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1 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
rafica, e quali cagioni concorsero a propagarla. 2. Come l’uomo passò dalla vera ad uno spettro di religione, la scienza dell
ne — L’uomo cadde da questo stato, addivenne selvaggio, la iniziativa dalla dispersione del genere umano, e cagioni fisiche c
rimo parlar degli uomini essere tutto per miti, se ne trae un esempio dalla Repubblica di Platone, ragioni ed altri esempii,
correa, che l’alma era del mondo. V. Monti, i romantici. 1. C advva dalla intellettiva della miglior parte degli uomini la
are in mezzo alcune nozioni preliminari, onde additar le cagioni, cui dalla religione primitiva dell’ Vno si venne a quella d
no di Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intuito, o, per meglio dire, dalla semplice apprensione dell’ Ente, non può nascere
cioglie dall’argilla onde è plasmato. Poscia oscurato questo concetto dalla immaginazione, e non presentandosi alla escogitat
, consiste nella rivelazione soprannaturale trasmessa dall’autorità e dalla tradizione : questo è il pensiero ortodosso, che
piena d’interruzione, non cominciando che dopo la caduta, è tracciata dalla ragione umana, che manca di autorità tradizionale
far meglio vedere lo sdrucciolo di non poca parte dell’umana famiglia dalla vera religione dell’ Ente in quella degli esisten
culto degli ordini civili, e farle abbandonare e fuggire alla rinfusa dalla terra natia, a chiamarla ad un’isolamento, a disp
Dee attribuirne qualche parte alla Dea Cloacina(2), o a Volupia, che dalla voluttà si ebbe questo nome ; o alla Dea Libentin
voluttà si ebbe questo nome ; o alla Dea Libentina, che fu così detta dalla libidine ; o al dio Vagitano, che presiede a’vagi
’uomo e della vita dell’uomo, descrive un’antro, ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine di uomini gravati di cat
de’matrimonii solenni, stringe in vece al seno una nube : indicavasi dalla istoria poetica con questi due miti la leggerezza
lo smodare per ogni estremo fè ad essi cambiare significato. E prima dalla ignoranza. I primi abitatori della terra quando a
rrazioni vere, ma fittizie, immaginarie, fantastiche, quali nascevano dalla ignoranza. Lo smodare de’costumi oscurò ancora di
i e sconosciuti, chiamandovi il traffico, quando l’ebbero disgombrati dalla orridezza di natura, che li circondava, e tutelat
coro degl’immortali, una diva dal cervello di Giove, Minerva ; un dio dalla coscia dello istesso Giove, Bacco ; un’altro dall
ni, e tutto e quanto v’ha nel mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento di loro(3) ; o dagli atomi, co
e, che tutto lo informasse, quale anima grande un corpo vastissimo, e dalla maestà delle parti, dall’ordine, dall’avvenenza i
’aggregato di contrarii concorrenti in uno, con ragione viene gettato dalla Discordia — e di morale, chè per Paride qui s’int
greggi di Admeto, interpetrazione di questo mito. 24. Concetti tolti dalla Scienza Nuova del Vico intorno a questo nume, com
ercurio tutti allusivi alla parola. 28. Diversa interpetrazione tolta dalla Scienza Nuova del Vico. 29. Marte — come questa d
ano, come Giunone, cioè l’aria, l’etere, le biade ; Diana, la caccia, dalla quale gli antichi e soprattutto i selvaggi campav
terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana, levandoli dalla terra ; di Dea Cunina tutelando le cune. Non è al
Diva Educa. Dal terrore onde son presi gl’infanti è detto Paventina ; dalla speranza, che a noi viene, Venilia ; dal piacere
io vuole, che Bacco vedendo andare a male il suo esercito nelle Indie dalla pestilenza, Bacco menollo in un luogo più salubre
ono creduti come Iddii anche in tempi non di molto remoti ; sì perchè dalla istoria è dato principio al secolo degli eroi con
tenuto come il Dio delle ricchezze ; perciocchè tutte le cose vengono dalla terra, e nella terra ritornano. Il padre delle ri
a Plutone importa il significato di ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e. gli si assegna lo imperio dello inferno
’nobili appo i Persiani e gli Americani di spiccare uno o più capelli dalla loro chioma : e forse quindi dissero la Gallia ch
raendone la etimelogia, si vuole così denominato a mercium cura, cioè dalla cura che si credeva degli obbietti posti in comme
cura che si credeva degli obbietti posti in commercio ; e l’Agostino dalla parola medicurrus, mediuscurrens, ossia come colu
o inferno, carattere proprio di un messaggiero dal cielo alla terra e dalla terra al cielo. I miti raccontati di questo nume
e, o come altri vogliono Διοστορος, vocale —  Εριουνιος, utile, e ciò dalla utilità della parola. A simulacri di lui si mette
d’inestimabile valore quando altri venisse battuto con questa, e ciò dalla utilità della correzione. A questa verga si ponev
come narra Virgilio, richiama a vita socievole i clienti, che usciti dalla protezione degli eroi, erano ritornati a disperde
igii di valore. Per questo meglio può dirsi esser Marte un Dio creato dalla politica degl’imperi, per risvegliare negli animi
e, intendendosi con l’uno non altro che l’etere, con altra l’aria ; o dalla sola Giunone, chè il fuoco e le fiamme si aliment
, che sentivano coloro, che erano colpiti da tali fulmini, e lanciati dalla destra dell’altitonante Giove. Capitolo III.
ppigliarsi a quelle interpetrazioni, che gli sembreranno non disviate dalla ragione, e riggettare quelle, che gli parranno de
rella e moglie, perchè i primi matrimonii giusli, ovvero solenni, che dalla solennità degli auspicii di Giove furono detti gi
ma tennero i connubii esclusi alla plebe. Ma da’ Greci fu detta Ηερα, dalla quale debbono essere stati detti essi eroi, perch
a. Questa Diva non poteva essere immaginata nella mente de’poeti, che dalla riconoscenza, volendo tributare onori divini a co
re. Quanto sia a proposito questa etimologia non può cadere in dubbio dalla interpetrazione del seguente mito — Fu creduto da
o, cui si vuole intendere l’agricoltura, onde viene a noi il frumento dalla terra coltivata ; perciocchè Proserpina, come dic
ude sotto terra, rappresentato da Plutone, e vi è rattenuto disgiunto dalla parte superiore del globo... e questo spirito si
periore del globo... e questo spirito si finse di essere stato rapito dalla terra, perchè vi viene raffrenato e rattenuto qua
olare — co’leoni, non esservi belva sì fiera, che non venga ammansita dalla tenerezza materna, oppure non esservi angolo di t
agni sono Suadela e Mercurio, poichè coloro che si amano restan presi dalla grazia e dalla parola. Esiodo(1), assegna a loro
la e Mercurio, poichè coloro che si amano restan presi dalla grazia e dalla parola. Esiodo(1), assegna a loro il riso e il do
nto anni coloro che dopo morte andavano insepolti. Era detta Trivia o dalla triplice sua apparenza, o che presedeva come Giov
vano nel suo tempio ad appiccarvi il timone, quando venivano scampati dalla tempesta. A lei i cacciatori su l’ara di Dittinna
divinità, simbolica proprio della terra, perocchè tutte le cose fatte dalla terra si risolvono in essa, e poscia da essa di n
i tutti ; e con altro nome Camene, che può interpetrarsi canto ameno, dalla dolcezza del loro canto : Altri derivano il nome
ti, che servono a dar principio, sviluppo e compimento ad un poema. E dalla lettura delle opere dello stesso Pausania apprend
, cui scorgesi essere Ercole non altro che il Sole. 61. Pruove tratte dalla istoria, onde dimostrare sotto il nome di Ercole
izione umana, un eroe che poco curando le cose della terra si innalza dalla terra come l’aere su tutte le altre cose. Parlere
i disse di lui di aver morto un terribile Leone, che shuffando fiamme dalla bocca desse lo incendio alla selva Nemea. Era que
are le biade mature dal color dell’oro, tre colori che vanno impressi dalla natura nella spoglia della idra. E per questo anc
bino. Come del pari si disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal petto di capra, indice della t
o’pomi di oro le spighe del frumento, che furono considerate come oro dalla grande utilità che portarono alle umane aggregazi
o. In questo mito si nasconde una verità, che non può andare discorde dalla istoria vera. I tre corpi dati dalla favola a Ger
ità, che non può andare discorde dalla istoria vera. I tre corpi dati dalla favola a Gerione forse non erano che tre corpi di
ccia, scorgendo di non poterlo uccidere altrimenti, venendogli sempre dalla terra istessa porte nuove forze. Taluni interpetr
vuole eseguite da Ercole. Nè Ercole, diceva Macrobio(2), va estranio dalla potenza del Sole, il quale trasfonde negli uomini
rza, che li raggiunge a gli Dei, ed egli improntava questo sentimento dalla scuola Pitagorica, in cui fu creduto essere Ercol
umana — r sponde al passar del sole nel segno dei Pesci, ed è fissato dalla levata Eliaca del Pegiso, che avanza il capo su l
è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medus
arsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e dal tramontare
onduttore dei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo di ceraste — rispond
à rimescolato tutto l’orbe, se gli uomini infieriti non si rattengono dalla guerra. Vna alle Ore io presiedo alle porte del C
regno vegetabile ed animale, e tante esalazioni ed umori che vengono dalla terra e dalle acque per ravvivare la natura istes
, l’altra a serendo, (4). Tvtilina e Tvtano — Portavano questo nome dalla tutela delle cose, cui si facevano presedere. Var
2 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
io della favola per Camillo Benucci Introduzione Illuminati dalla fiaccola della verità ; rischiarati dal lume dall
ompleto, che la natura ha posto nel compimento di tutte le sue opere, dalla vita fisica dell’uomo, fino alla riproduzione del
una guida sicura, e per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla quale venisse loro additata la vera configurazion
a della Mitologia da quei vocaboli che ne compongono la nomenclatura, dalla lettera A fino alla Z, apponendo sempre per maggi
e compongono l’eterno poema, assai di soventi immagini e figure tolte dalla Mitologia. Soprattutto nella prima Cantica dell’
migrazioni delle colonie orientali, alla guerra trojana. Seconda età, dalla prima guerra nazionale, all’ordinamento delle for
, dalle legislazioni greche, alla preponderanza macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione di Corin
simo,26 sparisce e diventa null’altro che un sogno allegorico, ideato dalla fervida immaginazione d’un poeta. Di contro a que
iò avviene solo perchè la immaginazione dell’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori di un’età ba
uesta supremazia incontrastata, nello incivilimeato del mondo antico, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che
proficua esercitando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del c
itando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve te
ranza delle tradizioni mitologiche ha, come i simboli, la sua origine dalla fantasia inculta degli antichi, i quali non giung
lo con un calcio da Giove, sucopadre45, e molti altri fatti ricordati dalla tradizione mitologica, e configurati nei suoi mit
ono il mondo come una macchina portentosa, moderata dall’attrazione e dalla repulsione, ma ne fecero un tutto vivente, animat
let — La femme — Chap. XI. I secoli trapassano come i vetri dipinti dalla lanterna magica ; il mondo è la parete dove si ri
e a portarie luce e calore, pure ella conosce egualmente che i giorni dalla mano del tempo cadono irrevocabili nello abisso d
Greci era questo il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla quale tutti gli altri numi avevano avuto origine
Arcadia conosciuta sotto il nome di Figalia. Questo soprannome deriva dalla parola greca αϰσατον che significa vino puro senz
a quelle che avevano dei tempî dedicati al loro culto sulle montagne, dalla parola greca αϰρος che significa luogo elevato. 8
phagia. 104. Ades. — Così veniva denominato Plutone come re dei morti dalla parola greca αιδδης o αδἠς oscuro invisibile ; co
tura. Dotata di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città di Argo, ed approdò felicemente a Samo, ove
ome ad uno dei cavalli di Plutone, facendo derivare il nome di Aetone dalla voce greca αιδως nero mentre codesto nome signifi
to nome veniva denotata Venere perchè i poeti dicono ch’ella nascesse dalla schiuma del mare. 150. Agamede e Trofonio figli d
e. 154. Aganapidi. — Con questo nome venivano designate le nove muse, dalla fontana Aganippe a loro consacrata. 155. Aganipp
o all’età virile, Ati di cui Agdisto erasi perdutamente invaghito, fu dalla ninfa sua madre inviato alla Corte del re di Pess
. Vedi come sopra. 169. Agdo. — Pietra di una grandezza straordinaria dalla quale è credenza generale che Deucalione e Pirra
ente. 173. Agelia. — Soprannome dato a Minerva, e forse a lei imposto dalla Città di Ageliana dove essa era singolarmente ven
glio di Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta anche Agriope dalla quale ebbe Europa, Cadmo, Fenicio e Cilicio. Giov
rsi templi che essi avevano sulle pubbliche piazze delle varie città, dalla parola greca αγορα, che significa piazza. Per la
dre di sei principi, mentre ella non aveva che un solo figlio. Spinta dalla sua cieca passione, ella uccise una notte il suo
In cotal rete Io quel furente di delira febbre, Sospinsi, avvolsi. Ei dalla strage alfine Poi che cessò, bovi ed agnelli insi
impadronirono di Roma, i quali per altro furono ben presto ricacciati dalla città, ed allora Camillo, per espiare la negligen
Nome di Ercole dall’avo Alceo. Minerva era anche soprannominata Alcea dalla parola Alce che significa forza. Vi erano delle d
ver dato morte al padre suo, non gli serbassero la stessa sorte fuggì dalla Grecia e venne in compagnia di alcuni familiari i
glia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere era così chiamata dalla città di Amatunta. Amathusia fu anche il nome del
a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la quale gli fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola Amentheo significa p
rmato di quante avea detto Mirra, e sdegnato la maledisse e la cacciò dalla sua casa insieme al figlio ed al marito. Mirra co
ulla mitologia. Cinira addormentato in una sconcia positura, e deriso dalla nuora che egli poi maledice e discaccia dal tetto
 Feste in onore degli Dei Dioscuri i quali venivano anche detti Anaci dalla parola greca Λναξ che significa protettore. 361.
uale la Dea veniva rappresentata al momento della sua nascita uscendo dalla spuma del mare. 364. Anagogie. — Feste in onore d
’amor suo, ma la fiera giovanetta lo respinse crudelmente cacciandolo dalla sua presenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolo
rotonda, che Numa Pompilio disse esser caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione di esso il destino di Roma. Tito Li
o le deità tutelari dei servi e delle serve. Venivano così denominate dalla pardla Anculari che significa servire. Per la ste
Venere marina, di cui la favola racconta che uscì dal mare, nascendo dalla spuma delle onde. Andiomena significa che esce da
al mare. 392. Andirina. — Soprannome della madre degli Dei. Le veniva dalla città di Andira, nella quale essa aveva un tempio
i Plinio erano ermafroditi. Questa credenza è maggiormente avvalorata dalla etimologia della parola, poichè in greco αςρεγ va
θος fiore e Φερω portare. 463. Anthia. — Soprannome dato alla fortuna dalla città di Antrim nel Lazio, in cui ella aveva un t
acconta che Cerere, sotto la figura di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia di sua figlia, a’lor
o paterno, la perseguito, e la dette in custodia a sua moglie Darcea, dalla quale Anthiope ebbe a soffrire ogni peggior tratt
e. 485. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla sua patria, per ragioni che la favola non ripete,
nella nuca. Da questo fatto l’istituzione delle feste dette Apatuarie dalla parole greca απαη che significa inganno. Il perio
o agli Dei ; nel terzo si classificavano tutte le giovani persone che dalla propria tribù venivano ad Atene per essere ricevu
, secondo altri scrittori, il nome di Apatuarie a queste feste, forse dalla parola greca απατορες che significa senza padre.
a Venere Apatuaria. 490. Apefanzio. — Soprannome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Nemea, che gli era consacra
arte. 530. Areopago. — Famoso tribunale d’Atene. Questa parola deriva dalla voce Ares, che era un soprannome di Marte, perchè
ianna o Ariadne. — Figlia di Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gioventù di Teseo, il quale dovea comb
 r. 56.) Arione fu pure il nome del cavallo che Nettuno fece sorgere dalla terra con un colpo del suo tridente, allorchè sos
figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la quale secondo Igino fu fin dalla prima infanzia educata come un uomo al maneggio d
rato in una foresta Imolo re di Lidia, questi restasse talmente preso dalla straordinaria bellezza di lei che la inseguì per
lo, il quale precipitando da una sterminata altezza su di alcuni pali dalla punta acutissima mori fra i più atroci tormenti.
vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulina, dalla quale fu ucciso. 601. Aruspici. — Venivano così c
li. Quelli che persisterono nell’empio disegno furono tutti fulminati dalla celeste vendetta. 648. Astrena. — V. Astirena. 64
sendo un giorno insieme in un tempio dedicato a Cibele, essi accecati dalla passione che li dominava, dimenticarono il luogo
attivi trattamenti costrinse Prisso ed Elle suoi figliastri a fuggire dalla casa paterna. 659. Atea o Ata. — Dea malefica che
nte battè la terra, e ne uscì un cavallo ; mentre Minerva fece uscire dalla terra un albero d’ulivo. Allora il tribunale aggi
o fece morire Sangaride ; e allora Ati disperato si lasciò traspotare dalla sua passione fino a recidersi le parti virili e s
ie di un ignoto avventuriero stava per ucciderlo, allorchè spaventata dalla vista d’un serpente, essa si arrestò e fu questa
e dei suoi bestiami, quando lo avesse aiutato a netture le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettava l’aria nel
lla maniera di cibarsi. Presso i Pagani si diceva ab avium ispectione dalla ispezione degli uccelli come aurispizio dall’ispe
cchiade. — Famiglia Corintia, così detta da Bacchia, figlia di Bacco, dalla quale essa pretendeva discendere. Questa famiglia
ori della Favola, come il Vossio, il P. Tomasino e Mons. Huet, emerge dalla simiglianza di Bacco, divinità pagana, e la sacra
erpina, rapita da Plutone. ….la cortese vecchia, benchè lenta. Mossa dalla pietà, dal santo aspetto. Cercò farla restar di s
VIII trad. di Dell’Anguillara. 754. Bebrici, — Popoli che sortirono dalla Tracia, per andarsi a stabilire nella Bitinia. So
na di queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sulla quale mentre
sue voglie, pianse tanto che fu cangiata in fontana. V. Cauno. Qual dalla scorza incisa esce la pece. Qual dalla terra grav
a in fontana. V. Cauno. Qual dalla scorza incisa esce la pece. Qual dalla terra gravida il bitume, Qual l’onda che già neve
rgo re della Tracia. Alcuni scrittori dicono che tal nome gli venisse dalla scure di cui egli si servì per recidersi le gambe
a racconta che appena divenuto adulto rapì Oritia, figlia di Oricteo, dalla quale ebbe due figli Calaide e Zeto. Subito scuo
ad Achille, volendo ritenerla per sè. ….. e mi pensai dal punto Che dalla tenda dell’irato Achille Via menasti, o gran re,
vendolo egli ucciso, ne seminò i denti, e, come per incanto, uscirono dalla terra degli uomini armati, dei quali solo cinque
loro riserbate le più grandi sventure. Allora, afflitto e scoraggiato dalla crudele profezia, si esiliò con la moglie dal pro
furono fra i combattenti delle Arpie allorchè queste furono scacciate dalla Tracia. V. Arpie. Essi furono uccisi da Ercole du
impici. 908. Callipica. — Uno dei soprannomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di una parte del suo corpo. 909.
canto. 917. Camene. — Soprannome delle Muse, che trae la sua origine dalla parola cano, io canto. I pagani ritenevano che le
rdiana del Tartaro, la quale fu uccisa da Giove, quando questi trasse dalla prigione infernale i suoi zii Titani. È opinione
diaco. 935. Candarena. — Detta anche Candrena : soprannome di Giunone dalla città di Candara nella Pafaglonia, ov’era adorata
nemente sotto il nome di Canenza, al dire di Ovidio, ebbe questo nome dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliu
l nome che porta. 960. Cariatide. — Soprannome di Diana, a lei venuto dalla festa detta Caria, che le donne della Laconia cel
lo precedente. La istituzione di queste cerimonie ebbe la sua origine dalla riconciliazione delle dame romane coi loro mariti
a fontana Castalia. 991. Castalidi. — Nome collettivo dato alle muse, dalla fontana Castalia ad esse consagrata. 992. Castali
fuochi di S. Elmo e di S. Nicola, a cui anche oggidì si attribuisce, dalla superstizione religiosa, certo potere di buon aug
a città di Tibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome di Cerere dalla città di Catania, in Sicilia, ove essa aveva un t
edificaro. Virgilio — Eneide — Lib. II. trad. di A. Caro. E dentro dalla lor flamma si geme L’aguato del caval che fè la p
Plinio stesso, il quale fa datare l’uso della macchina detta ariete, dalla epoca della caduta di Troja, e considera quello i
munemente si dava il soprannome di Celana, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di Celene nella Frigia, ove era particolarm
Fiume della Jonia. Si credeva che nelle sue acque fosse stata tuffata dalla nutrice la piccola Latona, appena la madre l’ebbe
ibro IX trad. di Dell’ Anguillara. Vi fu anche un tessalo ricordato dalla tradizione mitologica sotto il nome di Ceneo, il
cettore di Achille. (V. Chirone) Ercole dopo aver cacciati i Centauri dalla Tessaglia li disfece. Che giova a noi, se grande
ominato Cillenio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella Beozia, dove egli aveva un
osta in luogo scoperto aveva la prerogativa di non essere mai bagnata dalla pioggia. 1122. Cinghiale di Erimanto. — V. Eriman
tradizione mitologica narra che fu in quest’isola che Venere nascesse dalla spuma del mare gli abitanti di quest’isola avevan
denominata Iride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli era particolar
il nome di una vestale, la quale accusata di libertinaggio fu salvata dalla dea Vesta, che operò un miracolo per provare la v
e tirato a terra il vascello sul quale la madre degli dei, ritornando dalla Frigia, si era arrenata sulle rive del Tevere, e
Clausio. — Dio che veniva invocato nella chiusura delle porte. Deriva dalla parola latina cludere, chiudere. 1167. Clava. — Q
quale, d’accordo con lei, assassinò Agamennone, quando questi ritornò dalla guerra, e si rese padrone de’suoi stati, usurpand
devano ch’egli avesse esistito prima della creazione del mondo, e che dalla sua bocca fosse uscito il primo uovo, che dette p
i e dei festini. Veniva rappresentato sotto le sembianze d’un giovine dalla faccia arrossita per l’ubbriachezza, e col capo c
ndo la tradizione favolosa questa pianta nacque dal sangue che grondò dalla testa di Medusa, allorchè Perseo nascose quella t
di essi il furore della dea stessa V. Bali. Gli Ateniesi ereditarono dalla Tracia il culto di questa turpe divinità. La cron
ato ucciso da suo figlio Altmeno. Questo giovane principe, spaventato dalla sventura che minacciava suo padre, prima di esili
sventura che minacciava suo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle sue sorelle, che Mer
rad. di A. Caro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nella Caria, dove era adorat
1296. Criaforo. — Figlio di Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla quale ebbe Gerione. V. Calliroe. 1297. Criforo o
Pelopenneso sul monte Torace, chiamato da allora in poi monte Cuculo dalla parola greca Χδων, che significa terra e dall’alt
le per altro egli era ben lungi d’aver perduto. Apollo sdegnato, fece dalla Pitonessa rispondere che non sarebbe trascorso mo
nfa delle montagne di Delfo, la quale, al dire di Pausania, fu scelta dalla dea Tello per presiedere agli oracoli, che la med
a quelle divinità, il culto delle quali era stabilito e riconosciuto dalla legge. Dei particolari. Sotto questa denomi
o di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome
ttavano un forte grido e fuggivano, come colpite da terrore. Attratto dalla curiosità, si avvicinò egli stesso, e colpitto da
e minacciando il re per la sua incredulità. Tarquinio allora colpito dalla perseveranza della sibilla, fece interrogare gli
Gli Assiri a doravano una divinità sotto la figura di una donna, che dalla cintura in giù aveva il corpo di pesce. Essi avev
irsi dell’anello se non che aperto e vuoto. Non è permesso portar via dalla casa del sacerdote di Giove, il fuoco sacro ; è n
una delle figlie di Giove e di Temi. Essa presiedeva alla giustizia, dalla parola Διϰς che significa appunto giustizia punit
i chiamavano la costellazione di Arianna che Teseo avea seco condotta dalla isola di Creta, ove sorgeva una montagna per nome
o, che ella amò teneramente. Pigmalione, fratello di Didone, accecato dalla passione dell’oro uccise il cognato per impadroni
vi che stavano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci, e dalla sua più giovane sorella, a nome Anna, parti coi t
cominciò ad edificare la citià di Cartagine. Iarba intanto soggiogato dalla bellezza di lei, la chiese in isposa ; ma essa re
’offerta in memoria dell’ucciso consorte, e vedendo che Iarba, offeso dalla inattesa ripulsa, marciava contro la nascente Car
— Detto anche Dioniso : con questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla città di Nisa, ove era stato allevato, e dove ave
di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gli animali, e dalla quale si credeva che la dea Angeronia avesse libe
o per tutta la Grecia. Quanto ella favola delle colombe, essa avviene dalla parola Greca Πελεια, che significa colomba. 1488.
gli dei, all’ombra di un gran platano, che sorgeva a qualche distanza dalla riva, uscì di sotto l’altare preparato pel sacrif
ri del culto idolatra presso i Galli Celtici. Questo nome veniva loro dalla parola Deru, che in lingua celtica vuol dire quer
ue frange la nuca, Cosi malconci entrambi il fier Tidide Precipitolli dalla biga… Omero — Iliade — Libro V trad. di V. Monti
a vera nascita. Edipo per disperazione si acciecò, e fuggi per sempre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandar
i amavano così teneramente ed erano così felici, che, resi orgogliosi dalla loro stessa felicità, osarono dire che si amavano
presiedevano alle acque e che più comunemente venivano dette Idriadi, dalla parola greca Υδρδς, che significa acqua. 1570. Ef
figlio di Etra, avea toccato l’età dell’adolescenza ed avea ricevuta dalla principessa Trezenia la spada del padre, onde Ege
lle vele nere le bianche, siccome avevano promesso ad Egeo, il quale, dalla riva vedendo il fatale colore, si precipitò nel m
scili nel loro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore di questo servig
lo spirito legislatore umanato sotto la figura di un re della terra, dalla poetica ed iperbolica favella delle primitive mit
re dei numi e che egli aveva chiamata col nome particolare di Egida, dalla parola greca άηξ άηγδς che significa Capra. 1583.
