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1 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
ovani e la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità la quale ad altro non serve che
scellerati che fulminò dall’ Olimpo. Se a caso non s’avvedessero che gli autori di queste allegorie hanno avuto in mira d’
niosi suoni di lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii verso gli uomini, la necessità dell’ ordine, della giustizi
dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera di pittura e di scultura ; gli ornamenti stessi che abbelliscono le città ov’ess
cose estranee al secolo di cui ci volevano far conoscere i costumi e gli usi. E per convincerli maggiormente porrem termin
gere i suoi errori(1) : Audace scuola boreal, dannando Tutti a morte gli Dei, che di leggiadre Fantasie già fiorîr le car
suolsi dividerla comunemente in tre parti. Si descrivono nella prima gli Dei Superiori, gl’ Inferiori nella seconda, i Sem
avevano per padre un Dio o una Dea per madre. Semidei si dissero pure gli eroi che distinti si erano con qualche grande azi
aos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione di tutti gli elementi da eui sertirono Urano e la Terra. Ur
a Terra. Urano e la Terra Urano e Vesta Prisca o la Terra sono gli Dei più antichi. Ad Urano si dà anche il nome di
cresciuto in età. Avvertito Saturno dal Destino che Giove un giorno gli avrebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio
rebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio per privarlo di vita e gli dichiarò senza riguardi la guerra. Giove restò vi
gricoltura agli uomini, e per riconoscenza in particolare verso Giano gli accordò la facoltà di conoscere le cose passate e
imbolo della perpetua rivoluzione dei tempi. L’orologio a polvere che gli si vede a canto indica la rapidità di questa rivo
nata fu esposta alle fiere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di sua madre colla quale è soven
paventevoli. Sotto il nome di Vesta presiedeva al fuoco ; e come tale gli antichi la chiamavano Vesta Minore. Numa Pompilio
lla vita del figlio ; questi, irritato per l’ingratitudine del padre, gli mosse guerra apertamente, lo detronizzò, lo scacc
igli di Titano da esso detti Titani, per riconquistare i loro diritti gli mosser guerra ed ammucchiando monti sopra monti,
faggio e la quercia erano le piante a lui dedicate. Magnifici templi gli furono elevati per tutto il mondo. La vittima che
prima col suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giunone pose gli occhi di Argo nella coda del pavone, uccello a le
questi navigava alla volta d’Italia, Giunone andò a ritrovar Eolo, e gli promise Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se
di questa Dea ordinò che Proserpina passasse sei mesi colla ma dre e gli altri sei col marito. Era Cerere venerata princip
statura alta e maestosa, che ha il seno abbondante, un bel colorito, gli occhi languidi, i capelli biondi, la testa corona
o. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò il cranio ; dal cervello ne sortì Minerva
nerva percuotendolo coll’asta ne usicì un ulivo ; ed avendo giudicato gli Dei più utile l’ulivo per essere il simbolo di pa
i fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse gli amanti e li espose alla vista degli Dei, dai qual
ra con Venere, e lasciollo così sorprendere da Vulcano. Nei sacrifici gli si offriva il toro, il verro, l’ariete e qualche
i riguardavano questo Dio come il protettore del loro impero. Augusto gli innalzò un magnifico tempio dopo la battaglia di
di educarla, la portarono in cielo, ove fu trovata sì bella da tutti gli Dei, che tutti vollero sposarla ; ma Giove la die
osato sacrificarle vittime umane furono da essa cangiati in toro. Fra gli alberi le era dedicato il mirto. Fra i fiori le s
ra i Greci ne fa prova. Si uccidevano in onor suo nella Tauride tutti gli stranieri che la tempesta gettava su quelle coste
per compensare il delfino del servigio a lui renduto, lo collocò fra gli astri ove forma la costellazione che porta il suo
prire il tripode sul quale sedeva la Pitonessa o sacerdotessa per dar gli oracoli. Delo, Delfo, Chiaro, Tenedo, Cirra e Pat
ntre cercava il suo arco e le frecce, s’avvide che nel momento stesso gli erano state anche quelle involate. Dopo questo ac
terra egli inventasse la lira, ma credesi con maggior fondamento che gli fosse data da Mercurio in cambio del famoso caduc
Mercurio in cambio del famoso caduceo. Il più rinomato de’templi che gli fossero eretti fu quello di Delfo. Leucotoe, Dafn
ndo con uno strale ucciso per disavventura un cervo addomesticato che gli era carissimo, volle ammazzarsi, ma Apollo che l’
ne e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli fu proibito di palesarlo, ma non potendo trattene
i cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo sparviero, l’ulivo gli furono consagrati perchè in queste cose aveva egl
iò avviene perchè Giove nell’accordargli il dono di predir l’avvenire gli affidò anche la cura d’illuminare il mondo Il più
i loro affari. Onde potesse velocemente eseguire i suoi ordini Giove gli aveva attaccate le ali alla testa ed ai piedi. Me
testa ed ai piedi. Ora nudo ed ora con un manto su le spalle, che non gli copre se non la metà del corpo. Talvolta egli por
dente. Con questi attributi egli proteggeva il commercio. Il tridente gli fu accordato, perchè nella distribuzione degli el
i che avesse il potere di chiamare o fugare a suo talento il sonno su gli occhi de’ mortali ; del caduceo si serviva pure p
e che dalla sua bocca uscissero catene d’oro, che dolcemente legavano gli ascoltanti ; come tale chiamavasi Ermete. Il gall
e legavano gli ascoltanti ; come tale chiamavasi Ermete. Il gallo che gli si vede alle volte vicino serve a dinotare la vig
le volte vicino serve a dinotare la vigilanza di lui. L’ariete che or gli si vede a canto, or su le spalle indica che egli
le spalle indica che egli era il protettore de’ pastori. Il cigno che gli sta vicino soventi è il simbolo della dolcezza de
rovenienti dai diversi attributi di lui. Quello di Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai poeti, perchè era parti
ava lungo il fiume Anfriso in Tessaglia le gregge di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vache, che fece camminare all’indietr
paragone. Minacciandolo Apollo se non restituiva le vacche, Murcurio gli rubò nell’atto stesso la faretra, sicchè Apollo p
ei fenomeni da quest’astro prodotti. Bacco Non vanno d’accordo gli scrittori della favola di questo Dio ; cinque alm
i quale. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come una prova di amore, quello che dovea
Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie di v
coperto, tirato da tigri o da linci. Il dio Pane ed il vecchio Sileno gli camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da
e fe’ dono d’una corona d’oro lavoro egregio di Vulcano, che pose tra gli astri dopo la morte della sua sposa. Arianna part
ato sotto il nome di Osiride. A Bacco offerivasi mele, vino e latte ; gli si sacrificava il capro, il morso del quale si re
se tutti. A malgrado della loro malvagità, essi furono annoverati tra gli Dei, e in un tempio di Corinto avevano un altare
fu la statua di Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta che gli Dei irritati nel vedere che Giove si arrogasse so
irritati nel vedere che Giove si arrogasse solo il diritto di creare gli nomini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una do
a ambe le parti, con folta barba, coi capelli sparsi, conun abito che gli arriva appena ai ginocchi, appoggiato ad un incud
ne dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fratelli, ebbe in parte l’impero dell’
Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi di Ercole, allorchè gli Dei combatterono per la sorte di Troia. Plutone i
a le braccia, svenuta per la paura, mentre la trasporta all’inferno ; gli si vede spesse volte vicino il can cerbero. Da un
parte dei Greci Plutone è stato considerato come una causa fisica, e gli hanno assegnato per soggiorno gli anditi delle mi
onsiderato come una causa fisica, e gli hanno assegnato per soggiorno gli anditi delle miniere, e fattone così il Dio delle
pretendono che prima dell’esistenza di un principe chiamato Plutone, gli uomini non conoscevano l’uso dei funerali, e che
delle ardenti fornaci, dei mostri e delle furie accanite a tormentare gli empi ; l’altra, ridente e pacifica, destinata ai
era nondimeno considerato come il presidente della corte infernale, e gli altri due giudici, non erano per così dire, che g
orte infernale, e gli altri due giudici, non erano per così dire, che gli assessori di lui. Le due grandi divisioni dell’In
ne difende l’ingresso. Le porte sono dure quanto il diamante ; tutti gli sforzi dei mortali, e tutta la possanza degli Dei
o la tranquillità degli abitatori dell’Eliso. » Variarono d’opinione gli antichi nel situare i Campi Elisi. Li situavono a
te a lato un gufo ; lugubre uccello, la cui sola vista faceva fremere gli Auguri e dava a temere le più gravi sciagure. Coc
a nel far obliare il passato. Coloro che amrnettevano la metempsicosi gli attribuivano anohe la proprietà di disporre a sof
anche coronato di papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, pe
o che vi accorse con tutta quella formidable famiglia. Il supremo tra gli Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò
ntento di tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili che quando gli Dei avessero giurato per le sue acque, il loro gi
i calunniatori. La decima parte di queste acque erano riserbate per gli Dei spergiuri. Annoverasi tra i fiumi dell’Infern
efunto indicava che tutti i suoi creditori erano soddisfatti, giacchè gli rimaneva per ottenere il suo passaggio. I Greci a
loso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei la tenessero chiusa in una caverna ebbe nondi
so arrivato fino a’ giorni nostri presso i conquistatori dell’Egitto, gli Arabi. Trovano credenza quelli che sostengono ess
l soglio, edifica un tempio a Diana, e fa immolare a questa Dea tutti gli stranieri spinti dal caso sulle coste del Cherson
he intenerite che restituiscono la vita allo sfortunato Pelope. Cloto gli dà una spalla d’avorio, onde sostituirla a quella
on cessava che colla loro vita. Gli Dei le impiegarono anche a punire gli uomini colle malattie, le guerre e gli altri flag
le impiegarono anche a punire gli uomini colle malattie, le guerre e gli altri flagelli dell’ira celeste, e per questo ogg
iose ; Aletto dedicavasi particolarmente ai disordini della guerra, e gli Dei servivansi di Megera allorchè trattavasi di t
e’ papaveri e dell’erbe concilianti il sonno. Il fiume dell’oblivione gli scorre intorno e non sentesi che il lento mormori
eso in una sala su di un letto di piume che ha le tende nere. I Sogni gli stanno dintorno sdraiati, e Morfeo suo figlio o m
o tormento della fame e della sete, ponendolo in mezzo alle acque che gli giungono fino al mento, ma che gli sfuggon di sot
ponendolo in mezzo alle acque che gli giungono fino al mento, ma che gli sfuggon di sotto quando si abbassa per beverne ;
co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso di enorme sasso quelli che gli cadevano tra le mani. Fu ucciso da Teseo e condan
vicino a toccare la sommità, ricade nuovamente al basso. La rupe che gli fanno incessantemente muovere, è l’emblema di un
li fu Tifone che da sè solo diede a fare agli Dei più assai che tutti gli altri giganti insieme. Poichè Giove gli ebbe scon
agli Dei più assai che tutti gli altri giganti insieme. Poichè Giove gli ebbe sconfitti precipitolli nel Tartaro ; avvi ch
ndesi da altri che Briareo avesse parte nella guerra de’Titani contro gli Dei, e che fosse oppresso sotto il peso del monte
gi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19 di aprile celebravasi tutti gli anni nelle campagne una festa chiamata palilia in
evano bruciare, e di gambi di fave. Purificavano eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo di sabina e di z
Pane e Siringa Pane, Fauno, Silvano Pane era il principale tra gli Dei Inferiori. Gli autori antichi non sono d’acco
lisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti gli abitanti delle campagne. Siccome Pane viene da un
stare giorno e notte nelle campagne suonando la zampogna e custodendo gli armenti. Si faceva piacere di incutere, con subit
orpo di capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo ultimo caso gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fa
una corona rozzamente fatta di foglie e di pine, un abito rustico che gli scende sino alle ginocchia, un cane a lato ed alc
to cangiato in cipresso. A Silvano offrivasi da principio solo latte, gli venne poscia immolato un porco. Egli fu sommamen
Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soventi gli uni cogli altri ; erano tutti rappresentati metà
a che i Satiri si rappresentavano col pelo al mento ed allo stomaco e gli altri non ne avevano, ed abitavano tutti le fores
sieri e dei cambiamenti. Pare che sotto il nome di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio all’anno ed alle sue var
sue api, e dovette sorprenderlo mentre dormiva e con questo artificio gli riuscì di farlo parlare. Vogliono alcuni che Prot
che Proteo sia stato re d’Egitto saggio ed avveduto. La sua prudenza gli faceva prevedere tutti i pericoli, e si disse per
ri di cui abbondava l’Egitto, e che affascinavano, co’ loro prestigi, gli occhi della ignorante moltitudine. Se n’era fatto
si appiccato il fuoco un giorno al bosco ove aveva un tempio, volendo gli abitanti trasportare altrove in salvo il simulacr
la chioma scomposta e con una falce in mano per allontanare i ladri e gli uccelli. I Romani mettevano la sua statua negli o
te trasportare altrove le statue degli Dei che vi si trovavano. Tutti gli Dei cedettero per riverenza il luogo a Giove e si
oghi ; ma il dio Termine rimase nel suo posto senza muoversi malgrado gli sforzi che si fecero per levarnelo, ed egli si tr
n palo fitto in terra che segnava il confine tra un campo e l’altro ; gli si diede poscia una testa umana : ma era sempre s
Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per segno di benevolenza gli fece dono di alcuni otri in cui stavano rinchiusi
lo dodici figli, dei quali sei maschi e sei femmine che si maritarono gli uni colle altre, avendo forse con ciò voluto indi
di Echidna, e da Astreo e dall’Aurora o da Eribea si fanno procedere gli altri. I principali tra questi ultimi erano que’c
ro o Noto da mezzogiorno, Zefiro da ponente. Il vento Borea posto tra gli Dei soffia il freddo e cagiona le nevi e le proce
dall’oriente passò in Grecia, perciocchè i Persi tributavano ad essi gli onori divini. Non s’intraprendevano viaggi sul ma
Atene, e dichiarò in un’assemblea del popolo il suo essere, e ciò che gli era accaduto, promettendo di far ritornare in Ate
uto, promettendo di far ritornare in Atene tutte quelle donne, purchè gli fosse stata accordata la mano di quella ch’egli t
ò egli la sua innamorata, e in memoria di un sì fortunato maritaggio, gli Ateniesi sempre lo invocarono nelle loro nozze so
Amore e Cupido, e dicevasi che il primo impetuoso e violento invasava gli stolti, ed il secondo soave e moderato ispirava i
un turcasso d’oro pieno di frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli animi, alcune volte con una torcia accesa, o con
onduce carri, suona la lira, o cavalca leoni e pantere, la cui chioma gli serve di guida, per dimostrare che non c’è creatu
al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria egl
mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora sua madre gli diede per fratello un altro Amore il quale fu chi
atirico per quanto lo si può essere, non aveva riguardi per alcuno, e gli Dei stessi erano oggetto de’suoi motteggi, e ripr
fosse stata fatta all’uomo una finestrella vicino al cuore, perchè se gli potesser leggere i più reconditi pensieri ; biasi
inità le lenticchie e le primizie dei legumi ; ma il loto ed il pesco gli erano particolarmente consacrati, perchè le fogli
rsargli il nettare ; ma essendo un giorno caduta in presenza di tutti gli Dei in un modo poco decente, ella n’ebbe tanta ve
idra che Ercole aveva tagliata. Questa Dea avea diversi tempii, e tra gli altri uno in Flio, città del Peloponneso, che ave
ella mattina. L’Aurora per dar un segno della sua tenerezza a Titone, gli accordò di poter vivere lungamente, e divenuto ve
occhi dell’Aurora. La Fortuna Divinità che presiedeva a tutti gli avvenimenti e distribuiva i beni ed i mali a capr
be salvare Ettore, ma bisogna che egli esamini il suo Destino che non gli è noto. Lo stesso Dio si duole di non poter piega
chiaia. Si ammettono dai mitologi due specie di decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli ste
i decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli stessi Dei : gli altri che potevano essere cangia
tino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli stessi Dei : gli altri che potevano essere cangiati o modificati d
creti stavano scritti da tutta l’eternità in un determinato luogo ove gli Dei andavano a consultare questo Nume. Giove vi a
ema della salute e della immortalità, perchè cangiando di pelle tutti gli anni pare che ringiovanisca sempre. Aveva dessa i
to in onore di Esculapio e pel crudele gigante Perìsete, che divorava gli uomini e sacrificavali, il quale fu poi ucciso da
quale è nella stessa guisa attortigliato un serpente. Nei sacrifici gli si offrivano capre e galline. Il serpente ed il g
la religione e tutto ciò che serve a mantenere l’ordine e la pace tra gli altri uomini. Regnò essa nella Tessaglia e si app
nevole. Presiedeva ai trattati e alle convenzioni che hanno luogo fra gli uomini, e teneva mano affinchè tutto fosse esatta
una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i capelli sparsi e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono
llo nelle braccia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo gli uni contro gli altri armati di spade e percuotend
ia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo gli uni contro gli altri armati di spade e percuotendosi con ispargi
di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa, onde suo malgrado gli consegnò il carro dopo d’averlo istruito del come
o sotto l’emblema di un’aquila, uccello, che nei combattimenti contro gli altri uccelli, è sempre vittorioso. Nemesi, le
ttamente legato dagli altri Dei, Teti, coll’aiuto del gigante Briareo gli restituì la libertà ; vale a dire prendendo Teti
Giove trovò il mezzo di sottrarsi su questo clemento agli agguati che gli avevano tesi i Titani, co quali era in allora in
e il figlio da essa nato sarebbe più grande e più possente del padre, gli Dei la cedettero a Peleo. Poco contenta Teti di a
e un mortale per isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a guisa di un novello Proteo, si cangiò sott
Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra che gli fecero gli altri
vato Giove nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra che gli fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Te
nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra che gli fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia di q
re pe’ suoi sudditi, che lo risguardavano come il favorito degli Dei, gli fecero meritare il titolo di Gran Legislatore e f
che d’Ercole. Aveva egli ommesso di sacrificare a Nettuno un toro che gli aveva promesso. Il Dio per punirlo di siffatto er
andò un toro furibondo che lanciava fuoco dalle nari, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la qu
prio figlio Androgeo assassinato dagli Ateniesi. Minosse avendo vinto gli uni e gli altri non accordò loro la pace se non c
o Androgeo assassinato dagli Ateniesi. Minosse avendo vinto gli uni e gli altri non accordò loro la pace se non che alla co
altri non accordò loro la pace se non che alla condizione ch’ eglino gli avrebbero ogni sette anni spedito sette giovani e
dall’ alto d’una torre della città, mentre il padre era addormentato gli tagliò il fatal crine, e lo mandò a Minosse nella
irinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse gli aveva dato. Nel partire da Creta Teseo condusse s
nza di questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata di un figlio cui gli autori nominano Asterio o Asterione, siccome ince
di Minosse, secondo alcuni che somigliava all’uno ed all’ altro, così gli venne dato il nome di Mino-Tauro. Minosse per nas
in tutta la sua vita le arti e le condusse a perfezione. Gli antichi gli attribuiscono l’invenzione della scure, del trapa
di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fe
le e l’ammisero nel numero degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone gli eressero un tempio e gli offrirono dei sacrifici.
o degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone gli eressero un tempio e gli offrirono dei sacrifici. Fuvvi poscia anche un or
ò di tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto che gli Dei marini lo avevano del tutto ammesso nella lor
gliono la maggior parte de’poeti, benchè ne variasse il numero presso gli antichi che ne annoveravano due ed anche quattro.
vevano templi in Elide, in Delfo, in Perinto, in Bisanzio ed in tutti gli altri luoghi della Grecia e della Tracia. Ne avev
el rango delle Divinità, ma vennero loro altresì largamente tributati gli onori. In molti luoghi della Grecia e della Maced
Urania o la Venere Celeste, figliuola del Cielo e della Luce. Secondo gli antichi animava essa tutta la natura e presiedeva
a cosa che la brama che ha ogni essere creato di unirsi a ciò che più gli si addice. Urania non ispirava che dei casti amor
un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo uccidevano gli uommi o almeno trasformavano in sasso quei che gu
e Briareo, coll’Idra di Lerna, colla Chimera, colle Arpie e con tutti gli altri mostri immaginati dai poeti. Asseriscono a
rgoni fossero vere bestie feroci le quali collo sguardo petrificavano gli uomini, e raccontano esservi stato in Africa un a
vatica, ed il cui alito è tanto velenoso che infetta tutti coloro che gli si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con al
salire in cielo, Giove lo precitò in terra e pose l’alato cavallo tra gli astri ove forma una costellazione. Anche Perseo s
evano in mano una scure, perchè si credeva che queste Ninfe punissero gli oltraggi fatti alla pianta che avevano in custodi
ma punivano severamente quelli la cui màno sacrilega osava insultare gli alberi da cui esse dipendevano. Narrasi a questo
ttere una superba quercia, la più bella di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa, e lo supplicò di non offendere
essa. Molti fatti citansi a un dipresso consimili i quali provano che gli antichi erano persuasi che la vita delle Amadriad
e delle capre. Dimostravano di avere una particolare inclinazione per gli alcioni, augelli marini. Si diede un tempo il nom
ericoli che incontravansi su quell’elemento. Quando il mare era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quando era in
era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quando era in calma, gli s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro era
. Quello della Dea fu certamente bellissimo ; ma quello di Aracne non gli cedeva. Essa aveva rappresentato sulla tela Europ
si ella ha conservato la passione di filare e di far tele. Dicesi che gli Egizi per rammentare continuamente al popolo l’im
tri parlano della sesta chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove gli diede delle piante di pomi che fruttavano de’ pom
imo istante cento fischi diversi. I pomi sui quali esso teneva sempre gli occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con
erano dotate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliavano gli occhi di chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercol
era venuto a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro molti hanno intesi gli aranci ed i cedri. Nel drago non hanno scoperto c
d’oro, cioè quest’astro, quando comparisce fa sparire dal cielo tutti gli astri minori. Quest’ultima opinione trova un appo
ole Fortunate o Atlantidi, poco distanti dalla costa d’Africa, di cui gli antichi avevano poche nozioni e che credevano l’e
ra. Le Stagioni Gli antichi personificarono le Stagioni. Sopra gli antichi monumenti le quattro Stagioni sono d’ordi
de’ lusinghieri suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli facevano, di insegnargli mille belle cose, che fè
che aveva dodici artigli, sei booche e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintura, e coi
città ed alle ville, alle case i secondi ; ma comunemente prendevansi gli uni per gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari
e ville, alle case i secondi ; ma comunemente prendevansi gli uni per gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figl
prima fatto tagliare la lingua in pena di aver manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno
teggeva le api ed i loro lavori. Colui che rubava del mele o guastava gli alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno di
si spargeva mai sangue in tal sorta di sacrifici. Presiedeva secondo gli antichi ad ogni parte del corpo un Dio particolar
al bere, Educa o Edusa al mangiare. Strenua dicevasi la dea che rende gli uomini valorosi, Agenoria o Stimula quella che gl
i la dea che rende gli uomini valorosi, Agenoria o Stimula quella che gli spingeva ad agire. Gli Agonii erano Dei che si in
ano quando trattavasi d’intraprendere qualche cosa d’importante. Orta gli esortava ad opere virtuose ; Vigilia accompagnava
quale da’ primi giorni di Ercole diede strepitose prove dell’odio che gli portava in causa della madre, mandò due orribili
lche severità ; Ercole poco docile non potè sopportare la correzione, gli lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Erco
ad un bifolco che stava lavorando coll’ aratro ; e perchè quegli non gli die’ nulla, staccò uno de’ buoi dall’aratro, lo i
nciò al commercio degli uomini, indi consultò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici
anni, agli ordini di Euristeo, in conformità dei decreti di Giove ; e gli annunciò che sarebbe posto nel rango degli Dei al
ori dei suoi stati onde togliergli i mezzi di sturbare il suo regno ; gli comandò le cose più dure e malagevoli dette poi d
su le spalle e la portò a Micene. 5.° A colpi di freccia uccise tutti gli orribili uccelli del lago Stinfalio. Essi erano m
uccelli del lago Stinfalio. Essi erano mostruosi, avevano il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve
ta prigioniera la loro regina Ippolita la diede in isposa a Teseo che gli era stato compagno in quell’impresa. Le Amazzoni
so delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Siccome Augia gli rifiutò il c
teva nel decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Siccome Augia gli rifiutò il compenso malgrado il parere di Fileo s
va i suoi cavalli di carne umana facendo loro divorare principalmente gli stranieri che avevano la mala sorte di cadere nel
oe attribuite molte altre memorabili azioni. Vinse il fiume Acheloo e gli tolse un corno, che fu poi chiamato Cornucopia. S
Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per punire Laomedonte che gli negava i promessigli cavalli, rovesciò le mura di
dirigere a lui una freccia ; il Sole ammirando il suo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, su la quale dicesi eg
ito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa era infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò egli ma invano
ne volte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, perchè se n’era cinto il capo qua
lio di Pelope e padre di Agamennone ; e soltanto dopo un secolo circa gli Eraclidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso
ie di que’ due paesi andassero a popolare la Grecia, i tratti con cui gli antichi hanno dipinto Ercole che tutti convengono
ra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera di Prometeo, gli fece l’offerta di dargli tutto quello che poteva
correre egli medesimo le celesti regioni per scegliere quello che più gli fosse sembrato conveniente all’uomo che esso avev
nte il dono e sposò Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse
iglio di Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Pr
ondo altri, di incatenare Prometeo sul monte Caucaso, ove un avoltoio gli rodeva il cuore a misura che gli rinasceva ; e so
o sul monte Caucaso, ove un avoltoio gli rodeva il cuore a misura che gli rinasceva ; e sofferse tale supplizio, sintanto c
glia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti gli uomini con un diluvio universale, perchè erano tr
osa la più virtuosa tra le donne, i soli che per essere gente dabbene gli Dei vollero eccettuare dal generale eccidio. Riti
e di voler dare un pranzo ai suoi amici purchè ciascuno dei convitati gli facesse dono d’un cavallo ; ed invitò. Perseo per
to giovine era amato dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mercurio gli prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una sci
e per figlio di Giove. Atlante rammentandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Gi
tico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo
e che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo giardino, gli negò l’ospitalità e lo scacciò. Perseo non potend
ndolo nel monte dello stesso nome presentendogli il capo di Medusa, e gli rapì i pomi da lui accuratamente guardati. Di là
ri delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tutti gli altri con Fineo medesimo. Sposata ch’ebbe Androme
colo. Intanto il dolore provato da Perseo per la morte del suo avolo gli fece abbandonare il soggiorno di Argo e andò a fa
vò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole aveva rinnovato gli Olimpici. Trovossi al combattimento dei Centauri,
ù pace. Il ritorno di Teseo in patria fu prima fatale ad Egeo. Questi gli aveva ordinato che tòrnando salvo in patria, per
pretesto di fargli vedere le circostanti campagne. Alcuni secoli dopo gli Ateniesi ripararono la loro ingratitudine verso T
sue ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in mezzo della città, e gli innalzarono un tempio, in cui gli facevano dei sa
perba tomba in mezzo della città, e gli innalzarono un tempio, in cui gli facevano dei sacrifici. Siccome il nome di Teseo
lli. Ercole, Teseo, Piritoo ne uccisero un gran numero ed obbligarono gli altri a fuggire. Narrasi pure che i Centauri esse
ui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio con loro, essi gli mossero guerra. Dopo qualche ostilità d’ambe le p
lui e le altre donne che assistevano a questa festa. Ercole, Teseo e gli altri Lapiti vendicarono l’onore di Piritoo e fec
be fu edificata Cadmo stabilì delle leggi per far regnare la pace tra gli abitanti. Sposò Ermione figlia di Marte e di Vene
e Cadmo era fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli cagionò, si fu la disgrazia di Atteone figlio di
ciso da Edipo suo proprio figlio. Cadmo cedendo al fine al dolore che gli cagionavano tante sciagure avvenute nella sua fam
to. Oppressi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono gli Dei di porre fine alla loro vita, e tosto furono
ivenuta quasi generale. Narrasi che Apollo, o secondo altri, Mercurio gli fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eord
belve accorrevano a quella soave melodia e vi erano per anco attratti gli augelli ; al dolce suono della sua lira tacevano
ono della sua lira tacevano i venti, il lor corso fermavano i fiumi e gli alberi danzavano ; poetiche esagerazioni per dino
e il titolo di ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro di lui padre gli aveva già dato le prime lezioni di teologia inizi
ce figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avvenenza, gli parve degna dell’amor suo ; la sposò quindi, e fu
ombre. Tantalo dimenticò la sua sete, la ruota d’Issione si arrestò, gli avoltoi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gl
ssione si arrestò, gli avoltoi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gli diedero qualche istante di tregua ; le Danaidi si
i rivolto per mirarla, prima d’uscire dai limiti del loro impero. Non gli restava a fare che un passo ed avrebbe riveduta l
volge per vedere se la moglie lo segue e nel momento stesso Euridice gli è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ;
e lo segue e nel momento stesso Euridice gli è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ; egli tenta di afferrarla ma n
dolore vorrebbe rientrar nell’inferno, ma l’inflessibile Caronte non gli permette di ripassare il fiume. Vuolsi che restas
a morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta di molte gli tolse la vita. Variano i racconti su la morte di
un oracolo la consultavano. La lira d’Orfeo fu trasportata in ciclo e gli Dei ne fecero una costellazione. Le donne omicide
ale arte. Alcuni accertano che Mercurio gliene insegnò i principii, e gli donò una lira alla quale Anfione aggiunse tre cor
ntore auche dei canti lamentevoli. Giasone, Medea, Chirone, Fineo, gli Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era f
te ammalato ; e pochi giorni dopo ne pubblicò la morte, facendo tutti gli apparecchi pei funerali, mentre la madre lo porta
nni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei Magne
rte di Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a sè gli sguardi di tutto il popolo per la bella sua prese
iura per Giove dal quale hanno tutti e due origine che al suo ritorno gli darà il possesso del trono che gli appartiene. Gi
i e due origine che al suo ritorno gli darà il possesso del trono che gli appartiene. Giasone era in quella età in cui si v
i va in traccia della gloria, perciò colse avidamente l’occasione che gli si presentava per acquistarne. Fu annunciata per
ue poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro latino di Valerio Flacco, gli Argonauti arrivarono finalmente in Colchide regio
dea che già incominciava ad interessarsi affettuosamente per Giasone, gli promise il soccorso dell’arte sua, purchè egli vo
nuto di sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine gli era imposto di uccidere il mostro che vegliava in
rcira ora Corfù, ove Medea e Giasone celebrarono le loro nozze. Quivi gli Argonauti si dispersero e gli sposi ritornarono a
iasone celebrarono le loro nozze. Quivi gli Argonauti si dispersero e gli sposi ritornarono a Iolco, colla gloria di aver r
are vie più il suo furore uccise essa stessa colle proprie mani sotto gli occhi di Giasone i due figli che da lui aveva avu
perirebbe colpito dagli avanzi del vascello degli Argonauti, ciò che gli accadde in fatti. Un giorno ch’egli stava riposan
vascello tirato a terra, una trave che se ne distaccò improvvisamente gli schiacciò la testa. Narrano altri che Medea dopo
, l’astronomia. Fu egli che compose il calendario di cui si servirono gli Argonauti nella loro spedizione. Il Bacco greco f
a sole donne, le quali per vivere in loro balìa, avevano uccisi tutti gli uomini. La regina Issipile però, la quale meno in
bbe due figli Toante ed Euneo. Continuando il loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove furono istrutti dal re
i in Tracia, dove furono istrutti dal re Fineo del modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegadi, che urtandosi fra di
e il timore di esser raggiunti da questo re, fosse la mira di evitare gli scogli Cianei, gli Argonauti, risalita la nave, t
r raggiunti da questo re, fosse la mira di evitare gli scogli Cianei, gli Argonauti, risalita la nave, traversarono il pont
l’inseguiva, ma riuscì loro di evitarne l’incontro. Furono gettati su gli scogli della costa d’Egitto, ma la protezione deg
rie sono le opinioni sull’origine di questo misterioso ariete. Dicono gli uni che all’istante in cui stavasi per immolare F
Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un montone d’oro al quale gli Dei avevano comunicato la prerogativa di traversa
re, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso
na voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso di nuovo gli salì sul dorso, giunse a Colco, immolò l’ariete a
el campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di modo che, secondo gli uni il vello d’oro era d’oro dapprincipio, second
opo aver ucciso suo fratello Alcimeno o Delrade o Bellero (perciocchè gli vengon dati tutti questi nomi) che pretendeva far
e così la moglie di Preto Antea o Stenobea se ne invaghì fortemente e gli promise che se voleva corrispondere a’suoi deside
umi, ringraziandoli del felice arrivo del giovine eroe. Nel decimo dì gli chiese i segni che mandavagli il re suo genero :
e sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e
e ne’suoi stati, gli partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e gli diede in isposa sua figlia e con essa metà del su
ndo per l’ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimenticò di offrirne a Diana, di che essa s
alanta offerirne in ricompensa il capo e la pelle ; opponendosi a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli u
e ; opponendosi a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma questa uccisione fu cagione della sua
li, che il nome ebbero di Meleagridi, che si credeva passassero tutti gli anni dall’Affrica in Beozia per piangere su la to
u chiesta in matrimonio da molti principi ; ma sia ch’ella non amasse gli uomini, sia che fosse informata dall’oracolo che
lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto nel
di Giove o di Cibele, o secondo alcuni un antro consacrato a Cibele ; gli Dei li trasformarono per ciò in lioni, e Cibele l
eva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella quale soccorse gli Dei contro Giove, egli aveva condotto via dall’Er
i vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; mostrò loro ad onorare gli Dei nei tempii per mezzo dei sacrifici, a cingere
he fu risguardato come il Dio della pace ; sotto il qual titolo, Numa gli fece edificare un tempio che stava aperto in temp
motivo del suo viaggio, ella, essendo della schiatta degli indovini, gli rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il t
Mida, in riconoscenza del favore che Gordio aveva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel lu
cosicchè il principe fece nell’indomani dei sacrifici per ringraziare gli Dei del favore che gli avevano accordato e dei co
ce nell’indomani dei sacrifici per ringraziare gli Dei del favore che gli avevano accordato e dei contrassegni che gliene d
ar l’oracolo di Apollo per aver contezza de’suoi parenti, e l’oracolo gli predisse le disgrazie che a Laio erano state pred
che l’enimma da alcuno fosse disciolto. Presentossi Edipo e la Sfinge gli propose il fatale enimma, che era : Qual fosse l’
gno di Tebe, e Giocasta in isposa cui non sospettò essergli madre ; e gli nacquero da essa due gemelli Eteocle e Polinice e
e nel vedersi tutt’ad un tempo reo di parricidio e d’incesto, si cavò gli occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta
suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oracolo d’Apollo, il quale gli predisse ch’egli doveva morire a Colonos e che la
deo per assassinalo. Questi opponendosi valorosamente agli assalitori gli uccise tutti, eccetto Meone cui rimandò ad Eteocl
i siensi separate, e che la stessa cosa sia accaduta ne’sacrifici che gli venivano offerti insieme, poichè per quanto catti
e fratelli non si tralasciò nullameno nella Grecia di rendere ad essi gli onori eroici. Creonte il quale successe alla coro
gli onori eroici. Creonte il quale successe alla corona, fece rendere gli onori del sepolcro alle ceneri d’Eteocle, siccome
ella qua e là trasportavasi onde sottrarsi alle ricerche de’ Tebani ; gli enimmi erano l’immagine delle insidie ch’essa ten
nosciuta ora sotto il nome di Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori divini, ed i Greci lo ponevano tanto al dis
risteo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo e morendo gli lasciò la corona. Tieste, che aveva seguito suo
enuto Agamennone e per le sue conquiste e per la morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed i
partenza de’ Greci per Troia Agamennone aveva avuto vari figli e tra gli altri Oreste, Ifigenia ed Elettra. Mentre l’armat
ino per vegliare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina, gli riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno
e sue qualità e certi tratti di spirito e di magnanimità che talvolta gli sfuggivano, fecero sospettare ch’ei fosse uscito
hio e vestimento veruno, si presentarono al giovane pastore. Ciascuna gli fece delle offerte onde impegnarlo a pronunciare
romise di colmarlo d’ogni bene, non esclusa la regia podestà. Minerva gli offrì la saggezza siccome il maggiore di tutti i
ado le predizioni degl’indovini, lo ricevette e diedegli il posto che gli conveniva. Poco dopo fu eletto da Priamo per and
perfetta cognizione della medicina, ma Enone sdegnata contro di lui, gli fece poco buona accoglienza e non volle guarrirlo
ià riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a danno di Troia il
cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero gli altri di partire abbandonando l’assedio di Troia
o all’estremo dell’Adriatico fondò la città di Padova ; e discacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti
di Venere prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise che portava gli Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio,
le, i Libri Sibillini, i Tempii più famosi, i Sacrifici, i Sacerdoti, gli Auguri, gli Augurii, le Espiazioni, l’Acqua Lustr
Sibillini, i Tempii più famosi, i Sacrifici, i Sacerdoti, gli Auguri, gli Augurii, le Espiazioni, l’Acqua Lustrale, i Giuoc
Pubblici, ecc. Chiamavansi dagli antichi Oracoli le risposte che gli Dei davano agli uomini ; e lo stesso nome davasi
a consultarli. I luoghi scelti per costruire i tempii ove rendevansi gli Oracoli, le vicinanze, l’esteriore degli edifici
ia, condurre a buon fine qualche impresa, tosto recavasi a consultare gli Dei che avevan fama di predire il futuro. Gli Ora
primo motore degli oracoli, e prima sorgente d’ogni divinazione. Dopo gli oracoli di Giove i più celebri e più accreditati
quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato di tutti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso Giove. I p
ti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso Giove. I più famosi tra gli Oracoli erano :     Sacrifizio L’oracolo
lunque strega in generale. La Pitonessa sacerdotessa d’Apollo rendeva gli oracoli su di un tripode, scranna piccola con tre
a un Oracolo anche a Claro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto
chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ; di modo che gli Oracoli del tripode passavano in proverbio per an
egio degli Oracoli venne coll’andar del tempo accordato a quasi tutti gli Dei e ad un gran numero di eroi. Marte ebbe un Or
convalidata da infiniti esempi che presenta la storia. Per consultare gli Oracoli era necessario scegliere il tempo in cui
re gli Oracoli era necessario scegliere il tempo in cui credevasi che gli Dei ne pronunciassero ; poichè tutti i giorni non
ente ricevevasi la risposta dell’Oracolo, gittando le sorti. Talvolta gli Dei mostravansi meno difficili ; e il consultante
e avvenne ad Alessandro, quando andò a consultare Giove Ammone. Anche gli antichi popoli del Nord avevano i loro Oracoli co
ure dalle Parche ne’ loro tempii. Quello d’Upsal era famoso tanto per gli Oracoli quanto pei sacrifici. Nel predire il futu
quali attribuivano la cognizione del futuro. Convengono generalmente gli antichi che vi siano state delle Sibille, ma non
disfarlo. Gli mostrò essa nella foresta di Proserpina un ramo d’oro e gli ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con
presentò un giorno a Tarquinio Prisco, o al Superbo secondo alcuni e gli offrì nove volumi diversi pei quali chiese 300 mo
rifiuto. Tarquinio maravigliato da tale ostinazione, mandò a cercare gli auguri, i quali consigliarono ch’egli dovesse pag
utti della terra e non più. A poco a poco incominciaronsi a effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di c
; ne’ Sacrifici oltre a’frutti della terra incominciaronsi ad offerir gli animali, e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, im
cerdotesse. Ai conviti che celebravansi dopo i sacrifici presiedevano gli Epuloni sacerdoti istituiti l’anno 558 della fond
ilosofi o retori, e il cattivo uso che poscia ne venne fatto, ambidue gli ha egualmente screditati. Non si sa positivamente
oni l’accesso nelle case dei grandi. Allora furono chiamati Parassiti gli adulatori i quali, per procurarsi una piacevole s
i ; e se le lagnanze erano giuste i Feciali avevano diritto di punire gli autori dell’ingiustizia. Eravi pur in Roma il co
a maniera con cui ardeva l’incenso, dal crepitare, dal fumo traevansi gli Augurii. Tutti i fenomeni straordinari, tutti i c
lontari del cuore, degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi, gli starnuti, le parole e i rumori uditi a caso e imp
nche a molti insieme dedicato. Eravi un decreto del senato romano che gli ordinava espressamente. Principiavasi sempre a so
di pietà. È però vero che nou poca parte vi aveva la politica, mentre gli esercizi di questi giuochi servivano d’ordinario
tà. I Giuochi pubblici pei Greci erano divisi in due diverse specie ; gli uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli
ue diverse specie ; gli uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli altri sotto quello di Scenici. I Ginnici abbracci
ci e gli altri sotto quello di Scenici. I Ginnici abbracciavano tutti gli esercizi del corpo, la corsa a piedi, a cavallo o
avallo o sulle bighe e le quadrighe ; la lotta o il pancrazio, in cui gli atleti nudi ed unti d’olio cercavano di atterrars
mpresi sotto il nome di Giuochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrati nel circo e gli altri sopr
i e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrati nel circo e gli altri sopra la scena. Riguardo ai giuochi consacr
o Giuochi dei teatri, degli anfiteatri e dei circhi magnifici, di cui gli avanzi ancora si veggono a Roma, a Verona, a Nime
2 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
e che Narciso invaghito e vittima della propria bellezza, rappresenta gli effemminati e i sedotti da eccessivo amor proprio
sedotti da eccessivo amor proprio. 11. La poesia destinata a cantare gli Dei e gli eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animar
a eccessivo amor proprio. 11. La poesia destinata a cantare gli Dei e gli eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animare anche gl
cantare gli Dei e gli eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animare anche gli oggetti materiali, ha popolato d’ esseri immagina
nero spiriti celesti, i pastori Satiri, Ninfe le pastorelle, Centauri gli uomini a cavallo, e le arance furono dette aurei
i uomini a cavallo, e le arance furono dette aurei pomi. 12. Dopo che gli uomini ebbero perduto la memoria del vero Dio e d
a del vero Dio e del suo culto, e quando non sapevano ancora spiegare gli effetti delle forze fisiche, ossia i fenomeni dei
che i bruti, le piante ed i sassi. 13. Poi ottennero templi ed altari gli uomini celebri ed i benefattori dell’ umanità, e
tori dell’ umanità, e la riconoscenza rese divini i guerrieri famosi, gli artisti di grande ingegno ed i legislatori dei po
; nè vi fu luogo che non fosse sotto la protezione di uno Dio. Sicchè gli uomini vollero, per così dire, adorar la natura p
ocati. 17. Gli Dei eran distinti in tre classi : La prima comprendeva gli Dei supremi o i grandi Numi (Dii majores), ed era
di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce, ec., e con essi gli eroi che avevano meritata l’ immortalità, come Ac
ie di cose casuale ed informe, nella quale immaginarono confusi tutti gli elementi della natura prima della creazione e del
e un’ immagine della fatale necessità che tutto governa nel mondo ; e gli altri Dei, come anche lo stesso Giove, andavano a
la immutabilità del Fato, cui non vincono nè i potenti della terra nè gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un t
i stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono di ferro, con gli occhi bendati e un piede sul nostro globo ; aveva
) eran le ministre del Destino, pronto a fare eseguire immediatamente gli ordini della inesorabile divinità. 25. Cielo o Cè
ve (63) cioè e Giunone (85), fece veder solamente questa al marito, e gli tenne celato Giove, offrendogli in sua vece una p
ietra che da Saturno fu subito divorata. E ciò fece anche quand’ ebbe gli altri due figli Nettuno (185) e Plutone (213). 29
ati Cureti, Galli, Coribanti o Dattili (48) ; e la capra Amaltea (77) gli fu nutrice. Narrasi che le Ninfe e i Coribanti, c
irsi nell’ Affrica. 31. Poichè Saturno udì dal Destino (21) che Giove gli avrebbe usurpato il regno, appena fu libero, gli
stino (21) che Giove gli avrebbe usurpato il regno, appena fu libero, gli mosse guerra ; ma Giove lo vinse ; e temendo che
ndo che il padre usasse un’ altra volta a suo danno della libertà che gli avea procurata, lo discacciò dal Cielo. 32. Satur
o degli Dei e prima età del mondo, perchè sotto il loro savio governo gli uomini vissero semplicemente e naturalmente buoni
tate, autunno e verno, Foco empio, acuti morbi e fredda neve. S’ebber gli uomini allor qualche governo Nel mangiar, nel ves
nesto. Numa Pompilio secondo re di Roma (714 anni avanti Gesù Cristo) gli edificò un tempio con dodici altari, uno per cias
tenuto in conto di valido intercessore ai supplichevoli mortali appo gli Dei. 38. Le feste istituite nel Lazio in onor di
ospendeva le adunanze ; eran chiuse le pubbliche scuole ; i parenti e gli amici si ricambiavano doni e banchetti ; era viet
o distrugge ed all’ agricoltura che tutto riproduce. È anche alato, e gli sta presso un orologio a polvere, e talora un ser
esi Di un grave e mortifero letargo : Chè volan l’ ore, e i giorni, e gli anni, e i mesi ; E ’nsieme con brevissimo interva
Non fate contra ’l vero al core un callo, Come sete usi, anzi volgete gli occhi, Mentr’ emendar potete il vostro fallo. Non
ente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di sua rabbia : Chè gli avea in guardia istorico o poeta…. Tuttavia anco
lie di Celo (25), è la madre di Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele gli è moglie ; e la terza è sua figliuola. 44. A ragi
forte, e le posero in capo una ghirlanda di quercia, perchè un tempo gli uomini semplici e robusti si nutriron di ghiande 
e deriva indi una pura Luce che, mista allo splendor del Sole, Tinge gli aerei campi di zaffiro, E i mari allor che ondegg
ti e quanto poteva esservi di segreto e di sacro. Al circo ed a tutti gli spettacoli avevano luogo distinto. Il pubblico er
tumulto, mischiando a’ loro urli lo strepito dei tamburi, percotendo gli scudi con le lance, ballando e movendo la testa c
ità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di coltivar la terra e di semina
uomini nell’arte di coltivar la terra e di seminare il grano ; sicchè gli antichi l’ adorarono quale Dea dell’ agricoltura,
Attica, insegnò a Trittolemo suo figliuolo l’arte dell’agricoltura, e gli donò un carro coi draghi per recarsi a diffondere
à non potè fare a meno di riderne e di beffarla. Di che offesa la Dea gli scaraventò in faccia il resto della pappa ; e lo
cedesse a Proserpina (53) di passare sei mesi dell’anno colla madre e gli altri sei col marito.15 59. Cerere ha volto bell
. 60. Le feste di Cerere furon chiamate Eleusine, o Eleusinie, perchè gli Ateniesi le celebrarono ogni cinque anni ad Eleus
ope nipote di Nettuno (185) e avo materno d’Ulisse (568), oltraggiava gli Dei, e negava d’offrir loro i sacrifizj. Indi, fo
25) o Celo che s’era congiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che gli costava un delitto di violenza incontro al padre,
per vendicare i Titani suoi nipoti precipitati da Giove nel Tartaro, gli fece ribellare i Giganti (69) figliuoli degli ste
iove, sgomentato alla vista di sì tremendi nemici, chiamò in soccorso gli altri Dei, ma tutti temevano più di lui, e si rif
o varie forme d’animali. Forse di qui, secondo alcuni, ebbero origine gli onori divini che gli Egiziani rendevano ai bruti
li. Forse di qui, secondo alcuni, ebbero origine gli onori divini che gli Egiziani rendevano ai bruti (704). 68. Bacco (146
per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che di continuo gli gridava : Coraggio, figlio mio, coraggio ! Alcuni
lo, al dir d’Omero, più degli altri Giganti insieme uniti, sgomentava gli Dei ; Fialte poi fu quello che pose il monte Ossa
enarlo ad uno scoglio sul monte Caucaso in Asia, e quivi un avvoltoio gli doveva eternamente divorare le viscere, le quali,
lluminando le menti della moltitudine, davano opera a distruggere tra gli uomini ogni disuguaglianza contraria alla natural
Forza crudel che a’generosi insulta ; Ma il profetato Alcide in cor gli freme, E nel futuro esulta. Silvestro Centofant
li freme, E nel futuro esulta. Silvestro Centofanti. 72. Addolorati gli altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi
ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto di creare gli uomini, si concertarono fra di loro, e formarono
enza ; e la chiamarono Pandora, vale a dire formata coi doni di tutti gli Dei (pan tutto, dôron dono, gr.). « E i doni degl
aone s’apparecchiò a levargli la vita mentre dormiva ; ma sapendo che gli Dei solevan talora scendere sulla terra, s’argome
mpa, e ne fece scaturire una sorgente. Allora Bacco, per gratitudine, gli consacrò un tempio sotto il nome di Giore Ammone
Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in Beozia. Comunemente gli immolavano la capra, la pecora e il toro bianco a
uerci della foresta vicina alla città di Dodona nell’Epiro rendessero gli oracoli, e vi eressero un tempio per adorarlo sot
’onnipotenza, ed una statuetta della Vittoria nella sinistra ; allato gli seggono le Virtù, ed ai piedi ha l’aquila a lui c
ssa ai Romani, massime nella guerra coi Galli Senoni od in quelle con gli Arunci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Marte (2
n’altra moglie, e di sceglierla tra le semplici mortali ; sicchè pose gli occhi sopra la giovanetta Io figlia d’Inaco re d’
uale aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquanta nel tempo che gli altri eran chiusi dal sonno. Ma la Dea non ottenn
musica e con l’ajuto di Morfeo Dio del sonno (241) che a tale effetto gli diede un mazzo de’suoi papaveri, e poi d’ucciderl
o che si lasciano troppo sedurre dai piaceri. Allora Giunone raccolse gli occhi dell’estinto Argo, e ne fregiò la coda del
Nilo, ove Giove le rese la primiera sua forma. Quivi partorì Epaso, e gli Egiziani l’hanno adorata sotto il nome d’Iside, s
ò l’isola d’Egina con una spaventosa pestilenza che fece perire tutti gli abitanti, per vendicarsi della protezione di Giov
nell’arcobaleno apportatore di gioja sopra la terra. Così spiegarono gli antichi il mirabile effetto dei raggi del sole re
o la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiziani la confondevano con la dea Iside (690, 6
prire il tripode sul quale sedeva la Pitia o Pitonessa (122) per dare gli oracoli. Indi furono istituiti da Teseo i giuochi
rammentare questa prova di filiale affetto (672). 100. Ma la vittoria gli fu amareggiata dalla morte del figliuolo Esculapi
sussistenza, si pose ai servigj di Admeto re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e fin d’allora fu onorato quale Dio dei
a Peneia), e volle che il lauro in memoria di un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenisse nobile ricompensa di poet
107. Laomedonte cercò rimedio a tanti mali, e consultò l’oracolo, che gli rispose di dover placare Apollo e Nettuno, espone
ta incatenata sopra uno scoglio, quando Ercole (364), approdatovi con gli Argonauti (452), giunse in tempo a salvarla uccid
Finalmente il lungo esilio e le sventure d’Apollo placaron Giove, che gli rese la divinità con tutti i suoi privilegj, e lo
ino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio di Laomedonte re di Troia, e gli ottenne da Giove l’immortalità, ma non pensò ad i
roducono la rugiada mattutina. 114. Dal rogo di Memnone volaron fuori gli uccelli memnonidi, i quali si separarono in due b
i folli compagni ; e vantando, secondo il solito, l’alta sua origine, gli fu contradetta da tutti. Di che andato a lagnarsi
ine, gli fu contradetta da tutti. Di che andato a lagnarsi col padre, gli chiese in grazia di condurre un giorno il carro d
morte, che per quattro mesi lo piansero sulle sponde dell’Eridano, e gli Dei le trasfermarono in pioppi, e le loro lacrime
ngendo Stava la morte sua, mentre ch’all’ombra Delle Pioppe, che pria gli eran sorelle, Sfogava colla musa il suo dolore, F
icii. Il Nume superò l’emulo col suono della lira e col canto, benchè gli fosse stata contesa lungamente la palma. Tuttavia
largita al suo balio, promisegli d’esaudire il primo desiderio ch’ei gli avesse manifestato. Il re di Frigia quasi che vol
anifestato. Il re di Frigia quasi che volesse far conoscere come bene gli si addicevano le note orecchie asinine, chiese ed
ch’ei toccava ; ma presto ebbe a pentirsi della voglia avara, perchè gli stessi alimenti gli si mutavano in quel metallo,
presto ebbe a pentirsi della voglia avara, perchè gli stessi alimenti gli si mutavano in quel metallo, e ne fu presso a mor
e d’Esculapio (289) fu anch’essa amata da Apollo ; ma poichè un corvo gli ebbe svelato ch’ella poco di lui si curava, tratt
subitaneo gastigo, e per far pagare al corvo il fio della delazione, gli ridusse nere le penne che prima eran bianche. 134
a vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di quella tremenda lotta gli gridavano continuamente Io Paean, avanti ! colpis
ci donativi. I Rodiani che ambivano di esser chiamati figli del Sole, gli aveano consacrato uno smisurato colosso, il quale
are il dito pollice del colosso, e un bastimento anche dei più grandi gli passava tra le gambe a vele spiegate. Le altre co
l giovine imberbe, con lunga e bionda chioma inghirlandata d’alloro ; gli stanno ai piedi gli emblemi delle arti, ed ha nel
on lunga e bionda chioma inghirlandata d’alloro ; gli stanno ai piedi gli emblemi delle arti, ed ha nella destra l’arco e i
ata della sua bella e numerosa prole, imperocchè le fece perire sotto gli occhi tutti i figliuoli. 142. Diana in terra s’er
tempio con eguale magnificenza ; ma fu poi saccheggiato da Nerone ; e gli Sciti lo arsero nuovamente verso l’anno 260 dopo
Erano offerte in sacrifizio a Diana le primizie della terra, i bovi, gli arieti e i cervi bianchi. Ma invocandola, qual De
to il bellissimo Ditirambo del Redi, intitolato Bacco in Toscana. Fra gli antichi, niuno forse meglio d’ Anacreonte greco s
d il capro perchè quest’animale è infesto ai germogli della vite. Tra gli animali favolosi eragli sacra la Fenice, e tra le
nfine il primo, toccate col tirso le acque dell’Oronte e dell’Idaspe, gli attraversò a piedi asciutti ; il secondo fece alt
ativi alla guerra e alla pace. Per essere più sollecito nell’eseguire gli ordini dei Numi aveva ali alla testa, ed ai piedi
eva separato, nuovo simbolo dell’ eloquenza. La credenza in cui erano gli antichi che Mercurio dopo un certo numero di seco
sia il passaggio delle anime da un corpo morto in un corpo vivo. Cosi gli antichi credettero universalmente che le nostre a
ni s’accostano più alla nostra indole. Gl’Indiani, i Persiani e tutti gli Orientali hanno ammessa la metempsicosi senza lim
nte nella religione dei Bramini, i quali mantengono spedali per tutti gli animali malati, essendo persuasi che, soccorrendo
ena d’oro pendente dalla bocca a significare ch’ ei legava le menti e gli animi con la forza della persuasione. 164. Questo
ra, incominciamento di ginnastica, la quale è utilissima a incivilire gli uomini ed a mantenerli valorosi ed onesti. Laonde
ndono che Mercurio fosse anche il Nume dei ladri, forse per avvertire gli uomini a starne guardinghi, non già per protegger
mostrò sdegnato oltremodo. Siechè Mercurio, per calmarne la collera, gli regalò la lira, della quale era già reputato inve
se di ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianze di contadino gli offerse un bove e una vacca per farsi dire dove f
e di Quadratus ; finalmente lo dissero Triceps (triplice o trino) per gli uffiej che esercitava nel cielo, sulla terra e ne
fu commessa la sua educazione, la condussero in cielo, e quivi tutti gli Dei, rapiti dalla sua bellezza, la desiderarono p
, le tre Grazie ed Enea ; e figurarono parimente nati da lei il Riso, gli Scherzie i Piaceri, che appariscono quali genii o
con saette a’ fianchi, Contra le qua’ non val elmo nè scudo : Sopra gli omeri avea sol duo grand’ ali Di color mille, e t
e il mondo chiama Amore…. E siccome può esservi l’amore virtuoso che gli antichi chiamavano Eros 34 e quello opposto detto
pessima divinità la Mitologia ha dato per nutrice la Follia. Nè tutti gli autori antichi sono d’accordo sulla nascita di Cu
la nascita di Venere, era accorsa al banchetto degli Dei per raccorne gli avanzi. Forse quel sommo filosofo esponeva questa
tti, pure ha sempre bisogno dell’oggetto in cui si pone ; e se questo gli manca, riman privo di tutto, e tapino e mendico d
è anzi si accompagna principalmente con la carità, la quale santifica gli affetti ispirati da lui. Saffo (177), celebre e s
he sia più gentile e innocente dei fiori e dell’aura di primavera che gli accarezza. Il nostro altissimo poeta Dante Alighi
opo. « Quindi avvi un Amore universale, un sentimento comune in tutti gli nomini, spirato da tutti gli oggetti della pura e
niversale, un sentimento comune in tutti gli nomini, spirato da tutti gli oggetti della pura e schietta natura ; un impulso
e un velo nuziale nella sinistra. Il suo volto spira soavi affetti, e gli sguardi rivelano un’ardentissima segreta fiamma d
olo dell’ umano consorzio, e che la semplice beltà della natura vince gli studiati adornamenti dell’arte. Ma talora apparis
di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmine che gli sfiorò la pelle. 177. Adone, figlio di Mirra (Adò
ogni anno sei mesi sulla terra e sei nell’inferno. Adone fu posto tra gli Dei, ed ebbe tempio e culto e feste chiamate Adon
ali duravano otto giorni ; i primi quattro erano consacrati al lutto, gli altri alla gioja per indicare l’apoteosi del pred
le rose Amor sacrava Perché in silenzio i furti suoi chiudesse ; E si gli additi in aurea nube il sogno Roseo, che sulla fr
di Citera sopra una conca marina, accompagnandola le Nereidi (315) e gli Amori. Secondo poi la natura del suo culto aveva
 ; aveva mæstoso il portamento, serena la fronte, elevata la testa, e gli occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, co
ta la testa, e gli occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, con gli occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra pien
e braccia, Promise, quando il re, pel nuovo imene Beato più, partia, gli assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma di
lle brame del Nume ; e Nettuno ricompensò il delfino collocandolo tra gli astri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite
ria coi loro cadaveri. — V’ è chi non riconosce nelle Arpie altro che gli uccelli del lago Stinfale. E finalmente altri dic
equentemente scesi negli stati di Fineo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti agli estremi. 192. Tra gli altri Dei mar
neo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti agli estremi. 192. Tra gli altri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio di
ggi di Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il Dio del mare gli aveva accordato la cognizione del passato, del pr
o a consultarlo, pigliava ogni specie di forme per atterrire chiunque gli s’accostasse ; ed ora diveniva leone, or leopardo
he sapendo con arte adoperare tutte le figure della rettorica e tutti gli accorgimenti dell’eloquenza, si cattivava l’animo
fiume Acheloo (393) e della musa Calliope (274), abitavano per entro gli scoscesi massi che sono tra l’isola di Capri e le
iogare. O, se vogliamo, troveremo in esse simboleggiati semplicemente gli scogli invisibili, intorno a’quali gorgogliando l
ra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono di adescare gli Argonauti ; ma Orfeo prese la lira, e incantò lor
talchè dipoi quel luogo fu chiamato Sirenide dal loro nome. 199. Tra gli Dei marini non è da passare sotto silenzio Eolo,
erba, corse a precipitarsi nelle onde. Allora l’ Oceano e Teti (192) gli tolsero quanto aveva di mortale, e lo fecero « co
lla ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata da Glauco (201), ma che non gli voleva corrispondere ; sicchè egli andò a lagnars
nevano Nettuno per la loro maggiore divinità ; e la Grecia e l’Italia gli avevano consacrato molti templi e feste e giuochi
rono il primo giorno del mese di luglio per celebrare la sua festa, e gli consacrarono il febbraio per averlo favorevole al
211. Le sue vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma gli aruspici gli offrivano acqua marina e acqua dolce
ittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma gli aruspici gli offrivano acqua marina e acqua dolce, e particola
ntrari venti è combattuto. La bufera infernal che mai non resta, Mena gli spirti nella sua rapina, Voltando e percotendo li
li spirti nella sua rapina, Voltando e percotendo li molesta…. E come gli stornei ne portan l’ali, Nel freddo tempo, a schi
an l’ali, Nel freddo tempo, a schiera larga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là, di giù, di su li mena
detta statua, che è quanto a dire dai vizj di tutti i tempi, derivano gli orrendi fiumi d’Abisso : In mezzo ’l mar siede u
uona il vocabolo ; ed il loro mormorio ne imitava i gemiti. Credevano gli antichi che le anime degl’ insepolti andassero er
(346) e la Vittoria (348). Allorchè Giove (63) chiamò in aiuto tutti gli Dei per combattere i Giganti (67), Stige accorse
o violato i giuramenti fatti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dovevano tenere una mano stesa sulla terra e
sozzo, A cui lunga dal mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha gli occhi accesi Come di bragia ; ha con un groppo al
ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto ; e con un palo Che gli fa remo, e con la vela regge L’affumicato legno,
barba unta ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c. 
ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c. VI.) Accogli
re il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cencreo re di quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figlia, e lo destinò a
uella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in premio del suo coraggio gli fece sposare la figliuola di Laomedonte, Esione,
la giustizia e la frugalità, lo fecero adorare dai propri sudditi, e gli antichi avevan tale opinione della sua equità, ch
preso l’idea di questi giudici dell’ inferno dal costume che avevano gli Egiziani di giudicare pubblicamente la memoria di
nte ; Tu dalla mano incerta Togli l’insanguinato Scettro, e sul trono gli t’assidi al lato. ……..A voi diletta Di chi delira
a tormentare le anime dei perversi, le destinavano anche a gastigare gli uomini in vita con tutti i flagelli della celeste
riducevano in tetra disperazione, incominciando sulla terra a patire gli eterni supplizi del Tartaro. 234. A sì temute Dee
petto per esse, che quasi non s’arrischiavano a nominarle o ad alzare gli occhi verso i loro templi, i quali servivano d’in
rie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse gli altari con frutta e miele ; immolò una pecora ner
i biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco, ed egli eresse allo
i boschi. Era fama che Ecate profondesse ricchezze a’ suoi adoratori, gli accompagnasse nei loro viaggi, e disponesse a fav
nelle valli moltiplicava i greggi, o di sterilità li colpiva. Perciò gli Ateniesi le offerivano focacce con l’impronta d’
i cani, dei quali credevano che i lamentevoli latrati allontanassero gli spiriti maligni. 235. Dopo di queste gli antichi
evoli latrati allontanassero gli spiriti maligni. 235. Dopo di queste gli antichi avevano immaginato altre tre divinità inf
e quali tengono il primo posto la Notte, il Sonno, i Sogni, la Morte, gli Dei Mani ec. 238. La Notte, dea delle Tenebre, er
suoi figli, ed erano i Sogni dei quali due o tre si distinguevano tra gli altri, come Morfeo protettore dei pigri e sonnole
più in sembianza di scimmia accovacciata ; e questo non visitava mai gli uomini sobri o tranquilli di coscienza ; ma andav
e malvagia azione. Costoro poi abitavano solamente i palazzi, laddove gli altri sotto forme quasi sempre gradevoli di alati
 : Or sono ignudi, poveri, e mendici. U’ son or le ricchezze ? u’ son gli onori, E le gemme e gli scettri, e le corone, E l
i, e mendici. U’ son or le ricchezze ? u’ son gli onori, E le gemme e gli scettri, e le corone, E le mitre con purpurei col
re antiche armata di falce, con pallido e scarno volto, e incavernati gli occhi. Una lacera e nera gramaglia appena ricuopr
ad errar sulla terra, appariscono di notte con spaventosi aspetti (e gli spiriti, nell’ esistenza dei quali crede ancora i
ignorante, sono un resto di questa antica superstizione) ; finalmente gli Dei-Mani che stanno a custodia delle tombe. Per q
tagna un masso enorme che sempre rotolava giù pel proprio peso, e non gli concedea riposo giammai ; immagine degli ambizios
o contro Apollo, dette fuoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perp
vere nel perpetuo timore di restare schiacciato sotto uno scoglio che gli pende in bilico sulla testa : …….E Flegia infeli
e da me, voi che mirate La pena mia : non violate il giusto, Riverite gli Dei. (Loc. cit.) 248. Issione, re dei Lapiti e p
i rimorsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo gli era tormento atrocissimo. Ma dopo aver pagato il
l fio lungo tempo con questo strazio, Giove (63), credendolo pentito, gli aprì un asilo nel cielo, e lo fe’ sedere alla men
doleva come se si trattasse di sacrificare le proprie viscere. Quindi gli Dei non vollero pigliar parte al banchetto, non a
cerba pena Tantalo in piedi entro un argenteo lago, La cui bell’ onda gli toccava il mento. Sitibondo mostravasi, e una sti
l fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il rende : Rosseggian gli occhi, e di veneno infetto, Come infausta cometa,
dal seno della terra che è il loro soggiorno. Anche dai genitori che gli vengono attribuiti si può inferire come specialme
gue il suo scrigno ? Ora gettate uno sguardo sopra gl’ingordi e sopra gli avari ; e mirate quanto cresce la loro miseria co
combattenti al grido Quando appiccan la zuffa. I Troi l’udiro, L’udir gli Achivi, e ne tremâr : si forte Fu di Marte il mug
scudi tutti compagni, chiamati ancilia, uno dei quali (mescolato tra gli altri, perchè niuno lo involasse) credevano che f
iese aiuto a Vulcano (270) ; e il medico bizzarro, afferrata un’asce, gli spaccò il cranio. Allora ne uscì fuori Minerva be
le arti della pace, e soprattutto l’agricoltura. 265. Una lezione per gli orgogliosi ci viene offerta da Aracne abile tessi
i Bacco (146) tornò in cielo, e Giove cominciò a volergli bene ; anzi gli parve che fosse proprio arrivato in buon punto pe
rirono sentimenti così magnanimi, da meritare la venerazione di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dott
Muse è santo ; l’ingegno vuol esser puro come l’innocenza ; e siccome gli oggetti di dove il bello ed il vero emergono sono
ccompagna i sospiri degli amanti, ne interpreta i desiderj, ne mitiga gli affanni, e consiglia un amor puro e casto, senza
la Verità, l’Invidia, il Furore, altro non sono che virtù o vizj che gli antichi mossi da rispetto o da paura, solevano pe
e tutti con l’accrbità del sarcasmo ; non soleva risparmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla di
ffarli. 283. Biasimò Nettuno (185), perchè modellando il suo toro non gli aveva messo le corna davanti gli occhi affinchè l
), perchè modellando il suo toro non gli aveva messo le corna davanti gli occhi affinchè l’animale potesse cozzar più dritt
re per poterne scrutare i più segreti pensieri ; e la casa di Minerva gli parve architettata senza criterio, e voleva che f
ggia languidamente col braccio sopra una lunga lancia da cacciatori ; gli sta presso una fiaccola arrovesciata, e a stento
no soliti di andare a scrivere sulle mura di quel tempio i rimedi che gli avevano liberati dalle loro infermità. Pare che n
la testa d’un serpente. Gli ponevano ai piedi un cane accovacciato, e gli sacrificavano galli e galline. 293. Esculapio las
che Pane fu figliuol di Giove (63) e della Ninfa Calisto (140), altri gli assegnarono per genitori Mercurio (160) e Penelop
o ove forma il segno del capricorno, in’ricompensa d’aver consigliato gli Dei a ricovrarsi in Egitto sotto forma d’animali
i caprone dalla cintura all’estremità inferiore, mentre dalla schiena gli spunta la coda a spazzolar le cosce e i piedi cap
era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni anno di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome
con Pane. I poeti e i pittori lo dipingono cornuto ; dal mezzo in giù gli fanno le membra caprine, e gli pongono in mano un
o dipingono cornuto ; dal mezzo in giù gli fanno le membra caprine, e gli pongono in mano un ramo di pino. Le feste Luperca
ppartenente ai figliuoli di Silvano, è attribuito comunemente a tutti gli Dei campestri, ed è vocabolo generale per indicar
sacrifizj, offrendo loro le primizie dei frutti e dei greggi. Intanto gli agricoltori e i pastori, credendo all’esistenza d
ani collocavano la sua statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gli altari tuoi di fiori ornai, Con la gran falce e c
dale con sopra una testa che aveva l’effigie d’idolo agreste ; ma non gli dettero nè braccia nè piedi, affinchè non potesse
i scavando i fondamenti trovarono la statua di questo Dio. Consultati gli auguri intorno a ciò che dovessero farne, ordinar
o veniva sempre coperto di fiori. Il temerario che con mano sacrilega gli avesse fatto mutar posto veniva proscritto, abban
) ai giardini e segnatamente ai frutti. Era sua cura prediletta potar gli alberi, innestarli e annaffiarli ; e tutta dedita
alnati. Essa il rigoglio Ne correggeva ed il non casto istinto : Essa gli odj segreti e i morbi e i sonni E gli amor ne cur
ed il non casto istinto : Essa gli odj segreti e i morbi e i sonni E gli amor ne curava e i maritaggi, Securo a tutti proc
oride (193), e rappresentate sotto belle sembianze di giovanette ; ma gli antichi non le onoraron di templi, nè vollero acc
vesti succinte nei fianchi, tutti i lor gesti atteggiati di grazia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme facevano compon
se di sì folle amore di sè medesimo, che diventò passione sfrenata, e gli logorò la vita al punto da cadere estinto in quel
iovani stoltamente invaniti di sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei ebbero pietà di Narciso, e lo cangiarono in q
o rapito dalla sua bellezza continuamente ne chiedeva la mano. Allora gli Dei per metter fine a quelle importune dimande tr
e il greco Alfeo, Che dal fondo del mar non lungi s’alza, E costanti gli affetti, e dolci l’acque Serba tra quelle dell’am
er essere protettori delle città e degl’imperi, e venivano scelti fra gli Dei primari dell’Olimpo o fra gli eroi deificati 
degl’imperi, e venivano scelti fra gli Dei primari dell’Olimpo o fra gli eroi deificati ; ma spesso andavano ancora confus
certi fantocci di lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiuravano gli dei Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno
agli uomini. Quindi le statue degli dei Lari si vedevano per tutto, e gli schiavi divenuti liberi appendevano ad essi in ri
questa man difesa ancora. Ma dovendo cader, le sue reliquie Sacre, e gli santi suoi numi Penati A te solo accomanda, e tu
oja altere e grandi. Detto ciò, dalle chiuse arche reposte, Trasse, e gli consegnò le sacre bende, E l’effigie di Vesta, e
buone azioni sono feconde di molti beni. Anche le foglie del platano gli servivano.di corona. Ma il genio cattivo era un t
la vita. L’uomo vede ed osserva l’incontro di certi naturali effetti, gli imita, e nascono indi le arti ; cosicchè gl’inven
on sono che i fortunati osservatori di alcuni fenomeni della natura e gli abili imitatori di essi. Quindi la Fortuna venne
sto a lei : Ella provvede, giudica e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei.71 Le sue permutazion non hanno triegu
ito di offerte e di doni magnifici ; la statua della Dea vi proferiva gli oracoli, e per consueto artifizio dei sacerdoti s
itorte e piombo strutto che uniscono e legano indissolubilmente tutti gli oggetti ; e portava lunghi cunei di ferro atti a
uggivano alla giustizia umana, gl’ipocriti, gl’invidiosi, gl’ingrati, gli orgogliosi, gli spergiuri e gl’ inumani. I suoi g
ustizia umana, gl’ipocriti, gl’invidiosi, gl’ingrati, gli orgogliosi, gli spergiuri e gl’ inumani. I suoi gastighi erano ri
spergiuri e gl’ inumani. I suoi gastighi erano rigorosi ma giusti, e gli stessi re non se ne potevan sottrarre. Aveva inol
ltre l’ufficio di mischiare le sciagure alle umane felicità, affinchè gli uomini si tenessero lontani dall’ insolenza e dal
sua statua era collocata sul limitare dei templi, o per indicare che gli Dei vogliono essere adorati in silenzio, o per si
he gli Dei vogliono essere adorati in silenzio, o per significare che gli uomini, conoscendoli imperfettamente, ne debbono
dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del Nilo gli consacravano l
e era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del Nilo gli consacravano le primizie. temi ed astrea.
ndetta o di violenza, ma per indizio di ben usato potere. Talvolta ha gli occhi bendati e le orecchie chiuse, perchè il ved
ridurre la Giustizia a dover porre in bilancia le une ed a far punire gli altri ; se pure questa mutilazione non è più seve
i. 341. Ma Virgilio si tiene al peggio, o sivveramente manifesta come gli uomini giungano spesso a farne un mostro, quando
nvidia. 342. Tanta è la prepotenza di questa funesta passione che gli antichi la immaginarono di origine sovrumana, fac
ravolto il sembiante, si trascina il Pallore che ne divide il culto e gli altari. Indi la segue la Menzogna con occhi losch
n giovane, il quale, elevando le mani al cielo, chiamava ad alta voce gli Dei per testimoni della propria innocenza. Faceva
o velo, e che sta mestamente appoggiato ad un’ urna funebre. Ora alza gli sguardi al cielo, ora gli affissa sopra la terra,
te appoggiato ad un’ urna funebre. Ora alza gli sguardi al cielo, ora gli affissa sopra la terra, quasichè all’uno richieda
ora gli affissa sopra la terra, quasichè all’uno richieda il ben che gli ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che gli
richieda il ben che gli ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che gli tien chiuso nelle sue viscere. La melanconia.
orza, di statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed accanto a sè gli strumenti necessarj a diverse arti. Talvolta egli
i è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate, ves
opolo che pigliava quel fatto per tristo augurio, esclamò : « Romani, gli Dei hanno tarpato le ali alla Vittoria : ella non
ali sono spiegate a significare che sotto di esse possono ricovrarsi gli uomini ; e candidissimo è il suo manto per simbol
la terza classe. 352. Le divinità della terza classe comprendevano gli Dei che ebbero per genitori un ente celeste ed un
e di metallo, perchè l’oracolo aveva predetto che un dì il suo nipote gli avrebbe tolto corona e vita. Ma Giove trasformato
dalla corte. A tale effetto cominciò a fargli desiderare la gloria, e gli propose una spedizione lontana e difficile. Si tr
to rischio. 356. Il giovinetto eroe accettò impavido la proposta ; ma gli Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva
a proposta ; ma gli Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva gli prestò il suo scudo lucido come specchio, Mercuri
uno sguardo solo del loro occhio bastava ad uccidere o ad impietrire gli uomini. « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso
to solo ; i pianti si mutarono in giubbilo, e le voci di maraviglia e gli applausi del popolo echeggiarono lungamente sul l
o la figliuola in isposa al generoso liberatore, ed ei l’accettò ; ma gli convenne conquistarla con altre prove di valore,
to da Preto (462) suo fratello ; ed uccise l’usurpatore. Ma poco dopo gli accadde che volendo far mostra di destrezza nel g
a divorarlo nella cuna ; ma il bambinello, senza mostrarsi atterrito, gli sbranò, e fece manifesto fino dai primi giorni de
terra, non più raccolte in giro, e le teste loro infrante scoprivano gli acuti denti e velenosi. Le creste eran divenute c
ti e velenosi. Le creste eran divenute cadenti e languide sul morire, gli occhi appannati, le squame non più vivaci per la
cielo quella zona bianchiccia detta la Via lattea. Così nascondevano gli antichi la loro ignoranza in fatto d’astronomia.
auro Chirone (430) studiò l’astronomia e la medicina, e da Lino (121) gli fu insegnato suonar la lira. 368. Ercole ebbe gra
è agguantarlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua cor
sì da ogni impresa uscia vittorioso e più forte e più temibile. Forse gli antichi vollero celebrare in questa fatica il pro
Arcadia, e distruggevano i greggi e le mèssi dei vicini paesi. Ercole gli esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì
minò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a volo gli facevano ombra con le ali. Altri autori dicono ch
(362), le fece rapire da’suoi pirati ; ma Ercole inseguì i rapitori, gli uccise, e andò in Spagna a trucidare Busiride. 3
on la punta armava. Ercole uccise Gerione e tutti i suoi sgherri, e gli tolse i bovi. 380. Augia, re dell’Elide e figlio
te ; ma invano, poichè la Terra sua madre ogni volta ch’ei la toccava gli rendeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il pro
Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio tutelare, e questi gli procacciò un leone e un cinghiale agevoli, i qual
ssergli grato, scese tosto all’inferno a combattere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene di diam
germi. 389. Cosi Ercole viaggiava gastigando i malvagi, soccorrendo gli sventurati, liberando gli uomini dalle calamità d
viaggiava gastigando i malvagi, soccorrendo gli sventurati, liberando gli uomini dalle calamità da cui erano oppressi. Anch
pressi. Anche Prometeo (70) andò a lui debitore della libertà, poichè gli spezzò le catene che lo tenevano avvinto sul mont
rebbe data per disperazione la morte, se non glielo avessero impedito gli amici. 392. Giunone (85) sempre più indispettita
serpente, ora in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole gli staccò uno di questi corni che fu raccolto dalle
nariamente gonfie le acque. 394. Allora comparve il Centauro Nesso, e gli propose di tragittar Dejanira sopra il suo dorso.
tosto ebbe indossato la fatai veste, che il violento fuoco del veleno gli serpeggiò per tutte le membra, e lo dette in pred
rte d’ Ercole, che si privò della vita. 399. Ercole fu annoverato fra gli Dei, e accolto in cielo, dove sposò Ebe (87) Dea
a giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più ce
ide. Fu parente e contemporaneo d’ Ercole (364). 403. Ma alcuni poeti gli danno per padre Nettuno (185), fondandosi sulla f
e onde, e ne lo ritrasse unitamente ad una corona che Anfitrite (188) gli aveva posto sul capo. Tuttavia questa opinione me
a tutti alla lotta, ancora che non volessero combattere, e vincendoli gli uccideva ; ma Teseo superò lui, e lo punì dell’ a
aggiunse ed uccise il cignale di Calidone spintoda Diana (137) contro gli Etolj per punirli d’ aver tenuto in non cale il s
o dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva si nutriva di carne umana, e gli Ateniesi, vinti da Minosse, erano obbligati a man
inotauro. 416. Forse questo tributo non era altro che di denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più odioso il nemico
arne la patria, e salpò a Creta a combattere il Minotauro. 417. Non gli avrebbe arriso fortuna nella sua impresa senza l’
na d’ oro, capo d’ opera di Vulcano (270), e che fu poi collocata fra gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pi
Sicilia, e secondo alcuni in Egitto ; ma il re Cocalo che sulle prime gli dette asilo, indotto poi dalle minacce di Minosse
rifizj in ringraziamento del buon esito della sua impresa. Così tutti gli anni vi andavano i messaggieri coronati con frond
aver come Ercole la gloria di vincerle. Infatti la difficile impresa gli riuscì, e poi ne sposò la regina Antiope o Ippoli
che avevan punite negli altri ! Ma vedremo come le perfidie conducano gli uomini a tristo fine. 434. Scesi adunque insieme
bandì il figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno (185) che gli aveva promesso d’ esaudire tre dei suoi voti. Ipp
valli spaventati si danno a fuga precipitosa, trascinano il carro fra gli scogli, e il giovine sventurato cadendo è fatto i
are la sua calunnia, e si diede da sè stessa la morte. 439. Alla fine gli Ateniesi, sui quali Teseo era tornato a regnare,
eseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato di tale ingrat
estavano ; e per questo beneficio meritarono d’ essere annoverati fra gli Dei marini. Così avevano sacrifizj di candidi agn
a conquista del Vello d’ oro (449). Nel tempo di una furiosa procella gli Argonauti videro comparire una fiammella sulla lo
ormarono in cielo il segno dei Gemini o Gemelli ; e siccome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle
il retaggio paterno. Pelia che non deponeva di buon grado il potere, gli propose d’ intraprendere la conquista del Vello d
a spossato, presso ad un capo vicino a Colco, e vi si addormentò. Già gli abitanti erano per ucciderlo, quando l’ ariete ch
derlo, quando l’ ariete che aveva il dono della parola, lo svegliò, e gli fece noto il pericolo imminente. Allora Frisso an
ad un albero, in mezzo ad un bosco dedicato a quel Nume. Quindi Aeta gli donò in moglie la figliuola, ma poi invidiando le
tarne ; e la spedizione del Vello d’ oro, divulgata per tutta Grecia, gli procacciò per seguaci i più scelti guerrieri che
l suo ufficio. Tifi stava al timone ; Linceo, di vista acuta scopriva gli scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della naviga
opriva gli scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice che g
a navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice che gli Argonauti recassero sulle loro spalle la nave dal
, i quali avevano piedi e corna di bronzo, e vomitavano fiamme ; indi gli conveniva aggiogarli ad un aratro di diamante, e
tò co’ suoi incantesimi il drago, e spianò a Giasone la via a superar gli altri ostacoli. 455. Dopo aver predato il teso
alla dimora d’ Alcinoo re dei Feaci, vi celebrarono il matrimonio, e gli Argonauti si dispersero, mentre gli sposi tornava
, vi celebrarono il matrimonio, e gli Argonauti si dispersero, mentre gli sposi tornavano vittoriosi ad Iolco. 89 456. Ma
loro ; ma gl’ incantesimi non ebbero alcun effetto. E in sostanza nè gli artifizj nè l’ audacia di quella colpevole avvent
mprudente condotta. Medea, che era dotata della cognizion del futuro, gli aveva predetto la morte per causa della nave degl
va un giorno sulla sponda del mare dietro quella nave tirata a secco, gli rovinò addosso una trave, e n’ ebbe fracassata la
. 464. Jobate, com’ era uso in quel tempo, lo accolse benignamente, e gli fece passare in festa i primi nove giorni della s
e, conosciuta l’ innocenza d Bellerofonte per la protezion degli Dei, gli dette in moglie la sua figliuola Filonoe, e lo di
ve più indomite diventavano mansuete, i fiumi arrestavano il corso, e gli alberi e i massi si movevano quasi che avessero s
osse le divinità infernali ; e lo stesso Nume del Tartaro impietosito gli concesse Euridice, ma a patto ch’ei la precedesse
ivedere la diletta Euridice ; si volse un poco, e quella tenera sposa gli fu ritolta per sempre. 471. Allora, preso da disp
suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona di nove bellissime stelle so
n astro quella cetra elice Si dolci suoni ancor, che la dannata Gente gli udendo si faria felice. (Monti, Mascheroniana.)
occupi Sol di tua doglia, e d’ammansare hai vanto Gli uomini atroci e gli stess’orsi e i lupi. Deh ! un momento ti arresta,
consolato, e ricorse a sua madre. Cirene, impietosita dal suo dolore, gli consigliò d’andare a consultar Proteo (195). 476.
tenarlo, potè costringerlo a ripigliare la prima forma. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò
prima forma. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò di far sacrifizj espiatorj ai Mani (243) d
nte risposero ch’egli era in Italia a godere i favori della fortuna e gli omaggi dovuti al suo merito. A queste parole Ario
n salvo Arione. Quel delfino per ricompensa fu collocato da Giove fra gli astri, in una costellazione vicina a quella del C
e i diritti dell’amicizia. Quindi i delfini riconoscenti soccorrevano gli uomini nelle tempeste e riconducevano a riva i ca
ese in riva al mare dove Europa passeggiava con le sue donzelle. Essa gli s’accostò per ammirare la bellezza dell’animale,
acolo di Delfo per sapere in qual luogo dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora di fondare una città nel punto dove
. Edipo. 491. Laio re di Tebe, dando ascolto a un oracolo che gli prediceva dover esser colpevole di un gran delitt
ene ; e declinando la vita, regge la sua vecchiaia con un bastone che gli fa da terzo piede. La Sfinge, vinta da questa spi
guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci tramandarono il più commovente esempio
uo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando alle sventure di edipo , gli rimprovera la vita raminga ch’ei faceva condurre
ne appresta E liete vesti, ed ara, e pompe, e trono. Antigone. Vince gli oltraggi, che sostenne Edippo, Questa infame piet
Teseo (409) lo ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la terra gli s’a
dopo, il tuono di Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la terra gli s’aperse sotto i piedi, ma senza violenza, per na
itani davanti Tebe. 507. Gli Argivi stringevano già Tebe d’assedio, e gli abitanti oppressi dalla fame erano ridotti agli e
itarsi dalla cima della cittadella. La caduta fu mortale, e la patria gli dovè la salvezza. Altri narrò ch’ei si trafiggess
così bella prova di patriottismo tenne dietro una completa vittoria ; gli Argivi furon respinti, e, ad eccezione di Adrasto
ttoria ; gli Argivi furon respinti, e, ad eccezione di Adrasto, tutti gli altri capitani, insieme coi due fratelli, causa d
enissero a quelli estremi, s’impadronì del trono, e vietò severamente gli onori della sepoltura a Polinice in pena d’aver c
niere. 510. La pietosa Antigone tornò a Tebe per rendere furtivamente gli ultimi onori al fratello ; ma scoperta nell’atto
512. Ma siccome un oracolo aveva predetto ad Enomao che il suo genero gli avrebbe tolto il regno, così egli condannò la fig
venturati amanti erano stati immolati in questa gara ineguale, finchè gli Dei mossi a sdegno fecero dono a Pelope di due ca
e ; ed Enomao perì nella caduta. Pelope allora sposò Ippodamia, prese gli stati della moglie, e diede loro il suo nome, chi
Alessandro, nell’andare a Salamina si fermò alla corte di Menelao, e gli rapì la moglie giurando di non la rendere, se pri
enelao, e gli rapì la moglie giurando di non la rendere, se prima non gli fosse stata restituita Esione sua zia. I principi
Plisteno, re d’Argo e fratello d’ Atreo (514), laonde furono chiamati gli Atridi. 527. Agamennone, dopo essere stato spogl
ena prese la fuga). Tornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa gli rinfacciarono la sua viltà ; Menelao chiese il pr
la vittoria, ma i Trojani glielo negarono, e questa perfidia riaccese gli sdegni dei Greci. 531. Dopo la presa di Troja, i
e il costume di quel paese voleva che fossero immolati alla Dea tutti gli stranieri che vi approdavano. Allora fu vista una
nvulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi gli dette per precettore il centauro Chirone (430), i
ed ammiratane la rara bellezza, fece di tutto per averla in isposa, e gli fu concessa ; ma quando erano per essere celebrat
o tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino alle pianure di Troja ; gli fabbricarono un tempio, e gli resero onori divini
j Sigeo, vicino alle pianure di Troja ; gli fabbricarono un tempio, e gli resero onori divini. Polissena divenne poi schiav
le nove Muse (274) amaramente lo piansero, e l’oracolo di Dodona (82) gli decretò onori divini. Alessandro il Macedone andò
oracolo che aveva dichiarato non potere essere debellata Troja se tra gli assedianti non vi fosse un postero d’Eaco, mandar
541) per immolarlo alla memoria d’Achille. 545. Quando furono divisi gli schiavi tra i vincitori di Troja, gli toccò Andro
lle. 545. Quando furono divisi gli schiavi tra i vincitori di Troja, gli toccò Andromaca vedova d’Ettore, e l’amò tanto da
to da preferirla ad Ermione che doveva essere sua sposa. Questo amore gli riesci funesto, perchè recatosi a Delfo per sacri
a, e ne pagò il fio ; perchè nell’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col quale aveva additata
produsse una piaga da cui esalava un fetore così insopportabile, che gli ambasciatori furono costretti a lasciarlo solo ne
(505), fu educato alla scuola del celebre Chirone (530), insieme con gli altri eroi della Grecia. All’ assedio di Troja si
ver preso parte per Augia (380). 554. Viaggiò contro la Colchide con gli Argonauti (452) ; si ritrovò alle nozze di Pirito
i. Allora, per sottrarsi al pericolo, fece voto a Nettuno (185 che se gli concedeva il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe
e voto a Nettuno (185 che se gli concedeva il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe immolato il primo vivente che gli fosse v
il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe immolato il primo vivente che gli fosse venuto incontro sulla spiaggia di Creta. Ce
to soltanto a lui nota. Cosi, quando Bellona entro le navi Addensava gli Achei, vide sul vallo Fra un turbine di dardi Aja
u un altro Ajace figliuolo d’Oileo re di Locri, celebre anch’esso tra gli eroi della spedizione greca contro i Trojani ; ma
Narrano i poeti che Minerva (262), per punirlo della sua tracotanza, gli suscitò contro una furiosa burrasca mentr’ ei rit
rodi e con la scaltrezza contribuì molto alla rovina di Troja, mentre gli altri Greci la distrussero col valore e con le ar
ra venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arrivato di notte, pose gli alloggiamenti vicino a Troja per aspettarvi il ma
enti vicino a Troja per aspettarvi il mattino. Ulisse e Diomede (550) gli assalirono all’improvviso, uccisero Reso nel sonn
r gratitudine nella lega dei Greci. 5° Infine, benchè Filottete (546) gli fosse nemico, seppe indurlo a seguirlo all’assedi
o immaginò l’ espediente di far ubriacare Polifemo, e poi con un palo gli accecò il solo occhio che aveva in mezzo alla fro
igazione. Ma i suoi compagni, vinti da indiscreta curiosità, apersero gli otri, e tosto si scatenarono i venti sollevando u
maiali ; ma Ulisse potè serbare la forma umana in virtù d’un’erba che gli era stata data da Giove. Con l’aiuto del medesimo
accolse benignamente, lo trattenne per sette anni nella sua isola, e gli promise l’immortalità se avesse consentito di spo
bitanti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli era riescito di trascinarsi in un bosco poco lont
orprenderli. 580. Penelope stessa, pigliandolo per un amico d’Ulisse, gli narrò in che modo avesse fino allora potuto delud
chiaror di muto faci. Cosi un triennio la sua frode ascose, E deluse gli Achei…. (Omero, Odissea Lib. II, traduz. del Pin
ch’ egli l’ esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo volse contro gli amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 5
bito l’ arco, lo volse contro gli amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristabilito così nel suo regno, sare
frodolenti, fa palesare a lui stesso il vero fine dei suoi viaggi, e gli fa narrare in altro modo l’ esito dei medesimi :
si acuti, Con questa orazion picciola, al cammino, Che appena poscia gli avrei ritenuti : E volta nostra poppa nel mattino
. Palamede era figlio di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di
e, e fu posta nella sua tenda una somma di denaro per far credere che gli fosse stata data da Priamo (587) ; tantochè i suo
gli fosse stata data da Priamo (587) ; tantochè i suoi stessi soldati gli si levarono contro e lo lapidarono. 585. Il caso
da una furiosa tempesta, egli fece subito accendere molti fuochi tra gli scogli che circondavano l’isola, argomentandosi d
he Palamede insegnò a’Greci a formare ed a schierare i battaglioni, e gli attribuisce l’invenzione della parola di ricogniz
er le sentinelle ; non meno che quella di varj giuochi, come i dadi e gli scacchi, per dare a’Greci un passatempo nelle noj
nto ella era disperata mordeva le pietre anciatele addosso. Alla fine gli Dei n’ebbero compassione, e la trasformarono in c
l’inazione d’Achille (356), penetrò fino in mezzo alla loro flotta, e gli riuscì d’appiccarvi il fuoco. 592. Patroclo (539)
enni. Ora son io Che intrepido t’affronto, e darò morte, O l’avrò. Ma gli Dei, fidi custodi De’giuramenti, testimon ne sien
di madre, alteramente Dalla mensa il ributta, e lo percote, E villano gli grida : Sciagurato, Esci, il tuo padre qui non si
chille collocò poi la salma dell’eroe trojano sul cocchio di Priamo ; gli accordò undici giorni di tregua, perchè i Trojani
rni di tregua, perchè i Trojani potessero col decoro conveniente dare gli onori funebri al valoroso lor duce, e non senza n
tomba del marito. Ma la tenerezza materna, che le facea volger sempre gli sguardi su quella tomba, tradì l’infelice donna ;
e in opera il suo potere per ottener favorevole la sentenza : Giunone gli promise potenza e ricchezza ; Minerva sapienza e
conosciutone il merito e la bellezza, la condusse in Grecia ; ed ella gli annunziò la trista ventura a che il fato lo riser
tro sangue aspersi Vibràr le lingue e gittâr fischi orribili. ……….. E gli angui S’affilàr drittamente a Laocoonte ; E pria
anti vittoriosi nemici, si tolse sulle spalle il vecchio genitore con gli Dei Penati (325-328), e menando seco il figliuole
a di rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la quale indi gli apparve, e gli disse che Cibele (40) l’aveva seco
’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la quale indi gli apparve, e gli disse che Cibele (40) l’aveva seco rapita per con
dalle insidie che l’odio di Giunone tendeva sempre alla sua gloria, e gli ordinò d’andare sulle coste d’Italia in traccia d
sapere in qual modo avrebbe potuto scendere nell’inferno. La Sibilla gli ordinò di cogliere un ramo d’oro per farne dono a
) ; ed obbeditala, penetrò nell’inferno, e vide nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi fu
Cibele (40) trasformò in ninfe le sue navi, e quivi avendo saputo che gli Dei avevano finalmente posto un termine alle sue
zio, il quale, avvertitone dall’oracolo, favorevolmente lo accolse, e gli promise in moglie Lavinia sua figlia. Ma Turno re
loggio in casa di un contadino della Beozia, il quale, benchè povero, gli accolse con amorevole sollecitudine, e per imband
ucciso nacque Orione, celebre pel suo grande amore all’astronomia che gli fu insegnata da Atlante (359), e per la sua passi
atto, e senza rimedio. Tuttavia credè di poterlo diminuire facendogli gli onori del funerale, vale a dire, impetrando da Gi
gio, e solamente questa misera coppia di vecchiarelli con tutto amore gli accolse. 622. Sicché Giove, che ne li volle ricom
ata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla di quanto gli avrebbero chiesto ; ed i pietosi vecchi imploraro
e pari al vostro, s’infiammerà nell’immaginare le ingenue sembianze e gli atti pietosi. Singolare poi è la differenza che p
er loro ; laonde nacque una zuffa, nella quale Meleagro, ferì a morte gli zii. 628. Altea, non dando più ascolto che al suo
come il tizzone, e finalmente spirò. Altea. lacerata dai rimorsi, non gli potè sopravvivere. Niobe. 629. Niobe, fig
ti mia sposa. » In sul finire di tali parole s’accostò alla statua, e gli parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo
, quando si offerse alla prova Ippomene protetto da Venere (170), che gli aveva regalato tre pomi d’oro colti da Ercole (36
ra attraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai gli era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirig
a Parnaso (123). 649. Solamente Deucalione, che era il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie, che era la donna più
Venti erano Dei figli del Cielo (25) e della Terra (25), che secondo gli antichi dimoravano nelle isole Eolie (Lipari), ed
due figli, Calai e Zete, i quali fecero il viaggio della Colchide con gli Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbero l
452), ed avevano le ali che crebbero loro con i capelli. Ercole (364) gli uccise perchè non avevano voluto che la nave degl
iovine alato che va spargendo fiori con ambo le mani dovunque passa ; gli resta dietro il levar del sole, ed è bruno in vol
di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani gli Aquiloni e le nere Tempeste, e con le lacrime del
erga, Che riavesse le maschili penne.124 Aronta è quei ch’al ventre gli s’atterga,125 Che nei monti di Luni, dove ronca
mi la spelonca Per sua dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non gli era la veduta tronca. E quella che ricopre le mam
a può cavarne grande insegnamento chi audacemente presume investigare gli arcani che l’ uomo non potrà mai discuoprire. 662
terra inghiottì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra gli Dei ; e gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzar
ttì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra gli Dei ; e gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzarono un tempi
po morte fu collocato fra gli Dei ; e gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzarono un tempio, l’oracolo del quale diventò f
bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non aver potuto indovinare gli enimmi propostigli da un altro indovino chiamato
palazzo di Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo cospetto, gli mostrò nove manoscritti, dicendo : « Principe, io
farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella ne bruciò altri tre, e gli offerse il rimanente al medesimo prezzo. Tarquini
te, fece sborsare alla vecchia sibilla la richiesta somma, e acquistò gli oracoli. 666. I Romani consultavano nelle gran
agine efficacissima a significare la impostura degli oracoli. Eppure, gli uomini sempre ciechi vi prestavano fede ! Ivi era
nservati i versi proferiti dalla Sibilla, e da ogni parte accorrevano gli uomini a consultarla, essendochè i suoi oracoli o
non pensò al suo luogotenente Galba che aveva settantatrè anni, e che gli tolse lo scettro e la vita. Alessandro prima dell
eva uno scudo di bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in Tebe gli Erculei o gli Iolai ec. Questi giuochi furono ado
di bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in Tebe gli Erculei o gli Iolai ec. Questi giuochi furono adottati dai Roma
mente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni di quella ; e gli atleti, fintantochè l’esercizio ginnastico non di
viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni de’ più celebri tra gli olimpici eroi. Noi non faremo che citarne pochi e
piccola città presso Lacedemone, trionfò due volte ; e i concittadini gli alzarono una statua. Un invidioso andava ogni not
tte a schernirla e a frustarla ; sicchè alla fine una volta la statua gli cadde addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adorn
ma scossa, tosto si richiuse, nè l’atleta potè più cavarne le mani, e gli toccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante,
ggi, e niuno lo volea ricevere. Arrivato che fu al luogo ove sedevano gli Spartani, tutti i giovinetti si rizzarono, e molt
o gli Spartani, tutti i giovinetti si rizzarono, e molti uomini fatti gli cedeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto sco
io crollando la canuta chioma e la bianca barba, con le lagrime in su gli occhi così disse : Oh Dio ! come sono i costumi c
nella festività solenne che essi appellavano Panatenea. « Sbeffavano gli Attici un vecchio, e come se lo volesser ricevere
o, e venuto che era lo scacciavano. Passato ch’e’ fu dinanzi a tutti gli altri, viene avanti a’ seggi dei Lacedemoni, i qu
viene avanti a’ seggi dei Lacedemoni, i quali tutti rizzandosi in piè gli offeriscono luogo fraessi. Il popolo si compiacqu
anza di averlo approvato. Disse allora uno Spartano : Certo conoscono gli Ateniesi il bene, ma nol fanno. » (Adriani. Volga
a come Leva in alto i mortali aura divina, Così destin severo Al suol gli sbalza, e ne disperde il nome. Nati, cader bisogn
to. Spira intorno aura maledica Contro i pallidi tiranni, Né i tesori gli assicurano ; Ma nascosto passa gli anni Chi fortu
tro i pallidi tiranni, Né i tesori gli assicurano ; Ma nascosto passa gli anni Chi fortuna umil sorti. Rattemprando i voti
 ; ovvero da Pelope figlio di Tantalo ; e v’è memoria che anche Atreo gli istituisse verso l’anno 1250 avanti l’èra cristia
perimento, almeno all’età di Pindaro. Li celebravano ogni tre anni, e gli atleti erano sempre vestiti a lutto. 674. I Giuoc
dalla moltitudine, mentre il vincitore seguitava la sua carriera fra gli applausi. Giunto solo alla meta, ne staccò la sos
polvere nelle contraria parte ; d’onde non piccola molestia n’ebbero gli spettatori, costretti a ricoprirsi colle vesti il
llevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di beffe gli stessi derisori. Ma già un carro, i cui destrieri
à un carro, i cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva gli altri di non breve spazio, ed il condottiere dimo
fossero una schiera sola, appartenente ad un sol carro. Si calmarono gli applausi, rimanendo indecisa la vittoria. Ma la f
Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno di loro ; e gli altri tutti, da lui repentinamente trattenuti, fu
api quando il pastore le richiama battendo la caldaia. Si preparavano gli esercizj ginnastici nella palestra, in cui molti
per virile robustezza, mostravano i turgidi muscoli in quel modo che gli scultori sogliono rappresentare Ercole. Faone, se
ltro modo esprimersi, che mescolando i gigli alle rose. Erano sospesi gli animi ; ma però tutti concordi nella propensione,
itore di lui a fronte di quelle membra così delicate, dovevano essere gli animi commossi da dubbio così pietoso. Mentre gli
te, dovevano essere gli animi commossi da dubbio così pietoso. Mentre gli spettatori erano perplessi in questi pensieri, qu
l’avversario, secondo la giustizia delle leggi atletiche ; ed intanto gli spettatori, che taciti avevano trattenute le grid
ra agitandolo, per istenderlo al suolo. Ma egli, secondando agilmente gli urti violenti, reggeva sè stesso, come canna al v
nte gli urti violenti, reggeva sè stesso, come canna al vento, finchè gli si offerse l’opportunità d’introdurre la destra g
enersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone vincitore : questi girò gli sguardi con nobile compiacenza della ottenuta glo
mente Per terra strascinato, or alto or basso Rotante i piè ; fin che gli aurighi a stento Le furenti puledre rattenute, N
la casta Dea. 685. Il Sagittario, finite le operazioni rurali, invita gli uomini all’occupazione della caccia, ed è sotto l
Credesi che il Sagittario sia il Centauro Chirone (430) collocato fra gli astri. 686. Nel Capricorno s’intende che il sole,
funebri. 689. Con grande solennità e con molta tenerezza onoravano gli antichi i defunti, sia nel collocarne sotto la te
emoria perenni ; e prezïosi Vasi accogliean le lagrime votive. Rapian gli amici una favilla al sole A illuminar la sotterra
li amici una favilla al sole A illuminar la sotterranea notte, Perchè gli occhi dell’ uom cercan morendo Il sole, e tutti l
clo, benchè morto in gnerra e fuor della patria, ebbe nel campo tutti gli onori funebri, ed inclusive i giuochi coi quali s
l piede, E le scuoiate vittime d’intorno Gli accumulò. D’accanto indi gli pose Colle bocche sul feretro inchinate Due di mi
ge bruciando L’ossa di un figlio che morì già sposo, E morendo lasciò gli sventurati Suoi genitori di cordoglio oppressi ;
forbite armature. (Op. cit., lib. XXIII.) 693. Nè meno solenni erano gli anniversarj, come rilevasi da quello che il pio E
porti ; Pongami ne l’arene, e ne le secche De la Getulia ; spingami a gli scogli Del mar di Grecia ; ne la Grecia stessa Mi
e dal suo Nume Imploriamo devoti amici i venti, E stabil seggio, ove gli s’erga un tempio. In cui sian queste esequie e qu
tro di maturi ; Poscia il fanciullo Julo ; e dietro a loro D’ogni età gli altri tutti. Enea disceso Dal parlamento, in mezz
te volte Con sette giri al tumulo s’avvolse. Indi strisciando, in fra gli altari e i vasi Le vivande lambendo, in dolce gui
e monti intorno. Altri (pietoso e tristo ministero) Il gran feretro a gli omeri addossârsi : Altri, come è de’ più stretti
deva, distribuì nelle principali città cento intendenti, chiamati poi gli occhi d’Argo. In poco tempo Osiride soggiogò un g
e, e dovè perire vittima della di lui perfidia. 699. Tifone trovò tra gli stessi cortigiani beneficati da Osiride un numero
ne, coi quali ordì una congiura, e, invitato Osiride ad un banchetto, gli fece da essi togliere a tradimento la vita e gett
allorchè Oro figlio d’ Osiride mise in piedi un esercito, lo battè e gli tolse il trono usurpato. Così Oro suecesse al pad
ebbero egual culto. 703. Il bue, simulacro vivente d’ Osiride perchè gli Egiziani credevano che la sua anima fosse andata
di profondo rispetto vel sommergevano Indi ne imbalsamavano il corpo, gli facevano magnifici funerali, e poi il popolo si d
ma parola che udivano, era presa per la risposta del Nume. 704. Anche gli Egiziani istituirono annue feste in onore d’Osiri
ratello. Appunto allora le acque del Nilo cominciavano a crescere ; e gli Egiziani dicevano per figura che l’inondazione di
leoni a’piedi. Alcuni di questi attributi fanno supporte infatti che gli antichi la confondessero con Cerere (51) o con Ci
u attribuita anche l’invenzione della vela. Ogni anno nella primavera gli Egiziani le dedicavano, come a regina dei mari, u
origine di questo culto, secondo la favola, nasce dai tempi nei quali gli Dei perseguitati dai Titani, si rifugiarono nell’
’Egitto, e vi si nascosero sotto le forme di varii animali (67). Così gli Egiziani credevano di onorare le divinità che s’e
rano i sacerdoti dei Babilonesi ; e siccome osservavano continuamente gli astri sotto un bel cielo, così ne impararono a co
o, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718. Questo Dio dopo aver soggiornato nel
sopra un serpe con cinque teste. Divinità galliche. 726. Tra gli Dei, che i Galli onoravano di parzial culto, i pi
62), Apollo (96), ec. ai quali assegnavano altri nomi ; serbando loro gli stessi attributi. Quindi è facile riconoscere in
i stessi attributi. Quindi è facile riconoscere in Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi di Giove e di
a terra ; indi cominciarono a sacrificargli vittime viventi, e talora gli offersero in olocausto i re malvagi. Dall’ispezio
: al suo passare si abbassavan le montagne, colmavansi le valli, e se gli apriva una via per luoghi inaccessibili. Da lui f
orarono fino alla venuta di Pasciacamac che più potente mutò in belve gli uomini da Scioun creati, e ne creò di nuovi. Ador
e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di Dio, e gli davano per moglie e sorella la Luna, dai quali fu
danze. 7. Avvertiremo ora per sempre che i nemi di parentela fra gli enti mitologici non sono altro che un parlar figu
no la medicina, e il loro nome aervì lungo tempo in Grecia a indicare gli nomini resi celebri in quest’ arte. Un incendio a
o nome comprendono Castore e Polluce (441) ossia i Dioscuri, ed anche gli Dei Penali (525). I Cabiri in aoslanza aono divin
di quel paese per regnare in sua vece ; ma sventata la coapirazione, gli convenne fuggire e ricovrarsi io Elensi dove fu i
cino ad Atene sulle sponde dell’Ilisso ; e consistevano nel preparare gli assistenti ai grandi misteri, dei qnali erane imm
i misteri), ciné alla contemplazione della Divinità ; ed i filosefi e gli studenti aspiravano a quest’ultimo grado come a q
toglie la cogniziene del vero oggetto di quelle cerimonie ; ma tutti gli autori cengetturano che mirassero ad inseguare ag
sser deve patrimonio della moltitudine. — Lo spettacole che precedeva gli ammaestramenti fa vedere che gli antichi non igno
udine. — Lo spettacole che precedeva gli ammaestramenti fa vedere che gli antichi non ignoravano i fenomeni dell’electtrice
co assai più numaroso dei grandissimi vulcani sponti attestano ancora gli sconvolgimenti cho possono aver dato origine non
ta la terra cho manda fuoco dallo sue viscero, essendo il Tartaro per gli antichi il fondo dolla terra ? E descrivendo il g
il gigante, Esiodo segua : Nelle sue ammirabili teste sotto le ciglia gli sfavillava il fuoco dagli occhi, e in lutte le su
ra la gnerra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene gli uni e gli altri sieno spesso indicati dai poeti c
ra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene gli uni e gli altri sieno spesso indicati dai poeti coi medesim
sa. Questa favola per certo nacque nell’Oriente e ne’paesi caldi, ove gli nomini sono per natnra lenti e infingardi. Avvegn
o chiamato Bosforo ossia passo del bue. 26. Credettero crroneamente gli antichi che i rettili e gl’insetti fossero geners
nquillamente nuotanti attorno ad un cigno ; il che indica come presso gli antichi prevalesse l’opinione che questo volatile
bona mea mecum porto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni fanno derivar
n promonterio divenuto celebre perchè di li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorati, a fine di perdere la remioisce
tavano in msre della cima dello scoglio un bauletto pieno di denare ; gli scaltri secerdoti sapevano come ripescarlo in mod
suppongono, e ne traggono anche conferma dalle parole di Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti di suolo pei quali
son pratici piloti per accompagnare le navi dei forestieri attraverso gli scogli di Scilla, indicando la linea da percorrer
ga e profonda onde esalava un vapor nero, felido e malsano. Credevano gli anlichi che da quesla solterranea volla si giunge
n uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura ; e questo luogo era detto Elisi
punira l’omicidia, il libertinaggio, l’irreligione e la pigrizia ; o gli era anche atlidata la custodia delle leggi o l’am
apito della giustizia della visto dell’accusatoro o dell’accasato ; e gli oratori davanti all’Areopago non potevano ricorre
o. 68. Chi li conduce. Una intelligenza molrice. 69. Sicchè ambedue gli emisferi celesti risplendono girando ad ambedue g
9. Sicchè ambedue gli emisferi celesti risplendono girando ad ambedue gli emisferi terreslri. 70. Superiormenle ad ogni um
rreslri. 70. Superiormenle ad ogni umano riparo. 71. Qui intendiamo gli Angeli. 72. Però havvi sì spesso al mondo chi so
so, e quella in toro i danni cagionati dai suoi straripamenti. Ercole gli staccò un corno, ossia riunì in un sol letto due
a dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e di tutti gli altri Dei. Aveva per stemms nello scudo uu uomo s
o vendicare la morte dei loro padri, fecero alleanza coi Messenj, con gli Arcadi, coi Megaresi e coi Corintj, e mossero con
terra, il mare, ii ciato. E ll Sole Infaticabile, e la tonda Loua, e gli astri diversi oa da afavilla Incoruaata la celest
migliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese q
gr.). 128. Come ognun sa, è Virgilio mantovano che parla a Dante, e gli dimostra gli spiriti infernali. 129. La città di
Come ognun sa, è Virgilio mantovano che parla a Dante, e gli dimostra gli spiriti infernali. 129. La città di Tebe sacra a
rasporti di furore divino ; a Dodona parlavano le donne, le colombe e gli alberi : Giove Ammone pronunziava i suoi oracoli
3 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ente opinioni diverse dagli altri. Questa circostanza ci avverte, che gli antichi scrittori si assumevano il dritto di far
ittori si assumevano il dritto di far parlare, ed agire a lor talento gli Dei : e talvolta abusavano pur troppo di un tal p
del gran numero degli Dei. Nel creare una divinità non avevano limiti gli antichi : un timore, una meraviglia, un accidente
Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi nel principio di un’idea sublime, e
il Destino, dobbiamoper questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mo
onsiderarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lui non si faceva
ntà inflessibile. Gli Dei istessi a lui erano soggetti1, e perciò noi gli abbiamo assegnato il primo posto nell’opera. Il D
Il Destino era figlio della Notte : vien dipinto con una benda avanti gli occhi. Egli è, a dire il vero, un Nume cieco, e ’
de la sorte degli uomini, e tien un libro ove è descritto il futuro : gli Dei avevano la facoltà di poter consultare cotest
privandolo della Divinità. Il Caos. Il Caos 3 è il più antico fra gli Dei. Egli fu l’Autore della separazione delle mat
esta. Si dà ancora il nome di Caos alla mole indigesta, che formavano gli elementi prima che fossero segregati. Ecco il sub
……………………… Quindi nascea, che stando in un composto Confuso il Ciel, e gli elementi insieme, Faceano un corpo informe, e mal
questo celebre pezzo di Ovidio, per far conoscere l’idea, che avevano gli antichi della Creazione : credevano essi, che la
il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di Urano, che si sparse sul
erlo, e lo ritenne per se. Si venne pertanto ad un aggiustamento, che gli propose Titano, col quale Saturno si obbligava di
aturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla quale gli fece recere i figli da lui precedentemente divora
rno delle leggi. Finalmente durante il tempo che Saturno conversò con gli uomini, fu sì grande la felicità, che tal’epoca f
nventore delle porte. Saturno avrebbe potuto pacificamente vivere fra gli uomini, se il suo genio torbido non lo avesse ind
Egli è vecchio, perchè da gran tempo creato : L’età sua avanzata non gli scema nè attività, nè le forze. Ha le ali sul dor
sempre tranquillo. I Titani mal contenti de’ dritti ad essi usurpati, gli suscitarono contro i Giganti, ch’eran figli della
è uscì in campo un altro nemico per se solo formidabile, quanto tutti gli altri presi insieme, per nome Tifèo. La terra lo
o, sfavillando dagli occhi infuocate scintille. A tal vista impauriti gli Dei presero la fuga, e si nascosero colà nell’Egi
erciò Giove Ammone, o sia Giove delle Arene 1. Una favola particolare gli procurò tale ornamento. Inoltrandosi troppo Bacco
particolare gli procurò tale ornamento. Inoltrandosi troppo Bacco fra gli arenosi deserti della Libia, non trovò acqua per
ne (2). Giunone. Giunone era sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la riconoscevano. La sua bellezza corrisponde
onio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai di vista tutti gli andamenti del suo sposo, e perseguitava a morte c
ansformato in pavone. La Dea in compenso della di lui fedeltà appiccò gli occhi del suddetto alla coda del suo pavone. Giun
o averle legate le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei si affaticarono di liberarla : il solo Vulcan
ajuto : ma questi non si determinò di farlo, se non a condizione, che gli si darebbe in isposa Venere la più bella fralle D
Re di Eleusi, inculcando al medesimo che ne avesse istituiti altresì gli uomini. In vista di tal comando scorse Trittolemo
lia per aver questi tagliata una foresta consagrata a questa Dea, che gli comunicò una fame sì terribile, che lo ridusse a
ena era di essere seppellita viva all’istante. Apollo. Apollo fra gli Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse,
ell’eloquenza, della medicina, e di tutte le belle arti. Riguardavano gli antichi questo Dio come padre del giorno, e della
e eseguire il suo pensiero, e dare all’opera la più viva espressione, gli ha data un’aria fra la fierezza, e ’l disprezzo d
così celebre Esculapio nella medicina, che giunse a risuscitare anche gli estinti, e fra questi a restituire la vita ad Ipp
tà divina, e lo cacciò dall’Olimpo. Il più amabile, il più saggio fra gli Dei fu costretto, per non perir della fame, ad av
Dei fu costretto, per non perir della fame, ad avvilirsi a pascolare gli armenti di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego a
uta : ma questi che non aveva molta dilicatezza, terminato il lavoro, gli mancò di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione,
di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli stati di questo principe spergiuro. Da Nettuno co
onte l’aveva promessa in isposa a questo Eroe : ma al suo solito pure gli mancò di parola. Infuriato Ercole per tale indegn
l’innocente cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli gli attirò una nuova disgrazia. Fetonte a lui nato da
urò per la Stige, che avrebbe acconsentito a tutto ciò che suo figlio gli domandasse in contrassegno della paterna tenerezz
iglio gli domandasse in contrassegno della paterna tenerezza. Fetonte gli chiedette in grazia di poter condurre per un sol
di mettere al paragone il suo flauto alla lira del figlio di Latona : gli propose una disfida, che Apollo volentieri accett
u di contrario avviso ; Apollo sdegnato della sua temeraria ignoranza gli fece nascere gli orecchi simili a quelli dell’asi
viso ; Apollo sdegnato della sua temeraria ignoranza gli fece nascere gli orecchi simili a quelli dell’asino. Il povero Mid
o il giorno crescevano, palesavano ai viandanti, che il Re Mida aveva gli orecchi dell’asino. Apollo non fu però così discr
on essersi questi ricordato di lei in un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, con aver inviato un cignale di enorme grande
da due cervi : qualche volta porta una fiaccola in mano per isnidare gli animali selvaggi da’ loro covili1. Le Muse. N
parola che significa gloria, era destinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di allori con qua
ieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurr
Sul nascere di Cupido ognuno prevedeva, che sarebbe il più tristo fra gli Dei. Giove voleva obbligar Venere sua madre a dis
ino si rotolò lungo tempo nell’aria, e sarebbe senza dubbio morto, se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel c
va riserbato l’impero del mondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo gli venne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulca
di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo di accetta gli aprì il cervello, ed immantinente ne uscì fuori M
Disperata Aracne per tale affronto voleva impiccarsi : ma impietositi gli Dei la sostennero nell’aria, e la cangiarono in r
ornamento del suo elmo : la Fama lo precede da lontano, ed il Terrore gli sta d’accanto. Eccone ne’ seguenti versi il ritra
i al Nume, E in fuga va la Tema, e lo spavento : Intrepido il Valor gli siede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto a
fu il solo, che se ne avvide. Mercurio per timore di essere scoverto gli donò la più bella delle vacche, che aveva involat
ente di lui, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto gli offerì una vacca, ed un bue a condizione, che ave
tori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente di tutti,
e di Giove, ed il Messaggiere dell’Olimpo. Egli si mischiava in tutti gli affari, regolava gl’intrighi, si occupava della g
allorchè poi è incaricato di condurre le ombre de’ morti all’inferno, gli si dà una semplice bacchetta1. Bacco Dio del V
ell’altra de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di pantera gli covre gli omeri si talvolta assiso sopra una bott
de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di pantera gli covre gli omeri si talvolta assiso sopra una botte, e tirat
o barcajuolo poteva ricevere quello ombre soltanto, che avevano avuto gli onori della sepoltura1, allontanando a colpi del
stava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata : gli occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la sua v
ve volte per que’ contorni, e per le quali i giuramenti fatti neppure gli Dei potevano mandare a vuoto : Cocito da sole lag
pirare al possesso di Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastica formata di
sta diede loro a mangiare il proprio suo sigliuolo, sente eternamente gli stimoli della fame, e della sete, malgrado che un
li della fame, e della sete, malgrado che una pianta carica di frutta gli penda sulla testa, ed egli stesso stìa fino al me
tà dovevano sfuggire agli Dei del prim’ordine. Per conseguenza furono gli uomini obbligati a creare altrettanti Dei, second
cello detto Picchio. Satiri,ABCD e Fauni. Sono rappresentati così gli uni, come gli altri colle corna, e piedi di becco
cchio. Satiri,ABCD e Fauni. Sono rappresentati così gli uni, come gli altri colle corna, e piedi di becco, non altrimen
versi che mai non diede, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e gli tinsero il volto di mora spina : sorrise Sileno s
superiore del corpo : il rimanente era un tronco, o pietra. Talvolta gli si adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto,
maritò con Peleo, dalla qual coppia nacque Achille il più celebre fra gli Eroi della favolosa antichità. Tritone. Trit
rduto l’intero sciame delle api, recossi a sua madre Cirene, che così gli parlò : Est in Carpathio Neptuni gurgite vates C
ste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni di Nettuno, che gli ordinava di mettere i venti in libertà, o d’incat
e di un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera gli orecchi de’ suoi compagni, e facendosi egli stess
à, perchè la più dura, ed implacabile. Il Sonno. È annoverato fra gli Dei il Sonno, perchè sospende i nostri mali, e ci
questo Dio, è sì bella, che ci fa chiaramente conoscere la natura, e gli effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo nel
l suo altare era collocato presso quello delle Muse per dinotare, che gli uomini di lettere hanno bisogno del riposo, e del
a anche un cane, che egualmente era rispettato. I Genj. Credevano gli antichi, che i Genj fossero destinati alla custod
chezze con pena si ammassano, e con celerità possono svanire. Come ha gli occhi bendati, dovunque passa questo Dio, spande
tuna. La Fortuna è dipinta, come Pluto, col corno dell’abbondanza, e gli occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su
, ed i mali, ed era soggetta alle imprecazioni degli uomini, allorchè gli affari non avevano un esito felice, come fanno an
erano rappresentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano gli uomini di quanto potevano temere, o sperare. Ecco
sceveri di qualunque prevenzione. Talvolta è dipinta con benda avanti gli occhi, perchè non vegga chi si presenta al suo tr
Queste Divinità per noi sono semplici allegorie. I poeti, i pittori, gli scultori lor danno per lo più tali attributi per
le. Messaggiera indifferente della verita, e della bugia, corre tutti gli angoli della terra, spargendo veri, e falsi rumor
globo. L’Amicizia. Meritava questa Dea degli altari, ed in fatti gli antichi a lei ben molti ne innalzarono. I Romani
e disgrazie. Il suo cuore aperto indicava che non ha ella segreti per gli oggetti a lei cari. La Fatica. Era espressa i
La Fatica. Era espressa in figura gigantesca, e circondata da tutti gli strumenti che indicavano la sua attività. I suoi
stre disgrazie, o per i disastri ch’essa stessa ci cagiona. Le lodi e gli encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizi
umano, ci avverte del bisogno che abbiamo della mano di Dio in tutti gli eventi della nostra vita. Non avendo potuto gli a
mano di Dio in tutti gli eventi della nostra vita. Non avendo potuto gli antichi aver l’idea giusta di un Dio vero, unico,
, unico, e creatore dell’Universo, formarono altrettanti Dei di tutti gli attributi, che al vero Ente supremo si convenivan
ometeo in una roccia del monte Caucaso, ove un’ aquila, o un avoltojo gli rodeva il fegato, che la notte si rinnovellava pe
lo avesse liberato. Non contento Giove di tale vendetta, e per punire gli uomini delle loro temerarie intraprese ordinò a V
sola speranza. restò nel fondo del vaso1. Licaone. Moltiplicatisi gli uomini vissero in una perfetta innocenza. Qual te
a guerra, e dei delitti. Finalmente nell’età di ferro non potendo più gli Dei tollerare la perversità degli uomini, Giove s
rono a puntino il consiglio. Dai sassi gittati da Deucalione nacquero gli uomini, e da quei che gittava Pirra ne usciron fu
Essendo stata vana ogni ricerca, Cadmo consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che avesse fabbricato una città in un
on vedendoli ritornare, si recò egli stesso sulla faccia del luogo, e gli riuscì di ammazzare quel mostro. Per ordine di Mi
o aveva una figliuola di rara bellezza chiamata Danae. Come l’oracolo gli aveva predetto, che da costei nascerebbe un bambi
ndo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa,
la reggia da Polidette, i Dei ebbero cura della sua salvezza. Minerva gli diede l’egida, Mercurio le ali, ed un cimiero lav
e ritornò in Argo colla testa di Medusa, di cui si servì per cangiar gli uomini in pietra. Tal sorte toccò ad Atlante re d
uomini in pietra. Tal sorte toccò ad Atlante re della Mauritania, che gli aveva negata l’ospitalità. Chi guardava questa te
lora Giobate, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede sua figlia in isposa colla metà del suo reg
ene, e non si ritirò fino a che non fu segnato un trattato, col quale gli Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente set
questi ebbe la crudeltà di abbandonare nell’isola di Nasso colei, che gli aveva salvata la vita. Restò l’infelice Arianna i
nera calunnia di Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno che gli promise di esaudire i suoi voti. Un giorno, mentr
reggere Teseo. Piritoo suo amico, e compagno d’armi volendo imitarlo, gli venne la smania di rapir Proserpina. Arrivati all
e condannato a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo d
, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la sua morte gli furono renduti gli onori, che vivendo aveva merit
ava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la sua morte gli furono renduti gli onori, che vivendo aveva meritati. Castore, e
e Clitennestra. I primi due furono riguardati come figli di Giove, e gli altri due per figliuoli di Tindaro, detti in segu
ue germani, si distinsero nel valore, Polluce riuscì il più bravo fra gli Atleti, avendo ucciso il terribile Amico al giuoc
iguardati quai Numi da’ marinari. Nel corso della tempesta che assalì gli Argonauti, si viddero de’ fuochi scintillare sul
te di Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere gli era insoffribile perchè, diviso da Castore. Quind
Giasone, allorchè venisse all’età di poter governare. Divenuto adulto gli fu proposto dallo zio la conquista del vello d’or
chezze a chi avrebbe il possesso di quella lana, e ne propose a tutti gli Eroi la conquista. Giasone risoluto di partire, c
soluto di partire, chiamò a parte della gloria di quell’impresa tutti gli Eroi della Grecia. Il vascello detto Argo fu quel
sottoposero al giogo, fu lavorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista di una pietra ad essi lancia
veva battere suo padre, perchè si occupasse il medesimo a raccogliere gli avanzi dell’infelice garzone. Il ritorno di Giaso
nche Alcide, perchè nipote di Alcèo. Standosi ancora in culla, la Dea gli aizzò due serpi per farlo affogare. In questo rin
ura della sua educazione, che fu qual si conveniva ad un Eroe. Ercole gli mostrò tutta la gratitudine, avendo liberata Tebe
saccheggiò Orchomeno città capitale de’ medesimi. Creonte in compenso gli diede in isposa Megaride sua figlia. Questi non f
furono che piccioli saggi del suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva riserbati lo sdegno di Giunone, che noi in
va un veleno potentissimo. Per mano di Ercole caddero caddero altresì gli augelli straordinarj del Lago Stimfalo in Arcadia
tuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani di bronzo, che Minerva gli aveva donati. La quarta spedizione fu la presa de
a l’isola di Creta. Nettuno colà lo aveva spiccato perchè Minosse non gli aveva sagrificato un bove di maravigliosa bellezz
osse non gli aveva sagrificato un bove di maravigliosa bellezza, come gli aveva promesso. Ercole vinse anche questo mostro.
i un tempio di cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una visita, gli diede addosso, e lo stramazzò più volte ; ma come
adempito a tale condizione mercè un lione, ed un cinghiale che Apollo gli diede. Ma il Destino geloso della felicità di Adm
rcole. Il suo rimorso avendo costretto Ercole a consultare l’oracolo, gli fu risposto, che l’uccisore avrebbe espiato il su
ria, pregò Nesso centauro a trasportarla di là del fiume Eveno. Nesso gli avrebbe nel passaggio del fiume involato la sposa
da furore precipitò dall’alto della montagna il suo schiavo Lica, che gli aveva recato quel dono così funesto. Finalmente g
ol piede la terra, in quel luogo ove stavano le ceneri di Ercole : ma gli Dei lo punirono egualmente che se avesse colla vi
viva voce indicato quel sito. Appena imbarcatosi per recarsi a Troja, gli cadde sul piede che aveva battuta la terra, un da
Musa Calliope. Apollo conoscendo in lui un raro talento per la musica gli regalò la sua lira, alla quale Orfèo aggiunse due
Aristèo a consigli di sua madre avendo consultato Proteo, così questi gli parlò. Non te nullius exercent numinis irae : Ma
n era il padre suo. Volle a tale oggetto consultare l’oracolo, da cui gli fu risposto, che giammai non pensasse a far ritor
di lui fossero periti, ebbe il coraggio di presentarsi al mostro, che gli dimandò qual era quell’animale che sul matino và
ente in esilio, ed increscendogli la propria esistenza, si cavò anche gli occhi. Giocasta spaventata egualmente dalla sua p
omando. Sdegnato Polinice ritirossi in Argo, dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e gli diede una sua figl
ossi in Argo, dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e gli diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò d
ad Argo, dopo avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era brav
iacquistare la perduta tranquillità. Fegèa re del paese lo accolse, e gli diede per moglie Alfesibea sua figlia, a cui Alcm
insulto fatto al suo fratello, uscì di notte, e rendette al fratello gli ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Anti
fu punto attaccato all’idea della religione. Un giorno avendo accolti gli Dei in sua casa, volle mettere alla pruova la div
in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal dispiacere dell
poter giammai dissetarsi ; nè tampoco cavarsi la fame, mentre l’acqua gli arrivava al mento, e le frutta gli pendevano sul
co cavarsi la fame, mentre l’acqua gli arrivava al mento, e le frutta gli pendevano sul capo. Pelope. Tornò in vita Pel
angiata da Cerere, gliene sostituirono un’ altra di avorio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto
anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che gli promise di spezzare l’asse che sosteneva le ruote
are l’asse che sosteneva le ruote del carro, a patto però, che Pelope gli desse per un solo giorno Ippodamia. Ciò fatto, En
Questa era Pelopea sua figlia, che da gran tempo aveva perduta. Ella gli strappò la spada, e la conservò. Nacque Egisto da
uinata ad Atrèo, si credette questi vendicato abbastanza, e ringraziò gli Dei. Egisto ben presto lo disingannò con dargli l
te gran tempo. Agamennone, e Menelao. Agamennone, e Menelao detti gli Atridi perchè figli di Atrèo, cacciati dalla patr
e nel punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pilade gli diede i più veraci segui della sua sincera amiciz
nte Ida, colà confinato da Ecuba senza che Priamo lo sapesse, giacchè gli era stato predetto, mentre Ecuba era incinta, che
tore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giunone gli promose degli onori : Minerva la saggezza : Vener
uesti si fece scappare delle armi. A tal vista sentì Achille destarsi gli spiriti marziali, e svelò egli stesso il segreto.
Ulisse allora presa l’occasione, parlò forte a questo giovane Eroe : gli fece conoscere quanto era preferibile la gloria a
i dell’esercito, loro espone quanto aveva sognato. All’istante fumano gli altari per implorare il favore degli Dei, e le du
gognosa. Pretesero giustamente i Greci l’adempimento del trattato, ma gli Dei che si erano radunati per decidere sulla sort
mischia. Andromaca sua sposa per sottrarlo al pericolo, che correva, gli presentò il piccolo Astianatte suo figlio : ma l’
ssati i due guerrieri proposero una tregua, per aver campo da rendere gli onori della sepoltura ai cadaveri degli estinti.
are il suo valore : che la sua collera finalmente doveva aver fine, e gli promise da parte di Agamennone dieci talenti di o
on Patroclo, dopo un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la sua morte per mano di Achille. Ettore
andò alla tenda di Achille la cara Briseide, carica di que’ doni, che gli aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achil
dere il necessario riposo. Fu deciso di darsi una nuova battaglia, e’ gli Dei stessi fra loro si attaccarono. Achille intan
no. Achille intanto immolava all’ombra del suo amico estinto chiunque gli si opponeva : ma queste vittime erano per lui vol
e insieme si azzuffarono. Era tanto fiera, ed ostinata la pugna, che gli stessi Numi erano ondeggianti per chi si decidess
a in qual maniera fu presa Troja, contento soltanto di aver descritto gli effetti dell’ira di Achille. Si accenna nell’Odis
ser ferito, e morire il figliuolo di Peleo. I Greci per potergli fare gli onori della sepoltura, furono obbligati a fare al
ato sarebbe pur troppo a giorni nostri umiliante, e poco orrevole per gli uomini, tralasciando per brevità altre riflession
. Bramava Calipso di divenire sua sposa : ma questo principe stancava gli Dei, pregandoli di fargli rivedere la sua cara Pe
ebbe avuto nuove di suo padre. Si avvide Telemaco, che Minerva stessa gli parlava per essersi ritirata la Dea sotto la figu
festa che si celebrava per le nozze di una figliuola di quel re, che gli disse aver inteso da Proteo Dio marino, che suo P
andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritroverà la sua salvezza : gli dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, c
vestirsi. Nausicae dopo aver chiamate, ed assicurate le sue compagne, gli dà degli abiti, della biancheria, ed un’ampollina
dagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame : gli si apprestano de’ cibi, indi vien condotto alla c
oo che se ne avvide gliene dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa
lzato ai liti de’ Lotofagi nell’Africa. Ivi fu maggiore il pericolo : gli abitanti offrirono a suoi compagni il loto2, frut
e. Al primo incontro divorò due marinari : e ’l dì vegnente altri due gli servirono di colezione. Ulisse che per tutte le v
si ferito cominciò ad urlare altamente. Accorsero i vicini Ciclopi, e gli dimandarono la cagione delle strida : Uti, cioè N
questo pensò l’astuto Ulisse. Impose a suoi compagni, che nell’uscire gli armenti, si fossero tenuti fermi sotto i montoni,
o entro una caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò gli abiti di Ulisse in tanti cenci, ed immantinente i
nnanzi : i principi danno del ridicolo alla di lui pretenzione, e non gli permettono d’impugnar l’arco, se non a forza degl
a memore ancora Giunone del giudizio di Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col
esto mentre Venere si dà moto per suo figlio : si presenta a Giove, e gli rammenta le promesse fatte in di lui favore. Ques
lo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fe
imandare l’ospitalità a Didone, che gentilmente li ricevette, e diede gli ordini che si andasse in cerca del principe Troja
a dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile alle di lui disgrazie, gli contesta la gioja che sente pel suo arrivo, dando
o scellerato Sinone avendo aperto il fianco del cavallo, ne fa uscire gli armati ivi nascosti ; in un istante l’infelice ci
gli abitanti tranquillamente dormiva : dormiva parimente Enea. Ettore gli apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Gr
della sua sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che diede in mano di Anchise, si acco
uso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza di rinvenirla, ma gli apparve l’ombra soltanto della sposa morta nell’i
a forma il progetto di andare in cerca di quella terra che il Destino gli prometteva. Fa costruire all’infretta una flotta
endo Enea dato fine al suo racconto, si ritira negli appartamenti che gli aveva assegnati la regina. Rapita intanto Didone
posi. Ma Giove, che aveva riserbato quest’Eroe a più sublimi imprese, gli spedisce Mercurio che lo persuade ad abbandonare
a lasciare in Trapani i vecchi, e le donne, ed a condur seco soltanto gli uomini d’armi. Gl’insinuò parimente di portarsi a
a Sibilla, che lo avrebbe condotto all’inferno. Eseguì a puntino Enea gli ordini di Anchise. Arrivato a Cuma, recossi all’a
nchise. Arrivato a Cuma, recossi all’antro della Sibilla Deifobe, che gli predisse quanto doveva accadergli nell’Italia pri
quanto doveva accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare in una oscura foresta, dove a
discende al soggiorno de’ morti : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Lete le ombre di que
che il solo Evandro, che abitava sul monte Palatino. Questo principe gli spedisce Pallante con quattrocento cavalli. La gu
la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel di vegnente per punire gli abitanti del paese, e per mostrare il loro potere
er punire gli abitanti del paese, e per mostrare il loro potere a chi gli aveva alloggiati, li conducono alla cima di una m
ma di una montagna con far loro vedere tutto il villaggio sommerso, e gli abitatori in preda dell’acqua, all’infuori della
, e gli abitatori in preda dell’acqua, all’infuori della capanna, che gli aveva accolti, che fu cangiata in un tempio magni
be la sventura di essere schiacciato da un gran sasso, che il Ciclope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, e
gran sasso, che il Ciclope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, ed il sangue di Aci diede la nascita ad un f
in Sesto, ed Ero in Abido sull’opposta riva. Questo non impediva che gli amanti non fossero sovente insieme. Leandro ogni
l cadavere di Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolore non gli volle sopravvivere, gittandosi ancor essa nel mar
gico fine dell’amante, volle vederne l’esequie dalla sua finestra. Ma gli Dei punirono tanta insensibilità, la cangiarono i
onia, la quale prima alterava la fantasia, indi rendeva furiosi tutti gli abitanti. Fu consultato l’oracolo : la risposta f
a renderli felici, li fecero all’istante morire insieme, non potendo gli Dei renderli abbastanza contenti sulla terra.
sua Procri divenne egualmente gelosa, spiando senz’esser veduta tutti gli andamenti dello sposo. Un giorno mentre Cefalo si
o diede di piglio alla spada per inseguire le due sorelle : ma queste gli scapparono dalle mani, involandosi da lui coll’aj
i si occupò dell’agricoltura, a saper rappigliare il latte, coltivare gli ulivi, e sopratutto ebbe cura delle api. Sposò Ar
o, e salvo alla riva. Periandro fece severamente punire i marinari, e gli Dei assegnarono un posto nel cielo al Delfino, ch
suono della sua lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sentirla gli corsero dietro le pietre, e si situarono in tal m
are. Potranno i giovani lettori in età più matura consultare i fonti, gli originali delle favole, e gli scrittori che hanno
i in età più matura consultare i fonti, gli originali delle favole, e gli scrittori che hanno ampiamente trattato un tale a
r poco si fosse data un’ occhiata alla folla degl’Iddj, che adoravano gli Egizj, i Fenicj, i Caldei, i Persiani ed altre na
orno de’ sacri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano, e di Pompei ci hanno aperto un
i nostri padri coi costumi della Grecia, abbiano similmente adottati gli usi medesimi, e la Religione della madre comune.
ottati gli usi medesimi, e la Religione della madre comune. Il Circo, gli avanzi del nostro teatro, il corso lampadico, la
origine, e contribuirono all’accrescimento della grandezza Romana più gli altari a Giove innalzati, che la potenza degli Au
a favolosa Sirena, o alla pudica figliuola di Eumelo furono assegnati gli onori divini, e fralle tutelari Divinità ebbe Par
è la Chiesa di S. Giovanni Maggiore. Altri, e fra questi il Pontano, gli assegnano un sito alquanto più lungi. Itaque sepu
Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti di attribuire ai medesimi gli onori divini, e presso di noi si celebravano in C
isimilmente nel circuito del quartiere, o sia regione Capuana. Citano gli antiquarj diverse iscrizioni in conferma di quant
atria, ma senza daccene idea precisa. VI. Mitra. Adoravano gli antichi Napoletani Mithram, Mitra, con vocabolo P
ggi si ammirano, credesi vicino agli scolgi Platamoni 1 in Napoli fra gli screpoli avere esistito il suo tempio, onde leggi
esì le donne. I sacrifizj erano segreti, e tutti dovevano conservarne gli arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae
i è detto, nel 1688 quasi interamente ruinò, e per conservarne almeno gli avanzi grandiosi, furono lasciate due sole colonn
to assegnato dai Napoletani ai Dioscuri è molto anteriore. I busti, e gli altri emblemi di Castore, e Polluce erano scolpit
grande della Chiesa di S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano gli Alessandrini, ed Egiziani, come rilevasi dalla st
va la Fratria degli Alessandrini (Cynaeorum, da Κυων, il cane) poichè gli Egiziani oltre di Osiride, Iside ed altri, adorav
XIV. La Fortuna. Anche alla Fortuna indrizzavano i loro voti gli antichi abitatori di Napoli, come dal motto ΤΥΧΗΙ
chi lo crede padre degli uomini, e Plutarco un Nume tutelarc. Apulejo gli assegna un posto eguale a quello dei Demonj, e de
ni Genio loci, Genio coloniae, Genio theatri etc., che anzi Prudenzio gli dà maggiori facoltà : Quamquam cur Genium Romae
te qualche cosa di quelle Divinità, a cui la nostra patria dispensava gli onori divini, e ne ha conservato qualche memoria.
di qualche seria disgrazia della Repubblica. Si è già osservato, che gli Eumelidi avevano Eumelo per loro Nume tutelare, g
ià osservato, che gli Eumelidi avevano Eumelo per loro Nume tutelare, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così gli altri
o per loro Nume tutelare, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così gli altri, dei quali con ingegnosa sottigliezza lunga
fabula, e logos discorso : quindi Mitografi, e Mitologi per dinotare gli scrittori, o gl’inventori delle favole. La Mitolo
ne’ tempi dell’antica Grecia. 2. Racchiudono le favole qualche volta gli effetti, o gli attributi del mondo fisico. Vulcan
antica Grecia. 2. Racchiudono le favole qualche volta gli effetti, o gli attributi del mondo fisico. Vulcano, a modo di es
i, secondo Ovidio, erano scritti da tutta l’eternità in un luogo, ove gli Dei venivano per consultarli. Cosi Giove entra co
nomi : e se Varrone fa montare sino a trecento il numero di quei, che gli vennero da’ Romani, e dagli altri popoli della so
e. Tiene talvolta un vaso nelle mani. Con quest’attributo l’adoravano gli Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος.
r voglia di cosi poter tramandare il suo nome alla posterità ; il che gli riuscì, malgrado il decreto fatto dagli Efesj di
a al piacere dei sensi. 1. Esistono tuttavia in Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di V
essere stata rapita Elena. 2. Suol dipingersi Cupido colla benda su gli occhi per dinotare, al dire di Vico, l’amor cieco
i, in Sicilia, in Roma. È rappresentato barbuto con una roba, che non gli giunge al ginocchio, con berretta in testa, con m
ita in Roma nel tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano gli animali consacrati a questa Dea. Il che diè luogo
annomi, la più parte relativi alle armi, Armigero, Bellicoso ec. Dato gli venne da Augusto il soprannome di Bisultor, che a
il soprannome di Bisultor, che accorda due vittorie, allorchè i Parti gli resero le aquile perdute dalle legioni di Crasso.
al dire di Gramblico de mysteriis Aegyptiorum, si attribuiscono tutti gli utili ritrovati. 1. Si rappresenta Mercurio da g
capelli biondi e crespi, e con mantello, che attaccato sotto al petto gli cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto c
cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto che ne fa Apuleio, e gli altri autori. Winkelmann ha osservato dopo Clemen
altri autori. Winkelmann ha osservato dopo Clemente Alessandrino, che gli scultori greci facevano i loro Mercurj rassembran
scultori greci facevano i loro Mercurj rassembranti Alcibiade, e che gli artisti, che vennero dopo, seguirono il loro esem
decorum . 1. Gli antichi erano sommamente scrupolosi nel seppellire gli estinti. Enea prima di scendere all’Inferno fu as
prima di scendere all’Inferno fu astretto dalla Sibilia a dover fare gli onori della sepoltura a Miseno rimasto insepolto.
poltura a Miseno rimasto insepolto. Virg. Æneid. lib. VI. 2. Avevano gli Egiziani il costume di trasportare colle barchett
alcune grotte nel promontorio di Tenaro, al presente Capo Maina, che gli antichi supponevano fossero tante bocche dell’Inf
rittore, che Chirone fu eletto precettore di Achille per dinotare che gli Eroi debbonsi servire della virtù, ed occorrendo,
nizione della nostra credenza, mentre noi facciamo la distinzione fra gli Angioli, ed i Demonj. 2. Il popolo Romano aveva
detto essere infinito il numero de’ Numi foggiati dagli antichi, che gli ritrovarono sino ne’ cessi. Giovenale parlando de
perdette. 1. Rapsodi erano detti quei, che cantavano per le piazze gli squarci de’ rinomati poeti. Tali erano quei, che
grande occasione. 2. Loto, frutto che nasce nell’Africa : credevano gli antichi, che la sua dolcezza facesse dimenticare
olare. Queî che vi erano ascritti detti φρητορες, fretores trattavano gli affari appartenenti alla Religione, e talvolta qu
4 (1880) Lezioni di mitologia
o, la Mitologia Teologica. Dettò il nostro Poeta nell’anno 1807-8 per gli Artisti queste Lezioni, di guisa che non possiam
ologia ; ma, dopo le opere di Creuzer e d’altri letterati Tedeschi, gli antichi Miti hanno mutato aspetto. Quindi mi conv
ella pubblica luce. Altri studj più cari me lo vietano ora; nondimeno gli son riconoscente della sua graziosa offerta » 1.
e contiene il Metodo da tenersi per insegnare la Mitologia. Poiché gli uomini da Dio ribellatisi ne meritarono la vendet
uomini da Dio ribellatisi ne meritarono la vendetta, che sulla terra gli sparse atterriti e maravigliati, il loro culto ri
e annunziar dovea la maestà del suo Autore, tempio d’idoli divenne, e gli Dei furono figli dell’uomo. Ma era sublime il pri
ell’ingegno mio lo concede, porrò ogni mia cura per allontanare tutti gli ostacoli che s’incontrano in così lungo cammino.
e in molti vetusti monumenti, non conoscendo quello che immaginarono gli antichi su questo particolare, nulla i simboli di
questi Dei, nati dai forti inganni della loro mente. Quindi i templi, gli altari, i boschi sacri, gli asili, le statue, i s
nganni della loro mente. Quindi i templi, gli altari, i boschi sacri, gli asili, le statue, i sacrifizj saranno l’oggetto d
i le sciagure e i delitti. Ma maggiore argomento di pianto vi daranno gli squallidi campi di Tebe, contrastati dagli odj pr
divennero di Omero, « Di quel signor dell’altissimo canto. Che sovra gli altri com’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgo
angue del suo figlio per riaverne il cadavere. Quinto Calabro ci dirà gli altri infortunj che successero fino a quel giorno
Omero dubita della prima palma nell’epica poesia, ci dirà l’origine e gli augusti principj della gente romana, e nella divi
Greci e dai Romani chiamate: onde ne tesserò l’istoria, ne spiegherò gli attributi, ma brevemente; perchè il loro culto, l
te vi si presenterà il modo di ritrarre con simboli semplici e chiari gli esseri astratti, come la Virtù, la Costanza, la R
di coloro che nati sono alla gloria dell’arte. Michelangelo, leggendo gli alti versi di quel magnanimo suo concittadino, ch
l cielo, uccise tutti i mostri ed ordinò l’universo. Avendo distrutti gli animali che non tolleravano la luce, s’accorse es
troncargli la testa, e col sangue che dalla^ piaga scorreva formarne gli animali e l’uomo Quindi fece le stelle e i pianet
di ovo, e generato il fango, cominciarono a risplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì di luce; dal calo
rtarono fra loro, e vita diedero al folgore, il di cui tuono riscosse gli animali ragionevoli, che cominciarono allora a mo
ntura ed uno scettro, sulla testa un maestoso pennacchio, dalla bocca gli usciva un ove da cui si schiudeva un altro iddio
to di alcuni che fosse da loro Iddio ancora adorato. Se questo apriva gli occhi, l’universo si erapiva di luce; le tenebre
tovato scrittore. « Nel principio Iddio formò l’Etere, ove abitavano gli Dei, e da ogni parte di questo erano il Caos e la
delirj, leggendovi la descri zione della battaglia dei Giganti contro gli Dei che è nel poema del mentovato scrittore. Ho c
urno; ed egli, insidiando il padre mentre inviavasi al letto materno, gli fé’ colla falce quell’ingiuria che in lui fu ripe
ono in Pafo, in Amatunta, in Citerà. Regnava intanto la discordia fra gli Dei, e Cielo minacciava di punire i Titani suoi f
una bellissima ninfa, e nell’altra ad un orribil serpente. Quantunque gli Dei vietassero ad Echidna ogni commercio, chiuden
i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Febea ebbe da Geo l’amabile Latona ed Asteri
die l’arbitrio del cielo e della terra e del mare, che sempre era fra gli antichi principio di sacrifizj e preghiere, e pre
Giunone, Plutone, Nettuno e Giove. Avea l’accorto vecchio consultati gli oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suo
e Giove. Avea l’accorto vecchio consultati gli oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suoi figli gli avrebbe tolto
nsultati gli oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suoi figli gli avrebbe tolto l’impero del cielo, onde questo pad
i avrebbe tolto l’impero del cielo, onde questo padre snaturato tutti gli divorava subito che Rea gli dava alla luce. Ma nu
cielo, onde questo padre snaturato tutti gli divorava subito che Rea gli dava alla luce. Ma nulla basta contro il Fato. Re
ve, essendo adulto, fu grato alla Terra, liberando i Ciclopi, i quali gli donarono il fulmine, per cui comanda agli Dei, ed
po la guerra contro Saturno e contro i Titani, Giove, avendoli vinti, gli confinò tanto sotto terra quanto il Cielo dalla T
re dei lacci e della notte Lacrimosa. — Sì disse, e l’incolpato Cotto gli fé’ risposta: — venerando, Cose ignote non parli,
l’impero tuo Contro i Titani nella forte pugna. — Sì parlava, e lodar gli accorti detti I benefici numi, e guerra il core P
terno braccio Terribil gloria. Già risuona acceso Il fertil suolo che gli stride intorno : D’ inestins^uibil fuoco arde la
vino eter: la luce Del fulmin sacro, che tonando scende, Dei possenti gli eterni occhi confonde. Meraviglioso ardor l’Èrebo
idi Titani Facean di mille dardi ombra tremenda: Ma il mesto suol già gli ricopre, e lega Catena eterna le superbe mani; E
ei sacrifizj. In mezzo ai campi, nel maestoso silenzio delle selve gli antichi sentivano la divinità, e sopra a zolle ed
vestiboli, come da Erodoto si rileva. È da notarsi, specialmente per gli artisti, che gli antichi nel genere ancora degli
da Erodoto si rileva. È da notarsi, specialmente per gli artisti, che gli antichi nel genere ancora degli edifìzj significa
ico per Bacco, Apollo e Diana; il corintio per Vesta: e qualche volta gli univano, come nel tempio di Minerva presso i Tege
tefici antichi, ornassero queste fabbriche, e come le dipinte pareti, gli scudi votivi, le insegne conquistate rammentasser
uistate rammentassero agli uomini terrori, speranze, vittorie e tutti gli altri eventi della fortuna, le cui permutazioni n
i ed infernali. Succederà a questi la descrizione di quelli coi quali gli antichi sancivano il giuramento, placavano le omb
ro sulla tomba di lui uccise Polissena guidato dal paterno furore. Ma gli Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r
i alberi cari agli Dei ai quali sacrificavasi, coronavano le vittime, gli altari, i sacerdoti, i vasi stessi che accogliere
to a Venere, il frassino a Marte, ad Ercole il pioppo, e così a tutti gli altri Dei quegli alberi, dei quali cara era loro
r Ercole, fra i Romani, i Pinarj e i Potizj,7 e per Cerere, in Atene, gli Eumolpidi. Osservavano se le ostie condotte agli
vittime, nelle di cui viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei e gli eventi occultati nel futuro, l’ incenso accrescev
l’unito sangue solevano in queste propiziazioni scagliare nel mare, e gli animali promessi sempre fra l’onde immolavano qua
ell’ ostie offerte ai celesti, scannavansi da sacerdoti in veste nera gli atri animali, che mansuefar doveano l’eterna mest
veano risparmiato di uccidere. All’Eumenidi in silenzio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al q
cri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col quale gli antichi davano autorità maggiore al giuramento, v
piegano tutta dei regali doni La magnifica pompa, e l’auree masse, E gli splendidi bronzi, ed i superbi Dodici corridori,
clo da Achille per dolore forsennato. Usanza fu degli antichi pianger gli estinti parenti per tre giorni, avanti di rendere
 Che solo in terra avanzo è della morte? » Nulla di più santo presso gli antichi che le tombe: onde Tibullo, ne’ di cui ve
nere muto mi lamenterò delle mie sciagure. » Se ricchi e famosi erano gli estinti, costruivasi loro insigne pira, e vi arde
a loro erano state le più care, le armi, i destrieri e (oh barbarie:) gli uomini stessi, che fatti schiavi avevano le vicen
to immolavasi: bende cerulee, frondi di funebre cipresso circondavano gli altari ed i vestiboli delle case. Invocavansi le
rissime acque i compagni con un ramo di ulivo, e così tutti piangendo gli dicevano l’ultimo addio. Funerali di Patroclo. …
la bara: il fero Va coll’acciar di gola in gola, e tutti Sul feretro gli stende, indi mettendo Alto di tetra gioia orrido
ostile al trascinar; lo copre D’ intorno Apollo d’azzurrina nube Che gli fa velo incontro al Sole, e scudo Ai strali penet
dubbio ancora se sussista veramente la differenza notata fra l’are e gli altari da Servio, che afferma questi ultimi solam
ifestava nel modo d’o norare gl’immortali: quindi è che nel principio gli altari non furono che ammassi di erbe, pietre inf
po, di molte erano popolati rimetto, il Parnete, l’Anchesmo; e quando gli Argonauti vollero sul lido del mar risonante erge
ente, come se imitar volessero un monte. Triplici qualche volta erano gli altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si prat
e fino a noi alcune la semplicità sola raccomanda, altre l’ornamento, gli Dei, i genj, i sonatori di flauto che vi sono sco
se ha negli angoli teste di animali. Numerosi al pari degli Dei erano gli altari, e Virgilio ci mostra larba, il barbaro ri
degli Dei, ebbero ancor essi altari, e più dei numi, non perchè tutti gli credessero ascritti al concilio dei celesti, ma p
rchè tutti gli credessero ascritti al concilio dei celesti, ma perchè gli schiavi temerono mai sempre più i tiranni che la
nel Foro Boario presso la porta Carmentale.   Solenne il rispetto che gli antichi avevano per gli altari, onde nè lume prof
a porta Carmentale.   Solenne il rispetto che gli antichi avevano per gli altari, onde nè lume profano poteva accendere il
o Virgilio, Giove e le are in testimonio del patto violato. Solevansi gli altari pure toccare quando alle promesse si aggiu
o alle promesse si aggiungeva il giuramento; onde Giovenale disse che gli empj venditori di spergiuri, che intrepidamente v
l’ara, ma pure sul piede di Cerere, divinità venerata. Si celebravano gli sponsali e pubblici conviti ancora innanzi all’ar
é, se tener conto si dovesse delle numerose divisioni che ne facevano gli antichi, mancherebbe a così lunga serie il giorno
fragil legno divisi dalla morte, ed a Mercurio ancora, se l’avarizia gli avea spinti sulle navi a cercar merci ed oro prof
nemici avessero uccisi. A Giano, a Vesta, ai Lari, coronati libavano gli sposi il farro e il vino; gli agricoltori offriva
no, a Vesta, ai Lari, coronati libavano gli sposi il farro e il vino; gli agricoltori offrivano agnelli e giovenchi a Cerer
per le libazioni ripieni di vino. I così detti vittimari conducevano gli animali destinati, spargevano l’acqua, le mole, u
e afferma che i popoli della Tauride immolavano ad una Venirine tutti gli stranieri che il nau fragìo gettava nella loro te
au fragìo gettava nella loro terra. Umani sacrifìzj pure disonoravano gli Spartani, finché Licurgo, come Plutarco ha lascia
quali, se qualche volta dal terrore guidati, giudicano doversi onorar gli Dei immortali, con umane ostie ne funestano i tem
rsi onorar gli Dei immortali, con umane ostie ne funestano i templi e gli altari? Onde nemmeno onorar possono la religione,
e: in giù si slancia, il corpo Precipita, si frange in mille parti Su gli aspri sassi, e con il proprio sangue. Infelice fa
ccorsa Era, e vedeva già muta e tremante D’Ilio, onde han pieni ognor gli occhi infelici. Troncar l’ultima speme il ferro a
funeste aggrava il corpo Di Polissena, anco in morir regina. Piangon gli Achivi; gemito sommesso Danno i Frigi, e al dolor
i offerse Meneceo, e di questi furori e di questi delitti sono ricchi gli annali del genere umano. Grato era a Baal il fumo
Mitra, a Serapi, a Marte, alla Luna, ad Iside, ch’è lo stesso presso gli Egiziani, propiziarono con umano sangue: tanti ma
bondo amico o congiunto; e quando un tiranno pericolava nella salute, gli schiavi, dei quali è gloria l’ubbidire, preveniva
o collo dei vecchi che avevano oltrepassati i settant’anni; da alcuni gli ospiti, da altri gli schiavi erano scannati. Oh b
e avevano oltrepassati i settant’anni; da alcuni gli ospiti, da altri gli schiavi erano scannati. Oh barbarie ! chiamavasi
e, i timpani erano destinati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi era una valle, detta del ruggito
mmolavano i bambini dai padri, persuasi che questo sacrifizio avrebbe gli altri figli scampati dalla morte, e resi loro per
re per la stessa loro semplicità, giacché il sentimento rifiuta tutti gli ornamenti delle frasi. Udite la morte della prima
ffigiati marmi L’emulo petto. Le ginocchia inchina, E intrepida dicea gli ultimi detti Del dardanio valor memoria eterna: I
sperasse dell’arte, Pausania, che dovrebbe essere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi era un’an
che dovrebbe essere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi era un’antica statua creduta d’Ifigeni
vicini i sacerdoti Celar l’aspra bipenne, e’1 popol tutto Stillar per gli occhi in larga vena il pianto Sol per pietà di le
me baciate la felice terra Ch’ io più non devo riveder. padre, Dammi gli ultimi baci, e tu gli rendi Alla dolente tua cons
terra Ch’ io più non devo riveder. padre, Dammi gli ultimi baci, e tu gli rendi Alla dolente tua consorte. Oh mia Madre, so
ia conquistar le mura. — All suol rivolte le pupille avea Il popolo e gli Atridi. Il sacerdote L’acciar si reca nelle mani,
à cinge Abominato serto, ed offre il collo Ai coltelli sacrati. E chi gli apprestaf Il genitore. E già Calcante Oh crudi: F
ulle bende L’ irta chioma si alzava orribilmente, E del nume il furor gli agita il petto. Esclama: Udite, o Greci, odimi Ac
egizie non erano separate nè le gambe, nè le braccia; chiusi stavano gli occhi, pendule le mani. I Greci trenta divinità v
indicandole con informi masse o pietre quadrate, come facevasi presso gli Arabi e le Amazzoni. Pausania vide questi informi
no paralleli, insieme uniti a due traversi pure di legno, disegnavano gli Spartani Castore e Polluce. Questa configurazione
labrione. Nè legge veruna prescrivea l’ altezza dei simulacri: presso gli Egiziani ne erano alcuni colossali, altri piccoli
ssali, altri piccolissimi, e tali che comandavano riso ed affronti, e gli ebbero da Cambise allora che a Memfi vide il temp
fu loro di doppio vantaggio cagione, giacché del vincitore evitarono gli scherni, ed ai Greci vani fecero credere che la l
luoghi si celebrarono i primi misteri del Gentilesimo: sacro era per gli Arabi il bosco d’Elim, ove gli Ebrei, varcato l’E
misteri del Gentilesimo: sacro era per gli Arabi il bosco d’Elim, ove gli Ebrei, varcato l’Eritreo, si accamparono. Pei Gre
chi sacri si numeravano in Roma. I Druidi, col sangue umano aspersero gli alberi ove credeano chiusi gli Dei. In principio
. I Druidi, col sangue umano aspersero gli alberi ove credeano chiusi gli Dei. In principio l’orrore solo rendeva sacrosant
me stessa vide un bosco fra le sue mura. Nelle selve sacre si univano gli antichi nei giorni festivi, e comuni banchetti vi
e Laziale, di Augusto, e molti altri, dei quali la descrizione presso gli antichi si legge. Famosa è quella che Lucano ne h
i e cipressi Ed elei negre; il bosco oscuro ondeggia Mosso dall’aura: gli sovrasta, e vince Altera querce le minori piante.
da Sacramento dei numi. Odi la notte Gemer gì’ iddii ferali, e suonar gli antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre
antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre di sangue. Qui, con gli occhi vedi Ciò che udire è terror; splende la sel
gi l’orror dell’alto eccesso, Onde nuovo cammino impara il sole? Orna gli altari, e le innocenti mani Al tergo avvince: i g
o. Sgomenta Ei la minaccia dei presenti numi. Già tronca le dimore, e gli occhi in giro Torvamente rivolge. Eguale a tigre
denti; All’empia morte le dovute teste Così riguarda Atreo. Sceglier gli piace Degno principio a tanta colpa; alfine Tanta
felice, e già cammina Sulla strage fraterna: alfìn pietoso La cervice gli fende: il prono tronco Cade, guizza la testa, e i
ltimo errore dei nuotanti lumi Il fratel pargoletto; eppure Atreo Non gli perdona, e colpa a colpa aggiunge. Come armeno li
ata a Giove l’educaziono o la cuna, o perchè i re tutti ebbero presso gli antichi questo nome, sia che la patria dei sommi
nciullo, poiché Luciano e Arato, con molti altri, dicono che alimento gli fosse il latte della Capra di nome Amaltea, ma ch
o di Saturno. Nè mancò chi le colombe e l’aquile ministre del folgore gli assegnasse in educatrici. Lasciò scritto Cicerone
beato suggeva Giove con Giunone il primo alimento; e ninna certamente gli antichi immaginarono nutrice del Tonante più degn
Dattili Idei, che con celere ed armonica danza movendosi, picchiavano gli scudi per occultarne il vagito. Così sono rappres
glio Opi e Saturno. Innanzi di combattere fece sacrifizio in Nasso, e gli apparve un’aquila, augurio della vittoria futura;
arve un’aquila, augurio della vittoria futura; perciò volle che sacra gli fosse, e quando, al dir di Orazio, l’esperimento
troce animo di Saturno, il quale memore degli oracoli fatali, insidie gli preparava. Giove, avvertito, riunì il primiero es
miero esercito, e cercò di aggiungere i Cecropi fallaci, che ricevuti gli stipendj, derisero la fede del giuramento, onde i
egnato in sciinmio li converse. Giove, nonostante, trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel
; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove gli die per custodi Cotto e Briareo. Tanto la sete de
iuria, a cui deve il suo nascere la madre degli amori. Favoleggiarono gli antichi che Apollo coronato di lauro e vestito di
versi ci dipinge l’aquila, assisa sullo scettro del dio, che l’ale e gli occhi dechina per la dolcezza del suono, e cader
ro il cielo le sue fiam me, fa crollar le caverne di Vulcano e cadere gli stessi fulmini, onde fu vinto, dall’incude dei Ci
dei Ciclopi. Aveva lo stesso gigante già dato a Giove soccorso contro gli Dei congiurati. Dopo questa vittoria Giove soggio
carni umane, mostrando ai mortali le ghiande della querce che perciò gli fu sacra, e divise l’universo trionfato con Pluto
sta credenza, considerando che solo le cose eguali si lasciano, e fra gli eguali, all’arbitrio della fortuna; ma la forza e
ri sogni erra la schiera Per le tacite case, e colle nere Ali ricopre gli stancati letti, Allor dormia nelle sublimi stanze
tre nelle stalle, e il curvo Aratro trae per le ostinate glebe, O fra gli armenti pasce, o con domata Cervice traggo ponder
rna e distingue. Non hanno i glauchi occhi minaccia; amore Folgoranti gli rende, e sulla fronte Sorgon le corna, e son fra
’adescava: essa lo palpa Con la tenera mano, e dalla bocca Soavemente gli tergea la spuma, E lo baciava. Ei sì dolce muggia
uesto Toro: noi tutte accoglier puote il tergo, Vasto qual nave. Come gli altri tori Non è per certo: è mansueto e dolce; H
l tuo remo, e forse ancora Per l’etere celeste alzato a volo Emulerai gli augelli. Oh quant’io sono Sventurata! oh mia casa
li in onta agli sdegni gelosi della moglie. Leda figliuola di Tindaro gli piacque, ed in candido cigno trasformato volò pre
o volò presso lei, fìngendo evitare l’artiglio di un’aquila che sopra gli pendeva. Elena e Polluce nacquero dal primo ovo;
econdo; il cigno, ministro alle voluttà del dio, dicesi collocato fra gli astri alla destra mano di Cefeo. Teocrito vi ha n
iede alla luce Arcade: e la costellazione cui dà il suo nome stancava gli occhi dei greci nocchieri, poiché, come dice Omer
invenzione. Ma tutto quello che d’isterico hanno preteso di ritrovare gli antichi nelle divinità é per la critica dubbio; e
amosi di Giove e dei nomi diversi che l’evento, i luoghi e le persone gli diedero, i quali influirono tanto nelle varie man
ei Romani l’ha consacrato, ponendovi quella bella statua che converte gli occhi di tutto il mondo, non per la sua grandezza
le colonne del tempio sono rappresentate in bronzo tutte le città che gli Ateniesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto
è ciascuna città ha voluto segnare il suo zelo dando un simulacro: ma gli Ateniesi si sono particolarmente distinti col mag
per la quale le acque scolarono dopo il diluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta co
e minore al solo tempio di Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato gli die principio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco,
consacrarlo toccò, come fu detto sopra, ad Adriano. La costruzione e gli ornamenti costarono somme che sembrerebbero incre
i prepara. Oltre i gradini del trono, vi erano ancora due colonne che gli erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrat
ritratto Atlante che sosteneva il cielo, ed Alcide pronto ad ofi’rire gli omeri eguali a tanto peso: Teseo e Piritoo fra i
e) si estendeva dalla sommità fino al suolo. Sarebbe lungo annoverare gli splendidi doni di ogni nazione che accresceano la
sua per forza mira, Perch’egli scuopre ancor di dietro il giorno; Nè gli è d’uopo, s’altrove ella s’aggira, Voltar per ben
ia. Nò man può ritrovar onde l’annode. Pregar il vuol che d’ascoltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scor
mmin prese, Che in capo tien tante facelle accese. Come rozzo pastor gli erra da canto, Che alle fresche erbe il suo gregg
forza è che stian chiusi a lor dispetto: Ma molti ei ne tien desti e gli ritarda, E con quei vegghia e la giovenca guarda.
e la favella Dalla sua lingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi gli occhi suggella, Che con la verga sua toccando agg
rno T’ha tolto i lumi, la vigilia e ‘1 giorno. Ma la gelosa dea, che gli occhi a terra Chinava spesso al suo fido pastore
uo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda Del suo pavone, e gli occhi che distacca Dal capo tronco, ivi gl’imprim
cca Dal capo tronco, ivi gl’imprimé e inchioda, E con mirabìl’arte ve gli attacca. Tutta arrabbiata poi la lingua snoda: Du
sua guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol col volto e con gli occhi al ciel s’eresse, E con un sospirar, con un
fu rappresentato; in che’ gran parte ebbero ancora i varii poteri che gli erano attribuiti. Generalmente il simulacro di lu
. I Cretesi non davano orecchie a Giove, quattro glie ne attribuivano gli Spartani. Gli Eliopoliti lo effigiarono colla des
Ottimo, Massimo, fu da tutti chiamato, poiché nella religione pagana gli era attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio d
dicendo: « Nè. la gran mano di Giove fulminante. » Tonante lo dissero gli Auguri; ed Augusto, dopo la guerra Cantabrica, gi
e senza inganno io faccio questa alleanza mi concedano ogni felicità gli Dei: se altrimenti opero e penso, salvi tutti gli
edano ogni felicità gli Dei: se altrimenti opero e penso, salvi tutti gli altri in onta delle patrie leggi, perisca io nei
lla destra una pietra, chiama in testimonj delle sue promesse Giove e gli Dei spergiurati. Di Giove Pistore fu l’ara nel Ca
io ricorda Pausania, Furnuto, ed il commentatore di Pindaro: i Pagani gli attribuirono quel miracolo che fece il Redentore
fu detto il Giove dell’Aventino: questa scienza fu posseduta, secondo gli storici, da Numa; e Dutens, così liberale per gli
posseduta, secondo gli storici, da Numa; e Dutens, così liberale per gli antichi, scorge in questo re un conoscitore solen
ome da un colle di Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altari gli eresse. Sacra era la vendetta per gli uomini inna
mini l’antica semplicità altari gli eresse. Sacra era la vendetta per gli uomini innanzi che l’Evangelo insegnasse la subli
bbe adorazioni dai Romani; e da Agrippa, al dir di Plinio, il Panteon gli fu consacrato. Museo disse: « Ha Giove occhi vend
sacri diritti agli ospiti concedi. » Nè può omettersi il cognome che gli dava Dodona, celebre selva, ove le Caonie colombe
io che diede a Giove l’oracolo e il nome? Frequente menzione ne fanno gli antichi. Tullio, Pausania, Luciano, e Filostrato
Panellenio, o comune a tutti i Greci, fu cognominato, e famoso tempio gli edificò Adriano. Sotto il nome di Aratrio lo ador
irsuti pruni) Tinte le bianche braccio, e dalla sua Rocca piangendo, gli infelici amori, Onta e furore del vicino Giove, C
arta volta Odo lo squillo del vicino giorno Nunzio, e nel mare cadono gli stanchi Astri: provar ti voglio, o caro sonno, E
rba consacra inni e conviti, E sopra i mucchi dell’acceso fieno Volar gli immondi cibi. Ozi decreta Romolo alle sue schiere
Omero dà forza alle sue ragioni; la seconda op pone il grido volgare, gli annui sacrifizii, e l’auto rità di non meno vener
r moglie del proprio fratello: aggiungerò solamente che vi alludevano gli Argivi, onorando un simulacro di lei assiso sul t
a, fu debitore dell’immortalità all’inimicizia famosa. Favoleggiarono gli antichi che lo sdegno di Giunone andasse tant’ ol
lla sua nemica, che svegliata scosse l’odiato fanciullo; onde fìnsero gli antichi che il latte parte scorrendo pel cielo ne
vinità di lei in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque ancora presso gli abitanti di Elide fossero stabiliti per ogni quin
era a Giunone la vacca, perchè quando la paura dei giganti costrinse gli Dei a fuggire nell’Egitto, prescelse la dea quest
sa. I simboli co’ quali effigiavasi furono diversi, secondo i luoghi, gli attributi ed i nomi. I più comuni avrete nella de
minata costantemente λευκώλενος; dalle bianche braccia. Le medaglie e gli altri monumenti antichi c’insegnano facilmente ci
lluce, e più precisamente da Eustazio, che così lo descrive. — Dicono gli antichi che la sfendone è un ornamento femminile,
ili, e quelle Arti celesti che dal bello han nome E son alma del bel, gli acconci Detti E i soavi Colloquìi, e quanto accor
amente, e ratto Di là si toglie. Le Pierie piaggie Pria trasvolando e gli ubertosi paschi Della florida Emazia, il corso vo
rofumato d’ambrosia amico letto; Mentre dal sen della dorata nube Che gli circonda, di nettaree stille Rugiada soavissima d
con Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole gli era stata. Samia ed Argiva fu detta dalle due gre
di Marte narrata da Flora. Io già fui ninfa del beato campo, Che vide gli ozi della gente prima. Come fui bella io noi dirò
Primavera eterna, Gloria dell’anno, nei miei campi regna: Sempre han gli alberi fronde ed erbe il suolo. Nella terra dotai
felice Tu, misero Narciso, ancor sei lode, Perchè simile a te non fer gli Dei Altro fanciullo. A che di Croco io parlo E d’
a nella sdegnosa mente Per far querela al gran padre dei numi. Quando gli stanchi piedi innanzi ai nostri Lari fermò, la vi
V, v. 251 e segg. Lezione decimaseconda. Nettuno. Nettuno, fra gli Dei consiglieri, dopo Giove per impero il maggior
ne persuase r inganno. È troppo grande la divinità di Nettuno perchè gli antichi non siano discordi sull’educazione di lui
chiara. Non fu questo dio esente dall’ambizione, giacché congiurò con gli altri per legar Giove, che fatto accorto da Teti,
come Sofocle accenna nell’Edipo Colonco. Il commentatore di Apollonio gli contrasta questo vanto, che attribuisce a quel Se
entato dai poeti e dai monumenti, ed i diversi cognomi che attribuiti gli furono dagli antichi. Luciano nei Sacrifizii, e C
infe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia di sembianze. A destra gli pone Virgilio le smisurate balene, e l’antico cor
fu detto dai Trezenii, perchè unitamente a Minerva Poliade, o Urbana, gli fu da Giove assegnato il dominio della loro regio
con Giunone, inondò un campo argivo; dove poi, come Pausania avverte, gli fu edificato un tempio. Un promontorio della Laco
nia avverte, gli fu edificato un tempio. Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e nel tempio di lui, narr
i Spartani furono trucidati gì’ Iloti. Dal celebre edifizio che sacro gli era in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiama
i che successivamente denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea gli era costruita nel circo massimo, e si onorava col
divise le montagne, adoravasi dai Tessali; cognome di Eliconio Elice gli diede, città sessanta stadii da Egio lontana. Nis
osì rapide volano le rote, Che dall’asse ne pur si bagna il bronzo; E gli agili cavalli a tutto corso Verso le navi achee p
simiglianza colle sembianze fraterne. Ora, per vieppiù distinguerlo, gli è stato aggiunto il delfino, che nei marmi e nell
rto s’ignorano i genitori, ma fu anch’ egli adorato dagli egiziani, e gli attribuivano la morte di Argo e la scoperta dell’
a suonò incognita armonia, che l’amabil voce seguiva. A quel concento gli Dei immortali e la terra tenebrosa parean di nuov
ndersi, e risentire l’antico amore. Questo canto fu pegno di pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte di percorrere
amplificò il racconto di Omero dicendo che, mentre Vulcano educavalo, gli rapì l’incudine e il martello; a Venere, che l’ab
i, perchè primo diede 1’ esempio della rapina: tanto è vero che tutti gli incliti ladri sono santificati dalla forza e la f
rinto, fu effigiato in bronzo, con un ariete accanto, perchè affidata gli era la tutela dell’ armento. Gli attribuivano il
della concordia, e favoleggiarono che alla verga, donatagli da Apollo gli aggiungesse il nume, poiché ne divise l’ ira face
a al braccio sinistro, emblema consueto della sua speditezza, per cui gli furono anche attribuite le ali alle piante. Quest
itore dei numi Mercurio pure fu detto, e per tanto ufficio attribuito gli fu il caduceo, che come segno di pace scolpito si
nelle antiche monete. Intorno a questo simbolo molto fa veleggiarono gli antichi. Omero, custode della prima semplicità de
ella prima semplicità della favola, nell’Inno attribuitogli narra che gli fu data l’aurea verga in cambio della lira da Apo
gli fu data l’aurea verga in cambio della lira da Apollo, che la cura gli affidò degli armenti. I mitologi più recenti aggi
eloquenza. Checché ne sia, il caduceo distingueva i legati di pace; e gli atleti nella palestra lo adoperavano forse perchè
io presso i Megalopolitani. Tetragono, cioè quadrato, lo dissero pure gli antichi, secondo alcuni dai quattro ritrovati dei
lla figura della statua di lui Erme nominata, colla quale comunemente gli antichi decoravano le loro biblioteche. Trecipite
e perchè deità comune al cielo alla terra, all’inferno. Così scolpito gli antichi lo ponevano per indicare le strade, e ver
ausania ci avverte che neir Attica specialmente onoravasi, ed in Tebe gli sorgeva un tempio che Pindaro, illustre per versi
gli sorgeva un tempio che Pindaro, illustre per versi e per la pietà, gli avea consacrato. Pitagora soleva chiamare lo dio
beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’epiteto di infernale gli davano. Onde Claudiano disse: Tegeo, nipote di At
nominato da Nonacrizia città dell’Arcadia, e Melopoo perchè commessa gli era la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro
a la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro degli Dei, lo dissero gli Etruschi con nome ai Beoti ancora comune. Odio da
cui esistano tuttora i segni non equivoci di Mercurio? Questa è sotto gli occhi del pubblico nella Galleria Farnese, dove c
ai stata scolpita, ed ha un’aria così tranquilla e divina che incanta gli spettatori. Nessuna statua ha accoppiata tanta ro
venti Coll’eterno vigor dei piedi alati: Scendi fra noi quando di dio gli accenti Seguono i Fati. Nume pietoso ai miseri mo
manto, E quei che spargon per la nova luce Provido pianto. Tu vinci gli occhi col miglior dei numi, Che per te lascia le
mani mali esperimento. Illustre fra gl’infortunii di lui è quello che gli procurò l’amore paterno. Aveva Esculapio, peritis
e di tante cure, ed inventò la musica; scoperta che da altre divinità gli venne contrastata. Infatti nella passata Lezione
aia, ad Apollo la cetra. Il nume non fu nell’amore felice, benché fra gli immortali bellissimo e ricco di tanti doni. Super
i. Clizia, volgendogli la faccia, attesta ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe
Leucotoe, ch’egli deluse nelle sembianze della genitrice. Le invidiò gli amplessi immortali la ninfa affannosa, diffamò la
te, e se desio vi prende Di fermar mura sopra basi antiche. Ma fine a gli ozj della lira impose Il canto, e ancor l’ammiro.
e rivo sceglie Limpido e sacro, che soave stilla, Dell’onde onor fra gli educati fiori. Che lusinga l’auretta e chiama il
sse dono ad Apollo, e che quest’ultimo, per aver la parte di Nettuno, gli cedesse Calaurea che è dirimpetto a Trezene. Ho s
erso questo luogo, si trovarono ad un tratto agitati da un vapore che gli occupò, e che inspirati da Apollo cominciarono a
Non ostante Boeo nativa del luogo, e conosciuta per Inni che fece per gli abitanti di Delfo, attribuisce a stranieri venuti
asserisce inoltre che molti fra loro profetizzarono, e che Oleno, fra gli altri, inventò il verso esametro per quest’ uso.
ortò ai giuochi olimpici. Quanto al tempio, che oggi sussiste, furono gli Antizioni che ne ordinarono la costruzione col da
na città,fondata. Egli era figlio della ninfa Cleudora, e, come tutti gli eroi, passava per avere due padri, uno mortale in
ata la sommità del Parnaso coi lupi e le altre hestie feroci, che con gli urli servivano loro di scorta, vi edificarono una
« Secondo i mentovati, Delfo nacque da Apollo e da questa Tia: alcuni gli danno per madre ancora Melene figlia del Cefiso.
ini avidi e scelerati. Infatti, dopo questo bandito dell’isola Eubea, gli Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achi
fu proclamato vincitore in Olimpia. Il terzo anno di questa olimpiade gli Anfizioni fecero delle variazioni, perchè, lascia
flauto, l’altro per quelli che lo sonavano. Allora s’istituì a Delfo gli stessi giuochi, li stessi combattimenti che in Ol
tuo Xanto i crini, L’onor difendi della Daunia musa. Imberbe Ageo. Tu gli animosi spirti Mi desti, e la divina arte dei ver
ncora pel suo combattimento navale contro i Persiani. A dritto dunque gli eressero una statua in Delfo. Nel recinto del tem
i occhi il dono dei Te^eati in memoria del trionfo che riportarono su gli Spartani. Consiste in un Apollo, in una Vittoria
edemoni in rendimento di grazie per la vittoria che riportarono sopra gli Ateniesi. j) Dietro queste statue, nel secondo po
ad Egospotamo l’impresa di Lisandro. Patrocle e Canaco se ne credono gli autori. Gli Argivi, che in questo combattimento e
le statue onde è circondato provengono dalla decima del bottino, che gli Ateniesi conqaistarono dai Persiani nella battagl
do luogo Milziade, come generale dell’armata ateniese, in terzo luogo gli eroi che diedero il nome alle varie tribiì atenie
l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogitone. Offrirono pure ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae
tra, figlia di lui, sola innocente. Accanto ad essa è Linceo, e tutti gli eroi discendenti da Ercole, e da Perseo d’Ercole
Sopra questo portico vi è una rocca ove sedeva Erofile Sibilla quando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una te
e terminerai i tuoi giorni. Riguardati solamente da un enigma. — Però gli abitanti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero n
rovesci. — Il volgo Muto obbedì con mormorio sommesso. Veneran sempre gli oltraggiati numi. Che sol questo alla plebe il re
son madre Di voi superba, e fra le dee minore Solo di Giuno, non avrò gli altari Che i secoli onorar, nè fia chi adori Mia
ella l’imita: eguali a notte Volano entrambi. La faretra stride Sopra gli omeri irati, e le Cadmee Mura minaccia. Innanzi a
tto a petto Con stretto nodo opposto era e congiunto, Allor che uniti gli trafìsse il dardo. Gemono insieme; ed ambo il duo
chiedo, Una di tante: e in mezzo ai prieghi muore La giovinetta. Fra gli estinti figli Piomba l’alfin vedova madre: i mali
ostra la soddisfazione delle divine sue ire; ma contro chi ha vibrato gli strali? non dubitano tutti di rispondere unanimem
e danno idea della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης, chioma
on solo di questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che questa, e gli altri capi d’opera dell’arte antica non sieno che
i opponesse, perchè di una statua così eccellente non abbiano parlato gli antichi, non mi curerei di rispondere, che poche
a idea e renderla visibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti gli altri simulacri del dio, quanto l’Apollo di Omero
Siede nelle sue labbra il disprezzo, e lo sdegno che in sé racchiude gli dilata alquanto le nari, e fino sull’orgogliosa s
la pace, la tranquillità dell’animo rimaner sembrano inalterabili, e gli occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mos
enza, e le sovracciglia, che il voler supremo manifestan con i cenni; gli occhi della regina degli Dei in maniera dignitosa
correggendone i difetti, aggiungendovi nuove bellezze. Così facevano gli antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di F
imo all’odio, ed all’amore Desta il secondo: per la sua vendetta Ambo gli sceglie, e col primiero Apollo Fere, e Dafne con
fne, la mira, e come amante Spera quel che desia; mentono al nume Pur gli oracoli suoi. Qual lieve paglia Arde, e splende p
o; Pensa a chi piaci: abitator del monte E pastore io non sono, e qui gli armenti E il gregge inculto non osservo — ignori.
e paura Celer la ninfa, e la speranza Febo, Che più veloce la seguia: gli dava Ali l’amore; già il fugace tergo Preme, e lo
e regna gioventude eterna Nell’intonso mio capo. — Eran d’Apollo Tali gli accenti: coi novelli rami Il suo lauro acconsente
acconciatura di capelli che i Greci chiamavano κρωβυλος, e che presso gli scrittori non trovasi mai con sufficiente precisi
e quello dei capelli biondi; verità di pratica, riconosciuta da tutti gli artisti. Un passo di Ateneo che contiene due esp
elle quali questo dio è rappresentato. Noi troviamo in Plutarco che gli antichi pittori hanno dato dei capelli biondi a t
re la manifesta contradizione che ha imbarazzato alcuni autori, e fra gli altri Francesco Giunio , che ha scritto sulla pi
nacreonte desiderava che fossero dipinti i capelli del suo favorito: gli voleva neri nell’interno e splendidi di fuori: no
aritate. Una statua in Campidoglio e due altre nella Villa Medici che gli rassomigliano, hanno i capelli annodati nella ste
nto con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli presenta una tazza di ambrosia, immagine tolta da
tatua è giustificata dal pregio in cui si conosce essere stata presso gli antichi dalle medaglie che ci rimangono. È noto,
che ne sembra copiata nel modo e nell’attitudine e sin nel lauro che gli corona le chiome. È credibile che l’adulazione, i
ossiamo dunque inferirne che questa che abbiamo presente fosse presso gli antichi la più bella figura che offrisse Apollo i
affollava nella sua metropoli, può essere stato il motivo che indusse gli antichi scultori a copiarla per fare una statua d
bito di Apollo colla gemma che lo guarnisce sul petto. La clamide che gli sta sospesa agli omeri con due borchie è anche pa
co, per testimonianza degli antichi scrittori. La fascia, o zona, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordin
dei numi. Pulio fu detto, perchè autore ai mortali di salute, e Teseo gli fé’ voti sotto tal cognome, quando per la cara At
iglia. Delo cuna del dio, e sola fra tutte le terre pietosa a Latona, gli die di Delio la volgare denominazione, ed P^pidel
l dio, onde Triopo fu appellato, ed i vincitori nei giuochi che sacri gli erano ne riportavano in premio tripodi di bronzo.
uesto titolo aveva in Atene, le opere di Eufranore, che primeggia fra gli antichi pittori. Pitio lo dissero dalla morte del
dirigesse l’arco dell’imbelle figlio di Priamo, perchè ivi un tempio gli sorgeva. Apollo Grineo è illustre per Orino città
marono Apollo perchè scorta ai passi e all’armonia delle Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato era Apollo nelle sembianze
tra. Dal catalogo di questi cognomi potete ricavare che Apollo presso gli antichi si confondeva col Sole quantunque i Mitol
terra uomini porta E selve o fere e ninfe, e degli aperti Campi tutti gli Dei. Là sopra il cielo Sei segni a destra, ed a s
isce all’alta novità del loco Il giovinetto, ma le scorge il Sole Con gli occhi omniveggenti, e dice: figlio, Che vuoi? qua
se; e dal capo il genitor depose I raggi tutti. Colla mano impone Che gli si accosti, indi l’abbraccia e dice: Degno tu sei
l corso avvampo La ribelle cervice, e l’auree briglie Rimbalzan sopra gli arruffati crini. Deh, figlio mio, non far ch’auto
iù saggio Sii nei tuoi voti: — Avea Febo compiti I suoi consigli: non gli udì Fetonte, E la dimanda incalza: il petto insan
l bel pie: fuggon le stelle Che Lucifero aduna, e lascia il cielo Fra gli astri ultimi. Il padre allor che vide Rosseggiare
consperge Al figlio il volto, e a tollerar la fiamma Capace il rende; gli circonda il crine Coi raggi, e fuori dal commosso
ei corsier, le nubi opposte Stridon divise, già levati a volo Avanzan gli Euri dalla stessa parte Nati. Lieve era il carro,
Giù giù la terra di Olimene il figlio Impallidì, tremar le guance, e gli occhi Per tanto lume ottenebrarsi: in core Tardo
guance, e gli occhi Per tanto lume ottenebrarsi: in core Tardo pentir gli nasce, e te condanna, Fasto infelice del paterno
ce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle, or Cintia ammira I fr
e Più non sostiene. Per l’empireo ancora Non tremi Giove? — Proseguir gli vieta La fiamma, e negli estremi antri si cela. G
io Tacito si rileva. Ecco le parole di lui. « Primi fra tutti vennero gli Efesii commemorando che, non come è credenza volg
ioni soggiace a infiniti cangiamenti. Sappiamo infatti da Erodoto che gli Egiziani dicevano generate da Cerere e da Dionisi
ui sono a core i dardi, la caccia delle lepri, le allegre danze sotto gli alberi, e il celere corso per le montagne, sedea
urcasso ed il grande arco, poiché a me fabbricheranno tosto i Ciclopi gli strali e l’arco pieghevole: ma il portare del lum
figlie in compagnia di Diana. Circondata da queste andò ai Ciclopi, e gli trovò che nell’isola, Lipari or detta, e già Meli
r abbeverare i cavalli del nume. Spaventaronsi le ninfe quando videro gli orridi mostri simili ai gioghi delle montagne Oss
ava che fa indirizzare a Diana da Medoro, famoso per la fedeltà e per gli amori non sperati, frutti della sventura. « O sa
è più minaccia. Giunge alla fronte di vivace cervo Le corna, il collo gli prolunga, acute Rende l’orecchie, ed in sottili g
d in sottili gambe Muta i piedi e le braccia, e il bianco corpo Tutto gli vela di macchiata pelle, E d’ignoto timor gli col
e il bianco corpo Tutto gli vela di macchiata pelle, E d’ignoto timor gli colma il petto. Fugge l’eroe tebano, ed ha stupor
ri compagni accrescon rabbia Coi gridi usati alla feroce torma, E con gli occhi Atteon cercano, a gara: Atteone, Atteon gri
barbuto le fé’ dono di cinque cani capaci di strascinare per la pelle gli stessi leoni, e di altrettante cagnoletto credute
libili saette sopra una città di scelerati, che contro i suoi, contro gli stranieri, molte colpe avea commesse. Ahi miseri
he tu rechi qualche pingue pasto, e ridono senza fine sopra lui tutti gli Dei, e specialmente la stessa suocera Giunone qua
mi al pari delle tue pupille la bella Antidea. « Queste già portavano gli agili archi e il turcasso intorno agli omeri, che
e dei porti; e niuno ti disprezzi: che ad Eneo, il quale ne spregiava gli altari, toccarono in sorte pugne infelici: nè vi
va Figalia. » Non solamente le donne seguaci furono di Diana, ma fra gli uo’mini ancora vi ebbe chi imitavane gli studii.
uaci furono di Diana, ma fra gli uo’mini ancora vi ebbe chi imitavane gli studii. Giova rammentare fra molti Ippolito, emul
palesa l’innocenza del suo seguace, ed ordina che nella patria onori gli sieno fatti. Quindi ho creduto potere aggiungere
orrido mostro. La minaccia dei corni arma la fronte, E gialla squamma gli ricopre il corpo. Serpe feroce ed indomabil toro
eri si rivolta, e cade, E. loro offre muggendo ardente gola, E fiamma gli ricopre, e fumo, e sangue. Gli trasporta il terro
. Arrivo: egli mi chiama, ed alza La destra verso me gelida e nuda, E gli occhi moribondi apre, rinserra, E spira. Fra le m
ni di rena: poi lasciando scorrere leggermente questa sabbia, vennero gli architravi a prendere insensibilmente il loro pos
che visitato avea questo tempio, non fa parola. Assicura Strabene che gli Efesii aveano ancora collocata per gratitudine ne
freccia. Marcantonio raddoppiò questo spazio; ma Tiberio per evitare gli abusi che commettevansi col favore di tali privil
bblico grido Che Eneo, per l’anno che con larga usura Rese ai cultori gli affidati frutti, Biade a Cerer libasse, e vino a
basse, e vino a Bacco, A Pallade l’umor biondo di olivo, Onde a tutti gli Dei giunse l’onore Ambizioso, che agli agresti nu
i ancora: Inulta Io non sarò se inonorata, esclama La diva: manda per gli oenei campi Cignal vendicator d’Epiro erbosa, Mag
lgor che abbatte Ed arde i templi del suo Giove: orrenda Luce vibrano gli occhi, e fiamme e spuma Fulminava la bocca: e com
to furor, s’avventa il crudo Cinghiale: abbatte Pelagone, Eupolmo Che gli amici involare. Ahi non fuggisti Enesimo infelice
e viscere bagna. Verso la belva d’Ission la prole Iva, allorché Teseo gli grida: cara Metà dell’alma mia, ferma; da lungo S
loria, e prendi Questa spoglia mio dritto: e le offre il tergo, E per gli immensi denti il capo insigne. Alla donzella il d
i il capo insigne. Alla donzella il donator col dono Piace: invidiano gli altri, e.per la schiera Un indistinto mormorar s’
dei più famosi, perchè influirono sulla maniera colla quale fu presso gli antichi rappresentata. Luna fu detta, perchè non
dei monti sacre le sono, e sotto questo. titolo ebbe un tempio presso gli Argivi. Ortia scrive Esichio che fosse denominata
Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio presso gli Spartani, ove nei più remoti tempi si sacrificava
rimanente del lavoro, perchè la gemma è alquanto scavata nel sito che gli corrispondeva. Nelle porte laterali si vedono due
iviene. Ah come mal si cela Nel volto accusator la colpa: appena Alza gli occhi dal suolo, e non si unisce Qual pria soleva
ello La inorridisce, e cresce in ugne adunche La man curva, e dei pie gli uffici adempie. Per vasta bocca ecco deforme il v
cciatrice paventò la caccia. D’esser fera obliava, e sopra i monti, E gli orsi impaurita orsa fuggiva. Ovidio , Metamorf
di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii di levatrice, onde sonora nell’armi balzò
a destra t’assidi Del tuo gran padre, e sola De’ celèsti vibrarne osi gli strali, Nè del cangiato vibrator s’accorge La fol
e ancora la dea. Mostrò alle fanciulle, secondo l’Inno omerico, tutti gli uffìcii che la solitudine rendono cara delle dome
cui albero, al dire di Erodoto, non trovavasi anticamente che presso gli Ateniesi. La castità di Minerva è posta in dubbio
ntata sopra una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli di leone, il viso e il busto di fanciulla
i di leone, il viso e il busto di fanciulla: e Pausania c’insegna che gli Ateniesi rappresentavano questo animale sull’arma
a di sesso, in guisa che sembra aver domato lo stesso amoreIndi è che gli occhi di Pallade servono ad ispiegare quel nome c
le pupille, cioè fancilline, e quelli (grec), che suona lo stesso. Ha gli occhi meglio tondeggianti e meno aperti di Giunon
lla città di Veha in Lucania, ove ha un elmo alato, tiene bene aperti gli occhi e lo sguardo, o mira orizzontalmente, o ten
ta rappresentata in gemma han travedute la immagine della Verità. Che gli antichi per altro supponessero la spoglia istessa
sanguinoso lume: L’Egida cui d’intorno erano accolti Tutti di guerra gli abborriti mostri , Spaventevol corona: ivi la Rab
o questo cognome, e Gellio crede con probabilità maggiore che glauchi gli occhi di Pallade si dicessero perchè tremendi di
qui perirono nella comune ruina. Fu dalla peste seguito il delitto; e gli abitanti avvertiti dall’oracolo, al quale nelle s
parta da Licurgo costrutto, cbe diede questo cognome alla dea, perchè gli fu tolto un occhio da Alcandro, giovine feroce, c
ose facendo credere al volgo sempre superstizioso che questa divinità gli si era in sogno manifestata per insegnargli il mo
ennone. Ritornato in sua casa l’eroe ebbe una visione, in cui Pallade gli mostrava la ricevuta offesa: cadde atterrito in t
(grec), diversa dal (grec) o striscia di cuoio, per cui si porta van gli scudi in tempi più vetusti appesi al collo. « La
ce l’offre in tale azione appunto scorrendo, come dice il poeta, per gli ordini delle battaglie, e in questa attitudine di
nciullo: muto muto sta, E le ginocchia gii configge il duolo; Più non gli detta la confusa mente Parole, e sembra effigiato
alla Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa Legge di Giove: chi gli eterni mira. Se non l’elegge Iddio, grave mercede
oluttà degli Dei, degli uomini, delle belve, favoleggiarono i più fra gli antichi che nascesse dal sangue della disonesta f
dove i fiori nascevano sotto i piedi divini. Venere la prima mescolò gli Dei con donne mortali, e Giove per vendicarsi la
si la fé’ soggiacere all’ istessa legge destandole nel seno amore per gli uomini fra i quali il primo (secondo l’Inno Omeri
oci le si facevano incontro mansuetamente dimenando la coda, e la dea gli riempi tutti d’amore, onde accoppiati dormirono n
ide, che in disparte dagli altri suonava la cetra. La figlia di Giove gli si fé’ innanzi simile ad indomita vergine nella g
uccisi la creduta fanciulla, che indietro si volgeva chinando a terra gli occhi verecondi. Qui sciolse il cinto di Venere,
Anchise, ma allor che vide le divine forme di Citerea rivolse altrove gli occhi impauriti, si coperse colla veste il bel vo
ti: illustre figlio ed ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma gli fé’ severo comando di tacere la vera madre del fi
ove e l’ira degli altri numi. Ma non fu Anchise il solo fortunato fra gli uomini pei favori di Venere. Adone aveva fama mag
rincipale dei miei studii. Venere è stata rappresentata ancora presso gli Etruschi con una tortorella, perchè secondo Arist
ora presso gli Etruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane gli amanti amano gli uccelli. Così questa dea si trov
ruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane gli amanti amano gli uccelli. Così questa dea si trova suU’ altare del
tro uno dei due bellissimi candelabri del Palazzo Barberini. La lepre gli era particolarmente consacrata per cognite ragion
Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza.
statua, e la foggia stessa del serpe è rammentata da Polluce, che fra gli ornati muliebri che solean portarsi egualmente ai
piango, Adone: è morto il bello Adone. È morto il bello Adon: piangon gli Amori, Accompagnando il fiero mio lamento. Che pi
l petto, e a tutti di’ eh’ è morto Adone. Io piango Adone, e piangono gli Amori. Giace ne’ monti il bello Adon ferito Da bi
Adone, Ma maggior Vener porta al cor la piaga. Urlan sopra il garzon gli amici cani; Piangon l’Oreadi Ninfe; e Citerèa Sca
i neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi ahi: Citérea piangon gli Amori. Perde il vago consorte, e perde insieme Il
tutti i fior morirò. Spargi il bel corpo con unguenti, spargi; Peran gli unguenti tutti, poich’ Adone Perlo, balsamo tuo p
aro. Corcato è Adon nelle purpuree vesti; Piangonlo, e intorno gemono gli Amori, Tosisi sovra Adon; va a prender l’uno Le f
ali Par che lui in vita richiamar procacci. Gridando Citerea piangon gli Amori. Spense Imeneo alle soglie ogni sua face; L
ol capo coperto, e coi piedi incatenati. Ericina dissero pure la diva gli antichi scrittori da Erice monte della Sicilia, s
idrio servito per l’acqua del bagno; la cura della beltà han cercato gli antichi di esprimere con questi accessorii nelle
ui lidi, ed eran sacri a lei i porti e i promontori:: come consta fra gli altri del Circeo da una iscrizione vetustissima s
ll’armi, questi furono scelti per adombrare la Venere, annoverata fra gli autori del nome Romano. Cesare stesso, che nella
ta castità difese. Dell’inutil tentativo fu figlio Erittonio. Il Sole gli svelò l’adulterio di Venere, che ottenne in mogli
svelò l’adulterio di Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni gli diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una re
a la principale divinità dei Cheronei. Fra le tante opere che i poeti gli attribuiscono, ho scelto l’armi d’Achille descrit
eterno Re della luce, e i candidetti rai Della notturna amica diva, e gli astri Del Cielo splendidissima ghirlanda, L’Iadi
hia; alcuni Giunser del campo in sul confin: qui lieto Il buon padron gli attende, e lor presenta Ricolma tazza, guiderdon
dio della guerra. Tero, che in greco suona lo stesso che la ferocia, gli fu nutrice, e presso barbare nazioni fu educato.
u educato. 16 Coi principii della favolosa infanzia del nume vollero gli antichi significarci che dei meno culti popoli do
in questo, com’è costume dei soldati, di rapina: non ostante, alcuni gli hanno dato per compagna una certa Neriene, nome o
ne, nome oscurissimo nella Mitologia. Molti sono i figli che la colpa gli diede: Enomao, Ascalafo, Testio, Jalmeno, Pilo, P
che producono, si chiamano Terrore e Paura. Gli era sacro la pica fra gli uccelli, il lupo fra i quadrupedi, e la gramigna
igione fantastica desrli antichi animava tutta la natura, spiegandone gli effetti con dei sogni cari all’umana debolezza. A
a. Adoravasi Marte particolarmente dai Traci, ed in Lenno ostie umane gli erano sacrificate. L’urna nità abolì col tempo qu
li trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza gli disse: Furioso ed insensato che sei, non conserve
io della guerra. Appena lo ebbe Marte veduto che la lunga asta contro gli diresse, ma la dea ne fé’ andare il colpo a vuoto
scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e di Minerva, che tanto gli aveva fatto osare. Giove guardandolo con occhi pi
. Giove guardandolo con occhi pieni di collera: Incostante e perfido, gli disse, fra tutti gli Dei che abitano 1’ Olimpo tu
on occhi pieni di collera: Incostante e perfido, gli disse, fra tutti gli Dei che abitano 1’ Olimpo tu mi sei il più odioso
atica; che nulla è di mortale in un Dio. Omero nell’Odissea racconta gli amori del nume con Venere. Tutti gli Dei, come vi
io. Omero nell’Odissea racconta gli amori del nume con Venere. Tutti gli Dei, come vi esposi nella passata Lezione, risero
a dell’imperator dell’acque sciolse quei lacci maravigliosi. Liberati gli amanti, volò Venere in Pafo, e Marte nella Tracia
osservare con tutto il rigore la legge promulgata da suo padre contro gli adulteri, ed essendo stato informato che una dama
irino presso i Latini furono i due principali nomi di Marte. Il primo gli davano quando era tranquillo; il secondo quando n
adducevano in ragione di questo uso di figurarlo, il vano timore che gli abbandonasse. Vedesi con un olivo in mano il Mart
ggia di Marte, alla quale Giove manda Mercurio per movere alla guerra gli abitanti d’Argo nella famosa impresa dei Sette a
o degli Dei. Tutti i frutti della terra perivano, sterminava la peste gli uomini e gli animali, e i numi invano cercavano d
Tutti i frutti della terra perivano, sterminava la peste gli uomini e gli animali, e i numi invano cercavano dove la dea de
re infelice nascesse Pluto, il dio delle ricchezze, che cieco finsero gli antichi, volendo indicare che l’oro toglie la luc
petto, ai crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai
enti. Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, La terra, il mare; e poiché t
ri la robustezza del fanciullo, e loro cadde in pensiero di osservare gli andamenti della nutrice. Scorse il padre fra le t
del basso rilievo di una patera non ancora compreso. Tanto è vero che gli antichi artefici si formavano sui poeti, perciò c
nvenzione dell’una necessitò lo stabilimento dell’altra. Quindi è che gli antichi attribuivano la gloria di tutte due a Cer
butrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e di tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla di epitet
ad Orfeo, ha riuniti. In conseguenza i monumenti danno a Cerere tutti gli attributi relativi alle messi ed alla cultura del
terono contenerla. E facile d’immaginare dopo questa tradizione tutti gli epiteti, dei quali il nome di Cerere è accompagna
ualche volta attaccato, ed ordinariamente eglino hanno l’ali. Apuleio gli riguardò come i servi della dea, che si rappresen
ata in tre figure Ecate appar: con lei Bacco procede Festante: l’edra gli circonda il crine: La tigre il vela, e in un sol
ombre armate Nelle pallide tende accampa. Un’altra Volta avrian rotta gli elementi in guerra L’antica fede del concorde mon
suo furor l’onde e le selve Soffiar desia; ma se le ferree porte Eolo gli oppone, si dilegua il vano Impeto, e tornan riper
ri loro. Quindi comanda che di Maja il figlio Si faccia innanzi, onde gli ardenti detti Riporti a Giove. La potente verga S
re il duol; la bocca Solleva e tuona: al suon del lor tiranno Taccion gli abissi impauriti, e frena Cerbero nelle gole il s
stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer gli amplessi, onde di figli Beata turba ti corona. Io
ll’abisso, e tìan confuse Tenebre e luce. — Sì parlò lo dio. Mercurio gli astri occupa già; l’ascolta Giove, e rivolge nell
col maggiore ed al puro necessario ridotto. comprò con quel poco che gli restava dei bovi, inventò l’aratro, ed ebbe dalla
rmini: Offriamo i nostri oma^^sri innanzi alla Terra che la prima fra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi ch
a sovrana, ed ella alla nascita del suo nipote gliene fece un dono, e gli diede il cognome di Febo. — Apollo fu dunque il q
li diede il cognome di Febo. — Apollo fu dunque il quarto che rispose gli oracoli, i quali erano le sole leggi dei primi gr
principali avvenimenti della storia di Cerere. Ai primi poeti, e fra gli altri Fante, che viveva innanzi Omero, fu argomen
per placida spuma umido il freno, Purpurea cresta le minacele scema A gli occhi, e macchian verdi strisce il tergo, Risplen
rricchirne la serie già ordita, a favellarvi delle forme, colle quali gli antichi artefici effigiarono questa divinità cele
Laocoonte, di trovare nei monumenti delle arti le divinità con tutti gli attributi che loro danno i poeti; e d’altronde Ca
si dall’abitudine e dal carattere della figura medesima, persuaso che gli antichi così conseguenti nelle loro pratiche, com
ossi il tempio freme; Ida risuona d’ululati, e china Gargare al suolo gli atterriti boschi. Poiché Cerere apparve, il lor m
si, e volgea le prone torri Ai baci della dea. Dal ciel mirava Giove gli eventi, e a Citerea rivela Gli arcani della mente
tragga il tuo figlio L’ombre stesse in trionfo: amin le triste Furie: gli Acherontei petti severi Mansuefaccia la saetta et
ura, e ferro sono Le porte. Stanchi Piracmone e Brente L’opra lasciò: gli atrii l’avorio cinge. Bronzo è la cima, ed in col
e lambir l’onde Con roco mormorio l’aride arene. Finge dell’avo ancor gli arcani tetti, L’ombre fatali: sul presago volto S
rno per li neri prati A Oocito ghirlanda, e del tranquillo Lete bevon gli stagni, onde lor spuma D’oblio sicuro l’assopita
te per eccellenza Misteri. Per mostrarci in qual conto fossero presso gli antichi, basterà che tutta la Grecia vi concorrev
eria, Museo in Atene, Melampo in Argo, Trofonio in Beozia obbligarono gli uomini a queste iniziazioni. Ma quale è la cagion
nalmente dagli Erminionensi che Plutone glie l’avea rapita. Irata con gli Dei, lasciò il cielo, e simile fatta a donna mort
e Atene di questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vita furono gli uomini mitigati, e condotti alla civil perfezione
erano proprie dei misteri minori, e che nei maggiori si comprendevano gli arcani fondamenti della dottrina eleusina. Infatt
ravano al sacerdote il secreto. Gli iniziandi descrivevano i riti che gli erano letti innanzi dal gran sacerdote detto Jero
mmessa la religione dei misteri. E dieci sacrificatori dividevano con gli altri ministri le cure. S’iniziavano in questi mi
vano in questi misteri i figliuoli degli Ateniesi ancor fanciulli, nè gli Ateniesi solo, ma i Greci tutti. Demonace e Socra
tanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra Filippo e gli Ateniesi, che dell’antica fortuna non conservano
ie entrarono nel tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dimande gli scoperse per profani, e condotti ai prefetti del
ietato iniziare i forestieri, e specialmente i Barbari. Erano esclusi gli omicidi ancora involontarii, i magi, i prestigiat
osofo dei poeti, dice in una sua Ode: Io vieterò che chi ha divulgato gli arcani Eleusini abiti sotto le stesse travi, e sc
ria, ma dolor presto alla madre. Pari per forme e per onor, potea Con gli strali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo portass
gi, ma timpanate, come spesso si veggono nei monumenti antichi, e fra gli altri in una pompa Bacchica espressa in un basso
picchiar degli scudi. Sacra la porta, sacra la via che frequentavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una
ori sicuri. Era vietato alle donne di andare ad Eleusi colle bighe, e gli asini avean l’onore di portare tutto quello che e
era necessario pei misteri. Questi erano in tanta venerazione presso gli antichi, che sacro era per essi il giuramento. Ta
rarono fino agl’imperatori cristiani, e che Valentiniano, che proibir gli voleva, fu costretto di concederne alle preghiere
scettro immenso Percote il nume con muggito orrendo. Di Sicilia sonar gli antri: si scosse La Liparea fucina, e lasciò l’op
iolse, E voragine immensa apriva in Cielo, Appar subita tema, e mutan gli astri L’antica strada: nel vietato flutto L’Orsa
ccende; Ei qual lione che giovenca afferra Decoro dell’armento, e con gli artigli Sbrana il petto, poiché nel tergo immenso
: abbiam o Altre stelle, altro sol, luce più pura Saravvi, e stupirai gli Elisi campi Ed i beati abitatori, e prole, Aurea
, ch’Etna tua mai non produsse. Albero ricco nell’opaco bosco Sorge e gli curva i risplendenti rami Verde metallo; a te fia
eti corridori esorta, E più mite all’averne entra. D’intorno L’anime gli si fanno: Austro non scote Cotante foglie dalle f
endi:. Dalla plebe eletti Ministri sciolgon dei destrieri il freno, E gli guidan fumanti ai noti prati. Parte tiene la regg
te. Lezione trentesimasettima. Vesta. Non rimane che Vesta tra gli Dei maggiori, la quale debba essere argomento del
resentato al Sole. Ciò forse potrebbe provare che fin d’ allora erano gli specchi concavi in uso. Pesto però pretende, che
on era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel giorno stesso gli uomini non potevano entrare nell’interno. Vesta a
po avere indagata nelle favole la religione degli antichi, vi narrerò gli usi e i magnanimi fatti di quel popolo signore de
inorridita Mutarsi in nero ammanto i panni allegri, E nei lari fiorir gli orni infecondi. Sorgea di tutto il bosco a lei pi
i, Veneranda, abbandono; or me richiama Di tanto pegno la custodia, e gli anni Esposti ad ogni frode. Io non mi affido Assa
imore. — A lei rispose Cibele: I detti tuoi disperda il vento: Non sì gli ozii del ciel Giove avviliro Che alla difesa di c
ne, e con il crin si strappa Le spighe, ed erra per le vote sedi, Per gli atrii desolati, e riconosce La tela, suo lungo de
l sen si stringe Come la figlia: del pudico letto I vestigi ricerca e gli percorre Con lacrime a con baci: i voti campi Int
ea? dove la figlia, Dove la figlia mia? Questa è la vostra Fede? così gli altrui pegni serbate? — La nutrice tremò, mestizi
essa stava il Tartaro tenebroso. V’era ancora l’Amore bellissimo fra gli Dei, che scioglie le cure, e doma nel cuore degl’
adre degli Dei e consorte del Cielo stellato. Erodoto dice che presso gli Sciti, dai quali era sommamente onorata, reputa »
ielo. Che che ne sia, fu annoverata, come Eschilo lasciò scritto, fra gli Dei terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi co
so scrittore nel Prometeo attesta. Pausania narra che diede la prima gli oracoli, e che avendo ceduta la sede e il privile
l privilegio a Temide, quest’ultima ne fé’ dono ad Apollo. Immolavano gli antichi a questa dea un’agnella nera, come rileva
altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirle gli stessi sacrifizii che agli Dei mfernali, chiamati
pagane nazioni hanno venerata con sommo culto la Terra. Gli Egiziani, gli Sciti, i Liei, i Frigi, i Romani, la posero col C
oscenza, la gioia. Tale è questa composizione, ed io non so il perchè gli antiquarii siano stati discordi sul disegno e sul
oltre l’additare come sia figurata la Terra, dimostra quanta utilità gli artefici possono trarre dalle combinazioni dei po
erra; ed il primo di essi, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che gli pende dagli omeri: gli altri poi sono nudi, ed in
si, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che gli pende dagli omeri: gli altri poi sono nudi, ed in tal guisa appunto sono
io mi servirò indistintamente dell’uno e dell’altro nome. Esiodo non gli attribuisce genitori, ma lo fa succedere al Caos
dde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci, nel sen gli soffia, e versa I suoi digiuni nelle vuote vene:
Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronato di rose. Col tempo gli furono afirsriunti non solamente nomi, ma insesrn
irsriunti non solamente nomi, ma insesrne per significarne la forza e gli effetti. Oltre l’arco e la face, consueto ornamen
ogliati tutti i numi delle loro armi. Esrli tolse il fulmine a Giove, gli strali ad Apollo, la clava ad Alcide, l’elmo a Ma
l tirso a Bacco, il tridente a Nettuno. Fanciullo fu detto e Cieco, e gli diedero per compagne l’Ebrietà, le Angoscie, le I
randi poeti antichi, spiegò con molta accortezza ed artifizio poetico gli attributi d’Amore: « Chiunque fu che primo dipin
ullo non lo giudichi maraviglioso artista: « Egli primo conobbe viver gli amanti senza sentimento, e che per lievi cure gra
sentimento, e che per lievi cure gran beni periscono: « E non invano gli diede Tali veloci, ed errar fece lo dio negli uma
pido, nella quale vi era il premio non solo pei musici, ma ancora per gli atleti. L’Amore in Elide vedevasi sullo stesso pi
era chiamato (grec) o chiavigero. Si rappresentava ancora l’Amore con gli attributi di tutte le grandi divi^nità per denota
ttile, come il ramarro, credevasi simbolo del predire l’avvenire, che gli antichi e i moderni hanno creduto essere propriet
che mi sono prefìsso, dirovvi ciò che intorno a questa dea pensavano gli antichi. Regina del Caos era innanzi che Iddio to
e. Euripide disse: Coperta di nere vesti sale sul cocchio la Notte, e gli astri la seguono immantinente, — Le davano la big
. — Questa immagine però del carro sembra posteriore ad Omero, poiché gli scrittori innanzi figuravano alata la Notte. Virg
aveva in antico le ali, riportate forse di bronzo, rimanendovi sopra gli omeri i vani per inserirvele. « In due repliche a
fu dissotterrata nell’Orto Muti alle falde del Viminale, nel sito ove gli espositori della topografia marmorea di Roma anti
armi avrai; Nè la candida tua Psiche, e le belle Forme, e la notte, e gli amorosi guai Inonorati andranno. Or ella è teco,
ri Te consigliando alla giurata guerra. Ma la vendetta invano Volgean gli occhi di Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme c
mata. Primi soffrirò ai desiosi sguardi Sovra l’estrema sponda. Amor, gli aurei tuoi dardi: Psiche li tocca appena, e n’è f
raccolse, E varcò la palude. Latra Cerbero invano. Le gole il cibo e gli occhi il sonno chiude. Elia passa, e il soggiorno
ione e le mie ricerche. Non è disputata la sua origine, ma alcuni fra gli antichi estendono la sua parentela, dandogli per
chè con prestezza tutto l’universo percorre, e chiude all’ improvviso gli occhi dei mortali. Solamente il suo volo manca qu
sue penne può disprezzare la servitù, il dolore, la miseria, e tutti gli altri mali che sono sulla terra perpetua eredità
e quiete dell’universo, e re degli uomini e degli Dei. In Omero tutti gli Dei cedono al Sonno: solo veglia Giove; con che q
vestiti con pompa reale. Se qualche uomo entra in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario aspetto: gli ann
in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario aspetto: gli annunziano beni, mali, e rare volte dicono il ver
o simulacro che ce ne resti. (Notate che ancora non si erano scoperti gli altri due, di cui parla Visconti nel terzo tomo.
va barbato, e perchè non ha col Pegaso relazione veruna, e perchè non gli può competere quell’acconciatura di capo, che pur
rfalla. È stata dagli antiquari attribuita a Platone, non ostante che gli smentissero i ricci della lunga chioma, poco a un
tra statua medesima, e finalmente per le ali di farfalla che adornano gli omeri di quel Nume in vari bassirilievi, e segnat
poso, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di morbido letto. « I letei papaveri, parte
salubrità di quella ristorante interruzione dei sensi, poiché presso gli antichi naturalisti opinione era invalsa che più
adro, le cui ali adornano qualche volta del Sonno istesso le tempie e gli omeri: o che l’accostarsi del Sonno quasi insensi
one. Scolpito in compagnia del Sonno potrà significare i presagi, che gli uomini di ogni secolo e di ogni nazione si sono l
Lessing è sembrata impropria, ed è attribuita da lui, che non vedeva gli originali, all’ inesattezza dei disegnatori che h
e e d’infinite erbe famiglia: Notte dal loro umore i sonni accoglie E gli diffonde per l’opaca terra. Manca la porta, onde
n letto, e nero velo Lo copre. Qui giace lo dio: le membra Il languor gli discioglie: i vani sogni Imitatori di diverse for
endeva la sacrata reggia Per la fulgida vesta., Alfine il nume Inalza gli occhi che il sopore aggrava: Cade, ricade, col me
nel libro terzo dà per genitori allo dio quelli che il poeta di Ascra gli assegna per fratelli. Celo sposò col tempo la Ter
re, il quale essendo reputato un dio per quella vile venerazione che gli uomini ebbero sempre pel potere, fu col tempo, pe
glio del Cielo e della Terra. Non altra cosa del Cielo favoleggiarono gli antichi. L’ Oceano, il primogenito dei figli dell
i della Terra e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in questa opini
lo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in questa opinione influì l’essere sta
vocata espressamente nei lor poemi, il che non mi sovviene aver fatto gli antichi. A lei parla Dante allorché dice: «Mente
religione, e tutto quello che serve a mantener l’ordine e la pace fra gli uomini. Regnò nella Tessaglia, e si applicò con t
volea custodire la sua verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo, e gli diede tre figliuole la Equità, la Legge e la Pace
sto e ragionevole: presiedeva ai patti e convenzioni che si fanno fra gli uomini, e voleva che fossero osservati. Teraistia
erra, ed il consenso dei più fra i Mitologi la fa madre dei primi fra gli Dei, come Giove, Giunone, Nettuno, Plutone ed alt
erisimile che la statua di tanto scultore servisse di modello a tutti gli altri simulacri esposti alla pubblica ad orazione
econda, che è ancora piu piccola, portando fra le mani uno schifo. Ma gli attributi piiì costanti di Cibele sono la torre c
io del fuggitivo. Il pedo, cioè un bastone ricurvo come un pastorale, gli giace accanto. La siringa, ed unita ad essa due t
. Ovidio narra che Ati scelto dalla dea per custode dei suoi santuari gli promise castità eterna. Innamoratosi della ninfa
e quel ch’era a sinistra Delle greggio nimico e degli armenti Contra gli aizza, e in questa guisa parla: Su, gli dice, su,
nimico e degli armenti Contra gli aizza, e in questa guisa parla: Su, gli dice, su, fera belva, Vanne, e quinci ritrarsi al
di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella di Esiodo
portando, ordì pei consigli materni insidie contro Celo, lo incatenò, gli fece quell’oltraggio ch’egli poi sofierse da Giov
itosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Italia, che gli fu ospite cortese. Lo dio in ricompensa gì’ inseg
u tanta la gratitudine del re per questa inestimabile cognizione, che gli cede la metà del suo regno. La grata posterità, d
e; L’ingordigia, l’avere, e le mischianze Dell’altre genti. L’assalir gli Ausonii, L’inondaro i Sicanii, onde più volte Que
ente renunziò, come vecchio, il regno a Giove. A Saturno attribuivano gli antichi l’invenzione della falce, o sia perchè in
però non furono soli colpevoli di questa odiosa superstizione: anche gli antichi Galli, e molti popoli dell’Italia prima d
e feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel quali tutti gli uomini erano eguali; perciò i padroni servivano a
sacrificando agli Dei celesti. Secondo esso, dunque, Saturno era tra gli infernali. Questo dio si rappresenta comunemente
evarrò nella presente Lezione. Egli riflette in primo luogo che tutti gli autori non annettevano a questo nome Fistessa ide
dei primi tentativi dell’architettura nascente. Il signor Desmaiseaux gli vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo via
e. Egli ne parlava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i frammenti di altre pietre
lava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i frammenti di altre pietre vi sono mescol
esta alcun vestigio. Questa circostanza fisica determinò senza dubbio gli antichi a consacrare questa isola al dio del fuoc
re e da Europa di Tizio figliuola. Omero nel primo libro dell’Odissea gli da per madre Toosa. Lo stesso autore, nel nono li
rro nelle valli del monte Ida, e formati da Vulcano eglino istruirono gli uomini a lavorare questo metallo col fuoco. I nom
amor pasceva Polifemo, e miglior vita traea Che se dato invidioso oro gli avesse. Teocrito , Idillii. Lezione quarant
l numero indicato il loro nome, che in greco significa diti. Ferecide gli accresceva fino a cinquantadue. Si dividevano in
questo altare e ridurlo insensibilmente in polvere, si riparava tutti gli anni nell’equinozio di primavera, che cadeva dell
si. Omero indica con questo nome un popolo presso Calidone, che sono gli Etoli situati all’ oriente del fiume Acheloo. La
do ogni discussione per voi noiosa, vi dirò che i Cabiri erano presso gli antichi considerati come i sacerdoti di alcune di
mentovato Pausania nel suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli Ateniesi una statua di questo dio fanciullo con l
tto lo manifesta pel re dell’ombre, e più lo distingue il Cerbero che gli posa ai piedi, portinaio dell’Orco. Non fo motto
esistenti, quantunque assai varie fossero le immagini sotto le quali gli antichi poeti e mitologi sei figurarono. Gli angu
o le quali gli antichi poeti e mitologi sei figurarono. Gli angui che gli avvincono il triplice collo non sono omessi nelle
alla teologia pagana che il dio dei morti si chiamava Serapide presse gli Egizii, e dalla Storia apprendiamo eh’ ebbe un te
rarsi insensibile alla letizia dell’ anno, fecero tener l’elee presso gli antichi per arbore tristo e lugubre. Il raro bass
egli sarà possibile col giorno, che si usa di spargere per illuminare gli oggetti dei quali l’Inferno è ripieno. La figura
Questo esempio dato dagli antichi ne insegna ad evitare nelle pitture gli spettacoli dispiacenti, ed a rammentarli allo spi
eo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la sua: Piritoo fìssa gli occhi su queste due spade, e sembra afflitto ch’e
ltà, egli ha un anello in uno dei diti della mano sinistra. lasco che gli è accanto, e che dalla sua barba sembra più avanz
ocide: essendosene impadronito legò forte amicizia con lasco, che fra gli altri regali gli diede un anello. Foco essendo ri
e impadronito legò forte amicizia con lasco, che fra gli altri regali gli diede un anello. Foco essendo ritornato ad Egina
nciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio di Arìsteo. La sua madre gli accanto; eglino tengono un cerbiatto, e sono sedu
la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei rami di salcio: gli alberi accanto ai quali siede, sembrano pioppi ne
assiso sopra una sedia; egli ha la barba e i capelli bianchi, e tien gli occhi fìssi sopra Orfeo. Tamiri è seduto accanto
mbianze di un giovine che impara a suonare la tibia. Se voi rivolgete gli occhi alla sommità della tavola, voi scorgete, su
io dell’arte deve allontanare il pittore: ma conviene rammentarsi che gli antichi reputavano questo genere di morte la magg
ntichi reputavano questo genere di morte la maggior disgrazia, perchè gli privava della sepoltura. I più grandi artisti son
gruppo rappresenti quelli che disprezzano i imsteri di Cerere, perchè gli antichi Greci ponevano questi misteri tanto al di
o questi misteri tanto al disopra delle pratiche di Religione, quanto gli dei sono maggiori degli eroi. Un poco più basso v
dir la ripa La giovinetta, e ne periva. Il grido Del coro eguale empì gli ultimi monti: La rocca Rodopea ti pianse, e l’alt
de augelli il bosco Quando la sera, o la montana pioggia Nell’inverno gli caccia. Uomini e donne E magnanimi Eroi che morte
e figli ai genitori in faccia Posti sul rogo: di Oocito il nero Fango gli lega e le deformi canne, Coll’onde pigre l’inamab
ra l’ombre brancolante invano, E che molto volea dir, più non vide. E gli vietava traghettar Caronte L’opposto stagno: e co
di Mitologia, che spesse volte ingannano più di quello che illuminino gli artisti, onde vi esorto a sentire maggiormente l’
ario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accordo con gli antichi monumenti, che il vero Plutone rappresent
re Saturno, quantunque il velo, come distintivo, niun antico scultore gli assegni. Assai di Plutone. Nessun reo è assoluto
ibunale interno della Coscienza: onde col ferro, o coli’ oro poterono gli empii comprare il silenzio delle leggi e non quel
er lo stesso motivo, giacché loro si attribuiva il furore che agitava gli scellerati. Eumenidi furono chiamate da Oreste, p
sentante Oreste in Delfo, sono fornite di grandi ali alle spalle, che gli Etruschi, e senza dubbio ancora i primi Greci, da
to. Gli antichi di nere vesti credevano che fossero ammantate, poiché gli uomini hanno dato sempre il colore della notte a
reparati a quest’uso, dei quali dovea cingere di pelle d’agnello nero gli orli ed i manichi. Quindi volgendosi all’Oriente,
ella Notte, qualora per Parche in quel caso non abbia voluto accennar gli umani destini. Altri ascrivono la loro origine al
oro origine alla necessità, o all’informe materia che generò Pane con gli altri Dei. Licofrone finalmente ne fa genitore il
nto nel quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi filava tutti gli avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più
posarle ad altrettanti figli di Egitto suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva predetto che un suo genero lo avrebbe uccis
e sanguinoso effetto Quasi presaghi, a gran fatica al Cielo Mandavan gli empi ed odiosi fumi, E la turba gentil con liete
or de’ gl’impiagati petti Versavan l’alme, e l’innocente sangue; Anzi gli udiva: onde il vital calore Tutto s’ascose, e imp
altri suoi malnati amanti. Io son pur, lassa me: vergine e donna Per gli anni umile, per natura pia, Nè son conformi al di
in dote I regni del lor zio? Or non si deve Dargli ad altrui? or non gli avranno un giorno Generi strani e peregrini amant
in minacciosa e fera Vista s’entrò nei funerali alberghi Per numerar gli esanimati corpi Dei miseri fratei generi suoi. Ch
lia; solamente aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti di quell’Isola, che usavano di giurar se
pina. Ora cani, ora nere ed infeconde vittime immolavano a questa dea gli antichi, e Virgilio narra che Enea le sacrificò u
sozzo, A cui lunga dal mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha gli occhi accesi Come di bragia. Ha con un groppo al
Ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto, e con un palo Che gli fa remo, e con la vela, regge L’affumicato legno,
te. E con ragione ai Numi infernali questa idea d’eguaglianza diedero gli antichi, perchè tutti noi nudi scendiamo nel sepo
crederlo necessario fino nell’Inferno. Gli Ermioniensi solo fra tutti gli uomini si credevano esenti dal tributo per esser
che avrebbe a Nettuno sacrificato un toro qualora un propizio augurio gli fosse comparso. Nell’ istante comparve un toro da
o. Nell’ istante comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla su
igliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di C
e forestiero, chi nativo di Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vuole discepolo di Giove,
eguendo Dedalo autore del laberinto venisse in Sicilia da Cocalo, che gli fu ospite liberale. Ma le di lui figlie ingannate
città consegnate da Scilla a Minosse. Nell’Inferno egli era, secondo gli antichi, il presidente della Corte infernale, e a
ita; indaga tutti i loro delitti. Radamanto, cui la Mitologia assegna gli stessi genitori, fu anch’esso per la sua prudenza
uomo il più temperante: certamente giustissimi furono sempre riputati gli antichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr i
quelr isola famosa servirono di norma al divino Licurgo. Nell’Inferno gli attributi del fratello di Minos così da Virgilio
, suo figlio regnando, accade che dalla peste consunti perirono tutti gli abitanti. Eaco solo avanzò a tanta strage, ed odi
Flegetonte sappiamo solo che vi sgorgavano torrenti di fiamme, e che gli erano corona le carceri dei condannati da Radaman
eri dei condannati da Radamanto. Dirò adesso di Nemesi, che vendicava gli oppressi in vita, dai superbi. Così se ne parla i
tali toglie da Nemesi e dal Tartaro. — Da questi versi non dissentono gli artisti che Nemesi hanno rappresentata. Infatti q
eso per una fionda, quantunque del freno, e non della fionda, parlino gli antichi. Ella ha la ruota come dea della fortuna
i così ben si distinguono, che vi si ravvisano tutti quei simboli che gli antichi attribuiscono a questa nemica dei superbi
argomentò Spanhemio, che a questo gesto si riferisse ciò che dissero gli antichi del cubito di Nemesi, dalla maggior parte
rassino, simbolo di cui danno esempio i monumenti, e che ci accennano gli scrittori. Un’altra simile fu parimente trovata n
a stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea nel lavoro, che spesso gli scrittori l’anno attribuito al maestro: o ebbe eg
o condiscepolo. « Il favore e la passione di Fidia per questo secondo gli procurarono il soccorso della mano maestra. Non a
la di preziosi unguenti tutta propria di Venere, su cui sono scolpiti gli Etiopi, non per la loro giustizia, come vanno ide
a fiala non è un vaso per unguenti, come pretende il Visconti, ma che gli antichi se ne servivano per bere e per giuramenti
Dannose insegna, e mentre l’ali ei move Guata quelle del figlio. Ambi gli vide Stupido il pescator ch’insidia l’onde; Con l
già s’è liquefatta; i nudi Bracci scote, nè piii l’aere aduna Perchè gli manca il remeggiar dell’ale. Già la bocca, che gr
sto a lei: Ella provvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue:
se a Dio solo, ma perchè nell’antica Teologia le Parche ne adempivano gli ufficii. Quindi quell’inno sopra Cerere, in cui P
ciachè lo stesso imperatore, dandogli il significato della Gentilità, gli fece sacrifizii. Da questo fatto di Costantino fo
urarono un pezzo a effigiarla nelle medaglie, perchè, secondo credono gli eruditi, questa Fortuna si assomigliava principal
timone indica le ricchezze che dà il commercio marittimo. E noto che gli antichi staccavano il timone dai loro navigli, e
consentaneo all’ esattezza delle nozioni che in questo particolare se gli vuole ascrivere. Sembra anzi che il suo fato abbi
gga ad un simile significato. Questa voce non ci dà altra idea presso gli scrittori, se non di qualche cosa di concavo, qui
ndi fu tratta a denotare il cielo, che solido e concavo si figuravano gli antichi, il cranio dell’uomo, e fino l’orologio s
valore della voce (grec) è ragionevole, perchè non se ne sono serviti gli antichi per denotare il calato della Diana Efesin
torri dalle quali si vede coronata la Fortuna in più monumenti, e che gli ottenero forse da Pindaro il magnifico titolo di(
ralmente la Vittoria è rappresentata coll’ali; ma Pausania scrive che gli Ateniesi effigiare la fecero senza esse, acciò no
lo con tanta resistenza e indegnazione del Senato, quanto la Storia e gli scritti di Simmaco ci rammentano. « Rari ciò non
di battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i templi, i portici, gli archi, i palagi si decoravano. E tanto proprio de
corse, Qual fero turbo, i lidi; E corse meco vincitor sin dove Stende gli sguardi il sole: Allor dinanzi a lui tacque la te
sole: Allor dinanzi a lui tacque la terra, E fé l’alto monarca Fede a gli uomini allor d’esser celeste, E con eccelse ed am
, E le palme sabine: Io senato di regi Su i sette colli apersi: Me ne gli alti perigli Ebbero scorta e duce I romani consig
n momento. — Una felice donna ed immortale, Che da la mente è nata de gli Dei, (Allor risposi a lei) Il sommo impero del mi
pero del mio cuor si tiene, E questa i miei pensieri alto sostiene, E gli avvolge per entro il suo gran lume. Che tutti i t
le Muse fatta dalla regina Cristina perì nel mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichità di rivederne una più compl
ntro i pugillari, o le tavolette incerate, ove collo stilo scrivevano gli antichi. « E troppo chiaro che convengono assai b
Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plutarco, che le attribuiscono gli elogi e la poesia eroica, lo derivano da (grec) c
a che significa: A Giunone Istoria, Telefo e Prisco dedicarono. « Che gli antichi chiamassero Giunoni i Geni femminili è ab
i antichi chiamassero Giunoni i Geni femminili è abbastanza certo fra gli antiquarii. Anzi ne’ monumenti se ne incontra qua
ono i più cogniti, perchè ne restino sempre più confermati e costanti gli uffìcii, gli attributi e le rappresentazioni.
niti, perchè ne restino sempre più confermati e costanti gli uffìcii, gli attributi e le rappresentazioni. Euterpe.
o delle muse teatrali della Tragedia e della Lira. Il genio che ebber gli antichi per simili istrumenti si comprende dall’
il solito distintivo delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli altri espositori di quel monumento, Talia.
raccio strette con borchie, fra le quali le due prime, che restano su gli omeri, sono più grandi. Ha una sopraveste bizzarr
e Anfìarao si avvicina con meste sembianze prevedendo la sciagura che gli sovrasta. Gli altri duci temono anch’essi, ed ina
l ginocchio, altri a mezzo, ad altri si veggono le teste, o i petti o gli elmi, e dopo questi niente si scorge che la punte
nte dell’aste. Ma tutto questo è prospettiva: perchè bisogna ingannar gli occhi per certi serpeggiamenti, che s’allontanano
è 1’ anime sono innamorate dei bei corpi ove stanno, e con dispiacere gli abbandonano. Il sangue che scorre a poco a poco f
he poi si accompagnavano indispensabilmente colla lira, hanno indotti gli antichi artefici, consentaneamente agli scrittori
o dei monumenti è una prova della stima in cui si avevano anticamente gli originali di queste figure delle Muse, che eran f
chiamata Calliope. È da notarsi quanto questo epigramma abbia confuso gli antiquarii nel riconoscere nelle figure di Tersic
orose, la danza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco gli ufficii di Erato secondo la maggior parte degli a
ensì ad Erato amante o filosofessa; giacché la Filosofia era, secondo gli antichi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni
. Anfiarao. — Le bighe (che ancora le quadrighe non solevano guidare gli eroi, eccettuato Ettore audacissimo fra loro) tra
si dice che la terra per lui sprofondasse, onde nell’Attica rendesse gli oracoli, e dasse vera risposta sapiente fra gente
i restituire V impero, nessuno ritornò fuori che Adrasto ed Anfìarao; gli altri ha la città di Cadmo: perirono per l’aste,
d esso bagnati di sudore-, si è sparsa intorno una lieve polvere, che gli mostra meno belli, ma più veri. Anfìarao, armato
pirano sulla mensa, questo nappo rovesciato dal calcio di un uomo che gli palpita accanto, questa fanciulla profetessa vest
condando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli alberi più grandi si taglierebbero. Se noi riguar
sia pallido, poiché, spirando fra il vino, il colore non così presto gli abbandona. Ma il punto principale di tutto questo
a tra fanciulli e donnicciole come un bove nel presepio. Ecco ciò che gli è accaduto dopo tanta gloria e tante fatiche nel
rle sulla testa di lui. Finalmente la scure è alzata: ella vi rivolge gli occhi paurosi, ed esclama un non so che di compas
he di compassionevole, affinchè Agamennone, udendola in quel poco che gli rimane di vita, ne sia commosso: egli racconterà
e, più particolarmente appropriato alla nostra Musa, come ne fan fede gli antichi che l’hanno espressamente chiamata la Mus
nata di rose, corona che attribuiscono alle Muse i greci poeti, e fra gli altri Teocrito. La sua testa, e pei lineamenti e
e, per non dubitare della reputazione che godeva questa figura presso gli antichi, basta riflettere che una similissima, ma
o degl’Iddii. « Della cetra poi parlano espressamente i Classici: fra gli altri Omero mette in bocca di Ettore questo rimpr
chè sul globo sono tracciati dei circoli che rappresentano quelli che gli astronomi hanno segnati in cielo, quali appunto s
— Andromeda. — Questo non è il Mar Rosso, nè questi gl’Indiani: ma gli Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimen
an mostro del mare Atlantico, che si gettava sulla terra per divorare gli uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo
mare Atlantico, che si gettava sulla terra per divorare gli uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo caso di ques
sersi molto adoprato, perché Perseo innanzi d’ intraprendere la pugna gli avea indirizzate le sue preghiere perchè egli vol
a in pietre il popolo che viene a visitarlo: ecco già dei pastori che gli presentano latte e vino eh’ egli riceve, e di cui
la Calliope scolpita nelle fiancate del sarcofago Matteiano, come ve gli ha ravvisati il chiarissimo signor Abate Amaduzzi
di quel monumento, e con scelta erudizione, tratta da vetuste lapidi, gli ha recentemente illustrati: li ha nel superbo bas
gia, riportato da noi nella Clio, che abbiamo già notato aver confusi gli antiquarii, e che dissente dalle più ricevute opi
giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’oro di cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu annunzi
uel mezzo talento d’oro di cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impe
no nei giuochi. Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impedito di uccidersi sul corpo del diletto am
iangere Antiloco; con essi il re d’ Itaca, il figlio di Tideo e tutti gli altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a con
ierezza, e quello di Locri alla sua agile velocità. I soldati poi che gli sono tutti intorno piangono il giovinetto appoggi
o maggior diritto di succedere alle Muse che le Grazie, ch’ebbero fra gli antichi comune il tempio con loro, e che dispensa
Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel numero e non ne
la più giovine di tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tutti gli scrittori nel farle compagne indivisibili di Vene
n antico rappresentate vestite; e tali solevano, secondo esso, presso gli Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli, era
liberali dei loro doni basta la sola natura per piacere. Certo è che gli antichi moralizzavano su queste divinità, come fr
e. Mille belle allegorie possono da queste divinità rilevarsi. Avendo gli Ateniesi prestato soccorso agli abitanti del Cher
nda. Pensano altri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli ch
ano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevono e gli rendono
di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevono e gli rendono. Ma in qualunque maniera s
gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevono e gli rendono. Ma in qualunque maniera si giudichi di q
forma delle tre Grazie, tre donzelle coi loro nomi scritti, e pensano gli antiquari: che le teste pure delle tre Grazie del
gli che s’inalzano sul mare Egeo) vomitava arroganti bestemmie contro gli stessi numi. Però Nettuno terribile ed irritato s
o terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e di procelle gli irti capelli. Già soleva combattere in compagnia
di Aiace contro 1 Troiani (perchè savio e modesto risparmiava allora gli Dei, e lo incorraggiva allora col suo scettro) ma
il resto delle Gire, finché vi sia mare, starà immobile contro tutti gli urti dello Dio. — Mennone. — I soldati che voi
e una città ben cinta di mura, io non so perchè non sarebbero questi gli Etiopi e quella Troia. Certamente colui che si pi
hé spenti dalla morte I Mirate la lanugine della sua barba che appena gli fa ombra al volto; ben ciò conviene all’età in cu
er le quali tanto celebrato divenne. Credesi che il primo a risentire gli effetti della sua scienza salutare fosse un certo
n’ebbe Podalirio rinomato per la medicina, e Macaone, che militò con gli altri Greci a Troia. Igia, dea della Salute, che
do ritornato in vita per la perizia di lui, Giove si sdegnò tanto che gli uomini potessero trionfare della morte, che uccis
la Salute per figliuola ad Esculapio, per la connessione del nome con gli effetti e cause della medicina, così tutto il par
l parentado e discendenti por tano nel nome la stessa allegoria: onde gli diedero per nutrice Trigone, forse per essere il
, e così si scorge nel medeglione pubblicato dal Buonarroti. Pare che gli antichi abbiano voluto esprimere in lui un dio tu
rchè in questa si ringiovanisce, e nel tempo stesso siamo più deboli, gli antichi hanno dato a questo nume l’abito mentovat
cina e d’ Igia sua figlia dea della Salute parlano tanto i mitologi e gli antiquarii che non occorre qui ricopiarli, nè agg
Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacri di Esculapio, secondo gli Argivi, rappresenta in candido marmo il nume assi
me di Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi non facciano menzione gli antichi, e non ne abbiano rinvenuto alcuno i mode
l vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile di persuaderlo con gli oggetti presenti. Che ciò vi basti. Contemplate a
o di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso alle sue mani, chi gli prende le gambe, chi gli salta al collo. Ercole n
chi grida, chi è sospeso alle sue mani, chi gli prende le gambe, chi gli salta al collo. Ercole non conosce nulla: spinge
le non conosce nulla: spinge ferocemente chi cerca di avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, e
cemente chi cerca di avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati orribilmen
cinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati orribilmente negli oggetti dai qual
hi fìssati orribilmente negli oggetti dai quali è ingannato. Il collo gli si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, i
ti dai quali è ingannato. Il collo gli si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, il furore regna nel suo volto. Voi a
te. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere quale idea gli antichi artefici, guidati sempre dagli scrittori,
to com’era, ne fu ricercato il gesso per molte Collezioni, ed uno fra gli altri formò la delizia del cavalier Mengs negli u
inili è la seconda. « Non occorre qui ricopiare dai mitologi nè tutti gli epiteti, nè tutte le lodi della chioma di Bacco,
come differenti virtù i fisici al vino: così ancora diverse immagini gli artefici ne ritrassero, or figurandolo armato e v
. Da ciò dee ripetersi tanta varietà di rappresentarlo, tanto più che gli statuarii han voluto esprimere in un sol simulacr
a eguale E non per lode di pudore e d’arte A te, gran prole Doriclea: gli piace Sol per le pinte mani, e l’arso mento. Ma c
al foco Della patria mirar fulmini e strage, Strage dei Numi? poiché gli altri danni Soffriam di guerra: Me schiava destin
e, e rivolse Gli occhi di foco in giro, e sulla terra Lanciò dal seno gli strappati figli. II cor materno e l’infiammate me
rar la dea nemica Fa le perfide donne: odono voce Della nota maggior: gli occhi soltanto Tien chiusi a tutti la paura, come
Armata, al padre suo disse: Deh: fuggi, Fuggi la patria e me: non han gli offesi Nemici la cittade: è nostra colpa Questa:
ordi; Ed una i piedi a lui, che nella polve Si rivolge, traeva: altra gli svelle La destra in atto di pregar: lo tira Per l
scia i vasi A Bacco sacri, e sul materno seno Il sangue scorre. Bacia gli occhi al figlio, E della fronte illividita i giri
rlo udito, cerca di assicurarlo, svelandogli i segreti del destino, e gli rivela il mistero della nascita futura di Bacco s
forma di serpenti attortigliati coronerà la sua testa. Egli dividerà gli onori degl’immortali. Così parlò Giove, e gli app
ua testa. Egli dividerà gli onori degl’immortali. Così parlò Giove, e gli applaudirono le Parche e le Ore. Il dio del Tempo
elo non è illuminato che dalle stelle. Giove discende sopra Semele, e gli prodiga i suoi favori, prendendo presso lei tutte
te. Di liquido venen recati avea Seco i predigli, la Cerberea spuma E gli errori vaganti, e della cieca Mente l’oblio, colp
ei, che vedi Neir Ionio per vasta onda sonante Sbalzati. Ai numi tuoi gli aggiungi: il mare Alcun poco mi deve: ebbero vita
nascenti, che a Bacco inspirano affetto. Il dio si volge verso lui, e gli dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla
tento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo di tutto: finisce per chiederlo a Giov
spone a ricevere dei teneri rimproveri da Bacco, che tutti i pericoli gli dimostra: lo avverte sopratutto di guardarsi dall
quantunque Bacco avesse sempre cura di accompagnarlo. La dea del Male gli persuade di montar sopra un toro, come Bellerofon
forma di Sileno, portando in mano il tirso, viene a consolar Bacco, e gli consiglia di formare dei nuovi amori onde dimenti
ra che indirizza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e di a
aveano fatto Ofione e il vecchio Saturno. Sulla seconda Tavola erano gli avvenimenti dell’altra età, e il diluvio che gli
seconda Tavola erano gli avvenimenti dell’altra età, e il diluvio che gli compisce. Nella terza l’avventura dTo, d’Argo, qu
o amico, e la natura intera sembrava dividere il suo dolore. La Parca gli annunzia che il suo caro Ampelo non è morto del t
rà sulla terra r immagine del nettare, bevanda degi’ immortah. Bacco, gli dice, non piangere, onde le lacrime dei mortali s
asciugate. Appena ebbe terminate queste parole, che un prodigio colpì gli occhi del dio. Il corpo del suo amico si cangia i
eme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della s
l suo amico, la di cui morte ha preparata la felicità dei mortali. Dà gli elogi più pomposi all’eccellenza del nuovo arbust
terno più rilucente di una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia
e di Siria. L’edere coi loro grappoli le corrono intorno, e le viti e gli alberi dei tirsi nascono volontariamente dalla te
acrimevoli casi che vi avverranno. Ha per ora una corona di edera che gli pende con negligenza sulla testa, e sembra pronta
li pende con negligenza sulla testa, e sembra pronta a cadere, perchè gli duole di dovere essere ornato per la nascita di B
s’arrampica, i serpenti che strisciano sul monte, o annodano i tirsi, gli alberi che stillano, miele. Ecco là un grosso sal
no la preda, e sono la propria madre e le sorelle della madre. Queste gli troncano le mani, l’altra tira il proprio figlio
te, è Tebe, la reggia di Cadmo, e un gran pianto nel Fòro. I parenti, gli amici, che riuniscono il corpo onde porlo sulla p
ngue. Vi sono ancora Armonia e Cadmo, ma non come solevano. Le Parche gli hanno trasformati in serpenti; le scaglie cominci
mano. Iride dunque vola da Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda di sterminare un
a Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda di sterminare una nazione che non sa risp
iove, che gli comanda di sterminare una nazione che non sa rispettare gli Dei. Gli annunzia che solo a questo patto le Ore
on sa rispettare gli Dei. Gli annunzia che solo a questo patto le Ore gli apriranno un giorno le porte del cielo, che non s
o. Si legge il lungo cataloga di tutti quelli che si riuniscono sotto gli stendardi del nume. Vi si distinguono Eroi eh’ er
Il nume si approfitta della loro ebrezza, della quale sono descritti gli eff’etti; ne sorprende gran parte, e gì’ incatena
o, che all’ospite dà in ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e gli dà pur una pianta di vite da coltivare. Bacco con
vegliano con Pito: Meti continua a dormire. Stafilo accompagna Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vit
Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e gli rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sop
figura Scorre la veste dalle spalle, e fugge Le braccia ancora, e per gli omeri vedi All’ aura sventolar le nere chiome. 1
i al sonno, ed Eupetale, o la bella foglia, nutrice di Bacco, prepara gli appartamenti per dormire. Vi è la descrizione di
ide, per adempire al desiderio della dea, prende le forme di Marte, e gli tiene un lungo discorso. Di già il re prevede di
no neir accarezzarlo. Melicerta ed Ino suoi parenti, divinità marine, gli sono liberali d’ ogni cura, mentre che i Satiri l
e lo piangono sopra la terra. Scolmo finalmente viene a consolarli, e gli annunzia il ritorno del loro capo. Questo inviato
la gioia pel ritorno di Bacco occupava i Satiri e le Baccanti. Proteo gli aveva già manifestato ciò ch’era successo nella s
amorfosi di Ambrosia già collocata fra le stelle. L’araldo ritorna, e gli arreca la risposta di Deriade, onde lo dio rivolg
e sue schiere. Tutta la natura si rallegra. Mentre i soldati sono fra gli scherzi e le vivande, gl’Indiani si dispongono al
to di Bacco. Lo dio minaccia il fiume, che diviene più furioso. Bacco gli arde il suo letto. L’Oceano se ne sdegna, e minac
noltra alla testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli serve di guida portando nell’aria Eaco suo figlio
ndie, e si protesta che, seguendo l’esempio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo, di
la famosa castrazione, viene per parte della dea a consolar Bacco, e gli dà un’ armatura fabbricata da Vulcano. Lo scudo v
no a Deriade, e lo muove a combattere con Bacco. — Tu dormi, Deriade, gli dice. Un re che deve esser vegliante per difender
sentano i primi per comandar le sue squadre. Entrano nella lega tutti gli abitanti delle rive dell’Indo; mandre di elefanti
o e da una Naiade. Questo Canto contiene notizie curiose sui costumi, gli usi e l’istoria naturale di questo paese. Di già
da Enomao arcade, e di Arcadia sono pure quelli che gridando incontro gli si fanno, perchè la quadriga di lui si è spezzata
gli Dei sul monte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale potrebbe tr
toria ottenuta sul loro crudele nemico. — Evadne. — Il rogo acceso, gli animali scannati all’ intorno, e questo corpo mor
nel fuoco, tutto ciò è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e gli amici di Capaneo lo seppelliscono in Argo, essend
e con arroganti parole ingiuriato Giove. Poiché dunque i duci e tutti gli altri perirono davanti alla città di Cadmo, gli A
dunque i duci e tutti gli altri perirono davanti alla città di Cadmo, gli Ateniesi ottennero a forza per essi l’onore della
sepoltura. Capaneo fu quindi portato cogli altri alla patria, ed ebbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e g
a patria, ed ebbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di mo
di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno di Giove, secondo gli avvertimenti a lei dati dalla diva. Iride va a tr
e nelle sembianze della Notte lo persuade a vincere colla sua quiete gli occhi del re degli Dei, onde servire al furore di
nettare delizioso. Prevede i disordini, che l’ubriachezza porterà fra gli Dei, e l’esiglio al quale sarà condannata. Datemi
penti. Nella figura di un leone infuriato si precipita sopra Bacco, e gli comunica i suoi furori. Ne sono descritti i terri
olu zione: le dice eh’ ella pure ha custodita la sua verginità contro gli assalti di Giove che l’ha perseguitata: le consig
ciso genitor sul capo Cigolar non udisti il crudo ferro, E non mirare gli occhi tuoi fra queste Canute chiome rosseggiare i
Nè palpitar sopra la polve il corpo. Un dio ti tolse questa vista, e gli occhi Violati non ha strage paterna. Questa veste
n ha strage paterna. Questa veste rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii: era fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pas
e. Allora al petto Ingiuria fece coli’ avversa mano, E discinta ponea gli svelti crini Sopra il caro sepolcro. Il pianto co
due pitture scoperte ad Ercolano. Un’ iscrizione pubblicata poco dopo gli dà lo stesso abito per indicare il colore del vin
ngo collo di un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le sue spalle, gli versa da un vaso il liquore nella bocca. Il Gori
nio, descrivendo Alcibiade come vestito da Bacco in atto di celebrare gli Orgii, mostra che aveva una face. Si adopravano q
ell Ammonizione ai Gentili: e appresso Euripide interrogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde
o e i suoi seguaci si servissero delle aste armate, come si vede, fra gli altri, aver il nume in una medaglia dei Nisei: or
e da Visconti. Voi ci troverete rammentati i caratteri distintivi che gli antichi artefici davano alle statue del nume, e q
re: Tu bellissimo sei riguardato nell’alto cielo. — « Lo scultore non gli ha dato quella feminile e molle corporatura, che
inetto, ninna tela o statua ingannò, ma l’acqua che ti rappresenta; e gli vai incontro come ad un amico e pare che aspetti
i. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o di amante: gli occhi sono sicuramente d’ innamorato; poiché esse
arlarne. E densa, e di color d’oro: parte è sul collo, parte dividono gli orecchi, parte è agitata sulla fronte, parte è su
scultori in Grecia e in E’2ritto, così è descritto dai poeti. Che se gli Arcadi ingentilirono il loro Pan in qualche medag
di fantasia per abbellire, pieno di scrittori per conservare ciò che gli antichi aveano creduto e detto. L’ Italia mantene
lle vostre tele, ai vostri marmi. « Si è ricevuta comunemente presso gli antiquari: una distinzione, che molto serve a cla
asciando questa appellazione a quelli che in forma umana han di capra gli orecchi, le corna, la coda, e chiamando Titiri qu
ver premuto il grappolo dell’uva nel nappo; in quel nappo istesso che gli si vedeva propinato dall’Ebrietà in un bel gruppo
o il suo concetto non può abbastanza comprendersi da chi non ha sotto gli occhi il marmo stesso: la testa coronata di frond
estito di un abito teatrale lavorato a maglia, che si poneano indosso gli attori per meglio rappresentare le membra pingui
vi esporrò l’origine, i nomi, le imprese, quindi i loro attributi, e gli antichi monumenti nei quali vengono rappresentati
l re degli Dei volendo accertarsi della verità di quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvola le sembianze di Giuno
cercarono nuove sedi nelle regioni dei Perrebi dopo averne scacciati gli abitanti. I nomi più illustri dei Centauri sono:
le gioie e nei bassirilievi antichi si veggono attribuiti a Bacco fra gli altri animali favolosi, grifi e sfingi, in segno
: o pure perchè fossero creduti amici assai del vino come erano tutti gli animali, che gli sono stati dati dalle favole; on
ossero creduti amici assai del vino come erano tutti gli animali, che gli sono stati dati dalle favole; onde Virgilio scris
e Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi ho dato r estratto, gli annovera nell’esercito che radunò al nume la madr
il Biblino, a cui pare che Zeffìro, portandosi placidamente per aria, gli versi nel cornucopie la buccina che si suol dare
olte, avrete veduto negli intonachi Ercolanensi. L’Agostini vuole che gli antichi chiamassero questi strumenti crepitacoli,
nume oppresso dalla crapula, e vacillante, a cui più che il tirso che gli crolla nella destra, è sostegno un Fauno fanciull
ccia, e quasi lo trae. Involto dagli omeri al piede in una palla, che gli scopre il lato e il braccio destro, ha il capo in
barbato e fornito di tirso tenta involargli. Due fanciulli coi tirsi gli recan dietro una sottocoppa a tre piedi, su cui s
Un vecchio Fauno coturnato e cinto intorno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Ce
ui s’adoprava, e sull’esempio d’una bell’ara della Villa Borghese, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella
hi vengono attruppate con Bacco coi Satiri: se non che avendo creduto gli antichi che queste divinità onorassero ancora l’O
tellazione deiriadi. Insegnarono le prime l’uso del vino ed a cantare gli onori del dio che soccorsero contro Licurgo: quin
e sacro agli Dei Inferi, e come dedicato a Bacco, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta di divinità era cos
mortali. Due sembrano preparargli un divertimento musicale, col quale gli antichi solevano rallegrare le mense, il primo ac
quale appunto amavasi da quel nume pei suoi diporti non meno che per gli arcani riti. « I bassirilievi laterali proseguono
ggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar servigio in più monumenti:
sto nelle passate Lezioni tutte le gesta di Bacco; e sui compagni che gli dava la religione pagana ho cercato di portare la
tri studii ve li presenteranno agli occhi, ne ravvisiate il soggetto, gli attribuiti e le idee che vi univano gli antichi,
i, ne ravvisiate il soggetto, gli attribuiti e le idee che vi univano gli antichi, e tutte le cose, insomma, che sono l’ani
olto maestoso e sereno è decorato da una lunga e coltissima barba che gli cade sul petto, artificiosamente sparsa e dispost
su di tanti ermi. I capelli più della barba acconciamente distribuiti gli cadono in parte su d’ambe le spalle divisi in due
rimane femìnilmente raccolta sul collo e stretta da un’alta benda che gli circonda la testa. La molezza e la grandiosità de
nza del soggetto? Il Nettuno equestre in Atene avea un’iscrizione che gli dava un altro nome, ma che non trattenne Pausania
ata, non esiterei d’ indovinar i motivi che abbiano indotto in errore gli antichi espositori delle più antiche rappresentan
esagerate in Petronio la crapula e la delicatezza di questo soggetto, gli hanno attribuito quelle immagini che rappresentan
dicava ciò che schiarivasi dalla sottoposta iscrizione, che tutto fra gli uomini è vanità fuori dei sensuali piaceri; quasi
ante, ch’è forse Mete dea dell’Ubriachezza. Il manto che dalle spalle gli cade sulla destra coscia infino ai piedi, mostra
pito l’educatore di Bacco, Sileno, che rattempra al suono della cetra gli affetti del Nume: e poeta e filosofo qual ce lo a
io Bacchico saran quelle, che a guisa di erme e di termini adornarono gli antichi giardini. « La scultura di questo marmo è
ze, onde saltanti furono cognominati dai poeti, e più mobili di tutti gli animali, quasi da senno furon detti da un comment
e la chioma; nè più molle serto si conveniva all’irta lor fronte però gli denominavano (grec) e frontem comatos. « La nost
de sì dolcemente i sonni, sarà stato forse il motivo che avrà indotto gli antichi, intesi ognora a rilevare e condire tutte
sono rare in mediocri bassirilievi. Sappiamo altronde aver conosciuto gli antichi naturalisti anche un genere di minori ele
mi, i delitti di Medea. Seguendo il mio costume vi esporrò quelli fra gli antichi monumenti che riguardano questa famosa im
ologia fra questi due figli di Giove, Ercole e Bacco. L’antichità che gli considerava come Dei soci, o secendo la frase pro
mentovati nell’epigramma sono quegli stessi coi quali fugò quell’eroe gli uccelli Stinfalidi. Il comune loro culto fu ravvi
che solleva un trofeo scorgono tra le are coronate fra le maschere e gli animali bacchici il carro a quattro ruote, su cui
e abbracciando una gran tazza da bere in m’ezzo a Satiri e Fauni, che gli recano in grembo, quasi traendola a forza, giusta
clamazione e di accompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere
l tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accresce l’imbarazzo della
n’elegantissima statuetta in bronzo dell’Ercolano, Gli altri però non gli cedono nè in bellezza de’ movimenti, nè in natura
arti ci ritraggono ben sovente Baccanti seminude e lascive, o perchè gli artefici preferissero, per dare alla loro opera u
o manco: è invasa dall’estro del nume, e sembra accoppiare i clamori, gli ululati Bacchici col batter del timpano inventato
tento anch’ esso a trar suono da una specie di piva conosciuta presso gli antichi sotto il nome di tibia otricularia, cioè
to è tutta pròpria del suo carattere, giacché la piccola coda, che se gli attorce sotto le reni, ce lo indica un Fauno fanc
andri, che mi assicurò reputarlo tale anche il celebre Canova, da cui gli fu commendato come uno dei più reputati avanzi de
5 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
i fatti più importanti, compiutisi in quel periodo di tempo che tutti gli scrittori si accordano col chiamare tempi eroici
remo, è quasi il metodo che si è già da lungo tempo adottato da tutti gli scienziati, ed in tutte le opere di recente pubbl
a dimostrare l’utilità dell’opera nostra, e il vantaggio positivo che gli studiosi ne ritrarranno, e questo brevemente fare
tare, restringendo o ampliando, secondo che ci è sembrato necessario, gli avvenimenti più importanti, i punti più salienti
ssero ad appoggiare, con la loro irrecusabile testimonianza, i fatti, gli avvenimenti, i simboli più importanti della Mitol
raggiunto mediante le numerose citazioni da noi riportate nelle quali gli studiosi apprenderanno non solo il fatto nella su
redenza religiosa dei popoli dell’antichità, il culto degli idoli che gli antichi adoravano. Questa e non altra, è l’interp
antichi adoravano. Questa e non altra, è l’interpretazione che tutti gli scrittori danno alla Mitologia, ossia alla conosc
fflissero il corso, un esempio meno palpabile di questa verità. Tutti gli eretici novatori del detto periodo di tempo, segu
o uno o più dei diversi miti della religione da essi osteggiata. Così gli Ebionili,19 i Carpocraziani,20 i Cainili,21 nefan
Ebionili,19 i Carpocraziani,20 i Cainili,21 nefandi ed infami ; così gli Adamiti,22 scelleratissimi ed impuri ; con tutta
pio simbolico e configurato, al quale si è dato tacitamente, da tutti gli scrittori dell’antichità stessa, la denominazione
nto questo è meno visibile ai suoi sensi, tanto più volentieri l’uomo gli attribuisce una forma imitativa per riavvicinarlo
nazione dell’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori di un’età barbara ed inculta, non pone men
: 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri che avete tra voi, e mondatevi e ca
a ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti, i quali giovarono immensament
ta in un insieme di divinità simboliche, parenti, amiche, rivali come gli elementi lo sono fra loro. I poeti stessi dell’an
esimo eroe, copre, cadendo, sette jugeri di terreno. Nè ciò è tutto : gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell
gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell’uomo, di tutti gli errori e i capricci della umanità : sono irascibi
no sulla terra ad ogni piè sospinto, sono in continuo contatto contro gli altri. Un esempio palpabile di quanto accenniamo
sentono caratteristicamente dello stato di civiltà, in cui si trovano gli uomini, al momento in cui le concepiscono. Così n
ovano gli uomini, al momento in cui le concepiscono. Così noi vediamo gli Dei d’ Omero farsi consiglieri degli eroi. Socrat
Interrogato circa la causa della sua mestizia, rispose prevedere con gli occhi della mente, orribili fatti : e siccome il
pi canali costrutti ai piedi della Libica catena, non rendano inutili gli sforzi del figlio della Terra. La tradizione favo
nta pei Greci un avventuriero, pei Fenici un fondator di colonie, per gli Sciti un trionfatore, per tutti, un mito divinizz
radizione dell’umanità, e che essa contiene in due grandi diramazioni gli avvenimenti antichi, e le antiche credenze, riman
te la stessa, e questa Forma è il racconto, i soggetti del quale sono gli attori, le figure staccate e visibili, anche nell
e che la raccontano, e dei monumenti che la rappresentano. Infatti se gli avvenimenti assurdi, atroci, immorali, onde è tes
volti sotto la brillante vesta dell’enigma, come mai avrebbero potuto gli uomini, sebbene nello stato di un completo arretr
vivente, animato, sensibile, e quanto più meravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti e gli elementi, tanto più facilm
bile, e quanto più meravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti e gli elementi, tanto più facilmente essi li adorarono.
Zoroastro 49 i cui principali Dei furono appunto il Sole, la Luna, e gli altri corpi celesti. Similmente dall’astronomia d
dall’astronomia deriva la maggior parte delle feste e cerimonie onde gli antichi onoravano il culto dei loro Numi. Così in
iti Eleusini compiersi in onore della Luna ; come vediamo quasi tutti gli dei italici essere planetarî a simiglianza di que
ogati all’aratro, fecondano col lavoro il seno della terra, diventano gli animali del sacrifizio. Poi ne vengono i simbolic
ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia
zioni di oggetti che non si vedon mai, apprendono e si persuadono che gli dei minacciano, spaventano, castigano. Ora ciò no
i smarrì nella coscienza di tutti i popoli, e cominciarono ad adorare gli stessi simulacri. I soli sacerdoti ne custodirono
ucunditalis ad audiendium. M. T. Cicerone — Oraliones. ….aspettano gli ascoltanti che egli adduca esempii antichi e grav
ati non tengono i pugni chiusi ; sull’oceano dell’infinito appuntando gli occhi della mente, scorgono i secoli lontani come
llarga e si feconda per questi incessanti alluvioni della morte. Dove gli umani sollazzavansi un giorno, oggi pregano ; for
lla tradizione dell’umanità : essa contiene in due grandi diramazioni gli avvenimenti antichi e le antiche credenze, rimane
la divorasse invece di Giove, quando ella lo partorì. Secondo il mito gli antichi vollero idealizzare in Saturno il Tempo c
ma questa cattiva opinione non va punto d’accordo con la passione che gli Abdereniani han sempre dimostrato per la poesia,
acia. Mal si apposero quegli scrittori che confusero questi Sciti con gli Ipomolgami. Questi ultimi detti anche Galadefagi
fagi facevano del latte di giovenca la loro principal nutrizione. Fra gli Abieni molti viveano in un assoluto celibato, men
ssi presero stanza. È credenza generalizzata fra molti scrittori, che gli Aborigeni fossero venuti dall’ Arcadia, guidati d
sua moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutamente di Peleo, e gli offrì il suo amore, ma questi resistè alle prave
allevò Romolo e Remo, al quale per questo motivo i Romani decretarono gli onori divini. 40. Aceleo. — Uno dei figli di Erco
quel tempo Acheolo. Il vinto allora, per riavere il corno che Ercole gli aveva strappato, gli dette in cambio uno di quell
Il vinto allora, per riavere il corno che Ercole gli aveva strappato, gli dette in cambio uno di quelli della capra Amantea
della capra Amantea, che aveva nutrito Giove. Altri scrittori dicono gli avesse dato il corno dell’ Abbondanza. 54. Achero
edenza che essa avesse una sotterranea comunicazione con l’inferno, e gli abitanti delle vicinanze, sostenevano che da quel
a barba unta ed atra, E il ventre largo, e unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli seuoia, ed isquatra. (Inferno. — Cant
ed atra, E il ventre largo, e unghiate le mani ; Graffia gli spirti, gli seuoia, ed isquatra. (Inferno. — Canto VI.) 57.
isognava traversare la palude Acherusio per entrare in Eliopoli. Come gli onori funebri non venivano accordati che a quelli
là la favola di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio con gli occhi di bragia, Loro accennando tutte le raccogl
alore, e divenne il terrore de’ nemici. Durante l’assedio, Agamennone gli tolse una bella e giovane schiava detto Ippodamia
de, E re villano mel ritolse ei poscia. Torna adunque all’ ingrato, e gli riporta Tutto che dico e a tutti in faccia, ond’a
andò in matrimonio, e quando s’incamminava all’altare nuziale, Paride gli tirò una freccia al tallone. Achille morì di ques
i tirò una freccia al tallone. Achille morì di questa ferita. I Greci gli innalzarono una tomba sul promontorio Sigeo, e Pi
l’immolò Polissena. Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto di vivere lunghissimi anni senza
Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Galatea, amata dal gigante Polif
il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla quale tutti gli altri numi avevano avuto origine e principio. 73.
nuali inondazioni del Nilo. Daciò la grande ed antica venerazione che gli Egizii ebbero per l’acqua, e che al dire di S. At
una delle sue principali divinità. Non minore era la venerazione che gli antichi Persiani avevano per l’acqua, i quali, se
io credo già che tutte le acque del Danubio e del Fasi lavar possano gli errori della deplorabile casa di Labdaco . Dal cu
phacia. — In latino Voracitas Dea della gola. In Sicilia le rendevano gli onori divini. Il suo nome è composto dalle due pa
rodezza valse ad Ercole il soprannome d’insaziabile di cui sembra che gli eroi favolosi si tenessero altamente onorati. Uli
si addossò spontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati di un abbandono che nul
zione di tale prodigio fu stabilita in Samo una festa annuaria, a cui gli abitanti dettero il nome di Tenea, volendo ricord
li Argonauti. Fu presso questo re che Apollo fu costretto a custodire gli armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admet
vita avesse sofferte tante controversie, quante ne soffrì Admeto, ma gli Dei lo protessero sempre a causa delle sue grandi
Adulta. 126. Aegocero. — Essendo il Dio Pane posto come divinità fra gli astri, si trasformò da sè medesimo in capra ; da
una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli agricoltori celebravano in onore di Bacco e di Ce
un responso dell’oracolo che avrebbe detto ad Aeta che uno straniero gli toglierebbe il regno e la vita ; e che perciò egl
avesse adottato il barbaro costume di far sagrificare agli Dei tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. 130. Ae
 — Una delle nutrici di Giove. Dopo la morte ella venne collocata fra gli astri. 134. Afacitae. — Nella Fenicia in un luogo
iotti vivo. Dopo la sua morte la credulità popolare ne fece un dio, e gli si dette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d
accingeva a ritornare in patria, allorchè Cassandra, figlia di Priamo gli predisse che egli sarebbe stato assassinato in Ar
suo terribile errore, pianse tanto la morte del suo unico figlio, che gli Dei, mossi a compassione della colpevole madre, l
to il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in Grecia gli onori divini. 218. Aine o Aloe — Conosciuto più c
Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superava in tutti gli esercizii del corpo. Però violento e brutale, e d
na infinità di pericoli, lottando disperatamente con le onde furiose, gli riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto a
li riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto al cielo imprecava gli Dei dicendo che si sarebbe salvato loro malgrado.
cerco, Ampio ne fea macello, ed or credea Ambo svenar di propria man gli Atridi, Or l’un duce, ed or l’altro. In cotal ret
ti). Appena tornato in ragione rivolse contro se stesso la spada che gli avea donata Ettore, e si uccise. Il suo sangue fu
nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di andare ad avvertire i magistrati
i è chiamato Ajo Locutio. Ma dal momento ch’è divenuto celebre, e che gli si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha pr
. Il suo culto fu celebre in Alabanda, città della Caria. Questo nome gli viene dall’aver guadagnato il premio di una corsa
a contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte di questo gli successe nel governo. Vi fu anche un Trojano così
orno in cui Alceste si era sacrificata. Admeto malgrado il suo dolore gli fece onorevole accoglienza, e non trascurò a rigu
rie. Posto in esecuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone
ne. — Celebre scultore. Vi fu anche un altro Alcmedone annoverato fra gli Dei della Grecia. 245. Alcinoe. — Moglie di Anfil
. …. Ameni e vaghi Tanto non fur del redivivo Adone Immaginati un di gli orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cortese
a si precipitasse nel mare disperata della morte di suo marito, e che gli Dei mossi a compassione cangiarono essa e lo spos
poso in quell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione, che presso gli antichi era simbolo dell’amor coniugale. Varì scr
chiamato anche Alcione. 249. Alcioneo. — Famoso gigante che soccorse gli Dei in una disputa che questi ebbero contro Giove
ndo che Egisto e Clitennestra, dopo aver dato morte al padre suo, non gli serbassero la stessa sorte fuggì dalla Grecia e v
esa con Minerva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti gli alberi di ulivo che crescevano nelle circostanze
gli alberi erano consacrati. La dea però sdegnata contro il colpevole gli fece cader dalle mani la scure che lo ferì così s
più palpabile che sotto qualunque altro simbolo della favola. Infatti gli Aloidi figli di Nettuno re del mare potrebbero es
ili e li spinse a distruggersi fra loro. Omero racconta che prima che gli Aloidi avessero raggiunto l’età della prima giovi
o Diana nei suoi sacrificii, la dea per vendicarsi di quest’oltraggio gli spinse contro un cignale che devastò le terre di
o figlio di Oeneo, ma i fratelli d’Altea, punti dal veder fatti tutti gli onori della caccia ad una giovanetta, involarono
o a Cererc come Dea dell’Agricoltura che fecondando la terra nutrisce gli uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre di Cres
e dea di ambrosia vive E tardi vede l’ora della morte ; Intreccia con gli dei danze festive, E con Mercurio e coi Sileni me
eneva un profumo preziosissimo, ne fu così addolorato che ne morì. Ma gli Dei mossi a compassione lo cangiarono in quell’er
figli maschi ed educavano con gran cura le femmine. Uccidevano tutti gli stranieri che approdavano sulle loro sponde, perc
ola in greco significa immortate. Nulla è più confuso e oscuro presso gli scrittori e i poeti mitologici, quanto la signifi
ambrosia. ………… Che notte e di sollerita la figlia Di Giove, Cilerea, gli allontanava E il cadavere ungea d’una celeste Ros
i davano alla parola Ades, cioè luogo sotterraneo, intendevasi presso gli Egizii con la parola Amente, ovvero il centro del
prannome dato a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la quale gli fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola Ament
ca privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere col quale gli Ateniesi l’adoravano con particolari cerimonie. 3
n’altra città di questo nome, di cui la tradizione favolosa narra che gli abitanti furono distrutti da una spaventevole inv
morire per sete ardentissima, implorò il soccorso di Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un montone e battendo c
be principio col caos fu l’amore benefico, e da questa unione vennero gli uomini e gli animali. Non esisteva alcuna Deità p
col caos fu l’amore benefico, e da questa unione vennero gli uomini e gli animali. Non esisteva alcuna Deità prima che Amor
fu che da questa comunanza fatta da lui, che furono generati i cieli, gli dei immortali e la terra. Platone asserisce esser
e l’Amore figlio del Dio delle ricchezze e della Dea della povertà, e gli dà il nome di Poro. Amore insieme a sua madre Ven
365. Anaidia. — Che significa impudenza. Secondo Cicerone e Pausania, gli Ateniesi ne avevano fatta una divinità. 366. Anai
enere. 370. Anatole. — Nome di una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni adoravano Venere sotto questa denominazion
. Anauro. — Fiume della Troàde, sulle rive del quale Paride custodiva gli armenti di Priamo. 373. Anax. — Figlio del Cielo
passionatamente e non potendo resistere alla cieca passione che essa gli avea ispirato, ardi svelarle l’amor suo, ma la fi
rte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle sue schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più bevuto il vi
a predizione e per provare col fatto la falsità di quella, ordinò che gli fosse incontanente portata una coppa piena di vin
na di vino. All’istesso momento ch’egli portava la tazza alle labbra, gli fu annunciato da uno dei suoi ufficiali, che il c
e con la pelle D’un villoso leon m’adeguo il tergo : E’l caro peso a gli omeri m’impongo. Virgilio — Eneide. Libro II tra
in Atene alla festa delle Panatee, ne riportò tutt’i premii, ciò che gli valse la stima generale e l’amicizia di Pallante,
Minos, volendo vendicare la morte del figlio, portò la guerra contro gli Ateniesi, li vinse ed a placare l’ombra del morto
. …… da tergo Tra le spalle il feri con la pungente Lancia, che fuor gli riusci dal petto. Quell’infelice rimbombò caduto
e di Anfitrione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo principe invase gli stati di Pterelao, divenne formidabile a tutt’i s
dre. Seneca nelle sue opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che gli addebitava di non essere figlio di Giove, queste
— Fiume della Tessaglia sulle cui rive Apollo custodì per lungo tempo gli armenti del re Admeto. Fu del paro sulle rive di
i sacrificii. Discorde è l’opinione dei mitologi su questa divinità : gli uni vogliono che sia la stessa che la luna ; altr
, di Didone, di cui nell’articolo precedente. 442. Anneddoti. — Erano gli angeli buoni e cattivi della religione Caldea. Es
e cattivi della religione Caldea. Esiste fra queste divinità pagane e gli angeli, Cherubini, etc. della Sacra Scrittura, un
lo atterrò senza poterlo uccidere, perchè la Terra, madre di quello, gli raddoppiava le forze ogni qual volta Anteo toccav
anni non diventava mai adulto, ne chiese la ragione a Temi, la quale gli rispose che ciò avveniva perchè quegli non aveva
in modo maraviglioso. 471. Anti-Dei. — Genii malefici che ingannavano gli uomini per mezzo delle più seducenti illusioni. 4
cole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Giocasta. Volendo rendere gli ultimi onori a suo fratello Polinice, in opposizi
ratore lo ebbe così caro che dopo la sua morte lo fece annoverare fra gli dei. 477. Antipate. — Re dei Lestrigoni. V. Lestr
italiane. 479. Antoreo. — Vedi Anthora. 480. Antron Corace. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tem
o αραω io vedo. Presso i pagani era generale credenza che allorquando gli Dei discendevano sulla terra non mostrassero mai
a di cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando essa nel partire gli volge le spalle. …… nel partir la neve e l’oro,
e, come vedemmo dalle citazioni dei classici, la maniera con la quale gli Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno di
e pagine della Bibbia, noi troviamo che quando Iddio si rivela a Mosè gli dice : Tu mi vedrai per di dietro, ma tu non puoi
ttato un particolare duello, ma Timete respinse la proposta, e allora gli Ateniesi proclamarono re un loro concittadino a n
poichè nel momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accompagnato, gli gridò non esser azione da valoroso l’andarsi a ba
e, Xanto rivolse il capo per vedere chi lo seguisse, e Melanto allora gli immerse il brando nella nuca. Da questo fatto l’i
Soprannome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Nemea, che gli era consacrata. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V.
dendosi generalmente ch’egli avesse preso quella forma allorchè tutti gli Dei furono vinti da Giove. Si chiamava anche Osir
, il sacro animale veniva nel suo giro per la città scortato da tutti gli ufficiali e dignitari del regno, e preceduto da u
one in cui si addimostrava più palesemente il culto superstizioso che gli Egizii avevano per il dio Apis, era quando il bue
come segno di favorevole risposta quando il bue mangiava ciò che essi gli presentavano, prima d’interrogare il suo oracolo.
ve del fiume Ippocreno, ove pasceva il cavallo Pegaso, o Pegaseo, che gli serviva di montura. Giove avendo fulminato Escula
io, egli si ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse custodendo gli armenti di quel re, finchè Mercurio glieli rubò.
rvì ad Apollo per ricoprire il tripode sul quale la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco
e. — Feste in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che gli veniva dal potere a lui attribuito sulle mosche e
osteosi. — Nome della cerimonia colla quale i Romani annoveravano fra gli Dei i loro imperadori dopo la morte. 502. Apostro
oro imperadori dopo la morte. 502. Apostropheni. — Si chiamavano così gli Dei Egiziani, a cui si domandava la grazia di sto
osia durante la sua infanzia, il padre degli Dei avesse collocato fra gli astri quest’uccello in segno della sua riconoscen
n ragno. O folle Aracne si vedea lo te Già mezza ragna, trista in su gli stracci Dell’opera che mal per te si fè. Dante. 
ndo Plutarco, fu un eroe greco che dopo la morte venne annoverato fra gli Dei per le gloriose imprese compiute durante la v
iò il sangue. Licurgo volle punire di morte la negligente nutrice, ma gli Argivi la tolsero sotto la loro protezione. In me
’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che gli scendevano sino ai piedi : portava il capo copert
credè generalmente che l’oracolo di Delfo avesse altamente biasimati gli uccisori del poeta per la stima che tutti facevan
. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archita. — Nome sotto il quale gli Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nome co
Arctura. — Quantunque sia questo il nome proprio di una stella, pure gli scrittori del Paganesimo se ne servono per dinota
udicato dall’ Areopago. Finalmente è credenza assai generalizzata fra gli scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse
amori che Giove ebbe con la propria moglie Giunone, quando per averne gli amplessi, che ella gli negava mossa da gelosia, s
n la propria moglie Giunone, quando per averne gli amplessi, che ella gli negava mossa da gelosia, si trasformò in cuculo.
, essa insieme alla sorella Antigone, prese il cadavere per rendergli gli ultimi onori, questo irritò siffattamente Creonte
sacri doveri dell’ospitalità fece fare i funerali allo scellerato, e gli fece elevare una tomba, che da lui fu detta Argil
di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul quale Giasone con gli altri principi greci, mosse alla conquista del ve
osse questo il primo vascello che avesse solcato le onde. Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo cos
to nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, ciò che gli facev
inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, ciò che gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parl
gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parlare e di rendere gli oracoli. Peraltro è questa un’opinione assai poco
i oracoli. Peraltro è questa un’opinione assai poco generalizzata fra gli scrittori. Argo si chiamava del paro una città de
del paro una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è
oltà di avere cento occhi, dei quali cinquanta erano sempre aperti, e gli altri cinquanta chiusi dal sonno. Giunone gli afl
erano sempre aperti, e gli altri cinquanta chiusi dal sonno. Giunone gli aflidò la custodia della ninfa lo, che Giove avea
fferenti rapporti sotto i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e gli Assiri era la Venere celeste. 562. Ar
porti sotto i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e gli Assiri era la Venere celeste. 562. Ariadne. — V.
ea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette un gomitolo di filo per mezzo del quale l’e
ovello sposo. Però ben presto pentito della sua generosità, raggiunse gli sposi, uccise il genero e ricondusse in Argo sua
nfame passione che avea ispirato a suo padre, supplicò giorno e notte gli Dei che l’avessero tolta dal mondo, e i numi moss
prima infanzia educata come un uomo al maneggio delle armi e a tutti gli esercizii del corpo. In un giorno di battaglia es
nzella, Ch’era sua madre, si com’era avanti Che madre fosse, incontro gli si fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembian
ani, Piè con artigli e pennoruto il gran ventre ; Fanno lamenti in su gli alberi strani. Dante Inf. C. XIII. Le più famo
essi. Fineo, re di Tracia, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli era stato largo di cortesi a
volendo cosi indicare che col silenzio si doveano primamente onorare gli Dei. Gli antichi facevano comunemente incidere su
narra, nelle sue cronache, che dopo la sua morte fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsinoe. — Figlia di Niocrone re di C
a, forse per indicare la sveltezza di quel dio nella corsa e in tutti gli esercizi del corpo. 600. Arunticeo. — Avendo disp
Cerere fu così indegnata contro Ascalafo, per la sua rivelazione, che gli gettò sul volto dell’acqua del fiume Flegetonte,
o un duro rostro. Curvo, e d’augel che viva della caccia : Fa che fra gli altri augei rassembra mostro La grande, altera e
ome per aver condotto seco più di trenta navi. Dell’ Orcomèno Minïco gli eletti, Misti a quei d’ Aspledone, hanno a lor du
giardini sacri a quel dio. Abbia il vero, o Priapo, il luogo suo, Se gli asini a te sol son dedicati, Bisogna dir che il m
il mondo d’oggi è tuo. Salvator. Rosa. La musica Satira 1. Presso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti
analogia con la voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di
istesso nome. 620. Asporina. — V. Adporina. 621. Assabino. — Nome che gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di
tati fanno Eolo loro padre e re. 650. Astri. — I Pagani credevano che gli Astri fossero animati ed immortali ; che avessero
imati ed immortali ; che avessero influenza benefica o malefica sopra gli uomini e chè col loro apparire e col loro corso p
 — Eroe Greco, che si rese celebre nel Peloponneso. Dopo la sua morte gli vennero innalzati varii monumenti. 652. Astrofa. 
gire dalla casa paterna. 659. Atea o Ata. — Dea malefica che spingeva gli uomini nelle sventure turbando loro la ragione. 6
della Grecia sorgesse un grave alterco fra Nettuno e Minerva. Allora gli Dei per por termine alla contesa stabilirono un t
ladio. 667. Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per altro egli pos
non ebbe miglior trattamento degli altri, del perchè sdegnato Perseo gli mostrò la testa di Medusa e cangiò Atlante in mon
e la Tracia sulla quale Giove era particolarmente adorato, onde è che gli veniva il soprannome di Athuso.. 673. Atreo. — Fi
sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e gli fece mangiare i suoi propri figliuoli. La tradizi
Dopo la morte Atteone fu riconosciuta dagli Orcomeni come un eroe : e gli vennero innalzati dei monumenti. 678. Auge. — V.
iconoscimento. 680. Augia. — Re d’ Elide. Egli stabili con Ercole che gli avrebbe ceduto la decima parte dei suoi bestiami,
io chiamato Mennone. La passione di Aurora per lui fu così grande che gli propose di domandarle un pegno della sua tenerezz
ne. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una stretta intelligenza con gli Dei, erano presso i Pagani ritenuti come per esse
704. Avoltoio. — Quest’uccello era consacrato a Giunone ed a Marte, e gli auguri ne osservavano con particolare attenzione
piedi d’altezza e cinquanta di larghezza. Non meno celebri si resero gli abitatori di Babilonia, per la loro sfrenata libi
. — Fratello di Marfiaso. Apollo, volendo trattarlo come il fratello, gli fece grazia alla preghiera di Pallade. 728. Bacca
, era tenuta in così grande considerazione, che si numeravano persino gli anni dai baccanali e dalle dionisiache ; e fu cre
rendevano parte solamente le donne ; in seguito poi vi furono ammessi gli uomini, e le adunanze si tenevano nel bosco sacro
e di questo personaggio della cronaca mitologica, noi metteremo sotto gli occhi dei nostri lettori un parallelo storico, ch
ebbe a madre Semele, e seguendo la tradizione favolosa. Giove stesso gli fece da madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di
ll’isola di Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dalle acque gli fece dare. Il nome di Misas che vuol dire appunto
onato nelle acque del Nilo, anch’egli fu salvato dalle onde, e da ciò gli viene il nome di Moisè perchè nella lingua Egizia
olutezze e brutalità. Giovenale racconta che la loro turpe lussuria e gli esecrandi eccessi ai quali si abbandonavano, atti
co, detto anche Buroico. Era questo uno dei soprannomi d’ Ercole, che gli veniva da una città d’ Acaia, nota sotto l’istess
caro degli altri, e ne ebbe due figli, un maschio ed una femmina. Ma gli altri Titani, gelosi della preferenza ottenuta da
atone. — Fu il cocchiere di Anfiareo, a cui dopo la morte furono resi gli onori divini. 751. Batto. — Così avea nome quel p
nti che Mercurio rubò ad Apollo. In premio del suo silenzio, Mercurio gli dette la più bella delle vacche derubate ; ma poi
t’altra forma, e parlando con una voce diversa, si presentò a Batto e gli offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indica
o sembiante, traversare la Frigia, fu villanamente scacciato da tutti gli abitanti della contrada in cui dimoravano Bauci e
ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abitanti della borgata, sommersi con le case dall
ell’Egitto, avevano in grande venerazione questi animali. In generale gli Egiziani non gli immolavano mai nei loro sacrifiz
no in grande venerazione questi animali. In generale gli Egiziani non gli immolavano mai nei loro sacrifizii poichè rappres
la propria testa, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne gli uomini e gli animali. Questa tradizione della fav
sta, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne gli uomini e gli animali. Questa tradizione della favola Caldea, a
e Pireno. Fu fratello di Bellerofonte. 767. Bellino. — Soprannome che gli antichi Galli dell’Alvernia davano al dio Beleno,
ente in una mano una verga grondante sangue, coi capelli sparsi e con gli occhi truci. 769. Bellonarii. — Sacerdoti di Bell
, re d’Argo, la moglie del quale, a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece delle proposizioni alle quali fu insensibile
ui, montò il cavallo Pegaseo, ed uccise la Chimera, mostro che Lobate gli avea ordinato combattere nell’intenzione di farlo
nocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio delle sue eroiche azioni e del
Belo. — Figlio di Nettuno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendevano gli onori divini alla sua statua, che venne poi adora
Nella sacra Bibbia, si dà questo nome al principe dei demoni. Presso gli Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perc
me o nature. Soprannome che veniva dato a Bacco, perchè il vino rende gli uomini o gai, o furiosi. 798. Bilancia. — Il sett
ominato Licurgo re della Tracia. Alcuni scrittori dicono che tal nome gli venisse dalla scure di cui egli si servì per reci
per la pietà verso la loro madre e tanto che meritarono dopo la morte gli onori eroici. Erodoto racconta che dovendo la mad
carro per uno spazio di 45 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti gli astanti felicitarono quella madre per aver dei fi
ezza con la quale diceva ciò che pensava. 810. Boedromie. — Feste che gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vitt
llara. Gli abitanti di Megalopoli lo avevano in grande venerazione e gli rendevano onori divini. Egli si trasformò in cava
r morello Presa la forma, alquante ne compresse Che sei puledre e sei gli partoriro. Queste talor ruzzando alla campagna, C
ena i cervi erano enirati nel recinto del bosco consacrato respingeva gli assalitori mentre i cervi pascevano tranquillamen
sacerdotesse di questo tempio, ove dopo la sua morte, le furono resi gli onori divini. 822. Brauronia. — Soprannome di Dia
acesti Al fortissimo eroe, dagl’Immortali Stessi onorato, e il premio gli rapisti De’suoi sudori, e ancor lo ti ritieni. O
uo. 827. Briseo. — Soprannome di Bacco a lui dato dall’invenzione che gli si attribuisce di schiacciar l’uva per estrarne i
da. — Uno dei più valorosi capitani dei Lacedemoni. Dopo la sua morte gli fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli una ricch
e la notte, adornandosi con gran dispendio le case ove si celebrava e gli appartamenti illuminando con uno sterminato numer
to nelle cronache per aver scolpito la prima statua della Fortuna per gli abitatori di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa
zione come d’un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una Diana, egli l’avess
udeli sovrani dell’Egitto. Aveva per costume d’immolare a Giove tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucci
tona. 855. Buteo. — Figlio di Borea. Egli fu costretto ad abbandonare gli stati del padre putativo, Amico, re dei Bebrici,
ua Fenicia possente, era stato adoperato questo vocabolo per denotare gli Dei in generale. 863. Cabiria. — Soprannome di Ce
che suo fratello aveva fatto ad Ercole, e che perciò avesse meritato gli onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie di Erces
a passando Ercole col resto dell’armento d’innanzi all’antro di Caco, gli animali da questo involati si dettero a muggire,
chiamata la bacchetta che Apollo fece presente Mercurio quando questi gli ebbe donata la sua lira. Un giorno Mercurio trovò
tesso nome. 898. Calidonio. — Soprannome di Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella città di Calidone. È opinione er
ri, il credere che sotto la denominazione di Eroe Calidonio volessero gli antichi dinotare Bacco : sotto quel nome veniva d
oglie Penelope ; e non curando la promessa d’immortalità che la Ninfa gli aveva fatto se avesse voluto continuare a viver c
to al gran rettor del cielo,. Divenne un fero e spaventoso obbietto A gli occhi occhi altrui sotto odioso velo. L’umana men
n una legge che i maestri degli esercizii dovessero essere nudi, come gli atleti, tutte le volte che si fossero celebrati i
12. Calunnia. — Gli Ateniesi ne avevano fatto una Divinità. Per altro gli scrittori più rinomati della Favola non fanno men
fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tutti gli esercizii del corpo. Nè pria tenne de’piè salde
salde le piante, Che d arco, di faretra e di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gravolle ; Non d’or le chiome o di monile i
ne infernale i suoi zii Titani. È opinione assai generalizzata presso gli scrittori della Favola, che il vero sesso di Camp
in una caverna. 933. Canatosa. — Fontana in cui Giunone andava tutti gli anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri d
che il re Cambise, avendo ucciso il bue Api, fu notato che fra tutti gli animali che si avvicinarono al cadavere di quello
solo i cani si pascessero del corpo dell’ucciso animale. Taluno, tra gli scrittori della Favola, ripete che nel tempio di
di geroglifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoco, disprezzavano gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli
il nome di Caonia ad una parte dell’Epiro. 945. Caos. — Era, secondo gli scrittori dell’antichità, una prima materia, suss
tralciata e confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi
chiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e la Notte,
no soccorso a Polinice nel famoso assedio di Tebe, ove egli comandava gli Argivi. Giove irritato dalle atroci bestemmie che
a ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il Senato avea tributato gli onori del trionfo, salivano con gran pompa e sole
carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così detta l’arte di trarre gli augurii e d’indovinare il futuro nei globi di fum
devasi anche ai caprai loro custodi ; tanto che, essendone morto uno, gli abitanti di Mendes dimostrarono il più vivo dolor
pretto. — Era questo l’animale che si sagrificava in generale a tutti gli Dei campestri e al Dio Fauno in particolare. 952.
Camillo. 986. Casio. — Soprannome di Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva su due montagne di questo nome, una vi
rascinò fuori del tempio, ritenendo come oltraggi le sventure ch’ella gli predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, ess
sua moglie Clitennestra lo avrebbe assassinato ; ma il re, come tutti gli altri, non pose mente alla predizione, la quale p
sa, liberò Andromeda, e ottenne da Giove che Cassiope fosse messa fra gli astri. 989. Cassotide. — Era questo, al dire di P
i olimpici. 995. Catabato o Cataibate. — Soprannome dato a Giove, che gli veniva dai prodigi per mezzo dei quali si credeva
era particolarmente consagrato a Marte, come Dio della guerra. Presso gli antichi era ritenuta la vista di un cavallo come
taglie future la vista di quattro cavalli bianchi. Al dire di Tacito, gli Svevi, antico popolo della Germania, nutrivano a
ttori è dubbia sulla origine di questo soprannome, volendo alcuni che gli venisse dall’aver fatto delle leggi sull’unione d
lo credendo che fosse una fiera, la uccise con l’istessa arme ch’ella gli aveva donato. Riconosciuto il suo fatale errore e
, il quale fu teneramente amato da Minerva. La Dea in prova d’affetto gli attaccò sulla fronte uno dei capelli della testa
sa del promontorio di Cene, ove egli aveva un magnifico tempio e dove gli si rendevano grandi onori. Sopra il monte Ceneo,
in torisdegnata del sacrifizio che essi le facevano, uccidendo tutti gli stranieri che transitavano il loro paese. 1056. C
stere, e s’adira. E per tre gole abbaia, e cerca scampo. La bava, che gli fa lo sdegno e l’ira, Del suo crudo veneno empie
ste, riprendendo il loro posto, per forza naturale, fa cevano a brani gli sventurati pazienti. Teseo disfece questo brigant
erpina avesse passato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e gli altri sei con sua marito all’inferno. Cerere avev
giurati pugnalirono Giulio Cesare e ne avesse trasportata l’anima fra gli astri. Racconta Svetonio che durante la celebrazi
la morte ; ma il nume suo padre lo aveva fatto immortale. Finalmente gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo
ssero i vascelli al loro passaggio. La tradizione favolosa ripete che gli Argonauti, spaventati da un simile effetto ottico
ribile stretto ; ma che apparisse dall’altra parte senza coda. Allora gli Argonauti offrirono un sacrifizio a Giunone, che
la nave Argo ove quelli erano imbarcati di naufragarsi ; per modo che gli Argonauti giunsero felicemente al loro destino. 1
di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. —
suo. Egli cantò così soavemente nel suo dolore, che divenuto vecchio, gli Dei mossi a compassione cangiarono in penne i suo
allora vedendo che le sue armi erano impotenti contro il suo nemico, gli si spinse addosso e afferratolo alla gola lo stra
sovente dedominato Cillenio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella Beozia, dove e
o rubò a Venere la sua cintura, e da quel giorno il suo discorso ebbe gli ornamenti, le grazie più attraenti. — V. Cesto. 1
narra che fu in quest’isola che Venere nascesse dalla spuma del mare gli abitanti di quest’isola avevano per quella Dea un
 — Uno degli eroi della Grecia. Pausania ripete che dopo la sua morte gli furono tributati gli onori eroici. 1161. Cladeute
la Grecia. Pausania ripete che dopo la sua morte gli furono tributati gli onori eroici. 1161. Cladeuterie. — Feste che si c
osì veniva denominata Iride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli e
a. — Questa specie di arma terribile, è l’attributo che concordemente gli scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il qual
iò a Cerere, come dea dell’agricoltura. 1197. Clone. — Soprannome che gli Egiziani davano ad Ercole. 1198. Clonio. — Uno de
alla sua bocca fosse uscito il primo uovo, che dette poi vita a tutti gli esseri mortali. Plutarco riferisce che gli Egizia
che dette poi vita a tutti gli esseri mortali. Plutarco riferisce che gli Egiziani della Tebaide, per un lungo elasso di te
i Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’o
un culto particolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose,
del Laberinto, presso la sepoltura del re. Per questo culto speciale, gli abitanti della città d’Arsinoe, presso il lago Me
itale il nome di Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Presso gli Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’
sere senza lingua era ritenuto come il simbolo della divinità. Presso gli Egizii che adoravano il coccodrillo, si credeva f
io, se avessero ricusato di cibarsi. Tazio, nelle sue opere, dice che gli Egiziani ponevano l’immagine del sole nella barca
sarebbe stato lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso gli Assiri era grande la venerazione per le colombe ;
ndo Sofocle due colombe della selva di Dodona, interrogate da Ercole, gli svelarono il limite della sua vita. 1221.Colonne
opera l’ingegno e le forze, per rendersi padrone della città, poichè gli assediati respinsero sempre valorosamente gli ass
one della città, poichè gli assediati respinsero sempre valorosamente gli assalitori. Scorato dell’impresa, egli s’accingev
233.Connida. — Precettore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono gli
dente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono gli onori divini. 1234.Consedio. — Di
Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono gli onori divini. 1234.Consedio. — Divinità che press
Ippio. 1240.Consuali. — Feste che si celebravano particolarmente con gli spettacoli del Circo, in onore del dio Nettuno Ip
ndo vendicare la morte di suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli trapassò la mano con un colpo di lancia ; ma fu d
nemente si costumavano in quei tempi. In memoria di tale avvenimento, gli Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato
o, perchè Acheolo gliene fece un dono per riavere il corno che Ercole gli aveva tagliato. 1267. Coroneo. — Fu figlio di For
enti ben presto della crudele sua vendetta, e per punire il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cang
sul quale la pitonessa o sibilla, rendeva i suoi oracoli. Taluno fra gli scrittori dell’antichità, pretende che il nome di
compiuta la funesta predizione dell’oracolo, perchè quando suo figlio gli si accosto per spogliarlo delle armi, essi si ric
lle armi, essi si riconobbero. Altmeno ottenne dagli dei che la terra gli si fosse spalancata sotto i piedi e lo avesse all
la mitologica narra che combattendo Ercole contro il gigante Gerione, gli fossero mancate le frecce e che egli avesse implo
e. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti di Ercole : fu celebre fra gli eroi della Grecia. 1287. Crepito. — Sconia e ridi
irmi. E consolarmi : O mio dolce consorte. A che si folle affanno ? A gli dei piace Che cosi segua. A te quinci non lece Di
lece Di trasportarmi. Il gran Giove mi vieta Ch’io sia teco a provar gli affanni tuoi : Che soffrir lunghi esigli, arar gr
nere, Nè donna lor, nè di lor donne ancella, Che la gran genitrice de gli dei Appo se tiemmi……… Virgilio — Eneide Lib. II.
iteneva come l’inventore dell’amo per pescare. Dopo la sua morte ebbe gli onori divini. 1298. Crinifo. — Principe Trojano i
chiamato l’uomo che nacque dal sangue della testa recisa di Medusa : gli fu dato questo nome perchè aveva una spada d’oro
re nelle file dei Greci, finchè la morte del suo anico Patrocolo, non gli fece rompere il suo giuramento. 1306. Crisia. — S
Smilaxa. Essi si amavano cosi teneramente e con tanta innocenza, che gli dei li cangiarono in arboscelli. 1314. Crodo. — D
lla voluttà. Veniva rappresentato sotto la figura di un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno d
rcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque : era questo il nome che gli Ateniesi davano al gran sacerdote di Ercole. Si c
o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva gli oracoli in versi, cosi armoniosamente poetici, ch
a. Saper cercò il destin della sua stella ; Ma il decreto fatal tanto gli spiacque, Che la fe’col figliuol gittar nell’acqu
me di Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si mise Giove nell
i suoi gridi fossero intesi da Saturno, che lo avrebbe divorato come gli altri suoi figli. 1364. Dattlomancia. — Specie d’
valor Dedalo, dove Del volo e delle penne il dosso priva : Nè d’uopo gli è d’andar cercando altrove ; Che quivi appresso a
ro cura di lui ad insaputa di Saturno, e perciò furono annoverate fra gli astri, ove formano la costellazione dell’Orsa mag
lla città d’Anguia, nella Licia, un tempio antichissimo, ove traevano gli abitanti di tutti i paesi circonvicini, per offri
a, quindi a Roma, poi presso i Galli e finalmente presso i Tedeschi e gli Spagnuoli : è questa almeno l’opinione generalmen
ente impressa nel loro cuore, che se pure disconoscenti del vero Dio, gli sostituirono altri esseri superiori alla specie u
nare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente di tutti gli dei, sebbene il suo incontrastato potere, fosse s
i di numi, fra le quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri, gli Acquatici e gli Infernali. Erano inoltre più part
e quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri, gli Acquatici e gli Infernali. Erano inoltre più particolarmente ador
Cerere, Giunone, Diana, Bacco, Mercurio, Venere, Nettuno e Plutone ; gli altri venivano denominati dei Minori, e fra quest
per le loro eroiche azioni avessero meritato di essere annoverati fra gli dei : fra questi furono Ercole, Teseo, Minosse e
molti altri. A maggior chiarimento noteremo qui, che, sebbene presso gli scrittori dell’antichità, si trovino indifferente
rovino indifferentemente adoperate le parole dii e divi, per indicare gli dei in generale, pure la parola dii, nel suo sens
chi obbietti del culto idolatra bisogna annoverare il sole, la luna e gli altri corpi celestri : in seguito l’aria, il fuoc
poli primitivi : il tuono, i venti, le comete, i pesci, i serpenti, e gli uccelli ; e fra i quadrupedi : il cane, il cavall
c : e finalmente la stravagante esaltazione si spinse fino ad adorare gli alberi e le piante, i metalli e le pietre, attrib
ansi il sole, la luna, le stelle, le costellazioni, le comete e tutti gli esseri fisici. Dei animati. Più comunemente
ne durante la vita, venivano, per mezzo dell’apoteosi, annoverati fra gli dei. Dei grandi. La mitologia greca e roman
o, secondo l’opinione di Eredoto, originarî dell’Egitto. Questi erano gli dei della prima classe, ovvero dei delle grandi n
vano sacrifizii, nè si ergevano altari. È però a notare che molti fra gli scrittori dell’antichità, fanno menzione di alcun
Erano : Cibelle, vanerata come madre degli dei, Vesta, dea del fuoco, gli dei Lari o Penati, Priapo, come dio dei giardini,
pee e le Sirene. Dei dell’inferno. Plutone, Cerere, Proserpina, gli dei Mani, Caronte, il navicellajo dello inferno,
ssero altre divinità che uomini deificati. Diodoro Siculo afferma che gli dei principali della mitologia greca e romana com
atra dei Greci e dei Romani ; ma la tradizione favolosa ci ripete che gli Egizii ed i Fenici, che sono i popoli riconosciut
tà. Il desolato genitore fa ritrarre la figura del morto figliuolo, e gli rende nel silenzio delle domestiche pareti gli on
del morto figliuolo, e gli rende nel silenzio delle domestiche pareti gli onori e la venerazione dovuta solo alla divinità.
altrettanti esseri soprannaturali. I primi ad essere deificati furono gli antichi re, e come prima di Urano e di Saturno, l
lzati all’onore dell’apotoesi ; e di questo numero furono quasi tutti gli imperatori romani, ai quali il senato comandava s
tori romani, ai quali il senato comandava si rendessero dopo la morte gli onori divini. Secondo che narra Erodiano nelle cr
uta da un decreto del senato, il quale imponeva che dopo la cerimonia gli venissero innalzati dei templi, offerti dei sacri
venissero innalzati dei templi, offerti dei sacrifizii, e resi tutti gli onori della divinità. Al dire del cennato scritto
che crudelmente anciso. In disonesta e miserabil guisa, Avea le man, gli orecchi, il naso e’l volto. Lacerato, incischiato
aprendeva la più piccola azione della sua vita, senza aver consultato gli Aruspici. Un giorno, avendo intrapreso un viaggio
naturale, ritornò d’onde era partito. La sera istessa, l’alloggio che gli era stato preparato sulla strada che doveva perco
che il centauro erasi dato a precipitosa fuga, per rapirgli la sposa, gli tiro una freccia che lo ferì mortalmente. Nesso,
el suo delirio, si gettò sui carboni accesi d’un sacrifizio, malgrado gli sforzi che Lica e Filotette, suoi amici, fecero p
i Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, era ritenuto, presso gli antichi, come il punto medio della superficie ter
acque in quell’isola — V. Delia. Durante il periodo di queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazione nell’isola di
rrea punta. Tenebrarsi i lumi Al trafitto che cadde fragoroso, E cupo gli tuonar l’armi sul petto. Omero. — Iliade — Lib. 
ittò tre di quei volumi alle fiamme, pretendendo lo stesso prezzo per gli altri sei che rimanevano. Il reperò la respinse d
dei suoi volumi, seguitando a pretendere sempre lo stesso prezzo per gli ultimi, e minacciando il re per la sua incredulit
nio allora colpito dalla perseveranza della sibilla, fece interrogare gli Auspici, i quali risposero che bisognava pagarle
ali risposero che bisognava pagarle il prezzo che essa pretendeva per gli ultimi tre volumi, essendo in quelli rinchiuso il
ia, ove fu accolto benignamente dà Licurgo, redi quella contrada, che gli fece sposare sua figlia Fillide. — V. Fillide. 14
esseri fantastici che popolavano l’immenso vuoto che esiste fra Dio e gli uomini. I demonii erano divisi in varie classi al
e ogni uomo, nascendo, aveva a guida un demonio o genio tutelare, che gli serviva per tutta la vita. È questa una credenza
collegata. 1415. Demonio di Socrate. — È oggidì cosa cognita a tutti gli studiosi. La forma credenza che il sommo filosofo
a dire albero del Libano. Da questo albero si facevano le corone per gli dei, ed era generale credenza presso i pagani non
recordati, nella tradizione mitologica, per aver derubati ad Ercole, gli armenti che questi avea tolti al gigante Gerione.
a. Al tempo in cui egli viveva, un diluvio universale distrusse tutti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir gli u
diluvio universale distrusse tutti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione
rsale distrusse tutti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra, sua
dall’uom furo gittati Tutti sortir faccia virile e sesso : Fur tutti gli altri in donne trasformatì… Ovidio — Metamor. — 
o a Diana Trad. di D. Strocchi, Moltiplici sono le denominazioni che gli scrittori della Favola danno a Diana, secondo il
he significa appunto giustizia punitrice. 1436. Dictea-corona. — Cosi gli antichi chiamavano la costellazione di Arianna ch
la di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Creta, alla quale gli antichi attribuivano l’invenzione delle reti per
ilissero sulle terre soggette al suo comando, ma l’astuta principessa gli richiese di venderle tanto terreno quanto bastass
ipolie. Si dava codesto nome ad una specie di cerimonia religiosa che gli Ateniesi celebravano in onore di Giove Polieno, r
hità ed i cronisti della favola, distribuiscono la divinità fra tutti gli esseri animati ed inanimati ; possibili ed imposs
; che a Giunone fossero, appesi ai piedi due incudi d’oro ; fanno che gli uomini bastonassero e ferissero gli dei, e che qu
iedi due incudi d’oro ; fanno che gli uomini bastonassero e ferissero gli dei, e che questi dovesseso fuggire ora in questa
Dioclie, uno degli eroi della Grecia a cui dopo la morte furono resi gli onori divini. 1456. Dicclesìo. — Eroe venerato co
ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più valoroso fra i Greci. Lampi gli uscian da l’elmo e dallo scudo D’inestinguibil fl
se ucciso da Enea e che i suoi seguaci ne furono così addolorati, che gli dei compassionevoli li cangiarono in uccelli. Dio
e per le sue crudeltà, e per la nessuna reverenza che egli ebbe verso gli dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri 
lacro di questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padrone di tutti gli arredi sacri, dicendo che volea profittare della
lie di che si rendeva padrone con sacrilega violenza. Ciò non ostante gli dei non fulminarono quest’empio, il quale, anzi,
morì placidamente in assai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giov
sai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo,
Essa fu scacciata dal celo da Giove, perchè metteva la disunione fra gli altri dei. Allorquando Peleo sposò Teti, la sola
ume era ritenuto come il dio della buona fede, ed è perciò che presso gli antichi era così frequente l’uso di prestar giura
urono stabilite in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gli animali, e dalla quale si credeva ch
te in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gli animali, e dalla quale si credeva che la dea Ange
cronisti della favola, vogliono che i Divipoti altro non fossero che gli dei Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell
era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di quercia rendevano gli oracoli divini. La tradizione mitologica, attribu
idi. 1489. Dodonidi o Dodonee. — Ninfe nudrici di Bacco ; quasi tutti gli scrittori si accordano nell’opinione che fossero
licheo o Dolichenio. — Sopranome di Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva nella città di Dolichene. 1492. Dolone
a l’antro in cui Temi prediceva il futuro, era quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quan
stizia, onde ottenere la somma promessa. Alcuni mitologi vogliono che gli abitanti di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo av
Esse comandavano e regolavano tutto ciò che riguardava i sacrifizii e gli affari della religione, ma sopratutto avevano fam
ipendenza molti altri sacerdoti e ministri di religione, come i Vati, gli Eubagi, i Bardi, i Sarronidi ec. Èssi menavano al
e, secondo il loro talento ; deponevano dai loro uffici i magistrati, gli alti e bassi dignitarii, e per sino i generali ed
li chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti gli abitanti dei suoi stati, da una terribile pestile
oracolo rispose che pesava su di essi la maledizione di Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una statua in onore di E
loro concittadino, fu proclamato vincitore ai giuochi. Da quell’epoca gli Acheeni, prima di recarsi agli esercizii olimpici
onde far ricerca della rapita. L’opinione però più generalizzata fra gli scrittori della favola è che Ecate fosse uno dei
rico. È questa per altro una notizia nè generalizzata nè ripetuta fra gli scrittori dell’antichità, di cui per contrario mo
ipetono che quel filosofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere gli animali. Al dire di Omero, Nettuno andò nell’ Eti
eolo ad un sacrifizio di diec i tori, al quale avevano invitato tutti gli dei boscherecci ed acquatici. 1543.Echione. — Re
a al suo amante Endimione, nelle montagne della Caria. Per altro come gli amori della dea non ebbero lunga durata, bisognò
e fosse la ragione alla quale i pagani attribuivano così fallacemente gli ecclissi, essi ritenevano che questi fenomeni del
he aveva portato il fanciullo a Polibio, venne a Tebe, lo riconobbe e gli palesò la sua vera nascita. Edipo per disperazion
e si amavano più perfettamente di Giove e di Giunone. Irritati perciò gli dei, mandarono la Discordia onde disunirli, e ben
i lavori d’impianto, non potè vedere, come molti altri architetti che gli successero, neanche la metà di tutta la costruzio
tte medesima in cui nasceva Alessandro il Grande. Circa 25 anni dopo, gli abitanti di Efeso vollero ricostruire il loro tem
l’imperadore lo fece annoverare fra le divinità. Coll’andar del tempo gli vennero innalzati dei templi, sacrificate offerte
grossarsi in proporzione. Non contavano che quindici anni allorquando gli altri giganti tentarono di dara la scalata al cie
74. Egenete. — Ossia quotidianamente rinascente. Soprannome col quale gli abitanti dell’isola Camarin, adoravano Apollo, os
atelli che non potette aver prole ; onde consultato l’oracolo, questo gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte
a sera, dopo un sontuoso banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto, gli fece trovare nella sua camera la figlia Etra, gio
vinti, impose loro un sanguinoso tributo ;quello cioè, che ogni anno gli Ateniesi avessero dovuto mandare in Creta sette g
o essere esposte alla ferocia del mostro di Creta, e Teseo dovè, come gli altri, sottostare alla comune fatalità. Egeo con
il nome Briareo, gigante figliuolo di Titano e della Terra. La favola gli attribuisce cento braccia e cinquanta teste. ….
