. 3 Osci gli Osci 31 lin. 4 nalla nella 98 lin. 3 Il nome Il nome
tuo
? tuo 205 lin. 3 Fon. For. 209 lin. penult.
sci gli Osci 31 lin. 4 nalla nella 98 lin. 3 Il nome Il nome tuo?
tuo
205 lin. 3 Fon. For. 209 lin. penult. Allo
o quella smania, che fa la poesia tanto aggradevole. Pur dirà ad onor
tuo
musa piacevole, che hai ne’sguardi e nel dir sì d
nel dir sì dolce pania, che a ridur Giove a qualche nuova insania un
tuo
vezzo d’amor saria bastevole. Nè a Giunon gioveri
o stesso autore, nascosto sotto le iniziali C. C. : Qual comparve il
tuo
volto al mio pensiero, tal l’incise la man : guan
lle tue spoglie cangiate sei Talìa, che l’error percuote, e ride. Del
tuo
volto le forme ho lineate, ma i varj moti tuoi qu
i vezzi, al pianto. Nè cred’io già che d’altri sensi impresso Sia il
tuo
bel cor ; essi (non l’abbi a sdegno) Fan testimon
l segno, Gli atti, gli accenti che t’è usar concesso Fan testimon del
tuo
felice ingegno.
rar : se tutti i frutti, quali ei si sian, dell’arte mia son opra del
tuo
favor, se un tal favore è figlio d’ una felice il
o favor, se un tal favore è figlio d’ una felice illusïon cortese del
tuo
bel cor, tu me la serba, e forse tal ti parrò qua
se : « Oh ! madre mia felice ! Almen concesso a lei sarà di morire al
tuo
fianco !… » il fanatismo si mutò in delirio, nè f
erto di vena in vena a poco a poco Scender ti sentirai soavemente Il
tuo
core a tentar gioia materna. Tal Metabo godea qua
elpomene e Talia segnava il Fato Educatrici ; ma così non volle, E al
tuo
cuore, al tuo senno la commise Il Dio di Cirra, e
ia segnava il Fato Educatrici ; ma così non volle, E al tuo cuore, al
tuo
senno la commise Il Dio di Cirra, ed obbediva al
upor ripiene, muovi così gli sguardi, i gesti e i detti, che svegli a
tuo
piacer ne'nostri petti sdegno, amor, duol, pietà,
ne'nostri petti sdegno, amor, duol, pietà, timore e spene. Quindi il
tuo
nome dell’invidia a scorno fa la sincera fama a t
1897-190….). TESTIMONI Caro Rasi, Firenze, 22 giugno '76. Ebbi il
tuo
libro poche ore avanti ch' io partissi da Catania
za. Se fosse a questi pregi accoppiato un maggior colorito locale, il
tuo
lavoro sarebbe commendevole da tutti i lati…. Pre
le da tutti i lati…. Prendi intanto una cordiale stretta di mano Dal
tuo
Rapisardi. Caro Rasi, Catania, 16 marzo '79. L
Perdona alla scorbellata franchezza di chi ti vuol bene davvero. Del
tuo
Rapisardi. Egregio Rasi, Firenze, 31 luglio 1880
, 20 febbraio '80. Sono veramente ammirato della splendida forma del
tuo
Bacco, e specialmente della poesia per la grotta
uel secondo verso che mi pare la più bella delle moltissime perle del
tuo
volumetto.… I miei saluti alla Signora e al Signo
a d’elogio, o un cenno favorevole sul giornale venivano a rialzare il
tuo
morale ! Hai amato l’arte come un amante appassio
a scomparsa. Se le tue ossa rimangono preda del micidiale Brasile, il
tuo
spirito eletto sarà sempre fra noi.
dombra il viso, siccome al duolo altrui porta spavento, così del nome
tuo
parmi ornamento, che nascer fa dallo spavento il
a esser m’avviso, che faceta produce il mio contento ; se l’ombre del
tuo
volto io miro intento, scorgo l’orror della Trage
accento : Tien, chi t’ascolta, immota la pupilla, teco divide l’aspro
tuo
tormento. Di pianto scorre la perenne stilla, se
l sen crudo lamento l’alma d’ognun ilarizzata brilla, quando prova il
tuo
cor gioja e contento. La Cantrice di Grecia ora t
E Flora di Palestina se rappresenti, o vaga, rapisci i cor ; com’ il
tuo
bel gli appaga ; e tra schiere d’ amanti porti d’
ta pentita, piangi gli error della passata vita, fai sì ch’ ognun nel
tuo
dolore immerso il cor riacquista al ciel nel mal
mal sommerso. MADRIGALE Ev l’aria rimbomba de le tue glorie, e del
tuo
dir facondo : degna, ch’ il ciel, no il mondo gli
del tuo dir facondo : degna, ch’ il ciel, no il mondo gli affetti del
tuo
duol fosse a sentire, e coronar di stelle il tuo
ondo gli affetti del tuo duol fosse a sentire, e coronar di stelle il
tuo
pentire. Vn gentiluomo Cremonese. A Maddalena, c
Capo della Truppa. Maraviglia non è se i grati amici danno al merito
tuo
condegno onore, maraviglia mi fa, mi fa stupore c
se con te tutto finor tentai, ad onta ancor d’ogni destino infido, io
tuo
sostegno, e Tu onor mio sarai. Recitando con uni
toso animo di un fiore in si verdi giorni succiso ! Perchè Adelia, il
tuo
cor rompe in sospiri, e raro il detto su’tuoi lab
e e profonda, nè per te stilla una balsamic’onda, che il cupo e lento
tuo
dolor conforti. Eppur…. chi lieta non dovria chia
n ne’crocchi ove il maligno stile in argute viltà scoppia sovente, il
tuo
bel nome pronunciar si sente con reverenza e simp
mente sei, martire egregia in tramutar di stato ! Oh razza d’Eva ! In
tuo
giudicio ingrato quanti, perchè son miseri, son r
con virtù l’abbraccia ; leva, Adelia gentil, leva la faccia verso al
tuo
Cielo ! Tu sei ricca ancora ! E conduci pur sempr
adre, a quanti una dolce superbia han de’tuoi vanti…. e poi lascia al
tuo
Dio cura del resto. Pregalo sol, che germogliando
bil vanto ben accrescono in te trionfo e pregio. Sciolga ogni Vate in
tuo
favore il canto, se al leggiadro tuo dir pronto,
o e pregio. Sciolga ogni Vate in tuo favore il canto, se al leggiadro
tuo
dir pronto, ed egregio applaude l’Adria, il Reno,
o dolore in preda. Perfido ! Arresta i passi, e riedi a questa che al
tuo
desire, al tuo costume abbietto ardisti d’immolar
da. Perfido ! Arresta i passi, e riedi a questa che al tuo desire, al
tuo
costume abbietto ardisti d’immolar semplice Donna
i avrai, promettimi vendetta. “Aml. Perchè? “Mort. Io sono l’anima di
tuo
padre destinata per certo tempo a vagar di notte,
e colpe che commisi nel mondo . . . . . Se mai sentisti tenerezza per
tuo
padre . . . “Aml. Oh Dio! “Mort. Vendica la sua m
cellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il
tuo
comando; sì, lo giuro.” Vengono i soldati, Amlet
lla ne prenderebbe un altro. Io! risponde la regina, Io! . . Che al
tuo
fato io sopravviva e d’altri Sposa io diventi?
