante, l’orchestra dee ra
che gli episodi fuori di luogo non sono meno ridicoli nella musica di quello che lo siano nella oratoria e nella poesia. [26]
ecolo del Marini e del Preti, che va succedendo nella musica dietro a quello dell’Ariosto e del Bembo, ecco il vero, il genuin
i spettacoli quanta questa: che il carattere della passione non è mai quello di riandar se medesima metodicamente, né d’interr
ima.» [33] Bisognerebbe render grazie al Piccini per essere stato (a quello che sento da alcuni) il primo a sbandirne i noios
n fossero venuti altri danni egualmente grandi alla musica drammatica quello cioè di repetere mille volte le stesse parole inv
e mille volte le stesse parole invece di replicar l’intiero motivo, e quello altresì di ridurre la musica ad una sgradevole un
tuoni possibili, mi sembra che si caderebbe in difetti non minori di quello cui si cerca di schivare. Il motivo si è perché e
in armonia esprimendo colla musica un senso intieramente contrario a quello che dicono le parole. Diranno queste “Raggio del
alla qual notizia arrivandosi più presto con siffatto metodo che con quello di esaminare l’intiera orditura musicale d’un dra
musica drammatica! [38] Un altro sommo difetto degli odierni maestri quello è di poco o nulla studiare l’accento patetico del
che a siffatto riguardo esse non parlino che un solo linguaggio cioè quello del piacere o del dolore; tuttavia nella maniera
a un particolare idioma composto d’inflessioni e d’accenti diversi da quello d’ogni altra. Si tratta, per esempio, d’una disgr
, che nulla ha di comune né coi senso dell’aria di Metastasio, né con quello della mia. Eccola: «Mes tourments sont finis,   
pagnamenti. [44] Non si ritrova pertanto nell’odierna musica teatrale quello scopo, quel fine ultimato, quell’unità di espress
proprie facoltà e restando sempre con ciò che desidera al di sopra di quello che ottiene, ama sul principio nell’armonia gli a
una folla di piaceri per meglio assaporare il maggiore di tutti ch’è quello di farci credere superiori agli altri, è il motiv
ersamente. Tale è il destino di tutte le arti, e tale è presentemente quello della musica. [52] Ciò non vuol dire che in così
l’oggetto che prende a dipingere senza sfigurarlo né caricarlo più di quello che comporta l’indole della imitazione, se questo
ché uniformi racconti, e se anteponendo il vantaggio di far pensare a quello di eccitar il riso avesse parlato meno alla immag
10 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 1043
endo avere il carnovale di Roma, procurerà in ogni modo di ottenergli quello di Venezia, e raccomanda la pace in compagnia (il
sità di V. E. Prego Idio che mi sortisca come spero, che in hordine à quello gli ho promesso, ne uedrà effetti douuti al suo g
11 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 129
re del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia d
topulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza c
12 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297
a questa usanza per celare il proprio volto e dare a credere di esser quello del personaggio rappresentato. Potrebbe dirsi che
uova il fine di rassomigliare i personaggi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo a
e allorchè cantava di fare nelle maschere ritrarre il proprio volto e quello di Sabina e di altre dame, come leggesi nelle ope
l venti, qual trenta e quale quarantamila persone, per non parlare di quello di M. Scauro capace di ottantamila. Fu perciò nec
so gli antichi servì per occultare il volto dell’ attore, per imitare quello del personaggio rappresentato, e per ajutar la vo
13 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 15-16
i battesimo (la dotta Vicenza, l’Isabella etc. etc.), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome tea
tò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il
14 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 75-76
hi-Maggi Pia. Figlia di Cesare e Carlotta Marchi, artisti drammatici, quello brillante, questa prima attrice giovine, poi prim
tta per lei, fu a'bei tempi antiqui interpetre eccellente, unica : in quello di Dumas figlio, Francillon, Moglie di Claudio, D
15 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378
ati il Papa Clemente XIV e l’Enciclopedista D’Alembert. L’amicizia di quello , oltre all’aver formata una degna posizione al fi
. Il signor Coralli mi ha recato il di Lei pregiatissimo foglio, e da quello , e dal precedente di cui V. E. mi aveva onorato,
basta presso di me per qualificarlo ed impegnarmi a far per lui tutto quello che da me potesse dipendere. Sono molti anni, che
r à son succès ; come mi propongo altresì di renderle conto esatto di quello che accadrà a suo tempo, giacchè è deciso che il
ccordo con Scapino, hanno fatto nascondere un loro bimbo, dell’età di quello d’ Arlecchino, e ch’essi quivi custodiscono, nell
figlio d’Arlecchino ch’egli ha tra le braccia, e di farle credere che quello sia il suo. Camilla desolata dello sdegno di suo
o di aver tra le braccia il figlio legittimo, e pretende ciascuno che quello dell’altro sia un figlio supposto ; il che dà luo
l giorno dell’intrico, scioglie il bandolo della matassa, dicendo che quello che ha Celio è suo, e ridà a Camilla e ad Arlecch
cendo che quello che ha Celio è suo, e ridà a Camilla e ad Arlecchino quello ch’egli ha loro involato. Tutti sono al colmo del
derne : il celebre Autore, cui dobbiamo esserne grati, è senza dubbio quello che ha seguito più da vicino le orme di Plauto e
ell’opera da uno scolaro…… Il suo errore principale, per esempio, era quello dell’inverisimiglianza : questa vi si ravvisa in
; il che non scema certo il merito del signor Goldoni, come non scema quello dei capolavori di Molière e di Corneille, non men
16 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236
nazionali, studiò più anni in Italia. Madrid ha quattro teatri, cioè quello della corte nel Ritiro, l’altro de los Cañòs del
olare alla foggia moderna con platea, e con palehi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di bell
scrittore comico del XVII secolo da noi già mentovato. Si sa solo che quello della Cruz più difettoso dell’altro, e posto in u
a scalinata anfiteatrale, e per gli palchetti che hanno. La figura di quello del Principe si scosta meno dall’ellittica; dell’
os Chorizos erano i parteggiani del teatro della Croce; i Polacchi di quello del Principe. Ma di tali nomi rintracciar non pot
rizos venne da’ Chorizos che mangiava certo buffone in un tramezzo, e quello di Polacos da un fatto che Huerta sa ma che non v
in un anno recitavano nel teatro de los Polacos, e questi passavano a quello de los Chorizos, e nell’anno seguente mutavano lu
ciò non vuol dire che fosse nuova invenzione e precedente soltanto a quello allacciato a tre punte venuto a coprire le teste
il nome di Chorizos venisse dalle salcicce che mangiava Francho, e se quello di Polacos veniva dalla notizia che Huerta sapev
17 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1027-1028
ice, dove ella dopo tre sole prove mandò in visibilio il pubblico. Da quello di San Simone passò a un altro teatrino di via Ca
a. Per parecchio tempo anzi essa fu appunto nella primitiva compagnia quello che è il Ferravilla nella sua : il personaggio pi
18 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »
ci. A tutt’altro han l’animo, attendono ad ogni altra cosa, fuorchè a quello che pur dovrebbono. Invece che uno badi a quanto
il gioco. Disordini che si verrebbono in gran parte a tor via, quando quello che è il fondamento primo della musica non fosse
r la voce, in un saltellar continuo di nota in nota, non in isceglier quello che vi ha di migliore, ma in eseguire ciò che vi
la voce divenga in ogni occasione ubbidiente, perché si dirompa a far quello che pare al di là di sua portata, che pare infatt
fficile è contra l’intendimento dell’arte; egli è un far divenir fine quello ch’essa adopera soltanto come un mezzo. La vera a
to noi avremmo, se mai credessimo di potere con un mezzo solo ottener quello che ha da esser il risultato di molti49. Certa co
19 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354
anima ! Il personaggio di Ruzzante non ha carattere speciale : egli è quello che capita : talora soldato pauroso arieggia il C
ttarla con danaro. Non posso, gentilissima Madonna, fare ch’io in quello che servirò quella Magnifica Madonna per la cui g
per fuggire le insidie loro a noi nella vita tese, fummo disgiunti : quello che di mio fratello avvenisse non potei mai risap
di animali, di arbori, di paesi, di fontane, di boschi…. ed in breve, quello che faria con un pennello un dotto dipintore, io
e fante, e uomo e femmina. Piacendovi adunque uno di noi, piglierete quello che più vi piace, ch’ io non ho a dire altro, all
20 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 588
tal licenza poi che non lo fo per meterli un altro portinaro ma solo quello che la Compagnia comanda poi che uengo per seruir
ggiar la Lavinia, che volle mascherarsi da Zaccagnino, non bastandolo quello che aveva speso in Calabria a buffoni, comedie, c
21 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 243-247
i la più fertile non avrebbe potuto ideare un teatro più magnifico di quello di Emilio Scauro quando fu creato edile. Ornavano
Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augu
154. V. il libro IV degli Annali di Tacito. 155. Merita di leggersi quello che dall’eruditissimo Canonico Mazzocchi nella de
22 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 301-303
le sue opere (Ediz. Pasquali) : …. il cambiamento più rimarcabile fu quello della Bastona madre nella Bastona figlia, moglie
ellente quanto sua madre ; ma che oltre l’avvantaggio dell’ età aveva quello di una maniera più nobile di recitare. Ella fu pr
ella commedia, che il lettore troverà al nome di ciascun d’essi. Ecco quello che concerne la Bastona. Marta Focari (Bastona
23 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Firenze, 3 settembre 1841. » pp. 473-475
ingannata, ma per il di lei genio, il solo nome che gli si compete è quello di Augusto. D’allora in poi – continua il Regli –
. Secondo il Costetti invece (op. cit.) il nome del Bon sarebbe stato quello di Augusto, al quale poi fu aggiunto quello pater
ome del Bon sarebbe stato quello di Augusto, al quale poi fu aggiunto quello paterno(?) di Francesco. Preso d’amore ardente pe
24 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »
il rimuovere la man dal lavoro dopo averlo una volta incominciato di quello che fosse saggio divisamento l’astenerci dal fave
i questo poeta, alla quale non può forse altro difetto apporsi se non quello che già fu apposto ad un greco pittore, il quale
ale. [3] E incominciando dallo stile, il primo pregio che apparisce è quello d’una maniera d’esprimersi, dove con felicità, di
one dell’altra, né la naturalezza di questa s’oppone al pittoresco di quello . Osservisi com’egli adoperi sobriamente lo stil f
vvene sul teatro antico e moderno un carattere interessante al par di quello di Tito? Non è egli le delizie dell’uman genere n
lettasi quanto sia naturale il suo sentenziare e non pedantesco, come quello di Seneca, che ti pare un ragazzo sortito or ora
lo di Seneca, che ti pare un ragazzo sortito or ora dal liceo, o come quello dei francesi moderni che t’intassano a torto e a
le più profonde in questo argomento99, si potesse ricavare di più di quello , che con tanta scioltezza e precisione dice qui i
peccar di monotonia facendo andar a lieto fine tutti i suoi drammi di quello che sia costrigner un protagonista a morir cantan
n protagonista a morir cantando sulle scene a guisa di cigno. [25] Ma quello che forma il suo carattere dominante, quello che
guisa di cigno. [25] Ma quello che forma il suo carattere dominante, quello che il rende la delizia delle anime sensibili, qu
tere dominante, quello che il rende la delizia delle anime sensibili, quello che esige principalmente l’universale riconoscenz
e, che riducono talvolta una gran principessa ad uno stato peggior di quello d una schiava. Le lagrime del filosofo sul misero
uero di farlo scendere, e di renderlo men filosofico. Dal che avvenne quello , che suole quando s’abbandona un sistema, cioè ch
questi estremi inapplicabili l’uno e l’altro alla imitazion teatrale, quello perché troppo spirituale e forse chimerico, e que
il Metastasio ha trovato il solo mezzo che conviene al teatro, che è quello di depurar la natura, e di combinar la ragione co
ra gli allori trionfali un Cesare arbitro del destino del mondo, e di quello di Catone; contemplar un Alessandro innanzi al cu
ei più volentieri quanto che la sua influenza sul gusto italiano e su quello delle altre nazioni è stata maggiore di quella de
Ma per risentire cotali effetti fa d’uopo avere uno spirito analogo a quello dell’autore che si prende per guida; fa d’uopo es
orrà certamente Metastasio in un seggio di gloria vieppiù luminoso di quello dei Cini, dei Passavanti, dei Burchielli, dei Var
ina del buon gusto. Incominciamo dal più frequente e più ovvio, che è quello di aver ammollito, anzi effemminato il dramma in
il protagonista di Teocrito sarebbe meno a proposito per la musica di quello di Metastasio. Lo concedo. Ma qual bisogno ci era
snaturar Polifemo per renderlo soprano del teatro di San Carlo, o di quello di Argentina? [49] Come una conseguenza di ciò ch
il sostituire ch’egli fa, tante volte, lo stile della immaginazione a quello dell’affetto, e il preferir al linguaggio della n
e Cleonice nel Demetrio intuonano ad Appolline, allorché riconosciuto quello esser il vero erede del regno della Siria, si dan
otal fantasia scusabile al più in un epigramma o in un poema simile a quello delle trasformazioni d’Ovidio è assolutamente ind
el sentimento, poiché il pianto di cui parla Emilia è vero e reale, e quello dell’Aurora non è che metaforico. La risposta non
ico. La risposta non per tanto di Fulvio è un bisticcio somigliante a quello che un drammatico francese mette in bocca ad un s
mante di collera, perché fu sparso per altri che per la Dama», o come quello di Ovidio, che, volendo persuader alle donne non
universo. La Grecia avrebbe divinizzato il suo nome, come già fece di quello di Lino e d’Orfeo. 94. [NdA] È fama che sotto g
edoni dice che i persiani portavano attorno il simolacro di Giove. Ma quello non è l’unico abbaglio di quello storico romanzie
no attorno il simolacro di Giove. Ma quello non è l’unico abbaglio di quello storico romanziere; è bensì da maravigliarsi che
vendo egli ignorare che la religione de’ maghi contava fra suoi dogmi quello di escludere i simolacri degli dei non ammettendo
25 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »
i che ricevuto ha; ma egli è anche vero che ha traboccato per essa in quello scadimento di cui si dolgono i migliori. Sino a t
unte al sommo, quel principio medesimo che diede loro la vita è anche quello che dà loro la morte. Appresso tutte le nazioni h
ogni momento pensieri e voglie rigettando noi oggi e quasi abborrendo quello di cui avevamo ieri tanta fantasia. Quella cantil
e delle cuffie, in composizioni eziandio fatte per imitar la natura e quello che sta sempre di un modo, va del continuo varian
a e musica, vanno disgiunte, qual maraviglia se avendo uno a colorire quello che ha disegnato un altro, i colori sieno bensì v
ie parti dell’opera un più dolce accordo, savio partito anche sarebbe quello di lavorar meno e di meno instrumentare, che far
via via lumeggiamenti sempre maggiori. Di somma semplicità rispetto a quello che sono al dì d’oggi si può affermare che fosser
che la gran moltitudine delle mani, in luogo che giovi al governo di quello , gli è al contrario d’impedimento. Perché non far
finissimo e una somma discrezione di giudizio; lo più bel ramo, dice quello antico savio, che dalla radice razionale consurga
26 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 116-117
ni, che dice la Compagnia di lui, la migliore che si conosca. Partito quello stesso anno e quello stesso mese il Goldoni per P
gnia di lui, la migliore che si conosca. Partito quello stesso anno e quello stesso mese il Goldoni per Parigi, cessaron le ga
l teatro alla stessa Battaglia, il Medebach, rassegnato, si rifugiò a quello di San Cassiano, dove le sorti non furon delle pi
27 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »
i intieramente meccanico aver non dovea verun altro esercizio fuorché quello d’ubbidir al poeta e di eseguire il disegno del m
ecolo passato il canto delle arie oltrepassava di poco nell’artifizio quello dei recitativi, i quali costituivano principalmen
esistere alla tirannia delle opinioni altro partito non resta fuorché quello di piangere su tali crudeltà, detestarle e passar
additare gli abusi da costoro introdotti nell’opera. Non è il minore quello che apparisce a prima vista, e che risulta immedi
che il linguaggio naturale delle passioni nei vari loro caratteri, è quello che serve di fondamento alla imitazion musicale p
che mostrano la superiorità di un attore che sente e conosce non solo quello che dice, ma quello ancora che deve tacersi. Dovr
riorità di un attore che sente e conosce non solo quello che dice, ma quello ancora che deve tacersi. Dovrebbe far sentire la
ri fanno al canto moderno di non convenire cioè in alcune occasioni a quello stile sublime, a quelle situazioni inaspettate ed
o preso a dipingere, ne deriva un cumulo di piaceri maggiori assai di quello che ne risulterebbe dagli stessi originali imitat
tati dal pittore. Ora se l’oggetto primario d’ogni musica imitativa è quello di piacere e di commuovere, se un tale oggetto s’
tto delle parti compagne, o tingono il motivo di un colore diverso da quello che esige il suo carattere, ovvero cangiano l’ind
tromento sia da fiato ossia da corda. Lo scopo del canto drammatico è quello di rappresentar le passioni, le quali non si mani
re di vaga e leggiadra invenzione, perché il solo fine d’introdurli è quello di difettare; debbono innestarsi con graziosa nat
la musica vocale si troverrebbe in Italia in istato assai diverso da quello che si trova presentemente. Però non diffido che
nghezza dello svagamento in attenzione alla sua utilità. [43] Dicendo quello che dovrebber fare i cantori, ho detto appunto qu
à. [43] Dicendo quello che dovrebber fare i cantori, ho detto appunto quello ch’essi non fanno. Come se avessero in qualche sc
n so parlar.» e l’interminabile loquacità musicale con cui s’esprime quello stato medesimo obbligando a gorgheggiar con mille
erto che l’andamento per esempio della malinconia è tardo e uniforme, quello dello sdegno rapido e precipitato, quello delle p
inconia è tardo e uniforme, quello dello sdegno rapido e precipitato, quello delle passioni composte disuguale e interrotto; c
n massima dalla ignoranza e avvalorato da uno spezioso pregiudizio, è quello che cagiona l’esterminio di tutte le belle arti.
