(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

XI

Giove re del Cielo

Che Giove fosse adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero

« Primo pittor delle memorie antiche. »

Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. Il nome latino è conservato senza alterazione ortografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove).

Il nome di Giove deriva dal verbo giovare (juvare) : Giove significa dunque etimologicamente il Dio che giova agli uomini, il Dio benefico per eccellenza57.

Questa significazione è tanto chiara ed evidente, che un dei nostri poeti ha detto : quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante nel celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima perifrasi :

« E se licito m’è, o sommo Giove
« Che fosti in terra per noi crucifisso,
« Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove ? »

ove è manifesto che egli chiama sommo Giove Gesù Cristo nel senso etimologico e non mitologico della parola Giove.

La Divinità non ebbe mai in alcuna lingua un nome etimologicamente più bello, poichè anche più della giustizia e della clemenza è bella la beneficenza. Sii giusto, sii benefico, dicono i moralisti ; e in questi due punti compendiano tutti i doveri della morale, il primo come dovere assoluto e il secondo come dovere relativo, a cui si sottintende se puoi e per quanto puoi 58 ; ma poichè la Divinità è onnipotente, perciò immensa e infinita è la sua beneficenza. Da queste idee filosofiche derivò il titolo di Ottimo Massimo che davasi a Giove dai romani politeisti ; e Cicerone stesso spiega questi due attributi colle seguenti parole : « Il popolo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la sua potenza » 59. Era detto ancora Ospitale, perchè gli Antichi attribuirono a Giove l’invenzione e la protezione della ospitalità ; Tonante perchè era creduto signore del fulmine. In Roma gli furono eretti diversi tempii sotto i nomi di Giove Statore, Feretrio e Capitolino ; e la storia romana stessa narra l’origine e la ragione di questi titoli. Fu chiamato anche Giove Pluvio 60 perchè i loro fisici lo considerarono come l’etere o l’aria, ove

« ……… si raccoglie
« Quell’umido vapor che in acqua riede
« Tosto che sale dove ’l freddo il coglie. »

Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte. Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra, e teneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62.

La dignità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più sommi con espressioni veramente sublimi. Virgilio imitando Omero dice che Giove con un cenno faceva tremar tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1).

Rappresentavasi con molta maestà seduto in trono, coi fulmini nella destra, lo scettro sormontato dalla statua della dea Vittoria nella sinistra, e ai piedi l’aquila ministra del fulmine, vale a dire che gli portava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero aggiunge che ai lati del suo trono teneva Giove due coppe, l’una del bene e l’altra del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali.

Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64.

Nell’Affrica questo Dio era adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la forma di ariete. Ammone significa arenoso, e Giove ebbe questo titolo perchè nelle arene della Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fontana per dissetarsi. Il tempio che Bacco per gratitudine gli eresse in quell’oasi fu perciò detto di Giove Ammone, e l’idolo del Nume ebbe perciò la forma di ariete65. Dell’ Oracolo di questo tempio parleremo in un capitolo a parte, spiegando in che consistessero gli Oracoli dei Pagani.

I paleontologi hanno dato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Francesi, corno di Ammone. Ecco un’altra scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare nel linguaggio scientifico i termini della Mitologia.

La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei :

« D’oro al cielo appendete una catena,
« E tutti a questa v’attaccate, o Divi,
« E voi Dee, e traete. E non per questo
« Dal ciel trarrete in terra il sommo Giove,
« Supremo senno, neppur tutte oprando
« Le vostre posse. Ma ben io, se il voglio,
« Lo trarrò colla terra e il mar sospeso :
« Indi alla vetta dell’immoto Olimpo
« Annoderò la gran catena, ed alto
« Tutte da quella penderan le cose.
« Cotanto il mio poter vince de’ Numi
« Le forze e dei mortali. »
(Iliade, lib. viii, trad. del Monti.)

Questa invenzione dell’aurea catena che lega la Terra al Cielo è sempre sembrata sì bella e sapiente, che non solo fu accolta con plauso dai poeti e dai letterati, ma commentata pur anco splendidamente dai filosofi, e tra questi da quel potente e straordinario ingegno del nostro Giovan Battista Vico66. Si unirono anche gli astronomi antichi a rendere onore a Giove dando il nome di esso a quel pianeta che apparisce ed è maggiore degli altri veri e proprii pianeti, e gli dedicarono quel giorno della settimana che tuttora chiamasi Giovedì.

Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del Dio filosofico, riconosciuto e affermato da Socrate, da Cicerone e dagli altri sommi greci e romani antichi. Ma disgraziatamente ci fu tramandato ancora il racconto della vita privata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume. Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo di un fatto o avvenimento straordinario, che mise in forse la potenza di Giove e degli altri Dei superiori.