. “Aml. Che mi comandate, o Madre? “Reg. Amlet, troppo hai tu offeso
tuo
Padre. “Aml. Voi, Madre, troppo avete offeso il m
o! egli è fuor di se! “Aml. Vieni forse a riprendere la negligenza di
tuo
figlio, che indebolito dalla compassione e dalla
dalla compassione e dalla tardanza obblia l’importante esecuzione del
tuo
terribil precetto? Parla. “Mort. Non obbliarla: v
erribil precetto? Parla. “Mort. Non obbliarla: vengo a riaccendere il
tuo
ardore quasi estinto.” Ordina poi che parli alla
il lor camino verso Inghilterra; molto debbo dirti su di essi. Addio;
tuo
sempre Amlet”. Orazio parte co’ marinai per esegu
lle fide triremi vuol teco Alcibiade venire ! Si dolce, si bello è il
tuo
viso ! Oh piombi di Grecia il furor, se mite mi d
ve di un giorno lontan. « Oh, no, non morir Margherita ! Armando, il
tuo
Armando non vedi ? Disgiunti il destino ci ha in
NI-ZANONI Imita nel mestier la fu tua madre. Abborrisci la lingua di
tuo
padre. Certo è questa stessa, moglie di Agapito
eria da bergamasco, ma vecchia : tu non inventi nulla, non eclissi il
tuo
concittadino Brighella-caviccio-gambon. ………………………
orie, tu sei l’uomo unico, introvabile ! Forse farà ombra a Milano il
tuo
essere da Bergamo : ma Domeniconi ti ha tanto nav
in sempiterno orrore. Delia talor, mentre che nasce e more l’argento
tuo
, fin là dove t’estolli, le caduche speranze, e i
e t’estolli, le caduche speranze, e i pensier folli nostri rimira col
tuo
bel candore. Così vedrai, che quanto in terra gia
je e dolori. Tratti fiamme da scherzo, e vivi ardori spiran dal volto
tuo
gli occhi stellanti. Cangi, Proteo novel, forme e
a Te dell’arti il genio almo, fecondo diè un leggiadro sentir pari al
tuo
volto, le grazie, il riso e il favellar facondo.
tti e pene, se in te li fingi, li commovi in noi. Tremar ci fai ad un
tuo
van periglio, e tutti siamo a lacrimare astretti,
to l’alma piagata. Ers. Arco non vidi mai. Ost. Ben io lo provo nel
tuo
ciglio sereno, se ognor, che il guardo giri un s
acciecar chi lo mira. Ost. E pur cieco io non fui nel vagheggiare il
tuo
bello, se penetrò per entro gli occhi al core.
ernità ne’giri suoi predice ; e neppur una (ohimè) sperar ti lice dal
tuo
lungo girar un’ora immota. Col rostro adunco il c
vvampi d’ immortal luce in questo mar d’ affanni. E me beata, che dal
tuo
bel lume qual la terra dal sol, virtute apprendo
a presente, e della prisca etade, Và gloriosa, è di salir non bade Il
tuo
gran merto al titolo maggiore. Versa dagl’occhi l
l titolo maggiore. Versa dagl’occhi lagrimoso humore Vicenza tutta al
tuo
partire, è, rade Sono le penne, che di lei pietad
do apporte ? Và pur honor de l’Amorosa scola Che ciascun t’ oda, è ’l
tuo
ualor ti sia Contr’ à colpi del tempo vsbergo for
zia in scena ; e sopra la stessa pazzia. Se impallidisce il fior del
tuo
bel uiso Flora gentil, uago di quel pallore Si fa
i Di virtude, e d’Amore. Ah foss’ io d’ eloquenza agricoltore Che del
tuo
sole al raggio Havrei perpetuo maggio, Anzi, che
l raggio Havrei perpetuo maggio, Anzi, che coglierei da le radici Del
tuo
immenso ualor frutti felici. Al quale tien dietr
i, o se li fingi. Sii pur finta Regina : Or se le vere cangiasser col
tuo
stato e regni e onori, quanto gir ne potrian ricc
o e ostinato silenzio della figlia, le dice : Ma chi mai degno è del
tuo
cor, se averlo non potea pur l’incomparabil, vero
a anima d’artista…. rinvigoriscila ! Musa, sposa, madre, proteggi dal
tuo
soggiorno ove non si muore più, un’ artista, una
superbe le Castalie Dive vanno, a ragion, de'versi tuoi canori. Aman
tuo
vago stil d’Arno le rive, che altro non fa, che m
igno sublime, e le serene aure sormonta ov'è più chiaro il lume. E il
tuo
nome, o Signor, l’onde Tirrene rendan sempre immo
i sento l’alma non sazia del gradito incanto, ancor dagli occhi, se'l
tuo
duol rammento, involontario mi discorre il pianto
nno comparire questi boschi tutti di fuoco» «Can. «O figlia già so il
tuo
affetto per quest’arbuscello» «Sac. O cara pianta
chi si attacca alle falde della mia veste e mi trattiene?» «Can. E il
tuo
figlio adottivo, il cavriuolo, che feritosi nella
mia partenza? Io ti allevai allorchè perdesti la madre poco dopo del
tuo
nascere, il caro padre che mi ha rilevata, prende
nile desìo dài legge ed arbitra ti rendi dello spirto indomato ! – Il
tuo
sorriso non è mortal, ma d’angelo che dorme d’inn
e mi avrai, promettimi vendetta. Aml. Perchè? Mor. Io sono l’anima di
tuo
padre destinata per certo tempo a vagar di notte,
fichino le colpe che commisi nel mondo… Se mai sentisti tenerezza per
tuo
padre… Aml. Oddio! Mor. Vendica la sua morte. Ven
cellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il
tuo
comando, sì lo giuro. Vengono i soldati. Amlet f
, ella ne prenderebbe un altro. Io? (risponde la regina) Io!… Che al
tuo
fato io sopravviva e d’altri Sposa diventi! E cre
uto. Aml. Che mi comandate, o madre? Reg. Amlet troppo hai tu offeso
tuo
padre. Aml. Voi, madre, troppo avete offeso il mi
o! Egli è fuori di se! Aml. Vieni forse a riprendere la negligenza di
tuo
figlio, che indebolito dalla compassione e dalla
dalla compassione e dalla tardanza obblia l’importante esecuzione del
tuo
orribile precetto? Parla. Mor. Non obbliarla. Ven
orribile precetto? Parla. Mor. Non obbliarla. Vengo a riaccendere il
tuo
ardore che par quasi estinto. Ordina poi che par
race, Soccorri al mio bisogno, E passi il Sonno per la fronte poi Del
tuo
marito adorno, Ch'iui la porta trouerà di Corno.