idotto, cioè per ispendervi quattr’ore in tutt’altro esercizio che in quello di arricchire la sua testa d’idee e il suo cuore
ggiarli. E volgo è ancora l’aggregato degli uditori maggiore assai di quello che comunemente si crede, i quali indifferenti pe
lo spirito di partito, commendano non ciò che credono esser buono, ma quello soltanto che ha ottenuta la lor protezione; se vo
e di un solo stile circoscrivono l’idea del genio nella esecuzione di quello , e rassomigliano a quel capo dei selvaggi, il qua
r regola del bello nelle due facoltà il piacere del volgo trascurando quello dei più saggi145. Un altro scrittore non minore d
tive sono troppo lontane dalla natura, altro diletto non resta se non quello che viene dal gradevole accozzamento dei suoni di
gliarsi se l’uditore, il quale prende i suoni per se stessi e non per quello che rappresentano, cerca appunto nella diversa co
e conteneva venti mille persone era uno dei più piccoli a paragone di quello di Scauro dove ci potevano stare da settanta in o
Pindaro attorno alle are dei numi. Ma benché il genere appartenesse a quello della musica lirica, il canto nondimeno era unifo
28 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Dedica] »
ze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggio
vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e
29 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181
zione del Signorelli, pare tuttavia che non l’abbiate ben letta. Ecco quello che io dico: I Criticastri Oltramontani censurano
uomini, che sebbene non era il canto scenico Greco, e Latino simile a quello delle nostre Opere, era tuttavia un canto accompa
altro, ma che rare volte anima a tempo la passione nel Dramma; che è quello che potrebbe tener sospesi, e divertiti gli Spett
i, i modi dell’età e delle passioni. Ma qual Canto ebbe egli in mira? quello che è, o quello che fu, e che può tornare ad esse
tà e delle passioni. Ma qual Canto ebbe egli in mira? quello che è, o quello che fu, e che può tornare ad essere? Egli il dich
e tra gl’Italiani che riprendono il Canto nell’Opera. E non per tanto quello che egli dice, non è quello che voi vorreste, che
dono il Canto nell’Opera. E non per tanto quello che egli dice, non è quello che voi vorreste, che dicesse. “Il Dramma Musical
Letterati e capaci di giudicar dritto in materia di Poesia e Teatro, quello biasimano nel Canto scenico, che ne biasima il Si
to scenico, che ne biasima il Signorelli. Ma che bado io a dimostrare quello , che senza accorgersene stà confessando il medesi
scende: Che l’antico Canto degli Episodj, per essere meno figurato di quello de’ Cori, non era Canto. E quale Scrittore non si
enore del Basso per la diversità delle chiavi? Non è ugualmente Canto quello de’ nostri Recitativi e quello delle Arie, quello
à delle chiavi? Non è ugualmente Canto quello de’ nostri Recitativi e quello delle Arie, quello di un’ Aria cantabile, e quell
è ugualmente Canto quello de’ nostri Recitativi e quello delle Arie, quello di un’ Aria cantabile, e quella di un Minuetto? D
tura distinta? Perchè il diametro di Mercurio p. e. è 2460. miglie, e quello di Giove di 81155. sarà il primo meno dell’altro
rcare un impossibile, cioè una cosa, che non può andare altramente di quello , che và. E che diverrebbe del Teatro Spagnuolo al
rale rappresentazione. Ma come non vi accorgete, che portate in prova quello , che si controverte? che questa viva naturale rap
30 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 592-594
se, nacque a Messina e fu noto prima col nome di Pascariello, poi con quello di Scaramuccia, che aveva già prima di recarsi in
li (Dominique). Il maggio del 1694 abbandonò il ruolo di Capitano per quello di Scaramuccia, e il 1697, dopo la soppressione d
31 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »
ssa tra l’uditore, e il musico, non è meno verosimile in se stesso di quello che lo sia il linguaggio dei versi, e l’assortime
r si propone, esiste realmente nella natura non altramenti, ch’esista quello , che prendono ad imitare la pittura, e la poesia.
te nella voce appassionata, e radunandole in un canto continuo, che è quello che soggetto s’appella: ora ricercando coi suoni
altro. Codesto genere, che appartiensi perfettamente al narrativo, è quello che caratterizza il recitativo semplice, di cui s
ezza, e l’alternativo passaggio da un movimento in un altro diverso è quello che forma il recitativo obbligato, lo stile del q
per mezzo degli organi non sa creare se non immagini corrispondenti a quello che vede, e l’uomo, sul quale ha codesta facoltà
pone all’entusiasmo, e al vero genio. L’unico uffizio della critica è quello di perfezionarli, riducendoli alla maggiore sempl
dice il primo, la commedia è lo spettacolo dello spirito: la tragedia quello dell’anima: L’opera quello de sensi.» «L’opera, d
è lo spettacolo dello spirito: la tragedia quello dell’anima: L’opera quello de sensi.» «L’opera, dice il secondo, non è che i
irà forse, che l’Olimpiade, e il Demofoonte parlano meno all’anima di quello , che facciano la Fedra, o la Zaira? Ovvero altro
fisico: spettacolo assai più vario, più dilettevole e più fecondo di quello , che sia l’universo ideale fabbricato nel cervell
tore pochissimo, o niun giovamento ritragga dal musico, non è piccolo quello , che il musico può ritrar dal pittore. La veduta
ra, siccome non è improprio ogni soggetto favoloso. Si dee schivar in quello il lungo raggiramento: si può ammetter questo qua
a tragedia: quindi la distinzione dell’opera in seria, e in buffe. Ma quello , che non ha di comune né coll’una né coll’altra è
zione drammatica, e la mancanza di queste non è men viziosa in lui di quello , che sia nel tragico, e nel comico. Anche in quel
onista, poiché non si vede qual diversità essenziale passi tra esso e quello della tragedia e della commedia, né come gli affe
ievole se il protagonista s’uccidesse in presenza degli spettatori di quello che sia facendo altrimenti. Le ragioni che s’arre
hanno preteso di ritrovare fra il nostro sistema drammatico-lirico, e quello degli antichi. 2. [NdA] perché di cento uomini
ia di parlar a un secolo di lucreziani. Il solo episodio d’Aristeo, e quello delle lodi della vita rusticana nelle Georgiche i
32 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442
malinconia prese il mio povero papà, ed il dottor Claudio Tommasoni, quello stesso che tenne a battesimo Claudio Leigheb, lo
ma per di lui consiglio abbandonò il ruolo di brillante per prendere quello di promiscuo, ed accettò il posto di secondo prom
Come ti ho detto mio padre aveva un ruolo secondario, inferiore, cioè quello del Gattinelli, come era inevitabile, cominciaron
la Compagnia Bellotti nel ruolo importante lasciato dal Vestri. Anche quello fu un gran passo pel mio povero papà, che non sol
osì ci descrive il passaggio di Cesare Rossi dal ruolo di brillante a quello di caratterista e promiscuo, che doveva farlo sal
o e il tragico, ma non mi dica che io sono sproporzionato. Farò tutto quello che vuole, purchè mi faccia recitare. — Non dubit
sfera, non appena veggano attenuarsi la vivezza della lor luce ! Dopo quello della Sadowski, egli ebbe ancora un grande period
33 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »
ella tragedia, e della commedia, e l’abbiam più chiaramente veduto in quello del dramma. Ma la nostra imitazion distaccata dai
retti di servire ai capricci d’un popolo spensierato e voluttuoso con quello d’Orfeo e di Terpandro, i quali o richiamavano al
o mediocrità. Imperocché ove le cose non hanno altro interesse se non quello che nasce da passaggiero e insignificante diverti
ramento, stabilisce sistemi e ne ritrae le conseguenze; la sperienza, quello scoglio fatale contro a cui si spezzano tutte le
, e l’Arcadia, che dianzi era il soggiorno d’uomini selvaggi, diviene quello della giocondità e della placidezza. Da ciò si ri
no la marcia delle truppe loro piuttosto col suono dei flauti che con quello delle trombe, acciocché la temperata dolcezza di
eguito dai cantori della cappella pontifìcia senz’altro ornamento che quello d’una voce fermata e sostenuta a dovere, si senti
re così intimamente legato coi costumi d’un popolo che dallo stato di quello se ne dovesse cavar conseguenza allo stato di que
in un popolo a misura che va egli passando dallo stato di rozzezza a quello d’una progressiva coltura; lo strumento adunque d
le pruove di fatto mi fornirebbe la storia loro se il mio scopo fosse quello di far pompa d’erudizione121. [21] Dal particolar
condo il senso delle parole, e al cangiamento di queste teneva dietro quello degli strumenti. Il modo dorico, che era il più g
la sulle odi d’Alceo e di Saffo; differente il canto dei ditirambi da quello dei giambi di Archiloco, la musica de’ Nomi da qu
e o di lunga, e tardandosi nel pronunziare la lunga un tempo duplo di quello che si tardava nel pronunziare la breve, ne veniv
linguaggio, invece di concorrere unitamente al medesimo effetto che è quello di risvegliar nell’animo una cotal sensazione o i
otal sensazione o imagine, nascono all’opposto due linguaggi diversi, quello cioè del poeta e quello del musico, ciascuno dei
e, nascono all’opposto due linguaggi diversi, quello cioè del poeta e quello del musico, ciascuno dei quali, cercando vestirsi
ente strumentali, cioè nel genere meno perfetto della musica, siccome quello cui manca il principal fonte della energia, che c
o di non trovarsi la dovuta proporzione tra il numero delle sillabe e quello delle note, si spendono talvolta tre o quattro mi
lirica, non trovarono a perfezionare la melodia mezzo più spedito di quello di sbandirne e screditarne il contrappunto allora
o e il soprano, il basso, che è l’estremo più grave e per conseguenza quello che procede con moti più lenti, si congiugne nell
iretto. [32] Il grande svantaggio della nostra musica è non per tanto quello che qualunque principio di conmozione venga eccit
sicale; fintanto insomma che non ripiglieremo il metodo antico ch’era quello di dirigere la sua azione verso d’un solo punto,
amente l’intima differenza che corre tra il nostro sistema musicale e quello degli antichi, e indicati in generale gli inconve
34 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 280-281
o, come ad esempio, nella Satira e Parini del Ferrari, in cui passò a quello di caratterista, recitando il Marchese Colombi, e
e nel Goldoni e le sue sedici commedie pur di Ferrari, in cui passò a quello di primo attore, recitando il protagonista. A
35 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 524-525
le. Il tipo di Miseria e Nobiltà non è certo il medesimo di Tetillo ; quello di mettiteve a fa l’ammore co me è ben diverso da
to, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al r
36 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »
tura s’aggiunge ancora un conforto non debole per il mio amor proprio quello cioè di trovare gran parte di quelle idee sparse
ica per modo che il valore d’ogni nota corrispondesse perfettamente a quello d’ogni sillaba. Con questo metodo così semplice h
Prescindendo da ogni pregiudizio il suono d’un flauto è più dolce di quello d’un tamburo… Ma io non m’avveggo che qui mi fo a
che parla all’imaginazione, che ne ricrea lo spirito, e lo sorprende, quello che porta seco un certo carattere di novità, e di
i e de’ barbari a quella de’ Greci e de’ Romani, il poema di Lucano a quello di Virgilio, e le tragedie di Seneca a quelle di
sbozzarne i principali caratteri. Definisco la melodia in generale, o quello che noi chiamiamo “un bel canto” una tessitura di
parti, e per esso nella musica lo spirito gode del canto presente di quello che lo ha preceduto, e si accorge in certa guisa
ragguardevoli per la varietà e l’ampiezza delle loro cognizioni, con quello che ne han pensato i più grand’uomini dell’Italia
ceano cader d’animo intieramente, né mi lasciavano altro conforto che quello d’abbandonarmi a delle querele inutili. E di fatt
rime de’ sentimenti precisi. Essa allora rimpetto alla melodia vocale quello ch’erano un dì i pantomimi posri in confronto cog
zzo della favola ella formava la principal sua imitazione, adoperando quello che Aristotile chiamava l’universale, val a dire
llirle. 202. [NdA] Un altro modo di riformare il melodramma è stato quello indicato dal più volte citato Brown che noi espor
cale delle azioni grandi, terribili, e patetiche. Questa unione forma quello che può chiamarsi propriamente ode narrativa od e
utte le parti affettuose dell’azione possono mettersi in vista mentre quello che vi è di freddo, d’improbabile, e di non tocca
ntusiasmo del canto; ed essendo le narrazioni brevi ed animate più di quello ch’è possibile nell’uso continuato del dialogo, s
37 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638
era bella, ma la mobilità della sua fisonomia era tale, che appariva quello che ella voleva ; il suo sguardo or scintillante,
bbio, il miglior tempo della sua vita artistica fu codesto appunto, e quello (1613 e 1614) passato a Vienna alla Corte dell’Im
arola : eccovi Frittellino. » E a Cintio che gli consiglia di divenir quello che non fu mai, cioè huomo da bene, Frittellino r