ηξ άηγδς che significa Capra. 1583. Egide. — Mostro spaventevole nato dalla Terra, il quale vomitava fuoco e fiamme, e fumo d
vernati da una lunga serie di re, dei quali solo pochi sono ricordati dalla tradizione mitologica, si attennero a reggimento
e inimicizia gli Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacciati dalla loro isola, e vedendosi costretti a cercare altro
, nacque da questo involontario incesto Egisto, il quale, abbandonato dalla madre in un bosco, fu allattato da una capra, e p
si chiamò pure una giovanetta Spartana che, secondo la tradizione, fu dalla sorte destinata ad esser vittima espiatoria in un
traprendere il suo viaggio per le Indie, liberò i popoli della Beozia dalla schiavitù, e fece in memoria di ciò fabbricare un
rito, e mandò ad Eliopoli un plico suggellato, nel quale però, spinto dalla sua miscredenza, egli non scrisse nessuna domanda
riete dal vello d’oro, e traversare lo stretto che divideva la Troade dalla Tracia e fuggire in Colco. Allorchè ella si vide
uno dei compagni di Ulisse che, insieme agli altri seguaci di lui, fu dalla maga Circe, cangiato in majale. Avendo riacquista
ificò il tempio di Bacco, noto sotto la strana denominazione di Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle sue cronache, e con l
ad immergere il suo braccio nella gola dell’animale, liberandolo così dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in
inità, il cui nome primitivo era Malpadia, e che poi fu detta Emitea, dalla parola Greca Ἐμιδεα Semidea, secondo che suona il
ale e costante nella generalità dei cronisti ; eguaglianza che emerge dalla etimotogia stessa dei nomi. In fatti, la parola E
ando nella Campania si recò a Cuma nel tempio dedicato ad Apollo, ove dalla bocca della celebre Sibilla Cumana, s’ebbe la riv
nde visitare l’ombra di suo padre Anchise, morto a Drepano. Ritornato dalla regione delle ombre, andò nel Lazio, ove Latino,
i però stanco delle cure del regno, e reso impotente al grave ufficio dalla vecchiezza, abbandonò il reggimento dei suoi stat
la Tessaglia. La tradizione racconta ch’egli fu passionatamente amato dalla ninfa Tiro, della quale era nello stesso tempo in
guastarono interamente le loro campagne, a cagione delle fosse fatte dalla corrente, per modo che le loro terre divennero af
a ritrovare Enone sul monte Ida, ma questa per vendicarsi lo scacciò dalla sua presenza. Però essendone perdutamente innammo
vinazione che si faceva per mezzo di uno specchio ; ed era così detta dalla parola greca ευοπιρου ; che significa appunto spe
o l’animale una grossa pietra, ed allora i figli d’Ipocoonte uscirono dalla casa e senza ascoltar ragione accopparono di bast
io — Metamorfosi — Lib. I. trad. di Dell’anguillara. Giunone, spinta dalla gelosia, ordinò ai Cureti di rapire quel frutto d
ella significazione di benefico, avendo questo dio liberata l’Arcadia dalla peste. Forse per la stessa ragione, aveva Apollo
Epiponsia. — Soprannome data a Venere per indicare che essa era nata dalla spuma del mare. 1743. Episcafie. — Dalla parola g
aordinarie fatiche, che il geloso odio della dea gli avea imposto fin dalla culla. Malgrado la formale asserzione di Erodoto,
ioni completamente differenti. La etimologia che fa derivare Eraclide dalla parola racal, che significa errante, colono, merc
co codesta ampia suddivisione di un sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tendenza viziosa di ridurre alle proporzioni uman
se e si decise a seguire il cammino della Virtù ». Un giorno tornando dalla caccia Ercole si incontrò con gli araldi che Ergi
gloriosa spedizione contro Ergino, Ercole, continuamente perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera di lei colpito d
di Apollodoro, in questa città che egli ricevette per la prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispos
uscire dai flutti un toro di una bellezza sorprendente. Minos colpito dalla straordinaria bellezza dell’animale, lo mandò nei
di, i quali erano custoditi da un terribile drago che vomitava fiamme dalla bocca. Ercole combattè il mostro e l’uccise. Fina
te egli lottò col gigante Anico, e similmenie lo uccise, sollevandolo dalla terra, e togliendogli così lo strano privilegio c
, è di essere un gran bevitore, per il che lo si vede uscir vincitore dalla lotta contro Lepreo, famoso nelle sfide bacchiche
ori, Megara era già morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi figli dalla mano stessa di Ercole. Poco tempo dopo il suo rit
ne. L’oracolo novellamente interrogato, rispose che Ercole guarirebbe dalla sua malattia, allorchè sarebbe venduto come uno s
ntro i Tesprodi ; avendo presa Efira di cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di questo principe a nome Antigone, e seco
ofocle differisce molto da questa : Ercole da quindici mesi è lontano dalla città di Trachina senza che Dejanira conosca il l
ggiorno. L’eroe serviva allora la regina Onfale, e parte direttamente dalla Lidia per assediare la città di O calia di cui si
a che il tosco Senti della fatal veste di Nesso, Svelse nel suo furor dalla radice I tessalici abeti, e nell’Eubeo Lica scagl
o per nome Morsimio. Mentre il rogo bruciava, il fiume Diraso scaturì dalla terra per portare qualche refrigerio alle soffere
oro Boario. Il suo famoso altare detto Ara Maxima, istituito da prima dalla famiglia dei Politioni, fu in seguito servito dag
a, ce lo rappresentano appena poppante che strangola i draghi mandati dalla gelosia di Giunone a farlo morire. Le sue membra
gola e in tutte le vene. Erisittone svegliatosi sentendosi a divorare dalla fame cominciò dal mangiare avidamente tutto ciò c
rea — In Eritra, città della Beozia, visse questa sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nome di Eritrea dal suo paese
tte città scoprirono la statua, posero in opera tutt’i mezzi ciascuno dalla sua parte per tirarla alla propria spiaggia, ma n
dre e della madre. Ancor giovanetto, bagnandosi nella fonte custodita dalla ninfa Salmatide, questa, vedendolo così bello se
esta di sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva dalla sua tunica senatoria e perchè aveva nella mano de
un’altra Ermione che fu figlia della famosa Elena e di Menelao. Fino dalla sua infanzia Ermione fu promessa in moglie ad Ore
Leandro, abitante della città di Abido, posta sulla spiaggia del mare dalla parte dell’Asia. Essendo da imperiose ragioni obb
re una donna. La maggioranza di questi scrittori trae il nome di eroe dalla parola greca Ἐρως che significa amore. Le anime d
e dai Romani : era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di lei, la prescelse come sua sposa e n’
po aver richiamati alla vita Ippolito e Glauco, fu egli stesso ucciso dalla folgore che Giove gli lanciò temendo che il progr
alla vista del suo popolo un serpente di bronzo la cui vista guariva dalla peste. Più tardi, nell’infanzia del cristianesimo
29. Eslchia. — Nella città di Clazomene si dava questa denominazione, dalla parola greca Ἠονπα che significa silenzio, alle s
esso, a patto però che gli avrebbe restituito il tutto al suo ritorno dalla Colchide. Compiuta la gloriosa spedizione degli A
erni. La tradizione narra che Giasone, divenuto adulto al suo ritorno dalla conquista del Vello d’oro, trovando suo padre vec
morto in seguito di ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, che sua moglie pazza di dolore, si foss
ire di Esiodo, le Esperid i furono, senza carnale commercio, generate dalla Notte, a somiglianza delle Gorgoni, delle Parche,
a di fresco tosata di una pecora lattante ; il tutto volgendo il viso dalla parte ove nasce il sole, e finalmente offerendo t
lo. Polinice allora, deluso nelle sue mire ambiziose, e punto al vivo dalla mala fede fraterna, ricorse al suo suocero Adrast
Secondo il citato scrittore, l’etere, nacque col giorno, dall’Erebo e dalla Notte, figliuoli del Caos. 1852. Eternità — I Rom
esta. 1857. Etolo — Così ebbe nome il terzo figlio che Endimione ebbe dalla ninfa Naide. Divenuto adulto, Etolo si ritirò pre
rreva il decimo anno del famoso assedio, allorchè Ettore, inorgoglito dalla fortuna che arrideva propizia alle armi trojane,
compassione allo spettacolo miserando, preservò il cadavere di Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la su
i questo Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel ser
fiume Alex o Alice, (che divideva le due città di Locri e di Reggio), dalla parte della città di Locri mentre restavano mute
quale fu la prima a riconoscerlo quando egli ritorno un giorno ferito dalla caccia al cignale. Omero ripete che Laerte, padre
r suo. Euridice fu anche il nome di una figliuola, che Endimione ebbe dalla ninfa Asterodia. 1901. Eurimedonte. — La favola d
Eurinome veniva rappresentata sotto le sembianze di uua giovane, che dalla cintura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nell
cinquanta ninfe Nereidi. 1917. Evan. — Soprannome di Bacco a lui dato dalla parola Evan, che le Baccanti ripetevano nella cel
. di A. Caro. Dopo la morte, Evandro fu innalzato agli onori divini, dalla gratitudine dei popoli ch’egli avea beneficati. V
rnati di queste foglie. 1930. Fagutale. — Soprannome di Giove Dodoneo dalla parola fagus, che significa, colui che abita nel
l faggio. I responsi dell’oracolo che Giove aveva in Dodona, uscivano dalla cavità di un’albero di faggio, e secondo altri da
ama dimorava su di un’alta torre, posta ad eguale distanza dal cielo, dalla terra, e dal mare. La Fama s’ha quest’alto luogo
personificavano ed adoravano, supplicandoli a rimaner sempre lontani dalla propria patria. La Fame veniva raffigurata sotto
urante la preghiera cadevano in una specie di entusiasmo, e inspirate dalla divinità alla quale si erano consacrate, facevano
ezza, e senza pretender nulla in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro ripieno di un
li antichi, che è cosiata più sangue. 1950. Fatidica — Ossia indovina dalla parola latina fatum che significa destino, si dav
zione. Era sempre accompagnato dall’invidia, dal fasto, dagli onori e dalla voluttà come madre dei delitti. Veniva raffigurat
o ; e Ulisse in prima Co’ bianchi lini e con la bella coltre Sollevar dalla nave, e seppellito Nel sonno, siccom’era, in su l
acevano durante il mese di febbraio delle espiazioni chiamate Febbrua dalla parola latina che significa purificazione. 1968.
a novella sposa, la quale restò appena ebbe visto Ippolito, ammaliata dalla non comune bellezza del giovane. A poco a poco cr
goneo. — Soprannome particolare del Giove di Dodona, che a lui veniva dalla credenza che avevano i pagani che egli abitasse n
temendo di cedere alla funesta tentazione, si esilio volontariamente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, del
Fenice fece ritorno in patria, ma sorpreso nel traversare la Tracia, dalla morte, fu sepolto nella città di Eone. Fenice è f
o due sole Grazie, fra le dee che essi adoravano, una chiamata Fenna, dalla parola greca δαωεω che significa, risplendente ;
Aveva il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città di Feronia, dalla quale prese il suo nome particolare. Credevano i
ua audacia, imperocchè i cavalli riconoscendo di non essere governati dalla solita mano che li guidava, si sviarono dal loro
n tratto spinto, Sembra quando dal ciel cade una stella. …………… Lontan dalla sua patria il Po l’accoglie. E lava lui con l’inf
ritorno in patria dall’assedio di Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane regina, la quale finì per innammorarsi pa
ò, come dicemmo, Pandione acconsenti con molta repugnanza a staccarsi dalla sua figliuola carissima, quasi il suo animo pater
lomena di seguire Tereo. Ma, durante il tragitto, questi, affascinato dalla sovrumana bellezza di Filomena, concepì l’infame
a di Craugaso così chiamata, aggiungendo che ella fosse stata colpita dalla stessa sventura che colpì nel fiore degli anni la
un delitto. Però al dire del citato scrittore, il dio Marte preservò dalla morte i figli dell’amor suo. 2020. Filottete. — F
anima viva il luogo ove riposavano le sue ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte di Ercole, i greci i quali avean saputo dal
Or tu la voce D’ Ercole ascolli e ne contempli il volto. Vengo per te dalla celeste sede, Di Giove il senno ad annunziarti, e
proposito della sua famosa ferita ripete che questa non fu cagionata dalla freccia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpe
a ferita ripete che questa non fu cagionata dalla freccia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpente. 2021. Fineo. — Re di
umi conosciuti nel mondo antico erano stati personificati e deificati dalla religione pagana, la quale come abbiam visto e co
tti e talvolta anche come donne. È questa però un’ opinione respinta’ dalla gran maggioranza degli scrittori della favola, e
erano tre ed ognuno di essi prendeva la sua denominazione individuale dalla divinità a cui era consacrato : così il flamine d
le assai in uso presso i pagani, i quali generalmente lo fabbricavano dalla gamba di un asino, quando se ne servivano nei pub
mpio di Apollo in Delfo. Essi furono distrutti da continui terremoti, dalla peste, e finalmente dal fuoco del cielo che piovv
ica rivestita del suo poetico ammanto, ci rivela che Zeffiro attratto dalla risplendente bellezza di Flora se ne fosse perdut
un attestato innegabile dell’ essere il culto della dea Flora passato dalla Grecia in Italia. Una somiglianza di nome fece na
giù venia. Piantossi Delle navi al cospetto : indi uno strale Liberò dalla corda, ed un ronzio Terribile mandò l’ arco d’ ar
quale ripete che dalle acque del diluvio di Deucalione e propriamente dalla fermentazione del fango che quelle lasciarono sul
essendo stato Cielo, padre di Saturno, liberato da Giove, suo nipote, dalla prigione ove Saturno lo aveva rinchiuso per impad
glia del’a superstizione e della ignoranza, fomentata presso i pagani dalla impostura dei loro sacerdoti, era comune alla Gre
llodoro asserisce esser nate le furie nel mare, dal sangue che grondò dalla ferita che Saturno fece a Cielo, suo padre. Al di
urno fece a Cielo, suo padre. Al dire di Sofocle esse furono generate dalla Terra e dall’Erebo Possanza v’ banno Le terribil
nchè quello che ebbe a soffrire Ifide per la Furia suscitatale contro dalla vendetta di Giunone ; come riferisce Ovidio, e fi
suo matricidio. Non è strano che divinità cotanto terribili venissero dalla pagana superstizione, onorate con un culto partic
ed uno staffile anche di serpenti nella altra e seguite dal Terrore, dalla Rabbia e dalla Morte. Senz’ ali Son queste, e ne
e anche di serpenti nella altra e seguite dal Terrore, dalla Rabbia e dalla Morte. Senz’ ali Son queste, e negre, e abbomina
o. La tradizione mitologica parlando del castigo inflitto a Galantide dalla sdegnata regina delle dee, allude ad un errore re
senza nome, Mentre il Ciclopo rio scorre la costa Dall’ira spinto e dalla pena acerba, Ver dove io mi glacea molto discosta
a bellezza. Narra la cronaca mitologica, che Giove perdutamente preso dalla bellezza di questo giovanetto, si fosse cangiato
tanti non avevano più di un cubo di altezza e che fossero discacciati dalla loro patria da una immensa quantità di grù. Al di
el potere che aveva usurpato, Pelia perseguitò il piccolo Giasone fin dalla culla, cercando tutti i mezzi di farlo morire. Ma
dalla culla, cercando tutti i mezzi di farlo morire. Ma Esone, spinto dalla forza dell’amore paterno, per sottrarre il figlio
i era stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti anni, e sospinto dalla sua indole avventurosa ed ardita, e mal sofferend
del giovanetto. Giasone seguì alla lettera quanto gli veniva imposto dalla volontà degli dei, e lo stesso giorno si mise in
elia, tanto più che questi gli promise formalmente che al suo ritorno dalla gloriosa spedizione della Colchide, lo avrebbe pu
di tuono dall’eterno empiro Fausta rispose ai caldi preghi e santi. E dalla nube romorosa usciro Lucidissimi raggi folgoranti
ed orrendo drago, e da due tori furiosi che vomitavano flamme e fumo dalla bocca. Le tradizioni mitologiche aggiungono, a qu
tempio di Ecate, la quale entrambi erano andali ad impiorare, colpita dalla bellezza di Giasone, e attratta da un sentimento
a inseparabile Medea, avvinta ora indissolubilmente a lui dall’amore. dalla colpa, e dal delitto, imperocchè ella acciecata d
lui dall’amore. dalla colpa, e dal delitto, imperocchè ella acciecata dalla funesta passione inspiratale dall’eroe greco, fug
, all’ombra di quella nave già tirata a secco, una grossa trave cadde dalla tolda del vascello e fraccassò il cranio del dorm
vano per rendere un’idea ; così per esempio, per allontanare la folla dalla casa di un ministro o di un pubblico funzionario,
ne resero famosa la vita. Esiodo li fa nascere dal sangue che grondò dalla ferita di Urano ; mentre Apollodoro, Ovidio ed al
attuto al suo fianco. Giove seguì il salutare consiglio che le veniva dalla dea della saggezza, ed in fatti, aiutato nella di
rò senza internarci in ragionamenti che ci allontanerebbero di troppo dalla nostra meta, diremo che tutto ciò che si racconta
non erano che tre impetuosi venti, e dà il nome di Gige al maggiore, dalla parola greca γογαιος che significa oscuro ; perch
a i propri figli, perchè un’antica predizione a lui fatta dal Cielo e dalla Terra, gli aveva annunziato ch’ egli sarebbe detr
iarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Latona di Apollo e Diana ; dalla propria moglie Giunone ebbe Vulcano, Marte ed alt
lminante, Espiatore e moltissimi altri che sebbene non molto ripetuti dalla grande generalità degli scrittori, e cronisti del
vita. Per altro i mitologi asseriscono che Giunone, sebbene divorata dalla gelosia, avesse più d’una volta contracambiato i
o nelle cronache, che Giunone divenne madre di Tifone, facendo uscire dalla terra una specie di miasmo che ella ricevette nel
nza d’una vacca. Secondo riferisce Varrone, il nome di Giunone deriva dalla parola latina juvare, a simiglianza della etimolo
hità i quali asseriscono che in Roma la dea chiamata Temi era diversa dalla giustizia. Scrive Anlo Gellio che la giustizia v
mpiuta la predizione ; cosa che fu confermata nell’opinione generale, dalla tempesta, che segui nella notte di quel giorno, d
che presiedeva alla prima parte del giorno, vale a dire nell’inverno, dalla levata del sole fino alle 3 del pomeriggio ; ed i
Hobal veniva raffigurato sotto le sembianze di un vecchio venerando, dalla lunga barba d’argento. Le cronache arabe ripetono
e di tutto per persuadere il genero a restar seco, onde non separarsi dalla figlia carissima ; ma Ulisse fu irremovibile nel
fosse affezionata, Penelope si copri il volto col velo, e volgendosi dalla parte del marito, non disse parola. Icario allora
sicurato dal vedere i suoi sforzi coronati di successo, e trasportato dalla foga propria dell’età giovanile ed inesperta, Ica
V. Fobetore, Morfeo. 2231. Icnea. — Con questo soprannome, che deriva dalla parola greca ιϰνοω che significa vestiglo, i paga
el fanatico religioso i miti e soavi sensi della paternità. Acciecato dalla superstizione e dalla ignoranza, Idomeneo risolvè
i miti e soavi sensi della paternità. Acciecato dalla superstizione e dalla ignoranza, Idomeneo risolvè d’immolare il proprio
 Ifigenia in Aulide — Tragedia trad. di F. Bellotti Differentemente dalla tradizione mitologica seguita dal tragico greco,
sollevazione nel campo greco, avesse fatto credere che Diana, placata dalla sommessione del padre e della figlia, si sarebbe
matrice di quella intitolata Ifigenia in Aulide. Tolta la principessa dalla altare, su cui in sua vece fu svenata la cerva, e
tempi d’Ifito, la Grecia, lacerata da intestine discordie, e desolata dalla peste, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; o
pinione che la parola Hila significhi legno, e che Ercole discendesse dalla nave insieme a Telamone, e ad altri suoi compagni
uccidesse il fanciullo, e senza aver coscienza dell’inganno usatogli dalla moglie, fece morire il proprio figliuolo Difilo.
iter-imperator e che secondo la cronaca, Tito Quinzio Flamminio portò dalla Macedonia. 2274. Imprecazioni. — In latino dirœ.
ella Laodicea ecc. Senofonte, scrive che Ercole penetrò nello Inferno dalla parte della penisola Achenesiade, vicina ad Eracl
ione. Secondo il citato scrittore, la dea Giunone, non ancora placata dalla morte di Semele, perseguitò Ino, sorella di quell
acabile vendetta di Giunone, non si tenne paga alle sventure sofferte dalla povera Ino, e appena ella giunse in Italia suscit
se non si fosse trovato a passar per di là Ercole, il quale ritornava dalla Spagna. L’eroe sentendo le grida dolorose, volò i
colava un giorno sulle sponde del fiume, Inaco padre di lei, attratto dalla bellezza di quello animale, le mise d’innanzi un
e ad andare errante e raminga per città e per borgate. Incalzata così dalla vindice mano della sua divina persecutrice, Io gi
Io giunse finalmente sulle rive del Nilo, ove oppressa della fatica e dalla stanchezza, si lasciò cadere sulla sabbia e pregò
, dice che traverso la porta maggiore di quel tempio era stata posta, dalla parte interna, una fascia tessuta in lana di colo
. — Dal nome della madre così fu chiamato il figliuolo che Teseo ebbe dalla famosa regina delle Amazzoni. V. l’articolo prece
d’amore, che crebbe al punto che la misera regina ebbra d’amore, fece dalla sua nutrice offrire sè stessa al bellissimo giova
ua richiesta a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippolito nell’ uscire dalla città di Trezene, guidando egli stesso il proprio
po, i sacerdoti sparsero la voce, che Ippolito fosse stato preservato dalla morte per volere degli dei, dai quali fosse stato
lete il comando dell’armata che avea sotto i suoi ordini, e si esiliò dalla città di Naupatto. Suo figlio Alete s’impadroni p
ella loro regina, lunge dall’esser stato ucciso, come esse credevano, dalla propria figliuola, viveva ancora e regnava in Chi
er dimostrare che non c’ è cosa più mirabile dell’arcobaleno, formato dalla ripercussione dei raggi del sole, sulle gocce d’a
e di Apollo, il quale gli concesse il dono d’indovinare. Ismenio, fu dalla madre partorito sulle sponde del fiume Ladone nel
e tanto più abbietta, per quanto audace, imperocchè Issione acciecato dalla divina e risplendente bellezza di Giunone, moglie
are eternamente ; al dire di Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla sua ruota, e fu quando Proserpina fu da Plutone f
eri pescatori. 2351. Iti. — Figliuolo di Tereo e di Progne, fu ucciso dalla propria madre e presentato in orrido banchetto al
354. Itilo. — Figlio di Zeto e di Aedo. Morì ucciso involontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome di Giove, col
ello. Da ciò ne è venuto a queste stelle il nome complessivo di Jadi, dalla parola greca ιαδος che significa pioggia. Altri s
del monte Pelio. Fu in questa città che Giasone, dopo il suo ritorno dalla famosa conquista del vello d’oro, celebrò i giuoc
osa, in un viaggio ch’egli fece a Delfo, durante le feste di Bacco, e dalla quale avrebbe potuto infatti avere un figliuolo.
uo viaggio, lo riconobbe per figliuolo, e gl’ impose il nome di Jone, dalla parola greca εξιοντιμες che racchiude in sè il si
tenda, ove Jone banchettava, avendo bagnato il becco nel vino sparso dalla coppa, cadde come fulminato al suolo, ucciso dal
ha un ricchissimo tempio, ove si vede la sua statua in atto di uscire dalla gola spalancata di un enorme pesce. Questa statua
andese, così vengono chiamati tre vigorosi pescatori che, provenienti dalla Spagna, si resero celebri nell’Irlanda, fino al p
Nella Cina è questo il nome della dea, che si crede guarisca le donne dalla sterilità. Viene rappresentata con un bambino fra
deva e della bellissima Devakì. Entrambi i suoi genitori discendevano dalla stirpe degl’ Indù. Narrano le cronache che Kansa
restand o piena fede al sogno, ordinò che dell’ oro che si era cavato dalla colonna nel puntarla, venisse fusa una piccola gi
bevevano ad un fiasco particolare, c..e ognuno di essi portava con sè dalla propria dimora. Le Lacenoforie erano feste istitu
no fosse introdotto nella loro predestinata città, Laocoonte, colpito dalla enorme grandezza di quella macchina e paventando
dinario venne a constatare maggiormente esser stato Laocoonte colpito dalla vendetta dei numi. Mentre egli offeriva un sacrif
crifizio nel tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dalla vicina isola di Tenedo si videro strisciare sulla
cortosi della verità del fatto, fece togliere la statua di Protesilao dalla camera della figlia e la fece mascondere, onde La
so le visceri, e morì fra i più atroci tormenti nel dodicesimo giorno dalla morte di Laodamia. 2430. Laodice. — Secondo alcun
quale da alcuni parenti di Ariarate, era stato sottratto furtivamente dalla reggia. Laodice, da ultimo, fu una figliuola di A
o morti nelle case ; cosa che dette motivo a quelle menti ottenebrate dalla superstizione di ritenere per fermo che le anime
nto dei proprî Lari, gli avesse in un momento di furore fatti gettare dalla finestra. Oltre ai Lari custodi della famiglia e
d. di A. Caro : Narra la cronaca mitologica, che Latino avesse avuto dalla regina Amata, un figliuolo che gli fu rapito da a
prole di Giove ebbe veduta la luce del giorno, Giunone spinta sempre dalla sua gelosia, istrutta dell’inatteso ricovero che
ove la cronaca narra che oppressa un giorno, dagli ardori del sole e dalla stanchezza, sedutasi in riva ad uno stagno, ove a
nella contea di Borgogna, dove con l’andare degl’anni, togliendo il t dalla parola latina Latona, si è data forse origine all
ove questo metteva foce nel Tevere. Un’antica tradizione, avvalorata dalla testimonianza cronologica delle date, aggiunge ch
a il 25 marzo, e fu istituita in memoria del giorno in cui fu portato dalla Frizia in Roma, il culto religioso di Cibele, mad
a tradizione ripete, a proposito del nome di questo paese, che deriva dalla parola latina latere, nascondersi, essendosi Satu
alla città di Bereniee. Fu questa forse la ragione che fece ritenere dalla superstione pagana, che il fiume Lete sca turiva
evol vernata una pestilente state, per ogni sorta di animali ; ovvero dalla stemperanza dell’ aria, per la subita mutazioue i
entasse, lo avesse immediatamente preso fra le sue braccia, levandolo dalla terra, senza di che il bambino passava per illegi
ndati da Aiace stesso, ma ferito mortalmente nel petto, dovè ritrarsi dalla batglia ; e siccome qualche tempo dopo, la ferita
i odorifere ; ma quando Crebbe la figlia, come vincea tutte La madre, dalla figlia era si vinta. Le Achemenie cittadi ebbe in
re il bellissimo corpo della sua amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla quale surse come per incanto, quell’ albero che p
gorico che racchiude in sè codesta favola fisica, viene così spiegato dalla generalità dei naturalisti. L’albero che produce
la gelosia di Clizia, che fu cangiata in girasole, viene raffigurata dalla qualità che i naturalisti assegnano al girasole,
pura. L’uso delle Libazioni fu ereditato dagli ebrei, mentre si vede dalla Bibbia e dagli altri libri sacri della religione
entina. — Dea delle dissolutezze. Il suo nome, viene secondo Varrone, dalla parola libendo da cui poi provennero gli altri du
rendere il dio Libero favorevole alla seminagione, e e di allontanare dalla terra ogni sortilegio. 2499. Liberie. — Altre fes
Pamfiloga e dell’ Oceano. È questa però un’opinione non riconosciuta dalla generalità. 2507. Libri. — Presso i pagani i libr
dine s’aggruppa ; Cosi l’antica età narra che spinto Colui nell’ aere dalla man robusta, Già per la tema esangue, e d’ ogni u
dendosi per le crudeltà di cui si rese col tempo colpevole Licaone, e dalla stessa etimologia del suo nome, che in greco sign
lo e Remo, nutriti da una lupa. 2512. Licea. — Montagna dell’Arcadia, dalla quale venne a Giove il soprannome di Liceo. V. Li
a favola, è fondato sull’ aver Licurgo fatto sbarbicare tutte le viti dalla sua patria ; da ciò Bacco che si precipita in mar
i quel dio. Alla favola a cui si attiene Omero stesso, come si rileva dalla citazione posta di sopra, altri autori aggiungono
un’antica tradizione ripetea che la statua di quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, avvinta da sarmenti di vite. 25
, la quale, ben diversamente dalle sue quarantanove sorelle, lo salvò dalla uccisione che Danao avea ordinato alle sue figliu
conoscere la volontà degli dei. Il vocabolo Litomanzia prende origine dalla parola greca λιτο che significa : cosa che rende
cere il brio di quelle feste, erano pagati col danaro che si ricavava dalla vendita del legname, tagliato in una porzione di
hili erano come capitanate e presiedute dal Sole ; e quelle femminili dalla Luna. Gli Egiziani sotto la denominazione d’Iside
i dell’antichità, era questo il nome della grotta, ove furono nutriti dalla lupa Romolo e Remo. Lo storico Servio dice, che i
migrazioni delle colonie orientali, alla guerra trojana. Seconda età, dalla prima guerra nazionale, all’ordinamento delle for
, dalle legislazioni greche, alla preponderanza macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione di Corin
uesta supremazia incontrastata, nello incivilimeato del mondo antico, dalla loro relazione, e dall’ordinamento politico, che
proficua esercitando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del c
itando un’azione meno diretta ed immediata. L’arte nata dalla verità, dalla contemplazione delle bellezze del creato, deve te
ittà della Marca d’Ancona nell’ anno 1237. Narrasi che essendosi dato dalla prima gioventù. con eguale successo agli studi se
. Essa traeva il suo nome da una piccola città del Poitou, poco lungi dalla quale, sorgeva il castello di Lusignan. I cronist
3 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ecchi si sono avvisati, che racchiudessero istoriche verità sfigurate dalla bizzarria di una immaginazione amica della menzog
schiuma del mare produsse Venere detta altresì Afrodite, perchè nata dalla spuma. Saturno. Titano, perchè il primogenit
er fare la guerra a Giove. Fu vinto anche questa volta, e sopraffatto dalla disperazione ritirossi nella Sicilia, ove morì di
tempo, ed era naturale, che i poeti lo facessero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suoi attributi indicano le sue funzioni,
ivinità di prim’ordine ; come altresì Vesta l’antica per distinguerla dalla figlia del nome medesimo : tal nome ebbe anche Ti
che difendeva questo Dio, era l’Egida, vale a dire uno scudo formato dalla pelle della Capra Amaltea, che aveva nutrito Giov
egreto a Flora, le fu da questa indicato un fiore, che appena toccato dalla Dea la fece diventar madre di Marte. La sempre be
one, perchè i suoi annunzj erano sempre lieti, e perciò fu convertita dalla Dea in Arco celeste. Giunone è rappresentata ricc
he a Proserpina era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di Plutone : e dalla Ninfa Aretusa, le c
lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di Plutone : e dalla Ninfa Aretusa, le cui acque scorrevano fino a Sti
che inseguiva da per ogni dove la sventurata Latona. Un giorno stanca dalla fatica, e sommamente assetata fermossi presso uno
dal fondo del mare l’isola di Delo, non inclusa nel giuramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Latona, e sotto una pianta
erseguitato Latona. Questo mostro aveva cento teste : lanciava fiamme dalla bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. I
cili all’insolita voce, e mal diretti dall’inesperta mano si scostano dalla via ordinaria, e slanciandosi troppo verso il Cie
iù conosciuti erano Bronte, Sterope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla sua fucina una quantità di capi d’opera, che form
ed il braccio armato dell’Egida, ch’era per l’appunto uno scudo fatto dalla pelle di un mostro chiamato Egi, che Minerva avev
dusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egida era fatta dalla pelle della capra Amaltea da Giove a lei donata.
he tutte le ombre erano giudicate al loro arrivo all’Inferno. Discese dalla barca di Caronte, all’istante erano condotte inna
gliuolo di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, dalla quale ebbe Nereo, e Dori che si maritarono insiem
rebbe un giorno superato la gloria di suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia nacque Achille il più celebre fra gli
ola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamante re di Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso, ed Helle fi
gni del zodiaco. Questa fuga afflisse molto Atamante, che trasportato dalla rabbia volle ammazzare Ino col suo figliuolo Meli
dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re di Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Calai effigiati cogli omeri co
sommità delle rocce, occupandosi di dar la morte ai naviganti tirati dalla dolcezza del loro canto. Tanto loro aveva promess
te, le Sirene si precipitarono nel mare, ove furono cangiate in pesci dalla sola cintura in giù. Le Arpie. Malgrado che l
dell’Inferno. Le Parche. Tre erano le Parche nate dall’Erebo, e dalla Notte. Abitavano nel Tartaro per dinotare l’oscur
i : ma stanca, ed annojata dai delitti che si commettevano, involossi dalla terra, e volle ritornare al Cielo, ove fu situata
frosine. Erano contente delle semplici attrattive che avevano sortite dalla natura. Vengono rappresentate ignude, dandosi fra
vo. Questa Dea si ricovera nel Cielo, allorchè la guerra la discaccia dalla terra. Dalle volte del Ciel aureo lucenti Discen
a, ma sopraffatto dalle disgrazie si ritirò nell’Illiria perseguitato dalla gelosia di Giunone, e finalmente dagli Dei fu can
nchiuse Acrisio la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di vedere questa giovane, si trasformò
er questa giovane nel tempio di Minerva. Poichè Perseo fu allontanato dalla reggia da Polidette, i Dei ebbero cura della sua
i lione, il corpo di capra, la coda di serpente, e che gittava fiamme dalla gola. L’intrepido figliuolo di Glauco alla vista
Egèo re di Atene furono i genitori di Teseo. Volendo questo Eroe fin dalla fanciullezza imitare il valore di Ercole, e ritro
Amazoni, donne sommamente guerriere, e sposò la loro regina Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Fu Teseo uno degli Argonau
ori, che vivendo aveva meritati. Castore, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa di Tindaro re di Sparta, v
dosi un giorno sul vascello Argo che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta di una trave che si era staccata. Ercol
pio dell’amor conjugale, arrivò Ercole alla corte di Admeto. Commosso dalla sposizione del fatto non volle, che un’azione sì
ia esistenza, si cavò anche gli occhi. Giocasta spaventata egualmente dalla sua posizione, si diede da se stessa la morte.