a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio, gli rese la sua amicizia, dimenticando la parte più c
in essa discendere il gran sacerdote, o pontefice, rivestito di tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano quindi la
Egida. — I poeti detl’antichità danno questo nome allo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era di
i di lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio di prostituirsi a tutti gli uomini che incontrava. Quando Diomede ritornò in
e madre di Menezio. 1586. Egineti. — Con questo nome erano conosciuti gli abitanti dell’isola Egina, i quali furono prima d
gendo a loro capo Epidauro. Durante il periodo delle guerre persiane, gli Egineti furono quelli che più si distinsero per a
i anch’essi vedevano di male occhio la crescente prosperità di Atene, gli Egineti si gettarono sull’Attica, e da questo ten
o l’odio inestinguibile che divise poi sempre, con mortale inimicizia gli Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacci
nguibile che divise poi sempre, con mortale inimicizia gli Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacciati dalla loro
hi ne fossero i ruderi. Strabone ed Eforo dicono nelle loro opere che gli Egineti fossero i primi fra i Greci a coniar mone
ri fanno di Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È ques
divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È questa per altro un’opinione non convali
sazietà del possesso, l’ardente desiderio che questa donna bellissima gli aveva acceso nel sangue. Neofronte intanto, per v
veva acceso nel sangue. Neofronte intanto, per vendicare l’offesa che gli aveva fatta l’amico, fece in maniera che tirò all
il quale prese a ben volere il giovanetto, senza saperne l’origine, e gli affido l’incarico di assassinare Tieste, che allo
del figlio il quale, indegnato contro Atreo per l’infame incarico che gli aveva affidato lo raggiunse a Micene e lo uccise.
desir l’iniquo Egisto : Agammennone a tradimento spense, Soggettossi gli Argivi ed anni sette Della ricca Micene il fren r
ello di Danao. Fu principe buono e giusto, e queste pregevoli qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada
nsierata, faceva sovente vittime dei suoi scherzi i pastori e perfino gli dei campestri. La favola narra che avendo un gior
n essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gelse more. Egla
one. 1596. Egnatia. — Ninfa riverita come una dea nella Puglia in cui gli abitanti credevano generalmente che il fuoco si a
nifica capro, perchè egli essendo stato posto dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la figura di un Capr
lla loro tracotanza stava già per fulminarli, allorchè Teni Leparche, gli fecero osservare che non era conveniente farli mo
so gl’Indiani, e segnatamente nel regno di Bengala venivano tributati gli onori divini agli Elefanti bianchi. 1616. Elefeno
e discendente della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti di Eubea che aveva condotto all’assedio di
ma di cigno oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altri di quell’uovo usci la morte Delle superbe g
el giorno i due amanti divennero due famosi indovini. Cui non son de gli Dei le menti occulte, Che Febo spiri e ’l tripode
ui non son de gli Dei le menti occulte, Che Febo spiri e ’l tripode e gli allori Del suo tempio dispensi, e de le stelle E
le tracie incudi Alza Eleno la spada, ed alla tempia Deiporo fendendo gli dirompe L’elmo, e dal capo glielo sbalza in terra
i E feri Achille in un braccio in virtù dell’arco di oro che Apollo gli aveva regalato, senza di che sarebbe stato imposs
ortuna di Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consigli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Ettore, che a
S’era congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad. di A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria d
osì forte odore di zolfo, e tramandarono dei miasmi così ardenti, che gli uccelli cadevano morti se volando radevano troppo
l’ animale, percosse Elettrione così violentemente in una tempia, che gli produsse una morte istantanea. Elettrione era sim
ninfa Rodi. Essendo morta vergine, i suoi concittadini le tributarono gli onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige
, nel qual tempo tutt’i pubblici affari erano sospesi ; i tribunali e gli ufficî erano chiusi, e non si poteva condurre all
igliuoli di un re dell’isola di Rodi, chiamato anch’egli Elio. Quando gli Eliadi giunsero all’età virile, seppero da Apollo
ogni altro le avesse offerto un sacrifizio. Per troppa sollecitudine, gli Eliadi misero il fuoco alle legna preparate pel s
onomiche, e dettero un grande impulso all’arte della navigazione. Fra gli Eliadi, che erano sette fratelli di cui al dire d
quale fu per gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scopertosi il delitto, gli autori di esso fuggirono in diverse contrade per
1641. Elide. — Provincia del Peloponneso, celebre nell’antichità per gli spettacoli conosciuti sotto il nome di giuochi ol
0 anni in Eliopoli i corpi imbalsamati dei loro parenti e render loro gli onori del rogo. Da questo costume religioso è for
ole. In quel tempio era un oracolo i cui responsi venivano a chiedere gli abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte
la spedizione contro i Parti, vi fu taluno fra i suoi confidenti, che gli consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, on
ei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col quale gli domandava se dopo la guerra egli sarebbe ritornat
 ; ove egli regnava con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli eroi, abitatori di quel celeste soggiorno, trasco
i. È però a notare che i poeti osceni, di cui non è certo penuria fra gli scrittori dell’antichità, ripetono che gli abitat
ui non è certo penuria fra gli scrittori dell’antichità, ripetono che gli abitatori degli Elisi, avessero in premio della l
odia. Qualche tempo dopo una terribile pestilenza devastò il paese, e gli abitanti ricorsero all’oracolo onde sapere il mod
rupe assai alta e si uccise. Un Elpenore v’era, il qual d’etade Dopo gli altri venia, poco nell’armi Forte, nè troppo dell
amenti di quello venivano dallo avere un osso a traverso la gola, che gli cagionava una dolorosa ferita. Elpide non esitò u
le visceri profonde, l’intera isola di Sicilia, altro non fossero che gli inutili conati e gli sforzi impotenti che di trat
l’intera isola di Sicilia, altro non fossero che gli inutili conati e gli sforzi impotenti che di tratto in tratto il fulmi
campioni, dopo Ettore ; ed invero egli combattè eroicamente in tutti gli scontri ch’ebbero luogo nel decenne assedio della
ad Enea onde accondiscendere alle preghiere di Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra di questa
on ogni amorevolezza, e dove, l’oracolo interrogato da Enea su quanto gli restava a fare, additò al principe trojano in mod
a Delo il biondo Apollo, Allor che festeggiando accolti e misti Infra gli altari i Drïopi, i Cretesi, E i dipinti Agatirsi
io sia Rendi il mio corpo a’miei. Tu vincitore Ed lo son vinto. E già gli Ausoni tutti Mi ti veggiono a piè, che supplicand
umi uscirmi Si che non muoia ? Muori… ………….. E, ciò dicendo, il petto gli trafisse. Virgilio — Eneide Libro XII. trad. di
ia del fatto fu innalzato un tempio, ove all’eroe trojano furono resi gli onori divini. Anche nella città di Eneo, nella Tr
itirò come semplice privato presso Diomede, ove rese all’avo paterno, gli onori funebri con gran pompa e solennità, e volle
ammino. Così veniva soprannominato Mercurio dal costume in uso presso gli antichi di marcare le indicazioni delle strade co
Attica posta sulle rive di un fiume del quale, secondo la tradizione, gli abitanti arrestarono il corso per condurne le acq
Ippodamia. Secondo le cronache, Enomao, spaventato da un oracolo che gli aveva predetto ch’egli sarebbe ucciso da suo gene
iso da suo genero, essendo del continuo assediato dalle richieste che gli si facevano della mano della figlia, impose a que
nomao nella corsa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia fun
re il gigante, colse il momento che quegli, preso dal vino, dormiva e gli fece cavare gli occhi. 1694. Enoptromanzia. — Spe
olse il momento che quegli, preso dal vino, dormiva e gli fece cavare gli occhi. 1694. Enoptromanzia. — Specie di divinazio
he si dava a Nettuno come personificazione del mare deificato. Presso gli antichi ad Enorigeo si contraponeva Asfalione ; c
che da Greci Si disse Esperia, antica, bellicosa. E fertil terra, da gli Enotrii colta. Prima Enotria nomossi. or. come è
, ogni persona che predicesse l’avvenire, ed il luogo dove si davano gli oracoli. 1699. Entello. — Celebre atleta ; fu uno
parta, passò dinanzi la casa d’Ipocoonte, ed il cane che la custodiva gli si avventò addosso. Eono veggendo il pericolo di
elebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie di divinazione che gli Aruspici facevano coll’osservazione del fegato de
premio alla corsa a tre suoi figliuoli, proclamando che il vincitore gli sarebbe succeduto al trono. I fratelli Peone, Eto
la rese madre di Demonice e di Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste che gli abitanti dell’Attica celebravano con gran pompa i
, veniva adorato particolarmente dagli abitatori di Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto il nome di Giove Epido
addetti particolarmente alla persona del re. 1734. Epimeni. — Presso gli Ateniesi, al ricadere di ogni novilunio, si celeb
sua casa, ma appena picchiò all’uscio, da persone a lui sconosciute, gli fu domandato che cosa volesse e chi fosse. Finalm
in quel torno di tempo, scoppiata una terribile pestilenza in Atene, gli abitanti fecero venire Epimenide, persuasi che of
tro trascurò l’avviso del fratello ed accolse il falal dono che Giove gli fece inviandogli per mezzo di Mercurio la bella P
ò in una scimmia. 1737. Epinicie. — Davasi questo nome alle feste che gli antichi celebravano per solennizzare una vittoria
re una vittoria. 1738. Epinicio. — Si dava questo nome ad un inno che gli antichi costumavano di cantare per celebrare le v
. Epione. — Moglie di Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra gli uomini i più celebri di essi furono Podalisio e M
o. 1740. Epipirgide. — Dalla parola greca Ηπηρλορ che significa torre gli Ateniesi avevan dato questo nome ad una statua al
i, sotto il manto della tradizione, che mentre si aggirava pel campo, gli comparve un uomo di una grande statura, e con lun
no l’incarico speciale di preparare il banchetto a cui si credeva che gli dei prendessero parte, e che perciò veniva appare
1759. Eraclidi. — Nome collettivo dei discendenti di Ercole. Narrano gli scrittori della favola che Euristeo, re d’Argo, n
i Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli coi suoi seguaci. Ma gli Ateniesi presero le difese degli Eraclidi e uccis
a dell’oracolo (il quale aveva detto che per occupare il Peloponneso, gli Eraclidi avessero dovuto attendere il terzo frutt
’oracolo. Infatti non fu che un secolo dopo la morte di Euristeo, che gli Eraclidi poterono finalmente occupare quelle cont
cronache mitologiche ricordano di uno strano avvenimento. È detto che gli Eraclidi prima d’intraprendere la loro spedizione
ittima sgozzata si gettava ai piedi dell’altare, volendo dinotare che gli sposi dovessero vivere sempre in pace tra loro. L
lle opere degli antichi scrittori, vengono denotati col nome di Ercei gli dei Penati, forse nella significazione di protett
oso, compiendo le straordinarie fatiche, che il geloso odio della dea gli avea imposto fin dalla culla. Malgrado la formale
onoscenza dei diversi scrittori dell’antichità, basterà ricordare che gli egiziani potevano avere una ampia conoscenza, e f
rdine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la quale gli stessi fatti sono esposti nell’Iliade e nell’Odis
zioni dall’aver da principio voluto paragonare, e poscia identificare gli dei ed eroi greci a quelli delle altre nazioni. A
forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua audacia fino a disfidare gli dei, alla volontà dei quali per altro egli si sot
abilire fin dall’infanzia di Ercole che questi sarebbe annoverato fra gli immortali dopo la sua morte. Ma la gelosa Giunone
on mano inevitabile n’afferra Cli orridi mostri insani. E strangolati gli divelle in brani. Pindaro — Le odi Nemee — Ode I
ll’eroico fanciullo, e come, dopo la morte, egli verrà annoverato fra gli dei. Tal magnanimo eroe sarà il tuo figlio, Che
si accorgesse di non essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e gli insegnò l’arte di condurre i destrieri. Il trar
crito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Arpalico gli insegnò la lotta. In quante guise i flessuosi Ar
ampie campagne Redato avea, l’instrusse a tender l’arco. E a dirizzar gli strali. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV tr
ronte, E sostener la punta delle spade, Dispor le schiere, e disegnar gli aguati. Affrontare i nemici, e comandare I soldat
ivenne ben presto di una forza e di nna statura colossale. Apollodoro gli dà un’ altezza di otto piedi cirea. Per contrario
iotto anni, uccise un leone che, uscendo dal monte Citerone, decimava gli armenti ch’ei custodiva, una grande porzione dei
artato onde riflettere a qual genere di vita si sarebbe dato : allora gli apparvero due donne di grande statura di cui una
della Virtù ». Un giorno tornando dalla caccia Ercole si incontrò con gli araldi che Ergino inviava a Tebe onde ricevere il
vette per la prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tirinto, di servire Eurist
Euristeo durante lo spazio di dodici anni, di compiere i travagli che gli verrebbero imposti, e che dopo averli compiuti, a
i, ma cadde egli stesso sotto il peso di un’enorme pietra che Minerva gli lanciò, onde raffrenare il suo terribile furore.
erente alla voce dell’oracolo, Ercole si rese a Tirinto onde ricevere gli ordini di Euristeo. La più generale e la più rice
e in premio di esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma nè Omero, nè gli antichi poeti greci fanno menzione di questo nume
. Ercole lo combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città, Euristeo gli impose di rimanere fuori le mura, essendo spavent
. Ercole resosi in Creta, domò il toro, lo portò ad Euristeo e poscia gli rese la libertà. Diodoro dice che Ercole se ne se
ine e di vampa, Tal che miste le tenebre col foco Togliean la vista a gli occhi e’l lume a l’antro. Non però si contenne il
oco Più roggio, a lui che’l vaporava indarno, S’addusse, e lo ghermi, gli fece un nodo De le sue braccia, e si la gola e’l
De le sue braccia, e si la gola e’l fianco Gli strinse, che scoppiar gli fece il petto, E schizzar gli occhi, e’l foco e’l
la e’l fianco Gli strinse, che scoppiar gli fece il petto, E schizzar gli occhi, e’l foco e’l fiato e l’alma In un tempo gl
petto, E schizzar gli occhi, e’l foco e’l fiato e l’alma In un tempo gli estinse. virgilio. — Eneide — Libro VIII trad. d
egli combattè e vinse Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’era impadronito, avendo ucc
verso il mare Ionio, ma una tempesta violenta sollevata da Giuno ne, gli fece disperdere quasi tutti i conquistati animali
’esercizio dell’arco, Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re gli ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la op
icerche, che incontrò finalmente Deifobo, figlio d’Ippolito, il quale gli rese un tale servigio. Ciò non impedì per altro a
ale disperazione, che volle gittarsi nelle fiamme del rogo di lei, ma gli astanti ne lo impedirono. Sbarcato in seguito all
ola la chiamò Icaria in onore del defunto. Dedalo riconoscente perciò gli fece innalzare una statua, contro la quale Ercole
azione. Seguendo le tradizioni di Apollodoro, Ercole figura anche fra gli Argonauti, sebbene è opinione dello stesso autore
Argonauti a combattere le Amazzoni. Qualche altro autore pretende che gli Argonauti avessero abbandonato su di un’isola des
elle fortificazioni e si slanciò il primo sulle mura nemiche, ciò che gli valse, forse per gelosia, l’inimicizia di Ercole.
u spinto da una tempesta suscitata da Giunone, sull’isola di Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi compagni a co
idone per dimandare la mano di Dejanira, figlia di Oeneo, che Acheolo gli disputò invano. Inseguito i Calidonesi marciarono
a Un lauto sacrificio, allor che giunse Lica l’araldo, e quel tuo don gli porge. Fatal vesta di morte. Ei ne l’indossa. Com
dai rami in su l’altare Surse la fiamma, per le membra un largo Sudor gli si diffuse, e tutta, come Con glutine tenace, all
rra Alla giuntura, e via l’avventa incontro Ad alto scoglio : il capo gli si spezza Per mezzo, e misto col sangue e le chio
tipo di creazioni ideali, e oltrepassando i limiti che la tradizione gli aveva assegnato, ha lasciato alla posterità più m
una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La testa e gli occhi, paragonati al resto del corpo sono piccoli
culto di quella dea. Esse godevano di tanta pubblica venerazione che gli anni del loro sacerdozio servivano di data nei pu
di quella città, e narrano le cronache, che essendo in guerra contro gli Eleusini, seppe dall’oracolo che per riuscire vit
comune non aveva esitato un momento a sagrificare una figlia diletta, gli edificarono un tempio nella cittadella di Atene,
dificarono un tempio nella cittadella di Atene, e lo annoverarono fra gli dei. Secondo Euripide, Eretteo fu precipitato nel
pugna fossero, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua gli armenti di Gerione. Nel combattimento Erice fu vi
i chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono gli onori divini al morto re atlefa. 1777. Ericina o
ce di andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe morto, secondo che gli aveva rivelato l’arte della negromanzia, in cui e
Icaria. Seconda la tradizione, essa fu, dopo la morte, annoverata fra gli astri, ove formò, nei segni dello Zodiaco, la cos
e per ucciderlo bisognava trucidarlo tre volte. Evandro re di Arcadia gli tolse le armi e la vita. ………. ond’lo Sotto Prene
soffrire una spaventevole sterilità, e la fame e la peste decimavano gli uomini. Allora gli dei la fecero cercare da per o
ntevole sterilità, e la fame e la peste decimavano gli uomini. Allora gli dei la fecero cercare da per ogni dove, ma non gi
a divorare dalla fame cominciò dal mangiare avidamente tutto ciò che gli cadeva alle mani e finì col lacerarsi coi proprî
oduzione dell’uso di essi in Atene. Dopo la morte egli fu assunto fra gli astri, sotto la costellazione di Boote, ossia gui
cavalli del Sole. Al dire del Mitologo Fulgenzio, il nome di Eritreo gli veniva dal levare del sole, i cui raggi sono in q
la ninfa si gettò nell’acqua, e abbracciatolo strettamente, supplicò gli dei perchè le concedessero la grazia che i loro c
ll’altra il cimiero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano gli attributi di Mercurio. 1800. Ermete. — Essendo E
lcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua di Mercurio gli avessero tolto le braccia e tagliate le gambe, ed
ntichi re della Germania, il quale dopo la morte venne annoverato fra gli dei, in premio del suo eroico valore. In quasi tu
lie di Cadmo re di Tebe. Il giorno in cui ella andò all’altare, tutti gli dei abbandonarono il cielo per assistere alle noz
na statua di Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statua aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa di s
rdato come un essere soprannaturale e caro agli dei ; e dopo la morte gli furono tributati gli onori divini e dedicato un t
soprannaturale e caro agli dei ; e dopo la morte gli furono tributati gli onori divini e dedicato un tempio nella città di
cui troviamo così spesso menzione nelle cronache favolose, e in tutti gli scrittori della mitologia greca e romana, essi al
a greca e romana, nelle quali si trova assai di sovente ricordato che gli onori eroici furono spesso rese anche alle donne.
e dopo la sua morte ebbe in Atene un tempio ove le venivano tribulati gli onori divini, e da lei furono dette Erseforie, le
sportò con sè nel cielo. Dopo questo fatto i Romani resero ad Ersilia gli onori divini, e l’adorarono nell’istesso tempio d
seguire il sentiero della virtù. 1821. Erta. — Era questo il nome che gli antichi popoli della Germania davano alla madre d
nca della conversazione degli uomini. Allora si scopriva il carro ; e gli schiavi addetti al servizio della cerimonia, veni
acquistato tanto meraviglioso potere : Apollonio riporta che Minerva gli avesse dato il sangue della Gorgone, col quale eg
ione degli Argonauti, rese loro dei grandi servigi curando i feriti e gli ammalati, e seguendo la tradizione, risuscitando
vita Ippolito e Glauco, fu egli stesso ucciso dalla folgore che Giove gli lanciò temendo che il progresso della sua arte no
mendo che il progresso della sua arte non giungesse a sottrarre tutti gli uomini alla morte. …….. e l’iuventore Di cotal a
preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire gli armenti di Admeto come semplice pastore. Ovidio n
che era intimamente legato ai misteri del culto di questo Dio. Presso gli egiziani, e presso tutti gli antichi popoli dell’
misteri del culto di questo Dio. Presso gli egiziani, e presso tutti gli antichi popoli dell’Oriente si osserva il serpent
ndazione e che era adorato sotto la figura di un serpente, statua che gli fu, secondo la tradizione, eretta da Dionigi il t
to alla sua parola, Nettuno mandò un mostro marino che divorava tutti gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel
o nel suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non solo uccideva gli uomini e gli animali, ma faceva disseccare gli al
aggio da una terribile pestilenza, che non solo uccideva gli uomini e gli animali, ma faceva disseccare gli alberi e le pia
che non solo uccideva gli uomini e gli animali, ma faceva disseccare gli alberi e le piante. Adunatisi i capi del governo,
alla conquista del Vello d’oro, lasciò Esione ed i cavalli che il re gli aveva donato, a Laomedonte stesso, a patto però c
lli che il re gli aveva donato, a Laomedonte stesso, a patto però che gli avrebbe restituito il tutto al suo ritorno dalla
lanti pianeti. 1837. Espiatore. — Soprannome dato iu generale a tutti gli dei, el in particolare a Giove, il quale è ritenu
ni. 1838. Espiazione. — Specie di solennità o cerimonia religiosa che gli antichi istituirono per purificare le persone che
del suo delitto. Se l’espiatore accettava l’incarico che tacitamente gli dava il reo, col suindicato indizio di pentimento
are con più sicurezza le Furie. Non tutte le cerimonie espiatrici per gli omicidi venivano fatte con la stessa pompa, nè al
avarsi nell’acqua corrente. Così fece Enea, il quale non ardì toccare gli dei Penati che volea portar seco prima di essersi
il quale non credette che in una città in cui professavasi di temere gli dei, il giudizio degli uomini bastasse per assolv
olvere un delinquente, fece venire i pontefici e volle che placassero gli dei e che il reo subisse tutte le pruove che eran
re dette con vocabolo proprio lustrazioni, con le quali si redimevano gli eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popola
i sacrifizî espiatorî reiterati, onde allontanare le calamità di cui gli abitanti credevano minacciata la loro città. In q
un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossia di un lustro, come gli antichi chiamavano un elasso di tempo che compren
po a Colono — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Oltre a queste avevano gli antichi molte altri cerimonie espiatorie, come qu
Esta. — Nome particolare che si dava alle viscere delle vittime, che gli Aruspici esaminavano per prodire l’avvenire. Ques
plicavano agli avari : sacrificare ad Estia, vol endo significare che gli avari non concedono ad altri la meno ma parte di
re, considerare. 1844. Estipielo. — Istrumento del quale si servivano gli Aruspici per estrarre le viscere dal corpo della
dell’oro è tolta dai libri di Mosè, dei quali i Greci e segnatamente gli Egizii dell’età primitive, avevano conoscenza. L’
o meno felice, sebbene ancora riposato e tranquillo. Nell’età di rame gli uomini cominciarono a sentire lo stimolo delle pa
tune, è ver, ma colmo D’alle onoranze nell’Argiva terra. Volean d’oro gli amici a lui far dono : Ei ricusava, onde in sua l
il suo nemico Retrocedente e già di piaga offeso, Tra le file vicino gli si strinse, Nell’imo casso immerse l’asta e tutta
della città. ….. e contro l’estinto opra crudele Meditando, de’ piè gli fora i nervi Dal calcagno al tallone, ed un guinz
e riceva. Omero — Iliade — Libro XXIV trad. di V. Monti. Finalmente gli dei, mossi a compassione per un valoroso che li a
lagrime del suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado ; e gli permise di riportare in Troia il cadavere del val
con l’ajuto di questo fedel servitore che egli potè sterminare tutti gli amanti di Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu
vendo contrastato il possesso della città di Atene ad Eretteo, questi gli mosse guerra. Nella battaglia decisiva che fu da
ore, i capi degli eserciti nemici, rimasero entrambi uccisi, e allora gli Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famig
mo fu il vincitore nell’artistica disfida. In memoria di questo fatto gli abitanti di Locri, gl’innalzarono una statua rapp
re Talao. Omero dice di lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio di Troja, ed era simile agli d
ch’egli traeva dalle corde divine, ebbe l’arcano potere di commuovere gli inesorabili dei delle tenebre. Le furie stesse ne
te stendendo indarno Ambe le non possenti palme : e tosto Ciò detto, gli spari dagli occhi, come Misto col vento fugge in
re la sua strada, e fermarsi solamente in quel luogo ove avesse visto gli apparecchi di un sacrifizio cruento ; e che in qu
cruento ; e che in quel luogo egli avesse dovuto deporre la cassa che gli era stata tanto fatale. Ubbidiente alla voce dell
Dopo questa avventura, Euripile risanò completamente, e da quel tempo gli abitanti di Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo
e delle antichità dicono, a proposito di questo re, che essendo stati gli Argonauti spinti da una tempesta sulle spiagge de
onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare gli scanni di sabbia, che s’incontrano nelle circosta
ostante Euristeo ebbe sempre gran timore di Ercole, e tanto, che non gli permetteva di entrare in città, e facevagli comun
sercizio della freccia. Inorgoglito della sua destrezza osò disfidare gli dei e allora Apollo irritato, lo uccise. 1908. Eu
ano a quel banchetto. Questi sdegnati lo trascinarono fuori la sala e gli tagliarono il naso e le orecchie. …… il saporoso
di furor, mali commise. Molto ne dolse a quegli eroi, che incontro Se gli avventaro, e del vestibol fuori Trasserlo, e orec
incontro Se gli avventaro, e del vestibol fuori Trasserlo, e orecchie gli mozzaro e nari Con affilato brando, ed el, cui sp
manco nel corpo e nella mente. Quindi s’accese una cruenta pugna Tra gli sdegnati Lapidi e i Centauri : Ma, gravato dal vi
innamoratosene si cangiò in toro e accostatosi a lei, lasciò ch’ella gli salisse sul dorso ; ma appena vi fu assisa, il to
ripete che avendo i greci osservato che sulle sponde di questo fiume, gli alberi erano sempre verdeggianti, pubblicarono ch
, il cui nome primitivo era Imero. Essendo i Lacedemoni in guerra con gli Ateniesi, aspettavano per fissare il giorno della
ierò i suoi guerrieri in ordine di battaglia, ed appiccò la zuffa. Ma gli Ateniesi distrussero interamente l’esercito dei L
Capaneo — ella si ritrasse nella città di Eleusina dove si rendevano gli onori funebri al morto re, e quivi, vestitasi deg
ue colonia anche quello delle lettere, fino allora sconosciute, e ciò gli valse la stima ed il rispetto dei popoli Aborigen
stima ed il rispetto dei popoli Aborigeni, i quali senza nominarlo re gli ubbidirono sempre ritenendolo come un uomo caro a
de Alcide. Virgilio — Eneide — Libro VIII. trad. di A. Caro. Presso gli scrittori dell’antichità, è quasi generale l’opin
azione — Cerimonia religiosa per mezzo della quale i pagani evocavano gli dei ovvero le anime dei morti. Se ne distinguevan
rattere. La prima Evocazione era quella che si praticava per chiamare gli dei, quando si credeva necessaria la loro presenz
conteneva una specie di preghiera, che avea potere di far discendere gli dei, nel luogo ove si credeva utile la loro prese
specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire di Plinio, gli Etrurî evocavano il fulmine per liberarsi da qual
specie di Evocazione era quella che i pagani praticavano per evocare gli dei tutelari. Dice Macrobio, che quando i romani
ocazione sudetta, sarebbe stato un gran sacrilegio il far prigionieri gli dei penati e protettori della città nemica. « Al
della città nemica. « Allora il Dittatore uscito fuori, avendo preso gli augurü, e comandato che i soldati pigliassero le
dal latino Fovea che significa fossa, perchè, secondo la tradizione, gli amori di Ercole e di Vinduna, avvennero in una fo
fossa. Altri scrittori pretendono che questo primitivo nome di Fovio, gli venisse per essere stato il primo ad insegnare ai
ato il primo ad insegnare ai suoi concittadini la maniera di prendere gli orsi vivi nei fossi. Tutti i cronisti dell’antich
mitologica narra di lui uno strano fatto, dicendo che egli aveva male gli occhi in così triste modo, che era quasi interame
era quasi interamente cieco. Un giorno il dio di Epidauro, Esculapio, gli mandò per mezzo d’una donna chiamata Anite, una l
concepì qualche speranza, prese la lettera, l’aprì e gettandovi sopra gli sguardi si trovò così miracolosamente guarito che
ose che quella era conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato contro gli Ateniesi per l’indegno trattamento da essi fatto
acco nella loro città con solenni pompe e pubbliche cerimonie. Allora gli Ateniesi fecero fare gran numero di statue rappre
articolo seguente. 1935. Fallo. — Nelle feste di Osiride, costumavano gli antichi di portare in processione gran numero di
po che mancavano allo amato cadavere. Qualche cosa di simile facevano gli ateniesi nella celebrazione annuale delle feste d
dei giganti Encelado e Ceo, e ci ripete che la terra, irritata contro gli dei che nella guerra coi giganti, avevano distrut
agro e scarno. 1939. Fanatici. — Con questa particolare denominazione gli antichi chiamavano quelle persone, che dimoravano
utti i tempi delle altre divinità. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome di fanatico era preso in mala pa
ai di sovente si trova ripetuto nei fasti della mitologia pagana, che gli dei formavano spesso dei fantasmi per salvare e t
mavano spesso dei fantasmi per salvare e talvolta anche per ingannare gli uomini. Così Giunone per salvare Turno re dei Rut
lo seudo. La corazza, il cimieto e l’armi tutte Gli finse intorno, e gli dié il suono e’l moto Propri di lui, ma vani, e s
ogni che la tradizione mitologica fa figliuoli del Sonno. Il suo nome gli veniva dai differenti fantasmi che forma l’immagi
za pretender nulla in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento
e in quello di Fasi. 1948. Fatalità. — Questo nome particolare davano gli antichi a quella necessità di un avvenimento che
o. I pagani accagionavano tutto alla fatalità del destino, alla quale gli stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 1949. F
ino. 1949. Fatalità di Troja. — Tutte le cronache mitologiche, nonchè gli scrittori più accreditati concordano sulla opinio
narrazione, ed in particolare ai racconti adorni di finzioni. Presso gli antichi poi si dava il nome di favola, a tutti qu
a, coi suoi misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e con le cerimonie di esso. Lo st
i misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e con le cerimonie di esso. Lo studio dell’
no in gran maggioranza come quelle che hanno per sobbietto principale gli dei maggiori, e gli eroi più famosi dell’antichit
za come quelle che hanno per sobbietto principale gli dei maggiori, e gli eroi più famosi dell’antichità, dei quali il sost
uomini di penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempre muto per gli uomini ; e non rispondeva neanche alle donne, qua
ricoltura, fu dopo la morte, annoverato fra le divinità campestri ; e gli furono perfino assegnati degli oracoli in un vast
lacri e l’ombre Di ciò ch’ivi si chiede, e varie voci Ne sente, e con gli Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide — Li
dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui era detto che
tutto Si compie. Or via, sottomettiamci ognuno : Dal ricondur cessiam gli ospiti nostri, E dodici a Nettuno eletti tori Sac
ifizi ed offerte si facevano, al dire di Plinio, per rendere propizii gli dei infernali, alle anime dei defunti. Le cerimon
, che intimavano la guerra, e dichiaravano la pace, è dovuta, secondo gli scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo
, o innanzi alle porte della città ostile, e quivi, chiamando Giove e gli altri dei in testimonii, chiedeva ad alta voce ri
sacerdote Feciale lanciava nel territorio nemico un’asta, e invocando gli dei celesti e marittimi, dichiarava apertamente l
inciai : chè nulla Fidar vuolsi alla lingua : essa degli altri Ben sa gli errori castigar : ma in sua Propria causa assai d
ata si appiccasse, dopo aver scritta una lettera a Teseo, nella quale gli manifestava che tentata nell’onore dal figliastro
avevano i pagani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva gli oracoli di Dodona. La parola Fegoneo deriva dal g
metri. 1980. Feniee. — Uccello favoloso del colore della porpora, che gli antichi credevano unico della sua specie, e dotat
in quello, si consumava ai raggi del sole. Dalle midolle, ritenevano gli egiziani, che nascesse un verme da cui poi formav
a ed ha una lunghissima esistenza, vivendo da 500 ai 600 anni. Presso gli scrittori dell’antichità, è concorde ed unanime l
; la terza durante il regno dei Tolomei, e finalmente la quarta verso gli ultimi tempi del regno di Tiberio, imperatore rom
enice si chiamava del pari un’istrumento da corda assai in uso presso gli abitatori della Tracia, a causa forse del nome se
n Sire, e mi ditesse Come un padre il figliuol ch’unico in largo Aver gli nasca nell’ età canuta : E di popolo molto e di m
a Fera ossia Crudele, essendo questo il soprannome qualificativo, che gli antichi romani davano alla morte. 1984. Ferefatta
Albano, e quivi tutti uniti sacrificavano a Giove Laziale, un toro e gli offerivano del latte ed altre specie di libazioni
avendo una volta il fuoco consumato un bosco sacro alla dea Feronia, gli abitanti vollero trasportare in altro luogo la st
 ; ma che al momento in cui si accingevano al trasporto, furono visti gli alberi abbruciati coprirsi istantaneamente di fog
uo padre avesse inteso la verità. Il giovanetto narrò al padre quanto gli era avvenuto, e lo supplicò a non negargli una gr
trasportato d’affetto pel figliuolo suo, giuro per lo Stige, che non gli avrebbe nulla negato, e allora l’audace giovanett
enze. È scritto che i parieggiani del tiranno Pisistrato, volendo che gli ateniesi lo avessero riconosciuto come loro re, a
ato ; al suono della tromba raddoppiò di velocità e avendo sorpassato gli altri corridori, andò a fermarsi innanzi ai giudi
dagnato il premio. I giudici infatti dichiararono Fidolao vincitore e gli permisero in com memorazione di quel fatto d’inna
altrettanti figliuoli degli dei. 2002. Figliuoli. — In generale tutti gli dei detti Epidoti e molte altre divinità, di cui
città. In commemorazione di questo fatto, Filaco fu dichiarato eroe e gli fu innalzato un monumento nel tempio stesso di De
trare l’immenso amore che essi portavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli di Cartagine, surse u
tatasi la proposta, avvenne che i fratelli Fileni che rappresentavano gli interessi dei Cartaginesi, s’incontrarono coi Cer
nte volte essi non avessero accettato di ritornare sui loro passi. Ma gli eroici fratelli, ricusarono recisamente, per lo c
e metà cavallo, la ferì così crudelmente che supplicò notte e giorno gli dei, di toglierle la sua umana natura ; per lo ch
isse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano ucci
epolcro di Fillide. La tradizione allegoria della favola aggiunge che gli dei mossi a compassione del triste fato di Fillid
a lungo sopportare i sanguinosi rimproveri di lei, e le contumelie e gli oltraggi di che l’eroica giovanetta lo ricolmava,
nde attestargli l’immenso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le sue famose frecce, facendogli p
, ma cogli atti, il luogo ov’ erano nascoste le frecce. Ma ben presto gli dei, sdegnati contro lo spergiuro, lo punirono co
vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, q
cce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col quale egli aveva accen
so col quale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano sepolte, gli fece una mortale ferita, la quale ben presto si c
i suoi lamenti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fond
gli dei, servirono a prolungargli la vita, poichè uccideva con quelle gli uccelli di cui poi si cibava. Intanto i greci non
te armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’
innammorato della perversa donna, credè alle sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuoli. Ma gli dei sdegnati
redè alle sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuoli. Ma gli dei sdegnati fecero per mezzo d’Aquilone acciecar
eva fatto subire ai suoi innocenti figliuoli. La cronaca aggiunge che gli dei non soddisfatti del supplizio che avevano imp
llara. Finalmente elasso un non breve spazio di tempo, essendo stati gli Argonauti accolti cortesemente da Fineo, in ricom
oserpina. Cerere per ricompensare Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente di un albero di fico, facendo per t
o incenzi, voti e sacrifizi. Al dire dello scrittore Massimo di Tiro, gli Egiziani adoravano con un culto particolare ed es
rota in virtù di una legge che imponeva siffatto culto ; e finalmente gli Ateniesi ebbero un culto particolare per il fiume
us ; il Paniso era una della principali divinità dei Messeni, i quali gli offerivano ogni anno pubblici e solenni sacrifizi
simo, come figliuoli dell’ Oceano e della ninfa Teti ; e generalmente gli antichi effigiavano la personificazione di un fiu
lpa pentuta è rimossa. Dante — Inferno — Canto XIV. Oltre a questi, gli antichi riconoscevano pure come fiumi infernali i
to ad un dio particolare. I Flamini godevano di molti previlegi e fra gli altri di quello d’avere le loro figliuole, esenti
ttagli da Apollo, avesse appiccato il fuoco al tempio di Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono nel Tartaro, dov
, se non passando tl loto. Quale colui che grande inganno ascolta Che gli sia fatto, e poi se ne rammarca, Tal si fe Flegià
ate da me voi che mirate La pena mia. Non violate il giusto. Riverite gli dei. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Ca
crittore è di avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a tutti gli empi e sacrileghi che le cronache dell’ antichità
e dice, secondo Virgilio  :Imparale dal mio esempio a non disprezzare gli dei. È per altro a notare che questo passo del cl
ello, che atterriva e spaventava, presentandosi nei sogni sotto tutti gli aspetti che ispirano il terrore. 2038. Fobo. — De
del Centauro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offrì una lauta cena. Durante il banchetto, avend
di pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi di clava, per modo che gli altri intimoriti si dettero alla fuga. Folo finit
la custodia delle porte e propriamente ai ganci di esse : questo nome gli veniva probabilmente dalle sue attribuzioni, perc
poli Fareati, vi era un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e gli abitanti di Smirne, dettero incarico al famoso st
la della Giustizia e della Temperanza. 2053. Fraude. — Ben pochi sono gli scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzi
su le spalle, e la faretra Tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo Su gli omeri all’ irato un tintinnio Al mutar de’ gran p
spitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il quale gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi anni
me col quale i pagani invocavano Giove, come padrone dei fulmini. Fra gli scrittori dell’antichità, Seneca è quello che fa
o il terribile privilegio di scagliare i fulmini ; e solo Stazio, fra gli scrittori dell’ antichità, asserisce che la Giuno
servava attentamente l’ agglomeramento, la densità, il colore e tutti gli accidenti del fumo. V. Capnomanzia. 2061. Fuoco. 
tivi popoli della terra, e quelli coi quali ebbero dapprima relazione gli Ebrei, dettero il nome di Ur ad una città, perchè
dai pagani come le ministre inesorabili delle vendette celesti contro gli empi. Comunemente erano tre chiamate con nome par
punire i delitti e le colpe degli uomini, non solo nell’ inferno, con gli eterni castighi del Tartaro ; ma anche sulla Terr
ustier — Lettres LXVII a Émilie : sur la Mythologie. Moltiplici sono gli esempi, che gli scrittori dell’ antichità ci ripo
LXVII a Émilie : sur la Mythologie. Moltiplici sono gli esempi, che gli scrittori dell’ antichità ci riportano delle pers
 — Libro VII trad. di A. Caro. ecc. ecc. e finalmente è nota a tutti gli studiosi dell’antichità, l’orrenda confusione pro
rie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle nè di alzar gli occhi sui templi ov’esse venivano venerate. Sofoc
rono la loro tremenda persecuzione contro di lui ; e l’ altro là dove gli si erano mostrate meno avverse. Nei sacrifizi che
esta via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa, che gli eroi avevano accesso in cielo. Al dire del citato
to in un campo. Il pargolo atleta succhiò con tanta forza il seno che gli veniva offerto, che il latte cadde da quella in g
o la loro denominazione da un fiume nella Frigia, chiamato Gallo. Ma gli eunuchi di lei perchè chiamiamo Galli : mentre pa
stribuendo immagini, filtri e rimedi per ogni male. Girando batteran gli eunuchi Galli Cavi tamburi, e gran rumor faranno
l’ art. precedente. 2084. Gamelio. — Uno dei soprannomi di Giove, che gli veniva dall’essere ritenuto come protettore dei m
olse generosamente l’ospite fuggitivo ; ma ben presto la sua cortesia gli riuscì fatale ; imperocchè Danao, profittando sle
dei soprannomi che si dava al dio Giano, a causa delle due facce che gli venivano attribuite. 2098. Genetillidi. — Il solo
ettivo degli dei che presiedevano alla generazione. Al dire di Festo, gli dei Geniali erano i quattro principali elementi c
s’intendeva Priapo, Venere, la Fecondità e il Genio. Glio astrologi e gli indovini davano il nome di dei Geniali ai donici
e : a somiglianza di ciò che praticavano i greci in onore di Ecale, e gli Argivi in onore della dea Illichia, ritenute anch
geva sul monte Emo, nella Tracia, narra la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più di un cubo di altezza e
flamme dalle sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò gli armenti di lui ad EuristeoV. Ercole. Al dire dell
lore. Purpureo l’altro. Nè ciò basta a Febo ; (Tanto l’amico d’onorar gli piacque !) Che nelle foglie i suoi lamenti imprim
se per vendicarsi lasciato cadere il disco sulla fronte di Giacinto e gli avesse così cagionata la morte. 2116. Giacra. — S
ibro I. trad. di G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto di Giano, gli si facevano dei sacrifizi, in cui gli veniva offe
e cerimonie del culto di Giano, gli si facevano dei sacrifizi, in cui gli veniva offerto del farro misto al sale, e del pan
i acqua bollente, che travolse nei suoi gorghi gl’irrompenti nemici e gli fece tutti morire soffocati. Ella i Sabin già f
or giovanetto, a somiglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo ar
ua lira, e perfino l’arte di predir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti gli altri splendidi donativi, di che l’amore di un di
’amor suo, la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei che del
E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei che del vecchio infermo e già caduco
fferse. Ei che del vecchio infermo e già caduco Suo padre la salute e gli anni amava. Saper de l’erbe la possanza, e l’uso
de e del futuro ignaro Mostrarsi in pria, che non ritorre a morte Chi gli diè vita. Virgilio — Eneide — Libro XII. trad. d
e cento pingui altari Avea sacrati, e di continui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie eterne. Di vittime, di fiori e di ghi
dopo la sua nascita ; e ad avvalorare la pietosa menzogna fece tutti gli apparecchi dei funerali ; mentre con gran segrete
rincipe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giunto Giasone all’età di vent
esclusivo retaggio del giovanetto. Giasone seguì alla lettera quanto gli veniva imposto dalla volontà degli dei, e lo stes
llo straripamento delle sue onde ; ond’egli rimase in forze su quanto gli restava a fare, senonchè una vecchia apparsagli i
aveva anche soggiunto che egli avesse dovuto guardarsi da un uomo che gli sarebbe venuto incontro con un piede ignudo e con
lzato. Arrivato Giasone nella città di Jolco, attrasse dapprima tutti gli sguardi per la sua strana vestitura ; e la sua no
noscere da Pelia come figliuolo di Esone, dimandò lealmente allo zio, gli rendesse il retaggio paterno, e gli restituisse l
sone, dimandò lealmente allo zio, gli rendesse il retaggio paterno, e gli restituisse l’usurpata corona. Ma Pelia, astuto p
e sapendosi odiato, cercò di eludere le incalzanti dimande di lui, e gli propose, onde allontanarlo da Jolco, una gloriosa
le, condiscese facilmente alla volontà di Pelia, tanto più che questi gli promise formalmente che al suo ritorno dalla glor
avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del quale gli avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era in
Le tradizioni mitologiche aggiungono, a questo proposito, che perfino gli dei avessero preso interesse alla perigliora intr
ola governata da donne sole, le quali sprezzando l’imperio dei mariti gli avevano tutti ammazzati e regnando Isifile già fi
za di Giasone, e attratta da un sentimento di irresistibile simpatia, gli avesse promesso ogni soccorso quante volte le ave
spra mia contrada Giovin cercante sotto stranio cielo Quel che cercau gli eroi, gloria e periglio. Chiede del padre mio ! M
, accettò le immani condizioni ; e il giorno dopo si radunarono tutti gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito
sciati i due terribili tori, la cui sola vista fece fremere di orrore gli spettatori, ma che non valse ad intimorire l’eroi
e essi ciechi di furore, vennero alle mani fra loro, e si distrussero gli uni cogli altri. Compiuta questa prima parte dell
ia, onde pretendere da lui la restituzione del trono paterno, che ora gli era doppiamente dovuto, sia per essere suo retagg
ora gli era doppiamente dovuto, sia per essere suo retaggio, sia per gli enormi pericoli che aveva dovuto affrontare onde
nte e vagabonda. Al dire di Euripide, una predizione che Medea stessa gli aveva fatta, che, cioè egli sarebbe morto sotto g
che Medea stessa gli aveva fatta, che, cioè egli sarebbe morto sotto gli avanzi della nave degli Argonauti, sì compì qualc
cranio del dormente. Giasone dopo la morte fu venerato come un dio, e gli furono innalzati gran numero di monumenti e di st
ava in Egitto a quei sacerdoti, i quali avevano l’incarico di nudrire gli sparvieri consacrati ad Apollo, ossia al Sole. 21
’antichità quei segni o caratteri di cui particolarmente si servirono gli Egiziani ed i Caldei, per esprimere senza parlare
riva da due vocaboli greci ιερος, γλυφω che suonano scolpisco, perchè gli Egiziani quando cominciarono a servirsi di questo
campo di configurazioni e di forme esprimenti l’idea principale a cui gli antichi egiziani volevano far servire i diversi G
nare la folla dalla casa di un ministro o di un pubblico funzionario, gli egiziani costumavano di disegnare sulla porta del
mavano insieme la figura di un vecchio che aveva un dito alla bocca e gli occhi bassi, come persona raccolta nei suoi pensi
rale l’opinione dei cronisti, sull’applicazione di questo nome presso gli egiziani. Taluni pretendono che fossero dei sacer
amente atterrito dagli sforzi sovrumani, chiamò in suo soccorso tutti gli dei ; ma questi spaventati fuggirono chi in quest
di animali diversi. …….. e che sotto mentite Forme si nascondessero gli Dei. E narrò che in marito della greggia Giove si
e Minerva, vedendo lo scompiglio ed il terrore che aveva invaso tutti gli animi, e ricordando la minacciosa profezia dell’o
’esser puote, i vorrei Che dello smisurato Briareo Esperienza avesser gli occhi miel. ………….. Quel che tu vuol veder, più là
della mitologia, sotto il nome di Giganti, le cronache della favola e gli scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno
er riempirla di acqua bisognò vuotarvi due intere zucche, secondo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e ch
fica ignudo, furono così detti alcuni giuochi e combattimenti, in cui gli atleti che vi prendevano parte, erano nudi, per e
n piedi. Per contrario il pugillato, eseguito dai gladiatori, era fra gli esercizi Ginnici il meno stimato. Questi differen
notare che presso i pagani non si celebrava nessuna gran festa senza gli esercizi Ginnici. 2154. Ginnopedia. — Dalle due p
anesimo che raffigurava sotto differenti e sensibili sembianze, anche gli oggetti inanimati, innalzandoli sovente al posto
rappresentato come un giovanetto, coperto d’un gran velo che dal capo gli scendeva fino ai piedi, e avente una torcia nella
ati e i disgraziati. Secondo si rileva dalle cronache dell’antichità, gli Egizii ed i Caldei furono i primi a fare codesta
le Furie e l’Orco ; e che la terra avesse partorito Giapeto, Tifeo e gli altri mostruosi giganti, che dettero la scalata a
esto di le Furie e l’Orco, La terra infausta partori Tifeo, Giapèto e gli altri ad assalire il cielo Congiurati fratelli ;
iosa credenza dei romani riguardo ai diversi giorni del mese. Infatti gli scritti dell’antichità rivelano, come essi ritene
in Africa, sebbene il movimento doveva eseguirsi in alcuni giorni che gli Auguri avevano additati siccome infausti. E final
o, aggiungendo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza di tutti gli altri suoi figliuoli, se Rea, non avesse dato al
gli, perchè un’antica predizione a lui fatta dal Cielo e dalla Terra, gli aveva annunziato ch’ egli sarebbe detronizzato da
ttenuta vittoria ; ma che questo sacrifizio, cruento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tut
IO — Metamorf.. Libro I Fav. V. trad. del Cav. ERMOLAO FEDERICO. Fra gli alberi, l’ulivo e la quercia erano sacri a Giove 
posa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia di Giove, su tutti gli esseri creati, siccome l’aquila ha la supremazia
qualunque si fosse la parte del mondo da essi abitata. Per contrario gli abitanti dell’ isola di Creta, rappresentavano Gi
altre contrade il culto ; e finalmente moltissimi dal motivo per cui gli erano stati innalzati dei templi o consacrate del
vita selvaggia, occupata solo nella caccia e nella pesca. Ben presto gli abitanti dell’Arcadia, risentendo i benefici effe
che ogni popolo dell’ antichità, ebbe il suo Giove particolare ; così gli Sciti onoravano il Giove Pappeo ; gli Etiopi il G
il suo Giove particolare ; così gli Sciti onoravano il Giove Pappeo ; gli Etiopi il Giove Assabino ; i Galli il Giove Taran
ove Pappeo ; gli Etiopi il Giove Assabino ; i Galli il Giove Tarano ; gli Egizii il Giove Serapide ; i Persi il Giove Celo 
Giove Tarano ; gli Egizii il Giove Serapide ; i Persi il Giove Celo ; gli Assiri il Giove Belo ecc. Nè solo a questo si arr
risce che quel simulacro aveva tre occhi, uno in mezzo alla fronte, e gli altri due al medesimo posto ove gli ànno le teste
cchi, uno in mezzo alla fronte, e gli altri due al medesimo posto ove gli ànno le teste degli uomini ; e che ciò dinotava i
al giogo, che durante la cerimonia nuziale, si metteva per poco sopra gli sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo
si rese celebre per la sua grande virtù, che le valse, dopo la morte, gli onori divini. Il cennato scrittore racconta che i
iove avesse ordinato a Mercurio d’invitare alle feste, non solo tutti gli dei e tutti gli uomini, ma persino tutti gli anim
nato a Mercurio d’invitare alle feste, non solo tutti gli dei e tutti gli uomini, ma persino tutti gli animali. Solo la nin
le feste, non solo tutti gli dei e tutti gli uomini, ma persino tutti gli animali. Solo la ninfa Chelonea ricusò di tenere
nisti più accreditati dell’antichità, i quali riferiscono a centinaja gli esempi di avvaloramento a quanto asseriamo. Infat
ggiungessero altri due, cioè : Marte, Dio della guerra, e Tifone. Fra gli scrittori che aggiungono questi ultimi due, ai fi
ncora la speciale presidenza degli abbigliamenti muliebri, e di tutti gli ornamenti, e presiedeva anche alla moneta per mod
tributo a nessun’altra divinità. Anche il papero e lo sparviere erano gli uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione
V. Giove. Finalmente per completare le notizie storicomitologiche de gli scrittori dell’antichità ci hanno trasmesso sulla
atrice, Sospita, Moneta, Placida ecc. ecc. Per tutti questi nomi vedi gli articoli particolari. 2173. Giunoni — Nome collet
o ai genii particolari delle donne. Era credenza generalizzata presso gli antichi, che tutte le donne avessero una loro Giu
chi, che tutte le donne avessero una loro Giunone particolare e tutti gli uomini un genio. Della verità di quanto asseriamo
ochi pubblici si distinguevano dai pagani le corse, i combattimenti e gli spettacoli. Le corse dette anche con nome proprio
facevano in onore di questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava più propriamente il n
stmi ed i Pilj, che erano tenuti in grande considerazione, sopratutto gli Olimpici, la cui celebrazione marcava perfino con
minor pompa dei sopracennati, ma che ciò non pertanto avevano presso gli antichi una tal quale importanza. Fra questi biso
mportanza. Fra questi bisognerà ricordare i giuochi detti Capitolini, gli Aziacei, gli Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi,
a questi bisognerà ricordare i giuochi detti Capitolini, gli Aziacei, gli Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi, e poi gli Eq
pitolini, gli Aziacei, gli Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi, e poi gli Equestri, i Florali, i giuochi di Cerere detti an
etto, L’abbranca e l’alza. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra. Al ginocchio di retro ove si piega. Tale
mosse, volavano in un groppo, Densi globi di polvere levando. Avanzù gli altri Clitoneo, che, giunto Della carriera al fin
zione mitologica racconta a proposito dell’inviolabile giuramento che gli dei stessi facevano per le acque stigie, che aven
ti, il padre dei numi in riconoscenza verso di lei, comandò che tutti gli dei avessero giurato per le acque stigie ; e che
i. Lo storico Serbio, rende ragione di simile tradizione col dire che gli dei essendo beati ed immortali giuravano per lo s
o era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti dell’isola di Sicilia, andavano uel temp
lia, andavano uel tempio degli dei Palici a fare i giuramenti ; e che gli spergiuri venivano immediatamente puniti ; e tant
ergiurato. Presso i romani era anche comunissimo l’uso di giurare per gli dei e per i semi dei. Comunemente essi giuravano
ri Eleusini. Le donne gioravano ordinariamente per le loro Giunoni, e gli uomini per i loro genii V. Giunoni. Sotto il gove
nel cielo sul carro del padre suo, al quale dimandava vendetta contro gli uomini, tutte le volte che questi offendevano le
te tutto il periodo dell’età dell’oro, conversando giorno e notte con gli uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e insegnan
imo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionieri di guerra, gli sehiavi, all’ombre degli uomini grandi, caduti in
sto barbaro uso, fu seguitato ; e ai funerali dei ricchi s’immolavano gli schiavi che loro avevano appartenuto. Però a misu
alle pompe dei funerali solenni, fu introdotto il costume di far che gli schiavi combattessero fra di loro, piuttosto che
figliuolo d’Ippoloco ; e come uno dei comandanti dei Licii, che sotto gli ordini del famoso Sarpedone, soccorsero i Trojani
gni altro guerriero, dette in cambio delle armi di bronze che Diomede gli avea dato, un’intera armatura d’oro, stimata al v
ti del paganesimo, per la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse più volte gli onori del premio nei giuochi
er la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse più volte gli onori del premio nei giuochi Ginnici. Narra la tr
utta la sua forza, stava per essere vinto, allorchè suo padre Dimilo, gli gridò ad alta voce : Ricordati dell’aratro. Quest
ochi Nemei e negli Istmi, e due nei giuochi Pitii. In memoria di ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste, sua patria, n
molti sacrifizii agli dei, in ringraziamento dei segni di favore che gli avevano dato. 2189. Gordio — Padre di Mida V. l’a
he un povero lavoratore, ricco solo d’un pajo di buoi ; uno dei quali gli serviva per tirare il carro, e l’altro per arare
o viaggio, e quella fanciulla, che era della schiatta degli indovini, gli rispose che doveva sagrificare a Giove sotto l’ap
lio che fu chiamato Mida. Intanto con l’andare degli anni essendo fra gli abitanti della Frigia surte delle gravi dissensio
e, per mezzo di un re che fosse venuto ad essi su di un carro. Mentre gli abitanti della Frigia stavano in attenzione del c
ui alito era così velenoso, che uccideva all’istante tutti coloro che gli si avvicinavano. Aveva sulla testa una massa folt
nte di lunghissimi crini, i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivano di vedere gli oggetti, se non dopo d’e
i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivano di vedere gli oggetti, se non dopo d’essersi tolti innanzi agli
loro bellezza era così istantanea, che fu detto caugiassero in pietre gli uomini. Plinio ne parla come di donne selvagge, a
ro, ricusando di restituirlo alle sue regine, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua di Minerva, di oro mas
ndiscendere alla volontà di Perseo, questi l’avesse ucciso. Anche fra gli scrittori moderni, tanto italiani quanto stranier
Gortina — Detta anche Cortina, città dell’isola di Creta ; famosa per gli ottimi pascoli che vi si trovavano. Riferisce Ome
l’inaspettati ospiti nei suoi domestici lari, egli avesse interrogati gli Aruspici, onde saper il modo di regolarsi. Gli Ar
e dea dell’agricoltura, che feconda la terra, è madre comune di tutti gli uomini. 2201. Grazie — Fra l’estesissimo numero d
ali non riconoscevano che due sole Grazie chiamate Faenne e Clito ; e gli stessi Ateniesi avevano la medesima credenza, e l
onno ed un’altra a Vulcano. Un uso assai strano erasi adottato presso gli antichi, riguardo alle tre Grazie ; e questo cons
resentanti le Grazie. Con questa singolare costumanza, volevano forse gli antichi ammaestrarci del come non si debba presta
a notizia il re gettò la corona che, secondo l’uso di tali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni di ch
vilito di tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è di danaro gli abitanti del Chersoneso, in una grave congiuntura
to la strana configurazione, racchiude alcune idee morali, come tutti gli altri simboli della mitologia pagana. Per esempio
, un senso allegorico molto più elevato ed importante. Infatti presso gli egiziani, le due configurazioni fisiche di leone
o divinità. Ciò nonostante il nome di Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una specie di dio preservatore, ch’essi
te sulle rive del flume Fromo, nella contea di Dorset. Sono ben pochi gli autori che ne han fatta menzione. 2219. Heriafadu
’isolani dell’arcipelago. Un’antica tradizione locale assicurava, che gli dei stessi servivano dopo la morte gli uomini vir
dizione locale assicurava, che gli dei stessi servivano dopo la morte gli uomini virtuosi, che Higolajo ammetteva nel soggi
e dal nome di lei furono detti Hossir o Hnosser i giojelli, le gemme, gli ori e tutte le ricchezze della terra. 2222. Hoang
223. Hobal. — Nelle lingue semitiche il Sole si chiama Baal, e da ciò gli arabi danno il nome di Hobal, ad un loro dio che
che involontariamente ucciso uno. Essi tributavano a questo volatile, gli onori divini, adorandolo come una delle loro divi
cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di serpenti alati, che gli ibi distruggevano interamente. I naturalisti asse
della famosa Penelope, sposata da Ulisse. Allorquando l’astuto greco gli chiese la mano della figliuola, Icario trovavasi
l marito salì sul carro, Icario segui correndo i veloci corsieri, che gli rapivano il suo tesoro, per modo che Ulisse, stan
velenati, uccisero il disgraziato Icaro. Bacco sdegnato allora contro gli abitanti dell’Attica disertò la loro contrada con
a, la quale non ebbe fine se non quando furono morti un dopo l’altro, gli uccisori d’Icaro ; che fu dopo la morte posto nel
onarli. 2232. Icneumone. — Gli egiziani in generale, e in particolare gli abitanti di Eracleopoli, tributavano a questo ani
particolare gli abitanti di Eracleopoli, tributavano a questo animale gli onori divini. Ciò avveniva, secondo asserisce Dio
ti. Finalmente egli uccise Castore, perchè, a simiglianza di Apollo, gli aveva sedotta la moglie Febe, figliuola di Leucip
di flauti e di timballi. — V. Palatina. È opinione assai ripetuta fra gli scrittori dell’antichità, che il nome d’Idea si d
dicati a Diana e quei giorni venivano ritenuti come festivi tanto che gli schiavi non lavoravano. Per contrario gli idi di
nuti come festivi tanto che gli schiavi non lavoravano. Per contrario gli idi di marzo erano riguardati come giorni sfortun
destino, si compì in tutta la sua terribile verità. Un giorno, mentre gli Argonauti davano in una città della Tracia la cac
te, Idomeneo fe voto a Nettuno, di sacrificargli la prima persona che gli si presenterebbe allo sguardo, nel metter piede n
tirsi atrocemente del voto disumano ; imperocchè la prima persona che gli si parò innanzi fu il proprio figliuolo, l’unico
re il proprio figliuolo sulle are sanguinolenti del dio del mare. Fra gli autori antichi ve ne ha molti i quali pretendono
città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la morte di lui, gli abitanti della novella città riconoscenti verso l
aver egli mantenuto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo, gli tributarono gli onori divini e gl’Innalzarono ero
uto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo, gli tributarono gli onori divini e gl’Innalzarono eroici monumenti. T
ittà di Gnosso, i cui abitanti gl’innalzarono un magnifico sepolcro ; gli tributarono gli onori divini, e nelle battaglie n
i cui abitanti gl’innalzarono un magnifico sepolcro ; gli tributarono gli onori divini, e nelle battaglie ne invocarono il
i cui dette a guidare i destrieri al suo fedele amico Iolao, il quale gli servi da cocchiere. La favola aggiunge, che quand
a mettevano su di un’alta impalcatura, specie di teatro, su cui tutti gli abitanti salivano per adorare, con le mani levate
. L’idromanzia veniva comunemente praticata in due modi : o invocando gli spiriti che si supponeva si vedessero in fondo al
a del suo amico Achille. Dormi Patroclo in altra parte, e a lato Ifi gli giacque, un’elegante schiava Omero — Hiade — Lib
icolo precedente ; onde sapere da lui il mezzo di aver prole. Melampo gli disse allora che avesse conficcato un largo colte
i guerrieri che presero parte alla prima spedizione di Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai figli di Attore, egl
di Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo similmente avea nome un altro fra gli Argonauti che fu figlio di Testio, e fratello di
o riferisce Plauto, avesse voluto risparmiare alla sua amante Alcmena gli atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. —
ezzi di poterla allevare. Sgomentata la povera madre pregò caldamente gli dei che le avessero mandato un figliuolo maschio 
osa rimase per lungo tempo nascosta, perchè forse per un miracolo che gli dei vollero operare in favore di Feletusa, la cre
mpiaciuta dell’inatteso cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere s
 — Moltiplici e diverse sono le opinioni, i pareri, e le credenze che gli autori così antichi come moderni ci hanno tramand
lamine sacrificatore. Questi brandisce il ferro e dono avere invocato gli dei, lo configge nel seno verginale della vittima
nvocato gli dei, lo configge nel seno verginale della vittima e tutti gli astanti ne risentono il colpo ; ma improvvisament
sdegno celeste avesse risoluto di sacrificare la figlia onde placare gli dei ; ma che i soldati greci si fossero opposti v
questo giovane principe un luttuoso avvenimento, ripetendo che giunti gli Argonauti sulle spiagge della Troade mandarono un
va carissimo, discese sulla spiaggia per ricercarlo facendo risuonare gli echi di quelle rive abbandonate del nome mille vo
fece edificare una cittadella nelle mura di Troja e da ciò i poeti e gli scrittori dell’antichità, chiamano col nome d’Ili
incipe, legato di parentela e d’amicizia con Ercole prese a difendere gli Eraclidi suoi discondenti ; assegnò ad essi uno s
eo mosse alla testa di un esercito alla volta di Atene per scacciarne gli Eraclidi, Illo, duce supremo delle milizie atenie
sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l’inimicizia fra gli Eraclidi ed i Pelopidi ; e la guerra minacciava d
di, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se era vinto, gli Eraclidi non avrebbero potuto entrare nel Pelopon
che dopo un periodo di cento anni. Nel combattimento Illo fu ucciso e gli Eraclidi perciò non poterono entrare nel Peloponn
nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la forma di un elmo che gli antichi chiamarono Trafitide ; e che questa pietr
strana facoltà di saltare da sè sola, sulla sponda tutte le volte che gli echi circostanti ripetevano lo squillo di una tro
Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la quale gli antichi pronunciavano le imprecazioni, allorquand
rone, dal fatto seguente. Nel tempio di questo dio, si conservava fra gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di gra
a cronaca che il poeta Sofocle, ebbe in sogno una visione nella quale gli apparve Ercole stesso e gli mostrò la persona che
le, ebbe in sogno una visione nella quale gli apparve Ercole stesso e gli mostrò la persona che avea consumato il furto. Il
ere, madre dell’eroe, loavea trasportato in cielo e l’aveva posto fra gli dei, dopo averne purificato il corpo nelle onde d
va ancora ai suoi tempi un monumento consacrato a Giove Indigeto, ove gli venivano offerti continui sagrifizii. La parola I
zii. La parola Indigeto deriva dal latino in diis ago cioè : sono fra gli dei. Oltre a questo i romani davano la denominazi
o i romani davano la denominazione collettiva di dei indigeti a tutti gli eroi che essi avevano divinizzato, per mezzo dell
ormarono della indovinazione, una scienza arcana e misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono di formarne un
to numero di denominazioni delle quali han fatto menzione quasi tutti gli autori antichi. 2282. Indovini. — I greci li rite
tra un toro ed un bue, forse per indicare che l’indulgenza ammanzisce gli animi più brutali. 2284. Inferno. — Questa parola
ni del celebre scrittore, non avevano la costumanza adottata da tutti gli altri abitanti della Grecia, quella cioè, di mett
bbe in verità dare una spiegazione esatta, dell’analogia che vedevano gli antichi, fra il nome d’Intercidona e la protezion
tizione facea commettere ai pagani ; i quali credevano fermamente che gli dei cangiassero le viscere delle vittime, nel mom
e, onde significare per mezzo di quelle, la loro volontà. Però presso gli antichi stessi, vi erano ben molti che non presta
eri degli animali svenati nel sagrificio da lui offerto agli dei, non gli avevano dato una favorevole risposta, circa le so
o generale ?… » 2289. Inverno. — A somiglianza delle altre stagioni, gli antichi aveano personificato anche l’inverno, rap
costante affanno Di riposo non gode, ma rivolge In mente de’ mortali gli abborriti Successi : e questi rivolgendo in mente
e fa che Prometeo disveli ad Io la durata delle sue pene e le mostri gli altri travagli che la gelosa Giunone le riserbava
enza degli dei ; poichè la opinione generale presso i pagani, era che gli dei si rivelassero agl’uomini, o per mezzo dei so
tei tutti coloro che la negavano. Cicerone stesso, al quale fra tutti gli altri autori dell’ antichità, non si può dar cert
mezzo dell’ isola sorgeva un magnifico tempio, a lui dedicato, e dove gli si facevano le più ricche offerte. Finalmente gl’
ballasse, al suono della sua lira, come a rallegrarsi degli onori che gli si rendevano. Ricchissime e continue erano le off
passare le offerte di mano in mano, fino a Delo, e si presero perciò gli accordi nenessarii con gli abitanti delle differe
in mano, fino a Delo, e si presero perciò gli accordi nenessarii con gli abitanti delle differenti città, che si trovavano
ome padre del sole e della luna. Nè a ciò si arrestano le notizie che gli autori dell’ antichità, ci hanno tramandate su qu
anaidi. Ipernestra invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli porse il mezzo di sottrarsi alla grave sciagura c
apitale stessa della Grecia, similmente costrutto, e detto come tutti gli altri simili, Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipe
rti servienti degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare gli oracoli e di accudire a quanto abbisognava nelle
arditamente nel sacro recinto, quasi disfidando con proterva audacia gli dei ; ma rimase immediatamente punito dell’ atto
mana e di quella del cavallo. È a notare per altro che non sono pochi gli autori dell’antichità, i quali attestano l’esiste
co possessore della fatale bellezza della propria figliuola, allorchè gli dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contr
zza della propria figliuola, allorchè gli dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contro Pelope, al quale concessero, p
done. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re gli avea imposto di impadronirsi. 2311. Ippolito. — D
prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella quale gli diceva, che il figliastro avea voluto attentare a
rlo nella città, ove egli si trovava, e giustificarsi del delitto che gli veniva apposto. Ippolito intraprese il viaggio, e
le rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede gli fece inna
cciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede gli fece innalzare un te
e in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede gli fece innalzare un tempio, alla custodia del quale
un tempio, alla custodia del quale, vigilava un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene,
l’Ippopotamo veniva adorato con un culto particolare, volendo con ciò gli Egizii scongiurare il male che egli avrebbe potut
e avvenimento. Dice la favola che avendo le donne di Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per punirle, le rese di
o tutte, e concordi nel desiderio della vendetta, congiurarono contro gli uomini, e in una sola notte ne uccisero quanti ne
no dell’isola, che tenne per qualche tempo pacificamente. Allorquando gli Argonauti, capitanati da Giasone, mossero verso l
onquisto del famoso vello d’ oro, Ipsipile accolse regalmente benigna gli avventurieri navigatori, e trattenne per lungo sp
allora anelando da lungo tempo a diventar padre, chiese agli dei che gli avessero conceduto un figliuolo, ed infatti dopo
embrasse all’ aspetto di tarda età, assestò un tale colpo ad Iro, che gli fracassò una mascella, e lo stese al suolo copert
voli monumenti dell’antichità, il quale conteneva l’immagine d’Iside, gli atti della religione degli Egizii e i misteri d’
………………. I popoli Etiopi che il sole illumina dei primi suoi raggi, e gli Egiziani, che sono i primi sapienti del mondo, mi
meno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e di Apollo, il quale gli concesse il dono d’indovinare. Ismenio, fu dalla
liuolo della sventurata Niobe, per liberarsi dagli atroci dolori, che gli cagionavano le ferite fattegli da Apollo con le s
cuno degli Issedoni perdeva il proprio genitore, tutti i suoi parenti gli portavano in dono gran numero di animali come pec
Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore di legge una tradizionale co
aclidi e figliuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe nel governo di quella città. 2347. Ister
le altre città della Grecia, onde assistere ai giuochi istmici e solo gli Eleati erano fra tutti i greci quelli che si aste
ta, la corsa a cavallo nelle bighe e a piedi, il pugillato ecc. erano gli abituali esperimenti che si eseguivano nei giuoch
a a quelio avrebbe riconosciuta la supremazia del Sole. Da quel tempo gli abitanti riconobbero Nettuno, come dio protettore
dei fanciulli e delle vestali, le quali conservavano l’ Itifallo fra gli oggetti sacri e lo avevano in grande venerazione.
