(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

XX

Mercurio

Chi è che non conosca qualcuno dei molti significati di questa parola Mercurio ? È un termine rammentato frequentemente nel Commercio, nelle Arti, in Astronomia, in Fisica, in Chimica e perfino in Medicina o materia medica. E chi fu mai sì losco o dell’occhio o dell’intelletto che non abbia veduto e ammirato, in tela, in legno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni.

Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate nella costellazione delle Pleiadi ; quindi Mercurio dai poeti trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. Dai Greci era chiamato Erme, che significa interprete ; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè di messaggiero degli Dei. La parola Erme fu poi usata in greco e in latino a significare il busto del dio Mercurio posto sopra una colonnetta ; e in questa stessa significazione si adopra tuttora in italiano, ma estendendola a indicare qualunque busto di Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccola colonna. Il nome di Mercurio ha evidente relazione etimologica, tanto in latino quanto in italiano, con mercatura e con merce, e vien quindi a significare il Dio del Commercio.

Da questi due principali nomi Erme e Mercurio e dagli attributi che per essi indicavansi, dedussero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. Poichè egli era l’interprete e il messaggiero degli Dei, supposero che fosse ancora il Dio dell’eloquenza e della persuasione, qualità indispensabili in un esimio ambasciatore : e dall’esser egli il Dio della mercatura e del commercio, nelle quali occupazioni si commettevano anticamente molte frodi per fare illeciti e subiti guadagni, dedussero che egli fosse pure anco il Dio dei ladri. E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare.

Raccontano dunque i mitologi, che nacque Mercurio dotato d’ingegno acutissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto di valersene per ingannare gli altri. Non già che egli, come Dio, avesse bisogno di rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare la sua scaltrezza si divertiva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevano di più caro e prezioso. E perciò dicono che Mercurio ancor fanciullo rubò le giovenche e gli strali ad Apollo, e poi il cinto a Venere, il tridente a Nettuno, la spada a Marte e perfino lo scettro a Giove. I poeti commentarono queste furbesche prodezze di Mercurio anche negl’ inni in onore di lui150. Era questo certamente un linguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto di tutti, o secondo la nostra frase familiare, aveva rubato il cuore a tutti. Ma gl’ignoranti intendevano questi furti alla lettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano di far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano da lui protetti. Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. Tito Livio, nel libro 2° della Storia Romana, racconta che il collegio dei mercanti celebrava la festa di Mercurio il 15 di maggio, e Ovidio aggiunge la preghiera che essi recitavano, la quale terminava col chiedere a questo Dio guadagni in qualunque modo ottenuti, e di poterseli godere ingannando accortamente i compratori151.

E il poeta, pretendendo di conoscere come accogliesse Mercurio dall’alto questa preghiera, soggiunge che sorrideva, ricordandosi di avere anch’egli rubate le greche giovenche152. Così la religione stessa interpetrata secondo le malnate passioni, contribuiva a corrompere e disfare la società pagana.

Ridotto alla sua vera significazione questo attributo di Mercurio, passiamo a parlar degli altri.

Come nunzio di Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far molti viaggi in Terrà e nell’Inferno, per diminuir le distanze e guadagnar tempo colla velocità, si metteva il petaso e i talari, e volava celere al pari del vento153. In mano aveva o la sola verga, o la verga coi serpenti, detta il caducèo, e talvolta la borsa. In principio aveva la sola verga ; ma un giorno, come raccontano i poeti, avendo egli trovato due serpenti che si battevano, li percosse colla sua verga per separarli e dividerli ; ed essi attortigliandosi a quella rimasero in atto di lambirsi in segno di pace154. La prima, cioè la verga sola, significava l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno di Plutone, e richiamarle alla vita secondo la dottrina della Metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime155 ; la seconda, ossia la verga coi serpenti, indicava che questo Dio consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Commercio, che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è l’olio che fa girar facilmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale.

Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a significare l’efficace e gradito potere dell’eloquenza ; e come a Dio della medesima gli si offrivano le lingue degli animali.