i quel peso di leggere a un solo mille volte un solo soggetto, che in quello stesso fa poi anco mille errori, et si leverebbe
o, raccordandosi che non vi si prossume persona in quel luoco, se non quello con cui si parla in scena, et se per sorte si par
na da un altro personaggio si taccia subito, non impedendo il luoco a quello che cominciar dee a parlare e troncar qual si vog
tar sin tanto che conoschi esser giunto al fine del suo raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che
raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che quello che dianzi parlava non resti come una statua, se
ell’ascoltante, raccordandosi insieme ch’il dir breve e compendioso è quello solo che piace, et ch’ osservar si dee, non reppl
essità apporta la replica rassumer il discorso, si che solo si tocchi quello che già save il popolo. Raccordandosi l’autor del
e i suoi discendenti per tre gradi passati nobili ? E ciò fece perchè quello et altri comici moderni, non sono del numero di c
38 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179
perfezionato da Caligola e riedificato da Claudio, il Teatro Lapideo, quello di Cornelio Balbo, e quello eretto da Augusto sot
iedificato da Claudio, il Teatro Lapideo, quello di Cornelio Balbo, e quello eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, capa
sì esorbitanti, ch’egli si vide obbligato a rimediarvi104. Ma non per quello ne diminuì il numero, anzi andarono talmente cres
1. Fu illusione del suo desiderio. Tra gli arabi non si trova, se non quello ch’ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioé musi
39 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139
taliana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, gi
ressore. Atto III. Parlano i due fratelli de’ dominii acquistati e di quello a cui aspirano. Ziramonte enuncia la morte di Mon
e Mehus, il quale recò un saggio dello stile di esse molto lontano da quello del Petrarcaa. Furono esse però scritte nel XIV s
tero dunque in quell’età esservi favole sceniche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi. Conservasi nell’Ambrosi
40 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »
. Impinguatosi alquanto, lasciò il ruolo di primo amoroso per darsi a quello di caratterista, nel quale fece ottima riuscita a
41 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — (Sabato 7 giugno 1659).(Sabato 28 giugno 1659). » pp. 420-423
i, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto sta
Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error
ida Bianchi, tutt’a un tratto avrebbe mutato il suo nome glorioso per quello d’un nuovo arrivato ? E il figliuolo l’avrebbe pe
42 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1055-1059
iato la sua gloriosa carriera. Morì la notte dal 23 al 24 marzo di quello stesso anno, improvvisamente, e s’ebbe in Santa C
lo con tale uno sguardo…. Ma è impossible ridire, tradurre con parole quello sguardo e quell’atto : solo diremo che in quel pu
tto di suo pugno, il De Profundis, con queste parole : « Ecco. Tu hai quello che infiniti mi hanno chiesto e non hanno ottenut
43 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 556-560
Ora : Fu attore Massimiliano ? Ed ebbe un figlio che recitasse : quello che vediamo il 1659 con una compagnia a Vienna, i
di Parigi Giovanni Salomon, e non aver niun vincolo di parentela con quello di Venezia. Quanto al costume ho riprodotto la ma
inomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascon
44 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912
equipaggio e pigliando alcuni servi…. ma, rimasto poco dopo al verde, quello dovette vendere, questi licenziare : e, per campa
i versi che si leggon sotto a uno dei ritratti di Bonnart, identico a quello di le Blond (V. pag. 901). Cette illustre comédi
sempre ; tanto che per alcuni mesi fu disertato ogni altro teatro, e quello di Molière in ispecial modo. La lontananza di Mar
volentieri lascerebbe il padre che facesse e disfacesse del suo tutto quello che volesse, se li desse il denaro per ricondursi
cuore di Faraone, maledice chi gli ha fatto levare la sua donna, che quello che diede al suo figlio fu un poltrone che non lo
e li dirà tutte le pessime cose che fa suo figlio ; io li risposi che quello mi diceva a me non riguardava che la sua coscienz
et V. S. sa benissimo in coscienza che è impossibile che io sia stato quello che le prese perchè non avevo mai visto il suo se
fatione a V. S. Circa gli interessi gli ho sempre detto che non cerco quello che V. S. facci de’ suoi danari, ma che non posso
re Gondi, ma non volse già profittarne il vecchio Scaramuccia ; tutto quello si è potuto fare è stato che dia 60 scudi al figl
quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello ch
ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in
he mi sono levato e ritiratomi dalle sene comiche e se non fose stato quello che camo mio figlio sarebe a casa sei anni sono ;
zero era una casa di correzione di Parigi. 2. Luoghi di monte erano quello che oggi si direbbe cartelle del debito pubblico,
45 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 8
atro S. Carlino — Napoli, 1891), il nome di Addario sarebbe mutato in quello di Addamo. Sul’ 52, recitò anche nell’Alberico se
46 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »
le del melodramma italiano. Però seguitando il mio solito metodo ch’è quello di risalire fino ai principi a fine di cavare più
esto ballo senz’altro fine riflesso si chiama propriamente danza ed è quello che s’usa nei festini, nelle accademie, e nei dom
i afferrare e il combinarli fra loro, formando una serie ragionata, è quello che costituisce il vero linguaggio d’azione. Se n
o l’innamorato pastorello; ma la danzatrice non avrà altro merito che quello d’una imitazione volgare se non mi fa vedere anco
inaut, dove il ballo de’ pastori è a meraviglia legato coll’azione, e quello dei piaceri nel palazzo d’Armida, e quello delle
glia legato coll’azione, e quello dei piaceri nel palazzo d’Armida, e quello delle Baccanti nella Lavinia, e quello dei lottat
iaceri nel palazzo d’Armida, e quello delle Baccanti nella Lavinia, e quello dei lottatori nei funerali di Castore, e in più a
ve cercano di rapirmi il piacere del cuore per darmi in contraccambio quello degli occhi? I Greci, dai quali gl’Italiani si va
one così misteriosa che faceva pensare agli spettatori tutt’altro che quello che s’offeriva ai loro sguardi, un linguaggio de’
mostra di buon senso, sparì il gusto dei balli allegorici insieme con quello degli acrostici, degli anagrammi, delle paranomas
tta la corte per la prima volta sul teatro di Dresda (altri dicono su quello di Vienna) il Britannico del Racine eseguito nell
perfezione a’ tempi di quel celebre oratore. Lo scopo della musica è quello d’eccitar le passioni per mezzo d’una combinazion
abbia prodotto sugli spettatori un effetto eguale e forse maggiore di quello ch’è solita a produrre la tragedia recitata. Ma q
se maggiore di quello ch’è solita a produrre la tragedia recitata. Ma quello che dirò sempre e costantemente affermerò si è ch
ti perché non ci tradiscano a dare ad essi un significato contrario a quello che vorrebbe la natura, a reprimere i primi movim
i sublimi che vi si rappresentano, misurati, contegnosi, e lontani da quello sfogo spontaneo onde traggono i gesti la loro esp
e di Bruto, i suoi rimorsi, le alternative tra l’amore della patria e quello del padre? Come far sapere a questo giovine per m
ragione dovrebbe dal teatro pantomimico onninamente sbandirsi siccome quello che nulla immitando, ed ogni muovimento del corpo
intorno nell’atto che si tratta di liberar Ifigenia dal sagrifizio di quello che lo sia il far vedere Pilade ed Oreste, che co
i in oggi l’Italia) senza badare alla vera espressione degli affetti, quello è che ha rovinato la pantomima. Al che s’aggiunge
dirnela. Il primo e più immediato effetto della pantomima sarà sempre quello di disgustarci d’ogni altro spettacolo drammatico
ancanza di coltura e di gusto s’avvicinano ad essa) il volgo, dico, è quello che regola gli spettacoli, e della sorte loro imp
crescendo il regno de’ pantomimi disparve affatto dalle scene latine quello dei buoni poeti. S’attenda al piede che va ora pi
tà di più non avrebbe oramai a generare in loro un effetto diverso da quello che una scomunica del muftì produrebbe su un cont
ircoscritta dai sensi, e per conseguenza non può spaziare al di là di quello che questi le somministrano, e che viene appoggia
47 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272
oggiornò a Lione, dunque probabilmente il nome di Mascarillo prese da quello già esistente. Comunque sia, lo Stordito è più ch
attori….. L’Innamorato, per esempio, pare non avesse che uno studio : quello di recar sulla scena tutto un repertorio di immag
te. S’un huomo d’eminenza va a mangiare sovente a casa di questo e di quello , vien detto ch’egli è affabile ; ma s’è un meschi
n banco in quei paesi, il Superiore non sapea come deliberarne : però quello mandò da un Superiore spirituale, il qual negò la
el Brighella, non aveva nella Compagnia de’Gelosi altro carattere che quello di un furbo e astuto compare ; ma, come il Mezzet
48 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 765-771
ù simpatiche prove è il vero ed il solo …… Dal secondo articolo : «  quello che c’è. » La Tina Di Lorenzo ha l’abborrimento,
rebbero all’effetto dell’applauso plateale …… Dal terzo articolo : «  quello che non c’è. » …. ecco quello che finora manca a
so plateale …… Dal terzo articolo : « quello che non c’è. » …. ecco quello che finora manca a Tina Di Lorenzo. Ha le doti na
nel pianto non arriva a perdere il cortese disegno del sorriso (?) ; quello sguardo azzurro che anche nel dolore rimane limpi
tere in mostra le qualità più sostanziali d’una indole artistica : in quello goldoniano, per esempio. Nella Locandiera, infatt
49 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » p. 790
esare, fattosi capocomico, si diede al ruolo di caratterista, cedendo quello di brillante assoluto al fratello Achille. Ettore
50 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »
cuna delle note, che entrano nei nostri sistemi di musica. Il canto è quello che li determina, dando loro un valore e una dura
si che di farne l’applicazione. Il numero delle sue vocali è uguale a quello delle più belle lingue del mondo la greca, e la l
distinguendo molto bene il suono che corrisponde all’“a” semplice, da quello che corrisponde all’“a” con aspirazione, l’“i” br
ri bravissimi, la musica ne acquisterebbe un pregio maggiore assai di quello che attualmente possegga, udendosi ora l’accento
[12] Qual vaghezza troverà il cantore arrivando al muggito sordo di quello sdrucciolo “ululi”? Quai riposi, o quai gorgheggi
on all’accento naturale, o per dir meglio, patetico, assai diverso da quello , e che in questo è riposto il principio ascoso de
r migliorar il recitativo francese, il principale, sù cui si ferma, è quello d’italianizzarlo l’italianiser, avvicinandola all
o la cacofonia nel rincontro sgradevole delle vocali, o l’asprezza in quello delle consonanti inevitabili spesse fiate nelle l
zion coll’orecchio, poiché mentre il sentimento dei versi è completo, quello della musica, che va poco a poco spiegandosi, non
i, di suoni spiccati e sensibili: l’idioma degli accenti rinvigorisce quello delle parole, ed ecco il gran fonte onde scaturis
taria fra noi del bello e colto parlare, è meno aspro, e men rozzo di quello , che sia la pronunzia del popolo più colto d’Ital
nel sentimento, un autore, il quale per esser moderno, e filosofo, e ( quello che più importa) francese, spero, che m’abbia a s
51 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 533
oglieva tra i loro. Il nome di Amb.° bon’ Uomo (sic) si trova unito a quello di altri comici in una Platea del secolo xvi dell
52 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article »
con ottima riuscita al ruolo di prima donna, la Giulietta si diede a quello di seconda donna, e di madre. Luigi Favre morì il
53 (1878) Della declamazione [posth.]
la recitazione di un attore dovrebbe essere, è possibile ricostruire quello che la recitazione non era. Le critiche mosse a c
azione del personaggio) ci aiutano a formulare un modello virtuale di quello che doveva essere lo spettacolo nel periodo preso
elle figure per le quali il volto del letterato è stato subordinato a quello dell’uomo attivo, politicamente impegnato, e la c
a declamazione come trasposizione, sul piano della prassi scenica, di quello sviluppo progressivo del carattere che i romantic
i ideali rivoluzionari19. L’imperativo dell’epoca tra i giacobini era quello dell’Istruzione pubblica20, ed è in questo orizzo
a trasformazione sarebbe arrivata lentamente, e un passo decisivo era quello dell’istruzione delle masse. Così Matteo Galdi ne
del pantomimo consiste in una descrizione interamente didascalica di quello che avviene sulla scena, con particolare attenzio
nei testi di un Romanticismo francese ai suoi albori, primo fra tutti quello della Préface de Cromwell (1827) di Victor Hugo.