do, in dolce modo Diverso il leghi, e serbi Il nome suo pudico, E col
tuo
giogo antico Vinci gli animi indomiti, e superbi,
gi il vero. Così su i cor Tu imperi, e al riso e al pianto ci volgi a
tuo
piacer : e in van procura ragione opporsi al ben
……….. Fratel, che tante lagrime mi costi, solo un conforto hai tu nel
tuo
malore ; che almen felice nel dolor tu fosti fra
are. Vedo piuttosto che tu sei d’umore molto allegro. Come ? oltre il
tuo
invito di limitarmi sulla paga, mi dici ancora ch
di codesta Compagnia ; sai quanto i Romani ti amano, ed apprezzano il
tuo
merito singolare…. …. Questi signori non attendon
le trattative, e così scrive all’amica : È egli vero ? Si attende un
tuo
assenso perchè ogni sventura della mia famiglia s
terà mille benedizioni ed ogni felicità. – È inutile che io spinga il
tuo
cuore con maggiori parole, sono persuasa che tu f
ere la felicità ad una amica la di cui vita, dirò così, dipende da un
tuo
assenso…. La lettera pare non avesse risposta, p
e inostri le navi, l’onde e le gloriose arene. Pietro, son queste del
tuo
ingegno l’opre. Ci fai parer il finto e vivo e ve
vivo e vero, quando di legni il mar tutto si copre. Però sia encomio
tuo
giusto e sincero : l’arte che tutto fa nulla si s
l suo spiro al guardo e all’atto che ti fan regina ; negli arcani del
tuo
vivo sospiro ogni cor sente la superna idea che i
affettuosissimo porge DI GIUSEPPE MATTEI Quand’io pendo dal
tuo
labbro gentile, e il suon de'detti tuoi mi scende
je sempre cosi. DI LUIGI FORTI, COMICO Di fresche rose e gigli è il
tuo
bel viso ornato, t’ha la madre d’amore il crine i
tu non credi e se tu pure conoscerai me, spero di separare nell’animo
tuo
la derisione dalla maraviglia e che questa preval
hi ascolto sì ben ragionare? [1.9ED] Io confesso che cotest’abito del
tuo
corpo, che altri poteva muovere a scherno, moveva
to di me si fusse trovato ad udirlo. [1.27ED] — Or via, in grazia del
tuo
ragionare — io replicai — mi vo’ far questo sforz
hai ardito di pizzicarmi e di appianarmi le spalle che, con tutto il
tuo
battere, conservansi ancor rilevate. — [1.33ED] —
34ED] — Se questo è onore — egli rispose — l’hanno i tuoi Sermoni, il
tuo
poema, i tuoi dialoghi e le tue tragedie ottenuto
asi? [1.46ED] Perché non vesti col pallio greco e perché non copri il
tuo
dorso con catenelle d’oro, siccome è fama che all
non siano perfette. [1.79ED] Solamente aggiungo che, se al secolo del
tuo
sì grande Alessandro e, se il vogliamo, anche a q
obbiamo in tutto imitarle? [1.82ED] Non troviamo in tutto perfetto il
tuo
Omero; e se ciò ti parrà nostra colpa, rispondi a
iogliere senza tagliarli, e lodo in questo fra gli altri l’autore del
tuo
Papiniano. [1.126ED] La ragione si è che a ciasch
ma ti confido due sorte di agnizioni, senza una almen delle quali il
tuo
dramma non riporterà mai applauso; l’una è fisica
ente mi lasci sedurre a crederti quello che tu mi racconti dell’esser
tuo
, ma non posso già ingannarmi nel crederti qual ti
ddisfare alla tua curiosità e, se non m’inganno, incontrerò ancora il
tuo
genio. [2.9ED] L’unità dell’azione, del tempo e d
i Aristotile — allora esclamai — meriti d’esserlo per la saviezza del
tuo
discorso; ma mi permetti che, lasciando in un can
trario, non volend’io che tu stia alla mia sola relazione, mentre nel
tuo
concetto so d’esser tuttavia un impostore. [2.67E
teatri non si pensasse alla mutazion della scena. [2.76ED] Ricorri al
tuo
Vitruvio e vi troverai che tre cangiamenti di sce
si rappresenti. [2.118ED] Quattro esempli ti ho recati: due sono del
tuo
Sofocle e due del tuo Euripide; dove per altro il
8ED] Quattro esempli ti ho recati: due sono del tuo Sofocle e due del
tuo
Euripide; dove per altro il buon Sofocle alle vol
e ritrovando io soliloqui, già per questo conto comincio a piegare al
tuo
partito, purché ciò sia a condizioni il più che s
l suo Cid, per quello che su due piè mi sovviene, sicché di esempli a
tuo
favore non si scarseggia. [3.32ED] Ma certa cosa
erenza non hai che a confrontare l’Ippolito d’Euripide e la Fedra del
tuo
Racine, e mettendo una Fedra dirimpetto all’altra
Ponto più che mai tremendo a’ Romani. [3.72ED] Io l’ammiro, ma se il
tuo
diletto Racine, nell’atto che quegli sta agitando
a protestuccia ti dirò ancor qualche cosa sopra la Fedra dello stesso
tuo
dilettissimo autore. [3.76ED] Per dar ben campo a
voglia tu contar per uno di questi amori l’amor della patria, che nel
tuo
Procolo più tosto nasce dall’irascibile che dalla
ar troppo all’amore. [3.87ED] Compiasi dunque con la prima massima il
tuo
teatro e non caderai nel difetto che sin ad ora h
i vuole — ripigliò l’Impostore — nell’impostura: almeno con questa il
tuo
avversario ha fatta tacere la disputa; ma non avr
ti. [4.73ED] Questa seccagine di Aristotile tanto impugnata dal genio
tuo
l’incontrerà questa volta; dalla qual cosa ricave
ntimento, ti dorrebbe però (lo conosco) che fosse contrario a cotesto
tuo
; ma fatti pur animo, oh figlio, e sta di buon cuo
l’una leghi con quella del primo verso della seguente, alla guisa del
tuo
poema giocoso, che intitoli il Radicone; impercio
i che nella prosa si parlano»; e il verso franzese e diciamo anche il
tuo
alla gravità del jambo assai si avvicinano; ma pe
ti. [4.101ED] I Franzesi costantissimi nel loro alessandrino e tu nel
tuo
verso accozzato, vi aiutate con la vicinanza e co
le rime unicamente ci contrasegnano il verso che quanti han letto il
tuo
verso, benché tocchino evidentemente esser esso u
glia e vince la forza contraria del senso; i letterati, che vedono il
tuo
verso esser due, lo giudicano come un solo, perch
noi perlopiù usammo il jambo, i Franzesi l’alessandrino e tu il verso
tuo
, che ha qualche rassomiglianza con questi. [4.123
rosa, e così sono parimente le giaciture del verso alessandrino e del
tuo
. [4.127ED] Ma noi avevamo il metro e conseguentem
ti e dentro e fuori d’Europa? [4.152ED] Non hai dunque a pentirti del
tuo
rimare nelle tragedie e dovrebbonsi dagl’Italiani
sonoro e ritondo potrebbe esser espressa dal mio Demostene oppur dal
tuo
Cicerone. [4.167ED] Passa quindi saviamente a con
[4.179ED] Voltiamo ora scena e raziociniamo a pro dell’intenzion del
tuo
autore sovra la stessa sua proposizion generale.
