ia a nulla si ridurrebber le bellezze de’ monumenti preziosi sfuggiti
alle
devastazioni dei conquistatori ed ai rigori del t
aestri alto seduti Cesser proscritte e fuggitive il campo Ai Lemuri e
alle
Streghe. In tenebrose Nebbie soffiate dal gelato
Madre degli Dei, Dindimea, Idea e Berecinzia ; appena nata fu esposta
alle
fiere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha g
e di Giove era tenuta per la regina degli Dei. A principio fu ritrosa
alle
importune amorose inchieste di Giove, ma questi s
o, tormentò Io, secondo Virgilio, coll’ assillo, insetto infestissimo
alle
vacche, e secondo altri per mezzo delle Furie. Io
arono un magnifico tempio, e celebravano delle feste in onore di lei,
alle
quali intervenivano degli spettatori da tutte le
partorì Marte che chiamò Dio della guerra e che destinò a presiedere
alle
battaglie. Marte amò passionatamente Venere, coll
le da Giunone e Pallade, e che la Discordia aveva gettato sulla mensa
alle
nozze di Teti e di Peleo, destinandolo alla più b
ianco, e coll’arco teso in atto di lanciare un dardo. Porta i coturni
alle
gambe ed ai piedi che son per altro nudi ; come p
ta del seno. Le si mette la mezza luna soventi su la testa. Passeggia
alle
volte su d’un carro tirato da due cervette o da c
per fame, col corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed
alle
mani, e con orecchi d’orso. Le principali erano E
avessero un particolare istinto a predir l’avvenire. Gli s’immolavano
alle
volte degli agnelli ed anche un toro. La palma e
li ascoltanti ; come tale chiamavasi Ermete. Il gallo che gli si vede
alle
volte vicino serve a dinotare la vigilanza di lui
avuto una bella vacca onde conservasse il segreto ; ma avendo mancato
alle
sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra di para
i si sacrificava il capro, il morso del quale si reputa così nocevole
alle
viti, e la gazza simbolo dell’indiscrezione de’be
mente maravigliosi fece egli per Ercole ad istanza di Giove, per Enea
alle
preghiere di Venere. Erano pur lavoro di Vulcano
i più lusinghieri piaceri della vita. L’ombra d’Achille moveva guerra
alle
bestie feroci, e Nestore vi narrava le proprie gl
gli scogli e niuna cosa poteva trattenerne l’impetuosità. Gli si pone
alle
volte a lato un gufo ; lugubre uccello, la cui so
tori e i naviganti, presiede al consiglio dei re, ai sogni, ai parti,
alle
conversazioni e al crescimento dei fanciulti che
ordinario appannaggio della vecchiaia. Le battaglie somministrarono
alle
Parche un’abbondante messe. Scorgonsi abbigliate
i Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col quale è stato
alle
volte confuso. Si rappresentava cieco ; dicesi eh
ferno all’eterno tormento della fame e della sete, ponendolo in mezzo
alle
acque che gli giungono fino al mento, ma che gli
ao dagl’indovini che dai generi dovea essere privato del regno ordinò
alle
figlie di uccidere la stessa notte tuttì i loro m
mente fatta di foglie e di pine, un abito rustico che gli scende sino
alle
ginocchia, un cane a lato ed alcuni alberi. Sotto
l nome di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio all’anno ed
alle
sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto la f
e grandi onori a Megalopoli. Si dipinge coi coturni ai piedi e le ali
alle
spalle per indicare la sua leggerezza. Si ricopre
n s’intraprendevano viaggi sul mare se non si sacrificava ai venti ed
alle
tempeste. Imene Imene Alcuni poeti fann
figlio di Bacco e di Venere, e tutti lo hanno destinato a presiedere
alle
nozze. Dicono alcuni autori che Imene era un giov
, per la stanchezza s’addormentarono. Imene pieno di coraggio propose
alle
compagne di trucidare i loro rapitori, e si pose
rono chiamate Imenee. Chiamavansi anche Imenei i versi che cantavansi
alle
nozze. Imene si rappresenta sempre sotto la figur
Imene si rappresenta sempre sotto la figura di un giovinetto biondo,
alle
volte coronato di fiori e specialmente di maggior
iallo, perchè anticamente questo colore era particolarmente applicato
alle
nozze ; altre volte con abito bianco ornato di fi
re. Disse che le corna del toro dovean essere più vicine agli occhi o
alle
spalle, onde potesse percuotere con maggior viole
alle Ore e fuggono al suo giugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura
alle
volte con una face in una mano, mentre coll’altra
e come questi due astri, a tutto ciò che accade sopra la terra. Viene
alle
volte sostituito alla ruota un globo celeste, il
lli notturni ed il nume favorito della gioventù dissoluta. Presiedeva
alle
Cronie presso i Greci ed alle Saturnali presso i
to della gioventù dissoluta. Presiedeva alle Cronie presso i Greci ed
alle
Saturnali presso i Romani. Il giorno in cui si ce
lebrava la sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed
alle
donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci corr
se non quello che era giusto e ragionevole. Presiedeva ai trattati e
alle
convenzioni che hanno luogo fra gli uomini, e ten
i professavano, s’univano al tempio della Pace per disputarvi intorno
alle
loro prerogative, affinchè al cospetto della divi
ppresenta armata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed
alle
volte una verga tinta di sangue, i capelli sparsi
Si rappresenta sotto le forme di una donna sempre allegra, con l’ali
alle
spalle, una corona d’olivo in una mano, e nell’al
avevano diritto d’imporli. Volgeva la sua attenzione particolarmente
alle
offese fatte dai figli ai propri padri. Accogliev
isa di un novello Proteo, si cangiò sotto diverse forme per isfuggire
alle
ricerche di Peleo ; ma raggiunta da questo princi
lo di Gran Legislatore e fu detto il Giusto per cocellenza. Per dare
alle
sue leggi maggiore autorità, ogni nove anni, riti
da quel Dio. Si rappresenta con uno scettro in mano, assiso in mezzo
alle
ombre, i cui processi hanno luogo alla presenza d
parlar mai senza essere interrogata, ed a rispondere in poche parole
alle
dimande che le venissero fatte, non ripetendo che
à. Le Grazie erano le indivisibili compagne di Venere. Accompagnavano
alle
volte anche Mercurio e le Muse. Stanziavano per l
e prende il suo nome da Kleos, gloria, fama, presiedeva alla storia e
alle
odi. Melpomene, ossia la melodiosa, regna sulla t
iuochi. Erato o l’amorosa die’ la vita alla lira e al liuto, presiede
alle
galanti, appassionate o erotiche poesie, da Eros,
a Luce. Secondo gli antichi animava essa tutta la natura e presiedeva
alle
generazioni : non era altra cosa che la brama che
i ricondurre Adone dall’Acheronte e di restituirlo a Venere. Si diede
alle
Ore anche la sprantendenza dell’educazione di Giu
ozze celebrate nella mitologia. Gli Ateniesi offrivano dei sacrifici
alle
Ore pregandole di accordar loro un moderato calor
ndo e d’una medesima età ; il loro vestimento non discendeva che fino
alle
ginocchia, la loro testa era coronata di foglie d
hiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed
alle
mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un o
e Amazzoni loro vicine ; e che Ercole finalmente le distrusse insieme
alle
loro rivali, persuaso che nel gran progetto da lu
e equivale a fontana di cavallo. Questo fonte consacrato ad Apollo ed
alle
Muse vogliono alcuni che fosse scoperto da Cadmo
tri dame delle quali apprendevasi qualche avventura, ma eziandio fino
alle
semplici pastorelle e a tutte le belle che i poet
le che i poeti fanno entrare nel soggetto de’loro canti. Fu tributato
alle
Ninfe un culto particolare : offrivasi loro in sa
credevasi ch’elleno vivessero lunghissimo tempo. I luoghi consacrati
alle
Ninfe erano talvolta piccoli templi ; ma il più s
tte figliuole di Giove. Le Napee si facevano presiedere ai boschetti,
alle
valli ed ai prati. Il loro nome nella lingua grec
o a poco eguale di quello renduto alie Naiadi. Le Driadi presiedevano
alle
campagne, ai boschi ed agli alberi. Erano state i
iorno e notte pei boschi e per le foreste, e potevano ballare intorno
alle
quercie che erano loro consacrate, e sopravvivere
grossezza sopra Aci e lo schiacciò. Galatea gittossi in mare e si unì
alle
Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far
sa. Le Naiadi dette anche Crenee e Pegee erano Ninfe che presiedevano
alle
fontane, ai fiumi, alle riviere ed ai torrenti. A
e Crenee e Pegee erano Ninfe che presiedevano alle fontane, ai fiumi,
alle
riviere ed ai torrenti. Alcuni distinguono le Nin
ai torrenti. Alcuni distinguono le Ninfe che presiedevano ai fiumi ed
alle
riviere dalle Naiadi col nome di Potamidi. Le Nai
non se campestri divinità il culto delle quali non si estendeva sino
alle
città. Erano chiamate figlie di Giove. Alcuni le
oscelli e di quanto poteva renderne piacevole la dimora. S’aggiravano
alle
volte anche ne’ boschi, e nelle praterie sollazza
fare della tela ; emblemi che trasportati in Grecia hanno dato luogo
alle
finzioni di questo popolo amico del meraviglioso.
dosi a sostenere in sua vece il cielo, intanto che Atlante si recasse
alle
Esperidi. Le Esperidi o Atlantidi secondo alcuni
he ancora si chiamano le isole delle Sirene. L’oracolo aveva predetto
alle
Sirene ch’esse avrebbero vissuto sino a tanto che
no in tal guisa periti. Ulisse dovendo passare colla sua nave dinanzi
alle
Sirene, e avvertito da Circe, turò colla cera le
Penati ed i Lari erano Dei domestici ; si facevano presiedere i primi
alle
città ed alle ville, alle case i secondi ; ma com
ri erano Dei domestici ; si facevano presiedere i primi alle città ed
alle
ville, alle case i secondi ; ma comunemente prend
domestici ; si facevano presiedere i primi alle città ed alle ville,
alle
case i secondi ; ma comunemente prendevansi gli u
ondi che ritornavano a tormentare i viventi, cagionando panici timori
alle
persone dabbene e facendo ai malvagi dei mali rea
era la dea che presiedeva ai cavalli, Bubona ai buoi, Seia o Segezzi
alle
sementi ; Maturna era la dea della maturità ; Mel
e presiedeva al capo, Nettuno al petto, il Genio alla fronte, Giunone
alle
sopracciglia, la Memoria agli orecchi, alla destr
racciglia, la Memoria agli orecchi, alla destra mano la Fede, Minerva
alle
dita, Mercurio ai piedi. Nascio o Natio diceasi l
conversavano con essi che una volta ogni anno, e li rimandavano dopo
alle
loro case esigendo però che avessero ucciso prima
torpiavano i figli maschi ed allevavano con molta cura le fanciulle ;
alle
quali recidevano la mammella destra, onde non fos
rtifera tunica, poichè erasi attaccata alla pelle e quasi incorporata
alle
membra ; a misura ch’egli la stracciava, lacerava
del toson d’oro, alla caccia del cignale di Calidona e secondo alcuni
alle
due guerre di Tebe. Rapì alcune donne fra le qual
si ripararono la loro ingratitudine verso Teseo rendendo onori divini
alle
sue ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in m
o nella pugna che egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli
alle
sue nozze con Ippodamia figlia di Enomao invitato
essi, pace che non durò lunga pezza ; imperciocchè avendoli invitati
alle
sue nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia s
ltri, Mercurio gli fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eorde
alle
sette che già aveva quell’ istrumento. Era egli t
feroci costumi dei Traci di que’tempi, e ridurli dalla vita selvatica
alle
dolcezze d’una incivilita società. Filosofo e teo
orzi. Irritate per vedersi disprezzate, profittarono dei giorni sacri
alle
feste di Bacco per vendicarsi dell’insultante rif
eloso, lo uccise. Gli abitanti del monte Elicona prima di sacrificare
alle
Muse, facevano ogni anno l’anniversario di lui. Q
ia. Finse per più sicura vendetta di essere contenta ch’egli passasse
alle
nuove nozze, e fe’ pure in suo nome presentare a
Arpie, che lordavano le mense di Fineo, e questi le inseguirono fino
alle
isole Plote che furono poi dette Strofadi ora Str
do il numero de’mesi dell’anno e nel dargli quattro facce si alludeva
alle
quattro stagioni. Il primo di gennaio era a lui s
unone avendo sdegno contro i Tebani perchè Alcmena aveva accondisceso
alle
voglie di Giove, mandò quel mostro sul monte Cite
ne in poca distanza di un borgo dell’Altica detto Colono, in un bosco
alle
Eumenidi sacro. Inorriditi alcuni Ateniesi alla
te il quale successe alla corona, fece rendere gli onori del sepolcro
alle
ceneri d’Eteocle, siccome quello che aveva combat
rimevano l’agilità con cui ella qua e là trasportavasi onde sottrarsi
alle
ricerche de’ Tebani ; gli enimmi erano l’immagine
altro il rendette celebre, si è il suo giudizio pronunciato risguardo
alle
tre Dee. Si è già detto come la Discordia sommame
to come la Discordia sommamente irritata di non essere stata invitata
alle
nozze di Teti, per trarne vendetta alla metà del
erò lo dipinge come uno de’ migliori suoi difensori, e fattolo venire
alle
mani prima con Achille poi con Diomede, sebbene a
l padre e col figlio andò a ricovrarsi ad Antandro città della Frigia
alle
radici del monte Ida. Quivi raccolti quanti potè
’Ida una flotta, si mise in mare. Dopo molte vicende sbarcò in Italia
alle
foci del Tevere. Ivi accolto cortesemente dal re
i Romani certe donne ch’essi dicevano invase di spirito profetico ed
alle
quali attribuivano la cognizione del futuro. Conv
uanto i Libbi Sibillini vale a dire una raccolta di versi attribuiti.
alle
Sibille la quale conteneva i destini di Roma. Nar
ome di quindecimviri. In origine questi sacerdoti non incombevano che
alle
cure le quali esigeva quel sacro deposito, poscia
ra solo di tre, venne portato sino a dieci. Solevano i Romani offrine
alle
divinità i primi frutti che raccoglievano dalla t
la probità senza verun rossore sacrificavano. I Romani, ammettendoli
alle
loro mense, usavano del diritto di porli in ridic
ono che le antichissime e fantastiche tradizioni mitologiche alludono
alle
grandi catastrofi della Terra, cioè diluvj, inond
i subalterni o inferiori (Dii minimi), i quali presiedevano ai campi,
alle
foreste, ai fiumi, alle fonti, ai fiori, ec., com
(Dii minimi), i quali presiedevano ai campi, alle foreste, ai fiumi,
alle
fonti, ai fiori, ec., come Pane, Flora, Pomona, V
due figli Nettuno (185) e Plutone (213). 29. Giove fu dato a educare
alle
Ninfe del monte Ida nell’ Isola di Creta ed ai sa
ar tiranni ; Fêr le ricchezze i già svegliati ingegni Darsi ai furti,
alle
forze ed agli inganni, Agli omicidj ed a mille at
entate le porte. Talvolta le sue statue hanno quattro facce alludendo
alle
stagioni, e spesso con la destra additano il nume
rionfa i nomi e ’l mondo. Ma questi decreti si riferiscono solamente
alle
glorie terrene, le quali, ancorchè grandissime, s
lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare
alle
novizie. Le Vestali conservaronsi in Roma fino ai
a’ fior, come si vede Prender da quel cosi affumato e nero, Stridendo
alle
compagne aiuto chiede. Plutone intanto al suo inf
lie mortali aveva abitato alcun tempo appo Celeo re d’Eleusi.17 Oltre
alle
Eleusinie furono istituite in onor di Cerere pari
d immaginare sacrifizj di animali agli Dei, e per questa assuefazione
alle
atrocità divenne crudele a segno da far morire tu
Roma fu detto anche Giove Statore, stator dalla parola stare, perchè
alle
preci di Romolo aveva rattenuto i Romani fuggenti
sua vanità regale. 90. Giunone vie più sdeguata contro Io la consegnò
alle
Furie (232), e la fece tormentare da un assillo c
e (696). 91. Quindi la repudiata moglie di Giove non ebbe più ritegno
alle
vendette, alla gelosia, all’orgoglio. È noto come
ite da tale impeto di frenesia, che andavano errando furiose in mezzo
alle
compagne dandosi orribili cozzi, e credendosi vit
dittamo, perchè la superstizione credeva che questa pianta procurasse
alle
donne un parto pronto e felice. Secondo alcuni po
tinazione, da cader morti accanto al rogo a guisa di vittime immolate
alle
ceneri dell’estinto. 115. Gli Egiziani alzarono a
ciò il suo giavellotto, e ferì mortalmente la moglie. E’ la riconobbe
alle
grida, e se la vide spirare nelle braccia rimprov
opra un carro color di fuoco. Omero la descrive con un gran velo dato
alle
spalle per significare che l’oscurità si dissipa
lla cintura, candida, sottile, e come trasparente. Dalla cintura fino
alle
ginocchia, una sopravvesta di scarlatto con certi
caro ai poeti ; e da essi ebbe culto, quale uccello sacro ad Apollo,
alle
Muse ; indi i poeti stessi erano trasformati ed o
idia. Mida obbedì, e perdette la singolare prerogativa, comunicandola
alle
acque del Pattolo che fin da quel tempo recarono
un elmo, come protettore degli uomini, ed era in atto di far donativi
alle
Grazie (175) che animano il genio e le belle arti
guardarla mentr’ella si bagnava con le sue ninfe. E Cinzia sempre fu
alle
Grazie amica, E ognor con esse in tutela al core
ste gloria. Giove negò lungo tempo di compiacerla ; ma cedendo infine
alle
voglie importune della femmina vanagloriosa, le a
nno questo nome alla nutrice di Bacco) dove Mercurio lo recò in fasce
alle
figliuole d’Allante (359) ; e che dopo cresciuto,
, non fecero senno per tale esempio ; chè anzi ricusarono d’assistere
alle
feste di Bacco, e nel tempo che erano celebrate v
la prima nel mese d’agosto, ed appendevano allora sugli alberi vicini
alle
viti tante figurine di Bacco per custodire le uve
i festività baccanale : — Quando Bacco mi corre le vene, Alle pene —
alle
cure do bando ; Di dovizie allor mi pare Agguagli
tamente indi mi giaccio ; E coll’ animo scarco e giocondo Vo di sopra
alle
cose del mondo. Altri adopri aste e corazze ; Io
ue utili all’universo.32 Noi poi, serbando la dovuta fede e riverenza
alle
sacre carte, indichiamo questo parallelo a solo o
; ebbe nome Ermète, cioè interprete, quando lo consideravano preposto
alle
ambascerie ed ai negoziati ; fu detto Nomio quant
i paschi, E traversa le rapide correnti ; Tale, a’ tuoi vezzi preso e
alle
lusinghe, Ovunque trarlo vuoi, cupidamente Te seg
e il Genio arrida. Sorga Imeneo tra loro ; e giglio e rosa Cinga loro
alle
chiome ; Amor si assida Sulla faretra dove l’arco
ingenue fanciulle, dice il Foscolo nel più volte ricordato suo carme
alle
Grazie. Chi vuol meglio conoscere le immagini del
le è la descrizione del velo delle Grazie. Pindaro volge questi versi
alle
Grazie in una delle sue Odi olimpiche : Per voi
e se a noi canta o danza, Se mesta siede o amabile sospira, Se talora
alle
fresche onde eliconie Gode i puri lavacri, atti e
teneva nell’una mano il globo del mondo da essa rigenerato, e presso
alle
mammelle la face dell’ Imeneo (174). Erano incoro
; e per vivere, si trovò come lui ridotto nella necessità di lavorare
alle
mura di Troja. È stata già narrata la mala fede d
, ma un delfino affezionato a Nettuno, andandone in traccia, la trovò
alle
falde del monte Atlante, e la persuase a cedere a
raccia, la trovò alle falde del monte Atlante, e la persuase a cedere
alle
brame del Nume ; e Nettuno ricompensò il delfino
avvoltojo, ali di pipistrello, crini di cavallo e artigli ai piedi ed
alle
mani. Quale orrido simbolo dei vizj, infettavano
abissi le navi degl’ incauti nocchieri. 197. L’oracolo aveva predetto
alle
Sirene che sarebbero perite, appena che un uomo a
rene che sarebbero perite, appena che un uomo avesse saputo resistere
alle
attrattive della loro voce e delle loro parole, q
ndo assorbe, E tre volte a vicenda li ributta Con immenso bollor sino
alle
stelle, Scilla dentro alle sue buie caverne Stass
vicenda li ributta Con immenso bollor sino alle stelle, Scilla dentro
alle
sue buie caverne Stassene insidïando, e colle boc
attribuito a Nettuno di conservare, di agitare e di rendere la calma
alle
onde ; oppure il dominio ch’egli ottenne sulle ac
e dei cittadini era pietosamente stimolata a dare onorevole sepoltura
alle
spoglie mortali. Sulle sue sponde coronate di tas
l’urna nell’ una mano, e la tazza dell’oblio nell’altra. Era imposto
alle
ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la
sono stati trovati anche sotto la lingua di parecchie mummie. Quindi
alle
anime degl’ insepolti, come dicemmo : ………..non è
mêle e d’incantate biade Una tal soporifera mistura, La gittò dentro
alle
bramose canne. Egli ingordo, famelico e rabbioso
anti o corrotti principalmente deriva il disordine sociale che spinge
alle
colpe ; e quindi i legislatori e i giudici sono i
in un istante dal furore alla disperazione, alla morte. Sacrificavano
alle
Furie pecore pregne, arieti e tortorelle, emblema
e (533), per tentar di placarle, alzò in fondo dell’Arcadia un tempio
alle
Furie nere. Incoronò le loro statue di zafferano
pugnale ; nell’altra una chiave e una tazza funebre, per le libazioni
alle
quali presicde. Questa triplice divinità esercita
Sonno (240), è la divinità più inesorabile di tutte, sorda ai voti ed
alle
suppliche dei mortali, senza portar rispetto nè a
tutela dell’urna. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed
alle
Larve, ed era lor consacrato il cipresso ; ai Man
teva esser meglio dipinta l’avarizia che rende povero l’uomo in mezzo
alle
sue ricchezze ? 252 Danao, re d’Argo e figlio di
dall’oracolo che uno dei suoi generi Io avrebbe detronizzato, ordinò
alle
figliuole di uccidere i mariti nella prima notte
ma il più celebre è quel de’Greci, al quale sono state attribuite le
alle
gesta e le avventure di molti eroi.57 Minerv
a di Giove (63), era la Dea della Sapienza, e presiedeva alla guerra,
alle
scienze ed alle arti.58 La favola narra che Giove
era la Dea della Sapienza, e presiedeva alla guerra, alle scienze ed
alle
arti.58 La favola narra che Giove, tormentato da
eca che significa eguali, simili. 275. Esse presiedono tutte insieme
alle
scienze, alle belle arti ed alla poesia. Ora pone
ica eguali, simili. 275. Esse presiedono tutte insieme alle scienze,
alle
belle arti ed alla poesia. Ora ponendo mente alla
lio alla storia (Kléio, io celebro, gr.) ; Erato (eráo, io amo, gr.)
alle
poesie liriche ed amorose (erotiche) ; Melpomene
risia e rende odioso il mal costume ; mentre Tersicore muove il piede
alle
danze con decoro e con grazia, e accresce pregio
creato. La musa dell’astronomia doveva naturalmente presiedere anche
alle
matematiche ; perciò il Monti nella Mascheroniana
o serio ed augusto, con abito ed acconciatura ricca e regale, coturni
alle
gambe, scettri e corone vicini a lei, e pugnale n
e, corona d’ellera in capo, specchio in mano ; » Erato come preposta
alle
rappresentazioni liriche, avrà sembiante grazioso
iume Permesso (123), insieme con la palma e con l’alloro, erano sacri
alle
Muse. Divinità della seconda classe. 281
Como. 285. Como, Dio della gioia e dei banchetti, presiedeva
alle
feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge di
285. Como, Dio della gioia e dei banchetti, presiedeva alle feste,
alle
danze notturne ed alle nuove fogge di vestire e d
gioia e dei banchetti, presiedeva alle feste, alle danze notturne ed
alle
nuove fogge di vestire e di adornar la persona. N
(255). Ella attaccava i cavalli al suo carro quand’ei s’apparecchiava
alle
pugne. La dipingono armata della face della Disco
e. La dipingono armata della face della Discordia che spinge i popoli
alle
stragi ; ha i capelli sciolti e scarmigliati, l’o
le poi queste divinità pastorali, boschereccie, son care ad Apollo ed
alle
Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur com
sacrilega gli avesse fatto mutar posto veniva proscritto, abbandonato
alle
furie (232), e ad ognuno era lecito ucciderlo. Le
310. Pale era l’idolo dei pastori, e presiedeva ai prati, ai greggi,
alle
cascine. Alcuni studiosi delle etimologie ne fann
za usò nel colloquio, che datosele poi a conoscere, Pomona acconsentì
alle
sue nozze. Le metamorfosi di Vertunno son forse u
ia, Cimotoe, Panope, Spio, Cimodoce e Climene. Ora abitavano in fondo
alle
acque, ora in grotte ornate di conchiglie e di pa
elle Ninfe. « Era dentro al pascolo di Driante una grotta consacrata
alle
ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che
ero abbandonato dalle ninfe. Le Napee (nape, valle, gr.) presiedevano
alle
campagne, ai boschetti ed ai prati. Le Oreadi (or
elissa, trovato nella cavità di un albero un favo, lo fece assaggiare
alle
compagne, che tutte liete di questa scoperta, det
assaggiare alle compagne, che tutte liete di questa scoperta, dettero
alle
api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello
o della ninfa Liriope e del fiume Cefiso, e si pose lungamente dietro
alle
sue orme, senza mai lasciarsi vedere ; ma il giov
ana (137), preferiva com’essa le innocenti ricreazioni della campagna
alle
pericolose lusinghe dell’amore. Ma Alfeo rapito d
poichè le sue acque attraversavano il fondo del mare senza mischiarsi
alle
salse, e andavano sempre limpide e pure ad unirsi
glia manteneva il fuoco sacro. 326. V’erano inclusive i Lari preposti
alle
strade, ai trivj, alle vie, ai campi, ai navigli
sacro. 326. V’erano inclusive i Lari preposti alle strade, ai trivj,
alle
vie, ai campi, ai navigli ; e sui luoghi stessi r
van salvato la patria. Domiziano, dopo aver sofferto alcune disgrazie
alle
quali tennero dietro migliori eventi, dedicò un a
culatori sulla ignoranza e sulla superstizione dei divoti, rispondeva
alle
dimande dei supplicanti con un muover di testa o
a dividere i legami più forti e più intimi. Ella stessa fu sottomessa
alle
sue proprie leggi, cedendo alla voce irresistibil
e potevan sottrarre. Aveva inoltre l’ufficio di mischiare le sciagure
alle
umane felicità, affinchè gli uomini si tenessero
gerissimo velo adombra le severe bellezze, ed ha un manto bianco dato
alle
spalle, e che scende fino a terra con larghe pieg
a pigliasse anche a proteggere i morti e vendicasse le ingiurie fatte
alle
tombe ; ed i Romani le alzarono un’ara nel Campid
dove la terra con incredibile celerità, e gode a ritrovarsi nel mezzo
alle
sventure ed in compagnia dei malvagi, de’ quali a
diluvio di Deucalione aveva già un tempio e un oracolo molto celebri
alle
falde del monte Parnaso. 339. Astrea, figlia di G
Belli sono quei versi del Monti nella Mascheroniana, coi quali allude
alle
vicende di Francia nel cadere del secolo passato.
olo passato. Son parole della Giustizia all’ Eterno : Libertà che
alle
belle alme s’apprende, Le spedisti dal ciel, di t
ompiglio tra i Numi. 344. Indispettita per non essere stata convitata
alle
nozze di Teti e di Peleo, gettò nel mezzo alle De
essere stata convitata alle nozze di Teti e di Peleo, gettò nel mezzo
alle
Dee un pomo fatale, per cui nacque la famosa disp
3°. « La Vigilanza vuol esser così fatta, che paia illuminata dietro
alle
spalle dal sol che nasce, e che ella per prevenir
l’esistenza del temuto nipote, lo fece esporre con sua madre in preda
alle
onde in una debole navicella. La sventurata coppi
quei luoghi, e parevano indestruttibili. Ercole immaginò di dar fuoco
alle
macchie dove s’annidavano ; l’espediente riuscì ;
io, deviò il fiume Alfeo (346), facendo passar le sue acque per mezzo
alle
stalle ; e così in un giorno rimasero perfettamen
ione, congegnò due paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza di cera
alle
sue spalle ed a quelle d’ Icaro. In questo modo p
il figliuolo, imbaldanzito di così bella invenzione, e non obbedendo
alle
savie ammonizioni del padre, volle volare troppo
sione e della Nuvola e re dei Lapiti, sposando Ippodamia (511) invitò
alle
nozze i Centauri, i quali avvinazzati si abbandon
accettò l’ invito ; ma quando i due eroi furono in procinto di venire
alle
mani, vinti da segreta scambievole ammirazione, s
lo e amico Piritoo, volle andare sulle sponde del Termodonte incontro
alle
Amazzoili (373), per aver come Ercole la gloria d
alto masso. 440. Gli Ateniesi, molti secoli dopo, resero grandi onori
alle
ceneri di Teseo. È fama che questo eroe apparisse
no sacrifizj di candidi agnelli, mentre le pecore nere erano immolate
alle
tempeste. 444. Questi due fratelli seguirono Gias
parmiarono iniqui mezzi per rattenere i passi del furibondo. Sfuggiti
alle
sue ricerche, e pervenuti alla dimora d’ Alcinoo
sa, negò di rendere a Giasone (448) il trono paterno, e Medea già usa
alle
colpe si prese l’ incarico di punirlo. Costei, ch
a qualche gran rischio. 465. Allora Jobate eccitò il giovine valoroso
alle
più difficili imprese ; ma egli trionfò di tutti
o dolore sul monte Rodope. Le Baccanti (153) tentarono di richiamarlo
alle
dolcezze della vita ; ma egli, spregiandole, ne e
el luogo dove rinvennero la sua spoglia ; ma ne era vietato l’accesso
alle
donne. Quindi suo padre lo cangiò in cigno ; e la
È già comune opinione che il delfino sia amico dell’uomo, e sensibile
alle
dolcezze dell’armonia. Gli antichi lo avevano in
il pargoletto appena nato fosse condotto in un bosco, ed ivi esposto
alle
fiere. 492. Forba, pastore del re di Corinto, rit
fermò presso un borgo dell’Attica chiamato Colono, in un bosco sacro
alle
Eumenidi, sotto il qual nome venivano onorate le
tenerezza d’Antigone per suo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando
alle
sventure di edipo , gli rimprovera la vita ramin
nelo. Travestitosi da mercante andò alla corte di Licomede, e offerse
alle
donzelle varie gioie ed arredi femminili, tra i q
esso cadavere trascinandolo dietro il suo carro per tre volte intorno
alle
mura di Troja e alla tomba di Patroclo (593), fin
rno alle mura di Troja e alla tomba di Patroclo (593), finchè lo rese
alle
lacrime dello sventurato Priamo, che da sè stesso
to Priamo, che da sè stesso andò a’ piedi d’Achille per implorar pace
alle
ossa del vinto figliuolo (594). 541. L’amore dove
stesso Apollo. I Greci lo tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino
alle
pianure di Troja ; gli fabbricarono un tempio, e
554. Viaggiò contro la Colchide con gli Argonauti (452) ; si ritrovò
alle
nozze di Piritoo (429), e combattè i Centauri (43
vere d’Ettore al carro d’Achille, allorchè questi lo trascinò intorno
alle
mura di Troja (540). 564. Dopo la morte d’Achille
l sonno, ed involarono i suoi cavalli prima che potessero abbeverarsi
alle
acque del Xanto, fiume della Troade. 4° Fece riso
tanto egli che i suoi compagni poterono resistere, come già narrammo,
alle
seduzioni delle Sirene (196). 577. Liberatosi an
lazzo ; e giunto al cospetto d’Alcinoo e della sua moglie, si prostrò
alle
loro ginocchia aspettando con umiltà il suo desti
ei n’ebbero compassione, e la trasformarono in cagna, alludendo forse
alle
orribili imprecazioni ch’ella scagliava sui Greci
are Achille nel campo. Alla vista del tremendo guerriero chiedente ad
alle
grida la vita del suo nemico, Ecuba e Priamo trem
genitrice i crini, e via gittando Il regai velo, un ululato mise Che
alle
stelle n’andò. Plorava il padre Miseramente, e ge
, per ingegno e per destrezza nei giuochi pastorali. 598. Accadde poi
alle
nozze di Teti (304) che la Discordia, volendosi v
liersi il dono, la fece passare per folle, acciocchè niuno desse fede
alle
sue predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la rui
one era figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria per involarsi
alle
crudeltà del fratello Pigmalione, che aveva assas
ojano mossero a pietà la bella Didone, ed egli cedè per qualche tempo
alle
seduzioni di molli affetti ; ma il nunzio di Giov
e quivi avendo saputo che gli Dei avevano finalmente posto un termine
alle
sue peregrinazioni, andò a visitare Latino re del
cque, andarono a consultare la dea Temi (336) che pronunziava oracoli
alle
falde del Parnaso, e che ordinò loro di velarsi i
dette la vista. Leggiamolo in questi bei versi del Foscolo, nell’inno
alle
Grazie : Innamorato, nel pïerio fonte Mirò Tires
del Sole, Né per la coronea selva odorata Guidò a’ ludi i garzoni, o
alle
carole Le anfionie fanciulle ; ed insultanti, Del
. Le Sibille. 665. Gli antichi chiamarono Sibille certe donne
alle
quali attribuivano la cognizione del futuro e il
i degnò di rispondere ; ma Demofila, senza sconcertarsi, ne gettò tre
alle
fiamme, e ripetè la stessa dimanda per i sei rima
principio fu rigorosamente vietato di pigliar parte in questi giuochi
alle
donne ; ma con l’andar del tempo alcune vi si rec
ni, ansiosi che il magistrato dia il segno. Tiene imboccata la tromba
alle
labbra l’esperto sonatore, ed egli pure rimira as
persona non potrebbe in altro modo esprimersi, che mescolando i gigli
alle
rose. Erano sospesi gli animi ; ma però tutti con
mordendo le labbra, e con pupille ardenti, nondimeno cauto, e pronto
alle
sorprese, tornò alla tenzone, ed accostandosi ent
o, l’ Aquario, i Pesci. L’uno vuole che questi nomi abbiano relazione
alle
faccende dell’agricoltura ed alla varietà delle s
ine, la qual si dipinge con una spiga in mano, sta collocata framezzo
alle
ricolte maggiori, cioè tra le mèssi e le vendemmi
ietose Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi All’etere maligno ed
alle
fere I miserandi avanzi che natura Con veci etern
sacro Ilio, e del Nume appenderolle al tempio : Ma l’intatto cadavere
alle
navi Vi sarà rimandato, onde d’esequie L’orni l’a
asciò gli sventurati Suoi genitori di cordoglio oppressi ; Così dando
alle
fiamme il suo compagno, Geme il Pelide, e crebri
ul consunto rogo, E per lo tracio mar, che rabbuffato Muggia, tornaro
alle
lor case i venti. Stanco allora il Pelide, e dall
ura d’una querce quando lo scongiuravano a comunicare la sua sapienza
alle
assemblee del popolo ; e sotto quella di un giave
vista spaziava per vasti ed ameni giardini ornati a festa e preparati
alle
danze, ai piaceri. In quel terrestre paradiso l’J
o nome dalla parola merces, mercium. 34. Di qui il nome di erotiche
alle
poesie amorose, e di Erato (274) alla Musa che ca
tide spari inghiottita dall’Oceano, sieno da attribuire ai terremoti,
alle
eruzioni vulcaniche, in anlico assai più frequent
i sui quali passeggiavano i poeti. 78. Condusse alla riva. 79. Fino
alle
ascelle. 80. Per nodi, intendi le fallaci parole
ano consultate. Gli antichi ricorrevano agli oracoli nell’ accingersi
alle
grandi imprese, e nei più piccoli affari domestic
ità, ad ognuno di quei nomi, il numero d’ordine progressivo. Riguardo
alle
citazioni dei più rinomati scrittori antichi e mo
24. Seguendo questa dolorosa nomenclatura, noi potremmo giungere fino
alle
più recenti eresie, di che fu afflitta la maestà
dei cronisti. Vuolsi quindi, nello studio della Mitologia, por mente
alle
moltiplici agglomerazioni popolari di elementi an
oli o miti atroci ed impuri, proprii di una religione che serviva più
alle
tristi passioni dell’uomo, che al principio della
tigurazioni d’incarnazione ; dando per tal modo uno sviluppo maggiore
alle
allegor e religiose, per mezzo delle quali si att
giore alle allegor e religiose, per mezzo delle quali si attribuivano
alle
divinità del culto pagano, sentimenti e passioni
all’ordine celeste, con quelle proprie dell’ordine terrestre, venendo
alle
diverse deità attribuiti i caratteri del clima, d
o, e perfino delle abitudini e dei costumi tradizionali e particolari
alle
molteplici contrade, che formavano il mondo conos
iconosciuto, constatato, innegabile che i miti religiosi appartengono
alle
più remote età del mondo, e che lo studio della M
le ossa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero
alle
sue parole che confermavano esser quello istrumen
rò perdutamente di Peleo, e gli offrì il suo amore, ma questi resistè
alle
prave voglie della inverecon la. Crudelmente offe
di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed
alle
belve. Ma il famoso Centauro Chirone (che fu maes
persuadesse a ritornare. Ulisse, camuffatosi da mercatante, presentò
alle
dame della corte di Licomede alcuni ricchi gioiel
gioielli. Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e di là innanzi
alle
mura di Troja. Achille mostrò prestamente il suo
rojani, ucciso Patroclo, amico fedelissimo di Achille, questi ritornò
alle
armi e per vendicare il caduto amico, fece legare
le mura della città ; cedendo il cadavere sfigurato dell’eroe Trojano
alle
lagrime di Priamo padre di lui. Sedutosi di fron
a incinta, la fece legare in una piccola barca e l’abbandonò in preda
alle
onde. Politetto, re di Serifo (una delle isole Ci
io della morte di Adone venivano nei diversi rioni della città appese
alle
mura alcune immagini rappresentanti un giovane di
igato a cercar rifugio presso Polibio, suo avo paterno, per sottrarsi
alle
persecuzioni dell’usurpatore che si era impadroni
egli sarebbe stato assassinato in Argo, ma Agamennone non prestò fede
alle
parole della indovina, e ritornò in patria, ove i
eano il dono d’inspirare i poeti, e perciò questa fonte fu consagrata
alle
Muse, le quali furono anche conosciute sotto il n
prendere qualche cosa d’importante. 196. Agonio. — Dio che presiedeva
alle
intraprese. Mercurio era anche chiamato Agonio pe
alla Dea, nel quale la vergine s’era nascosta, sperando di sottrarsi
alle
brutalità del suo persecutore. Minerva, fortement
ucciso da questi in combattimento fu trascinato per tre volte intorno
alle
mura di Troja. In seguito essendo stato ucciso Ac
go ove Anfiaroe erasi celato. Vedendo intanto che le prime espiazioni
alle
quali egli erasi sottoposto non andarono coronate
Alcea dalla parola Alce che significa forza. Vi erano delle divinità
alle
quali si dava complessivamente il nome di Dei Alc
inferno. Gli Aloidi furono i primi che sul monte Licone sagrificarono
alle
nove muse e consacrarono loro quella montagna. 29
un’altra Alope figlia di Cercione, la quale avendo prestato orecchio
alle
seduzioni di Nettuno, ne ebbe un figlio Ippotono.
o di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle sue corna
alle
ninfe che avean curata la sue infanzia, con la vi
o dette Amazzoni, che vuol dire senza una mammella, perchè bruciavano
alle
bambine, appena nate, la mammella sinistra, onde
no innalzati dei templi a cui sagrificavano con maggior frequenza che
alle
are degli altri numi. Dipingevano questa Divinità
e il corpo di Ettore, trascinato da Achille per ben tre volte intorno
alle
mura di Troja, conservavasi illeso perchè Venere
che disparvé nel tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrarsi
alle
persecuzioni di Apollo. 375. Anaxandra. — Nome di
una coppa piena di vino. All’istesso momento ch’egli portava la tazza
alle
labbra, gli fu annunciato da uno dei suoi ufficia
e non potendo camminare fu da suo figlio Enea portato in braccio fino
alle
navi Greche, sulle quali essi trasportarono ancor
pardla Anculari che significa servire. Per la stessa ragione si dava
alle
serve il nome di Ancille o Ancelle. 390. Andate o
collana d’oro, il luogo dove s’era nascosto Anfiareo, per non andare
alle
guerra di Tebe, ov’egli sarebbe morto. Un giorno
421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi
alle
richieste di questo dio, ella si nascose nelle pr
arono in una conchiglia di madreperla e finalmente Anfitride consentì
alle
nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e pad
abitatrici del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere di dare
alle
acque di questo fiume una virtù contraria alla lo
ne. — Principe della setta cinica discepolo di Socrate. Per assistere
alle
lezioni del suo maestro, egli ogni giorno travers
e rapire la vacca, la svenò sull’altare di Diana, ne affisse le corna
alle
porte del tempio, ed ebbe così tutto l’onore del
nome. Coll’andare del tempo tutta la catena di montagne fu consacrata
alle
muse, e il gruppo intero fu detto Monti Aonidi. A
poi detta Aonia tutta quella contrada. 486. Aonidi. — Soprannome dato
alle
muse da alcune montagne della Beozia. Vedi l’arti
trassero mai agli uomini il loro volto, ma si facessero conoscer solo
alle
spalle nel momento di partire. Così in Virgilio a
. Apona. — Fontana in Italia presso la città di Padova. Si attribuiva
alle
sue acque il potere della divinazione. 499. Aporr
; il platano ai Genii ; il frassino e la gramigna a Marte ; la palma
alle
Muse ; l’olmo a Narciso ; il ginepro all’ Eumenid
omani davano questo nome al dio destinato nel loro culto a presiedere
alle
piccole città ed agli armadi. 526. Ardalidi. — So
e alle piccole città ed agli armadi. 526. Ardalidi. — Soprannome dato
alle
Muse da Ardalo figlio di Vulcano, a cui si attrib
e nel fonte mio : E secondo il pensier si cangia e fonde Novella noia
alle
mie vergin’onde Ovidio Metamorfosi L. V. trad. D
e. Egli amò perdutamente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga
alle
persecuzioni di lui, fu morsicata da un serpente
quale ricusò ostinatamente di maritarla, ma finalmente acconsentendo
alle
preghiere di lei la lasciò partire col novello sp
per esser figliuoli del vento Borea avevano le ali, diedero la caccia
alle
arpie e le perseguitarono fino nelle isole Strofa
nel tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì sperando di sottrarsi
alle
impudiche voglie del re. Ma la santità del luogo
e nel mestiere delle armi fu riguardata come la Divinità che presiede
alle
une e alle altre. Infine essa è la Minerva dei Gr
ere delle armi fu riguardata come la Divinità che presiede alle une e
alle
altre. Infine essa è la Minerva dei Greci. Gli an
ad Apollo, ove ogni tre anni si celebravano delle feste in suo onore,
alle
quali si dava il nome di feste Aziache. Cesare Au
facevano rintronar l’aria di grida assordanti, e poi si abbandonavano
alle
più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio
come Dio del vino. Egli punì severamente Penteo, per essersi opposto
alle
solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò di tutt’
alberi ; Filemone in quercia, e Bauci in tiglio. Stando ambo innanzi
alle
gran porte, a piede Dei gradi ove sta un pian fra
ice il piè ritiene. Accorti del lor fin, con voci sante Rendon grazie
alle
parti alte e serene : L’un dice all’altro : Vale
uale, a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece delle proposizioni
alle
quali fu insensibile. Antea punta da questa indif
seriva Conone, e da quel tempo si dette il nome di chioma di Berenice
alle
sette stelle, che formano la costellazione nota a
ratasi perdutamente di Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo
alle
sue voglie, pianse tanto che fu cangiata in fonta
precedente. 794. Bidentali. — Sacerdoti dei Romani, essi presiedevano
alle
cerimonie espiatorie, quando il fulmine era cadut
. — Soprannome dato a Saturno. 813. Bolina. — Ninfa che per sottrarsi
alle
persecuzioni di Apollo si precipitò in mare. Il n
trad. di Vinc. Monti I Poeti dipingono Borea con le ali ai piedi ed
alle
spalle per mostrare, la sua leggerezza e con la f
cui cadavere egli trascinò legato al suo carro per tre volte intorno
alle
mura di Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo
ritomarte o Britormati. — Figliuola di Giove, la quale, per sottrarsi
alle
persecuzioni di Minos, si precipitò in mare e fu
che aveva la sua sorgente ai piedi del monte Elicona. Era consacrata
alle
muse ed era la stessa che quella d’Ippocrene, per
rittori non riconoscono che tre Deità : Plutone, Proserpina e Cerere,
alle
quali si dava il nome complessivo di Dei Cabiri.
rofezia, si esiliò con la moglie dal proprio paese, per non assistere
alle
sciagure della sua famiglia, ma nella fuga furono
ebbe durato dieci anni ; e che i venti non sarebbero stati favorevoli
alle
navi greche, se non dopo il sacrificio di Ifigeni
famiglia di lei ; imperocchè essendosi Euripilie ricusato di aderire
alle
nozze dell’eroe con la figliuola, Ercole l’uccise
ale, ricorrendo il tempo dei giuochi olimpici, a cui non era permesso
alle
donne di prender parte, si travestì da maestro de
avano con nome collettivo Camilli tutti quel giovanetti che servivano
alle
cerimonie dei sacrifizii ; come venivano dette Ca
na sfida, provare il contrario, e le statue dei due numi furono messe
alle
prese insieme. Si accese un gran fuoco, in mezzo
ntre nella Tebaide si offerivano in sacrificio le capre, tributandosi
alle
pecore il maggiore rispetto. 951. Capretto. — Era
Deita anche Cardia. — Al dire di Macrobio, questa Divinità presiedeva
alle
parti nobili e vitali dell’uomo e soprattutto al
avano le tre grazie Cariti ed istituirono in loro onore alcune feste,
alle
quali fu dato il nome di Carisie. 968. Caristie o
nga discordia, cagionata da una sentenza del Senato la quale proibiva
alle
dame di tener cani presso di loro. 974. Carmentis
he la rese madre di Britomarte. Carna era anche la Dea che presiedeva
alle
parti vitali del corpo e che s’invocava principal
r vendicarsi, le giurò che non si sarebbe mai da alcuno prestato fede
alle
sue predizioni. La vendetta del nume sorti il suo
Castalia. 990. Castalia. — Ninfa, che Apollo cangiò in fontana, dando
alle
sue acque la virtù di ispirare il genio della poe
’acqua della fontana Castalia. 991. Castalidi. — Nome collettivo dato
alle
muse, dalla fontana Castalia ad esse consagrata.
li, essi vivevano e morivano alternativamente. Essendo stati invitati
alle
nozze delle loro cugine, Febeo ed Ilaijo, essi le
ittadini a fondare un’altra città. Ma come essi non fecero attenzione
alle
sue parole, non credendolo figlio di Vulcano, egl
atasi di lui, lo rapì, ma indarno, poichè egli non volle acconsentire
alle
amorose voglie di lei. La dea sdegnata delle ripu
lo avesse sposato. 1035. Celadone. — Uno di coloro che furono uccisi
alle
nozze di Perseo con Andromeda. 1036. Celana. — Co
Dante. — Inf. Cant. XII. Quelli fra i Centauri che furono invitati
alle
nozze di Piritoo e d’Ippodamia, attaccarono quere
i la tradizione mitologica, attribuiva l’incarico di slegare la c nta
alle
nuove maritate. 1121. Cindiade. — Soprannome di D
anno un aspetto lugubre. Si piantava d’ordinario, come oggidi, vicino
alle
tombe. Era consacra’o a Plutone, come Dio dei mor
sania, Citereo era anche un fiume del Peloponneso in Elide consacrato
alle
ninfe Jonidi. Le acque di questo fiume avevano al
nsacrato a Venere. 1152. Citeriadi. — Soprannome che talvolta si dava
alle
Muse tenute anch’esse in conto di bellissime. 115
ntichità, i quali ripetano che se pure Cocalo avesse sottratto Dedalo
alle
persecuzioni di Minos, se ne fosse disfatto egli
ndo l’opinione di S. Agostino aveva questo nome la dea che presiedeva
alle
montagne e alle valli. 1218. Collina. — V. Collat
i S. Agostino aveva questo nome la dea che presiedeva alle montagne e
alle
valli. 1218. Collina. — V. Collatina. 1219. Colof
ie, in onore degli dei Penati. 1230.Comuso. — Divinità che presiedeva
alle
gioje notturne ed allo abbigliamento delle donne
o Conservio. 1235.Consenti. — Nome collettivo che si dava agli dei ed
alle
dee di prim’ordine, conosciuti pure, secondo l’op
neo, re della Focide, che Minerva cangiò in cornacchia, per sottrarla
alle
oscene persecuzioni di Nettuno. In greco la parol
rola greca Κυγυγ che significa fontana : veniva dato questo sopranome
alle
Najadi, ninfe delle fontane. 1283. Creonciade. —
el campo dei Greci per ridimandare la figlia. Degli Achivi era Crise
alle
veloci Prore venuto a riscattar la figlia Con mol
— Iliade — Libro I trad. di V. Monti. Essendosi Agamennone ricusato
alle
preghiere del vecchio, questi ottenne da Apollo c
ata da Apollo. Un giorno mentre essa cercava di sottrarsi con la fuga
alle
amorose persecuzioni di quel dio, la ninfa del fi
gannato, fece legar Danae in una piccola barca e l’abbandonò in preda
alle
onde. Una tenera figlia Acrisio avea. Nomata Dan
o, fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con grossi pezzi di cera
alle
spalle del figlio, dopo aver fatto per sè altrett
opinione di Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone di Dee Madri
alle
nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad
rsa maggiore. Altri scrittori danno il nome complessivo di Dee Madri,
alle
figliuole di Cadmo : Agone, Ino, Autonoe e Semele
ll’edifizio, mentre si lanciava un’aquila, la quale, volando in mezzo
alle
flamme ed al fumo s’innalzava nell’aria, quasi ch
iere, e allora Demofila innanzi al re stesso gittò tre di quei volumi
alle
fiamme, pretendendo lo stesso prezzo per gli altr
e esiste fra Dio e gli uomini. I demonii erano divisi in varie classi
alle
quali appartenevano secondo la loro potenza. Al d
di Diana fu scacciata ignominiosamente da questa dea per aver ceduto
alle
lascive brame di Giove. La tradizione mitologica
Giove, ed improvvisa Precipitando, i saldi ponti abbatte, Debil freno
alle
fiere onde, ed i verdi Campi, i ripari rovesciand
i d’intervenirvi. 1508. Driadi. — Ninfe che presiedevano ai boschi ed
alle
foreste, nelle quali dimoravano notte e giorno. P
esse entrare in un hosco o in una selva senza prima far delle offerte
alle
Driadi tutelari. 1509. Driantiade. — Licurgo, re
ità dei Druidi ed il loro potere era onnipossente : essi presiedevano
alle
cose dello stato ; intimavano la guerra o la pace
Ea, ninfa che avendo implorato il soccorso degli dei, onde sottrarsi
alle
persecuzioni del fiume Paflo, fu cangiata in isol
terra e del mare ; che distribuisce onori e ricchezze ; che presiede
alle
battaglie ai consigli dei re, ai parti, ai sogni
va riguardata come madre di Medea e di Circe, come dea che presiedeva
alle
magiche operazioni e agli incantesimi. I pagani c
parlare in segreto al re Polinnestore ; ed avendolo condotto in mezzo
alle
donne Trojane, che l’avevano seguita, queste si a
alle Arpie e trasportata da queste nell’Inferno, ove fu data in preda
alle
Furie. 1553. Edone. — Così avea nome una principe
caricò di catene e così legato lo espose ai raggi ardenti del sole ed
alle
morsicature degl’insetti. Edone, allora, disperat
a città derivasse da una donna chiamata Efeso, la quale dette origine
alle
Amazzoni. Ma questa opinione è assai poco ritenut
atto sorgere un dissidio fra loro, essi morirono entrambi, in seguito
alle
ferite con che si erano reciprocamente offesi. 15
nato da spaventose visioni. 1569. Efidriadi. — Ninfe che presiedevano
alle
acque e che più comunemente venivano dette Idriad
suoi compagni, nell’ebbrezza della gioja, dimenticarono di sostituire
alle
vele nere le bianche, siccome avevano promesso ad
nse d’aver con lei dei segreti colloquii, affine di dare più autorità
alle
leggi che impose ai Romani. La tradizone mitologi
vestimenta poi ancora intrise, venivano dagli altri sacerdoti sospese
alle
mura interne del tempio, onde i fedeli avessero p
quale a forza di piangere per la sciagura di suo fratello, fu insieme
alle
sorelle cangiata in pioppo. La tradizione mitolog
dicare l’offesa che gli aveva fatta l’amico, fece in maniera che tirò
alle
sue voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento d
rrogato Egisto, questi rispose che gliela aveva data la madre. Tieste
alle
parole del figlio, ed alla evidenza delle pruove,
una via libera e spianata : noi altro non possiam fare, che attenerci
alle
opinioni degli autori più accreditati e additare
Danao però, ch’era tanto iniquo per quanto più era Egitto, acconsenti
alle
nozze, ma impose alle figliuole l’infame comandam
to iniquo per quanto più era Egitto, acconsenti alle nozze, ma impose
alle
figliuole l’infame comandamento che fu causa dell
itanti credevano generalmente che il fuoco si appiccasse da sè stesso
alle
legna su cui si ponevano le vittime che le veniva
esi ; i tribunali e gli ufficî erano chiusi, e non si poteva condurre
alle
prigioni i colpevoli di qualunque reato. Ai miste
o un sacrifizio. Per troppa sollecitudine, gli Eliadi misero il fuoco
alle
legna preparate pel sacrifizio senza prima aver p
il monte Parnaso e il monte Citerone. Questa montagna era consacrata
alle
muse e ad Apollo, e si credeva che esse vi abitas
i un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse di aderire
alle
brame del suo favorito, e mandò ad Eliopoli un pl
roade dalla Tracia e fuggire in Colco. Allorchè ella si vide in mezzo
alle
onde, il coraggio che fino allora l’aveva accompa
se di sua mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a piegare innanzi
alle
schiere comandate da Menelao e da Antiloco. Nelle
a protezione che Nettuno aveva accordata ad Enea onde accondiscendere
alle
preghiere di Vonere, madre di lui, gli fu estrema
icolo, Nettuno lo ravvolgeva in una nube invisibile sottraendolo così
alle
ferite e alla morte. Udito quel parlar, corse pe
ne invaghì perdutamente, ed essa lungi dal resistergli, si abbandonò
alle
voglie di lui, che per mostrar le la sua gratitud
uosi, i quali avevano le orecchie grandissime, lunghe e pendenti fino
alle
ginocchia, delle quali essi si servivano come di
aufragio, che fece perire gran numero dei suoi compagni nel ritornare
alle
loro patrie. 1716. Epibati. — Era questo il vocab
nia che i Lacedemoni celebravano in una data epoca dell’anno, intorno
alle
principali fontane. 1722. Epicurio. — Soprannome
ri, dalle due parole greche υπί sopra e γη terra. Si dava questo nome
alle
ninfe della terra come si chiamavano Uranie quell
dato il nome degli Epigoni. 1732. Epimelidi. — Ninfe che presiedevano
alle
mandre. Mercurio, per la stessa ragione veniva so
Epimeteo lo mutò in una scimmia. 1737. Epinicie. — Davasi questo nome
alle
feste che gli antichi celebravano per solennizzar