Questo significa «[…] che il genio de’ romantici può conciliarsi con quello dei classici, sebbene si credano gli uni e gli al
ssi della letteratura italiana, e ciò che è peggio ancora, confermare quello spirito di divisione municipale che può essere ut
un merito che egli concede come proprio della scuola romantica, ed è quello di riuscire a penetrare i caratteri meglio di qua
avrebbe avviato la costruzione di un sistema tragico che conciliasse quello francese con quello tedesco62. L’incontro con il
costruzione di un sistema tragico che conciliasse quello francese con quello tedesco62. L’incontro con il Salfi avvenne però n
, sulle differenze che intercorrono tra il sistema tragico francese e quello tedesco72: On raisonne en France sur un personna
s Visconti, scrive in nota che il suo pensiero è da identificarsi con quello del Romagnosi. Secondo quest’ultimo, le unità non
estione per introdurre la differenza tra il sistema tragico tedesco e quello francese. Se Schiller all’interno del suo dramma
consolidava la tendenza a un sistema drammaturgico compromissorio tra quello francese e tedesco, prima di tutto in vista di un
auspicata riforma nell’ambito della declamazione un tentativo simile: quello di imprimere un afflato “romantico” a un teatro c
zione, tra quella alfieriana e quella romantica, un percorso simile a quello che Melai tratteggia per la tragedia classicista
sionisti un tramite congeniale per distinguere questo nuovo teatro da quello commerciale. Passati i fermenti rivoluzionari, oc
ttorio Emanuele I, che calcherà le scene fino al 1855. L’auspicio era quello di impiantare il modello della Comédie française
ire un modello valido per Salfi. Per rintracciare un modello vicino a quello salfiano, occorre aspettare il 1801, anno di pubb
i allora, seppur l’unico nome di cui si faccia menzione esplicita sia quello di Ekhof. Abbiamo visto, a proposito degli artico
ions, aux leçons que les grands acteurs ont laissés105. In un tempo, quello dell’oggi, in cui tale inquietudine si è tramutat
erma che oggetto delle belle arti è la bella natura. Nonostante tutto quello che si trova in natura è da giudicarsi bello, alc
a questione del tono dell’attore tragico, che deve essere distinto da quello della conversazione ordinaria, più adatto alla co
e in certe tragedie alfieriane. Il suo tono allora non deve ricalcare quello dell’interlocutore, ma adattarsi alla passione di
o il carattere da rappresentare. Altro punto affrontato nel capitolo, quello della scenografia, che deve anch’essa rispecchiar
nche agli spettatori più lontani. Un altro accorgimento utile sarebbe quello di limitare le aperture laterali, ossia i palchet
primo luogo l’alto compito morale assegnato al genere tragico, ossia quello di trasmettere nello spettatore la compassione pe
essione del viso (V, 122), parti da sé > parti da re (XIV, 280), e quello del Pepoli > è quello del Pepoli (XV, 298), qu
, parti da sé > parti da re (XIV, 280), e quello del Pepoli > è quello del Pepoli (XV, 298), quanto sono > quando son
’imitare, o di esprimere con la voce, con la figura e col gesto tutto quello che, col mezzo de’ sensi, nella sua immaginativa
con essa si perde ogni comunicazione fra il tempo ch’era preceduto e quello che sieguì. E perciò riesce ancora difficilissimo
ano, o piuttosto ne usurpavano le parti, con uno scandalo maggiore di quello che si voleva evitare. E, malgrado l’ordinario im
ima, fra tutte, a distinguersi. Il genio di P. Corneille e di Moliere quello svilupparono di Baron, che col cominciare del sec
ziano lo studio teoretico e pratico, che i migliori ne hanno fatto, e quello che dovrebbero e potrebbero fare tutti quegli alt
, ed altri da sé solo; ma il merito di attore fu di molto superiore a quello di autore. Troppo si è parlato degli effetti mara
i sono fatti e ripetuti negli ultimi tempi, hanno sempre più mostrato quello che potrebbe diventar l’arte in mano degli italia
ostrato quello che potrebbe diventar l’arte in mano degli italiani, e quello che tutta volta le manca, per porsi al livello de
nte gestire, e col solo canto o col solo gesto gli facciamo esprimere quello che egli esprime gestendo e parlando insieme. E c
di arte drammatica o comica si comprende. Il commediante o l’attore è quello che imita il suo simile con tutti gli estesi mezz
arole e della lingua, il solo che usurpa per eccellenza un tal nome è quello che dà alle parole la esistenza e la vita. Senza
i hanno chiamato volgarmente questo accento acuto per distinguerlo da quello che alle altre sillabe sussidiarie pur si concede
ne di somiglianza può farci ragionevolmente arguire. Per la qual cosa quello che possiam dire di certo su tal proposito, si è
può dividere. Il primo è il tuono generale del discorso, il secondo è quello de’ periodi, il terzo delle parole. Ogni discorso
anch’esso modulando siffattamente che non pur ciascuno corrisponda a quello che precede e che segue, ma sempre al primo si ri
o del discorso, e questo, per quanto acconciamente si diversifichi da quello de’ periodi e delle parole, dee sempre servirgli
falso quante volte il tuono delle parole non armonizzi e consuoni con quello de’ periodi, e l’uno e l’altro al tuono fondament
delle circostanze vi dà il tuono del discorso, il gusto dell’armonia quello de’ periodi, e la forza del senso quello delle pa
corso, il gusto dell’armonia quello de’ periodi, e la forza del senso quello delle parole. [2.20] Noi non abbiamo inteso di de
; ma talvolta anche sola con la vocale gareggia, e tenta di esprimere quello che pare alla vocale solamente concesso. [3.2] L
orrisponda. Ora tutti, servendo allo stesso fine come le parole, ch’è quello d’esprimere e farsi intendere il più che si può,
e, meraviglioso, come se la persona volesse atteggiarsi alla forma di quello . [3.11] 9.º Quindi molti di questi diventano imp
er cotal modo si sacrificherebbe il pregio della versificazione senza quello sostituirle della buona prosa; ed il poeta avendo
ecciano, ed a vicenda si corrispondono, che il ritmo del verso rilevi quello del periodo, e questo il ritmo del verso. [4.4]
e l’altro vizio, in cui gl’inesperti sogliono dare in questa pratica, quello cioè di sacrificare il ritmo del verso a quello d
re in questa pratica, quello cioè di sacrificare il ritmo del verso a quello del periodo, o viceversa il ritmo del periodo a q
mo del verso a quello del periodo, o viceversa il ritmo del periodo a quello del verso. Dànno nel primo quelli che della versi
le della cadenza de’ versi viene via via così ad essere modificato da quello del senso, che sempre più nuova, varia e grata ar
on avverte in qual modo il verso che precede, serva e debba servire a quello che siegue, e come si debba spontaneamente compor
iegue, e come si debba spontaneamente comporre il suono del verso con quello del periodo, sicché quello del senso ancor più ne
taneamente comporre il suono del verso con quello del periodo, sicché quello del senso ancor più ne risalti. Noi ci siamo circ
l’organo vocale si osserva egualmente intorno agli altri che pur come quello alla passione predominante più o meno obbediscono
si, rifemi            Con la persona. [5.15] III. Volto. Il volto è quello in cui, come in un quadro, tutta l’anima si dipin
ne del volto fra le altre primeggiano. L’occhio per la sua mobilità è quello che a’ moti dell’anima più prontamente obbedisce,
ente apparve fuore, Ch’innamorò di sue bellezze il cielo. [5.22] Ma quello che rende gli occhi massimamente espressivi e sig
nella pronunciazione, spesso dà luogo ad altri organi, o loro affida quello che esso o non potrebbe affatto, o non così bene
rando, sicché perdendo alla fine il carattere di espressione patetica quello acquistano e semplicemente ritengono di segno arb
enzione dell’animo nostro, che si propone di fare in tutto o in parte quello che la passione richiede. Ed essendo sua intenzio
a dell’oggetto amato o abborrito nell’atto che la persona tende verso quello , o ne declina, o lo minaccia, dà alla sua voce, a
altri che al soggetto rapportansi, il quale più a sé non bada, ove in quello tutto si occupi. [6.19] Ma se taluno ancor narra
o il sentimento dominante di Cinna, lo stesso interesse che prende in quello spettacolo, e la premura di farne parte ad Emilia
erre, che tenendo sotto il braccio una donzella godeva ferocemente di quello spettacolo, si sarebbe grandemente pregiudicato a
si ha concepita dell’obbietto, l’uomo appassionato non vede altro di quello in fuori, e tutte le sue idee, i suoi sensi ed af
hanno seguito i filosofi nell’ordinarne ed esporne le classi; e noi a quello ci appiglieremo che parendoci il più conforme all
sono gli effetti e gl’indizi delle sue passioni. Il suo primo stato è quello della quiete e del riposo, che inerzia morale pos
e ognora più degno. Quindi legge e contempla beato nella fisonomia di quello i suoi doveri, il suo contegno, le sue speranze e
o che ci rattrista, o col guardo affiso alla terra, e con la mente da quello tutta occupata. Tutto ciò che vede ed incontra, e
offre diverse affezioni più o meno forti e distinte sotto l’azione di quello ; ma ha l’odio fra tutti i tratti più note voli, d
etti; e dei tanti e frequenti tratti ch’egli ne ha dati, io trascelgo quello del Lib. I. c. I: Flagrant et micant oculi, mult
non pur su gli oggetti innocenti, che non hanno alcuna relazione con quello , ma ancora sopra di se medesimo, battendosi, mord
che per l’ordinario sacrificava all’interesse delle rappresentazione quello della composizione, si tratteneva sovente in mezz
più luoghi le sue teoriche. Fra gli europei è certamente il francese quello che più si accosta all’italiano; ma spesso l’arte
icura. Descartes aveva osservato quanto il moto del pianto è vicino a quello del riso, e si è detto di Michelangelo, che con u
que osservare eziandio e paragonare tutte l’epoche, e dare a ciascuna quello che le conviene di proprio. [8.10] Risulta quind
universalmente piacciono ed interessano. E questo genere di esseri è quello che suol dirsi la bella natura, che gli artisti o
nto tutti e ciascuno impiegano tutte le loro facoltà per manifestarci quello , che altrimenti rimarrebbe oscuro ed incerto. Qui
il significato dell’uno è più generoso, magnanimo e interessante che quello dell’altro. [9.9] Io reputo questa, se non la so
é il dolore di Ajace, di Filottete e di Ercole ci piace assai più che quello di qualunque altro, che non esprimesse una forza
nella natura, ma gareggiando in certo modo con essa, ed aggiungendole quello ch’ei suppone mancarle, procura pur dal suo canto
r cui a quel che meno diletta nel complesso di alcune, si sostituisce quello che diletta più nel complesso di altre; sia la vi
re, se non che l’interprete fedele, ed il cieco esecutore del tipo di quello , sicché la sua imitazione non ne sia che una pret
i fuori, ed a quanti gli stanno presenti pur si comunica. Ed è questo quello spirito che per gli effetti straordinari che esso
sotto immagine di fuoco o di tal altro specioso fenomeno; ed era pur quello che ha sempre animato i grandi artisti, e che ani
disposizione debbe essere instancabilmente esercitata per acquistare quello sviluppamento e quella forza di cui possa esser c
sorpresa, e lo giudicò minor della fama. E siccome il tipo dell’arte quello migliora della natura, niuno eroe ci hanno presen
bitatori sono a parte dell’autorità sovrana? No; quella fronte bassa, quello sguardo timido, quell’andare incerto ti accusano
zione, che in ogni caso dee prendere anche il carattere e la forma di quello . E come altrimenti si potrebbe verificare il dove
rate volendo determinare il carattere del maraviglioso lo distinse da quello dello stravagante che costituisce il mentecatto.
propriamente tragico al semplicemente drammatico, e, non dovendo con quello tutto rappresentare, hanno voluto tutto rappresen
tto, senza osservare che il vero della storia e della filosofia non è quello della poesia e di ogni bella arte; egli vuole che
on dee soffocare e confondere lo speciale, che nelle modificazioni di quello consiste. Quindi è che nelle loro degradazioni de
nnone, nel momento che destina la sua figliuola all’altare, non appar quello che in altro momento contrasta con Achille od Aja
queste ragioni il Nerone che ci presenta Racine non è, né debbe esser quello , che ci ha poi presentato l’Alfieri. L’uno è nell
a del Racine non è quella di Euripide, né il Don Carlo dell’Alfieri e quello del Pepoli, dello Schiller. Così pure differentis
icare le precedenti distinzioni al solo carattere di Catilina. Eccone quello che ci somministra storicamente Sallustio: “ Luci
stituisce il suo carattere permanente, il Catilina del Voltaire non è quello del Crebillon. Ora a ben esprimere la verità di t
le carattere, bisogna non solo conoscere l’originale e lo storico, ma quello bensì che le circostanze ed il poeta gli hanno su
il punto massimo di elevazione, perché i subalterni e minori siano a quello subordinati, in modo che tutti più o meno cospiri
s’incontra, vive ed usa con altri simili in un modo tutto diverso da quello ch’ei lascia; epperò debbe conformarsi a tutte qu
uardi. [17.13] Ancorché in generale il gesto dell’attore tragico sia quello di una conversazione eroica, e segue l’impeto d’u
e e il ripigliare. Se il tuono dell’uno non ha punto di relazione con quello dell’altro, o questo ripete esattamente il tuono
azione con quello dell’altro, o questo ripete esattamente il tuono di quello , che è quanto dire, se l’uno con l’altro non si m
nsiderevoli, in cui l’interlocutore debbe tacersi. [18.3] Il primo è quello in cui si entra in iscena. Non potendo la persona
tudine, l’espressione di tali momenti? Uno dei più belli è certamente quello di Matan nell’Atalia di Racine, allorché, atterri
eterminarne il significato. Così il talento di Garrick gareggiava con quello dello Shakespeare, siccome ad altri tempi il tale
lo dello Shakespeare, siccome ad altri tempi il talento di Roscio con quello di Cicerone. [19.9] Talvolta i monologhi del sec
no le idee e le riflessioni che si succedono e si contrastano. Tale è quello di Amleto nella 3a scena del IIIo atto, il quale
suo Catone, quantunque sia questo più grave, e quale al carattere di quello stoico si conveniva. [19.11] Io non finirei più s
quanto più fosse sensibile e facile ad evitarsi. E perciò in generale quello che richiede la scena dell’Edipo tebano, o del Pr
a più quando tace ed ascolta, il suo studio debbe abbracciare non pur quello che dee sentire ed esprimere quando ei parla, ma
ciare non pur quello che dee sentire ed esprimere quando ei parla, ma quello ancora che dee sentire ed esprimere quando tace.