marsi : ma sapendo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dalla corte di suo cognato, e si nascose. La sola Erifi
e. Questo principe era fornito di un feroce coraggio, ma accompagnato dalla prudenza. Sprezzava il fulmine di Giove, che cred
una concubina di Pelope chiamata Astiochea ; perlochè furono cacciati dalla Corte di Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggir
l’incestuoso commercio, si contentò da prima di cacciare il fratello dalla sua corte : ma non credendosi vendicato abbastanz
a spada, e la conservò. Nacque Egisto da questa violenza, che esposto dalla madre fu allevato da’ pastori. Atrèo, seguita la
gamennone, e Menelao detti gli Atridi perchè figli di Atrèo, cacciati dalla patria dopo la morte del padre, si ritirarono pre
one nel proprio palazzo in una festa, nel giorno medesimo che ritornò dalla guerra. Oreste, e Pilade. Clitennestra veduta
a la più bella tra le donne di que’ tempi : se ne invaghi, e favorito dalla Dea degli amori ebbe la fortuna di piacerle. Egli
si al tempio di Pallade, per pregare la Dea, che allontanasse Diomede dalla mischia. Andromaca sua sposa per sottrarlo al per
uei che aspiravano alla mano di sua madre : ordina che siano cacciati dalla reggia, scongiurando i suoi sudditi di ajutarlo a
mbio del gentile accoglimento espone la cagione, ond’era stato spinto dalla tempesta negli stati di Alcinoo : soggiunge, che
avesse perduta la ragione, e lo lasciarono così. Trattavasi di uscire dalla grotta : anche a questo pensò l’astuto Ulisse. Im
le ombre de’ morti, e consultare l’anima di Tiresia Tebano. Istruito dalla maga seppe evitare evitare gl’inganni delle Siren
Enea imprese a dire, di anni dieci di assedio, che li teneva lontani dalla patria, escogitarono uno stratagemma per sorprend
appartamenti che gli aveva assegnati la regina. Rapita intanto Didone dalla virtù di Enea, confessa la sua inclinazione ad An
a mente colle donne per impedirla : muore l’infelice Didone, trafitta dalla disperazione, e dal dolore. Enea intanto sopraffa
dopo avere adempiuto alle funebri cerimonie. Stanche le donne Trojane dalla navigazione, e temendo d’incontrare nuovi pericol
osi i due amanti accoppiare con i nodi d’imeneo, pensarono di fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lontano. Fermi n
urando Anassarte il tragico fine dell’amante, volle vederne l’esequie dalla sua finestra. Ma gli Dei punirono tanta insensibi
lle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua sorella dalla prigione : indi con un pugnale trapassò suo figli
a, e figlia del Sole, e che lo vide mentre andava in cerca di erbe, e dalla medesima fu cangiato in picchio1. Egeria. Seg
onde fralle Greche città andò superba la nostra Napoli, che favorita dalla natura di un dolce clima, e fertile terreno, form
anto vi ha di grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tratto la sua origine, e contribuiro
t magni funus alumni.   Invitando Partenope a cacciar fuori la testa dalla tomba, ruinata dalla scossa di un gran terremoto
  Invitando Partenope a cacciar fuori la testa dalla tomba, ruinata dalla scossa di un gran terremoto (afflato monte), e co
olume delle sue acque. Malgrado che sia egli decantato in ogni pagina dalla fervida fantasia de’ poeti, la sua picciolezza è
to tempio ancor oggi si veggono accanto all’arco Felice poco discosto dalla Palude Acherusia al presente il Fusaro. Sotto div
vel quod ut leo inter animalia, ita sol sidera excellit . Conservasi dalla nobilissima casa Borghese in Roma una lapida col
ell’Egitto. Crede Varrone che questa voce abbia tratta la sua origine dalla cassa, o tumulo detto σορος in cui fu riposto dop
ero un segno della pioggia. Era questo Dio tutelare adorato in Napoli dalla gente di mare, e nel sito da noi enunciato è prob
i oggi questa statua dal volgo falsamente il pesce Nicolò : ingannato dalla storia di un tale Nicola Pesce espertissimo nuota
ari della Patria. Attesta il Pontano, che ritornato Ercole vittorioso dalla Spagna, ed ucciso il famoso ladrone Caco nel Lazi
questa regione abitavano gli Alessandrini, ed Egiziani, come rilevasi dalla statua del Nilo, ivi ancora esistente con iscrizi
del Re nostro Signore. Il di più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla lettura di tanti scrittori, che diffusamente hann
8 inclinati inclinanti 1. Mitologia, cioè discorso sulla favola dalla voce Greca Mythos fabula, e logos discorso : quin
iù Veneri ; la prima figlia del Cielo, e del Giorno ; la seconda nata dalla schiuma del mare ; la terza figlia di Giove, e di
oeti che nulla han curato di esser conseguenti nelle favole inventate dalla fervida loro immaginazione, le hanno confuse. 1.
eppellire gli estinti. Enea prima di scendere all’Inferno fu astretto dalla Sibilia a dover fare gli onori della sepoltura a
nato i malanni, e le disgrazie del genere umano. L’idea forse è presa dalla Genesi, ove si parla della disubbidienza del prim
tù, ed i buoni andamenti di Loth piacquero tanto a Dio, che fu esente dalla pioggia di fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto d
audiano, Lucilio, e altri molti. 1. Classis Abantia, colonia venuta dalla Grecia sopra di una flotta. 2. Volucrem, eioè l
4 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
ndo le principali particolarità che ad essi riguardano, incominciando dalla loro stessa genealogia. Capo I. Della Genealogi
a vendicarsi del padre. Crono o Saturno assunse l’ impresa, e posto dalla madre in agguato, allorchè Urano a lei accostossi
sulla terra, nacquero le Erinni o Furie, i Giganti, e le ninfe Melie; dalla spuma che formossi attorno alle parti recise cadu
a cesta alle tre figlie di Cecrope, Pandroso., Erse ed Aglauro tratta dalla curiosità volle vedere ciò che conteneva, e Miner
dalla curiosità volle vedere ciò che conteneva, e Minerva avvisatane dalla cornacchia in cui era stata prima da essa cangiat
origine. Oltrecciò egli ebbe da Venere Antero ed Ermione, o Armonia; dalla ninfa stonide ebbe Tereo; da Ilia, o Rea Silvia e
ornata o Dea del giorno, che ebbe un tempio in Elide; la seconda nata dalla spuma del mare, che unita a Mercurio partorì Cupi
ne da Cefalo, a lui donò quel cane, e quel dardo. Ma un dì che stanco dalla caccia sopra alla riva di un fonte egli chiamava
o; ma passò poscia anche in Roma nel modo seguente. I Romani afflitti dalla pestilenza mandarono in Delfo a consultare l’ ora
a Roma, e deposto nell’ Isola del Tevere, dopo aver liberata la città dalla pestilenza, scomparve. Fu quindi creduto che Escu
bra, Pataro, Cirra, e Delfo, ove era il famoso oracolo, che rendevasi dalla sacerdotessa Pitia posta sul tripode coperto dell
e. Narra similmente, che avendo Pireneo invitato le Muse sopraggiunte dalla pioggia a ricoverarsi in sua casa, e quindi tenta
rdo, e secondo altri colla puntura di uno scorpione fatto ivi sorgere dalla terra Omero però fa dire a Calipso che l’ uccides
era il suo tempio in Efeso, che poi fu incendiato da Erostrato, preso dalla mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a
Cinque Mercuri troviamo presso di Cicerone, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio di Valente e di
nelle mani. Dio dell’ eloquenza fu egli pur nominato, e si finse che dalla sua bocca uscissero catene d’ oro, che dolcemente
, perchè indi viene ogni opera, e d’ essa è uopo per vivere; Cibele o dalla città o dal monte Cibelo nella Frigia, ove il suo
re Idea, o Frigia o Pessinunzio da’ monti Dindimo, Berecinto e Ida, e dalla città di Pessinunte nella Frigia, ove specialment
si con pompa da’ Sacerdoti a lavarsi nel fiume Almone, che poco lungi dalla città entra nel Tevere. Le feste megalesi a lei s
i lo dissero figlio di Pico re dei Lazio, e padre dei Fauni, cui ebbe dalla moglie Fauna, o Fauta. Cogliono pure che dalla ni
re dei Fauni, cui ebbe dalla moglie Fauna, o Fauta. Cogliono pure che dalla ninfa Simetide ei generasse Aci, che fu poi amato
i generasse Aci, che fu poi amato da Cutatea, e ucciso da Polifemo; e dalla ninfa Mirica Latino, padre di Lavinia. A lui immo
a si celebravano in Roma ai 28 di Aprile i giuochi Florali, istituiti dalla meretrice Acca Tarunzia o Tarruzia che a quest’ e
di pesce, ritenendo nel volto e nel busto la forma muliebre. Partite dalla Sicilia vennero a stabilirsi nell’ Isola di Capri
esti due ultimi mostri erano amendue nello stretto di Messina. Scilla dalla parte dell’ Italia, e Cariddi dalla parte della S
nello stretto di Messina. Scilla dalla parte dell’ Italia, e Cariddi dalla parte della Sicilia. Capo XVIII. Di Eolo, e de
n profondo letargo, indi escluso per altri sette anni dal consorzio e dalla mensa de’ Numi. Caronte figliuolo dell’ Erebo e d
alla sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare, e dalla quale poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato
gli condusse incatenato il, cane Cerbero nato parimente da Echidna; e dalla velenosa bava che questi lasciò sulla terra, nacq
lor provandosi li superò, ed ambedue li mise a morte. Mentre tornava dalla spedizione contro di Gerione seco guidando le vac
la grotta; indi gettatosi tra il fumo e le fiamme, che vomitava Caco dalla bocca, io soffocò, e le sue vacche ritolse. Evand
quivi in isposa Ebe figlia di Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla quale pur conseguì che Gioluo figlia d’ Ificlo e
i leone, il ventre di capra, e la coda di drago, e che fuoco vomitava dalla bocca. Bellerofonte, ottenuto da Nettuno il caval
non solo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua figlia dalla quale Bellerofonte ebbe Issandro, Ippoloco e Leod
di Corinto, e portatolo, alla regina Merope la quale ne prese cura, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adul
o a cedergli il passo. Di là arrivato a Tebe trovò di paese infestato dalla Sfinge, mostro nato da Tifone e da Echidna, che a
le mura di Tebe, venne fulminato da Giove; Anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito; Ippomedonte e Partenopeo cadde
arte; ove sfavasi custodito da un drago, e da due tori spiranti fuoco dalla bocca e dalle nari. Per questa spedizione Giasone
e figlia di Borea e di Orizia ad istanza; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti. In pena di ciò gli Dei acciecar
ornarono a Ioleo. Fu chi aggiunse che prima di arrivarvi essi vennero dalla tempesta sbattuti ai lidi dell’ Africa; Omero acc
da Fillira figlia dell’ Oceano congiunta a Saturno, il quale sorpreso dalla moglie Rea, per occultarsi, cangiossi in cavallo.
vasi, ed altri ingegnosi istrumenti.), mosso da invidia precipitollo dalla rocca di Minerva, che poi lo cangiò in pernice. R
in Epidauro il ladrone Perifeta figlio di Vulcano, detto pur Cornista dalla clava ond’ era armato; in Eleusi Cercione, che sf
ntro le Amazoni, ebbe da esso Ippolita, o come altri dicono, Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena f
nche Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra; ma questi salvato dalla sorella Elettra, fu allevato segretamente da Stro
. Menelao avendo nella presa di Troia ricuperato Elena, al ritorno fu dalla tempesta portalo in Egitto, e di là dopo lungo te
cuba segretamente il fe poscia educare da’ pastori sul monte Ida. Ivi dalla pastorella Enome ebbe egli Dafni e Ideo; e fatto
o femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Stiro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse
adutagli una di queste sol piede, incominciò egli a mandar tal fatore dalla ferita, che i Greci, i quali seco preso l’ aveano
icin platano divorò otto uccellini nel lido, e poscia anche la madre; dalla qual cosa il sacerdote Calcante presagì, che la g
sarebbe perito. Ciò gli altri ricusando, Protesilao balzò coraggioso dalla sua nave, e fu ucciso da Ettore. Ne’ primi anni s
e a tradimento ucciso da Egisto e da Clitennestra, e Menelao sbattuto dalla tempesta fino in Egitto, già si è eletto più addi
i Pallade, la Dea irritata suscitò contro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per opera di Nettuno sopra l
nte. Idomeneo nel tornarsene a Creta con Merione, sorpreso anch’ egli dalla tempesta, fe voto a Nettuno di sacrificargli il p
poscia in piena pace, e cessato avrebbe di vivere consunto mollemente dalla vecchiezza, ma altri invece han detto, che egli f
dal figlio Telegono avuto da Circe, in occasione che questi sbattuto dalla tempesta in Itaca vi fe qualche guasto, ed essend
va gli Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio, parti seguito dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì
poi stata perciò lapidata dai Traci, fu convertita in cagna. Partendo dalla Tracia, Enea sen venne a Delo, ove consultato l’
a ivi con estremo rammarico perde il padre Anchise. Di là salpando fu dalla tempesta gettalo ai lidi della Libia, ove dice Vi
barca di Caronte, mostra to ad esso il ramo d’ oro; poi addormentato dalla Sibilla il can Cerbero con un’ esca incantala, En
r la guerra con un duello. Questo ad istanza di Giunone fu disturbato dalla ninfa Giuturna sorella di Turno, che mosse Tolunn
ese da lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo
va a bere al vicin fonte, sen fugge lasciando ivi il suo velo. Questo dalla lionessa è lordalo di sangue. Piramo sopraggiunto
on tramutati in serpenti. Parte II. Capo V. Le gocce di sangue cadute dalla testa di Medusa sopra la Libia divengon tanti ser
i in ucelli per fuggir Pireneo. Questi per voler inseguirle precipita dalla loggia e si ammazza. Parte I. Capo X. Le nove fig
in mulacchia. Parte II. Capo IX. Essendo l’ isola di Egina spopolata dalla peste mandata da Giunone, Eaco figlio di Giove e
tiglio. Erisittone per aver tagliato il bosco di Cerere è tormentato dalla fame. Metra sua figlia, col lasciarsi vendere sch
da Bacco mutato in colombe. Parte II. Capo XI. Mentre Tebe è afflitta dalla pestilenzia., l’ oracolo dichiara che non cesserà
otto la figura di serpente e condotto da Epidauro a Roma, e la libera dalla peste. Parte I. Capo X. Ucciso Giulio Cesare in s
quale sacrificavasi. Usavasi pure ne’ sacrifìci l’ incenso maschio, e dalla maniera con cui ardeva da! crepitare, dal fumo, t
augurio quando udivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra di Giove; non così se udivasi al contrario
avano le risposte. 3. L’ oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un t
vati morti. Pausania dice in cambio, che Trofonio fu inghiottito vivo dalla terra apertasi sotto di lui, e che in quella stes
onsultarlo dopo varie preparazioni entrar facevasi in questa caverna, dalla quale uscendo riferiva quanto vi aveva udito e ve
5 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
minagione, perchè quel nume la insegnò agli uomini de’ tempi suoi ; o dalla voce ebraica sathar, nascondersi, perchè Satùrno,
ea (Ρεα, Phea) da un verbo greco (ρεω) che significa scorrere, perchè dalla terra scorrono tutt’i fiumi ; e Vesta (Εστια) da
rano, era riputato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra, sua moglie. De’quali Titàno (Τιταν Titan),
nume fu l’età dell’oro. I poeti nel descrivere l’età che trascorsero dalla creazione dell’uomo in poi, diedero ad esse il no
(1). I compagni del principe che per la campagna il cercavano, furono dalla Maga anche cangiati in orribili forme di fiere. M
scoperte in medicina attribuite a Chiròne e ad Achille. Chiròne ebbe dalla ninfa Cariclo una figlia detta Ociroe (Οκυροη, Oc
intendono il fuoco. Il culto di Vesta o del fuoco eterno fu per Enèa dalla Frigia recato in Italia ; ed i Frigii l’appresero
uso agli uomini, perchè ritrovò il modo di conservare il fuoco tratto dalla selce nella midolla della ferula o canna d’India.
e i Giganti si confondono co’ Titàni, forse perchè procreati entrambi dalla Terra (γηγενεις, terrigenae). L’origine di questa
e di Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i quali, nudriti dalla Terra, di nove anni erano già alti nove cubiti. E
Tifeo fu sepolto sotto l’isola ch’egli chiama Inarime, oggidì Ischia, dalla quale vogliono che un tempo fu distaccata Procida
lche tempo allattato da Giunòne, e che dal poco latte per caso caduto dalla bocca di lui si fosse formata la via lattea. La c
decimo re degli Argivi, ebbe due figliuoli, Acrisio e Preto. Il primo dalla moglie Euridice o Aganippe ebbe una fig. chiamata
primo dalla moglie Euridice o Aganippe ebbe una fig. chiamata Danae, dalla quale Giove procreò il celebre eroe Perseo (Περσε
ti. Stanco ormai Cadmo (2) di più cercare la sorella Europa, ed esule dalla patria per comando dell’ingiusto genitore andò a
in pena dell’ucciso dragone di Marte. Si sa che Cadmo il primo portò dalla Fenicia in Grecia l’uso delle sedici lettere, che
si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutta di bellissímo oro, dalla quale la conservazione dipendea del suo regno. Av
ta che gli Ateniesi furono oppressi da crudele carestia e pestilenza, dalla quale disse l’oracolo non potersi liberare, che d
dice avea un nipote chiamato Talo, o Perdice, secondo altri, il quale dalla madre fu a lui affidato, affinchè lo ammaestrasse
sega. Dedalo ne fu tocco da non lodevole invidia, percui lo precipitò dalla cittadella di Atene, spacciando poscia una casual
agione delle sventure di Dedalo, il quale citato avanti all’Areopago, dalla patria fuggendo, si ricoverò in Creta e chiese la
Castore e Polluce ; ed Elena li chiama suoi germani fratelli, e nati dalla stessa sua madre (1). nulladimeno essi son chiama
strezza nel combattimento del cesto, dice che discendevano da Amico e dalla gente de’ Bebrici. Or questo re tutti coloro che
le Giunone, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’avesse di tuffarsi ne
e’ Mirmidoni, i quali avendo seguito Peleo, fig. di Eaco, che fuggiva dalla patria, si stabilirono nella Tessaglia. Fingono i
estore, pronipote di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato di
rincipali sono Lipari, e Strongoli (στρογγυλος, rotundus), così detta dalla rotondità della sua forma, e che getta fuoco con
1). Dodona fu città dell’Epiro, un dì abitata da’ Caoni, così detta o dalla ninfa Dodona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig
sse andò a Dodona per conoscere la volontà di Giove, che dava oracoli dalla sua altissima quercia ; ed Enea(1), lasciata la f
da tutta la Grecia, ma eziandio dall’Italia, dall’Asia, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed e
Grecia, ma eziandio dall’Italia, dall’Asia, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo s
mitico o ’favoloso, dal diluvio alla prima olimpiade ; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La città di Olimpia e
vasi in esercizii preparatori i. L’ordine de’combattenti era regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in un’urna di argen
, e più volte rifatto ; e l’ultima, da Domiziano, il quale fece venir dalla Grecia quelle colonne di pietra pentelica, che tu
il distinguano, cioè uno sguardo costantemente sereno, co’capelli che dalla fronte gli si sollevano, e poscia ìn varie divisi
(2). Iupiter Dictaeus, da Ditte, monte di Creta, ch’ebbe un tal nome dalla ninfa Ditte, che vi si adorava. In un antro di qu
Creta, ov’era la culla e la tomba di quel nume. Iupiter Lapis, detto dalla pietra che inghiottì Saturno invece del figliuolo
ano i Latini, gli Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto o dalla città di Olimpia, ov’era il famoso suo tempio ; o
erra fra gli uomini ; e lo Scoliaste riferisce che la terra aggravata dalla soverchia moltitudine de’malvagi pregò Giove a so
he quando Saturno fu cacciato da Giove nel tartaro, essa fanciulla fu dalla madre Rea consegnata all’ Oceano ed a Teti, i qua
ella fu liberata da Ercole, e Telamone, fig. di Eaco, che ritornavano dalla spedizione contro le Amazzoni. Il padre avea prom
onsegnò la figliuola al padre per andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli negò la figliuola
e Priamo diede il regno di Troia, e Telamone portò a Salamina Esione, dalla quale ebbe un figliuolo detto Teucro(2). Priamo d
a lingua del Lazio. Peleo adunque, e Telamone, fig. di Eaco, fuggendo dalla patria Egina per avere ucciso il fratello Foco, f
pi. I comandanti nel partir per la guerra sacrificavano alla Fortuna, dalla quale principalmente credevano dipendere gl’incer
tua di Giunone, colle braccia bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed ass
vinetta. X. Principali epiteti di Giunone. Iuno Argiva, detta dalla città di Argo a lei cara, ove in suo onore celebr
pingesi minaccevole nelle sue armi (minitans armis). Altri finalmente dalla memoria derivano il nome di Minerva, quasi Memine
o di quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acchetare col trarre dalla sua parte principalmente le donne. E ciò vuol dir
allo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Prudenza, cioè da Minerva, diretto ; e che però e
ggi e l’agricoltura si attribuiscono ad Iside ; e così Minerva trasse dalla barbarie i popoli dell’Attica, loro dando delle l
arono sul loro teatro il magnifico spettacolo dell’Areopago istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e
i Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa causa. Essi legati dalla religione del giuramento non tradiranno certament
veste donnesca che mettevasi sopra tutte le altre ed era aperta solo dalla parte davanti, ove affibbiavasi con molti fermagl
e, cui presedeva. Flava Minerva, ξανθη, ηυκομος, da’ biondi capelli, dalla bella chioma. Glaucopide, γλαυκωπις Αθηνα, l’occ
ogno a Pericle per guarire un operaio a lui caro caduto da un ponte o dalla sommità di un tempio. Alla civetta attribuivano i
statue di Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’eloquenza, dalla quale se va scompagnata la sapienza cui presiede
di Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenne che Pitone, serpente nato dalla putredine della terra dopo il diluvio di Deucalio
chi funebri detti Pizii che celebravansi ogni quattro anni, non lungi dalla città di Crissa, detta Pito, e poscia Delfo. Omer
i Crissa, detta Pito, e poscia Delfo. Omero(1) dice che Apollo non fu dalla madre allattato, ma che Temi gli diede a bere il
e gigante, creduto figliuolo della Terra, perchè i poeti dicevan nati dalla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; o
artorito ed allevato in una caverna, il fanciullo nascendo parve nato dalla terra. Or Apollo la madre Latona da ogni oltraggi
ro figlio del Sole. Attristossene Fetonte, e tutto lagrimoso fu tosto dalla madre a far doglianze di quell’oltraggio. Climene
ente, tanto che furono convertite in alni o sia ontani, o in pioppi ; dalla corteccia de’ quali alberi grondano delle gocciol
di uscire del doloroso regno. Questa finzione ha potuto avere origine dalla sacra istoria della moglie di Loth, che fu trasfo
dì, morte di morbo e di fame le industriose pecchie del buon Aristeo, dalla valle di Tempe andò egli doloroso al fonte, da cu
ze vi è un’antichissima Niobe co’ figliuoli, forse quella trasportata dalla villa Medicea di Roma, opera d’inestimabile belle
esso e l’infelice profetessa, invitali a lauto banchetto da Egisto e dalla disleale consorte. VIII. Incumbenze di Apollo-
dice, le nove Muse che sono il coro delle arti, esser nate da Giove e dalla veneranda Mnemosine. Il che finsero i poeti, per
 ; e da Seneca fu detto Dirceo. Secondo alcuni fu chiamato Castalio o dalla ninfa Castalia che Apollo trasformò in fontana, o
acoli di Apollo. Tempio di Delfo. Callimaco loda il nostro Apollo dalla moltiplice cognizione delle cose ; e secondo lo S
to della madre ; ed andato a Tebe, insieme co’ cavalli fu inghiottito dalla terra aperta per un gran tremuoto. Alcmeone, memo
ninfa Neera. Ma i compagni di quell’eroe, mentre esso dormiva, vinti dalla fame, ne uccisero alcuni. La quale cosa dispiacqu
on avendo pensato a pregare quel Nume che lo avesse reso libero anche dalla vecchiezza, il povero Titono dovea tollerare i di
re che l’artista abbia formata nna statua puramente ideale, prendendo dalla materia solo quello ch’era necessario per esprime
ea in Claro, città della Ionia, vicino a Colofone(1). Apollo Dafneo, dalla ninfa Dafne ch’egli cangiò in alloro. Con questo
ncipali. XIX. Alcune altre cose di Apollo. M. Fulvio Nobiliore dalla città di Ambracia nell’ Epiro, trasportò a Roma l
da’ Romani con gran pompa per tre giorni al terminare di ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro di gi
la più grande divinità del paganesimo dopo il Sole, percui adoravasi dalla maggior parte degli Orientali col nome di Urania
e che il Fuoco, il Sole e la Luna. E veramente i primi uomini colpiti dalla grandezza e dallo splendore di questi due corpi l
lla Luna. III. Continuazione. Notte. Sonno e Sogni. Dal Caos e dalla Caligine nacque la Notte ; ma, secondo Esiodo, da
la Notte ; ma, secondo Esiodo, dal Caos nacque l’Erebo e la Notte, e dalla Notte, l’Etere ed il Giorno. Da’ Greci Mitologi c
degli Dei ; e reputavasi la più antica Divinità ; percui era adorata dalla più parte de’popoli antichi. Oltre non pochi altr
al vestibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una di corno, dalla quale i veraci, l’altra d’avorio, da cui i falsi
rmità violenti dicevansi percossi da Apollo o dal Sole, come percosse dalla Luna appellavansi le donne colpite da morbi veeme
il vuole così detto, perchè il vino rende libera l’anima dalle cure e dalla tristezza. Cicerone(3) finalmente il vuole chiama
re e dalla tristezza. Cicerone(3) finalmente il vuole chiamato Libero dalla voce liberi, figliuoli, perchè figliuolo di Cerer
abiro, per cui s’istituirono le feste Sabazie ; il quarto, da Giove e dalla Luna, in onore del quale si facevano i sacrificii
iero, cioè Bacco, senza indugio gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Eu
altri strumenti che lor pareva udire. Le misere donzelle per campare dalla vendetta del Nume, che mostrasi presente per l’im
to della vite, fu molto amichevolmente in casa sua accolto da Icaro e dalla figliuola Erigone. Era questi nato da Ebalo, re d
assalti, e ne fu tagliato a pezzi ; il che han dovuto i Greci copiare dalla storia della morte di Osiride ucciso dal gigante
Bacco si chiamavano Baccanali, Dionisiache, e più propriamente Orgie, dalla parola greca οργη, furore, pe’ famosi furori con
e sue feste ; Evias, o Evia da Orazio(1) chiamasi una Baccante, forse dalla voce evoè ! propria delle orgie ; Menadi dal grec
nificava il Sole che in vino cangia il suo raggio giunto al licor che dalla vite cola. Quindi il Redi, parlando del vino, dic
di un bel volto ; e le arti del disegno fecero a gara per raccogliere dalla natura le forme più leggiadre e più care, le qual
festa. Ercole comparisce in tale stato che la sua forza vinta si vede dalla ubbriachezza, poichè non solamente è stato obblig
puro, sono soprannomi di Bacco. Bassareo, Bassareus, fu detto Bacco dalla voce Tracia βασσαρος, che significa volpe, perchè
ci chiamavasi Αφροδιτη da αφρος, schiuma, perchè Venere si finge nata dalla schiuma del mare. Didimo(2) la fa derivare da due
fig. del Cielo o di Urano, e della Luce o del Giorno ; l’altra uscita dalla spuna del mare, dalla quale e da Mercurio nacque
ano, e della Luce o del Giorno ; l’altra uscita dalla spuna del mare, dalla quale e da Mercurio nacque Cupido secondo ; la te
ido secondo ; la terza nata da Giove e da Dione, che sposò Vulcano, e dalla quale nacque Antero ; e la quarta Siria e nata in
altre tre. Omero chiama Venere fig. di Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del mare presso l’isola di Cipro ; percui
n rosaio le punse il piede, ed una goccia del suo sangue che zampillò dalla ferita, cangiò in rosso il colore delle rose ch’e
ta la cute, Rotto il peplo odoroso a lei tessuto Dalle Grazie, e fluì dalla ferita L’icòre della Dea, sangue immortale Qual c
ingiuriosa alla divinità, che per questa ragione Platone cacciò Omero dalla sua repubblica ; e Pittagora disse ch’egli era cr
pare delle umane debolezze ed infermità. Ma suo malgrado ed ingannata dalla scaltra Giunone dovè un giorno la nostra Venere c
orger dovea in Italia(2). Or navigando a piene vele la Troiana flotta dalla Sicilia alla volta del Lazio, una tempesta ad ist
rgli non lontane le mura della novella Cartagine, in cui gli promette dalla regina Didone assai benigno ospizio. Ciò detto(1
Imeneo e Talasso – Armonia. Orazio (2) descrive Venere accompagnata dalla galante corte di Cupido, delle Grazie, della Giov
o spargendo. Un poeta (4) finalmente invita le Grazie a venirne a lui dalla città di Orcomeno, ed in prima Aglaia che si dist
ocava il suo nome nelle nozze. « Alcune delle più belle Sabine rapite dalla romana gioventù, come destinate ad alcuni de’ pri
a le quali si dice che, essendo stata presa una di eccelente bellezza dalla compagnia di un certo Talassio ; e domandando mol
da Venere, forse per dinotare che l’armonia e l’ordine spesso deriva dalla guerra e dalla collisione (3) ; per cui Eraclito
se per dinotare che l’armonia e l’ordine spesso deriva dalla guerra e dalla collisione (3) ; per cui Eraclito poneva la guerr
ti. Presso a quest’isola su di una conchiglia approdò Venere già nata dalla spuma del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere,
coll’epigrafe « a Venere vincitrice ». L’opinione che Venere sia nata dalla spuma del mare, è consacrata da molti antichi mon
rogenia, Αφρογενης θεα da Esidio, απυ του αφρου, a spuma, perchè nata dalla schiuma del mare. Ma il P. Arduino vuole che la v
2) dice che Enea riconobbe i materni uccelli, cioè le colombe mandate dalla madre Venere. Si divertiva un giorno questa Dea c
assegnavano il proprio Genio(1) ; e si credeva ch’esso l’accompagnava dalla culla sino alla tomba(2) ; per cui fu detto da Me
per le città della Beozia assai conto pe’ suoi vaticinii, consultato dalla madre, rispose che il fanciullo viverebbe sino a
o ad incatenar Marte e tenerlo in dura prigione per ben tredici mesi, dalla quale fu con accorto artifizio liberato da Mercur
tà e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo d
più vicini, affermavano, quello essere stato rapito e portato in alto dalla violenza della tempesta. Di poi, dato principio d
cise. Ma Plutarco dice che Ippolita fu schiava e poi moglie di Teseo, dalla quale ebbe l’infelice Ippolito. Anche la valorosa
e di Otrera(1) ; anzi vogliono(2) che le Amazzoni nacquero da Marte e dalla naiade Armonia ; o da Marte e da Venere. E verame
renze, i quali rappresentano Marte nell’atto di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la più grande idea di questo num
di Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale era un grido militare solito
predire il futuro. Potrebbe dirsi che questa superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti di Cibele,
’eloquenza potea o rassembrare in un sol luogo gli uomini dispersi, o dalla lor vita animalesca e selvatica ridurli alla soci
l primo altare a Mercurio, dal quale ebbe in premio la lira, la quale dalla Samotracia trasportata a Lirnesso, città della Fr
o i Greci ed i Romani, de’ viaggiatori e de’ cacciatori per ripararsi dalla pioggia e dal sole. Le ali poi attaccate al petas
io de’ pastori. Altri dicono che avea liberato i cittadini di Tanagra dalla peste, girando tre volte in forma espiatoria into
ondo Esiodo(2) la prima a nascere dopo il Caos, fu la spaziosa Terra, dalla quale nacque il Cielo che dovea tutta circondarla
il nuzial talamo di Alcmena, madre di Ercole. Trofonio fu inghiottito dalla terra in quel luogo della Livadia, ove si vedeva
ria robustezza (1). Quindi ogni maniera di giganti si volle procreata dalla Terra, avvisando che ad uomini di strana corporat
pana Febea presso Virgilio i migliori interpetri intendono il sole. E dalla forma rotonda del loro occhio ebbero il nome di C
lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso dalla sampogna, con cui per altro spesso si confonde. O
to il pino e l’olivo selvatico. Si rappresentavano in figura di becco dalla cintura in giù, e con le corna di capra (semicape
herzi e strepitosi balli Rompan dell’aer fosco i taciturni Silenzi, e dalla piva e dalla cetra Tocca da dotta man spargano al
itosi balli Rompan dell’aer fosco i taciturni Silenzi, e dalla piva e dalla cetra Tocca da dotta man spargano all’aure Dolci
egli occulti riti dei sacrificii la Terra salutavasi Dea Bona, perchè dalla Terra ci vengono tutt’i beni della vita. Fu essa
ualche altro alto magistrato. Se le sacrificava una troia gravida ; e dalla vestale Claudia le fu edificato un tempio sull’Av
Μεγαλη Θεος, la gran Dea. Ολβοδοτειρα, donatrice di ricchezze, perchè dalla terra tutte le ricchezze provengono. Omni parens
a rapir Proserpina, fig. di Cerere, la quale essendo stata in quel dì dalla ninfa Aretusa ad un banchetto con altre dee, aven
ole della nostra Dea cantò leggiadramente l’Ariosto : Cerere poi che dalla madre Idea Tornando in fretta alla solinga valle,
o, detto oggidì la Licosa. Si vuole poi che Napoli fu detta Partenope dalla Sirena di questo nome, la quale presso quella rid
mentre di notte il passava pel fuoco, per renderlo immortale ; il che dalla madre osservato, fu cagione a lei di spavento, ed
Si celebravano in onore di lei alcune feste dette Ctonie. Eleusina, dalla città di Eleusi, celebre pel tempio e pe’ misteri
nume chiamavasi Vulcanus da’ Latini, o Volcanus, secondo Varrone(4), dalla violenza e dal fulgore del fuoco, quasi Fulganus.
