(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

VII

Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio

Poichè i mitologi, e specialmente i poeti latini, ci raccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte di Giano su quel celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con gli uomini, convien premettere qualche osservazione sull’origine della specie umana.

La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina. Anche Orazio disse che l’anima era una particella dell’aura divina 27). Questa per verità apparisce una opinione più filosofica e biblica28) che mitologica. Di altre che sono totalmente favolose e strane avremo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il regno di Saturno. Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo, secondo i diversi mitologi, convenivano però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo.

Raccontano dunque i poeti che l’esule Saturno, dopo essere andato errando per l’orbe terrestre, venne per nave sul Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria di Saturno fu da prima chiamato terra Saturnia, e poi Lazio, termine che derivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perchè vi si era nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30.

I più credono che fiorisse l’età dell’oro in quel tempo che Saturno stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di Saturno nel Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti però si accordano nell’ammettere, o nell’una o nell’altra epoca, l’età dell’oro e nel celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni di ogni ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi di latte e di miele. Ma il nostro Dante fa una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo :

« Lo secol primo quant’oro fu bello ;
« Fe’ savorose per fame le ghiande,
« E nettare per sete ogni ruscello. »

Ammette sì la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e di squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la frugalità e per condimenti la fame e la sete.

Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche gli Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi, gli Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, cioè la Giustizia32. Questa invenzione è bella e sapiente, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativamente malinconico e furibondo.

Nel Cristianesimo il tempo che Adamo ed Eva passarono nel Paradiso terrestre è considerato come la vera età dell’oro, a cui debbono riferirsi le fantastiche descrizioni che ne fanno i poeti pagani. Ed è questa l’opinione non solo dei commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il quale nel Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le bellezze del Paradiso terrestre, fa dire alla celeste Matelda :

« Quelli che anticamente poetaro
« L’età dell’oro e suo stato felice
« Forse in Parnaso esto loco sognaro.
« Qui fu innocente l’umana radice ;
« Qui primavera sempre ed ogni frutto ;
« Nettare è questo di che ciascun dice ! »

All’età dell’oro successe quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di mano in mano che gli uomini peggiorarono.

Da queste idee poetiche nacque il proverbio che il mondo peggiorando invecchia 33). Ma non è dimostrato nè fisicamentemoralmente che il mondo invecchi e vada sempre peggiorando : fisicamente subisce continue modificazioni e trasformazioni ; ma chi può asserire e provare che le leggi fisiche vadan sempre perdendo della loro efficacia ? E riguardo al morale, ognun sa che vi sono uomini e popoli più o meno malvagi, ma non è cangiata o guasta l’umana natura in generale, poichè non meno la storia che la comune esperienza dimostrano che gli uomini e i popoli possono correggersi dei loro vizii e difetti. Dante stesso fa dire nella Divina Commedia a Marco Lombardo :

« Tu dei saper che la mala condotta
« È la cagion che il mondo ha fatto reo,
« E non natura che in voi sia corrotta. »

E in propria persona soggiunge tosto :

« …. O Marco mio, bene argomenti. »

Qui osserverò una volta per sempre che alle erronee o pregiudicate opinioni bisogna sempre opporre le contrarie sentenze per rettificarle : diversamente la nuda erudizione che non sa far confronti e dedurne logiche conseguenze è peggio che inutile per l’umano progresso ; e quel tempo che si perde in vanità e quisquilie letterarie, saria meglio impiegarlo

« ….. in qualche atto più degno
« O di mano o d’ingegno, »

come suggerisce il Petrarca.

Nel tempo che Saturno si trattenne nel Lazio insegnò a quei rozzi e semplici popoli a seminar le biade, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34.

È facile il riconoscere nelle pitture e nelle sculture l’immagine di questo Dio. Si rappresenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orologio a polvere, oppure un serpente che si morde la coda e forma così un circolo non interrotto. Con tutti questi diversi emblemi s’intende facilmente che sta a simboleggiare il Tempo ; e secondariamente si vuol considerarlo come uno degli Dei dell’agricoltura, perchè la falce può significare egualmente che il tempo atterra ossia distrugge tutte le cose ; e indicare pur anco la principale operazione della mietitura. Il serpente poi che mordendosi la coda forma un circolo, appella soltanto al tempo che è la continua successione dei momenti35.

In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. In quelle feste gli schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei loro difetti36). Facevasi vacanza anche negli uffizi pubblici e nelle scuole, e si mandavano regali chiamati in latino strenœ, ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’anno.

Saturno era adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva un tempio in Roma alle falde del Campidoglio, ove conservavasi il tesoro della Repubblica. Davasi, come si dà tuttora, il nome di Saturno al più distante dei pianeti visibili ad occhio nudo37), e inoltre a quel giorno della settimana che noi con vocabolo derivato dall’ebraico chiamiamo sab ato. Gli astrologi stimavano Saturno un astro infausto e maligno, deducendolo forse dalla favola, che egli divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal di Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica saturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo o delle sue emanazioni : la luce pallida o plumbea del pianeta Saturno può aver suggerito quelle scientifiche denominazioni.

Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto a presiedere al tempo. Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima di tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e li rese così più sicuri del loro nutrimento al cessare dell’età dell’oro ; e poi accordò a Giano stesso due singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticarsi mai del passato.

Giano in tutto questo racconto dell’esilio di Saturno e dell’età dell’oro, ci comparisce un semplice mortale, quantunque ottimo re ; ma altrove lo troviamo rappresentato come portinaio della celeste reggia, e come il Dio che fa girare le sfere e l’asse del mondo38, cioè il Dio del moto ; e finalmente come il mediatore dei mortali presso gli altri Dei. Ecco uno dei molti casi mitologici in cui più e diversi attributi ed uffici si riunivano in uno stesso soggetto, che inoltre era considerato e come uomo e come Dio. La Grecia non ha alcun Dio pari a questo, asserisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare).

Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi. Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici.

La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada.

Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e per poco tempo, tre volte, come sappiamo dalla storia romana.

A Giano facevansi libazioni e preghiere prima che gli altri Dei, per ottenere da lui facile accesso a qualunque altro nume. In quel tempio v’eran dodici altari, indicanti i dodici mesi dell’anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, considerato come portinaio del Cielo e dell’anno.

Chiamavansi Giani anche certe fabbriche di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella celebratissima di Or San Michele in Firenze, che servivano anticamente come luoghi di convegno e di affari ai negozianti. Gli antichi scrittori latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola di questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo alle moderne Borse, o palazzi della Borsa. In Roma se ne conserva tuttora uno antichissimo, situato tra il Foro romano ed il Tevere39.