e ed esprimere quando tace. Ed in che modo si potrebbe eseguire tutto quello che l’espressione dialogística assolutamente rich
or più, or meno elevato od accelerato, e sempre concorde e consono a quello che precede e che siegue, non possono essere accu
bile esprimer bene, cioè con franchezza, con sentimento e spontaneità quello che non si sa o si dubita d’indovinare. L’attore
e pazientemente lo soffre, a sentirsi recitare da cotali rammentatori quello che gli attori vengono via via ascoltando e ripet
o della persona, e col guardo la miglior parte della fisonomia che da quello dipende, non possono simultaneamente accompagnarl
on possono e debbono farlo i nostri attori, che certo non superiori a quello per merito? Si sa che Le Kain consultava sovente
a parte, e fattine più sperimenti davanti a lui, preferiva per lo più quello ch’era dall’altro giudicato il migliore. In quest
al suo perfetto stato. [22.3] Ma l’effetto più grande e mirabile è quello che si raccoglie dall’animo degli spettatori, e c
ttere tragico. Allora non è l’espressione e il merito dell’attore, ma quello bensì del decoratore e del macchinista che si spe
e la scena degenera in uno spettacolo di tutt’altra natura che non è quello cui è destinata. Quindi si formano e si dispiegan
dere i semplici spettatori, che pur si dilettano e si compiacciono di quello effetto, non conoscendo, non trovando altro di me
o il favore, o la meraviglia, o qualunque altro affetto, che non sia quello del terrore e della pietà, e che per conseguente
ammaticale o sintassi. Or come si pretenderebbe esprimere esattamente quello che esattamente non si conosce? E conosciuta che
va assolutamente che essendo il toscano il miglior dialetto d’Italia, quello per l’appunto si dovesse apprendere e praticare,
rofessano gli autori. Il genere di bellezze che cercano gli uni non è quello che procurano gli altri. Amano quelli per l’ordin
questa ragione il carattere della Fedra di Euripide si posporrebbe a quello della Fedra di Racine; e si cercano piuttosto del
alcuno che io pretenda troppo dalla istituzione di un attore, come se quello che ho proposto fosse d’assai superiore alla sua
precedenti cognizioni, più o meno necessarie a sentire o far sentire quello che si voglia declamare, potrà allora esercitarsi
n questa maniera ecciterebbe ancora l’emulazione, assegnando sempre a quello che legge meglio, la parte migliore che sia del s
contratte abitudini si troverebbe esposta ad omettere, o ad eseguire quello che non dovrebbe. [23.21] Imparata la parte si pa
do per l’ordinario di vita, non può eccitare quel grado di passione e quello spirito di emulazione, che pur tanto si richiedon
ndere quegli stessi disegnatori, che debbono concorrere al teatro con quello stesso consiglio, col quale i declamatori debbono
quegli alunni che volessero imitarli o piuttosto emularli. [24.7] Ma quello che potrebbe ancor più estendere e perpetuare il
aveva non avea » 192. » 27. parti da sé parti da re » 203. » 1. e quello del Pepoli è quello del Pepoli » 228. » 20. si
92. » 27. parti da sé parti da re » 203. » 1. e quello del Pepoli è quello del Pepoli » 228. » 20. si presenti si presenta
ni, Paris, Gallimard, 2010, p. 203). L’ordine naturale sarebbe dunque quello che parte dalle qualità sensibili, per giungere p
ria critica de’ teatri antichi e moderni, cit., vol. I, p. 62). Anche quello sull’Andromeda è presente nel testo di Napoli Sig
tori, spesso impiegata per descrivere il teatro settecentesco, specie quello tragico, si infrange se si considera la fertilità
uttosto che altri, egli sottolineava come il criterio non fosse stato quello «[…] di accogliere tutte le tragedie nostre lodev
tragica allieva di Racine, interprete di grandi ruoli femminili come quello di Bérénice, Monime in Mithridate, Atalide in Baz
determinate emozioni e di una corrispondenza tra animo dell’attore e quello del personaggio: «Chi non ha l’animo elevato rapp
lui sarà preso dal sentimento, facendo seguire al pathétique réfléchi quello direct (ivi, p. 836). Louis-Sébastien Mercier (17
stratti dal testo Theorie der schönen Künste (1771-1774). Tra questi, quello dedicato all’Expression (Art théâtral), nel quale
ide il Gesto in Imitativo, Indicativo ed Affettivo. Gesto Imitativo è quello , che contraffà il moto, o la figura di una cosa;
he contraffà il moto, o la figura di una cosa; […] Gesto Indicativo è quello , che dimostra dov’è la cosa, di cui si ragiona, o
i ragiona, o dove se l’immagina chi gestisce […] Il Gesto Affettivo è quello , che dimostra la passione, che in quel punto poss
del dibattito sull’ordine del discorso verbale formulati da Batteux a quello non verbale. Estraneo rispetto al dibattito è sol
uropei. Tuttavia questi gesti si accompagnano a un tratto universale, quello di piegare il corpo in segno di rispetto dell’ogg
ova ad agire, traslando la funzione deittica del linguaggio verbale a quello non verbale. A questo proposito Patrice Pavis ind
tto o della persona in questione e costituiscono, sul piano gestuale, quello che gli ideogrammi sono nel linguaggio verbale. N
artire da un linguaggio che i sordo-muti già possiedono naturalmente, quello dei segni, e che essi utilizzano in relazione a b
_3.11] La prova tangibile della parentela tra il linguaggio verbale e quello gestuale, o meglio, della discendenza primo a par
ale e quello gestuale, o meglio, della discendenza primo a partire da quello di azione, risiede nelle tracce residue che ne te
ano dimostrato la necessità di variatio, che un metro uniforme, quale quello epico, non avrebbe potuto concedere. La declamazi
ra italiana: «Diretto dal medesimo spirito Alfieri non potè tollerare quello stile e quella versificazione o troppo molli o tr
che Dante le aveva impressa. Intraprese a formare il suo stile sopra quello di questo gran poeta che gli sembrava il più dram
erà uno scorrevole e lieve, rallegrato e sereno […] Altro ancora sarà quello dello scoraggiamento, un po’ solenne senza commis
to, Orlando Furioso, cit., canto XI, 35, p. 375. Un giudizio simile a quello su Dante viene espresso da Salfi anche a proposit
ngel, Lettere sulla mimica, cit., p. 384) Tra gli esempi, viene posto quello dell’andatura che segue il succedersi rapido dei
dunque una frase transitoria necessaria perché si possa deliberare se quello che si prova per l’oggetto in questione è odio o
ggiamento crede che assumerà Giulietta in questo momento? Sicuramente quello che mi accingo a descriverle: tenderà l’orecchio
colo pubblicato nel Conciliatore, non era giusto prendere per assunto quello che in tanti affermavano, cioè «[…] che dopo Alfi
desiderio vuole congiungersi all’oggetto che brama o allontanarsi da quello che aborrisce il più velocemente possibile; e tra
cit., p. 25). Su tale questione il punto di vista di Salfi diverge da quello di Lessing. L’attore da lui prospettato si deve a
nare la natura attraverso l’arte. Il massimo momento di genio è anche quello in cui l’attore ha maggiore bisogno dell’arte, in
mente ne colgo, si riduce ad una ragionata disperazione di giungere a quello scopo, a cui miro» (Francesco Saverio Salfi, Salf
ra Napoli e Parigi. Carteggio 1792-1832, cit., p. 109). Il contesto è quello della scrittura di una tragedia di soggetto «barb
disorientante: «Nella fase di transizione dal teatro delle maschere a quello dei ruoli l’attore restò privo di punti di riferi
’Ancora, 1836, p. 10. Il Catilina di Crébillon risale al 1748, mentre quello di Voltaire al 1752. [commento_15.11] Nei suoi M
recede con la voce, cosicché al successivo:Ma che vedo? La sacra sede quello occupa cinto d’armi possa precipitarsi, sgranare
rente ragione. Non vi ha cosa più goffa, e più contraria all’arte, di quello che un attore si presenti senza altro motivo, se
trazione veniva sperimentata anche all’interno di un altro orizzonte, quello del coreodramma, genere portato alla ribalta da S
— confessione — il fazzoletto! Farlo confessare e poi impiccarlo per quello che ha fatto», William Shakespeare, Otello, in Id
ataclisma naturale, come il terremoto che aveva investito le Calabrie quello stesso anno, potesse avere sulla popolazione, egl
introdotto con mal consiglio dal padre del teatro francese, quanto di quello non meno eterogeneo della galanteria di Filottete
ler et le romantisme français, cit., p. 404. Sul Talma, si veda anche quello che scrive Maurizio Melai, il quale fa notare com
54 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »
politica, come si faceva dai Greci, né trovandosi oggimai animata da quello spirito vivificante, che seppero in essa trasfond
lo spirito non rigusta più né il diletto che nasce dalla sorpresa, né quello che viene dal riflesso della loro convenienza. Da
me, i consigli, le discussioni politiche, morali e filosofiche, tutto quello che v’ha nell’umano discorso di tranquillo e d’in
non hanno aperto men fertile campo né meno leggiadro alla melodia di quello che a lei aprissero in Atene i caratteri di Ecuba
il melodramma è per cadere in un grado di depravazipne non diverso da quello in cui giaceva nel secolo passato. Il Cornelio, e
ati. Sarà in ultimo luogo lo sterminio dello stile e della musica. Di quello per la regola generale che la poesia non può fare
esecuzione a questo quanto si disparte dal retto sentiero indicato da quello ai poeti italiani. Il piano adottato dal Calsabig
egrezza, e senza che la loro venuta abbia verun altro oggetto fuorché quello di formar un coro e una comparsa. E trovò egli be
che un giorno di lagrime e di lutto quale dovea essere per gli Argivi quello ove perduta aveano ad un solo tratto pressoché tu
e ed eroico, non è tuttavia sì teatrale né sì atto alla musica quanto quello di Arminia e di Lucio. La cagione si è perché a p
lchè la crisi d’una passione violenta non è più durevole nell’uomo di quello che lo sia in una stagione l’eccessivo rigore del
ell’opera buffa considerato in se stesso è più ferace e più comodo di quello che sia il sistema dell’opera seria per il poeta,
a: ma se da ciò che dovrebbe e potrebbe essere vogliamo argomentare a quello che è, resteremo sorpresi nel vedere che non havv
zie più triviali. «Potrei accomodarmi all’uso corrente d’Italia che è quello di strozzar i drammi di quell’autore, levando via
altre cose che poco o nulla mi rimane per voi. Inoltre le parole sono quello che meno interessa nell’opera e nel caso che voi
e cantato da altri che da loro! Nascerebbe un dissidio poco minore di quello che accese in altri tempi i Geminiani contro ai P
si cammina senza che tali elogi facciano ni piccoli né grandi più di quello che sono coloro che gli fanno o che gli ricevono,
55 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article »
allora in poi fu assai più noto col nome del suo personaggio, che con quello vero di casa, non giunto sino a noi. Fu caratteri
56 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241
che fanciullesche nel sentiero delle lettere. Che secolo maraviglioso quello che si conosce in Italia col nome del Cinquecento
doperavano per l’ordinario il linguaggio latino. Anco ne’ principi di quello ne corse qualcuna pur latina, come la Dolotechne
tro di Vicenza, opera del famoso architetto Palladio, é traduzione di quello di Sofocle. Liviera, Torelli Manfredi, Cavalerino
ni farà piacere e maraviglia a leggitori imparziali. Quid habet? Ecco quello che ha d’eccellente: una fina dipintura delle pas
nero sangue; Or da le tombe antiche, ove sepolte L’alte regine fur di quello regno, Uscir gran simulacro e gran rimbombo Quasi
ecolo XVI la tragedia italiana, cioé un ritratto della greca; e senza quello passo importantissimo, mai non si sarebbero i mod
grandi, e per gli caratteri elevati al di sopra della vita comune. E quello é quello che da’ greci ne imitarono i nostri ital
e per gli caratteri elevati al di sopra della vita comune. E quello é quello che da’ greci ne imitarono i nostri italiani, i q
izione del greco teatro? Non ci hanno essi insegnato tutto ciò che di quello si é poi detto in altre guise di là da’ monti? E
ttezza naturale ben pennelleggiata si cangia in bellezza poetica, per quello che bene osservò Aristotile. Lo stile adunque del
i Bergamo159. Il volgo italiano se ne compiacque per la novità, e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’
i cantavano essi non discordano se non circa il modo. 164. Questo é quello che non hanno giammai saputo osservare tanti crit
istrugge tutte le arti d’immaginazione. Da’ pensatori oltramontani in quello secolo chiamato filosofico si é tentato di annien
scoppiar il colpo ben guidato, e mostrar il trionfo che produce, ch’é quello che tuttoriempie il cuor d’Aquilio. Quanti affett
57 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 350
e di Venezia (N. xxiv) ha parole di encomio e d’incoraggiamento ; per quello , che fu anche direttore della Filodrommatica vene
58 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
uova arena Gallo. Lasciò il 25 il ruolo di prima attrice, per darsi a quello di madre nobile e caratterista. Formò nel '30 in
59 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO VI. Teatri Materiali. » pp. 357-365
el secolo XVII da’ valorosi architetti  ma i più considerabili furono quello di Parma, di San Giovanni Crisostomo in Venezia,
antichi edifizii, appartengono parimente al secolo XVII, a riserba di quello di San Benedetto. Ma niuno di essi sembra degno d
l secolo XVIII innoltrato. Vi su un Teatro in Pavia. In Ferrara vi fu quello di Santo Stefano. Quello di Siena degl’Intronati
60 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 13-20
ermani trattasi dello stato dell’Alemagna ne’ bassi tempi comparato a quello ch’ era vivendo Giulio e Cicerone. Soggetto veram
Didone per artificio di Venere. Circa lo stile egli vorrebbe imitare quello di Virgilio, le cui frasi stesse egli ritiene per
ua fatiga riguardo alla drammatica del secolo XVI; ma nulla di più di quello che io ne avea detto vi ritrovai prima di Opitz.