u in quella stima in cui non t’ha egli, ch’io non m’oppongo all’animo
tuo
non so se timido o generoso. — [4.203ED] Così pa
’uso delle macchine, pensi, la tua mercè, l’impresario a framezzare i
tuo
atti con qualche leggiadro balletto, e voi fortun
tala, datti immediatamente a disporla. [5.106ED] L’uso comanda che il
tuo
melodramma sia diviso in tre atti perché, se in c
ba ommettere affatto il verisimile negli accidenti, ma questo diletto
tuo
verisimile non ti sia tanto caro che più non sial
e riuscita dell’opera e più non ti rimarrà che il mettere in versi il
tuo
dramma. [5.130ED] Egli si vuole tutto diviso in r
non sei nel gregge de’ verseggiatori servili, vorrai che chi legge il
tuo
melodramma ti riconosca ancor per poeta, fatti on
le lascino vivere per riputazion tua e per onore delle sacre Muse nel
tuo
melodramma: forse a’ tuoi pianti si ammolliranno
cattive in cattive se un musico o se una musica vorranno al piè di un
tuo
recitativo conficcarne una che abbia guadagnato l
e ti si permetta lo stirare su quelle note parole men discordanti dal
tuo
sentimento, nel qual caso t’intralcerai in un imp
, temerariamente favelli. [5.226ED] Una cosa è da condannarsi ed è il
tuo
giudicio e di tutti quelli che intervengono al me
] Merita finalmente, che tu non faccia comparire nell’impressione del
tuo
teatro la poesia melodrammatica, perché faresti u
sei trovato alla tragedia e alla commedia franzese, aspetto da te il
tuo
giudizio circa il lor modo di recitare. — [6.22ED
nemico Di Ramiro e Fernando? Ogni soccorso Che m’offra il braccio
tuo
per me diventæ Onta o martir. Su queste mura il
, Stendimi la tua destra . . . amato padre . . . Stendila pure al
tuo
Fernando . . . ah sposo, Io manco . . . io moro
a Gerbino. Entra Gerbino, erbele sviene, Zelinda dice: Ripiglia il
tuo
valore: Al re nascondi L’arcan fatale. Io vegli
di Manfredi che vanno per quella reggia invendicate. Aggiugne, Del
tuo
periglio nè pensier di regno Più ti siede sul c
mel disse. Parlando a Corradino gli dice La regia culla Al
tuo
valor negò l’iniqua sorte, complimento poco del
lmeno, domanda Corradino tragicamente, fosti presente col pensiero al
tuo
Tancredi, come io rimiro presente ognor l’angelic
ol pensiero al tuo Tancredi, come io rimiro presente ognor l’angelico
tuo
viso? e Geldippe con amorosi accenti non meno tra
ice egli poi a Carlo che Corradino sicuramente anderà errando O nel
tuo
regno o nel romano stato, o (poteva aggiugnere)
Versa il sangue che vuoi. Pietà nasconda L’insidioso ferro, e al
tuo
vantaggio Servendo, fingi di servire al Cielo.
, mi hai fatto confessar che ti amo, per lasciarmi e per vantarti del
tuo
trionfo infame e dello schernito amore di real do
me e dello schernito amore di real donzilla, che si è donata tutta in
tuo
potere; tali querele possono offuscare il caratte
adino insulta Carlo aspramente parlandogli come superiore, Togli al
tuo
crine l’usurpato serto, Scendi dal trono, e al
go: povertà sbandisci In un coll’oro, ella dell’oro è figlia: Del
tuo
ti spoglia: i cittadin pareggia: Te fa Spartano
fiamma mia, nè mai . . . Che parli? iniqua? Ove primiero il genitor
tuo
stesso Non la condanna, ella non fia: la svela.
adre mia felice! almen concesso A lei sarà . . . di morire . . . al
tuo
fianco. Cin. Che vuoi tu dirmi? ... Oh qual ter
Roman tu sii, Vero di Bruto Padre ... Oh gioja! ... Io veggo Sul
tuo
ciglio spuntare un nobil pianto. Rotto è del co
, dice Adelvolto; ed ella: Come! minacci me con quel funesto presagio
tuo
più che te stesso . . . Non ti smarrire, son tua,
Adelvolto: se il cielo abborre i rei e ne fa vendetta, io lascerò nel
tuo
scempio un tremendo Della giustizia sua celebr
bili . . . Rimira . . . Rifletti . . . . Quest’acciaro E’ mio ...
tuo
se lo vuoi ... Ti basta il core D’impugnarlo e
Se più di me l’amai, Sa il ciel, lo sa il mio core, Padre, e il
tuo
cor lo sa. Anche quì l’autore ha onorato un pen
truggo a’ tuoi bei lumi, Sallo amor, lo sanno i numi, Il mio core, il
tuo
lo sa.” Chi poi riprende lo stil Metastasiano ne
pentimento, al ribrezzo ed al rossor, conchiudendo, Tu non hai del
tuo
delitte Nè vergogna, nè pudor, dove bastava d
te Nè vergogna, nè pudor, dove bastava dire, non hai vergogna del
tuo
delitto, per evitare lo sconcio di dire non hai p
Rach. Oimè! tutto comprendo! oh tirannia Come ben mascherasti il
tuo
sembiante! Eug. Or che risolvi? Rach. Or che
rdita tua. Rach. Alla perdita tua. Saprà Rachele, S’è ver che nel
tuo
petto ancor comanda. Ma par che a questa parte
iva prima, e restava per un poco Almonte a dire, Incauta donna! Del
tuo
fasto insano Vorrai presto pentirti, e spero in
A quel che chiedo Troppo breve ritardo, il sentimento Più vivo
tuo
, mia dolce figlia, invoco . . . Misero dono! Io
nembo sperdi, O bellissima Iddia, A noi torna benigna e l’arsa via Al
tuo
sole rinverdi ! Ecco, tu appari con le scinte chi
a un velo luminoso, Ed è a te volto l’occhio desïoso, È sul labbro il
tuo
nome. Ecco, a te intorno un dolce alito spira Che
rte, al vivere fecondo Noi, sfiduciata gente, Infiamma. Solo al bacio
tuo
possente Si rinnovella il mondo ! Modena, 9 otto
mostra. Onde ben creder puoi che nobil segno sen voli altero il nome
tuo
sereno, sprezzator d’eternarsi in mortal Chiostra
rose appunto, che t’ infiorano il sen, furanti il senno, simboleggia
tuo
stato. Sappi : come tra i fiori è la rosa sol bel
di cui siglie noi siam, Lazaro insieme ; Ma se per mia sventura e per
tuo
danno nulla val memorar fatti sublimi a cui l’ or
o fasto fugace ; che se l’orrida base avvien che miri che sostiene il
tuo
fasto, (misera) allor vedrai di beltà, di bruttez
i a Dio, pietà per te chiedendo, ah, pria che scenda fulmine al danno
tuo
, che ti disperda. Cruda, rimanti ; io parto, part
nno comparire questi boschi tutti di foco.” “Can. O Figlia, già so il
