(1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
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(1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Cenni Preliminari

sul significato di alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più specialmente relativi alle cerimonie religiose notate nella mitologia.

I. Apoteosi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la quale gli eroi, gl’ imperatori e i poeti eran collocati dopo morte fra i Numi. L’origine dell’ apoteosi risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima gli uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal quale riceviamo la benefica luce, e che feconda le campagne. Poi deificarono per gratitudine coloro che li seppero governare, che fecero buone leggi, che assicurarono la pace ed aumentarono l’incivilimento ed il bene dell’ uman genere. Quindi l’adulazione dei popoli avviliti nella servitù concesse l’apoteosi a indegni monarchi ; ed essi, prevalendosi del potere, divinizzarono uomini stolti o scellerati ministri delle loro prepotenze e dei loro vizj. È noto che Alessandro il grande, non contento dei magnifici funerali pel suo amico Efestione, volle che gli fosser fatti onori divini ; laonde gli consacrarono feste, gli alzaron templi, gli offersero sacrifizj, e giunsero ad attribuirgli guarigioni ed altri miracoli. Sono pur note le follie dell’imperatore Adriano pel suo favorito Antinoo. L’onore dell’ apoteosi fu talora conferito dai Romani anche alle donne, massime alle mogli degl’imperatori. — Ora in senso figurato si chiamano apoteosi anche gli onori straordinarj o gli elogi esagerati fatti a un vivente.

II Ara o Altare, luogo destinato pei sacrifizj agli Dei. Quasi tutti i popoli fecero i primi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi coprendole di sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le pietre, ed alle rozze pietre i mattoni, il marmo e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e celebrazioni di pubbliche feste.

III. Aruspici,1 sacerdoti istituiti da Romolo, e destinati principalmente ad esaminare gli animali offerti in sacrifizio ed immolati agli Dei, ossia le vittime, per cavarne i presagi. Se la vittima doveva essere trascinata per forza all’altare, se sfuggiva di mano al conduttore, se schivava il colpo, e via discorrendo, erano cattivi prognostici ; e se il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio di prossimi e inevitabili guai. Quanto alla fiamma, perchè fosse buono il presagio, doveva elevarsi presto, impetuosa, a piramide, ed essere trasparente, senza molto crepitare, senza fumo, ec.

IV. Auguri. 2 I Romani chiamaron cosi nove magistrati eletti a predire il futuro, e li credevano interpreti degli Dei. Eran tenuti in grandissima venerazione, e consultati sempre innanzi d’intraprendere cose di gran rilievo, a fine di prevederne l’esito. Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cotesti impostori erano segretamente governati nei loro presagi dal volere dei principi, dei legislatori o dei faziosi, secondo che ad essi premeva che il popolo fosse animato a sperare o a disperar d’una impresa. In ogni caso poi il loro zelo era sostenuto dai ricchi guadagni e dai lauti banchetti a spese dei creduli. Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta caddero in discredito ; e un cittadino poteva dire impunemente : « Io non so come due auguri possano incontrarsi senza ridere l’uno dell’altro. » Ma il volgo ignorante e coloro che ci trovavano il proprio conto mantennero per lungo tempo siffatte puerili e dannose superstizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite. Tanto è vero che è più facile perpetuare dieci errori o dieci pregiudizi che stabilire una verità !

V. Feciali, sacerdoti romani che avevano ufficj analoghi a quelli dei nostri araldi di guerra o ambasciatori straordinarj ; poichè generalmente erano destinati a dichiarare la guerra ed a presiedere ai trattati di pace.3 Quando un popolo offendeva la Repubblica, il feciale si recava tosto a chiedere le discolpe dell’ ingiuria. In caso di negativa eran concessi 33 giorni a risolvere, dopo i quali rompevan liberamente la pace. Il feciale tornava allora sul territorio nemico, e vi lanciava una picca insanguinata, intimando guerra con cerimonie religiose.

VI. Feste e Ferie. I giorni consacrati ad onorare gli Dei ed a ricreare il popolo eran detti feste. In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. Tutti s’incoronavano di fiori ; celebravano giuochi, balli, banchetti, e si astenevano scrupolosamente dal proferir parole di cattivo augurio. I Romani chiamaron ferie (feriœ da ferire, colpire, immolar la vittima) i giorni sacri al riposo ed ai sacrifizj in onor degli Dei. Le ferie latine furono le più solenni. Tarquinio il superbo le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione che alla politica. Poi furon detti ferie o giorni feriali quelli della settimana, e prima feria il lunedì, seconda feria il martedì ec. ; e nel tempo stesso ferie autunnali son le vacanze dei magistrati, degli scolari ec.

VII. Flamini,4 sacerdoti istituiti da Numa, e destinati al culto di qualche deità in particolare. Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi arrivarono a quindici. Grandi furono i privilegi del Flamine di Giove : andava fuori preceduto da un littore,5 aveva la sedia curule o da senatore, l’anello d’oro, ed un posto in senato. Non poteva salire a cavallo, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato di veder lavorare la gente ; laonde quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il diritto di accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui si rifugiavano, e di far grazia a quelli che, andando al supplizio, erano da lui incontrati per via. Egli benediva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’ulivo legato con un nastro.

VIII. Lettisterni, banchetti sacri dei Romani in tempi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli le statue degli Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica un lauto pasto. I cittadini stessi tenevan tavola aperta a tutti, e convitavano indistintamente amici e nemici, poveri e ricchi, incogniti, viaggiatori ec. Questa cerimonia e questi divertimenti miravano a distrarre l’attenzione del popolo dallo spettacolo delle pubbliche calamità, ed a guarire il corpo ricreando lo spirito. Il primo lettisterno indicato dalla storia durò otto giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contorni. Ancorchè la storia nol dica, possiamo tener per fermo che il rimedio deve essere stato peggiore del male.

IX. Libazione, cerimonia religiosa nei sacrifizj. Il sacerdote assaggiava il vino di cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli assistenti, e versava il resto sull’ altare o sulla terra o sulla fronte delle vittime. Non vi erano sacrifizj senza libazione, ma spesso facevano libazioni senza sacrifizj, come nei matrimonj, nei funerali, nei trattati d’alleanza, nei banchetti, nei pasti giornalieri ec. Oltre al vino adoperavano nelle libazioni anche il latte, il miele, l’olio, l’acqua delle fonti o del mare ed il sangue degli animali.

X. Lustrazioni, cerimonie sacre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi, gli eserciti, i greggi, gl’ individui, le città, i templi, le case, ec. La lustrazione di un campo consisteva nel condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta, e nel bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizio. Per quella di un esercito, alcuni soldati cinti d’alloro conducevano tre volte intorno all’esercito schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano con imprecazioni contro il popolo nemico. Nella lustrazione dei greggi il pastore aspergeva d’acqua pura il bestiame, bruciava alloro, sabina e zolfo, faceva tre volte il giro della cascina, ed offriva a Pale latte, vin cotto, miglio ed una focaccia. Le lustrazioni pubbliche e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il quale spazio di tempo essendo chiamato lustrum (lustro) ha dato origine al vocabolo lustrazione.

XI. Magia, fu l’ arte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spiriti immaginari, con parole cabalistiche e cerimonie misteriose. La divisero in più rami, come astrologia giudiziaria, sortilegio, incanti, evocazione di morti, divinazione o predizione del futuro, scoperta di tesori nascosti, guarigione di malattie incurabili, e simili altre imposture. Questi artifizj malvagi e spregevoli caddero naturalmente in discredito delle persone assennate : ma per mala sorte gl’ ignoranti e i superstiziosi non li dimenticarono mai per l’affatto, e furono spesso fomento di vizj e cagion di delitti. Ecate fra le divinità pagane presiedeva ai misteri della magia. Medea l’aveva propagata nella Tessaglia, ec. La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano. Con la Negromanzia pretendevano di richiamare in vita i morti per consultarli intorno alle eose future. I Greei ed in speeie i Tessali la usavano molto, ed incomineiavano l’ areano rito eol bagnare di sangue ealdo i eadaveri.

XII. Purificazione, atto religioso dei Pagani per onorare gli Dei, per espiare i delitti o per allontanare una calamità. Prima del saerifizio il sacerdote tuffava un ramo d’alloro nell’aequa lustrale,6 e girando tre volte intorno all’assemblea, ne aspergeva i eireostanti pronunziando alcune parole saere. In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompagnate da azioni erudeli. Un omicida non si poteva purificare da sè del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non gli permetteva d’ entrare nei templi se non che dopo una eompleta espiazione.

XIII. Vittime, ostie, olocausti. Furon dette vittime gli animali destinati ai saerifizj. Ogni divinità aveva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco, senza che ne restasse alcuna parte per il banchetto dei sacerdoti o degli assistenti.