deforme che Giove per dispetto il precipitò dal cielo con un calcio ; dalla quale caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zopp
di Colco, due grandi tori che aveano piedi di bronzo e gettavan fuoco dalla bocca ; a Minerva, alcuni crotali o campanelli di
r la caccia fu fatale a Cencria, fig. della ninfa Pirene, il quale fu dalla Dea che cacciava, per imprudenza ucciso, di che l
presente ucciso colle saette, o da uno scorpione ch’essa fece uscire dalla terra. Orione da Giove fu posto fra le costellazi
di Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig. di Testio, dalla quale ebbe Meleagro, Deianira e Tideo. Di Meleagr
e e Polluce fu più felice. Lo strale che dovea ucciderlo, fu lanciato dalla giovane Atalanta ; di che ebbero vergogna que’ fo
ra, di lui sorella, vedendo il fanciullo Oreste in pericolo di essere dalla madre trucidato, mandollo segretamente nella cort
tro morire(1) Ma il Re mosso da sì generosa gara, volle amendue salvi dalla morte. Ovidio(2) dice che Ifigenia, vicina a sacr
Epigrammi, αγροτις κουρα, donzella cacciatrice. Aricina, così detta dalla selva di Aricia, ove avea un culto particolare.
anche Lucifera e Fosfora (a φως, lux, et φερω, fero). Faretrata (1), dalla faretra o turcasso che portava, come Dea cacciatr
ndatori e de’suoi primi sovrani ; e la storia di quel tempo che passò dalla fondazione degli antichi regni della Grecia, sino
bliche, non è che un quadro maraviglioso di favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo is
i venivano da uomini preclari, detti Eroi, nati dagl’Iddii o generati dalla terra. E poi, vedendo essi alcune loro opere vera
maggior parte delle decantate imprese di Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme di S. Agostin
i più vogliono ch’ei lo portò vivo ad Euristeo. Tolse in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig. di Marte e di
quale rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in cui Marte era dalla parte del fiume, e Minerva, da quella di Ercole.
a di Nasso, mentre dormiva ; ed avvicinandosi alla città, trasportato dalla soperchia allegrezza, si dimenticò di far inalber
one e Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Giocasta, fig. di Creonte, dalla quale ebbe un figlio che fu dal padre consegnato
ificio a Nettuno, vi chiamò il ni pote Giasone, il quale ritrovandosi dalla parte opposta del fiume Anauro, mentre si affrett
gonauti alla corte di Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato dalla molestia di que’ mostri, chè così avrebbe loro ad
di leone, il ventre di capra, e la coda di dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofonte, col favore di Minerva ed ave
et λαως, populus) per esser morto il primo fra tutti. Il che saputosi dalla moglie Laodamia, fig. di Acasto, ottenne dagli De
d avea sposata Teti, la più bella delle Nereidi, nelle quali nozze fu dalla Discordia sulla mensa gittato il fatal pomo, di c
sofferte. In quanto a’Troiani, quelli ch’ebbero la sorte di campa re dalla comune strage, andarono a fissare la loro sede in
figliuolo Nettuno sdegnato tenne tanto tempo l’accorto Ulisse lontano dalla patria, facendolo errare per tanti mari. Questo f
o Esiodo, era fig. del Cielo e della Terra, e marito di Teti, diversa dalla Nereide Teti che fu madre di Achille. Da Omero e
vuto principio da due elementi, cioè dall’acqua, o sia dall’Oceano, e dalla terra, o sia da Teti. Nella descrizione dello scu
ino in mano e solto i piedi, e col tridente. Nettuno è caratterizzato dalla robustezza, dallo sguardo fiero e dall’atteggiame
ferno. I. Nomi diversi dell’Inferno. In Igino leggiamo che dalla Caligine nacque il Caos ; da questo, l’Erebo ; e
e dalla Caligine nacque il Caos ; da questo, l’Erebo ; e dall’Etere e dalla Terra, il Tartaro. Or questo Tartaro o Inferno da
llo della Notte ; sebbene altri affermano che nacque da Demogorgone e dalla Terra ; ed era propriamente un luogo dell’inferno
popoli dell’Asia, presso al Bosforo da essi detto Cimmerio, non lungi dalla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi era assai c
icinanze del lago di Averno non lungi da Pozzuoli, da’Campi Flegrei e dalla palude Acherusia. Il che ebbe origine dall’essere
vinti furon precipitati in quel caliginoso luogo, che tanto è lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’inc
elo non giungerebbe sulla terra che il decimo giorno, come quella che dalla superficie della terra si facesse cadere giù nel
’ombra funesta, conduce all’infernale magione, ove folta nebbia esala dalla Stigia palude. Per quella via scendono le ombre d
anto di ameno e dilettevole può immaginare una bella fantasia colpita dalla dolcezza del clima e dalla piacevole varietà dell
può immaginare una bella fantasia colpita dalla dolcezza del clima e dalla piacevole varietà della natura. Poscia la Grecia,
ato, aggiunse il gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla coscienza di una virtù pura e costante. Pindaro f
occa dell’inferno, per la quale entrò il figliuolo di Anchise guidato dalla Sibilla Cumana, come pel sesto libro dell’Eneide
roprii corpi, si mostravano dell’acerbo lor fato assai dolorosi, come dalla morte del fanciullo Glaucia affermò Stazio (4). F
a delle Ombre era pallida, colle guance scarne e co’ capelli bruciati dalla fiamma del rogo. Oltre a ciò si finse che le ombr
collo crinito di serpenti. Alcuni poeti han finto che Cerbero toccato dalla verga di Mercurio restava assopito ; ma presso Vi
crini frammischiati di serpenti ; percui da’ Greci Tisifone si chiama dalla serpentina chioma. Esse erano tre, Aletto Tisifon
are un solo. Pindaro afferma che Tantalo rubò il nettare e l’ambrosia dalla mensa degli Dei ; ed a questo fatto il poeta attr
agione della pena datagli da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale era continuamente atterrito. Qui
emenda. Il suo capo, al dir di Claudiano, è in oscura nube ravvolto ; dalla qual cosa ha potuto avere origine l’elmo di Pluto
icilia, per un osservatore che si ritrovi in Egitto o nella Fenicia ; dalla quale cosa presero argomento di fingere che in qu
ς pro αιδης, Orcus, o mors. Altore, lat. Altor, alimentatore, perchè dalla terra, dice S. Agostino (1), si nutriscono tutte
ell’inferno ; e si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte di una vittima che dovea sacrificarsi agli
Sicilia, forse alludendo al frumento che conserva l’uomo e lo libera dalla morte. Teogamia da θεος, Iddio, e γαμως, nozze.
6 (1880) Lezioni di mitologia
o sapere, quella più squisita dottrina, che in tali studj addimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli
isita dottrina, che in tali studj addimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scri
prefìsso di cominciare dalle Favole per quindi condurle dove, purgate dalla ragione, prendono sembianza d’Istoria, mi è neces
ro fino a quel giorno fatale in cui i Greci, aiutati dal tradimento e dalla fortuna, adeguarono al suolo l’altezza di Troia c
do deserto, impose a un nume di troncargli la testa, e col sangue che dalla ^ piaga scorreva formarne gli animali e l’uomo Qui
o mud che è lo stesso del fango, e secondo altri una corruzione nata dalla mistura delle acque, onde derivarono le generazio
mani una cintura ed uno scettro, sulla testa un maestoso pennacchio, dalla bocca gli usciva un ove da cui si schiudeva un al
il più bello fra i numi immortali. Il Caos generò l’Èrebo e la Notte, dalla quale unione nacque l’Etere e il Giorno. Formò la
ria che in lui fu ripetuta da Giove suo figlio. Dal sangue che piovea dalla ferita nacquero i Giganti, le Furie, le Ninfe; e
ibili, che filano la vita dei mortali e vendicano i delitti. Nacquero dalla Notte ancora Nemesi che premia le virtù, e i vizj
da Ceto ebbe Pefredo ed Enio, che ambedue furono subito chiamate gree dalla parola greca γραυσ che significa vecchia, perchè
che significa vecchia, perchè nascendo erano già canute. Ebbe ancora dalla stessa unione le tre Gorgoni: Steno, Furiale e Me
Giove, avendoli vinti, gli confinò tanto sotto terra quanto il Cielo dalla Terra è distante, e die loro per custodi Cotto, G
cché come avremo luogo di vedere, stettero nella battaglia dei Titani dalla parte di Giove. Si unì la Terra col Tartaro, vole
più parti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove era la piscina, dalla quale i sacerdoti attingevano l’acqua necessaria
violata l’ingenua semplicità dei loro templi; ed eran pure assicurati dalla riverenza di que’ rozzi mortali non corrotti dai
on memoranda avidità l’oro fra le ceneri degli estinti, mostrando che dalla barbarie dei vincitori nemmeno il sonno della mor
e e farina di orzo, detta mola, e strisciando loro l’obliquo coltello dalla fronte sino alla coda. Osservate queste cose, il
tanti, giacché Virgilio ne rappresenta Didone bellissima, che tenendo dalla destra la patera, diffonde il liquore di Bacco su
nel mare, e gli animali promessi sempre fra l’onde immolavano quando dalla tempesta erano stati suggeriti i voti, e la paura
ilio ne rappresenta il suo eroe, che ornato le chiome di ulivo, getta dalla prora nei flutti parte della vittima e il liquore
tagliava la testa, e carica d’ imprecazioni si gettava nel Nilo. Ma dalla tenda imperiai già pronti Escono i scelti duci, e
i, negli stadj, si vedevano pure nei teatri. Il primo che ivi sorgeva dalla parte destra sacro era al dio che si onorava cogl
ia non ci è stata invidiata dal tempo. Di due are massime, così dette dalla venerazione in cui erano tenute e dalla loro alte
i due are massime, così dette dalla venerazione in cui erano tenute e dalla loro altezza, troviamo fatta menzione nell’antich
conviti ancora innanzi all’are, e il luogo per inalzarle doveva esser dalla pubblica autorità determinato. Assai degli altari
tuno coloro che all’alto mare aperto fidati, avea fragil legno divisi dalla morte, ed a Mercurio ancora, se l’avarizia gli av
acqua, le mole, uccidevano la vittima, se esser scannata doveva; e se dalla scure atterrata, al ministro detto popa consegnav
adri, persuasi che questo sacrifizio avrebbe gli altri figli scampati dalla morte, e resi loro per tutta la vita felici. Degn
ginella in tempo tale Che prima al re titol di padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più cari Fu condotta all’aitar tutta
, che nell’esecrata terra D’Atreo ravvisi il vero erede, il figlio, E dalla mensa di delitto piena Un dì torcesti l’atterrito
ando così la nostra natura, e diminuendo i’ immenso spazio che l’uomo dalla divinità divide. Qual terra adunque esser vi può
errarono, non liberati coll’esempio del capitano dal timore comandato dalla maestà del loco, ma pesata, come egli dice, l’ira
scorta de’ Classici e dei monumenti mi accingo a tesservi, confortato dalla lusinghiera esperienza del vostro compatimento. S
oria la pingue Beozia: poiché quando i Greci chiesero fine alle morti dalla peste e dalla fame cagionate, fu loro risposto ch
Beozia: poiché quando i Greci chiesero fine alle morti dalla peste e dalla fame cagionate, fu loro risposto che cesserebbero
Saturno il mezzo di generare altri figli. Drepano fu chiamato Corcira dalla falce ministra di quell’ingiuria, a cui deve il s
i lambiva Il collo, e l’adescava: essa lo palpa Con la tenera mano, e dalla bocca Soavemente gli tergea la spuma, E lo baciav
intatta dai lavacri dell’oceano, cioè non tramonta. Danae non difesa dalla torre di bronzo (tanta è la possanza dell’oro:) d
embrerebbero incredibili, se s’ignorasse che settecento anni scorsero dalla fondazione al compimento. É vanto per l’Italia ch
gli Assirii e tinto dai Fenici: (dono d’Antioco Epifane) si estendeva dalla sommità fino al suolo. Sarebbe lungo annoverare g
i di ogni nazione che accresceano la maestà di questo tempio misurato dalla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che da
mpli, nei proprj sepolcri, e vada in pezzi come questo sasso che cade dalla mia mano. » — Queste cose il Megalopolitano. E Li
Tertulliano nell’Apologia, furono chiamate lo cerimonie instituitegli dalla superstizione feconda in delirj. Tibullo cantò: «
iù comunemente dall’egida che Omero descrive, e che sortì questo nome dalla pelle della capra Amaltea. Del titolo di Patroo d
futuri. Assabino fu detto Giove dagli Arabi; Ermontide dagli Egiziani dalla città di Ermonto. Con Belo fu confuso dagli Assir
ue, (Tanta è l’offesa degli irsuti pruni) Tinte le bianche braccio, e dalla sua Rocca piangendo, gli infelici amori, Onta e f
ri, le accostò al petto Alcide bambino, che succhiò il primo alimento dalla sua nemica, che svegliata scosse l’odiato fanciul
piccolo cangiamento: il secondo, perchè nacque, al dir dei Mitologi, dalla morte di Argo, cui fu inutile la vigilia dei cent
infe, ma prevalevasi sopra tutte d’Iride, e lo accennò VirgiHo quando dalla dea, pietosa per la misera Didone, fu inviata a t
ea in una mano un pomo, e lo scettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone det
ini il bambino sia Mercurio, anch’esso in qualche occasione allattato dalla dea. Non so per altro perchè tutti si siano appos
ome quello che, secondo la Mitologia meno antica, riconosceva la vita dalla sola sua madre, ma perchè alcune medaglie imperia
on temuto oltraggio Accrebbe l’ire delle offese antiche, Quando balzò dalla divina testa Palla nelle paterne armi sonante. Al
se orribile ed immensa balena, che tutta la regione inondò coll’acque dalla vasta bocca vomitate. A questa, per allontanare l
ecia, sia che maestro lo reputassero di frenare i destrieri, o perchè dalla terra percossa dal tridente balzasse fremente cav
hee portano il Dio. » Di Nettuno i simulacri sono rari, come udirete dalla seguente illustrazione. « Rarissima (così il Vis
di Giove senza però averne l’aspetto egualmente maestoso e sereno, nè dalla nudità, che ben conviene al nume dell’acque senza
La favola non essendo in parte che una serie di racconti alterati dalla maraviglia, dal terrore e dall’interesse, soggiac
elo die nome. Omero, o chi sia l’autore degli Inni, narra che appena dalla ricciuta Maia fu partorito, abbandonò la culla. N
lio di Giove arrivò al fiume Alfeo, dove in una stalla nascose i bovi dalla larga fronte involati ad Apollo. Due ne uccise, e
lla rapina: tanto è vero che tutti gli incliti ladri sono santificati dalla forza e la fortuna assolve le colpe potenti. Un n
Erico, da Daira Eleusina, Buno da Alcidamea, Calco da Ociroe, Evandro dalla figlia di Cadmo, e da Cleobula Mirtillo. Lungo sa
ela dell’ armento. Gli attribuivano il caduceo con due serpi, simbolo dalla sicurezza della concordia, e favoleggiarono che a
el bel marmo che ora spieghiamo. La fìsonomia fina e vivace, rilevata dalla forma del naso alquanto ripiegata all’insù, carat
ei quali fé’ ricca l’umana gente; e al parer di altri, più probabile, dalla figura della statua di lui Erme nominata, colla q
vvolgimento della via era indicato. Arpedoforo cognominavasi Mercurio dalla falce, o spada falcata, colla quale uccise Argo c
tichissimo artefice, in memoria che il nume avea liberato quei popoli dalla peste, portando intorno alle mura sugli omeri il
ovano alcuni conoscitori qualche difetto, ma può questo ben provenire dalla riunione moderna dei pezzi antichi eseguita con q
cise questo raro medico, cui non valsero le sue arti. Apollo percosso dalla pietà dell’estinto figliuolo, non potendo rivolge
i Euripide il nume col suo pietoso ministero aiuta Ercole, che libera dalla morte l’unica Alceste.     Nè la serviti: d’Apol
figlio di Venere volò sul Parnaso, e due dardi di diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dorato e ministro di amore, f
e sue risposte, e che Dafne, una delle ninfe della montagna fu scelta dalla dea onde vi presedesse. I Greci hanno antiche poe
di Ersiclide in Atene, il primo anno della Lvm Olimpiade, illustrato dalla vittoria che Diognete di Crotone riportò ai giuoc
sto motivo. Con tutto ciò, un’ altra tradizione porta che Apollo ehhe dalla ninfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al de
n donava ad Enea patria migliore, Vinto dai preghi della Cipria dea E dalla voce tua, padre del canto. Eterna gloria della li
riguarda la mitologia e l’arte. « Delfo è situato sopra una sommità, dalla quale si può discendere per tutte le parti con un
rizione la quale riferisce che le statue onde è circondato provengono dalla decima del bottino, che gli Ateniesi conqaistaron
o ed Alfio disfanno il padiglione di Menelao, che era un poco lontano dalla nave, ed Anfialo ne tende un altro più vicino. So
non ne altera la soave bellezza, nè la interna serenità inseparabile dalla natura di un nume. L’arco, ch’ei regge ancora in
anza circa la qualità del marmo, onde è formato l’Apollo è assicurato dalla dilÌ2^ente osservazione fattavi espressamente dai
moderne ha saputo produrre, ma molto al di sotto dell’opere ammirate dalla Grecia. Questa opinione, comecché faccia onore a
nei pezzi dei più insigni della greca scultura, non è però confermata dalla verità, ed è appoggiata di vacillanti argomenti,
ale, perciò adattatissimo simbolo del fine di una mortalità impetrato dalla potenza d’Apollo. « Nel terminare queste riflessi
artista ha qui formata una statua puramente intellettuale, prendendo dalla materia quel solo che era necessario per esprimer
i talloni, poiché questa era la veste dello splendido corpo. Pendeva dalla manca parte la garrula lira, opera dì rara arte,
nione che più al vero si avvicina è quella che derivar fa questo nome dalla luce, prima qualità di questo dio, che simboleggi
di Eufranore, che primeggia fra gli antichi pittori. Pitio lo dissero dalla morte del serpente Pitone, che le membra anelanti
ramagin falsa Cela Climene, o genitore, un pegno Dammi, onde io tolga dalla mente incerta Quest’errore infelice, e in me ravv
a diversa minaccia. Èlieve forse Gli animosi frenar, che dalle nari E dalla bocca spiran fiamma? Appena Tolleran me, quando n
r, le nubi opposte Stridon divise, già levati a volo Avanzan gli Euri dalla stessa parte Nati. Lieve era il carro, al giogo i
stanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli dalla corona di pampani. « Finalmente se taluno vi foss
roseo coturno avvinte le gambe. » La tonaca è breve, e così raccolta dalla cintura che le lascia scoperte le gambe, come app
guiva, nè cessò mai finche avendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta di una montagna nel mare, e quivi balzata n
to, che fondò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennone pose
in lunghe treccie sugli omeri: di dietro sono legati a molta distanza dalla testa, e cinti da un diadema, su cui stanno otto
dipinto l’orlo della sottoveste. Rossa è la cigna della faretra, che dalla spalla destra viene a passare sulla mammella sini
chiero implora. Su due destrieri più che neve bianchi Ivano, e d’ambo dalla man vibrato Fischiar l’aure facea tremulo dardo,
quel che ci offre di misterioso questa bizzarra figura. Incominciando dalla sua forma, altro questa non c’indica senonchè l’a
favellar l’è tolto. Onde pietà col suo pregar non mova, E si disserra dalla roca gola La voce che ha terror, minaccie ed ire.
divino la dea del sapere. Omero, nel quarto libro dell’ Iliade, non dalla palude Tritonide, ma da Alalcomenio castello di B
a per ferire Minerva: Giove oppose l’egida, onde spaventata fu uccisa dalla madre rivale, che afflitta quindi ne formò l’effì
ci e guerrieri animali, e per ciò l’attribuivano a Pallade che uscita dalla testa del padre degli Dei tutta armata non respir
aniche all’uso delle Spartane, e il manto assai bizzarramente ripreso dalla cintura stessa della tunica. Quando la dea andava
e Tritonide ed a Nettuno, cui pure occhi glauchi danno i poeti. Altri dalla nottola sacra alla dea derivano questo cognome, e
ugiarono nel tempio della diva, e qui perirono nella comune ruina. Fu dalla peste seguito il delitto; e gli abitanti avvertit
aiteri quella caduta del panno, che sarebbe determinata naturalmente dalla sua gravità. Sembra che da tal circostanza, certa
ed unitamente collo scudo di Diomede bagnarlo nel fiume Inaco. Prende dalla solenne bas’natura occasione Callimaco nel sesrue
lla disonesta ferita, colla quale Saturno mutilò Celo padre di lui, e dalla spuma del mare. Appena nata, dai capelli e dal vo
ebbe tempio in Elide; la seconda, di cui abbiamo favellato, generata dalla spuma, diede con Mercurio la vita al secondo Cupi
n sposa d’Anchise. Crebbe l’amore nel petto del Troiano non contenuto dalla riverenza che come dea le inspirava, e condusse a
re Celeste in una bella figura vestita delle pitture di Ercolano, che dalla mano diritta porta un ramo con due pomi, ed uno s
no, che dalla mano diritta porta un ramo con due pomi, ed uno scettro dalla sinistra. Pietre incise offrono Venere a cavalcio
iata. La Venere dei Medici a Firenze è simile alla rosa che esce fuor dalla boccia al primo apparir del sole dopo una bella a
na relazione anche più stretta, per esser ella nata dalle acque, cioè dalla spuma del mare, onde fu detta Afrodite. Era perci
endente da Venere e vincitore, si paragonasse ad un nuovo Enea donato dalla madre delle armi celesti. Ma troppo è chiara in q
itale, turbava i silenzi della pace celeste. Ed altrove asserisce che dalla madre fu lanciato nel mare, ove l’educò Teti, ant
el mare, ove l’educò Teti, antichissima fra le dee. A questa ingiuria dalla madre sofferta fu creduta dagli antichi, giacché
nella quale nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore indicatole dalla moglie di Zeftìro vi esposi allora che questa gel
no ben tosto: È forse possibile nei sanguinosi combattenti di salvare dalla morte tutti i figliuoli degl’Immortali? — Nel ter
e oppresso dal dolore mostrò a Giove il sangue immortale che scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e di Minerva, che t
conte Rangiaschi nella Dissertazione sul Marte Ciprio ha pensato che dalla barba di Adriano, il quale nell’immagine del dio
a figlia di Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò Drepano dalla falce di Saturno, come è la più comune opinione,
non le fosse; infatti lo porta sopra molti monumenti. Differiva poco dalla forma del calato, col quale si è qualche volta co
prò con quel poco che gli restava dei bovi, inventò l’aratro, ed ebbe dalla fatica sussistenza migliore. Ammirando Cerere il
comprendere il senso dell’ allegoria, la quale indica la consumazione dalla terra del nostro corpo, che conserva più lungamen
tà è nei partiti del panneggiamento, e quella sola che vi regna nasce dalla diversità dei contorni del nudo che ne è coperto:
cia, vestita di una semplice tunica talare stretta e alquanto ripresa dalla cintura, nè avente altra sopraveste che un peplo
cerone, niente di più divino diede Atene di questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vita furono gli uomini mitigati, e
e, bevve nel suo dolore per la figlia rapita. Soggiungevano: Lo tolsi dalla cesta mistica, e lo trasferii nel calato, o panie
e. Daduco si diceva colui, che teneva la fiaccola, distinto anch’egli dalla capellatura e dallo strofìo, o cintura. Tutta la
sumava, ma non era obbligato a mantenere il voto, sovente spergiurato dalla natura. Egli rappresentava il Sole, il banditore
onia, deposti i scudi eguali Al cerchio della luna, esulta allora Che dalla depredata Orsa ritorna Ippolita, e che trae Tinti
ghiacci alpini, Il Tebro di trionfi ancor non cinto. Ma poiché vinta dalla man possente I duri nodi la Trinacria sciolse, E
o di Mercurio e Diana: il secondo di Mercurio e Venere; il terzo nato dalla Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo S
tero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terra. Acusilao dalla Notte e dall’Etere, Alceo d
iaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terra. Acusilao dalla Notte e dall’Etere, Alceo dalla Lite e da Zeffiro
nato dal Caos e dalla Terra. Acusilao dalla Notte e dall’Etere, Alceo dalla Lite e da Zeffiro, Saffo da Venere e dal Cielo, e
rondi impallidir le ghiande Vedi e trarre il pallore i lunghi rami, E dalla piaga della man profana Scorrere il sangue, come
pietra di paragone, è opera moderna dell’ Algardi, come risulta ancor dalla vita, che ne ha scritta il Bellori, benché pubbli
, parte ancora fiorenti, parte già formati in guscio di semi, pendono dalla sua lenta sinistra, e tre piccoli animali scherza
risimile dopo la considerazione d’altre antiche immagini accompagnate dalla rappresentanza dello stesso rettile. Si trova la
Celo, Oceano, Mnemosine, Temi ec. Secondo Esiodo, Celo fu generato dalla Terra, come r Etere e il Giorno. Ma Cicerone nel
hiamate Partenope e Panfolige. Dalla prima ebbe l’Europa e la Tracia, dalla seconda l’Asia e la Libia. Figliuole dell’Oceano
dì Atene, all’ingresso del quale era il sepolcro d’Ippolito. Abbiamo dalla favola che Temi volea custodire la sua verginità,
i sacerdoti della dea) che apportò i misteri di lei, furono afflitti dalla fame. Quindi per consiglio della sacerdotessa di
sua casa. Nè in altro luogo la onorarono i Tebani, dopo che, colpiti dalla novità, interrogarono l’oracolo di Delfo, che ris
favola di Ati è in diversi modi narrata. Ovidio narra che Ati scelto dalla dea per custode dei suoi santuari gli promise cas
ipio della primavera, e durava sei giorni. Il primo giorno tagliavasi dalla selva un albero di pino e portavasi in procession
l’origine a Celo ed alla Terra. Giunto questo dio all’adolescenza udì dalla madre che il genitore avea nel Tartaro precipitat
i Prometeo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore. Saturno fuggitosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Ita
gnizioni e di lumi portò l’arte di lavorare i metalli nella Frigia, e dalla Frigia passò nella Grecia, perchè i Dattili che l
re da Creta, ma la maggior parte suppongono che eglino aveano passato dalla Frigia in questa isola e lo sbaglio di quelli che
banti, i Cabiri, Esiodo pone le Furie primogenite del sangue che esci dalla ferita di Celo. Ma io credo necessario ragionare
nacque da Rea e da Saturno, militò con Giove i contro Titani, ed ebbe dalla sorte il terzo regno, cioè l’ Inferno: lasciò scr
ia antica e la Mitologia rendono conto di tal somiglianza. « Sappiamo dalla teologia pagana che il dio dei morti si chiamava
pagana che il dio dei morti si chiamava Serapide presse gli Egizii, e dalla Storia apprendiamo eh’ ebbe un tempio in Menfi an
te un pesce comune come quelli che qui son descritti, è poco distinto dalla forma, dal colore, e la sua realità confina coll’
elle cose che equivalgono. Un tal compenso, dice Caylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al di sopra di F
o in uno dei diti della mano sinistra. lasco che gli è accanto, e che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello
o sopra un’eminenza e appoggiato ad un albero; egli tiene la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei rami di salcio
iace figlio di Oileo guarda il loro giuoco. Si vede che ha naufragato dalla spuma che lo copre: Polignoto ha qui riuniti tutt
in tempo di notte, ed era vietato ai nobili l’intervenirvi. Esichidi, dalla quiete, si chiamavano i sacerdoti, che si astenev
olo gli aveva predetto che un suo genero lo avrebbe ucciso. Costretto dalla fortuna della guerra a sacrificare il proprio tim
emigio, la pittura di quella orribile notte, narrata al fuggito sposo dalla stessa Ipermestra, e la vostra fantasia potrà for
la diede il suo nome a un’Isola dove, suo figlio regnando, accade che dalla peste consunti perirono tutti gli abitanti. Eaco
Eaco fu in tanta riputazione, che essendo tutta la Grecia travagliata dalla siccità, l’oracolo di Delfo rispose, che se volev
ra loro nel di lei nome spergiuravano erano per del tempo allontanati dalla mensa celeste, e da ogni conversazione cogli Dei.