iato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere
alle
più segrete cerimonie, cosa che non ottenevasi se
ri del culto Eleusino vi erano pero delle cerimonie talmente occulte,
alle
quali non era concesso neanche all’Epopte di assi
là dove erano state tolte. 1754. Equirie. — Romolo dette questo nome
alle
feste da lui istituite in onore di Marte, dio del
on bisognerà soprattutto stupire delle numerose modificazioni imposte
alle
diverse tradizioni, le quali vanno tutte in un ce
n sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tendenza viziosa di ridurre
alle
proporzioni umane, le grandiose figure dei tempi
avea Di frondoso olcastro, con sua scorza. Di non vulgar misura, che
alle
falde Del sacrato Elicona intero svelsi Con le de
di leone, spoglia opima tolta dal suo valore all’ucciso nemico. …. e
alle
mie membra avvolsi Sua pelle per riparo incontro
sultare quell’oracolo ; ma avendo la Pitonessa ricusato di rispondere
alle
domande di lui, Ercole rapì il sacro Tripode, e s
udeli sofferenze. Non vi fu alcuno che avesse voluto mettere il fuoco
alle
legna per molti giorni ; finalmente un pastore pe
a, il fiume Diraso scaturì dalla terra per portare qualche refrigerio
alle
sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nub
del bagno di Giunone. Nella città di Argo veniva dato lo stesso nome
alle
sacerdotesse che presiedevano al culto di quella
dalla fame cominciò dal mangiare avidamente tutto ciò che gli cadeva
alle
mani e finì col lacerarsi coi proprî denti le car
a andò all’altare, tutti gli dei abbandonarono il cielo per assistere
alle
nozze di Lei. La sola Giunone fra tutte le dee no
recia pretese il compimento della parola di Menelao e senza por mente
alle
lagrime di Ermione, che era perdutamente innammor
i e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito
alle
donne di entrare. 1810. Ero o Eros. — Sacerdotess
greca Ἐρως che significa amore. Le anime degli eroi si alzavano fino
alle
stelle, e con ciò diventavano degne degli onori d
quella adorazione che il culto superstizioso del pagane imo tributava
alle
proprie divinità. Seguendo l’opinione di Lucano,
ai di sovente ricordato che gli onori eroici furono spesso rese anche
alle
donne. 1812. Erofila. — Nome di una sibilla figli
o aveva ucciso, sia per propria amicirazione, sia per accondiscendere
alle
preghiere di Apollo, mise Esculapio nel numero de
perciò contro di Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi cedendo
alle
preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo c
uesta denominazione, dalla parola greca Ἠονπα che significa silenzio,
alle
sacerdotesse della dea Pallade Minerva, forse per
enti segreti onde Esone ringiovanisse ; e che in fatti Medea, cedendo
alle
preghiere del suo amante fece scendere dal cielo
i suoi scritti sull’antichità, confonde le Esperidi con le Atlantidi,
alle
quali dà per madre una donna, per nome Esperide,
non avesse placato le divinità vendicatrici, non poteva nè accostarsi
alle
statue degli dei, nè entrare in un tempio. Quando
di questo animale purificava le mani dell’omicida. Quindi si passava
alle
libazione di vino puro in onore di Giove ; poscia
almente si copriva l’ara di focacce che il reo inginocchiato offeriva
alle
sdegnate divinità, pregandole di perdonare al suo
resso la città di Colona. Gli abitanti, sapendolo reo, lo costrinsero
alle
espiazioni, le quali consistevano nella libazione
he qualcuno veniva iniziato ai grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed
alle
mistiche orgie di Bacco e di Priapo. 1839. Esserc
ste. 1840.Essiterio. — Dalla voce latina Exitus si dava questo nome
alle
feste che si celebravano in onore degli dei, prim
nativi per averli propizî. 1841. Esta. — Nome particolare che si dava
alle
viscere delle vittime, che gli Aruspici esaminava
ia, il quale, al dire di Pausania, fu il primo ad innalzare un tempio
alle
tre Grazie, e ad istituire le cerimonie del loro
tà seguace. Era di cor valente ; Di povere fortune, è ver, ma colmo D’
alle
onoranze nell’Argiva terra. Volean d’oro gli amic
e dei funerali. Era chiamato Etelina perchè fu cantato la prima volta
alle
esequie di un patrizio chiamato Lino. 1851. Etere
ole di Menta e Scio, e persuase le sue compagne ad appiccare il fuoco
alle
navi greche, onde Protesilao fu obbligato a stabi
dne la lasciò in custodia ad Etra. E quando Castore e Polluce corsero
alle
armi per vendicare il ratto della sorella e s’imp
pilla : al moti Del pugnar, la celata orrendamente Si squassa intorno
alle
sue tempie, e Giove Il proteggea dall’alto, e di
dio, allorchè Ettore, inorgoglito dalla fortuna che arrideva propizia
alle
armi trojane, e profittando dell’inazione in cui
re Tua consorte : e tu lungi appo le navi Giacerai degli Achivi, esca
alle
belve. Omero — Iliade — Libro XXII trad. di V. M
e che Achille, col trascinarlo tante volte, così velocemente, intorno
alle
mura, non lo avesse ridotto in pezzi. ….. Ma del
zione di un’altra Eubea, figliuola del fiume Asterione : essa insieme
alle
sue sorelle Acrea e Posimna, furono fra le nutric
2. Eumenidi. — Ossia benefattrici nome particolare che i greci davano
alle
furie. Questo vocabolo deriva dalle due parole gr
retto ad una divinità chiamata Eunosta. Essendo espressamente vietato
alle
donne di entrare in quel tempio, era generale cre
precipitò fra quelle, volendo che le proprie fossero unite per sempre
alle
ceneri dell’uomo che essa aveva amato più della v
za in un dato luogo, non attribuendo la credenza religiosa dei pagani
alle
differenti divinità, il potere d’essere da per og
938. Fame. — I pagani mettevano la Fame fra le loro divinità, insieme
alle
malattie, ai travagli, alla povertà, e a tutti i
. La poetessa Saffo, perdutamente innammoratasene, non potè piegarlo
alle
sue voglie, permodo che, disperata si precipitò n
e circondato tutto all’intorno di lampade di bronzo, attaccate le une
alle
altre. Prima di ottenere un responso da questo or
gli uccelli. 1951. Fatua — Soprannome particolare che i pagani davano
alle
mogli degli dei campestri in generale, e dei silv
to. Era la stessa che sotto il nome di Buona Dea prediceva l’avvenire
alle
sole donne, e riceveva i sacrifizii in certi luog
ta dea rimaneva sempre muto per gli uomini ; e non rispondeva neanche
alle
donne, quando talune di esse la interrogava per c
e di febbraio, alcune pubbliche cerimonie, in onore del dio Fauno, ed
alle
quali perciò si dava il nome di Faunali. Queste f
omani costumavano di onorare le anime dei morti con alcune cerimonie,
alle
quali si dava questo nome durante il mese di febb
facevano, al dire di Plinio, per rendere propizii gli dei infernali,
alle
anime dei defunti. Le cerimonie Februali, avevano
imperocchè, Macrobio, dice che era un dio particolare, che presiedeva
alle
purificazioni ; e Servio pretende che fosse lo st
acerdotale, e coronato di verbena, presso il popolo nemico, o innanzi
alle
porte della città ostile, e quivi, chiamando Giov
fu la prima Pitia, o sacerdotessa dell’oracolo di Delfo, che rispose
alle
interrogazioni in versi esametri. 1980. Feniee. —
della resurrezione dei corpi, e cio non perchè essi prestassero fede
alle
superstizioni dei pagani, ma per mettere in atto
ssione, accortosi del tranello, maledisse il figliuolo, e lo consacrò
alle
furie dell’inferno. ………l’ira fuggendo E un atroc
dal desiderio ardentissimo di vendicare la morte di Patroclo, ritornò
alle
armi, Fenice, sempre fedele amico, per quanto inv
che avesse trovato il mezzo di servirsi di un piccolo verme onde dare
alle
stoffe il colore della porpora. 1981. Fenna. — Se
tà d’immaginativa che avevano i pagani per tutto ciò che si collegava
alle
loro religiose credenze. È scritto che i parieggi
narra di lei che Saturno l’amò passionatamente ; e che per sottrarsi
alle
gelose investigazioni di sua moglie Rea, prendeva
ebrava nella Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso
alle
donne di correre sole a traverso i campi, l’animo
l’aria anch’ei s’affretta. E si sostien per non cader sul piano, Come
alle
Greche insidiose avvenne, Vede le membra sue vest
Tien del suo incesto ancor vergogua e cura E non osa albergar dentro
alle
mura. Progne, che diede alla vendetta effetto, E
e innammorata di un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piegarlo
alle
sue voglie, si appiccasse per disperazione. Filon
osì violentemente di lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò
alle
sue voglie e la rese madre di due gemelli. Al dir
na deputazione a Filottete, onde sapere da lui il luogo dove, insieme
alle
ceneri dell’ eroe, erano sepolte le frecce di lui
re di lei. Fineo perdutamente innammorato della perversa donna, credè
alle
sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due fig
sfatti del supplizio che avevano imposto a Fineo, lo dettero in preda
alle
arpie, le quali infettavano tutto ciò che si appr
tà di essi ; con la barba e i capelli lunghi e generalmente incollati
alle
tempie, quasi a dinotare che fossero bagnati e ap
infernali il Periflegetonte e il lago d’Averno ; e tutte quelle acque
alle
quali essi attribuivano una qualche misteriosa e
i Flora se ne fosse perdutamente innammorato ; ond’ella per sottrarsi
alle
persecuzioni di lui si dette a fuggire ; ma Zeffi
n Roma in onore della dea Flora. Esse duravano sei giorni, terminando
alle
calende di Maggio. Florali si chiamavano del paro
eniva a lei dato dalle buone cure che si credeva fermamente prestasse
alle
partorite. 2037. Fobetore. — Dalla parola greca φ
bliche feste che si celebravano in Roma il 15 aprile di ogni anno, ed
alle
quali si dava anche il nome di Fordicidie. Durant
ea. — Più comunemente Fruttifera e Fruttifea, divinità che presiedeva
alle
frutta e che i pagani invocavano per ottenere un
uanto dai pittori dell’ antichità ; sia come un tizzone fiammeggiante
alle
due estremità ; sia come una specie di freccia pu
— Inferno — Canto IX. Appellazioni che rispon lono nel nostro idioma
alle
parole Rabbia, Strage ed Invidia ; qualificazioni
loro quei genitori che parve meglio convenissero al loro carattere ed
alle
funzioni a cui erano addette. In fatti secondo Es
; Dee vendicatrici, Dee benefattrici, Dire, o Diree ec. ec. In quanto
alle
loro attribuzioni, tanto sulla terra quanto nel r
venerate. Sofocle asserisce che il ricoverarsi in un bosco consacrato
alle
Furie, veniva considerato come un sacrilegio. In
asi tutte le città della Grecia sorgevano templi ed altari consacrati
alle
Furie, e presso i Sicioni, secondo che riferisce
si faceva ogni anno la loro festa, e in quel giorno si sacrificavano
alle
Furie un buon numero di pecore pregne ; e venivan
amente nella città di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato
alle
Furie, nel quale si conservavano, con grande vene
zioni dell’antichità, ci rivelano ancora che Oreste, avesse innalzato
alle
Furie altri due tempi nel Peloponneso ; il primo
ove gli si erano mostrate meno avverse. Nei sacrifizi che si facevano
alle
Furie veniva loro offerto il narciso, il ginepro
ca festa detta Furinalia, che si celebrava il sesto giorno precedente
alle
calende di Settembre. Nel quattordicesimo rione d
lta negli scrittori dell’ antichità dato il nome collettivo di Furine
alle
Furie. 2065. Furinale. — Nome particolare del fla
tenevano alla classe più abbietta della plebe, e siccome rispondevano
alle
varie dimande che loro venivano fatte, servendosi
ncantesimo, praticato comunemente dagl’indovini, i quali rispondevano
alle
differenti interrogazioni che venivano loro fatte
e le labbra, per modo che sembrava che una voce aerea avesse risposto
alle
dimande. 2090. Gatti. — Gli egiziani ritenevano c
, il quale teneva il governo di Argo, allorquando Danao per sottrarsi
alle
persecuzioni del fratello Egitto, si ricoverò in
ica gridatore, i greci davano questo soprannome a Bacco, per alludere
alle
alte grida, con che le baccanti celebravano le or
particolare. Coll’andare del tempo si dette l’istesso nome di Gialemo
alle
canzoni che si cantavano ai funerali. V. Nenie.
ia vissero due famiglie, una detta de’Giamidi, e l’altra dei Clitidi,
alle
quali era devoluto, per diritto ereditario, di se
Clitidi, alle quali era devoluto, per diritto ereditario, di servire
alle
funzioni degli Auguri. 2120. Giana. — Era questo
aper l’avvenire. Questa è un’altra congiuntura che dà interpretazione
alle
due simboliche facce di Giano, dicendo che con un
ue dee. 2136. Giaso. — Figliuolo di Epione e di Esculapio. Presiedeva
alle
malattie, come sua sorella Ifica alla buona salut
Esone, spinto dalla forza dell’amore paterno, per sottrarre il figlio
alle
persecuzioni dell’usurpatore, fece sparger voce c
e alla madre Alcimeda, la quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò
alle
cure di Chirone, il più saggio uomo dei suoi temp
o I Scena VI. Trad. di G. montanelli Giasone acconsentì facilmente
alle
richieste della giovanetta, e dopo reciproci giur
nel campo consacrato a Marte, fuori le porte di Colco, onde assistere
alle
differenti ed ardue prove che il giovanetto eroe
ero da quelli, una grossa pietra, onde essi ciechi di furore, vennero
alle
mani fra loro, e si distrussero gli uni cogli alt
fratel mi sogne Ma, oh Ciel, hentosio il furihondo Aeta Ci apparisce
alle
spalle ; e si c’insegne. E si c’incalza, che pare
erofantrie, erano queste presso i greci le appellazioni che si davano
alle
donne dei sacerdoti Gierofanti. Però questa opini
sacerdoti, i quali presiedevano alla spiega dei misteri religiosi, ed
alle
cerimonie del culto. Altri vogliono invece che qu
ati dal suo seno, per farli ministri della sua collera. E come sotto
alle
lor moli istesse Giacquer sepolti i corpi sceller
e passeggiavano sulla terra. Virgilio nelle sue Georgiche, si attiene
alle
istesse idee, dicendo che nel quinto giorno del m
a decise che fosse chiamato l’indovino Lucio Aquinio, onde rispondere
alle
domande. L’indovino rispose che tale era la volon
come essi ritenevano per giorni infausti quelli in cui sacrificavano
alle
ombre de’ morti ; le Ferie Latine, le Saturnali,
la parte superiore del corpo denudata, significa ch’egli era visibile
alle
intelligenze : la parte inferiore ricoperta d’un
e soli numi così chiamati, uno che presiedeva, come la Giunone Giuga,
alle
cerimonie nuziali ; e l’ altro alla sommità delle
crittori pretendono che la cura della sua educazione venisse affidata
alle
Ore ; e finalmente altri sono di opinione che Giu
o delle famose nozze, che Giove avesse ordinato a Mercurio d’invitare
alle
feste, non solo tutti gli dei e tutti gli uomini,
uella fonte avessero la strana prerogativa, di ritoruare la verginità
alle
donne che l’avevano perduta. Ma se in molti punti
onache mitologiche, ripetono che Giunone sopraintendeva agli imperi e
alle
ricchezze della terra. Da ciò si asserisce che el
pagano era ritenuta ancora come la dea che presiedeva ai matrimonii,
alle
nozze, ai parti — V. Damiduca, Giuga, Lucina, Pro
imperocchè la gioventù acquistava per mezzo di questi esercizi, amore
alle
cose militari e marziali ; ed i giovani si rendev
mente venuto il terribile periodo della età di ferro, ella inorridita
alle
colpe degli uomini, si ritrasse nel ciclo nè fece
lei, la richiese dei suoi favori ed ella aderì volentieri volentieri
alle
voglie del suo amante immortale ; il quale in pre
era una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce nel fiume Numico,
alle
cui acque i pagani attribuivano salutari virtù e
codesta barbara usanza cadde poco a poco in disuso ; e allora fu che
alle
pompe dei funerali solenni, fu introdotto il cost
a me la vita Ippoloco donò, di cui m’è dolce Dirmi disceso. Il padre
alle
trojani Mura spedimmi, e generosi sproni M’aggiun
ianira, la quale, al dire di Omero, rassomigliava per la sua bellezza
alle
dee. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso
marino, e di una donna per nome Ceto, formavano la triade che insieme
alle
Arpie, ai Ceutauri e agli altri mostri, dimoravan
uesta fu disfatta V. Medusa le tre sorelle andarono ad abitare vicino
alle
porte dell’inferno insieme alle furie, alle arpie
re sorelle andarono ad abitare vicino alle porte dell’inferno insieme
alle
furie, alle arpie ecc. e a tutti i mostri di cui
ndarono ad abitare vicino alle porte dell’inferno insieme alle furie,
alle
arpie ecc. e a tutti i mostri di cui fa mezione l
’una a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando di restituirlo
alle
sue regine, se queste in cambio non gli avessero
rie sono le opinioni sulle Gorgoni. Infatti il Fourmont, facendo capo
alle
lingue orientali, scopre nel nome delle tre Gorgo
αιαι che vuol dire vecchie. Gli antichi davano questo nome collettivo
alle
due figliuole maggiori di Forco e di Ceto, sorell
cano. Un uso assai strano erasi adottato presso gli antichi, riguardo
alle
tre Grazie ; e questo consisteva nel raffigurarle
ano forse gli antichi ammaestrarci del come non si debba prestar fede
alle
apparenze ; che i difetti della persona possono m
imo era, come dicemmo, il numero dei templi o degli altari consacrati
alle
Grazie. Eteocle re di Orcomeno, fu il primo ad in
ali città della Grecia e della Tracia, vi erano dei templi consacrati
alle
Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello d
h’essendovisi recato Minosse, re di Creta, per offerire un sacrifizio
alle
Grazie, nel momento che s’accingeva a dar princip
sto fatto fu adottato il costume, nell’isola di Paros, di sacrificare
alle
Grazie senza corona e senza suono d’istrumenti. I
dea della bellezza Cupido, dio dell’amore, lo erano comunemente anche
alle
Grazie. Così avveniva pure di quelli dedicati a M
ie per persuadere. E ciò deve ritenersi anche per i templi consacrati
alle
nove Muse, le quali dovevano avere stretta correl
vere stretta correlazione con le Grazie, come quelle che presiedevano
alle
arti che ingentiliscono lo spirito. A cui d’arca
onti — La Musogonia — Canto. La primavera era la stagione consacrata
alle
Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani avea
ntato interamente nudo, con un solo lembo di drappo rosso avviluppato
alle
parti sessuali. 2216. Havan. — Era presso i Parsi
arte del giorno, vale a dire nell’inverno, dalla levata del sole fino
alle
3 del pomeriggio ; ed in estate del sorgere del s
ravano in nna data epoca dell’anno, alcune pubbliche e solenni feste,
alle
quali si dava cotesto nome. Le cerimonie ibristic
esto allo strano volatore. Icaro da principio si attenne strettamente
alle
raccomandazioni paterne, e per non breve tratto,
i aveva il potere di cangiarsi in tutte le forme che voleva assume re
alle
quali somigliava con una perfezione incredibile.
o a far ritorno presso di lui. Ma Evadne sorda, per disperato dolore,
alle
preghiere del vecchio genitore, si precipitò sott
avvenire, si presentò al re, promettendo di guarire le sue figliuole,
alle
condizioni da lui imposte. Il re ordinò si esegui
ntento, ed infatti, poco tempo dopo, ridonata completamente la salute
alle
reali inferme, Melampo divenne genero del re. 225
i due divini gemelli. Narra la tradizione che Linceo ed Ida ricorsero
alle
armi, per vendicare l’offesa mortale, ma nel conf
, in onore di Cibele, detta anche Magna Mater, alcune pubbliche feste
alle
quali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo
pubbliche feste alle quali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo
alle
molte allegrezze di coloro che vi prendevano part
6. Ilissidi. — Dette anche Ilissiadi : soprannome che i pagani davano
alle
muse e che loro veniva dal flume Ilisso nell’Atti
raccia di suo padre, per cer care di saperne il destino. Ilio cedendo
alle
preghiere della madre partì, e dopo molte ricerch
così Imene seppe che anche la diletta del suo cuore si sarebbe recata
alle
feste e spinto dell’amore concepì il pensiero di
o al riposo. Imeneo allora profittando del sonno dei rapitori propose
alle
sue compagne di aventura di uccidere i corsari ;
quattro erano, presso i pagani, le specie di divinazioni più in uso ;
alle
quali, si dava il nome proprio di, Aeromanzia, qu
el maggior tempio di Tebe, subornati dall’oro della regina, e venduti
alle
infami mire di lei, risposero che a far cessare i
no tutto lo sdegno della sua terribile vendetta. A tale uopo, comandò
alle
furie di turbare la ragione di Atamante, ed egli
olo cogniti. Ma la implacabile vendetta di Giunone, non si tenne paga
alle
sventure sofferte dalla povera Ino, e appena ella
ci sotto quello di Leucotoe. Infatti Nettuno, poco tempo dopo cedendo
alle
preghiere di Venere, ricevè Ino e il figliuolo Me
i, fra il nome d’Intercidona e la protezione che credevano accordasse
alle
donne incinte. 2288. Intestina delle vittime. — L
il Nilo. Del paese all’estremo evvi Canopo Città posta alla foce ed
alle
dune Del Nil vicina : ivi al primiero stato Giove
codeste simboliche allegorie, alla parte storica, diremo attenendoci
alle
opinioni dei più chiari scrittori dell’antichità,
— Nome particolare dei cavalli di Nettuno e che erano anche assegnati
alle
altre divinità del mare. Sebbene l’esistenza degl
le file dell’ inimico e fece legare le code dei loro cavalli, le une
alle
altre, per modo che, al momento della battaglia l
erribili muggiti, spaventarono siffattamente i destrieri che indocili
alle
redini, nè più riconoscendo la voce, e la mano de
senton più nè del nocchier la mano, Nè le briglie, nè il carro. E se
alle
piane Parti l’auriga dirigeva il temo. Ecco il mo
Cielo e la Terra e che al dire del citato scrittore, i greci dettero
alle
loro due più antiche divinità. La parola Ipsisto
re di Virgilio, il suo incarico più importante era quello di tagliare
alle
donne moribonde il fatale capello. …… De l’affan
esse andavano a piedi nudi. Dai precetti del loro culto, era proibito
alle
Isiache di mangiar carne salata e di bere vino as
a celebrazione dei giuochi istmici, imperocchè si sarebbero sottratti
alle
imprecazioni ed agli anatemi che Moliona, moglie
d’ Ercole. Però non potendo reggere al peso delle armi, troppo grave
alle
sue membra affralite dagl’anni, Jolao fu costrett
rice dell’ attacco imminente, gli dei ritornarono il vigore giovanile
alle
membra dell’ invitto guerriero, che nella pugna s
buono. Presso quei popoli, Kacimana regolava le stagioni e presiedeva
alle
ricolte. Come antitesi del principio del bene, ra
nte supremo, come capo di tutti i Kamis. I templi di queste divinità,
alle
quali, con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia
degli uomini, all’ agricoltura ed alla guerra : Zui-Kuan, al mare ed
alle
navi : e finalmente Tan-Kuan alle procelle, alla
alla guerra : Zui-Kuan, al mare ed alle navi : e finalmente Tan-Kuan
alle
procelle, alla pioggia, a’venti e a tutti i fenom
è un genio scacciato da Odino dal regno d’Asgart, e che sopraintende
alle
nozze dei fiori. Nelle tradizioni storiche di que
ferirono in Nundagroma, loro patria, onde sottrarre il piccolo Krisna
alle
crudeli persecuzioni di Kansa. Appena giunti in N
è avvelenato, taglia coi denti già possenti, la mammella che si offre
alle
sue labbra e fa che il veleno che quella rinchiud
a, ma Krisna lo uccide. Finalmente sottraendosi ancora per varii anni
alle
persecuzioni del traditore Kansa, giunge all’età
one fu, secondo la tradizione, il primo che avesse dedicato un tempio
alle
Muse. Dopo la sua morte gli venne innalzato un mo
nestra, la quale fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insieme
alle
sue due sorelle Ifianassa e Crisotemi, quando Aga
he avevano in custodia la città ; Compitales, quelli che presiedevano
alle
crociere delle vie ; Viales, quelli delle strade
dre di lui. Al dire del citato scrittore, Latona per sottrarre Apollo
alle
crudeli persecuzioni di Tifone, lo nascose nell’i
tino. Narra la cronaca che essa già innanzi con gl’anni si vide scopo
alle
ricerche matrimoniali di molti principi ed eroi d
eva fregiato il capo, fu preda delle fiamme ; e il fuoco attaccandosi
alle
vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pal
Lecori. — Secondo alcuni scrittori era una delle tre grazie, venendo
alle
altre due data l’appellazione di Comassia e Gelas
teste, non volle Euristeo ammettere nel numero delle dodici fatiche,
alle
quali il destino avea sottoposto Ercole, anche l’
onfuso, Ed alcuai infilzati eran con l’aste, Quali pesci guizzanti, e
alle
ferali Mense future riserbati. Omero — Odissea —
to, che per più giorni, in nome ed a spesa della repubbblica, si dava
alle
principali divinità, ed in uno dei loro templi, c
tto vi aversero preso parte ; e ciò perchè si offriva di ogni vivanda
alle
diverse statue di quei numi, in onore de’ quali s
a battaglia, Leonimo a capo dei Crotoniati, attaccò i nemici, venendo
alle
mani con un forte drappello di soldati, ch’ egli
dersi respinto, e preferito Leucippo, per vendicarsi ispirò a Dafne e
alle
compagne di lei il desiderio di bagnarsi nelle ac
tranello che per amore gli faceva Apollo, cieco di furore, e cedendo
alle
perfide insinuazioni, che per gelosia del divino
ne andavano a pregare pei proprii figliuoli. Era severamente proibito
alle
donne schiave di entrare in quel tempio, e se per
imonie con grande solennità e vi erano invitati tutti gli amici, come
alle
nozze. 2500. Liberalità. — I romani avevano perso
a un bosco sacro, nel quale si vendevano tutti gli oggetti necessarii
alle
pompe funebri. Chiamavansi poi col nome proprio d
d avendo fatto uccidere un fanciullo, mescolarono le carni di questo,
alle
vivande del reale banchetto, persuasi che solamen
ale sorgevano due colonne, su cui erano due aquile dorate ; e innanzi
alle
quali si compivano i sacrifizi con gran mistero.
partorire, si fosse trasformata in lupa, per sottrarsi più facilmente
alle
persecuzioni di Giunone. V. Latona. Da ciò Omero
iti dalla sua patria ; da ciò Bacco che si precipita in mare, insieme
alle
sue nutrici ; ossia alle viti, ritenute come le n
ciò Bacco che si precipita in mare, insieme alle sue nutrici ; ossia
alle
viti, ritenute come le nutrici di quel dio. Alla
nire quella docile obbedienza che fino a quel giorno, avean tributata
alle
ottime leggi da lui imposte. Gli spartani, ricono
arola greca λημνʹ che significa stagno o palude, si dava codesto nome
alle
ninfe protettrici degli stagni o dei luoghi palud
uarantanove sorelle, lo salvò dalla uccisione che Danao avea ordinato
alle
sue figliuole. V. Danao, Danaidi ed Ipernestra. A
versario, con una festa, la quale cominciava sempre con un sacrifizio
alle
muse. Lino similmente ebbe nome quel figliuolo di
zione ci mostra come maestro di Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre
alle
conoscenze scientifiche, egli insegnò uno strumen
nifica supplica, preghiera, i poeti dell’antichità, danno questo nome
alle
Preghiere, figlie di Giove. 2548. Litobolia. — Da
tto ancora che Lucifero avesse cura del carro del Sole, e che insieme
alle
ninfe Ore, ne attaccasse e staccasse i destrieri.
Luno. — I pagani, nella loro superstizione, attribuivano i due sessi
alle
loro divinità, personificandole sovente come uomo
in cosi grande venerazione che considerano il dare una sola occhiata
alle
sue sacre mura, come atto meritorio al cospetto d
? 20. Subitamente cadde Saul per terra disteso ; perocchè si sbigotti
alle
parole di Samuele, ed era senza forze, non avendo
osi dato dalla prima gioventù. con eguale successo agli studi seri ed
alle
arti dilettevoli, volle porgere ai suoi concittad
nder molto tempo e molta fatica, perchè la mia opera, scritta innanzi
alle
investigazioni dei valorosi filologi Alemanni, fo
i Dei; e lusingar volendo ad un tempo la popolare ambizione, recarono
alle
divinità l’origine delle nazioni per essi ordinat
dalle favole: onde io ho giudicato di dover con queste dar principio
alle
mie Lezioni, ed aprire quel vasto arringo, in cui
ie. Non vi ha monumento che attesti l’imbecillità dell’umana mente
alle
proprie forze abbandonata, quanto la tradizione d
principio di sacrifizj e preghiere, e presiedeva ai consigli dei re,
alle
guerre ed alle vittorie. Rea si congiunse con Sat
acrifizj e preghiere, e presiedeva ai consigli dei re, alle guerre ed
alle
vittorie. Rea si congiunse con Saturno, e n’ebbe
, o figlio Di Saturno. È mercè tua se qui siamo Alla notte involati e
alle
catene: Noi che maggior della paura il danno Soff
empio erano adorati. E con ogni altra iorma della fabbrica alludevano
alle
qualità degli frnmortali che credevano abitarvi,
le. In mezzo alla frequenza dei cittadini sorgevano le macchine sacre
alle
divinità, venerande custodi e maestre delle arti
mi vaneggiamenti dei filosofi pittagorici. Miele e latte consacravasi
alle
Ninfe custodi dell’acque. Nell’orrore della notte
un giorno Dispersa avria sull’onde tue, se salvo E vincitor di Troia
alle
sue braccia Ritornato m’avessi. Invan, che a tant
voglie Pelide allora, e di riposo e cibo. Disse, ha d’uopo la turba;
alle
sue navi Tu la rinvia; quei che del rogo han cura
oghi elevati, onde nelle sacre carte questo profano costume è materia
alle
rampogne dei profeti, alla pena dei prevaricatori
ace; erano abbracciate dai colpevoli e dagl’ infelici; onde unica ara
alle
sue fortune chiamò Ovidio quel raro e memore amic
estimonio del patto violato. Solevansi gli altari pure toccare quando
alle
promesse si aggiungeva il giuramento; onde Gioven
mun pianto. Ogni Troiano Dicea sommessamente: Abi quella face Splenda
alle
nozze di tua figlia, o vile Spartana, e così te l
aga, Perchè l’aitar non macchi un sangue illustre: Al mar si vada, ed
alle
navi: il cielo Ai nostri legni assente aura felic
ali, da queste avvertiti, avranno con facile errore sottoposti i numi
alle
forme umane, nobilitando così la nostra natura, e
me noto è a tutti) chiamavansi le pietre quadrangolari con una testa,
alle
quali, con profondo scherzo, paragona Giovenale g
a questi simulacri il suo nome. Il nome di erme non si dava solamente
alle
statue di Mercurio, ma a tutte quelle ancora che
vincea la preziosa materia, distribuiti. Anticamente la creta serviva
alle
statue degli Dei che furono detti Fictilia, dall’
te i simboli loro sacri. L’egiziane n’erano ingombre. Esposte intorno
alle
statue le notizie piii importanti, conviene, che
a tanta gloria la pingue Beozia: poiché quando i Greci chiesero fine
alle
morti dalla peste e dalla fame cagionate, fu loro
eterni numi. Piovon le foglie in terra, in mezzo stassi Regina Europa
alle
donzelle, e sola Degna le rose colla man divina T
di crescente luna, Venne sul prato, nè terror la vista Pose nel core
alle
donzelle. Ognuna D’appressarsi s’invoglia, e il m
ppena il caro Peso sentia, che salta in piedi, e vola Al mare. Europa
alle
dilette amiche Volgea la faccia e le distese mani
dal primo ovo; Castore e Clitennestra dal secondo; il cigno, ministro
alle
voluttà del dio, dicesi collocato fra gli astri a
della colpa, repudiò la consorte, e le successe nel talamo Dirce, che
alle
tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua p
igione così diversa per origine, indole, tempo ed uso, che tanto deve
alle
costumanze, ai bisogni, alle speranze, alle paure
ne, indole, tempo ed uso, che tanto deve alle costumanze, ai bisogni,
alle
speranze, alle paure, erario dei sacerdoti. Sia d
po ed uso, che tanto deve alle costumanze, ai bisogni, alle speranze,
alle
paure, erario dei sacerdoti. Sia d’esempio Giove
e moglie, Che sospetto darà sì lieve cosa? Amor vuol ch’ei compiaccia
alle
sue voglie. Ma non vuol già la sua moglie ritrosa
tien tante facelle accese. Come rozzo pastor gli erra da canto, Che
alle
fresche erbe il suo gregge ristora: E con le cann
a sua altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal monte, sacro pure
alle
Muse, Plutarco. Giove Espiatore commemorò Erodoto
oggiandosi colla manca allo scettro, sostiene ora colla destra posata
alle
ginocchia il fulmine, sua arme. Ma il placido e s
lle rapite donne Compensa i danni con ingiuria alterna, E me rapisci:
alle
cognate squadre Io nel mezzo starò con questo pet
i mucchi dell’acceso fieno Volar gli immondi cibi. Ozi decreta Romolo
alle
sue schiere: è muto il campo. Coglie il tempo Tar
lla del Tonante. La prima città colla testimonianza di Omero dà forza
alle
sue ragioni; la seconda op pone il grido volgare,
da Temeno fu educata. Ole antichissimo poeta, attribuì questa gloria
alle
Ore: Ovidio nelle Metamorfosi alle figlie dell’Oc
simo poeta, attribuì questa gloria alle Ore: Ovidio nelle Metamorfosi
alle
figlie dell’Oceano; e questa opinione si avvicina
pesa alla volta dell’etere dal prepotente marito, mentre due incudini
alle
candide braccia erano catena. Niuno degli Dei pot
osservabile questo marmo nobilissimo per ciò che può avere relazione
alle
antiche costumanze. Notabile è l’ornamento del ca
e primo un cinto. Cinto d’inenarrabile testura. Di portenti fecondo:
alle
sue fila Invisibili al guardo errano intorno Quai
ccorta Che i tempi esplora, e di contrasti ignara Condiscendenza, che
alle
proprie voglie Cede così che delle altrui s’indon
ubertosi paschi Della florida Emazia, il corso volse Dell’erma Tracia
alle
pendici alpestri, Seffsrio eterno di nevi: indi s
. La copia era maggiore Del numero. Ed allor che col primiero. Raggio
alle
foglie la rugiada il sole Scote, e percosse tremo
ancor di Lete in riva Io coglier voglio i ferruginei fiori. Ornamento
alle
Furie. — Io dir pensava: Già la voce correva: era
di Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impegno di conciliarla
alle
sue voglie commise al delfino, che fortunato nell
o, che d’Iside e Osiride fu figlio. Eccovi esposto quello che intorno
alle
gesta di Nettuno favoleggiarono i poeti. Conviene
la maraviglia, dal terrore e dall’interesse, soggiace necessariamente
alle
stesse condizioni dell’istoria; e quindi ad un so
e l’atto del silenzio, che esprime appressando l’ indice della destra
alle
labbra, possa convenire anche al Sonno. Questo ge
ueto della sua speditezza, per cui gli furono anche attribuite le ali
alle
piante. Questa verga era di oro, onde sortì Mercu
sacrato. Pitagora soleva chiamare lo dio Questore delle anime, perchè
alle
beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’
a che il nume avea liberato quei popoli dalla peste, portando intorno
alle
mura sugli omeri il mentovato animale. Nonacrite
sospetta esser potuto derivare da un’aggiunta fatta da quell’Augusto
alle
vicine Terme di Tito; come se una statua, dissot»
o, e rampognò il potente fanciullo perché usurpava quell’armi stesse,
alle
quali la difficil vittoria doveva sullo spazioso
Apollo di richiamare il calore nelle gelide membra. Si oppose il Fato
alle
sue cure; onde cercando compensi al suo dolore, c
, convertì la giovinetta in una verga dell’ incenso odorato, che sale
alle
sedi degli immortali. Ma Clizia, quantunque nell’
nte. — « Il tempio di Apollo fu dunque esposto fino dal suo principio
alle
intraprese degli uomini avidi e scelerati. Infatt
uti, perchè aveva un non so che di tristo, e non poteva convenire che
alle
lamentazioni ed all’elegie, ed infatti questo era
ale dell’armata ateniese, in terzo luogo gli eroi che diedero il nome
alle
varie tribiì ateniesi: Eretteo, Cecrope, Pandione
Ismenie madri, Niobe, se altera della propria sorte Non eri. In mezzo
alle
tebane vie, Ripiena il petto di furor presago. Ma
l’alme insieme. Alfenore li vede, e palma a palma Battendo vola, onde
alle
fredde membra Doni un amplesso: l’infelice cade N
il nome; Sol delle selve a lei piace il secreto; Emula di Diana, ama
alle
belve, Terror dei boschi, contrastar le spoglie;
n mano, e tiene al tempo stesso un ramo di mirto, attributo ordinario
alle
sue figure nell’isola di Lesbo, perchè, secondo l
, coi capelli annodati sopra la sommità del capo, ordinario ornamento
alle
giovinette, il quale annunzia che non erano marit
’abito è quello stesso che i poeti latini attribuiscono a’ citaredi e
alle
persone teatrali, e chiamano palla, benché non co
vittoria navale di Azio Tacete tutti: nuovi versi io canto, Sacerdote
alle
Muse. Innanzi ai lari Cada percossa una giovenca.
Milita a te che sull’irate spalle Risuona. Salva la tremante Roma Che
alle
vendette si confida, e pose Sopra la prora tua pu
la peste vinse quei popoli che invader volevano le fortunate contrade
alle
quali la mal cauta Cerere affidò la sua figlia. D
u da un Prefetto di Mitridate saccheggiata, la fortuna dell’onde recò
alle
spiaggie del Peloponneso per farlo oggetto di cul
ritorta conca, E Proteo dubbio, ed Egeon che preme Con le sue braccia
alle
balene il tergo: Dori e le figlie altre nuotar ve
iziani dicevano generate da Cerere e da Dionisio queste due divinità,
alle
quali Latona non era stata che una semplice nutri
aretra le pende dagli omeri. Alcuni eruditi han creduto che il portar
alle
spalle il turcasso sìa distintivo di questa dea,
nticamente ristorata e dorata, ma il ristauro accusava un secolo poco
alle
arti favorevole. La nicchia dove era collocata ve
uovo. Apre la terra Di Febo il raggio, e lo star più si vieta: Tregua
alle
reti. — Obbediente ai detti La schiera le dilette
r fere coi denti, Oresitrofo quindi al manco lato Si avventa, e manca
alle
ferite il loco; Geme, e se umano del suo pianto i
no con le mani sopraposte agli occhi desiderato di celarsi nel grembo
alle
loro genitrici, cosi disse ai Ciclopi: — Su via,
empre sulla riva dell’ Anauro da’ neri sassi, e piiì grandi dei tori,
alle
quali oro splendea dalle corna. Stupefatta così d
o d’oro Tarmi e il cinto, poni aurei freni, ed aureo cocchio attacchi
alle
cerve. Dove queste ti condussero per la prima vol
agli scrittori la descrizione quando favellato avessi delle divinità,
alle
quali erano consacrati. Adempio all’obbligo della
me la vita Oh’ io ti diedi due volte, oppur la madre Aggiungi, crudo,
alle
fraterne tombe. Ah lo voglio, e noi posso: e che
Endimione perchè primo ad osservare il corso di questo pianeta, norma
alle
pastorali fatiche. Davasi alla luna la biga tirat
rrita, e che certameute alludeva alla fondazione di quel gran tempio,
alle
Amazoni attribuita da parecchi scrittori. » Illu
or che in denso bosco Cercò le note ombre Calisto, e tolse La faretra
alle
spalle, e tese il lento Arco, gittato sull’erboso
, e quasi oblia Toglier l’arco sospeso e i certi strali. Quando Diana
alle
sue ninfe in mezzo Lieta pel sangue delle vinte f
hiuso loco osserva La diva, o tìnge nel lodato rio I piedi estremi, a
alle
seguaci grida: In questa selva ignota al Sol, non
alcuni che in tal circostanza di Pallade sortisse il cognome, perchè
alle
fraterne morti aggiunse Fallante figlio della Ter
corge La folarore divina: Tremenda, alta reina. Cui diletta per mezzo
alle
battaglie Il nitrir dei cavalli, Il picchiar degl
scena 2. Ma per attributi migliori era insigne ancora la dea. Mostrò
alle
fanciulle, secondo l’Inno omerico, tutti gli uffì
ra della dea, perchè era forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali
alle
spalle ed ai piedi di Minerva, forse perchè figli
satore delle nubi, armossi Di forti arredi a lacrimosa guerra. Cacciò
alle
spalle l’egida co’ fiocchi Orrenda, che ‘1 timore
rrida pompa. Pria del temuto Agitator dei nembi Veste l’usbergo, indi
alle
spalle adatta L’Egida incorruttibile, che vibra P
o nel sesruente Inno, in cui si propone di cantare le lodi della dea,
alle
quali dà principio esaltando la cura e l’amore ch
terra i figli Tutte l’armi portò lorde di sangue: Ma pria dal cocchio
alle
cavalle sciolse Le fumanti cervici, e nella fonte
città custode. Ah vieni, O veneranda diva: intese cose Ridico intanto
alle
fanciulle. In Tebe Una Ninfa già fu cara fra tutt
sso metallo adornarono. Così elleno stesse si abbigliano quando vanno
alle
amabili danze degli Dei nella casa paterna. Poich
ortali, e fu concepito Enea. Ma quando di nuovo i pastori riconducono
alle
stalle l’armento dalle fiorite pasture, stette Ve
posava un piede sopra una testuggine per indicare (secondo Plutarco)
alle
donne che il loro dovere era di custodire la casa
richiamar procacci. Gridando Citerea piangon gli Amori. Spense Imeneo
alle
soglie ogni sua face; La nuzial ghirlanda a terra
er riconoscerla nelle statue antiche. La Popolare, così detta, perchè
alle
volgari voluttà presiedea. Scopa fece sedente sop
torna le membra e ne adombra l’ignudo, sono anch’esse da’ greci poeti
alle
, immagini di Venere attribuite. Apparisce evident
di botto Corrono a quella volta: aspra battaglia Qui sorge e dubbia:
alle
due schiere innanzi Van Marte e Palla, e Dei li s
voraci fere Già la preda si sbranano, e nel sangue Lordano il grifo;
alle
lor fauci indarno Tenta ritorla con bastoni e gri
re, ha potuto dar motivo alla favola di Omero. Dare un senso istorico
alle
favole è impresa pericolosa, e dubito che Palefat
rmata, e sopra l’are Fuma sangue di guerra, e sol vi splende Un fuoco
alle
cittadi arse rapito. Stan le spoglie del mondo in
ndi. A lui diceva Marte il primo: dal ciel che rechi? a questo Cielo,
alle
nevi mie, certo non vieni Volontario, o fratel: d
alca la montagna Etnea Al fulminato Encelado le spalle. Fatto ch’ebbe
alle
guancie, al petto, ai crini. Agli occhi danno, al
n conseguenza i monumenti danno a Cerere tutti gli attributi relativi
alle
messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coron
. Dei, cui serve L’inerte volgo dell’immenso Averno, Pei quai si dona
alle
ricchezze avare Ciò che pere nel mondo, e che cir
sce, o sia per accennare che deve lo stabilimento della sua religione
alle
colonie egiziane. I progressi dei Greci nelle art
al povero per le ricchezze, e somministrandogli il modo di soddisfare
alle
necessità della vita, può fargli disprezzare, se
il quale si vedono i dodici segni dello Zodiaco, lo che si riferisce
alle
relazioni immaginate più tardi fra la favola di P
l’incendio nutre. Ma benché bolla per soverchio ardore Sa serbar fede
alle
Sicane nevi, Che ne difende arcano gelo, e lambe
nata di frondi lunghe e appuntate, simile a quelle che ornano insieme
alle
spiche la testa di Cerere: e quindi le credo fogl
che abbiamo esposta. Gli antichi monetarii han forse voluto alludere
alle
medesime idee nel figurarla velata. « Di altezza
antichi così conseguenti nelle loro pratiche, come altre forme davano
alle
membra di un dio che a quelle d’un eroe e d’un uo
on di sangue I crini, e d’essi la minaccia accenna Tempesta ai legni,
alle
città nemica. Vennero a loco ove di Cerer splende
stigio armento, Alastor che di Dite il fumo segna, Si stanno innanzi
alle
alte soglie, e fumo Mandano e fiamme dalle torve
ra meno a portata di conoscer le pratiche dell’idolatria. Presedevano
alle
Tesmoforie due donne maritate, di legittimi natal
ano un sacerdote in un uomo detto Stefaneforo, perchè coronato andava
alle
cerimonie, ed era eletto dal concilio delle sacer
Si astenevano dall’opera di Venere per alcuni giorni, e gran rimedio
alle
voglie impudiche credevano il dormire sopra le fo
gliere ancora il sospetto dell’impudicizia, le donne che ministravano
alle
cose sacre erano alimentate a spese pubbliche in
: in doppio cinto Tutta s’increspa la Gortinia veste, Che scende sino
alle
ginocchia, ed erra L’instabil Delo nel commosso s
elI’Averno a riempire un vaso forato, come quello che i poeti diedero
alle
Danaidi ree del sangue dei loro sposi. Era vietat
da cavo faggio Venendo esulta: qua l’onor dei prati Tutto si spoglia,
alle
viole intesse Altra i candidi gigli, e chi le tem
a a Cerere, la quale vietavasi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva
alle
libazioni l’orzo nato nel campo Rario, ed era sac
a. In tutta la solennità erano i rei e i debitori sicuri. Era vietato
alle
donne di andare ad Eleusi colle bighe, e gli asin
che Valentiniano, che proibir gli voleva, fu costretto di concederne
alle
preghiere di un uomo illustre la continuazione. T
giori, la quale debba essere argomento delle nostre ricerche. Intorno
alle
altre divinità ho cercato di esporvi le opinioni
se crediamo ad Erodoto, divise con Omero la gloria di dare un sistema
alle
opinioni religiose, quantunque a me sembri eh’ eg
a dissero nata dal litigio, altri da Demogorgone, non appoggiati però
alle
antiche testimonianze. Esiodo, come avete veduto,
Dei. Favoleggiarono i poeti che fosse tratta sopra un cocchio, avanti
alle
rote del quale cominciavano a risplender le stell
alleria del Palazzo Farnese: un’altra fu dissotterrata nell’Orto Muti
alle
falde del Viminale, nel sito ove gli espositori d
raccogliea nella segreta reggia Talamo aurato d’immortal lavoro. Ivi
alle
tue fatiche Ofiria dolce ristoro Il molle sen di
tà consiglio. E già un placido sonno Gli occhi d’Amor chiudea, Quando
alle
quete coltri Perversa il pie volgea. Apparia nell
monte Latmo. Morfeo è ordinariamente rappresentato con due grandi ali
alle
spalle, e due piccole alla testa. Nella villa Alb
sca l’opinione degli antichi, che nessuna deità stimarono tanto amica
alle
Muse quanto il Sonno, e che eressero in Trezene u
e se nessuna facoltà dello spirito umano debba essere cotanto accetta
alle
Muse quanto la fantasìa, convenìa pur che da loro
ra. In ambedue questi monumenti troviamo effigiato il Sonno colle ali
alle
tempie, forse per simboleggiare i voti cbe fa dor
a raccolta quasi all’uso donnesco; quello del Capitolino, oltre l’ali
alle
tempie, ha più agli omeri due altre ali di farfal
ficoltà, cade immediatamente, quando si rifletta che una testa simile
alle
monete della famiglia Tizia, ha le ali come fatte
che li presentano. Quindi la virtù profetica fu attribuita ai serpi,
alle
rane, agli uccelli. « Così i segni fisici, quando
qualche monumento una figura di questo genere, e simile in gran parte
alle
accennate, sicuramente è l’effigie della Morte. T
tunica e calzari, tutta la persona dai polsi delle mani ricopre sino
alle
noci dei piedi, e sino dentro le scarpe, e che di
le scarpe, e che di taglio aperto a riprese, con bottoncini astretto
alle
membra, fa travedere interrottamente il nudo dell
Colà, dunque colà Fra’ tripudi e carole Si vada, anzi si vole. Poiché
alle
sue compagne in questi termini Ati parlò, la tral
starò lungi in eterno? Lungi allo stadio, alla palestra, al foro, Ed
alle
scuole, e alle buon’arti loco? Lasso, ahi lasso m
eterno? Lungi allo stadio, alla palestra, al foro, Ed alle scuole, e
alle
buon’arti loco? Lasso, ahi lasso mio cuori ben gi
r, io fui il più bello Onor della lottante agile schiera. Io concorso
alle
porte E alla soglia tepor mai sempre avea. Quand’
Porto di ciò che fai; Or sì l’errore Poter mutar vorrei. Come la voce
alle
rosate labbia D’Ati men venne, e fu dal duol disp
he al carro avea congiunti, E fa che lor nuovo comando e avviso Suoni
alle
orecchie: e quel ch’era a sinistra Delle greggio
degli Dei. Assai di Rea, o Cibele. Saturno marito di lei si presenta
alle
nostre ricerche. Ora di Celo, or dell’Oceano, or
univano all’ applicazione dei rimedi naturali certe formule magiche,
alle
quali si attribuiva la virtù di sopire i dolori,
omi che loro dà l’autore della Foronide non sono che epiteti relativi
alle
differenti pratiche della lor arte, fonditore, do
arono di confonderla. Esigeva ciò il genio dei Greci, e ben conveniva
alle
circostanze degli Egiziani. Godevano i primi di r
lto delle nazioni la lor teologia; desideravano questi di uniformarsi
alle
opinioni religiose della nazione dominante senza
r variare la posizione delle gambe, e per dare un appoggio più solido
alle
loro statue. Questa bacchetta nella mano diritta
da Zoega, rappresentante Oreste in Delfo, sono fornite di grandi ali
alle
spalle, che gli Etruschi, e senza dubbio ancora i
n luogo delle alette, che nell’opere del solito stile sovente portano
alle
tempie. Altre sono senz’ali, contro quel che più
petto, ovvio nelle figure Etrusche, serva per sostener le ali legate
alle
spalle, mentre qui una delle figure alate n’è pri
rami di ulivo. Le corone che si ponevano quelli che si sacrificavano
alle
Furie erano di narciso e di croco. Furnuto ed Eus
vazione di questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed era sacro
alle
Furie, perchè sileno ispirano terrore ai rei. Rel
acro alle Furie, perchè sileno ispirano terrore ai rei. Relativamente
alle
Furie dice Pausania, che andando da Megalopoli in
li onorò le prime, come si usa coll’ombre de’ morti, ma che sacrificò
alle
seconde. Ed ancora ai tempi di Pausania in memori
del narrato avvenimento credono di poter sacrificare a queste Dee, ed
alle
Grazie ad un tempo. Dante cosi descrive le Furie.
alla pubbUca salute, cercò di evitare la minaccia del fato, ordinando
alle
figlie il pili atroce delitto. Doveano, dopo aver
icosi ferri. — Questo io diceva; e mentre in voce umile Mi lamentava,
alle
parole meste Seguiva il pianto, e de’ miei lumi l
onata di frondi lunghe e appuntate simili a quelle che ornano insieme
alle
spighe la testa di Cerere, e quindi Winkelmann le
lievo sono espressi i dodici segni dello Zodiaco, lo che fa allusione
alle
relazioni, immaginate più tardi, tra la favola di
t’acqua avvelenato. Questa proprietà può senza dubbio aver dato causa
alle
menzogne dei poeti; come all’uso che ne facevano
ndeva dalla manca, simbolo di moderazione, specialmente nelle parole:
alle
volte stringeva un ramo di frassino, inteso pel f
’inalzarsi vicendevolmente alla prosperità degli uni, e il deprimersi
alle
miserie degli altri, ch’era creduto da questa Dea
ei due Poeti di una filosofia che non hanno mai immaginata. Esiodo dà
alle
Parche tutti quegli ufnzii, di che i posteriori m
han saputo disgiungere dalla Fortuna.» « Comunque ciò sia, riserbato
alle
Parche il dominio della vita e della morte, tutto
ra statua, ma è però di una figura molto comune, e che somiglia quasi
alle
torri dalle quali si vede coronata la Fortuna in
Pierio monte. I loro attributi e le varie parti dell’umane cognizioni
alle
quali presiedono, hanno data materia di contrasto
, dell’Elicona, e ci fa sovvenire il nome delle Ninfe che dà Virgilio
alle
Muse. Il suo vestire consiste in una tunica con m
ia, e l’Epigramma antico delle Muse con questi versi: Infonde Euterpe
alle
forate canne Il fiato, ch’è forier di melodia. «
e le serve come di cuffia ed ornamento del capo, ed altissimi coturni
alle
piante. Quello che più fa al nostro proposito è c
urno. La nostra Polinnia è coronata di rose, corona che attribuiscono
alle
Muse i greci poeti, e fra gli altri Teocrito. La
nere pettinerai la chioma, e dividerai sull’imbelle cetra versi grati
alle
donne. — Quell’epiteto grati alle donne, mostra c
erai sull’imbelle cetra versi grati alle donne. — Quell’epiteto grati
alle
donne, mostra con quanta ragione abbia lo scultor
to da Visconti tutte le notizie che sono necessarie a sapersi intorno
alle
muse; e fra poco, esaurita la Mitologia teologica
essere come tale amica di Pallade, lo è maggiormente perchè presiede
alle
Scienze; ed è però congiunta con lei in una bella
imaquinta. Le Grazie. Quali dee hanno maggior diritto di succedere
alle
Muse che le Grazie, ch’ebbero fra gli antichi com
oro, e che dispensatrici sono anch’esse di tanti doni agli uomini, ed
alle
quali ninno è in obbligo di sacrificare più che l
Bisanzio, Paros una delle Cicladi, vantano, secondo Pausania, templi
alle
Grazie consacrati. Narra Apollodoro che Minosse s
pli alle Grazie consacrati. Narra Apollodoro che Minosse sacrificando
alle
Grazie nell’ultimo dei luoghi mentovati udì la mo
i sacri- a Venere e ad Amore, e quelli pure di Mercurio, erano ancora
alle
Grazie dedicati, per indicarci che da esse deve e
alie sorelle: Una di largo nettare Le bionde chiome asperge; L’ altra
alle
treccie erranti Dà legge, e le divide; Le compone
Al gruppo del Palazzo Ruspoli servono di sostegno due vasi collocati
alle
due estremità, simili a quelli che sogliono accom
o d’agguato, l’altro di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso
alle
sue mani, chi gli prende le gambe, chi gli salta
avoro dei capelli che pendono dal capo, e di quelli rimasti congiunti
alle
spalle. Presentato il gesso della testa sul gesso
ni seguivano, i sacerdoti a’ cui misteri alludevano, le varie persone
alle
cui spese operavano. Questo appunto aggiunge a ta
l giorno N’ incalza ! — Indi un fiagel vibra, e le guida Ai talami, e
alle
dubbie un ferro trova. Ahi: come di delitti io ta
o è questo Che rendi, o Bacco, a chi nutriati? Illustri Doni mi diede
alle
divine nozze D’Armonia Giove, e degni eran di Mar
occupato a riparare le rovine del mondo. La specie umana era in preda
alle
cure, e il vino che le dissipa non era ancora sta
ci dipinge Mercurio, che lo porta a traverso dell’aria per confidarlo
alle
ninfe dell’Acque, chiamate ladi. Queste erano set
fu ben stoltezza il non avere infuriato con Bacco: Ma ciò che accade
alle
donne è degno di gran compassione: quel che non c
dal poeta descritta la passione dello dio, e l’umiltà delle preghiere
alle
quali discende. La segue per tutto: ma la crudele
la alla sua persecuzione. Bacco ne sesrue l’orme, e la cerca in mezzo
alle
selve coir aiuto del suo cane fedele donatogli da
nda il giovine Botri e Pito. Bacco l’assicura e promette di associare
alle
sue feste Meti, Stafilo e Botri. Converte questi
seppe Da lei la causa della pena, ha fermo Per la guerra del mar gire
alle
nozze, Ancor che venga altra Medusa. Affretta L’a
a fieramente, e move l’esercito. Botri e Pito si uniscono ai Satiri e
alle
Baccanti, che compongono l’armata di Bacco. Lo di
ifendere il suo popolo numeroso, deve egli dormire quando il nemico è
alle
porte? L’uccisore di Oronte tuo genero vive ancor
e contro Bacco Marte, l’Idaspe e la gelosa Cerere, che devono opporsi
alle
imprese del dio. Ora udite da Flostrato, che trad
eso, gli animali scannati all’ intorno, e questo corpo morto in mezzo
alle
fiamme, più grande dell’ordinario, questa donna c
e il re degl’Immortali è dal sonno dell’amore domato. Venere aderisce
alle
dimando di Giunone, che tosto dirige il suo volo
escere la vostra attenzione io passo a più importante argomento, cioè
alle
maniere nelle quali effigiato si vede nei monumen
ntento di questa spiegazione, e reputo che Omero abbia dato un colore
alle
chiome di Bacco simile a quello dell’uva, che sov
ete rammentati i caratteri distintivi che gli antichi artefici davano
alle
statue del nume, e quali vi furono esposti dal me
co contro il giovinetto: Ma tu ridi del dolore di Apollo: e colle ali
alle
tempia con insultante fìsonomia ti prepari ad orn
e simbolo d’iniziazione ai suoi misteri si dà pure ai suoi ministri e
alle
sacerdotesse. Diodoro la vuol dedicata a lui, pe
umana, somiglianti al cavallo solo nella coda e nelle orecchie acute,
alle
quali, se alcuna cosa si aggiunge d’ircino, par f
e, perchè in tal guisa la maggior parte dei bassirilievi antichi, che
alle
solennità dello dio sono relativi, sarà da voi in
tichi monumenti togliere, come Prometeo, quel fuoco che deve dar vita
alle
vostre tele, ai vostri marmi. « Si è ricevuta co
dal vino e dall’amore volevano fare ingiuria alla sposa di Piritoo e
alle
altre mogli dei Lapiti; ma furono superati con l’
i antichi intagli Centauri col bastone pastorale e col tirso, e uniti
alle
Baccanti, siccome si vedevano in quello scifo, fa
dervi la faretra. Queste figurine danno, per così dire, tutta l’anima
alle
presenti sculture. Si vede nel Borghesiano un Cen
lo ha Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegna di chi presiede
alle
sue orgie, e qualche particolar distinzione, giac
a costume ordinario ergere are, che poco si sollevassero dal suolo, e
alle
quali perciò non convenisse il nome d’altare trat
nei piaceri e nelle gozzoviglie, senza badare all’orecchie faunine e
alle
code delle figure del suo corteggio, che facilmen
Ora una simile attitudine ed espressione si dava dagli antichi ancora
alle
figure Bacchiche, come la bella statua di bronzo
ente acconciato e femminilmente gemente, che partoriva Bacco in mezzo
alle
dee levatrici. Ma questa pittura convien dire che
cra alla nascente deità, per riceverlo fra le sue braccia, e condurlo
alle
Ninfe che l’educheranno. Il pargoletto nume si sc
e statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri di bronzo
alle
stesse divinità s’eressero in Roma col denaro del
ie ed inventore del vino, fosser le sue immagini egualmente opportune
alle
religioni agresti e ai rustici templi, come alla
titutore e corifeo di misteri riputati allor sacrosanti, le allusioni
alle
sue cerimonie si riguardassero come la più conven
auno ed un’ altra ninfa Bacchica, e diversi bassirilievi all’istoria,
alle
pompe del dio del Vino allusivi, saranno argoment
ora occupati nella musica, nella caccia, nella vendemmia, ora intesi
alle
mistiche ceremonie del nume lor condottiero, ora
il sopracciglio, e seppero senza indegnità eccitare il riso in mezzo
alle
famose avventure degli dii e degli eroi. Il nostr
i avvolge attorno alla cista mistica; e spesso nei monumenti ri cinge
alle
Baccanti la testa e il seno. Sopra tutto però con
alle Baccanti la testa e il seno. Sopra tutto però conviene il serpe
alle
Ninfe, che oltr’ essere le amiche e le madri dei
i una ninfa della contrada; e le insegne Bacchiche sì ben convenienti
alle
Ninfe, avranno anche avuto relazione alla superst
e Pompeo. « Il soggetto del presente bassorilievo è relativo appunto
alle
vittorie del nume di Nisa. Vedesi la sua comitiva
sono in mano del Genio di Bacco, il quale appressandosi colla destra
alle
labbra la siringa settemplice, si regge in pie su
oro imitanti le foglie di pino. Le spoglie di fiere che hanno intorno
alle
membra non son già nebridi, ma pardalidi o pelli
o, E con lui par che l’alta rena stampino Satiri e Bacchi, e con voci
alle
gridano; Quel si vede ondeggiar, quei par che inc
eterlo, era altamente progressivo. Vedi la nostra Prefazione generale
alle
Opere edite e inedite, Vol. 1.º, pag. XXVI, e del
i usa, affinchè varie altre di quelle o si mostrino corrette riguardo
alle
licenziose espressioni, colle quali sino a’ giorn
sima contraddizione più Nature Divine, nè ebbe in orrore di tributare
alle
più vili creature quel culto, che soltanto dovea
sero Consenti, o perchè aveano il diritto di prestare il loro assenso
alle
deliberazioni di Giove(a), o perchè erano riputat
esse dei tempj(b). Altri sotto tal nome riconoscono le nove Divinità,
alle
quali Giove accordò il privilegio di scagliare il
altra una nave, che ricordasse quella, su cui Saturno avea approdato
alle
di lui sponde(e) (14). Giano altresì instituì in
i un vecchio incurvato, co’ capelli bianchi, con lunga barba, con ali
alle
spalle, e con falce in mano(a). Le ali alludono a
che con ispecchi opposti al Sole(i). Esso però si rinovava ogni anno
alle
Calende di Marzo(l). Il medesimo conservavasi sos
mpo delle Vestalie s’imbandivano da per tutto in Roma conviti dinanzi
alle
porte ; si spedivano cibi alle Vestali, onde li o
o da per tutto in Roma conviti dinanzi alle porte ; si spedivano cibi
alle
Vestali, onde li offrissero alla Dea Vesta ; gli
a sopra un naviglio, avvenne, che il medesimo d’improvviso si arrestò
alle
foci del Tevere, nè v’era forza sufficiente a far
Una carestia avvenuta sotto il regno di Numa Pompilio diede occasione
alle
medesime. Quel re dell’ oracolo di Fauno, di cuì
prima che insegnasse la maniera di seminare le biade per sostituirle
alle
ghiande, delle quali fino allora si erano cibati
tre volle, che i di lui discendenti, chiamati Fitalidi, presiedessero
alle
di lei sacre ceremonie : il quale onore fu loro c
appresso il fiume Ilisso. Le minori erano una spezie di preparazione
alle
maggiori. Niuno poteva esservi ammesso, se prima
esservi ammesso, se prima non erasi purificato (a). Gl’ iniziati(13)
alle
minori si appellavano Misti, ed Efori ; ovvero Ep
isti, ed Efori ; ovvero Epopti, ossia ispettori, quelli, che lo erano
alle
maggiori (b). I primi stavano solamente nel’ Vest
tte in grazia di Ercole, il quale per legge non poteva essere ammesso
alle
maggiori (g). Le Misie furono così dette da un ce
li Arvali(17). Questi, maturate biade ; tre volte conducevano intorno
alle
stesse ne’ campi le vittime prima di sacrificarle
di trovarsi digiuno, e altri continuamente ne cercava. Per soddisfare
alle
sue voglie avea già consumato tutte le sue sostan
a fuga. Si credette, che fosse stata esaudita la preghiera ; e Romolo
alle
falde del monte Palatino eresse al Nume un tempio
V’intervenive finalmente il principale Magistrato della Città. Giunti
alle
tombe de’ Greci, morti nell’anzidetta guerra, ne
sceva. La stessa innoltre cra tale, che all’accostarsi delle fiaccole
alle
sue acque, le estingueva, e le riaccendeva estint
suo figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere
alle
di lui istanze, uccise un ariete, si ravvolse nel
ia aveano collocato nel loro Senato la di lui statua, e per inspirare
alle
genti maggior terrore, gli aveano posto anche il
to di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità,
alle
quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano va
llevato da Ino, sorella di Semele, e che da quella venne poi affidato
alle
Ninse di Nisa, dette Niseidi (d), o Nisiadi (e),
se di Nisa, dette Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali, per sottrarlo
alle
persecuzioni di Giunone, lo nascosero ne’ loro an
co fu educato dalle Ore (g). Luciano soggiunge, che Mercurio lo pottò
alle
Ninfe di Nisa(h). Altri sono di parere, che lo ab
mpo delle di lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : donde anche
alle
di lui Sacerdotesse derivò il nome di Evanti(a).
i Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto di venire
alle
mani, Melanto tacciò Santio di aver violati i pat
aggiore destrezza. Dopo la festa portavasi la statua del Nume intorno
alle
vigne, e se ne invocava la protezione. Finalmente
protezione. Finalmente sulla cima degli alberi più alti e più vicini
alle
stesse vigne attaccavano certe figurine di Bacco,
si ritirò in Nasso(b). Il castigo, che n’ebbe Licurgo, fu, che Giove
alle
preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece m
, e l’onorò co’sacrifizj(d). Sparsasi la voce, che Bacco s’avvicinava
alle
mura di Tebe, il popolo corse ad incontrarlo con
ilenzio (c). Dicesi, che la maggior parte di quelli, che assistettero
alle
anzidette nozze, fecero a Giunone dei doni ; e ch
e, l’ animale eragli sempre presente. Nelle ore del giorno lo guidavi
alle
pasture, e nella notte lo teneva legato e rinchiu
oglio el Gigante Orione. Le Pretidi preferirono la casa el loro padre
alle
ricchezze de Itempio di Giunone, overo, come vuol
il nome di Februa o Februalo o Februla o Februata, perchè presiedeva
alle
purificazioni, alle quali si sottomettevano le do
Februalo o Februla o Februata, perchè presiedeva alle purificazioni,
alle
quali si sottomettevano le donne dopo il parto (c
Febbrajo (d). Fu chiamata Opigena a cagione dell’ ajuto, che prestava
alle
partorienti (e). Alcuni dicono, che fu così detta
utte usavano la stessa veste, co’ capelli sparsi e colle tonache sino
alle
ginocchia. Quella, che vinceva, ridevea una coron
econdo Pausania (c) era sacco a Giove, e secondo Plinio (d) a Bacco e
alle
Muse(20). Quivi si celebrò la Festa delle Dedali
uolsi che sia stata detta Feronia dalla città di questo nome, situata
alle
radici del monte Soratte, nella di cui sommità el
a coniare le monete nel di lei tempio, e la venerarono, come preside
alle
medesime. Mentrechè i Romani stavano per ristabil
ruppe a Postumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il quale, accampatosi
alle
porte di Roma, ricercò al Senato le madri di fami
Si denominò Conservatrice, perchè di cinque cerve colle corna d’oro,
alle
quali Diana dava la caccia nelle pianure della Te
di Plutone, e a’ Campi Elisj, pieni d’ogni puro piacere, e riserbati
alle
sole anime virtuose(18) ; alla sinistra avvi quel
Cotale uccisione avvenne non lungi dal fiume Cefisso, il quale scorre
alle
radici del fiume Parnasso (g). Apollo poi, second
Apollo sul Promontorio d’Epiro, detto Ninfeo, perchè era conse, crato
alle
Ninfe. Quegli, che lo consultava, prendeva dell’i
er placarli ed eccitarli a ritornarsene nelle loro città. Ciò piacque
alle
due Divinità, le quali perciò si restituirono in
sacri anche ad Apollo, il quale fu perciò detto Agieo, ossia preside
alle
strade (d). Pausania poi narra, che un certo Iper
nte Ida tagliarono un albero di rami simili nella durezza e rigidezza
alle
corna, per formare il cavallo Trojano, di cui par
me si trovò gravida di Tizio, Giove la nascose sotterra per sottrarla
alle
furiose gelosie di Giunone. Morì la madre, e nacq
’Isola di Creta due figli, Filandro e Filacide. Questi furono esposti
alle
bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal
è Latona secondo alcuni fu trasformata in quell’animale per sottrarla
alle
persecuzioni di Giunone, sì perchè Apollo, come D
’coronato d’alloro, pianta a lui in ispeziale modo consecrata. Dietro
alle
spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di
ca la Dea delle reti (10). Altri dicono, che Britomarti per sottrarsi
alle
persecuzioni di Minos, re di Creta, si gettò in m
idetta ragione Orse, da’ cinque sino a’ dieci anni dovevano assistere
alle
Brauronie (c). Venne appellata Triforme, o a moti
triplice potestà, in cielo, in terra, e nell’inferno ; o per alludere
alle
tre fasi della Luna, crescente, piena, e calante
di Murcia o Murzia. Ella aveva, una Capella non lungi dal Foro Boario
alle
radici del monte Aventino(a) (5). Plinio fa menzi
osto concepito della tenerezza per lui ; che Giove per non dispiacere
alle
due Dee, le rimise al giudizio della Ninfa Callio
deva egli, inondò la maggior parte del loro paese. Il Nume finalmente
alle
preghiere di Giunone ne sospese il castigo, e que
ò Piletide dal nome greco pili, porta, perchè la sua statua si poneva
alle
porte de’tempj e delle città(e). Venne chiamata S
tto, e coll’asta alla mano. Omero ce la dà a divedere anche colle ali
alle
calcagna(e). Marte. MArte secondo Esiodo (
la fecondità, che ha la terra nel mese di Marzo, si concedesse anche
alle
Matrone Romane. La quarta, perchè nel primo giorn
figlio della predetta Dea, la quale, come abbiamo esposto, presiedeva
alle
nozze e a’ parti. Al tempo di queste Feste le don
gato Mercurio a toglierlo da quell’ infelice stato (a). Marte inoltre
alle
preghiere di Venere, ferita da Diomede, figlio di
po si parlò nell’ Olimpo di questa ridicola scena. Vulcano finalmente
alle
preghiere di Nettuno pose Venere e Marte in liber
arba e capigliatura negletta, coperto di veste, che appena gli giunge
alle
ginocchia, con beretta rotonda e appuntita in cap
tte(c), e la quale regolava con sì sovrana potenza tutte le cose, che
alle
sue disposizioni non solo gli uomini, ma tutti gl
po morte fu annoverato tra gli Dei Scelti, ossia tra quegli otto, che
alle
dodici Divinità maggiori si aggiunsero in Roma. Q
a Festo(d) altre solennità, sacre ad Agonio, Dio, il quale presiedeva
alle
azioni, che si doveano fare. A Giano oltre i ment
e di Clavigero : il primo, in quanto ch’ egli si risguardava preside
alle
quattro porte del Cielo, cioè all’ Oriente, al Po
chiamavano Sigillarie. Dicono, ch’ Ercole le abbia introdotte, quando
alle
vittime umane, che s’immolavano a Saturno e a Plu
aturn. l. 14. (19). Anticamente i prigionieri di guerra s’immolavano
alle
ombre di coloro, che gloriosamente erano morti su
o, allora se ne recideva la testa, e questa colla pelle veniva appesa
alle
colonne del tempio. Si esaminavano poscia le inte
mpio in Clazomene, ove a motivo del mentovato tradimento era proibito
alle
donne il mettervio piede(e). Finalmente è famoso
’ Romani si tenne in somma venerazione. Cecilio Metello per sottrarlo
alle
fiamme, appiccatesi al tempio di Vesta, ov’ erasi
osceva anche una Divinità misteriosa, il di cui nome non era noto che
alle
donne. Plutarco la confonde con Flora, detta da’
tese altresì a indicare certe Deità, le quali si credevano presiedere
alle
acque, e generalmente riputavansi figlie di Ocean
’Acaja all’Occaso. (c). Ovid. Metam. l. 10. (17). Gli alberi sacri
alle
Divinità si risguardavano dagli Antichi con sommo
eppiù, e rigettata da lui con maggiore disprezzo, ne diede, altri tre
alle
fiamme, e fece la medesima ricerca per i tre ulti
Atalanta perdette tempo nel pigliare anche quello : ond’è che rimase
alle
spalle d’Ippomene, nè più gli contrastò il trionf
arono Tifone(h). Il corpo di costui era di tale altezza, che arrivava
alle
stelle : con una mano toocava l’Oriente, e coll’a
l’origine dello stranissimo culto, che gli Egiziani solevano rendere
alle
piante e alle bestie(h). Diodoro di Sicilia narra
lo stranissimo culto, che gli Egiziani solevano rendere alle piante e
alle
bestie(h). Diodoro di Sicilia narra, che que’ pop
i Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome di Parentali davasi anche
alle
Feste, ossia a’conviti, che da’ Romani ogni anno
da uomini(a), detti Tomari da Tomaro o Tmaro, monte della Tesprozia,
alle
di cui falde fu eretto il mentovato tempio(b). (
o odore. A tale oggetto si aspergeva anche il corpo, che doveasi dare
alle
fiamme, di varj fragranti liquori. Il Rogo era fo
’medesimi in atto di partire dava l’ultimo addio al morto, e augurava
alle
ossa di lui la terra lieve. Finalmente chiudevano
to di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità,
alle
quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano va
ento destato, li prese pe’piedi, e attaccatili alla sua massa, dietro
alle
spalle li portò per la strada colla testa rivolta
demia d’Atene un’Ara comune con Vulcano, e Minerva (d). A lui pure, e
alle
stesse due Divinità si celebrarono le Feste, dett
ominò Tallote e Carpo. La prima di esse presiedeva a’fiori, e l’altra
alle
frutta (c). Col nome di Ore appresso gli antichi
l bambino in capretto, e lo consegnò a Mercurio, affinchè lo portasse
alle
Ninfe del Monte Nissa(h). (c). Huet. Demonstr.
che questi da’ Romani fu venerato qual Nume campestre, che presiedeva
alle
selve, a’pastori, e a’limiti delle campagne(d). E
ini. Questa da Ovidio(a) viene confusa con Carna, la quale presiedeva
alle
parti nobili del corpo umano. La medesima da prin
arri, formati a guisa di tempietti, coperti di panni preziosi, adorni
alle
volte d’oro, d’argento, e d’avorio, e tirati o da
rati o da animali o da uomini, che rappresentavano gli animali, sacri
alle
Deità, che si onoravano. A questi carri davasi il
nello stesso luogo, ov’erasi sepolta. Il re era tenuto a presiederne
alle
ceremonie, come per risarcire la Ninfa (b). (f).
macchinarono una notturna fuga, e stabilirono di trovarsi in campagna
alle
radici dì un bianco Gelso, presso una fonte, vici
: il perfido Tereo, che di Filomela erasi oltremodo invaghito, giunto
alle
spiaggie della Tracia, trasse la giovine ad un ve
si offerivano sacrifizj per allontanare ciò, che poteva recare guasto
alle
campagne. Per la stessa ragione s’invoçava la Dea
gli Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo fa nascere in Arcadia
alle
rive del fiume Ladone da Mercurio, e da Penelope,
tico. Questo rustico Nume tenne dietro a Siringa dal colle Liceo sino
alle
rive del predetto fiume. A quel varco trovandosi
tto fiume. A quel varco trovandosi la giovine, chiese questa soccorso
alle
Ninfe, sue sorelle, e a Ladone, suo padre. Non co
), o Rumia, o Rumina al latte, che loro si somministrava (m) ; Cunina
alle
culle (n). Senti no dava il sentimento a’ bambini
avento (q). Gli Dei Epidoti presiedevano al loro crescere (r) ; Lallo
alle
cantilene delle nutrici per conciliare loro il so
le cantilene delle nutrici per conciliare loro il sonno (s) ; Nondina
alle
lustrazioni, che si faceveno il nono giorno dopo
di celeste rugiada, quando ritornava dall’Inferno (b) ; e il recidere
alle
donne il crine, detto fatale, perchè, tagliato qu
uccello, detto Cimindide dagli uomini, e Calcide dagli Dei, allorchè
alle
preghiere di Giunone egli addormentò sul monte Id
non aveva le corna davanti gli occhi per ferire più sicuramente(b), o
alle
spalle per vibrare dei colpi più forti(c). Rìputò
Chiunque compariva dinanzi a quel tribunale, doveva prima sacrificare
alle
Furie, e giurare sul loro altare di dire la verit
itenuto incatenata nel suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte
alle
preghiere di Plutone fu obbligato a liberarnela,
che uno de’suoi generi gli avrebbe tolto e trono e vita, foce giurare
alle
sue figliuole, che la prima notte ognuna di esse
servirono di nonna a tutti i Legislatori della Grecia. Per conciliare
alle
modesime maggior autorità, ritiravasi di quando i
o il loro Impero(a). (11). Numa, per conciliare maggiore venerazione
alle
leggi, che stava formando, pubblicò che la Ninfa
al re Acrisio(c). Ogni anno in Autunno e Primavera solevano radunarsi
alle
Termopile in una pianura, bagnata dal fiume Asopo
Potter. Archacol. Graec. l. 2. (25). Le Targelie erano sacre anche
alle
Ore, e secondo altri a Diana pure(c). (c). Decl
; è secondo Apollodoro(a) da Titone e da Aurora. Finalmente riguardo
alle
sorelle di Faetonte notiamo, che Igino(b) ne rico
scettri in una mano, e con pugnale nell’altra(c). Terpsicore presiede
alle
danze. Questa porta in capo una corona, e ha in m
una chitarra(d), di cui alcuni la fanno inventrice(e). Erato presiede
alle
Poesie amorose. Questa inventò la lira. Una coron
a. Fu proposta la condizione, che le Muse, perdendo, dovessero cedere
alle
figlie di Piero i due fiumi, Ippocrene, e Castali
e trovavasi una fonte del medesimo nome, la quale era parimenti sacra
alle
Muse(g). Queste vennero chiamate inoltre Camene a
, e la rendette madre del medesimo cavallo(a). Notiamo per ultimo che
alle
Muse si offerirono sacrifizj in varj luoghi della
idi, o Coricie cette Ninfe, che ivi soggiornavano(e), e le Muse pure,
alle
quali esso era consecrato(f). (35). L’Elicona er
esso inspirassero il genio della Poesia(d). (39). Il Castalio scorre
alle
falde del Parnasso. Pretendevano, che non solo le
Elicona ogni anno ne celebravano l’anniversario prima di sacrificare
alle
Muse. Egli fu compianto perfino dalle nazioni più
e. Perfino Plutone e Proserpina, inesorabili per natura, si piegarono
alle
preghiere di lui, e gli permisero di seco condurs
geloso di vedere Leucippo corrisposto da Dafne, inspirò sì a lei, che
alle
compagne di essa il desiderio di bagnarsi nel fiu
ro ci si dà a divedere sempre occupato nell’ Inferno a dare la caccia
alle
bestie feroci, perchè dopo morte secondo l’opinio
reti da certi pescatori, allorchè si precipitò nel mare per sottrarsi
alle
persecuzioni di Minos(a). (a). Joh. Jacob. Hofm
mento, e assurnevano vesti lugubri, dette abiti atrati (f). Vestivano
alle
volte anche il Ricinio, abito corto, mezza parte
nche aggiunte colonne e statue, che ornavano i sepolcri, e alludevano
alle
imprese del defonto. Ne’sepolcri si accendevano l
Gli Ateniesi non solo lodavano i buoni, ma anche i malvagi. Le vesti
alle
cene funebri erano bianche. Nel nono giorno de’fu
ani, e celebravano una festa, chiamata pure Genetillide (b). Riguardo
alle
Genetillidi, Suida le considera come Genj del seg
commise di sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano superiori
alle
di lei forze. Un invisibile soccorso rese Psiche
subito dopo al Cielo, e ottenne da Giove, che Venere non si opponesse
alle
di lui nozze con Psiche. Costei finalmente fu da
nte lagrime, che fu convertita in fontana. Anche questa divenne sacra
alle
Muse. Il cavallo Pegaso bevette alla medesima, pr
se Anceo, le per dimostrate la fallacia della predizione, si appressò
alle
libbra una tazza di vino, raccolto da quella vign
Boeto, ed Eolo ebbero per madre Melanippa. Eglino erano stati esposti
alle
bestie feroci. Metaponte, figlio di Sisifo, era a
lui madre, ch’ella, balzata tosto di letto, avea sottratto il tizzone
alle
fiamme, e il teneva custodito con tutta gelosia i
6. (4). Era cattivo augurio, quando le tele di ragno si attaccavano
alle
Insegne militari (c). (5). Sciro perì nel combat
nche altre Dee si videro ricoperte del Peplo. Esso d’ordinario davasi
alle
Grazie (e). Un antico Poeta dice, che Cupido rubò
avasi alle Grazie (e). Un antico Poeta dice, che Cupido rubò il Peplo
alle
Grazie, mentre si lavavano (f). Teocrito ci dimos
trettamente si amavano, che aveano giurato di non sopravvivere le une
alle
altre. Il padre sacrificò la prima, ch’era tra qu
(2). Da Marte e Venere nacquero il Pallore e il Timore(c), Divinità,
alle
quali ordinariamente si sacrificavano un cane e u
redetto Nume, perchè appena nato fu trovato da certi pastori in mezzo
alle
fiamme, senzachè ne avesse sofferto alcun danno.
si Semihomines, ed erano gli Dei campestri, e quelli, che presedevano
alle
varie vicende dell’ umani vita, al nascere, alle
lli, che presedevano alle varie vicende dell’ umani vita, al nascere,
alle
nozze, ai parti, ec. Molti uomini, che per illust
Furie, i Giganti, e le ninfe Melie; dalla spuma che formossi attorno
alle
parti recise cadute in mare nacque Venere, cui i
gevasi colla falce, e in atto di divorare i figli, tanto per alludere
alle
anzidette favole, quanto per esprimere come il Te
sacro, e tormentò lo, secondo Virgilio, coll’ estro o assillo insetto
alle
vacche infestissimo, e secondo altri per mezzo de
vansi i Lupercali, in cui de’ giovani detti Luperci, coperti soltanto
alle
parti, che il pudore nasconde, e nudi nel resto,
e. Minerva per occultar questo mostro il consegnò chiuso in una cesta
alle
tre figlie di Cecrope, Pandroso., Erse ed Aglauro
i istituite da Numa Pompilio successore di Romolo, e che celebravansi
alle
calende di Marzo. L’ occasione di questa istituzi
Esiodo, per Ercole ad istanza di Giove, e secondo Virgilio, per Enea
alle
preghiere di Venere. Oltrecciò opera di Vulcano e
nella seconda. Nelle nozze di Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano
alle
quali furono invitati tutti gli Dei, eccetto la D
di lei volle andarvi ad ogni patto, vi fu ucciso da un cignale, sotto
alle
sembianze di cui dissero alcuni che fosse ascoso
o sacrificarle umane vittime, furon da essa cangiati in lori. In Roma
alle
calende di aprile sacrificavansi a Venere Vertico
ni vogliono esser Urania, altri Calliope, ed altri Clio. Ei presedeva
alle
nozze, rappresentavasi avente in mano una fiaccol
ove fulminò il mal consigliato giovane, e lo precipitò nell’ Eridano,
alle
rive di cui le sorelle piangendone la morte furon
: Mida ha le orecchie di asino, ed essendo ivi cresciute delle canne,
alle
percosse dal vento andarono ripetendo le stesse p
ispirò Bacco ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita
alle
compagne lo fece a brani. Licurgo re di Tracia ch
acrificavasi il capro, il morso del quale cosi nocevole vico riputato
alle
viti. In Roma le feste di Libero o Bacco, dette L
ilia, Cerere corse per ogn’ intorno a riceverla colle fiaccole accese
alle
fiamme del monte Etna. Aretusa, che era prima una
r di legno, finchè si accendesse. Il medesimo pur si faceva ogni anno
alle
calende di Marzo rinnovando il fuoco sacro, il qu
ella Frigia, Dattili da dactylos, dito, perchè erano eguali in numero
alle
dita. Cureti, da cura tonsura, perchè tosavansi;
prile, le opali ai 19 Dicembre. Le feste della Dea buona celebravansi
alle
calende di Maggio nella casa del Pontefice massim
r suo in tutte le forme. Per superare l’ avversione ch’ ella mostrava
alle
nozze, incominciò prima a piegarla colle persuasi
e si nominavan Limniadi, altre ai monti, e si chiamavan Orcadi, altre
alle
valli, ed eran dette Napee, alti e alle piante ed
e si chiamavan Orcadi, altre alle valli, ed eran dette Napee, alti e
alle
piante ed a’ boschi, e si appellavano Driadi ed A
to. Dii domestici erano i Penati ed i Lari di cui i primi presedevano
alle
città e alle ville, i secondi alle case; ma spess
tici erano i Penati ed i Lari di cui i primi presedevano alle città e
alle
ville, i secondi alle case; ma spesso prendevansi
i Lari di cui i primi presedevano alle città e alle ville, i secondi
alle
case; ma spesso prendevansi promiscuamente gli un
capo, Nettuno al petto, Marte ai lombi, il Genio alla fronte, Giunone
alle
sopracciglia, Cupidine agli occhi, la Memoria agl
glia, Cupidine agli occhi, la Memoria agli orecchi, al dorso Plutone,
alle
reni e agl’ inguini Venere, alla destra mano la F
o Plutone, alle reni e agl’ inguini Venere, alla destra mano la Fede,
alle
ginocchia, che abbraciavansi da’ supplichevoli, l
occhia, che abbraciavansi da’ supplichevoli, la Misericordia, Minerva
alle
dita, Mercurio a’ piedi, Tetide alle calcagna. Le
hevoli, la Misericordia, Minerva alle dita, Mercurio a’ piedi, Tetide
alle
calcagna. Le varie vicende dell’ umana vita erano
ana quella che solleva da terra i bambini, Cunina quella che presiede
alle
cune. La Dea Rumina istruiva i bambini al poppare
ia e Stimula quella che gli spinge ad agire; Agonio quel che presiede
alle
azioni; Orla quella che esortagli ad opere virtuo
canto seduceano i naviganti e poscia li divoravano. Essendosi Ulisse
alle
loro insidie sottratto, elle affogaronsi in mare,
rno all’ eterno tormento della fame, e della sete, ponendolo in mezzo
alle
acque, che gli giungono fino al mento, ma che gli
a avendo inteso che dai generi doveva esser privato del regno, ordinò
alle
figlie di uccidere la stessa notte tutti i loro m
se a Vulcano di formare una bellissima giovane, e a Minerva, a Suada,
alle
Grazie, alle Ore, a Mercurio di ornarla di tutti
di formare una bellissima giovane, e a Minerva, a Suada, alle Grazie,
alle
Ore, a Mercurio di ornarla di tutti i doni, per c
ccelli, che il nome ebbero di Meleagridi. Atalanta ricercata da molti
alle
nozze che abborriva, promise alla fine che data a
Arpie, che lordavano le mense di Fineo, e questi le inseguirono fino
alle
isole Piote, che poi furono dette Strofadi ora St
idi dell’ Africa; Omero accennò pure che superarono essi ih passaggio
alle
pietre erranti vicino a Scilla e Cariddi, e che i
ata finse per più sicura vendetta di esser contenta ch’ egli passasse
alle
nuove nozze, e fe pure in suo nome presentare a G
o nella pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri. Perciocchè avendo egli
alle
sue nozze con Ippodamia figlia di Atracio invitat
tone il corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno
alle
mura di Troia, nè si arrese che a gran fatica a r
Superbi i Greci della loro vittoria più non pensarono che a ridursi
alle
case loro; ma pochi vi giunsero senza incontrare
prezzarono l’ ire di Venere. Nestore fu il solo, che dopo avere sotto
alle
mura di Troia perduto il figlio Antiloco ucciso d
acendosi egli legare all’ albero della nave: schivò il mar burrascoso
alle
pietre erranti; passò lo stretto di Messina fra S
liade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire
alle
mani prima con Achille, e poscia con Diomede; seb
, che poi si smarrì, e andò a riamarsi ad Andandro città della Frigia
alle
radici del monte Ida. Quivi raccolti quanti potè
chiamata Troia. Rimessosi adunque in mare, dopo lunga tempesta giunse
alle
isole Strofadi, ora Strivali, ove inquietato fu d
o avrebbe, una candida Troia con trenta candidi figli. In questo giro
alle
radici dell’ Etna gli si presentò il greco Acheme
edì Iride, che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò
alle
altre di dar fuoco alle navi, onde non essere più
sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar fuoco
alle
navi, onde non essere più costrette ad esporsi a’
e Caieta presso il luogo che poi da essa n’ ebbe il nome; indi giunto
alle
foci del Tevere vide la bianca Troia predetta da
cisione di un cervo allevato da Tirteo pastore del re desse occasione
alle
prime zuffe tra i Latini e i Troiani. Dichiarata
. Parte I. Capo XIII. Piramo e Tisbe babilonesi opponendosi i parenti
alle
nozze da lor bramate, per una fessura del muro ch
arte II. Capo VII. Bacco da esso ottiene dì rendere la gioventù anche
alle
vecchie sue nutrici. Per uccider Pelia Medea fing
sue nutrici. Per uccider Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade
alle
figlie di Pelia di uccidere il padre e farlo cuoc
ice. Parte II. Capo VII. Letea moglie di Oleno, preferendosi in beltà
alle
Dee, è cangiata in pietra nel monte Ida insieme c
in onor degli Dei così presso i Greci, come presso i Romani. Intorno
alle
prime può consultarsi Meurzio, che ne ha trattato
chieste impreso avea ad effettuire : che anzi succrescendo sempre più
alle
nuove occupazioni l’affetto fin a guadagnarsi un
erra, perchè l’operetta in tutta la estenzione corrisponde appuntino
alle
mire, protesto di non aver più che bramare, perch
i tragici, e lirici, se privi sono della cognizione di quelle favole,
alle
quali tali scrittori fanno ben spesso allegorie ?
dorazioni ; onde videsi con orror di natura darsi al Sole, alla Luna,
alle
Stelle, ed a quante creature più ferivano gli sgu
o nelle armi, ma nel giudizio ancora, come pur si pretende, superiori
alle
altre nazioni, pur con bel genio, ed animosa cont
parte alla poesia toscana, cui quasi per appendice seguirà la quarta
alle
latine muse unicamente sagrata. Facciamoci pertan
ran Giove ; pur essa oscurata venne non poco da quelle infami azioni,
alle
quali con ardita licenza sfacciatamente si diede.
ra i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio era addetto
alle
purificazioni da farsi mercè il ministero delle a
que, questo mese ancora era a lui consacrato, come general presidente
alle
acque ; ed universalmente poi da Libici, da Greci
a Greci, da Romani, dagl’ Itali, e particolarmente da popoli abitanti
alle
marine spiagge venne Nettuno riguardato per una g
ono le avventure di questo Dio, mentre pare, che le stesse disgrazie,
alle
quali fù soggetto fin dai primi albori dell’ esse
imi albori dell’ esser suo, gli siano servito di appoggio, e sgabello
alle
sue fortune. Chi fù Vulcano. Nacque egli da Giove
on braccia distese in gentil gara concorsero, e s’impegnarono opporsi
alle
sue imminenti ruine ; ma sebbene con mille usate
omolo, e Remo. Suoi nomi. Sotto diversi nomi, e forse tutti relativi
alle
armi, alle quali presedeva riconosciuto fù questo
mo. Suoi nomi. Sotto diversi nomi, e forse tutti relativi alle armi,
alle
quali presedeva riconosciuto fù questo Nume. Ei c
sicche presso di essi invalse il costume di non rivolger mai l’animo
alle
battaglie, se pria rivolto non si fosse il pensie
po Marzio, e quelle fissate da Numa(1) chiamate Saliari da celebrarsi
alle
calende di Marzo da Sacerdoti Salii, e quelle fin
o alla negoziatura, al governo della guerra, e della pace, a giuochi,
alle
adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil
ura, al governo della guerra, e della pace, a giuochi, alle adunanze,
alle
pubbliche arringhe, come possibil era potersi spe
to Ermete ossia interpetre, e Dio dell’ eloquenza : perchè presidente
alle
persone noribonde vien chiamato conduttiere delle
azioni sempre aggiravasi negli affari, ed intrighi, e perciò in mezzo
alle
occasioni più belle, non abbia ancor commesse le
cor non l’onorasse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo
alle
porte di loro case, acciò quindi respinto avesse
spira, Ad esso intorno il globo ognor s’aggira, E toglie ogni vivente
alle
ruine. Cantor di versi, e curator d’affanni, Sple
addivenne, che valse a richiamar alla vita Ippolito figliuol di Teseo
alle
reiterate premure della gran dea Diana. Sue diss
a suo fautore con due orecchi di asino tirategli dal vincitore Apollo
alle
chiome diede la pena del suo mal giudicato. Mosso
glio il famoso satiro Marsia ardì parimente di venire con questo Nume
alle
pruove ; ma anche esso restandovi disotto fù a ge
oco, sol perchè amate con tenero affetto da Giove. Nè qualora pensava
alle
vendette punto curava la maestà del suo grado ; m
questa là ne’ campi della Sicilia dal suo zio Plutone sordo divenuto
alle
doglianze delle Ninfe, che l’affiancavano, non ch
in tutto il suo tenore, ad onta di qualunque motivo opposto si fosse
alle
innocenti sue brame ; e quindi fatta paga de’ suo
i essa un atrio si formasse da servire di soggiorno a quelle vergini,
alle
quali con special modo premeva il dovere di onora
vellarne. Chi fù Venere. Nacque Venere dalla spuma formatasi intorno
alle
recile parti di Urano cadute nel mare ; non altri
e cervina, con un arco in mano, con turcasso armato di frecce sospeso
alle
spalle, circondata dalle sue Ninfe al par di essa
, Nè i desiderii del mortal previene, Sordo agl’affanni altrui, sordo
alle
pene, E tutto, che egli vuol tutto, è preciso. Li
In umile atteggiamento presentossi al Re Giano, ed intenerito questi
alle
sue sventure nel suo regno gli permise non solo i
egali inviavansi affettuosamente gl’amici, e gli stessi servi ammessi
alle
mense de’loro padroni, e sovente ancor serviti da
si credeva. Presenta inoltre una bacchetta nella mano qual presidente
alle
pubbliche strade, ed invece di essa alle volte in
a nella mano qual presidente alle pubbliche strade, ed invece di essa
alle
volte in molti ritratti una chiave, detto perciò
e, sempre però pari nel numero, a distinzione delle celesti Divinità,
alle
quali in qualunque numero sacrificar si poteva.
io insieme con Giove disceso sollecito sottratto non avesse il figlio
alle
materne sventure avrebbe quegli pria chiusi gl’oc
costruite per ornamento, e difesa torri, e castella, come non apporre
alle
chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di
nze, e variamente percuotendosi alzavano tutti ad una voce alti gridi
alle
stelle. Altra consimile festa introdussero i Roma
divenuto ad ogni dritto e ragione rapido corse ad involarla. Resistè
alle
sue insolenza la Dea, e strappandogli per disprez
’inumano Rattore, ma questi prevalendo nella forza, e sordo facendosi
alle
doglianze barbaramente rovesciò sul carro la pred
. La rappresentarono alcuni in triste atteggiamento di far resistenza
alle
furie del rattore Plutone, e con alzate mani racc
virtù effigiata setto le sembianze di contristata donzella piangente
alle
carceri del disgraziato suo Padre, che col propri
re, i torti scorda, Nè per offesa mai cangia desìo, Nè in alcun tempo
alle
preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa, e nel
e della mensogna, come simboleggiano le due trombe, che le adattarono
alle
mani. Essendo dunque così procuriamo di essere am
l’antica Roma scioccamente si fece ; ma sibbene coll’insistere sempre
alle
opere buone, acciò conscia essa del nostro ben fa
to fatto varrebbe a confondere ogni vindicativo, che per dar la vinta
alle
sue passioni dietro si butta il comando là nel Le
mi, che crudel li desta, Vaga solo di pianti, e di sventura. Da troni
alle
capanne accorre presta, Tutto rivolge, e a danni
ionda, e bella. Sul manco braccio tien la tortorella, Tien lo sguardo
alle
stelle intento, e fiso, Corre, ne par tener camin
gio Proposizione. E qual altro esordi o invero prepose l’epico latino
alle
sue Eneide ? Quale alla sua Gerusalemme il cigno
ema de partu Virginis, con poca avvedutezza, si rivolse ad Apollo, ed
alle
Muse. Ma diamo omai un’ occhiata alla narrazione.
za della sua armonia, che per esso è stato dato moto, numero, e legge
alle
musicali note(1) non che alle regole istesse del
esso è stato dato moto, numero, e legge alle musicali note(1) non che
alle
regole istesse del ballo. Leggansi nel Inglese ro
si forse meglio, ed in sì poco descrivere un uomo dal nulla innalzato
alle
piu alti grandezze ? Alete è l’un, che da princi
getta a fisse leggi, come l’epica, ma pari alla cera ben indifferente
alle
diverse forme, qual vera figlia del suono, e dell
esi Ottonario perche abbraccia versi di otto sillabe, che richieggono
alle
settima il loro accento. Ia questo metro suol rim
eni, sono i più spiritosi, e leggiadri in Toscano. Esso è adattissimo
alle
composizioni di qualunque natura, sebbene il suo
era. Leonida alla Termopile. Quando il sovran di Persia Si ferma
alle
termopile Volea la Grecia oppressa Ricolmo d’ar
una interminabile legge di rime, che si succedono rapidamente le une
alle
altre ; ma per dir vero a trattar questo metro bi
ni ragione obblia. Le presta intera fede, Teseo dall’empia moglie E
alle
mensogne ordite Sente accusarsi il figlio, Fall
il suo volo sichè possi non dico raggiungere, ma tenersi poco dietro
alle
orme di alcnne aquile generose, e specialmente de
rso con una rima, che non abbia le altre due compagne, trovasi giunto
alle
Sirti senza poter più nè avvanzarsi, nè dare indi
. Della canzona. Questo componimento, che perfettamente somiglia
alle
ode de’Greci, e de’Latini è uno de’più belli, e f
industria prescrivansi da primi conoscitori dell’ arte su tal punto,
alle
quali, perchè degne di esser lette, meditate, e r
rto verso, o nel primo, e quarto, secondo, e terzo : per rapporto poi
alle
terzine, sogliono esse rimare come la terza rima,
na, nella circostanza non sono di formar di quest’ ultima parte sacra
alle
muse latine un distinto trattato al pari del prim
or. concil. (1). Gli antichi credevano, che questi Dei, presedessero
alle
cose necessarie dell’ uomo, non che a’ dodici Mes
ie, e la più pura morale de’ giovani studiosi. Ecco dunque nuovamente
alle
stampe un libro elementare, utile, istruttivo : a
ità regnasse sovranamente da pertutto, assegnarono un posto nel Cielo
alle
Virtù, alle Passioni, ed alle Miserie puranche de
sovranamente da pertutto, assegnarono un posto nel Cielo alle Virtù,
alle
Passioni, ed alle Miserie puranche dell’uman gene
ertutto, assegnarono un posto nel Cielo alle Virtù, alle Passioni, ed
alle
Miserie puranche dell’uman genere. Quindi furono
ell’isola di Creta, ed ivi partorì Giove, e Giunone ; affidò il primo
alle
Ninfe Ida, e Adrastèa dette Melisse, e lo raccoma
uattro stagioni. Ha dippiù una bacchetta nelle mani, perchè presedeva
alle
pubbliche strade, o pure una chiave, perchè credu
da del suo pavone. Giunone fu detta pronuba, come colei che presedeva
alle
nozze. Quindi le matrone Romane le offerivano vot
i esercitavano in un circo : e Diana nella stessa guisa tolse la vita
alle
femmine, che si aggiravano intorno ai roghi de’ l
a dovesse essere di loro pertinenza. La contesa andò avanti, si venne
alle
mani, o riuscì a Melagro di vincere i suoi nemici
aggi da’ loro covili1. Le Muse. Nove sono le Muse, che sovrastano
alle
scienze, alle arti, ai talenti. Hanno Giove per p
covili1. Le Muse. Nove sono le Muse, che sovrastano alle scienze,
alle
arti, ai talenti. Hanno Giove per padre : Mnemosi
questi i più rinomati sono Cupido, Priapo, Imeneo, Dio che sovrastava
alle
nozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Gra
righi, si occupava della guerra, e della pace : presedeva ai giuochi,
alle
adunanze, ascoltava i pubblici indovini, che lo c
celebrare le feste di Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed
alle
sue Menadi, o siano Baccanti un sì fatto furore,
voli. Questi abitava in un antro, e vegliava eternamente per impedire
alle
ombre l’uscita. Il Tartaro, ed i Campi Elisj form
dignità. Le Furie aspettavano le ombre de’ condannati per soggettarle
alle
pene ad esse applicate. Tre erano le terribili es
sso si allontana. Supplizio proporzionato al suo delitto. Le Danaidi,
alle
quali era concesso tregua, e riposo allora che av
dono dei più funesti. Allorchè volle mangiare, il cibo che accostava
alle
sue labbra, diventava oro sotto i suoi denti, in
oro sotto i suoi denti, in guisachè sarebbe morto per inedia in mezzo
alle
ricchezze, se Bacco da lui nuovamente chiamato in
oro si davano. Chiamavansi Driadi, e Amadriadi quelle che presedevano
alle
foreste : Napèe quelle delle praterie, e de’ bosc
stri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli
alle
mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Scilla. Caridd
ella dispensasse capricciosamente i beni, ed i mali, ed era soggetta
alle
imprecazioni degli uomini, allorchè gli affari no
noi descritte Divinità, avevano i Greci, ed i Romani fatta l’apoteosi
alle
passioni umane, non che alle virtù, ed ai vizj, a
no i Greci, ed i Romani fatta l’apoteosi alle passioni umane, non che
alle
virtù, ed ai vizj, ai beni, ed ai mali. Non altri
a il suo culto nel Lazio prima di Romolo. Ella presedeva ai trattati,
alle
alleanze, al commercio. Inviolabili erano i giura
. Allora l’Eroe si levò rapidamente a volo per l’aria, e giunse tosto
alle
isole Gorgonidi. Nascosto sotto l’egida vinse le
cere la riputazione che godeva. In compagnia di Ercole fece la guerra
alle
Amazoni, donne sommamente guerriere, e sposò la l
izia. Dopo qualche tempo Piritoo sposò Ippodamia. I Centauri invitati
alle
nozze ebbri, ed impazzati tentarono di rapire la
ed impazzati tentarono di rapire la sposa. I Lapiti diedero di piglio
alle
armi, e Teseo non si fece pregare per fare lo ste
alaria, che bisognò rapire, perchè promesse a Ida, e Lincèo. Si venne
alle
mani per giustificare, e per sostenere l’oltraggi
enne. Sdegnata Medèa per tanta infedeltà, finse di volere intervenire
alle
nozze per felicitare la nuova coppia, con aver fa
avalli. La pena medesima fu loro applicata. Fece in seguito la guerra
alle
Amazoni, e diede in isposa a Teseo la loro regina
e esposto il bambino in un deserto. Ma questi in vece di abbandonarlo
alle
bestie feroci, lo legò ad un albero per un piede.
Ma tosto il sangue di Erifile fu vendicato, essendo stato consegnato
alle
Furie l’empio matricida, il quale per liberarsene
e, e la prima delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura
alle
ceneri di Polinice, perchè aveva chiamati de’ for
e dell’Ecalia. Maritati entrambi per opra di questo principe generoso
alle
due figliuole di Tindaro Clitennestra, ed Elena,
r la strada, ed introdottosi nella reggia di Licomede, espose innanzi
alle
donne varj giojelli, e fra questi si fece scappar
re il favore degli Dei, e le due parti schierate in battaglia vengono
alle
mani. Nel forte dell’azione Paride, cagione di qu
ciò a tremare, e prevedendo di dover restarci di sotto, si raccomandò
alle
gambe. Il poeta per palliare questa fuga l’abbell
e dodici prigionieri Trojani scelti dai più valorosi, ed appartenenti
alle
famiglie più distinte. Poichè il fuoco consumò tu
. Vedremo Ulisse senza perdersi di coraggio far fronte ai perigli, ed
alle
disgrazie, e trar profitto da suoi lunghi, e peno
al novella comecchè non consolante, apportò nondimeno grande sollievo
alle
angustie di Telemaco. Lascia quì il poeta questo
apprestano de’ cibi, indi vien condotto alla città. Lasciata Nausicae
alle
porte, si presenta ad Aleinoo in qualità di uno s
i lui trista situazione, e li dispose a fargli de’ doni proporzionati
alle
loro ricchezze. Tal dimanda è bene accolta. All’i
i suoi compagni si pose alla vela, e sbattuto da una tempesta approdò
alle
Coste de’ Ciconi dove fece un gran bottino. Se ne
i stendevano. Un tale prodigio li spaventò in modo, che sen fuggirono
alle
navi : ma la collera degli Dei colà li raggiunse.
regina. Didone incantata dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile
alle
di lui disgrazie, gli contesta la gioja che sente
e, in onore del quale fece celebrare de’ giuochi dopo avere adempiuto
alle
funebri cerimonie. Stanche le donne Trojane dalla
viata da Giunone sotto l’aspetto di una vecchia, appiccarono il fuoco
alle
navi. La flotta sarebbe divenuta preda delle fiam
i un trattato di quanto riguarda il nostro assunto. Le tante vicende,
alle
quali è stata soggetta la nostra Patria, il lungo
abbiam creduto lo aggiugnere qualche cosa riguardante le Deità comuni
alle
altre nazioni. Quantunque di questa ne abbiamo ab
avvenimento, innalzarono un tempio ad Eunosto, dove non era permesso
alle
donne l’ingresso. Ciò diede occasione ai Napoleta
o col volto di un fanciullo, di un giovanetto, di un uomo : alludendo
alle
quattro età del Sole nel tempo degli equinozj, e
Cecubo, Falerno, Sorrentino, Massico, e tanti altri diedero occasione
alle
piacevoli feste di Bacco in Pozzuoli. Ivi queste
iove Ejazio, e gl’Iddii delle Fratrie detti ancora tribules. Riguardo
alle
Grazie, oltre quanto si è precedentemente osserva
a da Pausania, ed Esichio. Senofonte lasciò scritto ch’ella presedeva
alle
virtù che formano le delizie del cuore, a differe
za di Giove. 1. Marte porta molti soprannomi, la più parte relativi
alle
armi, Armigero, Bellicoso ec. Dato gli venne da A
are colle barchette al di là del Nilo i cadaveri in un sito destinato
alle
sepolture. Colui che aveva un tale incarico chiam
Dioscuri de’ Latini. 1. Vedesi tuttavia in Roma la spelonca di Caco
alle
falde del Monte Aventino. 1. Sembra che i Greci
Augusto, si ammalò in Brindisi : prima di morire ordinò, che si desse
alle
fiamme la sua Eneide, che non aveva ancora limata
ipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava gli oracoli
alle
donne, come il marito agli uomini. Virgilio(2) po
ansi in onore de’grandi Dei Giove, Giunòne e Minèrva il dì precedente
alle
calende di Settembre e furono istituiti dal re Ta
i ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed
alle
volte coronavasi di quercia, per ricordare che gl
quella Dea ; Dea turrita et turrigera, perchè la prima diede le torri
alle
città, o perchè sotto la protezione di lei esse c
de’ consigli di lei. Niente di meno gli antichi fecero Giove soggetto
alle
determinazioni del Fato o sia Destino, ne’ cui li
capitano andò con Polinice alla guerra di Tebe, e nel dare la scalata
alle
mura, con empio orgoglio disse, volere impadronir
gresso a bitavano due sorelle di stranissima natura, Pefredo ed Enio,
alle
quali aggiungono la terza Dino, chiamate Gree (γρ
e regale sembianza colle mani legate, la quale, al dolente aspetto ed
alle
molte lagrime, pareva aspettarsi grave sventura.
rmine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed
alle
sue nozze intervennero tutti gli Dei e vi cantaro
affidato, affinchè lo ammaestrasse. Il giovinetto sì bene diede opera
alle
arti che ritrovò l’uso della sega e del compasso.
admea colla città bassa. Nati questi gemelli, la madre, per sottrarli
alle
violenze della rivale Dirce, li diede ad allevare
rsi ancora che i Mirmidoni, per la piccola loro statura rassomigliati
alle
formiche, amavano abitare nelle cavità degli albe
, l’unico che gli Dei avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mezzo
alle
infocate arene di que’deserti, sebbene il sacro r
i giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed
alle
volte di alloro, la quale bastava ad infondere ne
’acqua. Alcuni però affermano che l’educazione di Giunone fu affidata
alle
Ore. La Dea adunque ebbe in Samo un culto singola
a Saturno. Fece adunque che Peleo, suo nipote, sposasse quella Dea ;
alle
quali nozze furon invitati gli Dei e le Dee tutte
elao andò per suoi affari a Creta ; ed allora fu che Paride, mancando
alle
sante leggi dell’ospitalità, col favore di Venere
um) ; Iuno Pronuba, Iuga, Nuptialis, così detta, perchè soprantendeva
alle
nozze. Dicevasi pure Ηρα τελεια, Iuno praeses nup
udicassero, ma tosto vi appose quel verso di Omero : Volto ha simile
alle
immortali Dee. Nicomaco pittore veggendola ne st
inerva, e Pallade. Il primo davasi propriamente alla Dea che presiede
alle
scienze, detta da’ Greci Αθηνα, sulla origine del
e ancor nelle armi, dopo la sua morte fu tenuta come una Divinità che
alle
belle lettere ed alle armi soprantende, e ch’era
po la sua morte fu tenuta come una Divinità che alle belle lettere ed
alle
armi soprantende, e ch’era uscita del capo di suo
e. Ma più veramente volevano dirci i poeti, che le scienze e le arti,
alle
quali Minerva presiede, non sono già un ritrovato
la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte nel ritorno
alle
lor patrie dopo l’eccidio di Troia, da Omero(1) a
trice delle città e conservatrice della salute. Minerva presedeva
alle
opere fabbrili. Argo, la prima nave che portò Gia
te di Minerva dette Quinquatria, nelle quali gli scolari non andavano
alle
scuole, ed i maestri novelli offerivano le primiz
una veste, sulla quale brillavano i colori dell’iride(1). L’egida(2)
alle
volte era come le pelli di cui van coperti alcuni
he Pallade ne ha coperto non solo il petto, ma la schiena ancora ; ed
alle
volte, a guisa di mantello. Dice il Winckelmann «
ena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la quale
alle
sole gambe vada a terminare in un ceppo quadrato.
n Italia, essi lo posero nel tempio di Vesta, affidandone la custodia
alle
Vestali. E si racconta che a tempo dell’assedio d
scorrendo, innaffia la deliziosa valle di Tempe(2). La quale avvezza
alle
arti della caccia ed alla solitudine, fuggendo un
Telefo. Amava egli moltissimo un cervo di grande bellezza, consacrato
alle
Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il qu
e restituita Euridice, che mosse a pietà gl’infernali ministri e fece
alle
ombre dimenticare le proprie pene ; ed allora fu
detta dal suo nome. Nato appena Aristeo, Apollo il diede ad allevare
alle
Ninfe di que’ luoghi ; dalle quali avendo egli ap
e in molta superbia. La fatidica Manto, fig. di Tiresia, imposto avea
alle
donne Tebane di offrir sacrificii a Latona. Niobe
istri e quasi servi delle Muse. Esse amavano i begli ozii tanto amici
alle
lettere ed alla poesia soprattutto. L’Elicona, mo
poesia soprattutto. L’Elicona, monte della Beozia, sacro ad Apollo ed
alle
Muse, da Ovidio chiamato virgineo monte, perchè l
quel paese con continue guerre, si disse da’ Poeti che tramò insidie
alle
Muse, le quali per ciò si dipingono anche colle a
il canto delle prime aveala contristata. Allora le Ninfe affermarono,
alle
Muse doversi la vittoria ; ed in pena di lor pres
che disperar perdono. Alcuni vogliono che Piero ebbe nove figliuolo,
alle
quali diede il nome delle Muse. Forse sotto il si
he fu esso così detto da πηγη, fonte, sorgente, per esser nato presso
alle
fonti o sorgenti dell’ oceano. Igino il crede nat
ntrade, fu il primo a ritrovare questa fontana. Il dissero consacrato
alle
Muse, perchè Cadmo era uomo sapiente ed inventore
oro, ed avea due sommità, Cirra e Nisa, l’una consacrata ad Apollo ed
alle
Muse, e l’altra, a Bacco ; e però chiamasi spesso
o virtù fatidica ; e non lungi il monte Citerone pur sacro a Bacco ed
alle
Muse. Alla custodia di quel fonte stava un dragon
fontane e ruscelli di mele, da cui i Poeti, i quali si assomigliavano
alle
api, succhiavan la soavità de’ loro versi(1). Ora
monte della Macedonia, il quale da’ monti Acrocerauni si stende sino
alle
Termopili, e dal suo bel mezzo si spicca un ramo
aggio in Beozia, vicino all’Elicona. Dovea esservi un boschetto sacro
alle
Muse, perchè Properzio(1) invece di poetare adope
n Ascra. Libetra fu pure un fonte di Magnesia, nella Macedonia, sacro
alle
Muse, da esso dette Libetridi presso Virgilio(2).
o, ne’ confini della Tessaglia, vicino all’Olimpo, con un fonte sacro
alle
Muse, che avea il medesimo nome. Perciò Pimpleide
ne chiamavasi un fonte di limpidissime acque sull’Acrocorinto, monte,
alle
cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig
essi si credevano attissimi per la inspirazione della poesia, per cui
alle
Muse eran dedicati, non meno che i boschi ; e che
nato colle sue frecce l’uccise. Le quali cose dissero i poeti, perchè
alle
volte il calore del sole è cagione di subitanee m
ucciso di un fulmine. Morto Ettore, l’indomito Achille, appressandosi
alle
mura di Troia, con gran voce diceva ch’egli solo
li armenti di Admeto. Se gl’immolava il lupo, ch’è animale pernicioso
alle
mandre. XV.Continuazione. Febo o il Sole. Cir
maco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia di oro ; ed
alle
volte la veste lunga citaredica, o sia la palla c
i tutti gli astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων, sol sublimis ; ed
alle
volte Υπεριων ponesi pel Sole. Latonio, Latonius
iuto col suono di alcuni bronzi percossi(2). Gli antichi confondevano
alle
volte la Notte con Diana in quanto che rappresent
o a dormire eterno sonno in una caverna del monte Latmo, nella Caria,
alle
bocche del fiume Meandro, ove la Luna stessa dal
perchè fig. di Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccomandato
alle
ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allat
onte Mero soprastare alla città, e nascervi ellera e viti. Quanto poi
alle
nutrici di Bacco si dee sapere che le stelle le q
rezze sul Citerone, monte della Beozia, vicino al Parnaso, a Bacco ed
alle
Muse consacrato. All’arrivo del Nume le campagne
Tiresia. Solo Penteo rampogna i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed
alle
rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più
i Bacco lacerarono Ippaso, fig. di Leucippe, e che andarono ad unirsi
alle
Baccanti, dalle quali rigettate, furon in varii u
glie ed il figliuolo uccise, ed esso sul monte Rodope fu da quel nume
alle
pantere esposto. Avverso eziandio a Bacco fu Acri
re, quando cercava la perduta figliuola. A fine eziandio di sottrarsi
alle
persecuzioni di Giunone, trascorse quasi tutta l’
quale apprese assai buone cose ; il che finse per conciliare autorità
alle
sue leggi ; e trattò quel piacevole ospite con mo
all’amico Anchise la trasformazione in colombe di quattro sue figlie,
alle
quali avea Bacco data la virtù di cangiare in fru
il quale, veduta l’abbandonata giovane che disperatamente raccontava
alle
rupi il ricevuto torto, e racconsolatala, volle s
lice Didone ad una Baccante, la quale è presa da sacro furore, quando
alle
orgie trieteriche la chiama l’udito nome di Bacco
ida del Citerone. Questo monte della Beozia era consacrato a Bacco ed
alle
Muse, ed era famoso per le orgie che vi si celebr
amandolo di tre generazioni (τριγονος), o di tre nature (τριφυης) ; o
alle
feste trieteriche. Questa cesta per lo più si ved
il tirso. Come dio del vino, egli a ragione presedeva a’banchetti ed
alle
gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’i
(2), e la mitra sul capo(3). Alla mitra son posti alcuni fiori simili
alle
rose, le quali, secondo Ateneo, erano un rimedio
manichi. Effigiasi talvolta nudo ; talvolta con una pelle di pantera
alle
spalle ; or sul dosso di Pane, or fra le braccia
acrificio di Bacco fu quello di un capro ch’era animale assai dannoso
alle
viti(3) ; pure ritroviamo essergli state immolate
ella dea. Essi dovettero in prima fermarsi a Cipro ch’è la più vicina
alle
coste della Siria, ed il culto di lei vi fu gener
scitata da Eolo, fa sì che l’eroe troiano sia sbalzato con poche navi
alle
sconosciute coste della Libia. Di ciò afflitta la
figliuola, si dichiara neutrale, e la sorte de’ Troiani e de’ Rutuli
alle
determinazioni del fato interamente commette. Ard
e, della Gioventù e di Mercurio. Nicearco (3) dipinse Venere in mezzo
alle
Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero,
sugli alberi e dardeggiare ; dipingesi in aria, in terra, in mare, ed
alle
volte suona qualche strumento. Egli infine era no
grandi applausi dall’ Olimpo e gli sparge rose sul capo. Veniamo ora
alle
Grazie. Esse erano le compagne indivisibili e le
ò che vi è di dilettevole e di gaio in natura ; esse danno a’ luoghi,
alle
persone, alle opere ed a qualunque altra cosa nel
dilettevole e di gaio in natura ; esse danno a’ luoghi, alle persone,
alle
opere ed a qualunque altra cosa nel genere suo qu
cantare a mal grado delle Grazie » che disse Properzio (1), equivale
alle
altre « in disgrazia delle Muse, a dispetto di Mi
tetrico, soleva dirgli Platone « Vedi, caro Senocrate, di sacrificare
alle
Grazie ». Queste Dee per lo più si dipingevano nu
l cielo, e le ancelle di Giunone. Presso i Greci esse corrispondevano
alle
stagioni ; ma poscia, avendo diviso il giorno in
ano danzanti e della medesima età, succinte, come le danzatrici, fino
alle
ginocchia ; la testa coronata di foglie di palma
VII. Continuazione. Fra le altre deità gamelie o che presedevano
alle
nozze, i Greci annoveravano anche Venere. A Spart
vere ehe ha la donna, quando va a marito, di attendere alla fatica ed
alle
faccende domestiche, e specialmente al lanificio,
o. I Troi l’udiro, udir gli Achivi e ne tremaro. Allora doloroso salì
alle
sfere, e col padre de’ numi lamentossi della trac
ndosi con essi, potesse con difficoltà esser rubato. Questi sacerdoti
alle
calende di Marzo facevano una danza per la città
alto. I giudici in questa famosa causa furon dodici, ed appartenevano
alle
prime famiglie di Atene ; e però si disse che Mar
a cavalier non teme intoppo. Caro. Ed altrove(1) rassomiglia Camilla
alle
Amazzoni dicendo : « In tal sembianza Termodoont
e φερω, occido. Da Ovidio(1) si chiama arbiter armorum, che presiede
alle
armi ; e da Virgilio(2) armipotens, potente in ar
cioè Marte, ovvero Enialio ». Presso Omero ed Esiodo la voce Enialio
alle
volte dinota Marte, ed alle volte è un aggiunto d
». Presso Omero ed Esiodo la voce Enialio alle volte dinota Marte, ed
alle
volte è un aggiunto di questo nume. Quindi Merion
a menzione di una festa in onore di Marte solita a celebrarsi in Roma
alle
calende di Giugno fuori della porta Capena ; ed i
darlo con sicurezza alla tenda dell’eroe, il quale avea pure ordinato
alle
guardie di aprire le porte e non molestare il re
on essa egli richiama in vita le anime spente, e le vive conduce fino
alle
meste sedi del tartaro. Laonde in molti bassirili
la borsa nella destra, e con un mantelletto sulle spalle. Gli si vede
alle
volte a’ piedi un gallo ed un becco(2) E com’egli
presentato Mercurio con una catena che gli esce di bocca e si attacca
alle
orecchie di coloro che volea seco condurre ; bel
di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo più con un mantello
alle
spalle. Una delle più belle statue di Mercurio è
i ricondurre un’anima fuori dell’inferno. Vicino a questo nume infine
alle
volte ritrovasi il cane, forse perchè fra tutti g
θεοι in Eschilo sono gli stessi che θεοι αγοραιοι, Dei che presiedono
alle
piazze o che si venerano nelle piazze. Ales o Al
tro. E Camilli dicevansi a Roma que’ nobili fanciulli che assistevano
alle
cerimonie religiose portando l’acerra ed il prefe
e impedito che la peste distruggesse Tebe, portando un ariete intorno
alle
mura. Ctonio, Ερμης Χθονιος. presso Luciano, cos
an Madre, perchè, al dir di Aristotele(3), siccome naturalmente tocca
alle
madri nudrire i proprii figliuoli, così la Terra
chi la Dea Tellure con Vesta si annoverava fra gli Dei che presiedono
alle
nozze (1), perchè riputavasi la madre e quasi la
l’Alfeo. La quale fuggendo alla vista del selvaggio Dio Pan, e giunta
alle
sponde del Ladone , fu per pietà delle ninfe sore
almente in onore di Fauno nelle selve e nelle campagne si celebravano
alle
none di Dicembre alcune feste dette Faunalia, per
e cestellini ricolmi di ogni generazione di frutti e ne facevan dono
alle
Ninfe. Le Ninfe poi erano alcune deità subalterne
Le valli aveano le loro Napee (a ναπος, vallis) che presiedevano pure
alle
colline, a’ boschetti, ai prati ed agli orti. Qui
chiamaron Querquetulanae virae (1) ; e vi era un tempietto consacrato
alle
Amadriadi col nome di sacellum Querquetulanum (2)
la morte, come le altre deità campestri. Delle Ninfe, che presedevano
alle
acque, parleremo in altro luogo. VII.Continuaz
ra di una pietra quadrata, a cui si facevan sacrificii in ogni anno ;
alle
volte era uno stipite ; ma più appresso fu dìpint
trovò, dove l’avea Lasciata fuor d’ogni segnato calle : Fatto ch’ebbe
alle
guance, al petto, ai crini, E agli occhi danno, a
Ma non potei far tanto che Alfeo, mutato in un fiume non mi seguisse,
alle
mie unendo le chiare sue onde.» Così la ninfa Are
n cui gli uomini si alimentano. Aloea (αλως, area), perchè presedeva
alle
aie. Aleteria (αληθω, molo) ; soprannome della D
me vino melato e latte. A lei si sacrificava la troia, animale nocivo
alle
biade. Alla Terra ed a Cerere dagli agricoltori s
rosa esclama : Vulcano, al tuo poter nullo resiste De’ numi ; io cedo
alle
tue fiamme. Ah ! cessa Della contesa ; immantinen
arco, i coturni ed i cani. Le concesse pure di presedere alla caccia,
alle
vie ed a’parti. Quindi ella riuscì abilissima a t
revalendo, pose nel fuoco il fatale tizzone delle Parche, consacrando
alle
Furie la vita dell’infelice Meleagro, il quale fi
i infiammati stillavano sangue ; e notte e giorno l’inseguono, mentre
alle
sue orecchie risuonano di continuo le grida della
resentata Diana su’monti di Delo o sulle sponde dell’ Eurota in mezzo
alle
ninfe, sue seguaci ». Diana oltre a ciò presedeva
umero degli Dei nuziali anche Diana o Lucina ; e con Diana a’parti ed
alle
nozze presedevano eziandio le Parche. Le parturie
olta l’invocavano sotto il suo nome greco. Finalmente Diana presedeva
alle
vie, ed era come ispettrice e custode de’porti(7)
ode de’porti(7) ; e per ciò il simulacro di lei era collocato in capo
alle
vie ed anche avanti gli usci delle case. Ciò si s
oglia del leone Nemeo ch’egli porta qualche volta sopra un braccio ed
alle
volte sopra la testa. La più bella di tutte le st
e Erifile l’indusse a seguire la poderosa armata che Adrasto condusse
alle
sette porte di Tebe ; percui sette furono i capit
darono in prima a Lenno, ove abitavano donne forti e bellicose simili
alle
Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie
he nella parte superiore era abitato da leoni, nel mezzo da capre, ed
alle
falde, da serpenti ; e che avendo Bellerofonte di
uita ad Apollo ; perchè Crise, sacerdote di quel nume, essendo venuto
alle
navi de’ Greci per riscattare la figliuola Crisei
isonorò la vittoria coll’aver fatto strascinare per tre volte intorno
alle
mura di Troia l’infelice cadavere di Ettore attac
le sue acque. Per tale fatto quella ninfa gittossi nel mare e si uni
alle
Nereidi, sue sorelle. Dopo di Polifemo dirò alcun
nnalzano. Alle volte si rappresenta con volto sereno e tranquillo ed
alle
volte commosso e sdegnato, per indicare il divers
sua onda, e lo Stige che con nove giri l’Erebo circonda, impediscono
alle
ombre l’uscita dall’inferno. Il Cocito era format
parato per altri nove anni dal consorzio degli Dei ; non è ammesso nè
alle
loro assemblee, nè a’ loro banchetti, e solo, spi
per qualche tempo vagava intorno al proprio tumolo. E quest’idoli che
alle
volte dicevansi esser comparsi ai viventi, erano
ombre de’ morti nell’inferno si radunavano chi al foro per attendere
alle
liti, chi nella reggia di Plutone, e chi si occup
le anime ovvero ombre de’morti ; percui vediamo agli Dei Mani, o sia
alle
ombre de’morti, dedicati i sepolcrali monumenti.
tri dicano che in detta legge voglionsi intendere le anime dei morti,
alle
quali erano indirizzate le lettere D. M. che pone
le divinità, Aletto. dice Virgilio, era terribile a Plutone stesso ed
alle
altre Furie ; e secondo Eschilo, questi mostri er
n mezzo ad un lago di fresche e limpide acque che gli giungevano sino
alle
labbra, senza poterne mai bere una goccia, mentre
aragona a Tantalo gli avari, perchè come quell’ infelice sta in mezzo
alle
acque e non può gustarne una stilla, così l’avaro
mezzo alle acque e non può gustarne una stilla, così l’avaro in mezzo
alle
ricchezze non sa punto goderne ed è fra quelle ve
la morte distrugge (η τω φωνω παντα περθονσα). Finalmente si noti che
alle
volte Κορη, e doricamente Κωρη, vergine, donzella
rincipalmente di grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le quali
alle
loro erbe univano i così detti carmi ed alcune pr
come fa Medea appresso Ovidio(3) ; ed i monti e le rive de’fiumi che
alle
maghe somministravano in gran copia erbe di effic
ole, Teseo ed altri. Esse compiono i tempi assegnati dal fato(2) ; ed
alle
volte si servono del ministero degli uomini per t
ndro, dice che le Parche gli posero le mani addosso e lo consacrarono
alle
armi di Evandro, cioè di Pallante, suo figlio. Il
1. Non vi fu bisogno che alcuno degli altri Argonauti prendesse parte
alle
preaccennate prove, ma stettero tutti a vedere pi
cordano ad asserire che Medea per punir crudelmente Pelia fe’ credere
alle
figlie di lui che potrebbero ringiovanire il vecc
divamparono in fiamme nell’appressarsi della sposa all’ara ardente e
alle
vampe delle faci nuziali ; e la misera Glauca, o
della maraviglia dei selvaggi dell’America, quando videro avvicinarsi
alle
loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le inve
lendidamente di tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso destinato
alle
sue nozze colla Ninfa Euridice, perdè la sua spos
a putredine si cangino in api melliflue. Così bene spesso gli Antichi
alle
leggi naturali della creazione sostituivano i fan
i acqua dolce, assomigliando forse i microscopici tentacoli di questi
alle
molteplici teste dell’Idra favolosa. Agli Antichi
avevano liberato Fineo. Ma sembra che la fatica d’Ercole, riferibile
alle
Arpie, fosse compiuta prima di quel tempo, poichè
si di straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni umane in cibo
alle
sue giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di
mpiersi nell’Inferno ; ed Ercole vi si accinse ben più volentieri che
alle
altre, perchè trattavasi di liberar l’amico suo T
riposo dalle sue molteplici e sovrumane fatiche, e che noi assistiamo
alle
nozze di lui, senza trascurar però di notare in a
ancora dirette alla educazione della gioventù, imponendo di abituarla
alle
fatiche affinchè divenisse forte e costante, e ad
uarla alle fatiche affinchè divenisse forte e costante, e ad obbedire
alle
leggi affinchè divenisse morigerata e civile. Nel
ne. Fingendo di voler costruire qualche nuovo meccanismo per offrirlo
alle
figlie del re, si fece dare della cera e delle pe
gnoso 103, e diedero questo epiteto anche ad alcune Divinità, non che
alle
più straordinarie opere d’arte. Anche l’Ariosto c
i « Teseo combattêr co’doppi petti. » I principali di essi invitati
alle
nozze di Piritoo, quando furono al termine del pr
apanèo era un Argivo arditissimo, che primo inventò di dar la scalata
alle
fortezze. Al suo ardire univa un insolente ed emp
cer la differenza che v’era, fulminandolo mentre egli dava la scalata
alle
mura di Tebe, e precipitandolo nell’Inferno. Dant
po la prima per aspettar che questi rampolli fosser cresciuti ed atti
alle
battaglie. Ma dei fatti d’arme e degli effetti ul
ll’ Inferno pagano, dicemmo che padre di Pelope fu Tantalo condannato
alle
pene del Tartaro per avere ucciso questo suo figl
ltanto il giovinetto Eaco divenuto re senza sudditi. Giove per altro,
alle
preghiere del figlio, ripopolò quel regno in un m
erità dei fatti che di loro si raccontano. Dovendosi quindi ricorrere
alle
antiche tradizioni non bene accertate, io preferi
o mitologico le splendide asserzioni di Omero, di Virgilio e di Dante
alle
sparute anatomie o analisi critiche di certi anti
, primamente Giove « Dàrdano generò, che fondamento « Pose qui poscia
alle
Dardanie mura. « Perocchè non ancora allor nel pi
e Venere era tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, ricorse
alle
arti sue, ed ispirò ad Elena un fatale aborriment
to : Si travestì da mercante di gioie, e andò ad offrirle nelle corti
alle
principesse ed alle loro ancelle ; ed avendo fra
mercante di gioie, e andò ad offrirle nelle corti alle principesse ed
alle
loro ancelle ; ed avendo fra i monili donneschi p
liar la prima fune. » LVIII Decenne assedio e battaglie intorno
alle
mura di Troia Nel tempo che i Greci si prepara
Nel decimo anno del lungo e lento assedio di Troia avvennero intorno
alle
mura di essa le più memorabili battaglie, che fur
che diede Omero al suo poema, derivando da Ilio, appelli in generale
alle
vicende di Troia, il poeta sovrano ne ristrinse c
del greco esercito, « ………… chè quanti « Eran dianzi i miglior, tutti
alle
navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di
i piedi al suo carro, lo trascinò per tre volte nella polvere intorno
alle
mura di Troia ; e poi tornato alle sue tende lo t
er tre volte nella polvere intorno alle mura di Troia ; e poi tornato
alle
sue tende lo trascinò altre volte intorno al cada
stessa destinata ad accoglier le sue, aveva risoluto di lasciar pasto
alle
fiere dell’aria e della terra il corpo di Ettore
errare il sepolcro di Laomedonte ; il qual sepolcro essendo addossato
alle
mura della città in quel punto stesso ove fu nece
x sorore tradisse i Troiani, e che perciò potè uscire illeso di mezzo
alle
argive schiere e trasportarsi in Italia, ove fond
isola di Tenedo. Costì nuovamente si divisero : Ulisse tornò indietro
alle
spiaggie di Troia, e gli altri si diressero verso
i consigli o deliberazioni. Agamennone era rimasto accampato intorno
alle
fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio
morte del figlio aveva Nauplio sempre cercato di nuocere in ogni modo
alle
famiglie ed agli Stati di quei Greci che erano an
l giorno stesso che giunse nel suo regno e nella sua reggia, in mezzo
alle
finte accoglienze, quand’era per assidersi a mens
sua. Volle rapire Ermione promessa sposa di Oreste, ed Oreste venuto
alle
mani con esso lo uccise. I suoi figli e discenden
qualunque sia il nome speciale che prende dallo stretto di Gibilterra
alle
foci del Don nel Mar d’ Azof. Ma non è da farne l
ne, « Che gli fu cena ; gli altri due con fuga « Precipitosa gionsero
alle
navi. « Di grida la cittade intanto empiea « Anti
so. « Ed alcuni infilzati eran con l’aste, « Quali pesci guizzanti, e
alle
ferali « Mense future riserbati. Mentre « Tal seg
. E siccome la volontà e l’intenzione di chiunque si riferisce sempre
alle
cose da farsi, ossia future, perciò la Divinazion
con solenni formalità e pratiche religiose alla direzione pur anco ed
alle
risoluzioni degli affari pubblici ossia del Gover
sità della religione pagana parlano delle Sibille con molto riserbo ;
alle
quali attribuirono perfino alcune profezie sulla
nella memoria degli uomini, molti altri erano inventati e attribuiti
alle
Sibille ; e siccome si credè, e forse era vero, c
cupola si eleva molto al di sopra degli altri. Il fenomeno incominciò
alle
ore 8 e 45 minuti e finì alle 9 50. La mattina se
pra degli altri. Il fenomeno incominciò alle ore 8 e 45 minuti e finì
alle
9 50. La mattina seguente fu osservato che le pun
tes il primo aveva una significazione più estesa, riferibile non solo
alle
relazioni interne, ma anche alle esterne colle al
ione più estesa, riferibile non solo alle relazioni interne, ma anche
alle
esterne colle altre nazioni, mentre il secondo si
spesso nella Mitologia, incominciando dai tre figli di Saturno, sino
alle
tre Arpie ora rammentate. 146. Dante non dimen
quali racconti, propagati per tradizione orale attraverso ai secoli e
alle
generazioni, allargati via via con nuove aggiunte
ero a una serie ben ordinata e bella di poetiche narrazioni. E quanto
alle
opere statuarie di soggetto mitologico, chi è che
del Giove supercilio cuncta moventis e pur pieno di condiscendenza
alle
preghiere de’ mortali, non si persuada facilmente
ntorni ben netti e definiti, nè si crearono popolari racconti intorno
alle
vicende di lor vita, alle loro parentele, alla lo
i, nè si crearono popolari racconti intorno alle vicende di lor vita,
alle
loro parentele, alla loro discendenza. Anzichè ad
vano gli antichi, massime dopo Omero che assai contribuì ad assegnare
alle
varie Divinità quelle immagini e attribuzioni che
n toglie che essi possano sempre soddisfare i loro desideri. — Quanto
alle
doti dello spirito, gli Dei erano naturalmente pe
remare cielo e terra; novella immagine di sconquassi geologici dovuti
alle
forze vulcaniche. I fulmini incessanti di Zeus do
Saturno, succedette un periodo di discordie e di infelicità. — Quanto
alle
lotte dei Titani e dei Giganti, i Romani non fece
ede ai fenomeni atmosferici; raccoglie le nuvole e le sperde; comanda
alle
tempeste; fa balenar i lampi e rumoreggiar il tuo
il latte dalla capra Amaltea; e perchè i suoi vagiti non giungessero
alle
orecchie di Crono, i Cureti, sacerdoti di Rea, fa
tura, e come sovrano delle lotte fra gli elementi della natura, anche
alle
battaglie. Dal lato morale, anche Iupiter era il
alesque turbas Imperio regit unus aequo (Od. 3, 4, 45 sg.)3. Venendo
alle
rappresentazioni figurate di Zeus, è naturale che
era invocata da chi stava per divenir madre; Iuno Pronuba presiedeva
alle
nozze (dal latino nubere, sposarsi, detto delle d
seguenza Atena era deità bellicosa, come quella ch’ era nata in mezzo
alle
lotte celesti e coll’ arme in pugno; ma era anche
tà di Pericle constava di tre celle fra loro raggruppate, e destinate
alle
tre Divinità, Atena Polias, Posidone e Pandroso.
gli Dei. Le statue romane di Minerva erano affatto simili
alle
Greche. Ricorderemo solo la così detta Pallade de
i figli suoi. Finalmente ebbe ospitalità nell’ isola di Delo, ed ivi
alle
falde del monte Cinto partorì Apollo (detto perci
(Lycius, da lycos, lupo). D’ altra parte il sole estivo è pur dannoso
alle
bestie e alle piante col soverchio ardente calore
cos, lupo). D’ altra parte il sole estivo è pur dannoso alle bestie e
alle
piante col soverchio ardente calore. Espressione
mozzicone d’ arco nella mano sinistra; ma non si è ben certi rispetto
alle
opportunità di questo ristauro e rispetto all’ id
ti appunto ai Salii, che erano dodici di numero, persone appartenenti
alle
più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel
alati calzari narravasi che percorresse e terre e mari, ad annunziare
alle
genti la volontà di Giove o degli altri Dei. Così
occasioni anche, per via di oracoli e di scongiuri, le faceva tornare
alle
regioni superiori. Nei rapporti naturali, Ermes e
pero, e furono anche unite insieme le due grandi deità Venere e Roma,
alle
quali uno splendido tempio doppio fu eretto in Ro
ntico tempio di lei, che si credeva fondato da Numa Pompilio, sorgeva
alle
falde del Palatino vicino al Foro. Era un tempiet
ue diverse fasi, colla pallida luce che dà un aspetto così fimtastico
alle
cose, doveva certo, non meno del sole, parer Dea
nte, che a volte cammina nel mezzo del mare, e pur leva la testa fino
alle
stelle, armato di aurea spada. Il cane del caccia
o. Gli otto venti raffigurati a mo’ di uomini con l’ ali alla testa e
alle
spalle, e la bocca semiaperta e le guancie gonfie
ni si veneravano certe ninfe fontane dette Camene o Casmene, Carmene,
alle
quali si attribuiva l’ arte del canto e del divin
frodite. 2. Presso i Romani si veneravan le Grazie, identiche affatto
alle
Cariti, da cui n’ era stata tolta l’ idea. 3. Che
da voi; e neanche gli Dei senza le sante Cariti non possono attendere
alle
danze e ai conviti; chè son esse in cielo d’ ogni
per indicare la sorte assegnata a ciascuno. Esseri poi corrispondenti
alle
Moire erano le Parche, propriamente dee della nas
più tardi se n’ aggiunse una terza, Morta come dea della morte; così
alle
tre Parche si poterono assegnare le stesse attrib
so di usar la voce Fata a designar le parche stesse; di qui la spinta
alle
fantasie medievali di immaginare l’ esistenza del
ve era la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori di lecondità
alle
terre, erano fra i Greci, oggetto di un vero cult
chiare, fresche e dolci acque che dànno allegria ai boschi, ai monti,
alle
valli. L’ immaginazione le popolava di ninfe. Bas
abitassero nelle profondità del fiume stesso, ovvero in grotte vicino
alle
sorgenti; e secondo la grossezza del fiume, veniv
idente aveva egli aperto la scogliosa valle di Tempe e dato uno sfogo
alle
acque del fiume; poi la Beozia, ricca d’ acque; p
un grave e autorevole personaggio facilmente si queta e porge ascolto
alle
parole di lui, così … Cunctus pelagi cecidit
t loca decrescentibus undis 38 . L’ arte statuaria ricorreva spesso
alle
rappresentazioni di Tritoni o per motivo ornament
ortale, ma ottenne la divinità per essersi buttata a mare affidandosi
alle
deità marine in un momento di pericolo. Era essa
e che contribui a mantenere un’ idea più elevata del divino in mezzo
alle
grossolanità del politeismo volgare. A tali miste
nascimento. Zeus poi consegnò il neonato ad Ermes perchè lo portasse
alle
ninfe di Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; s
mi d’ edera s’ avviticchiano intorno all’ albero della nave e intorno
alle
vele, e giù ne cola il prezioso liquore, mentre u
dmo, di forme gigantesche e di indole selvaggia. Costui volle opporsi
alle
feste Dionisiache, che il coro delle Baccanti sta
esponevano pentole con legumi cotti che dovevano servire come offerta
alle
anime dei defunti che secondo la credenza comune
e graziose donzelle, che si dicevano abitare nè più ameni boschetti,
alle
fonti dei ruscelli, nell’ ombrose foreste montane
e tranquilla suggeriva l’ idea che ivi fosse un soggiorno prediletto
alle
Ninfe; di tali luoghi molti ne offriva la Grecia,
di lei. Così pure fu messo in relazione con Bacco e fatto partecipare
alle
peregrinazioni bacchiche; si diceva che nella spe
fortuna; e tra l’ altro le donne sterili solevano offrirai spontanee
alle
sferzate dei Luperci, perchè credevano far cessar
tutta la Natura. In origine il culto di questa divinità era ristretto
alle
città dell’ Ellesponto e della Propontide, poi si
el resto chiedevan perdono delle profanazioni recate inavvertitamente
alle
fonti sacre, ai boschi, ai pascoli e pregavano pe
ano una specie di preparazione, senza cui non si poteva prender parte
alle
feste maggiori. Tra gli iniziati poi v’ eran dei
appena scorto il delitto, subito con implacabile severità si mettono
alle
calcagna dei colpevole, e più non l’ abbandonano;
altro. Nell’ Eumenidi di Eschilo son dipinte come mostri somiglianti
alle
Gorgoni e alle Arpie, ma senz’ ali; son dette neg
umenidi di Eschilo son dipinte come mostri somiglianti alle Gorgoni e
alle
Arpie, ma senz’ ali; son dette negre e abominande
posso dagli autori greci e latini, sopratutto nelle leggende relative
alle
maghe, come Circe, Medea, ecc.; ed è solitamente
quelle di preferenza rivolgevano le loro quotidiane preghiere anzichè
alle
grandi divinità dell’ Olimpo. I. I Penati. 1
venire alla mensa famigliare, apponendo cibi in vasi speciali davanti
alle
loro immagini. 2. Se si indaga l’ origine del cul
to più crebbe questa tendenza nell’ età imperiale, estendendosi anche
alle
case private; Alessandro Severo aveva in casa due
mmaginoso come il Greco, il quale aveva creato tante leggende intorno
alle
forze della natura divinizzate, era naturale che
avvisato dal fratello a non ricever doni da Zeus, non seppe resistere
alle
attrattive della donna e l’ accolse e la fè sua s
rante le feste per le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e di Ippodamia,
alle
quali i principali fra i Centauri erano stati inv
n leone. Durante le feste nuziali, Apollo dando a bere del dolce vino
alle
Moire, le indusse a promettere che giunta l’ ulti
stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Zeus), voleva impedire
alle
donne tebane il culto alla dea Latona e a’ suoi f
o bello e nobile; ma non volendo Bellerofonte, nuovo Giuseppe, cedere
alle
lusinghe di lei, ella lo accusò al marito di aver
tolata Jobate, ed Euripide una su Stenebea. Allusioni a questo eroe e
alle
sue vicende si incontrano assai spesso, ricordand
sentare come vigorose e florenti fanciulle, somiglianti ad Artemide o
alle
sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate qua
o Steno, Euriale e Medusa, e abitavano all’ estremo Occidente, vicino
alle
rive dell’ Oceano, dove erano le Esperidi e Atlan
ovest ove abitavano le Graie, quasi avanguardia delle Gorgoni. Giunto
alle
Graie, Perseo tolse loro a forza il dente e l’ oc
l’ occhio comune, e così le obbligò a insegnargli la via per giungere
alle
Ninfe; venuto da queste, ottenne facilmente i tre
, dal quale poi sarebbero usciti Elena e i due gemelli. — Venendo ora
alle
eroiche gesta dei Dioscuri, è a notare anzitutto
l’ affidò alla dea Pallade, e questa consegnollo in una cassa chiusa
alle
sue sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo
arina come Scilla in uccello marino detto Ciris. Infine Egeo si trovò
alle
strette per causa dei Pallantidi e di Minosse; da
re la loro regina Antiopa; nella qual occasione costei anzichè unirsi
alle
sue conuazionali, combattè contro di loro a fianc
za scherza con lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il dorso
alle
carezze di lei e gode farsi adornare di flori le
gara cagionando la morte al re Niso nel modo sopra narrato, e ridusse
alle
strette il re Egeo. A confermare il suo diritto a
qui le dodici fatiche secondo la leggenda più comune, avvertendo, che
alle
fatiche prescritte da Euristeo s’ intrecciano alt
he capitavano nelle sue rive. Eracle vinse Diomede e diè lui in pasto
alle
sue bestie. Poi legò queste e le portò vive ad Eu
le ninfe di questo fiume intorno alla via da percorrere per giungere
alle
Esperidi. Gli fu suggerito di ricorrere all’ infa
o 1’ aquila che gli rodeva il fegato. Descrittagli da Prometeo la via
alle
Esperidi, giunse egli finalmente per la Scizia al
, e fu il fiume Acheloo. Seguì fiera lotta tra i due; Acheloo ricorse
alle
varie forme ond’ era capace la sua natura, ma in
rme ond’ era capace la sua natura, ma in nessuna guisa potè sottrarsi
alle
strette soffocanti dell’ eroe; infine come toro p
feribilmente in quello di Castore. Anche pei Romani Ercole presiedeva
alle
palestre e ai ginnasii, e come Hercules defensor
tratto diversi momenti della storia Eraclea, attenendosi specialmente
alle
leggende di Trachine e dell’ Oeta; poesie special
e Trachinie di Sofocle che s’ aggirano intorno alla presa di Ecalia e
alle
ultime vicende dell’ eroe. Altri fra i racconti E
campò Ino coll’ altro figlio Melicerte saltando in mare e affidandosi
alle
deità marine. Dopo di che, essendo Atamante fuggi
o da Era, adirata contro Laio, a infestar Tebe. E postasi su una rupe
alle
porte della città obbligava i passanti a scioglie
orevole. S’ erano bensì i sette disposti colle loro schiere di contro
alle
sette porte di Tebe per cingerla di regolare asse
sorella e compagna di Ares, irritatasi per non essere stata invitata
alle
nozze di Peleo e Tetide, si vendicò destando una
asto ai cani e agli uccelli di rapina, se il generoso Achille cedendo
alle
preghiere del vecchio padre di Ettore non glie l’
entre di quell’ immenso cavallo, gli altri bruciarono il campo vicino
alle
navi e fingendo desistere dall’ impresa salparono
l noto racconto dell’ Odissea Omerica. Enumerate brevemente riduconsi
alle
seguenti: a) Partito colle sue dodici navi dal li
della sua discendenza. Ciò fatto, riprese il viaggio e veleggiò sino
alle
foci dei Tevere e scese nel territorio di Laurent
nde d’ Oreste; e le poesie di Pindaro sono ricche di accenni relativi
alle
leggende degli Eacidi. Specialmente la tragedia s
istoria furono sceneggiati, dal sacrificio d’ Ifigenia in Aulide fino
alle
vicende del ritorno e alla trista sorte serbata a
’ addome si contrae compresso, il petto si rigonfia le estremità fino
alle
dita dei piedi si raggrinzano tremanti; un brivid
unone, di varii colori vestita, s’ impregna d’ acqua e porta alimento
alle
nubi. » 24. « La Gioventù, poco aggraziata senza
lla spoglia del suo trionfo. Scorse a volo molte terre, finchè giunto
alle
spiaggie della Libia, quella deforme testa versò
ini ogni etraniero. Risvegliatisi pertanto in lui gli antichi timori,
alle
villanie v’aggiunse violenze e minacce per discac
rina, mescolato con olio e mele, e poscia immolò due tori a Nettuno e
alle
altre Deità, che potevano favorire alla di lui na
assisterlo nell’arduo cimento, purchè avesse voluto sposarla. Giasone
alle
promesse di nozze v’aggiunse i più solenni giuram
a Maga di essere in discordia col marito suo, e ricorse supplichevole
alle
figliuole di Pelia. Elleno la accolsero cortesame
osì que’ d’Eritrea conseguirono la statua d’Ercole, nè permisero, che
alle
donne Tracie l’ingresso del di lui tempio (d). Q
nome pertanto divenne proprio anche d’Ercole, perchè i di lui Oracoli
alle
volte si davano in quella maniera. Bene spesso si
me altri vogliono, del Sole della Terra, perchè anche quegli aspirava
alle
nozze di colei(24). Acheloo alla fine, conoscendo
ore, e questi seco lei s’avviò alla volta di Tebe, sua patria. Giunto
alle
rive dell’ Eveno, fiume dell’ Etolia(25), lo trov
iglio d’Ippolito, re d’Amicle, e quegli senza difficoltà lo sottomise
alle
ceremonie dell’espiazione. Gli Dei però, giudican
e appresso gli Antichi si risguardava come il Nume, preside a’ pesi e
alle
misure. Varj popoli imploravano la di lui protezi
gna. Là non veniva rappresentato sotto alcuna figura, nè era permesso
alle
donne l’entrarvi. I Sacerdoti di quel tempio dove
le. Alcuni dicono, che quelle colonne vennero ivi alzate per alludere
alle
altre due, appellate le Colonne d’Ercole, perchè
Monarca, per aver riportato il premio ne’ Giuochi, che andavano uniti
alle
Feste Panatence, talmente si tirò addosso l’invid
e due figlie di Minos ; e sciolte le vele da Creta, sbarcò verso sera
alle
spiaggie di Nasso. Al nuovo dì abbandonò ivi Aria
ll’ esempio di lui fecero anche gli altri Centauri la stessa violenza
alle
altre donne, che loro venivano alle mani, o più p
altri Centauri la stessa violenza alle altre donne, che loro venivano
alle
mani, o più piacevano. Vi rimasero morti molti La
rifizj, e allegrezze. I poveri allora potevano gratuitamente mangiare
alle
pubbliche mense(d). Priamo Priamo fu figli
lla Porta Scea, attendendo Achille, e mostravasi impaziente di venire
alle
mani con lui. Priamo ed Ecuba, tremanti per la vi
oce, si diede precipitosamente alla fugà(a). Il Greco lo insegui sino
alle
sorgenti del fiume Scamandro. Allora Giove pesò i
isposare Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei
alle
sue nozze, le quali si celebrarono sul monte Peli
arire un’altra volta alla testa de’ suoi(c). Allora fu, ch’egli venne
alle
mani con Achille. Il combattimento fu lungo assai
ò quale strada dovea intraprendere. Gli fu risposto, che si riducesse
alle
terre, popolate un tempo da’ suoi antenati. Spieg
o Enea intraprese il viaggio per colà ; e balzato da furiosa tempesta
alle
Isole Strofadi, le Arpie discesero a divorarsi le
a con trenta figliuoli, avrebbe fabbricato una città. Eleno pose fine
alle
predizioni, consire la Sibilla Cumana. Enea fece
tri Dei, protettori della navigazione(18), con propizio vento approdò
alle
spiaggie di Troja. Uccise Bienore (a) (19) ; Deic
sava di stare a siffatto progetto, ma poi v’acconsentì. E glà, venuti
alle
mani, il Trojano era per soccombere, quando Vener
restituita a Menelao. Questi voleva immolarla al suo risentimento, e
alle
ombre di coloro, che per causa di quella guerra e
ttesochè, partendo da Troja, avea trascurato di sacrificare a Giove e
alle
Divinità del mare per ottenerne una prospera navi
mirarle, come ad uomo generoso disconvenevoli, stese in vece le mani
alle
armi. Ulisse non cercò altra prova per riconoscer
; e però fu d’uopo che Ulisse usasse molta forza per farli ritornare
alle
navi. Una terza procella lo spinse in Sicilia. Là
mo di Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non diede ascolto
alle
di lui preghiere, e gli commise di quanto prima p
ovava(b) (16). L’ Eroe verso sera giunse al reale palagio, e si gettò
alle
ginocchia di Arete, figlia di Ressenore, e moglie
che gli si commettevano. Costui insultò ad Ulisse, e amendue vennero
alle
mani. Ulisse al primo colpo lo stese a terra, tut
L’Eroe le commise di non palesarlo(d). Penelope intanto per sottrarsi
alle
insistenti ricerche de’suoi amanti, propose loro
one degli Argonauti(b). Polluce, avendo allora approdato co’ compagni
alle
spiagge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico
quale altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Corsero gli sposi
alle
armie alle falde del monte Taigeto fortemente si
denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Corsero gli sposi alle armie
alle
falde del monte Taigeto fortemente si batterono c
di Tindaro(d). Si appellarono Afeterj, o Afesj, perchè presie devano
alle
sbarre, donde partivano i cavalli per correre ne’
che pretendeva egli Ippodamia in moglie ; e che perciò essendo venuto
alle
mani con Pelope, ne restò vinto(e). Altri finalme
ppresso, co’loro, varj cangiamenti indicano, che il Prudente s’adatta
alle
varie circostanze, in cui si trova. Consiglio.
