(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

II

Il Caos e i quattro elementi

Il Caos era considerato dagli Antichi come il principio di tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos significa confusione, e si riferisce perciò principalmente alla confusa massa di tutta quanta la materia bruta ed informe, supposta esistente nello spazio prima che con essa fosse plasmato il mondo ; e in questo significato si adopra quella parola anche dai nostri poeti. Dante stesso fa dire a Virgilio esservi

« ……. chi creda
« Più volte il mondo in caos converso, »

cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2.

I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; mentre i fisici e i chimici moderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri.

Può riuscir piacevole e divertente per chi intende bene le lingue dotte il leggere nei poeti greci e latini le fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo di maraviglie vere e reali della natura. Da questi studi scientifici traggono in oggi le più belle immagini quei pochi eletti che hanno intelletto a poetare4.

La confusione del Caos immaginato dagli antichi ingenerò confusione anche nelle loro menti circa l’origine del mondo e l’esistenza degli Dei. Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie era la Notte. Dei figli parleremo in appresso e diremo quali fossero. Ma intanto è notabile la spiritosa invenzione della sposa del Caos, la quale ora chiamerebbesi con termine dantesco la Tenebra anzichè la Notte5, poichè questa suppone l’esistenza del giorno, e giorno vero e proprio, ossia presenza del sole sull’orizzonte, esser non vi poteva, finchè gli elementi eran confusi e misti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria era priva di luce. Non asserisce però che il Caos stesso fosse l’ordinatore dei propri elementi di cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglior natura. Qual fosse questo Dio non lo sa, poichè poco dopo soggiunge : qualunque degli Dei foss’egli stato (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i). Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra.

Noto subito in principio le grandi difficoltà di ridurre a sistema regolare la Mitologia come scienza religiosa degli Antichi, non già per voler tentare di superarle, ma per dichiarare che sarebbe opera perduta l’affaticarvisi. La sola spiegazione probabile o plausibile consiste nel considerare i miti come simboli o allegorie dei fenomeni fisici dell’universo e dei fenomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali. Dante più degli altri poeti ci rivela un simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia e dalla Mitologia, dalle Storie sacre e dalle profane. Sembra che voglia dire a chi ha orecchi da intendere : Vedete ! anche gli Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti di quei principii che l’età moderna ci presenta sotto altre forme ! E prende per guida ed interpetre dei portati dell’antica sapienza il poeta Virgilio che visse

« A tempo degli Dei falsi e bugiardi, »

e la prediletta sua Beatrice, divinizzata come la Teologia, a dargli la spiegazione della scienza dei Cristiani. Nè soltanto nell’Inferno e nel Purgatorio, ma pur anco nel Paradiso sino all’ultimo canto, si trovano frasi, comparazioni e similitudini mitologiche.

Fissate e dichiarate le mie idee sul fine e sui limiti dello studio della Mitologia, sarà questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto di questa antichissima erudizione ; e così ciascun che legge potrà seguirmi senza temer fatica o disagio ; anzi anche il salire gli parrà tanto leggiero

« Come a seconda giù l’andar per nave. »