Siccome la perfetta eloquenza non trascura l’armonia del linguaggio, ma sì la coltiva e l’adopra per iscender più facilmente dall’orecchio al cuore157, perciò gli Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo nella musica, ed aveva pur anco inventato un musicale stromento. Questo chiamavasi in greco chelys e in latino testudo, parole che in entrambe le lingue significano primitivamente testuggine, perchè credevasi che Mercurio avesse formato questo stromento col guscio di una testuggine adattandovi 7 corde158. I poeti latini lo chiamano anche lira e così a loro imitazione i poeti italiani. Ad Apollo piacque tanto questo stromento e tanto se ne invogliò che Mercurio suo fratello glie ne fece un regalo graditissimo. — I poeti non dimenticano veruna particolarità mitologica, e perciò Orazio chiama fraterna la lira di Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello159.

Attribuirono a Mercurio anche i primi incentivi alla vita sociale e all’incivilimento, asserendo che egli avesse dirozzati i popoli selvaggi col canto e coll’uso dei giuochi ginnastici, esercizii tanto pregiati dagli Antichi160. Perciò il culto di Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Commentarii ci lasciò scritto che i Galli adoravano principalmente questo Dio, e lo credevano inventore di tutte le arti, e protettore della mercatura e dei guadagni161.

Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di questo Dio. Son due trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e di Aglauro in livido sasso.

Raccontano i poeti che quando Mercurio rubò le vacche ad Apollo, incontrò per via il pastor Batto, al quale regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la sua fede prese la forma di un altro che cercasse il ladro di quell’armento e promise a Batto una vacca e un bove, se glie ne indicava le traccie. Batto si lasciò vincere da insaziabile cupidigia e manifestò quel che sapeva e avea promesso di tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, lo rimproverò della sua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietra nera che dicesi di paragone, perchè serve a far conoscere se v’è mistura o falsificazione negli oggetti d’oro e d’argento162.

Il significato di questo mito s’intende facilmente ; indica cioè che l’onestà degli uomini si mette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è questa : chi, nelle cose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce.

La metamorfosi di Aglauro si racconta così : Mercurio per quanto pieno di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei, per invidia frapponeva ostacoli alla conclusione degli sponsali. Mercurio che non aveva tempo da perdere, per levar di mezzo quest’impaccio, la cangiò in livido sasso, simbolo del livore, ossia dell’invidia. Dante a cui nulla sfugge, e che ovunque stenda la mano o colorisce o scolpisce, nel descrivere il cerchio del Purgatorio ove son puniti gl’invidiosi, ci narra che ei vide

« Il livido color della petraia, »

e più oltre

« ………ombre con manti
Al color della pietra non diversi, »

e udì

« Voce che giunse di contro dicendo :
« Io son Aglauro che divenni sasso ; »

e seppe così valersi incomparabilmente della pagana Mitologia, per ornamento del linguaggio poetico anche nel Purgatorio cristiano, apostolico, romano163.

Dagli astronomi fu dato pensatamente il nome di Mercurio al pianeta più vicino al centro del nostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento di rivoluzione intorno al Sole, vale a dire in 87 giorni, 23 ore e 15 minuti.

I filosofi naturali chiamaron Mercurio il solo metallo che sia liquido a temperatura ordinaria, e che si solidifica soltanto a 40 gradi di gelo. È conosciuto volgarmente sotto il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argenteo e della sua mobilità ; per cui serve ottimamente nei tubi dei termometri e dei barometri ad indicare in quelli i diversi gradi di calore e in questi la variazione dello stato dell’atmosfera.

Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pubblicazioni a stampa, perchè furon considerati quei fogli come messaggieri veloci al par di Mercurio.

Dai botanici si chiamò mercuriale un genere di piante della famiglia delle Euforbiacee, perchè, secondo quel che dice Plinio, si credeva dovuta al Dio Mercurio la scoperta delle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere di piante. La più comune dicesi volgarmente Marcorella, che è una corruzione del termine mercuriale.

Mercuriali si chiamavano dai Latini non solo i mercanti, ma anche gli uomini dotti, perchè Mercurio era pure il Dio dell’eloquenza164 ; Mercuriali (secondo il Menagio) le adunanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Francia le assemblee delle corti sovrane, Mercuriali in commercio i registri officiali delle derrate. E tutte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio.