/ 68
1 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
di falso, portando in mezzo narrazioni tutte fittizie ed immaginarie. Dal tipo vero, o solo allusivo ognuno può trarre dett
ispersione del genere umano, e cagioni fisiche che disciolsero l’uomo dal culto e dagli ordini civili, onde offuscossi il c
tri primi padri. La religione figlia ingegnosa del cielo dipartendosi dal trono di Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intui
gegnosa del cielo dipartendosi dal trono di Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intuito, o, per meglio dire, dalla semplice
glio dire, dalla semplice apprensione dell’ Ente, non può nascere che dal vero perfetto e non mai dall’errore. Religione e
un mito eterodosso, come Minerva usciva tutta compiutamente plasmata dal cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la
ra, bastarono a spaventare l’umana famiglia e dissolverla dall’unità, dal culto degli ordini civili, e farle abbandonare e
a renderla rinnegata ad ogni umano incivilimento. Così caduto l’uomo dal natio splendore, e severchiando in lui di molto i
sembrando loro essere bastante quella Segezia per conservare le biade dal pullulare in erba fino ad aridirsi le spighe, fec
uello, che rifuggiva alla loro intellettiva. Se ne può trarre esempio dal Saggio Politico del signor Vmboldt nella istoria
sero molte cose contra la natura e il decoro degl’immortali, una diva dal cervello di Giove, Minerva ; un dio dalla coscia
o dalle gocciole del sangue, Pegaso cavallo alato, che si voleva nato dal sangue di Medusa ; e volando poscia nel cielo fos
i Dei, se nacquero eglino in tempo o furono sempiterni ; se procreati dal fuoco, come credeva Eraclito, che tutto voleva fa
Muse, gli Dei immortali, figli della terra e del cielo stellato, nati dal seno della notte, alimentati dalle acque dell’oce
a detta anima del mondo, che con un’antico emanatismo volevano uscita dal seno della istessa divinità, anima variante di fo
one, allegoria di questo mito, tolta da Macrobio. 23. Apollo cacciato dal cielo pastura le greggi di Admeto, interpetrazion
esi Dea Potina ; somministra loro l’esca, ed è denominato Diva Educa. Dal terrore onde son presi gl’infanti è detto Paventi
nfanti è detto Paventina ; dalla speranza, che a noi viene, Venilia ; dal piacere Volupia ; dagl’incitamenti, onde l’uomo è
agl’incitamenti, onde l’uomo è spinto ad impuri conati, Dea Stimula ; dal rendere l’uomo strenuo e valoroso, Diva Strenia ;
u creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele, che restò morta in vede
, ancora i latini riconoscevano il primo passo del loro incivilimento dal disboscarsi la gran selva della terra, ciò che vo
osse stato mutilato da suo figlio Saturno, e questi stretto in catene dal suo figlio Giove. Sotto quest’empie favole va occ
presiede al tempo, e ne regola il corso, ingiungendoglisi questo nome dal divorare, che fa degli anni, quod saturatur annis
o — Creduto come Dio del mare, Tullio(2) lo vuole così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto di ques
egli stesso poscia la rigetta. Varrone(3) vuole esser così denominato dal verbo nubere, velarsi, o maritarsi ; perciocchè i
ianeta percorre la parte inferiore dello Zodiaco. Ciò non va discorde dal sentimento di Porfirio in un frammento riportato
detto Ecateo, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν di lontano, cioè dal mandar di lontano sino a noi la luce del sole. Gl
Απολλων, o come vuole Platone nel Cratilo, riportato da Macrobio(1), dal vibrare che fa il sole de’suoi raggi ; o come cre
ita ai viventi con un intemperie di calore, onde può derivarsi ancora dal greco απολλυμι, che risponde a perdere o distrugg
a temperie. Perciò la parola Apollo può derivarsi da απολλυοντα, cioè dal tenerci lontani da’morbi. Poichè, dice Macrobio(2
λλυοντα, cioè dal tenerci lontani da’morbi. Poichè, dice Macrobio(2), dal Sole nasce continua salubrità, e di rado ne deriv
ione ben dobbiamo approvare la etimologia della parola Απολλων, porta dal sig. Screvelio(1), dal verbo απολυιν, liberare,pe
vare la etimologia della parola Απολλων, porta dal sig. Screvelio(1), dal verbo απολυιν, liberare,perchè il Sole con il suo
nomi, di leggieri scorgerassi, come questo nume in nulla si distingue dal Sole. Oltre ciò che si è detto dianzi, può deriva
Sole. Oltre ciò che si è detto dianzi, può derivarsi la parola Apollo dal greco απλος, da a privativa, e πολυς molto, ossia
asi Delio da δηλος illustrazione,cioè dallo illustrarsi tutte le cose dal Sole. Si nomava Febo da φοιβος quasi φως luce, o
lacri tutte le caratteristiche del sole istesso. Gli facevano pendere dal mento una prolissa barba, per indicare la emissio
sinistra un fiore, indice del regno vegetabile prodotto e perpetuato dal suo benefico calore. A canto a lui facevano diste
li d’un’aquila, con cui volevano dare un’immagine dell’etere emanante dal suo seno, come dal suo centro. A suoi piedi ponev
cui volevano dare un’immagine dell’etere emanante dal suo seno, come dal suo centro. A suoi piedi ponevano tre figure muli
ntaminando tutte le cose per via di una putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè di una efferves
accontasi del pari di Apollo un’altra favola — che scacciato da Giove dal cielo andasse a pasturare le greggi del re Admeto
ομιος, Apollo pastore, derivando la parola νομιος da νομη, pascolo, o dal verbo νομιν, pasturare. Macrobio istesso interpet
n questo un’Apollo re di Arcadia, che imperando con rigore fu gettato dal trono. 24. Il chiarissimo scrittore della Scienza
il cielo, la terra e lo inferno, carattere proprio di un messaggiero dal cielo alla terra e dalla terra al cielo. I miti r
ondo. Il mito, che raccontasi di Vulcano, di essere stato precipitato dal cielo, e caduto su la terra andasse zoppicante pe
ne del fuoco, che acceso la prima volta da’raggi del Sole, o raccolto dal fulmine e portato su la terra non mai retto porta
lle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal poeta dell’Iliade e della Vlissea, non è che una
i Giove, ed è lodata dalle qualità, che porta non dissimili all’aria, dal generare e nudrire i venti e le pioggie, dal pote
non dissimili all’aria, dal generare e nudrire i venti e le pioggie, dal potere che ha su di entrambi, dal somministrare d
are e nudrire i venti e le pioggie, dal potere che ha su di entrambi, dal somministrare di lievi e gradevoli aure alimentat
lla Luna, confondendola con la Luna istessa ; e Lucina, quasi lucida, dal candore e lucidezza del raggio della Luna. E così
ndo (1), o perchè considerata come l’aria dà vita e moto a’viventi, o dal credersi esser larga di soccorso alle donne ne’do
o — Fu creduto da’Greci, che Plutone come Dio dello inferno rigettato dal connubio di ogni altra Dea, uscendo fuori dall’Er
nventrice del frumento, disseminandolo in Sicilia restasse incendiato dal fuoco dell’Etna, personificando il fuoco in Pluto
o inventore delle belle arti e delle armi guerriere. La vogliono nata dal capo di Giove, fendendonelo Vulcano : intendevasi
e ed ogni altra disciplina non essere un ritrovato dell’uomo, ma nate dal cervello di Giove, ossia dal fonte inesausto dell
n essere un ritrovato dell’uomo, ma nate dal cervello di Giove, ossia dal fonte inesausto della sapienza divina. Taluni si
arono Minerva il triangolo di tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo vertice, e di Tritogonia, perciocchè questo t
degli uomini e sembra minacciarli. Festo poi ne tragge la etimologia dal verbo moneo, cioè ammonire (4), ossia da’saggi co
ni. Portava ancora il nome di Pallade, parola tutta greca, che deriva dal radicale « παλλειν vibrare, saettare, onde si rap
greci, troviamo non poche virtù di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valo
olica della verginità di questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal cervello di Giove, i Greci le davano il nome di Α
nno ad un compiuto sviluppamento. E Tullio(2) ne tragge la etimologia dal venire spontaneo di lei a tutto i viventi. Si vol
lesside, e noi qui lo riproduciamo secondo la nostra istessa versione dal greco, quale fu prodotto in un’alra nostra opera(
uale fu prodotto in un’alra nostra opera(2), « A me che un dì rediva dal Peireo, Egra la mente dal pensier de’mali, Filoso
a nostra opera(2), « A me che un dì rediva dal Peireo, Egra la mente dal pensier de’mali, Filosofare fu talento — Quale A
chiamata Calisto, ossia la più bella, Venere che con tanta pompa esce dal grembo delle acque, passò per aver avuto da quell
sonificare il fuoco di tanto utile all’uomo, e può trarsene argomento dal tempio a lei fabbricato in Roma da Numa Pompilio
attanzio, chè il fuoco è un’elemento inviolabile, o nulla può nascere dal fuoco, anzi distrugge tutto ciò a cui si appicca(
allegorica, con cui voleva intendersi di aver egli spostata la terra dal centro dell’universo, per farla rivolgere intorno
icii, e con essa vi davan fine. 50. Le Mvse — Elleno erano così dette dal greco μουσειν, che risponde all’italiano spiegare
le discipline e le arti traggono la loro iniziativa ed il compimento dal cielo. Si disse elleno andar sempre cacciando per
, Melete, Mneme e Aede, tre nomi, de’quali traendo la interpetrazione dal greco, rispondono a tre altre italiane, memoria,
nto di gloria alle tre Muse, scelsero tre scultori a rilevar ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre nel t
de’melodiosi concenti per le vie più secrete del cuore. Per tersicore dal verbo τερπω e χορος dilettare, significavasi il d
le, cadmo, sfinge cadmea, giano, pane. 55. Ercole — Egli è così detto dal greco Ερακλεης, che deriva da ερα Giunone, ossia
er indicare la terra in erba — di oro per significare le biade mature dal color dell’oro, tre colori che vanno impressi dal
i disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal petto di capra, indice della terra selvosa, e dal
alla coda di serpe, dal petto di capra, indice della terra selvosa, e dal capo di leone sbuffante fiamme. E come in fine na
vuole di Orfeo, da’quali dimostreremo che Ercole in nulla va distinto dal Sole — Ercole, così egli, di animo grandioso, rob
a Lernea, chè era venerata a Lerno. III. Ercole accolto in ospitalità dal Centauro Chirone uccide i centauri altercantisi p
l segno della Bilancia, che avviene sul principio di Autunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rappresentato con un’otr
di oro, dai piedi di bronzo, sacra a Diana, detta la cerva del Menalo dal monte, ove ricoveravasi — Risponde al passar del
e ricoveravasi — Risponde al passar del sole nello scorpione, fissato dal tramonto della costellazione detta Calliope, che
come una cerva. V. Ercole disperde gli uccelli Stinfalidi, così detti dal lago, ove solevansi posare — risponde al passar d
el segno dell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nav
rte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromed
risso, o dal vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla
Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e dal tramontare della regina
romeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e dal tramontare della regina Cassiopea. XIIII. Ercole
— risponde al passar del sole nel segno del Capricorro, ed è indicato dal tramonto del fiume dell’Aquario, la estremità del
Atlantidi — risponde al passar del sole sotto il Toro, che va segnato dal tramonto di Orione, che andò amante delle Atlanti
o. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo di ceraste — risponde al passar del sole nei
al capo di ceraste — risponde al passar del sole nei Gemini, indicato dal tramonto del cane Frocione. XII. Ercole trascorre
ina verso le regioni occidentali, che van denominate Esperia, seguito dal Dragone del polo, custode dell’ Esperidi. 64. Cad
accogliendo egli cortesemente nel Lazio, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, avesse avuto da lui il dono di conoscere l
in una gran cloaca romana, ed ignorando di chi fosse le diede il nome dal luogo ove fu trovata. I Romani adoravano aucora V
iti avvenimenti. (5). Patelena, se ne potrebbe trarre la etimologia dal verbo patet. (6). Ostilina — E così detta da h
dabat pleno carmine vera Dei. In Roma era una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino
re, chiudere, ossia dall’aprirsi le porte del suo tempio in guerra, e dal chiudersi in tempo di pace. (1). Macrobii, Satu
2 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
.a Durante Introduzione La parola Mitologia (Μυτολογια) viene dal greco (λογος) discorso, e (μυθος) favola, o sia r
liarlo del regno, gli mosse guerra ; ma fu da lui vinto e discacciato dal cielo. Il che vuol significare che il novello cor
o fra’ suoi figliuoli. Età dell’oro. Satùrno adunque, discacciato dal regno, si ricoverò in quella parte d’Italia, ove
’Italia, ove fu poscia edificata Roma, e che si chiamò Lazio (Latium) dal verbo latère, occultarsi, perchè quel Nume erasi
uolo del Cielo, perchè siam soliti di chiamare figliuoli del cielo, o dal cielo discesi coloro di cui ammiriamo le grandi v
evare la bontà di ciascun secolo. Ciò voleva dire che il genere umano dal suo primitivo stato di felicità e d’innocenza a p
uno fu il primo ad edificare de’ tempii agli Dei fra gli Aborigeni, e dal suo nome si crede derivata la parola fanum, tempi
lle vene de’lor primi e più antichi signori era un sangue proveniente dal vecchio padre di Giove. Di che i Romani vollero s
i Cibèle-Ati-Taurobolio. I Sacerdoti di Cibèle appellavansi Galli dal fiume Gallo, della Frigia, del quale bevendo le a
Minèrva il dì precedente alle calende di Settembre e furono istituiti dal re Tarquinio Prisco. I giuochi Megalesi si celebr
da Alba Longa. A principio si eleggevano da’ Re, e questi scacciati, dal Pontefice Massimo ; e doveano avere padre e madre
la cosa pubblica funestissimo, e la Vestale colle battiture punivasi dal Pontefice Massimo. Rinnovellavasi poi l’estinto f
su di una nave erasi salvato nell’Italia ; o l’arca in cui Noè campò dal generale diluvio. X. Principali epiteti di Gia
da una parola greca (πεσειν) che significa cadere, perchè quivi cadde dal cielo un simulacro di quella Dea ; Dea turrita et
to fra gli Dei infernali che fra i celesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satùrno di malefico infl
celebrava il natale di Giove. Virgilio (1) dice che le api, allettate dal suono de’ cembali de’ Cureti, nell’antro del mont
del monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto nel fabbricar
per debellare i Giganti ; sebbene altri l’intendano per Giove nocivo, dal vedersi la statua di lui armata di saette per fer
mutabili decreti, a’ quali non poteasi in modo alcuno opporre, e però dal Comico Filemone fu chiamato Dio schiavo del Desti
o fulmine. Finsero ciò i poeti, perchè niun’ aquila è stata mai tocca dal fulmine ; o pel volare altissimo che fa verso le
spazii dell’aria. E la consorte di lui che non volle esser disgiunta dal marito, fu trasformata in falcone, uccello solito
erva, o sia di una sapienza tutta divina ; e l’anima, un fuoco tratto dal cielo, per indicare la sua origine da Dio. Potreb
he avesse formato l’uomo di creta e lo avesse animato con fuoco tolto dal cielo. Quanta somiglianza poi abbia questa favola
istruito nolla storia sacra. Dissero, ch’egli avesse rapito il fuoco dal cielo e mostratone l’uso agli uomini, perchè ritr
ggi, ed insegnò agli uemini di far uso di quel fuoco che parea calato dal cielo. VI. Continuazione. Astrea Gigantomachia
braccia e gambe di serpenti, aspirando follemente a discacciare Giove dal celeste suo regno, all’altissimo Olimpo soprappos
òna li uccise ». L’Olimpo per forza di un gran tremuoto fu distaccato dal monte Ossa(2), e ciò forse diede luogo alla favol
ù inacerbita, volle fare l’estrema pruova di sua possanza, producendo dal seno del Tartaro il mostruoso Tifeo o Tifone (Τυφ
Egitto, ove non lasciò l’implacabile mostro d’inseguirli. Essi, vinti dal terrore, per consiglio del Dio Pan, pigliarono se
ifeo han dato luogo que’venti procellosi e quelle orribili fiamme che dal seno della terra di tratto in tratto si veggono u
negando l’esistenza degli Dei, fecero dire che volevano discacciarli dal cielo ? VII. Licaone-Diluvio-Deucalione e Pirr
lo ? VII. Licaone-Diluvio-Deucalione e Pirra-Filemone e Bauci. Dal sangue de’ Giganti (4) fulminati da Giove nacque
di minute stelle, e di un notabile candore, per cui ha preso il nome dal latte. A destra ed a sinistra di questa strada so
E’ fama che Mercurio fu per qualche tempo allattato da Giunòne, e che dal poco latte per caso caduto dalla bocca di lui si
teo, e condottiere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo stati que gli audaci pre
ottiere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo stati que gli audaci precipitati ne
oscevan le Dee. Virgilio (7) racconta che Venere si manifestò ad Enèa dal divino odore che spiravano le sue chiome tutte sp
o de’ più celebrati figliuoli di Giove. Ma convien raccontare la cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1) era un
uoli di Giove. Ma convien raccontare la cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1) era una spaziosa ed aprica pian
ate Gree (γραιαι da γραυς, vetula), perchè furon vecchie e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie di Forco, dio marino
o espose alla discrezione delle onde ; ma per volere di Giove fu essa dal mare trasportata presso a Serifo, picciola isola
sportata presso a Serifo, picciola isola del mare Egeo, ove rinvenuta dal pescatore Ditte, fu da lui recata al re Polidètte
n mano quel teschio che grondava sangue, qual trofeo di sua vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il capo, nacque il c
ani furon detti Poeni ; e Cilice, in una regione dell’Asia Minore che dal suo nome si chiamò Cilicia. Ma Cadmo, dopo vano e
edificherai una città, che chiamerassi Beozia. Scende l’eroe Fenicio dal Parnaso, e vede incustodita giovenca pascere a pi
nel mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il corpo di lei fu dal mare trasportato presso ad un promontorio dell’Ar
tti a sorte spedir si doveano a Creta per essere miseramente divorati dal Minotauro. Si racconta che gli Ateniesi furono op
che imitavano quelle degli uccelli, e ponendosele agli omeri, seguito dal figliuolo Icaro ch’era seco nel laberinto e che p
i, e la navigazione rassomigliano al volo (3) ; e perciò Dedalo fuggì dal laberinto a volo, cioè, su di una nave velocement
dolentissimo continuò il suo viaggio e giunse in Sicilia, ove accolto dal re Cocalo fu cagione che Minos gli movesse guerra
uova, uno immortale, da cui uscì Polluce ed Elena ; l’altro mortale, dal quale nacque Castore e Clitennèstra. Omero dice c
itteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio, dal quale ebbe quella famosa lira che altri vogliono
etta per ciò Asopiade da Ovidio. Regnò nell’isola Enopia o Enone, che dal nome della madre chiamò Egina(1), ond’ebbe origin
mate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue virtù, dal buon genitore fu più amato degli altri fratelli,
ale(1) fu fig. d’Inaco, fiume dell’Argolide, che nasce da Artemisio o dal Linceo, monti di Arcadia, e per ciò detta Inachid
ordine di Giove medesimo, edificò una città famosa, che chiamò Menfi dal nome della moglie, da cui ebbe una figliuola chia
e Dardano, per avviso dell’oracolo, andò nella Teucride, ove accolto dal re Teucro sposò una sua figliuola, da cui ebbe Er
icono che gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo di essi prevedevano quali venti per tre gior
ammoniaco, che ha preso il nome o dalle arene, cui è frammischiato, o dal tempio di Ammone, presso al quale si raccoglieva(
). Alcuni(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nac
rciò Varrone(1) distingueva nella storia de’ Greci, il tempo incerto, dal principio del mondo al diluvio ; il mitico o ’fav
incerto, dal principio del mondo al diluvio ; il mitico o ’favoloso, dal diluvio alla prima olimpiade ; e lo storico, dall
o iugeri, e ciase un lato era lungo circa dugento piedi. Vi si saliva dal foro romano per ben cento scaglioni, che ne rende
a tre punte, e simili altre maravigliose cose. Fu più volte consumato dal fuoco, e più volte rifatto ; e l’ultima, da Domiz
si gonfia ; ed alla chioma che, come quella del leone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere che il capo di G
Iupiter Elicius, detto ab eliciendo, perchè credevano poterlo trarre dal cielo con certe cerimonie per allontanare un male
così detto o dalla città di Olimpia, ov’era il famoso suo tempio ; o dal monte Olimpo, in Tessaglia ; o dal cielo che dice
a, ov’era il famoso suo tempio ; o dal monte Olimpo, in Tessaglia ; o dal cielo che diceasi Olimpo. Nei conviti il primo bi
ò riputate sacre(3). Si sa che Giove richiamò gli antichissimi uomini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite dell
irato per aver dato mano ad un inganno fattogli da Giunone, la cacciò dal cielo e mandolla a conversare cogli uomini. Giove
he i fulmini e le inondazioni, vengono da Giove per liberare la terra dal peso de’malvagi(1). Nella pagana Teologia(2) Giov
a luna. Dai Greci chiamavasi Ηρα, che Platone nel Cratilo fa derivare dal verbo εραω, amare, quasi ερατη, amabile, o perchè
omo di bassa statura. Iaquelot vuole che la favola de’Pigmei sia nata dal costume degli Etiopi, i quali metter soleano picc
mente il fondo, per dir così, dell’Iliade e dell’Eneide ; ci conviene dal principio raccontare l’oltraggio che toccò sì al
ella Tessaglia. Temi intanto, o le Parche avean presagito a Giove che dal matrimonio che fermato avea con Teti, sarebbe nat
agione d’innumerevoli mali. Il vecchio Eumeo appresso Omero(1), vinto dal desiderio di rivedere Ulisse, si rivolge sdegnoso
hè l’Iride o arco baleno colle sue estremità o corna attigne le acque dal mare. Esiodo dice che nacque da Taumante, che in
ispensava a’ mortali le ricchezze ed ogni altro bene temporale, e che dal Guidi chiamasi superba al par di Giuno. Era essa
Numi con immutabile legge del Fato stabilito ; ma gli uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignoranti del futuro, nel
ce in Argo una statua di Giunone, colle braccia bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ; di re
Giove e di Temi. Stesicoro fu il primo che finse, Minerva esser nata dal cervello di Giove ; e Luciano in un suo dialogo l
o lungo ricusare, s’induce finalmente a dare il gran colpo, pel quale dal divin capo uscì una Vergine armata da capo a pied
odo racconta che Giove, quando niun’altra cosa avea prodotto, partorì dal suo cervello Minerva, uguale al padre sì nella po
per la doviziosa felicità di cui godeva, finge nobilmente che quando dal cervello di Giove, per un colpo di mannaia datogl
più antica terra del mondo e più vicina al cielo, come argomentavano dal gran calore di quella regione ; e quivi nelle acq
 ; e perchè le arti son frutto della mente, si finse ch’ella era nata dal cervello di Giove. L’opinione più comune è che Mi
Giove, sola ha conseguito tutte le prerogative e tutti gli onori ; e dal coro de’ Tebani presso Sofocle prima s’invoca Min
mune a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutto era dal suo cenno divino comprovato. E però Omero ne’ suo
Dea delle scienze e delle arti. Atene. Essendo che Minerva nacque dal cervello di Giove ; e l’ingegno o la sapienza del
enziò per Minerva, la quale chiamò la città Atene (ab Αθηνη, Minerva) dal suo nome, e se l’ebbe cara, e le piacque averla n
azione era dalla Prudenza, cioè da Minerva, diretto ; e che però ebbe dal poeta l’epiteto di sterminatore di città. Si osse
più che ogni altra apparteneva a questa Dea. Esiodo fa uscir Pallade dal cervello di Giove, e la chiama Tritonia dagli occ
e affibbiavasi con molti fermagli. Ne’ greci poeti leggiamo l’epiteto dal bel peplo dato a molte donne per loro gran lode ;
eto dal bel peplo dato a molte donne per loro gran lode ; ed Omero(1) dal peplo e dall’aurea fibbia loda le donne Attiche ;
rive Pallade e la sua ninfa vestite di peplo ; e Teocrito loda Cerere dal peplo. Omero in più luoghi descrive or Minerva, o
lancia, mentre esce del capo di Giove. Alcuni dicono che quando uscì dal cervello del Nume, avea l’elmo, la corazza, in un
’era un simulacro di lei ; o da Alalcomena, nutrice di questa Dea ; o dal verbo greco αλαλκω, iuvo, percui può spiegarsi au
ausiliatrice. Αματωρ ο αμητρος, senza madre, così detta, perchè nata dal cervello di Giove. Armipotente ed Armisona, armi
Minervium, sul monte Celio. Fu così detta o quasi Capita, perchè nata dal capo di Giove ; o da captus, voce degli Auguri, c
ie. Calcieca o Calcidica (a χαλκος, aes, et οικος, domus) dicevasi o dal tempio di bronzo a Minerva edificato dagli esuli
onia ; o da τριτω, che appo i Cretesi significava capo, perchè nacque dal capo di Giove. XI. Alcune altre cose di Minerv
ico, affidato alla custodia di Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simulacro di Minerva detta la Vergine (παρθενος),
scudo simile agli ancili de’ Romani. Del quale raccontano che caduto dal cielo, mentre Ilo fabbricava la fortezza d’Ilio,
vessero custodita. Il Palladio secondo altri era una statuetta caduta dal cielo a Pessinunte, città della Frigia, coll’asta
Dei il portò in Italia, ed allogato a Lavinio, e poscia in Alba Longa dal figliuolo Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recat
e, vi suscita grave pestilenza. Il che Omero prese dagli Egiziani che dal sole credeano nascere le pestifere infezioni ne’p
to della virtù d’indovinare. Latona intanto, per comando di Giove, fu dal vento borea portata a Nettuno, il quale prese a p
erò menolla nell’isola Ortigia che ricoprì di acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro. La favola di questo serpent
dolore del figliuolo, disse non trovare spediente migliore che andar dal padre a chiarirsi del vero ; e Fetonte vi andò di
deva Apollo, vestito di luce ; il quale al veder Fetonte non si tenne dal fargli molte care accoglienze, certificandolo ch’
ori del fulmine ; per cui Giove lo spogliò della divinità e cacciollo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti
piega sullo stelo il languente suo capo. Apollo n’ebbe gran dolore, e dal suo sangue fece nascere un fiore del colore dell’
aere della valle infernale lieto con Euridice ritornava, non si tenne dal rimirarla, e si volse, ma solo per vederla svanir
irozzò le selvatiche genti co’dolci modi del canto e della poesia ; e dal loro vivere e vitto ferino, e dalle micidiali dis
ogo della Libia, ove dopo fu edificata la città di Cirene, così detta dal suo nome. Nato appena Aristeo, Apollo il diede ad
ra il privarono e degli occhi. Questo Lino vuolsi essero stato ucciso dal suo discepolo Ercole colla propria lira, perchè,
oce ripeteva : Mida ha le orecchie di asino  ; ed alcune canne mosse dal vento ripetevano : Mida ha le orecchie di asino
i quelle si fece un fiume, detto Marsia, ch’è nella Frigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma era una statua
e un animo orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal culto de’ Numi. Timagora dice che i Tebani a trad
orna, e chiede vendetta al Nume del ricevuto oltraggio. Allora scende dal cielo Apollo stranamente adirato, coll’arco su gl
da lungi lo strepito degli scossi strali, de’ quali come uno ne vibra dal tremendo arco, tosto agli animali si attacca mici
mpio in onor dt Apollo, per ciò detto Sininteo. Un più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di
oscenze. Furon dette pure Camene (Camoenae), quasi canienae a canendo dal canto ; ma Varrone vuole che prima chiama vansi C
(ab ιππος, equus, et κρηνη, fons), o fonte del cavallo, ebbe origine dal Pegaso. Esiodo dice che fu esso così detto da πηγ
; ma comunemente si vuole che quando Perseo recise il capo di Medusa, dal sangue che gocciolonne sul suolo, nacque un destr
ndo di Apollo circondaron di mura la città di Tebe, e che discacciato dal trono Laio, fig. di Labdaco, quivi essi regnarono
della poesia e della musica. Anfione ebbe la lira da Mercurio, ovvero dal nostro Apollo. XI. Continuazione. Pindo. Ascra
industriosa del monte Matino, che negli ombrosi boschetti di Tivolì, dal timo fabbrica il mele de’ suoi dolci carmi(2). Nè
onia, il quale da’ monti Acrocerauni si stende sino alle Termopili, e dal suo bel mezzo si spicca un ramo che forma il Parn
Alcuni vogliono che sia un autro a piè del monte Libetro, così detto dal poeta Libetro, che il primo insegnò la musica. Pi
manoscritti. Euterpe, (ab ευ, bene, et τερπω, delecto), così chiamata dal diletto che dà la poesia lirica, alla quale ella
tonessa ispirava un furore divino, pel quale dava profetiche risposte dal sacro tripode ch’era posto sull’apertura di quell
o tripode, sopra del quale la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nume per mezzo di un vento o vapore che usciva da
era peritissimo ; e si vuole che sia stato detto Peane (παιαν, Paean) dal greco (παιειν) che significa ferire. I suoi dardi
Greci e de’ Romani. Pare dunque che l’idolatria abbia avuto principio dal culto del sole, e che quest’astro fosse stato la
e da’Greci Ηλιος o Ηελιος da una voce greca che significa splendore. Dal Sole e da Perseide, una delle Oceanidi, nacque Ci
mezzo ad una selva di annose querce. Da Omero chiamasiDiva terribile, dal crespo erine e dal dolce canto ; ed egli racconta
di annose querce. Da Omero chiamasiDiva terribile, dal crespo erine e dal dolce canto ; ed egli racconta che, approdato Uli
latte ; Moli i Numi la chiamano : resiste Alla mano mortal che vuol dal suolo Staccarla ; ai Dei che tutto ponno, cede. P
Virgilio(1). Circe ancora(2) avverti Ulisse che si fosse ben guardato dal recar danno agli armenti del Sole. Erravano quest
Ovidio son detti alipedi, cioé veloci. Ogni sera il Sole li distacca dal cocchio, e va con esso a tuffarsi nel mare che co
presedeva alla divinazione. Gr. προοψιος. Apollo Actius, così detto dal celebre promontorio di Azio, ove Augusto vinse An
. Apollo auricomus, χρυσοκομης, Apollo dall’aurea chioma, detto così dal fulgore de’raggi che sono l’aurea chioma del sole
Palatino dopo la vittoria di Azio. Apollo Paean, παιαν, così detto o dal verbo greco παιω, che significa sedare, perchè Ap
Ed in quanto a’ nomi della prima, la voce Luna secondo alcuni deriva dal verbo luceo, quasi Lucina, toltane la sillaba di
e fu così detta perchè riluce con luce aliena, cioè presa in prestito dal sole. Dai Greci dicevasi Σεληνη da σελας, che vuo
e quali colla virtù de’ loro magici carmi potevano far calare la Luna dal cielo(1), e dicevano poterla liberare dal drago c
potevano far calare la Luna dal cielo(1), e dicevano poterla liberare dal drago che volea divorarla ; il che accadeva nell’
ttenenza colla Luna. III. Continuazione. Notte. Sonno e Sogni. Dal Caos e dalla Caligine nacque la Notte ; ma, secon
. Dal Caos e dalla Caligine nacque la Notte ; ma, secondo Esiodo, dal Caos nacque l’Erebo e la Notte, e dalla Notte, l’
a idea della danza. Virgilio(4) ci rappresenta la Notte che precipita dal cielo e colle nere sue ali abbraccia la terra. Le
Latmo, nella Caria, alle bocche del fiume Meandro, ove la Luna stessa dal cielo ne vagheggiava la singolare bellezza. Quest
della Luna ; e perciò finsero i poeti che la Luna godeva a rimirarlo dal cielo. E Plutarco pensa che il conversare di alcu
illumina colla sua luce la notte. E credo che si chiamò Fascelis non dal fascio di legna, in cui Oreste ed Ifigenia portar
rono avvolto il simulacro di Diana Taurica, come dice il Calepino, ma dal greco φασκω, risplendere. Febe, Φοιβη, Phoebe, d
si la Luna, come Apollo o il Sole si appellava Febo(2). Latmia Luna, dal monte Latmo, nella Caria. VII. Alcune altre co
le voci delle streghe che co’ loro incantesimi tentavano farla calare dal cielo (succurrebant Lunae laboranti). Come al Sol
i sorpresi da certe infermità violenti dicevansi percossi da Apollo o dal Sole, come percosse dalla Luna appellavansi le do
eementi(1). Così percossi da Giove si dicevano quelli ch’eran colpiti dal fulmine. Sul monte Aventino la Luna aveva un temp
ς da’ Greci ; nome derivato da βακχος, che significa uomo trasportato dal furore e che parla vaneggiando ; sebbene Servio(6
ninfa che colla sorella Brome lo aveano educato. Dicevasi pure Iaccus dal greco ιαχω, gridare, per le grida tumultuose di c
o più Dionisii ; il primo nato di Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il quale si dice aver edificato Nisa ; il te
itornato alla luce del sole, dopo molte e rispettose carezze fattegli dal can Cerbero, andò a sedere in cielo cogli altri n
gli dal can Cerbero, andò a sedere in cielo cogli altri numi. Intanto dal materno seno tolto ancora immaturo il pargoletto
iche. Ovidio dice che furon dette Iadi da Iante ; ma prima avea detto dal verbo greco υειν, piovere. Plinio e Gellio(2) dic
compagno trovato avea sul lido un fanciullo a dormire quasi aggravato dal vino, vi scorse una bellezza, in cui traluceva un
cco ; ma quegli, schernendo i suoi detti, cercava distornare i Tebani dal celebrar que’ misteri, a’ fatti aggiungendo l’ont
go. Acrisio. Icaro E pure sì spaventoso esempio non ritenne altri dal dispregiar le orgie di Bacco. Tiresia(1), dopo il
brutte figure di pipistrelli. Alcuni dicono che quelle donzelle prese dal furore di Bacco lacerarono Ippaso, fig. di Leucip
chiamò οινος dall’ospite ; ma è più verisimile che la favola sia nata dal nome di Eneo, ovvero Oeneo che in greco significa
han dovuto i Greci copiare dalla storia della morte di Osiride ucciso dal gigante Tifone, suo fratello. Orazio(1) afferma c
ello. Orazio(1) afferma che quando i gigan ti vollero scacciare Giove dal suo trono, Bacco, presa la figura di animoso leon
tro più strano. Era esso composto di uomini e di donne, tutti agitati dal divino furore del loro duce. Molto han detto i po
n’asta di legno o bastone attorcigliato di pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle sue guerre dell’ India, e che i
lio e pedagogo. Anche i Satiri, quando eran vecchi, dicevansi Sileni, dal nome del loro capo, e figuravansi quasi sempre ub
fonte di vino per ubbriacare e quindi impadronirsi del buon Sileno ; dal quale apprese assai buone cose ; il che finse per
spesso chiamato vincitore dell’India, del Gange, del mare barbaro ; e dal Redi, dell’Indico oriente domator glorioso. Molti
ella Tracia, in cui le orgie principalmente si celebravano ; Edonidi, dal monte Edone, nella Tracia, ove celebravansi le su
si una Baccante, forse dalla voce evoè ! propria delle orgie ; Menadi dal greco μαινομαι, furo, insanio ; Mimallonidi, da μ
. si vede una Baccante infuriata che suona il cembalo. Vi è un Fauno, dal cui omero sinistro pende una pelle di tigre, ed h
rappresentavasi con testa di toro, e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal monte Edon, nella Tracia, ove era singolarmente o
cia, ove era singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome di Bacco, dal grido delle Baccanti evan, che corrisponde all’ev
mbiche a principio cantavansi nelle feste di Bacco da uomini invasati dal suo furore, e senza legge alcuna ; ma Laso, maest
volendosi in certo modo imitare la sregolatezza di una mente alterata dal vino, dee regnare una licenza ed un’audacia assai
questi Numi e lor ragione. Cicerone(1) fa derivare il nome Venus dal verbo venire, perchè essa, essendo Dea dell’amore
litta ; i Medi, Anaite ; e così degli altri. Cupido poi fu così detto dal verbo cupio, desiderare, perchè l’amore è desider
el mare, detta perciò Anadiomene. Igino poi(5) racconta che una volta dal cielo cadde nell’ Eufrate un uovo, che sulla riva
gliavano sotto i piedi, ed era accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal giuoco, e dal riso, che la rendevano la delizia d
i piedi, ed era accompagnata da Cupido, suo figliuolo, dal giuoco, e dal riso, che la rendevano la delizia degli uomini e
il più deforme degli Dei, dell’ingiuria fattagli, quando il precipitò dal cielo, gli diede Venere per moglie. I poeti, dice
fu generalmente abbracciato. Di là andarono a Citera ch’era non lungi dal continente della Grecia ; ed allora i Greci comin
ll’infelice giovane Venere accorse, sparse del nettare sulla ferita e dal sangue di lui fece nascere un fiore che Bione cre
tri però favoleggiano che le Esperidi possedevano in Africa non lungi dal monte Atlante orti amenissimi, ne’ quali era l’al
le forze sue per salvare e l’una e l’altro, se stato fosse possibile, dal turbine che loro soprastava per volere del fato.
servì per rendersi benevolo il consorte Giove, che fece addormentare dal Sonno, e così diede agio a Nettuno d’inanimire i
e degli altri numi che ne favorivano la causa, non valsero a salvarla dal destinato eccidio. Troia cadde e ne fu miserando
di Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Marte e dirla Roma dal suo nome, città ch’esser dovea l’eterna imperatri
uenza. Esiodo rappresenta questa Dea accompagnata da Cupido e seguita dal Desiderio ch’egli chiama Imero (Ιμερος). E Venere
Autonoe. Alcuni però le vogliono nate da Giove e da Giunone ; altri, dal Sole e da Egle ; e Servio, da Bacco e da Venere.
e di forestieri. Le antiche memorie, egli dice (2), lo dicono fondato dal re Aeria ; ma altri vogliono che fu dedicato da C
a altri vogliono che fu dedicato da Cinira, e che la Dea stessa, nata dal mare, fosse quivi approdata. Era proibito sparger
uma del mare, è consacrata da molti antichi monumenti, e specialmente dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea era rapprese
ice insigne fu la Venere di Coo,Anadiomene, cioè emergente o sorgente dal mare ; della quale i poeti dissero sì bei concett
ali epiteti di Venere. Acidalia, Ακιδαλια ; fu così detta Venere dal fonte Acidalio, nella Beozia, ove solevansi lavar
ομενη, da αναδυμι, esco fuori ; soprannome dato a Venere come uscente dal mare. Per questa ragione fu pur chiamata Venere m
e fu detto Dioneo, come discendente da quella Dea. Ericina, Erycina, dal monte Erice, in Sicilia, non lontano dal capo Lil
ella Dea. Ericina, Erycina, dal monte Erice, in Sicilia, non lontano dal capo Lilibeo, sul quale fu edificato un memorabil
ove Venere era particolarmente onorata. Idalia, soprannome di Venere dal culto resole in Idalia, città dell’isola di Cipro
i. In Plauto troviamo Ares latinamente usato per Mars. Or Αρης deriva dal greco αιρω, fut. αρω,distruggere, ben convenendo
i antichi dicevano duellum per bellum. Da’ Greci dicevasi Ενυω, Enyo, dal verbo ενυω, che significa uccidere. II. Storia
o crede uno de’ Titani o de’ Dattili Idei e che chiama Dio guerriero. Dal quale apprese prima la danza e gli altri esercizi
Romani. Sacerdoti Salii. Ancili. Roma ed il popolo romano aveano dal dio della guerra preso il nome di città e popolo
frastuono di una gran tempesta, fosse stato rapito e portato in cielo dal padre Marte sullo stesso suo cocchio. E T. Livio(
rimonie. Da Catullo(3) si chiamavano salisubsuli, voce forse foggiata dal poeta per esprimere più vivamente la sua idea. Li
ttorale di bronzo ; ed ordinò che portassero quegli scudi che caddero dal cielo, chiamati Ancili ; ed andassero per la citt
tre un’ orribile pestilenza devastava Roma e l’Italia, si vide cadere dal cielo uno scudo di bronzo. Allora Numa, sulla par
i Egeria, fece intendere al popolo che quello scudo era stato mandato dal cielo per salvezza della città e che doveasi gelo
ò tre volte e tre volte balenò, e con grande stupore si vide scendere dal cielo uno scudo ch’era il pegno della salvezza di
tissimi da un tal Veturio Mamurio, artefice assai ingegnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella di porre il
e Ippalco, Atreo e Tieste. Enomao era re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercurio collocato fra gli astri, e chiamas
nialio, cioè a Marte che crolla il suo elmo. Questa voce poi deriva o dal verbo ενυω, uccidere, per cui potrebbe significar
aveano l’onore del trionfo. Una turba di fanatici, credendosi agitati dal divino furore di Bellona, spacciavano di predire
Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima di predire il futuro al poeta,
e etimologie del nome Ermete ; e non pochi fanno derivare questa voce dal verbo ερμηνευω, interpetrarè, perchè Mercurio è l
ere fra gli uomini e gli Dei ; ma pare che quel verbo piuttosto venga dal nome Ermete. Ne’ lessicì si fa derivare dal verbo
uel verbo piuttosto venga dal nome Ermete. Ne’ lessicì si fa derivare dal verbo ειρω, annunziare, per l’ufficio che Mercuri
Agostino(4) ; o perchè, al dir di Servio(5), questo dio sempre corre dal cielo all’ inferno, e viceversa. II. Storia fa
rzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cicerone(2) ne annovera cin
de, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e di Maia, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato
terzo e di Maia, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato dal Nilo, che gli Egiziani non credevan lecito di nom
curio avesse dato il nome al quinto mese dell’anno, chiamandolo Maius dal nome della madre Maia ; e di fatto i mercatanti i
bambino, ancora in culla, avea rubato il tridente a Nettuno, la spada dal fodero a Marte, a Venere, il cesto, a lui stesso,
to, gli rubò il turcasso ; di che avvedutosi Apollo, non potè tenersi dal riderne grandemente. Ed Omero (2) con molta gravi
eva sempre le stesse canzoni. Altri però fanno derivare quella parola dal nostro Batto, il quale rispose a Mercurio « sub i
una freccia. Di che fu sì dolente il padre Dedalione che si precipitò dal monte Parnaso ; ma Apollo per compassione il cang
lo per compassione il cangiò in aquila, o in isparviere. Autolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destr
l genere umano in varie nazioni ; e che inventô alcune lettere greche dal volo delle gru, le quali imitano la forma di quel
ed i sassi (6). E dicono ch’egli innalzò il primo altare a Mercurio, dal quale ebbe in premio la lira, la quale dalla Samo
ica credenza che niuno potesse morire, se Mercurio non avesse sciolta dal vincolo del corpo l’anima che ad esso era unita p
Allora Giunone, avendo pietà di quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la quale « sospesa Sopra il capo le stett
a Sopra il capo le stette, e d’oro un filo Ne svelse e disse : Io qui dal ciel mandata Quest’a Pluto consacro, e te disciol
ivaghi nel cupo Fondo talor d’una solenne grotta, Se avvien che alcun dal sasso, ove congiunti L’uno appo l’altro s’attenea
omani, de’ viaggiatori e de’ cacciatori per ripararsi dalla pioggia e dal sole. Le ali poi attaccate al petaso indicano la
chi lo portava, uccise, pugnando, il gigante Ippolito ; liberò Giove dal mostruoso Tifone che lenealo avvinto co’ suoi ser
erra e lor ragione. L a Terra chiamavasi da’GreciGe o Gea (Γαια) dal verbo γεινομαι, nascere, perchè gli antichi crede
o dice che la Terra insieme col Cielo e col Mare, nacque dall’Etere e dal Giorno. Ma secondo Esiodo(2) la prima a nascere d
nnovera fra i più celebri e vetusti Dei del gentilesimo. E ciò nacque dal naturale amore che ha l’uomo per la propria conse
ucendo ogni dì sì varie e mirabili cose , non dee recarmaraviglia, se dal suo seno mandava fuori certe esalazioni ed alcune
e inspirazioni del Nume, e così dava gli oracoli. Il mostruoso Pitone dal maculoso tergo e dal rosseggiante aspetto, dice E
me, e così dava gli oracoli. Il mostruoso Pitone dal maculoso tergo e dal rosseggiante aspetto, dice Euripide, sotto un fro
chine bevea, era breve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano gli oracoli dopo aver bevuto molt
afferrato Anteo, lo stringe con un braccio pe’ fianchi, sollevandolo dal suolo ; e per terra vedesi l’arco ed il turcasso
micapri erano propriamente uomini favolosi, che aveano forma di capra dal mezzo all’ingiù. E da Pane, lor capo, furon detti
uò vincersi per alcun imperio della ragione, la quale volevasi infusa dal dio Pan, com’è lo spavento mandato, senza saperse
sorelle, cangiata in palustre canna, di cui Pan formò la fistola che dal nome di quella ninfa fu detta siringa. Lucrezio (
ono gli armenti ed i piniferi monti di Arcadia. E chiamavasi Menalio, dal Menalo ; e Tegeo, da Tegeo, città dell’Arcadia ov
e tutto ebbrifestante. Furon poi detti Fauni o da Fauno, lor padre, o dal verbo fari, part. fatus, parlare ; o dal greco φα
uni o da Fauno, lor padre, o dal verbo fari, part. fatus, parlare ; o dal greco φατις, oraculum, perchè predicevano l’avven
sai ridevoli, detto cordace (κορδαξ, κορδακισμος, cordax ), inventato dal satiro Cordace. Ovidio(2) appella i Satiri gioven
uni derivano il nome Vertunno dall’aver divertito le acque del Tevere dal Velabro, pianura fra il Capitolino, il Palatino e
fra il Capitolino, il Palatino e l’Aventino (a verso amne)(4) ; altri dal volgere di un anno (ab anno vertente), perchè gli
rimizie de’ frutti dell’anno ( anni vertentis ) (5) ; ed altri meglio dal cangiarsi in molte e varie forme (6). Tibullo(1)
egge in aria sopra i leggieri suoi vanni. Ad ogni passo di lei spunta dal suolo un nuovo fiore ; la sua fronte ba il candor
. Alcuni epiteti della Terra o sia Opi. Euristerna, Ευρυστερνος, dal largo petto. Nell’Acaia (1) era un tempio con un’
in quel dì dalla ninfa Aretusa ad un banchetto con altre dee, avendo dal doloroso pianto delle compagne al ritorno argomen
eran figliuole dell’Acheloo, fiume della Grecia che ha la sua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali, dolenti oltr
guisa schivò egli un tal periglio. Comunemente si dice che le Sirene dal mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo
nte si dice che le Sirene dal mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due code. L’una dolce
il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto, se argini e moli di pietra dal mare nol disgiungessero. » Pausania(2) inclina a
di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astri più splendidi. Dal bue venne il nome di Buzige, Ateniese, che fu il
i Acarnani ch’erano stati ammessi senza le debite cerimonie, scoperti dal parlare ch’eran forestieri, furon dal gran Sacerd
a le debite cerimonie, scoperti dal parlare ch’eran forestieri, furon dal gran Sacerdote condannati a morte, comechè stato
’ mugnai di rubar la farina. Ctonia (Χθων, terra), epiteto della Dea dal tempio che le edificò Ctonia sul monte Prono nel
Vulcanus da’ Latini, o Volcanus, secondo Varrone(4), dalla violenza e dal fulgore del fuoco, quasi Fulganus. Secondo altri(
ui ha una manifesta somiglianza. Dicevasi pure Mulciber (a mulcendo), dal temperare o addolcire il ferro. Da’ Greci chiamav
nie. Or Vulcano nacque sì deforme che Giove per dispetto il precipitò dal cielo con un calcio ; dalla quale caduta n’ebbe r
di Omero, Vulcano nacque da Giove e da Giunone ; e Giove il precipitò dal cielo per aver egli voluto dare aiuto alla madre
precipitò dal cielo per aver egli voluto dare aiuto alla madre posta dal marito in prigione. Caduto Vulcano nell’isola di
sse la deformità di questo nume, pure, in compenso del discacciamento dal cielo, tolse in moglie Venere, la più bella fra l
, e lo venerava qual nume ; e Sesostri gli edificò un tempio a Menfi. Dal Vulcano adunque degli Egiziani foggiarono i Greci
ttor delle memorie antiche. Ucciso Patroclo, grande amico di Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa delle armi di
a non mai udita lotta coll’eroe, il quale sarebbe restato sopraffatto dal fiume, se Giunone non avesse chiesto aiuto a Vulc
hiusa da un sasso grandissimo, ivi fermato con ferro ed ordigni fatti dal padre Vulcano. Ercole, poscia ch’ebbe morto Gerio
ezza ; e presso al Tevere fermate le bestie in luogo erboso, e stanco dal viaggio, quivi profondamente addormentossi. Allor
ti, per la coda indietro tirandoli, li condusse alla sua spelonca. Ma dal mugghiare delle bestie accortosi Ercole del furto
Esiodo, per la sua perizia maravigliosa nelle arli. Etneo, Aetnaeus, dal monte Etna, in Sicilia, ove avea la sua fucina. Κ
i appella da Ovidio. Lennio, Lemnius, dall’isola di Lenno, ove cadde dal cielo. Pandamo (a παν, omne, et δαμαω, domo), do
ve, attaccò Prometeo al monte Caucaso in pena di aver rubato il fuoco dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’
sia simile al giorno. Altri finalmente vogliono(3) che fu così detta dal greco διος, Giove, quasi Joviana, a Jove, perchè
ato dalle Furie, abbandona Argo e va in Delfo a consultare l’oracolo, dal quale seppe che per liberarsi da quel tormento, r
eppe che per liberarsi da quel tormento, recar si dovea nella Tauride dal re Toante, rapire da quel tempio il simulacro di
e. Ovidio(2) dice che Ifigenia, vicina a sacrificare i due stranieri, dal linguaggio conobbe ch’eran greci ; e che la sacer
egrezza. Allora senza indugio pensano di fuggire da que’barbari lidi, dal tempio rapiscono il simulacro della Dea e lieti r
a, ove in suo onore celebravansi le feste dette Efesie. Ciò si pruova dal fatto di Demetrio(1), capo degli orefici che vive
etta dalla selva di Aricia, ove avea un culto particolare. Aventina, dal tempio che la nostra Dea aveva sul monte aventino
tempio che la nostra Dea aveva sul monte aventino. Cinzia, Cynthia, dal Cinto, monte dell’isola di Delo, ove nacque con A
tynna, gr. δικτυννα (a δικτυον, rete), dalle reti da caccia. Efesia, dal magnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, sop
me fig. di Anfitrione, facealo forte temere di essere da lui sbalzato dal trono. Quindi a ragione Euristeo fece ogni sforzo
gli uccelli di rapina che si pascevano di carne umana, i quali furon [ dal nostro eroe colle saette uccisi, e discacciati da
tterrare i Giganti, e riconciliò con lui Prometeo, avendolo disciolto dal monte Caucaso. Virgilio(1) dice che Ercole uccise
sino a Stenelo regnarono quattro re nell’Argolide. Stendo fu cacciato dal regno da Danao, il quale avea cinquanta figliuole
o a’figli di Egitto ; il quale, ciò mal soffrendo, cacciò il fratello dal regno. Danao colle cinquanta figliuole si recò in
elope e nipote di Tantalo. Il quale, per un gravissimo fallo commesso dal fratello Tieste, ne uccise i figliuoli e ne appar
uce ; e questa incendiata, dopo molte vicende, ritornato a Micene, fu dal cugino Egisto a tradimento ucciso non senza conse
degli abitanti reudeasi fertile. Si finse che fossero stati prodotti dal terreno, a guisa degl’insetti, e che per ciò port
ia, detta da Properzio Pandionia dall’avo. La quale venendogli negata dal padre, che avea fresco ancora nella memoria l’orr
e via per forza. Perciò finsero i poeti che Oritia fosse stata rapita dal vento Borea, mentre stava a diporto presso il fiu
Etra partorì un figlio che si chiamò Teseo, il quale fu riconosciuto dal padre all’eburneo manico della spada. Nel viaggio
l permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli Ateniesi dal sanguinoso tributo. Si vuole che Arianna, fig. de
a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo di sortire dal laberinto. Dopo questo successo veleggiò per Aten
ria. Per cui Egeo, vedendo le vele nere e credendo il figlio divorato dal Minotauro, gittossi nel mare che da lui prese il
he sposò Giocasta, fig. di Creonte, dalla quale ebbe un figlio che fu dal padre consegnato ad un pastore, acciocchè, forati
sito assai delizioso fra l’Ossa, il Pelio e l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca di tutt’i
esto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’idea de’ Centauri nacque dal vedere la prima volta gli uomini montali a cavall
però, risoluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che si fosse guardato da co
opposta del fiume Anauro, mentre si affrettava di varcarlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere a Pelia ch
ch’era mestieri sacrificar Frisso agli Dei. Atamante suo malgrado fu dal popolo obbligato a condurre all’altare quel princ
a ninfa Perseide e fratello di Circe e di Pasifae, sacrificò l’ariete dal vello d’oro a Marte o a Mercurio, e l’aurea pelle
anità ; ma partiti di notte tempo dall’isola, furon respinti indietro dal vento, ed essendo stati per errore giudicati Pela
lor potere le Simplegadi, ch’eran due scogli o isolette poco lontane dal Bosforo, le quali, per l’impeto de’venti urtandos
ni dell’infelice figliuolo in un luogo chiamato Tomi (a τομη, sectio) dal fatto di Absirto e celebre per l’esilio di Ovidio
reonte, il quale, avendo ucciso un suo fratello, si rifuggì da Preto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti di Steno
Peleo, fig. di Eaco, detto spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata
emodo celebrarono i poeti, percui sì spesso da Omero chiamasi Achille dal piè veloce (ποδυκης). Orazio(2) ci dà il caratter
e passi, dice il poeta, ed al quarto giunge sino a’ più lontani lidi. Dal seno delle profonde lor grotte le pesanti balene
nservatore delle navi. Anzi Virgilio(2) afferma che la terra percossa dal gran tridente di Nettuno produsse un generoso des
uno Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Era
onfondesi con Nettuno. E con siffatti nomi invocavansi nelle tempeste dal naviganti. Più antico dello stesso Nettuno era Ne
care, secondo Pausania. Istmio, gr. ισθμιος ; soprannome di Nettuno, dal culto a lui prestato sull’istmo di Corinto. Nept
olte rigetta e spinge sino al cielo le onde (5) ; il che tutto deriva dal noto flusso e riflusso dello stretto di Messina.