a a Proserpina con una figlia di questo fiume, chiamata Minta, che fu dalla regina dell’ombre convertita in un’ erba cui died
, onde non abusare de’lor beni e del loro potere. Il freno le pendeva dalla manca, simbolo di moderazione, specialmente nelle
gesto si riferisse ciò che dissero gli antichi del cubito di Nemesi, dalla maggior parte spiegato per una verga, che il simu
mulacro certificato a tal denominazione dagli autori, dalle medaglie, dalla combinazione di tutti i monumenti che ci rimangon
nveniva pure a Venere, che presso i poeti è talora denominata (grec), dalla bella corona. Le vittorie incise sono quelle ripo
Croce, o altri segni, per levarle ogni superstizione, e distinguerla dalla Vittoria, che i Gentili in Roma e con tanta cura
ssa, e ritenendola ancora sotto Valentiniano il Giovine, come si vede dalla relazione di Simmaco, e da Sant’Ambrogio, e da Pr
necessità che i Poeti dell’età posteriori non han saputo disgiungere dalla Fortuna.» « Comunque ciò sia, riserbato alle Parc
tiene nella mano destra una corona di foglie di. querce, ed uno scudo dalla sinistra. Una Vittoria dormente si vede sopra una
iburtina di Cassio. Dappoiché la rinomata Collezione delle Muse fatta dalla regina Cristina perì nel mare, non si lusingavano
schera comica e caricata, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona di edera di cui ha fregiata la chioma. Que
o esercizio, così il suo più distinto attributo è la maschera comica, dalla quale si riconosce nel sarcofago Matteiano. Quest
si è trafìtto nel petto: riceviamo nel nostro vaso il sangue che esce dalla piaga, poiché scorre in abbondanza. E l’anima pre
da noi osservato come il più lontano dalle comuni opinioni. Noi però dalla Lira che sta sonando la nomineremo Tersicore, ave
che è la prima della facciata, è parimente descritta per Clio, ma noi dalla singolare insegna, ch’è la Lira, vi ravvisiamo Te
e la testa di questa Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto, come dalla cetra ch’è nel rovescio della sua figura. Era
ultima della facciata, in attitudine diversa dall’Erato Ercolanense e dalla nostra, non bastano però a farcela distinguere ne
chi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni han dedotto il suo nome dalla presentazione della verità. Oltre questa dottrina
za di andare a cadere sopra Agamennone, strappandosi le sue ghirlande dalla chioma per porle sulla testa di lui. Finalmente l
i ha pure chi lo deriva dal molto ricordarsi delle passate cose, cioè dalla facoltà della memoria. Questo attributo materno è
ciò una capricciosa congettura, poiché resta perfettamente dimostrato dalla statua della Memoria del nostro Museo, indubitata
le avventure più dilettevoli. Che questa sorta di danze fosse diretta dalla Musa Polinnia, è consenso universale degli antich
on essendovene, come già notammo, alcuna colla maschera. L’ altra poi dalla quale è stata tratta la nostra, quella del Giardi
ente panneggiata ci rappresenta la Musa celeste detta Urania, appunto dalla contemplazione del cielo, alla quale appartengono
ne, aggiungendovi un’ elegantissima ed antichissima testa proveniente dalla Villa Adriana. « Non si dura fatica a riconoscere
Melpomene. « Rilevo con maggior forza quest’ ultima conformità perchè dalla somiglianza di queste due statue colossali neir a
a Partenopeo. Ma a Polinice figlio di Edipo sarà reso questo ufficio dalla sorella Antigone, essendo per questa effetto usci
senta una Musa senza verun simbolo, colla destra involta nel manto, e dalla parte del dritto è una corona d’alloro nell’area.
tà di Bacco pensino alcuni che sia avvenuto, avrai forse udito ancora dalla nutrice. Poiché esse esercitate in tal genere di
e tutti gli altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a conoscersi dalla sua fìsonomia severa e sveglia; Menelao dalla dol
ben facile a conoscersi dalla sua fìsonomia severa e sveglia; Menelao dalla dolcezza del suo viso; Agamennone dalla sua divin
mia severa e sveglia; Menelao dalla dolcezza del suo viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quanto al figlio di Tideo un
sopra l’aste fissate in terra. Ma non crediate di distinguere Achille dalla sua lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo l
rve di vela al naviglio fuggente. Aiace ritornando in se, come uscito dalla ubriachezza, contempla il mare qua e là senza gua
i fonti. Ah quanta forza e vigore mostrano i suoi occhi benché spenti dalla morte I Mirate la lanugine della sua barba che ap
opinione dei Fenicii e dei Greci, Esculapio altro non era che l’aria, dalla quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Ap
rba essendo per lo più barbato questo nume nei monumenti, cominciando dalla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome di Aulo
spinge ferocemente chi cerca di avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati
o al suol reciso. Gettan le faci sui sublimi tetti. Ardori le case, e dalla nera vampa Il marito s’invola: ahi, sulla soglia
n ebro Cadmo il pie veloce, E per la preda del lion mendace Ne vomitò dalla rabbiosa gola Queste parole: già felice Cadmo, Be
forme che r antichità attribuisce a Bacco. Finalmente si fa conoscere dalla sua amante. che divien madre in mezzo ai fiori, e
lo, ove ha per compagni Mercurio, Marte, Venere e la Luna. Voi vedete dalla sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira d
e tavole di Armonia nelle quali sono scritti i destini dell’ universo dalla mano dell’ indovino Fanes, il primogenito dei mor
e figure del Lione e della Vergine ella vi troverà il frutto prodotto dalla vigna; che nella quarta vi distinguerà certo re c
distinguerà certo re che presiede al nettare delizioso che si spreme dalla vite, e la figura di Ganimede cht; inalza la sua
occhi la quarta Tavola, che offre l’immagine della coppa di Ganimede dalla quale il nettare scorre, e vede che il destino ac
e il baleno che così scintilla alla vista, il fuoco che si sprigiona dalla sede degli Dei, tutto ciò si riferisce a quest’ a
ono intorno, e le viti e gli alberi dei tirsi nascono volontariamente dalla terra, e si veggono in mezzo al fuoco. Mirate Pan
o figlio pe’ capelli. Voi direste di vederle veramente, e che gridino dalla gioia: tanto i loro spiriti dal furore del vino s
faccia tenera, delicata; i capelli biondi non mai cinti dall’edera e dalla vite. Non danzò mai al suono delle tibie: tutto q
di Deriade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l’Oriente. Deriade dalla sua parte arma gl’Indiani, e si accampa vicino ad
e acque del Gange; i raggi di quest’ astro avevano scacciate le ombre dalla terra quando una pioggia di sangue venne a predir
un sogno agitata. Si alza quando 1’ aurora appena comincia a dar luce dalla cima dei monti. Il terrore e la paura preparano i
one le annunzi il sonno di Giove, secondo gli avvertimenti a lei dati dalla diva. Iride va a trovar Morfeo, e nelle sembianze
. Marte nelle sembianze di Morreo accende la battaglia, e fa prodezze dalla parte degl’Indiani. Molti dei compagni di Bacco p
uoi sonni di pianto Desiava abbracciarlo, e le parea Che contro a lei dalla paterna gola Escisse il sangue, mentre Icaro grid
imato. Erigon sveglia Il suo dolore: le rosate guance Lacera, strappa dalla lunga chioma L’imprigionata vite, e ver la pietra
ignificasse il pino. Poteva ancora nella Fenicia aver preso quel nome dalla similitudine che ne rappresentava la cima. È noto
rbe, che chiamano capitate, fatte nel loro fusto in quella maniera, e dalla benda con la quale, come istrumenti sacri, si sog
guerra. Vi ammiriamo quella beltà che incantò i Tirreni non disgiunta dalla robustezza del più antico dei conquistatori. La t
a il fonte, e tutte le cose di Narciso. Un giovinetto tornato di poco dalla caccia vi sta sopra: trae amore da lui, e s’innam
posa ritto co’ piedi incrocicchiati appoggiato sopra una piccola asta dalla sinistra: la destra giace sui lombi, i quali s’in
e Giacinto, perchè vi è scritto, ed attesta di essere stato procreato dalla terra per amore di un bel giovinetto che piange q
tinse il fiore con qualche rassomiglianza, poiché comincia a scorrere dalla testa incontanente che il disco vi piombò. Errore
di lui in questo animale fece Giove per salvarlo, quando era infante, dalla madrigna Giunone. Non solo l’alloro, ma ancora la
ofezia, e sono mescolati coi Satiri, cangiamento probabilmente venuto dalla scena. Finalmente Ausonio e Libanio distinguono i
finalmente l’importanza. L’anima delle pitture, delle statue dipende dalla cultura dell’Artefice. Voi dovete dai poeti, dagl
fattezze del volto e nella costituzione delle membra non si è partito dalla comica descrizione che ne fa Luciano, eccettuate
ssai stimabile, ed è affatto diversa da quelle che si conoscono, come dalla famosa Borghesiana, che vedesi ripetuta due volte
che si fa scorta con face in ambe le mani, s’avanza il nume oppresso dalla crapula, e vacillante, a cui più che il tirso che
i che dall’altra dove terminano come in un capo di chiodo mal difende dalla petulanza di un giovin Baccante, che salito in gi
Capitolino: ma riflettendo che ha nella sinistra il pedo detto (grec) dalla caccia delle lepri in cui s’adoprava, e sull’esem
i Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccanti deriva dalla greca parola (grec), che significa ululare smodat
esi fra loro, giacché ai profani non era lecito saperne, l’estraevano dalla cista, e ritti alcuni altari, su quegli le depone
dal suolo, e alle quali perciò non convenisse il nome d’altare tratto dalla loro elevatezza. Porfirio chiama escharas, o foco
re le divine chiome S’agitare, e tremonne il vasto Olimpo. Comincerò dalla famosa statua creduta, prima Visconti, Sardanapal
mento della somiglianza coi ritratti di quel filosofo riman distrutto dalla cognizione del sincero e genuino ritratto di Plat
in guisa da fare uno scoppio, col che s’ indicava ciò che schiarivasi dalla sottoposta iscrizione, che tutto fra gli uomini è
enti di simil genere che ne’ Musei si conservino. La nascita di Bacco dalla coscia di Giove è un avvenimento che abbiamo sove
olari, che comunichiamo al pubblico per la prima volta. « Cominciando dalla sinistra. Giove siede coperto del suo manto dal m
rincipal gruppo ch’è nel mezzo del bassorilievo ci mostra Bacco vinto dalla sua bevanda, e vacillante qual Momo il dipinge, r
Baccante furiosa, che può sembrare invasa da quella religiosa mania, dalla quale credeasi comprendere chi toccava, scuoteva
acenti. Quantunque le ninfe in piiì monumenti "vestite appaiano, pure dalla mancanza dell’urna mi sembra verisimile che il so
dello scalpello. Gli orecchi umani distinguono il nutritore di Bacco dalla torma dei Fauni, e le striscie di cuoio che strin
tichi artefici nell’abito particolarmente degli Orientali, è distinto dalla lunga inanellata chioma che, secondo il costume i
bile, forse nulla di superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla sua fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudin
superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato dalla sua fìsonomia, dalla sua calvizie, dall’attitudine del suo corpo, dall
o, ed un palliolo che tien ravvolto al sinistro. « Il tirso, sfuggito dalla sua destra scorre nei seni della tunica, e la sol
delle lor compagne, non sono del tutto coperti d’ edera, ma pelesano dalla sommità il ferro ignudo come nelle guerre Indiche
abito medesimo che qui vediamo, e si rizzava in piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella sua destra e tornava di tempo
più forti belve, onde sì vantarono in un epigramma greco di ritornar dalla caccia colla testa di uccisi leoni. Le Baccanti
7 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
fuoco divino, riscaldati dalle bellezze della virtù, renduti attoniti dalla magnificenza dell’universo, penetrati dalle leggi
me quello che è il più seguito, scostandoci nulladimeno qualche volta dalla accennata nomenclatura. Abbiamo parlato anche bre
no, la Vecchiezza, la Morte, Caronte, le Furie, Momo, ecc. Da Urano e dalla Terra nacquero pure l’Oceano e Teti di cui furon
Rea e di Saturno nacque con Giunone e fu sottratto, come si è detto, dalla madre alla crudeltà del padre ; furono dopo di lu
ove ai Cureti o Coribanti che lo condussero in Creta ove fu allattato dalla capra Amaltea. Cresciuto in età e venuto in cogni
on pensò che agli amori ed ebbe un infinito numero di concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre di B
e Venere Dea della bellezza e degli amori, nacque secondo alcuni dalla schiuma del mare, secondo altri dal sangue del Ci
casione della guerra coi Giganti. Dicono altri invece che Giove colto dalla bellezza di Venere, ne divenne amante e che non a
presiedeva ai matrimoni ed a tutti i piaceri che traggon il principio dalla tenerezza. Le sue feste si celebravano con ogni s
ritornavan sempre. Giunone le mandò per infettare e rapire le vivande dalla tavola di Fineo che aveva cortesemente accolto En
vio di Deucalione, il quale devastava la terra e ch’era stato mandato dalla implacabile Giunone per tormentare Latona. Della
antiche questa è quella che ha meno sofferto dal furore de’ barbari e dalla mano distruttrice del tempo. Mercurio e Batt
sa come Dio del commercio ; e come quello dell’eloquenza si finse che dalla sua bocca uscissero catene d’oro, che dolcemente
llo per addormentare Argo che custodiva Io ed ucciderlo. Liberò Marte dalla prigione ove era stato rinchiuso da Vulcano e att
a mesta e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla quale si penetrava nell’Inferno. Flegetonte o Pri
cora, trascinare pei piedi i morti, senza risparmiare i guerrieri che dalla morte erano ancor rispettati. Si vedono avventars
dano la ruota servono ad indicare i rimorsi di una coscienza lacerata dalla memoria di un orribile delitto ; il perpetuo movi
il dio Pane ed allora si vede tutto nudo, coronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pino carico di pine, loc
si i venti contrari alla sua navigazione. I compagni di Ulisse, vinti dalla curiosità, aprirono questi otri, donde fuggirono
indicare che conduce ordinariamente la pioggia. Deificate che furono dalla superstizione le terribili potenze dell’aria, si
lle volte coronato di fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra un velo di
specialmente di maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra un velo di color giallo, perchè anticame
conosce ; esso presiedeva alla voluttà. Appena nato, Giove prevedendo dalla sua fisonomia i disordini di cui sarebbe stato or
o intende una divinità che guarisoe dall’amore. Altri lo fanno nascer dalla Notte e dall’Erebo, o dall’Inferno e dalla Notte,
ore. Altri lo fanno nascer dalla Notte e dall’Erebo, o dall’Inferno e dalla Notte, dipingendolo per una divinità dell’ultimo
in caso che si avesse un cattivo vicino. Venere stessa non andò salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su di le
o re di Licia natogli da Laodamia figlia di Bellerofonte, nè salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio di Troia per mano
tri che potevano essere cangiati o modificati dai voti degli uomini o dalla protezione di qualche divinità. Questi decreti st
ambasciatori, prima che entrassero nella città. Si rappresenta armata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed al
ra ; di Stige e Pallante altri, ed avvi chi la fa nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta sotto le forme di una donna
me di Minosse II sposò Pasifae figlia del Sole e della ninfa Perseide dalla quale ebbe parecchi fanciulli. Si rendette formid
o e quello pur anche del suo impero. Informato Niso dall’ oracolo che dalla conservazione di quel capello dipendeva la durata
le l’immaginarsi qual cura ne avesse ; e non poteva esser tradito che dalla propria figlia, in cui riponeva tutta la sua conf
cialmente famoso per la sua abilità nel fare certe statue che uscendo dalla sua mano croatrice, erano come automati che si cr
o eroica poesia. Urama presiede all’astronomia. Polinnia, così detta dalla moltitudine delle canzoni, è la Dea della musica
tà femminile è la Venere detta comunemente Medioea, nome che le venne dalla Villa Medici ove fu in origine trasferita da Roma
sferita da Roma nel 1587 sotto Ferdinando I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria di Firenze dei principi di quella famigl
asi tuttora. Essa rappresenta Venere nell’atto di nascere o emergere dalla spuma del mare. Difficile sarebbe l’esprimere col
lo in uso. Il Pegaso era un animale selvaggio, il quale appena uscito dalla nave fuggì e non fu fermato se non se da Bellerof
. Si trovano anche delle Ninfe con nomi presi o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in fine il nome di Ninfe n
rata degli alberi. Queste Ninfe erano grate a coloro che le salvavano dalla morte, ma punivano severamente quelli la cui màno
no soltanto da sette a cinquanta. I loro nomi sono tratti quasi tutti dalla lingua greca e ben convengono a marittine divinit
cenno di Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa ritornando dalla caccia un giorno si fermò per riposare al margine
uì pei campi e pei monti, fino a che la Ninfa non potendo più reggere dalla stanchezza implorò il soccorso di Diana che la ca
. Siccome erano belle e ancor più sagge, Busiride, re d’Egitto tratto dalla loro fama ne divenne amante e spedì dei pirati ch
iamate anche dagli antichi Isole Fortunate o Atlantidi, poco distanti dalla costa d’Africa, di cui gli antichi avevano poche
r soccorso sua figlia rapita da Plutone le cambiò in uccelli. Partite dalla Sicilia andarono a stabilirsi nell’isola di Capri
la testa ed il corpo di donna fino alla cintura e la forma di uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto il corpo di a
furono per andare in cerca della loro compagna per cui erano animate dalla più viva amicizia. Avrebbero per caso i poeti avu
nvaghito Glauco, dio marino ; ma non avendo potuto questi farsi amare dalla medesima ricorse a Circe, famosa maga, la quale c
icoli che vi correvano i navigatori. Questo passo era chiamato Scilla dalla parte d’Italia, e Cariddi dal lato della Sicilia.
famoso mangiatore. Un giorno viaggiando con Ilo suo figlio, sorpresi dalla fame ambidue, chiese da mangiare ad un bifolco ch
e lo mangiò. Dovea essere anche gran bevitore, se si deve giudicarlo dalla grandezza della sua tazza, che dicesi fossero nec
Fileo suo figlio che lo consigliò a mantenere i patti, Ercole offeso dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede
onevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di voler dare un pranzo
so onde raddolcire i feroci costumi dei Traci di que’tempi, e ridurli dalla vita selvatica alle dolcezze d’una incivilita soc
rasportata dai flutti, si fermò presso l’isola di Lesbo, e dicesi che dalla sua bocca udivansi uscire tristi e lugubri suoni
i denti del drago, lancia una pietra frammezzo ai combattenti sortiti dalla terra, li pone in tanto furore, che rivoltisi l’u
i pregò Giove di porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, tocoo dalla sua sciagura, trasferì a Prometeo l’immortalità c
ce figlia di Borea e di Orizia, ad istanza di cui accecò i figli, che dalla prima aveva avuti. Borea vendicò l’innocenza de’n
le mura di Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a sei leghe dalla sua imboccatura, capitale della Colchide ove regn
llesponto ora stretto dei Dardanelli. Allorchè Elle fu perita, Frisso dalla stanchezza e dal dolore oppresso approdò col suo
a tutti quelli che venivano per togliorlo e a due tori spiranti fuoco dalla bocca e dalle nari. Marte si compiacque tanto di
to che niuno è più crudele di una donna il cui risentimento sia punto dalla vergogna di un rifiuto. Preto non osando ucciderl
lancata vomitava turbini di fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione di Minerva, ed avendo ottenuto da Nett
sepolcro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia, rapita dalla sua patria e trasportata in Grecia. Nelle medagli
i maschi, la fece esporre sul monte Partenio. Essa non fu abbandonata dalla fortuna essendo stata allevata per cura di alcuni
ro dei concorrenti alla di lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’
si gettò nel mare al ricever che fece questa triste nuova mandatagli dalla regina degli Dei per mezzo di Morfeo. Gli Dei ric
lterabile amicizia tra i coniugati ; questo uccello non si separa mai dalla sua compagna quando l’ha scelta. È celebre nella
cortesemente accolto ed associato al proprio regno, che nominò Lazio dalla parola latinalatere, nascondersi, perchè in quell
e sarebbe ucciso da suo figlio il quale avrebbe poi sposata la madre, dalla cui unione sarebbe sortita una detestabile stirpe
re di Corinto e portato alla regina Merope, la quale ne prese cura e dalla gonfiezza dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adul
a cedergli il passo. Di là arrivato a Tebe trovò il paese infestato dalla Sfinge mostro alato nato da Tifone e da Echidna c
relegarlo in terre sconosciute, ricusa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egl
l genere di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la volontà dalla quale viene costituito il delitto, non abbia avut
le mura di Tebe venne fulminato da Giove ; anfiarao fu col suo carro dalla terra inghiottito ; Ippomendonte e Partenopeo cad
ste, che aveva seguito suo fratello Atreo nell’Argolide, si fe’ amare dalla regina sua cognata, e la rese madre di due figli.
Atreo avendo scoperto l’incestuoso intrigo di suo fratello, lo bandì dalla corte, ma non credendosi abbastanza vendicato fin
ò un gran banchetto e avendo trucidato i figli che Tieste aveva avuti dalla regina, ne fece imbandire le membra e le presentò
iglio di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fosse la prima dalla quale ebbe Plistene, Agamennone e Menelao ; dicon
mennone e di Clitennestra dovea esser ucciso da Egisto, ma fu salvato dalla sorella Elettra, ed allevato secretamente da Stro
o femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Sciro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse
va gli Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio, partì seguíto dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì
cese da lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Rem
vennero da Omero descritte nell’Odissea. Le vicende sofferte da Enea dalla sua partenza dall’Asia fino al suo stabilimento i
pretavano le risposte. L’oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pizia sacerdotessa d’Apollo. Questa Pizia chiamas
evano i Romani offrine alle divinità i primi frutti che raccoglievano dalla terra in segno di riconoscenza. Per ricevere siff
ra era quella d’impedire che s’intraprendessero delle guerre ingiuste dalla repubblica, e ad essi venivan dirette le lagnanze
ugurio quando sentivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra di Giove ; non così se udivasi al contrari
lici. I Gruochi pubblici erano sorte di spettacoli pubblici adottati dalla maggior parte dei popoli per ricrearsi o per onor
giuochi servivano d’ordinario a due mire : da una parte i Greci, fin dalla prima giovinezza acquistavano lo spirito marziale
(1). Gerusalemme liberata, cant. I, st. LVIII. (1). Estratto dalla Prefazione del Manuale delle Mitologie pubblicato
8 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
quella incogniti mari. Ma un giorno, come volle il suo fato funesto, dalla nave sconquassata nel lungo viaggio e corrosa dal
er popolate da gente che vi si fosse trasportata a nuoto ; e sappiamo dalla Storia della scoperta dell’America, che anche i s
torii, ma non creare la civiltà. Questa deriva ed è prodotta soltanto dalla persuasione e dalle arti di pace. Quindi la guerr
esto di decadenza della civiltà ; poichè questa se non è accompagnata dalla moralità, non è altro, secondo la frase del Romag
gnosi, che una barbarie decorata. La civiltà infatti com’ebbe origine dalla concordia degli uomini a stare uniti per comune v
ei seppe distogliere gli uomini selvaggi e antropofagi dalle stragi e dalla vita bestiale e ferina 82. Ma questi e simili pro
o fiume Ebro ; ed anche così com’era spiccato dal busto e trasportato dalla fiumana ripeteva pur sempre il nome di Euridice.
ndo ; ed Aristeo non sapendo come riparare a tal perdita, consigliato dalla Madre ricorse a Proteo, che dopo i soliti sutterf
ù, come affermano gli etimologisti. La forza che Ercole manifestò sin dalla prima infanzia andò sempre talmente crescendo da
bilterra e allora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni dalla parte di ponente, e, secondo i Mitologi, pose in
clava uccise Caco che inutilmente gettava contro di lui fumo e fiamme dalla bocca e dalle narici. Tutti i vicini ne furono ta
. 25.) Alcuni Mitologi raccontano che Ercole per far riposare Atlante dalla fatica di sostenere la volta del Cielo colle spal
ella di Nume fluviatile ; ma Ercole avvezzo a strangolar serpenti fin dalla culla e poi ad uccider mostri e giganti, vinse co
o popolare che se ne formò il proverbio latino ab ovo per significare dalla prima origine, alludendosi all’origine della guer
itologia. Minosse prese in moglie Pasifae, una delle figlie del Sole, dalla quale ebbe un figlio che fu chiamato Androgeo e d
carnivoro e pascevasi anche di carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ov
ve delitto a cui lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo nipote Perdice che dimos
o di un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso, gli nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fosse di origine divina, n
colpo di clava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà. Preceduto dalla fama di questi ed altri mirabili fatti giunse Tes
orte ti porse ? « Partiti, bestia, chè questi non viene « Ammaestrato dalla tua sorella, « Ma vassi per veder le vostre pene.