tuo
affetto per quest’albuscello.” “Sacon. O cara pia
i si attacca alla falde della mia veste, e mi trattiene?” “Can. E’ il
tuo
figlio adottivo, il cavriuolo, che feritosi in bo
mia partenza? Io ti allevai allorchè perdesti la madre, poco dopo del
tuo
nascere. Il caro padre che mi ha rilevata, prende
come quella di Alì impresario per le Smirne. Addio. Saluta tutti. Il
tuo
Modena. Dammi notizie della Internari. II. Pr
el s’accoppi al vero. Questo dettò le semplici norme a Colui che, del
tuo
plauso degno, architettò questo gentil disegno. E
ndo il suo circo immaginò sì vago. Or nobil premio all’opera Sien del
tuo
labbro i non mentiti encomj, e il Teatro gentil d
onchiudere che il conte è suo sposo, e la Regina ripiglia: Reg. Come
tuo
sposo? (Io fremo, io più non vedo!) Bia. Come mio
raditor ti rendi! Bia. Confusa io son! Reg. Confusa io son!Sì l’onor
tuo
calpesti? E alla presenza mia svelar non temi Che
se il conte…(O amore! Io deliro!) Il mio sdegno, o Bianca, è zelo Del
tuo
decoro. Bia. Del tuo decoro.E gelosia rassembraa
Io deliro!) Il mio sdegno, o Bianca, è zelo Del tuo decoro. Bia. Del
tuo
decoro.E gelosia rassembraa. Reg. Io! Gelosa io n
to sdegno Impara, o Bianca, ove tal caso avvenga, (Ne soffra anche il
tuo
onor: chè l’onor tuo È nulla ove son io) la tua s
ianca, ove tal caso avvenga, (Ne soffra anche il tuo onor: chè l’onor
tuo
È nulla ove son io) la tua sovrana A non sdegnar;
l è?Morir tacendo. Die. Scelgo il morir, ma palesando al mondo L’amor
tuo
, la tua fe. Isa. L’amor tuo, la tua fe.Sai ch’ho
o il morir, ma palesando al mondo L’amor tuo, la tua fe. Isa. L’amor
tuo
, la tua fe.Sai ch’ho un marito. Die. Io, io son t
fe. Isa. L’amor tuo, la tua fe.Sai ch’ho un marito. Die. Io, io son
tuo
marito, e dal tuo fianco Appartarmi potrà solo la
tuo, la tua fe.Sai ch’ho un marito. Die. Io, io son tuo marito, e dal
tuo
fianco Appartarmi potrà solo la morte. Isa. E l’o
Mi vendichi di te ; l’aria ti manchi, Ti nieghi il sol la luce, e del
tuo
sangue Ti vegga asperso, e dell’infame busto Un c
tua schiava io sono, Fa di me quel che vuoi. Ma se ti offesi, Se nel
tuo
sdegno incorsi, uccidi, mora La schiava tua senza
borre? Se amor non può, ti renda onor geloso. Io pure udii dal labbro
tuo
talvolta Che sposo mio saresti. Ah per sì caro No
; cangi il pentirti In merito il delitto ; o tu vedrai Congiurato in
tuo
danno e cielo e terraa. Signor, pietà, mercè, Non
Si, mentre tu con finte pugne assali, dài vere morti altrui, che nel
tuo
volto son le vittorie alle bellezze uguali. Così
Qualor spirto ti fingi in vari manti Mostri in più forme Eularia il
tuo
valore Poichè Proteo gentil con tuo' sembianti De
hai peccato !! In fra i primissimi merti il primato : e tu medesimo a
tuo
piacere di te puoi scrivere pagine intere. A
zi a me rivolto, da dovero il crudel m’impiagò il core. Diedi fede al
tuo
riso, e il pensier stolto si riscaldò nel simulat
li armenti Muggì negletto Fu solo effetto Del
tuo
rigor. De’ tuoi seguaci Se a far si vie
Betulia liberata: «Achiorre. Ma non ti basta Ch’io veneri il
tuo
Dio? Ozia. No. Confessarlo Unico per essen
inito, o non son Dei. Ach. Da questi lacci in cui M’implica il
tuo
parlar (cedasi al vero) Disciogliermi non
Dio veder tu vuoi Guardalo in ogni oggetto: Cercalo nel
tuo
petto Lo troverai con te. E, se dov
; se senti palpitarti in petto il cuore; se i singhiozzi soffocano il
tuo
respiro, prendi il Metastasio, e lavora. Il suo g
o respiro, prendi il Metastasio, e lavora. Il suo genio riscalderà il
tuo
; tu sarai creatore al di lui esempio, e gli occhi
minacce ostili, in mezzo a tante Cure del nuovo impero ha nel
tuo
petto Pur trovato ricetto L’amor co
iù scaltra è oprar di modo, Ch’altri se stesso inganni: un
tuo
sospiro Interrotto con arte: un tronco
Che abbia sensi diversi: un dolce sguardo, Che sembri a
tuo
mal grado Nel suo furto sorpresso: un
Piangerne la caduta. Offrirti a tutti E non esser che
tuo
: Di false lodi Vestir le accuse ed agg
oni. Aminta. Ah, torna, amico Una volta in te stesso. In
tuo
soccorso Pronta sempre la mano
sta teatrale, non conobbe che la minor parte della mente e dell’animo
tuo
. Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla
o : un padre non avrebbe potuto fare di più !… Rammentalo e molto nel
tuo
libro ; ci tengo che lo si sappia. » E questo fer
ol conchiudere che il conte è suo sposo, e la regina ripiglia: Come
tuo
sposo? (Io fremo, io più non vedo!) Bian. Come m
ata, a un traditor ti rendi? Bian. Confusa io son! Reg. Sì l’onor
tuo
calpesti? E alla presenza mia svelar non temi
. Reg. O amore! Io deliro. ) Il mio sdegno, o Bianca, è zelo Del
tuo
decoro. Bian. E gelosia rassembra 104. Reg. Io
sdegno Impara, o Bianca, ove tal caso avvenga, (Ne soffra anche il
tuo
onor; che l’onor tuo E nulla ove son io) la tua
anca, ove tal caso avvenga, (Ne soffra anche il tuo onor; che l’onor
tuo
E nulla ove son io) la tua sovrana A non sdeg
Morir tacendo. Die: Scelgo il morir, ma palesando al mondo L’amor
tuo
, la tua fè. Isa: Sai ch’ho un marito. Die: Io
L’amor tuo, la tua fè. Isa: Sai ch’ho un marito. Die: Io, io son
tuo
marito, e dal tuo fianco Appartarmi potrà solo
a fè. Isa: Sai ch’ho un marito. Die: Io, io son tuo marito, e dal
tuo
fianco Appartarmi potrà solo la morte. Isa: E
i vendichi di te: l’aria ti manchi, Ti nieghi il sol la luce, e del
tuo
sangue Ti vegga asperso, e dall’infame busto
schiava io sono, Fa di me quel che vuoi. Ma se ti offesi, Se nel
tuo
sdegno incorfi, uccidi, mora La schiava tua sen
e? Se amor non può, ti renda onor geloso. Io pure udii dal labbro
tuo
talvolta Che sposo mio saresti. Ah per sì caro
cangi il pentirti In merito il delitto; o tu vedrai Congiurato in
tuo
danno, e cielo e terra 114. Signor, pietà, mercè
verrà a dirmi : « Ohe, Van Broust, — cosa c’ è ! ? — Eh, nientemeno….