città che ha nome Dite. Averno pure da’ poeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il quale, come diremo, era per fo
quel caliginoso luogo, che tanto è lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine di ferro fatta cade
quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine di ferro fatta cadere dal cielo non giungerebbe sulla terra che il decimo g
veggonsi bei fiori che risplendono al pari dell’oro e che o spuntano dal suolo o pendono dagli alberi che son nutricati da
ed il Sonno, parente della morte, la Guerra, le Furie e la Discordia dal vipereo ed insanguinato crine. Là pure (1) un opa
terra ; da che nacque la favola di essere quello un fiume infernale. Dal fatto di Alessandro, re dell’Epiro, che distesame
Pandosia a’ confini, secondo Livio, de’Bruzii e de’ Lucani, non lungi dal mar Tirreno. E vicino a questa Pandosia fu ucciso
tare e dell’ambrosia. Oltre a ciò egli è separato per altri nove anni dal consorzio degli Dei ; non è ammesso nè alle loro
contrada che dicevasi Enopia o Enone e che Eaco stesso chiamò. Egina dal nome della madre. La lode di giustissimo re gli m
Dio delle ricchezze ; perciò si è fatta derivare la voce latina Pluto dal greco πλουτος, ricchezza, perchè le ricchezze si
a Pluto dal greco πλουτος, ricchezza, perchè le ricchezze si traggono dal seno della terra, ove sono le miniere. E Cicerone
e d’appresso tre Arpie, per le quali forse intendono le tre Furie ; e dal sulfureo suo trono uscivano i quattro infernali f
orti nel mese di Febbraio dagli antichi Romani. Esse dicevansi Februa dal verbo Februo, purgare, espiare. Plutone eziandio
rnali Iddii, loro sacrifica tre neri agnelli che son poscia consumati dal fuoco. Anche i tori e le capre si bruciavano sopr
i pure da’ Latini Hecate, ch’è parola greca, Εϰατη, la quale deriva o dal greco εϰας, procul, perchè dimora assai lungi da
ra era la stessa che Proserpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Giove primo e di Cerere,
e in altro luogo abbiam detto, che Proserpina strappava pochi capelli dal capo di chi dovea morire e che così ne condannava
e che così ne condannava la vita all’orco. Il che ebbe forse origine dal considerare gli uomini quali vittime destinate al
erere, Bacco, Ercole, Teseo ed altri. Esse compiono i tempi assegnati dal fato(2) ; ed alle volte si servono del ministero
3 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
rtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondochè furono dal Gentilesimo divinizzati. I Misterj poi e le Cerem
o in marmo incisero, potrobbe riuscire mezzo efficacissimo a svellere dal cuore il vizio, e a spargervi in vece il seme del
d’uopo pertanto, che con inflessibile severità distinguendosi l’utile dal nocivo, si desse que sto ad un eterno obblio, men
n onore degli stessi vennero istituite le Feste Consenzie, così dette dal consenso di molti, i quali si facevano ad anorare
ua Teogonia, ossia Canto intorno alla generazione degli Dei, dice che dal Caos(1) uscitono l’Erebo(2) e la Notte, da’ quali
mosine, Giapeto(4), Febe, Teti, e Saturno(b). Comunemente dicesi, che dal nome della loro madre i maschi vennero chiamati T
e. Il loro padre orribilmente li maltrattava. Titea finalmente trasse dal suo seno il ferro, ne formò una falce, e la diede
Destino(8) aveva udito, che uno de’ proprj figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). Tra’ figliuoli di Saturno, i quali inco
, i quali abitavano quella parte d’ Italià, che poi si denominò Lazio dal verbo Latino latere, nascondersi, perchè Saturno
i Ateniesi pure celebrarono simili Feste, e le denominarono Cronie(b) dal Greco nome chronos, tempo, perchè Saturno era con
orre il tempo ; la falce indica il fine, al quale ogni cosa si riduce dal medesimo(b). Plutarco vuole, che dalla falce si r
ue da Urano e da Titea, e fu moglie di Saturno. Venne così denominata dal monre Cibelo, situato nella Frigia, e sopra il qu
vi si gettavano con profusione fiori odorosi, ed anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal diverso scherzare di quel
usione fiori odorosi, ed anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano gl
rdata come la Genitrice comune degli Dei(i). Il nome di Rea le derivò dal verbo Greco rin, scorrere, perchè tutto proviene
all’altare d’ Iside, e la pregò di soccorso. Uscì finalmente la madre dal tempio. La seguì la figlia con passo più franco d
ando, fingendo che Cibele si cibasse di ciò che veniva loro offerto : dal che acquistarono anche il nome di Matragirti, oss
sono le dita della mano, le quali da’ Greci si dicono dattili ; Idei dal monte Ida nella Frigia ; appresso il quale soggio
i trasferirono(e). Altri poi pretendono, che sieno stati detti Cureti dal nome Greco curà, ronsura, perchè tali Sacerdoti s
della testa, onde non fossero presi per quelli da’nemici(a) ; ovvero dal verbo Greco curizo, educare dall’infanzia, perchè
ano maritarsi(a). Colei, che frattanto cadeva in malattia si affidava dal Sommo Pontefice a gravi Matrone le quali ambivano
Oracoli avevano altresì dichiarato, che Cibele fosse ricevuta in Roma dal più onesto cittadino. Tale fu riputato Scipione N
più onesto cittadino. Tale fu riputato Scipione Nasica. Questi trasse dal naviglio la statua della Dea, e la ritenne nella
ncie dell’ Asia minore e dell’Europa, si fermò nella Scizia, dominata dal barbaro Linco. Costui, appenachè vide lo stranier
dubbio che la figlia sua fosse stara rapita. Alzò frattanto la fronte dal fondo delle acque la Ninfa Aretusa, originaria di
mirava, o credeva di vedere Cerere stessa, o la dilei effigie discesa dal Cielo (a). Fu denominata Empanda, perchè somminis
e vi s’ immolavano da quattro matrone (e). Il nome di Raria le derivò dal campo Rario in Eleusi, che fu il primo ad essere
cesi da alcuni, che sieno state istituite dalla stessa Cerere ; altri dal re Eretteo ; altri da Museo, padre di Eumolpo ; a
solemizzavano pel corso di tre giorni. Nel terzo le donne scacciavano dal tempio gli uomini e i cani, vi si chiudevano coll
semina (b). Dionisio d’Alicarnasso pretendo che sia stata introdotta dal re fullio (c). Le Ambarvali erano Feste o private
rco, e di un toro (e). Il sacrificatote, coronato di quercia, seguito dal popolo, e saltando, intuonava inni a Cerere ; ver
sia Banditore, perchè egli intimava a’ profani, che si allontanassero dal tempio (c). E’ celebre il castigo, con cui Cerere
o veleno sopra lo scellerato, mentre dormiva. Appenachè egli si destò dal sonno, le viscere di lui si trovarono per avidità
ato in diamante (h). Giove, cresciuto nell’ età, scacciò il padre suo dal trono, e ne divise l’impero co’ suoi fratelli, Ne
o i Titanl, avea prodotto gli anzidetti Giganti, onde lo scacciassero dal Cielo. Coloro, perriuscirvi più facilmente, poser
te ne seppellirono vivi sotto il monte Erna (c) (6). Passato il mondo dal governo di Saturno sotto quello di Giove, finiron
on Pelope, ma Giove Olimpico, e ch’egli ciò fece dopo avere scacciato dal trono Augia, re d’Elide, come pure vedremo (b). S
li alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria di essere stato salvato dal fulmine, che colpì la di lui lettica, e uccise ch
(g). Teseo ritornasse da quella spedizione. Prese il nome di Mecaneo dal verbo greco micanevome, intraprendere, poichè si
a’ vincitori de’ Giuochi Olimpici (h) (10) (11). Venne appellato Ideo dal monte Ida, ove fu allevato (i). Ne’ dintorni di C
crebbe ; s’alzò un tempio a Giove ; e allora gli eventi si predissero dal tripode, il quale secondo alcuni era un vaso, ma
pure intorno alla medesima parecchi vasi di bronzo. La statua, scossa dal vento, percuoteva colla sferza que’ vasi, dispost
osì avvenne ; e ciò fu motivo, che il Nume vieppiù fosse onorato (d). Dal verbo latino elicere, far venire, fu denominato E
venire, fu denominato Elicio, perchè Numa Pompilio lo fece discendere dal Cielo per apprenderne il modo, con cui si porevan
ia sacrificato trecento uomini a Giove Itomete (c). Si chiamò Laziale dal Lazio, ov’era sul monte Albano in singolare modo
vita per mancanza d’acqua, fece voto a Giove Pluvio, e tosto discose dal Cielo dirottissima pioggia. Per eternare la memor
primo tempio allo stesso Nume, e a questo diede il nome di Feretrio, dal verbo latino fero, porre. Da ciò ne avvenne, che
o si diede anche il soprannome di Ottimo Massimo (c). Si chiamò Licco dal monte Liceo in Arcadia, sul quale si pretendeva c
di Giove una pietra, che fu da quello divorata (c). Si chiamò Asbameo dal tempio vicino alla fontana Asbamea, amendue a lui
nti Mematterj (a). Gli derivò il nome di Ceraunio, ossia Fulminatore, dal fulmine, il quale veniva scagliato spezialmente d
amento a Giove di ajutarlo, allorchè si accingeva a scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gl
nconsolabile per sì trista sventura, pregò Giove di togliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume
ne avvenne, che Bacco acquistò il soprannome di Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello altresì di Ditirambo, e di Bi
, perchè le di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nutrici ; o perchè aveva
stato denominato Bromio dalla Ninfa, Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di lui Sacerdote
trasformato in leone, e abbia sbranato uno di que’ nemici(c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sacrificare, perchè gli si off
e Tiie, e l’Ascolia(7). Le Baccanali si denominarono da’ Greci Teinie dal nome Teino, ossia Dio de l vino, con cui appellav
ravano in aperta campagna nell’ Autunno, e si chiamavano anche. Lenee dal greco linos, torchio (e). Alle grandi davasi il n
desimo si portava sotto un’ ombrella(e). Le Brumali furono così dette dal nome Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo ste
eniesi nel giorno undecimo, e ne’ due seguenti del mese Antesterione, dal quale furono così chiamate. Ciascuno de’ predetti
e, o un altro, ma sempre pieno di vino. Questa Festa fu detta Ascolia dal greco verbo, ascoliazin, saltar con un solo piede
allonidi derivò loro da Mimante, monte della Jonia, sacro a Bacco ; o dal verbo greco mimiste, imitare, perchè comparivano,
solevano cuoprirsi di una lunga veste, detta da’ Traci bassaride ; o dal loro gridare, che in greco esprimevasi anche col
o di loro stessi, di nome Ofelte, in solitaria campagna ; e aggravato dal vino, trovavasi anche allora immerso nel sonno. I
era, ossia vedova, per alludere al tempo ; in cui ella stette lontana dal suo marito, come quanto prima riferiremo (g). Gio
doni ; e che l’ Esperidi(1) le presentarono dei pomi d’oro, raccolti dal loro giardino. La bellezza di quelle frutta talme
figlial di Nettuno (e) o di Belo o di Libia (f), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e da Ismene, e sacerdotessa di questa
n più parti della terra, finchè si precipitò alla fine nel cuare, che dal nome di lei fu detto Jonio (a). I Poeti Greci pre
Amitaone e di Dorippe, ne intrapreso la guarigione.(9). Cominciò egli dal placare la Dea con numerosi sacrifizj, e facilmen
l capelli della sposa, e una vittima, il di cui fiele gettavasi lungi dal tempio, o a piedi dell’altare, per avvertire gli
apella soggiunge, che fu così detta, perchè era spezialmente invocata dal popolo (b) (14). Ebbe il nome di Februa o Februal
icò seco lui (a). E perchè Citerone n’era stato l’autore, perciò ella dal nome di lui fu detta Citeronia (b). Giove poi per
dassero ad offerire a Giunone un sacrifizio (d). Si chiamò Iperchiria dal tempio, erettole in Isparta, quando il fiume Euro
e, e fu restituito dentro i suoi limiti (e). Ebbe il nome d’ Imbrasia dal fiume Imbraso nell’Isola di Samo, in cui i Sacerd
l lato del di lei tempio (c). Virgilio racconta, che rimasto coneunto dal fuoco un bosco sacro a questa Dea, se ne volle tr
izio alla Dea Tellura. La predetta Dea perciò venne denominata Moneta dal verbol Lotino monere, avvertire (g). Sotto questo
onobbe Giunone, come autrice del fatto sì felicemente riuscito, prese dal predetto albero ad onorarla sotto il nome di Capr
a per l’acia (e). E’ stata finalmente appellata Argolica (f) o Argiva dal culto speziale, che le si rendeva in Argo. Quivi
ti stabilirono un giorno solenne. Si condussero due giovenche bianche dal tempio d’Apollo nella città per la porta Carmenta
ia seppellito sotto il monte Etna, facevano ogni sforzo per liberarsi dal peso, che li opprimeva ; e le scosse, che nel muo
edette che la pestilenza, insorta nelle donne gravide, fosse derivata dal fetore delle carni de’ tori allora immolati. Tali
none sdegnata, perchè Giove amava la madre di questo Nume, lo scacciò dal Cielo, e fece giurare alla Terra, che non sarebbe
è da per tutto la inseguisse per divorarla. Nettuno però trasse fuori dal mare l’isola Asteria, che fu chiamata Delo(2), ac
ta sì fieramente perseguitata (f). Cotale uccisione avvenne non lungi dal fiume Cefisso, il quale scorre alle radici del fi
e avevano fabbricato i fulmini a Giove. Questi pertanto esiliò Apollo dal Cielo (a). Si ritirò il Nume appresso Admeto, re
tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato proposto dal nobile architetto Spintaro Corintio (c). E’ pur c
, e nel cantare Inni in onore del Nume (d). Le Azie furono così dette dal Promontorio d’Azio in Epiro. Si celebravano cun c
lebrazione, la quale si faceva di cinque in cinque anni. Anche Apollo dal predetto Promontorio fu denominato Azio(b). Augus
tituiti sotto il Consolato di Appio Claudio e di. Q. Fulvio Flacco, e dal nome del Nume chiamati Apollinarj(d). I Romani v’
 ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto cura delle greggi di Admeto : dal che ne derivò altresì, ch’egli fosse risguardato
va la virtù di predire le cose future(c). E’ stato denominato Ismenio dal tempio, che avea lungo le rive del fiume Ismeno n
e ad Apollo il nome di Carneo. Altri dicono da Carneo Trojano ; altri dal bellissimo giovine Carno, figlio di Giove e di Eu
rimo a riportarvi il premio fu Terpandro(a). Apollo si chiamò Timbreo dal cul o particolare, che gli si rendeva in Timbra,
a Troade, ove avea un bosco sacro e un tempio(b). Si denominò Triopio dal proporsi in un certo giuoco dei tripodi di bronzo
montagna di questo nome, situata nel paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24). Ebbe il nome di Teosenio, ossia D
i mano in mano per mezzo di que’popoli, che si trovavano sulla strada dal loro paese sino a Delo(b). Tra’ Sacerdoti d’ Apol
Iperboreo è famoso Abaride Scita, e figlio di Seuta. Egli fu regalato dal Nume d’ una freccia d’ oro, con cui sollevavasi i
tempo dopo uscì da quel terreno quantità di canne ; e queste, agitate dal vento, andarono ripetendo le stesse parole del se
otopo. Il Nume per punirli suscitò il mostro Pene, il quale strappava dal seno delle madri i loro fanciulli, e li divorava.
gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiunse, che prendesse dal tempio un tripode, e che nel luogo, ove quello fo
sempre vergine(c). Da Stilbe e da Apollo nacquero Lapito e Centauro, dal primo de’quali discesero i Lapiti, e dall’altro i
onneso, era amata da Apollo, ma non voleva corrispondergli. Inseguita dal medesimo, si gettò in mare. Il Nume, ammirandone
o Nume presiedeva anche agli augurj, i quali spezialmente si traevano dal volo e dal canto di quell’uccello(c) (55). Ovidio
iedeva anche agli augurj, i quali spezialmente si traevano dal volo e dal canto di quell’uccello(c) (55). Ovidio racconta,
esperimentare gli effetti del suo sdegno ad Atteone, cacciatore, nato dal celebre Aristeo, e da Autonoe, figlia di Cadmo. Q
e Nife allora molto si distinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana spruzz
ella promessa, che desideravasi da Aconzio. Non molto dopo Cidippe fu dal padre destinata ad altre nozze ; ma tutte le volt
fe, le quali non custodivano la verginità (c). E’ stata detta Panagea dal suo scorrere di foresta in foresta ; o dal trovar
c). E’ stata detta Panagea dal suo scorrere di foresta in foresta ; o dal trovarsi ora in cielo, ora sulla terra, ed ora ne
si ora in cielo, ora sulla terra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare di forma e di figura (d). In Elide f
o a Diana certe Feste, dette parimenti Saronie (c). Fu detta Munichia dal re Munico, figlio di Pentacleo ; o da quella part
il sacrifizio d’ogni sorta d’animali vivi, e di frutta. Gli animali, dal calore resi furiosi, tentavano di fuggire. Si rip
na di cervo (b). Il tempio di Efeso si fabbricò in dugento venti anni dal celebre Architetto Chersifrone. Era esso di sorpr
e i suoi adoratori. Altridicono, che Venere da prima si diceva Mirzia dal mirto, ch’erale sacro ; e che tal nome fu poi cor
nell’anzidetto di Murcia o Murzia. Ella aveva, una Capella non lungi dal Foro Boario alle radici del monte Aventino(a) (5)
no(a) (5). Plinio fa menzione del nome di Cloacina(b). Egli lo deriva dal verbo latino cluere, purificare, perchè i Romani
loro pel ratto delle donne Sabine, si riconciliarono, si purificarono dal sangue sparso, e innalzarono a Venere un tempio p
i M. Acilio e di C. Porzio la figlia d’un cittadino Romano fu colpita dal folmine. Si consultarono i Libri Sibillìni, e se
sa (a), e da altri anemone (b). Bione poi vuole, che la rosa sia nata dal sangue d’Adone, e l’anemone dalle lagrime, che sp
in ceppi Giove(e). Incontratosi in Apollo, che pur era stato esiliato dal Cielo, nè sapendo come vivere, si unì a lui per a
i coperto di fiamme, che estremamente lo agitavano, quando finalmente dal mezzo di quelle comparve quantità di rupi ardenti
delle acque. Altri finalmente ci danno a divedere questo Nume tirato dal cavallo Arione. Dicesi che questo animale insieme
tutta armata(c). Per questo la medesima Dea si denominò anche Pallade dal verbo greco pallin, saettare ; e sotto l’uno e l’
anno nella fonte Castalia, avea riacquistata la sua natìa verginità. Dal predetto nome il tempio, distrutto da’ Persiani,
tempio, distrutto da’ Persiani, e rifabbricato per ordine di Pericle dal celebre Architetto Ittino insieme con Callicrate(
e sciron, ombrella, perchè sotto di questa portavasi la di lei statua dal sacerdote Eretteo, o da uno degli Eteobutadi, fam
llo di re di Trezene(d). Ciò si conferma dalle due medaglie, indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, s
ti armati per sacrificare a Minerva(c). E’stata detta Madre o Matrona dal tempio, che le cressero le conne d’Istide, perchè
ro d’uomini, che si trovavano appresso di loro(d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili, porta, perchè la sua statua si p
enne presso di se, come ministra e compagna. Minerva poi la allontanò dal suo lato, perchè ella corse a riferisle, che Agla
Giunone : turbata questa Dea, perchè Giove avea fatto uscire Minerva dal suo cervello, s’avviò verso l’Oceano per conoscer
niera avrebbe potuto anch’ella partorire da se sola un figlio. Stanca dal lungo viaggio, si pose a sedere appresso la porta
Crassi, cioè di M. il padre, e di P. il figlio (a). Si denominò Turio dal greco verbo theo, essere in furore : lo che espri
per alludere a’ mali, che porta seco la guerra (d). Si disse Gradivo dal verbo latino gradior, camminare, per darlo a dive
si trasportavano sul monte Celio, quando il Campo Marzio era inondato dal Tevere (a). Esse furono anche denominate Giuochi
ma di conca da due parti, i quali si chiamavano ancili. In Roma cadde dal Cielo uno scudo di rame. Numa Pompilio, il quale
diedero il soprannome di Apator, ossia senza padre (d). Comparve sino dal suo nascere deforme. Per lo che Giunone secondo O
in altro luogo soggiunge, che fa Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perchè egli volle pre
etto Ignipotente, ossia che ba il fuoco in suo petere (c) ; Mulcibero dal latino verbo mulceo, ammollire, perchè Vulcano co
h’egli non abbia avuto in moglie, che Venere(a). Il Nume fu avvertito dal Sole, che colei soleva starsene in affettuosi tra
nda e appuntita in capo, tutto sparso di sudore, e annerito la fronte dal fumo, con maltello nella destra, e con tanaglie n
esto va sempre in giro, perciò a Giano si diede anche il nome di Eano dal verbo latino eo, andare (b). (12). Gli Aborigini
a confondere il simposiarco coll’Architriclino, il quale si stabiliva dal padrone di casa, e avea la cura, che fosse ben di
lle radici, colle foglie, e colle frutta, le quali venivano consumate dal fuoco(d). Il sale pure offrivasi come sacrifizio
sacre al Nume. Quando poi la vittima non si lasciava tutta consumare dal fuoco, allora se ne recideva la testa, e questa c
a vittima. Al tempo del sacrifizio si abbruciava pure dell’incenso, e dal fumo di quello si presagiva parimenti l’avvenire 
e niuno poteva assistete al Sacrifizio, se prima non erasi purificato dal Sacerdote con acqua, detta lustrale. Questa dovev
terra, o tagliate da ferro, o calcate co’piedi nel torchio, o colpite dal fulmine, o contaminate per aversi alcuno data la
lle arcane e future cose, la di cui cognizione non poteasi conseguire dal lume ordinario della natura. Niente v’ebbe di più
idici Spiriti, i quali o dettavano loro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal petto loro, mentre gli stessi Demoni
, i quali o dettavano loro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal petto loro, mentre gli stessi Demoniaci tacevano 
oll’aratro nel Territorio Tarquiniese un Toscano agricoltore, ne uscì dal profondo solco Tage. Attonita spettatrice dell’ i
Ionia nell’ Asia Minore. Dicesi che la di lui anima soleva separarsi dal corpo, e che vi rientrava dopo di essersi trasfer
e Avispici, erano propriamente quelli, i quali presag ivano il futuro dal canto o dal volo degli uccelli, o dal modo, con c
erano propriamente quelli, i quali presag ivano il futuro dal canto o dal volo degli uccelli, o dal modo, con cui questi pr
i quali presag ivano il futuro dal canto o dal volo degli uccelli, o dal modo, con cui questi prendevano il cibo ; laddove
cui questi prendevano il cibo ; laddove gli Auguri erano quelli, che dal garrire degli uccelli predicevano l’avvenire(b).
tavano attendendo il colpo, o se procuravano d’evitarlo ; se percossi dal sacro ferro, dettosécespita, subito morivano, o s
dette Succidanee(e). Finalmente esploravasi, come scendesse il sangue dal collo delle medesime, come ardesse la fiamma, com
a città d’Ilo, che stava formando ; e che ad assicurarnalo sia caduta dal Cielo quella statua(a). La medesima, come vedremo
quale altri credono essere stata Clausa, ed altri Claudia Vestale(g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta di lui m
inoltre si appellò Fatua, ossia faridica, perchè prediceva l’avvenire dal volo degli uccelli(h). Finalmente notiamo, che ap
igliuolo, Sterculio o Stercuzio, così detto, perchè insegnò a nettare dal lettame la terra(a). Macrobio però vuole, che per
Dicesi finalmente, che una certa Pamila di Tebe in Egitto, ritornando dal tempio di Giove, ov’ erasi recata per attignere d
onori Divini, aveano stabilito certe Feste in onore di Osiride, dette dal nome di lei Pamilie(a). (11). Oro fece guerra a
issimi giorni l’animale veniva con tutta la sollecitudine nutrito ; e dal modo, con cui riceveva il cibo, si traevano i pro
altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un antro, uscendo da cento parti del med
nge a canto. Fu questo un mostro, nato secondo Esiodo dalla Chimera e dal cane Orto(a). Igino lo fa nascere da Tifone e da
nta, rinforzata la corsa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto di fare suo l’altro pomo, che le si pre
olossi significava bella donna. Proserpina ebbe delle Feste, chiamate dal predetto nome Corie (m). (d). Id. Fast. l. 3.
mente punito con una tormentosissima fame, e che poi fu messo a morte dal morso di un serpente, e con questo trasferito in
Sì la Lotta, che il Pugilato al dire di alcuni (f) venivano indicati dal solo nome Pancrazio ; ma secondo altri con esso s
di terreno di cento venticinque passi (b), ove si faceva la corsa, e dal quale coloro, che vi si esercitavano, si dicevano
sieno nati non dalla sola Terra, ma da questa e da Urano (f), ovvero dal Tartaro (g). Omero li fa figliuoli di Nettuno e d
i di Nettuno e d’Ifimedea (h). Altri dicono, che sieno stati prodotti dal sangue de’Titani, uccisi da Giove (i). L’aspetto
infuocato(p) Porfirione fu colpito prima dalle frecce d’Ercole, e poi dal fulmine di Giove(a). Toone e Agrio vennero uccisi
stato sepolto sotto l’Isola Inarime(h). Altri pretendono, che colpito dal fulmine nella Sicilia(i), sia rimasto sotto il mo
ochi Olimpici tostochè si sacrificava al. Dio Miode, si vedeva uscire dal Territorio una nuvola di Mosche. Il predetto Nume
rasi, che un certo Ratumeno Romano, correndo in questi Giuochi, cadde dal carro ; e che i di lui cavalli, avendo continuato
ofman. Lex. Univ. (c). Pitise. (22). Il Dio Termine in Roma fino dal tempo di Numa Pompilio fu riconosciuto come il pr
to Giove stesso sotto il simbolo di fulmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè era permesso di
coperta, che racchiudeva le reliquie delle cose abbruciate o annerite dal fulmine. Questo era uffizio degli Auguri (d). Il
lmine. Questo era uffizio degli Auguri (d). Il luogo stesso, percosso dal fulmine, chiamavasi Bidentale. Bidentali si dicev
n era permesso d’abbruciare il corpo di coloro ch’erano stati colpiti dal fulmine, ma che conveniva seppellirlo (f). Ciò pe
i parenti raccoglievano le ceneri e le ossa del morto, non consumate dal fuoco (c) : lo che si diceva Ossilegio. Le bagnav
da Giunone trasferita in Cielo (a). La medesima si chiamò anche Orta dal verbo latino hortor, esortare, perchè era vanerat
rono onori Divini, e gli eressero un tempio sopra una montagna, detta dal nome di lui Cario (a). (36). I tre Cabiri, che s
conseguì dallo stesso Nume la prerogativa di non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fissare sempre gli occhi ne’ra
e volava a destra, era di buon presagio. Si prediceva il futuro anche dal modo, con cui lo stesso predava. Se i Principi so
fu Dirce, una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi
morire di dolore(e). Altri dicono, che fu loro dato il predetto nome dal Greco verbo, yin, piovere, perchè, avendole gli D
e di Arcadia(e). Le figlie di Atlante furono soprannominate Atlantidi dal nome del loro padre(f). Il nome poi di Plejadi de
e Atlantidi dal nome del loro padre(f). Il nome poi di Plejadi deriva dal verbo Greco, plin, navigare, perchè questa Costel
gare, ch’è la Primavera. Per questo i Latini le denominarono Vergilie dal nome Latino, ver, primavera, perchè circa l’Equin
cui si onorava Giove Sabazio, nelle quali si usava un serpente d’oro dal petto sino all’estremità della veste, per ricorda
liberasse. Il Nume lo mandò a lavarsi nelle acque del fiume Pattolo : dal che ne nacque, che le vicine campagne ebbero poi
anciulla, di nome Carila, che si appiccò per aver ricevuto un insulto dal re di Delfo. Nell’ occasione di queste Feste le T
Priapo, che la inseguiva, si trovò trasformata in quella pianta, che dal nome di lei si disse Loto (d). Narrasi che la med
el Nume, viaggiando per la Laconia, era stato cortesemente alloggiato dal loro padre (f). (a). Hymn. in Bacch. & Latr
), e secondo altri Stenobea (h). (9). Il nome di Melampode significa dal piede nero ; e fu così appellato il figlio di Ami
re esposto col corpo tutto coperto fuorchè ne’ piedi, questi vennero dal Sole anneriti (a). E quì parlando dell’esposizion
Pane smanioso e frenetico. Questo rustico Nume tenne dietro a Siringa dal colle Liceo sino alle rive del predetto fiume. A
iera, che trasformata videsi in canna palustre, la quale, agitata poi dal vento, rendeva un certo siollo cauto, quasi d’uno
ommità di una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il quale esce dal Pino, agitato dal vento Borea, altro non fosseche
. Quindi si credette, che il liquore, il quale esce dal Pino, agitato dal vento Borea, altro non fosseche le lagrime, le qu
he sieno state instituite da Romolo e da Remo, per aver essi ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà di fabbricare la c
uso, avendole rinovate, v’abbia anche aggiunto un terzo Collegio, che dal nome di lui fu appellato Giuliano (a). (h). Tit
o. Altri vollero, che il nome di Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che di quelli, i quali i
vorta (c), o Postverta (d), e Antevorta avea cura, che quello uscisse dal seno della madre nella maniera la più naturale (e
secondo i Poeti è il luogo destinato al soggiorno di tutte le anime. Dal che s’inferisce, che l’uomo anche tra le più dens
che la sua anima neppure allora cessa di esistere ; quando si separa dal corpo(a). (b). Aeneid. l. 6. (2). Cerbero era
o(a). (b). Aeneid. l. 6. (2). Cerbero era un cane mostruoso, nato dal Gigante Tifone, renda un altro mostro, mezzo donn
n altre infinite cose, prive di senso(g). Fobecore fu così denominato dal terrore, che destava, facendosi ora fiera, ora vo
i Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Terra, e dal sangue di Saturno(g) ; Sofocle dalla Terra e dall
tare di dire la verità(f). In Atene si celebravano certe Feste, dette dal nome loro Eumenidee. Nel tempo di quelle si sacri
al di là del Tevere. (6). Le Arpie erano uccelli rapaci, così dette dal greco arpazo, rapire. Si chiamavano secondo Virgi
otte e dall’ Erebo(l). Altri le fanno nascere dalla Necessità ; altri dal Caos e dal Dio Pane(m). Nelle loro mani al dire d
’ Erebo(l). Altri le fanno nascere dalla Necessità ; altri dal Caos e dal Dio Pane(m). Nelle loro mani al dire de’ Poeti st
a di serpenti. Silio Italico racconta, che essendo uscito un serpente dal sepolcro di Murro, e andato al mare, i Saguntini
o. Eccone le ceremonie : per tre notti il padre di famiglia si alzava dal letto, e recavasi ad una fontana a piedi ignudi e
da acqua. Quì si fermò il giovine stanco dalla caccia ; e infievolito dal caldo, e assetato ch’egli era, vi si accostò per
chi le bevea, la ricordanza del passato(e). Tale immaginazione derivò dal favoloso sistema di alcuni Filosofi, detto la Met
to anche Piriflegetonte, era un fiume immaginario. Il suo nome deriva dal verbo greco-poetico, phlegetho, abbruciare, e sup
erno, e di cui le acque erano nere e puzzolentissime. Fu detto Averno dal Greco aornos, senza uccelli, perchè questi non po
sue frecce, e lo condanno nel Tartaro ad essere continuamente agitato dal timore, che precipiti sopra di se un gran sasso,
avorio(c). Pindaro però non vuole, che Pelope sia stato messo a morte dal padre, ma che nej dì del predetto convito Nettuno
è lasciavagli un momento di riposo(b). Le Danaidi, dette anche Belidi dal loro avolo, Belo, erano cinquanta. Danao, loro pa
te stessa non sorprendeva alcuno, se prima Proserpina non avea svelto dal capo del moribondo un capello, detto perciò fatal
(1). Pitone fu uno de’ serpenti di sorprendente grandezza, prodotti dal fango, rimasto sulla terra dopo il Diluvio, avven
e sicura in quel soggiorno. Se ne fuggì pertanto con quelli, e stanca dal lungo viaggio, si fermò ne’confini della Licia. A
(g). Dionys. lib. de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre verdeggiante. I Poeti
i venuta moglie dello stesso Admeto, vedendolo minacciato della morte dal suo nemico, si offerì ad incontrarla in vece di l
h. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (7). Admeto colle sue lagrime, versate dal grande amore per Alceste, talmente intenerì Prose
oeic. (b). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (9). Lampusia, istruita dal padre, e poi consecrata al servigio di Apollo, si
, che sarebbe suo figlio quello, il quale egli incontrerebbe, uscendo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quel
Strabone però volle, che tale Deputazione abbia tratto la sua origine dal re Acrisio(c). Ogni anno in Autunno e Primavera s
e Primavera solevano radunarsi alle Termopile in una pianura, bagnata dal fiume Asopo : donde que’ Deputati si denominarono
ato Ocno. Questi fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome di sua madre(a). (b). Job. Jacob. Hofman.
(26). Dicesi, che Apollo, quando nacque Rodia, abbia fatto discendere dal Cielo oro, e gran quantità di fiori. Fu così dett
r bianco o rosso(l). Licofrone poi lasciò scritto, che veniva portata dal cavallo Pegaso(m). Ella amò molto il bellissimo T
ti. Si ritirò in Italia sopra un Promontorio de’ Latini, detto poscia dal nome di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu d
ini, detto poscia dal nome di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole trasferita nel suo carro nell’ Esperia, e ch
i cavalli di suo padre. Ne avvenne, che quelli ben presto traviarono dal consueto cammino : ed ora troppo alzandosi, minac
Faetusa e Lampezia ebbero Neera per madre. Si soprannominarono Eliadi dal loro padre, chiamato da’ Greci Elios, ossia Sole 
dal loro padre, chiamato da’ Greci Elios, ossia Sole ; e Faetonziadi dal loro fratello, Faetonte(e). Solevano pascere le g
idi, perchè Ardalo, figlio di Vulcano, molto le onorava(g) ; Pegasidi dal cavallo Pegaso, che soleva quà ç là trasportarle(
cavallo nacque colle ali ; e vuolsi da alcuni, che sia stato prodotto dal sangue di Medusa, sgorgato sul terreno, quando Pe
fa Coricia, la quale partorì ad Apollo un figlio, di nome Licoreo(d). Dal predetto luogo si denominarono Coricidi, o Corici
dall’ Elicona. Vuolsi, che questo fiume sia improvvisamente scaturito dal predetto monte, quando il cavallo Pegaso con un p
nella civile vita(f). Le Ninfe delle acque e delle foreste, allettate dal canoro suo canto, lo seguivano da per tutto, e lo
morire. Altri dicono, che fu punta da quell’ animale, mentre fuggiva dal pastore Aristeo, figlio d’Apollo e della Ninfa Ci
non volgesse indietro gli occhi a guardarla, finchè non fosse uscito dal loro Regno, perchè altrimenti la avrebbe nuovamen
Erope. Enopione per vendicarseno gli strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Passò Orione in Lenno, e da Vulcano vi
llo e da Mercurio, l’uno de’ quali era di ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cilleno. I due Numi se ne invaghirono, e la
Dedalione, suo padre, tale afflizione, ch’egli disperato si precipitò dal Parnasso. Apollo lo cangiò nell’uccello, detto Sp
aterna casa, vi trovò cambiata ogni cosa, e appena vi fu riconosciuto dal suo fratello minore, già fatto vecchio. Epimenide
ra, e per far comprendere, che il fine de’loro giorni non era lontano dal principio degli stessi, poichè questa Deità, la q
ri a’loro parenti e concittadini. La ceremonia de’funerali cominciava dal momento, in cui alcuno cadeva in gravissima malat
iamavasi Sicinnio, e con cui rappresentavano le azioni solite a farsi dal morto(c) ; innoltre i Liberti Orcini, ossia que’s
i ne recitavano l’elogio. Lo stesso si praticava appresso i Greci(h). Dal Foro si passava al luogo, in cui il cadavere dove
tivi i pigri (c). A questa davasi anche il nome di Agenoria o Agenora dal verbo latino agere, operare, perchè eccitava all’
logia di Cupido. Simonide lo vuole nato da Venere e da Marte ; Esiodo dal Caos(b). Aristofane dice, che la Notte produsse u
ane dice, che la Notte produsse un uovo, il quale ella avea concepito dal vento Zefiro, e da cui nacque poi Cupido(c). Offe
oggiunge, che Cupido trasse sua origine da Saturno ; e Saffo pretende dal Cielo e dalla Terra(d). Finalmente Platone raccon
a dell’Oracolo, temeva, che colui fosse un mostro, e voleva togliersi dal conceputo dubbio. Mentre lo sposo una notte dormi
matrimonio, la ottenne. Venere sdegnata, che le si fosse allontanata dal suo servigio una Sacerdotessa, la quale oramai er
fitrite in moglie a Nettuno, fu collocato tra gli Astri(c), non lungi dal Capricorno(d). (5). Leche e Cencreo diedero i lo
esservi qualche virtù ; ne gustò alcune, e tosto si sentì trasportare dal desiderio di cangiare natura. Non potendo più sta
figlia di Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa,
struì della loro nascita, e della trista sorte di Melanippa, la quale dal giorno, in cui eglino nacquero, viveva per comand
unque spergiuro, che avesse osato di mettervi piede, ne restava tosto dal Nume severamente purito(a). Anche in Roma aveva u
Dei(d). Igino poi vuole, che i Venti impetuosi sieno nati da Aurora e dal Titano Astreo(e). Zefiro da’ Latini fu ch’amato F
Latini Vulcanie ed Eolie(g). Esse presero questa ultima denominazione dal re de’Venti, ch’era Eolo, figlio d’Ippoto, o di G
l’infortunio del di lei marito, Ceice. Così si fece ; Morfeo, spedito dal Sonno, prese il sembiante di Ceice, squallido e g
se l’adito ; nè sapendo quale ne fosse il nome, le impose il predetto dal verbo latino pandere, aprire, dopo esserne stato
citato da Varrone(f), crede, ch’ella fosse Cerero stessa, così dotta dal pane, che somministrava. Varrone poi distingue l’
sciorre i cani dalle catene, e parte a rintracciare le orme, impresse dal mostro. Dal più profondo della valle, sottoposta
ni dalle catene, e parte a rintracciare le orme, impresse dal mostro. Dal più profondo della valle, sottoposta alla selva,
tutta gelosia in un luogo secreto. Memore di tutto ciò, e trasportata dal furore, gettò nel focolare il legno per abbruciar
so si dolse d’essere vissuto sino a quel giorno. Altea, dall’orrore e dal rimorso della sua colpa trafittasi il petto, manc
mede. Eneo poi dopo la morte di Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno per opera di Agrio, suo cugino. Fu in segui
ra di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito a Marte, anche Ro
ani riconoscevano come preside all’ espiazioni la Dea Lua, così detta dal verbo latino luere ; espiare (b). Quindi si legge
città(e). Anche Bellona aveva i suoi Sacerdoti. Questi si chiamavano dal nome di lei Bellonarj, e assumevano il loro minis
4 (1880) Lezioni di mitologia
ezzo il vello d’oro conquistato da Giasone, che, soccorso da Giunone, dal coraggio e più dall’amore, vinse tanti pericoli,
tunj che successero fino a quel giorno fatale in cui i Greci, aiutati dal tradimento e dalla fortuna, adeguarono al suolo l
rie non é probabilmente che il sole, poiché in un monumento riportato dal Begero si vede sedente collo scettro nella destra
isplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì di luce; dal calore furono generati i venti e le nubi onde fu
erati i venti e le nubi onde fu innondata la terra. Le acque separate dal calore del sole si riunirono coU’aria; le nuvole
altre stelle. Il fango, unito alla materia umida, cadde a terra vinto dal proprio peso, e si accumulò tutto in un luogo, do
mento che loro conveniva. Col progresso del tempo la terra, inaridita dal sole e dai venti, perde il potere di produrre ani
olla falce quell’ingiuria che in lui fu ripetuta da Giove suo figlio. Dal sangue che piovea dalla ferita nacquero i Giganti
rti recise gittate nell’Oceano nacque la bella Venere, detta Afrodite dal nome della spuma marina, eterna voluttà degli uom
herno delle leggi, la doppiezza e il giuramento. Ponto, cioè il mare, dal suo commercio colla Terra ebbe il giusto Nereo, T
e ancora dalla stessa unione le tre Gorgoni: Steno, Furiale e Medusa, dal sangue della quale, allorché Perseo le recise la
ione generarono il Sole la Luna, l’Aurora colle dita di rosa; e Creio dal suo matrimonio con Eurita ottenne Astreo, Perseo
d’ebbero Ristoro unico ai mali Le nate a vaneggiar menti mortali.6 » Dal commercio di Fallante con Stige figlia dell’Ocean
sto, il fulmine, col quale lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine dal fulminato gigante ebbero i Venti, tranne Noto, Bo
i cose sofferte: il mio consiglio Vi trasse al raggio della cara luce Dal dolore dei lacci e della notte Lacrimosa. — Sì di
D’eterno Vigor ridonda l’animoso petto, E tutta appar l’ira del dio. Dal cielo Spesso all’Olimpo folgorando move, E dall’O
hissimo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostrato di acquistar fama
ogliarono alla rapina; e ne diedero i primi l’esempio i Galli guidati dal sacrilego Brenno, che derubarono il tempio di Del
rigionieri Troiani; Pirro sulla tomba di lui uccise Polissena guidato dal paterno furore. Ma gli Dei aveano già dato l’esem
dere. All’Eumenidi in silenzio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al quale un ariete era prima
mento vasto ed importante, e che per esser esaurito quanto è permesso dal metodo prefissoci nei nostri studj, addimanda nuo
ad Augusto, e di molte iscrizioni la memoria non ci è stata invidiata dal tempo. Di due are massime, così dette dalla vener
a giovenca colle corna dorate quei felici, che credevano aver sortito dal cielo una moglie pudica, e le offrivano incenso s
o il coltello, ch’esser soleva lungo, con manico d’avorio dall’oro o dal hronzo adornato. Con un ferro detto dolabra, dell
e vi sia di santo e di religioso per coloro i quali, se qualche volta dal terrore guidati, giudicano doversi onorar gli Dei
i ornamenti delle frasi. Udite la morte della prima, narrata ad Ecuba dal nunzio: Perchè vuoi che il dolor rinnovi, o donn
nzi, i divini versi di Lucrezio sull’istesso soggetto, che ho desunti dal volgarizzamento del Marchetti. A questi succederà
illustre imeneo; ma per cadere Nel tempo istesso di sposarsi, offerta Dal padre in sacrifìcio ostia dolente. Per dar felice
i Castore e Polluce. Questa configurazione primitiva, come si osserva dal sopra mentovato scrittore, si scorge tuttora nel
le statue con occhi guardanti, a disgiungerne le gambe, a distaccarne dal corpo le mani, onde fama eterna ottenne, e diede
i soldati romani atterrarono, non liberati coll’esempio del capitano dal timore comandato dalla maestà del loco, ma pesata
riempirà di maraviglia e di terrore non meno il sacrifizio eseguitovi dal mostruoso Atreo. Da Seneca vi saranno rammentati
nte, e la città minaccia; Onde sull’umil plebe al re l’inulta Morte è dal loco saettar concesso. D’immensa folla ivi capace
rone che in un tempio veneratissìmo vedevasi la statua della Fortuna, dal di cui seno beato suggeva Giove con Giunone il pr
inione, seguita da Virgilio, espressa in un’antichissima gemma veduta dal Bandini. Protessero l’educazione del nume i Corib
a mia madre mi guarda. Oh Dei, Rendetemi quel sogno ! — E così detto, Dal talamo balzando, andava in traccia Delle care com
ffigiato, e presso L’ucciso Argo, cui preme unica notte I cento lumi; dal recente sangue L’augel nascea, che delle occhiute
, con greco vocabolo, fu per tal motivo chiamato. Tempesta, comandata dal dio che a sua voglia il cielo oscura e rasserena,
epose allora il mentito aspetto`. ed a un dio innamorato chi resiste? Dal primo furto di Giove nacquero le Preci, che, al d
artiglio di un’aquila che sopra gli pendeva. Elena e Polluce nacquero dal primo ovo; Castore e Clitennestra dal secondo; il
ndeva. Elena e Polluce nacquero dal primo ovo; Castore e Clitennestra dal secondo; il cigno, ministro alle voluttà del dio,
logi. Il primo ed il secondo nati in Arcadia; uno dall’Etere, l’altro dal cielo: il terzo in Creta, figliuolo di Saturno. M
eri mortali ti chiaman sapiente? è necessità far tua voglia: pendiamo dal tuo cenno. » Ecco Giove confuso col destino. Abba
novantacinque, la lunghezza di dugentotrenta. Bellissimo marmo tratto dal monte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta
ugentotrenta. Bellissimo marmo tratto dal monte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta pendeva una Vittoria di bronzo
he guidava l’eterno suo carro. Vi si ammirava Venere, che appena nata dal mare era accolta dall’Amore, e la dea della Persu
ne che accresceano la maestà di questo tempio misurato dalla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che dagli antichi,
one delFAnguillara, d’ Io infehce le vicende. « La vide un dì partir dal patrio speco Giove, e disse ver lei con caldo aff
, mai gliel consenta Quel dio, che con la sua sicura mano Il tremendo dal ciel folgore avventa. Non fuggir, ninfa, a me, ch
l tuo muggir confondi, E col muggito il mio pianto accompagni? Tu sai dal mio parlar che duol m’abbondi; Ved’io dal tuo mug
o pianto accompagni? Tu sai dal mio parlar che duol m’abbondi; Ved’io dal tuo muggir come tu piagni. Io parlo, e fo quel ch
’empia morte quei bei lumi serra, I quai solcano assicurarle il core, Dal morto capo quei cent’ occhi svelle, E fa le penne
pie di gioie la superba coda Del suo pavone, e gli occhi che distacca Dal capo tronco, ivi gl’imprimé e inchioda, E con mir
j. Tibullo cantò: « L’arida erba non prega il Pluvio Giove. » Elicio, dal chiamare i fulmini, fu detto il Giove dell’Aventi
i mortali. Carco della sua altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal monte, sacro pure alle Muse, Plutarco. Giove Espi
, è lievemente inchinato quasi in attudine di concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i più bei monumenti di Roma, e
di Giunone andasse tant’ oltre che fuggitasi nella Eubea, non poteva dal suo ritiro toglierla veruna promessa del ravvedut
tea figlia di Asopo. Prestò lede Giunone alla falsa novella: accecata dal furore corse al plaustro, si avventò sulla credut
ndi disavventure di Giunone fu l’essere sospesa alla volta dell’etere dal prepotente marito, mentre due incudini alle candi
i altri, favelleremo in appresso. « Nè l’immagine fedelmente espressa dal marmo (così il Visconti), nè quanto possiamo dire
e era chiamata dai Gentili Magni Matrona Tonantis. » Omero, tradotto dal celebre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cin
ui s’indonna. Grazie decenti. Atti gentili, e quelle Arti celesti che dal bello han nome E son alma del bel, gli acconci De
onda. Quasi dessa non pargli, e al par sorpreso Di lei, di se: Tu qui dal ciel? domanda, Compagna amata, e che ti guida? — 
cella tua; solo mi rendi. Rendimi l’amor tuo, torna il mio Giove; No, dal tuo cor non discacciarmi — E dolce. Mentre sì par
, a che richiami Obliate memorie? oh fossi ognora Stata qual sei, che dal tuo sen divelto Altro mai non m’avria. Non rinfac
a, che a’ due sposi appresta Profumato d’ambrosia amico letto; Mentre dal sen della dorata nube Che gli circonda, di nettar
ta dalla stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutrice. Giunone Citeronia commem
ed allora è lo stesso che Lucina, ufficio che potrebbe simboleggiarsi dal putta che stringe al seno. « Ma questa statua, la
semi per l’immense genti Sparsi: d’un sol colore era la terra. Prima dal Terapneo sangue formai Un fiore, e ancor nella su
leato a Giove nelle guerre, le quali ebbe dopo che Saturno fu balzato dal trono. Il felice evento di queste, permise ai fra
premio (come lasciò scritto Igino) di risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E opinione di alcuni che Venilia, e n
da Giove assegnato il dominio della loro regione. Aluchete fu detto, dal suono del mare imitatore del muggito, o perchè us
lui, narra Tucidide, dai barbari Spartani furono trucidati gì’ Iloti. Dal celebre edifizio che sacro gli era in Tenedo, Ten
lo reputassero di frenare i destrieri, o perchè dalla terra percossa dal tridente balzasse fremente cavallo. Nell’ istmo d
e monete Nettuno e i fiumi.9 Ecco quasi compita la serie dei cognomi dal Paganesimo dati a Nettuno, che ninno atteggiò con
e al nume dell’acque senza però esserne un distintivo particolare; ma dal tridente principalmente, chiamato da Eschilo 10 l
essendo in parte che una serie di racconti alterati dalla maraviglia, dal terrore e dall’interesse, soggiace necessariament
oltre il figlio del re degli Dei, furono i Mercurii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Fo
glio del re degli Dei, furono i Mercurii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Foronide, ed è
condo di Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofonio: il terzo dal Nilo; del quarto s’ignorano i genitori, ma fu anc
pollo nell’Onchesto, scoperse l’autore del furto dagl’indizii datigli dal vecchio di cui favellammo, volò al selvoso monte
ile inganno, e più dell’accennato istrumento, che celermente percosso dal figlio di Maia suonò incognita armonia, che l’ama
fu Mercurio rappresentato, e la descrizione di due statue di lui data dal Visconti nel Museo Pio Clementino. Da Omero è nar
la diversità dei modi nei quali furono i numi ritratti. Udite intanto dal sopralodato Visconti come è scolpito Mercurio fan
i sustruzioni, portici ed edifizii, nella guisa appunto che si godeva dal Foro Romano l’ imminente Campidoglio colle sue fa
rsi le statue dei benemeriti delle città. » Omero , Inni, tradotti dal Salvini. Lezione decimaquarta. Dei simboli e d
re lo fa dei cenni di Giove ad Enea immemore della Italia promessagli dal destino. Così traduce Annibal Caro: « …………………………
nume, al quale un vento è sostegno mentre s accinge al volo, per cui dal cielo fino agli abissi discende apportatore dei c
asserisce che i serpenti simboleggiavano la dialettica arte insegnata dal nume dell’eloquenza. Checché ne sia, il caduceo d
la palestra lo adoperavano forse perchè in questo costume formata fu- dal dio la rozzezza dei primi mortali. Vergadoro fu i
, uno del Museo Chiaramonti, l’altro del palazzo Albani, recentemente dal celebre Zoega illustrato. Diminuirà la noia del t
onti sopra la statua chiamata l’Antinoo di Belvedere, ma riconosciuta dal consenso dei dotti e’degli artisti per rappresent
al pubblico senza la falsa denominazione che per ben due secoli ebbe dal volgo degli eruditi e dei professori. I più esper
a negli scavi dell’ Ercolano, è ora in Francia, ed è stata pubblicata dal conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel
do Rivide il padre. Nell’Eliso la tua verga conduce I Giusti sciolti dal corporeo manto, E quei che spargon per la nova lu
ministro della morte vendicata. Sdegnato il padre degli uomini rilegò dal cielo Apollo, che esule famoso errò per la terra
seconda Lezione sopra Apollo che con Delfo, nobilitato dalle imprese, dal tempio e dall’oracolo del nume. Pausania, tesoro
ste, furono gli Antizioni che ne ordinarono la costruzione col danaro dal popolo consacrato per quest’uso. Spiritare di Cor
insignita del sacerdozio di Bacco, e celebrò Torgie in onore del dio; dal che, dicono, è nato che tutte le donne prese d’ u
à celebre eternamente. — « Il tempio di Apollo fu dunque esposto fino dal suo principio alle intraprese degli uomini avidi
a, ch’era la sacerdotessa, non volesse dargli alcuna risposta, perchè dal sangue d’Ifito era ancora macchiato. Ercole sdegn
e d’Ifito era ancora macchiato. Ercole sdegnato pel rifiuto portò via dal tempio un treppiede, e la sacerdotessa gridò: E E
gettò nel mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leucofri, che dal nome di Tene Tenedo fu detta. Qualche tempo dopo.
rsi ancora che è stato consiglio dell’artefice di allentanarsi in ciò dal rigido vero per servire alla destinazione del sim
favola fìsica non aveva altro significato che la dissipazione operata dal sole de’ vapori maligni esalati dalle grandi inon
te estimarlo. Il mio petto si gonfia e s’inalza, come quello dei vati dal profetico spirito investiti, e già mi sento trasp
rezza e della magrezza delle scuole più antiche. Quindi non è lontano dal credere che lo scultore dell’Apollo abbia imitata
rrara, che si credeva greco. Udite adesso da Ovidio, che, incoraggito dal voNicccLiNi. Lez. di Mit. ecc. 30 stro compatimen
etti: Ferma, Dafne, il prego, 10 non ti seguo qual nemico; agnella Sì dal lupo s’invola, e con tremante Penna l’aquila tal
decimanona. Imagini di Apollo in pittura e in scultura. Altri lumi dal Winkelmann e dal Visconti derivar voglio sopra Ap
ni di Apollo in pittura e in scultura. Altri lumi dal Winkelmann e dal Visconti derivar voglio sopra Apollo, primo vanto
di pastore incurvato, appoggiato alla pietra su cui siede la figura: dal che appare che siasi voluto rappresentare Apollo
state dipinte con una capellatura bionda, come noi possiamo giudicare dal piccolo numero di pitture che sono giunte sino a
ito teatrale che lo copre sino a’ piedi, nella cetra che tien sospesa dal lato manco, nel moto delle braccia al suono, appa
movimento e l’espressione di questa bellissima statua è giustificata dal pregio in cui si conosce essere stata presso gli
rca le antiche costumanze, ci presenta parte per parte. Incominciando dal capo veramente mirabile per avervi l’antico artef
ginazione, sollevata dall’estro quasi al vaticinio, è questo coronato dal lauro, pianta consacrata da Apollo ad esser l’orn
ica lo deduce da Lieo figliuolo di Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che sacro era al nume, forse, onde la veloci
colle voluminose spire la terra spaventata. Cintio Apollo fu chiamato dal monte di Delo, e divise questo nome colla sorella
colla luce che sparge nel volto della Luna. Filesio chiamarono Apollo dal bacio che diede a Branco fanciullo caro al nume,
i questo nome in Carno figliuolo di Giove e di Europa, che fu educato dal nume, altri in diversa favola che per brevità tra
a guisa di auriga, e il fulmine e le spighe confondea colla sinistra. Dal catalogo di questi cognomi potete ricavare che Ap
e ricopre. Vibrano luce sulla ricca soglia Doppie porte d’argento, e dal lavoro La materia era vinta. È da Vulcano Qui scu
nfelice, e in me ravvisi Tua vera prole l’atterrito mondo. — Disse; e dal capo il genitor depose I raggi tutti. Colla mano
r la fiamma Capace il rende; gli circonda il crine Coi raggi, e fuori dal commosso petto I presaghi sospir traendo, disse:
na sui forti ginocchi di Brente, a lui con la mano pargoletta strappò dal largo petto le lane ferruginee. Eccovi esposti i
Unisco la illustrazione di due simulacri di questa divinità, tratta dal Museo Clementino del celebre Visconti. Quindi Ovi
ulacri di Diana questa tavola ci presenta, scultura bellissima donata dal signor principe Don Andrea Doria Panfili a Clemen
n succinte della figlia di Latona. Si vede la dea in atto di estrarre dal turcasso, che tiene appeso agii omeri, una frecci
otea, o per persona a lei aderente, qualunque immagine la cui testa è dal credenmo legata, come Winkelmann stesso denominò
ve. A te, o Diana, le Ninfe Annisiadi rinfrescano le cerve distaccate dal giogo, e recano loro il trifoglio facile a nascer
avano gli agili archi e il turcasso intorno agli omeri, che spogliati dal lato destro mostravano l’ignudo seno. Approvasti
r questa sembianza un’idea imperfetta della bellezza anziché ricavata dal naturale: pure bellissimi ne sono i piedi, nè più
a quale ho tra ciotta da Racine, che ne accrebbe le bellezze derivate dal nominato tragico greco. Morte d’ Ippolito. Lasci
sproni il polveroso fianco Ai corridori fra l’acute rupi Precipitati dal timor: già l’asse Cigolando si frange, e volar mi
pudor. Dell’alta gara Preme l’opra maggiore il dubbio petto. Densa, e dal tempo inviolata selva Frondeggia in piano, ed i s
radici, e prono al suolo Cade: Peleo l’alzò: vibra Tegea Coler saetta dal curvato legno. Che alla belva strisciò l’orecchia
fato Anceo furente Vola gridando: All’arme mia cedete, O giovinetti; dal virile braccio Feminea destra impari: anche Diana
tre sorelle Arbitro della vita avean sul fuoco Posto allora ch’Altea dal grembo scosse L’ infausta prole. Con la man temut
le dive: Egual tempo doniamo Al legno ed al fanciul. — Balzò la madre Dal letto, e tolse dal vorace foco Il ramo palpitando
o doniamo Al legno ed al fanciul. — Balzò la madre Dal letto, e tolse dal vorace foco Il ramo palpitando, e con la pura Ond
ta. Luna fu detta, perchè non altro che questo astro reputavasi, come dal consenso risulta di tutti i poeti. E favoleggiano
etustissimo, il rozzo artefice non aveva ardito staccargli le braccia dal corpo senza dar loro un sostegno: perciò si veggo
o che v’è di più osservabile è il suo petto e la sua collana. Pendono dal primo sedici poppe simboli della propas^azione e
e migliore del seguace coro. Da qual monte ritorni? — Il molle fianco Dal riposo dell’erba alza la ninfa Dicendo: Salve, o
come mal si cela Nel volto accusator la colpa: appena Alza gli occhi dal suolo, e non si unisce Qual pria soleva della div
nvano oppose Fra l’attonite ninfe al sen materno. Che esclama Ciutia: Dal mio ceto, o donna, Va lungi, e non macchiar 1’ on
o la nascita della dea. Inventore dell’opinione che vuol Pallade nata dal capo di Giove fu Stesicoro, che volle forse con q
issima scure fa gli uffizii di levatrice, onde sonora nell’armi balzò dal capo divino la dea del sapere. Omero, nel quarto
erci state cinque Minerve. La prima, madre di Apollo; la seconda nata dal Nilo, e dagli Egizii in Salde adorata; la terza g
ed ucciditrice di lui, perchè tentava di violarla. A Pallade generata dal capo di Giove si attribuiscono tutte le glorie de
nel fine della presente Lezione vi sarà descritto per Omero tradotto dal celebre Cesarotti. Virgilio, imitando il princip
oeti, così n’accenna la forma nell’ottavo libro dell’ Eneide tradotta dal Caro: « Lo scudo, la corazza, e l’elmo, e l’asta
contesa con Nettuno, oppose al toro, ovvero al fremente cavallo nato dal tridente del nume, la maniera di edificare una ca
livo, e questo simbolo indica la sua vittoria sopra Nettuno cagionata dal nome che si trattava di dare ad Atene. Quando ell
che battaglie e stragi. Ha F egida al petto, corazza di Giove, fatta dal cuoio della capra Amaltea, ove è il terrore, la t
onumenti antichi inediti, tomo II); quindi un simile scudo, che cadde dal tempio di Pallade in Argo, nello sposalizio delle
statua è osservabile l’imbracciatura, detta dai Greci (grec), diversa dal (grec) o striscia di cuoio, per cui si porta van
di Pallade e del latino di Minerva. Se il secondo ha avuto l’origine dal furor militare, o dal minaccioso aspetto della de
no di Minerva. Se il secondo ha avuto l’origine dal furor militare, o dal minaccioso aspetto della dea, niuna immagine ci p
, si adira la figlia del forte padre. E se il primo l’è stato imposto dal vibrare e dallo scuotere questa lancia fatale, ne
vinti della terra i figli Tutte l’armi portò lorde di sangue: Ma pria dal cocchio alle cavalle sciolse Le fumanti cervici,
Le fumanti cervici, e nella fonte Dell’Ocean lavò il sudore, e terse Dal morso fren l’irrigidita spuma. Venite, Achive, e
omini, delle belve, favoleggiarono i più fra gli antichi che nascesse dal sangue della disonesta ferita, colla quale Saturn
Celo padre di lui, e dalla spuma del mare. Appena nata, dai capelli e dal volto spremeva con ambe le mani l’onda dell’ Ocea
. L’opinione più comune si è quella che alla spuma del mare fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere di questa divin
to collo; e il petto, simile alla crescente argentea luna, traspariva dal velo. Salve, Regina, disse l’eroe, chiunque tu si
di Otreo, che alla ben munita Frigia comandava, e rapita da Mercurio dal coro di Diana come destinata in sposa d’Anchise.
a della beltà in tutto quel maggior risalto che acquistano nelr uscir dal bagno le sue membra divine, non è restato inferio
’aggruppamento delle membra darci l’idea dell’azione che fa di sorger dal bagno, che resta a prima vista evidente, benché n
L’amore degli ornamenti che distingue Criprigna si é voluto indicare dal giudizioso artefice anche in un braccialetto che
rmiglio sulla bianca carne. Languisce l’occhio sotto al morto ciglio; Dal labbro fugge il bel color di rosa, E intorno al l
so suo alto chiamando. A lui sul corpo un rio di sangue andava, E giù dal fianco rosseggiava il petto, E il costato, che di
rigna i fiumi il lutto, Piangon sulle montagne Adon le fonti, I fiori dal dolor fansi vermigli. Venere la cittade e la camp
i piaga impressa, Tosto che vide il porporino sangue Via via spicciar dal moribondo fianco, Abbracciandol dicea: Aspetta, A
solo, come osservai, figurarono la diva sorgente sopra una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pure con sembianz
pigramma che su questo simulacro si legge in Ausonio, che lo tradusse dal arreco. Eccone il senso: Pallade vide Venere arma
alla madre. Cognominata fu pure Arginnide da Arginno fanciullo amato dal re Agamennone, che nuotando nel fiume Cefiso vi p
amato dal re Agamennone, che nuotando nel fiume Cefiso vi perì; onde dal re, in memoria dell’ infelice amore, fu eretto un
sembianze di Muse, ora di ninfe, ora di altre divinità hanno sortito dal capriccio dei ristauratori e degli antiquarii. Pu
glioni di Guido, replicata la stessa in diversi conii, non sia tratta dal loro mirabile originale. « Or la figura di Venere
ola d’abbigliamenti detta dai Greci (grec), da’ Latini pixis, e buxis dal bosso onde antichissimamente solca formarsi. Sebb
olo di Vincitrice. La prima era che la presente statua avea la tunica dal petto con lasciva negligenza cadente, foggia usat
a figura sia composta con certa eleganza, che la dimostra proveniente dal buon secolo dell’arte, è poi trattata con molta t
l dire di Cicerone, più furono i Vulcani oltre il mentovato. Il primo dal Cielo, il secondo dal Nilo nacque, ed Opa fu dett
ù furono i Vulcani oltre il mentovato. Il primo dal Cielo, il secondo dal Nilo nacque, ed Opa fu detto dagli Egiziani; il t
lla meta prescritta: quello cui si estingueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno era superato da chi lo seguiva,
nd’egli armato Le genti e le città scuote e commove. » Eneide trad. dal Caro, lib. viii, v, 639 e segg. Vulcano è stato r
ltri; la secura mandra Pascea trescando appo un cannoso fiume, Quando dal bosco due leoni ingordi Sbucano, e al toro che al
ad una nuvola di polvere s’inalzò verso l’Olimpo, e col core oppresso dal dolore mostrò a Giove il sangue immortale che sco
terrore a Giove Le minacele e i comandi. A lui diceva Marte il primo: dal ciel che rechi? a questo Cielo, alle nevi mie, ce
gloria d’imitar il tiranno ancora negli errori. Prese ardire Nettuno dal delitto fraterno, violò anch’egli Cerere, e n’ebb
ando vi leggerò l’Inno su Cerere ad Omero attribuito, che fu scoperto dal Mattei, e dal Runchenio pubblicato. Potè coll’aiu
ò l’Inno su Cerere ad Omero attribuito, che fu scoperto dal Mattei, e dal Runchenio pubblicato. Potè coll’aiuto di questi v
i dritti? E pur nel glauco seno Anfìtrite Nettuno accoglie, e posi Tu dal fulmine stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furt
zione degli artisti, poco contenta dei simboli adottati nel principio dal popolo, ne ha creati grandissimo numero di altri,
ade sulla parte posteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal quale escono di sopra foglie e spighe. Quella par
fronte. Qual variazione fatta non si era ai tempi di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicata con l’abito di una
nte petto Respira fiamme, e allor che il peso immenso Di scoter tenta dal ribelle collo E muta i fianchi, la Sicilia trema.
bile artifizio è ancor la presente statua, tolta, come la precedente, dal cortile della Cancelleria. La semplicità del dise
enominarla. Pensai che qualche soccorso potea trarsi dall’abitudine e dal carattere della figura medesima, persuaso che gli
balzò Cibelle Dai recessi, e volgea le prone torri Ai baci della dea. Dal ciel mirava Giove gli eventi, e a Citerea rivela
i sogni erranti. La via prepara ver l’etnee contrade Fiutone, accorto dal fraterno cenno: Aletto lega i corridor tremendi,
tto Stefaneforo, perchè coronato andava alle cerimonie, ed era eletto dal concilio delle sacerdotesse della Gran Dea chiama
gno della dea, se per caso nelle cerimonie avessero violate le regole dal rito prescritte. Ai servi d’ambidue i sessi era v
re stessa. Vien riferita ad Eamolpo per altri, che ne prendono motivo dal nome di Eumolpidi, che i sacerdoti dei Misteri av
In molti giri il crine Diviso dairidalio ago si volge: Fibbia sudata dal marito industre Sospende al fianco la purpurea ve
ecreto. Gli iniziandi descrivevano i riti che gli erano letti innanzi dal gran sacerdote detto Jerofante: eran composti di
o fatte contro il rito. Ad altri quattro col nome di Curatori, scelti dal popolo, per legge era commessa la religione dei m
a principio di un migliore avvenire. I non iniziati erano allontanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra
credevano delitto violarlo. Compirò le altre notizie, che ho dedotte dal Meursio su questo soggetto, nella seguente Lezion
esso Gite, sorelle, che sul biondo suolo L’astro più caro a me sparge dal crine Le feconde rugiade: — e toglie al prato Il
a pompa Bacchica espressa in un basso rilievo pubblicato recentemente dal celebre Zoega. Dopo questo, che lentamente proced
Bacco non era il Tebano figlio di Giove e di Semele, ma un altro che dal re degli Dei e da Cerere, o Proserpina, era nato.
edere questa gara rappresentata in un basso rilievo antico pubblicato dal Lami nell’opera del Meursio sul soggetto di cui s
E del pallido campo i nove giri Tutti discopre. Tanto era: Si toglie Dal stanco petto il vorator grifagno E a lui non cres
dell’oro, occupa notte Gli occhi, la gloria del superbo volto É vinta dal pallor, le nivee membra Caligin tinge dello stigi
, e di rumor vano riempi L’Idea montagna: Se il materno affetto Tutto dal core non scacciasti, e sei Cerere santa, e che di
o II suo fulmin non vibri: Or vai, ma ratta, E felice ritorna. — Esce dal tempio Cerere, e i tardi corridori accusa, E li p
umil orno, allor che l’esca Recando, pensa che il diletto nido Scosso dal vento non sia furto all’uomo, Preda ai serpi. Poi
cardin delle fide porte E della flebil casa il muto aspetto, Stupida dal dolor pianto e parole Formar non puote: i tremuli
con baci: i voti campi Interroga così mesta giovenca Del suo torello dal desìo trafitta. Del tetto alfin nella segreta par
cuore degl’immortali e degli uomini la mente e il prudente consiglio. Dal principio di Esiodo traendo l’argomento della mia
avola alla Terra non è facile il rintracciare. Alcuni la dissero nata dal litigio, altri da Demogorgone, non appoggiati per
o. Immolavano gli antichi a questa dea un’agnella nera, come rilevasi dal terzo libro dell’ Iliade di Omero. Orazio le asse
allontanano le nuvole. — Ma l’artista si allontana con sommo giudizio dal poeta. Tutti due rappresentano la Terra distesa s
lle combinazioni dei poeti. In una medaglia di Giulia Augusta esposta dal Begero, siede la Terra ammantata posando la destr
arte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terra. Acusilao dalla Notte e dall’E
Notte e dall’Etere, Alceo dalla Lite e da Zeffiro, Saffo da Venere e dal Cielo, e Simonide finalmente, secondo l’opinione
tre: evvi del ventre il loco. La macie accresce le giunture, e l’orbe Dal ginocchio rileva, e sorge acuto Il tumido tallone
gine fanciullesca: ma certamente egli ha perduto le sue penne, poiché dal mio cuore non è volato più mai. » E prezzo dell’
ente fu di nuovo rubato da Nerone e situato in Roma, ove fu consumato dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi d
la novella. » Questo dio mi rammenta la Notte sua madre, che nacque dal Caos, e che Esiodo annovera dopo l’Amore. Quindi
colla descrizione di un simulacro di Arùore del Museo dementino, data dal celebre Visconti. Succederà a questa un’elegante
useo Clementine una statua di lui è posta dopo le figlie di Mnemosine dal Visconti, che illustra due altri simulacri dello
a poco é figurato il Sonno eterno in una bell’ara del Palazzo Albani, dal quale è stata presa l’idea di porgli in mano una
ri selva innanzi all’antro Fiorisce e d’infinite erbe famiglia: Notte dal loro umore i sonni accoglie E gli diffonde per l’
damantina quell’ingiuria, che in lui fu ripetuta da Giove, e nacquero dal sangue della parte recisa le furie Aletto, Tisifo
i toro, come attesta Euripide nell’Oreste. Io penso che ciò derivasse dal crederlo autore dei terremoti come reputavano i f
per la sua semplicità e nobiltà degna degli artefici antichi, è stata dal cavalier Mengs rappresentata Mnemosine nella bell
natore di flauto, la madre degli dei che con fragore e lampi scendeva dal cielo, eresse un santuario a lei e a Pane accanto
ssinunte nella Galazia il simulacro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il quale non era che una pietra g
in Venezia ci offre Cibele che ha sul capo un modio, in parte coperto dal peplo; sul petto delle lunghe treccie attorciglia
ù dignitoso, e probabilmente da Fidia prescelto. In un’ara riprodotta dal Muratori la figura della dea si trova seduta sopr
sia. Ma tosto che coi chiari occhi raggianti. Il facciaurato sol mirò dal cielo L’aer bianco, il suol duro, i mar spumanti,
r mutar vorrei. Come la voce alle rosate labbia D’Ati men venne, e fu dal duol dispersa, Cibele, che l’udìo, scompagna e sc
i furor, di follìa Costui ne sforza, Che baldanzoso Troppo e riottoso Dal mio domino sottrarsi vorria. Su, la coda ti scuot
rizione della facciata dell’ara, relativa ad Ati e Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione di un sacrifizio di
pi, o Rea, sorella; ed avendo udito che un figlio lo avrebbe cacciato dal trono, stabilì di uccidergli tutti. Incresceva al
é’ dire ad Evandro. « Saturno il primo fu che in queste parti Venne, dal ciel cacciato, e vi si ascose; E quelle rozze gen
turnio, vi sacrificò vittime senza macchia perchè venissero consumate dal fuoco sacro. Ma per conservare nel tempo stesso l
itto: la sua testimonianza è confermata dai particolari somministrati dal signor Fourmont dopo il suo ritorno dal viaggio d
dai particolari somministrati dal signor Fourmont dopo il suo ritorno dal viaggio di Levante. Egli ne parlava come di massi
e il piu famoso di essi, che furono cento, nacque, secondo Apollonio, dal nominato dio del mare e da Europa di Tizio figliu
questa isola e lo sbaglio di quelli che s’allontanano in questo punto dal sentimento ordinario veniva da un equivoco cagion
questo punto dal sentimento ordinario veniva da un equivoco cagionato dal soprannome dato comunemente ai Dattili. Si chiama
ndo esso ne contava cinque, e dipende, come sembra al nominato poeta, dal numero indicato il loro nome, che in greco signif
nsideravano queste imputazioni come conseguenze dell’invidia prodotta dal merito delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu lo
del biforcuto scettro che ha nella sinistra, essendo questo riportato dal ristauratore, e non osservandosi in mano a Pluton
on le immagini di Serapide. Sì osservi, fra 1’ altre quella riportata dal Fabbretti, e poi dal Cupero, che in tutto confron
apide. Sì osservi, fra 1’ altre quella riportata dal Fabbretti, e poi dal Cupero, che in tutto confronta colla presente, ed
to. Questo simulacro giunto poi in Egitto, e riconosciuto per Plutone dal Cerbero e dal Serpente, ebbe il nome di Serapide,
ulacro giunto poi in Egitto, e riconosciuto per Plutone dal Cerbero e dal Serpente, ebbe il nome di Serapide, o Sarapide, d
d’Alessandria, e il Plutone, o Giove Dite, dei Sinopiti, fu venerato dal Paganesimo sotto il nome di Serapide. Così ebbe f
calato, le quali per non essere abbastanza distinte sono state omesse dal disegnatore. Quantunque peraltro non sieno che ac
omune come quelli che qui son descritti, è poco distinto dalla forma, dal colore, e la sua realità confina coll’ombra in pi
ccanto, e che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello dal dito di Foco: quest’ultimo, figlio di Aiace, pass
di Salamina, Palamede e Tersite, che giuocano agli scacchi inventati dal primo. Aiace figlio di Oileo guarda il loro giuoc
e sembra invitare Pentesilea ad avvicinarsegli. Questa lo guarda, ma dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta ne
dell’Averno all’Ombre, Ch’a mortai pregio impietosir non sanno. Mossi dal canto, simulacri lievi Ed ombre vane fuor che nel
: E la rapita sposa, e degli Dei Piangeva i vani doni, onde sprezzate Dal fedele dolor le Tracie donne, Fra le feste dei nu
disperdean pei larghi Campi infamati lacerato Orfeo. Ed anche allora, dal marmoreo collo Diviso il capo, mentre l’onda il p
o lo veggiamo in una delle pitture del sepolcro dei Nasoni illustrate dal Bellori, ove Visconti ha creduto di riconoscere S
per genitori Proserpina e Plutone; Esiodo nella Teogonia le vuol nate dal sangue di Saturno, quantunque nel suo libro intit
orcia ardente, e sembra che le tre restanti, che molto hanno sofferto dal tempo, parimente di torcie fossero armate. Le tes
Esichidi, dalla quiete, si chiamavano i sacerdoti, che si astenevano dal libare a queste Dee il vino. Infatti Edipo giunto
ell’eterno pianto. Guarda, mi disse, le feroci Erine. Questa è Megera dal sinistro canto: Quella, che piange dal destro, è
feroci Erine. Questa è Megera dal sinistro canto: Quella, che piange dal destro, è Aletto: Tesifone è nel mezzo: e tacque
cco entrar nel doloroso albergo I mal felici e mal graditi sposi Ebri dal vin, che mal bevuto a mensa Miseri aveano, e dall
ra i letti, Anzi bare funebri, eran distesi I lor miseri corpi. E già dal sonno E dal cibo e dal vin ciascun oppresso Sicur
Anzi bare funebri, eran distesi I lor miseri corpi. E già dal sonno E dal cibo e dal vin ciascun oppresso Sicur giaceva all
unebri, eran distesi I lor miseri corpi. E già dal sonno E dal cibo e dal vin ciascun oppresso Sicur giaceva alla sua donna
n che tu bevuto avevi Era liquor d’addormentar altrui. Ma mi sgombrar dal genitor mio crudo 1 precetti superbi empi e nefan
o. Sopra un basso rilievo del Palazzo Albani, pubblicato recentemente dal celebre Zoega, è accanto a Plutone effigiata una
a questa riva imposto Caron, demonio spaventoso e sozzo, A cui lunga dal mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha gli
esciuto fino a tre dai potenti^ che si sono sempre voluti distinguere dal povero ancora nell’ultima superbia dei funerali.
nferno. Gli Ermioniensi solo fra tutti gli uomini si credevano esenti dal tributo per esser vicini più d’ogni altro popolo
igliuola, secondo alcuni, di Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furto di Giove partorì pure Sarpedonte e Radamant
n propizio augurio gli fosse comparso. Nell’ istante comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati gli permisero di
eva la sorte della patria. Minosse inorridì al tradimento, e respinse dal suo cospetto l’infame principessa, e lasciò Nisa.
Tonante lo partorì Egina figlia di Asopo, dopo essere stata ingannata dal dio nelle sembianze di fuoco. Ella diede il suo n
virono ad estinguere la sete dei Titani. Secondo l’opinione riportata dal Boccaccio, nacque da Oerere nell’Isola di Oreta,
o intorno al giuramento degl’Immortali. Cocito ancora varcar si dovea dal popolo dell’ombre. Questo fiume riscontra, second
de le sue ali immense, che la superbia dei mortali toglie da Nemesi e dal Tartaro. — Da questi versi non dissentono gli art
inistra ella solleva la sua veste, che ella tiene un poco allontanata dal suo seno. Questo braccio, piegato dal gomito sino
ella tiene un poco allontanata dal suo seno. Questo braccio, piegato dal gomito sino alla prima falange dei diti, signific
emesi nel bel vaso del Palazzo Chigi, così in un raro cippo riportato dal Begero, ove assai stranamente viene scambiata col
sino da’ suoi tempi aveva saputo effigiare la greca scultura, salita dal più bello della natura umana all’ideale della div
. « Il marmo in cui fu scolpita la superba statua era stato destinato dal re Dario a lavorarvi un trofeo della vinta Grecia
io a lavorarvi un trofeo della vinta Grecia. Disfatti però i Persiani dal valore Ateniese a Maratona, venne quel marmo in m
ielo. Se basso voli aggraverà le penne L’onda, e in alto saranno arse dal foco: Fra l’uno e l’altra vola: io tei comando. N
ll’audace volo Il giovinetto invoglia, e l’ali inalza Preso del Cielo dal desire: il Sole Vicino scioglie all’odorata cera
e, compagne dei malaugurati studii di Proserpina sui prati siciliani. Dal sangue nata la vuole il preteso Orfeo: e certamen
secoli, che i primi re furono tutti soldati. Euripide fu tanto invaso dal potere della fortuna, da affermare che non Giove,
u sovente confusa. In fatti in un rovescio di una medaglia pubblicata dal senator Buonarroti, Nemesi ha il timone e la carn
aggiunse il primo le ali a Cupido e alla Vittoria: nel che fu seguito dal figliuolo, che facendo la statua della Fortuna ag
esta venerata di tanti dii? « Io per me non credo dovermi allontanare dal senso più naturale e più certo di quel vocabolo,
Nel Museo Clementine vi ha pure un’altra statua della Vittoria, così dal prelodato Visconti descritta: «Questa divinità al
dezza, o perchè fossero per maggior parte di bronzo, distrutti perciò dal bisogno e dall’ ava rizia, perchè, perduti i simb
loro i tuoi superbi carmi Arbitrio eterno in su l’età lontane; E già dal loro ardore Infìammata tua mente Si crede esser p
to, esponendo per la prima la statua di Clio. « La distinguo per tale dal volume che ha in seno, quasi svolgendolo e recita
tichi tunica axillaris, e in una sopraveste che le si avvolge intorno dal mezzo in giù. Meritano osservazione le scarpe che
ere la seconda figura nel piano superiore del basso rilievo, distinta dal volume che ha nella mano, e che si vede in piedi
Omero, Euterpe è quella Musa che regge colla destra due flauti, presi dal Kirkero per fiaccole, ed è nel piano superiore. I
ggiadra figura della maschera comica e caricata, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona di edera di cui h
he riguarda Meneceo figlio di Creonte. Tebe, egli dice, sarà liberata dal pericolo imminente se egli vuole immolarsi nella
la Melpomene del sarcofago Capitolino: ha la maschera tragica alzata dal volto, che le serve come di cuffia ed ornamento d
o divise in strofe, antistrofe ed epodo. Le due prime parole derivano dal Greco(grec), volgere, ed allude alla maniera di g
a Musa il nome di Clio. Con tal nome è distinta ancora la nostra Musa dal dotto espositore dei bassi rilievi Capitolini, ch
e romane della famiglia Pomponia si riconosce la testa di questa Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto, come dalla cet
la sua figura. Erato. Le poesie amorose, la danza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco gli ufficii
non invoca altra Musa nella sua Arte, assegnandone la ragione appunto dal nome. Apollonio nel terzo libro dove incomincia l
ilostrato di altre due pitture la descrizione, che ho tradotta, mosso dal gradimento che aveste per questo animato scrittor
l’aste, pei sassi e per le scuri. Ma è fama che Capaneo fosse ferito dal fulmine, avendo il primo arrogantemente ferito Gi
ato col vino, questi che spirano sulla mensa, questo nappo rovesciato dal calcio di un uomo che gli palpita accanto, questa
, quello ha tagliato il pugno coi quale solleva la tazza. Chi cadendo dal suo letto trae dietro a sé la tavola, un altro si
o la testa scapigliata, con un braccio reso più fermo e più terribile dal furore: dove la misera, tutta delicata e divina,
ere scritto, ci offra differenti etimologie, vi ha pure chi lo deriva dal molto ricordarsi delle passate cose, cioè dalla f
ri, mancante però del capo; l’altra eguale al vero, moderna per altro dal mezzo in su, ma di eccellente scalpello, nella Vi
, nel quale tutte le altre Muse sono rappresentate assai diversamente dal consueto, non essendovene, come già notammo, alcu
il combattimento é qui terminato, la balena uccisa versa gran sangue, dal quale il mare é divenuto rosso. Amore slega Andro
bbiamo in Senofonte menzione di un’altra, ch’era soltanto pieghettata dal mezzo in giù. Questi esempi possono farci sembrar
quel che abbiamo sott’ occhi. Io vado pensando che siccome la tonaca dal mezzo in su è trasparente, sia fatta dal mezzo in
nsando che siccome la tonaca dal mezzo in su è trasparente, sia fatta dal mezzo in giù di più grosso drappo non per altra r
era tragica fanno ravvisare nel settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero, la quale ha lo scettro dietro la testa ne
a della Lirica in atto di suonare il suo favorito istrumento. È detta dal Begero Melpomene, ovvero Polinnia. L’ultima è la
mene, ovvero Polinnia. L’ultima è la musa Euterpe, chiamata Tersicore dal Begero, con due tibie decussate nell’area del dri
a abbandonato il viso, nel quale il dolore della natura è stato vinto dal piacere d’un’ azione sì bella. — Lezione cin
fé’ vestite a Smirne, e quel che è più, furono nell’Odea così dipinte dal primo pittore dell’antichità, da Apelle. Pitagora
e attrattive, la saviezza il mezzo di giovare, e la scienza allontana dal suo santuario coloro che potrebbero innamorarsi d
ccompagnare le statue di Venere. A ciò mirava, come è stato osservato dal prelodato Visconti, 1’ autore dell’epigramma sull
tra differenza che il vestito di queste ultime. In un vetro riportato dal Fabbretti sono rappresentate in forma delle tre G
dall’Agostini, ed osserva che nel caso che fosse un elmo, come appare dal disegno, non disconviene dare a una Grazia l’attr
ltro ornamento hanno sul capo. Le mani delle due estreme sono corrose dal tempo, nè conservano i consueti attributi del ram
on una certa audacia contro le onde, è Aiace Locrense, di cui la nave dal fulmine è già stata colpita. Egli essendosene sla
ne sono bagnate incessantemente. Quindi una larga fiamma accresciuta dal vento, onde il foco serve di vela al naviglio fug
ei campi Telpusi avvenisse. Ivi è fama ohe il fanciullo fosse nutrito dal latte di una capra custodita dal cane d’una gregg
fama ohe il fanciullo fosse nutrito dal latte di una capra custodita dal cane d’una greggia. Il pastore si avvide della ma
trovò il cane, la capra, il fanciullo. Divina luce -vide scintillare dal volto di lui, e il grido di questo prodigio si sp
edeva solamente la faccia, le mani, i piedi) che pare però differente dal solito pallio, che si vede nel rovescio del medag
to pallio, che si vede nel rovescio del medaglione di Vero pubblicato dal Buonarotti, e che vien descritto da Tertulliano,
e si vede solo nelle monete di Coo città a lui consacrata; e Pausania dal serpente avviticchiato allo scettro, in mano a du
, i quali tutti, secondo scrive lo scoliaste di Aristofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida aggiunge Acesio Sanatare,
ta, suo abito particolare, e così si scorge nel medeglione pubblicato dal Buonarroti. Pare che gli antichi abbiano voluto e
, proprio presso loro dei più teneri giovinetti, ed atto a difenderli dal rigore dell’aria. Infatti, in un bassorilievo pub
re più la provenienza accennata. Le teste sono antiche, ma adattatevi dal restauratore, conservano però le fisonomie e i ca
luogo ove fu deposto dopo la sua nascita: ciò viene attestato ancora dal nome di Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova
l gruppo, come lo indica il differente lavoro dei capelli che pendono dal capo, e di quelli rimasti congiunti alle spalle.
Non vi ha nulla di più proprio di Bacco: o provenisse ciò dall’uso e dal capriccio degli scultori, che in tal foggia abbia
per lo nuovo regno Scosse il silenzio dell’eterea pace. Prima sospese dal fugace Olimpo Giunone: il Caos le mostrava immens
limpo Giunone: il Caos le mostrava immenso, E le pene d’Averno: ancor dal Cielo Vulcano egli lanciò, che torre osava 1 cert
iva: il gel le indura, Ferino latte le nutrisce: accenna Esul me pure dal diletto albergo La Fama, e sopra i carri errante
à. — Disse, e rivolse Gli occhi di foco in giro, e sulla terra Lanciò dal seno gli strappati figli. II cor materno e l’infi
, Argon. lib. II, v. 78. Udite adesso la fine infelice di Penteo, che dal Poema di Nonno ho tradotto. Vide dell’ arbor sul
il tronco, la commossa terra Già si solleva, liberate sono Le radici dal suol, parte dell’ombre Il Citerone perde, e prono
Giove Giacque, onde Penteo io mi piangessi, e Giove Salvava il figlio dal materno scempio Tutta la stirpe ad abolir di Cadm
io nacque Bacco, ovvero il dio padre della libera allegrezza prodotta dal vino. Eone, o il Tempo in mille forme, tenendo in
suoi timori: ella le dice di temer che Giove non finisca per bandirla dal cielo, e ne faccia Semele la regina. Ella la preg
nessa altera. — Come di belva, della moglie insegue L’orme, e rapisce dal materno seno Learco, che ridendo a lui tendeva Le
insania, e già si slancia In mare, e non la tarda alcun timore: Spuma dal peso suo l’onda percossa. Della nipote Venere pia
un’ ombra sale nel cielo, dove le Muse la celebreranno. Ma Bacco esce dal seno materno più rilucente di una stella, mentre
di vederle veramente, e che gridino dalla gioia: tanto i loro spiriti dal furore del vino sono alterati! Bacco guarda tutto
manente. — Lezione sessantesima. Avventure di Bacco. Decretata dal fato la conquista dell’Indie, Giove invia Iride a
Bacco, che scorge la fanciulla in un bagno, e ne diviene amante. Yien dal poeta descritta la passione dello dio, e l’umiltà
lo dì questi astri, concorra a maturare le viti. La donzella stancata dal correre, riscaldata dall’ardore del Sole, e ignor
teo di Atene si disputano il premio del canto. La vittoria è ottenuta dal primo. A questo esercizio succede quello del Pant
osi giri Fisso si scaglia con le membra in alto. Ma quanto ei s’ erge dal profondo flutto, Tanto in su Perseo vola, onde lo
a come sono terribili quelli di Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore, tutti coperti di spuma e quanto cupamente
iove per me, e possa aiutar gl’Indiani, mentre il re degl’Immortali è dal sonno dell’amore domato. Venere aderisce alle dim
Mentre che gustano il piacere pei desiderati abbracciamenti, e quindi dal sonno sono presi, la Furia si arma contro Bacco,
cco. Il poeta dopo averci descritto i teneri sospiri che Morreo manda dal petto affannoso, ci pone davanti agli occhi lo sp
lo più, perchè le tenebre portano venerazione. In un cammeo riportato dal Buonarroti, e che rappresenta Bacco, il nume port
ebbe con Cibele, come vi ho già esposto; ed in un Baccanale osservato dal Buonarroti vi era un Centauro che ne portava un r
uori di quel frutto, come si potrà osservare nel bel cammeo riportato dal mentovato Buonarroti. Tanto più che come si cava
tichi artefici davano alle statue del nume, e quali vi furono esposti dal medesimo autore nel primo ragionamento che vi ten
statue di più pezzi, e comunemente di due, quelle (cred’io) che lungi dal luogo della loro destinazione si lavoravano per u
ntate con poca arte lavorate, e di pietra qui nata; e altre sono rose dal tempo: parte ancora ne hanno deformate i fanciull
i fiori la rugiada: vi sta un’ape che potrebbe essere stata ingannata dal pittore. Ma sia: te, o giovinetto, ninna tela o s
a vesta, che Tibullo e Stazio vogliono gialla, detta Bassaride, o sia dal luogo ov’ era in uso, che Polluce crede la Lidia,
esentano simili all’arcadico Pan, che aveva volto e corna caprigne, e dal mezzo in giù era pur simile ad irco: così, testim
i Sileni, e con questa compagnia nell’Isola di Nasso è dipinto Bacco dal dottissimo Catullo. Ma come erano i Satiri, come
nutili per voi, e mi limito solo a darvene il resultato reso evidente dal criterio del mentovato Lanzi, uno dei più grandi
Nonno attesta l’opinione esposta con questi versi, così elegantemente dal Lanzi tradotti: « Doppia punta di corna in cima
se orecchie sulle gote irsute Quando moveano il pie l’aura sbattea; E dal dorso e dai fianchi, avvolta ad uso Di cavalli, s
eratori il Lanzi ne dà gl’indizi dicendo: Nel Fauno l’artista diretto dal poeta dovea mettere più del capro, nel Satiro più
simo a con grandi orecchie, tutto tremante; un altro, uomo mostruoso, dal mezzo in giù simile a capro, di gambe peloso, con
fice l’ha rappresentato secondo Virgilio: Enfiato le vene come sempre dal vino di ieri — e finalmente da quella curiosissim
propria moglie ad un convito con finta amicizia, asserendo di volersi dal suo obbligo liberare. Trovò Eineo la morte nella
ni rivolgersi per essere del suo atroce misfatto espiato. Giove mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente ne
la circostanza delle nozze di Piritoo con Deidamia o Ippodamia. Vinti dal vino e dall’amore volevano fare ingiuria alla spo
colpiti in un bel cammeo di cinque strati di diverso colore riportato dal Buonarroti, e che rappresenta la pompa e trionfo
i, particolarmente nel medaglione di Giulia Augusta di Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e una Centauressa: n
sovente in molti bicchieri ritenuta quella figura, come si può vedere dal medesimo Ateneo, dove parla dell’olmo e del rito
attaccavano qualche volta dei sonagli, come si vede in quello portato dal Bartoli, che ha il fondo dipinto, come si usa anc
cembalo, venivano a risonare. In un cammeo antico di vetro riportato dal Buonarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rup
sto cerchio con la pelle ben tirata me l’hanno trovato i Coribanti, — Dal medesimo poeta poco dopo si vede che le tibie, le
on degne dell’ aureo secolo delle arti. Rappresentano Bacco inebriato dal ritorno di un banchetto. Preceduto da un Fauno ba
altra Centauressa, la quale insieme con un Faunetto si sforza scotere dal suo dorso il Fauno insolente che vi è salito, chi
Centauro adulto di robusta corporatura e di fiera indole, che domato dal nume infante ha perduto la naturai fortezza del s
nell’estremità iuferiore, e si regge sospeso su quattro piedi cavati dal pezzo medesimo, che han forma di quattro alate ch
i divinità era costume ordinario ergere are, che poco si sollevassero dal suolo, e alle quali perciò non convenisse il nome
rretta da un altro Fauno. La statua di Priapo in profilo, che termina dal mezzo in giù a guisa d’erma, ed è posata sopra d’
faccia, continuando il soggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar
ch’egli a quei venerati misteri sperava distinguersi in grazia di ciò dal volgo dei trapassati, o ancora che pur cotento su
, che sono l’anima dei monumenti, e che distinguono l’artista erudito dal volgo degl’ignoranti. Dopo questa serie di memori
mulacro. Il mio parere è molto diverso sì da quello di Winkelmann, sì dal comune. Lo sottopongo al giudizio dei leggitori,
’iscrizione che gli dava un altro nome, ma che non trattenne Pausania dal riconoscerlo per Nettuno; le iscrizioni erano fal
olta. « Cominciando dalla sinistra. Giove siede coperto del suo manto dal mezzo in giù, secondo il costume, e col femore si
estra aperta, gesto relativo alla facilità de’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa d
cco vinto dalla sua bevanda, e vacillante qual Momo il dipinge, retto dal giovinetto Aerato, o Ampelo, sotto la spalla sini
nte di una fascia, o credemno, il suo petto di un serto d’ alloro che dal sinistro omero scende a traverso insino al destro
bile e serena fìsonomia ha la sua lunga e ben acconcia chioma avvinta dal diadema, dec orazione inventata da questo figlio
iche ceremonie del nume lor condottiero, ora vinti dall’ubriachezza e dal sonno ci vengono rappresentati nelle antiche arti
he pendente dall’omero e raccolta colla manca fa seno. Un tal costume dal rito dei sacrifizi ebbe origine, ove i movimenti
gliati velli Tegeatici delle capre nei giuochi festivi per le strade. Dal costume greco furono imitate dai Romani le solenn
n non ha bisogno di esser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto dal greco Pan, e quel di Sileno competeva, secondo Pa
rilievo è del più ordinario, l’invenzione per altro delle figure vien dal buono, come la composizione, la quale, benché sem
rofessore Francesco Antonio Mori del 16 Novembre 1825, già pubblicata dal Professore Atto Vannucci. — Dobbiamo esser certi,
è scolpito in un vaso esistente nella Libreria Vaticana, e pubblicato dal Winkelman nei Monumenti inediti. 6. Foscolo ,
5 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
gli Dei, i primi fra tutti furono il Caos, Gea o la Terra, ed Amore. Dal Caos nacque l’ Erebo o la Notte; da questi l’ Ete
Saturno. In seguito partorì i Ciclopi, Sterope, ed Arge, così detti dal solo occhio circolare, che avevano in mezzo alla
er Pefredo, ed Emo, dette Cree, perchè canute a guisa di vecchie fino dal loro nascere; le Gorgoni Steno, Euriale, e Medusa
lei avesse le corna, dette perciò le corna dell’ abbondanza. Caccialo dal regno Saturno suo padre, ci diviselo co’ fratelli
lle quali tulle vomitava fuoco. Ei mosse guerra a Giove; ma’ percosso dal fulmine fu anch’ egli, secondo Esiodo, profondalo
a dalle recise membra di Urano. Questi pur tentarono di cacciar Giove dal cielo, e per salirvi Sovrapposero ne’ campi di Fl
, Dice, ed Irene, e le Parche Cloto, Lachesi ed Atropo; sebben queste dal medesimo Esiodo sieno state prima dichiarate figl
l più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato nel Campidoglio dal re Tarquinio Prisco, e più volte in seguito riedi
l Nilo, ed adorata in Egitto particolarmente da’ Saiti; la terza nata dal cervello di Giove di Corise, figlia dell’ Oceano,
Ma la terza soltanto fu in onore presso de’ Greci e de’ Romani. Nata dal capo di Giove, e tutta armata, fu essa adorata co
Re di Atene, e non potento caminar colle gambe, che non aveva, perchè dal mezio giù era serpente, inventò l’ uso de’ cocchi
i due gemelli in un bosco, ove furono allattati da una lupa. Raccolti dal pastore Faustolo furon poi essi nutriti da Acca L
sto a Giove un pegno della perpetuità dell’ impero romano, egli mandò dal cielo uno scudo rotondo, che fu detto ancile. Num
Nasque egli così deforme, che da’ medesimi genitori venne precipitato dal cielo: e cadendo nell’ isola di Lenno si ruppe la
ne giunse nella Sabea, ove fu trasformata nell’ albero della mirra, e dal tronco, di questo per se apertosi uscì Adone. Cre
, qual era prima, si disse cangiata in rossa, allor quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra gli
di i nomi di Citerà, e di Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’ Idalia dal monte Ida in Cipro, e di Alcidalia dal fonte Alci
gna, come pur quelli d’ Idalia dal monte Ida in Cipro, e di Alcidalia dal fonte Alcidalio in Beozia, ove dicevasi che colle
erillo a Procri. Questa ingelosita andò per sorprenderlo, e non lungi dal fonte in una densa macchia si ascose. Di là udì C
favole, che innamorata di Endimione pastor di Caria, scendea la notte dal cielo a star seco sul monte Latino; ed aggiungono
ente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con tutta possa a
o fedele, ad esso antepose il giovine Ischi. Di ciò Apollo, avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tramutato in nero, uc
di bianco fu tramutato in nero, uccise Ischi, e Coronide. Trasse però dal fianco di lei un bambino, cui fece prima allattar
ei un bambino, cui fece prima allattar da una capra, e poscia allevar dal centauro Chirone, e chiamollo Esculapio. Questi d
i Ciclopi, che fabbricati avevano i fulmini a Giove., venne esigliato dal cielo. Ebbe Esculapio da Epione due figli Macaone
ntanto che su di ciò consultavasi fra i cittadini, un serpente uscito dal tempio attraversando la città andò a posarsi spon
pente, ed il gallo erano specialmente a lui dedicati. Apollo sbandito dal cielo ricoverassi presso di Admeto re di Tessagli
la figlia Esione, che fu poi liberata da Ercole. In Frigia fu Apollo dal Satiro Marsia sfidato a chi meglio sonar sapesse
Pari disfida ebbe ivi da Pane, e parimente vincitore ne fu dichiarato dal Dio del monte Imolo. Ma alla decisione di questo
recchie di asino, ed essendo ivi cresciute delle canne, alle percosse dal vento andarono ripetendo le stesse parole, sicchè
lio, Clario, Timbreo, Patareo, Cirreo, Delfico, come quello di Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito
si disse fatto sgorgar di terra da un calcio del cavallo Pegaso nato dal sangue di Medusa. Il monte Piero nella Tessaglia,
i. Allora Altea madre di Meleagro, che al nascer di lui ritratto avea dal fuoco, e occultalo in luogo segreto il tizzone, c
Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famoso era il suo tempio in E
ercurio. Cinque Mercuri troviamo presso di Cicerone, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio d
to terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e di Maia, dal quale e da Penelope alcuni pretesero nato il Dio
to, Mercurio gli rubò alcune vacche, ed essendo in ciò stato scoperto dal pastore Batto, lo cangiò in pietra di paragone. M
e Etna. Aretusa, che era prima una ninfa dell’ Elide, e che inseguita dal fiume Alfeo si seppellì sotterra cangiata in font
(ove però dicon le favole, che fu tuttavia per le sotterranee strade dal fiume Alfeo raggiunta), diè finalmente a Cerere c
ella irritata cangiollo in lucerta. Recatasi in Eleusi vi fu accolta dal re Celeo cortesemente in ricompensa di che prese
ello, or in cervo. Ma non essendo il prezzo, che il padre ne ritraeva dal venderla, sufficiente a satollarlo, ei finì da ul
al servigio del tempio potevano maritarsi. Nell’ atto che prese erano dal Pontefice massimo, e condotte nel tempio, conside
tefice massimo, e condotte nel tempio, consideravansi come emancipate dal padre, e godeano la facoltà di testare. In molta
sacro si estingueva, il che aveasi per funestissimo augurio, ell’ era dal Pontefice massimo severamente punita. Nè il fuoco
viene ogni opera, e d’ essa è uopo per vivere; Cibele o dalla città o dal monte Cibelo nella Frigia, ove il suo culto ebbe
i tesori, e li chiude all’ inverno. I suoi sacerdoti eran detti Galli dal fiume Gallo nella Frigia, Dattili da dactylos, di
uggendo in riva al fiume paterno fa cangiata, in un cespo di canne; e dal suono che queste, fecero tra lor percosse ci pres
ricevevano il cappello della libertà. Pomona Dea de’ fruiti fu amata dal Di o Vertunno, cosi chiamalo perchè volgeasi a pi
’ altro nero. I Geni delle donne più comunemente erano detti Giunoni. Dal Genio e da una vergine Sabina diceasi nato il Dio
rio, e soviapposero all’ Olimpo l’ Ossa ed il Pelio per cacciar Giove dal cielo; ma da lui fulminati furono poi sepolti nel
vertito in marmo. Galatea altra figlia di Nereo fu amata furiosamente dal Ciclope Polifemo. Essa spregiandolo si accese in
to per un anno in profondo letargo, indi escluso per altri sette anni dal consorzio e dalla mensa de’ Numi. Caronte figliuo
vecchiezza, era quegli, che traghettava su nera barca le anime di là dal fiume Acheronte. Le anime degl’ insepolti però do
aco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re di Cenopia, o Enona, cui dal nome della madre chiamò Egina. Il luogo del premi
rpetuamente con un vaso senza fondo. Furon esse chiamate anche Belidi dal nome di Belo, padre di Danao. Capo XX. Degli D
iaco da Giove prima cangiata in vacca per occultarla a Giunone, e poi dal medesimo restituita alla forma primiera, allorchè
ompagno in quell’ impresa. 7. Purgò le stalle di Augia re dell’ Elide dal letame accumulatovi da trenta anni, coll’ introdu
re e di Calliroe, che avea tre corpi, e gli tolse le vacche custodite dal cane Orto nato da Tifone e da Echidna. Le donne d
o nel capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedonte re di Troia dal mostro marino, a cui per ordine dell’ oracolo era
fiume Eveno, il Centauro Nesso offrendosi di portarla in groppa di là dal fiume, tentò di rapirla, se non che quegli avvedu
di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ oracolo di aver ad essere ucciso dal figlio, che nato fosse da Danae, la fece chiudere
sa, nello scudo di Pallade, colla spada di Vulcano troncolle il capo. Dal sangue che ne sgorgò nacque Crisaorre, che fu poi
u poi sì feconda. Giunto in Mauritania, essendogli negato l’ ospizio, dal re Atlante, col presentargli il capo dì Medusa lo
ol medesimo teschio tramutò in sasso Preto; che avea cacciato Acrisio dal regno di Argol, indi Polidette, che invidioso del
di lui, quanto il tizzone, il che udendo la madre ritrasse il tizzone dal fuoco, e gelosamente il nascose. Cresciuto che fu
e fratello di Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe ordine dal padre di andarne in traccia per ogni parte, nè ri
luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto. Arrestatosi nel luogo indicato dal bue spedì i compagni ad attigner acqua alia fonta
figlie, vale a dire Semele, che fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino madre di Melicerta, che fug
di Creonte. Avendo Laio udito dall’ oracolo, che doveva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta era incinta, le ordinò di
a. Parve ad Adrasto che questi fossero il leone e il cignale indicati dal sogno, e data Argia a Polinice, e a Tideo Deifile
a Tideo un agguato per, assassinarlo al ritorno. Non atterrito Tideo dal numero degli assalitori, ad essi valorosamente op
i la guerra di Tebe, poichè Tideo dopo molte valorose prove fu ucciso dal tebano Menalippo; Capaneo sprezzatore degli Dei,
bbe modo di salvarlo, e di farlo segretamente educare sul mente Pelio dal Centauro Chitone. Cresciuto Giasone venne per rip
loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove istruiti furono dal re Fineo del modo onde superare gli scogli Cianei
i Cianei o Simplegati, che urtandosi fra di loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli
d’ oro, se ne parrì coi compagni è con Medea, la quale prevedendo che dal padre sarebbe stata inseguita, prese il barbaro p
ti nel lor viaggio. Mentre stava esaminando le saette di Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a caso il ferì gli cre
’ inferno per indi rapirla: ma Piritoo nel primo ingresso fu divorato dal Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile sopr
ntro Ippolito le sue vendette. Nettuno spedì perciò un mostro marino, dal quale i cavalli che traevano il cocchio d’ Ippoli
piaggia, furono sì spaventati, che datisi a fuga precipitosa, scosser dal cocchio Ippolito avviluppato fra le redini, e str
arse voce, che questi venuto fosse per dispogliare il tempio, e il fe dal popolo ammutinato assassinare. Virgilio dice inve
edì Priamo in Grecia con venti navi per ripetere Esione, che liberata dal mostro marino era stata via condotta da Ercole, e
orse fra Agamennone ed Achille, per cui questi lungo tempo si astenne dal voler più prender parte a quella guerra. Cagion d
è i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuoverlo dal suo proponimento. Frattanto Paride e Menelao conv
finalmente colla spada si trapassò da se stesso. Ovidio aggiugne, che dal suo sangue sorsero de’ giacinti. Non però a torto
a. In questo mentre, secondo Virgilio, due smisurati serpenti venendo dal mare avviticchiarono Laocoonte e due suoi figli;
io; ed avendolo immolato, sopravvenne tal pestilenza, che discacciato dal regno ei dovette rifuggiarsi in Calabria nel paes
ciato da Telamone, e ricoveratosi in Cipro vi fondò poi la città, che dal nome della patria intitolò pur Salamina. Diomede,
ma essendo quivi per tal stanchezza e la lunga veglia stato sorpreso dal sonno, i compagni sciolsero l’ otre credendo che
a ed a Plutone, vide prima l’ anima del compagno Elpenore, che caduto dal letto nell’ Isola Eea, mentre gli altri partivano
nave li fè andar tutti sommersi. Ulisse rimase solo nella carena, che dal vento fu portalo sopra Cariddi, ove la carena fu
o de’ suoi porci, ove essendo pur giunto il figlio Telemaco ritornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar
mente dalla vecchiezza, ma altri invece han detto, che egli fu ucciso dal figlio Telegono avuto da Circe, in occasione che
dò la città di Padova, e discacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuol
le gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio di Priamo, ucciso dal re Polinnestore per rapirne i tesori, con cui Pri
te nella Sicilia a Drepano, ora Trapani, ove fu accolto amorevolmente dal re Aceste figlio del fiume Crinise e di Egesta Tr
i della Libia, ove dice Virgilio che Didone vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso
ucciso aveale il marito, approdata era non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere
da Morfeo addormentalo e’ gettato in mare vicino al promontorio, che dal suo nome fu detto poi Palinuro. Giunto a Cuma, se
presentossi alla Sibilla Deifobe, e secondo l’ ordine avuto in sogno dal Padre le chiese a scender seco all’ Inferno. Essa
one gettato in mare; Enea datagli sepoltura sotto al promontorio, che dal nome di lui appellò Miseno, scese colla Sibilla s
lia, fra i quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per consiglio avuto in
o cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per consiglio avuto in sogno dal Dio del fiume Tevere, n’ andò per esso a chiedere
de’ Volsci, figlia di Metabo, venula in soccorso di Turno, fu uccisa dal toscano Arunte, e questi fu poi trafitto da Opi N
a fatta la pace coi Latini sposò Lavinia, che fabbricò una città, cui dal nome di essa chiamò Lavinia, e che Venere dopo tr
le carni di un ostaggio de’ Molossi, è da lui convertito in un lupo. Dal diluvio campano sul monte Parnasso Deucalione e P
e figlia di Flegia col giovane Ischi. Egli uccide Coronide, e le trae dal seno Esculapio. Il corvo è cangiato di bianco in
fiore narciso. La ninfa Eco per avere con lunghi discorsi intertenuto dal sorprender Giove nelle sue tresche amorose ne ave
irato da draghi fugge a Corinto. Parte II. Capo VII. Cerambo si salva dal diluvio sul monte Parnasso cangiato dalle Ninfe i
le Echinadi. Pelimele figlia d’ Ippodamante congiuntasi ad Acheloo, è dal padre precipitata in mare, e da Nettuno ad istanz
ad Ulisse nella contesa per le armi di Achille, furioso si uccide, e dal suo sangue spuntano dei giacinti. Parte II. Capo 
o due vergini. Metioca e Menippe si offrono volontarie al sacrificio. Dal loro rogo escono due giovani, che son nominati Co
in compenso gli viene assegnato quanto terreno può cinger di un solco dal nascere al tramontare del sole. Esculapio sotto l
e de’ loro giuochi. L’ idolatria secondo l’ Ab. Banier incominciò dal culto degli astri, e principalmente del Sole e de
, che era una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le strappava dal capo alcuni peli e li gettava sul fuoco, poi ordi
ìci l’ incenso maschio, e dalla maniera con cui ardeva da! crepitare, dal fumo, traevansi gli auguri. Ogni tempio aveva i s
all’ osservazione del cielo, che propriamente dicevansi auguri, altri dal canto e dal volo degli uccelli, che più propriame
zione del cielo, che propriamente dicevansi auguri, altri dal canto e dal volo degli uccelli, che più propriamente si chiam
volo degli uccelli, che più propriamente si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco era di buon augurio
6 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
Introduzione Illuminati dalla fiaccola della verità ; rischiarati dal lume dallo studio ; sorretti dalle autorevoli ed
tuazione d’una qualunque idea, cominciamo ad esaminare l’opera nostra dal titolo che vi apponemmo. Ristretto analitico del
bellezze letterarie dei elassici, le quali, alla loro volta, saranno dal fatto stesso, di cui vengono in appoggio, rese pi
perocchè nel nostro lavoro, la storia della Mitologia viene insegnata dal racconto degli stessi avvenimenti che vi sono nar
o alla quasi completa ed universale sparizione della religione pagana dal mondo, e sebbene abbiano subite profonde e radica
gioia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe, come per incanto, dal suo seno divino, e s’innalza nell’aria a spandere
amente nel veder scorrere il proprio sangue ; e Marte stesso, piagato dal medesimo eroe, copre, cadendo, sette jugeri di te
aria con un’incudine ai piedi.44 Tale quello di Vulcano, precipitato dal ciclo con un calcio da Giove, sucopadre45, e molt
Giove, il re dei numi, si deliberava sui divini ed umani destini : e dal quale ciascan Dio aveva assegnato il proprio gove
è che il ponte aereo sul quale Iride, la divina messaggiera, discende dal cielo alla terra ; un precetto morale, si personi
parola, il mito altro non è che un simbolo attuato nell’istesso tempo dal pensiero e dal fatto, ed è tanto più prossimo al
altro non è che un simbolo attuato nell’istesso tempo dal pensiero e dal fatto, ed è tanto più prossimo al simbolo, quanto
ste di Bacco sotto il nome di Dionisio, Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato lo
a simbolicamente la Terra ; il capro generatore è la vittima immolata dal pastore per la espiazione del gregge ; il cavallo
i miti come utili, attesa la natura dell’uomo. Anche persone mature, dal veder figurate alcune scene mitologiche, o da rac
a. L’età ghiacciata tiene codeste dottrine in conto di sogni, piovuti dal cielo in compagnia delle rose dell’aurora : lo so
tero alle sue parole che confermavano esser quello istrumento disceso dal cielo per opera sua. Si dice esser questo flauto
un giorno dimandata ospitalità alla madre di lui, stanca e trafelata dal lungo cammino, bevè avidamente ad una tazza che l
o. — Era il nome di una altissima roccia separata dall’isola di Phile dal Nilo e dove Osiride aveva un tempio. 11. Abbondan
tta più belle. Essa si salvò con Saturno allorchè questi fu scacciato dal cielo da Giove. 12. Abdera. — Città della Tracia,
figlia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi di Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio di Licaone. 29.
esti resistè alle prave voglie della inverecon la. Crudelmente offesa dal rifiuto, Creteisa, accusò Peleo al marito per ave
e giovane schiava detto Ippodamia, o anche più comunemente Briseide, dal padre Briseo. Achillealtamente sdegnato, dal proc
iù comunemente Briseide, dal padre Briseo. Achillealtamente sdegnato, dal procedere del Revillano, si rinchiuse nella sua t
li uomini valorosi. 60. Achillea. — Isola del Ponte-Eusino così detta dal nome di Achille, al quale vi si tributavano onori
is e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Galatea, amata dal gigante Polifemo. Questo ciclope avendolo un gior
del Fasi lavar possano gli errori della deplorabile casa di Labdaco . Dal culto che generalmente i Pagani ebbero per l’acqu
senza alcuna mescolanza. 85. Acratopote. — Soprannome dato a Bacco : dal significato che beve il vino puro e lo resiste. 8
roncio. 92. Acteone. — Fglio d’Aristeo e nipote di Cadmo : fu educato dal centauro Chirone e divenne un famoso cacciatore.
inanze di Azio. 107. Adiaco, Adio e Adeo. — Soprannomi dati ad Apollo dal promontorio d’Azio a lui consacrato. 108. Adio. V
orsari una forte somma di danaro onde far rapire la statua di Giunone dal tempio che Admeta custodiva, sperando così che i
Apollo fu costretto a custodire gli armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi di Alceste figlia di Pe
nominazione data ad Apollo dagli oracoli che egli rendeva in Delfo, e dal sacerdote che li ripeteva al popolo. 142. Afneo. 
ieri — Agamennone Tragedia Atto III) …. A voi degg’io Rammentar che dal Greci ebbi il supremo Scettro fino a quel di che
he dal Greci ebbi il supremo Scettro fino a quel di che vegga sciolte Dal suol Sigeo le vincitrici navi ? Cessi il mio regn
pe a loro consacrata. 155. Aganippa. — Figlia di un fiume che scende dal monte Elicona. Ella fu cangiata in fontana, le cu
o o Agdisto. — Mostro metà uomo e metà donna che la favola fa nascere dal commercio di Giove e della pietra detta Agdo. Egl
si rese eunuco e lo stesso fece il re di Pessinunte. Colpito Agdisto dal male che aveva fatto, ottenne da Giove che anche
lle are della Divinità. 195. Agoniani. — Con questa parola che deriva dal verbo latino Ago, venivano designate quelle divin
e i due figliuoli ai quali dette la luce e che furono chiamati Aloidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, ment
e una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flotta era uscito dal porto per ritornare in patria. Dopo avere sfuggit
aco usci, che giudice risiede Nel formidabil regno di Acheronte, Eaco dal re ch’ha in ciel la maggior sede, Trasse il sembi
). Entrambi giusti apprezzatori del loro personale valore, cessarono dal combattere e si scambiarono dei ricchi doni, che
o, in cui cangiossi il figlio Già d’Amiciante, di quel sangue uscio E dal colore in fuor simile al giglio, Le vaghe foglie
, parlava e si faceva sentire, e perciò si è chiamato Ajo Locutio. Ma dal momento ch’è divenuto celebre, e che gli si è inn
rendeva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e che era a lei
Alceo figlio di Ercole che fu il primo degli Eraclidi, così chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e m
X trad. dell’Anguillara). 254. Alcomeno. — Soprannome dato ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cu
nascita. 264. Alemonide Miscelo figlio d’Alemone era anche così detto dal nome del padre. 265. Aleo. — Re d’Arcadia. Si res
ubbliche feste e cerimonie. L’etimologia di questa parola Aliee viene dal greco αλιος che significa sole. 285. Alilat. — Un
o la materia di tutte le cose, vale a dire la natura. 286. Alimede. —  Dal greco αλς mare e αλς μειδις cura veniva così chia
da cui ella ebbe questo figlio l’amò con passione. 290. Allegrezza. —  Dal latino hilaritas. Non v’è tradizione particolare
ero offerte da Meleagro figlio di Oeneo, ma i fratelli d’Altea, punti dal veder fatti tutti gli onori della caccia ad una g
geo che amava Atalanta non seppe frenare il suo sdegno, e trasportato dal suo furore uccise i suoi zii. Allora, Altea per v
u uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bos
nalzava orgogliosa i suoi rami su tutte le altre, fu un giorno uccisa dal fiero Eresitone, il quale non si lasciò intenerir
giorno uccisa dal fiero Eresitone, il quale non si lasciò intenerire dal lamento dell’abitatrice della pianta, e seguitò a
abbatteria non curando la vista del sangue che ai primi colpi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo, di Pluta
Adone. 321. Amatus. — Fu figlio d’Ercole e fondatore della città che dal suo nome fu detto Amatunta. 322. Amazonto. — Sopr
fuggendo spaventata, chiamò in suo aiuto Nettuno, il quale la liberò dal satiro, ma le fece egli stesso l’insulto che il s
fetto di ubbriachezza, la nuora lo vide e lo derise. Destatosi Cinira dal sonno fu dal figliuolo Ammone informato di quante
iachezza, la nuora lo vide e lo derise. Destatosi Cinira dal sonno fu dal figliuolo Ammone informato di quante avea detto M
ncia positura, e deriso dalla nuora che egli poi maledice e discaccia dal tetto paterno, non è egli forse un fatto completa
oglie di Giove Ammone. 343. Amniasiadi o Amnisidi. — Ninfe così dette dal fiume Amniso nell’isola di Creta. 344. Amnisidi. 
to sotto l’istesso nome. Questa parola Ampelo significa vigna e viene dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell
upposizione, non essendo nella tradizione favolosa, alcun dato certo, dal quale dedurre positivamente tale notizia. 381. An
piccolo scudo di forma rotonda, che Numa Pompilio disse esser caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione di esso il
nome veniva adorata Venere marina, di cui la favola racconta che uscì dal mare, nascendo dalla spuma delle onde. Andiomena
l mare, nascendo dalla spuma delle onde. Andiomena significa che esce dal mare. 392. Andirina. — Soprannome della madre deg
anno in Creta sette giovanetti e sette fanciulle, ond’essere divorati dal mostro Minotauro. 399. Androgini. — Popoli dell’A
divorata da un mostro marino. La misera stava già per essere ingolata dal mostro, allorchè Perseo montato sul cavallo Pegas
ione il quale fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal nome di suo padre fu detto Helenus, i cui decreti
rgo Tra le spalle il feri con la pungente Lancia, che fuor gli riusci dal petto. Quell’infelice rimbombò caduto E con tutta
a gran maggioranza, sulla probabilità che dette vita a questa favola, dal vedere i primi effetti dello straordinario valore
a que to fiume. 425. Angelia. — Figlia di Mereurio. Era così chiamata dal soprannome di Angelus, Angelo, in greco αγγελος m
a le mamme il petto. Fiede di brando Antifo nella tempia E lo spiomba dal cocchio……… Omero Iliade — Libro XI trad. di Vinc
rasia. — Voce greca significa invisibile, composta dall’α privativa e dal verbo αραω io vedo. Presso i pagani era generale
ia faccia. 489. Apatuarie. — L’istituzione di queste feste ha origine dal fatto seguente. A cagione di un territorio, i pop
sultarlo, avvicinavano le orecchie alla bocca del dio, e uscivano poi dal tempio tenendole accuratamente otturate, fino all
non venivano consumati sugli altari ma sul suolo. Il vocabolo deriva dal Greco απο sotto, disotto, lontano e βωμος allare.
ulmini al padre degli Dei, il quale sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Durante questo esilio, egli si ritirò pres
alione si furono ritirate, Apollo uccise il serpente Pitone, che nato dal fango che esse aveano lasciato, devastava le circ
in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che gli veniva dal potere a lui attribuito sulle mosche e sugli altr
il piè venne ogni dito a farse, Che pende al retto resuplno, e leve ; Dal picciol corpo il lin rende e lo stame, Ed incaten
si bagnavano o che ne bevevano. 554. Argiva. — Soprannome di Giunone dal culto che ella aveva nella città di Arga. 555. Ar
o il primo vascello che avesse solcato le onde. Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con g
aja, celebre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto non solamente ai su
dei quali cinquanta erano sempre aperti, e gli altri cinquanta chiusi dal sonno. Giunone gli aflidò la custodia della ninfa
Alceo : fu uno degli Eraclidi discendenti di Ercole. 560. Argoreo. —  Dal latino Argoreus, che significa Dio della mercatur
o sangue di Atene. 567. Arieina. — Soprannome di Diana che le veniva dal culto con cui era venerata nelle foreste di Arici
. Era così detta Minerva perchè la favola racconta che uscisse armata dal cervello di Giove. 580. Armilustre o Armilustria.
ato a suo padre, supplicò giorno e notte gli Dei che l’avessero tolta dal mondo, e i numi mossi a compassione la cangiarono
la pelle di un becco gonfiata e unta d’olio. La parola Ascolie deriva dal Greco ασϰος che significa un otro. 611. Ascra. — 
nome proprio della bella figliuola del sacerdote di Apollo Crise che dal padre viene comunemente conosciuta sotto il nome
me di Astipaleo dato ad Apollo. 643. Astirea. — Soprannome di Minerva dal culto che le si rendeva in Astira città della Fen
ine essa è la Minerva dei Greci. Gli antichi dissero che ella uscisse dal cerebro del padre, imperciocchè il suo nome signi
ignifica senza pesce perchè coloro che l’adoravano dovevano astenersi dal mangiarne. 665. Atergatide. — V. Adad. 666. Ather
racconta che il sole inorridito dall’orribile scena avesse retrocesso dal suo corso quotidiano. È questo uno degli episodi
del sole quando avvenne la caduta di Fetonte. La parola Atteone viene dal Greco αϰτιν-ινος che significa raggio di sole, ri
l’aria nel suo regno. Ercole per riuscire nello scopo prefisso deviò dal loro corso le acque del fiume Alfeo. Però avendo
ei, dei Babilonesi e dei Sidonii. Per breve tempo venne anche adorata dal popolo d’ Israele nel tempio di Samaria. Baal in
te che nel corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’accese. Che dal seme di Giove avea concetto, Del ventre ch’aprir
osta dell’oracolo, l’interpetrazione corrispondente al segno ottenuto dal getto dei dadi. 743. Barbata. — Soprannome dato a
Taluno si azzardò a trattenerla, ma nell’istesso momento si rovesciò dal cielo una gran pioggia, accompagnata da baleni e
sotto questa denominazione. 747. Bassareo. — Soprannome dato a Bacco, dal perchè si pretende che questa parola fosse il gri
a da Plutone. ….la cortese vecchia, benchè lenta. Mossa dalla pietà, dal santo aspetto. Cercò farla restar di sè contenta 
. della Torre, nella sua opera delle Antichità d’Anzio, e poro di poi dal canonico Bartoli, nelle Antichità di Aquilea. Bel
edeva al vino, l’altra alla gozzoviglia. La loro denominazione deriva dal latino bibere che significa bere, ed edere, mangi
Ezechiello ne fa menzione parlando di Nabuccodonosor. 815. Boopide. —  Dal greco Βους, bove, ed ωφδος, occhio, era così deno
atterra e strugge ; E vede in Grecia appresso il regio nido Lei, che dal suo furor con molte fugge : La toglie in grembo,
sso la ritolse ad Achille, volendo ritenerla per sè. ….. e mi pensai dal punto Che dalla tenda dell’irato Achille Via mena
moglie di Fauno, avendo contro l’uso dei tempi bevuto del vino, fosse dal marito fatta morire a colpi di verga ; ma che poi
iallognolo. Questa pietra, la cui scoperta si attribuisce a Cadmo, fu dal nome di lui detta Cadmea. 872. Cadmeo. — Detto an
o, prima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo di Delfo, dal quale, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine
fflitto e scoraggiato dalla crudele profezia, si esiliò con la moglie dal proprio paese, per non assistere alle sciagure de
d alla città che venne poi costruita in quel luogo, oggi detta Gaeta, dal latino Caiela. Ed ancor tu, d’Enea fida nudrice
ssersi trovata l’arte di porre in opera il rame. Questa parola deriva dal greco ϰαλϰος rame. 887. Calchiade o Calcieca. — S
uto sotto l’istesso nome. 898. Calidonio. — Soprannome di Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella città di Calidone.
al quale, Calisto dette la luce in un bosco, avendola Diana scacciata dal suo seguito per essersi ella negata a spogliarsi
ti si riunivano per danzare in onore di Bacco. Questo vocabolo deriva dal Greco Καλός, e ϰορίς radunanza di persone. 905. C
rito un premio alla più bella donna. Questo vocabolo Callistee deriva dal greco Κάλλος, che vuol dire bellezza. 911. Calpe.
ccamento ; e l’oracolo rispose che avrebbero dovuto guardarsi non che dal compiere una simile impresa, pur dal pensarla. Es
rebbero dovuto guardarsi non che dal compiere una simile impresa, pur dal pensarla. Essi però, lungi dal tener conto del sa
e dal compiere una simile impresa, pur dal pensarla. Essi però, lungi dal tener conto del salutare consiglio, intrapresero
no ponendola a sacco ed a fuoco. 914. Cambe. — Soprannominato Ofiaso, dal nome di suo padre Ofio. Gli si attribuisce la inv
gli elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e la Notte, furono generati dal caos, volendo spiegare sotto questa allegorìa che
chette. 954. Capricorno. — Essendo un giorno il Dio Pane perseguitato dal gigante Tifone, per sottrarsi a lui si trasformò
e vitali dell’uomo e soprattutto al cuore. Questa parola Carda deriva dal greco Καρδία che vuol dir cuore. Le storie romane
ll’isola istituirono in onore della defunta una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella quale la statua di lei, v
esta così chiamata in onore della Dea Concordia. Questa parola deriva dal greco Κάρνα, Unione, perchè lo scopo principale d
. Carneade. — Figlio di Giove e di Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal suo nome furono chiamati Carneadi, alcuni dibatti
simillo. — V. Camillo. 986. Casio. — Soprannome di Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva su due montagne di quest
ove ebbero i natali ; e l’altro ad Atene, in memoria d’averla salvata dal saccheggio. Anche a Roma fu loro elevato un tempi
cui condusse una colonia nella Grecia ove fondò il regno d’Atene, che dal suo nome fu detta Cecropia. Alcuni la confondono
tante lagrime, che la Dea mossa a pietà, la cangiò in una fontana che dal suo nome fu detta Pirene. 1045. Cencrea. — V. Cen
arsi intorno …… Virgilio — Eneide I.. VI trad. A. Caro. Egli nacque dal gigante Tifone e da Echidna I pagani credevano ch
atore, cangiò Ascalafo in gufo (V. Ascalafo). Giove intanto, commosso dal dolore di Cerere ordinò che Proserpina avesse pas
067. Ceruleo. — Nettuno, fratello di Giove veniva così soprannominato dal colore del mare di cui era Dio. Similmente si den
re sulle rive del fiume Tiamio in una contrada, che fu detta Cestrina dal nome di lui. 1072. Ceto. — Secondo Esiodo così si
contemporaneamente da Apollo e da Mercurio e corrispose ad entrambi. Dal primo ebbe Filammone, celebre suonatore di liuto 
e ad entrambi. Dal primo ebbe Filammone, celebre suonatore di liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non meno famoso di
atto di Proserpina. Da quel sorge non lunge un’altra fonte : V’è chi dal nome suo Ciane l’appella, Nïnfa che l’à in custod
icio che andò a stabilirsi in quella parte dell’ Asia minore, che poi dal suo nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nom
i la possedeva, e riaccendeva il fuoco di una passione estinta. …. e dal seno il bel trapunto e vago Cinto si sciolse, in
amorfosi. — Libro XIV. trad. di Dell’anguillara. Circe fu scacciata dal suo paese nativo per avere avvelenato suo marito,
sola di Ea, o, secondo altri in un promontorio della Campania che poi dal suo nome fu detto Circeo, e dov’essa cangiò Scill
nne madre di Aristea. Vi fu un’altra Cirene ninfa della Tracia che fu dal Dio Marte resa madre del famoso Diomede. 1141. Ci
va E rotandola a fromba, e colli e teste Mieteva insieme. è le partia dal tronco. Euripide — Le supplicanti — Tragedia tra
, nelle quali veniva a lei sacrificato un capro. Questa parola deriva dal greco Κλδα che significa erba verde, e conviene p
. 1245.Corallo. — Secondo la tradizione favolosa questa pianta nacque dal sangue che grondò dalla testa di Medusa, allorchè
i Trojani contro i Greci, Cassandra tentò invano di farlo allontanare dal teatro della guerra ; egli volle ostinarsi e vi s
Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso. — Figlio di Cibele, dal quale i Coribanti han preso il loro nome. 1256. C
interamente porre in oblio l’amata donna, quando l’ebbe uccisa, tirò dal grembo di lei un fanciullo e l’affidò per farlo e
la quale veniva posta sul tripode sacro, quando la Pitonessa, invasa dal furore profetico, dettava i responsi. 1270. Corvo
92. Cretheja-Virgo. — Così veniva denominata Elle, sorella di Prisso, dal nome del suo avo Cretheo, di cui nell’articolo pr
e. — Secondo l’opinione di Esiodo, fu cosi chiamato l’uomo che nacque dal sangue della testa recisa di Medusa : gli fu dato
tinomea, figlia di Crise, sacerdote di Apollo, veniva cosi denominata dal nome del padre. Dopo la caduta di Tebe, nella Cil
rgeva sulle vittime per trarne i presagi. La parola Critomanzia viene dal greco Κριδη, che significa orzo. 1312. Crocale. —
delle feste dette Apatuarie. L’etimologia della parola Cureoti viene dal greco Κονρος che vuol dire uomo giovane, perchè a
ne che circondavano questi globi, contrasegnavano i giorai dell’anno. Dal nome stesso delle feste, si dava il nome di Dafne
oscere il proprio destino, ne ebbe in risposta ch’egli sarebbe ucciso dal figlio di sua figlia. Allora per togliere Danae a
ua con una secchia senza fondo. Le Danaidi, furono dette anche Belidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di
rgo e padre delle cinquanta Banaidi, di cui nell’articolo precedente. Dal nome di lui, i Greci, che prima si chiamavano Pel
ll’isola di Creta, e si ricovero in Asia, ove costrui una città detta dal suo nome Dardania, che fu più tardi la famosa Tro
. Egli fu così addolorato della morte di sua figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. Apollo, mosso a pietà, lo cangiò i
Roma che non fosse pieno di dei. Il numero di essi crebbe a dismisura dal superstizioso costume che i Romani avevano di abb
mestiche pareti gli onori e la venerazione dovuta solo alla divinità. Dal seno della famiglia codeste dolorose cerimonie pa
venir de la dea. Via, via, profani, Gridò la profetessa : itene lunge Dal bosco tutto ; e tu meco ten entra E la tua spada
suoi piedi. Dopo vario pensar le cade in mente Della camicia ch’ebbe dal centauro. La cui virtù, per quel ch’ella ne sente
di seta, Lo sparso sangue all’occhio asconde e vieta. Pioché la donna dal centauro intese. Che il sangue al morto amor pote
erdotessa del tempio di Delfo. 1393. Delfico. — Soprannome di Apollo, dal famoso tempio ch’egli aveva nella città di Delfo.
elfino a questa costellazione. Taluni pretendono che fosse così detta dal delfino di Arione ; — V. Arione — altri da quello
uno di quei marinai che Bacco cangiò in delfini ; ed altri finalmente dal delfino che Apollo dette per condottiero ad una c
d’egli ricondusse da Creta i giovanetti, che dovevano essere divorati dal Minotauro. — V. Minotauro. 1403. Delli. — Piccoli
Proserpina. 1422. Destino. — Divinità allegorica, che si credeva nata dal Caos. Viene rappresentata avente sotto i piedi il
anti uomini gìà adulti e da quelle di Pirra altrettante donne. Escon dal tempio, e si bendan la fronte, Indi ciascun di lo
revole al neonato. 1426. Dediana. — Soprannome di Diana che le veniva dal senso compreso in questo vocabolo, poichè Diana,
a occasione. 1434. Diattoro. — Dalle parole greche ντορος, spedito, e dal verbo Διαγὡ, io spedisco ; si dava codesto sopran
Soprannome di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome di suo padre Dimaso. 1450. Dimaso. — V. l’ar
to forma di quadrupedi, di volatili, di rettili ecc. Apollo, cacciato dal cielo, è obbligato a guardare le pecore ; Esculap
vo astro d’autunno, Che lavato nel mar splende più bello, Tal mandava dal capo e dalle spalle Divin foco l’eroe. Omero. — 
ell’articolo precedente. 1471. Dirceo. — Soprannome di Anfione, preso dal fonte nella Beozia, conosciuto sotto il nome di f
ad. di A. Caro 1474. Dirfia. — Soprannome di Giunone, che le veniva dal culto a lei reso sul monte Dirfio, nell’isola Eub
e famiglie ; le contese e le querele d’ogni natura. Essa fu scacciata dal celo da Giove, perchè metteva la disunione fra gl
si precipito nel mare, ove cadde in una rete. La parola Dittina viene dal greco Δἱϰνυνγ che significa rete. Da ciò forse i
cheo. 1491. Dolicheo o Dolichenio. — Sopranome di Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva nella città di Dolichene
eti. Essa sposò suo fratello Nereo, da cui ebbe cinquanta figlie, che dal nome del padre furono dette le cinquan-Nereidi. I
degli attributi dell’ubbriachezza è il furore. La parola drago viene dal greco Δρἁϰου che significa perspicace, vigilante.
ntre Enea rendeva i funebri onori al corpo del padre Anchise, uscisse dal sepolcro un enorme drago, il cui dorso era copert
ate fu immantinente cangiato in pietra. I guerrieri greci, spaventati dal prodigio, ricorsero all’indovino Calcante per ave
avorevole augurio, disse che le otto passere e la loro madre divorate dal drago, altro non indicavano se non che il numero
. — Licurgo, re della Tracia, figlio di Driaso, veniva così designato dal nome del padre ; i discendenti di Licurgo furono
ove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti
cacatombion e nelle quali si offeriva una Ecatombe. 1535. Ecatombe. —  Dal costume che i pagani avevano di offerire a Giove
celesti tre Ecatonfonie. 1538. Ecatompedone. — Questo vocabolo deriva dal greco Πούς che significa piede e si chiamava così
a, il Leone Nemeo, e l’Idra di Lerna. Echidna è una parola che deriva dal vocabolo greco Εϰιδρα, che significa vipera. 1541
 — V. Cadmo — e che aiutarono quest’ultimo nell’edificazione di Tebe. Dal nome di costui i Tebani furono detti Echionidi. L
e venefiche, avevano coi loro incantesimi il potere di far discendere dal cielo la luna ; e che bisognava fare un assordant
di un suo proprio figliuolo, e lo chiamò Edipo, parola che significa dal piede gonfiato, e lo fece educare. Edipo, divenut
cangiò tutta la famiglia in uccelli. Da ciò la favola, ripetuta anche dal Boccaccio, che Edone fosse cangiato in un cardell
ttori della favola. La città di Efeso sorgeva in una pianura irrigata dal fiume Caistro, nelle circostanze del mare Egeo. R
eano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città di Corinto, che dal principio chiamavasi Efira. Al dire di Virgilio e
netta di rara bellezza, la quale nell’istessa notte fu anche visitata dal dio Nettuno. Poco tempo dopo, Egeo seppe da Etra
e di conservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal re di Atene. In prosieguo Egeo sposò la famosa Me
in Creta sette giovanetti ed altrettante vergini, per essere divorati dal Minotauro. Mentre volgeva codesto periodo di temp
he Diana, sturbata nei suoi sagrifizi, la cangliò in una fontana, che dal suo nome fu detta Egeria. Tra i moderni scrittori
ritornato adulto in Micene, uccise l’usurpatore Egisto, e trasportato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno di Cl
ola narra che avendo un giorno rinvenuto il vecchio Sileno che, preso dal vino, dormiva profondamente, essa chiamò due Sati
una parola Greca che significa capro, perchè egli essendo stato posto dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel ci
possibile l’uscita dall’isola. Tidotea mossa a pietà di Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso di Lui, egli apprese
di. — Soprannome delle sacerdotesse di Bacco, che venivano così dette dal rumore che facevano nelle orgie dei baccanali. V.
tempo dette alla luce una bambina. Queste scandalose avventure lunge dal nuocere ad Elena accrebbero invece la già famosa
bo, altro figlio di Priamo, col quale alcuni scrittori dicono che fin dal tempo in cui Paride vivea, avesse ella avuto carn
a famiglia di Priamo coi più santi vincoli del sangue, non si astenne dal seguire gl’impulsi del suo animo vizioso e corrot
io, che i Lacedemoni aveano avuto imposto dall’oracolo, onde ottenere dal cielo la cessazione di una terribile pestilenza.
Eleno la spada, ed alla tempia Deiporo fendendo gli dirompe L’elmo, e dal capo glielo sbalza in terra. Ruzzolò risonante la
ia. — V. Caone. …… e questa parte De la Caonia ad Eteno r. cadde Che dal nome dl Caône trojano Così l’ha detta. Virgilio.
navvedutamente, della propria madre Clitennestra. Elettra, spaventata dal delirio e dalle smanie crudeli del fratel suo, co
ire, ebbe il coraggio di mettersi in mare a cavallo del famoso ariete dal vello d’oro, e traversare lo stretto che divideva
combattevano una specie di duello con delle verghe, e solo cessavano dal duellarsi, allorchè il sangue di uno dei combatte
o dette Ematie. 1661. Emilo. — Detto anche Emilio, figlio di Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emilii pretendev
lgersi su i fianchi, e che al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo cratere, torrenti di lava devastatrice. Vince
na sublime, Di fornaci e d’incudi Etna tonante ; Quindi come il dolor dal petto esprime, E mutar tenta il fianco il gran gi
petto esprime, E mutar tenta il fianco il gran gigante, Fumo e flamme dal sen mugghiando erutta… Ne trema il monte e la Tri
Titano Tifeo ; e questa è la credenza seguita, come vedemmo più sopra dal nostro V. Monti. Seguendo l’opinione di Callimaco
raversata, nella Tracia ove edificò una città che fu detta Eno, forse dal nome di lui. Recatosi quindi a Delo, fu da Anio,
Virgilio, perdutamente innamorata di lui, e non potendo distoglierlo dal partire, disperata d’amore, si uccise. V. Didone.
altro ch’esterno, D’esterna parte (tal d’Italia è ’l fato) Un genero dal ciel mi si promette, Per la cui stirpe il mio nom
A. Caro. Però Turno re dei Rutoli, a cui Lavinia era stata promessa dal padre prima della venuta di Enea, mosse guerra al
poi padre del famoso Diomede. Eneo in età assai avanzata fu cacciato dal trono, da Melas e da Agrio suoi nipoti, ma vi fu
con gran pompa e solennità, e volle che il luogo ove egli morì fosse dal suo nome detto Eneo. È opinione di varii scrittor
esi nella Genesi, che fu fabbricata da Caino, il quale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la su
e partori Henoc. Poi egli si mise ad edificare una città e la nominò dal nome del suo figliuolo Henoc. Genesi — cap. IV.
oni al nume e davano a bere ai circostanti. La parola Enisteria viene dal greco οωος che significa vino. 1685. Ennea. — Cer
io. — Cioè indicatore di cammino. Così veniva soprannominato Mercurio dal costume in uso presso gli antichi di marcare le i
trici del monte Ida. Apollo se ne invaghì perdutamente, ed essa lungi dal resistergli, si abbandonò alle voglie di lui, che
erope. Questa giovanetta di soli tre lustri, fu amata passionatamente dal gigante Orione, il quale, non potendola ottenere
i l’animo di provocare il gigante, colse il momento che quegli, preso dal vino, dormiva e gli fece cavare gli occhi. 1694.
l tempo della guerra di Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal suo nome, Eolie di cui Lipara, la principale, fu
ulterio ; essi obbedirono. e Giove irritato li fece tutti morire. Io, dal canto suo, abbandonò l’Egitto per andare in tracc
ella Città di Trezene, in ringraziamento a quel dio di averlo salvato dal naufragio, che fece perire gran numero dei suoi c
a sacco, e gettò nel mare la statua di quel Dio, la quale però lungi dal sommergersi, fu spinta dalle onde vicino al promo
tene, una solennità religiosa in onore di Minerva Scirade, così detta dal tempio ch’ella aveva nella piccola città di Sciro
ell’affetto con che ebbe caro Epopeo, fece quand’egli morì, scaturire dal tempio che egli stesso le aveva innalzata una fon
uesta divinità aveva un tempio a lei edificato nel nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale fece voto
feste in onore di quell’eroe e che in memoria di lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di
costantemente, nel mito Omerico, come essenzialmente pedestre. Lunge dal riunire una numerosa flottiglia per attaccare Ili
di lei. Giunone al suo svegliarsi strappò violentemente il fanciullo dal petto, e il latte cadendo formò la costellazione
nte i lottator trovaro A terra chini maestrie dell’arte, Tutte imparò dal figlio di Mercurio Dal Fanopeo Arpalico…… Teocri
V trad. di G. Borchi. A dieciotto anni, uccise un leone che, uscendo dal monte Citerone, decimava gli armenti ch’ei custod
di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo valore all’ucciso nemico. …. e alle mie memb
feo e Peneo. Compiuta quest’altra gloriosa azione, Ercole fu esiliato dal re Augia, il quale ricusò di dargli il premio pro
avea promesso a Nettuno di sacrificargli qualunque cosa fosse uscita dal mare, e che il dio delle acque, per provare la fe
uantità, oscuravano il sole. In prosieguo di tempo tolse i pomi d’oro dal giardino dell’ Esperidi, i quali erano custoditi
ndo dl Giove stesso. E come la sua invitta e nobite alma Scarca sarà dal suo mortal tormento, Vo che venga alla patria ete
la, Crasso e Lucullo. Questa consuetudine derivava incontestabilmente dal culto dell’Ercole Tirio, al quale si offeriva una
fu in seguito servito dagli schiavi pubblici, e finalmente custodito dal Pretore stesso della città. I giuramenti che si f
in riposo, ma qui le forme non rivelano quella prostrazione che segue dal compimento di penosi e lunghi lavori, ma sibbene
e confutata da molti autori. 1776. Erice. — Re di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui era so
imanto. — Figliuolo di Apollo. Egli avendo sorpreso Venere che usciva dal bagno dalle braccia di Adone fu per volere della
Sicilia si dava a Cerere, a cui la tradizione favolosa lo attribuiva dal fatto seguente. È detto che allorquando Cerere an
la dalle tre Parche, che a forza di preghiere la persuasero ad uscire dal suo nascondiglio. Da ciò i siciliani chiamarono E
ene. Erisittone svegliatosi sentendosi a divorare dalla fame cominciò dal mangiare avidamente tutto ciò che gli cadeva alle
questa sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nome di Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Greci il conqui
l Sole. Al dire del Mitologo Fulgenzio, il nome di Eritreo gli veniva dal levare del sole, i cui raggi sono in quel momento
to amante e non ebbe pel marito che odio e disprezzo. Mentre Euripide dal canto suo ci presenta Ermione amante del marito f
parva e l’ultima detta Hermopolis magna, che sorgeva a poca distanza dal Nilo. 1808. Ermosiride. — Si dava cotesta denomin
uoi concittadini credevano fermamente che l’anima di lui si separasse dal corpo, andasse in lontani paesi di dove ritornava
a vita a Sesto, città dell’ Ellesponto. Essa fu passionatamente amata dal giovine Leandro, abitante della città di Abido, p
un tratto di mare della lunghezza circa di 875 passi. Ero, conturbata dal pericolo a cui si esponeva il suo diletto per amo
a, un giovanetto ardendo E una donzella tenera. Leandro Il giovanetto dal gentil sembiante, Ero la vergin nomasi ; el d’Ahi
o divorava, nella settima notte egli si lanciò nell’onde, ma travolto dal furore di quelle, miseramente annegò. Le acque sp
ope, re di Atene. Mercurio essendosene innamorato, mentre ella usciva dal tempio di Minerva, la dimandò in moglie al padre.
ro, forse per indicare che la bianchezza di quella era stata oscurata dal veleno dell’invidia e della gelosia. Erse dopo la
che mai fosse in terra Accetta, salutifera e gradita : Tu l’alma, se dal corpo si disserra. Tornar potrai di nuovo al corp
nzia del cristianesimo vediamo nelle sacre pitture un serpente uscire dal calice di S. Giovanni come simbolo dell’igiene. E
i Argonauti, Ercole mandò il suo amico Telamone a Troja, onde esigere dal re il compimento della sua parola. Ma il fedifrag
e in fatti Medea, cedendo alle preghiere del suo amante fece scendere dal cielo un carro tirato da due draghi, vi montò sop
glio di Giapeto. Sua figlia detta da lui Esperide, fu tolta in moglie dal proprio zio paterno Atlante, da cui ebbe sette fi
onde placare le dee ultrici. Questa espiazione praticò Fedra, invasa dal colpevole amore che Venere le aveva inspirato pel
dei tre Orazii contro i tre Curiazii. « Dopo che Orazio fu assoluto dal delitto di parricidio, il re il quale non credett
esta lustrazione espiatoria, con quella che facevasi ogni cinque anni dal popolo, dopo il censo. La prima non avea periodo
e gli Aruspici esaminavano per prodire l’avvenire. Questa voce deriva dal latino Exta, che significa viscere. 1842. Estiel.
strumento del quale si servivano gli Aruspici per estrarre le viscere dal corpo della vittima. 1845. Eta. — Monte della Tes
i poeti dell’antichità che il sole, le stelle e la luna si levassero dal monte Eta, e che da esso nascesse il giorno e la
nchè Giove suo figliuolo, non lo detronizza a sua volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio di Mercurio e di u
re del vulcano, ogni specie di vittime, le quali se venivano divorate dal fuoco si riteneva come presagio di lieto augurio 
. e contro l’estinto opra crudele Meditando, de’ piè gli fora i nervi Dal calcagno al tallone, ed un guinzaglio Insertovi b
ita, fu abbruciato secondo il costume degli antichi. …….. lagrimando Dal feretro levar del valoroso Ettore il corpo, e pos
del banchetto e sovente sulla tavola stessa. La parola Eufrade deriva dal greco Εορων che significa allegro. 1875. Eufrobio
edeva all’allegria. 1878. Eugenia. — Si dava quest’appellazione tanto dal greci quanto dai romani alla Nobiltà, sebbene, pr
forse a ricordare non esservi cosa più nobile di Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di A
iranno crudo I patti rotti, fu tre volte udito Il gran rumor ch’uscia dal lago Averno. Ella, oimè, disse, qual furor, o qua
l’ombra vana Giva abbracciando, e volea dir più cose, Vide dappoi, nè dal nocchier di Stige Fu lasciato passar l’atra palud
conseguenza di ciò il tritone, che non era altro che Euripile, staccò dal carro di Nettuno uno degli aligeri destrieri e lo
esto tempio, doveva esser stata maritata una sola volta nella vita, e dal momento che veniva insignita del suo sacro caratt
una cruenta pugna Tra gli sdegnati Lapidi e i Centauri : Ma, gravato dal vin, primo il disastro Eurizion portò sovra sè st
la, e che lo aiutasse colle sue soldatesche. E non fia il sol dimane Dal balcon d’Oriente uscito a pena. Che le mie genti
er nome Vinduna. Al dire di Festo, egli chiamavasi da principio Fovio dal latino Fovea che significa fossa, perchè, secondo
o stipite dell’illustre famiglia dei Fabii in Roma. 1927. Fabulino. —  Dal latino Fari, favellare. I romani davano questo no
tumava inbandire numerose e ghiotte vivande. La parola Fagesie deriva dal greco φαγειυ che significa mangiare. 1929. Faggio
vidio, la Fama dimorava su di un’alta torre, posta ad eguale distanza dal cielo, dalla terra, e dal mare. La Fama s’ha que
di un’alta torre, posta ad eguale distanza dal cielo, dalla terra, e dal mare. La Fama s’ha quest’alto luogo eletto, E ne
nziavano degli oracoli. Al dire di Giovenale, i fanatici erano invasi dal fuoco di Bellona, forse perchè essi dimoravano da
sponeva con troppo audace coraggio nella battaglia contro Enea, formò dal vapore di una densa nube un fantasma a cui dette
dell’antichità, dei quali il sostrato storico ed informatore, è preso dal vero. Favole filosofiche si addimandano quelle la
una e compagno dell’adulazione. Era sempre accompagnato dall’invidia, dal fasto, dagli onori e dalla voluttà come madre dei
Virgilio, che l’oracolo di Fauno richiamava moltissima gente non solo dal paese di Oenotria, ma persino da tutta l’Italia.
vecchio, ed oggi il tutto Si compie. Or via, sottomettiamci ognuno : Dal ricondur cessiam gli ospiti nostri, E dodici a Ne
di Apollo o Febo ; sia per voler intendere che la Luna riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e di Rea che fu madr
lo come dio della Luce e forse per alludere anche al calore che emana dal Sole e che dà la vita a tutte le cose. In greco l
partorienti. Altri finalmente vogliono che Giunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa era onora
componevano un collegio tenuti in moltissima considerazione, non solo dal popolo, ma dalle autorità, e dal re stesso. Allor
moltissima considerazione, non solo dal popolo, ma dalle autorità, e dal re stesso. Allorquando faceva mestieri dichiarare
ita M’ebbe amor, divisai com’io potessi Soffrir meglio un tal male, e dal tacerio. Dall’occultario incominciai : chè nulla
a lettera a Teseo, nella quale gli manifestava che tentata nell’onore dal figliastro Ippolito, ella si uccideva per sottrar
el faggio che rendeva gli oracoli di Dodona. La parola Fegoneo deriva dal greco φηγος che significa fuggio. 1978. Felicità.
fraterna, legò il riconoscente animo di Fenice, all’eroe giovanetto, dal quale non seppe più distaccarsi ; Son io divino
a, che infiniti addusse lutti agli Achei. Allorquando Achille, spinto dal desiderio ardentissimo di vendicare la morte di P
lla parola greca δαωεω che significa, risplendente ; e l’altra Clita, dal vocabolo ϰλειτες che significa tenebre. 1982. Fen
e cerimonie funebri. Secondo alcuni scrittori la parola Ferali deriva dal latino Fero che significa portare, perchè durante
ra falsità, non v’era Inganno, Come fu nella quarta età più dura. Che dal Ferro pigliò nome e natura. Il ver, la fede e ogn
ura. Che dal Ferro pigliò nome e natura. Il ver, la fede e ogni bontà dal mondo Fuggiro, e verso il ciel spiegaro l’ali, E
dal mondo Fuggiro, e verso il ciel spiegaro l’ali, E ’n terra usciro dal tartareo fondo La menzogna, la fraude e tutti i m
1. Ferula — Secondo la tradizione, allorquando Prometeo rubò il fuoco dal cielo lo nascose in una ferula ed insegnò agli uo
ole, se ne lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro di suo padre avesse inteso la verità. Il g
Metamorfosi — Libro II trad. di Dell’Anguillara. Spaventato il padre dal pericolo a cui volea esporsi l’incauto fanciullo,
sporsi l’incauto fanciullo, cercò con ogni persuasiva, di dissuaderlo dal proprio divisamento, ma vane riuscirono le preghi
di non essere governati dalla solita mano che li guidava, si sviarono dal loro ordinario cammino, e salendo ora troppo alto
dolo che la liberasse da tanta rovina ; L’alma gran Terra ch’é cinta dal mare. Non può vietar che’l fuoco empio non entre
pia facella. E per l’aria all’ingiù gran tratto spinto, Sembra quando dal ciel cade una stella. …………… Lontan dalla sua patr
to, il quale nel prendere parte ai giuochi olimpici, si lasciò cadere dal dorso della sua cavalla, al principio della corsa
ste, trovò la madre e il fanciullo, e avendoli riconosciuti li liberò dal grave pericolo. In commemorazione di quel fatto,
mava teneramente Filomena, non potendo vivere lontana da lei, ottenne dal marito che egli stesso sarebbe andato in Atene, o
quanto inatteso, la gentile ed affettuosa anima di Progne, fu colpita dal più profondo dolore, e tanto che passò lunghi gio
lonome, accompagnando un giorno Diana alla caccia, fosse stata veduta dal dio Marte, il quale s’invaghi così violentemente
ed inutili. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fondo di essa, valse a dissetarlo, e le frecce is
ribuivano una qualche misteriosa e sinistra potenza. 2026. Flamine. —  Dal latino flamen. Si dava questo nome ad un ordine d
ssere scelte come Vestali. La cerimonia della consacrazione si faceva dal Pontefice massimo ; e l’elezione tanto dei Flamin
tanto dei Flamini maggiori quanto dei minori si faceva per votazione dal popolo. La dignità di Flamine era a perpetuità, v
o la vita dell’ individuo ; però ognuno di essi poteva essere rimosso dal suo grado per alcune date ragioni ; ciò che si di
2031. Flegia. — Re della Beozia e propriamente di quella contrada che dal suo nome fu detta Flegiade. La tradizione mitolog
ella Grecia e condotti seco ad abitare quella parte della Beozia, che dal nome di lui fu detta Flegia — vedi l’articolo pre
ssi furono distrutti da continui terremoti, dalla peste, e finalmente dal fuoco del cielo che piovve sopra di loro. Un mode
, ripete fra i tormenti, allora che dice, secondo Virgilio  :Imparale dal mio esempio a non disprezzare gli dei. È per altr
ito di questa dea una leggiera confusione, la quale emerge unicamente dal fatto che riporteremo qui appresso. Una cortigian
tica dea Flora, in onore della quale si celebravano dei giuochi detti dal suo nome Florali, a cui, coll’andare degli anni s
, laddove prima traevano vita di selvaggi. Egli edificò una città che dal suo nome fu detta Foronica. Fin qui la storia. Se
uccise a colpi di freccia. L’ arco, che solo in cervi, in capri e in dame Dal biondo dio fu nelle cacce usato, Forò la pelle e
pio di Diana in Efeso, Alessandro, il conquistatore, si fece ritrarre dal celebre Apelle con un fulmine nella destra, volen
he era per fino proibito di abbruciare il cadavere di un uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava seppellirlo tal quale e
Consorte, e in tomba andar con lui sepolta, Giù nell’ Orco disciolta Dal sentimento de’ miei mali amaro, Soavissima morte,
issima era la credenza dei persiani, che il fuoco fosse stato portato dal cielo e posto suil’altare nel primo tempio che Zo
zione favolosa dice che Prometeo fosse quello che rubò il fuoco sacro dal cielo, e lo dette in dono agli uomini. Diodoro, n
con nome particolare di Tesifone, Megèra ed Aletto. Questa è Megera dal sinistro canto : Quella, che piange dal destro, è
a ed Aletto. Questa è Megera dal sinistro canto : Quella, che piange dal destro, è Aletto : Tesifone è nel mezzo : Dante 
atti secondo Esiodo le Furie erano figliuole della Terra, e concepite dal sangue di Saturno ; sebbene in altre opere del ci
. di F. Bellotti. Apollodoro asserisce esser nate le furie nel mare, dal sangue che grondò dalla ferita che Saturno fece a
e in una mano ed uno staffile anche di serpenti nella altra e seguite dal Terrore, dalla Rabbia e dalla Morte. Senz’ ali S
la tradizione storica, fu ucciso Cajo Gracco. La parola furina deriva dal latino Fur che significa ladro. Si trova talvolta
rmentata dai dolori del parlo, Galantide fosse uscita per breve tempo dal palazzo della sua signora e che nel rientrare pre
e, che la via lattea fosse stata formata dalle goccie di latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa, per consiglio d
la vogliono, che le feste Galassie prendessero la loro denominazione, dal costume che avevano i pagani, di cibarsi nei gior
o Giardin più vaga. Ovidio — Metamorf : Libro XIII — Fav. VII. trad. dal Cav. Ermolao Federico. e fu figlia di Nereo e di
latea amò passionatamente un bellissimo giovane pastore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza di u
Fav. VIII trad. del Cav. Ermolao Federico La parola Galatea deriva dal greco γαλα che significa di latte, e si dava a qu
a delle eroine della Grecia, in cui veniva onorata con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiade. Fu figliuola di
alli, avevano una gran quantità di obblighi e di doveri, imposti loro dal culto della loro fanatica religione. Per esempio
a e per dimostrare che la vera saggezza non si lascia mai sorprendere dal sonno. Presso i pagani era comune l’ uso di sacri
bili nella Scizia Europea, e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome prese quella di Gelone, popoli che si re
lo cangiò in quel fiore che porta anche oggli lo stesso nome. Infatti dal sangue del morto spuntò un fiore del color della
ove sorgeva la casa di Giano. Era mia residenza il vicin colle. Che dal min nome quest’età devota Gianicolo fin qui nomin
co frala edificazione della città Gianicola, e la cacciata di Saturno dal cielo per opera di Giove ; e ripete che Giano acc
. Tra le festiadi vergini costei Andò famosa per beltade egregia. E dal Dittéo Teleste ebbe i natali. Ovidio — Metamorf.
ia in quella di Gianuale, in occazione di un preteso miracolo operato dal dio Giano. Narra la cronaca alla quale si attengo
ttore dei romani, non avesse in quell’istesso momento fatto scaturiré dal suo tempio, una larga sorgente di acqua bollente,
uella di Giara. Ma fatta di Latona e de’suoi figli Ricetto un tempo, dal pietoso arciero Tra Gïara e Micon fu stretta in g
della lontana e barbara Colchide, onde impadronirsi del famoso ariete dal vello d’oro, e portarlo in Grecia. Esaltato Giaso
ella Colchide, onde rapire ad Aete, re di quella contrada, il montone dal Vello d’oro, che Frisso vi aveva lasciato, — V. f
ssale impresa, Giasone si reco là dove era rinchiuso il famoso ariete dal vello d’oro, alla cui custodia vegliava notte e g
Medea, avvinta ora indissolubilmente a lui dall’amore. dalla colpa, e dal delitto, imperocchè ella acciecata dalla funesta
o uccise Argo, e cangiò Gierace in sparviero. La parola Gierace viene dal greco ιεραξ che vuol dire sparviere. 2141. Gierac
nsiderazione. 2148. Gieroscopia. — Sorta di divinazione che si faceva dal riflettere e ricordare tutto quanto avveniva dura
differenti azioni che ne resero famosa la vita. Esiodo li fa nascere dal sangue che grondò dalla ferita di Urano ; mentre
e dei suoi figliuoli Titani, sterminati dagli dei, li avesse vomitati dal suo seno, per farli ministri della sua collera.
come sotto alle lor moli istesse Giacquer sepolti i corpi scellerati, Dal molto sangue de’ suoi figli aspersa Che fatta fos
tutti i suoi formidabili compagni riuniti insieme. E narra che Tifeo dal più profondo Della terra sorgendo, alto terrore A
Aglao era un modesto pastore, che viveva lavorando il suo campicello, dal quale ritraeva tutto quanto abbisognava alla sua
zoni, se erano donne, e sacerdoti se fossero uomini. 2153. Ginniel. —  Dal vocabolo greco γνμνοε, che significa ignudo, furo
uattro figli, Eteocle e Polinice, che si distrussero a vicenda spinti dal cicco furore dell’odio — V. Eteocle e Polinice — 
acevano grondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza di dolore, svelse dal corpo di Eteocle la spada che il fratello vi avev
amore. E questa anche l’idea seguita da Alfieri. …….. il ferro Ecco, dal fianco palpitante ancora Di Polinice ha svelto, e
, veniva rappresentato come un giovanetto, coperto d’un gran velo che dal capo gli scendeva fino ai piedi, e avente una tor
etto scrittore, questa superstiziosa credenza dei romani ebbe origine dal fatto seguente. Nell’anno di Roma 363, i tribuni
ella bella risposta data da Lucullo a coloro che volevano dissuaderlo dal combattere contro Tigrane, nelle None di ottobre,
urno divorava i propri figli, perchè un’antica predizione a lui fatta dal Cielo e dalla Terra, gli aveva annunziato ch’ egl
aggiunge che al muovere del suo capo divino, tremasse il mondo. egli dal seggio Più sublime, appoggiato in sull’eburneo Sc
ne introdussero in altre contrade il culto ; e finalmente moltissimi dal motivo per cui gli erano stati innalzati dei temp
cadere, si cavava il presagio del futuro. La parola Giromanzia deriva dal greco ύρος che significa rotondo. 2165. Giuba — R
che ci sono state tramandate sia dai ruderi dei monumenti rispettati dal tempo, sia nei papiri. Infatti su di una pietra d
ritenevano per fermo che il violatore d’un giuramento veniva colpito dal fulmine. La tradizione mitologica racconta a prop
no state delle persone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato. Presso i r
’infelice : indarno Al suol si prostra e si contorce, e tenta Sveller dal fianco l’infernal tuo dono. Corrono indarno ad ai
uando tutte le viscere commosse Mi sentii d’improvviso, e da un desio Dal natural diverso il cor rapito. Nè restarmi potei,
trutte da Ercole. Per altro, codesta opinione di Diodoro è combattuta dal cronista Ateneo, secondo il quale le gorgoni non
ali generavano senza la partecipazione dell’uomo, fecondate solamente dal Zeffiro, come asserisce Virgilio. Quando il prim
ebbe da lui sette altre figliuole, che insieme a questa Granea furono dal nome, della loro madre, chiamate ninfe Amadriadi.
stessa madre, e che aveva in sè tanto splendore e tanta bellezza, che dal nome di lei furono detti Hossir o Hnosser i gioje
tto di mare, quanto l’isola stessa ov’essi approdarono, fossero detti dal nome di lui mare e isola d’Icaro. Diversa, per al
ve tratto, l’aereo viaggio segui senza accidenti ; ma poi rassicurato dal vedere i suoi sforzi coronati di successo, e tras
il padre, e ’l mar l’asconde. Vicino a terra fur l’Icarie some Tolte dal mar ch’a lui tolse anche il nome. Ovidio — Metam
che a proposito del monte Ida, che essendo una volta caduto del fuoco dal cielo, poco tempo dopo il diluvio di Deucalione,
ave da una furiosa tempesta, era prossima a far naufragio. Spaventato dal pericolo imminente, Idomeneo fe voto a Nettuno, d
. Ciò, secondo riferisce Fozio, ha potuto lasciar credere che i greci dal sagrifizio della figlia di Iefte, di cui parla la
a, fossero un giorno entrate in un tempio di Giunone, ove ben lontane dal rimanere con quel devoto e castigato contegno, ch
rtorì, avea tutte e due i sessi. Ma giunto Ifide in elà di 13 anni fu dal padre destinato in consorte alla più bella giovan
estra, l’altra figliuola di Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Racine, nella sua Iphigénie, che è una delle più
la vista del terribile destino che le era preparato ; implorar grazia dal padre, e porre tutto in opera onde piegarlo a più
on ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma invano, di stornare dal capo amatissimo della figlia il destino inesorabi
di F. Bellotti Differentemente dalla tradizione mitologica seguita dal tragico greco, e che noi abbiamo di sopra esposta
erimento di Calcante ; e che allora Ulisse fosse segretamente partito dal campo greco senza il consenso di Agamennone e si
l quale avea ricevuto comando da Apollo di recarsi in Tauride, levare dal tempio la statua di Diana, che si credeva discesa
Tauride, levare dal tempio la statua di Diana, che si credeva discesa dal cielo, e trasportarla in Attica. Una barbara usan
s’innammorò perdutamente di lei, e la rese madre di due giganti, che dal nome del loro supposto padre, furono detti Aloidi
la madre e chi la figlia ; e Pancratide ebbe la fortuna d’esser vinta dal re stesso dei Traci ed Ifimedia da uno dei favori
lissiadi : soprannome che i pagani davano alle muse e che loro veniva dal flume Ilisso nell’Attica, le cui acque erano rite
namente il figlio di lui, riconoscente al beneficio che avea ricevuto dal morto eroe. Ma l’irreconciliabile odio di Euriste
279. Indicanie. — Soprannome che si dava ad Ercole, secondo Cicerone, dal fatto seguente. Nel tempio di questo dio, si cons
e gli venivano offerti continui sagrifizii. La parola Indigeto deriva dal latino in diis ago cioè : sono fra gli dei. Oltre
Omero ripete, che Ulisse per scendere all’Inferno, traversò l’oceano dal paese dei Cimmeri. Il cronista Apulejo, fa, che P
 Libro VI. trad. di A. Caro : 2285. Iniziali. — Detti anche Initali, dal vocabolo latino initiare, che significa consacrar
dette con esso a precipitosa fuga verso il mare ; ma inseguita sempre dal furibondo marito, si precipitò nelle onde insieme
igliuol, che stendea lieti Le pargolette braccia, della madre Strappa dal seno, e d’una fionda a guisa, Due volte e tre nel
secondaire del suo regno. V. Leucotoe e Matuta. 2287. Intereidona. —  Dal verbo latino intercidere, i romani davano questa
e agitata in strana guisa, e quasi demente si precipitò nel mare, che dal suo nome fu detto mare Ionio, …….. e tutto poi Q
Trad. di F. Bellotti. Ma non si arrestò quivi, perchè spinta sempre dal furore che le sconvolgeva la mente andò nella Sci
onali del mondo conosciuto dagli antichi, quasi si volesse dire di la dal vento Borea. Il soprannome d’Iperboreo, si dava p
gli abitanti delle differenti città, che si trovavano sulla via, che dal paese degl’ Iperborei, conduceva all’ isola di De
a greca significano il sole e la luna. Ingelositi intanto gl’altri re dal vedere che Iperione avesse prole di così stupenda
n dopo l’altro perditori, e secondo il patto sanguinoso, appena scesi dal carro furono posti a morte : per modo che Enomao
i, di cui quel re gli avea imposto di impadronirsi. 2311. Ippolito. —  Dal nome della madre così fu chiamato il figliuolo ch
edisse il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di soddisfare ad og
uma dintorno, al lido lende. Alla mira del cocchio, e giunge, ed ecco Dal tempestoso immane grembo crutta Portentoso un gra
eri navigatori, e trattenne per lungo spazio di tempo Giasone stesso, dal quale ebbe varii figliuoli, non avendo potuto fre
il fatale capello. …… De l’affannosa morte Fatta Giuno pietosa, Iri dal cielo Mandò, che ’l groppo disciogliesse tosto, C
ol suo mortal si strettamente avvinta ; Ch’ anzi tempo morendo, e non dal fato, Ma dal furore ancisa, non le avea Proserpin
si strettamente avvinta ; Ch’ anzi tempo morendo, e non dal fato, Ma dal furore ancisa, non le avea Proserpina divelto anc
onore del quale si celebravano in Grecia, delle pubbliche feste dette dal suo nome Ischenie. 2332. Isee. — V. Isie. 2333. I
e più larga dell’ inferiore, e che finisce in forma di mezzo cerchio, dal cui vuoto escono talvolta tre, e talvolta quattro
e preso il suo nome dall’ avere un tempio d’ Iside a qualche distanza dal luogo, ove fu fabbricata. Da ciò le due parole gr
gione di Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo era custodito dal gigante Briareo, e da gran numero di demoni. 2343
go, tanto a Deioneo, quanto alla moglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua futura sposa, di adempiere al suo
osamente dai suoi stati. La tradizione mitologica prendendo argomento dal soprannome del principe, racconta invece che il p
ci e solo gli Eleati erano fra tutti i greci quelli che si astenevano dal recarsi in Corinto, in quella occasione ritenendo
oria, dove Dei corridori il vanto A Senocrate diè l’equoreo Giove ; E dal dorio confine Apio mandôgli a incoronargli il cri
elebre nella sua immortale Odissea. Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliar
rdano, e figlio di Giove e di Elettra. Egli fu ucciso inavvedutamente dal fratello. Italia è detta. Questa è la terra dest
nto Creusa era stata tolta in moglie da Xuto, e Apollo, spinto sempre dal suo affetto pel figliuolo, si adoperò, con solert
acolo rispose che la prima persona che avrebbe incontrato all’ uscire dal tempio, sarebbe stato suo figlio. A questa rispos
lante pensiero di conoscere quest’ essere caro, uscì precipitosamente dal tempio, e non appena fatti pochi passi oltre la s
o d’essersi quel giovane offerto il primo, alla vista di lui, uscendo dal tempio. Intanto Creusa venuta a conoscenza di qua
co nel vino sparso dalla coppa, cadde come fulminato al suolo, ucciso dal terribile veleno. Spaventati gli astanti, arresta
na. — Nella mitologia scandinava, Kolna è un genio scacciato da Odino dal regno d’Asgart, e che sopraintende alle nozze dei
un intervallo di dugento passi l’una dall’altra, distanti due miglia dal gran Cairo. Vi sono alcuni cronisti, i quali att
consacrato, in memoria delle sue gesta un bosco in una contrada, che, dal suo nome, fu detta borgata dei Lacidi ; e che poi
ti, gettava ai corvi una focaccia, egualmente simile a quella gettata dal rappresentante del partito avverso. Il partito la
tante del partito avverso. Il partito la cui focaccia veniva mangiata dal corvo, aveva aggiudicata la vittoria. I cronisti
i pagani, vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie di mostri dal volto di donna, che attirano i passeggieri e poi
distinguevano alcune lampadi miracolose dette lampadi inestinguibili, dal perchè essi ritenevano, secondo l’attestazione di
ro greco uccisero alcuni buoi, che facean parte della mandra affidata dal Sole alla custodia di Lampezie, e si cibarono di
eo Danaos et dona ferentes. Pronunziando queste parole, e trasportato dal proprio convincimento, Laocoonte afferrò una lung
on lui nel regno dei morti, di quello che rimanere sulla terra divisa dal suo diletto. Laodamia finalmente avea nome una pr
ice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la quale fu dal padre offerta in consorte ad Achille, insieme all
rgini che egli fece costruire, onde proteggere la cittadella di Troia dal furore delle onde del mare, furono riguardati com
lisse il popolo troiano con una terribile pestilenza, e Nettuno mandò dal fondo del mare un’orrendo mostro marino, che divo
sene perdutamente, la rese madre di due gemelli che poi furono detti, dal nome della madre Lari, ed a cui varii scrittori d
one delle lagrime di lei, fece con un colpo del suo tridente sorgere, dal fondo dell’oceano, l’isola galleggiante di Delo,
regò a volerla soccorrere d’un sorso d’acqua, ma quei disumani, lunge dal compiacerla, si diniegarono alla dolente preghier
tole — Libro I. — Epist. XVI. trad. di Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome di questa dea venivano complessivamente chia
. Virgilio — Eneide — Libro VII trad. di A. Caro. 2458. Laziale. —  Dal costume che avevano alcune città del Lazio di sag
ale. La origine di questa solenne cerimonia dei romani ebbe principio dal fatto seguente. La cronaca tradizionale asserisce
ella parte d’Italia, dove regnava Giano, allorquando Giove lo scacciò dal cielo. 2461. Leandro. — Amante di Ero : egli mori
e, la quale perseguitò tutti i discendenti di Cadmo. Leargo fu ucciso dal proprio padre, che Giunone aveva a tale scopo col
zione mitologica cadde Vulcano, allorchè Giove suo padre lo precipitò dal cielo con un calcio. La cronaca favolosa narra ch
Pausania dice, non poterle divulgare senza sentirsi ardere la fronte dal rossore della vergogna. 2477. Lesbo. — Isola del
bera altro non era che Arianna deificata dopo la morte, con tal nome, dal dio Bacco. Tu a me consorte, non vogl’io che pri
invocavano con questa appellazione, quando correvano alcun pericolo, dal quale credevano di uscir immuni per la protezione
ifico tempio che ella aveva in Roma, e che primieramente fu innalzato dal padre dei Gracchi, sul monte Aventino e adorno di
i Giove, Licaone fu cangiato in lupo, e un fuoco vendicatore, cadendo dal cielo, ridusse in cenere la reggia di lui. …… de
e conserva le vestigia. Ovidio — Metamorf : Libro I. — Fav. V. trad. dal Cav. Ermolao Federico. Al dire di Pausania, co
umana, quante volte però si fosse astenuto, in quel periodo di tempo, dal nudrirsi di carne umana, che se ciò fosse avvenut
icavano sovente vittime umane. 2514. Liceo. — Soprannome dato a Giove dal monte Liceo in Arcadia, che da principio era cono
i scampati alla morte si riunirono su quella montagna, e forse spinti dal bisogno di farsi un asilo, edificarono le prime c
ei fè guerra. Su pel sacro Nisselo egli di Bacco Le nudrici inseguia. Dal rio percosse Con pungolo crudel gittaro i tirsi T
ario di apportare nel suo codice. Prima però di partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, che le sue leggi sarebbero m
tare nel suo codice. Prima però di partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, che le sue leggi sarebbero mantenute in p
ontrada, e sopratutto gli spartani, avessero potuto ritenersi sciolti dal sacro giuramento, e avessero ricusata nell’ avven
ipatore della malinconia. 2526. Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli era signor
tata con una specie di gambero marino sulla testa. 2532. Limentino. —  Dal latino limen, si dava la denominazione anche femm
come propizio augurio ; mentre se per contrario essi si allontanavano dal cibo, credevasi l’ oracolo infausto e di cattivo
trice dei pescatori, i quali in suo onore celebravano una festa detta dal suo nome Limnatidia. 2536. Limnatidia. — Vedi l’
dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave era dal sonno. Ma colui che vibrar tentava il ferro Fu da
rni di burrasca ad investigare il luogo ; e che quegli abitanti lunge dal far male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggia
alberghi e nutra. Partiro, e s’affrontaro a quella gente, Che, lunge dal voler la vita loro. Il dolce loto a savorar lor p
bramava Starsi, e mangiando del soave loto, La contrada natia sbandir dal petto. Omero — Odissea — Libro IX. Trad. di I. P
opo la battaglia, per espiare il sangue versato. Il nome di Lua viene dal latino luere che significa espiare. Trovossi gra
ittore, tutte le divinità maschili erano come capitanate e presiedute dal Sole ; e quelle femminili dalla Luna. Gli Egizian
mercio con la Luna, e di potere coi loro incantesimi farla discendere dal cielo ; e lo stesso storico Luciano ripete nelle
o sortilegi. 2567. Lunedi. — Questo giorno della settimana era, forse dal suo nome medesimo, consacrato a Diana Luna, ed è
come il dio Luno. Secondo Strabone, l’appellativo di dio Luno deriva dal vocabolo greco σεληνη che in quella lingua rinchi
di febbraio. Per altro questa opinione del famoso poeta, è combattuta dal cronista Valerio Massimo, il quale asserisce che
o Massimo, il quale asserisce che le feste Lupercali furono istituite dal pastore Faustolo. a principio del regno di Romolo
iliani. A questi due, Giulio Cesare aggiunse un terzo collegio, detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire di S
mitivi di origine incerta, erranti, secondo l’opinione degli eruditi, dal più remoto oriente, fino ai paesi più occidentali
nosticismo. — Questa parola che significa scienza, cognizione, deriva dal greco e indica, nelle storie delle dottrine relig
nella culla. Era egli figurato pieno dello spirito Divino, e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava di no
 Era nato deforme e perciò suo padre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull’isola di Lenno, si ruppe u
ri del fuoco, ordinata da Argiasp. 50. Dionisio. — Soprannome dato dal Greci a Bacco. per alludere che egli era stato lo
7 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
stre inesorabili degli aeuti rimorsi di una eoscienza colpevole, nate dal sangue umano scelleratamente versato. 7. Le favol
o latino nato l’anno 42 di G. C., compiange Atlante quasi schiacciato dal peso del cielo, a motivo del gran numero di Dei c
ontemporaneo d’Omero e che fiorì 9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed era cieco.7 22. I p
ale par necessario solamente perchè l’ uomo da sè stesso si allontana dal bene (332. 2°). Le tre Parche (235) eran le minis
a non valse, e Titano scoprì la frode ; laonde per non vedere esclusi dal trono i Titani suoi figli, mosse guerra a Saturno
’ istmo di Suez per istabilirsi nell’ Affrica. 31. Poichè Saturno udì dal Destino (21) che Giove gli avrebbe usurpato il re
volta a suo danno della libertà che gli avea procurata, lo discacciò dal Cielo. 32. Saturno, perduto il cielo e l’ impero,
a parte d’ Italia ove poi fu eretta Roma, e che ebbe il nome di Lazio dal latino vocabolo Latere,8 forse perchè Saturno vi
ai quali nacquero le faticose arti, furono denominate dall’ argento, dal rame e dal ferro, per significare il successivo t
acquero le faticose arti, furono denominate dall’ argento, dal rame e dal ferro, per significare il successivo traviamento
Vivean senz’altro giudico sicuri. Senza esser rotto e lacerato tutto Dal vomero, dal rastro e dal bidente, Ogni soave e de
’altro giudico sicuri. Senza esser rotto e lacerato tutto Dal vomero, dal rastro e dal bidente, Ogni soave e delicato frutt
o sicuri. Senza esser rotto e lacerato tutto Dal vomero, dal rastro e dal bidente, Ogni soave e delicato frutto Dava il gra
fòro ! Età dell’ argento. Poichè al suo vecchio Dio10 nojoso e lento Dal suo maggior figliuol fu tolto il regno, Segui il
del giorno, Secondo ch’ era in Cancro o in Capricorno. Età del rame. Dal metallo, che, fuso in varie forme, Rende adorno i
ra falsità, non v’era inganno ; Come fu nella quarta età più dura Che dal ferro pigliò nome e natura. Età del ferro. Il ver
rro pigliò nome e natura. Età del ferro. Il ver, la fede e ogni bontà dal mondo Fuggiro, e verso il ciel spiegaro l’ali, E
dal mondo Fuggiro, e verso il ciel spiegaro l’ali, E in terra usciro dal tartareo fondo La menzogna, la fraude e tutti i m
ro di bronzo ; e i Latini solevano offrirle in dono per capo d’ anno, dal che forse ebbero parimente origine le strenne. 39
strenne. 39. Saturno fu comunemente rappresentato qual vecchio curvo dal peso degli anni e armato di falce, per indicare c
) dove con special culto era onorata. 41. La chiamarono anche Tellus, dal presiedere alla terra, come Saturno aveva presied
procacciasse ai mortali ogni sorta di beni. 42. Ebbe il nome di Rea, dal greco rhéin che vuol dire, scorrere, essendochè l
este in onor di Cibele furono dette Megalesiache, o giuochi megalesii dal greco mégas megále, che vuol dir grande, perchè i
oltura, e più specialmente delle messi e dei cereali. 52. Cerere ebbe dal fratello Giove (63) una figlia chiamata Proserpin
63. Giove, figlio di Saturno (27) e di Cibele (40), bandito il padre dal cielo, s’impossessò dell’Olimpo, divenne padrone
un’altra immagine delle eruzioni vulcaniche di quei tempi, ingrandita dal terrore dei popoli che ne furono spettatori senza
reo che aveva cento braccia e cinquanta teste : Vedeva Briareo fitto dal telo Celestïal, giacer dall’altra parte, Grave al
egli orgogliosi che presumono sollevarsi contro il cielo. È fama che dal fulmine percosso, E non estinto, sotto questa mol
trarsi ai mortali, invocando il fulmine propizio, Io dicevano Rlicio, dal latino elicio, cavar fuori, ec. 80. Egli era poi
e, la battè incollerita col piede ; Vulcano (270) che Giove precipitò dal cielo sulla terra da quanto era deforme ; ed Ebe
e soleva tenerne aperti cinquanta nel tempo che gli altri eran chiusi dal sonno. Ma la Dea non ottenne il suo intento, perc
nelle fauci dell’orrendo mostro, allorchè Nettuno, (185) impietosito dal tristo caso, fece apparire nel mare Egeo l’isola
rtorì Apollo (96) e Diana (137). Il primo ebbe il soprannome di Delio dal luogo della sua nascita. Certo non si scotea si
o molti progressi nell’arte della chirurgia e della medicina imparata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’era
ressi nell’arte della chirurgia e della medicina imparata dal padre e dal Centauro Chirone (430, 536), e n’era considerato
to la folgore ; laonde Giove, per punirlo di tanto ardire, lo scacciò dal cielo, e lo privò della divinità per molti anni.