io, contando il bastone. » La Sfinge, com’era suo fato, si precipitò dalla rupe del monte Citerone, e morì. Edipo, essendosi
nno a vicenda, andò ramingando per la Grecia, accompagnato e condotto dalla pietosa sua figlia Antigone ; e Giocasta si diede
di Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma « ……. par surger dalla pira « Ove Eteòcle col fratel fu miso. » Il solo
io di lui Emone essendo invaghito di Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà di suo padre, si uccise per disperazione
e che molti Tebani prima del saccheggio preferirono di andar profughi dalla patria in cerca di nuove sedi. Quest’ultimo fatto
piccolo regno in quella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo pr
o principe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina, dalla quale doveva nascere un figlio molto più illustre
due vocaboli come se fossero perfettamente sinonimi, e dovrà dedurre dalla Mitologia e dai classici antichi la differenza di
e nel narrare quali degli spiriti magni egli vide nel Limbo, comincia dalla troiana prosapia dicendo : « Io vidi Elettra con
sìone figlia dello stesso Laomedonte. Allora soltanto il re si scosse dalla sua noncuranza, e per salvar la propria figlia pr
errà dire di quello che ne fu causa, cioè di Paride. I poeti si fanno dalla lontana, e veramente ab ovo, narrando che Ecuba q
to di Deidamia figlia del re, che egli aveva segretamente sposata ; e dalla mollezza e dagli agi della corte di Licomede part
« ……… e così insieme « Alla vendetta corron come all’ira ; « E dentro dalla lor fiamma si geme « L’aguato del caval che fe’ l
ttenuto dalle eloquenti esortazioni del vecchio Nestore, e più ancora dalla Dea Minerva, che « Gli venne a tergo e per la bi
enclatura degli Ornitologi. Si racconta ancora un altro miracolo, che dalla statua di Mènnone, quando era percossa dai raggi
’episodio di Laocoonte fu reso celebre non solo da Virgilio, ma anche dalla greca scultura. Laocoonte sacerdote di Apollo fu
perchè i Greci li credessero segnali di un porto amico ove ripararsi dalla tempesta, ed invece percuotendovi naufragassero ;
i Dei e dello stesso Nettuno. Tutti gli altri guerrieri che partirono dalla Troade o con Menelao o con Agamennone, giunsero s
più volte espose la propria vita per salvar quella dell’amico. Spinti dalla tempesta nella Taurica Chersoneto (ora Crimea) fu
37. Menelao ed Elena dopo esser partiti da Tenedo erano stati spinti dalla tempesta sino in Egitto ; e di là tornati a Spart
rghi « Fuor dell’orme sedeano e fuor dell’onde. « Sol dal suo regno e dalla casta donna « Rimanea lungi Ulisse. » (Om., Odis
uanto prima della sua presenza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una turba di principi greci delle Isol
Omero, molto errò, cioè andò molto vagando senza saper dove, sospinto dalla forza del vento e delle tempeste. Solamente dall’
sso Gaeta « Prima che sì Enea la nominasse ; » e poi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più di sette anni nell’isola di
n una nave da lui stesso costruita ebbe a soffrire un’altra tempesta, dalla quale con gran fatica e pericolo scampato a nuoto
soltanto di 6 compagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla tempesta nel vortice di Cariddi. In qual modo str
e ascendere, io sapea, « Tanto eran lungi le radici, e tanto « Remoti dalla mano i lunghi, immensi « Rami, che d’ombra ricopr
n n’aveva alcuna. « Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, « Chè dalla nuova terra un turbo nacque, « E percosse del leg
ungo in più luoghi. T. Livio per altro dice soltanto che Enea profugo dalla patria dopo l’eccidio di Troia andò prima nella M
l’uom che teme. » Anche l’Ariosto ha fatto cangiare Astolfo in mirto dalla maga Alcina ; e il Tasso molto a lungo ha descrit
egnosissimo episodio fu inventato da Virgilio, che cioè Enea sospinto dalla tempesta sulle coste di Barberia, avesse trovato
i e fondare la città di Cartagine in Affrica. Gettato su quelle coste dalla tempesta, Enea fu accolto umanamente dalla regina
a. Gettato su quelle coste dalla tempesta, Enea fu accolto umanamente dalla regina, la quale offrì ad esso ed ai Troiani di f
te che Enea morì due anni dopo, e fu adorato come un Indigete Dio. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita di Romolo son mol
’Alba, per ordine di successione sino a Numitore padre di Rea Silvia, dalla quale nacquero Romolo e Remo. E sebbene a questo
ron riconosciuti falsi e bugiardi. La Divinazione esisteva in Oriente dalla più remota antichità, e principalmente nell’India
solo i filosofi, ma anche gli antichi romani separarono la religione dalla superstizione 158. E quantunque egli non enumeri
ta eliminandone ciò che vi sia stato intruso di vano e di irrazionale dalla imbecillità degli uomini 159. LXIV Gl’Indovi
e rive del Fasi furono portati dagli Argonauti i fagiani in Grecia, e dalla Grecia vennero col greco nome a Roma e furono per
e non per ringiovanire, almeno per riacquistare le forze illanguidite dalla vecchiezza, e viver più a lungo. Disgraziatamente
volgare, ossia verso i tempi di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo di ricche
li e delicati sentimenti), si gettò in mare, ove un delfino, attirato dalla dolce armonia, lo salvò portandolo sul dorso sino
ero fu cangiato in quella stella omonima che prima comparisce la sera dalla parte di occidente : dalla qual voce Espero deriv
tella omonima che prima comparisce la sera dalla parte di occidente : dalla qual voce Espero derivò poi la parola vesper in l
rte la stella Espero, ed ultima Esperia la Spagna, perchè più lontana dalla stessa parte. 89. « Che giova nelle fata dar
ica dell’ablativo latino ; ed altresì il nome francese Perdrix deriva dalla stessa sorgente. — Ovidio nel lib. viii delle Met
i, che sebbene anticamente fosse creduta tale, e sia anche proclamata dalla legge Mosaica, fu poi riconosciuta in molti casi
rieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti dalla tempesta sull
Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti dalla tempesta sulle coste dell’ Italia. 120. « Nec
9 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
rtire queste narrazioni come segue : 1° in favole o finzioni ricavate dalla Storia ; 2° in invenzioni relative alla Filosofia
o d’Omero e che fiorì 9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamar
orno di questo mese i Consoli designati entravano in carica ; seguiti dalla folla, salivano il Campidoglio, ed in mezzo ai pr
co fanatismo (il furor sacro) d’una falsa religione. Uscivano costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa di ciarlatani andav
ofittevoli. 57. Cerere, stanca un giorno de’suoi viaggi, e tormentata dalla sete, entrò in casa di una vecchiarella per nome
e di coloro che essendo per miseria o per altre necessità travagliati dalla fame possono parere ingordi nel satollarsi. 58. A
intorno tryo, io fatieo, gr.) re di Micene nell’Argolide, ebbe favori dalla di lui moglie Alcmena, che fu madre d’Ercole (364
insetti si dileguarono. In Roma fu detto anche Giove Statore, stator dalla parola stare, perchè alle preci di Romolo aveva r
cchi sopra la giovanetta Io figlia d’Inaco re d’Argo ; e per salvarla dalla persccuzione di Giunone la celò in una nube, e la
Giunone amò tanto questa sua confidente, saggia e docile giovinetta, dalla quale riceveva sempre buone nuove, che per ricomp
a moglie di Giove mosse contro la loro madre il serpente Pitone, nato dalla terra26 (pytho, imputridisco, gr.), affinchè la m
rova di filiale affetto (672). 100. Ma la vittoria gli fu amareggiata dalla morte del figliuolo Esculapio (289), il quale ave
ribuivano due particolari virtù a questa pianta : l’una di preservare dalla folgore ; l’altra di far vedere la verità in sogn
di vendicarsi. Nettuno inondò la nuova città, e Apollo fece devastare dalla peste il paese. 107. Laomedonte cercò rimedio a t
una folta macchia per ispiare i suoi passi. Cefalo, [ILLISIBLE]ssato dalla stanchezza e dal caldo, andò per caso a riposarsi
l’Elicona, e che il cavallo Pegaseo (124) fece con un calcio scaturir dalla terra. Alle falde dell’Elicona v’era anche la tom
se a dileggiare Apollo ; ed ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla vagina delle membra sue. (Dante, Parad. c. i.). C
ele al Dio del giorno, alligna bene in quei luoghi che sono ravvivati dalla sua presenza. Gl’inni più celebri che erano canta
ma che serviva di fanale ai marinari. L’interno del colosso era vuoto dalla parte destra per poter salire al fanale. Un terre
invecchiare. Endimione dormiva in [ILLISIBLE] valle spesso illuminata dalla Luna, ed ecco l’origine de favola delle nozze di
o, variato nome. Altri vi riconoscono l’immagine del sole che si alza dalla parte dell’ Oriente dove è posta l’ India, e illu
loquenza ; ed allora lo rappresentavano con una catena d’oro pendente dalla bocca a significare ch’ ei legava le menti e gli
Venere. 170. Venere, Dea della bellezza e degli amori, nacque dalla spuma del mare il primo giorno della prima primav
sua educazione, la condussero in cielo, e quivi tutti gli Dei, rapiti dalla sua bellezza, la desiderarono per isposa ; ma Gio
e e soavissima e sventurata poetessa greca, lo fa nascere dal Cielo e dalla Terra per significare i sentimenti sublimi che de
e e di lacrime, e cangiarlo in anemone. La sola bellezza, scompagnata dalla forza e dalla prudenza, non vale a salvar l’uomo
, e cangiarlo in anemone. La sola bellezza, scompagnata dalla forza e dalla prudenza, non vale a salvar l’uomo dai pericoli,
ella mitologica Psiche l’anima immortale ; il che può rilevarsi anche dalla etimologia del suo nome : onde i filosofi hanno d
nle sacre ; ed aveva anche il nome di Citerea, perchè, appena formata dalla schiuma del mare, fu tratta nell’isola di Citera
do…. Foscolo, la Chioma di Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla versione latina di Catullo.36 Nettuno. 1
i Giove (63) e di Plutone (213). Appena nato, la madre, per liberarlo dalla voracità (allegorica) di Saturno (28), lo celò tr
e la testa di Minerva dall’altro, per indicare il commercio governato dalla saviezza. I Romani destinarono il primo giorno de
istesse una via per discendervi, quella per la quale Enea fu condotto dalla Sibilla Cumana (665) : Era un’atra spelonca la c
Tartaro. ove s’incontravano pantani d’acqua putrida e limacciosa ; e dalla morta gora esalavano micidiali vapori ; torri di
l’Acheronte. 221. Lo Stige era un « tristo ruscello con acqua buia » dalla quale esalavano mortiferi vapori, e che per nove
i : Nuovo pallor copre la faccia ; ei sente Il nume tuo presente ; Tu dalla mano incerta Togli l’insanguinato Scettro, e sul
he della Notte, e secondo altri della Necessità ; ed erano così dette dalla parola parcere, perdonare o risparmiare, usata ir
ebbe il Destino (21) e l’Erebo (223) ; dal Sonno (240), Momo (282), e dalla Morte (242), la Frode. 239. La si vede negli ant
creda che le ricchezze consistano solamente nel denaro simboleggiato dalla borsa di Pluto : chè anzi hanno esse la minima pa
ombattere pe’ Troiani nella guerra mossa loro da’ Greci, restò ferito dalla lancia di Diomede (377) invisibilmente guidata da
(377) invisibilmente guidata da Minerva (262) ; e che nel ritrarsela dalla piaga …… mugolò il ferito Nume, e ruppe in un tu
e fosse caduto dal cielo ; e la superstizione romana faceva dipendere dalla conservazione di quello, come dal Palladio i Troi
e quello di Atenea in Atene, le venivano dati indifferentemente. Fino dalla sua nascita ella si dedicò all’invenzione delle a
Pindaro la colpa d’Esculapio veniva dall’essersi lasciato corrompere dalla venalità : Or quanti afflitti volsero Al grande
lle virtù mediche attribuite in antico ad alcune specie di rettili, o dalla lunga vitalità di questi animali, per lo che i ci
o arsione, e che il palato non sia amaro. — La temperanza ti libererà dalla sete e dalle cattive digestioni, che son causa di
a incolta. Gli spuntano in fronte le corna, ed ha il corpo di caprone dalla cintura all’estremità inferiore, mentre dalla sch
ha il corpo di caprone dalla cintura all’estremità inferiore, mentre dalla schiena gli spunta la coda a spazzolar le cosce e
edevasi che fosse la stessa grotta ove Romolo e Remo furono allattati dalla lupa. Nel tempo di quelle feste i sacerdoti di Pa
glianti ai Fauni, erano divinità agresti discendenti da Bacco (146) e dalla naiade Nicea che fu da esso inebriata col trasfor
i della campagna alle pericolose lusinghe dell’amore. Ma Alfeo rapito dalla sua bellezza continuamente ne chiedeva la mano. A
e che il Dio delle ricchezze, Pluto (254), che è cieco, fosse guidato dalla Fortuna egualmente cieca, la quale dipende dal ci
singolarmente ; ma Polidetto, ingelositone, si studiò di allontanarlo dalla corte. A tale effetto cominciò a fargli desiderar
nneso alfine vi ritornarono, occupando il paese fino allora posseduto dalla famiglia dei Pelopidi. ossia dai discendenti d’At
o trasse ad Euristeo, che al primo vederselo in faccia fu per morirne dalla paura. 373. Nel monte Menalo s’annidava una cerva
Cirene (474), aveva certi destrieri ardentissimi che vomitavano fuoco dalla bocca ; e correva voce ch’ei li nutrisse di carne
per lo più vogliono denotare la tirannide sostenuta dall’ipocrisia e dalla frode. Dante nel XVII dell’Inferno ne fa una mara
tosto a quell’antro, dove Caco si preparò alla difesa mandando fuori dalla bocca e fumo e fiamme ; ma fu inutile, perchè il
col Minotauro. 422. Tuttavia l’ industre Dedalo, risoluto di uscire dalla prigione, congegnò due paja d’ ali posticce, e le
ttenne tanta riputazione, che lo zio, divenutone geloso, lo precipitò dalla sommità della cittadella di Minerva ; ma questa D
se mai ritornasse vittorioso, di metterle bianche ; ma questi invaso dalla gioia della vittoria scordò l’ ingiunzione patern
rnar da lontano col funebre arredo, credè morto il figliuolo, e preso dalla disperazione, si gettò in mare. Gli Ateniesi dett
rianna (417), intanto che faceva educare a Trezene il figliuolo avuto dalla regina delle Amazzoni. Una volta condusse in ques
igandola ad accusarlo di tradimento a Teseo. 437. Il padre, ingannato dalla malvagia donna, bandì il figliuolo, e lo abbandon
istigatovi da’ suoi nemici, lo fece assalire a tradimento e dirupare dalla cima d’ un alto masso. 440. Gli Ateniesi, molti s
hi, promettendo di rendergli i suoi stati qualora tornasse vittorioso dalla Colchide (oggidì Georgia russa o Mingrelia in cap
padre ; ma il re inseguiva minaccioso i fuggitivi ; ed essi accecati dalla paura non risparmiarono iniqui mezzi per rattener
ro d’origine divina, Lion la testa, il petto capra e drago La coda, e dalla bocca orrende vampe Vomitava di fuoco. E nondimen
re di quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sventurata mort
La favola aggiunge che i suoi compagni nell’andare a prendere l’acqua dalla fontana di Diria furono divorati da un drago, e C
rrendi, e per esser padre di una detestabile prole. Allora, atterrito dalla funesta predizione, prese volontario bando da Cor
devastava le campagne vicine a Tebe. 498. L’enimma dato a indovinare dalla Sfinge ai Tebani era questo : « Quale sia l’anima
ppena avesse trovato lo scioglitore del suo enimma. 499. Edipo, mosso dalla ricompensa e dall’avidità di regno, andò al cospe
di Tebe,92 Ippomedonte, l’indovino Anfiarao (662) che fu inghiottito dalla terra, il suo figlio Alcmeone, e Partenopeo. 93 S
7. Gli Argivi stringevano già Tebe d’assedio, e gli abitanti oppressi dalla fame erano ridotti agli estremi, quando l’indovin
io son pronto, lascia il padre, e corre generosamente a precipitarsi dalla cima della cittadella. La caduta fu mortale, e la
ocentomila Greci, e quasi altrettanti Trojani. 524. I principali eroi dalla parte dei Greci furono Agamennone (527), re d’ Ar
rpatore, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due femmine, Ifigenia ed Elettra, e un
go, e tese tante insidie ad Agamennone, che al suo ritorno fu tradito dalla moglie, ed ucciso nella propria reggia ; indi lo
braccia, Là onde poi li Greci il dipartiro ; Che mi scoss’io, si come dalla faccia Mi fuggi il sonno, e diventai smorto Come
ille in Sciro.) Allora seguì Ulisse all’assedio di Troja, ed ebbe dalla madre un’armatura impenetrabile fabbricata da Vul
dacia di Diomede, essendochè quegli uccelli non temono le procelle, e dalla cima dei più aspri scogli si librano sulle onde a
loro navi ; ma egli generosamente sacrificandosi per la patria, balzò dalla sua, e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591).
nvulnerabile, eccettone il luogo dove questa pelle era stata sbranata dalla ferita con che Ercole aveva ucciso la belva. 563.
e sue frodi non finì mai d’essergli avversa. Quindi le sue avventure, dalla caduta di Troja fino al ritorno in Itaca, sono ar
caproni di Polifemo, e fatto anch’ esso altrettanto, sbucarono tutti dalla caverna, passando fra le gambe del gigante mentre
suoi compagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo di partire dalla sua isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, tra
delle onde, e non seppe scorgere nè abitazioni nè abitanti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli
scia, appena gli era riescito di trascinarsi in un bosco poco lontano dalla costa. Lì presso scorreva il limpido ruscello dov
lto mare aperto Sol con un legno, e con quella compagna105 Picciola, dalla qual non fui deserto. L’un lito e l’altro vidi in
n suolo. Cinque volte racceso, e tante casso112 Lo lume era di sotto dalla luna, Poich’entrati eravam nell’alto passo : Quan
n n’ aveva alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto113 Chè dalla nuova terra un turbo nacque, E percosse del legno
ndetta nel cuor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci, tornando dalla presa di Troja, fu assalita di notte da una furio
se l’asilo d’Astianatte, ed allora il misero fanciullo fu precipitato dalla cima delle mura di Troja. 596. Andromaca, moglie
ra bello quanto vano, sedotto dalle carezze di Venere e più che altro dalla promessa, giudicò doversi dare a lei il pomo d’or
Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria per involarsi alle crudeltà del fratello P
nata.) Ma Didone non potè sopravvivere alla partenza d’Enea ; e vinta dalla disperazione salì sopra un rogo fatto alzare a be
olo, senza bisogno di pigliar moglie. Furono esauditi i suoi voti ; e dalla pelle del bove che aveva ucciso nacque Orione, ce
i sa come, offeso Diana, e che questa Dea per punirlo facesse sbucare dalla terra uno scorpione che lo ferì a morte colla sua
tto di circa sei miglia. Intenerita da quest’azione, la madre implorò dalla Dea pe’suoi figliuoli il bene più grande che ai m
doveron condurre per sussistere, e quella età di ferro tanto diversa dalla vantata beatitudine dei tempi antidiluviani ? Un
li resta dietro il levar del sole, ed è bruno in volto, perchè soffia dalla parte dell’ Etiopìa abitata dai Negri. 656. Austr
nascondiglio. Anfiarao costretto a partire vide avverarsi, nel tornar dalla spedizione, il funesto vaticinio, poichè Giove (6
imastile. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella ne bruciò altri tre, e g
estavano fede ! Ivi erano religiosamente conservati i versi proferiti dalla Sibilla, e da ogni parte accorrevano gli uomini a
lauco (201) e sacerdotessa d’ Apollo. Si narra che questo Dio, rapito dalla sua bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua
da vivere altri tre secoli. Dopo il qual tempo il suo corpo consumato dalla vecchiezza doveva struggersi a poco a poco, e di
del divicto ; ma egli sdegnandosi della resistenza, la trasse a forza dalla sua cella, e la condusse nel Santuario, dov’ella
ochi pubblici tanto in Roma che in Grecia erano spettacoli consacrati dalla religione a qualche divinità, ed i popoli li cele
tatore. — Gli Atleti dotati di forza prodigiosa furono talora sedotti dalla presunzione, e ne pagarono il fio. Milone di Crot
Olimpici furono i più frequentati e i più celebri, e presero il nome dalla città d’ Olimpia nell’ Elide presso la quale si c
si ogni quattro anni nella città di Pitona appiè del monte Parnaso, o dalla città medesima o dal serpente Pitone, ucciso da F
il quale non potè evitare l’inciampo, e però cadde prostrato e deriso dalla moltitudine, mentre il vincitore seguitava la sua
te variando, spinse da un lato all’altro la densa polvere, sollevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di
e loro uscissero le faville insieme coll’alito dalle polverose nari e dalla bocca spumante ; e, cogli occhi ardenti, correvan
l petto il nodo della fascia, ed apparve nudo in tutto, fuorchè cinto dalla consueta zona atletica. Non erano così alte e smi
si gli animi ; ma però tutti concordi nella propensione, perchè vinti dalla bellezza divina del giovine atleta, che desiderav
a, ne nasce una zona o cintura o fascia, la quale fu chiamata zodiaco dalla voce greca zodion che significa piccolo animale :
la varietà delle stagioni ; l’altro li fa derivare dall’istoria ; chi dalla mitologia ; e chi, all’incontro, sostien che la f
ioè tra le mèssi e le vendemmie : ed è quell’ Astrea (339) che fugata dalla terra pei delitti degli uomini, se ne ritornò in
nelle e di giovenchi, E traendone l’adipe il Pelide Copriane il morto dalla froute al piede, E le scuoiate vittime d’intorno
ato Muggia, tornaro alle lor case i venti. Stanco allora il Pelide, e dalla pira Scostatosi, sdraiossi, e dolce il sonno L’oc
ghe piogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie di mitra, dalla quale spuntano due corna ; nella sinistra un bast
ne, passava per l’autore di tutto il male. Il primo era rappresentato dalla luce e l’altro dalle tenebre, loro emblemi natura
erire. Segue Yduna custode dei pomi mangiati dagli Dei a preservativo dalla vecchiezza. Fra i men noti di sesso maschile si n
o altro che un parlar figurato, e indicano relazieni d’idee suggerite dalla immaginazion dei poeti. Infatti troveremo bene sp
a indicare gli nomini resi celebri in quest’ arte. Un incendio acceso dalla folgore nelle foreste dell’ Ida pose questi monta
ola d’Ischia o le altre vicina si formarono di parti di terra divelte dalla Campania in quello sconvolgimento. Esiodo dice ch
bbaiar dei cani. Chi non ravvisa in lai detti un vulcano allora sorto dalla terra, che per più bocche lanciava fiammo, e mugg
ciclo, ovvero liberò l’uomo dalle tenebre dell’ignoranza e dai ccppi dalla schiavitù ; e rappresenta allora la provvidenza u
e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni fanno derivare il suo nome dalla parola merces, mercium. 34. Di qui il nome di e
ale esito. Millo anni più tardi Saffo, abbaudooata da Faone, si gettò dalla cima del fatale scoglio, ed ebbe il modo di dimen
burrascoso. Ora il vortice di Cariddi posto in quella medesima foce, dalla parte di Sicilia in faccia agli scogli, non è più
verso terra. Forse il congegno delle ali di Dedalo non era collegato dalla cera ; forse non fu che un primo tentativo d’ acr
oi, per quanto inverosimili, adombrano nobilisaimi fatti, svisati poi dalla tradizione e dalla poetica fantasia ; e che Ercol
rosimili, adombrano nobilisaimi fatti, svisati poi dalla tradizione e dalla poetica fantasia ; e che Ercole, Teseo, Dedalo ec
ti d’ Ulisse. 103. Padre d’ Ulisse. 104. Enea pose il nome a Gaeta dalla propria nulrice che ivi lasciò sepolta. 105. Per
bile sì che poteva essere paragonata ad uno scoglio flagellato invano dalla furia dei venti. Vestita a lutto, pallida, abbatt
10 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
ra mi trasse ad occupazioni più serie, intesi tratto tratto decadermi dalla mente il concepito disegno di menar a fine quel c
i qualche materia s’imprende, Cic. de Of. Lib. 1. sub init. aver deve dalla definizione il suo principio, acciò quanto in pro
ità) trattar de’principali, e più interessanti punti della Mitologia, dalla definizione di essa pria d’ogni altra cosa per un
r incoerenti, e strane da quel valentuomini, de’quali a tutta ragione dalla Repubblica letteraria la saggezza si esalta(1).
secoli sedotta tennero la infelice Gentilità, ebbero la loro origine dalla Idolatria.(2) Imperocchè perduta gli uomini a poc
al detestabile sistema pertanto di qualificar Dei a capriccio seguito dalla oscurata cogniziono del vero Dio, sembra, Læt. Li
rà la quarta alle latine muse unicamente sagrata. Facciamoci pertanto dalla I ed incominciamo propriamente da Giove padre deg
contro i Giganti. Questi colligati con Tifeo spaventevole mostro nato dalla terra congionta col Tartaro si accinsero ad attac
enti ruine ; ma sebbene con mille usate diligenze valsero a sottrarlo dalla barbara morte, non poterono però camparlo dalla s
e valsero a sottrarlo dalla barbara morte, non poterono però camparlo dalla sventura di una mal concia sua gamba. Suo impieg
ua compagnia associando il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla sua Caverna pezzi di opera si ragguardevoli, che
e indica magnificenza d’imprese, quod magna vertat. Dicevasi Gradivus dalla vigorìa nel brander la sua asta : Ab hastae vibr
orrore, con gallo qual simbolo di vigilanza al suo fianco, preceduto dalla fama, che con spaventevole mormorìo ne annnnziava
è poi questi animali fossero stati a Marte graditi, può congetturarsi dalla generale ragione, che assegna Latt. lib. I de Fal
o comparve nelle sue sembianze, che Giunone tuttochè dignitosa rapita dalla sua rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò
cui costa tal nome, e tolto ancora, secondo alcuni, Cupidine natogli dalla stessa, altro d’egual plausibilità non si scorge.
Commesse queste bravure depose insieme collo sdegno le armi, e spinto dalla forza del molle amore con strane guise tutto agl’
insorse il superbo Pane con imprudente disfida, ma perditor partendo dalla contesa per giudizio di Tmolo Re di Lidia, pagò c
o, ove per bocca della Sacerdotessa Pitia situata sul Tripode coverto dalla pelle del Serpente Pitone rendevansi gli oracoli
o arbitro nella gran contesa sorta per cagione del pomo d’oro gittato dalla Discordia nelle nozze di Teti, e di Peleo ? Non s
forme presentò i suoi preziosi tesori a mortali, sichè questi rapiti dalla novità del portento, e da essa, e dal figliuol di
chiome della diletta sua figlia, e fatta quindi consapevole del tutto dalla ninfa Aretusa, sollecita volse indietro i suoi pa
vetta, non poteva da quel luogo mai più partire, e nel seno ritornare dalla afflitta sua madre. E cosi invero sarebbe avvenut
rsi scioccamente burlato di essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla sete con avidità tracannava il gran vaso di acqua
lla sete con avidità tracannava il gran vaso di acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia Becubo, fù col resto di quell
a Becubo, fù col resto di quell’acqua con sdegno buttatagli in faccia dalla risentita Dea ad un tratto cambiato in vile lucer
contemplatori ; soggetti però a si sacro, ed inviolabil silenzio, che dalla società era ben tosto bandito chiunque osava viol
ate alcune parole contumeliose, e degradanti l’onor di questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno privata dell’antico s
questi si furono, onde palesar ben chiaro quanto ella rapita venisse dalla amata sue castità. Suoi nomi. Fra gl’altri nomi
osi di mia riserbatezza nel favellarne. Chi fù Venere. Nacque Venere dalla spuma formatasi intorno alle recile parti di Uran
a tal Dea ; eccone però i principali. Chiamata veune Afrodite, perche dalla sozza indicata spuma riconobbe i natali, e per la
cemente sedotta da Giove, senza riguardo alcuno tutto sdegno divenuta dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunqu
anime quivi rinchiuse, cui perciò rivolgevansi spesso i gentili mossi dalla pietà verso i loro defonti, e per la stessa ragio
del cotanto celebrato ramo di oro, giusta i consigli a lui prescritti dalla Sibilla Cumana. Tal triplice suo potere in Cielo,
entato da Orfeo venuto in soccorso di Euridice ; ammanzito finalmente dalla Sibilla resasi sicura guida di Enea nello andare
iti Cavalli, con chioma irsuta intorcigliata da lunghe corna spuntale dalla abbronzita sua fronte, fuliginoso tutto nel viso,
rimentò e un Penteo Re di Tebe, che per aver impedito le sue feste fù dalla Madre istessa oltre il consueto per cagion di que
a consimile festa introdussero i Romani ìn memoria del giorno, in cui dalla Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ; qua
eviarsi da suoi affanni montò un giorno il suo carro, e ratto salendo dalla nera dimora portossi in Lenno nella Sicilia, onde
ti. Tal vistosa figura pose in fiero tumulto i suoi affetti, e spinto dalla forza delle suscilate fiamme cieco divenuto ad og
i di tutti i più affettuosi sensi per esse, acciò rapiti in tal guisa dalla dignità del portento, lasciandosi manudurre da gu
ni dabbene è appunto la giustizia, mentre per essa non uscendo l’uomo dalla sua sfera sarà amico di ogni altra virtù. Vien es
o. Quanto però s’ingannano i mortali sù tal fatto abbastanza rilevasi dalla necessità di tal virtù per ben oprare, essendo es
nel suo corso avvanza. Segna con verga il globo, e la possanza Palesa dalla reggia al vile ostello, Ciascun l’invoca, ed essa
isa in ricco tron vaga Regina, Col regio serto il caduceo sostiene, E dalla faccia amabile, e divina Spirano di contento aure
è la funesta ricordanza del male commesso attendiamo a tenerci lungi dalla causa se vogliam essere liberi da effetto si tris
vaghe forme, e velenoso fiato Sorridendo si mostra una donzella, Cui dalla bocca spunta un serpe alato, Tanto terribil più,
É essa audace perche tal è il mentitore : è zoppa, perchè soppiantata dalla verità : è vecchia, perchè nacque col mondo nella
ti affetti in suo onore. Qual meraviglia fia poi se rapiti oltre modo dalla celebrità di quest’arte i popoli orientali a tal
stanza il poema sia ben capito, ed accolto ; altrimenti annoiati essi dalla lunghezza, e travagliati dalla oscurità fin dal p
ed accolto ; altrimenti annoiati essi dalla lunghezza, e travagliati dalla oscurità fin dal principio, quali altri buoni eff
bili da potersi adddurre bastano a comprovare la preposta verita, che dalla sola conoscenza, e pratica del verso deriva quel
gata, quale per altro non è indispensabile, come chiaro può scorgersi dalla lettura di poetici libri. Ecco intanto l’esempio
forme intrecciate sogliono entrare in tal metro, come può apprendersi dalla lettura, e specialmente dalle diverse composizion
upe in fuor stendea E in quell’acqua, che giù piomba Salvo in parte dalla pioggia A cercar corriam la tomba. Cap. X.
o sorprendente, ma difficile fù inventato, e maestrevolmente trattato dalla celebre poetessa Marianna Bandettini di Perugia.