61 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 850-853
ella Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana. Eccone l’elenco al suo costit
ragico De Blanes 1 º attore comico De Marini Giuseppe Tiranno ( quello che fece Filippo) Tessari Altro 1 º attore Be
ritto di aumentare il prezzo dei palchi e del biglietto d’ingresso, e quello di andar colla compagnia ne’varj teatri comunali
62 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133
tivo, e per la poca corrispondenza del tempo della rappresentanza con quello degli evenimenti. Lo stile del Romolo si risente
introdotto con mal consiglio dal padre del teatro francese, quanto di quello non meno eterogeneo della galanteria di Filottete
iscano tutte le altre. Lo stile della Inès generalmente è migliore di quello del Romolo; ma essa non ha nè la versificazione,
leganza armoniosa del secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di quello , nè nell’elegiaco di questo. La sua immaginazione
ggiati con molta vivacità. Soprattutto è mirabile e veramente tragico quello di Radamisto nella tragedia che ne porta il nome:
ma quanto impertinenti son poi in tale argomento l’amor di Oreste, e quello di Elettra! Contrario è l’amor di Elettra all’ide
attere tramandatoci dagli antichi: intempestivo e senza connessione è quello di Oreste per la figliuola di Egisto. Non per tan
di Edipo il giovane Du Frene che poi divenne assai celebre attore, e quello di Giocasta la valorosa attrice Desmarés. Non ci
autore scrisse in più lettere nel 1719 criticando l’Edipo di Sofocle, quello di Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizi
rattere di Erode, Adriana le Couvreur insigne attrice che rappresentò quello di Marianna, le due persone che compresero tutta
na coppa. L’autore nel seguente anno cangiò questo genere di morte in quello con cui il Dolce in Italia fece morir questa rein
ne con mirabile e colà non usitata naturalezza il carattere di Zaira; quello di Orosmane fu rappresentato da un gentiluomo e n
no, in vantaggio dell’arte drammatica. Noi seguendo il nostro costume quello ne diremo che possa darne la più adeguata idea, n
i per nostri quando ci sembrino giusti. Il Maometto tralle tragedie è quello , che fu tralle commedie il Tartuffo, cioè un capo
, Artaserse, Ipermestra e Barnevel tragedie non meno dure e secche di quello che fu la Pucelle di Chapelain39. M. Saurin comin
ofocle. M. Dupuis ha tradotto il teatro di questo Greco, e M. Prevost quello di Euripide. Lasciamo di parlar punto nè poco di
namenti, le frodi nacquero dal capo di questo tragico come Minerva da quello di Giove. Nè Avogadro fu un lâche che fuggì quand
Merope e della Zaira. Crebillon batteva un sentiero ben differente da quello del Voltaire; e questo valoroso scrittore si diff
63 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 499-500
gli dava spasimo forte e continuo : all’applauso del pubblico mancava quello di suo padre, il quale risentitolo a Roma e a Fir
tinuare, ma si mostrò con lui nel Saul e nell’Otello, lasciandogli in quello la parte del Protagonista, e in questo la parte d
64 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article »
al posto di prima attrice assoluta in una compagnia di gran conto da quello di semplice amorosina, seppe in breve tempo acqui
65 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187
Colin j’ ai sçu plaire, e Je vai revoir ma charmante maîtresse! Ecco quello che dee piacere in ogni tempo; ecco il linguaggio
corda e si cantano drammi burleschi. I tre che si fecero prima sono: quello di Nicolet intitolato i Gran ballerini da corda,
o prima sono: quello di Nicolet intitolato i Gran ballerini da corda, quello di Audinot detto l’Ambigu comico, e quello de l’
i Gran ballerini da corda, quello di Audinot detto l’Ambigu comico, e quello de l’ Ecluse nominato Varietà piacevoli. Gli ulti
66 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Padova, 28 luglio 1674.Venetia, 16 marzo 1675.Venetia, 23 marzo 1675.Venetia, 30 marzo 1675.Venetia, 13 ap.le 1675.Venetia, 20 ap.le 1675. » pp. 28-35
p. cit.), dopo avere detto semplicemente che il ruolo di Ortensia era quello di servetta, come l’Olivetta, la Nespola, la Fran
ono finite le recite con bonissimo guadagno et aplauso universale, et quello che più importa con bonissima concordia fra di no
stra compagnia, si ritrova di presente in Venetia, et desidera sapere quello ha da esser di lui, mi ha pregato che io ne dia p
re e pad.ne Col.mo Il Sig.r Capitan Beretta sarà da me impiegato in quello conoscerò profitevole per il bon servitio di S. A
67 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702
mio servitore a Mantova acciò che questa mia le giunga più presto di quello che farebbe per la posta, prego l’A. V. a favorir
magiore, mi honori dunque di porre nella lettera che la ragazza faci quello che viene a bisogno come l’anno passato, non cono
to che goda etcetera. Scusi per gratia del troppo ardire e mi conceda quello che ò dimandato, accompagnato con una lettera di
nia della S.ra Lavinia che va prima di noi a Firenze, tutti affermono quello che dice l’A. V., che in quel tempo non faranno n
68 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « CORREZIONE AL TOMO IV. »
isogna di dichiarazione. L’Incarnazione non ha altro simile coro come quello della R. Cappella; ma fra’ Sacerdoti che vi offiz
69 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 941
on vi riuscì. Antonio Fracanzani aveva mutato il suo nome italiano in quello di De Frécansal. Il Campardon riferisce una quere
70 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 185
istampolla il '15, dovendosi recitare al Teatro Rangoni di Modena, da quello stampatore Bartolommeo Soliani, intitolandola sol
71 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
do del teatro libero, si recò a Milano, e vi fece grande incontro. In quello stesso anno l’Elettore di Baviera aveva licenziat
72 (1772) Dell’opera in musica 1772
significato alcuno, e tal altra prende un significato tutto opposto a quello che hanno le medesime parole nell’ordine, che ad
nte parlando, più generali: «Lo scopo di questo trattato — scrive — è quello ch’io posi fin da prima in veduta: il dimostrare
ostrare quanta dipendenza abbiano dagli spettacoli, e massimamente da quello dell’opera in musica, il gusto delle arti e ‘l co
ivilegiare i recitativi: Lo stil teatrale ama il canto parlante, non quello di gorgheggio. Volete voi un potentissimo specifi
a, sotto pena d’essere cuculiato [sbeffeggiato] a doppio» (IV.II.13); quello stesso canto deve essere in ogni parola intellegi
ttà d’Europa» (VI.II.11), torna più volte in queste pagine, insieme a quello del poeta e storico Louis de Cahusac, che aveva t
desiderato che gl’Italiani scrittori, rifinando oggimai di ripeterci quello che tante volte e da tanti secoli ci è stato inse
te dell’opera comica musicale. [Pref.6] Lo scopo di questo trattato è quello ch’io posi fin da prima in veduta: il dimostrare
ostrare quanta dipendenza abbiano dagli spettacoli, e massimamente da quello dell’opera in musica, il gusto delle arti e ‘l co
a antichità) descrivendo l’antico teatro de’ milanesi, attesta che in quello erano da istrioni cantate avventure di principi e
dare al publico sì fatti solazzi. Qual dramma fosse stato cantato in quello del 1304 nol lasciarono scritto i mentovati stori
e esso fu allora presentato dal Botta, potea fargli accorti non esser quello il primo che l’Italia vedesse. Niuna opera dell’a
l’aurora del corrente secolo, che secondo un valentuomo può chiamarsi quello del buon gusto, cominciarono a distinguersi i gra
one; alle quali facultà un’altra aggiugner si suole, non essenziale a quello spettacolo com’è ciascuna delle annoverate, ma di
debbono seguire il cammino di quella, e che il fine a tutte comune è quello stesso a cui tende la poesia, la quale nell’opera
etti: e quando noi ce ne sentiamo effettivamente mossi, diciamo esser quello un bel pezzo d’eloquenza. [Sez.I.3.1.2] Furono q
dall’armonia de’ colori. Estetico adunque delle belle arti io chiamo quello artifizio ch’esse adoperano per piacere a’ nostri
[Sez.I.3.4.1] Abbiamo già definito l’estetico delle belle arti per quello artifizio che adoperano a fine di piacere a’ nost
come altrove si mostrerà. Né solamente l’estetico di tali facultà, ma quello ancora della natura prende origine dalla simmetri
secondare la propria natura? E qual altro dolore dar gli si può, che quello d’occuparlo d’un’idea sterile, la quale, non most
empio un poetico verso il mio spirito s’accorge che della totalità di quello egli può, se vuole, venire in cognizione della gr
pata. Ma già dell’estetico delle belle arti, e del piacere proprio di quello , lungamente ci siamo trattenuti. Dal lor patetico
[Sez.I.3.6.1] Fu da noi definito il patetico delle belle arti per quello artifizio ch’esse adoperano per muovere le nostre
e nelle regole di ben imitargli, presentandogli al nostro spirito in quello aspetto, nei quale più che in altro lo moverebber
iriggere il cammino ch’esse debbono tenere, dappoi che si sarà veduto quello della poesia. Cap. I. Dell’estetico del melodra
etico delle arie in questo dramma ha più bisogno d’attenzione che non quello de’ recitativi, dalle arie cominceremo. [Sez.II.
per sua guida. Il primo si è che un verso qualunque ben si accoppia a quello ch’è uguale alla prima sua parte. Veggiamone l’ap
zzi le leggi d’amor. [Sez.II.1.2.12] E poiché il novenario ancora ha quello accento necessario sopra la terza, sarà anch’esso
uo gusto. Cap. II. Del patetico del melodramma. Sua differenza da quello dell’antica tragedia. [Sez.II.2.0.1] Già altr
Perciò il protagonista dell’antica tragedia ci attacca assai meno di quello del melodramma. Il nostro cuore non siegue con ta
esto interesse, piuttosto che diminuire, tanto più cresce, quanto più quello è sublime; massimamente quando in esso si veggano
sso qualunque vizio, anzi che piacere, rincrescerebbe oltremodo, come quello che o direttamente o indirettamente impedirebbe l
, particolarmente se in esso poco spirino quelle virtù, come il più è quello de’ protagonisti Greci. In oltre un carattere sov
avesse ammesso un minor numero d’atti, non avrebbe rotto sì spesso in quello scoglio. [Sez.II.6.0.4] Di qui si vede aver legi
questi lodatori della sola antichità poteano pur riflettere non esser quello un diletto del melodramma, ma sì di que’ composit
rovino sul procinto di separarsi. Il poeta si è talmente investito di quello stato, ch’egli ha cavato dal suo cuore quel medes
drammatica passione, lo stile non sarà più così alto; ed a misura che quello crescerà, questo vuole andar decrescendo, finché
o sonoro produce nell’aria che lo circonda un ondeggiamento, simile a quello che produce nell’acqua d’un lago l’urto d’un sass
ti in ciò differiscono tra loro, che questo dell’acqua circolarmente, quello dell’aria sfericamente si diffonde, esercitando l
sione, ma ancora qual sia, se lo sdegno, o l’allegrezza, o il timore, quello onde vien posseduta. Gli antichi oratori distingu
dimeno porto opinione (che che se ne debba parere a’ profondi fisici, quello che non son io) che la musica abbia un’azione anc
o in cui s’incontri per casualità un tuono, che faccia consonanza con quello che risuona attualmente. Ma noi sperimentiamo tai
nfermata dal dominio che gode la musica sull’animo umano, maggiore di quello che altra qual si voglia facultà ne fa sperimenta
enderono il patetico dell’antica musica così regolare e così certo, e quello della moderna sì incerto e sì disordinato. La pri
e sì disordinato. La prima è la differenza dell’estetico dell’una da quello dell’altra. Una musica che faccia pompa d’un este
a da’ nostri filosofi, non potè il suo patetico profittar molto, come quello , che non può senza la scorta della filosofia anda
ti in queste considerazioni sulla musica antica e moderna, perciocché quello che abbiamo su tal suggetto osservato, gioverà a
orecchio. Ma oltre che questo piacere è ben insipido, in confronto di quello che ne verrebbe dal movimento del cuore, egli è u
legge [Sez.III.2.3.1] Lo stil teatrale ama il canto parlante, non quello di gorgheggio. Volete voi un potentissimo specifi
della musica vocale vuol essere più sobrio e più severo assai che non quello della stromentale. [Sez.III.2.3.3] Mai però più
o da dieci virtuosi in dieci diverse sembianze apparisca, né più sia, quello che uscì della penna dell’autor suo. Ma il freno
ndi, essendo sempre l’affetto che regna nella prima scena, diverso da quello che regna nell’ultima. Rechiamo in mezzo un esemp
, e ch’egli da sé medesimo si potea ben’ accorgere quanto mal sonasse quello «Ah, giusti non fate» condannato a stare sì lunga
significato alcuno, e tal altra prende un significato tutto opposto a quello che hanno le medesime parole nell’ordine, che ad
usica nello stile medesimo in cui è composta tutta l’aria, non già in quello che converrebbe alla passione a cui esse apparten
fa l’inesperto compositore? Qualora s’avviene in tali parole sospende quello stile concitato che l’aria esigea, cangia tempo,
derei da essi nel venire all’opera in musica qual piacere vi cercano: quello che nasce dalla mozion degli affetti o quel dell’
i o quel dell’udito, ancorché a costo del primo? Se si dichiarano per quello che ne deriva dalla commozione del cuore, l’unico
le più colte nazioni attesero in ogni tempo da’ teatri, questo esige quello stile energico e breve, che noi abbiamo finora in
llezza. [Sez.IV.1.0.2] La pronunziazione adunque mette sotto i sensi quello che la parola presenta all’intendimento. E poiché
o. E poiché ciò che fa impressione su’ nostri sensi, più ci muove che quello che va dirittamente allo spirito, perciò in quest
ide il gesto in imitativo, indicativo ed affettivo. Gesto imitativo è quello che contraffà il moto o la figura d’una cosa; com
effetti se ne volesse avventare una allora allora. Gesto indicativo è quello che dimostra dov’è la cosa di cui si ragiona, o d
no diretti gli occhi e le mani del gesteggiante. Il gesto affettivo è quello che dimostra la passione, che in quel punto possi
anci adesso alquanto più particolarmente sul gesto affettivo, siccome quello , ch’è il più nobile, il più eloquente e che fa il
sto paragrafo con qualche riflessione sul gesto muto. Il gesto muto è quello che non è accompagnato dalla parola. Esso apparti
e obbligazione di badare a chi parla e di gestire, non è solamente di quello attore a cui è diretta la parola, ma è obbligazio
dispensare, come segnalatissime grazie, saluti e ghigni. O pure crede quello il tempo di rassettarsi il guanto, di tirar giù l
: pensate poi se un attore. Egli quando tace debbe aver gli occhi o a quello che parla, o dove gli esige la passione e ‘l disc
figura, egli fa consistere la sua principale attenzione in isceglier quello che meglio esprima la passione dell’eroe della su
dell’Albani87, spieghi non solo ciò che il personaggio allora fa, ma quello ancora che ha fatto, e quello ch’è per fare. E qu
lo ciò che il personaggio allora fa, ma quello ancora che ha fatto, e quello ch’è per fare. E quest’unico gesto è talora sì fe
o il Bourdaloue a quale de’ suoi sermoni egli desse la preferenza – A quello che ho meglio a memoria - rispose il grande orato
di quella, ve gli possa discernere, e confessi l’abito rassomiglare a quello della nazione, del tempo e della condizione del p
come usano allora le nostre dame: anacronismo in vestitura, simile a quello che in pittura commise il Tintoretto, armando di
’estetico dell’arte sua. Il colore degli abiti vuol essere diverso da quello della scena, ma sì che facciano insieme armonia.
piazza, una foresta ecc., tutte cose che esigono ben altro spazio che quello d’un proscenio, per grande che sia. Dovrà perciò
ola del Pozzi, e credendo con un motteggio di tirarsi egregiamente di quello imbarazzo, si obbliga a rifar tutto a sue spese,
pittore que’ libri che insegnano il modo di dipinger le scene, com’è quello di Nicolò Sabattini, intitolato: Pratica di fabbr
igura di campana a un edifizio destinato a un effetto tutto opposto a quello del mentovato stromento. La campana ottenne quell
gure d’un egual perimetro il cerchio comprende uno spazio maggiore di quello di qualsivoglia altra e mette i palchetti in dist
immetria ch’ella osserva tra’ vari tempi de’ suoi movimenti, simile a quello della musica metrica e della metrica poesia. [Sez
, assegnando a ciascun membro il sito che più gli è vantaggioso (cioè quello che rende più agevole il discernimento delle ragi
priamente detta pantomimo. Tre sono le spezie di pantomimo: il serio, quello di mezzo carattere e ‘l grottesco. Il pantomimo s
ltro intervenga. E dall’altra parte il ballerino additerebbe al poeta quello che non si può graziosamente esprimere colla danz
a se non l’eroico pantomimo, unito, quando lo richieda il suggetto, a quello di mezzo carattere. Il pantomimo grottesco debbe
, si è che nel ballo teatrale non deve entrar mai il ballo alto, come quello ch’è incapace di servire all’imitazion degli affe
a classe, quasi inseguendo le fiere, se n’entrava pel luogo opposto a quello ond’era uscita. Entrata questa, usciva la seconda
si da prima, ma dalla lontananza impiccioliti; e l’occhio, sedotto da quello inganno, mostrava gli oggetti in una distanza mar
troppo alta né troppo bassa né pingue né magra, perché con gli accada quello che ad alcuni del suo mestiere intervenne sul tea
o, il buon ordine che si richiede nel luogo della rappresentazione e, quello ch’è dilicatissimo oltre a ogni altro, il costume
ligenza in un affare di tanta dilicatezza, il suo primo pensiero sarà quello di esaminare colla più accurata esquisitezza il l
tra que’ libri stessi che hanno avuta più fortuna e più voga, qual è quello che si sappia per lo senno a mente, come avviene
anzi quanto può amabile il carattere di quel giovane, e dispregevole quello di Simone suo genitore, affinché la colpe del pri
ti naviganti, esprimer volle l’antichità in uno, e quel predominio, e quello abuso. [Sez.VII.3.0.9] In ordine poi alle person
o contribuirà moltissimo al progresso della publica costumatezza ed a quello delle belle arti. Commento Prefazione
i legno, rovinò per essere troppo carico di persone che erano corse a quello spettacolo, egli non vi morì, come molti altri fe
ente del nuovo stile monodico, contribuì sia al genere profano, sia a quello sacro. Non de La disperazione di Sileno (come scr
a di gloria, siami lecito il dire, che una tale invenzione, almen per quello che s’aspetta alla musica de gli strumenti, si de
e scenografo, realizzò importanti allestimenti, tra cui si ricordano quello per Aridosia di Lorenzino de’ Medici (1536) e per
on niego io già che l’entusiasmo di questa sia per lo più maggiore di quello degli altri generi di poesia, cioè che la commozi
: «bisognarebbe formare le figure operanti, che si conoscesse in fare quello che fa, quello che anco ha fatto, e che sono per
formare le figure operanti, che si conoscesse in fare quello che fa, quello che anco ha fatto, e che sono per fare» (a propos
a, a Torino, a Ferrara: tra i suoi allestimenti teatrali si ricordano quello per La virtù in trionfo o sia la Griselda di L.A.
icare [nella tragedia], visto che non lo è la danza [òrkesis] ma solo quello degli attori scadenti, il che appunto si rimprove
o atto proprio alla loro operazione, in modo che vedendoli tu intenda quello che per loro si pensa o dice, li quali saran bene
o contribuirà moltissimo al progresso della publica costumatezza ed a quello delle belle arti. 1. Vedi A. Planelli, Dell
on niego io già che l’entusiasmo di questa sia per lo più maggiore di quello degli altri generi di poesia, cioè che la commozi
4. Alcuni drammi ne fanno essi medesimi testimonianza. Verbigrazia in quello di S. Barbara è scritto: «Reciterem con dolci voc
clemente, onesta e pia noi possiam recitar con dolce canto etc.». In quello di Stella : «Carità, fede, speranza ed amore / co
ciocché le funzioni vitali in un corpo situato orizzontalmente qual è quello de’ bruti non hanno bisogno di tanta forza di qua
ulla Drammatica nazionale, ò avuto il contento di trovarlo conforme a quello del Cavaliere Riccardo Steele, il quale nel suo T
73 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42
iti principali del Varchi, debbe il giudizio di un nemico prevalere a quello degl’indifferenti? a quello de’ contemporanei e d
ebbe il giudizio di un nemico prevalere a quello degl’indifferenti? a quello de’ contemporanei e de’ posteri? a quello de’ buo
quello degl’indifferenti? a quello de’ contemporanei e de’ posteri? a quello de’ buoni Francesi? a quello di M. de Voltaire Tr
uello de’ contemporanei e de’ posteri? a quello de’ buoni Francesi? a quello di M. de Voltaire Tragico insigne? “Essa è nobile
6.” Bel bello, Signor mio, che Voi fate certi salti più prodigiosi di quello di Alvarado nel Messico. Dite, ora avendo egli co
di Spagna. Egli è forse permesso agli Apologisti il recare per pruova quello appunto che si contrasta? E perchè non additare a
e, ha nociuto o alla naturalezza, o al patetico, o alla maestà che in quello si ammira. E quante bellezze non ha egli perdute
74 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252
elle de’ seguaci di Gottsched fecero nascere in Germania due partiti, quello degl’ imitatori di Cornelio e Racine scrupolosi o
imitatori di Cornelio e Racine scrupolosi osservatori delle regole, e quello de’ seguaci di Shakespear ed Otwai anche nelle mo
. Interessante è pur il di lei dialogo col figlio. Secondo me Weiss è quello che ha portata la tragedia reale in Alemagna al p
oli nel carattere del signor Gergone, e ritrasse al vivo i secondi in quello del signor Rima-ricca. Il buon tuono, la piacevol
scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo, perchè (come egli stesso bene osserva
dioso, detestabile è il carattere dell’empia Marwood, e rassomiglia a quello di Milvoud del Barnwelt Inglese; ma perchè lascia
ni tedesche si fanno in Vienna in un altro teatro ancor più grande di quello di corte. I teatri dell’opera e della commedia na
75 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »
tagonista. Il repertorio della Compagnia non era per nulla diverso da quello di altre di maggior grido. Un po’di Goldoni, d’Al
76 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 1045
, Alamanna, formò con lui società, passando dal ruolo di brillante in quello di caratterista e promiscuo, ch’egli sostenne con
77 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 155
imi, formò compagnia con la moglie, ch'era salita e con molto onore a quello di prima donna, resuscitando le commedie di Goldo
78 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
ggio di Signor Pasquino, uomo ridicolo, schizzinoso e affettato, e in quello di ubbriaco. Giuocatore espertissimo di bigliardo
79 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 282
capocomico, or solo ora in società, passando dal ruolo di brillante a quello di generico primario. Vittorio Pieri non eredit
80 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
suo posto, acclamatissimo, davanti ai pubblici più rigorosi, compreso quello del Manzoni di Milano.
81 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 384
e tre mogli, migliori de'quali i due della terza Salvatore e Giulia : quello primo attor giovane e primo attore di assai buone
82 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 530
ando poesie sconclusionate. – Fortunatamente non restò lungo tempo in quello stato di alterazione, e viveva ancora tranquillam
83 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 596
di Cenide, giovine selvaggia indiana ; ma il suo ruolo ordinario era quello di Colombina, pel quale non parve secondo il cron
84 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 18-20
el Duca. Si trattava, in una scena, di riconoscere se un ritratto era quello del sovrano ; ed egli : « è lui, è lui. E chi non
e avremo l’indole di questo suo porgere, ne parrà di aver fatto tutto quello che da noi si può meglio in limiti si angusti. A
85 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. » pp. 2-8
ncora il Teatro di Merida, accompagnato dalle necessarie citazioni, e quello estemporaneo eretto da Cornelio Balbo in Cadice,
averne avuto contezza, nè poi l’Apologista cita veruno scrittore per quello di Clunia. Nè anche egli ebbe notizia, a quel che
hi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltanto che a me appartiene. Accenno però di pas
86 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 77-87
ermani trattasi dello stato dell’Alemagna ne’ bassi tempi comparato a quello che era vivendo Giulio e Cicerone. Soggetto veram
Didone per artificio di Venere. Circa lo stile egli vorrebbe imitare quello di Virgilio, le cui frasi stesse ritiene per quan
ua fatica riguardo alla drammatica del secolo XVI; ma nulla di più di quello che io ne aveva detto vi ritrovai prima di Opitz.
87 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622
non sapendo in che haueuano errato d’haver vn tal affronto : rispose quello , che certi gli haueuano detto esser la Comedia az
ser la Comedia azzione di peccato mortale, e che gli aueuano mostrato quello , che ne scriueua il loro Arciuescouo : i Comici c
Che fosti in Cielo ordito Per man de l’infinito E sempiterno Amor, di quello stame, Che il viuer volge ancora, Tal che a sciog
88 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 613
oi anni agiatamente e in pace col danaro lasciatogli dal padre, e con quello da lui guadagnato. Ma recatosi a Vicenza per sost
89 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111
vo, e per la poca corrispondenza del tempo della rappresentazione con quello degli evenimenti. Lo stile nel Romolo si risente
introdotto con mal consiglio dal padre del teatro francese, quanto di quello non meno eterogeneo della galanteria di Filottete
iscano tutte le altre. Lo stile della Ines generalmente è migliore di quello del Romolo; ma essa non ha nè la versificazione n
leganza armoniosa del secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di quello , nè nell’elegiaco di questo. La sua immaginazione
ggiati con molta vivacità. Soprattutto è mirabile e veramente tragico quello di Radamisto nella tragedia che ne porta il nome:
ma quanto impertinenti son poi in tale argomento l’amor di Oreste, e quello di Elettra! Contrario è l’amor di Elettra all’ide
attere tramandatoci dagli antichi; intempestivo e senza connessione è quello di Oreste per la figliuola di Egisto. Non per tan
di Edipo il giovane Du Frene che poi divenne assai celebre attore, e quello di Giocasta la valorosa attrice Desmarès. Non ci
autore scrisse in più lettere nel 1719 criticando l’Edipo di Sofocle, quello del Cornelio ed il proprio, o ciò che in una ediz
rattere di Erode, Adriana Le Couvreur insigne attrice che rappresentò quello di Marianna, le due persone che compresero tutta
na coppa. Nel seguente anno l’autore cangiò questo genere di morte in quello onde Ludovico Dolce in Italia fece morire questa
a Merope e della Zaira. Crebillon battè un sentiero ben differente da quello del Voltaire, il quale meglio si diffini da se st
ne con mirabile e colà non usitata naturalezza il carattere di Zaira; quello di Orosmane fu rappresentato da un gentiluomo e n
no, in vantaggio dell’arte drammatica. Noi seguendo il nostro costume quello ne diremo che possa darne la più adeguata idea, n
i per nostri quando ci sembrino giusti. Il Maometto tralle tragedie è quello che fu tralle commedie il Tartuffo, cioè un capo
Artaserse, Ipermestra e Barnevel, tragedie non meno dure e secche di quello che fu la Pucelle di Chapelain. Vedasene un saggi
e; Du Puis tradusse il teatro tutto di questo gran tragico; e Prevost quello di Euripide. In ambidue questi scrittori si desid
, le frodi nacquero dal capo di codesto pseudotragico come Minerva da quello di Giove. Nè Avogadro fu un lâche che fuggì quand
benchè non molto vivace; il carattere di Teseo è dipinto con nobiltà, quello di Medea con molto vigore, se non che ostenta sov
spetti tu ad abbandonare una dimora indegna, dove il solo interesse è quello della nobiltà, dove la voce dell’orgoglio copre l
ovuta ad un reo di stato; e questo silenzio diventa nobile al pari di quello del Conte di Essex. Ben diversa è l’azione della
sposare. Ciò niuna infamia a lei apporterebbe ed il pubblico saprebbe quello stesso che il padre non ignora. Il bivio dunque c
90 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117
le, chi sa, forse la Loro Augusta protezione nel suo prossimo parto ; quello che, non condotto a fine, doveva, sei mesi dopo,
(Lett. 62). 2. La morte sola può vietar al pensiero, che non pensi a quello , ch’egli vuol pensare : infelice mia sorte, poich
oso desire in me raccende. Dura legge d’Amor ! dunque conuiene Ch’ami quello in altrui, che’n questo altero Fù la sola cagion
di Parma, trascritto con ogni nitidezza di caratteri dall’originale, quello forse che è fra le opere di lui in sedici volumi
ona de i precetti del recitare, et de i modi del uestire, et di tutto quello che generalmente apartiene a gl’ histrioni con mo
uenuti : sedete. Mass. Vi hauremo forse disturbato, essendo uoi per quello che comprendo, intento a conteggiare. Ver. Nò ue
eri i successi, che se gli rappresentano, sapendo l’ascoltante prima, quello che hà a dire et a fare il recitante, li par poi
no d’ hauer parti ; siano instrutti del soggetto di essa, o almeno di quello che a lor tocca. imprimendo a tutti nella mente,
u che altro importa, et poi cerco che siano di aspetto rappresentante quello stato, che hanno da imitare piu perfettamente che
ce squillante per natura, o almeno atta con un falsetto tremante, far quello che si richiede in tale rappresentatione. De le f
er certo è impresa grauissi-ma. Ma per farui solo intendere, parte di quello che faccio io intorno a Recitanti, dico, che è da
 ; ma finito quel ragionamento, che cotal atto richiede, rimouersi da quello , et trouarne un piu proprio al parlamento che seg
 : se colui che la conduce, sara galant’ huomo, da sapersi seruire di quello che ci hà, et ualersi di alcuni drappi intieri, e
ire alla intention sua : ma circa al uestir i pastori, si haurà prima quello auertimento, che si è detto anco conuenire nelle
spettacoli pastorali, poi che generalmente il uelo suentoleggiante, è quello che auanza tutti gl’ altri ornamenti del capo d’u
piu gentili, con collari vaghi, et copertine leggiadre. e per finire quello , che a me pare a questi poemi conuenirsi, dico ch
uali si trattarà poi ragionando de gl’ intermedij uesibili] dico, che quello che in persona del poeta fauella ; ha da rizzare
si anco per che il poeta [come ui cominciai a dir hieri] si serue di quello interuallo, nel dar proportione alla sua fauola.