ovrarsi nella Troade, ove s’imbattè in Nettuno (185), esule anch’egli dal cielo in pena d’una cospirazione ordita con altri
le decrepitezza, desiderò ed ottenne di trasformarsi in cicala. 113. Dal matrimonio dell’Aurora con Titone nacque Memnone
n quelle, secondo la favola, che producono la rugiada mattutina. 114. Dal rogo di Memnone volaron fuori gli uccelli memnoni
per ispiare i suoi passi. Cefalo, [ILLISIBLE]ssato dalla stanchezza e dal caldo, andò per caso a riposarsi sotto un albero
orme di giovinetta ninfa, incoronata di fiori e sopra un carro tratto dal Pegaseo (124), perch’ella è amica dei poeti. E q
a quando è rancia. E così la veste, come la sopravveste, siano scosse dal vento e facciano pieghe e svolazzi. Le braccia vo
a d’Orfeo (469). 124. Pegaso o Pegaseo era un cavallo alato, e nacque dal sangue di Medusa (357), allorchè Perseo (353) rec
tempo crebbero in quel luogo alcune canne, le quali nell’esser mosse dal vento ripetevano le parole del barbiere : Mida ha
’ignoranza pur troppo si fa palese, comunque esser possa accompagnata dal potere e nascosta sotto lo splendore di ricchi ar
oichè un corvo gli ebbe svelato ch’ella poco di lui si curava, tratto dal primo impeto dello sdegno, la trafisse con un dar
rtemisia alzò al re Mausolo suo sposo. Questo monumento prese il nome dal principe del quale conteneva le ceneri ; e ancora
ciò confusa con Giunone ; ed i Latini la dissero Genitalis od Illitia dal greco, perchè al pari degli Efesj la onorarono qu
ade (75). Allora Diana, conosciuta la poca fede di Calisto, la cacciò dal suo cospetto, e la mutò in orsa ; ma Giove la col
lora il suo carro è di madreperla : Il lume Che Cinzia versa placido dal carro Di madreperla. Foscolo. Le Grazie. Anche
! Ogni sdrucciolone, ogni cascata erano accolti dagli scoppi di risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli spettatori ;
sicosi senza limiti, acconsentendo di credere che la loro anima passi dal corpo di un uomo in quello d’un animale, e da que
pe, e nata a’ rai del sol s’ allegra ; Tu venti e nubi, o Dea, sperdi dal cielo All’apparir tuo primo ; a te sommette I gio
177), celebre e soavissima e sventurata poetessa greca, lo fa nascere dal Cielo e dalla Terra per significare i sentimenti
pre attivo e costante in sè stesso ; regola immortale data ai mortali dal Cielo, che è indipendente da ogni umano volere, c
soavi affetti, e gli sguardi rivelano un’ardentissima segreta fiamma dal pudor governata, e in tutto il suo contegno dimos
on esporsi a tanti pericoli contro le belve feroci. Un giorno, tratto dal suo coraggio, e dimentico dei consigli della Dea
olui che debbo amare ! » Ma il Nume s’ostinava a rimanere invisibile. Dal canto loro le sorelle di Psiche aumentavano la su
; sicchè una goccia ardente cadde sul seno del giovine, che svegliato dal dolore si alza precipitoso, e sparisce come ombra
le fa sparire di sopra il volto la maschera nera, e ambedue passarono dal tempio di Ciprigna (180) in quello d’Imeneo (174)
ice in una congiura ordita contro Giove, n’ ebbe per castigo l’esilio dal cielo nello stesso modo che Apollo (96) ; e per v
dalle Nereidi (316) e preceduto dai Tritoni (190). 189. Nettuno ebbe dal matrimonio con Anfitrite parecchi figli, ed i più
precipitarono in mare ; talchè dipoi quel luogo fu chiamato Sirenide dal loro nome. 199. Tra gli Dei marini non è da passa
con dodici branche e sei teste ; e una moltitudine di cani le uscivan dal corpo, i quali col continuo abbaiare atterrivano
re ed aperte, i naviganti Entro al suo spece a sè tragge e trangugia. Dal mezzo in su, la faccia, il collo, e ’l petto Ha d
quella che nelle Scritture Sacre dicesi veduta da Nabuccodonosor : e dal corrompimento delle materie stesse componenti la
, e per celarlo meglio, Quando piangea, vi facea far le grida. Dentro dal monte sta dritto un gran veglio Che tien volte le
sul mare ; e chi rompea questo giuramento era per dieci anni bandito dal cielo, e privato dell’ ambrosia e del néttare. L’
er della livida palude : » ……Demonio spaventoso e sozzo, A cui lunga dal mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha gl
questi or quelli Scegliendo o rifiutando, una gran parte Lunge tenea dal porto e dall’ arena. (Loc. cit.) Ogni ombra dove
, per tre gole al ventre Trangugiando mandolla, e con sei lumi Chiusi dal sonno, anzi col corpo tutto Giacque nell’ antro a
la madre. Siccome la peste aveva spopolato i suoi stati, così ottenne dal padre che le formiche diventassero uomini, e dett
tù. Eaco ebbe due celebri figli, Telamone e Peleo. Il primo, esiliato dal padre per aver ucciso per disgrazia Foco suo frat
I Greci potrebbero aver preso l’idea di questi giudici dell’ inferno dal costume che avevano gli Egiziani di giudicare pub
l’ eterno pianto : Guarda, mi disse, le feroci Erine. Questa è Megera dal sinistro canto : Quella che piange dal destro è A
feroci Erine. Questa è Megera dal sinistro canto : Quella che piange dal destro è Aletto : Tesifone è nel mezzo : e tacque
entoso delirio ne occupava i sensi, e lo faceva passare in un istante dal furore alla disperazione, alla morte. Sacrificava
rogo di cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco,
la Terra (25), e secondo altri del Caos (22). Sposò l’Acheronte (218) dal quale ebbe le Furie (232) ; da sè sola concepì la
) dal quale ebbe le Furie (232) ; da sè sola concepì la Morte (242) ; dal Caos (22) ebbe il Destino (21) e l’Erebo (223) ;
la Morte (242) ; dal Caos (22) ebbe il Destino (21) e l’Erebo (223) ; dal Sonno (240), Momo (282), e dalla Morte (242), la
quante volte Chinava il veglio le bramose labbra, Tante l’onda fuggia dal fondo assorta, Si che appariagli al pié solo una
252 Danao, re d’Argo e figlio di Belo, ebbe cinquanta figlie chiamate dal nome paterno Danaidi, o Belidi da quello dell’avo
’egli trae a sè tutti i popoli. I Latini lo soprannominarono Februas, dal verbo Februare, far libazioni sulle tombe ; le qu
Fu annoverato tra le Deità infernali, perchè le ricchezze si ricavan dal seno della terra che è il loro soggiorno. Anche d
pi Olenii. Siccome Giove aveva fatto uscir Pallade (263) tutta armata dal proprio cervello, così la moglie del Tonante non
a.56 260. I suoi dodici sacerdoti istituiti da Numa eran detti Salii dal latino sallare, perchè celebrandone le feste, bal
tra gli altri, perchè niuno lo involasse) credevano che fosse caduto dal cielo ; e la superstizione romana faceva dipender
rstizione romana faceva dipendere dalla conservazione di quello, come dal Palladio i Troiani, la salvezza della patria. 261
i antichissimi tempi, non è meno bella e grande l’idea che fa nascere dal cervello del padre dei Numi la Dea della Sapienza
lifemo un tiranno violento, che a guisa dei signorotti del Medio-Evo, dal suo monte o dal suo castello usava la forza contr
o violento, che a guisa dei signorotti del Medio-Evo, dal suo monte o dal suo castello usava la forza contro i deboli per a
ria, (mneme, memoria, gr.) figlia di Celo (25) e della Terra (25) ; e dal suo matrimonio con lei nacquero le nove Muse. Abi
ntiliscono e onorano il popolo ; ma talora i cultori di esse traviano dal retto sentiero, si fanno ministri di malcostume,
andi orecchie d’asino e una zampogna in mano. Sarà in atto di fuggire dal cospetto d’Apollo, saltando giù da un sasso rozza
stolto e ignorante, nemico delle belle arti e delle lettere, scacciò dal suo regno i dotti e i filosofi, distrusse le bibl
tinue ed insipide baje lo resero insopportabile a tutti, e fu espulso dal cielo. 284. È rappresentato col capo coperto da u
ura, E durerà nelle lontane genti, Per sovrumani usci nuovi argomenti Dal cavo grembo della Notte oscura. Pronto, audace, f
ulminò l’audace mortale. Apollo ne fu sconsolato oltremodo, e implorò dal padre degli Dei che Esculapio fosse accolto nel c
gliato sasso, E quanti raggio fervido, O acuto gel percosse, Ei tutti dal moltiplice Sciogliea crudo malor, E lunge ogni do
ani ogni anno di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale era stato co
di Siringa (syrinx, canna, gr.), ninfa d’Arcadia ; ma ella atterrita dal suo aspetto deforme si dette a fuggirlo, e il fiu
uni lo confusero con Pane. I poeti e i pittori lo dipingono cornuto ; dal mezzo in giù gli fanno le membra caprine, e gli p
e cascine. Alcuni studiosi delle etimologie ne fanno derivare il nome dal vocabolo palea, paglia. Vero è che nel mese di ma
l Cielo figlia, S’ornò : per te la terra all’uom non spiacque, Quando dal cielo al suol bassò le ciglia. Per te la vita rin
cammin l’onda d’argento, Com’è l’antico grido ; e il greco Alfeo, Che dal fondo del mar non lungi s’alza, E costanti gli af
28. Le feste celebrate in onore di questi idoli erano dette compitali dal latino compita che suona crocicchio o trivio. I d
benda sugli occhi, ritta con ali a’piedi, e l’un d’essi già staccato dal suolo in atto di volare, mentre l’altro appena to
cieco, fosse guidato dalla Fortuna egualmente cieca, la quale dipende dal cieco Destino (24), se la instabilità dei beni de
a dei malvagi, de’ quali alla fine accelera la ruina : Lieve ed alta dal suolo ella sul capo De’ mortali cammina, e lo per
all’ Eterno : Libertà che alle belle alme s’apprende, Le spedisti dal ciel, di tua divina Luce adornata e di virginee b
accolse le spoglie che questo imperatore ed il suo figliuolo recarono dal tempio di Gerusalemme. La Pace teneva nella destr
gilanza vuol esser così fatta, che paia illuminata dietro alle spalle dal sol che nasce, e che ella per prevenirlo si cacci
tre figli mostruosi, Gerione (379), Echidna (466) e la Chimera (465). Dal rimanente nacque il cavallo Pegaseo, il quale, pe
molti armati accorse a rapirgliela. Perseo era per essere soverchiato dal numero, quando si rammentò della sua arme fatale,
gnarsi dell’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per rimetterlo sul trono, dal quale era stato scacciato da Preto (462) suo frat
acea nella culla. Era egli figurato pieno di spirito divino e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava di no
ire Eurisleo e che lo uccisero per vendicare le persecuzioni sofferte dal padre loro. Quindi più volte scacciati dal Pelopo
e le persecuzioni sofferte dal padre loro. Quindi più volte scacciati dal Peloponneso alfine vi ritornarono, occupando il p
no le loro frecce contro il gran petto. Il fortissimo eroe, svegliato dal ronzio di quel nuvolo di nemici, ebbe a scoppiar
ie segrete, D’onde rostrato abete, Ritorno aver secondo Potesse alfin dal visitato mondo. (Pindaro, trad. del Borghi.) 39
ebbe sposato Dejanira volle condurla con, sè, quand’eccolo rattenuto dal fiume Eveno che aveva straordinariamente gonfie l
sul capo. Tuttavia questa opinione merita poca fede, essendo smentita dal seguito della storia di Teseo. 404. Egeo, parten
endo smentita dal seguito della storia di Teseo. 404. Egeo, partendo dal Peloponneso per tornare ad Atene, laseiò la mogli
un gomitolo di filo, mercè del quale potè ritrovare la via, ed uscire dal Laberinto dopo aver ucciso la belva. 418. Teseo,
ea vigore all’ alma. (parini. L’ Educazione.) Il suo nome, derivante dal greco chéir, che vuol dir mano, dà evidentemente
iove che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532). I figliu
canto. Si dice che gli Argonauti recassero sulle loro spalle la nave dal Danubio fino al mare, e che fosse il primo vascel
a, e dall’ enorme gola mandava fuoco e fiamme. I poeti lo dicono nato dal gigante Tifone (69) e da Echidna mostro mezzo don
ed egli ne fu sconsolato, e ricorse a sua madre. Cirene, impietosita dal suo dolore, gli consigliò d’andare a consultar Pr
ra in mano. 480. Quand’ecco un delfino, che insieme con altri, tratto dal dolce suono teneva dietro alla nave, guizza a rac
d’ Esiodo ucciso nel tempio di Nettuno, e gettato in mare ; salvarono dal naufragio Falanto generale spartano, e Telemaco f
osò Armonia figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa donna quale arte ella debba avere
come fosse stato promesso un gran premio a colui che avesse liberato dal mostro il paese. 497. La Sfinge, figlia d’Echidna
e le Furie, degne ospiti di un uomo che era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena di una sua bella trage
giù de’ muri » dice Dante, perchè mentre insultava Giove fu percosso dal fulmine sulle mura di Tebe,92 Ippomedonte, l’indo
dmo (482), fosse stato sacrificato alla patria. Creonte, come colpito dal fulmine a questa risposta, non vuole acconsentire
che tutti erano in preda all’ebrezza od al sonno, i soldati uscirono dal ventre del simulato cavallo, introdussero l’armat
del tiranno, ebbe la sventura di ferire a morte anche lei. 534. Fino dal momento che Oreste ebbe commesso, benchè involont
e, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e di tigre, dal che provennero in lui quell’ardito coraggio e que
to Genio natio, che diventò costume. Fra le sicure piume Salvo appena dal mar giura il nocchiero Di mai più non partir ; se
soneso. 542. Quando Teti ebbe saputa la morte del suo figliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnata da una lunga schie
o ai secoli Di cantico immortal. (Pindaro, Traduz. del Borghi.) 566. Dal sangue d’ Ajace spuntò un fiore simile al giacint
o. All’ orto e a mezzogiorno queste, Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliar
custodita dai Trojani nel tempio di questa Dea, e che vantavano scesa dal cielo, e collocatasi da sè stessa sopra l’ altare
isse, che seppe dall’oracolo non potersi guarire quella ferita se non dal ferro che l’aveva fatta, prese un po’ di ruggine
partire dalla sua isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, trattovi dal desiderio di conoscere lo stato dell’anima dopo l
a morte del corpo, e per consultare il famoso indovino Tiresia (660), dal quale, nell’udire le nuove disgrazie che lo minac
seppe scorgere nè abitazioni nè abitanti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli era riescito di
Ulisse. Era pallido e rifinito, quasi nudo, con le membra intirizzite dal freddo. Si alza, e il primo sentimento è quello d
donzelle ? Si copre alla meglio con le frondi, e si risolve ad uscire dal nascondiglio. Appena scortolo, le giovanetle si d
: dategli da mangiare, e conducetelo lungo il fiume in luogo riparato dal vento perchè possa bagnarsi ; indi ponetegli acca
a del palazzo ; Ulisse vi accorreva per sedarlo ; e senza esser visto dal figliuolo restò ucciso da una sua freccia avvelen
tollo Di lagrime il Pelide, e ritornati Tranqui lli i sensi, si rizzò dal seggio, E colla destra sollevò il cadente Veglio,
1. Paride, fattosi riconoscere per figlio di Priamo, ebbe commissione dal padre di andare a Salamina a richiedere Esione (5
elle armi dei soldati rinchiusi. 606. Ma i Trojani, tratti in inganno dal fraudolento Sinone che i Greci avevano lasciato a
iando coi dorsi onde maggiori Delle marine allor tranquille e quete : Dal mezzo in su fendean coi petti il mare, E s’ergean
l’inferno, e vide nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quelli della su
la costellazione più rilucente di tutte le altre (676). Quando Orïon dal celo Declinando imperversa, E pioggia e nevi e ge
d estrema vecchiezza ; ed un giorno, mentre restava attonito Filemone dal veder Bauci che diventava un tiglio, la vecchia f
oi figliuoli il bene più grande che ai mortali possa essere accordato dal Cielo. Il giorno dopo addormentatisi nel tempio n
talo (250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal quale ebbe quattordici figli, sette maschi e sett
un bacio…. Non è più una statua. Ella può vederlo, può udirlo, scende dal piedistallo, e s’incammina verso di lui. Ah ! la
si lasciò cadere sulla punta della sua spada. Quand’ ecco Tisbe uscir dal luogo dove s’ era nascosta, ritrovar Piramo già s
orte con la medesima spada ! 646. Narrano che il gelso restasse tinto dal sangue dei due amanti, e che i suoi frutti cominc
esto miracolo in tutta la Grecia, Epimenide passò per uomo prediletto dal cielo, e cominciarono a consultarlo a guisa d’ora
ose La sudata cervice e il casto petto, Che i lunghi crin discorrenti dal collo Coprian, siccome li moveano l’ aure. Ma né
o perire, si nascose per non andarvi ; ma Erifile sua moglie, sedotta dal donativo d’una collana, svelò a Polinice (505) il
nto quello di Delfo. Per consultarlo bisognava purificarsi, astenersi dal cibo per ventiquattr’ ore e dal vino per tre gior
arlo bisognava purificarsi, astenersi dal cibo per ventiquattr’ ore e dal vino per tre giorni ; poi sacrificare un ariete,
ille fu la Cumana che dicevano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio di questo Dio. La
ale e mestiero, e che quei giuochi avevano cominciato ad allontanarsi dal primitivo lor fine. Milone era già vecchio ; avev
pia ; passeggiando solo in un bosco remoto, scòrse un’albero spaccato dal vento. Rammentatosi dell’antica sua forza, volle
Leggiero Veder d’ombra che sogna ; Ma se mai sovruman raggio n’è dato Dal fulminante padre, Bello é l’uman fulgore, e il vi
lla città di Pitona appiè del monte Parnaso, o dalla città medesima o dal serpente Pitone, ucciso da Febo (99), più comunem
iedi. 675, 2°. Fu primieramente proposta la corsa di mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla quale distanza n
sorta palpitando vie più i suoi, chiamandoli a nome. Ma essi, animati dal vicino calpestio degli emuli veloci, colle orecch
o, quel poco che rimanea d’intervallo trascorrendo come flutto spinto dal vento, giunsero a lato di quelli. Per qualche tra
rispondeva ai cavalli dell’altro, avvenne che in quell’atto, infranto dal veloce impeto il ritegno della rota stessa, uscì,
ta, che desideravano ottenesse la corona, o almeno che uscisse illeso dal pericoloso cimento. Ed invero, considerando la mo
su di lui copiosamente i fiori estivi, tra i balli e gl’inni, animati dal suono estivo di cetere o di sistri, s’inoltrò a t
egava, Forte diè nella meta ; entro le rote L’asse spezzò ; precipitò dal carro ; Fra le briglie s’avvolse, e per lo circo
676. Lo Zodiaco è quello spazio di cielo apparentemente percorso dal sole in un anno. Ma, per parlare con le teorie de
ma Ercole lo uccise, e Giunone lo pose in cielo. 681. Ognun vede come dal Leone sia figurata la forza cocente de’ raggi sol
mo asilo Porgendo, sacre le reliquie renda Dall’insultar de’ nembi e dal profano Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome
fiori odorata arbore amica Le ceneri di molli ombre consoli. ……………….. Dal di che nozze e tribunali ed are Diero all’umane b
rova addotti Per onorar le sue ceneri sante, Onoriamle, adoriamle ; e dal suo Nume Imploriamo devoti amici i venti, E stabi
iullo Julo ; e dietro a loro D’ogni età gli altri tutti. Enea disceso Dal parlamento, in mezzo a quante intorno Avea schier
a lo consultavano accostando un orecchio alla sua gola, e poi uscivan dal tempio chiudendosi le orecchie con ambe le mani ;
are ai profani. Ecco due di tali metamorfosi. 723. La terra, spossata dal peso della montagna Merupatu, era in pericolo di
veduto mai, lo riguardano qual Dio sconosciuto. Per ordine suo venne dal settentrione un uomo straordinario chiamato Sciou
il peccato, e del suo successivo corrompimento. 10. Saturno cacciato dal regno di Giove. 11. La Dea della giustizia 12.
greti della fisica sperimentale. 18. Per la smisurata sua mole presa dal gelo di morte. 19. Coloro cho ammetlono l’esiste
el volgo sotto i medesimi monti cruttanti fianima che parevano cadute dal cielo. 20. Alcuni più profondi investigatori del
arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. «  Dal vaso di Pandora scaturirono il travaglio, le cure
e gl’insetti fossero genersti immediatemente dalle aostanze putride o dal faogo. 27. Delo, raccoutano i poeti, essere sta
nfermô la sentenza degli antichi colle sue Osservazioni che, tradotte dal ledesco, furono stampate nel Giornale Enciclopedi
sarebbe noto a noi acnza la traduzione di Catullo, reputata mirabile dal l’oliziano. » 37. Buccina Tritonis è così chiam
avvallamenti o i sollevamenti di suolo pei quali la Sicilia si staccò dal conlinente, l’Affrica dall’Europa, e l’Atlantide
statue, di colonno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si vuole cho dal greco nomo di Marte (Ares) sia provenuto quello d
penetrale che significa l’interno d’una magione. 65. Julo 66. Forse dal verbo geno, usato anticamente invece di gigno o g
mbedue sul dorso del mostro dovevano esserne con dotti per discendere dal sellimo nell’ottavo cerchio. 77. De’marmi sui qu
le parti sottomesse ; soprapposte, le parti poste sopra, o rilevanti dal fondo. 82. Specie di navigli. 83. Il Castoro si
viti e nozze. Delle teda al chiaro Per le contrade ne veaian condotte Dal Ialamo le apose, e liuena, liuen e Cun multi s’ i
e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodamia, fuori di sè dal dolore, si lanciò sullo stesso rogo, e vi perdett
ngo le mura ad esercitarsi nella ginnastica quando si trovarono colti dal peatifero influsso, ed in pochi istanti furon vis
8 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
. Sperasi che questo lavoro sia come altra volta benignamente accolto dal Pubblico, e contribuisca ad accrescere la coltura
enza di tanti lavori dell’ultima perfezione usciti dallo scarpello, o dal pennello de’ più valenti artisti. La Mitologia se
non si faceva offerta di veruna sorta, poichè niente poteva sperarsi dal medesimo. I suoi decreti erano immutabili, e la s
lor corso preso ; Nè pendeva la terra intorno intorno Librata in aere dal suo proprio peso. Nè il mar avea col suo perpetuo
primo desio. D’intorno il Cielo, e nel suo centro pose La terra, indi dal mar la dispartìo ; E il passo aperto, onde esalas
Teti, Bronte, Sterope, Argèo, Briarèo, Gige. La terra altresì concepì dal Tartaro il gigante Tifeo, che molto si distinse n
mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di Urano, che si sparse sulla terra nacque
ito stando presso a morte, che uno de’ suoi figli lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto come avea esso praticato con suo p
raggio di Giove turbarono la sua felicità. Egli in fine fu rovesciato dal Trono, e discacciato dall’Olimpo da Giove suo fig
lio. Ritirossi perciò in Italia, e propriamente nel Lazio, detto così dal Latino latere, perchè ivi si nascose per sottrars
nos, cioè il tempo, ed era naturale, che i poeti lo facessero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suoi attributi indicano l
tuttavia, al dire de’ Poeti, con gittar fiamme, e sassi per liberarsi dal grave peso, che l’opprime. Per mano di Minerva ca
nto tutti gli altri presi insieme, per nome Tifèo. La terra lo cacciò dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli
asa del marito. Per testimonianza di Cicerone fu altresì detta Moneta dal Latino monere per una voce, che fu udita nel suo
ue da essa particolarmente. Crucciata Giunone per essere nata Minerva dal cervello di Giove senz’averci avuta parte, volle
utto, e scontraffatto, che avendone Giove rossore lo fece precipitare dal Cielo sulla terra con un calcio. Vulcano non curò
ropensione di Giove per questa giovanetta, ebbra di sdegno la scacciò dal Cielo, e per non darle tregua in verun luogo, obb
urare di non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più fece nascere dal limo lasciato dalle acque un orribile serpente de
i che tagliavano giunchi, le proibirono di dissetarsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta barbarie, e mosso dai prieghi di L
a compassione con un colpo del suo tridente non avesse fatta sorgere dal fondo del mare l’isola di Delo, non inclusa nel g
fiumi s’inaridiscono, il mare si abbassa, e la madre Terra spaventata dal pericolo che le sovrasta, indirizza a Giove i suo
prima a ferirlo. Meleagro figliuodi Enèo finì di ucciderlo, e spinto dal coraggio che aveva mostrato questa giovane princi
vagchì di Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote di Giove, e dal medesimo condannato a dormire per sempre nell’inf
ca, ed alla poesia boschereccia, circondata da istrumenti musicali, e dal doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa :
Dea della bellezza, e la Regina degli amori, nacque, come si è detto, dal sangue, che versò nel mare Urano, allorchè fu fer
terea da Citera Isola dov’ella regnava. Venere fu maritata a Vulcano, dal quale ebbo molti figli ; fra questi i più rinomat
lcano1 nacque talmente brutto, che Giove con un calcio lo fece cadere dal Cielo. Il nume bambino si rotolò lungo tempo nell
e avesse svelato il luogo, ove il furto stava nascosto. Batto sedotto dal guadagno svelò ciò, che sapeva : allora Mercurio
mò Giove per Semele a tale inchiesta, ma non avendo potuto rimuoverla dal suo proposito, fu astretto ad eseguire il suo giu
vea predetto, che uno de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle su
de alla fuga, e si rifugiò in un canneto del fiume Ladonte suo padre, dal quale fu cangiata in canna. Pane per consolarsi d
sieme colla cera, e ne formò uno strumento musicale, chiamato Siringa dal nome della ninfa. Fauno. Fauno figliuolo di
e Indie. Un giorno, che il buon uomo viaggiava per la Lidia, smontato dal suo asinello si fermò presso di un fonte, ed ivi
 : Che ingordo ognor se d’usurpar pretende Parte de’ miei sudor, ah ! dal tuo seggio Ove immobil ti stai, lunge là grida, L
a Teti sua madre. Giove la guardava di buon occhio : ma avendo saputo dal Destino che da quella nascerebbe un bambino, che
principali venti conosciuti dai poeti. Borea il più impetuoso partiva dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erett
omeri coverti da scaglie dorate, e co’ piedi alati. Austro che spira dal mezzodì ; Euro che parte dall’Oriente ; e Zefiro
rtali seguivano il loro lavoro, e lo interrompevano all’ora stabilita dal Destino. La Notte. La Notte figlia del Caos,
unque passa questo Dio, spande a capriccio l’oro, l’argento, che cava dal corno dell’abbondanza che porta con se. La For
etro : torvo lo sguardo, e la bocca spumante. Giove l’aveva scacciata dal Cielo, perch’ella destava continue risse fra gl’I
terra cui diede l’anima con una particella di quel fuoco celeste, che dal carro del sole aveva rapita. Ingelosito Giove, ch
trovasse. Essendo stata vana ogni ricerca, Cadmo consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che avesse fabbricato una c
clinazione, ma senza esserne corrisposta. Irritata questa principessa dal disprezzo, volle vendicarsene con un’infame calun
sette donzelle, ed altrettanti garzoni, che dovevano essere divorati dal Minotauro, mostro metà uomo, e metà toro. Vedremo
indicava la morte dell’Eroe, per disperazione gittossi nel mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo montò sul trono
ebole, ed incapace di difendere i dritti del suo popolo ; fu sbalzato dal trono da Pelia suo fratello. Questi per palliare
rono manieri, si sottoposero al giogo, fu lavorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista di una pietr
trò tutta la gratitudine, avendo liberata Tebe nell’età di anni dieci dal giogo de’ Miniani. Ammazzò Ergino loro re, e sacc
roso il loro stuclo che oscurava l’aria. Avevano il becco di ferro, e dal rostro lanciavano delle particelle dello stesso m
lle dello stesso metallo. Furono questi mostri abbattuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani di bronzo, che Minerva g
el tanto che aveva di mortale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu dal medesimo trasportato nel Cielo. Filottete. Fi
, gli cadde sul piede che aveva battuta la terra, un dardo avvelenato dal suo amico ricevuto. Il veleno s’insinuò negli umo
e di Achille furono costretti di ricorrere a lui. Crucciato Filottete dal tradimento ricevuto, non volle vederli : ma Uliss
nte : la sua lira fu situata nel Cielo1. Non possiamo dispensarci qui dal rapportare il divino squarcio di Virgilio su tale
che si segnalarono in questa celebre epoca, non possiamo dispensarci dal nominare Tiresia famoso indovino, che per sette a
uscì di notte, e rendette al fratello gli ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Antigone a morte, che di sua mano pr
pe suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal dispiacere della rapita sua cara Proserpina, si r
ltra di avorio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto di Ganimede, onde fu obbligato di abbandona
oca prudenza affidò Clitennestra, ed i figli. Il perfido Egisto lungi dal corrispondere all’amicizia di Agamennone, sedusse
. L’origine di questa guerra bisogna ripeterla, al dir de’ poeti, dal Cielo. Giove sempre infedele a Giunone sentiva un
oja, che accadde nel decimo anno della guerra, non dipendeva soltanto dal coraggio degli aggressori, ma dall’adempimento an
Ulisse di condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta di Minerva c
r la Grecia, se prima non si fossero vendicati i suoi torti. Teti fin dal fondo del mare intese le querele di suo figlio, e
ittà. Credette vero questo sogno Agamennone : tosto si sveglia, balza dal letto, raduna i capi dell’esercito, loro espone q
po con Menelao per terminare così le contese. La dissida fu accettata dal momento a condizione, che il vincitore sarebbe il
campo, portando lo scompiglio nelle file de’ Greci. Discende Minerva dal Cielo : Apollo, che favoriva i Trojani, s’incontr
isfida : ma nol permise Agamennone. Finalmente nove guerrieri animati dal saggio, e vecchio Nestore si fecero innanzi, e gi
la vittoria ai Trojani, inviò Iride ad Ettore con ordine di ritirarsi dal campo, e ricomparirvi, allorchè Agamennone ferito
amente parlò di levare l’assedio, ma Ulisse lo distolse. Mentre Giove dal Monte Ida proteggeva i Trojani, Giunone per l’opp
e corse fra le braccia della sua sposa, dove tranquillamente fu preso dal sonno. Dormiva Giove, ma vegliava Nettuno a danno
a notte s’imbarca, dirige la prora verso Pilo per ivi trovar Nestore, dal quale non avendo avuto notizie soddisfacenti, si
adeva nel Cielo. Conoscendo Giove, che si accostava il giorno fissato dal Destino, in cui Ulisse doveva uscire dall’isola d
, si fossero tenuti fermi sotto i montoni, per non essere schiacciati dal gigante. Nello staccare la pietra si situò Polife
i corsero al lido, e s’imbarcarono colla perdita di soli quattro socj dal gigante ingojati. La flotta spiegò le vele verso
ascoltarono con ammirazione. Essi riconobbero in lui un Eroe favorito dal Cielo. Ognuno fece a gara per offrirgli un dono c
pra ai persecutori di Penelope. In un istante le strade sono inondate dal sangue di questi perfidi, e da quello dei loro ad
iudizio di Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno nel cuore discese nel
Venere. Eolo ubbidisce, ed all’istante una terribile burrasca si alza dal profondo degli abissi del mare : una porzione del
larlo alla vista di tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fedele Acate s’incamina l’Eroe verso Cartagin
agrifizio a Nettuno, fu assalito da due grossi serpenti, che uscirono dal mare. Questi rettili prodigiosi si attorcigliaron
r impedirla : muore l’infelice Didone, trafitta dalla disperazione, e dal dolore. Enea intanto sopraffatto da una burrasca
più conosciute. Bauci, e Filemone. Giove, e Mercurio erano discesi dal Cielo per viaggiare sulla terra. Essi arrivarono
avvicinava : quindi fuggì, ma nella fuga le cadde un velo, che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise di sangue
ed il sangue di Aci diede la nascita ad un fiume che fu chiamato Aci dal nome del pastorello. Driope. Driope ninfa di
fido elemento. Avendo il mattino osservato Ero il cadavere di Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolore non gli v
osservato Ero il cadavere di Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolore non gli volle sopravvivere, gittandosi anc
restò convinta della verità, vedendo il cadavere dello sposo gittato dal mare sulla riva. Al momento che si accostava, si
avvedere dell’errore, avendo uccisa la propria sposa. Trafitto Cefalo dal dolore, si trafisse con quel medesimo giavellotto
conteneva. Abbiamo altresi osservato il gran numero degli Dei adorati dal Gentilesimo. Questa serie numerosa di false Divin
cj, i Caldei, i Persiani ed altre nazioni. Saremmo in tal caso usciti dal piano, che da principio ci abbiamo proposto : ris
ed ivi elesse il suolo dove oggi è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, della quale così cantò il no
egli di essere stata Napoli edificata dai Cumani, chiamata Partenope dal Sepolcro della estinta Sirena. Colà in seguito a
nome Sebeto, si disputa dagli antiquarj. Vi ha chi crede di ricavarla dal Sabbato degli Ebrei, giorno in cui cessavano da o
azione di Atene, trovasi annoverata quella degli Eumelidi, così detta dal patrio nume Eumelo, situata verisimilmente nel ci
me quello che fu il Duce della colonia Eubea venuta a Napoli, guidata dal volo della colomba, onde Stazio : Tu ductor popu
egno un dardo, e mortalmente ferì l’amato suo oggetto. Gittato Orione dal mare semivivo sul lido, si dolse dell’affronto co
a notte della Natività di Nostro Signore. Chiamasi oggi questa statua dal volgo falsamente il pesce Nicolò : ingannato dall
ortuna indrizzavano i loro voti gli antichi abitatori di Napoli, come dal motto ΤΥΧΗΙ ΝΕΑΠΟΛΕΟΣ, Fortunae Neapolis. Dalla s
Fortunae signum Pantheum sua pecunia D. Secondoche attesta Strabone dal promontorio di Nettuno fino alla Magna Grecia era
a voce è affatto ignota, se pure non si dovesse leggere Jovi Sabbazio dal Greco σαϐάζειν, saltare, come praticavasi nelle f
se Jovi Abazio, cioè taciturno, dai sacrifizj a questo Nume istituiti dal re Dionigi col massimo silenzio, e rammentati da
enti, ed alzando al cielo acute grida straziavano i loro corpi. (1). Dal fragore del tuono Giove fu detto Jovis anticament
re del tuono Giove fu detto Jovis anticamente da Latini, siccome Zevs dal fischio del fulmine lo dissero i Greci. Gli Ebrei
che agli Ebrei il volto di Mosè sfavillante di luce, allorchè discese dal Sina. (2). Giove ebbe moltissimi soprannomi : e
i Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal quale credono essere stata rapita Elena. 2. Suol
uridice vuol dire due volte perduto, come accadde alla moglie di Loth dal marito posta in salvo, e che poi nuovamente Loth
9 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
gni cura perchè l’esposizione ne fosse fatta in termini così misurati dal lato della morale e del costume, che questo libro
itive il campo Ai Lemuri e alle Streghe. In tenebrose Nebbie soffiate dal gelato Arturo, Si cangia (orrendo a dirsi !) il b
otenza) a te dolenti Alzan la voce, e chieggono vendetta. E la chiede dal ciel la luna e il sole E le stelle non più rapite
urno fu liberato poscia da Giove cresciuto in età. Avvertito Saturno dal Destino che Giove un giorno gli avrebbe tolto l’i
ore e non contento della vittoria ottenuta sul padre lo scacciò anche dal cielo. Saturno si ricovrò in Italia ed ìn quella
acro si estingueva, il che avevasi per funestissimo augurio, ella era dal pontefice massimo severamente punita. Se taluna m
ignaro della condotta di Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal trono e lo fece prigioniere. Da quel momento Giov
ì Titano, liberò suo padre e lo rimise in trono. Ma informato Saturno dal Destino che Giove era nato per dar leggi all’univ
ne del padre, gli mosse guerra apertamente, lo detronizzò, lo scacciò dal regno e l’obbligò a ricovrarsi nel Lazio. Impadro
era un bue bianoo. Quello di Giove Capitolino fondato in Campidoglio dal re Tarquinio Prisco e più volte in seguito riedif
che Giove senza di lei aveva posto al mondo Pallade, facendola uscire dal suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza di l
iuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò il cranio ; dal cervello ne sortì Minerva tutta armata da capo a
li amori, nacque secondo alcuni dalla schiuma del mare, secondo altri dal sangue del Cielo mutilato con una falce da Saturn
e le vengon attribuiti sono Citerea, Cipria, Cipri o Ciprigna, Idalia dal monte Ida in Cipro, Acidalia dal fonte Acidalio i
ea, Cipria, Cipri o Ciprigna, Idalia dal monte Ida in Cipro, Acidalia dal fonte Acidalio in Beozia ove dicesi che colle Gra
anca qual era prima si disse cambiata in rossa allorquando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figl
eno che amasse il pastore Endimione, che scendesse più volte di notte dal cielo per venir a vederlo e che avesse da lui cin
lei almeno della testa. Diana detta anche Delia e Cinzia dall’isola e dal monte ov’era nata aveva in Efeso il più magnifico
ttuno figlio di Saturno e di Rea, fu salvato da sua madre come Giove, dal furore del padre, e consegnato a certi pastori d’
olle isole e tutti i paesi vicini, e fu detto Dio del mare. Scacciato dal cielo per aver congiurato contro Giove insieme ad
e le vicine isole portandovi la carestia ; ed essendo state rispinte dal vento settentrionale nel Mar Ionio ove perirono,
uali era espertissimo, fu di mettere a morte il serpente Pitone, nato dal limaccio della terra dopo il diluvio di Deucalion
strato i fulmini al padre degli Dei. Per questa vendetta fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio ritirossi presso Admeto r
ne accorse, gli fu proibito di palesarlo, ma non potendo trattenersi dal dirlo, fece un buco nella terra, e colà depose il
se il suo segreto. Poco dopo vi crebbero delle canne le quali agitate dal vento ripetevano le parole del barbiere e si fece
a Firenze. Fra le statue antiche questa è quella che ha meno sofferto dal furore de’ barbari e dalla mano distruttrice del
corsi del Dio dell’eloquenza ; il cornucopia dell’abbondanza prodotta dal commercio. Molti soprannomi si diedero a Mercurio
egli così deforme, che appena nato, i suoi genitori lo precipitarono dal cielo, e cadendo nell’isola di Lenno si ruppe una
iornata provò la stessa fatalità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di Alemena. A lui ed a Proserpina sacrific
chè risguardavano l’aria come il rifugio delle anime allorchè sortono dal corpo. Lo ritengono altri come l’emblema del sole
ppe usurpare in Egitto il supremo potere e che, coi tesori procedenti dal tributo ch’egli impose sui seppellimenti, riuscì
no funerali se non un secolo dopo e si facevano a spese del pubblico. Dal lago che alcuni chiamano Palude di Acherusa nell’
tempio a Diana, e fa immolare a questa Dea tutti gli stranieri spinti dal caso sulle coste del Chersoneso di Tauride : indi
i i mortali, mentre egli con ali spiegate nelle aeree regioni, lascia dal suo manto in gran copia cadere su la terra i papa
da lui fuggendo in riva al fiume paterno, fu cangiata in un canneto e dal suono che fecero le canne fra lor percosse, prese
piravano dai quattro punti cardinali del cielo, Borea o Aquilone cioè dal settentrione, Euro da levante, Austro o Noto da m
upido conosciuto anche sotto il nome di Erote era sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoco, dai Vezzi e dai Piaceri rappres
sciuto anche sotto il nome di Erote era sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoco, dai Vezzi e dai Piaceri rappresentati com
ella pazzia, in una mano, e coll’altra in atto di levare una maschera dal proprio volto. Nettuno aveva fatto un toro, Vulca
di fiori. Il Destino Vuolsi da alcuni che il Destino sia nato dal Caos, da altri si crede figlio della Notte, e che
cina. Avendo Coronide amato il giovane Ischi, Apollo di ciò avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tramutato in nero, uc
i bianco fu tramutato in nero, uccise Coronide ed Ischi ; trasse però dal fianco di lei Esculapio e lo diede in cura al cen
a colla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto di slanciarsi dal suo carro tirato da cavalli focosi, che calpestan
o signore, non obbedirono a quella del nuovo condottiero e traviarono dal solito loro cammino ; or salendo troppo alto mina
e della Terra ; di Stige e Pallante altri, ed avvi chi la fa nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta sotto le form
porpora ondeggiava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col l
e, Nettuno e Apollo volevano sposarla, ma avvertiti che era stabilito dal Destino che il figlio da essa nato sarebbe più gr
del fiume non fu punto bagnato. Dopo la morte di Patroclo, uscì Teti dal seno delle onde per recarsi a consolare Achille,
to a nuotare, Sarone si gettò dietro a lui, e lasciandosi trasportare dal suo ardore, insensibilmente trovossi in alto mare
ando così la patria sua da questo crudele castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Ar
boschi e piû non abitò che spelonche e luoghi dirupati ove consumata dal dolore e dall’affanno non le rimaser che le ossa
uto diversi nomi dai luoghi lor sacri. Sono soventi nominate Pieridi, dal monte Pierio sul quale credesi essere elleno nate
errestri e delle acque. Si trovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in
ticolare si dava loro le ali. In un bassorilievo vedesi Diana discesa dal suo carro per contemplare Endimione, che fa tener
ci. Questo culto era fondato sul vantaggio che traevasi dall’Oceano e dal mare e sui pericoli che incontravansi su quell’el
rapisce i pomi d’oro, cioè quest’astro, quando comparisce fa sparire dal cielo tutti gli astri minori. Quest’ultima opinio
no a tanto che fossero giunte a trattenere tutti i passaggeri, ma che dal momento in cui un solo fosse passato, senza ferma
oluto fermarsi, i suoi compagni, aventi le orecchie ben chiuse, lungi dal secondare i suoi desiderii, a norma dell’ordine c
to trattenere Ulisse, precipitaronsi in mare ; e quel luogo fu poscia dal loro nome Sirenide appellato. Partenope dopo esse
oggi Pozzuolo ; la sua tomba fu trovata nell’edificare una città che dal suo nome fu detta Partenope. Questa città fu ruin
ci artigli, sei booche e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintura, e coi continui loro
ori. Questo passo era chiamato Scilla dalla parte d’Italia, e Cariddi dal lato della Sicilia. Quivi perirono le navi di Uli
ovava precisamente in faccia di Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al Sud, prima di entrarvi, trovavasi il vort
i Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu detto Alcide e dal propri
e di Tebe figlio di Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu detto Alcide e dal proprio fu chiamato il primo degli Eraclidi. Giov
; ma Ercole strozzò i due serpenti, dando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che era degno figlio di Giove. La mag
ipe geloso della fama di Ercole e temendo di essere un giorno balzato dal trono, lo perseguitò incessantemente ed ebbe cura
ocise, ed uccise pur anche il cancro marino, mandatogli da Giunone, e dal quale fu punto in un piede. 3.° Pugnò e prese vi
e da trent’anni, col farvi passare il fiume Alfeo. Dopo averle pulite dal letame e dopo aver purificata l’aria, Ercole si p
i estinti, per cui fu costretto a portarsi in cielo per farsi guarire dal medico degli Dei. Un giorno in cui trovavasi molt
e sue ceneri. Appena fu acceso il rogo, dicesi che cadesse il fulmine dal cielo e riducesse tutto in cenere in un istante,
conservò il suo bianco colore, mentre la parte esterna fu fatta nera dal fumo. La sua clava era d’ulivo, che, secondo alcu
verso del figlio l’odio che nutrito avea contro del padre lo scacciò dal regno insieme agli altri Eraclidi. Rifuggiatosi I
Minerva, ed avendo osservato che tutti i corpi celesti erano animati dal fuoco, vi accese una fiaccola e portatala in terr
donne, i soli che per essere gente dabbene gli Dei vollero eccettuare dal generale eccidio. Ritirate che si furono le acque
estava. Avendo Acrisio inteso dall’oracolo ch’ei sarebbe stato ucciso dal figlio di Danae, la fece chiudere in una torre di
a. Pietrificò col teschio di Medusa Preto che aveva scacciato Acrisio dal regno di Argo, convertì pure in pietra Polidete c
te del loro fratello e sparsero tante lacrime, per cui Giove commosso dal loro compassionevole stato le cangiò in istelle e
pioggia e di cattivo tempo. Questa costellazione nomasi da alcuni Ia dal nome del fratello delle Iadi. Fanno alcuni queste
zio. Purgò l’Attica dai ladri che la infestavano. Liberò il suo paese dal vergognoso tributo che pagava a Minosse, salvando
erno con Piritoo per aiutarlo a rapir Proserpina. Piritoo fu divorato dal can Cerbero e Teseo fu condannato da Plutone ad e
edulo abbandonò il figlio al furore di Nettuno, il quale fece sortire dal mare un mostro che spaventò i cavalli di Ippolito
’inferno per indi rapirla : ma Piritoo nel primo ingresso fu divorato dal can Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile
nò, si fu la disgrazia di Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ; Penteo, figlio di Agave, fu la
Ermione sua sposa, che avevalo sempre accompagnato. Oppressi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono gli D
un altare, e ne sorse pure un altro in Atene ch’essi avevano salvato dal saccheggio. Erano riguardati come divinità favore
di perderla per la morsecchiatura d’un serpente, mentre ella fuggiva dal giovine Aristeo figlio di Apollo e della ninfa Ci
zio gli diedero qualche istante di tregua ; le Danaidi si trattennero dal riempir d’acqua il loro vaglio ; Sisifo si assise
enta di afferrarla ma non abbraccia che un’ombra vana. Orfeo oppresso dal dolore vorrebbe rientrar nell’inferno, ma l’infle
lla diede in luce due gemelli Anfione e Zeto, i quali furono allevati dal pastore che aveva dato ospitalità alla loro madre
Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o Polimila. Suo padre fu balzato dal trono dal fratello Pelia ; l’oracolo predisse a q
la Tessaglia e di Alcimeda o Polimila. Suo padre fu balzato dal trono dal fratello Pelia ; l’oracolo predisse a quest’ultim
stati del nipote. Volendo Giasone giunto in età di venti anni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal q
di venti anni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera
i Esone e domandò francamente allo zio il trono paterno. Pelia odiato dal popolo, avendo notato l’interessamento che il gio
rlo ; il suo dovere e la gloria lo invitano ; e Pelia giura per Giove dal quale hanno tutti e due origine che al suo ritorn
isse al traditore marito che dopo aver vissuto molto tempo tormentato dal peso delle sue sventure, egli perirebbe colpito d
disperato corse prontamente ed applicò un rimedio che aveva imparato dal suo antico precettore : ma il male era incurabile
Colchide a fare la conquista del vello d’oro. Sono chiamati Argonauti dal nome della nave Argo su la quale s’imbarcarono. S
loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove furono istrutti dal re Fineo del modo onde superare gli scogli Cianei
si è riferito, la loro intrapresa ripartirono per la Grecia inseguiti dal re Eete. Fosse il timore di esser raggiunti da qu
i della loro salvezza. Nel passare dall’Europa in Asia sopra l’ariete dal vello d’oro Elle cadde nel mare, che per questa r
to dei Dardanelli. Allorchè Elle fu perita, Frisso dalla stanchezza e dal dolore oppresso approdò col suo montone a un capo
si da alcuni che quell’animale fosse coperto d’oro invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto degli amori di N
endo la madre, appena le Parche furonsi ritirate, ritrasse il tizzone dal fuoco e gelosamento il nasçose. Cresciuto che fu
omene si presentò. Ippomene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno e di Merope. Questo giovine pri
Italia, ove approdato, conquistò molto paese e fabbricò una città che dal suo nome fu chiamata Gianicola. Nel tempo del suo
ta Gianicola. Nel tempo del suo regno essendo Saturno stato scacciato dal cielo o piuttosto dal suo paese, approdò anch’ess
o del suo regno essendo Saturno stato scacciato dal cielo o piuttosto dal suo paese, approdò anch’esso in Italia, ove fu da
riuscì la guerra di Tebe, poichè Tideo dopo valorose prove fu ucciso dal tebano Menalippo ; Capaneo sprezzatore degli Dei,
endo stato precipitato nell’inferno, Pelope restato solo fu scacciato dal suo regno dal re di Troia, e datosi alla fuga si
cipitato nell’inferno, Pelope restato solo fu scacciato dal suo regno dal re di Troia, e datosi alla fuga si ritirò a Pisa,
perchè essendo morto giovine il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atreo : dal nome di questi furono essi c
giovine il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atreo : dal nome di questi furono essi chiamati Atridi. Dopo
a Sparta a ridomandare Esione sua avola, condotta via da Telamone fin dal tempo che regnava Laomedonte. Accolto ospitalment
na schiava che il primo al secondo voleva togliere, Achille s’astenne dal voler più prender parte a quella guerra, malgrado
a. In questo mentre, secondo Virgilio, due smisurati serpenti venendo dal mare avviticchiarono Laocoonte e due suoi figli,
ò la città di Padova ; e discacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quel di Venezia, come alcuni opi
cende sbarcò in Italia alle foci del Tevere. Ivi accolto cortesemente dal re latino, ne sposè la figlia Lavinia, dopo avere
spondeva pel Dio che veniva consultato ; là era l’Oracolo pronunciato dal Dio medesimo ; in un altro luogo ricevevasi la ri
onunciato dal Dio medesimo ; in un altro luogo ricevevasi la risposta dal Nume, durante il sonno, e quel sonno preparavasi
iano ubbidì e con essa discese nel soggiorno delle ombre, ove apprese dal padre tutti i perigli cui sarebbe stato esposto n
o. Gli Augurii si prendevano altri dall’osservazione del cielo, altri dal canto e dal volo degli uccelli che si chiamavano
ii si prendevano altri dall’osservazione del cielo, altri dal canto e dal volo degli uccelli che si chiamavano auspicii, al
dal canto e dal volo degli uccelli che si chiamavano auspicii, altri dal mangiare dei polli. Il tuono era di buon augurio
così se udivasi al contrario. Dalla maniera con cui ardeva l’incenso, dal crepitare, dal fumo traevansi gli Augurii. Tutti
al contrario. Dalla maniera con cui ardeva l’incenso, dal crepitare, dal fumo traevansi gli Augurii. Tutti i fenomeni stra
e era acqua comune nella quale estinguevasi un tizzone ardente tratto dal fuoco de’ sacrifici. Quest’acqua era contenuta in
rbandone in tal guisa la gioia. Si coronavano di fiori, si astenevano dal proferire parole di triste augurio. Qualche volta
. (1). In varie parti dell’Africa coltivasi un albero chiamato mirra dal quale cola un succo resinoso e di gratissimo odor
10 (1897) Mitologia classica illustrata
Tale ipotesi ripetuta anche in tempi a noi più vicini, prese, appunto dal suo autore, il nome di Euemerismo. — Altri poi pe
n luce le riposte verità e massime, dagli antichi stessi dimenticate. Dal Boccacci nostro al tedesco Creuzer è abbastanza
Origine del mondo e degli Dei. Il mondo, secondo Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non nel senso di una rud
etimologico d’ uno spazio vuoto, quasi voragine immensa e tenebrosa. Dal Caos sorse primamente, non si dice come, Gea, la
smogonia e la Teogonia s’ identificano, perchè, essendo gli Dei sorti dal Caos, una personificazione delle grandiose forze
nel profondo del Tartaro (i lampi, i tuoni e le tempeste sopraffatte dal cielo sereno e stellato). Gea, addolorata per que
mutilò e l’ obbligò a rinunziare in suo favore al dominio del mondo. Dal sangue di Urano nacquero le Erinni (Erinyes), fur
i forza meravigliosa, lo indusse a muover contro Zeus per rovesciarlo dal trono. Di qui una nuova, terribile lotta, che fe’
s, Efesto, nati da Era, Apollo ed Artemide nati da Leto, Atena uscita dal cervello di Zeus, Ermes nato da Maia e Afrodite n
che gli togliesse la signoria dell’ universo, l’ ingoia, ed esce poi dal suo cervello, bella ed armata, Pallade Atena (Pal
o. Ivi era una sacra foresta di annose quercie, le cui foglie agitate dal vento, esprimevano col loro fremito misterioso gl
rano delle lotte fra gli elementi della natura, anche alle battaglie. Dal lato morale, anche Iupiter era il dio tutelare de
teva presso Troia ( Il. 8, 18 e seg. ), fate questa prova: appeso giù dal cielo un canapo d’ oro, attaccatevi tutti a quell
Dei e Dee; voi non riuscirete, per quanto vi stanchiate, a tirar giù dal cielo me Zeus, il supremo reggitore; ma se io vol
il monumento più grandioso e degno di ammirazione era la statua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.) e collocata nel te
a da chi stava per divenir madre; Iuno Pronuba presiedeva alle nozze ( dal latino nubere, sposarsi, detto delle donne); Iuno
iglia di Zeus, essendo balzata fuori tutta armata, come già si disse, dal cervello ili lui, dopochè egli aveva ingoiato la
templi a lei dedicati, l’ Eretteo e il Partenone. L’ Eretteo sorgeva dal lato di settentrione, precisamente là dov’ era la
a dalla Dea e vi si conservava una statua di lei che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’ età di Pericle constava di t
Olimpica ci fa Pindaro della Dea che « fuor d’ un salto balza armata dal cervello di Giove, un alto grido tonando, a cui l
avano Palladii, favoleggiando anche per lo più che fossero venuti giù dal cielo. È noto che i Troiani cominciarono a disper
a dell’ asta il fastigio dei vicini edifizi, ed appariva visibile fin dal promontorio Sunio. — Questi capolavori più non es
il Dio raggiante, il dio della benefica luce, il sole che vien fuori dal grembo della notte (Latona, la nascosta), e Delo,
a, e da lui ucciso con un involontario colpo di disco mentre giocava; dal sangue dell’ ucciso, Apollo avrebbe fatto nascere
n solo dei corpi, ma è egli anche medico dell’ anime, che ei guarisce dal male morale colle pratiche della purificazione. D
nso. L’ oracolo di Delfo, sebbene fosse già scaduto d’ importanza fin dal primo secolo avanti Cristo, continue però a goder
billini che cominciarono a diffondersi ed essere oggetto di culto fin dal tempo di Tarquinio Superbo; e del resto si diffus
a a consultare. Ad Apollo come medico si eresse un tempio in Roma fin dal 325/429, in occasione d’ una grave epidemia. E da
ovane scuola Ateniese, a cui appartennero Scopa e Prassitele, fioriti dal fine della guerra peloponnesiaca all’ età di Ales
na statua del Museo Capitolino, rappresentante Apollo nudo che riposa dal suono della cetra (fig. 15). Prassitele ideò un A
re è in Vaticano. Fu trovata in principio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il quale aggiunse di suo il mozzicone
branare dà suoi proprii cani, che la dea aveva contro lui aizzati. 2. Dal lato morale, Artemide divenne la dea della castit
auride per farne là una sua sacerdotessa. In seguito Ifigenia aiutata dal suo fratello Oreste avrebbe rapito e portato in G
el selvaggio grido di guerra; armato dalla testa ai piedi, coll’ elmo dal cimiero ondeggiante, alto vibrando la sua lancia,
tato, Giove, a dar segno della sua grazia, avesse lasciato cadere giù dal cielo uno scudo di bronzo (ancile), e intanto ave
destinata a esercizi ginnastici e militari, prendeva suo nome appunto dal Dio Marte ed era a lui consacrato. Tra i templi d
nte degli uomini ne formasse oggetto di culto. E poichè il fuoco vien dal cielo, per questo Efesto era stato detto figlio d
i poi che Era, vergognandosi della bruttezza di lui, lo aveva gettato dal cielo giù nel mare; ma che le Oceanidi Eurinome (
tesa dei due coniugi, l’ aveva afferrato pei piedi e scaraventato giù dal cielo; l’ infelice era precipitato per un giorno
ricordo e un’ espressione in linguaggio mitico della caduta del fuoco dal cielo in terra, in forma di fulmine. Anche il fuo
re spesso nella poesia epica, dove si parla di grandi opere costruite dal divino operaio. Così Omero nell’ Iliade (lib. 18o
ale. Di qui gli epiteti di Anadiomene (anadyomene, sorta su, intendi: dal mare) e Ciprogenia (Cyprogeneia, nata a Cipro). E
into della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all’ incanto che emanava dal suo corpo. S’ indovina il significato primitivo d
retto sul monte Erice, oggi S. Giuliano (presso Trapani), in Sicilia; dal qual luogo il culto si estese ad altre città sici
di questa trascuranza era aspramente punita. Le Vestali erano scelte dal Pontefice Massimo, tra il sesto e il decimo anno
ù importante era quelle situato su quella frequentatissima strada che dal vecchio foro conduceva al foro di Cesare. Lo si d
; rosee le dita; dicevasi che lieta e robusta si levasse ogni mattina dal suo letto, e vestitasi del suo mantello d’ oro, s
ui dopo la distruzione di Veio. 3. La bella Aurora, dalle dita rosee, dal manto d’ oro, è descritta spesso dai poeti, ma pi
o, si descrive con vivi colori la trasformazione delle faville uscite dal rogo di Mennone negli uccelli detti Mennonidi, i
uziali e accompagnare la nuova sposa a casa dello sposo, come si vede dal 62o Carme di Catullo. L’ arte soleva rappresentar
nella costellazione di Orione, quella che appare sul nostro orizzonte dal solstizio d’ estate al cominciare del verno. Nel
ntificarono le Muse, sebbene il canto dei vaticinii fosse ben diverso dal canto veramente poetico. 3. Quante volte si menzi
era; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e di dolce fra gli uomini dal vostro intervento dipende, e se v’ è alcun savio,
’ è esempio, sebbene molto sciupato, quello che si conserva in Siena, dal quale Raffaello trasse l’ ispirazione pel suo cel
signora, e avendola per curiosità aperta, stava per essere soffocata dal vapore Stigio che ne emanava, quando accorse Amor
lo stesso intervenne per salvare il bambino ancor vivo e farlo uscire dal seno della madre; poi lo affidò al centauro Chiro
età di Silia e venne arricchito di molte opere artistiche provenienti dal bottino di Memmio; dopo ne furono eretti altri, d
ocata si dagli agricoltori, che dai naviganti, temuta dai popoli come dal re, e così ne descrive il corteo: Te semper ante
erra; in altri termini, si credeva che i fiumi avessero tutti origine dal gran mare da cui gli antichi immaginavano circond
madre di Romolo, getta.ta nel fiume per ordine dello zio Numitore, fu dal Dio accolta benignamente e fatta sua sposa. Nè so
va luogo a un suono dolce che quietava il mare agitato. — Cominciando dal quarto secolo av. C., in luogo di un unico Triton
in religione naturalis tica ha importanza la terra. Non è essa colei dal cui grembo fecondo esce ogni rigoglio di vegetazi
ogli Dei inferi. Un tempio alla madre Terra fu eretto in Roma 485/268 dal console P. Sempronio, e sorgeva sulla piazza dov’
ria antica rappresentava Gea come una mezza figura di donna che sorge dal suolo; tale si vede in un rilievo che è nel Museo
era renuta via da Creta seguendo Teseo cui essa aveva aiutato a uscir dal labirinto, dopo ucciso il Minotauro; ma nell’ iso
ele sua madre l’ umida, alludendosi all’ umor terrestre che fecondato dal calore fa crescere piante e frutti, e, per i bene
la luce un altro Dioniso, il Tebano, mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero gli uomini, e di qui la
provenendo il bene dall’ elemento dionisiaco che è in noi, e il male dal titanico. Queste e altrettali leggende costituiva
grande folla dai paesi vicini. In una grandiosa processione portavasi dal Leneo a un altro tempio, poi di nuovo al Leneo, u
atura, non si può in poche linee, tante sono le opere da questo Dio e dal suo culto ispirate. Già il ditirambo, la commedia
Dioniso un aspetto giovanile, quasi femmineo; è il tipo che prevalse dal tempo di Prassitele in poi. A questo appartiene i
fiso, il quale invece non voleva saperne di lei; ond’ essa, consumata dal dolore, si ridusse a non esser più altro che voce
amore non si poteva in verun modo raggiungere, così ei morì consunto dal dolore. Il fiore a cui diè nome è rimasto come si
« Fauno Barberini » della Gliptoteca di Monaco, un Satiro ebbro vinto dal sonno, forse originale greco; ricordiamo il Fauno
le compagno de’ suoi viaggi. Più tardi lo si immaginò come un vecchio dal naso rincagnato, la testa calva, irsuto il petto
occhezza. Un giorno il vecchio Sileno, ebbro e stordito, erasi sviato dal cammino che il corteo di Bacco percorreva in Frig
queste agitate da leggieri venticelli, ripetevano le parole mormorate dal servo svelando le orecchie asinine del re Mida. 2
gli altri Dei. Questi ne presero un grau piacere, specialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati d
anne digradanti e formarne così uno strumeuto musicale, strumento che dal nome dell’ amata chiamò siringa (voce greca che v
oncetto di Pane per influenza delle idee filosofiche; giacchè indotti dal significato della voce Pan, che val « tutto », gl
stessa che l’ arcade Evandro venuto nel Lazio e benignamente accolto dal re degli Aborigeni, Fauno, si diceva avesse consa
ialmente la festa che in onor di lei le donne celebravano nella notte dal 3 al 4 Dicembre nella casa del Console o del Pret
le di Saturno, in cui anche Opi era venerata, trovavasi sulla discesa dal Campidoglio al Foro. Fu cominciato da Tarquinio S
elebre festa in onor di Saturno era quella dei Saturnali. Aveva luogo dal 17 al 19 Dicembre. In quei giorni una sfrenata al
letteratura Saturno figura più come il padre di Giove da lui cacciato dal trono celeste che non come Dio della seminagione
8 Aprile al 1º Maggio, le così dette Floralia. Erano feste rallegrate dal sorriso dei flori; s’ incoronavano le porte delle
. Die’ in acuto grido temendo per Demofoonte. La Dea allora lo toglie dal fuoco, ma con dolci rimproveri lascia capire alla
no le piccole e le grandi Eleusinie. Le piccole, dette anche di Agra, dal nome della collina sulle sponde dell’ Ilisso ove
no la cura dell’ annona. Le feste di Cerere, o Cerialia, celebravansi dal 12 al 19 Aprile con solenni cerimonie, anche con
gnità maestosa insieme e di mite dolcezza. È facilmente riconoscibile dal fascio di spighe che ha in mano e dalla corona di
ue isolate. Come regina dell’ Erebo vien riconosciuta dallo scettro e dal diadema onde si figurava adorna; anche le si asse
na tremenda scossa alla terra, dicesi che Ade saltasse giù spaventato dal suo trono per terna che si squarciasse la terra e
stremo Occidente (detta l’ isola dei beati in Esiodo). Allora anche dal mondo sotterraneo di Ade si stimava ben lontano i
ne di bronzo come avrebbe impiegato nove di e nove notti per giungere dal cielo in terra, così ahrettanto tempo avrebbe imp
suo figlio Pelope, è condannato ad un’ eterna fame e sete, inasprita dal fatto di esser immerso fino al mento in un lago d
rò non si parla di una discesa all’ inferno; son l’ ombre che evocate dal sacrifizio fatto da Ulisse gli passano davanti ed
mente nel cerchio dei rapporti di famiglia. Secondo Esiodo erano nate dal sangue che cadde sulla terra dalle ferite di Uran
adde sulla terra dalle ferite di Urano allorquando questi fu mutilato dal figlio Crono, sicchè il primo delitto di sangue n
molti riti di espiazione lo mandò ad Atene perche là fosse giudicato dal celebre tribunale dell’ Areopago presieduto dalla
della tragedia essa discorre con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo proposito di portar con sè l’ infelice regina
ssimo offriva gli stessi sacrifizi che nelle singole case si facevano dal capofamiglia, giacchè attribuivasi a tali Dei una
to, ma poi in seguito a qualche mutazione politica o sociale, rimossi dal culto ufficiale, eppur rimasti vivi nelle leggend
icevano i loro progenitori nati dai laghi, come Alalcomeneo di Beozia dal lago Copaide. Una opinione affatto diversa faceva
sta origine solo alla prima donna sorgente d’ ogni male; a cominciare dal 5º secolo av. C. si diffuse la leggenda che spieg
a cultura la più nota e anche la più bella è la leggenda di Prometeo. Dal Titano Giapeto e dall’ Oceanina Climene erano nat
o (chi pensa dopo, chi non ha che il senno di poi). Ora Prometeo rubò dal cielo il fuoco e ne le dono agli uomini insegnand
per donaria ad Epimeteo. L’ imprudente, sebbene fosse stato avvisato dal fratello a non ricever doni da Zeus, non seppe re
que, l’ arca prese terra sul monte Parnaso in Beozia. Così fu salvata dal naufragio la sola coppia di Deucalione e Pirra. I
ali fra i Centauri erano stati invitati. Uno di questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto di rapire con violenza la sposa; ci
estide, figlia di Pelia re di Iolco, adempiendo la condizione imposta dal padre della sposa di aggiogare allo stesso carro
a, si assiste agli ultimi momenti dell’ eroica sposa; il suo distacco dal marito e dai figli non potrebbe esser più commove
lli s’ accingevano all’ impresa, quando fatti certi dell’ essere loro dal vecchio pastore che li aveva allevati e riconosci
pravvissero a tanto dolore; Anfione si uccise da sè, Niobe impietrita dal dolore fu mutata in sasso e trasportata sul monte
Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio di Zeus in Creta e perciò fu mutato in sas
tte vedere anche quella per cui pregava cader trafitta; onde affranta dal dolore impietrò. Ora Niobe appunto che sta copren
n altro si reclina moribondo; una figlia spira pietosamente sostenuta dal fratello. Ma il somnio della pietà è nella statua
e la sua patria e rifugiarsi in Tirinto, ove ebbe benigna accoglienza dal re Preto. Ivi avvenne che la moglie di Preto, chi
to Pegaso; quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco di lei quando Perseo le aveva tagliato la
Alfine Zeus, mosso a compassione di Io, mandò Ermes che la liberasse dal vigile e oculato custode. Ermes riuscì ad addorme
ad addormentare tutti gli occhi di Argo, e netta gli recise la testa dal busto, onde l’ epiteto ch’ ei s’ ebbe di Argifont
nta alla vendetta, mandò un assillo alla giovenca, e questa infuriata dal di lui morso cominciò a correre all’ impazzata va
ia, che, ucciso il suo custode ossia il sole, scorre pel cielo spinta dal vento tempestoso. 2. La favola, appena entrata ne
l’ Argolide e dell’ Arcadia. Finalmente Preto ottenne fossero guarite dal vate Melampo, quegli a cui dormendo alcune serpi
delle sorelle si sottrasse mediante l’ elmo che rendevalo invisibile. Dal tronco dell’ uccisa Medusa nacquero il cavallo al
all’ oracolo di Ammone, e n’ ebbero risposta sarebbero stati liberati dal mostro solo a condizione di offrirgli in pasto la
tra, immagine del tuono reboante e spaventoso. E i mostri che nascono dal tronco di Medusa, Crisaore e Pegaso, chi può dubi
lla Gliptoteca di Monaco, che si riproduce nella fig. 83, proveniento dal palazzo Rondanini a Roma. V. Laconia e Mes
ri del più antico stato in Laconia; e poi favoleggiavasi che cacciati dal loro fratellastro Ippocoonte, trovarono amichevol
glio di Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo deposto da Leda, dal quale poi sarebbero usciti Elena e i due gemelli.
i era immortale; alfine ottenne di passare un’ esistenza non separata dal fratello a condizione che un giorno fossero entra
all’ Egitto e precisamente da Sais nel basso Egitto. All’ essere nato dal suolo invece accenna, tra l’ altro, la forma nell
onio. Anche Erittonio aveva la figura a mezzo serpentina, perchè nato dal suolo; anch’ egli era detto fondatore dello stato
Egeo, Pallante, Niso e Lico. Si diceva che questo Pandione scacciato dal trono dai figli di Mezione o Mezionidi, si fosse
esti gli rispose in maniera ch’ ei non capiva; onde recossi a Trezene dal saggio Pitteo per averne consiglio; ivi conobbe l
ssia l’ aria serena, è ancora una personificazione del sole che sorge dal mar d’ Oriente traverso il puro aere, come tant’
ì nell’ arti musiche e ginnastiche; e si dice anche sia stato educato dal centauro Chirone, cosa inevitabile per un eroe de
ndare sette giovanetti e sette fanciulle in Creta per essere divorati dal Minotauro, il mostro mezzo uomo mezzo toro, nato
ti giovani portavano tralci di vite con grappoli e in una processione dal tempio d’ Atena a quello di Dionisio, con sacrifi
egli si recò nell’ isola di Sciro; ivi fu prima accolto benignamente dal re Licomede, ma poi proditoriamente ucciso. Demof
o Afrodisia nella valle superiore del Meandro e posseduto attualmente dal Museo di Berlino. Anche ricorderemo un bel riliev
divinizzati è ben probabile. Europa è una dea lunare che è inseguita dal Dio del cielo in forma d’ un bianco toro; appunto
ui le più celebri furono Arianna (Ariadne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col quale dicevasi venisse di quando in qu
unato giunse a Cuma e di là in Sicilia, dov’ ebbe benigna accoglienza dal re Cocalo. Là si recò subito anche Minosse per fa
ata poeticamente da Ovidio nel secondo delle Metamorfosi (844-855); e dal medesimo in racconto notissimo dell’ ottavo libro
in racconto notissimo dell’ ottavo libro (183-230) la fuga di Dedalo dal labirinto e la conseguente caduta fatale di Icaro
ecuzione della gelosamoglie di Zeus. Si manifestò quest’ ostilità fin dal primo di lui nascimento. Perchè, avendo Zeus, nel
questo avesse ricavato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Nemea di cui tra poco, la tradizione non
Ne sorse guerra, nella quale vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal tributo ma obbligo quei di Orcomeno a un tributo
racle si fè aiutare da Iolao. c) Il cinghiale di Erimanto era sbucato dal monte Erimanto sul confini dell’ Acaia, dell’ Eli
eguì fino a Malea, dove si rifugiarono in casa di Chirone là cacciato dal Pelio per opera dei Lapiti; anche Chirone fu inav
rinea fra l’ Arcadia e l’ Acaia. Era anche detta la cerva del Menalo, dal monte Menalo in Arcadia. Eracle dovendo prenderla
in libertà. l) I buoi di Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio di Crisaore e di Callirroe;
utamente imbandita. Dall’ Egitto Eracle si recò in Etiopia, poi di là dal mare in India, e giunse così al Caucaso dove libe
o. E qui un’ avventura comica. Atlante, una volta che si senti libero dal peso del mondo, non voleva più sottostarvi, e dic
ricondusse di nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Euristeo. C) Gesta di Eracle dopo le
bbiamo già ricordato avanti. — Segue la spedizione contro Pilo, mossa dal fatto che Neleo re di Pilo aveva dato aiuto ai Mo
che tempo e n’ ebbe il figliuolo Illo. Più tardi si recò con Deianira dal suo amico Ceice in Trachine ai piedi del monte Oe
nuto a Roma, Ercole aveva trovato ivi stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma
rakleia), fu uno dei primi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, dal quale l’ eroe doveva ricavare
primi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, dal quale l’ eroe doveva ricavare la pelle onde si ve
a terra; morì pure Ileo e molti dei cani. Alfine un dardo ben diretto dal vigoroso braccio di Meleagro ferì la belva mortal
ro pienamente sconfitti; senonchè l’ eroe etolo non doveva tornar più dal campo di battaglia; la crudele erinni, che aveva
ra sul fuoco. Appena scomparse le Moire, Altea subito levò il tizzone dal fuoco e lo nascose. Così visse e crebbe Meleagro.
di Altea prima di risolversi a vendicar la morte dei fratelli levando dal fuoco il tizzone di Meleagro, e il dolore dei Cal
ea d’ Arcadia, opera del grande Scopa; il gruppo di mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure di Meleagro, Teseo e Ata
fele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono di un ariete dal vello d’ oro datole a questo scopo da Ermes; sul
asone fe’ costruire nel portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal nome del suo costruttore chiamò Argo, e chiamati
altri, Absirto figlio di Eeta, era il condottiero delle genti mandate dal re a inseguire i fuggenti, e Giasone lo combattè
carsi a Delfo e interrogare l’ oracolo. N’ ebbe risposta si guardasse dal tornare in patria perchè avrebbe ucciso suo padre
figlio di Creonte, precipitandosi dalle mura nella grotta già abitata dal drago di Ares; allora tutto a rovescio per gli as
fuggì Anfiarao, e mentre fuggiva fu insieme col suo cocchio ingoiato dal terreno e divenne un dio profeta venerato a Tebe
Giocasta e dalla buona Antigone. Altre tragedie d’ Euripide ricavate dal ciclo tebano erano l’ « Alcmeone » e la « Peribea
appartenevano alla famiglia dei Pelopidi, e traevano la origine loro dal re frigio Tantalo, quel re celebre per la sua str
gli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico di Erme astuto e anche ladro. Mo
o dall’ Arcadia a Samotracia e di là nella Frigia, ove aveva ottenuto dal re Teucro il terreno per fabbricarvi la città Dar
e, Antiloco, fido amico di Achille, ma alla fine anche egli fu ucciso dal forte Pelide, e disperse furono le sue genti. Pia
nvano Laocoonte, uno de’ loro sacerdoti d’ Apollo, cercò distoglierli dal proposito; anzi un fatto accaduto allora a questo
eva vicino a sè due figliuoletti, improvvisamente due serpenti venuti dal mare s’ avventarono contro lui e avvinghiandosi a
roia; i soldati sbarcarono e mossero verso la città. Intanto uscirono dal cavallo i trenta guerrieri che v’ erano nascosti
essere placata col sangue di Polissena. L’ infelice ragazza strappata dal seno della madre già affranta da tanti dolori, ve
magine di Atena e portarla in Attica. Vi si recò con Pilade; e, colto dal re Toante, stava per essere sacrificato, quando l
brevemente riduconsi alle seguenti: a) Partito colle sue dodici navi dal lido di Troia, Ulisse veniva anzitutto sbattuto s
endo seco per buona fortuna portato del buon vino donatogli in Ismaro dal sacerdote di Apollo Marone, riuscì a ubbriacare i
tra i due mostri detti Scilla e Cariddi. Perchè mentre si scansavano dal terribile vortice di Cariddi, avvicinatisi troppo
consigliato la restituzione d’ Elena e la pace, con venti navi salpò dal portò di Antandro per andare in cerca d’ una nuov
è anche Latino morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome di sua moglie chiamò Lavinio. Quattro anni d
basti dire che tutti i momenti di questa istoria furono sceneggiati, dal sacrificio d’ Ifigenia in Aulide fino alle vicend
erdote d’ Apollo, fa contrasto coll’ atteggiamento del corpo affranto dal più terribile dolore, e questo contrasto dà grand
89). Si pensa o a Menelao che sostiene Patroclo, o ad Aiace che salva dal furor nemico il cadavere di Achille. In ogni modo
o; lo seguiva Euridice; ma a un certo punto egli non potè trattenersi dal voltarsi indietro per guardar la sposa amata, e a
etteratura è ricordato soprattutto per la leggenda d’ Icaro e la fuga dal labirinto, già n’ abbiam fatto cenno ove si disco
la bionda Aurora sulla sua rosea biga ». 17. Metam. 2, 112: « ecco dal rosseggiante oriente la vigile Aurora apri le pur
iopinte, stillante rugiada pel cielo e tinta ili mille diversi colori dal sole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ amba
abruzzi rimaneano i morseggiati Lanosi biocchi che sporgean poc’ anzi Dal tenue filo, avanti a’ piedi loro In viminee ceste
« Or tu, audace, bada bene, e guardati, te ne scongiuro, o carissimo, dal porre in non cale le nostre preghiere, perchè non
o a vedersi ma che fa una grande impressione. » 52. Così intitolata, dal nome della moglie di Eneo re di Celidone, fatta s
oglie di Eneo re di Celidone, fatta schiava allorchè Eneo fu caccialo dal regno per opera dei figliuoli di Agrio suo fratel
11 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
e di quelle favolose idee, delle quali imbevuti i Gentili lungi assai dal vero vivevano infelicemente ingannati, non ostant
e affatto nuova, e con forza del tutto inudita lo cacciò superbamente dal regno, quale co’suoi due fratelli, salvati collo
ersuaderla, e seco menandola per incognite vie la condusse finalmente dal suo Re, e così divenne essa sua sposa onorata per
credute un dì da Romani Dee destinate a menare, e respingere i flutti dal lido ; onde a somiglianza del suo fratelle Giove
tridente, e la terra ubbidiente all’alto suo cenno si apri, e cacciò dal suo seno, quasi divenuta ad un tratto feconda un
io, essendo in quel giorno in onor di Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio era adde
, zoppo, deforme, abbietto, e brutto, Ridicolo, bavoso, e sciagurato, Dal Ciel con sdegno spinto appena nato, Fatto per dar
all’uom spavento, e lutto. A far säette crudelmente istrutto Par che dal suo destin fù dichiarato ; Giove per esso vien so
ento forse fù la ragione, per cui mal formato, e deforme comparve fin dal primo punto alla vita. Quindi avvenne, che tanta
ori, e soprattutto Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno di sua maestà, subentrar facendo agl’ ef
’ effetti paterni un odio crudele, crucciato gli tirò fiero calcio, e dal cielo per più non mirarlo barbaramente lo spinse.
o divise con altri i suoi affetti, sebbene poi la sottil rete distesa dal suo astuto consorte, dove ella con Marte improvis
dall’ ammollire i ferri, Tardipes, perchè zoppo di piedi, Hephaestos dal bruciare, , , Chrysor ec. Suo ritratto. Gl’ an
anto per qualunque stato, Che l’uom più fiero a piedi suoi s’inchina. Dal mondo sol per lui fù il ben scacciato, E mentre a
Nettuno alla cara sua figlia Alcippe, avuto quello nelle mani spinto dal furore della concepita sua collera gli diè fieram
da quiris, che significa lancia, per cui i Romani si dissero Quirites dal lor fondatore Romolo creduto, come si è detto, fi
corse ad abbracciarlo, e si degnò di somministrargli il suo latte(1) dal che forse ne avvenne, che egli intempestivamente
altrui vigilanza, mentre nel meglio del suo nero attentato fù veduto dal vigilante Batto. Temendo pertanto d’essere scover
e svelato gli avesse il temerario ladro. Ingannato allora il meschino dal valor dell’ offerta il tutto sinceramente svelogl
n del suo vasto singolare sapere ; pur tutta volta a dure vicende fin dal seno di sua madre miseramente soggiacque. Chi fù
udrisse per Latona già per lui feconda madre di questo Dio, un giorno dal cielo villanamente cacciolla, e la terra dippiù o
uno strinse il suo tridente, e forte battendo le salse onde fè salire dal fondo di esse grande scoglio (detto isola di Delo
uoso attentato, e Mida suo fautore con due orecchi di asino tirategli dal vincitore Apollo alle chiome diede la pena del su
icato. Mosso dopo un tal fatto o da spirito di vendetta, oppur meglio dal fasto di orgoglio il famoso satiro Marsia ardì pa
Roma poi nel mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuochi detti dal suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offeriv
Divum incedo Regina, Iovisque Et sorov, et conjux. eppure ella lungi dal compiacersi delle sue fortune, e viver content pe
stesso suo marito Giove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente un vivo portento di sap
castigo. Fù però oscurata la sua gloria, ed umiliato il suo orgoglio dal suo stesso marito pel seguente motivo. Nella gran
Con varii titoli era questa Dea comunemente salutata. Fù detta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore er
presso de’ quali in gran vigore era il suo culto. Fù chiamata Cingola dal cinto, che solito era portarsi dalle spose nell’a
ono sempre in suo onore, non altrimenti che fù il mese di giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato, come ancora que
mortali, sichè questi rapiti dalla novità del portento, e da essa, e dal figliuol di Celio Trittolemo divenuto suo caro mi
ammaestrati nell’arte della coltura de’ campi, passarono con piacere dal vile pascolo di ghiande, e selvagge radici ad un
lle sue sventure. Imperocche rapita questa là ne’ campi della Sicilia dal suo zio Plutone sordo divenuto alle doglianze del
llo Stellio, che per essersi scioccamente burlato di essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla sete con avidità traca
gelosia pel suo vergineo candore, che quando Giove rapito indi a poco dal suo grazioso sembiante con tenere espressioni di
upare nell’esercizio delle stesse, soggetta ad esser punita con verga dal gran Sacerdote, se per sua negligenza estinto si
evano esse anche vivendo i loro genitori far testamenti, erano immuni dal giuramento, potevano far uso delle bende, e della
ano, che Meti sua moglie data avrebbe alla luce con un fanciullo, cui dal fato si riserbava l’impero del mondo, una bambina
crudele. Imperocchè la graziosa bambinà con prodigio inudito saltando dal seno della madre nella testa del padre, quivi fis
gl’altri nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello di Pallade dal nome di un gigante da essa ucciso, oppure come pi
nome di un gigante da essa ucciso, oppure come più plausibile sembra dal brandir della lancia nelle battaglie, mentre sott
titolo designante la verginità, di cui era amante. Fu detta Tritonia dal lago Tritone, dove ella si vuol nata, o almen sec
ride, ed Elena, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti dal poter di questa Dea sono argomenti parlanti come
torno alle recile parti di Urano cadute nel mare ; non altrimenti che dal sangue dello stesso caduto a terra nacquero, come
ggiata dai due Cupidi, non che dalle tre grazie, e finalmente seguita dal suo bellissimo Adone. Suoi nomi. Con varii nomi
ammirabil potere. Suo potere e suoi nomi. Essa qual celeste divinità dal ciel tramandava i suoi benefici influssi, e co’su
uom gl’eventi tiene Con atto grave, e in furibondo viso. Ogni avvenir dal suo poter deciso, Nè i desiderii del mortal previ
ui obliando questi tutti i dritti paterni con mano ardita lo rovesciò dal Trono, e lo cacciò via dall’ Olimpo. Suoi viaggi
ei del tutto sua propria(1). Sue feste. Celebri furono le feste, che dal suo nome vennero dette Saturnali istituite o da T
ro qual’inventore de’ chiavistelli delle porte dette per questo Ianua dal proprio suo nome, se pur non dinoti con quella es
i mai spiegar potrà le tante sue causate ruine ? Virtù non vi fù, che dal impetuoso suo soffio non fosse restata abbattuta 
finalmente su altre moltiplici cose a quel tenebroso regno attenenti. Dal trattar tali materie il tenor di questo istituito
oi germani fratelli gli alti gloriosi natali, e caduto non molto dopo dal suo soglio il padre, insiem coi suoi due rinomati
frastornarla, ma vincer non potendo la sua durezza, nè dissobligarsi dal giuramento prestato, ratto volò all’ Olimpo, e de
pelle di tigre, che del fresco tirso ; onde dalle esterne insegne, e dal furor da cui erano rapite dar chiaro ad intendere
ci successivi rifiuti di tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal continuo pensiere di restar solo sul trono abborr
, Ilare, grata, generosa, e pura Pinge ne’gesti suoi gioia, e decoro. Dal Ciel, dal mondo tutto è venerata, Che accende al
rata, generosa, e pura Pinge ne’gesti suoi gioia, e decoro. Dal Ciel, dal mondo tutto è venerata, Che accende al cor d’ogni
oni. Molto espressivi sono i caratteri di questa bella virtù detta dal divin Metastasio l’arabe Fenice. Essa si dipinge
he possa assaggiare un cuore non è, nè può essere quella, che risulta dal possesso de’ beni mondani, come quella, che sempr
oggetto lieve. Spada infiammata alza di tanto in tanto, Dagli urli, e dal clamor gioia riceve, In ferreo vaso il proprio sa
. Cor. 14. Non est dissentionis Deus, sed pacis spingiam sempre lungi dal cuore tal mostro, memori di quella triste consegu
i dal cuore tal mostro, memori di quella triste conseguenza descritta dal mentovato Apostolo a’ Galati al 5. Si invicem mor
senza legge, In pace, e in guerra d’atterrar non resta, tien soggetti dal pastore al regge. Entra dovunque, e non è mai ric
e di tal verità il più luminoso attestato. E da chi altro poi, se non dal lor padre l’esempio appresero tanti ben nati figl
l laberinto dì Creta, egli non vi si inoltrerà giammai. Scorrasi pure dal Indo al Moro, dagli abitatori del Gange sino a’ C
menti annoiati essi dalla lunghezza, e travagliati dalla oscurità fin dal principio, quali altri buoni effetti lice sperar
a mihi causas memora. Badi ognuno però, che se il canto è sagro lungi dal profanarlo con siffatte invocazioni lo decori con
o, ed armonico senza la conoscenza del verso unquemai non s’apprende. Dal verso sì provengono le forme di bendire, che alle
Inutile sarebbe ogni sforzo, tarpate vedrebbe un tal chiesto Oratore dal suo intelletto le piume per sollevarsi a fare un
E nel canto 2 potevasi forse meglio, ed in sì poco descrivere un uomo dal nulla innalzato alle piu alti grandezze ? Alete
adenze. Le raccolte di Celtici carmi dell’inglese Macpherson tradotti dal celebre professor di elequenza in Padova Melchior
i ognuno obbligato a spiegare i sentimenti con versi misurati. Questi dal rispettivo numero delle sillabe vengono detti Dis
in più modi, ma il più tsitato è il seguente. Egeo, che si congeda dal figlio Teseo, che si porta al laberinto di Creta
Mi abbandonò. E piomba al suol. Ma ognun conosca Fugge in un urlo Dal colpo invitto L’alma negletta Come il delitto C
duol terribile. Perche son senza Uranio. L’anacreontico metro, che dal greco Anacreonte il carattere serba, ed il nome,
blico prevenuto per la cosa istessa, e non è da menticarsi unicamente dal verso. È vero altresì, che non è men degno di lod
lode quel poeta, che su di una bagatella forma un vasto canto, e che dal nulla cerca di ritrarre corpi meravigliosi, e gra
rato il vento Chè la greggia tanto amata Il ruscel non ha più varco Dal torrente vien portata. Reso fiume in un momento
? L’alta quercia ancor traballa, Chi più regge il viver mio ? Che dal vento è svelta a un tratto Ah ! se tutto ho già p
Mi consiglia l’amor L’interna doglia, L’opra si fiera, E oppressa dal dolor Sò, che strano parrà Par, che a morire am
rato Ippolito figura Lo dauna, e l’infelice Incestuoso, ed empio, Dal carro è rovesciato. E contro d’esso inventa Ma
Alla tomba del padre arrivato Stupidito tremò, s’ammutì Ma costretto dal campo sdegnato La donzella pel crine afferrò, E f
ignori essersi chiamato Saffico questo metro, ohe or ora spiegheremo dal nome di Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effer
mi alla norma. Orazia, che piange sulle spoglie del Curiazio ucciso dal fratello. In mezzo a lieto stuol di più guerrier
i Anima hella. Ma tu che fai, che non compisci appieno L’opra dettata dal tuo folle orgoglio Passami traditor, passami il s
delle robuste espressioni, che ricerca, decade con lagrimevol veduta dal suo natio decoro. Badino dunque bene i giovani a
ei fece, uno per Lilla, per Cirene l’altro, entrambi però avvelenati dal depravato suo genio. Scrissero dopo lui molti alt
nuovo umor produce il fior, la fronda. Comincia vaga erbetta a uscir dal suolo, E l’olezzo al color confonde, e mesce, Spi
si lagna, E corre in fretta A pascolar la già rinata erbetta Scendon dal monte mille, e mille rivi, Che versa intorno la d
r la morte di Pio VII. Chi al pianto porgerà cotanta vena Onde fugar dal core Il cumulo d’affanni, che l’opprime, E in si
quanti tormenti, e quante cure Si caricò pietoso Per trar la greggia dal fatal periglio, E senza aver riposo Pretese di fa
e di sangue un fonte ; Tal’egli offre per tutti la sua vita, E invoca dal gran Dio Dicendo : alto Fattor gl’empii perdona,
di più, non però sgarbatamente aggiunti, ma convenevolmente tradotti dal corpo istesso, affin di aggiungergli maggior robu
del primo ben’ ampio, ed esteso, potendola ben considerare, come fin dal principio dell’ operetta esposi, come di appendic
sivo ; pur oggi può dirsi, che sia il meno che vi regna. Un tal verso dal numero de’ piedi prende diverso il suo nome, sicc
rticolo III. De’ Lirici. Per evitar la confusione, che risulta dal moltiplice stuole de’versi Lirici li riduco tutti
riducono i Faleuci, i Saffici, e gli Alcaici. I. I Faleuci detti così dal greco inventore Faleuco costano d’uno Spondeo, d’
adunque di questi mostri superbi insorti contro Giove sembra derivata dal Genesi, ove al 6 si legge : Gigantes autem erant
del pari avanti al cocchio dell’ alto regnatore delle onde, venissero dal suo nome chiamati Tritoni. Egli in premio dcl suo
o de’suoi voti. Imperochè vide egli un giorno con suo piacere scender dal cielo uno scintillante scudo di rotonda figura in
erto Mamurio. Tali sacerdoti poi giunte le calende di Marzo preceduti dal principale fra essi portavano per tutta la Città
nità di quel giorno in onor di Marte, giusta la costituzione ricevuta dal religioso Numa. Sue vittime Chi fù Mercurio. (1)
la striscia nel cielo, che via lattea da noi s’appella, fosse causata dal latte versato dalla bocca dell’infante Nume dista
tati, e descritti. Quindi Iddio per rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali
itti. Quindi Iddio per rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali per moltissi
la venuta del Verbo in Carne, siccome molte statue non sò in che modo dal ciel percosse caddero nel Campidoglio, e si disfe
quio e culto. (1). Il venerando cellegio delle vergini dette Vestali dal nome della Dea, di cui avevano la cura, che che a
onfuse idee, che avevano i gentili della generazione del Verbo Eterno dal Padre, fabbricarono i Poeti, al dir di più dotti
mmalato ec. Che solleciti per la divina prescienza l’uno si astenesse dal seminare, non curasse l’altro le opportune medici
io seguire la opinione di chi lo vuole figlio di Creusa adottato però dal detto Sifeo, che il parer di chi il dice figlio d
c. basterebbero a farci acquistare vero odie all’Amore ; e così lungi dal onorarlo cogl’Egizii con fiaccole accese con occh
. Deor. Suo ritratto. Suo culto. (1). Il celebre Crotosiano Pitagora dal ritmo del verso croico ricavò il modo delle music
12 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
one colpito cru- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null
. Dicono che Anfione col suon della cetra e col canto facesse scender dal monte Citerone i macigni, che per udirlo si dispo
aiutino il mio verso, « Che aiutaro Anfione a chiuder Tebe, « Sì che dal fatto il dir non sia diverso. » Se quest’ Anfion
rendergli la sua sposa. E fu tanto potente il suo canto accompagnato dal suono della sua cetra, che lo stesso Can Cerbero
dope cadde nel sottoposto fiume Ebro ; ed anche così com’era spiccato dal busto e trasportato dalla fiumana ripeteva pur se
12, conosciute sotto il nome di fatiche d’Ercole, ed imposte ad esso dal re Euristeo suo cugino ; ma però molte altre anco
gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommensurabile strato di
tichi, il solo che sia a disdoro di quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro di musica chiamato Lino, gli ruppe la
ai fatto in dieci anni nettarne le stalle che eran vicine alla città. Dal puzzo che ne usciva temevasi una infezione, tanto
sso nella folle impresa di rapir Proserpina. Piritoo fu fatto a brani dal can Cerbero, e Teseo fu preso e attaccato a uno s
icia, e insieme con altre vesti la mandò al marito. Ercole fu trovato dal messaggiero Lica sul monte Oeta nella Tessaglia m
costellazione : « O glorïose stelle, o lume pregno « Di gran virtù, dal quale io riconosco « Tutto, qual che si sia, il m
ll’Asia Minore : il qual mare dagli antichi fu perciò chiamato Icario dal nome di questo incauto giovinetto che vi annegò10
eniesi soddisfecero gemendo a questa orribile condizione imposta loro dal vincitore. La terza volta però ne furon liberati
con quella di Romolo, si trova molto impacciato a sceverarne il vero dal falso o mitologico. Ecco la sua dichiarazione col
mitologico. Ecco la sua dichiarazione colle sue stesse frasi tradotte dal Pompei : « Ora mi fosse possibile purgare il racc
. Quando poi egli seppe la sua vera origine ed ebbe la spada lasciata dal padre, si mosse tosto per andarlo a trovare. L’av
ivorato, e l’altro di morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. Dal primo, era ben sicura Arianna che Teseo avrebbe s
egregiamente. Teseo dopo avere ucciso il Minotauro, uscito in fretta dal labirinto coi giovanetti e colle giovanette Ateni
ll’afflitto, « Sì che, con tutto ch’e’fosse di rame, « Pure el pareva dal dolor trafitto. » Toccò poi al tiranno Falaride
e di Piritoo, quando furono al termine del pranzo, essendo riscaldati dal vino, manifestarono la loro natura più bestiale c
lo secondò. Ma, come dicemmo parlando di Ercole, Piritoo fu lacerato dal Can Cerbero, e Teseo dovè soltanto ad Ercole la s
negli anni si avverò la favola del Leone vecchio ; poichè discacciato dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte di Licome
giorno stesso in cui egli era ritornato da Creta coi giovani liberati dal Minotauro ; ed inoltre l’onoravano agli otto pure
il primo, che egli avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, di
econdo, che non ostante non potè sfuggire il suo destino, e fu ucciso dal figlio miracolosamente salvato. Ed ecco in qual m
sso, e si gettò nel rogo mentre rendevansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio era nato un figlio di nome Stènelo,
ine del Canto iv del Paradiso : « Come Alcmeone che di ciò pregato «  Dal padre suo, la propria madre spense, « Per non per
e la sposa non è senza delitto. Si racconta che Enomao era riluttante dal maritare la sua unica figlia Ippodamia, perchè av
o su tutta quella penisola della Grecia che ora chiamasi Morea, e che dal nome di Pelope fu detta dagli antichi Peloponneso
œti aggiungono che in quel giorno il Sole inorridito ritornò indietro dal suo corso. All’opposto la plebe antica dilettavas
i Infernali. Lasciò due figli, Telamone e Peleo. Telamone fu esiliato dal padre per avere ucciso, nel far gli esercizi ginn
etto nel parlar dell’origine della guerra di Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio di Peleo con Teti nacque un figlio che
que un figlio che fu chiamato Achille. La madre, come Dea, sapeva già dal libro del Fato che questo suo figlio sarebbe un f
Troia adoprati comunemente come sinonimi della stessa città, derivano dal nome di altrettanti re Troiani : e, se di questi
i Enea, come asserisce Virgilio125. Nella Cronologia Greca, riportata dal Cantù tra i Documenti della sua Storia Universale
i Documenti della sua Storia Universale, è posto il regno di Dardano dal 1568 al 1537 avanti G. C. ; ma sono ivi registrat
o nacque Trœ, o Troo, onde vennero i nomi di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò quello di Ilion (i
ed i pœti aggiungono eseguita da Nettuno e da Apollo, esuli entrambi dal soggiorno degli Dei, privati del diritto della Di
onì di Troia, la saccheggiò, uccise Laomedonte, prese Esione liberata dal mostro e la diè per isposa a Telamone suo amico,
dice Omero, « Primo ei balzossi dalle navi, e primo « Trafitto cadde dal dardanio ferro, » e come altri poeti aggiungono,
gli Stati limitrofi. Telefo vinto in battaglia fu costretto a fuggir dal suo regno ; e per maggiore sciagura rimase colpit
’ira di Achille e le funeste conseguenze di quella. Il poema comincia dal narrare la causa che produsse l’inimicizia fra Ac
cia perchè i suoi popoli gli rendessero solennemente i funebri onori. Dal rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscir
dei Greci, ai conviti, all’ebbrezza ed al sonno. E nella notte usciti dal cavallo i guerrieri che vi si erano racchiusi, e
lei offerto in voto dai Greci. Questo fatto orribile fu rappresentato dal greco scalpello in un gruppo (esistente tuttora n
oche ore quell’immenso e pesantissimo cavallo pieno d’armi e d’armati dal campo greco fin dentro Troia, ed anche nell’alto
ura di fama appena giunge. » Il sospetto di tradimento cresce ancora dal sapersi che Elena dopo la morte di Paride, pur re
figlio dell’uccisore. Anche questo tragico fatto fu espresso in marmo dal celebre scultore Lorenzo Bartolini in un gruppo i
iamo ; Nettuno, perchè Aiace sbattuto dalle onde si vantò di scampare dal naufragio ad onta degli Dei e dello stesso Nettun
riamente i cenni biografici dei principali guerrieri. E incominciando dal re dei re, troviamo che a lui più funesto che agl
andò errando per lungo tempo in preda ai rimorsi, sempre accompagnato dal fidissimo Pilade, che più e più volte espose la p
i come causa della disastrosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta che era il regno dei suoi antenat
ea, ne’loro alberghi « Fuor dell’orme sedeano e fuor dell’onde. « Sol dal suo regno e dalla casta donna « Rimanea lungi Uli
e. Infatti egli stesso così narra quel suo miracoloso viaggio : « Là dal crin crespo e dal canoro labbro « Dea veneranda u
esso così narra quel suo miracoloso viaggio : « Là dal crin crespo e dal canoro labbro « Dea veneranda un gonfiator di vel
de’ suoi errori e de’suoi travagli ; poichè ivi accolto onorevolmente dal re Alcinoo e con larghissimi doni ricompensato di
e vicina, « Sei de’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. Io gli occhi « Torsi, e li vidi che lev
alpitanti « Scagliali sul terren : non altrimenti « Scilla i compagni dal naviglio alzava, « E innanzi divoravali allo spec
che il giudicante, sciolte « Varie di caldi giovani contese, « Sorge dal foro e per cenar s’avvia, « Dall’onde usciro i so
attino, « De’remi facemmo ala al folle volo 142 « Sempre acquistando dal lato mancino. « Tutte le stelle già dell’altro po
’eccidio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno nel Lazio, dal quale derivò Roma che fu poi dominatrice del Mond
chè fu creduto degno di essere imitato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal Tasso. Converrà dunque prima di tutto sentirlo na
à dunque prima di tutto sentirlo narrare da Virgilio stesso, o almeno dal suo classico traduttore : « ………….. Era nel lito
onfitto « M’ha nembo micidiale e ria semenza « Di ferri e d’aste, che dal corpo mio « Umor preso e radici han fatto selva. 