olci, che ogni palato assaggiar ne volle avidamente il sapore. Quindi dalla natura di esso tradotti un Chiari, un Goldoni, un
o di Creto hà bisogno d’un saldo filo per scorta, ma senza aspettarlo dalla favolosa Arianna si avrà dall’esempio seguente, n
Che in si bella stagione i campi decora, Per cui fa i fiori uscir fin dalla cenere. Odi il cantar dell’usignuol, e l’Ecora ;
ale di Esiodo, e sebbene in tempi non tanto remoti sia stata trattata dalla gran penna del Sannazzaro, pur nella tessitura ce
e Chi al seno porgerà forza cotanta Perchè il pastore egregioChe volò dalla terra in sen di Dio, E come rammentare ogni suo p
e d’una breve come Curre, Tembla, Cerne ecc. III. Il Giambo inventato dalla donzella Giamba, ed usato ne’ componimenti satiri
a Christus, che per la Reg. L. del nuovo Met. è breve, perchè seguita dalla parola colendus, che comincia da consonante diven
prendo unicamente di veduta le diverse maniere di comporre risultanti dalla diversità della Versificazione riconosciute egual
tur in hortis Numina ! (1). Un bel vantaggio morale risulta ancora dalla Mitologia. Imperocchè a nostra edificazione possi
atria istessa riprovar non intesi o il parere di chi la vuole discesa dalla introduzione de’due principii buono, e cattivo, o
issero, come di lumi a molti luoghi della sacra Scrittura, e così fin dalla tenera età dolcemente istillare nel lor cuore un
lbore della sua nave ; quale invenzione poi scorgendo la Sirene mosse dalla impazienza del dolore, ululando, e gemendo si pre
acciò in tal modo que’ giudici, lungi il pericolo di essere allettati dalla vaga pompa di artificiosi ornamenti potevano con
elo, che via lattea da noi s’appella, fosse causata dal latte versato dalla bocca dell’infante Nume distaccatosi per un momen
ni Deo ? Che finalmente meglio di Mercurio abbia richiamato le anime dalla morte eterna, abbia riportato gran bottino ec. ne
lla pietra immolar si dovea Cristo, che è Pietra, sì finalmente acciò dalla durezza della pietra, ove al sommo Nume sacrifica
olo a Dei però, ma agl’uomini sibbene esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni co
i una incudine quattro martelli di 6 12 18 24 libre l’un dopo l’altro dalla gravità diversa dei loro colpi formò la misura de
elle sole aspirazioni, ed in qualche altro caso, come può apprendersi dalla lettura dei poeti. (1). Poichè la natura dell’ E
11 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
le cognizione ; questa esattezza d’ordine non venne fin’ora osservata dalla maggior parte di quegli Scrittori, che nella nost
me delle più nobili virtù ; ma quali e quanti non sono poi i racconti dalla Mitologia medesima offerti agli occhi nostri, i q
a di presentarle quali furono, seguendone la traccia e le alterazioni dalla prima invenzione sino a noi. Anzichè dunque framm
ne, al quale ogni cosa si riduce dal medesimo(b). Plutarco vuole, che dalla falce si ricordi, che gli uomini appresero da Sat
ndò che in quello dovesse sempre ardervi il fuoco, perchè credeva che dalla perpetuità del medesimo avesse a dipendere quella
di Rea le derivò dal verbo Greco rin, scorrere, perchè tutto proviene dalla terra(l). Venne denominata Buona Dea, perchè la t
voce latina opes, ricchezze, fu appellata Ope, perchè quelle si hanno dalla terra(n). Il primo, che nel Campidoglio le fabbri
ia del fiume Sagari o Sangaro, e però detta Sagaritide, o Sangaride ; dalla quale ebbe Lido, che diede il nome alla Lidia, e
ta di quel bambino, non ne udisse i vagiti(c). Le Vestali, così dette dalla loro Dea Vesta, furono istituire da Numa Pompilio
icue. Il fine di tali Feste era quello di ottenere in copia le frutta dalla terra(e). Le Ordicali, o Ordicidie furono così de
n esse tutto era mistico. Dicesi da alcuni, che sieno state istituite dalla stessa Cerere ; altri dal re Eretteo ; altri da M
acevano libazioni con due vasi pieni di vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Oriente, e l’altro da quella d’ Occident
continenza. Unito ad esse eravi anche un Sacerdote, detto Stefanoforo dalla corona, che portava in capo. Al tempo di tali Fes
acoli. Eglino erano prima due, e poi divennero dodici, scelti a sorte dalla città d’Elide. Era loro uffizio il dare degli avv
sacrificare ella stessa a Giove, se egli fosse ritornato sano e salvo dalla guerra contro i Sarmati. Colei non potè farlo, pe
una parte a questo Dio (b). Quindi Giove fu anche chiamato Predatore, dalla voce latina praeda, spoglia de’ nemici (c). Domiz
lato Panonfeo (h), o perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (i). Giove in un tempio
asie si celebrassero con somma tristezza. Ilapinaste si disse il Nume dalla Greca voce ilapine, conviti, perchè con questi er
re all’anzidetto convito spettava a certi Sacerdoti, chiamati Epuloni dalla voce latina, Epulae, vivande (g), perchè eglino m
ero su per una collina Baucide e Filemone. Erano questi poco distanti dalla vetta, quando, abbassati gli occhi, viddero somme
gliono fare i bevitori. Altri dicono, che sia stato denominato Bromio dalla Ninfa, Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal prede
i uni agli altri in coloro, che soverchiamente ne usano(f). Milichio, dalla voce milica, fico, perchè egli era stato il ritro
empo i sigli fossero stati senza padri ; e però si dicevano apatori : dalla qual voce vuolsi, che le anzidette Feste sieno st
ide, Melanto, Alcimedonte, Epopeo, e l’audacissimo Licaba, proscritto dalla patria. Allo strepito delle voci il fanciullo si
n varie classi secondo l’età, e si esercitavano al corso, cominciando dalla minore. Tutte usavano la stessa veste, co’ capell
e, la riportavano a suo luogo (a). Vuolsi che sia stata detta Feronia dalla città di questo nome, situata alle radici del mon
ppe, che le medesime caddero tutte in profondo sonno. Le donne allora dalla cima d’ una ficaja selvaggia, detta caprifice, di
io di Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20), e da Giove, il quale per unirsi
bissi, e mettesse in iscompiglio le ombre colà confinate. Uscì quindi dalla sua Reggia per visitare le viscere più profonde d
a infernale (c). Varj altri nonti si diedero a Plutone. Fu detto Orco dalla voce greca orcos, giuramento, perchè gli Dei sole
che questo tempio era stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti dalla valle di Tempe, e che avea la forma di capanna. S
ossia i discendenti di Alcmeone, famiglia potente d’Atene, scacciati dalla loro patria da’Pisistratidi, costruirono il medes
ollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e di giovani,
quest’ara non si sacrificavano mai animali vivi(b). Si denominò Abeo dalla città d’Aba nella Focide, dove avea un ricco temp
eneravasi Apollo spezialmente dagli Ateniesi, perchè li avea liberati dalla peste nel tempo della guerra, che sostenevano con
mpio sul monte Cotilio, perchè lo stesso Dio avea liberato quel luogo dalla peste(c). Al dire di Clemente i discendenti di Te
lo, e in quel luogo fabbricarono una città, che denominarono Smintia, dalla voce greca sminthos, topo ; v’eressero un tempio
atta una grande strage di selvaggina in boschi e in monti, desistette dalla caccia per ripigliarla poi nel dì seguente. Non m
lebrava anche una festa, in cui i Romani si astenevano per qualche dì dalla caccia, coronavano i cani di fiori, e con fiaccol
tingue tre : l’una, figlia del Cielo e del Giorno ; l’altra, prodotta dalla schiuma del mare ; la terza, nata da Giove e da D
però Greci e Latini non fanno menzione, che di quella, la quale sortì dalla schiuma del mare, e fu risguardata come la Dea de
Pigmalione(2), e ricchissimo re di Cipro(e), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di favori, le consecrò la città di Pafo, da l
te(f). Ne avvenne quindi, che i sacerdoti di Pafo erano sempre scelti dalla famiglia reale, e dicevansi Ciniradi. Virgilio ra
quale, com chè si trovasse allo scoperro, pure non veniva mai bagnato dalla pioggia(c), nè sopra di quello si offerivano che
dell’ Artica, fatto prigioniero da certi corsali Tineni, poi liberato dalla figlia del loro capo, la quale se n’era invaghita
n Promontorio del suo paese un tempio a Vedere, e la denominò Coliade dalla voce greca cola ; piedi mani, pe’quali era stato
ui un ragguardevole giovine ne divenne amante(a). Si denominò Ericina dalla sommità del monte Erice, nella Sicilia, dov’ebbe
tra Festa, detta Catagogia, ossia la Festa del ritorno, perchè allora dalla parte dell’ Africa Venere e le colombe ; guidate
a prevalersi delle prudenti esortazioni. E di lui cani trassero fuori dalla macchia uno smisurato cinghiale. Egli avventò uno
vventò uno strale contro quella fiera, ma essa strappandosi col dente dalla pelle il ferro, lo svelse intriso di sangue, inse
ell’Inferno(e). Nettuno non solamente fu detto Ippio, ossia Equestre, dalla corsa de’cavalli, che si faceva al tempo de’Giuoc
eggiarono nel fare agli uomini un utile dono(a). Arione aveva i piedi dalla parte dritta simili a quelli dell’uomo. Era inolt
vato dalle Nereidi(b). Minerva. MInerva secondo Erodoto nacque dalla palude Tritonia e da Nettuno, e fu poi adottata d
non seppe trovare eccezione sul merito del lavoro e dell’arte, usata dalla sua competitrice : bensì la disgustarono i simbol
orgo tra Atene ed Eleusi ; o da un certo vate, appellato Sciro(5) ; o dalla voce greca sciros, calcina, o gesso, perchè di ta
, che insegnò ad attaccare i cavalli al carro(b). Fu appellate Lafira dalla voce greca lafira, spoglie de’nemici, perchè di q
utrice, come abbiamo riferito, Alalcomenia(b). Fu denominata Calcieco dalla voce greca chalcòs, rame, perchè di tal metallo e
allora trovavasi in tumulto. Gli abitanti d’Epidauro, afflitti poscia dalla carestia, consultarono l’Oracolo. Questo rispose,
iunone. Ovidio poi, seguito da altri Poeti Latini, così lo fa nascere dalla sola Giunone : turbata questa Dea, perchè Giove a
no sul monte Cresio un tempio al Nume ; e i Greci lo chiamarono Afneo dalla voce afenos, abbondanza (f). Venne appellato Gine
Sacerdoti sieno stati detti Salj da un certo Salio, il quale, venuto dalla Samottacia o da Mantinea in Italia, v’avea insegn
. La maggior parte però de’ Teogonisti vogliono, che Vulcano sia nato dalla sola Giunone(c) ; e però gli diedero il soprannom
lla di lui bruttezza. La Dea, che non diffidava del figlio, allettata dalla bellezza del dono, si affrettò a sedervisi, e sì
bravano dagli Ateniesi le Calcie. Queste Feste furono così denominate dalla voce greca, calcòs, rame, perchè si solennizzavan
he il loro padre sia stato Polifemo(f). Questi al dire d’Omero nacque dalla Ninfa Toosa e da Nettuno(g). Apollonio gli dà per
Nat. Com. Mythol. l. 2. (8). Il Destino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la quale regolava con sì sovrana pote
ciò era indizio, che davasi per vinto. La vita però di lui dipendeva dalla volontà degli spettatori, o di chi vi presiedeva 
danaro, e in una rozza verga di legno, detta da’ Latini rudis (b), e dalla quale al Gladiatore, che la conseguiva, derivava
asi placidamente sacrificare (lo che conoscevasi, traendo un coltello dalla di lei fronte sino alla coda), perchè altrimenti
omanzia, ossia la stolta scienza, con cui pretende di trarre vaticinj dalla particolare composiziono dellemani. Divengono qui
neto con una Sfinge a canto. Fu questo un mostro, nato secondo Esiodo dalla Chimera e dal cane Orto(a). Igino lo fa nascere d
lo instruì dell’ uso che far ne doveva. L’uno e l’altra si staccarono dalla mossa, e come Ippomene videsi non molto dopo perd
mpagne (d). Patelena o Patalena proteggeva le spighe, mentre uscivano dalla corteccia (e) ; Proserpina, quando germogliavano
e i predetti esercizj (g) : to che appresso i Greci esprimevasi anche dalla voce Pentatlo, e appresso i Romani dall’ altra Qu
sono le opinioni degli Antichi. Alcuni pretendono, che sieno nati non dalla sola Terra, ma da questa e da Urano (f), ovvero d
i si alzavano cento teste di dragoni ; e mandava flamme dagli occhi e dalla bocca(i). Questo Gigante secondo alcuni dichiarò
e e alle bestie(h). Diodoro di Sicilia narra, che que’ popoli ridotti dalla carestia a mangiare carne umana, non mai però toc
, re d’Egitto, di stringere alleanza co’ Romani, non si potè scampare dalla morte un soldato di questi, perchè aveva ucciso,
più corone a’ Giuochi pubblici. Egli in età di nove anni, ritornando dalla scuola, e avendo osservato in una pubblica strada
glino, come l’Oracolo avea dichiarato, non avrebbono potuto liberarsi dalla fame, che poco dopo era insorta ad affliggerli(a)
ia il modo d’indovinare colle frecce : queste o si estraevano a sorte dalla faretra, o si gettavano in aria, e da quella part
). Varro de L. L. l. 5. (15). Esiodo dice che il Giuramento nacque dalla Dea Eride, ossia Discordìa(b). Esso anche dagli A
ilmente osservare, ancorchè chi l’avesse fatta, fosse stato costretto dalla violenza, o fosse per dorivargli gravissimi danni
Conso riconosce il Dio Nettuno, soprannominato Ippio, ossia Equestre, dalla magnifica corsa di cavalli, la quale si faceva al
attanto dinanzi al Rogo si battevano i Gladiatori (a), detti Bustuarj dalla voce latina bustum, con cui si chiamava il Rogo,
re all’anzidetto convito spettava a certi Sacerdoti, chiamati Epuloni dalla voce latina, Epulae, vivande (g), perchè eglino m
che il dorso d’Ercole era nero ; e ricordandosi dell’avviso, ricevuto dalla loro madre, presero a vicende volmente confabular
tal caso diveniva subito cieco, o perdeva una mano, o veniva sorpreso dalla morte, e sommerso nelle stesse acque (b). V’è chi
o, di nome Acide. Questi divenne pastore di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, figlia di Nereo e di Doride. Ebbe
edeva a ciò, che chiude l’apertura del muro, per cui si entra ed esce dalla casa(f). Il Dio Limentino proteggeva le soglie(g)
divisato, coperta di bianco velo. Al chiarore della Luna vide usciro dalla foresta una leonessa, lorda di sangue, che a quel
velo, sbranato e intriso di sangue. Lo riconobbe, e credette divorata dalla fiera colei, che lo portava. Disperato risolse d’
ace, quattro, Egle, Eretusa, Vesta, ed Eritia (b) Esiodo le vuol nate dalla Notte (c). Elleno possedevano numeroso gregge di
trema parte dell’Etiopia verso l’Occidente (f). (2). Il Dragone, che dalla Dea fu mandato a custodire le predette frutta, ch
aeva subito grandissima avversione al vino (d). Melampode liberò pure dalla predetta malattia tutte le donne d’Argo, le quali
e non voleva darla in isposa, se non a colui, che gli avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Ercole, contro di cui eg
ob. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (12). La favola d’Iti non è dissimile dalla seguente. Tereo, figlio di Marte, e re de’ Traci,
a Mercurio, e da Penelope, figlia d’Icario (c) ; Omero da Mercurio, e dalla Ninfa Driope (d) ; il Poeta Epimenide da Giove, e
ossia da una Nereide (i). V’è finalmente chi dice, che Giove lo ebbe dalla Ninfa Eneide (l). Pausania poi riferisce, che mol
di lui rivale, fu trasportato da sì grande gelosia, che la precipitò dalla sommità di una rupe. Quindi si credette, che il l
i celebrarono da’ Romani per ricordare il benefizio. prestato ad essi dalla lupa coll’educare Romolo e Remo ; e che per tal m
a quella della sposa ; finalmente nel terzo giorno conduceva la sposa dalla casa del padre alla sua. La sposa allora vestivas
Gli Antichi riconobbero la Morte, come una Divinità, nata, ed educata dalla Notte(a). E perchè essa è veramente il sonno eter
terra. La falce tronca indistintamente ogni cosa, nè altrimenti si fa dalla Morte. Il ragno, ch’ è animale debolissimo, e che
si, che non erano se non false illusioni. I primi, dice Omero, escono dalla mentovata porta dell’ Inferno, ch’è di corno, e i
rfeo pretende di Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Terra, e dal sangue di Saturno(g) ; Sofocle dalla
o poi le fa nascere dalla Terra, e dal sangue di Saturno(g) ; Sofocle dalla Terra e dalle Tenebre(h) ; e il Poeta Epimenide d
a la testa di leone, il corpo di capra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ippono
h), e ora di Giove e di Temi(i). Igino soggiunse che trassero origine dalla Notte e dall’ Erebo(l). Altri le fanno nascere da
trassero origine dalla Notte e dall’ Erebo(l). Altri le fanno nascere dalla Necessità ; altri dal Caos e dal Dio Pane(m). Nel
ua, batteva un vaso di bronzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire dalla sua casa. Il suono de’ predetti vasi si risguarda
e aggruppata sopra una spalla(b). (13). Lo Stige trasse il suo nome dalla Ninfa Stige, figlia d’Oceano, e moglie di Pallant
oglie di Pallante o Pirante(c). Pausania lo fa nascere da Acheronte e dalla Terra(d). Apollodoro Grammatico vuole, che abbia
ue’ luoghi una fonte di limpida acqua. Quì si fermò il giovine stanco dalla caccia ; e infievolito dal caldo, e assetato ch’e
de’ Lapiti nella Tessaglia ; Tantalo, nato da Etone(d) o da Giove, e dalla Ninfa Plota, e re della Lidia(e) ; Issione, figli
scoperto i misterj degli Dei(e). Pindaro soggiunge, che Tantalo rubò dalla mensa degli Dei il nettare e l’ambrosia per farne
, ch’egli stesso avesse indicato agl’infelici amanti, che per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di
era figlia d’ Iperione e di Tia(e). Alcuni la dicono nata da Titano e dalla Terra(f) ; altri da Pallante, figlio di Crio(g).
a Beozia, su’quali si onoravano, erano denominati Aonii(d) ; Tespiadi dalla città di Tespia, dove parimeuti rendevasi loro pa
ttenerle appresso di se. Elleno allora spiegarono il volo, e uscirono dalla Reggia per le finestre. Deluso colui nel suo desi
e di poter raggiungerle col librarsi anch’egli in aria. Ma staccatosi dalla cima d’un’ alta torre, così precipitò al basso, c
iamo finalmente che nel monte Parnasso v’avea un antro, detto Coricio dalla Ninfa Coricia, la quale partorì ad Apollo un figl
e, che trovavasi tralla Macedonia e l’Etolia, e che sepanava l’ Epiro dalla Tessaglia(b). (38). Il Permesso era un fiume del
me cagionasse lo spirito fatidico(e). Questo fiume fu così denominato dalla Ninfa Castalia, che fuggendo da Apollo, rimase co
l quale pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi presagito fino dalla di lui fanciullezza, quando molte formiche empiro
si eziandio, che il capo e la lira di lui, gettati nell’ Ebro, furono dalla forza del fiume trasportati in Lesbo ; che poi la
Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi di si allontanò dalla società, e andò a vivere ne boschi, ove fu accolt
enza maritarsi. Così avvenne, giacchè gli Dei fecero nascergli Orione dalla pelle d’un bue, ch’egli avea loro sacrificato (f)
risguardate come le Dee della riconoscenza. Ciò veniva espresso anche dalla maniera di rappresentarle. Comparivano giovani, p
e Cupido trasse sua origine da Saturno ; e Saffo pretende dal Cielo e dalla Terra(d). Finalmente Platone racconta, che, solen
ola, e s’avvide ch’era Cupido. Una goccia d’oglio cadde per accidente dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli co
a all’anzidetto mostro marino, la pose sopra una naye, affinchè fosse dalla sorte altrove portata. Giunse colei nella Sicilia
usso e riflusso del mare. Vuolsi, che sia stata chiamata pure Salacia dalla salsezza delle sopraddette acque(b). (c). Hyg.
rì due scellerati figliuoli, detti Tmilo e Telegono (f). Ebbe altresì dalla Ninfa Psammate delle figlie, e fralle altre Idote
l pescatore non sapeva decidere, se cosa sì nuova si fosse prodotta o dalla potenza di qualche Deità, o dalla efficacia di qu
e cosa sì nuova si fosse prodotta o dalla potenza di qualche Deità, o dalla efficacia di quel terreno. Credette alfine, che n
vano varie predizioni (g). Gli stessi Sacerdoti si appellavano Comani dalla città del medesimo nome, nella quale trovavasi un
tribunale d’Atene ; così detto da Marte, che i Greci chiamano Ares, e dalla voce pagos, altezza, perchè quel tribunale era si
12 (1897) Mitologia classica illustrata
e dimostra l’ etimologia dei nomi loro; la loro immagine sorse dunque dalla personificazione delle forze naturali, aggiuntavi
ì volendo esprimere il sole nascente, ora parlavasi di un figlio nato dalla Notte o dalle Tenebre, ora di un gigante che stro
to al mattino, suona già a mezzogiorno colla lira da lui inventata, e dalla culla ov’ è in fasce sfugge per andare a rapire l
enebrosa. Dal Caos sorse primamente, non si dice come, Gea, la terra, dalla quale subito si staccò il Tartaro o Inferno; poi
infine Crono (Kronos) e Rea (Rhea), che sarebbero un ringiovanimento dalla coppia Urano-Gea, più tardi interpretati come il
uni dei Titani Oceano, Temi, Mnemosine e Iperione essendosi schierati dalla parte di Zeus, rimasero gli altri a difesa del fr
raffigurati come aventi in luogo di gambe due serpenti che terminano dalla parte della testa. Un celebre cammeo del Museo Na
iós) si connette colla indiana Djaus, che vuol dire: cielo, giorno; e dalla stessa radice deriva pure il lat. Iov di Iov-is,
’ isola di Creta, per cura della ninfa Adrastea, e ricevette il latte dalla capra Amaltea; e perchè i suoi vagiti non giunges
rà nella parte seconda. Rispetto a questi molteplici amori attribuiti dalla leggenda a Zeus, son da notare due cose: prima ch
asconde la luce del giorno e atterrisce gli uomini, ma vien dissipata dalla serena luce. 2. I caratteri morali di Atena sono
ettentrione, precisamente là dov’ era la sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si conservava una statua di lei che si d
etta della Vittoria alata. Così era raffigurata la dea come se reduce dalla battaglia si raccogliesse nella tranquillità del
temide, figlio di Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguitata dalla gelosia di Era, la povera Leto fosse stata costre
nta fin da giovinetto in lotta contro il gigante Tizio (Tityos), nato dalla terra, che avendo osato offendere Leto fu da Apol
o ucciso; e contro il serpente Pitone (Python), mostro parimente nato dalla terra, che infestava la pianura di Crisa nelle vi
ezza di contemplare le nude forme della bagnante; niuno lo salverebbe dalla sua ira. Ben sel seppe il cacciatore Atteone, il
n d’ altro più compiacevasi che del selvaggio grido di guerra; armato dalla testa ai piedi, coll’ elmo dal cimiero ondeggiant
sotto le freccie di questo Dio (personificazione del lampo che nasce dalla nube tonante). Anche le guerriere Amazzoni eran d
o, e considerato come datore di fecondità. 4. Il Mercurio dei Latini, dalla voce mercari, negoziare, era semplicemente il Dio
con predilezione si attennero; secondo la quale Afrodite sarebbe nata dalla schiuma del mare (la voce greca afro vuol dir sch
iorente, tutta riso il sembiante, tutta oro l’ abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d’ ambrosia, e allorchè e
va che egli avesse la potenza di far scaturire d’ improvviso sorgenti dalla terra; e raccontavasi che quando i Sabini, dopo i
vinità dei Sabini, corrispondente al Mars dei Latini, e prendeva nome dalla città sabina di Cures, i cui cittadini erano dett
agine di Endimione dormente visitato da Selene. Essa è contrassegnata dalla mezzaluna sulla fronte; generalmente ha velata la
are di Pergamo si trovan rappresentate alcune stelle come combattenti dalla parte di Zeus contro i Giganti. Artifizio a cui s
r riempire in qualche modo il largo spazio che veniva a rimaner vuoto dalla parte del cielo. e) I Venti. 1. Erano anch’
o Schiron o Iapyx od Onchesmites, vento di ovest-nord-ovest (soffiava dalla Iapigia verso la Grecia, e da Onchesmo città dell
ecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i più bei monumenti eretti dalla dinastia dei Flavii. 3. Pindaro nella 13a Olimpic
re il metodo dell’ incubazione. La venerazione per Esculapio, aiutata dalla superstizione e dai pregiudizi, durò fino ai più
tempeste e spezza le rupi e scuote la terra, e fa sorgere isole nuove dalla profondità delle acque. Ma basta anche uno sguard
ridonar la calma. Molte leggende si riferiscono a Posidone, originate dalla natura del mare, e dai rapporti di questo coll’ u
in forma d’ uomo nella parte superiore del corpo, e in forma di pesce dalla coda biforcuta nella parte inferiore; più tardi v
lie di Crono e madre dei Cronidi, specialmente di Zeus, ci è già nota dalla Teogonia. Era essa oggetto di culto segnatamente
o, amata da Zeus. A costei l’ amore di Zeus fu fatale, perche indotta dalla gelosa Era a chiedere la grazia di poter vedere l
, figlio di Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era stato allevato, o
felice di una ninfa, poichè l’ abbandonò per essersi lasciato sedurre dalla figlia d’ un re, perde la luce degli occhi o seco
ri venivano messi in parodia gli Dei ed Eroi celebrati dall’ Epopea e dalla Tragedia, rilevando i fati più comici delle loro
soddisfare qualunque desiderio egli fosse per esprimere. Mida, spinto dalla sua avarizia, chiese si convertisse in oro ciò ch
tta a creare tutta una famiglia di Pani o Panischi, genii dei boschi, dalla figura mezzo umana mezzo caprina, i quali dicevas
gie, ma di lepri, cavriuoli e simili. Durante queste feste, a partire dalla seconda metà del 6º secolo di R., invalse anche l
a Demetra il merito di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti dalla condizione di rozzi cacciatori e pastori a uno st
più bei flori; in un momento ch’ ella erasi scostata dalle compagne e dalla madre per cogliere un bel narciso, eccoti all’ im
rdote supremo. Si prometteva agli iniziati la felicità d’ oltretomba, dalla quale si dicevano preclusi gli altri mortali. I s
zza. È facilmente riconoscibile dal fascio di spighe che ha in mano e dalla corona di spighe che generalmente porta in testa;
rifizio non gli si offerivano che bestie nere e si torceva lo sguardo dalla vittima nell’ atto d’ immolarla. Delle piante era
Iliade d’ Omero, l’ inferno era creduto sotterra a non molta distanza dalla superficie, attribuendosi alla terra la forma di
he là fosse giudicato dal celebre tribunale dell’ Areopago presieduto dalla dea Atena. Anche là lo seguirono le Erinni sitibo
r cola dai loro occhi, han dei serpenti per capelli, la lingua sporge dalla bocca e digrignano i denti; le vesti nere sono te
esto punto; le più antiche son quelle cho tacevano sorgere gli uomini dalla madre terra, come dalla madre terra sorgono lo pi
he son quelle cho tacevano sorgere gli uomini dalla madre terra, come dalla madre terra sorgono lo piante e gli animali. Si d
piante e gli animali. Si dicevano autoctoni i primi uomini venuti su dalla terra, Questa spiegazione si colori diversamente
minò in terra i denti di quel drago. Ed ecco ben presto spuntar fuori dalla terra tutta una falange d’ uomini armati, i quali
nche la seminagione dei denti del drago e la nascita di uomini armati dalla terra è motivo antico; ma a questi si mescolarono
tà, rimase reggente dello Stato Nitteo, di stirpe regale, proveniente dalla città di Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo a
Anfione. Il carattere di questi due fratelli, veri Dioscuri Tebani, è dalla leggenda dipinto come affatto diverso. Ruvido Zet
i che da sè si ponevano una sopra l’ altra dove occorreva. Ancora son dalla leggenda ricordati i Dioscuri Tebani per la trist
inferno la nota pena di trascinare su per un monte un gran masso, che dalla cima poi riprecipitava a valle. Si è molto discus
icato. Piuttosto il Sisifo che rotola un masso su pel monte e lo vede dalla cima precipitare in fondo, fa pensare al sole che
agli di un cotal Bellero non è che una leggenda assai tarda originata dalla etimologia supposta del nome), Bellerofonte dovet
na bella statua di questo genere è nella Galleria Vaticana, portatavi dalla Villa Mattei ove prima trovavas; un’ altra è quel
artennero gli eroi Perseo ed Eracle. Le Danaidi sono ancora ricordate dalla leggenda per la punizione inflitta loro nell’ alt
e Graie, le tre sorelle delle Gorgoni, Enio, Pefredo e Dino, le quali dalla nascita non avevano avuto che un occhio e un dent
entazioni; nella fig. 82 si riproduce un rilievo marmoreo proveniente dalla villa Panfili, e che ora trovasi nel Museo Capito
prese a rappresentare la Medusa con bellissimi lineamenti irrigiditi dalla morte. Un bell’ esempio l’ abbiamo nella Medusa d
e forse dell’ eta di Augusto. A Vienna trovasi un rilievo proveniente dalla Licia, rappresentante il rapimento delle figlie d
, vennero in punizione colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa Dea nel suo santuario dell’ Acropoli, e fa
sull’ Acropoli, dove pure si conservava il primo olivo fatto nascere dalla Dea. 2. Di Eretteo la tradizione ricordava due fi
, e Procri già felice sposa del bel cacciatore Cefalo, poi tormentata dalla gelosia e uccisa per sbaglio da lui stesso mentre
o padre di Pandione succeduto a lui nel regno; Pandione avrebbe avuto dalla ninfa Zeusippe due gemelli, Eretteo che chiamerem
namorò perdutamente; chiestala ed ottenutala col pretesto di condurla dalla sorella, la portò in luogo remoto del suo regno e
ta, profittando delle feste bacchiche, simulando bacchica furia, usci dalla città, trasse al luogo dov’ era Filomela, la libe
sandali e se ne venisse ad Atene. A sedici anni d’ età, Teseo portato dalla madre avanti a quel masso, lo sollevò facilmente,
iandanti e li uccideva con una mazza di ferro (perciò detto Corinete, dalla voce greca coryne, mazza). 2º Sull’ istmo tolse d
venuto ed aveva preparato all’ uopo il veleno, quando Egeo riconobbe dalla spada e dai sandali il suo figliuolo; allora butt
ch’ egli il suo lato debole e ne fu vittima. Aveva una vena unica che dalla , testa scendeva sino ai talloni, dov’ era chiusa
to accaddegli allora che egli tento di impedire agli Argonauti reduci dalla Colchide lo sbarco nell’ isola; Medea colla sua a
bbligava i viandanti a lavorare nella sua vigna. — Tornato in libertà dalla servitù di Onfale, Eracle in unione con altri ero
on fatti storici in fondo, appartenenti alla stirpe dorica e riferiti dalla leggenda all’ eroe della stirpe. Invece Eracle ch
urpe tentativo di Nesso e l’ uccisione di lui, e il triste dono fatto dalla innamorata Deianira allo sposo e la dolorosa mort
opo le fatiche, colla sinistra ascella appoggiata sulla clava coperta dalla pelle leonina; il braccio sinistro pende abbandon
rometeo esiste una bella rappresentazione in un sarcofago proveniente dalla Panfilia e ora conservato nel museo Capitolino. —
endon le reti, si sguinzagliano i cani, si va dietro l’ orme impresse dalla belva. Infine queste è stanata, e feroce si scagl
del cinghiale, fu dato naturalmente a Meleagro, ma egli, tutto preso dalla bellezza di Atalanta, lo cedette a lei, dicendo c
dolore dei perduti fratelli maledetto il figliuolo, questi si ritirò dalla lotta, e allora i Calidonesi ebbero la peggio e v
ciò la moglie celeste per sposare donna terrena, Ino figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come già si disse
e era detto figlio di Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare dalla persecuzione di Pelia il suo piccolo figlio Giaso
. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno dalla Colchide avevano naufragato a quell’ isola, giuns
iferentesi alla Medea in Atene, quella di Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e la Medea di Ovidio tanto lodata dai co
patì di grande carestia. Interrogato l’ oracolo, rispose si cacciasse dalla città l’ uccisore di Laio. Edipo s’ affanna a ric
donare Tebe e la Beozia; e così il povero vecchio cieco, accompagnato dalla sua amorosa figliuola Antigone, andò errando di l
altrove; fuggì Adrasto mercè il suo bravo destriero Arione, prodotto dalla Demetra Erinni. Di Adrasto fuggente favoleggiossi
o il loro duello mortale invano scongiurato dall’ infelice Giocasta e dalla buona Antigone. Altre tragedie d’ Euripide ricava
dendo gli effetti delle colpe paterne, furono perseguitati anch’ essi dalla sventura. La storia dolorosa di Niobe fu già da n
iglio del re Priamo, ma a motivo di un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecuba nel dar alla luce questo figliuolo, f
Zeus, pregato da Tetide la madre di Achille, fè che la vittoria fosse dalla loro parte. Dopo parecchi fatti d’ arme in cui va
a occasione di fare atti di valore. Prima vennero le Amazoni, guidate dalla loro regina Pentesilea, figlia di Ares, e diedero
i e dopo aver commesso violente stranezze si uccise. — E così sparito dalla scena anche Aiace, rimase Ulisse il più valente d
cò. Il giorno dopo gli riuscì di fuggire col compagni, uscendo questi dalla spelonca confusi colle pecore, ed egli avviticchi
e; d’ un tratto n’ uscirono i più gagliardi venti, e le navi sbattute dalla tempesta furono trasportate di nuovo in occidente
fatti, trattenuto ivi dai venti contrari, i compagni di Ulisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcuni capi dell’ arment
are in cerca d’ una nuova patria. Le vicende assegnate ad Enea furono dalla tradizione modellate in parte su quelle di Ulisse
ale e Argive è insigne Melampo, figlio di quell’ Amitaone, che venuto dalla Tessaglia in Messenia ivi propago la sua stirpe;
nelle leggende tebane è nominato Tiresia; come nelle troiane Calcante dalla parte dei Greci, Eleno e Cassandra dalla parte de
come nelle troiane Calcante dalla parte dei Greci, Eleno e Cassandra dalla parte de’ Troiani. Di tutti costoro il più celebr
za senza senno rovina pel suo peso istesso; invece a forza temperata ( dalla prudenza) anche gli Dei danno incremento; giacchè
13 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
juto de’medesimi Cadmo fabbricò la città, indicatagli dall’Oracolo, e dalla giovenca, che avealo ivi condotto, la denominò Be
ti due feroci toti, che avevano i piedi di bronzo ; e mandavano fuoco dalla bocca e dalle narici(6) Conveniva inoltre uccider
rincipalmente se ne contano. La prima fu l’uccisione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era di prodig
anche appresso Molorco, vecchio pastore di Cleone, città d’Argolide, dalla quale il predetto leone fu da’ Poeti qualche volt
vea avuto parte in quella guerra(b) (14). Gerione, nato da Crisaore e dalla Ninfa Calliroe, era tricorporeo. Per custodi de’s
’amor conjugale, qualora esse languivano(26). Trascorsi parecchi anni dalla morte di Nesso, Ercole passò per. l’isola d’Eubea
astanza punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si portò a consultare l’Oracolo di D
letti separati. Pane, che li avea veduti entrare nella grotta, preso dalla bellezza d’Onfale, erasi proposto di sorprenderla
rtito, cui doveva appigliarsi. Ercole lo voleva fuggiasco, e le leggi dalla di lui patria glielo vietavano sotto pena di mort
o per una giovenca, erano caduti a terra semivivi. Incoraggito Fillio dalla visione, corse alla foresta, vi trovò il toro est
o immolò. Egli inoltre mediante la protezione d’Ercole restò liberato dalla fiamma d’amore, di cui ardeva per Cigno : lo che
lo in quella Reggia sotto l’educazione di un certo Connida(1), e fino dalla più tenera età diede non dubbie prove di sommo co
assidersi a mensa. Molti fanciulli, e tra quelli anche Teseo, tratti dalla curiosità di vedere Ercole, erano accorsi al pala
uccisione di costoro obbligò questo Eroe ad allontanarsi per un anno dalla sua città, e dopo questo tempo egli venne assolto
rosperità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stesso re poi sposò
arono libero il passaggio(6). Ritiratosi sul monte Ida, poco distante dalla città(7), formò ivi co’ suoi seguaci(8) una flott
ono potuto stabilirsi in Italia, se prima non fossero stati costretti dalla fame a divorare perfino le mense. Abbandonarono b
: anzi al rifiuto v’aggiunse anche le ingiurie, e lo fece allontanare dalla sua presenza. Crise chiese ad Apollo vendetta di
e gli promise, che ne rimarrebbe liberato, qualora avesse trasportato dalla . Taurica Chersoneso nella Gsecia la statua di Dia
legarono per andarsene contro Troja, Ulisse, non sapendo staccarsi nè dalla moglie, nè dal tenero figlio, Telemaco, si finse
, che divorò subito uno di que’ Greci. I sudditi d’Antifate, eccitati dalla di lui spaventevole voce, tumultuosamente accorse
vano i sacri armenti del loro genitore. I compagni d’Ulisse, cruciati dalla fame, mentr’egli dormiva, rapirono alcuni di queg
re la gloria di battersi con Ettore ma il conflitto restò interrotato dalla notte, che sopravvenne. L’uno e l’altro allora co
ce lo superò, e uccise. I due fratelli, de’ quali parliamo, ritornati dalla conquista del Vello d’oro ; si trasferirono nell’
e restasse ucciso da Pelope. Avvenne, che essendo Ippodamia molestata dalla sete, Pelope si allontanò da lei per andar ad att
o, e formava una parte considerabile della Grecia, dal nome di lui, e dalla Greca voce nitos, isola, fa denominato Peloponnes
ndio in moglie Giocasta a quello, che avesse liberato la di lui città dalla Sange. Questo mostro, come abbiamo esposto anche
vietato a tutti i profani, e più ancora a’ delinquenti, perseguitati dalla celeste vendetta. Alcuni Ateniesi, sorpresi di ve
a di Nemea nell’Acaja. Tutti erano molestati estremamente dal caldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, regina di Lenno
o che n’era stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito gli estremi doveri, an
e faccie, colle quali dimostravasi, che le azioni di lei sono dirette dalla considerazione del passato, e dalla previsione de
che le azioni di lei sono dirette dalla considerazione del passato, e dalla previsione del futuro. I serpenti finalmente, che
a in abito semplice, e col compasso in mano. Come questo non esce mai dalla circonferenza ; così la Parsimonia non eccede in
significare, ch’esso spezialmente nasce dall’esercizio delle armi, e dalla coltura delle scienze. Speranza. La Speranz
fu di tanta saviezza ed equità, che si disse essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla di un tempio e di un ora
grano adornano la mano di questa Dea, per indicare l’abbondanza, che dalla Concordia suole derivare. Talora stringe un fasce
lcezza del frutto di quell’albero caratterizza la dolcezza, che nasce dalla pace : e una corona, o un ramo d’ulivo faceva ric
tralle braccia Pluto bambino, per indicare, che le ricchezze nascono dalla pace(a). Verità. La Verità è virtù, che aff
ndo di maggior venerazione, ne trae d’ordinario più giovevole effetto dalla riprensione. La medesima virtù cinge una ghirland
ogo, e quasi d’ogni persona. Ha le ali alle tempia, perchè esso nasce dalla capricciosa fantasia, ed è sostenuto dalla leggie
tempia, perchè esso nasce dalla capricciosa fantasia, ed è sostenuto dalla leggierezza dell’ umano pensare. Il Lusso soventi
il sicuro modo di rendersi ridicolo. La stessa cosa viene dimostrata dalla Scimmsa, che sta a’ piedi dell’ Affettazione.
