(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

XXXII

Gli Oracoli

Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione di Roma, questo vocabolo sotto cui si conoscono in italiano e in altre lingue moderne è d’origine latina ; e derivando dal nome os, oris (labbro o bocca), sta a significare le risposte a voce che rendevansi dagli Dei ai mortali per mezzo dei sacerdoti281). Perciò, stando all’etimologia della parola, qualunque altro modo di manifestazione dei voleri divini che non fosse a voce, non potrebbe a rigore chiamarsi oracolo, ma piuttosto divinazione, cioè interpretazione della volontà degli Dei. Lo stesso è da dirsi del vocabolo responsi, latinismo che è divenuto in italiano il termine solenne e poetico delle risposte degli Oracoli282). Inoltre la parola Oracolo significa talvolta lo stesso che responso, e tal’altra il luogo sacro in cui si rendevano i responsi : e questa differenza di significato facilmente s’intende dal contesto delle diverse frasi.

I più noti e celebri Oracoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e di Apollo. Giove ne aveva tre, e Apollo ventidue ; Giunone, Cerere, Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno di loro ; delle Divinità inferiori o terrestri, quasi nessuna ebbe oracoli ; e piuttosto preferirono i Pagani di attribuirli a più d’uno degli Eroi o Semidei, come per esempio ad Esculapio, a Trofonio, ad Ercole, ad Amfiarao, ecc. Sommati giungeranno a più di quaranta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece basterà descriverne tre o quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qualche osservazione che sia ad essi comune.

Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello di Delfo ; e Apollo a cui attribuivansi quei responsi fu perciò chiamato Delfico 283) ; e troviamo anche in Dante la perifrasi Delfica deità invece del nome di Apollo284).

Delfo (oggi Kastri), città della Focide nell’Acaia, situata fra il monte Cirfide e il monte Parnaso, conteneva fra le sue mura il tempio e il famosissimo oracolo di Apollo. Il territorio fu, come ora direbbesi, neutralizzato, e reso indipendente e sacro. Il governo era aristocratico o più veramente oligarchico, dipendendo con assoluta autorità da cinque Sommi Sacerdoti, che eran chiamati i cinque Santi. Credevasi che Apollo colà avesse ucciso il serpente Pitone che infestava quei luoghi ; e che perciò in origine la città di Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo di Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che invasata dal Nume proferiva mistiche parole, interpretate dai sacerdoti come responsi di Apollo.

Gli Oracoli si rendevano in un sotterraneo del tempio, inaccessibile a tutti i profani, ed ove ammettevasi soltanto qualche devoto che ne avesse ottenuto dai sacerdoti il permesso. Nella parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti da allucinar la vista e far venir le traveggole, ovvero mofetici da mozzare il fiato. Un tripode, che alcuni dissero coperto della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie di caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini cortina, dentro la quale si conservavano i denti e le ossa del serpente Pitone. — In appresso la parola cortina in latino fu interpretata per tenda o velario, col qual significato è passata nella lingua italiana.

Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano dalla voragine ; le mistiche parole che essa proferiva erano vocaboli sconnessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio senso ; e il sacro orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285).

Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Colofone, perchè godeva molta rinomanza e continuò ad esser consultato anche sotto gl’Imperatori romani286), come narrano Pausania, Strabone e Tacito ; e quest’ultimo storico autorevolissimo aggiunge che il sacerdote proferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.)

Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello di Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi si deducevano per interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’immaginaria interpretazione. Quest’Oracolo cominciò ad esser poco frequentato appena che acquistò fama quello di Delfo, che era il più centrale della Grecia e rendeva responsi in un modo più solenne e soddisfacente.

Quanto all’origine del tempio e dell’Oracolo di Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo nel N° XI : ora basterà dire che in quest’Oracolo i responsi deducevansi dalle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui era formata l’immagine del Nume, come asseriscono Diodoro Siculo e Q. Curzio.

Anche i Romani ricorrevano talora a consultare gli Oracoli della Grecia ; e lo stesso T. Livio ne adduce diversi esempi, tra i quali il più celebre è quello, già da noi registrato, dei figli di Tarquinio il Superbo : ma per regola generale preferivano i così detti oracoli delle Sibille, vale a dire le risposte dei libri sibillini, di cui parleremo altrove. V’erano per altro anche in Italia alcuni Oracoli, che perciò eran detti Italici, come l’antico oracolo di Fauno, rammentato da Virgilio nell’Eneide, quelli della Fortuna, di Marte, ecc. ; ma appartenevano piuttosto alla vera e propria divinazione, perchè non rendevano responsi a voce, ma consistevano nella interpretazione di segni casuali, ed anche di sogni che si facessero addormentandosi in quei sacri recinti. E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi ; e da essi li appresero i Romani che ne facevano un uso frequentissimo negli affari pubblici e nei privati, come sappiamo anche dagli storici di Roma.

Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divinazione preindicati erano altrettante solenni imposture del Politeismo, e sì abilmente organizzate da allucinare per molti secoli non solo i popoli rozzi e barbari, ma quelli ancora

« ………..che fenno
« L’antiche leggi e furon sì civili. »

Che fossero un’impostura dei sacerdoti pagani non credo che sia d’uopo dimostrarlo ai tempi nostri, tanti secoli dopo che furon riconosciuti falsi e bugiardi gli stessi Dei a cui quegli oracoli erano attribuiti. Sebbene i primi scrittori ecclesiastici si affatichino a citare centinaia di autori che avevano scritto contro gli Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso di erudizione, tanta ricchezza di testimonianze ; e ci basterà il sapere che ne pensassero Demostene, Cicerone e Catone Uticense, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannaturali degli Oracoli e di qualunque altra creduta manifestazione della volontà degli Dei287). Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, che gli Oracoli erano buoni per le donne, i fanciulli, e gl’ignoranti. Cominciarono dunque a screditarsi gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana, come intendiamo dal sommo Orator della Grecia, e il discredito andò sempre crescendo molto prima della introduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica Roma. Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredito in cui eran caduti ? Egli che visse sino all’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conoscere la vera causa della decadenza della religione pagana, e le diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che ne dipendeva.

I primi Cristiani attribuirono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ; e così assegnavano gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che era l’effetto naturalissimo della impostura dei sacerdoti pagani, da prima nascosta ed ignota, e poi a poco a poco scoperta e smascherata.

Resta per altro a spiegarsi il fatto storico, pur troppo vero e indubitabile, che per tanti secoli gli Oracoli avessero credito e fama non solo presso gl’ignoranti, ma anche presso i dotti e sapienti. E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di trattenermi.

Che i più celebri Oracoli abbiano avuto origine nei tempi preistorici è asserito non solo dai mitologi, ma da tutti i più antichi scrittori. I mitologi dicono (come notammo nel N. XIV) che Deucalione e Pirra, dopo l’universale diluvio, consultarono l’Oracolo di Temi sul monte Parnaso. Omero parla degli Oracoli, delle divinazioni e degli augurii come di cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella quale l’indovino Calcante rappresenta una parte importantissima, come interprete degli Dei, nei parlamenti di quei famosi guerrieri e nei segreti consigli di Stato. Fu poi riconosciuto anche dai filosofi che i primi civilizzatori dei popoli si valsero del principio teocratico, facendosi credere o figli degli Dei o interpreti dei supremi voleri di quelli, per rimuovere i primitivi uomini ignoranti e barbari dalla vita selvaggia e brutale e condurli a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel che di Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a tutti i fondatori delle antiche religioni ; dal che deducesi che il governo teocratico fu il primo governo regolare e il primo cemento della civil società288). In questo concetto si trovano d’accordo mitologi, poeti, storici e filosofi. Che più ? Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. E nessuno sarà mai sì pazzo, o sì savio, o sì tristo, o sì buono, che propostagli la elezione delle due qualità d’uomini, non laudi quella che è da laudare e biasimi quella che è da biasimare. » (Discorsi, lib. I, cap. 10.)

E passando egli dalle osservazioni generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra la sètta degli arioli e degli aruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi. Perchè loro facilmente credevano che quello Dio che ti poteva predire il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo potesse ancora concedere. Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il mondo in ammirazione e devoto. »

Da tutte le preaccennate autorità e da altre molte che si potrebbero citare, e delle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della volontà degli Dei furono inventati da prima con intenzion casta e benigna per uno scopo altamente sociale, e che essendo diretti al pubblico bene furono utilissimi, e divennero, come direbbe il Romagnosi, uno dei primi fattori dell’Incivilimento. Infatti le risposte degli Oracoli ebbero efficacia di raccogliere e riunire in nazione le sparse tribù elleniche, e d’ispirar loro l’amore della patria comune e il coraggio per difenderla contro le straniere invasioni. Il responso della Pizia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Grecia289). Le più belle massime antiche morali e filosofiche eran credute responsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile di tutte, espressa con queste poche parole : conosci te stesso, leggevasi scritta sul pronao del tempio di Apollo in Delfo. Cicerone che l’analizza filosoficamete nelle Tusculane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità da parer superiore all’ingegno umano, fu perciò attribuito a un Dio290).

Finchè dunque i sacerdoti che facevan parlare gli Oracoli furon dotti e sapienti e amarono la libertà e il pubblico bene, anche i dotti e i sapienti del mondo ammirarono ed encomiarono la loro santa impostura 291), e ben si guardavano dallo svelarne al popolo l’artifizio e screditarla. Ma però…… e qui cedo la parola al Machiavelli, « come costoro cominciarono dipoi a parlare a modo dei potenti, e questa falsità si fu scoperta nei popoli, divennero gli uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine buono. » Fu allora che venne fuori Demostene a dire pubblicamente che la Pizia filippeggiava, e in appresso Cicerone a dimostrare filosoficamente che la Divinazione era immaginaria e insussistente, e Catone ad asserire che gli Oracoli eran buoni soltanto per le donne, i fanciulli e gl’ignoranti. E il Paganesimo cadde e seco trasse in ruina e in frantumi la pagana società, tanto illustre e potente finchè non disconobbe e non calpestò i principii eterni della morale, senza i quali non può prosperare l’umano consorzio, nè sostenersi religione alcuna, perchè la fede senza le opere è morta 292).