(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

XXI

Minerva

Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita di Minerva Dea della sapienza. Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era questa, com’è veramente, la più bella e sapiente allegoria, significando essa che la sapienza è figlia del supremo dei Numi e che uscì dalla divina mente di lui. In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove.

Per intender certe parole e frasi dei poeti pagani è necessario almeno accennarne alcune. Aggiungono dunque i mitologi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor di testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mandò a chiamare Prometeo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia.

Prima di tutto convien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi di questa Dea.

Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa fanciulla robusta, perchè nacque adulta e tutta armata ; e questo nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani.

Minerva poi è voce di origine tutta latina, e Cicerone stesso ne dà l’etimologia derivandola dai verbi minuere e minitari (diminuire e minacciare) ; e perciò sotto questo nome sarebbe considerata come della guerra. Altri però dicono che deriva dal verbo monere (ammonire) ; e che perciò verrebbe invece a significare la Dea del consiglio, ossia della sapienza. Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio :

« Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte
« Armati ancora in mezzo al padre loro
« Mirar le membra de’giganti sparte. »

E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea della sapienza :

« Minerva spira e conducemi Apollo. »

Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. Aggiungono che nacque gara fra gli Dei per darle il nome ; e Giove per troncar le questioni decretò che avrebbe questo privilegio quel Nume che producesse una cosa più utile al genere umano. Gli altri Dei lasciarono libero il campo a Nettuno e a Minerva. Quegli fece nascere il cavallo e questa l’olivo ; e fu stimato più utile l’uso dell’olio che quello del cavallo. Minerva dunque che in greco chiamasi Atena diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza inventarono le scienze e le arti, e divennero il popolo più civile165 e ingegnoso che sia mai esistito166.

L’invenzione è bellissima e facile ad intendersi ; significa che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella. Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente questa invenzione e riprodotta a gara con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie di lui :

« …..Se tu se’ Sire della villa
« Del cui nome ne’ Dei fu tanta lite,
« Ed onde ogni scienza disfavilla,
« Vendica te di quelle braccia ardite, ecc. »

Dante inoltre volge ad ornamento del suo divino linguaggio poetico l’origine mitologica dell’ olivo, e considerandolo come simbolo di sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla sua Beatrice rappresentante la cristiana Teologia. E perchè il suo nuovo concetto apparisca manifesto, prima descrive Beatrice (nel Canto xxv del Purgatorio) :

« Sovra candido vel cinta d’olivo, »

e poco, dopo soggiunge che era quel velo

« Cerchiato della fronde di Minerva ; »

e così commenta sè stesso, facendo conoscere qual significato simbolico intendeva di dare, in quel caso, all’olivo.

Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo di Ateneo.

Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatina sacra ad Apollo. Chiamavasi pure Ateneo un altro simile edifizio ove adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare di lettere, scienze e filosofia. In italiano si dà elegantemente questo nome di Ateneo alle Università, e da noi ed altrove suol darsi anche ad alcune società o accademie di letterati o scienziati e ad alcuni periodici letterarii e scientifici167.

Minerva rappresentavasi con volto serio e maestoso, e quasi sempre armata, coll’elmo in testa, nella sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai piedi una civetta o un gufo, animale a lei sacro.

Secondo alcuni poeti l’egida era un’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera di Vulcano. Perchè poi fosse sacro a Minerva quell’animale notturno, rispondono i poeti, perchè le recava notizie di quel che accadeva di notte ; e si voleva significare che l’ingegno vede e scuopre le cose che agli altri restano oscure ed ignote. E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169.

Questa Dea era venerata al par di Giove da tutti i popoli civili, o almeno non affatto barbari e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine, e il tempio chiamavasi il Partenone, cioè sacro alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avanzi da poter fare su quelli la completa restaurazione dell’edifizio ; e se ne ha il disegno in molte stampe o incisioni. Anzi a Parigi fu costruita sul disegno e le dimensioni del Partenone la chiesa della Maddalena, guasta recentemente e quasi rovinata dagli anarchici furori della Comune.

Di Minerva avremo occasione di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però dobbiamo riportare un racconto mitologico, che non si collega con quegli altri importanti e celebri avvenimenti.

Una giovane lidia, di nome Aracne, osò sfidar Minerva a chi meglio sapesse lavorare e ricamare in lana. Minerva accettò e vinse, e punì la presuntuosa Aracne cangiandola in ragno, animale che conserva l’abitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto xii, 43….) :

« O folle Aragne, sì vedeva io te,
« Già mezza aragna, trista in su gli stracci
« Dell’opera che mal per te si fe ! »

Quindi egli non accetta l’opinione di qualche strambo mitologo, che Minerva fosse vinta, e per dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno.

È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per la somiglianza del nome. Infatti Suida, lessicografo greco, scrive nel suo dizionario che la parola Aracne al femminile significa tela, e al maschile ragno, e Plinio asserisce che una donna chiamata Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio di lei, i fusi.

Il nome di Minerva fu usato dai poeti latini (e spesso anche dai prosatori) a significare per metonimia l’ingegno naturale, e vi si univa qualche epiteto o aggettivo per indicare se era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o restìo171. Il nome di Pallade poi trovasi del pari figuratamente usato nella poesia latina a significare l’olio 172.

Dagli astronomi fu dato il nome di Pallade al secondo asteroide o pianeta telescopico, scoperto da Olbers il 28 maggio 1802.