tuo
figlio ha rubato…. » Sia Ammiraglio, sia Principe
er tu sei ! Guardati ! Arn. Insano, ch'osi tu ? Ard. Prostrarti del
tuo
Signore al piè. Arn. Me ? Tu vaneggi ! La sacril
prego : ascoltami, ch’io non son drago, nè lupo che dèvora ; Anzi ’l
tuo
fedel servo, afflitto Lucido. Lidia. Che vuoi d
a temer? Sangaride Che mi resta a temer?Perdere è poco L’oggetto del
tuo
foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi, e l’
Io? Ciel che ascolto? M’ami tu, mio bene? Sangaride T’amo, e lo stato
tuo
peggior divienea. Delicato nell’atto IV è il la
esso Che mi resta a temer? Sangar. Perdere è poco L’oggetto del
tuo
foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi,
Io? ciel che ascolto! M’ami tu, mio bene? Sangar. T’amo, e lo stato
tuo
peggior diviene 20. Io convengo co’ Francesi che
questa Terra, tanto pel mio interesse e per la mia quiete, quanto pel
tuo
riposo, a volere presentare questa lettera alla n
cordata, fai pure quelle restrizioni che vuoi : riducila a quella del
tuo
Macchinista : mi sarà più di contento che il sent
spiego i vanni Inutili, e tarpati a basse mete Nel troppo affetto il
tuo
sapere inganni. Veggio (Talpa non son) che in te
. Comincia : « Tu Mondo, come più mondo potrai chiamarti ? Che se il
tuo
nome derivi dall’esser di belle cose adorno, io n
è vostra, ottegno oggi ch’io sono indegno. Ella per la tua fede e per
tuo
merto dice : d’amor ti si concede quel che ad alt
anto Sei, nova Cinosura, che di mill’altre il degno nome fura, et nel
tuo
chiaro volto stassi fra le bellezze Amor sepolto.
forte. Siate fidi al Soldano, siane in difesa ai troni Il braccio del
tuo
sposo che com’io gli perdoni. Addio. Perselide Ma
uocero, allo sposo obedienza e fede. Questi estremi ricordi serba col
tuo
consorte, E non cercar più nulla di qualunque mia
caro a Dio. Recaredo Caro è a Dio sol chi al suo dovere intende, E il
tuo
non è di consigliar regnanti. Questo è pungere a
invendicata ; e se al mio petto Stringer non la potrò, stringila al
tuo
. Mentre si applaudiva la Merope del Maffei, l’ab
e, S’io mi fo noto al genitor, che torna La falsa accusa tua sopra il
tuo
cavo ? Ma datti pace. Al re sarò Artamene E a te
addurmi al fine ? Oh patria ! oh Israello ! a questo prezzo Dunque
tuo
re m’hai fatto ? Or che mi cale Di scettro e re
orni da mia mente inferma L’idee del fanatismo e del furore. Entro al
tuo
bujo un favorevol raggio Pur mi rilusse. Io vidi,
il nemico Di Ramiro e Fernando ? Ogni soccorso Che m’offra il braccio
tuo
per me diventa Onta e martir. Su queste mura il
e tu splendi, Stendimi la tua destra, amato padre… Stendila pure al
tuo
Fernando.. ah sposo ! Io manco… Io moro… Fernando
areggiar non ti possa ? Ardisci, o Carlo, D’alzare oltre te stesso il
tuo
pensiero ? Lo scettro a te cagion di lungo affann
Nell’amor de’vassalli. Abbiti questo, Signor, nè d’altro ti curar. Se
tuo
Delle tue genti è il cor, solleva un grido, E ved
icamente per la di lui prudenza, e gli dice in tuono famigliare Ogni
tuo
giorno Tu vivi a caso, e tu non opri a caso ? Q
urgo : povertà sbandisci In un coll’oro, ella dell’oro è figlia. Del
tuo
ti spoglia : i cittadin pareggia : Te fa Spartano
amma mia, nè mai… Ciniro Che parli ? iniqua ! Ove primiero il genitor
tuo
stesso Non la condanna, ella non fia ; la svela.
ungi ? Oh madre mia felice ! almen concesso A lei sarà… di morire… al
tuo
fianco. Ciniro Che vuoi tu dirmi ?… Oh qual terri
, dove un Roman tu sei, Vero di Bruto padre… Oh gioja ! Io veggio Sul
tuo
ciglio spuntare un nobil pianto. Rotto è del cor
?.. Sento che omai Cede il vigor… manca il respiro… Ah reggi Il padre
tuo
. Telaira Mio padre ! Socrate Figlia… Policrate A
ira Ah padre ! Socrate Ed è questa che stringo La man ?.. Critone Del
tuo
Criton. Son io.. Socrate Critone, Un sacrificio…
. Siate fidi al Soldano; siane in difesa a i troni Il braccio del
tuo
sposo che com’ io gli perdoni. Addio. Persel.
cero, allo sposo obedienza e fede. Questi estremi ricordi serba col
tuo
consorte, E non cercar più nulla di qualunque m
ro a Dio. Recar. Caro è a Dio sol chi al suo dovere intende, E il
tuo
non è di consigliar regnanti. Trionfa anche il
invendicata: e se al mio petto Stringer non la potrò, stringila al
tuo
. Mentre si applaudiva la Merope del Maffei, l’
S’io mi fo noto al genitor, che torna La falsa accusa tua sopra il
tuo
capo? Ma datti pace. Al re sarò Artamene, E a
o addurmi al fine? Oh patria! oh Israello! a questo prezzo Dunque
tuo
re m’hai fatto? Or che mi cale Di scettro e reg
otei; Ulisse mai non vidi, e lungi o estinto Io lo credei. Nè del
tuo
amor gli effetti Io potei paventar, che di sove
da mia mente inferma L’idee del fanatismo, e del furore. Entro al
tuo
bujo un favorevol raggio Pur mi rilusse. Io vid
reggiar non ti possa? Ardisci, o Carlo, D’alzare oltre te stesso il
tuo
pensiero? Lo scettro a te cagion di lungo affan
l’amor de’ vassalli. Abbiti questo, Signor, nè d’altro ti curar. Se
tuo
Delle tue genti è il cor, solleva un grido; E
entile le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil
tuo
desìo : per te godon le scene il lor natìo honor
ne il lor natìo honor ; e già se 'n vola a Battro a Thile glorioso il
tuo
nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso f
n teco ? Illustre donna, chi non t’ammira ? Di vivaci plausi ferve al
tuo
comparir l’Itala scena ; che dove a Te simile alt
i potendo Arciera fortunata Dall’arco di due labbra Scoccar contro il
tuo
sen dardi amorosi E delle braccia mie Far zona al
ontro il tuo sen dardi amorosi E delle braccia mie Far zona al fianco
tuo
salda, e tenace; Ma, sopportalo in pace, Forse ve
ui del fato a scorno Potrai, caro Ben mio, Stemprare in vivo fuoco il
tuo
desio.» [12] Circa lo stile a tutti è nota la vi
i? In qual valle satollo il fianco adagi Lasso dal carolare? Il
tuo
corteggio Certo obbliasti, e già dal cuor ti c
effo, goffo, buffo, se ti azzuffo per il ciuffo presso al baffo, quel
tuo
ceffo t’abbaruffo, e per caffo nel rabbuffo ti do
lla madre di un novello celebrante : Donna, deh ! perchè piangi ? Il
tuo
dolore da qual sorgente mai, dimmi, sen viene ? Q
e vi è sopra il fornimento d’un Zagno. Eccone retornadi obedienti al
tuo
cenno, perchè daspò che semo stà sbrigadi ciascun
plici parole trar da ciglio Roman stille di pianto, dirò, che Roma al
tuo
partir si duole, e quelle stille su i tuoi lauri
Spargea il bel volto, e le dorate chiome. Indi s’udio il
tuo
nome Fra le labbra suonar fredde e trema
mentre al Ciel piacque Luce di questi lumi Fatti al
tuo
dipartir fontan’e fiumi, Che fai per ent
mia vita, senti Quai pianti e quai lamenti Versa il
tuo
caro Orfeo dal cor interno. Rimbombate a
l chiaro Eridano. Tu musa, ai grandi amica alma Calliope, prestami il
tuo
favore, acciò che i ritimi, habbiano qual che for
ascer fastidio, che subito non lo sputasse in seno a me : dormiva, fa
tuo
conto, sotto l’ombra mia. Ogni tanto gli bisogna
ntile, le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil
tuo
desìo. Per te godon le scene il lor natio onore ;
scene il lor natio onore ; e già sen vola a Battro a Tile glorïoso il
tuo
nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso f
presi, quella a cui tu prima Figlia dicesti; guardami, son io. Me nel
tuo
grembo pria d’ogni altro assisa Scherzar vedesti,
mi piace, La ragion mi contrista. Ah cedi al fato, Cedi, meschina, al
tuo
delirio, e mori. La scena del l’atto secondo, i
cere mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli. Ah tu morrai, E di
tuo
padre il nome, Che tanti ne salvò, ti fia funesto
ri sì tosto Credei produrti, o figlio…. Oh dio! Tu piangi? Prevedi il
tuo
destin. Perchè mai stringi L’imbelle madre tua e
i . . . . Cat. Di rimaner oppresso Non dubitar, che allora Sarò
tuo
difensore. Tu solo non basti, gli dice Cesare,
o di Fingal, vieni e dalla tua nube regola l’arco di Comala sì che il
tuo
nemico cada come una lepre del deserto . . . Ma c
i e a prendere la maschera dell’onore e della probità per arrivare al
tuo
intento a costo di chiunque sarà così sciocco di
a nimicizie Sì fiere per sua figlia, che in un modo Tanto villano
tuo
padron disprezza? Get. E continui ancora, o lin
e Del cruccio, da te stesso ti presenti Alla sua soglia, e l’amor
tuo
palesi, E quanto in odio a lei, te stesso abbor
stesso Che volere impazzir colla ragione. E quel che irato or nel
tuo
cuor rivolgi: Io lei? che quel . . .? che me? .
ti allegri, In somma che di me tutta tu sii, Quando io son tutto
tuo
. Grande, forte, difficile ad esser raffrenata
sati: Così te stesso e quella sventurata Hai rovinato, ed anco il
tuo
figliuolo, Per quel che ti appartenne. Ti crede
etti ad avere differenti altezze. E allora, o tu fai dell’interno del
tuo
teatro un settizonio o una torre, e senza un biso
o Scappino gli dice : « vorrei che tu facessi una cosa contra a l’uso
tuo
, » Spacca risponde : « O, t’intendo : tu vorresti
e Son cadute, nè mai de gli occhi miei Perciò rasciughi il pianto. Al
tuo
vago apparir più che mai lieti Sorgono i fiori à
raue incarco de gli affanni miei Erger non posso il core. Spiegano al
tuo
venir dolci carole I garruli Augelletti : Io dole
nir dolci carole I garruli Augelletti : Io dolente non meno O Sole al
tuo
venir che al tuo partire, Viuo in amaro pianto ;
I garruli Augelletti : Io dolente non meno O Sole al tuo venir che al
tuo
partire, Viuo in amaro pianto ; Ma voi deh per pi
Rachele Oimè, tutto comprendo ! oh tirannia, Come ben mascherasti il
tuo
sembiante, Eugenio Or che risolvi ? Rachele Nulla
o sopravviva Alla perdita tua. Rachele Saprà Rachele, S’è ver che nel
tuo
petto ancor comanda… Ma par che a questa parte i
ose contro del principe(a). V’è, gli dice Publio, chi lacera anche il
tuo
nome, e Tito, E che perciò ? Se il mosse Leggere
delvolto, se il cielo abborre i rei, e ne fa vendetta, io lascerò nel
tuo
scempio un tremendo Della giustizia sua celebre
r sempre Essere inseparabili… Rimira… Rifletti… questo acciaro É mio…
tuo
se lo vuoi… Ti basta il core D’impugnarlo e imita
l’amo, Se più di me l’amai Sa il ciel, lo sa il mio core, Padre, e il
tuo
cor lo sa. Anche quì Calsabigi ha onorato un pen
uggo a’ tuoi bei lumi, Sallo amor, lo sanno i numi, Il mio core, il
tuo
lo sa. Vegga poi il leggitore, se il Calsabigi l
co un bigliettino tenero creduto di lei ?) e le dice, Tu non hai del
