(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

XVI

La dea Latona

Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso era composto si divisero ; e divisi che furono, il fuoco, come più leggiero degli altri tre, salì più in alto e venne a formare il Sole, la Luna e le Stelle. Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera di un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise, e il dubbio e l’incertezza predominano sempre. Ma comunque credessero formati gli Astri, non seppero immaginare come potessero muoversi in figure geometriche regolari e con matematica precisione, se un Ente soprannaturale non li dirigesse continuamente. Quindi inventarono Divinità destinate a questo ufficio. Nei primi tempi non fecero distinzione fra stelle e pianeti ; e questi pure chiamarono stelle ; e solo quando si accorsero che avevano un movimento molto diverso da quello apparente delle Stelle, e apparentemente molto irregolare, li chiamaron pianeti, cioè corpi erranti. Le Stelle poi vere e proprie stimaron che fossero incastonate e quasi inchiodate nella volta del Cielo, e perciò le chiamarono fisse ; e diedero l’ufficio ad Urano, e poi come sostituto anche a Giano, di far girare questa vôlta o callotta sferica celeste e con essa tutte le stelle. Considerarono come un pianeta anche il Sole : e così colla Luna e gli altri 5 pianeti visibili ad occhio nùdo ne annoverarono sette, e attribuirono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse nel loro corso. Quali fossero queste Divinità, e come i pianeti che ne prendono il nome fossero situati e girassero, secondo che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. III. Ora convien parlare delle Divinità che dirigevano il Sole e la Luna, e parlarne a lungo, prima in generale, e poscia particolarmente, perchè la fantasia dei mitologi e dei poeti non venne meno così per fretta a inventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna.

Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. Anzi Dante considerando forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando nel C. xiv del Paradiso, dopo aver descritto i variopinti splendori da lui veduti nell’Empireo, esclama :

« O Elios, che sì gli addobbi !98) »

Quanto poi al globo lunare sappiamo che la Dea che lo dirigeva prima della nascita di Diana chiamavasi, con greco nome Selene, che significava Luna, figlia essa pure d’Iperione, e perciò sorella di Elio99).

Venendo ora a parlare dell’origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove100), era appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone. La quale impegnò la Dea Tellùre, ossia la Terra, a non darle ricovero in alcun luogo. Quindi Latona andò lungo tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione di Latona rese stabilé. Ivi diede alla luce in un sol parto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in quella stessa isola.

Che Delo fosse stata nei tempi preistorici un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse di ricovero a Latona. L’esistenza d’isole galleggianti è un fatto storico e geografico, poichè se ne trovano tuttora alcune poche in qualche lago, in qualche palude ed anche in qualche fiume, non però nel mare. Tra le più celebri tuttora esistenti si citano quelle del Mississipì e del lago Chelco nel Messico ; le quali son coltivate e producono alberi, piante di fiori e legumi. In Francia e in Svizzera ve n’erano una volta molte più che al presente. Anche in Italia se ne vedono alcune in un laghetto vicino alle terme di Agrippa presso Tivoli. Poteva dunque Pindaro aver sentito parlare ed anche aver veduto delle isole natanti ; e valendosi della facoltà accordata ai poeti quidlibet audéndi (di tutto osare)101), ne abbia almeno usato discretamente102), ammettendo soltanto che un’isola galleggiante potesse trovarsi anche in mare103). Dante adottò questa stessa idea di Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bellissima similitudine nel raccontare che egli sentì uno spaventevole terremoto nella montagna del Purgatorio.

« Quand’io senti’ come cosa che cada
« Tremar lo monte : onde mi prese un gielo
« Qual prender suol colui che a morte vada.
« Certo non si scotea sì forte Delo
« Pria che Latona in lei facesse il nido
« A parturir li due occhi del Cielo ; »

ove è da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora di chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole e la Luna, i due occhi del Cielo.

Altri mitologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può spiegare con un fatto geologico, che cioè per la forza del fuoco centrale del nostro globo si sollevano le montagne sulla terra e le isole dal fondo del mare. In quasi tutte le Geografie trovasi rammentato il Monte nuovo (all’ ovest di Pozzuoli in Italia), che si sollevò in uno o due giorni nel 1538, all’altezza di 200 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo secolo, e precisamente nel 1831, formossi per sollevamento nel mare al sud-ovest della Sicilia un’isoletta che fu chiamata Ferdinandea, la quale pochi mesi dopo cominciò a riavvallare, e disparve nuovamente sott’acqua. I geologi poi, collo studio degli strati del nostro globo e delle materie componenti i diversi terreni, sanno dire non solo l’origine delle montagne, ma perfino l’età, ossia l’epoca geologica in cui esse si sollevarono.

Per terminare in questo capitolo le generalità, o vogliam dire i fatti riferibili in comune ad Apollo e a Diana, aggiungerò che ambedue furono creduti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzione dal dardeggiar dei raggi del Sole e della luce riflessa della Luna), e si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe.

Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran merito, di aver sette figli e sette figlie ; e perciò dispregiava, non solo in cuor suo, ma pubblicamente, Latona e la stimava a sè inferiore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa stessa della sua ambizione o vanità, poichè Apollo e Diana invisibili a tutti saettarono a gara l’uno i figli e l’altra le figlie di Niobe ; e la madre per ineffabil dolore fu cangiata in pietra. Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita :

« O Niobe con che occhi dolenti
« Vedeva io te segnata in sulla strada
« Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti ! »

Anche l’arte greca s’impadronì di questo tragico soggetto ; e se ne conservano nella Galleria degli Uffizi di Firenze le statue attribuite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la sua famiglia colpita dalla celeste vendetta104).

Accennati questi fatti comuni ad Apollo e a Diana, convien parlare separatamente dei loro particolari attributi ed uffici.