(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

XXII

Marte

« Marte superbo e fero
« Che i cuori indura e serra »

come dice il Petrarca, era il Dio della guerra selvaggia, feroce, di esterminio. Per lui eran care delizie le risse e le zuffe,

« E discordie e battaglie e stragi e sangue ; »

e perciò a Giove stesso suo padre egli divenne fra tutti i celesti odioso, come troviamo scritto in Omero. Differiva pertanto da Minerva, quando era considerata anch’essa come Dea della guerra, quanto le furibonde sommosse differiscono dalle regolari battaglie. Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. Ben pochi fatti raccontavano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la quale in quelle pugne in cui prendevano parte anche gli Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempre dalla fazione contraria a Marte. In Roma per altro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al credersi discendenti dai Troiani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio.

Da Ares, greco nome di questo Dio, derivò e fu composto il termine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente significa borgo di Marte ; e poi sotto questo nome fu istituito da Solone il famoso tribunale dell’Areopago, di tanta sapienza e integrità, che vi eran portate a decidere le liti anche dagli stranieri. Come poi in questo nome tanto del borgo di Atene quanto del tribunale vi entrasse Marte, lo dice la Mitologia. Marte fu accusato da Nettuno di avergli ucciso contro ogni ragione il suo figlio Alitrozio ; e fu scelto un consesso di 12 Dei per giudicarlo, e il dibattimento ebbe luogo in un borgo d’Atene che d’allora in poi fu chiamato perciò Areopago. Seì di quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei lo assolsero ; e la parità dei voti fu tenuta per favorevole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173.

Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna vertens 174, cioè che sconvolge grandi cose ; significato funesto, e pur troppo vero nei terribili effetti della guerra. Chiamavasi ancora Gradivo, titolo derivato da un verbo che significa camminare, o avanzarsi a passo misurato, ed appella evidentemente alla marcia militare e all’uso degli antichi di scagliarsi contro il vicino nemico a passi accelerati e quasi correndo175.

Rappresentavasi Marte tutto armato, e con aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria), però sempre almeno coll’elmo in testa e coll’asta nella destra. I Greci fecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non era il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi perchè il truce soggetto pareva loro che ripugnasse alla squisitezza della greca eleganza. All’opposto i Romani ne moltiplicarono le statue e le pitture, perchè al favore di questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatti il generale romano nel partir per la guerra scuoteva l’asta della statua di Marte dicendo : Mars vigila ; sottintendendo in favore dei Romani ; i quali si credevano tanto da lui prediletti e così esclusivamente protetti che lo intitolavano Marte Romano.

Essendo la guerra il fondamento e la causa della loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine della repubblica e ai primi tempi dell’impero, perchè a fin di guerra riuscivan sempre vincitori e conquistatori176. Ma non la chiamavano bella i vinti, e neppure i Romani stessi quando furono soggiogati dai barbari e fatto a brani il romano impero177.

Anche le colonie Romane adoravano Marte come loro Dio protettore : e tra queste Firenze che non fu già tutta plasmata da

« ….quell’ingrato popolo maligno
« Che discese di Fiesole ab antico
« E tiene ancor del monte e del macigno, »

ma vi fu mista ancora

« …….la sementa santa
« Di quei Roman che vi rimaser, quando
« Fu fatto il nido di malizia tanta. »
(Inf., Canto xv.)

E inoltre Dante ricorda che Firenze, quand’era pagana, aveva per suo protettore Marte, che cangiò nel Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dire (nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gibetto a sè delle sue case :

« Io fui della città che nel Batista
« Cangiò il primo padrone, ond’ei per questo
« Sempre coll’arte sua la farà trista. »

E-aggiunge che vi rimaneva ancora a quel tempo sul ponte vecchio l’antica statua un po’guasta del Dio Marte :

« E se non fosse che sul passo d’Arno
« Rimane ancor di lui alcuna vista,
« Quei cittadin che poi la rifondarno
« Sovra ’l cener che d’Attila rimase178
« Avrebber fatto lavorare indarno. »

A Marte era sacro il gallo, animale vigile e pugnace, emblema della vigilanza e del coraggio necessario nelle battaglie. I mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia, quando egli andò a far visita a Venere, e il Sole lo scuoprì. Ecco perchè (dicon sul serio i poeti) il gallo canta prima dell’apparir del Sole, per avvertir Marte che si guardi dall’essere un’altra volta scoperto. Di Marte infatti si raccontano diversi aneddoti poco edificanti ; basti il dire che quando accadeva qualche fatto scandaloso, si attribuiva subito a Marte : sì poco buona stima si aveva di lui per morale condotta !179

In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo che era in quel tempo il primo mese dell’anno.

A Marte e ai marziali esercizi fu consacrato in Roma il campo Marzio, che prima era un fondo rustico, ossia un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, perchè apparteneva all’Ambasciata fiorentina o toscana.

Il nome di Marte si usa figuratamente tanto nella poesia latina quanto nella italiana per significare la guerra, e in prosa latina anche per indicare la forza non solo fisica, ma pur anco intellettuale180.

Da Marte deriva l’aggettivo marziale adoperato non solo nel linguaggio militare, come nelle espressioni tenuta marziale, aspetto marziale, corti marziali (o consigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc. ; ma anche nel linguaggio della chimica, come sostanze o preparati marziali, in cui cioè entra in composizione il ferro181.

Al Dio Marte fu dedicato il martedì, del qual giorno conservasi ancora lo stesso nome nelle lingue affini alla latina.

Di Marte diedero il nome gli astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occhio nudo, che resta più della Terra lontano dal centro del nostro sistema planetario, vale a dire del Sole. Dalla luce rossastra e quasi sanguigna che riflette questo pianeta ebbe il nome del Dio che si diletta del sangue e delle stragi. I moderni astronomi attribuiscono quel colore o alle materie di cui è composto il pianeta, atte a rifletterlo, o ad una densa atmosfera che lo circondi.

Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgatorio :

« Ed ecco, qual sul presso del mattino,
« Per li grossi vapor Marte rosseggia
« Giù nel ponente sopra il suol marino ;
« Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia,
« Un lume per lo mar venir sì ratto,
Che’l muover suo nessun volar pareggia. »