grande venerazione. Itifallo era anche il soprannome particolare che gli egiziani e dopo di essi i greci, dettero a Priapo
il manto della religione si commettevano le più turpi dissolutezze, e gli accoppiamenti bestiali e contro natura. Gli Itifa
sa, esse piansero così disperatamente la morte di quel loro caro, che gli dei mossi a compassione, le cangiarono in stelle,
nia — Canto. 2366. Jarba. — Lo stesso al quale si dà, da quasi tutti gli scrittori, il nome di Giarba, che fu uno degli am
a suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe che quella unione gli sarebbe tornata funesta, fece sposare Megara a Jo
sua protezione. E quando Euristeo mosse, a capo d’un esercito, contro gli Eraclidi, Jolao, sebbene assai vecchio d’ età, pr
i. Ma appena squillò la tromba annunziatrice dell’ attacco imminente, gli dei ritornarono il vigore giovanile alle membra d
ia. trad. di F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore di Jolao che gli ateniesi celebravano con gran pompa nella loro ci
vò con solerte e vigile affetto. Così Jone crebbe per varî anni sotto gli occhi della sua affettuosa liberatrice, e all’omb
adde come fulminato al suolo, ucciso dal terribile veleno. Spaventati gli astanti, arrestarono immediatamente il coppiere,
coppiere, il quale, non esitò a confessare che la regina in persona, gli avea dato l’incarico micidiale. All’ inattesa riv
si stabilì nella Caria, e fu capo di una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A proposito di questi, scrive Pausania,
eligione, essi conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparagi e di non sbarbicare le canne ; tributand
uelle contrade, si venerava il fanciullo Kama come dio dell’ amore, e gli si dava perfino una moglie chiamata Rati. Gli si
ica. Si vede la grande relazione che passa fra i Kamis del Giappone e gli Eroi o Semidei della mitologia greca e romana. È
iose ornano il collo, il petto e le braccia della divinità ; un fiore gli adorna il capo ; mentre ai suoi piedi è deposto u
lio della Notte ; ed aggiunge che abitualmente veniva raffigurato con gli occhi spalancati e terribili con la bocca attratt
o spaventoso sogghigno, e con le vesti grondanti di sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si fa menzione di un Dio
cui si dànno presso a poco simili sembianze. 2391. Keraone. — Presso gli spartani era questo il nome del dio, che presiede
zione a lui fatta da alcuni Muni ispirati, specie d’indovini, i quali gli avevano profetizzato che un giorno, egli avrebbe
porta seco. Krisna allora, sapendo per volere divino che il seno che gli si porge è avvelenato, taglia coi denti già posse
li in ringraziamento della vittoria, innalzarono a Giove una statua e gli posero la famosa scure fra le mani. 2401. Lacedem
, il primo che avesse dedicato un tempio alle Muse. Dopo la sua morte gli venne innalzato un monumento eroico. 2402. Lacede
oprannome di Giove, che a lui fu dato dagli Orcomeni, dopo che Frisso gli ebbe sacrificato il montone di Colco. Dopo questo
vorio, e rappresentava Diana in abito da caccia. Al dire di Pausania, gli abitanti di Patra fabbricarono un tempio a Diana
una, sulle sponde del quale, ogni anno si radunavano, ad epoca fissa, gli abitanti delle circostanze, onde gettare in quell
e più strane cose. Il cennato scrittore aggiunge, che allorquando fra gli abitanti delle Gallie sorgeva un qualche dissidio
olpita, come un’allegoria sanguinosa, una lionessa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio di Labdaco re di Te
manti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli anni. Dopo la sua morte gli Ateniesi e i Tebani eressero un tempio alla sua m
he il popolo in piena sommossa le uccise a colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolenti di quanto era avvenu
delle lampadi per tre usi principali. Le adoperavano nei tempii e per gli atti della religione ; se ne servivano nelle case
adi ardessero per lungo tratto di anni senza bisogno di alimento. Fra gli esempii riferiti a comprovare cosìfatta credenza,
e padre il fece Del bellicoso Sarpedon ……. …………… Laodamia peri sotto gli strali Dell’irata Dïana ; …. Omero — Iliade — Li
; e pianse tanto amaramente nel chiadere al cielo codesta grazia, che gli dei impietositi gliela concessero. Mercurio infat
contrada, e uccise lo stesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che gli successe sul trono di Troia fece innalzare un mag
davano agli dei Lari, detti anche Penati ; e che essi ritenevano come gli dei domestici, i genii tutelari del domestico foc
degli dei Lari, trasse la primitiva sua origine dall’uso che avevano gli antichi di sotterrare cioè i loro morti nelle cas
e dei protettori delle strade. Secondo riferisce il cronista Apuleio, gli dei Lari altro non erano che le anime di coloro c
vidio — I Fasti Libro V.—  trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Plauto gli dei Lari venivano da principio rappresentati sott
ati intorno al focolare, e spesso anche dietro l’uscio da via. Quando gli schiavi ricevevano la libertà appendevano le loro
ronaca romana, che l’imperatore Caligola ; scontento dei proprî Lari, gli avesse in un momento di furore fatti gettare dall
vie. Giano, secondo riferisce il cronista Macrobio, era compreso fra gli dei Lari dei romani, perchè si credeva che avesse
ologica, che Latino avesse avuto dalla regina Amata, un figliuolo che gli fu rapito da alcuni delfini ; per modo che non gl
, un figliuolo che gli fu rapito da alcuni delfini ; per modo che non gli restò altra prole, che una leggiadra giovanetta p
l’illustre profugo ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia sua, che
ia sua, che con un principe straniero, egli fece alleanza con Enea, e gli offrì la figliuola Lavinia in consorte. Ma i suoi
Latmo. — Montagna nella Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita gli amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisc
osciuta sotto il nome di grotta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli antichi popoli norici, era questo il nome del lor
ano Latona di un culto particolare, è mestieri primieramente nominare gli Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni fest
fosse condannato dagli dei a non poter più ridere per qualunque cosa gli fosse avvenuta. Addolorato di ciò, egli ricorse a
r essere liberato da tale castigo ; e l’oracolo rispose che sua madre gli avrebbe restituita nella propria casa la facoltà
ppena rientrato nelle sue domestiche pareti, si accorse che il ridere gli era sempre inibito da una forza superiore. Però d
, anch’essi gemelli. Dopo la morte, le figliuole di Tersandro, ebbero gli onori divini, e fu loro eretto un altare nella ci
le campagne di Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna, dove gli assassini ed i ladri si riunivano a dividere il b
iata, e ricerca. Virgilio — Eneide — Lib. VII. trad. di A. Caro. Ma gli dei con presagi e sogni si opposero sempre al com
n presto riempì tutta la reggia. Codesto avvenimento colmo di terrore gli astanti, ma finalmente, spentosi il fuoco, e trov
da simili predizioni, mosse a consultare l’oracolo di Fauna e questo gli rispose, che non avrebbe dovuto concedere la mano
che, ella partorì un figliuolo, a cui mise il nome di Silvio. Intanto gli abitanti del Lazio cominciarono a mormorare della
ni antichi popoli italiani, che taluni scrittori vogliono che fossero gli stessi abitatori del Lazio, sudditi del re Latino
a del fatto, che si fosse fabbricato uno splendido tempio comune, ove gli alleati latini, romani, volsci, si fossero raduna
a di Cigno oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altrì di quell’ uovo usci la morte Delle superbe
essa seppe mantenere il silenzio. Caduta la dinastia dei Pisistrati, gli Ateniesi eressero una statua alla cortigiana Leon
inalmente a chi avrebbe bevuto più vino. Ercole vinse sempre in tutti gli esercizii, per modo che Lepreo, ebbro di collera
e i falsi raziocinii di cui si serviva il detrattore dell’ eroe. Fra gli autori antichi però, quello che ci ha trasmesse p
agliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania, il quale asserisce che gli argivi pretendevano che fu da questo lago che Bac
so della reggia trovarono la moglie del re, la cui speventevole vista gli inorridì per modo che essi vollero ritornare sui
ando i suoi Lestrigoni fece raggiungere l’ altro fuggitivo, ordinando gli fosse preparata un’ orribile morte. Costei di bo
o, che disegnò lor tosto Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, Che gli fu cena ; Omero — Odissea — Libro X. trad. di I.
opria bellezza, osò vantarsi d’esser più bella delle immortali : onde gli dei sdegnati la condannarono ad esser trasformata
a alle principali divinità, ed in uno dei loro templi, credendosi che gli dei, a cui veniva offerto il banchetto vi averser
come un’ istituzione individualmente romana ; ma vi è stato pure fra gli scrittori tanto antichi che moderni, e fra questi
la del Ponto Eusino, della quale la tradizione mitologica ripete, che gli antichi avevano formata una specie di Campi Elisi
dovè ritrarsi dalla batglia ; e siccome qualche tempo dopo, la ferita gli cagionava insopportabile dolore, egli si fece tra
si fece trasportare a Delfo, onde consultare quell’oracolo. La Pitia gli rispose che avrebbe dovuto recarsi nell’isola di
ta Dafne ; ma sapendo la grande avversione che essa nudriva per tutti gli uomini in generale, pensò che piuttosio che richi
nsò che piuttosio che richiederne inutilmente la mano, che ella certo gli avrebbe negata, valeva meglio ricorrere ad uno st
. Orcamo intanto, avvisato da certa Clizia del tranello che per amore gli faceva Apollo, cieco di furore, e cedendo alle pe
insinuazioni, che per gelosia del divino amante, l’abbandonata Clizia gli suggeriva, ordinò che Leucotea fosse sotterrata v
 La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale gli dei dettero il nome di Leucotoe, quando essa fu a
l nome di Matuta V. Matuta. 2492. Lia. — Appellazione particolare che gli abitanti della Sicilia davano alla Luna, credendo
molti pericoli, giunse coi suoi a prender terra a Temessa. Calmatisi gli spiriti, Ulisse offrì ai suoi compagni uno splend
el tripudio osò violentare una giovanetta nativa di Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto di Liba, lo afferrarono e
ell’ucciso, tormentò da quel giorno e perseguitò così implacabilmente gli abitanti di Temessa, fra cui portò la desolazione
ore in onore di quel nume a cui si sacrificava. È a notare che presso gli antichi assai di sovente tutto il sacrifizio cons
me, viene secondo Varrone, dalla parola libendo da cui poi provennero gli altri due vocaboli libido e libidinosus. È opinio
rare codeste cerimonie con grande solennità e vi erano invitati tutti gli amici, come alle nozze. 2500. Liberalità. — I rom
to era il simbolo convenientissimo alla dea della Libertà, perchè fra gli animali domestici, il gatto è quello che non soff
a ci ha tramandato uno strano ricordo. Narrano le cronache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione di l
nte chiamato Sus. Ingannati da questa oscura ambiguità dell’ oracolo, gli abitanti credettero che il dio avesse voluto parl
na novella, accorsero in folla i pastori delle circostanti campagne e gli abitanti della città ; e fecero tale ressa onde a
con tale precipitoso impeto che la città fu interamente distrutta, e gli abitanti morirono tutti annegati. 2505. Libetridi
Roma ad un collegio di sacerdoti chiamati Folgorali, perchè traevano gli augurii dell’avvenire dallo strisciare della folg
to che si doveva compiere per consacrare le città, i templi, le mura, gli altari, le porte principali, le are e tutti i mon
configurazione del principio della vita, come madre dell’ amore, onde gli uomini si ricordassero della loro caducità. È que
un tempio, circondato da un bosco sacro, nel quale si vendevano tutti gli oggetti necessarii alle pompe funebri. Chiamavans
er la efferata sua barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutti gli stranieri che transitavano pei suoi stati. Si vuo
osse apprestato a levargli la vita, durante il sonno, come faceva con gli altri. Però, avendo avuto sospetto che quello str
a bocca la rabbia, e col desio Delle solite stragi si converte Contro gli armenti, e ancor del sangue esulta. Le vesti in p
re di Pausania, codesta tradizione era tenuta in gran concetto presso gli arcadi, i quali in tutto ciò non vedevano nulla d
to ciò non vedevano nulla di esagerato. Al dire del citato scrittore, gli abitanti dell’Arcadia ritenevano per fermo che ol
a ed irrestibile, e il fulmine cadendo con orrendo fracasso, incenerì gli autori di quell’ opera nefanda. Fu in questa occa
rincipio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pausania, gli abitanti d’ Arcadia, chiamavano sacro quel monte,
do Danao contrastava il possesso della corona di Argo al re Gelanore, gli accadde un giorno d’incontrarsi in un toro ed un
uno straniero doveva avere la supremazia sopra un cittadino. Infatti gli argivi proclamarono loro re Danao, a detrimento d
, il cui nome significa Città dei Lupi. Al dire dello storico Diodoro gli egizii, che erano un popolo eminentemente superst
oise. Ma sdegnarsi i numi Con quel superbo. Della luce il caro Raggio gli tolse di Saturno il figlio, E detestato dagli ete
i sopra, altri autori aggiungono che Licurgo stesso, volendo eccitare gli operai a seguire il suo esempio, si fosse tagliat
tia, che dava i responsi, questa lo chiamasse il diletto degli dei, e gli facesse onoranza, siccome ad un dio. Infatti gli
diletto degli dei, e gli facesse onoranza, siccome ad un dio. Infatti gli spartani accettarono, con reverente riconoscenza,
andò a nascondere in un luogo lontano e remotissimo, e da quel giorno gli spartani non intesero più a parlare di lui. È opi
ento ; temendo che se queste venissero trasportate nella Lacedemonia, gli abitanti di quella contrada, e sopratutto gli spa
tate nella Lacedemonia, gli abitanti di quella contrada, e sopratutto gli spartani, avessero potuto ritenersi sciolti dal s
me del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di quella Liguri. 2527. Ligodesma. — Dal
asserisce lo storico Plinio, si dava la strana prerogativa di rendere gli oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle su
ino le nazioni più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e che gli abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo
egnato lo percosse così violentemente coll’arco dello istrumento, che gli produsse una ferita sulla fronte, della quale dop
he vede appenanato, e perchè, secondo la credenza pagana, dormiva con gli occhi aperti. In Egitto il lione era consacrato a
cutio. 2553. Loimio. — Dalla parola greca λοιμος che significa peste, gli abitanti della Lidia davano questo soprannome ad
ersecuzioni del dio Priapo. 2555. Loto. — Secondo riferisce Plutarco, gli egiziani dipingevano allegoricamente, da questo f
trovava sempre il fiore di Loto, a motivo della grande relazione che gli egizii credevano avesse quel fiore coll’astro del
ompagni di Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra, e tutti gli altri suoi seguaci, che poi gustarono di quel fru
e sotto quest’ultimo nome aveva un tempio ed una sacerdotessa presso gli Eliani. 2564. Luciniana. — Questo soprannome che
avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio era presso gli antichi una festa quasi continua, imperocchè oltr
dato numero di cani rossi. 2566. Luna. — Il Sole e la Luna sono stati gli dei planetarii adorati da quasi tutti i popoli de
egnano che i fenici, adorarono la Luna sotto il nome di dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quel
, ripete che Fea, la divinità suprema, fu madre della Luna e di tutti gli altri minori pianeti, che si aggirarono a popolar
a Luna medesima, alla quale, secondo riferisce il cronista Sparziano, gli abitanti della città di Carres, nella Mesopotamia
splendido tempio, dedicato al dio Luno. Il citato cronista dice, che gli abitanti di Carres avevano personificato maschilm
potere delle donne, ed erano dominati da esse ; mentre per contrario gli adoratori del dio Luno, conservavano per tutta la
ere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al dire di Sparziano, che gli egizi ed i greci, se pure comunemente avessero ch
ntura ; quella cioè, durante i sacrifizi che si facevano al dio Luno, gli uomini vestivano da donna, e le donne da uomo. Fo
, e che, secondo asserisce Ovidio, cominciavano nel terzo giorno dopo gli Idi di febbraio. Per altro questa opinione del fa
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra gli uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra gli uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra gli uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
: 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via gli dei stranieri che avete tra voi, e mondatevi e ca
a ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti, i quali giovarono immensament
. 32. Colonne d’ Ercole. — Nella geografla moderna. Il luogo ove gli antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato
Le sue cognizioni matematiche, affatto straordinarie pei suoi tempi, gli acquistarono grande riputazione. 35. Cecco d’ A
ni e di legarle le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei cercarono di liberarla : essi furono costrett
retti di ricorrere a Vulcano. che non si decise a farlo se non quando gli ebbero promessa Venere in isposa. 45. Vulcano. 
ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia
6 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
tri (κθονιοι, επικθονιοι), a’ quali si riducono i Marini (θαλασσιοι), gli Eroi (ηρωες) ed i Semidei (ημιθεοι), e finalmente
o. Il Cielo, detto da’ Greci Urano, era riputato antichissimo fra gli Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra, sua mo
iove, a Satùrno mostrando la sola Giunòne. Dicono che invece di Giove gli presentò una pietra avvolta in fasce, detta Abadi
e credendone a parte Satùrno, coll’aiuto de’ Titàni, suoi figliuoli, gli mosse guerra, e vintolo, il trasse prigione ; ma
, esser ne’libri del fato che Giove dovea un dì spogliarlo del regno, gli mosse guerra ; ma fu da lui vinto e discacciato d
ce. Non vi era cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali ; nè gli uomini erano intesi al mercanteggiare, sicchè que
vasi pure un’eterna primavera ; i ruscelli scorrevano latte e vino, e gli alberi stillavano dolcissimo mele. IV. Pico e
o e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava gli oracoli alle donne, come il marito agli uomini. V
cri boschetti. Fauno fu il primo ad edificare de’ tempii agli Dei fra gli Aborigeni, e dal suo nome si crede derivata la pa
i detti da Catullo (4) i migliori fra tutti quelli dell’anno. In essi gli amici si davan regali a vicenda ; non vi era gast
a ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero, di cui si servivano gli antichi per iscrivere. Essi intonacavano leggierm
Altri vogliono che quella figura rappresentava la terra che credevan gli antichi della forma di una sfera. In esso non era
er dovea continuamente acceso, perchè siccome eternamente risplendono gli astri nel cielo, così, per cura delle Vestali, se
o velato e seduto è in atto di prendere e divorare una pietra che Rea gli presenta avvolta nelle fasce. Quasi sempre ha la
rsa di fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per ricordare che gli uomini un tempo nudrivansi del frutto di quell’al
e cose di Satùrno e di Giano. Satùrno si annoverava piuttosto fra gli Dei infernali che fra i celesti ; la quale creden
te. Era in Roma un vico assai frequentato, ove stavano in gran numero gli usurai ed i mercadanti, ed un tribunale che conda
bbero in premio quell’stinto nel fabbricare il mele, che le rende fra gli animali tanto ammirabili. Così allevato crebbe Gi
ellissima adolescenza ; la sua fanciullezza fu in grande onore presso gli antichi, e vi era una divinità chiamata Veiovis c
la forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al t
rono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente di meno gli antichi fecero Giove soggetto alle determinazioni
ino. Quando Giove inchinava i neri sopraccigli, e sull’immortale capo gli ondeggiavano le divine chiome, tremava tutto quan
e nubi. Orazio (1) crede che Giove diede all’aquila la signoria sopra gli altri uccelli pel fedele servigio prestatogli nel
ato un tempio, il cambiò in aquila, di cui valevasi nell’attraversare gli spazii dell’aria. E la consorte di lui che non vo
ipio l’universo non era che un’informe e confusa mole di materia, che gli antichi dissero caos, cioè confusione universale
s, cioè confusione universale della materia, che contenea in se misti gli elementi di tutte le cose, in guisa che ove era t
d acqua e fuoco ritrovavansi stranamente confusi. Or una mente divina gli elementi così mescolati bellamente divise, a cias
urio che lo legasse al monte Caucaso, e che un’aquila, o un avvoltoio gli divorasse il cuore che sempre rinasceva. Ma Ercol
ora (Πανδωρα, Pandora), quasi ornata di tutt’i doni. Altri dicono che gli Dei, mal sofferendo che Giove volea per se solo i
uria tutt’i mali e le colpe, ond’è la terra infestata ; giacchè prima gli uomini viveano in lietissima felicità. Tentò egli
orlo rimase la speranza ch’era nel fondo. E così Epimeteo, come tutti gli stotti, conobbe suo danno dopo essergli intervenu
o. Potrebbe pur dirsi che Prometeo, avendo colla sua sapienza ridotto gli uomini salvatici e rozzi alla vita socievole e ci
arono tanta felicità, ed il genere umano mosse a sdeguo sì fattamente gli Dei che tutti lasciarono la terra pe’ delitti deg
que’ celesti abitatori ; chè privilegio era dell’età dell’oro, godere gli uomini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa
e un oracolo antichissimo nella Beozia, e però chiamossi fatidica. Or gli Dei, i quali, lasciata la terra, erano ritornati
d’ibi. Da questa trasformazione ebbe origine il ridicoloso culto che gli Egiziani prestavano a certi animali. Ma finalment
a, il Pachino ; ed il Lilibeo, sopra le gambe, mentre l’ignivomo Etna gli sta sopra il capo. Alla favola di Tifeo han dato
a Macedonia, scagliando sassi ed alberi accesi contra il cielo, e che gli Dei, chiamato Ercole in aiuto, li debellarono. Al
uomini di grandissima robustezza e ferocia, che insolentivano contra gli Dei e gli uomini, a’ quali, per dinotarne la forz
grandissima robustezza e ferocia, che insolentivano contra gli Dei e gli uomini, a’ quali, per dinotarne la forza, gli ant
tivano contra gli Dei e gli uomini, a’ quali, per dinotarne la forza, gli antichi diedero corpi smisurati, molte braccia e
empio, fu trasformato in lupo ; ovvero ebbe la malattia, per la quale gli uomini credonsi trasmutati in lupi, e che i Medic
talmente l’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì di perdere gli uomini con un diluvio. Era nella Focide un monte
dora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tutti e due per pietà fra gli altri uomini insigni. I quali vedendo l’uman gene
Dall’una parte e dall’altra eran dodici stanze o piccioli palagi per gli Dei maggiori, e nel bel mezzo una sala magnifica
formata la via lattea. La celeste magione di Giove poggiava tutta su gli omeri di un sol uomo, ch’era il celebre Atlante,
e impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo stati que gli audaci precipitati nell’inferno, Atlànte ebbe la
el mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed il trasformò in monte
i gran valore, che andava sulla vetta del monte Atlante a contemplare gli astri, e che sostenne la scienza del cielo co’ su
ge che teneva gran tavola co’ Numi nell’Etiopia per dodici giorni ; e gli Etiopi vi son chiamati irreprensibili per l’innon
cente. In Diospoli, o città di Giove, era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi solevan prendere le statue di Giove e degl
(3) Calìpso imbandisce a Mercurio la mensa con abbondante ambrosia, e gli mesce rosseggiante nettare. Nè gli Dei solamente,
a mensa con abbondante ambrosia, e gli mesce rosseggiante nettare. Nè gli Dei solamente, ma pure i loro cavalli, e quelli p
colata con dolce nettare, il rende immortale, percui è annoverato fra gli Dei. Quanto ha ragione di dolcezza e di amabilità
gioventù e fig. di Giove e di Giunòne ; la qual cosa voleva dire che gli Dei non invecchiano, godendo una perpetua giovine
cento tauri ogni gherone. In quest’arme la Diva folgorando Concitava gli Achivi, ed accendeva L’ardir ne’ petti, e li face
he allattò Giove ; o quella del mostro Egis, ucciso da Minerva. Anche gli altri Dei adoperavano l’Egida nelle battaglie in
no le fatali sorelle. Quivi, ingannate le figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di Medùsa nel suo scudo
a Persia. Cassiopèa pe’ prieghi di Perseo fu posta colla famiglia fra gli astri. Dopo di ciò (1), ritornato Perseo a Serifo
ia un animale, forse il Catoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno la virtù di far morire e quasi impiet
on ritrovando la loro Euròpa, Fenìce si stabilì nell’Africa, e da luì gli Africani furon detti Poeni ; e Cilice, in una reg
ambedue i lati. Così fece, ed andando ad attingere acqua ad un fonte, gli furono i compagni morti da un dragone, figliuolo
icoloso e lungo combattimento l’uccide. Allora udì una voce, la quale gli presagiva, ch’egli ancora sarebbe stato un giorno
iòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti gli Dei e vi cantarono le Muse e le Grazie. Da lei eb
è la guerra che Minos portò agli Ateniesi. Dalla moglie Pasifae, fra gli altri figliuoli, avea egli avuto Androgeo, il qua
remii dovuti a’vincitori ; percui Egeo, re di Atene, o secondo altri, gli Atleti Ateniesi per invidia l’uccisero. Minos mos
ano e segreto consiglio di quel re, che Scilla palesò a Minos, percui gli fu facile impadronirsi della città. Minos intanto
le impadronirsi della città. Minos intanto, espugnata Megara, e vinti gli Ateniesi, loro impose, in pena della morte di And
Creta per essere miseramente divorati dal Minotauro. Si racconta che gli Ateniesi furono oppressi da crudele carestia e pe
di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel laberinto di Creta gli Ateniesi mandar doveano quell’infelice tributo. D
sega e del compasso. Vuole Ovidio che la spina del dorse di un pesce gli avesse data la prima idea della sega ; ma secondo
l quale, com’è costume dell’audace ed indocile gioventù, mal seguendo gli accorti consigli del padre, alzò troppo alto il s
o e giunse in Sicilia, ove accolto dal re Cocalo fu cagione che Minos gli movesse guerra. Ma Servio dice che Dedalo andò pr
ia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo
issimo, li vinceva e vinti li facevá morire. Osò egli provocare anche gli Argonauti ; percui fattosi avanti Polluce, lo vin
ocare anche gli Argonauti ; percui fattosi avanti Polluce, lo vinse e gli diede la morte. Combatterono eziandio e riportaro
rare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra gli altri eroi riportarono la palma Castore nella cor
vi celebrarono i giuochi Teossenii e vi ottennero il primo vanto fra gli altri alleti ; e però i Tindaridi con Mercurio e
fatto morire, perchè non volea vivere senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di
pel Citerone, ed imbattutasi nel figliuolo Zeto, che quivi pascolava gli armenti, fu da lui villanamente discacciata. Ma p
a piè di una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò Giove che gli desse un popolo nel numero uguale a quegli animal
nto occhi, de’ quali due alla volta per dormire si chiudevano, mentre gli altri erano aperti alla custodia di quella strani
ale morì sepolto fra le ceneri dell’infelice sua patria. Dardano ebbe gli onori onori divini, e fu studiosissimo della magi
valli (quadrigae), i quali per altro prima di lui erano in uso presso gli Egiziani. A tempo della guerra Troiana fiorì Eolo
uto su i venti ; ma poscia, per opera di Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4)
ù si vuole nato da Giove e da Sergesta, fig. d’Ippola, Troiano. Omero gli dà dodici figliuoli ed altrettante figliuole ; e
gli Dei. Egli sedeva sulla vetta di un monte, e collo scettro frenava gli sdegni de’venti, ed ora lasciavali andare, ora li
turbarono all’Eroe i dolci disegni di tosto rivedere la cara patria e gli amici(1). Eolo, dice Diodoro Siculo, fig. d’Ippot
venti, finsero i poeti che egli fosse il loro Dio. Alcuni dicono che gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano
one chiamavasi Giove dagli antichi Egiziani(4) ; percui anche i Greci gli dicdero un tal soprannome. Altri il fan derivare
 ; pe’quali viaggiando e sofferendo grandissima sete, pregò Giove che gli desse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembia
ndo grandissima sete, pregò Giove che gli desse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza di un montone, il quale col
i celesti ; e Bacco in quel luogo edificò un gran tempio, l’unico che gli Dei avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mez
raviglie, perchè Giove, il quale per natura è padre di tutti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figliuoli. Vicino al te
tutta di querce consacrate a Giove, le quali con umana voce rendevano gli oracoli, che i Selli raccoglievano e comunicavano
ano alla credula gente(3). Alcuni(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia
veano il nome di Peliadi. Altri finalmente dicono che a Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al temp
onzo che si toccavano l’un l’altro, sì che, percossone un solo, tutti gli altri davano un suono, che durava per ben lungo t
’giuochi, che Pindaro(2) ebbe a dire che siccome l’acqua supera tutti gli elementi, e l’oro è da più di qualsivoglia prezio
più di qualsivoglia preziosa cosa, così l’Olimpico certame fra tutti gli altri nobilmente primeggia. Questi giuochi si vog
ale vi combattè il primo con Acareo al pancrazio ; e ciò forse perchè gli antichi ad Ercole attribuivano ogni grande e nobi
te, mettendosi delle palle in un’urna di argento. Qualche volta anche gli esercizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimp
elevato del Campidoglio, per significare la maggioranza di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmi
e i Romani, non più per lustri, ma per giuochi Capitolini computavano gli anni. Rimase poi a Roma il costume di coronarsi s
lla destra il fulmine, ed a’piedi, un’aquila. Alle volte per iscettro gli si dava il fulmine ; e non di rado vedesi in atto
rilevata e quasi gonfia ; ed alla chioma che, come quella del leone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere c
al capo. Il Winckelmann è di parere che il capo di Giove abbia sempre gli stessi caratteri che dagli altri Dei il distingua
o, cioè uno sguardo costantemente sereno, co’capelli che dalla fronte gli si sollevano, e poscia ìn varie divisioni ricadon
in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia, che gli circonda le chiome cadenti. Giove Dodoneo avea il
poli del Lazio, de’quali i principali, dopo i Romani, erano i Latini, gli Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto
ve teneasi per vindice del giuramento, e perchè nel nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean sen
nto, e perchè nel nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean senato, era un simulacro di Giove che
un simulacro di Giove che nelle mani avea i fulmini, pronto a punire gli spergiuri. (Pausan.). Iupiter Panomphaeus, πανομ
nte ghiandifere, e perciò riputate sacre(3). Si sa che Giove richiamò gli antichissimi uomini dal ferino cibo di carne uman
a cattivo augurio sacrificargli un toro ; sebbene altri dicono che se gli poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello
uigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cagione di sve
Giove in più luoghi dell’ Iliade si chiama l’arbitro della guerra fra gli uomini ; e lo Scoliaste riferisce che la terra ag
Iuno venga a iuvando, come quello di Giove ; e riferisce che, secondo gli Stoici, Giunone era l’aere posto in mezzo alla te
ha molta somiglianza coll’etere, ch’era Giove. E siccome Giove presso gli antichi non era che il sole(5) : così per Giunone
e tutto il bestiame, che in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la città di Troia, o
parte della fatica. Ora spaventato Laomedonte, consulta l’oracolo, e gli vien risposto che se volea veder finita la peste,
andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte gli negò la figliuola ed i cavalli. Gli antichi ebber
avendolo ritrovato alcuni pastori, l’educarono come loro figliuolo, e gli posero il nome di Paride o Alessandro. Il quale c
turbano la naturale rettitudine del giudicare. Assai celebrate presso gli antichi furono le nozze di Peleo, a cui, benchè m
antichi furono le nozze di Peleo, a cui, benchè mortale, dice Omero, gli Dei diedero per isposa una Dea. Catullo ha scritt
eo, suo nipote, sposasse quella Dea ; alle quali nozze furon invitati gli Dei e le Dee tutte, salvo che la Discordia o Erid
orello Paride. Le Dee se ne andarono da lui sul monte Ida ; e Giunone gli promise ricco e potente reame, se a lei aggiudica
erfido Pastore Ideo, sciolse la lingua ad orribili presagi ; ed ahi ! gli disse, con infausto augurio una tal donna tu meni
oiani ! Vedi come Pallade già l’elmo appresta e l’egida, il cocchio e gli sdegni guerrieri(1). Ed il vaticinio fu vero sì c
di Marte, Giunone consentì che questo suo nipote fosse annoverato fra gli Dei, contenta di aver veduta Troia distrutta, e c
di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Paride insultassero gli armenti. Virgilio(4) al contrario finge che Giuno
lio(2). Spesso a Giove ed a Giunone davansi le medesime prerogative e gli stessi attributi ; e Stazio non dubitò di attribu
gina, ed anche massima. In Roma ella divideva con Giove e con Minerva gli onori del Campidoglio, ove fin da’ tempi del pris
gni altro nume si sarebbero resi grandissimi onori(2). Eolo(3) riceve gli ordini della Regina de’ cieli colla sommessione d
ssa stava sempre assisa presso al trono della Dea, pronta ad eseguire gli ordini suoi ; e quando moveva a fare le imposte c
a là Dea della buona e della trista sorte, la quale presedeva a tutti gli avvenimenti, e distribuiva, a seconda del proprio
i anche cieco, perchè spesso veggonsi ricchissimi i ribaldi, e poveri gli uomini dabbene. Ritornando alla Fortuna, negli sc
a ornato della mezza luna e del fior di loto, i capelli fluttuanti su gli omeri ; un timone nella destra ; il corno dell’ab
tino, deposte le ali, avea gettata la ruota, avendo prima abbandonato gli Assiri ed i Persiani, e poscia Alessandro il gran
la Fortuna, per riguardo degli uomini. Tutto ciò che accade, dicevano gli antichi, è da’ Numi con immutabile legge del Fato
gli antichi, è da’ Numi con immutabile legge del Fato stabilito ; ma gli uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignora
tt’i mesi, erano consacrati a Giunone, come gl’idi a Giove, perchè(3) gli antichi per Giunone intendevano la luna, il corso
endicativo, e quindi crudele ed ingiusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi di bue. Appresso i Greci gli occhi grandi r
iusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi di bue. Appresso i Greci gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1)
so i Greci gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1) avere gli occhi di Giunone vuol dire averli grandi e belli.
nne nel giorno della loro nascita sacrificavano in di lei onore, come gli uomini, al loro genio(5). Ma sul nome Lucina vi è
etto. Terminata l’opera, e conoscendone l’eccellenza, non aspettò che gli uomini ne giudicassero, ma tosto vi appose quel v
’agnella ; le vacche non mai, perchè, nella guerra de’ giganti contro gli Dei, Giunone erasi nascosta in Egitto sotto la fi
trodotto in Italia il culto di lei, il quale era molto diffuso presso gli antichi popoli, ma a principio in Argo era figura
detta da’ Greci Αθηνα, sulla origine della quale voce non convengono gli eruditi. Minerva poi è parola latina, così detta
emoria derivano il nome di Minerva, quasi Meminerva ; ed ognun sa che gli antichi aveano Minerva per la memoria, o per figl
rare l’asta, perchè quantunque Minerva, Pallade ed Atene sieno presso gli antichi una medesima divinità ; nulladimeno Miner
ffilata sta innanzi a Giove e da lui riceve il comando che con quella gli aprisse il capo ; e che Vulcano, dopo lungo ricus
to vi è chi giura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bio
avea Giunone alla sua sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra gli altri figliuoli di Giove, sola ha conseguito tutt
i figliuoli di Giove, sola ha conseguito tutte le prerogative e tutti gli onori ; e dal coro de’ Tebani presso Sofocle prim
vato. E però Omero ne’ suoi poemi rappresenta Achille, Ulisse e tutti gli eroi che per valore e per senno sopra gli altri s
nta Achille, Ulisse e tutti gli eroi che per valore e per senno sopra gli altri si alzarono, sotto la speciale protezione d
il tempio di Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran fortuna di mare, e le sue navi
si scorge vigore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti gli antichi di attribuirle a Minerva. E pare che per
scienzia disfavilla. Secondo Apollodoro, a tempo di Cecrope, usavan gli Dei scegliere le città, nelle quali volevan esser
de’ due Numi avesse a vincerla. Ragunati i cittadini allo squittino, gli uomini tennero per Nettuno, e per Minerva, le don
altre città. Forse Cecrope approdato nell’Attica, ed avendo ritrovato gli uomini del paese dediti al culto di Nettuno, cioè
bbe ancora lunga vita di sette o di otto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli fu pur concesso che nell’inferno egli solo avesse
che nell’inferno egli solo avesse senno ed accorgimento, e che tutti gli altri vagassero a modo di ombre. Alla Dea delle a
tre erano le arti e le invenzioni attribuite a questa Dea(2) ; e però gli artefici a lei porgevano le loro preghiere. A lei
e i lavatori o purgatori de’ panni (fullones), i calzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel
e davasi prima delle feste di Minerva dette Quinquatria, nelle quali gli scolari non andavano alle scuole, ed i maestri no
favellare della incorruttibile severità di quel tribunale che presso gli antichi ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giu
uomini che giudicassero con maggior costanza, onestà e giustizia che gli Areopagiti. Quindi un giudice severo e grave in p
ito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel quale gli Dei stessi erano giudicati. Oreste, dicevano essi
ccorso di quel Nume. Apollo lo purifica, e dopo le solite abluzioni e gli offerti sacrificii, gl’impone di andare in Atene
onta delle espiazioni, non avean lasciato di tormentarlo. Minerva se gli mostra propizia ; ma non potendo respingere que’
ndo che per suo riguardo istituito avrebbe un tribunale per giudicare gli omicidii, il quale esser dovea perpetuo. « Voi, E
ate le pruove ed i testimoni. Io sceglierò i più sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa
lei co’ Titani e co’ Giganti(2). Queste feste Panatenee erano presso gli Ateniesi quelle stesse che da’ Romani appellavans
cuni vecchi e vecchie portavan de’ rami di ulivo. In dette feste, fra gli altri giuochi, celebravansi quelli istituiti da P
rno al Padre loro, Mirar le membra de’ giganti sparte. Plinio(1) fra gli argomenti della gran maestria di Fidia annovera l
o. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva
e formidabile, perchè Dea della guerra. Il ch. Visconti(5) dice « che gli antichi, accuratissimi osservatori delle propriet
fa, secondo Cicerone. Δεσποινα, regina o signora. In generale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma gli Atenies
ignora. In generale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma gli Ateniesi con questo nome salutavano propriamente
copide, γλαυκωπις Αθηνα, l’occhiazzurra Minerva, o la Diva, cui tinge gli occhi un’azzurrina luce, come traduce il Pindemon
asi un tempio consacrato a Minerva ; ed il luogo, ove si congregavano gli uomini studiosi per trattare di cose letterarie,
chi crede ch’essa sia la stessa cosa che il Dio Termine, confondendo gli Ermi ed i Termini. Altri credono che un’Ermatena
ta le due divinità presidi dell’eloquenza, Mercurio e Minerva, perchè gli antichi con un sol nome composto dinotavano due n
; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva presso gli antichi spesso in una stessa moneta si rappresent
o che una figliuola di Pallante, avendo sposato Dardano nell’Arcadia, gli portò in dote il Palladio e gli Dei Penati, cui e
avendo sposato Dardano nell’Arcadia, gli portò in dote il Palladio e gli Dei Penati, cui egli innalzò de’tempii nella Samo
i dati a questo Nume e lor ragione. Il Banier dimostra che presso gli antichi Apollo era tutt’altro che il Sole ; ma no
ed Apollo, nell’inferno. E fu detto Libero, perchè libere vagatur per gli spazii del cielo(3). II. Storia favolosa di Ap
 ; ed il quarto nato in Arcadia chiamavasi Nomio, perchè da lui avean gli Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo
o. Omero(1) dice che Apollo non fu dalla madre allattato, ma che Temi gli diede a bere il nettare degli Dei. Bellissime cos
per dispetto quelle chiare acque intorbidarono. Sdegnata Latona pregò gli Dei che trasformassero que’ villani in ranocchie,
lla terra, l’abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir di freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo Giove, perco
abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir di freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo Giove, percosse di un ful
eduta in Epidauro la statua di Esculapio con barba d’oro, comandò che gli fosse tolta, dicendo essere sconvenevole che il f
ò della divinità e cacciollo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti di Admeto, re di Fere, in Tessaglia, lung
are Alceste, fig. di Perilao, e consentendolo questi a condizione che gli donasse un cocchio tirato da un leone e da un cin
sta pianta fu a lui dedicata, e di essa s’inghirlandava ogni cosa che gli apparteneva, il tripode, i tempii, i poeti, i vin
presentimento del futuro. Esiodo(4) dice che le Muse nel farlo poeta gli diedero come per iscettro un ramoscello di verde
on tal magistero toccava la lira e sì dolcemente cantava che non solo gli uomini di fiera indole, ma le tigri ancora ed i f
ra indole, ma le tigri ancora ed i feroci leoni ammansiva, e muovendo gli alberi ed i sassi, se li menava dietro, ed il cor
profonda caverna del Tenaro. Quivi sì dolcemente suonò, pregando che gli fosse restituita Euridice, che mosse a pietà gl’i
rza della sapienza e della poesia, con cui i primi sapienti indussero gli uomini selvaggi ad unirsi in società. Orazio(2) d
sette corde rappresentava l’armonia de’pianeti. Dicevano i Tracî che gli usignuoli i quali nidificavano presso la tomba di
reggia era della madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le sue api. La quale, acc
dditasse di riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorevolmente, gli propone di andare da Proteo, Dio marino, il quale
rino, il quale si mutava in molte sembianze e presagiva il futuro. Ei gli disse ch’eran morti i suoi sciami per gli oltragg
e e presagiva il futuro. Ei gli disse ch’eran morti i suoi sciami per gli oltraggi fatti ad Euridice, e per placare l’ombra
za ; ma Mida solo osò dar la preferenza a Pane. Allora Apollo in pena gli fece crescere due lunghissime orecchie di asino ;
are i difetti de’ principi, attesa la naturale inclinazione che hanno gli uomini a manifestarli. Anche Marsia osò venire a
gio. Allora scende dal cielo Apollo stranamente adirato, coll’arco su gli omeri ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepit
ro vasto e bellissimo, sì leggiadramente descritto da Pausania, e che gli abitatori del Parnasso aveano in grandissima vene
(4). Quindi l’Ariosto rivolto a Febo dice : E volendone a pien dicer gli onori Bisogna non la mia, ma quella cetra Cou che
acque davano pure la virtù di poetare. Notisi infine che in generale gli antri e gli ameni recessi si credevano attissimi
o pure la virtù di poetare. Notisi infine che in generale gli antri e gli ameni recessi si credevano attissimi per la inspi
zione degli strumenti musicali si attribuiva a’ Numi, perchè appresso gli antichi la musica aveasi in grandissimo pregio. Q
ttaria, cioè di maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela di lui erano gli arcieri, i musici, i cantori e suonatori, i vati
a di lui erano gli arcieri, i musici, i cantori e suonatori, i vati e gli auguri. Lo Scoliaste di Pindaro afferma che Apol
(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così di altre città. E si r
’era posto sull’apertura di quella grotta. In questo tempio scrissero gli antichi a lettere d’oro tre precetti di Chilone L
oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tutti gli uomini. Omero(2) riferisce, avere Apollo stesso e
andarono al Nume un guiderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che gli fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo
ra simile a quella mensa o tripode, sopra del quale la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nume per mezzo di un ven
an venti che ispiravano un furore divino, pel quale i sacerdoti davan gli oracoli. Anche a Delo, luogo natale del nostro Ap
mbattere il Minotauro, promise con voto ad Apollo Delio di far sì che gli Ateniesi ogni anno facessero un viaggio al suo te
nato fosse vincitore. Così istituironsi le feste dette Teorie, in cui gli Ateniesi mandavano una deputazione a Delo per off
to ad Apollo il corvo detto uccello Febeo, il quale si annoverava fra gli uccelli maggiori augurali. Racconta Ovidio(1) che
che venuti fossero a maturità. Ritornò poscia da Febo con un’idra fra gli artigli che avea ghermito, scusandosi quasi quel
dra fra gli artigli che avea ghermito, scusandosi quasi quel serpente gli avesse vietato il prender l’acqua. Ma in pena di
tutto il tempo che il fico ha immaturi i suoi frutti. Apollo pose fra gli astri il corvo, il serpe e la tazza. Alcuni scrit
l’uomo la morte. Anche Ippocrate giurava per Apollo medico ; ed Igino gli attribuisce l’invenzione della medicina oculare.
are. Da non pochi luoghi di Omero si scorge che ad Apollo attribuivan gli antichi le morti repentine e tranquille degli uom
i, e più altri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano fa sentire la sua in
. Il dice Ovidio(3). Quando fè fare Alcatoo quella torre, Chiamò fra gli altri Apollo a dargli aiuto ; Il qual volendo un
alto porre, Appoggiò alla parete il suo liuto. Subito il muro il suon gli venne a torre, E sol fra gli altri sassi non fu m
ete il suo liuto. Subito il muro il suon gli venne a torre, E sol fra gli altri sassi non fu muto ; Ma da marmo o d’acciar
rnare il gregge. Quindi chiamossi Nomio o pastorale fin da che guardò gli armenti di Admeto. Se gl’immolava il lupo, ch’è a
l secondo, d’Iperione ; il terzo, di Vulcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani avean consacrata la città di Eliopoli ;
magica verga. E lo stesso sarebbe accaduto ad Ulisse, se Mercurio non gli avesse dato un’erba di stupenda virtù, chiamata m
Circe era una donna d’indole malvagia, che co’suoi artificii rendeva gli uomini dissennati e li riduceva quasi alla condiz
quasi aurea o color d’oro (5). Da Astreo partorì i Venti, Lucifero, e gli Astri. Omero la dipinge con un gran velo sulla te
ce di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma nel 1815, per gli avvenimenti della guerra, ritornò nel Vaticano. È
ntento e renderlo visibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti gli altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di
lle quali non mai spuntò anche picciola lanugine. Or si sa che presso gli orientali il sole per gli uomini, e la luna per l
nche picciola lanugine. Or si sa che presso gli orientali il sole per gli uomini, e la luna per le donne esprimono la più a
o la più alta bellezza. I suoi lunghi crini erano i raggi del sole, e gli si attribuiva una perpetua giovinezza, perchè il
Essendo che per Apollo e Diana intendevasi il sole e la luna, da cui gli antichi dicevano provenire la salubrità dell’aria
te e felicità ; e quindi detti σωτηρες, αλεξικακοι, αποπομπαιοι, cioè gli Dei Averrunci de’ Latini, i quali averruncabant,
fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna e di tutti gli astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων, sol subli
ca. Apollo Nomio, Nomius, νομιος, cioè pastorale, forse perchè guidò gli armenti di Admeto. Apollo Palatino, Platinus, di
venti e padre e madre (patrimi et matrimi.) al numero di ventisette e gli uni e le altre cantavan quel carme in onore di Ap
leste. Gli Egiziani la chiamavano Iside ; Astarte, i Fenicii : Dione, gli Assirii ; Militta, i Persiani ; Selene, i Greci ;
osi, agevolmente s’indussero a credere ch’erano i padroni del mondo e gli Dei che tutte le cose governano. La Luna da Omero
ttribuivano i poeti una specie di ballo ; anzi Luciano(3) afferma che gli astri diedero la prima idea della danza. Virgilio
no è uno de’più maravigliosi fenomeni che nell’uomo si scorgano, così gli antichi ne fecero un Nume potentissimo che sopra
i scorgano, così gli antichi ne fecero un Nume potentissimo che sopra gli uomini signoreggia e sopra gli Dei, secondo Omero
fecero un Nume potentissimo che sopra gli uomini signoreggia e sopra gli Dei, secondo Omero. Un greco autore dice elegante
va ; e ch’era invisibile, mentre tutti il conoscono. Per addormentare gli uomini versa su gli occhi loro un fluido detto an
bile, mentre tutti il conoscono. Per addormentare gli uomini versa su gli occhi loro un fluido detto anche υπνος, il quale
uale faceva sì che le palpebre si chiudessero. Quindi presso Omero : gli sparse il fluido soporifero sulle palpebre ; gli
indi presso Omero : gli sparse il fluido soporifero sulle palpebre ; gli Dei mi versarono un dolce fluido soporifero sulle
parse il corpo stanco Col ramo intinto del liquor di Lete. Callimaco gli dà l’ala Letea ; ed in Ovidio(2) la reggia del So
secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi credevano sepolto nelle più dense tenebre
darno il chiaro dì vi mena, Che non vi può mai penetrar coi raggi, Sì gli è la via da’ folti rami tronca ; E quivi entra so
i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e gli Arcadi, della Luna con Endimione, voleva signific
currebant Lunae laboranti). Come al Sole, così alla Luna attribuivano gli antichi alcuni morbi. Gli uomini sorpresi da cert
sta favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu una Selene che visse fra gli Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero de
li Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima della Luna, cioè di Selene.