el Sole nella foresta coll’ asta solamente, che avea ricovoto in dono dalla sposa. Non vibrava colpo con essa, che andasse a
na Ninfa, corse ad avvisarne Procride. Costei, sopraffatta ben presto dalla gelosia, volle accertarsi del vero. La mattina se
e eseguiti. Ha vicino a se il Leone, perchè essa non va mai disgiunta dalla superbia, di cui quell’ animale n’è il simbolo.
carichi difficili e di grave importanza. Ella nasce dall’ ignoranza e dalla superbia ; quindi le si attribuiscono le orecchie
uesto Vizio. Invidia. L’Invidia è interna agitazione, cagionata dalla considerazione d’un bene, che si desidera, e dì c
lle quali fissa attentamente gli occhi. E’ tenuto sospeso pe’ capelli dalla Fortuna, per notare, che il Giuoco è per lo più f
da’ Greci denominata Eudemonia. Plinio narra, che Lucullo, ritornato dalla guerra contro Mitridate, volle scolpire una statu
coll’altra. Allgrezza. L’Allgrezza è contentezza d’animo, nata dalla vista, o dal possesso di qualche bene. Si dimostr
dubbio. Timore. Il Timore è interna agitazione, la quale nasce dalla conosciuta probabilità d’incorrere in qualche mal
ume, come figliò di Marte e di Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque dalla Morte. Per ottenere, che Egli non nuocesse, gli s
perchè da lui discese il celebre Tiresia(f). Questi nacque da Evero e dalla Ninfa Cariclo, figlia d’ Apollo(g). Tiresia s’inc
e Ginnone insorse giocoso contrasto, se amore si facesse più sentire dalla donna, che dall’uomo. Tiresia, perchè era stato d
revole a suoi disegni. La città di Tebe venne non molto dope afflitta dalla fame ; e Apollo consultato rispose, che per far c
òde del Vello d’oro, era stato generato dalle gocce di sangue, cadute dalla testa dì Tifone, quando Giove lo colpì col fulmin
vi(e). V’ è pur chi pretende, che la stessa nave siasi così appellata dalla voce greca argos, celere, perchè essa era tale(f)
Gesnero(c). (13). Mopso, Tessalo di patria, celebre indovino, nacque dalla Ninfa Clori, e da Ampico, per cui fu anche detto
figlio di Teodamante, re di quel paese. Ercole, oppresso dal caldo e dalla fatica, inviò il predetto Ila con un’ urna ad att
n Alope da Mercurio e da Antianira secondo Apollonio, o secondo Orfeo dalla Ninfa Lootoa, perchè era astuto, ebbe l’incombinz
giunta anch’ella nella Caria, volle recarsi alla Corte. Teonoe, presa dalla bellezza del giovine straniero, ne divenne amante
se i venti, troncò la gola alle ceraste ; schiantò i macigni, e svese dalla terra le più robuste guercie ; fece, che crollass
gli finalmente, entrato in una grotta con alquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì di sostenerla a forza di braccia d
rmarsi a piacere in qualunque figura : ciò per altro nol potè salvare dalla clava d’Ercolé, che lo uccise, mentr’erasi trasfo
lla sua veste. Là il bambino venne allattato da un giumento, smarrito dalla mandra. Il pastore, che cercava quell’ animale, s
araso. S’incenerirono i di lui capelli, e bollente sgorgava il sangue dalla ferita. Caraso si studiava di smorzare la fiamma 
Id. Ibid. (g). Eur. p. in Heraclit. (27). Demofoonte, ritornando dalla guerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, f
o per mano d’Achille(d). (7). Virgilio dice, che Troilo, trasportato dalla giovanile audacïa, ardi di azzuffarsi con Achille
lmente divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata di vita dalla di lui moglie, Clitennestra. Fu sepolta in Amiche
ise, sospettando che fosse opera di magia, fece rompere quella Statua dalla testa sino alla metà del corpo. Il rimanente suss
re rendette lo stesso suono. Credesi finalmente, che Mennone rendesse dalla stessa Statua un Oracolo ogni sette anni(b). (18
i facevano libazioni di vino(c) in un vaso, detto da’ Latini Patella, dalla qual voce questi Dei si appellarono anche Patella
). Tra queste le più celebri erano le Lararie, dette anche Compitali, dalla voce Latina compitum, luogo, dove più strade conc
fiume della Troade ; poi Ilo da Ilo, re de’Trojani ; finalmente Giulo dalla prima lanugine della barba. Distrutta Troja, ment
loro tributarono onori divini. La stessa Catana fu nominata Città Pia dalla pietosa azione de’due fratelli (b). (7). Lesche,
n sogno, l’espose il barbaro misfatto, e la consigliò ad allontanarsi dalla sua patria, e a trasportare seco i tesori, i qual
nò Cartagine, e nel mezzo della stessa vi formò una Cittadella, a cui dalla pelle del bue diede il nome di Birsa, voce Greca,
che non mai volle acconsentirvi. E perchè temeva d’esservi costretta dalla forza di quel re, ricercò alquanto di tempo sotto
Dio della Natura. Il Censorino vuole, che esso sia stato detto Genio dalla cura, che prende nella generazione degli uomini,
id. l. 7. (18). Evandro nacque da una figlia del fiume Ladone (f), o dalla Ninfa, chiamata da Dionisio d’Alicarnasso Temi, d
fu messo a morte dal Trojano Gia (g) ; Aventino, che nacque ad Ercole dalla Sacerdotessa Rea, e che portava scoloita sullo sc
e. Egli da una procella fu gettato sulle coste di Cipro ; e costretto dalla necessita, si stabilì in Pafo, ove fabbricò un te
e una fanciulla a Diana Triclaria. Quivi si fermò, e trovossi libero dalla sua follia. In memoria di tale avvenimento que’di
erto è, che tutti i di lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono dalla città, e lo costrinsero a ritirarsi sulle spiaggi
, presa la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla sua risoluzione. Questi, trasportato dalla coller
rocurò di dissuadere Teuti dalla sua risoluzione. Questi, trasportato dalla collera, ferì col dardo la Dea in una coscia, ed
no seno. Mentre i Trojani si trovavano in due partiti divisi, disceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e di Ecuba, e s
aus. l. 1. (1). Altri dicono, che Oreste fu spedito appresso Strofio dalla sua nutrice, detta Atsinoe da Pindaro (a), Laodam
lmente de’ nemici, quando Bacco, che proteggeva i Greci, fece sortire dalla terra un ceppo di vigna ; ne’ di cui rami Telefo
a decantare la bellezza di colei, cercò tutti i mezzi per farsi amare dalla medesima. Per meglio riuscirvi finse anch’égli di
o, suo fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla sua isola, e lo condannò ad un perpetuo esilio. I
città d’Eretria, chiamato Demarmeno, lo raccolse nella rete. Sorpreso dalla straordinaria grandezza di quello, lo nascose sot
. (b). Nat. Cem. Mythol. l. 9. (2). Il Territorio Tebano, liberato dalla Sfinge, soggiacque non molto dopo alla persecuzio
Epibaterio, ossia del buon ritoruo, perchò questo Dio lo avea salvato dalla burrasca, che fece perire moltissimi altri Greci(
drasto(b), o da Nisimaco e Nasica, come vuole Lattanzio(c). Egli fino dalla sua prima gioventù erasi applicato a’ Iavori camp
Ipsipile avea solvato la vita al re Toante ; mo padre, la scacciarono dalla loro isola. Ella andò a nascondersi lungo le rive
14 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ta e quasi impercettibile. I dogmi religiosi erano in Roma rafforzati dalla politica, tenuti in pregio come la patria, e osse
edere. Così crollava l’idolatria dei Romani a misura ch’essi uscivano dalla loro primiera ignoranza ; e cadevano in dispregio
pare che l’Epicureismo,144 speculazione oziosa della Grecia, accolta dalla malefica attività de’Romani, fomentasse tutti i v
rna, la necessità per l’uomo di riconoscerla e d’adorarla è attestata dalla magnificenza del mondo, e dall’ordine delle cose
etamorfosi d’Ovidio, che sono il monumento più completo a noi rimasto dalla mitologia pagana, pajono il trastullo d’una immag
ra le vergini consacrate ; e i nomi d’Angaria e di Velleda, deificate dalla superstizione de’Germani, più d’una volta avevano
dell’Occidente ; era il nuovo mondo di quell’epoca, e vi s’accorreva dalla Grecia e da altre parti dell’universo, e se ne na
uesti mucchi di rovine non soffocarono la novella credenza che usciva dalla Giudea ; anzi ella vide in questo esterminio una
alle comunicazioni rese più facili fra i varj popoli, dal contrasto o dalla confusione delle loro credenze, andava sfasciando
o, la scure sfugge loro di mano, e un’arcana virtù celestc, scaturita dalla croce, comincia a commuovere anche questi feroci.
o cercare, ma, denunziate, di punirle era d’uopo. Oh sentenza confusa dalla necessità ! Nega cho si debbano ricercare come in
tiani contrapposte a quelle de’gentili. 749. Siamo un corpo unito dalla religione, e da una dottrina divina, e da una con
dannazione per colui che in tal modo pecca, che si venga a relegarlo dalla comunione dell’orazioni, e da queste adunanze, e
racmani, nè Ginnosofisti degl’Indi, abitatori delle selve, o staccati dalla vita comune. Abbiamo in mente quanto siamo tenuti
nostri la società ! Come il Cristianesimo ha salvato l’umana famiglia dalla distruzione, convertendo i Barbari, e raccogliend
ella civiltà e delle arti, così avrebbe salvato anche il mondo romano dalla sua propria corruzione, se non fosse soggiaciuto
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
scuoprire il miele in un alveare dentro un albero incavato o corroso dalla vecchiezza ; e che essa poi fosse cangiata in ape
di per sè esistenti, conchiudendo con la seguente osservazione tratta dalla favola di Narciso : « Perch’io dentro l’error co
i di certe specie di animali, e principalmente degli insetti, presero dalla Mitologia il vocabolo di ninfa per significare l’
egnarono anche un altro nome più familiare e comune, tratto parimente dalla Mitologia, vale a dire Gran Silvano. I Botanici a
a sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla per
abil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona che lo possedeva. Questo corno fu detto i
to dai Greci l’appellativo di Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Capra ; il qual termine per altro non fu adottato
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
ficando essa che la sapienza è figlia del supremo dei Numi e che uscì dalla divina mente di lui. In questi limiti il mito fu
i, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello d
a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza inventarono le scienze e le ar
a e facile ad intendersi ; significa che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere di esso non si compiono
di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie di lui : « …..Se tu se’ Sire della villa
ll’ olivo, e considerandolo come simbolo di sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla sua
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
l’oro, nè si usurpa colle brighe e colle consorterie, ma è gratisdato dalla natura e perfezionato dall’arte. E perciò Dante,
i Elicona, Pindo e Parnasso, dal bosco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontana Ippocrene, luoghi da loro frequentati. An
dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indovini o profeti : dalla qual voce poi si derivò e compose il nome vaticin
a, basata sul nome e la proprietà di questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole. Il Poliziano nelle s
ò il Poliziano, adoratore devoto e felice di tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità ; e così vi fece allusione :
rmano Varrone, Festo e Macrobio) a canendo, dal cantare. 128. Si sa dalla geografia che il monte Parnaso ha due cime o culm
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
a parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti da allucinar la
ia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano dalla voragine ; le mistiche parole che essa proferiva
i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della lo
este fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti gl
oleri di quelli, per rimuovere i primitivi uomini ignoranti e barbari dalla vita selvaggia e brutale e condurli a collegarsi
romano che le sue prescrizioni religiose e civili gli erano suggerite dalla Dea Egeria : « Con aspri precetti « Licurgo seve
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
i disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra. Dove ei la incontrò, ivi la uccise, offre
o a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorgente, gli presagì i
e, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia di Venere e di Marte, e dalla medesima ebbe quattro figlie : Autonoe, Ino, Seme
metamorfosi sta a significare che egli si ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni. D
gettata, considerando Cadmo come una Divinità pelasgica. Ed ecco come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storic
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
econdo la greca etimologia. Perciò devesi distinguere la Titanomachia dalla Gigantomachia. Ma poichè queste si rassomigliano
ta la Gigantomachia ; e della guerra dei Titani poco o nulla si parlò dalla maggior parte dei poeti67. Anche Ovidio così erud
saglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città di questo nome, poi chiamat
collo zinco ed altri metalli. Acidificato dall’ossigeno e salificato dalla calce, dalla barite ecc., forma i solfati conosci
ed altri metalli. Acidificato dall’ossigeno e salificato dalla calce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
tutti gli Dei, attribuivansi al Fato tutte le irregolarità inventate dalla fantasia dei mitologi e dei poeti. Esiodo ci dice
i e dei poeti. Esiodo ci dice che Vulcano nacque zoppo e deforme, che dalla stessa Giunone sua madre fu gettato giù dall’Olim
o infatti attribuivansi i più mirabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggi
hanno saputo i meccanici fino ab antico formare automi maravigliosi, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacch
i medici son detti automatici quei movimenti che dipendono unicamente dalla organizzazione degli esseri viventi, e nei quali
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
numerosa prole era Teti 213), dea marina anch’essa, ben diversa però dalla Ninfa Teti, madre di Achille. Secondo Omero, l’Oc
rope avesse prodotto il cavallo. Ma quando P. Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affr
he centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è i
qualche Divinità avventizia o ascitizia, vale a dire trasumanata 220) dalla mortal condizione e natura. Tra queste convien ra
o, ed in sì breve tempo, « ….. in quanto un quadrel posa « E vola, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito di citar
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
unque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la
del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra. Noto subito in principio le grandi diffico
ommedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia e dalla Mitologia, dalle Storie sacre e
stema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia e dalla Mitologia, dalle Storie sacre e dalle profane. Se
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
tar come ostaggio alla corte di lui. Quivi fu calunniato malignamente dalla regina Stenobea ; e Preto per le accuse della per
e, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e dalle narici. Gli Dei protettori dell’inn
a sorella di Stenobea. Questa, quando lo seppe, agitata dall’invidia, dalla vergogna e dai rimorsi, perdè la ragione e si die
lle superbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
di pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a renderla immune dalla curiosità ; quindi essa aperse subito il vaso e n
evoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle mate
a Terra, l’espressione mitologica è tanto famigerata che odesi spesso dalla bocca di persone tutt’altro che eruditissime. Di
Epimeteo, significhi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime s
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
o negli animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, sin dalla sua fondazione, il Politeismo Troiano e Greco. Ra
Troiano e Greco. Racconta lo stesso Tito Livio che i Troiani profughi dalla loro città distrutta dai Greci vennero in Italia
vinia ; che Ascanio figlio di Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla dinastia dei re Albani discesi in linea retta da
lo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria. La base adunque della religione dei
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
pe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aquila e rendendolo immortale. Il nome di Ebe
a e dolente Io fu costretta a gettarsi nel mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitto, ove da quei feticisti egiziani
gura rettorica di metonimia sta a significare l’arco celeste prodotto dalla refrazione dei raggi del sole. I nomi stessi di I
tuata sopra l’umor cristallino dell’occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi colori, ed è quella che determin
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
presiedeva alla vita di ciascuna persona e l’accompagnava e dirigeva dalla culla alla tomba, considerando l’indole diversa d
’suoi stessi discepoli Platone e Senofonte, che egli attribuivasi fin dalla prima gioventù un Dèmone il quale suggerivagli tu
e forza si campa, « In quelle parti là ! « La gran vitalità « Si vede dalla stampa, « Scrivi, scrivi e riscrivi, « Que’ Genî
compiacere. Nel Dizionario del Manuzzi, oltre le eccezioni approvate dalla Crusca, se ne trovano altre 6 ; tra le quali è da
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
o un mostruoso cinghiale a devastare lo stato di lui. Non molto lungi dalla città v’era la folta selva Calidonia, da cui usci
attro cacciatori e di molti cani. I cacciatori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquis
trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. 
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
o mancato d’immaginare gli Dei dei Fiumi. E quanto ai nomi li presero dalla Geografia, vale a dire adottarono quegli stessi n
mpio ne sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri di corso dalla sua origine sparisce in un canneto presso Tomelio
to presso Tomelioso, e alla distanza di 24 chilometri esce nuovamente dalla terra gorgogliando ; e quelle aperture del terren
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
XIV Il Diluvio di Deucalione Dopo che furono sterminati i Giganti dalla faccia della Terra, vi rimase la razza dei discen
i i popoli, è l’ultimo di questi cataclismi riconosciuti e dimostrati dalla scienza geologica. La durata poi delle diverse ep
di terra rossa ; filosofica per l’uguaglianza dei diritti che deriva dalla comune origine. E particolarmente in questo senso
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
buite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la sua famiglia colpita dalla celeste vendetta104). Accennati questi fatti comu
e) ; ed anche la fotografia è detta altrimenti eliografia. 99. Anche dalla greca parola Selene che significa Luna son deriva
to 12 figli di Niobe, e Ovidio 14. Dante segui Ovidio, come apparisce dalla terzina riportata di sopra. Nella sala detta dell
33 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
a storia antica, le quali hanno qualche relazione coi fatti ricordati dalla favola mitologica. Fondatori di popoli.
fugiaronsi Giasone e Medea. Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio di Deucalione
e Cuma. In un frammento d’Eraclide Pontico è detto : « Omero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefalleni
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
la Dea delle biade che in sua stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla terra. Il nome di Cerere, secondo Cicerone, deriv
ndida poesia è facile ad intendersi come la prosa : « Cerere poi che dalla madre Idea52 « Tornando in fretta alla solinga v
selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la qual
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
one al mio metodo, che mi par giustificata dall’ufficio eccezionale e dalla forma particolare di questo Dio. Egli è mezz’uomo
camuso, ossia schiacciato, le orecchie a sesto acuto, ossia appuntate dalla parte superiore, e due lunghissime corna gli torr
ra, e troveremo anche in appresso, qualche Divinità che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro di
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
le future. Ma queste sono deduzioni filologiche arditamente derivate dalla presupposta etimologia di quei nomi. I Romani ado
esentato giovinetto e senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta.
lona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auri
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
ta dall’Oceano e da Teti. Esiodo poi lasciò scritto che Venere nacque dalla schiuma del mare. Questa più strana e prodigiosa
re a questa Dea il greco nome di Afrodite, che significa appunto nata dalla schiuma. Alcuni dei più fantastici mitologi e poe
lla, per alludere all’immortalità dell’anima, derivandone il concetto dalla crisalide che si trasforma in farfalla. Dante aff
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
potesse detronizzarlo : quindi per dargli occupazione e allontanarlo dalla sua reggia lo eccitò, coll’allettamento della glo
mostruose in punizione della lor vanità, e furon chiamate le Gorgoni dalla voce gorgon che era il nome di un orribile mostro
e Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atla
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
figlie del fiume Acheloo e della ninfa Calliope, erano rappresentate dalla testa ai fianchi come donne e nel rimanente del c
i superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, mentre poi vanno a finire in una co
ille guizzi e mille strane ruote. » E vero altresì che dal rampone e dalla fune « ………. scior non se ne puote ; » e che fin
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
mbe. Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che insieme con altre Baccan
rio : « Guarda il calor del Sol che si fa vino, « Misto all’umor che dalla vite cola. » Lo stesso Galileo 300 anni dopo non
indietro si trova riportato nel Florilegio Lirico stampato in Firenze dalla Poligrafia Italiana il 1846. 200. « Dionysia h
41 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
ano nella falsa credenza dei gentili, finchè rimane disgiunta affatto dalla storia dei tempi antichi, a poco più può servire
rità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla c
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
di tanti riti religiosi a lui suggeriti, come egli dava ad intendere, dalla Ninfa Egeria, fu deificato. Quasi 700 anni corser
d intendere, dalla Ninfa Egeria, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual temp
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
, la cui etimologia, o vera spiegazione del termine, può solo dedursi dalla cognizione della Mitologia. E poichè oggidì è ric
hè oggidì è riconosciuto e voluto, più che dai programmi governativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar dis
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
l’asserire che le nostre azioni non sono libere, ossia non dipendono dalla nostra libera volontà, ma da legge irrevocabile e
etto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre pr
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
omolo, Rhea Sylvia), da un greco verbo che significa scorrere, perchè dalla Terra scorrono, ossia provengono tutte le cose. C
Cibele la Madre Idèa, cioè adorata sul monte Ida : « Cerere poi che dalla Madre Idèa « Tornando in fretta alla solinga val
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
dicarne i principali significati. La voce Natura è di origine latina, dalla qual lingua è passata pari pari senza alcuna alte
mi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gl
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
està seduto in trono, coi fulmini nella destra, lo scettro sormontato dalla statua della dea Vittoria nella sinistra, e ai pi
l’aquila ministra del fulmine, vale a dire che gli portava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero aggiunge che ai lati del
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
no parte anche gli Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempre dalla fazione contraria a Marte. In Roma per altro, la
sa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori del
49 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
guarire il corpo ricreando lo spirito. Il primo lettisterno indicato dalla storia durò otto giorni, e fu celebrato l’anno 40
. 1. Così nominati ab ispiciendis in ara victimis. Romolo li trasse dalla Toscana. Prima furono tre, poi sci, a detla di Ci
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
logi stimavano Saturno un astro infausto e maligno, deducendolo forse dalla favola, che egli divorasse i propri figli. I chim
o anni fu chiuso soltanto, e per poco tempo, tre volte, come sappiamo dalla storia romana. A Giano facevansi libazioni e preg
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ge perchè la sua figlia Vittoria nella guerra dei Giganti si dichiarò dalla parte di Giove. Era questo il primo fiume che tro
la creò tutta di pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingegno, dalla scienza e dall’arte. Egli asserisce, non già sull
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
i inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, convien
lvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a significare l’
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
ia di nome Frisso ed Elle ; che non contenti della matrigna fuggirono dalla casa paterna portando via un grosso montone col v
, vollero per gratitudine liberarlo dalle Arpie, ed oltre a cacciarle dalla reggia colle armi, le fecero inseguire per aria d
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
cristallo in fondo al mare. Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Es
namente giusto. » Queste splendide invenzioni mitologiche, abbellite dalla più splendida poesia greca e latina, hanno soprav
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
isiche, e principalmente l’astronomia e la geologia, coi dati offerti dalla natura stessa e dai naturali fenomeni. Ma perchè
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
ni speciali, che, secondo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione di quei principali elementi si produ
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
o affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
dominavano, « Forse con intenzion casta e benigna, » per rimuoverli dalla vita selvaggia e vincolarli in un più umano conso
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
guitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cr
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
: « E nove Muse mi dimostran l’Orse. » In greco Orsa dicesi arctos, dalla qual voce è derivato l’appellativo di polo artico
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
. Gli antichi Mitologi facevan derivare il nome di Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filologi tedeschi dal verbo p
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
 » (Purg., xxi, 25.) « E quando Lachesis non ha più lino, « Solvesi dalla carne, ed in virtute « Seco ne porta e l’umano e
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
la umanità. A questi novelli Dei assunti in Cielo ergevansi nel mondo dalla credulità dei pagani, tempii ed altari, offrivans
64 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
lta l’oracolo, 494 ; — sue sventure, 495 ; — spiega l’enimma proposto dalla Sfinge, 449 ; — è proclamato re di Tebe, 500 ; — 
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