91 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article »
risce per pudore che le quartine e la prima terzina, per la recita di quello Zibaldone a trasformazioni, delizia delle prime d
92 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Bologna del Monastero S. Mattia li 27 Gennaro 1689. » pp. 170-
r moglie e cinque figlioli et al presente maggiormente sfortunato per quello che sono certa cioè della moglie che mesi souo ui
93 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 277
il 1826, il ruolo di prima donna a sua figlia Amalia, passando essa a quello di madre nobile, sino al '34, anno della morte di
94 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 310
u assunta al grado di prima donna assoluta, ed egli, infelicemente, a quello di generico primario. La rivoluzione delle Cinque
95 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 11-12
liere dell’ Italia, il famoso Goldoni, a cui egli è debitore di tutto quello che al mondo possede. Sprezzatore dell’altrui mer
. Forse l’uno e l’altro esagerarono le tinte ; ma io credo assai meno quello di questo. La chiusura dell’articolo del Piazza,
96 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 642-645
llerina, a cui aggiunse nel 1759, dopo l’allontanamento di Corallina, quello di servetta. Eseguì l’agosto del 1760 con una ve
le testimonianze del valore artistico di Cammilla mi piace di riferir quello di Carlo Goldoni. Nel Capitolo II del vol. III de
97 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415
no Partesana da Francolino, a differenza del Bagliani che aveva preso quello di Forbizone da Francolino, sotto il qual nome G.
mela secondo l’ordine, et così ancor io vado agumentando et crescendo quello ch’io sono obligato per mia parola d’appresentare
, di Persuasione allo studio, di Consiglio Generale. Scelgo il terzo, quello della persuasiva allo studio L’è l’hom al mond s
he non gli vien lasciato altro, che ’l semplice nome. Ditemi, e chi è quello il quale possa trattare senza sdegno, con uno, ch
que (secondo il mio senso) questo così gratioso personaggio direi che quello il qual si dispone di portarlo in iscena, si form
ero dunque in quell’ età esservi favole sceniche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi. Le parole del Petrarca
98 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291
ccidenti di Celia tirano verso di lei l’interesse della favola più di quello che vien concesso ad un episodio. Il lettore s’in
’atto I, in cui si spiega l’origine della festa di Arcadia: curioso è quello dell’atto III degli amori di Logisto colla Maga c
a in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo. Una legge condanna a morire sommerso
ne il perdono e la sua bella Clori. I caratteri sono ben sostenuti, e quello singolarmente della finta Megilla ha una nobiltà
99 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143
ccidenti di Celia tirano verso di lei l’interesse della favola più di quello che vien concesso a un episodio. Il lettore s’ in
ll’atto I, in cui si spiega l’origine della festa di Arcadia: curioso quello dell’atto III degli amori di Logisto colla Maga c
a in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo. E’ scoperto dalle ninfe d’Arcadia per
il perdono e la sua bella Clori. I caratteri vi sono ben sostenuti, e quello singolarmente della finta Megilla ha una nobiltà
100 (1715) Della tragedia antica e moderna
si inseriscono in un itinerario odeporico perfettamente coerente con quello annotato da Ubertino Landi nel suo diario, che pa
to contro il classicismo oltranzista (dei vari Lazzarini e Dacier42), quello della seconda sessione impugna le pretese gravini
i che io credo smarrite ancora le ceneri? [1.15ED] Certamente io dirò quello che io lessi aver detto, benché mal a proposito,
i feci recare in Eubea due tazze, l’una del vino di Lesbo, l’altra di quello di Rodi, e che gustatone di ambidue, fu il primo
a. [1.25ED] Ed ecco quanto io posso addurti per render più verisimile quello che io ben m’accorgo te credere tuttavia ostinata
e io ne giudichi, però ti prego a non curarti del mio giudicio, ma di quello dell’università de’ letterati, che difficilmente
de’ Medici sono i prototipi delle corporature umane imitate; e felice quello che sa più degli altri accostarsi a questi perfet
se al secolo del tuo sì grande Alessandro e, se il vogliamo, anche a quello delle maggiori repubbliche, coteste cose erano co
aricatura d’un gobbo canuto che gridava: «Oh bello!» ad ogni parola e quello era io: guardami bene ed esamina se sotto questa
filosofi che da nessun altro rispetto si lasciano indurre 0se non da quello del vero o di ciò che essi apprendon per vero. [1
tale giureconsulto filosofante ha scritto quel che ha sentito e sente quello che ha scritto. [1.103ED] Tu aspetti intanto che
sso dunque sotto silenzio il giudicio, rimettendovi l’uno e l’altro a quello del popolo. [1.107ED] Sin ad ora le tue sono usci
ncipi che, esaminando le proprie coscienze, trovino vero in sé stessi quello che vedono rappresentato in altrui, e il popolo c
mente s’incontri; e così sempre avverrà, qualora un affetto opposto a quello che noi aspettavamo inaspettatamente si sveli. [1
i Savona: [1.147ED] — Non so se veramente mi lasci sedurre a crederti quello che tu mi racconti dell’esser tuo, ma non posso g
inazione dell’uditore tanto intervallo di tempo che preso insieme con quello che si consuma rappresentando non ecceda le venti
2.10ED] Ciò eseguito, ridussi per ammaestramento de’ posteri a regola quello che più eccellente veniva riputato nelle medesime
ono già costoro che l’azione segua in un luogo rigoroso, mentre tutto quello che si racconta dai nunci certamente succede fuor
luogo seguisse: così sarebbe più meravigliosa senza alcun dubbio; ma quello che trapassa i termini del possibile è mostruoso
osa di luogo in ciò che si vede. [2.52ED] Tanto meno la ritroverai in quello che non si vede, perché le cose seguite fuor dell
to luogo di più luoghi composto, non più distanti l’uno dall’altro di quello che l’andare e il ritornare richiede nel tempo ch
on ogni ragione si vagliono; imperciocché Virgilio ripone la pompa di quello spettacolo nella mutazion della scena, cosa la qu
io d’intrattenerlo, essendo io troppo allora distratto nella vista di quello smisurato arsenale ove e negli edifici architetta
loro più rinomate tragedie, ma nelle nostre e (se a me lice parlar di quello di che doverei forse tacere) nelle mie se ne trov
naggio cupamente pensoso, a qual si sia costo diletterebbeci il saper quello che sta ruminando? [3.21ED] Ora un tal piacere, c
glia ci siamo avvezzi ad immaginarci che l’attore non debba ascoltare quello che noi ascoltiamo ed, in grazia della necessità,
dee esser brevissimo, perché o fosse borbottare o fosse mero pensare quello del personaggio che col personaggio compagno sta
ile che io m’arrenda a coloro che han per costume di ridersi di tutto quello ch’essi non fanno se tu non ti metti dal loro par
ono non brevi negli Orazi del Cornelio, ed uno ancor nel suo Cid, per quello che su due piè mi sovviene, sicché di esempli a t
ora poteva ben cicalare l’attore che l’uditorio dovea immaginarsi che quello parlasse da sé e che parlasse in maniera che colo
a e Xifare di lui figlio, questa viltà di passione me lo disfà più di quello che l’han disfatto i Romani, e d’un terribile vec
erai nel difetto che sin ad ora ho perseguitato io ne’ moderni, né in quello che tu perseguiti negli antichi. — [3.88ED] — Io
iglia, che lo vede far da signore sul suo signore, questo disprezza e quello quasi venera ed ubbidisce. [3.89ED] Egli è uopo c
visto il teatro greco ed il teatro latino folti di donne non meno di quello che sien oggi il franzese, l’italiano, lo spagnuo
tteva in una stravagantissima soggezione ed era di rispondere a tutto quello di che interrogavano, e molte volte interrogavan
a che nel maneggio delle cose celesti appar così grande come Luigi in quello delle terrene. [3.118ED] Han qualche proporzione
ene e maestose verdure, fra le quali occupa il posto più riguardevole quello delle Tuillerie. [3.131ED] Là riconoscerai facilm
he non men grande apparisce nel lavoro terribile dell’elefante che in quello della breve, leggera e dipinta farfalla, anche ne
a veder uscire Agamennone. [4.26ED] Le due ore che si consumarono in quello spettacolo mi parvero due momenti, tanta era la c
lo non ho trovata cosa che me l’abbia fatto apparire molto diverso da quello che io me l’era già figurato in leggendolo e in d
a mia patria. [4.31ED] Io temeva bensì di qualche fracasso, ma non di quello che ormai comincia ad assordarmi, perché io crede
te spondei, con questa legge che da uno dattilo con uno spondeo che a quello succeda sia terminato. [4.42ED] Ma di una parland
iò lo fate anche a costo di spezzar la parola impropriamente, come in quello : Nemica naturalmente di pace. [4.56] Fatta ques
cortigiano prosaico non s’accorga alla corrispondenza delle desinenze quello esser verso, perché la vostra essenziale armonia
re in parte dell’altro susseguente; formiamo dunque così l’argomento: quello è verso che ha una sostanziale armonia inseparabi
o ora su la stessa proposizion generale un altro argomento e diciamo: quello è verso che ha una sostanziale armonia inseparabi
ED] Posti questi due argomenti, insorgerò nella seguente maniera: per quello che mi è concesso, quello è verso che ha una esse
enti, insorgerò nella seguente maniera: per quello che mi è concesso, quello è verso che ha una essenziale armonia inseparabil
ui non riflettono, ma alla quale inevitabilmente consentono, si è che quello solamente sia verso in vostra lingua che ha rima.
o dell’armonia, quando almen vi resti la rima, che poi al dispetto di quello studiato interrompimento ci faccia conoscere il v
163ED] Se il nostro giureconsulto non lascerà la poetica, gli avverrà quello che sarebbe avvenuto all’architetto franzese, se
conciossiaché il secolo di Leon Decimo fusse solo una ristorazion di quello il di cui elegantissimo stile fu dagli scrittori
o giureconsulto quando asserisce che lo stato della lingua italiana è quello de’ rimatori e poi condanna la rima. [4.174ED] Pe
o sopracitato non è meno alieno dalle mie sentenze nella filosofia di quello ch’io sia dalle sue nella poetica. [4.202ED] Abbi
nzesi ne fanno delle cattive, nelle quali cantano tutto.» [5.33ED] Ma quello ch’ei pronunzia de’ suoi nazionali puoi tu disten
ito stuzzicare a compiacermene e me ne son compiaciuto; e molte volte quello che letto mi piacque, al dispetto della ragione e
ori fanno co’ vari loro strumenti sinfonie non meno fra sé diverse di quello siano uniformi le poc’anzi rammentate de’ rusignu
titolo così per lui meritato come per gli castrati e per le cantanti quello di virtuosi. [5.87ED] E, quel che più importa, po
amabilissimo principe ha saputo così temperare il genio del poeta con quello de’ compositori e dei musici (come quegli che del
di forza’, dovendo in esse il recitativo prevalere alle ariette, come quello che dà più polso e più evidenza all’azione; ed al
essi risuonano. [5.174ED] Il furore meglio, anzi quasi unicamente, in quello di dieci sillabe si fa sentire nella sua maggiore
musici, al popolo, mentre dove si tratta di rilevare la musica, tutto quello che è consonanza e armonia, vi contribuisce notev
mero avrebbe poco più penato a metter insieme quarantotto tragedie di quello che abbia faticato a legar due azioni in quaranto
ho adulati cotesti maestri di musica, confrontando il lor merito con quello de’ filosofi e de’ poeti, de’ quali non sono meno
il segreto importantissimo del separar l’anima da ogni umana cura per quello spazio almeno di tempo in cui le note possono tra
co di novità. [6.23ED] Differente è il lor recitare della tragedia da quello della commedia, ed in questo non tanto si scostan
nel recitarli ed alle passioni nell’esprimerle vivamente, e questo è quello che si ascoltava nelle tragedie. [6.31ED] Del nos
oli degl’instrumenti. [6.49ED] Io veramente non so in questo approvar quello che vedo omai approvato dall’uso. [6.50ED] Bensì
remmo, parlando delle tragedie, e di cotest’opere in musica, ripetere quello che Saint Evremond lasciò scritto, cioè che «i Gr
o io la tragedia vi avresti letto queste parole: Chiamo parlar soave quello nel quale il numero, l’armonia, e melodia si ritr
nghiozzo ne’ vivi affetti della scaltrita madame Demarre. [6.86ED] Ma quello spesso vibrar di braccia del per altro incomparab
ando la testa a guisa di pendolo, ma non mi spiace nelle disperazioni quello stropicciar del cappello, per altro innocente del
nti nazioni. [6.118ED] Il vestire del ballerino italiano s’uniforma a quello del ballerino franzese, benché questo vesta più r
o vulgo che sia vestito all’antica. [6.130ED] Questo vestire ideale è quello che voi altri chiamate eroico, e che sì nelle tra
Gravina, Tragedie cinque, cit.; si confronti però questo giudizio con quello , più sfumato, del Segretario Cliternate, III, 55-
, avvenuto grazie alla lettera che Ifigenia consegna al fratello; poi quello di Oreste da parte di Ifigenia, e cfr. Aristotele
esterno». [commento_2.28ED]-[commento_2.29ED]: con effetto simile a quello riscontrato in I.[101], M. si pronuncia in una pr
ia perfetta. Ma questo giudizio sull’Edipo tiranno va confrontato con quello ben più severo affidato al proemio dell’Edipo tir
erivazione platonica, di una maggiore prossimità all’ideale, ma sotto quello del ‘primitivo’; spiccare… voce: far distinguere
ento_3.22ED] chi… … pensamento: M. individua due tipi di soliloquio: quello che imita il parlare a se stesso e quello con cui
dua due tipi di soliloquio: quello che imita il parlare a se stesso e quello con cui si dà voce al pensiero silenzioso. [comm
… personaggio: ovvero se sia legittimo il secondo tipo di soliloquio, quello che esprime il pensiero interno e silenzioso del
ace filosofo. [commento_4.67ED] primo principio: ovvero che verso è quello che ha armonia. [commento_4.75ED] Cicerone… Ora
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