a sia stato alzato da’ discendenti d’Ercole, e che non fosse permesso
alle
donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il
na corona d’oro, per far conoscere, ch’ella niente cura le grandezze,
alle
quali potrebbe aspirare. Empietà. L’Empietà
tanto quel bene, che crede esservi in se stesso, non riflette poi mai
alle
sue imperfezioni. Esso finalmente sta appresso un
esta vita. Esso comparisce cinto la fronte di reale corona, e con ali
alle
tempia. Versa colla destra da un Cornucopio molte
o, come il dominatore d’ogni luogo, e quasi d’ogni persona. Ha le ali
alle
tempia, perchè esso nasce dalla capricciosa fanta
rimo albore del giorno trovavasi applicato a tendere le reti a’ cervi
alle
falde del sempre florido Imeto. Ella, comparsa pi
che sempre aveva Procride sulla boccà e nel cuore, non corrispose mai
alle
ricerche di colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira,
usando ora preghiere lusinghevoli, ed ora promesse di larga mercede,
alle
quali la giovane finalmente cedette. Cefalo allor
è un insetto, che manda un suono molto rimbombante, e si rassomiglia
alle
Api, ma non produce il mele, nè sa formarsi gli u
perchè il ladro odia la luce, ed ama le tenebre, le quali favoriscono
alle
sue disonorate azioni. Stringe l’arma, perchè i l
o l’incostanza del Bugiardo, che nel suo favellare dà diverso aspetto
alle
cose onde accade bene spesso, ch’egli colla varie
con cui cuopresi l’ Incostanza, è di colore turchino, che rassomiglia
alle
onde del mare, le quali pure talora sono in calma
eti, le quali indicano le insidie, che da molti Giuocatori si tramano
alle
sostanze altrui. Colla destra tiene alquante cart
La Libertà è il poter operare tutto ciò, che non è in opposizione
alle
leggi. I Greci la denominano Eleuteria. Roma sing
ure, città de’ Volsci, in Italia, eravi un magnifico tempio, dedicato
alle
Fortune Gemelle, cioè alla buona e alla cattiva.
o all’ operare qualche cosa. Vedesi Egli in età giovanile, e in mezzo
alle
tenebre. In una mano ha un bastone, e nell’altra
sotto questo nome riconoscono certe Divinitù, presidi alla campagna e
alle
frutta di essa, poichè si veggono con fiori e fru
cò dopo d’avervinti i Vejenti(e). L’ingresso di quello era interdetto
alle
schiave ; e se alcuna v’entrava, veniva battuta(a
prima moglie di Periere, ela prima di tutte le donne, che sia passata
alle
seconde nozze, mentre le femmine anticamente sole
o’ suoi incantesimi operò grandi prodigi : ritornò le acque de’ fiumi
alle
loro sorgenti ; rendette placidi gli sconvolti ma
adunò, e sciolse le nubi ; chiamò, e rispinse i venti, troncò la gola
alle
ceraste ; schiantò i macigni, e svese dalla terra
mezzo, adoperò la forza. Colse Oritia, mentr’ella stava sollazzandosi
alle
rive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la s
cce, e coll’ajuto delle ali, colle quali erano nati, le spinsero sino
alle
due Isole Plote, dette poi Strofadi, nel mare Ion
tto la rupe, la accolse tralle braccia, e impedì che perisse. Nettuno
alle
preghiere di Acheloo, la cangiò in un’ Isola, con
ìre penne con pene con tale simmetria, che le più corte e più piccole
alle
più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò co
con filo quelle di mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dando
alle
una e alle altre certa piegatura, onde rassomigli
elle di mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dando alle una e
alle
altre certa piegatura, onde rassomigliassero alle
e, dando alle una e alle altre certa piegatura, onde rassomigliassero
alle
ali de’ veri volatili. Terminato il lavoro, si ad
alle ali de’ veri volatili. Terminato il lavoro, si adattò le due ali
alle
spalle, e si librò nell’ aria, che perfettamente
o si lanciò nel mare. Alquanti Delfini lo accolsero ; e lo condussero
alle
Nereidi. Queste Ninfe gli restituirono l’ anello,
on intraprendere quella spezie di combattimento. Colpiti però costoro
alle
spalle da Driante, molti, tra’ quali Areo, Imbreo
ricercato tale sacrifizio, se avessero voluto felicemente restituirsi
alle
loro città(e). Ditti Cretese pretende, che ciò si
endo spogliarla del dono concessole, fece sì che niuno prestasse fede
alle
di lei predizioni, e ch’ella perfino si rendesse
e divenuto maggiore del padre suo. La stessa giovine mal acconsentiva
alle
nozze d’un mortale ; e il suo ordinario soggiorno
. Per tre giorni fu giuoco de’venti e delle onde. Il quarto dì arrivò
alle
spiaggie di Velia, città della Lucania, i di cui
o le ricche spoglie di Troja, furono tosto impazienti di ritornarsene
alle
loro città, malgrado la minacciosa apparenza del
ria si dichiarò in favore de’Greci, che trassero il corpo di Cebrione
alle
loro rive. Patroclo tuttavia son desisteva dal nu
rì a’suoi, che fingessero di ritirarsi dall’assedio, e di far ritorno
alle
loro città, ma che prima lasciassero costruito di
l cavallo a Pallade, ond’ella fosse propizia ad cesi, che citornavano
alle
loro città ; e intanto si occultarono dietro l’Is
di loro, affinchè potessero rimettersi di nuovo con favorevo le vento
alle
patrie terre. Soggiunse, che Ulisse, da cui egli
giuramento, dato all’amico, e desioso nel tempo stesso di soddisfare
alle
ricerche de’suoi, percosse col piede il luogo, ov
va le forti e continue sollecitazioni di tutti coloro, che aspiravano
alle
di lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e pr
Minerva, e Ilaira dì Diana(c). Pausania soggiuage, che Sparta eresse
alle
medesime un tempio, al quale erano consecrate cer
(c). Hom. Hymn. in Diosc. (6). In tempo di burrasca compariscono
alle
volte certe meteore, ossia certi fuochi. Due di q
Dio Marte un tempio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare
alle
nozze di sua figlia, aveano per mano di lui perdu
sola di Rodi. Quegli abitanti lo giudicarono un nemico, corsero tutti
alle
armi per impedirgli che entrasse nelle loro terre
e(a). Dicesi inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il quale aspirava
alle
nozze di colei, non avendo potuto salvarla dall’i
volta dar fuori la interpetrazione dei Miti Eterodossi, ora adempiamo
alle
nostre promesse. L’allegoria ci apre il campo ad
gilatore o filosofo de’tempi posteriori. E non adempiamo che in parte
alle
nostre promesse, non dandoue che un saggio, lasci
degli steli il dio Nodoto ; allo involucro de’gusci la dea Volutina ;
alle
spighe uscenti fuori la dea Patelena(5) ; alle bi
usci la dea Volutina ; alle spighe uscenti fuori la dea Patelena(5) ;
alle
biade eguagliantisi sul prato con le nuove spighe
si una nozione della eternità veniva seguito da una fenice ; e quando
alle
vittorie ed ai trionfi un principe andava debitor
naturali, cui un tempo l’uomo congiungevasi alla donna, come le belve
alle
belve. E i Proci invadono la reggia di Vlisse, ne
pra il rimunente del volgo. La morale, che di qui trassero accomodata
alle
passioni de’letterati tanto allettava con l’albag
lui, invocandosi, il nome di Diva Virginiese, sciogliendo la cintura
alle
vergini addivenute consorti. 15. Plutarco poi dim
de ella porta questo nome a iuvenescendo dall’ingiovanirsi, alludendo
alle
apparizioni della Luna ; ed è detta Lucina, quasi
ινια è chiamato il discorso, e la interpetrazione. Si volle presedere
alle
merci ; perciocchè tra i compratori, e coloro che
di forma quadrata onde esprimere la sua stabilità e fermezza. Intorno
alle
statue di lui si accumulavano molte pietre ; perc
la vuole detta Giunone a invenescendo, dallo ingiovanirsi, alludendo
alle
fasi della Luna, confondendola con la Luna istess
aria dà vita e moto a’viventi, o dal credersi esser larga di soccorso
alle
donne ne’dolori del parto. Ma di questi e di altr
santità del matrimonio ; in aria per gli auspicii, che abbisognavano
alle
nozze solenni. onde a Giunone fu data ministra l’
iglia ; conla fune al collo per significare la forza fatta da’giganti
alle
prime donne ; con la fune legate le mani, la qual
a interpetrazione « I pianeti, così egli, erano adorati relativamente
alle
vere o false influenze, che una lunga osservazion
iana veduta nuda da Atteone celebre cacciatore, mentre si bagnava una
alle
sue ninfe, l’abbia cambiato in cervo, lasciandolo
nte — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento di gloria
alle
tre Muse, scelsero tre scultori a rilevar ciascun
cantori, fra i quali nove leggiadre donzelle molto intente al canto e
alle
danze, ed a queste davasi il nome di Muse. 52. Ni
ligare chi ne va beneficato. Rappresentavansi strette le palme le une
alle
altre, e con questo volevasi esprimere, che le am
o, che furono considerate come oro dalla grande utilità che portarono
alle
umane aggregazioni. Oro le prime spighe di frumen
tolia ed Acarnania con le sue frequenti inondazioni portava il guasto
alle
campagne, e continue guerre tra gli Etoli stessi
o l’orbe, se gli uomini infieriti non si rattengono dalla guerra. Vna
alle
Ore io presiedo alle porte del Cielo, e l’aere va
ni infieriti non si rattengono dalla guerra. Vna alle Ore io presiedo
alle
porte del Cielo, e l’aere va e viene per mio coma
ei vittime umane. La sola Germania, nelle parti che ancor resistevano
alle
armi romane, conservava i suoi culti sanguinarj ;
elebri nei primi tempi del Cristianesimo, e s’assomigliavano in parte
alle
cerimonie di questa legge santa. Dominava sopratt
i legno, fu veduto a un tratto avanzarsi in mezzo ai pazzi tripudj ed
alle
sguajate religioni d’un mondo invecchiato nella c
do invecchiato nella corruzione. Alle splendide feste del Paganesimo,
alle
seducenti immagini d’una vaga mitologia, alla com
lla morte degli innocenti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani
alle
fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra d
ecito almeno alla verità per la tacita via delle lettere di pervenire
alle
vostre orecchie. Questa invero per la sua causa n
e, la fede, la speranza, la grazia e la dignità tiene dal Cielo, solo
alle
volte s’adopra, acciocchè, senza esser conosciuta
chè, senza esser conosciuta, non resti condannata. Che cosa ne anderà
alle
leggi che sono in vigore nel regno, se essa è udi
imato, si gloria ; se è accusato, non si difende ; interrogato, anche
alle
volte spontaneamente confessa ; condannato, ringr
a i Cristiani incrudelite, parte di vostro volere, parte per obbedire
alle
leggi ! Quante volte, senza riguardo a voi, di su
i domestici e per gl’inabili, per i naufraghi, e per ehi è condannato
alle
miniere de’metalli, o nell’isole, e nelle prigion
e discorre chi sa che il suo Signore l’ascolta ; poichè, data l’acqua
alle
mani, e posti i lumi, e invitato ciascuno a canta
i dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe di coloro che fanno
alle
coltellate, nè tra le schiere di chi va gridando
va. Gli appellativi di Oreadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero
alle
Ninfe, indicano col loro significato a quali cose
re un significato favorevole. Tant’è vero che Dante l’assegnò perfino
alle
Virtù Cardinali, che sotto forma ed abito femmini
he sotto forma ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e fa dire
alle
medesime nel canto xxxi del Purgatorio : « Noi s
i Classici greci e latini chiama vasi Ninfèo non solo il tempio sacro
alle
Ninfe, ma altresì una particolar costruzione arch
eneris, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e
alle
ville dei più doviziosi cittadini, ove, oltre le
per ornamento e statue e vasi e talvolta ancora un tempietto dedicato
alle
Ninfe. 25. Questa costellazione, invece di esse
ra nutrice di Giove essendosi rotto un corno, Giove ne fece un regalo
alle
Ninfe che ebbero cura della sua infanzia, attribu
ecialità dei secondi. Chiamavasi Nuziale e Pronuba, perchè presiedeva
alle
nozze ; Lucina, Ilitìa e Genitale, ai parti ; e s
iove prediligendo la Ninfa Io figlia d’Inaco re d’Argo, per sottrarla
alle
investigazioni ed alle persecuzioni di sua moglie
nfa Io figlia d’Inaco re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed
alle
persecuzioni di sua moglie, la trasformò in vacca
quasi considerarsi come una scienza particolare ; e perciò i moderni
alle
antiche fantasie poetiche ed alle cervellotiche i
za particolare ; e perciò i moderni alle antiche fantasie poetiche ed
alle
cervellotiche induzioni cercano di sostituire le
ndicare l’erronea idea degli Antichi che Iride somministrasse l’acqua
alle
nubi. In Astronomia ebbe il nome di Iride il 7° a
mero quando rammenta Giunone accenna quasi sempre o ai grandi occhi o
alle
bianche braccia di questa Dea, facendone un disti
alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più specialmente relativi
alle
cerimonie religiose notate nella mitologia. I.
Antinoo. L’onore dell’ apoteosi fu talora conferito dai Romani anche
alle
donne, massime alle mogli degl’imperatori. — Ora
ll’ apoteosi fu talora conferito dai Romani anche alle donne, massime
alle
mogli degl’imperatori. — Ora in senso figurato si
se, e le alzavano sotto gli alberi coprendole di sacre palme ; quindi
alle
piote sostituirono le pietre, ed alle rozze pietr
rendole di sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le pietre, ed
alle
rozze pietre i mattoni, il marmo e i metalli più
ia pretendevano di richiamare in vita i morti per consultarli intorno
alle
eose future. I Greei ed in speeie i Tessali la us
agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto
alle
eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un
speciale, cioè : Calliope al poema eroico ; Polinnia all’ode ; Erato
alle
poesie erotiche, ossia amorose ; Clio alla storia
ari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello cioè di Pimplèe, dato
alle
Muse, perchè talvolta soggiornavano sul monte Pim
dunque l’estro nel suo primitivo significato un insetto molestissimo
alle
bestie equine e bovine, e a tutti ben noto129. Pe
a imitativa o espressiva nella compagine del verso. Fra i titoli dati
alle
Muse v’è quello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui
uesto mito ; anzi per la stessa ragion che lo mosse nella invocazione
alle
Muse a rammentare la punizione delle Piche, cioè
tici. Mentre egli un giorno giuocava con esso al disco (ora direbbesi
alle
piastrelle), il vento Zeffiro invidioso che Apoll
Pegaso fece scaturire con un calcio la fontana Ippocrene che fu sacra
alle
Muse : « O diva Pegasea, che gl’ ingegni « Fai g
leto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo consegnò
alle
figlie di Atlante perchè lo allevassero. Il picco
turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra sino
alle
Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche
sì l’aggettivo che ne deriva, e davano l’appellativo di Dionisie 200)
alle
feste di Bacco, che quando proruppero in eccessi
te comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte
alle
feste di Bacco per attendere alla loro occupazion
e e di materie, « Le sacre mescolò colle profane « E le cose ridicole
alle
serie. » 203. Il crotalo era uno stromento a p
e che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire
alle
origini primitive dei miti, indicando le migrazio
che ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone
alle
sue frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora
tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed
alle
sue rime. Quindi, benchè d’ora in avanti s’inarid
ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Quanto poi
alle
idee mitologiche dei classici greci e latini ripo
eppero dipingere e rappresentare talmente ameno e beato da preferirsi
alle
terrestri condizioni di questa mortal vita. Lo st
che rinchiuse « Nel tenebroso carcere e nell’ombra « Del mortal velo,
alle
bellezze eterne « Non ergon gli occhi. Ed oltre a
lti cadaveri, o fra le loro ceneri, e ne furon trovate anche in bocca
alle
Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non
Issione, a Sisifo, a Tantalo, a Tizio gigante, a Flegia, a Salmoneo e
alle
Belidi o Danaidi. Issione re dei Lapiti, per ave
sura offende la divina bontade ; e perciò gli usurieri son condannati
alle
pene dell’Inferno. Egli finge che sia Virgilio ch
uale termina l’età eroica e comincia l’epoca storica47. — Ma torniamo
alle
favole. Acrisio avea saputo dall’Oracolo che se
dicesi Capo verde ; le quali perciò sembra che debbano corrispondere
alle
isole dette ora di Capo verde. Doveva Perseo tagl
a e tu ‘l vedessi, « Nulla sarebbe del tornar mai suso. » Quanto poi
alle
belle arti sappiamo che gli antichi rappresentava
monte Elicona nella Beozia, fece sgorgare una fonte che fu poi sacra
alle
Muse e fu chiamata Ippocrene, che vuol dir fonte
uce e vita 105). Questi nomi appellano evidentemente e principalmente
alle
proprietà distintive del sole, di essere egli nel
iere paterne a distoglier Fetonte dall’ardua impresa troppo superiore
alle
forze di lui. Infatti i focosi cavalli del Sole b
fulmini trafisse Fetonte e sbigottì i cavalli che tornarono indietro
alle
loro stalle. Fetonte fulminato cadde nel Po113),
Newton e a Laplace hanno preferito le splendide menzogne mitologiche
alle
severe verità della scienza. Apollo fu celebrato
iva più come l’avvenente e delicata Ninfa che sceglieva fior da flore
alle
falde del monte Etna, e a cui Dante assomigliò la
alleria di Palazzo Pitti. Da quanto leggesi scritto e narrato intorno
alle
Parche si deduce che esse erano indipendenti da P
cie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini
alle
formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una d
dimostrarlo il seguente distico di Tibullo, nel quale si attribuisce
alle
Parche il presagio dei futuri eventi, si chiaman
lementi del Caos, cominciarono ad inventar divinità che presiedessero
alle
diverse forze e produzioni della Natura, e attrib
iverse ninfe sue compagne od ancelle ; che mentre essa coglieva fiori
alle
falde del monte Etna fu rapita da Plutone Dio del
vò dove l’avea « Lasciata fuor d’ogni segnato calle ; « Fatto ch’ebbe
alle
guance, al petto, ai crini « E agli occhi danno,
Marco mio, bene argomenti. » Qui osserverò una volta per sempre che
alle
erronee o pregiudicate opinioni bisogna sempre op
a adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva un tempio in Roma
alle
falde del Campidoglio, ove conservavasi il tesoro
più volte parola di questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo
alle
moderne Borse, o palazzi della Borsa. In Roma se
pero inventare alcuna graziosa favola sulle fasi lunari ; e in quanto
alle
ecclissi lasciarono correre la volgare e grossola
tanta potenza da trarre la Luna dal Cielo in Terra per farla servire
alle
loro male arti. Orazio rammenta più volte (ma iro
e giunge al ginocchio, i coturni sino alla metà della gamba, pendente
alle
spalle il turcasso cogli strali, in una mano l’ar
cia a un suo discepolo, ingegnoso sì ma zotico anzichè no : sacrifica
alle
Grazie. Così gli antichi mitologi aprirono un vas
na dei fiori : il mirto perchè è una pianta che meglio vegeta intorno
alle
acque, dalle quali credevasi esser nata Venere. I
munissima : non gli si avviene. 185. Lo stesso Ugo Foscolo alludendo
alle
Grazie ne diede questa spiegazione : « L’arte e l
che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano
alle
più effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse
testa, e fiori spuntano sul terreno ov’ella posa le piante. Di mezzo
alle
più graziose fantasie poetiche degli antichi Mito
nche Cicerone rammenta questo giorno natalizio di Roma corrispondente
alle
Feste Palilie : « Urbis etiam nostrae natalem die
ero, il Caucaso e l’Armenia, appartiene ora alla Russia e corrisponde
alle
provincie di Imerezia, Mingrelia e Grusia. Fu un
e l’altre avea ingannate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò
alle
persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scop
a, che avevano le ali come il loro padre ; i quali le respinsero fino
alle
isole Strofadi, ove poi furono trovate da Enea ne
ntichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date
alle
medesime, non solo i nostri poeti, e principalmen
erti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno
alle
origini delle idee morali che ebbero tanta effica
ituivano la scienza segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto
alle
moltitudini e di tenerle soggette ; e con false i
volgo, attribuirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come
alle
persone di questo mondo. Quindi immaginarono il n
izioni, s’intende subito anche la ragione della importanza attribuita
alle
Vestali e all’adempimento dei loro voti. Il numer
are e dell’esatto adempimento dei loro ufficii e voti, si accordavano
alle
Vestali molti e singolari privilegi. Tutte le vol
a del quale soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre selvagge e
alle
falde i serpenti. E per quanto a taluni non soddi
Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la trovano sempre in mezzo
alle
innumerevoli legioni delle aringhe. Pochi altri t
s dei Greci. Nella Mitologia greca per altro si dà il potere del Fato
alle
Mire, cioè alle Parche. 15. « Te semper antei
la Mitologia greca per altro si dà il potere del Fato alle Mire, cioè
alle
Parche. 15. « Te semper anteit sœva Necessita
evasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco
alle
materie combustibili che trovansi sulla Terra. Il
oduce il lavoro meccanico delle macchine a vapore e dà la forza anche
alle
braccia degli uomini. — Felice chi potè conoscer
lutoniche quelle roccie che erano affini in alcuni dei loro caratteri
alle
vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostand
ratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostandosi più
alle
materie o roccie sedimentarie. Finalmente chi con
a inventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità,
alle
quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che p
l presente. Anche in Italia se ne vedono alcune in un laghetto vicino
alle
terme di Agrippa presso Tivoli. Poteva dunque Pin
il Vesuvio, l’Etna, Stromboli, i campi Flegrei, danno copiosa materia
alle
favole mitologiche. 1328. Fondazione di Corinto
Omero e quelli d’Esiodo sono i principali fonti delle notizie intorno
alle
favole mitologiche. 866. Legislazione di Licur
angue e delle stragi. I moderni astronomi attribuiscono quel colore o
alle
materie di cui è composto il pianeta, atte a rifl
nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno. 181. L’epiteto di marziali
alle
sostanze o ai prodotti chimici, in cui trovasi in
azzonato dagli ignoranti. Non sarà dunque un fuor d’opera il risalire
alle
prime origini di questa invenzione. Tralascierò
attivi coi Diavoli 277), trovandovi grandissima rassomiglianza quanto
alle
attribuzioni e agli effetti sulla vita degli uomi
zione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento
alle
foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal
scorsi, lib. I, cap. 10.) E passando egli dalle osservazioni generali
alle
particolari sulla religione dei Pagani, così ne p
te volgarmente nicchie, che orridamente suonano i nostri zotici Eumei
alle
mandre suine. Forse i Tritoni avran saputo trame
rovavasi come prima legato, ed era costretto a rispondere veracemente
alle
domande che gli erano fatte. Questo mito racchiud
602 : — è ucciso con una freccia d’Ercole, 603. Parnaso, monte sacro
alle
Muse, 123. Partenope, sirena, 196. Partenopeo, un
Peristeria, Ninfa trasformata in colomba, 183. Permesso, fiume sacro
alle
Muse, 123. Perseo. Sua nascita, 353 ; — uccide le
ogia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche
alle
quali si riferiscono le favole ; e principalmente
parvero troppo superiori all’ intelligenza comune. » Ora, per aderire
alle
ricerche che ne vengono fatte, ristampiamo il Cor
re Divinità Superiori ai principali prodotti della Terra, cioè Cerere
alle
biade, Bacco al vino, Vulcano alla metallurgia, e
alla pubblica vendetta del Popolo Romano per mezzo della guerra, che
alle
vendette particolari dei privati cittadini. Ma og
uccelli detti Meleàgridi, nome che da alcuni Ornitologi si dà tuttora
alle
galline affricane (Numida Meleagris). Ho detto di
Età eroica, che spunta fra le caligini mitologiche e si estende sino
alle
serene regioni della Storia. I tempi eroici anche
tori di ambedue quelle nazioni relativamente al feticismo Egiziano ed
alle
idee religiose che quel popolo annetteva al suo s
io nel iv dei Fasti : ogni superstiziosa religione ha i suoi adattati
alle
fantasie ed alla credulità dei popoli. In Roma pe
re il vecchio e saggio pastore che ella trovò in un casolare in mezzo
alle
selve. 58. Vedi la Diccosina di Genovesi. 59. Q
ze e filosofia. In italiano si dà elegantemente questo nome di Ateneo
alle
Università, e da noi ed altrove suol darsi anche
trastullo ; ma il toro giunto sulla riva del mare, si gettò in mezzo
alle
onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la
icchissimo tempio, ecc. È però da notarsi che gli aneddoti riferibili
alle
voci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodo
che deriva da un greco vocabolo significante vario o mutabile, allude
alle
successive mutazioni dei venti che predominano in
così : « Ciò fatto, ai luoghi di letizia pieni, « All’amene verdure,
alle
gioiose « Contrade de’felici e de’beati « Giunser
attenzione e riflette su quel che ha letto, quntunque egli sia nuovo
alle
scienze, pure facendo uso soltanto del lume natur
mpo di pace156. La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente
alle
umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappr
lle medesime. Questo si chiama esser logici nel portare l’errore sino
alle
ultime conseguenze ! Chi si ricorda che anche Ves
i appartenevano generalmente ai cetacei, o come direbbesi volgarmente
alle
diverse specie delle balene. Le Sirene, credute f
……… e le preghiere Mosse della speranza in dio sicura S’alzar volando
alle
celesti spere Come va foco al ciel per sua natura
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