tuo
delitto Nè vergogna nè pudor. A quest’ aria sì b
are ; prendi allora Metastasio e componi ; il suo genio riscalderà il
tuo
, col suo esempio tu saprai creare ; e gli occhi a
tiva prima, e restava per un poco Almonte a dire Incauta donna ! Del
tuo
fasto insano Vorrai presto pentirti, o spero inva
asa a nimicizie Sì fiere per sua figlia, che in un modo Tanto villano
tuo
padron disprezza? Get. E continui ancora, a lingu
forte Del cruccio, da te stesso ti presenti Alla sua soglia, e l’amor
tuo
palesi, E quanto in odio a lei, te stesso abberri
lo stesso Che volere impazzir colla ragione. E quel che irato or nel
tuo
cuor rivolgi: Io lei? che quel..? che me..? che n
n me ti allegri; In somma che di me tutta tu sii, Quando io son tutto
tuo
. Grande, forte, difficile ad esser raffrenata o
passati! Così te stesso e quella sventurata Hai rovinato, ed anche il
tuo
figliuolo, Per quel che ti appartiene. Ti credevi
dì la madre tua ti espose Con questa legge tu fra noi venisti, Che a
tuo
piacer girar dovesse il mondo: Se tal felicità pr
immodesti lazzi contaminâr le patrie scene. Non così Tu, che a senno
tuo
sapesti ciò che lice imitar, ciò che sconviene a'
vola. Questo, Giove, vibrando Le fiammeggianti faci, Col tripartito
tuo
pungente strale Struggi, e spegnilo in tutto. T
La ragion mi rattrista. Ah cedi al fato, Cedi, meschina, al
tuo
delirio, e mori. La scena dell’atto II, in cui F
da queste braccia Ti svelgono i crudeli! Ah tu morrai, E di
tuo
padre il nome Che tanti ne salvò, ti sia fun
o, Credei produrti, o figlio… Oh Dio! tu piangi? Prevedi il
tuo
destin. Perché mai stringi L’imbelle madre t
contro gli diceva: E quando menerai tu le capre da Felleo come faceva
tuo
padre vestito di grosso panno? Comici contrappost
il marc non cresce col concorso di tanti fiumi, e pretendi tu che il
tuo
danajo si aumenti colle usure? E adunque discacci
o del proprio errore); con tali eccessi ti getterai da te stesso col
tuo
abominevole maestro nel baratro infernale. O Nuvo
bell’ arte, appena so leggere. Baje (replica Demostene); questo è il
tuo
vero merito l’essere odioso, vile, ignorante; anz
p. Popoluccio, belluccio.E chi mi chiama? Cle. Son io, son desso, il
tuo
Cleon che a torto Da costui son battuto. Pop. Da
dunque, Libano amato, ricorro a te, trova queste venti mine, usa del
tuo
ingegno, ingannami, aggirami, inganna mia moglie
su di me, s’io penso giusto. Verg. Egli è così, tutto il comando è
tuo
. Pur benchè poveretti, è meglio, o padre, Viv
scaltra! ha senno: oh quanto Aggiustato risponde!) Dor. (Il nome
tuo
? Toss. Ora temo che sbagli.) Verg. Al mio pae
T’incresce adunque (dice Pistoclero) di sentire la buona ventura del
tuo
padrone? Non è il padrone che m’incresce (rispond
tuoi han comandata a te la strage E la vendetta, il mio, poichè il
tuo
braccio Vibrommi il colpo micidial, m’impone
h’io ti compianga e ti perdoni. Alv. Ah figlio, La tua virtude al
tuo
coraggio è pari. Alz. Qual cangiamento, eterno
ro sostegno Sperato invan di questa età cadente, Sorgi, abbraccia
tuo
padre: ei ti condanna, Ma se Bruto non era ei t
iose contro del Principe72. V’è, gli dice Publio, chi lacera anche il
tuo
nome; e Tito: E che perciò? Se il mosse Leg
e; prendi allora il Metastasio, e componi; il suo genio riscalderà il
tuo
; col suo esempio tu saprai creare; e gli occhi al
’ cucire; dammi un altro bicchiere, e sia uno di quelli che adopra il
tuo
curato non-conformista dopo essersi riscaldato a
contro gli diceva: E quando menerai tu le capre da Felleo come faceva
tuo
padre vestito di grosso panno? Che comici contrap
il mare non cresce col concorso di tanti fiumi, e pretendi tu che il
tuo
danajo si aumenti colle usure? E’ adunque discacc
to del proprio errore), con tali eccessi ti getterai da te stesso col
tuo
abominevole maestro nel baratro infernale. O Nuvo
bell’ arte, appena so leggere. Baje (replica Demostene); questo è il
tuo
vero merito l’essere odioso, vile, ignorante: anz
ccio, belluccio. Pop. E chi mi chiama? Cle. Son io, son desso, il
tuo
Cleon, che a torto Da costui son battuto. Pop.
a madre tua ti espose, Con questa legge tu fra noi venisti, Che a
tuo
piacer girar dovesse il mondo: Se tal felicità
gor del verno Tal giace esposto o sventurato o reo? Chi sei? qual
tuo
delitto o nume avverso Così ti opprime? In quai
i, quella a cui tu prima Figlia dicesti; guardami, son io. Me nel
tuo
grembo pria d’ogni altro assisa Scherzar vedest
iace; La ragion mi rattrista. Ah cedi al fato, Cedi, meschina, al
tuo
delirio e mori. La scena dell’atto secondo, in
mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli. Ah tu morrai, E di
tuo
padre il nome Che tanti ne salvò, ti fia funest
esto, Credei produrti, o figlio ... Oh Dio! tu piangi? Prevedi il
tuo
destin. Perchè mai stringi L’imbelle madre tua,
l rigor del verno Tal giace esposto o sventurato o reo? Chi sei? qual
tuo
delitto o nume avverso Così ti opprime? In quai c
dunque, Libano amato, ricorro a te, trova queste venti mine, usa del
tuo
ingegno, ingannami, aggirami; inganna mia moglie
già su di me s’io penso giusto. Ver. Egli è così, tutto il comando è
tuo
. Pur benchè poveretti, è meglio, o padre, Viver c
o: oh quanto Aggiustato risponde!) Dor. Aggiustato risponde!)Il nome
tuo
Tos. Ora temo che sbagli) Ver. Ora temo che sbag
T’incresce adunque (dice Pistoclero) di sentire la buona ventura del
tuo
padrone? Non è il padrone che m’incresce (rispon
angiarsi l’un l’altro le care espressioni di Aluro: addio, Olvia, col
tuo
nuovo amante vivi felice (morendo di fame?) e le
nel 1780. 2. Tito dice a Sesto: Odimi, o Sesto, Siam soli: il
tuo
sovrano Non è presente: apri il tuo core a Tite
Odimi, o Sesto, Siam soli: il tuo sovrano Non è presente: apri il
tuo
core a Tite: Confidati all’amico: io ti promett
’io Seguirti o del cor mio Parte migliore. Al
tuo
bel sen farei Scudo di questo Core:
sponde. Di chi dunqne ti lagni , ripiglia il Coro, se niuno colpa al
tuo
male? Oimè! (dice il Ciclope) il forestiere mi h
risponde. Di chi dunque ti lagni, ripiglia il coro, se niuno colpa al
tuo
male? Oimè! (dice il Ciclope) il forestiere mi ha
finti sdegni . . . Isa. Ah tu m’uccidi! Gio: Un motto, un guardo
tuo
, qualche sospiro Era de’ voti miei gloria e mis
facondia è inaccessibil meta : e fra i portenti è meraviglia vaga il
tuo
furor, ch’ ogni pensiero accheta ; la tua follia,
▲