(1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
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(1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

XLIII

Cadmo

Non appartiene Cadmo al novero dei Semidei, e neppur divenne un Indigete Dio ; ma è considerato un Eroe e per l’epoca in cui visse e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. Perciò diremo da prima quanto ne riferisce la Mitologia, e aggiungeremo in ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia.

Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una bellissima giovinetta, che Giove rapì trasformatosi in un bianchissimo e placidissimo toro. Europa vedendolo così mansueto vi era salita in groppa per giovanile trastullo ; ma il toro giunto sulla riva del mare, si gettò in mezzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. Il padre di lei non sapendo che ne fosse avvenuto, mandò il figlio Cadmo a cercarla, con ordine di non tornare a casa finchè non avesse trovato la sorella. Cadmo, dopo averla cercata invano per un anno, trovandosi vicino a Delfo, consultò quel celebre Oracolo per sapere se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra. Dove ei la incontrò, ivi la uccise, offrendola in sacrifizio ai Numi per implorarli favorevoli alla nuova città che dovea fabbricare. Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi. Allora per vendicare la morte dei compagni rischiò la propria vita combattendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorgente, gli presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti nel terreno. Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di uomini armati che si misero subito a combattere fra loro, finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque sopravvissuti lo aiutarono a fabbricare la città. Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome di Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo della città. Il territorio poi fu detto Beozia dal greco nome dell’animale ivi trovato e sacrificato da Cadmo.

Fondata la città, prese Cadmo per moglie Ermione, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia di Venere e di Marte, e dalla medesima ebbe quattro figlie : Autonoe, Ino, Semele ed Agave, e inoltre un figlio chiamato Polidoro. Abbiamo già detto altrove che Ino fu cangiata nella Dea marina Leucotoe, e che Semele fu madre di Bacco. Ma per quanto avesse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e neppure i suoi discendenti. Di lui ci dicono i Mitologi che si ritirò insieme colla moglie in una solitudine, e che ivi furono ambedue cangiati in serpenti, e posti da Plutone a guardia degli Elisii. La qual metamorfosi sta a significare che egli si ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appresso.

In quanto poi ai guerrieri nati dai denti del serpente ucciso da Cadmo, gli Antichi ci hanno trasmesso anche il nome di quei cinque che sopravvissero ed aiutarono Cadmo a fabbricare e popolare la città di Tebe ; e i loro nomi son questi : Echione, Udeo, Ctonio, Peloro e Iperènore. Anzi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che significava seminati, alludendosi appunto alla sementa dei denti del serpente ucciso da Cadmo58.

Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perfino sulla scena : il che non dovrà recar maraviglia, ripensando che anche ai tempi nostri si è veduto rappresentare in qualche spettacolo Nabuccodonosor trasmutato in bestia coram populo. Ma Orazio nella poetica avverte che non si debbono dare tali spettacoli, che riescono sconvenevoli nel teatro, perchè, sottoposti all’occhio fedele, divengono risibili59 ; mentre, come osserva il Tasso, convenevolmente son narrati dai poeti antichi e moderni, e son letti volentieri e con maraviglia nell’epopea. La trasformazione di Cadmo in serpente fu narrata così egregiamente da Ovidio, che sembrò mirabile, nonchè al Tasso, anche a Dante. Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi :

« Taccia Lucano omai, là dove tocca
« Del misero Sabello e di Nassidio,
« Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca.
« Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio,
« Che se quello in serpente e questa in fonte
« Converte poetando, io non l’invidio ;
« Chè due nature mai a fronte a fronte
« Non trasmutò, sì ch’ambedue le forme
« A cambiar lor nature fosser pronte. »

Considerando poi storicamente Cadmo, ne troviamo determinata l’epoca nella Cronologia Greca verso il 1580 avanti l’èra cristiana. E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio di dare il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conservato pur anco a tempo della conquista dei Romani è notizia storica confermata anche da Cornelio Nipote nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. Quanto poi al nome di Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira di fare una città simile alla famosa Tebe di Egitto, e che perciò le desse lo stesso nome ; ma se ne adducono due motivi diversi : il primo che la stirpe fenicia di Cadmo derivasse dall’ Egitto, come asseriscono molti ; il secondo che Cadmo stesso non fosse Fenicio, ma Egiziano, come afferma Pausania.

A questa questione si collega l’altra sull’ origine dell’ Alfabeto in Europa, del quale si attribuisce a Cadmo che portasse in Grecia le prime sedici lettere60. Sino al presente secolo non se ne dubitava, ed oltre al dirsi precisamente quali erano le sedici lettere importate da Cadmo, si notavano ancora le quattro inventate da Palamede al tempo dell’assedio di Troia, e le altre quattro aggiuntevi da Simonide cinque secoli dopo ; che in tutte vengono a formar l’alfabeto greco di ventiquattro lettere61. Modernamente però mentre Brettmann e Creuzer hanno ammessa l’influenza Fenicia in Europa, C. O. Muller l’ha rigettata, considerando Cadmo come una Divinità pelasgica. Ed ecco come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo. È però fuori di controversia che la civiltà non meno che la popolazione sia venuta dall’Asia in Europa, o vogliam dire dall’Oriente in Occidente.