re allo stesso Pier delle Vigne : « Quando si parte l’anima feroce «  Dal corpo ond’ella stessa s’è disvelta, « Minos la ma
là dov’era la spelonca immane « Dell’orrenda Sibilla, a cui fu dato «  Dal gran Delio profeta animo e mente « D’aprir l’occu
onfermano la stessa origine del nome di questo promontorio. Non lungi dal promontorio v’ è il porto Miseno, celebre anticam
ver l’ossa consecrate e’l nome « Nella famosa Esperia. Ebbe Caieta «  Dal suo pietoso alunno esequie e lutto « E sepoltura
ur anco delle principali superstizioni del Paganesimo, che derivarono dal culto di tali Dei : il che faremo nei seguenti ca
iciale tutte le altre specie di divinazione, che si facevano derivare dal canto e dal volo degli uccelli, dalle viscere del
le altre specie di divinazione, che si facevano derivare dal canto e dal volo degli uccelli, dalle viscere delle vittime,
vare dal canto e dal volo degli uccelli, dalle viscere delle vittime, dal tuono, dal lampo, dal fulmine, ecc. Quasi tutti i
nto e dal volo degli uccelli, dalle viscere delle vittime, dal tuono, dal lampo, dal fulmine, ecc. Quasi tutti i diversi mo
olo degli uccelli, dalle viscere delle vittime, dal tuono, dal lampo, dal fulmine, ecc. Quasi tutti i diversi modi creduti
ioni andò a fermarsi in un terreno paludoso in mezzo ai laghi formati dal fiume Mincio, e « Lì per fuggire ogni consorzio
potremo ammetter di certo che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi po
sii fu detta appunto Tomi, greco vocabolo che significa dissezione (e dal quale fu composto pur anco il nome di Anatomia) :
citato ed analizzato dai retori e dai logici, ed è il seguente posto dal poeta sul labbro di Medea : « Servare potui, per
stesso secolo xvi più estesamente e con metodo scientifico dimostrata dal celebre nostro marchigiano Alberigo Gentile nel s
mmo ingegno del Leopardi. 93. Ved. le Metamorfosi di Ovidio,lib. ix, dal principio. 94. Vedasi l’inno che Virgilio nel li
ro proverbio in latino : ab ovo usque ad mala, che voleva significare dal principio alla fine ; ma questo proverbio alludev
di S. Elmo è stato osservato in Monte Cassino ora per la prima volta dal 1828 in poi, nel quale anno vi furono messi i par
undis. » (Ovid., Metam. viii, v. 233.) La caduta d’Icaro fu dipinta dal Domenichino in un quadretto che vedesi nella Gall
r bene e senza sforzo un bel concetto poetico in un Sonetto, dissuade dal cimentarvisi chi non sia nato poeta : « In quest
ali conviti, rammenta loro questa funesta pugna dei Centauri eccitata dal vino : « At ne quis modici transiliat munera Lib
e nel libro ii De Finibus, narra quanto fosse ammirata ed applaudita dal pubblico quella scena della tragedia di Pacuvio,
13 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
dmo fu la Ninfa Melia(b) ; ed altri soggiungono, che fu Argiope, nata dal fiume Nilo(c). Non sempre Cadmo stette appresso i
io ; ma temendo ; che l’acqua della mentovata fontana fosse infettata dal veleno del Dragone, scorse quà e là per trovarne
a, discendente da Marte e da Venere. Per onorare quelle nozze scesero dal Cielo tutti gli Dei, e ricolmarono la sposa di do
i, alle villanie v’aggiunse violenze e minacce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa
ò nella Grecia ; e eangiò in pietra Preto, che avea scacciato Acrisio dal regno d’Argo(c). Ricornò poscia nell’isola di Ser
ente, figlio di Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene(g). Dal matrimonio di Perseo con Andromeda nacequaro Pers
Essi furono detti Argonauti, perchè montarono una nave, detta Argo(8) dal nome di quello, che avoala fabbricata(c) (9). I p
a gleba di terra, ad essi pure additò la via di uscire senza pericolo dal luogo, ove si trovavano. Giasone lo ricompensò, r
proseguire il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, aff
aveva seco portato via una parte de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lido di Colco (a) (21). Eeta lo inseguì, nè Giaso
e la gola, lo tuffò in acqua bollente, ed ivi lo lasciò, finchè venne dal fuoco intieramente consumato (a) (24). Timorosa c
ffinchè fosse triplicata la notte, in cui dovea nascere questo Eroe : dal che ne avvenne, ch’egli fu soprannominato Trivesp
che Alcmena avesse già partorito. Giunone, confusa e sorpresa, s’alzò dal luogo, ove trovavasi ; e Alcmena subito felicemen
ne contano. La prima fu l’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era di prodigiosa grandezza,
le era per avvicinarsi alla volta di Micene. Euristeo inoltre mandava dal predetto luogo all’ Eroe i suoi ordini per mezzo
ise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le sue frecce : dal che ne avveniva, che le ferite, recate da quelle,
na ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi compagni. Ercole l
ani, ricevuti da Minerva, ed atti a spaventire, trasse quegli uccelli dal bosco, ove solevano ritirarsi, e colle frecce li
l predetto giovine, e appresso della medesima fabbricò una città, che dal nome di lui appellò Abdera(a) (8). V’è chi preten
enne re della Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome di sua moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi
. I Pigmei volevano vendicare la morte d’ Anteo, ma Ercole, destatosi dal sonno, li rinchiuse tutti nella pelle del Leone N
rifizio a Giunone. Tale ceremonia si perpetuò appresso gli Spartani : dal che la predetta Dea si denominò Egofage, ossia ma
saette, e già trovavasi in grande pericolo, quando Giove fece cadere dal Cielo immensa quantità di pietre, che li oppresse
arrivò in Misia, dove combattè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in di lui luogo Lico, figliu
. L’ Eroe passò col rimanente della sua mandra vicino alla caverna, e dal muggito d’uno di quegli animali rubati venne in c
te si nominano principalmente le cinquanta giovani, chiamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia
re precipitò dall’ alto delle mura il di lei fratello, Ifito, spedito dal padre a trovare i buoi, che gli erano stati rubat
olo allora fece intendere ad Ercole, ch’ egli non si sarebbe liberato dal suo male, qualora non fosse stato venduto, e non
pelle di leone, ed erasi armata della di lui clava. Oppressi amendue dal sonno, si coricarono sopra due letti separati. Pa
impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce, le quali dal Fato si riserbavano all’esterminio de’ Trojani. C
il passo, vide la dolente madre col figlio, li riconobbe, e liberolli dal pericolo, in cui si trovavano (d). L’Eroe aveva a
rene, figlia di Bebrice, che regnava ne’ monti Pirenei. Ercole, preso dal vino, mentre andava a togliere i buoi a Gerione,
quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè uccise il Minotauro(b). Plutar
(a). Teseo, e gli altri giovani, mandati in Creta per essere divorati dal Minotauro, avevano fatto voto d’andarsene a visit
vestiti da donzelle(e), e con rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello di Minerva Scirade nel P
chè partisse da Atene per trasferirsi in Creta, aveva ricevuto ordine dal padre suo di spiegare al suo ritorno, se mai pote
Eurito, il più feroce di tutti i Centauri, riscaldato soverchiamente dal vino, mise sossopra tutta la mensa, e tentò di ra
te stava per soccombere, quando Nettuno ad istanza di Venere lo tolse dal pericolo(d). Enea uccise Afareo, uno de’ Greci Ca
celebrò allora l’anniversario di suo padre(15). In quel momento uscì dal sepolcuo d’Anchise un serpente, che girò interno
d’oro, di cui altrove abbiamo parlato, gli comandò, che lo svellesse dal tronco(17), giacchè con esso alla mano avrebbe po
battaglie avrebbe dovuto per tale motivo sostenere(a). Dopo l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gae
nse il capo di Lavinia, e poi si sparse per tutto il di lei palagio : dal che si congetturò, che somma gloria, accompagnata
fatti prese costo contro di loro le armi ; e l’anzidetta Dea, discesa dal Cielo, aprì ella stessa il tempio, in cui non sol
ani, il Trojano era per soccombere, quando Venere nuovamente lo tolse dal combattimento(a). Allora Minerva per ordine di Gi
teo, apparve a Menelao, e gl’insegnò, come dovea regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla sua p
delle acque. Questo Eroa ebbe anche il nome di Pitisoo, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani
ojani(a). Claudiano dice, che Achille lo guari con un’erba, detta poi dal nome di lui Achillea. Molte altre gloriose impres
osservando, che ogni suo colpo riusciva vano contro di quello, scese dal carro, e colla spada investì il nemico, che con i
il Greco Eroe di vedere vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col man
nome(b). Dopo questa memorabile e laboriosa tenzone Achille si ritirò dal campo, e stette quasì un anno senza più combatter
se prometteva di sposarla. Achille ne fece la promessa ; ma poi lungi dal mantenerla, ebbe tale orrore del tradimento di le
’Semidei, ed ebbe tempio anche nella Penisola del Ponto Eusino, detta dal nome di lui Achillea (c), mentre prima si chiamav
rsene contro Troja, Ulisse, non sapendo staccarsi nè dalla moglie, nè dal tenero figlio, Telemaco, si finse insensato, onde
ella parte della costa d’Africa, che abitavano i Lotofagi, così detti dal frutto, Loto, di cui abbiamo parlato. Fu accolto
teo, e sommo sacerdote d’Apollo in Ismara, perchè lo avea reso esente dal sacco nel tempo dell’irruzione, fatta da lui nel
irruzione, fatta da lui nel paese de’ Ciconi. Il Ciclope non ristette dal trangugiare quella bevanda, finchè ne rimase ubbr
a, che avea nascosto sotterra, nel di lui occhio. Polifemo, destatosi dal dolore acerbissimo, gettò urli spaventevoli, e ch
o il corso felice alla volta di quelle terre, quando Ulisse, sorpreso dal sonno, lasciò a’ suoi compagni il governo del nav
ell’Eolia(d). Ajace oileo e Telamonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla
uta del di lui sangue, produsse un fiore simile a quello, ch’era nato dal sangue del giovine Giacinto, e marcato delle due
da numerosa cavalleria, si recavano colle statue di Castore e Polluce dal Campidoglio alla piazza del gran Circo. La pompa
morte sarebbe la pena del vinto(2). Lo spazio da corrersi cominciava dal fume Clade sino all’Istmo di Corinto. Chi aspirav
otto dalle generose promesse di Pelope, fece sì, che Enomao precipitò dal carro, e ne rimase ferito a morte.(c). In tale gu
al di là dell’Istmo, e formava una parte considerabile della Grecia, dal nome di lui, e dalla Greca voce nitos, isola, fa
o, il qualegli nascerebbe, lo avrebbe ucciso. Il Genitore, spaventato dal vaticinio, per impedire l’orribile attentato, con
isore di Lajo. Edipo ne fece subito le più diligenti perquisizioni, e dal Pastore stesso, che lo avea salvato sul monte Cit
, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e
endo poi trovare appresso Fegeo l’opportuno rimedio, che lo liberasse dal furore, ond’era oppresso, per consiglio dell’Orac
er la foresta di Nemea nell’Acaja. Tutti erano molestati estremamente dal caldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, r
sangue. Gli si accostò Polinice per disarmarlo, ma quegli, avvalorato dal desiderio della vendetta, lo trafisse col suo fer
llia appresso Clastidio, fece voto d’inalzarne un altro, il quale poi dal di lui figliuolo dieci sette anni dopo fu dedicat
bbe nuocerlo, e per seguire quel, che può giovargli, vengono espresse dal Compasso e dall’ Archipenzolo, che questa Virtù t
Tessaglia, e fu di tanta saviezza ed equità, che si disse essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla di un temp
oma le fu eretto un tempio sotto il Consolato di Quinzio e di Attilio dal Decemviro M. Attilio Glabrione. Là per mezzo d’un
così : una donna, convinta di capitale delitto, era stata condannata dal Pretore a morte. Il Triumviro che doveva eseguirn
n tempio, sacro alla Pietà, e che le due femmine venissero alimentate dal pubblico erario. Notisi, che Fesso in vece di una
erchè questo è animale sì ubbidiente, che famelico perfino si astiene dal cibo, qualora glielo comandi il suo padrone. B
ortuno ad insegnare, che questa Virtù dey’essere pura, nè mai diretta dal vile interesse. Ha la medesima il compasso in man
Appiadi, perchè i loro tempj erano presso le acque d’Appio, non lungi dal Foro di Cesare. Le altre quattro Divinità erano P
i di queste ne ritraggono poi doviziose ricompense : lo che esprimesi dal cornucopio, versato sopra i poveri tetti. E’ fina
suo offensore. Gelosia. La Gelosia è interna inquietudine, nata dal timore di perdere qualche bene, o dal sospetto, c
ia è interna inquietudine, nata dal timore di perdere qualche bene, o dal sospetto, che altri ne partecipino. Riguardo a qu
assicurare Cefalo della di lei fede. Egli contuttociò non desistette dal ricercarne corrispondenza d’amore, usando ora pre
, che soglionsi usare dagli Adulatori. Il Cervo è tale, che allettaro dal suono del flauto, facilmente si lascia prendere d
le, che allettaro dal suono del flauto, facilmente si lascia prendere dal cacciatore. E’ questa l’indole di chi ama d’esser
lingue. Le Cicale, quando cominciano a farsi sentire, non cessano più dal loro tediosissimo canto, che risveglia l’idea del
stegno per innalzarsi ; questa, che viene prodotta da’ vapori, tratti dal Sole, si oppone poi al medesimo, onde non diffond
acrifizio, offerto alla Libertà, il Re de’ Sacrificatori dovea uscire dal tempio, prendere la fuga, e starsene per alcuni g
Allgrezza. L’Allgrezza è contentezza d’animo, nata dalla vista, o dal possesso di qualche bene. Si dimostra d’aspetto g
no la Fortuna d’occultare a’ novelli sposi i difetti del loro corpo : dal che ne avvenne, che la Fortuna venne chiamata Vir
o corse tosto al mare(e), la trasportò in quella porte del mondo, che dal nome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rende
cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò dal verbo greco eleste, essere rapito, per alludere a
ette peritissimo nell’ Ornitomanzia, ossia nell’arte di trarre augurj dal canto e dal volo degli uccelli(b). Questa suppost
simo nell’ Ornitomanzia, ossia nell’arte di trarre augurj dal canto e dal volo degli uccelli(b). Questa supposta cognizione
conseguì onori divini. Ella ebbe feste in Creta, dette Inachie, forse dal di lei nome, e da achos, dolore, perchè venivano
(a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (a). Ovid. Met. l. 4. (6). Dal sangue di Medusa oltre il cavallo Pegaso nacque a
dall’ Asia, presa dallo spavento, cadde nelle onde per cui quel mare dal nome di lei poscia fu detto Ellesponto(a), Frisso
e fatidica perchè la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o dal monte Tomare(d),
ra stata formata di una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, appresso il quale e
Eruditi, che lo riferiscono ad un Autore posteriore, come può vedessi dal Fabricio(b), e dal Gesnero(c). (13). Mopso, Tess
eriscono ad un Autore posteriore, come può vedessi dal Fabricio(b), e dal Gesnero(c). (13). Mopso, Tessalo di patria, cele
cendente da Eolo(f). Possedeva grande scienza nel ricavare gli augurj dal fuoco. Quantunque avesse preveduto, che vi sarebb
giovane Ila, figlio di Teodamante, re di quel paese. Ercole, oppresso dal caldo e dalla fatica, inviò il predetto Ila con u
lonio, fa Clite semplicemente morta di dolore. Euforione, citato pure dal predetto Scoliaste, oltre il variare da Apollonio
ino fosse Mercurio. Altri pretendono, che la Via lattea siasi formata dal latte, che sparse Rea sulla pietra, ch’ella prese
vece di scettro o di fulmine posero tralle di lui mani quell’ascia : dal che il Nume fu detto Labradeo, voce che appresso
il nome di Medi (c). Altri dicono, che Medea ebbe il predetto figlio dal re Egeo (d). La stessa Maga passò altresì appress
esentarle cogli occhi aporti, a disgiungerne, e a distaccarne le mani dal corpò : lo che fece dire, che le statue di lui er
volo, e già aveano trapassate varie Isole, quando Icaro, trasportato dal genio d’una carriera del tutto nuova, abbandonò i
ui nè v’ incontrò che orride solitudini. Giunse finalmente a scoprire dal più alto di uno scoglio il fuggitivo naviglio. Vo
la quale, per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua rivale, fu dal predetto Nume cangiata in pianta, che acquistò il
iarò ch’ era figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui, trasse dal dito un anello d’oro, lo gettò nel’ mare, e soggi
a viltà d’ aver infierito contro un ragazzo, ma essa gli venne chiusa dal tizzone, onde costretto a trangugiarne i carboni,
osso a Crantore, sculiere di Pelso, che lo aveva ricevuto in ostaggio dal debellato Amintore, re de’ Dolopi. Peleo, veluto
di Crustumena e di Licurgo, re di Tracia. Colei, che aveva ereditato dal padre il regno, accolse Demofoonte con somma dist
’ Istoria del mentovato figlio di Priamo. Spedito Polidoro, dic’egli, dal padre nella Tracia a sua sorella, Ilione, costei,
se alcuno della famiglia di Priamo. Altri finalmente narrano, ch’ella dal marito non fu uccisa, ma abbandonata, onde non fo
o d’averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò appresso la
grime quella rugiada, che sul crepuscolo mattutino per ogni dove cade dal Cielo. Aggiungesi, che l’Aurora, non potendo soff
grande dolore, quando lo vide partire per l’assedio di Troja, perche dal di lei padre avea udito, che Protesilao sarebbe p
oddisfece ; ma spiratto il tempo prescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial nel Regno di Plutone(b). Altr
tempo venne allattato da un’orse. Altri soggiungono, che fu allevato dal predetto Archelao, come suo proprio figlio(a). (
metterlo a morte, ma Chirone gli trovò la nascosta arma, e lo liberò dal pericolo. Altri dicono, che Acasto, dopo d’averlo
ddolorò, allorchè intese, che in quella guerra era perito Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille. Teti si fece a consola
l. 2. (9). Piloto delle navi di Enea fu Palinuro. Questi, aggravato dal sonno, cadde in mare. Per tre giorni fu giuoco de
ì di ottant’anni (d). Igino (e) e Virgilio narrano, che restò colpito dal fulmine, perchè si vantò d’aver conversato con Ve
ugure, Tolumnio (f) ; Ufente, Principe d’Italia, che fu messo a morte dal Trojano Gia (g) ; Aventino, che nacque ad Ercole
secrata a Diana da Metabo, quando egli, scacciato per invidia de’suoi dal regno, si ritirò nelle foreste. La giovine ivi si
nelle selve appresso il pastore Tirro (b). Ivi partorì un figlio. cui dal luogo, ove nacque, venne imposto il nome di Silvi
achè avesse vendicata la morte di Ajace, suo fratello, non fu accolto dal padre. Si ritirò quindi in Cipro, ove fondò una c
ando di lui si sacrificava al Nume un uomo (c). (4). Euripilo nacque dal Tessalo Evemone (d). Egli uccise Apisaone, figlio
l’asta, la quale per l’immenso suo peso non si poteva maneggiare che dal solo Achille. Così armato, alla testa de’Mirmidon
mandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pieno di spavento, balzò dal darro, e lanciò una grossa pietra, da cui colpito
il corpo di Cebrione alle loro rive. Patroclo tuttavia son desisteva dal nuocere al campo Trojano, quando finalmente l’anz
che toccavano. Usò Agamennone della forza e delle armi per istaccarle dal paterno seno, e seco le condusse via, acciocchè a
o venisse da sottoposte fiamme ridotto in cenere, o almeno si forasse dal ferro ne’fianchi, onde scoprirne l’interno seno.
ramente perseguitato, eccitò Calcante a dichiarare lui, qual vittima, dal Cielo richiesta ; e ch’egli si sottrasse alla mor
per eseguire il suo progetto, allorchè ne fu impedita, altri dicono, dal popolo, altri, da Peleo. Temendo poi lo sdegno de
e Eaco supplicava il predetto Nume, eravi un’annosa quercia, prodotta dal seme di quelle di Dodona, sacra allo stesso Dio.
ò gli occhi a Fenice, e che questi, ritirandosi appresso Peleo, venne dal medesimo indrizzato al Contauro Chirone, che gli
l. 21. (c). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (11). Tene fu gettato dal padre in mare. I flutti lo portarono all’Isola di
ro re, e dopo morte lo venerarono come un Nume. L’anzidetta Isola poi dal nome di lui si chiamò Tenedo(a). (d). Heraclid.
gare. Avendo poi inteso, che Ulisse e Diomede si erano salvati, preso dal dolore, si precipitò nel mare’(b). Eustato aggiun
amare, fu sì sensibile alla partenza del suo amante, che non cessava dal bagnare di calde lagrime i doni, che ne avea rice
no perirebbono, quando un solo passeggiero non fosse stato trattenuto dal loro canto(b). (a). Hom. Odyss. l. 12. (b). J
lie d’Atreo, e la rendette madre di due figliuoli. Atreo lo allontanò dal Regno, ma dopo qualche tempo lo richiamò a se, fi
emene in forza di tale predizione si ritirò in Rodi. Creteo, cruciato dal dolore di vedersi diviso dal figlio, volle andare
ione si ritirò in Rodi. Creteo, cruciato dal dolore di vedersi diviso dal figlio, volle andare in traccia del medesimo, e s
ra, che Polinice e Tideo fossero i due sposi, indicati dall’Oracolo o dal sogno ; e però diede Deifile in matrimonio a Tide
finalmente restò ferito a morte da una freccia, vibrata contro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcu
b). Fece pur perire Abante e Poliido, spediti in soccorso de’ Trojani dal loro padre, Euridamante, eccellente nell’ interpr
Santo, e Pedaso. I due primi nacquero da Podarge, una delle Arpie, e dal vento Zefiro. I medesimi erano immortali, e più r
, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e
endo poi trovare appresso Fegeo l’opportuno rimedio, che lo liberasse dal furore, ond’era oppresso, per consiglio dell’Orac
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
n italiano e in altre lingue moderne è d’origine latina ; e derivando dal nome os, oris (labbro o bocca), sta a significare
i responsi : e questa differenza di significato facilmente s’intende dal contesto delle diverse frasi. I più noti e celebr
in onore di esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che invasata dal Nume proferiva mistiche parole, interpretate dai
onsi si deducevano per interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle qu
interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giov
impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fr
onzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi a
gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana, come intendiamo dal sommo Orator della Grecia, e il discredito andò s
cendo molto prima della introduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultim
troduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica
vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredito in cui eran caduti ? Egli che visse si
a Poetica è applicabile a tutti i fondatori delle antiche religioni ; dal che deducesi che il governo teocratico fu il prim
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
rsione de’ Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo di Ciro gli Ebrei s’erano qua e là dispersi
a’suoi vizj, dai suoi lumi stessi, dall’avvilimento di tutti i culti, dal fascino del commercio, delle sofisticherie e dell
oni orientali, dalle comunicazioni rese più facili fra i varj popoli, dal contrasto o dalla confusione delle loro credenze,
sia pubblica professata dallo Stato ; e nella sua decadenza, sorretto dal potere, dall’interesse, dall’abitudine, parea fat
che la sua stirpe, la fede, la speranza, la grazia e la dignità tiene dal Cielo, solo alle volte s’adopra, acciocchè, senza
o che portate ai Cristiani. Ed in vero una tale sorta di poca equità, dal titolo medesimo, che è l’ignoranza, onde sembra c
iustizia d’un simil odio, la quale si dee provare non dall’odiare, ma dal sapere perchè si deve odiare ? Onde, essendo che
al suo partito, mentre quanti sono gli scellerati, quanti quelli che dal retto sentiero traviano ! E chi lo nega ? Contutt
na è difeso. La natura ogni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. Finalmen
La natura ogni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. Finalmente gli uomini
mentre reggeva la sua provincia, condannati alcuni Cristiani, alcuni dal suo posto rimossi, turbato alfine per tanta molti
si perdona neppure ai Cristiani già defunti : anzi quegli estraggono dal riposo del sepolcro, dall’asilo sicuro della mort
e per ottenere il perdono col prezzo del proprio sangue ? Perciocchè dal martirio sono cancellati tutti i delitti. Onde av
per la fedeltà con cui sono pagate puntualmente, essendo noi lontani dal defraudare quel d’altrui. Talchè, se si considera
ela che ci fate in ordine ad una sola spezie di cose, vien compensata dal comodo degli altri dazj che da noi medesimi ricav
n cane ad ogni candeliere ; e che alla fine di esse, questi, adescati dal pane che veniva lor presentalo, rovesciando i can
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
a. Da questo giorno, come al presente, incominciava l’anno civile sin dal tempo di Numa Pompilio, e inauguravasi con molta
di loro nel corso dell’anno. Alcuni fanno derivare la voce Charistia dal greco charisma (dono) ; Ovidio dall’aggettivo cha
i. È narrato anche nella Storia Romana il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile era uno scudo di
non solo vide co’suoi propri occhi il miracolo, ma udì anche una voce dal Cielo che prometteva ai Romani la maggior potenza
pur l’artefice seppe in appresso distinguere qual fosse quello caduto dal Cielo. Si tenevano tutti custoditi con molta cura
ntando e saltando secondo il rito. Quei sacerdoti eran chiamati Salii dal saltar che facevano processionalmente ; e l’inno
notato nel Cap. XXXIII che di molti Dei si conoscono le attribuzioni dal significato stesso del loro nome ; e tra gli altr
Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava di sangue e di
a di Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione d
Mane (il Plutone dei Pagani) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territor
a conclusione del Preller, non nasconde per altro che le notizie date dal dotto autore tedesco non discordano punto da quel
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
VII Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano r
gi, e specialmente i poeti latini, ci raccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte di Giano su q
espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin sem
convenivano però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse r
be terrestre, venne per nave sul Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in mem
da prima chiamato terra Saturnia, e poi Lazio, termine che derivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perch
damento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34. È facile il r
a ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34. È facile il riconoscere nelle pittur
serisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi
asti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cio
i dodici mesi dell’anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, considerato come portin
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
tani privata del trono, prima per frode, e poi per forza 69, esiliata dal Cielo ed oppressa, tenta di riacquistar colla for
tata contro Giove e gli altri Dei, così spietatamente crudeli, generò dal suo seno immani, fortissimi e mostruosi figli chi
ero una gran paura dei Giganti, e la massima parte fuggirono vilmente dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosc
perbia punita. Così troviamo nel Canto xii : « Vedeva Briareo, fitto dal tèlo « Celestïal, giacer dall’altra parte, « Grav
rto qui la traduzione del Caro, e in nota l’originale : « È fama che dal fulmine percosso « E non estinto sotto a questa m
e o sospirando anela, « Si scuote il monte e la Trinacria tutta ; « E dal ferito petto il fuoco uscendo « Per le caverne mo
descrizione delle eruzioni del monte Etna, così egregiamente tradotta dal Caro : « ….. Esce talvolta « Da questo monte all
mmani sassi e scogli « Liquefatti e combusti al Ciel vomendo, « Infin dal fondo romoreggia e bolle79). » E Dante gareggian
eta, da lui invocato come una divinità : « O gran padre Alighier, se dal ciel miri « Me tuo discepol non indegno starmi, «
re Alighier, se dal ciel miri « Me tuo discepol non indegno starmi, «  Dal cor traendo profondi sospiri, « Prostrato innanzi
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
fu un poco interrotta colla invenzione della Metempsicòsi, immaginata dal filosofo Pitagora253. Metempsicòsi è parola grec
o, i bruti, i pesci, « E ciò che vola, e ciò che serpe, han vita, « E dal foco e dal ciel vigore e seme « Traggon, se non s
i pesci, « E ciò che vola, e ciò che serpe, han vita, « E dal foco e dal ciel vigore e seme « Traggon, se non se quanto il
reo lezzo « Sì l’ha per lungo suo contagio infette, « Che scevre anco dal corpo, in nuova guisa « Le tien contaminate, impu
a cacciava ; dalle membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne «  Dal capo gli salia di polve un nembo262). » (Odissea
io Pelope da lui stesso ucciso. Tutti gli Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad eccezione di Cerere, che afflitta p
te volte « Chinava il veglio le bramose labbra, « Tante l’onda fuggìa dal fondo assorta, « Sì che appariagli ai piè solo un
riminosa, considerandola in ragion composta coll’ingiuria che risulta dal commesso delitto, ossia colla violazione dei dove
 Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende «  Dal divino intelletto e da sua arte : « E se tu ben l
o quasi è nipote. « Da queste due, se tu ti rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender sua vita ed avanzar
natura presero forma e natura umana. 257. Panteismo è voce derivata dal greco pan (tutto) e teos (Dio.) 258. L’ obolo (i
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
tare a Vulcano stesso che il trattamento brutale di esser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual caduta divenne zoppo)
l’inclito zoppo, e come zoppo Vulcano è conosciuto questo Nume anche dal nostro volgo ; e la fama dei suoi esterni difetti
ia. A Vulcano infatti attribuivansi i più mirabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto di Venere 
servato l’elettricità che si sviluppa collo strofinamento dell’ambra ( dal cui greco nome di electron fu appunto denominato
on l’artefice che fa le forme e vi versa il metallo fuso e liquefatto dal fuoco. Gli si dava anche il titolo di Lemnio, der
a anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual
r distinguersi dall’altra. Così distinguevano ancora il fuoco celeste dal fuoco terrestre : a quello facean presieder Vesta
Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti. Dal nome dei Ciclopi son derivate alcune denominazion
imento, o come direbbesi anche più precisamente con vocabolo derivato dal latino : semovente. Se gli automi rappresentano e
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
stessa ragione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono di qualche musicale istrumento, tutti color
appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicona, Pindo e Parnasso, dal bosco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontan
se, derivati dai monti Elicona, Pindo e Parnasso, dal bosco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontana Ippocrene, luoghi
to di una torre, mettessero le ali e volassero via. Pireneo acciecato dal furore, pretendendo di inseguirle anche per aria,
gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indo
ccise i Ciclopi che fabbricavano i fulmini. Giove lo punì esiliandolo dal Cielo per cento anni. Ridotto Apollo alla condizi
so il giovane Ciparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo, un cervo
, Terpsicore, Uranie. » 127. Gli stessi nomi delle Muse, derivati dal greco indicano presso a poco colla loro etimologi
si Canenœ, per quanto affermano Varrone, Festo e Macrobio) a canendo, dal cantare. 128. Si sa dalla geografia che il mont
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
mar dismago, « Tanto son di piacere a sentir piena. « Io volsi Ulisse dal suo cammin vago « Al canto mio ; e qual meco s’aù
e tanto più volentieri le donne ; e credettero che talvolta uscisser dal mare, e sulle terre vicine facessero stragi e dev
amo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descr
iunti i nimici, ben difender rocca, « Così difender l’Orcá si potea «  Dal paladin che nella gola avea. « Dal dolor vinta, o
« Così difender l’Orcá si potea « Dal paladin che nella gola avea. «  Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia, « E mostr
scagliose schiene ; « Or dentro vi s’attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo e fa salir l’arene. « Sentendo l’acqua il c
e è possibile anche alla spiaggia. E vero del pari che la Balena : «  Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia « E mostra
cagliose schiene ; « Or dentro vi si attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo, e fa salir l’arene « Con mille guizzi e mi
’arene « Con mille guizzi e mille strane ruote. » E vero altresì che dal rampone e dalla fune « ………. scior non se ne puot
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
n più mite accezione abbandonarsi a smodata allegria. In italiano poi dal nome di Bacco è derivata la parola baccano che si
osta da Dios, uno dei nomi di Giove suo padre, e dall’isola di Nisa o dal monte Niso, dove Bacco nacque e fu allevato. I La
questi : Lenèo, Tionèo, Jacco, Bromio, Bassareo, Evio, tutti derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e q
o nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza da
Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. Quel Nume gioviale e n
ta dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. Quel Nume gioviale e nemico della mali
colto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piace
, si può dedurre principalmente da Orazio, da Ovidio, dall’ Ariosto e dal Tasso. « Viresque addis et cornua pauperi » (Ho
ppure l’eccesso del caldo ; e i limiti naturali fra cui prospera sono dal 30° al 50° di latitudine. 208. In questi limiti
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
a di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. Cresceva Perseo e si dimostrava deg
conto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero mo
le gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpent
ue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso,
Ippocrene, che vuol dir fonte del cavallo. La produzione dei serpenti dal sangue della testa anguicrinita di Medusa è meno
Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo di essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poc
stata promessa in isposa, ma che però non si era mosso per liberarla dal mostro marino, e quindi avea perduto qualunque ti
dre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, c
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
mente malvagie. Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro
Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, u
ttori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e
mi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il f
e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal
atezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini
bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
fferenze : Vesta Prisca fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cib
. Di Cibele per altro convien parlare molto più a lungo. Comincieremo dal notarne i diversi nomi e l’etimologia dei medesim
ologia dei medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Fri
raccontata dell’infanzia di Giove e de’suoi fratelli. Chiamavasi Opi dal nome latino Ops, Opis, che significa aiuto, socco
a era una pietra informe che i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una di quelle pietre meteori
e una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45. Il
Plutone. Eran poi chiamati Dattili, perchè eran dieci come le dita ; dal greco termine dactilos che significa dito. A Cibe
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in quella stessa
a nei tempi preistorici un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Ne
che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può sp
rale del nostro globo si sollevano le montagne sulla terra e le isole dal fondo del mare. In quasi tutte le Geografie trova
duti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzione dal dardeggiar dei raggi del Sole e della luce rifles
a col solfo, ma è molto raro in natura. Si chiamò col nome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per significare l
 : perciò restano 12, come asserisce Omero. — Inoltre sappiamo ancora dal seguente epitaffio di Ausonio che anticamente esi
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
producevansi dalla terra. Il nome di Cerere, secondo Cicerone, deriva dal verbo creo, che anticamente dicevasi cereo, e per
rone, deriva dal verbo creo, che anticamente dicevasi cereo, e perciò dal creare, ossia dal produrre le biade50. I Greci la
erbo creo, che anticamente dicevasi cereo, e perciò dal creare, ossia dal produrre le biade50. I Greci la chiamavano Demète
terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. Inventarono i Greci che Ce
a Cerere è rammentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresit
i asteroidi (pianeti telescopici situati fra Marte e Giove), scoperto dal Piazzi nel primo giorno del primo anno di questo
 : basti il rammentare il bel quadro del Ratto di Proserpina, dipinto dal Turchi soprannominato L’ Orbetto. 55. Si vendicò
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Rom
i Romani ebbe questo Dio anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i lupi dal gregge ; e si celebravan
anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in
opere, e specialmente nelle filippiche contro lo stesso Marc’Antonio. Dal nome del Dio Pane è derivata l’espressione di tim
imor pànico, che etimologicamenie significa timore ispirato o incusso dal Dio Pane ; e, nella comune accezione, timore che
mprovviso e mal fondato timore debba chiamarsi pànico, ossia prodotto dal Dio Pane, anzichè Plutonico, o diabolico, o altri
ndolo anche alla greca col gen. in os e l’acc. in a, per distinguerlo dal loro vocabolo panis significante il cibo quotidia
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
e di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jove juvat, dicono i mitolo
niugale era già rotta da gran tempo fra Giove e Giunone ; e Omero sin dal 1° libro dell’Iliade ce ne rende accorti in quest
cherella, e le mandò a tormentarla un assillo o tafano. Per liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a ge
trionfalmente portata Beatrice e facendolo simile a quello descritto dal profeta Ezecchielle, assomiglia ancora i molti oc
endamente la mirabile parvenza dell’arco celeste. Perciò la dea Iride dal nome del padre è detta poeticamente Taumanzia ; e
come Virgilio96, fregio ed onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenom
o ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenomeno. Dal vederlo comparire dopo la pioggia lo chiamavano l
31 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
ma gli uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal quale riceviamo la benefica luce, e che feconda l
era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan
fetto cotesti impostori erano segretamente governati nei loro presagi dal volere dei principi, dei legislatori o dei fazios
elebravano giuochi, balli, banchetti, e si astenevano scrupolosamente dal proferir parole di cattivo augurio. I Romani chia
o era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco, senza che ne restasse alcuna parte per il
2. O indovini, così chiamati da garritu avium, perchè principalmento dal canto degli uccelli traevano gli augurj. Questa i
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
ito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevem
razio chiama fraterna la lira di Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello159. Attribuirono a Mercurio anche i prim
variazione dello stato dell’atmosfera. Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pubblicazioni a sta
gistri officiali delle derrate. E tutte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione n
paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine latino talari dal porsi ai talloni. 148. « Mercuri facunde nepos
de i talari e la verga di Mercurio, la partenza e la velocità di esso dal Cielo in Terra. Il Tasso imitò Omero e-Virgilio d
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
to pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo di Michelangiolo, tanto lodato dal Vasari e dal Varchi13. Inoltre intorno alla Fonte
uva a Bacco ebrio, gruppo di Michelangiolo, tanto lodato dal Vasari e dal Varchi13. Inoltre intorno alla Fonte di Piazza de
ati colle gambe e colle corna di capra16. I Naturalisti per altro sin dal tempo di Linneo pare che li considerassero più be
n minacciate anche dalle Leggi civili a chi rimuovesse il Dio Termine dal suo posto per estendere i proprii possessi a dann
uci posse. » (Sat., ii, 1ª.) 15. Il nome di Fauno si fece derivare dal verbo fari (parlare) e si interpretò canere fata
ome di Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filologi tedeschi dal verbo pasco. Ai Critici l’ardua sentenza !! 19.
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
a gettarsi le acque di tutti i più grandi fiumi. Cominciarono dunque dal divinizzare l’Oceano stesso come avevano divinizz
no or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato
di Tebe ; e il dio Palemone il suo piccolo figlio chiamato Melicerta. Dal colmo-della sventura sofferta per l’odio e le per
la sua prima figura, così conviene che gli studiosi non si stanchino dal proseguir lungamente le loro osservazioni ed espe
come il Sole. 214. Altri mitologi fanno derivare il nome di Nettuno dal greco niptein che significa lavare. 215. Il volg
Metamorfosi di coloro che caddero in mare o in un fiume, e sparirono dal mondo, è che vi rimanessero annegati ; e Dante st
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
lto dalle sorelle dette Eliadi, cioè figlie del Sole ; le quali vinte dal dolore e dall’ afflizione furono trasformate in p
cise a colpi di freccie il terribile e micidiale serpente Pitone nato dal fango della terra e dall’infezione dell’aría. È f
li attribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salut
Ma quel del sol saria pover con ello. » (Purg., xxix, 113.) 108. Dal greco nome Eos che significa l’Aurora hanno i poe
io, presso a poco come ha fatto l’Ariosto : « Chè vinta è la materia dal lavoro. » Messer Lodovico però gareggia non pur
di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse prodotta nel cielo dal calore del Sole, « Quando Fetonte abbandonò li f
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
amabile, come dicono i poeti latini, e tetro, si può dedurre pur anco dal sapere che nessuna Dea o Ninfa, per quanto ambizi
che le Parche avevano l’ufficio di determinare la sorte degli uomini dal primo istante della nascita a quello della morte 
poteva trovar posto come re dell’Inferno, perchè anche questo dipende dal re dell’Universo che in tutte parti impera, secon
 Un suo capace zaino empissene anco, « Che gli pendea, come a pastor, dal fianco. » E per intender poi che questa è una im
uonando una zampogna ch’avea in collo. » 244. La voce Parca deriva dal verbo latino parcere, che vuol dire perdonare ; m
tesque parentum pænas a consceleratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome di questa specie di Sogni son derivate
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
za e l’onnipresenza, attributi essenziali alla Divinità. Scese perciò dal Cielo in Terra, e prendendo per compagno suo figl
ata sopra due somiglianze, quella cioè del nome di Licaone che deriva dal greco licos che significa lupo, e l’altra degl’is
ue fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? Furono ambedue della stirpe
i ecc. detti perciò Vulcani. L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che
ita forma di sedimento, ma furono poi alterati e quasi cristallizzati dal calore sotterranco del sottoposto strato vulcanic
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
o aiutarono a fabbricare la città. Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sem
u primamente il nucleo della città. Il territorio poi fu detto Beozia dal greco nome dell’animale ivi trovato e sacrificato
guem. » (Hor., De Art. Poet., v. 185.) 60. Nel 1821 fu pubblicato dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intito
(Sat. i, 4ª, v. 39.) 61. È noto che la parola alfabeto è composta dal nome delle due prime lettere (alfa e beta dell’al
l’alfabeto greco ; e che in italiano trovasi anche chiamato l’abbiccì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto.
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
li colle loro magiche parole avessero tanta potenza da trarre la Luna dal Cielo in Terra per farla servire alle loro male a
nesorabile e puniva severamente qualunque colpa o mancanza. Discacciò dal suo coro di ninfe e cangiò in orsa la giovane Cal
ostellazione per impedire un matricidio, vale a dire che fosse uccisa dal figlio di lei chiamato Arcade, bravo cacciatore,
’altra vicinissima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’
navano eran pur essi fantastici e paurosi ; poichè dessa mandava fuor dal regno delle ombre i notturni spettri a spaventare
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
quarantadue fulgidissime stelle, e il Sole l’onorò coll’ incominciar dal 1° grado di esso l’annuo suo corso tra i segni de
one era figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurpato il regno dal fratello Pelia ; perciò essendo egli ancor fanciu
he scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciarono dal regno. Inoltre fu presa dai pirati e venduta schi
dall’orribil penne : « Ecco venir le Arpie brutte e nefande, « Tratte dal cielo a odor delle vivande. « Erano sette in una
Conosciuti i mezzi, ecco in qual modo l’Ariosto li fa porre in opera dal duca Astolfo per la liberazione del Senàpo dalle
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
ente celebrati in adunanze clandestine furono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’
urono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e
dagli Storici, ma dai poeti stessi imperiali, che la corruzione avea dal mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civil
rsonificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei p
42 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
ente Pitone, 99 ; — morte di Esculapio suo figlio, 100 ; — suo esilio dal cielo, 101 ; — è adorato dai pastori, 102 ; — fab
dagli Argonauti, 452. Argonauti, 452. Ariauna. Aiuta Teseo ad escire dal laberinto di Creta, 417 ; — sposa-Bacco, 418. Ari
, Dei domestici, 325. Latino, re del Lazio, 614. Latona, perseguitata dal serpente Pitoue, 97 ; — partorisce Apollo e Diana
elle nove Muse, 75, 274. Momo, Dio della maldicenza, 282 ; — cacciato dal cielo, 283 ; — come è rappresentato, 284. Mopso,
ei, 222. Nettuno. Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio dal cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi ; — sposa
piti, 429 ; — sfida Teseo, 431 ; — sue avventure, 432, 433 ; — ucciso dal cane Cerbero, 434. Piroo, cavallo del Sole, 110.
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). Il nome di Giove deriva dal verbo giovare (juvare) : Giove significa dunque e
blime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero,
ne della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendo
questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete. E non per questo «  Dal ciel trarrete in terra il sommo Giove, « Supremo
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
ntano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunt
ulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. Per intender certe parole e fr
e sarebbe considerata come della guerra. Altri però dicono che deriva dal verbo monere (ammonire) ; e che perciò verrebbe i
dotti, dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ica dell’Inferno la creò tutta di pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingegno, dalla scienza e dall’arte. Egli asse
ze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagl
cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagli occulti agenti chimici sotterranei,
e C. 239. Queste dottrine astronomiche sono sostenute splendidamente dal P. Secchi, gesuita, nel suo libro intitolato Il S
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
la fine della sua vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anche dal divino Platone ai Dèmoni, non dee recar maravigli
gnificare gli spiriti infernali, ossia gli Angeli ribelli discacciati dal Cielo e condannati all’Inferno. Perciò Dante oltr
ia è più generalmente gradita che non la filologia. Il Cecchi, citato dal Vocabolario della Crusca, nei seguenti versi ramm
avevano il particolar nome di Junones. 277. La voce diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed e
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
i Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famigl
congiurò contro di lui. Giove scuoprì la congiura, ed esiliò Saturno dal Cielo ; ma non estese la condanna a Cibele sua ma
os silices, hoc adamanta terit. » (Ovid., Epist.) 24. Feto deriva dal latino foetus che significa parto, frutto, prodot
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
e fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. La parol
una veloce vittima al celere Dio (ne detur celeri victima tarda Deo). Dal culto dei corpi celesti si passò presto a quello
amente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Panteismo mitolo
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ual privilegio o grazia speciale potè vederle e udirle, corse a levar dal fuoco quel tizzo che già ardeva dall’ un de’ capi
ultima scintilla del tizzo fatale. Quando lo seppe la madre, agitata dal rimorso e divenuta folle per disperato dolore si
i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ In
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
a (adottato dai Turchi come principio religioso), si veniva a toglier dal mondo la moralità e l’imputabilità delle azioni.
agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. In greco era chiamata Tiche, ed a
estino come qualunque più misero mortale. 14. La parola Fato deriva dal verbo latino fari che significa parlare, pronunzi
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
nacque il fondatore di Roma a cui si attribuì per padre il Dio Marte. Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel
Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino,
: « Perch’io, acciò che ‘l Duca stesse attento, « Mi posi il dito su dal mento al naso. » I Latini poi, e fra questi Cat
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
irono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva
gni persona. La Ninfa Eco se ne afflisse tanto, e si consumò talmente dal dolore, che di essa vi rimase la voce sola che ri
ante erbacee aquatiche congeneri alla Ninfèa. In Architettura poi sin dal tempo dei Classici greci e latini chiama vasi Nin
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
peratori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, co
altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasar
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
punica furono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale co
gl’imperatori divenner cristiani, si dileguò ben presto il politeismo dal mondo romano, e il Cristianesimo si diffuse pur a
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
V Urano e Vesta Prisca avi di Giove Dal prospetto genealogico del N° III sappiamo che Ura
r. aveva dato prima d’ Ovidio la stessa derivazione del nome di Vesta dal greco Estia : Nam Vestæ nomen a Græcis est : ea e
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
e specialmente in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo erud
in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una er
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
osi personaggi ai più moderni e ridicoli Eroi da poltrona proverbiati dal Giusti46. Varcati questi sterpi filologici, avan
è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronol
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
, fanno uso del patronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità. Il Dio Ur
cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco. Minerva nacque miracolosamente dal cervello di Giove. Il Genio (il cui nome derivava
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
esso oggetto o alla medesima persona. Il nome più antico è attribuito dal poeta al linguaggio degli Dei, e il più moderno a
naturalista afferma che lo Scamandro era un fiume navigabile diverso dal Xanto. I moderni Geografi, non che i Letterati e
60 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
Amicla. 1511. Danao, già re della Cirenaica nella Libia, cacciato dal fratello Egitto, si ricovera nell’isola di Rodi,
o e Tieste, discendenti di Pelope. 1321. Espulsione degli Eraclidi dal Peloponneso, per opera dei Pelopidi. 1318. Edi
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
el pianeta visibile ad occhio nudo, che resta più della Terra lontano dal centro del nostro sistema planetario, vale a dire
e di Firenze, a quella, come tant’altre volte, s’attiene il Poeta. » ( Dal Commento del Can. Bianchi.) 179. Circa all’ori
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
i mitologi e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da qu
ra danno avvenenza, potere e modestia alla beltà corporale. » 186. Dal greco nome Eros (Amore) è derivato in italiano l’
63 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
dei signori Noël e Chapsal, che è stato sempre favorevolmente accolto dal pubblico, e che riesce molto utile nelle scuole.
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
xxii capitoli nel periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlato dal Tommasèo nel fascicolo del dicembre 1873 della Nu
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
ciato spengere il fuoco sacro, era battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
insegnamento3. Di tali divinità il cui ufficio si conosce e s’intende dal significato del loro stesso nome ve n’era un bel
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
ne se il vocabolo stesso Penati discenda in linea retta o collaterale dal troiano linguaggio, come i Romani dai Troiani. E
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ico ; e il non plus ultra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora di Gibilterra) e
/ 68