e fu educato. Macrobio(7) dimostra che Libero, cioè Bacco, era presso gli antichi il Sole ; e pare che Virgilio ed Ovidio(1
una bellezza, in cui traluceva un non so che di divino, tanto che se gli raccomandò fortemente. Di ciò risero quei corsari
trattarono con modi sì villani che vollero pur legarlo ; ma le catene gli caddero da se, Destatosi il nume disse di voler a
ettassero nel mare e divenissero delfini. Bacco allogò il delfino fra gli astri. Or Acete giunto a Nasso fu tutto inteso al
l quale leo fece imprigionare, e pensava farlo morire. Bacco però non gli mancava del suo aiuto, giacchè gli caddero da se
nsava farlo morire. Bacco però non gli mancava del suo aiuto, giacchè gli caddero da se le catene, e si aprirono le porte d
Baccanti. Il cieco vate Tiresia, di cui Penteo derideva i pronostici, gli avea presagita una morte funesta pel dispregiar c
l’onor della patria, e l’imbelle straniero, cioè Bacco, senza indugio gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era
a loro stesse la morte. Per rimedio di tanto male volle l’oracolo che gli Ateniesi punissero gli uccisori d’Icaro e che in
Per rimedio di tanto male volle l’oracolo che gli Ateniesi punissero gli uccisori d’Icaro e che in ciascun anno al padre e
o Bacco, il quale, per sì liberale ospitalità, il regalò della vite e gli additò il modo di coltivarla ; che anzi il vino c
one, fece prodigii di valore ed atterrò il gigante Reto, mentre Giove gli dava coraggio, grìdando evohè ! o sia « coraggio,
rlo ; cose tutte che convengono a Bacco. Marziano Capella afferma che gli Egiziani indicavano il sole sotto il nome di Osir
fu pur cagione l’odio di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fug
le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e di pampini. In u
a e corpulenta con aria di viso gioconda, o piuttosto beffarda ; e se gli dà d’ordinario la coda. In un cammeo del Museo Bo
on modi molto cortesi. Il restituì poscia a Bacco, il quale in premio gli promise accordargli qualunque grazia chiesto gli
, il quale in premio gli promise accordargli qualunque grazia chiesto gli avesse ; ed egli domandò di cangiare in oro tutto
he il cibo e la bevanda. Vedendosi così vicino a morire, pregò che se gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli com
a morire, pregò che se gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli comanda di lavarsi nel Pattolo, fiume della Lidia
o egregio di Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costellazione di nove stelle dett
ceva sì gran conto che da’ Baccanali o feste Dionisiache si contavano gli anni. In onore di Bacco si celebravano pure le fe
elebravano pure le feste antesterie, in cui i padroni doveano servire gli schiavi, e tutt’i cittadini si consideravano ugua
si chiamavan pure Bistonidi, cioè donne Tracie, perchè Bistonii erano gli abitanti di una parte della Tracia, in cui le org
uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove gli abitanti con piacere mostravano a’forestieri il l
al nume che avea loro viti del nettare involato agli Dei. Oltre a ciò gli antichi credevano, essere nel vino un principio i
lia. Il centauro Euritione, avvinazzato fuor di misura, come lo erano gli altri commensali, commise a zioni molto indegne,
chiama assistente di Cerere, e da Strabone(4), il genio di Cerere. E gli Spartani(5) dicevano che avea pur ritrovato la co
cus.) Da alcuni l’origine della tragedia è attribuita a Bacco, da cui gli attori furon dettiartisti dionisiaci. A lui eran
li a ragione presedeva a’banchetti ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione di una specie di danz
corona di pampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso di oro per uso di bere n
ampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso di oro per uso di bere nella destra 
regiato negli antichi monumenti ; ed oltre a ciò i pittori ed i poeti gli danno due picciole corna che potea levarsi a suo
condo Ateneo, erano un rimedio efficace contro l’ubbriachezza, percui gli antichi ne inghirlandavano la fronte de’commensal
ri(4). Bacco si rappresentava stante in piedi ; ed Ateneo(5) riprende gli artisti che lo facevan giacente. Ma Pausania lo d
ia vedevasi Bacco con un vaso di oro nella destra ; ed altri artefici gli ponevano in mano diverse specie di vasi, come il
la pantera che ha a’ piedi. Ercole è assiso sulla spoglia del leone ; gli sta dappresso la clava, e beve in un cantaro ; in
a, poichè non solamente è stato obbligato ad abbandonare a’ Fauni che gli sono accanto, la cura di portare l’enorme sua cla
oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il peplo che dagli omeri gli discende sino a’piedi è violaceo foderato di verd
a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed ha una nebr
. Nel Museo Romano(5) vedesi un bevitore con un corno in mano, perchè gli antichi prima dell’invenzione del bicchiere facev
o in mano, ch’era l’antica forma de’ vasi per bere ; o perchè i poeti gli attribuivano due picciole corna. Dicevasi pure bi
oviamo essergli state immolate pecore e tori ; ed Erodoto afferma che gli Egiziani gli sacrificavano anche il porco. Se gli
li state immolate pecore e tori ; ed Erodoto afferma che gli Egiziani gli sacrificavano anche il porco. Se gli offerivano p
Erodoto afferma che gli Egiziani gli sacrificavano anche il porco. Se gli offerivano poi in voto il potatoio, i cofani, il
cano un vivere molle e delicato. I Sirii poi la chiamavano Astartea ; gli Egiziani, Nesti ; i Persiani, Mitra ; gli Assirii
oi la chiamavano Astartea ; gli Egiziani, Nesti ; i Persiani, Mitra ; gli Assirii, Militta ; i Medi, Anaite ; e così degli
riva, e le colombe, ad istanza di Venere, furon da Giove allogate tra gli astri ; ed i Sirii non le uccidono, avendole per
rme degli Dei, dell’ingiuria fattagli, quando il precipitò dal cielo, gli diede Venere per moglie. I poeti, dice Banier, se
ncersi scambievolmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazione, ne hanno formato una
degli orti Sallustiani. » Si racconta che quando Giove sposò Giunone, gli Dei fecero de’ regali alla sposa, e che la Terra
non dormiva mai. Fu esso ucciso da Ercole, e da Giunone collocato fra gli astri. Altri però favoleggiano che le Esperidi po
a cagione che spinse Venere a proteggere l’infelice città di Troia, e gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchise, principe
Discordia, concepì un odio implacabile contro la sua rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli er
la sua rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli eroi del sangue di lei. Ed ecco ne’ due grandi te
dre, oprendolo del suo peplo, non avesse impedito che » ferro Acheo gli passi il petto, e l’anima gl’involi. Ma l’eroe im
Ma i fati traevano Troia a dover sostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere, di Ap
’ luoghi discorreva alla ventura per conoscere in qual paese il vento gli avesse spinti. Era ella(3). Donzella a l’armi, a
a gonna il seno. Caro. Ella intanto, sotto quelle mentite sembianze, gli dà la nuova ch’eran salve le navi e gli smarriti
tto quelle mentite sembianze, gli dà la nuova ch’eran salve le navi e gli smarriti compagni, e lo rassicura con additargli
ra con additargli non lontane le mura della novella Cartagine, in cui gli promette dalla regina Didone assai benigno ospizi
e Venere manda una coppia di amorose colombe, che col fausto lor volo gli mostrano l’albero dell’aureo ramo. Giunto finalme
po varii casi e molti acerbi e duri perigli, Fondò la sua cittade, e gli suoi Dei Ripose in Lazio : onde cotanto crebbe Il
o in cielo. Ebbe un tempio alla riva di quel fiume, e si numerava fra gli Dei indigeti o tutelari del paese (1). VI. Cor
me, e su di un cocchio che ha le ruote dorate, mentre la madre Venere gli fa grandi applausi dall’ Olimpo e gli sparge rose
dorate, mentre la madre Venere gli fa grandi applausi dall’ Olimpo e gli sparge rose sul capo. Veniamo ora alle Grazie. Es
vevano più che tutte le altre Dee un gran numero di adoratori : tutti gli stati, tutte le professioni e tutte l’età loro po
ndo Empedocle. Essa sposò Cadmo, e nelle sue nozze intervennero tutti gli Dei e le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) l
tela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui non di rado gli Dei stessi con un certo sentimento di iattanza no
ella Grecia stessa. Era ivi adorata sotto il nome di Venere Urania, e gli abitanti erano a lei in particolar modo consacrat
censo e di fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime, perchè su gli altari di essa non si spargeva mai sangue e speci
redesi che avrebbe vantaggiato la prima, ma la morte invidiosa non la gli lasciò terminare. Tuttavia non fu meno ammirata,
esse del dritto di asilo. XI. Alcune altre cose di Venere. Fra gli animali erano specialmente consacrati a Venere i
ale di ciascuno, per cui fu detto Dio Natalizio (Deus Natalis)(3). Nè gli uomini solamente, ma i regni ed i luoghi aveano i
δευειν, vibrare l’asta ; o da gradior, io cammino, perchè questo nome gli si dava solo in tempo di guerra, quando rappresen
icamente Duellona, fu così chiamata da bellum, la guerra, e si sa che gli antichi dicevano duellum per bellum. Da’ Greci di
i Idei e che chiama Dio guerriero. Dal quale apprese prima la danza e gli altri esercizii ginnastici che servir doveano qua
pari di nove o dieci mila combattenti al grido. I Troi l’udiro, udir gli Achivi e ne tremaro. Allora doloroso salì alle sf
mpiglio. E nello scudo di Ercole si rappresentano del terribile Marte gli alipedi destrieri, e lo stesso Marte pernicioso e
Eschilo chiama ministri o servi di Marte. Bellona, sorella del nume, gli metteva in ordine il cocchio ed i cavalli, quando
in mano un flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli occhi di fuoco. Virgilio(1) con Marte accompagna
Turno la campagna aprendo, Uccidendo, insultando. Caro. Oltre a ciò gli epiteti che a lui si danno da’ poeti, sono i più
Furore e la Collera ne adornavano l’elmo, mentre la Fama da per tutto gli andava innanzi. V. Culto di Marte appresso i R
figliuoli di Marte, Romolo e Remo ; e Properzio(2), rivolto a Romolo, gli dice che avea col latte succhiato l’indole sua fe
e quel religioso monarca avea segrete conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fa
uella di porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ carmi Saliari. Or gli ancili erano scudi non rotondi, ma così tagliati
ovendo imprendere qualche militare spedizione, entravano, e scuotendo gli ancili e l’asta che il nume teneva in mano, dicev
che giungevan nel suo regno per alimentare que’ destrieri ; ma Ercole gli mosse guerra e tolse a lui quei cavalli che posci
era re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercurio collocato fra gli astri, e chiamasi Enioco o il cocchiere. Pelope e
ava in una parte dell’Africa, in onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giungevano nel suo paese. A Diomede
sorte, se la figliuola di quel barbaro re, mossane a compassione, non gli avesse salvata la vita. VII. Iconologia di Mar
to. Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era sacro per la sua indole guerresca, e come sim
nell’atteggiamento di un uomo che marcia a gran passi. In una parola, gli antichi monumenti, dice Millin, rappresentano Mar
crificii(1), o perchè padre di Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei invocavansi col nome di padre(2). Nel sacrifi
esta porta, che si vuole ristaurata da Silla. Nel mese di Ottobre poi gli s’immolava ogni anno il mìglior cavallo de’ cocch
uori le porte di Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricevere gli ambasciatori stranieri ed altri che non si voleva
ω, interpetrarè, perchè Mercurio è l’interpetre ed il messaggiere fra gli uomini e gli Dei ; ma pare che quel verbo piuttos
rè, perchè Mercurio è l’interpetre ed il messaggiere fra gli uomini e gli Dei ; ma pare che quel verbo piuttosto venga dal
he il nome greco di Mercurio è parola egiziana, giacchè Hermes presso gli Egizii significava un interpetre o un oratore ; i
a, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato dal Nilo, che gli Egiziani non credevan lecito di nominare ; il qui
i fu l’inventore dell’ astrologia e del calendario. Ed in questo mese gli Egiziani celebravano una gran festa in onore di M
ione, una delle Oceanitidi, la quale sul Cilleno, monte dell’Arcadia, gli partorì le Pleiadi(5). Delle quali Maia(6) vincev
a di allevarlo. Ma dell’infanzia di Mercurio mirabili cose ci narrano gli antichi. Luciano descrive con molta grazia alcune
. Ma dei suoi furti parleremo appresso ; solo quì notiamo che Guinone gli volle dar latte e che da poche gocciole di esso a
mercatanti in onore di Mercurio che si voleva nato in quel giorno ; e gli sacrificavano, immolando una troia gravida, e se
in guardia, nell’atto stesso che n’era da lui fortemente rampognato, gli rubò il turcasso ; di che avvedutosi Apollo, non
sotto altra forma, promettendogli in premio una vacca ed un toro, se gli avesse manifestato ove le vacche erano e chi ruba
o ove le vacche erano e chi rubate le avesse. Batto accettò il dono e gli svelò tutto ; della quale infedeltà Mercurio oltr
lla Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel quale gli antichi dicevano ch’era stato tramutato il pastor
venusta guancia. Monti. » Poscia con bell’arte si avviene in Priamo, gli si offre per guida, ed addormentate le scolte del
la scorta di Mercurio, deluse i superbi Atridi, ed i Tessali fuochi e gli alloggiamenti a Troia infesti. Forse un qualche g
o, pensò di marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli armenti di Autolico, con siffatto mezzo giunse a
nte, la prima non sarà che un vano strepito di parole. E per ciò pure gli antichi offerivano sacrificii a Mercurio insieme
quali imitano la forma di quelle lettere. Non fa quindi maraviglia se gli antichi (5) aveano il costume di sacrificare a Me
tti colla sua sovrumana eloquenza (quoniam ipse erat dux verbi). E se gli antichi diedero a Mercurio la gloria di avere il
tuito un culto e de’ sacrificii agli Dei, come ancora di aver ridotto gli uomini che vivevano a guisa di bestie, alla vita
za salvochè quella dell’eloquenza potea o rassembrare in un sol luogo gli uomini dispersi, o dalla lor vita animalesca e se
i fatto presso Plauto (1) egli stesso afferma, esser noto a tutti che gli Dei aveano a lui concesso di farla da lor messagg
i concesso di farla da lor messaggiere e di presedere a’ lucri. Giove gli avea posto le ali alla testa ed a’ piedi, onde ve
ali alla testa ed a’ piedi, onde velocemente portasse per ogni luogo gli ordini suoi. Omero (2) e Virgilio (3) in bella gu
lio (3) in bella guisa descrivono Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a
ea verga nelle man recossi, Onde i mortali dolcemente assonna, Quanti gli piace, e li dissonna ancora, E con quella tra man
zione di Omero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. « Udito ch’ebbe Mercurio, ad es
Si racconta che quando Apollo pasceva le greggi di Admento, Mercurio gli regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verg
nso questa verga prodigiosa, colla quale quel nume guidava al pascolo gli armenti ; e che Mercurio, volendo far pruova dell
rtar sempre in mano quel bastone, qual simbolo della pace. Al caduceo gli antichi poeti davano la virtù di conciliare e di
ra unita per virtù divina. Da Virgilio (2) si rileva ch’egli chiudeva gli occhi de’ defonti ; ma alcuni vogliono ch’esso li
priva piuttosto, alludendosi al costume de’ Romani di aprire sul rogo gli occhi de’ cadaveri, che avean chiusi in casa (1).
colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo obbligato
atteneano, caschi, Tutti stridendo allor volano in folla. Così movean gli spirti, e per la fosca Via precedeali il mansueto
ch’era circondata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso gli Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere
della palestra si studiò di rafforzare. La palestra era un luogo, ove gli antichi si esercitavano, per la ginnastica, alla
spesso questo animale si vede ai suoi piedi. La lucertola poi che se gli vede vicino, forse simboleggia quelle occulte mal
forse perchè il pianeta di Mercurio credevasi il più veloce fra tutti gli altri pianeti. Queste ali si chiamavano talaria (
no la velocità del celeste messaggiero, o le ali dell’ingegno, perchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era
rtete a lato(2), forse perchè quel nume tenea sotto la sua protezione gli armenti e li faceva crescere(3) Anche negli scavi
ntichi monumenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che gli esce di bocca e si attacca alle orecchie di color
bolo della forza che ha l’eloquenza sul cuore umano. Qualche volta(1) gli hanno posto in mano un volume, per indicare ch’eg
esto nume infine alle volte ritrovasi il cane, forse perchè fra tutti gli animali esso si reputa il più accorto e sagace.
presiede a’ giuochi. Eustazio vuole che αγωνιοι θεοι in Eschilo sono gli stessi che θεοι αγοραιοι, Dei che presiedono alle
o, e Vergadoro, secondo il Salvini. Gli antichi chiamavano Caduciferi gli araldi che annunziavano la pace, e gli ambasciado
antichi chiamavano Caduciferi gli araldi che annunziavano la pace, e gli ambasciadori che ne trattavano, perchè portavano
amato Mercurio da’ Romani(3), come ministro degli Dei, perchè presso’ gli Etruschi Camillo significava appunto un ministro.
rometeo con chiodi di ferro ad un sasso smisurato del monte Caucaso e gli assegnò l’aquila che dovea divorargli il enore ch
osa che i Genii de’ Greci (δαιμονες(1). Così chiamavansi propriamente gli Dei domestici o che aveano cura della casa, a dif
se i poveri erano serviti da’ ricchi, da’ quali prendevano a prestito gli abiti. L’erba mercuriale, detta mercorella, si vu
nza di molte arti e scienze. Perciò fu innalzato agli onori divini, e gli fu attribuita l’invenzione delle lettere, della s
hiamavasi da’GreciGe o Gea (Γαια) dal verbo γεινομαι, nascere, perchè gli antichi credevano, la terra esser la madre comune
he vuol dire aiuto, perchè coll’aiuto della terra l’umana vita riceve gli alimenti necessarii ; o da opus, opera, perchè co
Siri, da’ Frigil, dagli Sciti, da’ Greci, da’ Romani e da quasi tutti gli antichi popoli ; percui si annovera fra i più cel
la Natura o la madre universale delle cose, quella che produce tutti gli esseri. E però spesso chiamavasi la Gran Madre, p
e i proprii figliuoli, così la Terra appellasi madre, perchè nudrisce gli uomini e gli animali che sono i figli suoi. E Pli
igliuoli, così la Terra appellasi madre, perchè nudrisce gli uomini e gli animali che sono i figli suoi. E Plinio(4) dice c
feconda. E dagli Etruschi la Dea Tellure con Vesta si annoverava fra gli Dei che presiedono alle nozze (1), perchè riputav
che baciò la Terra come madre comune di tull’i mortali (2). Pare che gli antichi avessero attributo alta Terra una virtù f
aveano le esalazioni della Terra, dalle quali la Pizia investita dava gli oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più div
a stessa che Temi ; ma Pausania dice che ne’ primi tempi a Delfo dava gli oracoli la Dea Tellure ; dopo Temi, e finalmente
ceveva, co’ vapori della Terra, le inspirazioni del Nume, e così dava gli oracoli. Il mostruoso Pitone dal maculoso tergo e
ve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano gli oracoli dopo aver bevuto molto vino ; e l’oracolo
alcuni figliuoli della Terra. Abbiam notato nella prima parte che gli antichi chiamavan figliuoli della Terra coloro ch
Aen. III, v. 619.) Ma sul fatto de’ Ciclopi vi è gran confusione fra gli antichi scrittori. Secondo Esiodo (1) essi erano
nze dell’Etna , campagne de Ciclopi. I quali erano intesi a pascolare gli armenti, abitavano negli antri e menavano una vit
. In alcuni antichi monumenti Polifemo si rappresenta con tutti e due gli occhi ; ed Omero non ha mai dato un sol occhio al
’Ciclopi a Nauplia nel seno de’ monti per trarne delle pietre. E come gli Egiziani nelle miniere facevano uso di una lucern
il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra, sua madre, gli dava nuova forza ogni volta che, cadendo, la tocc
ilvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti gli abitanti della campagna. Quindi lo dipingevano in
osseggiare dell’etere ; avea il ventre sparso di stelle, per indicare gli astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed i
li astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed irti significavano gli alberi, i virgulti ec. Trovasi chiamato anche Egi
zzo all’ingiù. E da Pane, lor capo, furon detti Pani, i Satiri, o sia gli Dei delle foreste e de’campi ; e per la deformità
sta trasformazione degli Dei in bestie nacque il culto vergognoso che gli Egiziani prestavano a certi animali. Apollodoro (
da’ poeti. Orazio (8) per significare Pan dice il nume cui piacciono gli armenti ed i piniferi monti di Arcadia. E chiamav
, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni di ninfe. Se volgiamo gli occhi a’campi, vedremo e Vertunuo , e Pale, dea d
de’ confini, e da Virgilio, nume de’ campi e degli armenti. I pastori gli offerivano latte, o gli sacrificavano un porco. E
io, nume de’ campi e degli armenti. I pastori gli offerivano latte, o gli sacrificavano un porco. Esso era il genio degli u
co. Esso era il genio degli uomini, come Giunone, delle doune, percui gli uomini solamente gli sacrificavano. In un marmo (
degli uomini, come Giunone, delle doune, percui gli uomini solamente gli sacrificavano. In un marmo (2) si vede un Silvano
sentazione da’ Greci detta Satirica, di cui servivansi per rallegrare gli animi dopo la tragedia. Satira poi chiamasi ezian
che si voglion compagne di Diana. La Terra, dice Esiodo (4), partorì gli alti mouti, grate abitazioni delle divine Ninfe c
prati ed agli orti. Quindi il Chiabrera : I regii alberghi spaziosi, gli orti Mirabili soggiorni di Napee. Ed altrove :
che, a differenza delle Amadriadi, eran riputate immortali. Di tutti gli alberi erano queste Ninfe, ma specialmente delle
so amne)(4) ; altri dal volgere di un anno (ab anno vertente), perchè gli si offrivano le primizie de’ frutti dell’anno ( a
. Pare che Plutarco confonda la Dea Bona con Flora ; ma il vero è che gli antichi davano quel nome a Vesta, a Rea, ad Opi,
moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gli onori divini. I suoi misteriosi riti si celebrava
di Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva lontani i ladri e gli uccelli (1), e perciò gli mettevano in mano una f
li orti, da’ quali teneva lontani i ladri e gli uccelli (1), e perciò gli mettevano in mano una falce, ed appellavasi il te
Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni di mandre e di sciami ; e gli si offeriva latte e qualche focaccia (3). Si fins
ossa la sedia di Termine e il non aver ceduto quel dio solo tra tutti gli altri significasse, ogni cosa avere ad essere qui
egnò l’uso del frumento. Vi fu già un tempo, dicevano i poeti, in cui gli uomini, selvatici ancora, durando lor vita ne’ bo
etto, ai crini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai
nti, Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, La terra, il mare ; e poi che
l tempo che il sole corre per i sei segni australi del zodiaco ; come gli altri sei mesi ch’era colla madre, significavano
a germoglia in piantoline, matura ed è mietuta, quando il sole va per gli altri segni dell’emisfero boreale(3). IV. Cont
er ogni luogo della terra. Or, riuscendo vana ogni lor cura, pregaron gli dei che potessero, fornite di ale, andar sulle ac
vano aiutata la figliuola. Or delle Sirene varie cose troviamo presso gli antichi, Omero nell’Odissea dice che le Sirene co
Atene credevasi ministro di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astri più splendidi. Dal bue venne il nome di Buz
VII. Feste in onore di Cerere – Misteri Eieusini. I Siciliani e gli abitanti dell’Attica istituirono delle feste in o
di Socrate. Molti grandi uomini s’iniziarono a questi misteri, e fra gli altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini
ono a questi misteri, e fra gli altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte di ben vivere ed erano
acerdotessa, cercò distornarlo da sì reo disegno, ma indarno ; percui gli mandò la Fame, per soddisfar la quale consumò tut
desi Cerere coronata di molte spighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli antichi ponevano una corona di spighe avanti la p
coronata di spighe intrecciate fra un velo bianco che le discende su gli omeri. Ha sopra una tunica senza maniche, ed un p
Alma (ab alo), soprannome di Cerere inventrice del grano con cui gli uomini si alimentano. Aloea (αλως, area), perchè
 ; dalla quale caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso
’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso non lo avessero fra Ie
efice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che gli Egizii ebbero a re un Vulcano che ritrovò il mart
lo(2) chiamava Vulcano il fuoco, e lo venerava qual nume ; e Sesostri gli edificò un tempio a Menfi. Dal Vulcano adunque de
eti, uscita del mare per consolarlo, lo esorta a soprassedere, finchè gli porti una nuova armatura. Ella di fatto si presen
n era conveniente ad inspirare la gioia che regnar dee nei banchetti, gli fu sostituita la bella Ebe. Era insorta fra Giove
ppo, per cui….. la Diva dalle bianche braccia rise, e ne risero tutti gli Eterni. Veggasene in Omero(1) il grazioso raccont
andi prodezze, fatta avea terribile strage de’ Troiani, ed incalzando gli altri, parte ne avea rincacciato nella città, e p
i che capitavano ad Epidauro, città del Peloponneso. Teseo l’uccise e gli tolse la clava, di cui poscia fece uso egli stess
a ; folta barba, capellatura negletta ; mezzo coperto di un abito che gli giunge sopra il ginocchio, cou una berretta roton
ficato da Romolo, ch’era fuori della città, e nel quale si trattavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra gli an
el quale si trattavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra gli animali poi era sacro a Vulcano il leone. Finalme
specialmente per la sua verginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli strali ed il drappello di sessanta ninfe Oceanine
di Caledone o Calidonia, città della Grecia ; favola assai conta fra gli antichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Por
a caccia fu posteriore alla spedizione del vello d’oro, e quasi tutti gli eroi che presero parte alla prima, non mancarono
Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra avis) di Orazio. Fra gli antichi monumenti ci restano varii bassirilievi e
vittime umane ; il che dinotava in questa Dea un’indole crudele. Cosi gli Achei le sacrificavano un giovane ed una donzella
Toante, il quale destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare di Diana gli stranieri che nei confini del suo regno capitavan
re uccisa. I greci poeti non poteano con più vivi colori porre avanti gli occhi del popolo lo stato spaventevole di un cuor
onti e delle foreste ; e Callimaco dice che a questa Dea sono a cuore gli archi, ed il ferir lepri, e le liete danze su per
iò il simulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avanti gli usci delle case. Ciò si scorge eziandio da moltis
to e cento Oreadi accompagnata, esegue le sue danze, colla faretra su gli omeri, tutte le altre seguaci superando colla sua
iana in abito da caccia, co’capelli annodati addietro, il turcasso su gli omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto
. Fra le piante erano sacri a Diana il papavero ed il dittamo ; e fra gli animali, la cerva ed il cinghiale. Da Ovidio i ca
cerva ed il cinghiale. Da Ovidio i cani si chiamano turba Diania ; e gli strumenti da caccia, arma Diania. Eroi e semi
ndi i primi albori di quel gran popolo come un riflesso di gloria che gli veniva dall’eroismo de’suoi fondatori e de’suoi p
he, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti altri, non gli stimarono mortali, ma dissero ch’eran discesi da
li, ma dissero ch’eran discesi da qualche nume. A ciò si aggiunge che gli scrittori delle prime loro memorie erano poeti ch
rdine che traevano la loro origine da’Numi. Da Esiodo(1) si appellano gli Eroi divina generazione di uomini che diconsi Sem
vizio, mentre incerto e pensieroso medita sul partito da abbracciare, gli apparvero due donne di grande statura, una di sem
ondo Virgilio. La quale nudrita nella palude, ne usciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza di
. La quale nudrita nella palude, ne usciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza di quel mostro c
perchè pugnacissimi, si disse ch’eran nati da Marte. In settimo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ;
ra vicino al monte Atlante. Un dragone dalle cento teste e che teneva gli occhi sempre aperti, li custodiva. Or racconta Ap
di Ercole. Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l’eroe che saetta gli uccelli di Stinfalo, che abbatte l’idra e che s’i
trasformò prima in serpente, e poscia in toro ; ma Ercole lo vinse e gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripi
di fiori, fecero il Cornucopia, o corno dell’abbondanza. Si noti che gli antichi davano a’ fiumi capo e corna di toro ; e
mpo accadde che Deianira per conciliarsi vie più l’amore dello sposo, gli mandò per Lica, di lui servo, il fatale regalo de
volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse co
rato ad Ercole era il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti e gli eroi che aveano operato famose imprese. Sopra i m
quali per consiglio del padre nella prima notte delle nozze uccisero gli sposi, fuorchè I permestra, la quale avendo in or
lea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’ quali il primo fece tutti gli sforzi per ascendere sul trono ; ma, dopo molte g
 ; alla quale vista fingesi che il sole si volse indietro. È noto che gli antichi credevano che il sole come godeva degli o
scia uccisi da Ercole, che si fingono alati ne’piedì e nel capo, come gli altri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cef
ne da Minos il permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli Ateniesi dal sanguinoso tributo. Si vuole che Ari
Nell’antica Beozia erano assai luoghi di grandissima rinomanza, e fra gli altri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo di Gio
com’era Edipo. Il quale, per orrore del commesso parricidio, si cavò gli occhi e maledisse la sua infelice discendenza. In
no a Polinice, il quale in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che gli promise di riporlo sul trono. E di fatto preparò
salvo che Adrasto, ricusava di prendervi parte e ne dissuadeva anche gli altri. Ma Polinice col mezzo della moglie Erifile
il Pelio, l’Ossa ed il Nefele, ove abitarono i Centauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la quale era
icono alcuni che l’idea de’ Centauri nacque dal vedere la prima volta gli uomini montali a cavallo, che doveano a quelle ro
oluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che si fosse guardato da colui che po
lla parte opposta del fiume Anauro, mentre si affrettava di varcarlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere
Dolioni erano continuamente in guerra, avvenne sì fiera battaglia fra gli uni e gli altri, che Cizico ed un gran numero de’
ano continuamente in guerra, avvenne sì fiera battaglia fra gli uni e gli altri, che Cizico ed un gran numero de’suoi resta
’suoi restaron miseramente uccisi. Al far del giorno scorto l’errore, gli Argonauti ne furon dolenti a dismisura, e con mol
facendo, dice Virgilio(1), di quel nome risuonare tutta la spiaggia, gli Argonauti si posero in viaggio, dimenticando quel
o, e della Terra, e di Elettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gli Argonauti alla corte di Fineo, questi li pregò ch
inseguirle e quindi dovettero tornare indietro. Allora Fineo avvertì gli Argonauti a schivare a tutte lor potere le Simple
si, fiume della Colchide, tosto espose ad Eeta il comando dello zio e gli fece la domanda del vello d’oro. Pronto si mostrò
l’adempimento della promessa ; ma vedendo ch’egli cercava di uccidere gli Argonauti ed incendiare la loro nave, Medea, inca
bblio, per non esservi stati scrittori che ne tramandassero a’posteri gli avvenimenti. Secondo Virgilio mille erano i vasce
il diede poscia ad educare al centauro Chirone, il quale, oltre tutti gli altri esercizii che convengono ad un principe, a
to le mentite spoglie femminili ; perciocché travestitosi da mercante gli recò preziosi regali, fra i quali eranvi delle ar
icò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di
e di suo figlio, commosso Achille dalle lagrime dell’infelice vecchio gli permise di portarselo via. Rendendo a Patroclo i
rselo via. Rendendo a Patroclo i funebri onori, per placarne l’ombra, gli sacrificò dodici giovani prigionieri troiani ch’e
quanto ad Enea, principe troiano, fig. di Venere e di Anchise, tutti gli serittori romani lo dicono venuto in Italia, e lo
per significare il mare(1) ; e Virgilio(2) bellamente ci pone avanti gli occhi la signoria che quel nume vanta sul mare, a
suoi figliuoli. Come Nettuno era Dio del mare, così a ragione se gli attribuiva una grandissima potenza, attesochè mar
che anche sulla terra esercita quell’infido elemento, e tremendi sono gli effetti di esso, che noi tuttodì sperimentiamo. D
a potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crudeltà che gli uomini meritamente attribuiscono al mare, è avven
abitatore della rupe Etnea. Telemo, fig. di Eurimo, famoso indovino, gli avea predetto che un dì Ulisse gli avrebbe cavato
, fig. di Eurimo, famoso indovino, gli avea predetto che un dì Ulisse gli avrebbe cavato quell’unico suo occhio(4) ; vatici
l primogenito de’ figliuoli del Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se gli dà l’aggiunto di vecchio, e gli Dei stessi per lu
Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se gli dà l’aggiunto di vecchio, e gli Dei stessi per lui, come per la moglie Teti, avea
oronato di palustri giunchi, con chioma e barba ritorta e lunga, come gli Dei fluviali, col tridente nella sinistra, e che
per folte selve tenebroso, ed avea acque assai pestilenziali ; percui gli antichi il credevano quasi porta dell’inferno. Ed
è luoghi bassi e sotterranei. II. Descrizione dell’Inferno secondo gli antichi poeti. Erodoto afferma che gli Egizia
zione dell’Inferno secondo gli antichi poeti. Erodoto afferma che gli Egiziani i primi han creduta l’immortalità dell’a
bbricare quelle tombe magnifiche che fecero dire a Diodoro Siculo che gli Egiziani aveano più cura de’sepolcri de’morti che
one afferma che i Cimmerii di Omero erano sulle coste d’Italia, e che gli antichi ponevano presso al lago d’Averno la Negro
inuazione. Campi Elisii. Certo è, se crediamo a Macrobio (2), che gli antichi allogarono gli Elisii sopra gli astri, e
. Certo è, se crediamo a Macrobio (2), che gli antichi allogarono gli Elisii sopra gli astri, e che disserole anime giu
crediamo a Macrobio (2), che gli antichi allogarono gli Elisii sopra gli astri, e che disserole anime giuste essere accolt
ll’Oceano dette Isole Fortunate, di cui anche Pindaro fa menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove gli eroi e gli uo
cui anche Pindaro fa menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove gli eroi e gli uomini virtuosi godono l’eterno guider
indaro fa menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove gli eroi e gli uomini virtuosi godono l’eterno guiderdone delle
e dalla piacevole varietà della natura. Poscia la Grecia, coltivando gli studii di una migliore filosofia, a’materiali pia
Elisii, de’quali è signore Saturno, ove giudica Radamanto, che tutti gli altri poeti pongono nel regno di Plutone. Dice po
e de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere in tal guisa i Cam
condotto ne’ fortunati Elisii, ove regnano ognora e danze e canti ; e gli uccelli qua e là volando con delicato gorgheggiar
Meglio però Virgilio (2) e con più lodevole filosofia ci pone avanti gli occhi la felice turba che alberga negli Elisii. Q
divino e nati in secoli più felici, vivono tranquilla e beata vita, e gli studii loro son pur quelli che amarono in vita. L
folte selve. Della sua bocca usciva un alito, anzi una peste, percui gli uccelli non vi poteano volar di sopra senza lasci
, percui non vi penetrava mai raggio di sole, e che il volgo credeva, gli uccelli che sopra di esso volavano, dalle pestife
il ch. Malte-Brun : « L’Averno che i Greci chiamarono Aornos, perchè gli uccelli ne fuggivano le rive, da cui uscivano vap
non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel dipingono gli storici ed i poeti dell’antichità. Alle vecchie f
iati in vigneti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di Apollo, dall’altra, la cel
Infine non vi è cosa più pittoresca che l’aspetto di questo lago che gli antichi riguardavano come la bocca dell’inferno. 
verna vicina all’Acheronte che comunicava coll’inferno e per la quale gli abitanti del paese pretendevano che Ercole avesse
una nebbia foltissima, percui nebulosa appellasi da Ovidio. Per essa gli Dei stessi ed anche Giove temevano di spergiurare
, ed Arione si esercita, come in vita, alla caccia delle fiere. Forse gli Dei Mani (Manes) erano diversi dalle ombre de’ mo
le ombre de’morti, dedicati i sepolcrali monumenti. Secondo altri poi gli Dei Mani erano Genii, che credevano assegnati a c
li erano indirizzate le lettere D. M. che poneansi su’ sepolcri e che gli antichi credevano sacre ed inviolabili. Si noti c
parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino di Plutone, ma non gli dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero
rò a questo famoso cane si danno tre capi e tre gole ; e Virgilio (4) gli dà pure il collo crinito di serpenti. Alcuni poet
ito ; ma presso Virgilio (5) la Sibilla Cumana, per farlo star cheto, gli porge una mistura sonnifera. Orazio (6) finalment
lo chiamasi il sozzo nocchiero della Stigia palude ; e comunemente se gli attribuisce un umore tristo e severo, pel quale n
stesso chiamò. Egina dal nome della madre. La lode di giustissimo re gli meritò presso i poeti un posto onorevole fra i gi
stare nell’inferno in mezzo ad un lago di fresche e limpide acque che gli giungevano sino alle labbra, senza poterne mai be
ra, senza poterne mai bere una goccia, mentre saporosi frutti da’rami gli pendono sul capo, de’quali non può gustare un sol
fatto il poeta attribuisce la cagione della pena datagli da Giove che gli sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale
talo il timore di una guerra imminente. Orazio (3) paragona a Tantalo gli avari, perchè come quell’ infelice sta in mezzo a
ve e precipitato nel Tartaro, ove un avvoltoio, o due, secondo Omero, gli va rodendo le viscere sempre rinascenti ; e ciò p
per la sua astuzia e pe’suoi ladronecci, poichè, dopo avere spogliato gli stranieri che cadevano nelle sue mani, li faceva
belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egiziani erano soliti per quella palude traghetta
cadaveri, appellavasi bari (βαρις), ed al barcaiuolo che volgarmente gli Egiziani chiamavano Caronte, davasi un obolo pel
a quelle ch’eran sotterra, al dir di Erodoto. I Coccodrilli sacri che gli Egiziani nudrivano in que’ luoghi sotterranei, ha
rimo ad introdurre il costume di seppellire i morti e di rendere loro gli altri funebri onori. Ma pare più conveniente il d
issimo ; e ciò è tanto vero, dice M. Dacier, che a lui solo fra tutti gli Dei in niun luogo gli uomini han consacrato mai t
vero, dice M. Dacier, che a lui solo fra tutti gli Dei in niun luogo gli uomini han consacrato mai tempii ed altari o cant
ltari o cantato inni in suo onore (3). E la stessa Dacier osserva che gli antichi davano il nome di Giove non solo al signo
delle ricchezze. Quindi piacevolmente Demetrio Falereo (4) diceva che gli abitanti dell’Attica con tanta ostinazione scavav
te un’allegoria astronomica. Dicono alcuni, essere certa cosa che gli antichi sacerdoti greci, seguendo le orme di quel
fenomeni celesti. E veramente Esiodo nella Teogonia per lo più chiama gli Dei figliuoli dello stellato cielo ; e quando Luc
e, o il Sole, giacchè tutti questi nomi spesso si confondono. Or come gli Egizii rappresentavano il Sole, cioè il Genio sol
della terra, avendo essi potuto cadere in questo errore a motivo che gli antichi credevano che i metalli si formano nelle
a (1) ; e spesso confondesi con Cerere stessa, e con Iside che presso gli Egiziani dinotava la terra. Dicevasi pure da’ Lat
ondannava la vita all’orco. Il che ebbe forse origine dal considerare gli uomini quali vittime destinate al Dio dell’infern
quali vittime destinate al Dio dell’inferno ; e si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte di una v
etti carmi ed alcune preghiere, invocavano Ecate e la Dea Tellure fra gli Dei magici (Dii magici), come fa Medea appresso O
re vuolsi credere soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti gli altri celesti ed infernali Iddii. E veramente ess
esto mondo, tutto è soggetto al loro impero. Lo Spanheim dimostra che gli antichi davano al Fato anche il nome di Parche ;
ano al Fato anche il nome di Parche ; e Lattanzio afferma che al Fato gli Dei tutti e lo stesso Giove ubbidiscono, e che le
tabile eleganza descrive le Parche che, volgendo i loro fusi, cantano gli eterni decreti del Fato, di cui erano ministre(2)
destino di ciascuno dagli antichi si credeva scritto in un libro, ove gli Dei andavano a consultarlo. Così presso Ovidio(1)
so dovea morire per mano del figliuolo di Evandro, dice che le Parche gli posero le mani addosso e lo consacrarono alle arm
stata una serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parca gli si era mostrata con volto nugoloso(1). E questo b
questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua vita che i pittori e gli scultori abbiano rappresentato. Plinio(2) scrive
(3). Macrob. Sat. 1. 8. Cic. de N. D. 11. 25. (1). Sallustio chiama gli Aborigeni genus hominum agreste, sine legibus, si
7 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
nojosa a chiunque imprenda a coltivarla secondo quella relazione, che gli stessi Fatti hanno tra loro ? Era dunque necessar
de non interrompere il filo della lettura, si ragiona ; nella seconda gli Eroi più celebri vengono indicati, e degli altri
Misterj poi e le Ceremonie, con cui si onoravano que’ pretesi Numi ; gli Oracoli e le Divinazioni, che si riconobbero dall
e, e i Ministerj loro ; le Feste, i Giuochi, i Sacrifizj, le Vittime, gli Altari, i Tempj, i sacri Boschi, e le Statue ; qu
gine, la stoltezza e superstizione del volgo, il capriccio de’ Poeti, gli abbagli degli Etimologisti, l’iperbole sì familia
racciarvi. Il Fisico col mezzo dell’allegoria ebbe a vedervi indicati gli arcani più sublimi della Natura ; il Politico vi
ù vili creature quel culto, che soltanto dovea al Creatore. Pare, che gli Astri sieno stati il primiero oggetto dell’ Idola
o dell’ Idolatria. Si passò quindi a riconoscere quali Divinità anche gli Elementi. Finalmente quanto, per così dire, v’ha
e, v’ha nel mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, le selve, gli alberi, gli animali, i morti uomini, tutto in som
mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, le selve, gli alberi, gli animali, i morti uomini, tutto in somma si tenne
Mercurio, Nettuno, Vulcano, e Apollo. Furono secondo Erodoto(c) primi gli Egiziani a introdurre il culto a questi dodici De
ltre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano pure appresso di loro gli Dei Novensili, e questi al dire di Varrone erano
egio di scagliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Novensili intende gli Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie
gliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Novensili intende gli Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie gesta merit
ali, che per le loro esimie gesta meritarono di essere annoverati tra gli Dei(d). Più verisimile però sembra ad Arnobio, ch
ario apparteneva(7). Saturno prese quindi a divorare quanti figliuoli gli nascevano(c). Esiodo però asserisce ch’egli ciò f
(9). Una certa bevanda, che poi Meti, figlia dell’ Oceano e di Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restituisse di nuo
duce dal medesimo(b). Plutarco vuole, che dalla falce si ricordi, che gli uomini appresero da Saturno a coltivare la terra(
repitare diverso e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie
ne, chiamata Piromanzia.(4). Nel predetto tempio non pote ano entrare gli uomini di notte, nè penetrare giammai in quella p
partorito un bambino. Ligdo lo chiamò Ifide ; e scorsi tredici anni, gli destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo
llo. Questi cingeva in capo una mitra, al collo una gran collana, che gli discendeva sino al petto, e da cui pendevano due
; si spedivano cibi alle Vestali, onde li offrissero alla Dea Vesta ; gli asini si conducevano in giro per la città, corona
illei mano allude alla potenza, che sogliono conferire le ricchezza e gli altri prodotti della terra(f). Cerere. Cere
per sostituirle alle ghiande, delle quali fino allora si erano cibati gli uomini(b) (2). Questa Dea per molto tempo andò ce
e in vece gl’insegnò l’arte di seminare il frumento(6). La stessa Dea gli somministrò altresì un carro, tirato da dragoni a
ì un carro, tirato da dragoni alati(7), onde potesse indicare a tutti gli uomini la maniera di fare lo stesso(c). Trittolem
anta, detta fico, la quale era stata sino a quel tempo ignota a tutti gli uomini(f). La Dea inoltre volle, che i di lui dis
a di lei assenza divenne sterile, e grave pestilenza intanto oppresse gli uomini e gli animali. Gli Dei fecero cercare Cere
nza divenne sterile, e grave pestilenza intanto oppresse gli uomini e gli animali. Gli Dei fecero cercare Cerere, e avverti
tali Solennità. L’iniziazione si faceva di notte, e ad essa non solo gli Ateniesi, ma tutti i Greci eziandio, anzi tutte l
no pel corso di tre giorni. Nel terzo le donne scacciavano dal tempio gli uomini e i cani, vi si chiudevano colle cagne. Il
ni e i cani, vi si chiudevano colle cagne. Il dì seguente rimiamavano gli uomini, e seco loro viveano in alegrezze e convit
denominata Proerosia (d). Le Talisie erano Feste Greche, nelle quali gli agricoltori offrivano alla Dea e a Bacco le primi
a dalle due voci Greche epì e achthos, molestia, celebravasi appresso gli Ateniesi in memoria del dolore, che Cerere ebbe a
inuito in modo alcuno l’interno suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola, di nome Metra, e quest
ittività di conciliare il sonno (d). Giove. Moltissimi appresso gli Antichi ebbero il nome di Giove. Il Vossio ne num
umera trecento (a), Il famoso però, e quello, a cui le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo di Saturno
Costei, per sottrarlo alla morte, che Saturno, come abbiamo esposto, gli avrebbe dato, lo spedì secretamente nell’ Isola d
tasi con Giove, perchè questi avea sterminato i Titanl, avea prodotto gli anzidetti Giganti, onde lo scacciassero dal Cielo
v’accorse, e fece grande strage de’ Giganti. Ripigliarono ben presto gli altri Numi il loro coraggio, sterminarono tutti c
te fonesta di tutte le scelleraggini (d). Giove quindi seppellì tutti gli uomini in un abisso d’acque, nè lasciò in vita ch
tore Pelopida ; e dicono, ch’egli li celebrò per onorare Nettuno, che gli avea fatto conseguire in moglie Ippodamia, figlia
d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo, mentre gli altri Flamini non potevano farlo, se non quando e
altri nomi, dati a Giove, sono pressochè innumerabili. Altri di essi gli derivarono, ov’ era in ispezial modo venerato ; a
Re, perchè si considerava come il Sovrano degli altri Dei, e di tutti gli uomini (b). Gli si diede il nome di Statore, ossi
lo chiamavano per questa ragione Tonante. Sotto questo titolo Augusto gli alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria di ess
Vuolsi, che Giove siasi così denominato anche perchè dava, tuonando, gli oracolie(e). Ecalo o Ecalesio si disse, perchè av
vea un tempio in Ecale, borgo della tribù Leontide nell’ Attica, dove gli si celebravano le Feste, dette pure Ecalesie (f).
Pausania leggesi, che quel bronzo rappresentava Giove Mecaneo, e che gli Argivi dinanzi a quel simulacro, prima d’andarsen
ove sulla più alla pendice di quel monte radunava sovente a consiglio gli altri Dei (c). Gli Ateniesi fabbricarono a Giove
eo (a). Eleuterio, ossia Liberatore, fu detto da’ Greci, i quali pure gli dedicarono le Feste Eleuterie, chiamate anche Par
a di lei riputazione s’accrebbe ; s’alzò un tempio a Giove ; e allora gli eventi si predissero dal tripode, il quale second
i avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle di ariete gli cuopriva la testa, e scendevagli pel dorso. Dices
, uccise un ariete, si ravvolse nella pelle di quello, e in tal guisa gli comparve (d). Altri soggiungono, che Bacco ne’ de
esti sotto la sembianza di ariete percosse col piede la terra, e così gli additò una sorgente d’acqua(a). Comuncue ciò sia,
, re dell’Africa, pretendendo di essere discendente dallo stesso Dio, gli eresse cento magnifici tempj, e altrettanti altar
stesso Dio, gli eresse cento magnifici tempj, e altrettanti altari, e gli consecrò un fuoco perpetuo (c). Giove Ammone quan
iglio dello Spartano Aristocrato, assediava l’anzidetta città ; Giove gli apparve in sogno, e lo consigliò a desisterne. Co
modo, con cui si porevano allontanare i fulmini. Lo stesso re poscia gli eresse un altare, e gli sacrificò sul monte Avent
no allontanare i fulmini. Lo stesso re poscia gli eresse un altare, e gli sacrificò sul monte Aventino (a). Al soprannome d
etto monte un tempio, che dovesse essere ad essi comune, e dove tutti gli alleati ogni anno avessero a radunarsi per sacrif
Senato la di lui statua, e per inspirare alle genti maggior terrore, gli aveano posto anche il fulmimine in ambe le mani (
, par vendicarsi di siffatta violenza, portarono tosto le armi contro gli abitatori di Roma. Romolo li rispinse, uccise Acr
te onorato nel Campiloglio fu detto Capitolino (e). Servio Tullio ivi gli eresse un maestoso temoio, le di cui fondamenta e
i, colà si ritirava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alberi, nè gli animali, benchè fossero opposti a’
rava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alberi, nè gli animali, benchè fossero opposti a’ raggi del Sole
i se medesimi (f). Altri poi dicono, che Giove fu detto Liceo, perchè gli Arcadi, mentre passavano a nuoto una certa palude
e onorato in Cipro(f). Si chiamò Ctesio, ossia Possessore (g), perchè gli Ateniesi gli offrivano biade d’ogni sorte, oglio,
Cipro(f). Si chiamò Ctesio, ossia Possessore (g), perchè gli Ateniesi gli offrivano biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h).
innalzò un tempio, che fu denominato Panteon, ossia dedicato a tutti gli Dei, perchè ivi si trovavano anche le statue dell
spetto, e aveano perciò molto riguardo degli stranieri Non v’era tra gli Antichi chi veggendo uno straniero, nol introduce
i chi veggendo uno straniero, nol introducesse in casa propria, e non gli presentasse subito del sale (m). Le donne lavavan
Appresso gl’Istorici molto si decanta la benevolenza de’Cretesi verso gli ospiti (c). E’pur celebre un certo Assilo Frigio,
abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sac
ata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denom
e Filemone. Erano questi poco distanti dalla vetta, quando, abbassati gli occhi, viddero sommerse nelle acque tutte le abit
nche Licaone, empio e crudele re d’Arcadia Costui faceva morire tutti gli stranicri, i quali giungevano ne’ di lui Stati. G
si accingeva a scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono di fede, e presero innolt
scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono di fede, e presero innoltre ad insultar
entò amendue le pelli al Nume, affinchè si scegliesse quella, che più gli piaceva. Scelse Giove la pelle piena delle ossa ;
sulla terra (d) (31). Altri dicono, che ne lo abbia preso per animare gli uomini, che aveva formati (e). Giove, offeso di q
e prerogative. Costei venne da Mercurio condotta a Prometeo, affinchè gli offrisse un vaso, il quale conteneva tutti i mali
Là un avoltojo (e), o un’aquila, nata da Tifone e da Echidna, ogni dì gli diverava le viscere : e affinchè fosse eterna la
Amaltes, e le Ninfe di Creta, me nutrici. Sotto questo aspetto Romolo gli consecrò un tempio, e Ovidio (a) lo denominò Vejo
pedizioni (d) (40). Secondo perchè un’Aquila, come abbiamo osservato, gli somministrò il nettare nella di lui infanzia. Ter
re, che per rendete felici i suoi sudditi, e per eccitarli ad onorare gli Dei e spezialmente Apollo, a cui aveva eretto tem
lmente si rendette egli caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva gli onori divini, ed era in un tempio venerato sotto
ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume lo cangiasse invece in Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e gli perm
giasse invece in Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse di avvicinarsi al di lui trono, quand
abbruciarne le interiora di quel mostro, avrebbe anche potuto vincere gli Dei. I Titani, e tra questi spezialmente Briareo,
favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al quale le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di Giove e di
olesti, o fa, che si parli liberamente(f). Sotto questa denominazione gli si celebravano in Roma le Feste, dette perciò Lib
a giovine, ed ora vecchio ; o perchè il vino produce effetti contrarj gli uni agli altri in coloro, che soverchiamente ne u
di que’ nemici(c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sacrificare, perchè gli si offerse delle vittime, mentre ancor viveva sul
colar modo onorato (f). Sabazj si appellarorono pure i sacrifizj, che gli si offerivano, e i di lui misterj(g) (6). Le altr
arro, tirato da que’ finti animali, rappresentava Bacco, mentre altri gli saltellavano d’intorno sotto le sembianne di Sati
Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo stesso che Bromio, e con cui gli antichi Romani soleano chiamare Bacco (g). Venner
di Bacco. Pendione lo invitò a banchettare seco lui ; ma temendo che gli altri convitati ricusassero di bere con Oreste, o
a, e si proponevano dégli enigmi e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj di Beozia v’ avea di particolate in ques
l suo esempio ; che con un colpo d’accetta si tagliò le gambe ; e che gli Edonj, avendo inteso dall’ Oracolo, che sarebbono
cia il suo figliuolino, Anfisso, avuto da Andremone, e per divertirlo gli diede in mano un fiore di Loto(16), pianta sacra
voleva, che il giovinetto fosse posto in libertà ; ma vi si opposero gli altri di lui compagni, Libide, Melanto, Alcimedon
, mal sofferendo siffatte acclamazioni, ordinò ad alcuni de’suoi, che gli conducessero dinanzi il Nume strettamente legato.
nati coloro, grondanti di sangue, riferirono di non averlo trovato, e gli presentarono in vece uno de’di lui seguaci. Pente
Acete era il suo nome, la Meonia il paese, la condizione plebea. Indi gli narrò le maraviglie, che Bacco avea operato nella
ilissimi e fitti buchi traforati, chiamati da’ Greci Etmi, e de’quali gli Antichi si servivano per colare il vino nelle taz
lla fronte, e tal’altra con testa dello stesso animale(i). Finalmente gli si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno di
nte gli si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno di bue, perchè gli Antichi soleano bere con quello il vino(l). Per q
Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori nel riferirci il luogo, ov’ella nacque.
u detto Coccigio, ossia monte del cuculo (a). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio di Giunone posero la di lei sta
si celebrarono le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti gli uomini, e perfino tutti gli animal
le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti gli uomini, e perfino tutti gli animali. La sola Ninf
e, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti gli uomini, e perfino tutti gli animali. La sola Ninfa. Chelone, se ne rise di ta
e a Vulcano, che li avea fabbricati, o ne vennero soddisfatti, perchè gli promisero Venere in moglie. Il motivo, per cui Gi
’ Io, nel fiore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’ Acaja, fra gli orrori di una caligine, fatta porgere all’ improv
dò cercando, nè potendolo trovare in alcun luogo del Cielo, abbassati gli occhi, alla terra, e osservatovi quel bosco d’ Ac
n abito di pastore, e al suono di rusticale sampogna addormentò tutti gli occhi d’ Argo. Mentre però erasi per eseguire il
i Sparviero (a) (5). Se ne afflisse Giunone, e raccolti ad uno ad uno gli occh di’ Argo, ne fregiò le code de’ suoi pavoni.
Per questo pue fece ella provare a molti il rigore del suo sdeno. Tra gli altri spezialmente si nominano le due orelle, Ifi
due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ il corpo di mele, e nudo Io lasciò esposto
o. Aedone ebbe pietà del marito, e si fece ad allontanare le mosche e gli altri insetti, che lo divoravano. Un’azione sì lo
ro condurre alla casa de’loro miriti (e). Come Pronuba, la invocarono gli sposi nel sacrifizio, che facevano prima di unirs
iele gettavasi lungi dal tempio, o a piedi dell’altare, per avvertire gli sposi della dolce armonia, che sempro dovea esser
icevano Zigia, (b), perchè era preside al giogo, sotto cui si univano gli sposi. Elle sotto tal nome aveva un altare in una
i carboni accesi senza sofferirne danno alcuno (b). I Liberti, ossia gli Schiavi fatti liberi, tenevano Feronia per loro p
otide o Tutela o Retania (a), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di offerirsi a’ nemici, co
rine a spese del pubblico erario, ed ebbero la permissione di vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe il nome di
, la Chimera(7), l’Idra di Lerna(8) ; le Gorgoni(9), le Parche(10), e gli Dei Mani(11). E’ quel Regno bagnato da cinque fiu
o a Plutone. Fu detto Orco dalla voce greca orcos, giuramento, perchè gli Dei solevano giurare per Plutone(d). Si chiamò Su
e all’ Inferno(g). Gli si diede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel mese di Febbrajo(h) Gli stessi
Giuochi sempre si celebravano fuori di Roma nel Circo Flaminio, onde gli Dei Infernali, che s’invocavano, non entrassero i
tutti i tempj non solo a Plutone, ma a Giove altresì, e a tutti quasi gli altri Numi(b). Questo Nume fu molto onorato in Pi
to Autore soggiugne, che i Siracusani gliene offerivano di neri tutti gli anni sulla fontana di Ciane, per dove credevano,
utone porta in capo un elmo ammirabile, perchè esso fa scorgere tutti gli oggetti, senzachè chi ne usa, sia dagli altri ved
inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chiavi.
delle Ninfe Parnassie, che si congratularono con Apollo vincitore, e gli offerirono dei doni (c). Allora gareggiavano tra
empi era una piccola corona d’alloro (e). Vi s’introdussero poi anche gli esercizj ginnici (f) ; e i vincitori, che pure si
ella Tessaglia. Egli lungo le rive del fiume Anfriso prese a pascerne gli animali. Questi secondo alcuni erano pecore, seco
limpo, e fu venerato come una Divinità (e). Il tempio più famoso, che gli si fabbricò, fu quello di Delfo (f), per cui il N
(f), per cui il Nume conseguì anche il nome di Delfico (g). Dicevano gli Antichi, che questo tempio era stato prima costru
e Agamede, figliuoli d’Eresino, re d’Orcomene nella Reozia, ne furono gli architetti (a). Queglino, compito il lavoro, ne c
capro avvicinatesi furono assalite da moti convulsivi. Aggiunge, che gli abitanti de’luoghi vicini, accorsi al prodigio, e
oscuri natali(f). La prima femmina, che nell’anzidetto tempio enunciò gli Oracoli di Apollo, fu Femonoe, la quale fece parl
d’argento(12). Venne poi imitato da Creso, suo successore. Questi tra gli altri doni vi spedì due vasi d’acqua, detti Acqui
si abbruniò. Dopo quaranta otto anni per comando degli Anfizioni(16) gli Alcmeonidi, ossia i discendenti di Alcmeone, fami
he Apollo dal predetto Promontorio fu denominato Azio(b). Augusto poi gli aggiunse il nome di Palatino, perchè sul monte de
gli aggiunse il nome di Palatino, perchè sul monte dello stesso nome gli consecrò un tempio assai celebre pe’portici e per
piangere la morte di Giacinto : Il secondo dì eta tutto allegrezza, e gli schiavi sedevano a mensa co’loro padroni. Cori di
del sacrifizio. Anche Apollo fu detto Galasio ; ma tale denominazione gli derivò da un luogo della Beozia, così chiamato, e
i, e dava oracoli sei mesi dell’anno, cioè la primavera e l’estate, e gli altri sei in Patara, città della Licia, nell’ Asi
acro di lupo in bronzo. V’ è però chi soggiunge, che per altro motivo gli si diede questo nome. Alcuni ladri, dicesi, rubar
a’ trattati(g). Fu detto Spodio da spodòs, cenere, attesochè i Beozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, forma
fu Terpandro(a). Apollo si chiamò Timbreo dal cul o particolare, che gli si rendeva in Timbra, città della Troade, ove ave
elle Plejadi. Per testificare sempre più la loro venerazione al Nume, gli spedivano ogni anno in Delo le primizie de’ Ioro
empio d’ Apollo Ismenio o Galasio. L’origine di tale Festa è questa : gli Eolj ; che abitavano in Arne e ne’ luoghi circonv
e una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione d’ armi, e sì gli uni che gli altri tagliarono degli allori, per po
d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione d’ armi, e sì gli uni che gli altri tagliarono degli allori, per portarli poi i
trattare a piacere il vinto. Apollo, essendone giudici le Muse(a), o gli abitanti di Nisa(b), vi riuscì superiore. Egli ap
l’ Inferno è tormentato secondo Igino da un serpente, che di continuo gli rode il fegato e il cuore. Virgilio poi dice, che
secrato. Apollo per tal delitto scoccò contro di lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane in presenza di certe Ninf
purpurea tiara. Con tutto ciò se ne accorse quello de’suoi servi, che gli accorciava ì capelli, quando erano lunghi : e sma
’Argo. Corebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiuns
a dimora. Giunto Corebo al monte Geranieno nella Megaride, il tripode gli cadde in terra. Là esoguì l’Eroe ciò, che l’Oraco
Tessaglia. Apollo ebbe a vederla nel momento, in cui, pascolando ella gli armenti del padre, combattè sola contro un leone.
ine della sua vita ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli Dei, che gli concedessero di piangere sempre. Infruttuosa non
esposti alle bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle
uzioni di Giunone, sì perchè Apollo, come Dio de’Pastori, voleva, che gli fosse sacrificato il lupo, nemico delle greggi ;
ziato, prese un serpente, se ne ritornò ad Apollo, e finse che quello gli fosse stato d’ostacolo per avvicinarsi alla fonte
rata. Dietro alle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pur
lia, era amata da questo Dio (56). E benchè ella con odio implacabile gli corrispondesse, Apollo tuttavia procurava sempre
tentato d’ insultare al di lei pudore (d). Fece altresì esperimentare gli effetti del suo sdegno ad Atteone, cacciatore, na
ghì. La non troppo nobile condizione, e la povertà, in cui trovavasi, gli erano di ostacolo per giungere a possederla. Per
ntacleo ; o da quella parte del Pireo, che si chiamava Munichia, dove gli Ateniesi le aveano eretto un tempio, il quale ser
ini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella quale gli Spartani sull’altare della Dea venerata sotto il
vaticinio, lo manifestò al Pontefice. Questi, per deludere il Sabino, gli fece credere, che prima del sacrifizio conveniva,
a, e ne attaccò le corna alla porta del tempio, a differenza di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano
ma finalmente fu data in matrimonio a Vulcano, il più brutto di tutti gli Dei(g). Venere fu particolarmente venerata in Ama
larmente venerata in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che gli abitanti di quella città, chiamati Cerasti, perch
ero un altare a Giove, il quale soprannominarono Ospitale, essendochè gli sacrificavano i forestieri, che giungevano appres
’ Isola, si appressò Pigmalione all’altare della Dea, e la pregò, che gli concedesse una moglie, che fosse somiglievole all
no a Venere un tempio poco distante da Roma in un luogo paludoso, ove gli uni e gli altri si unirono in un solo popolo(c).
e un tempio poco distante da Roma in un luogo paludoso, ove gli uni e gli altri si unirono in un solo popolo(c). La voce An
recedette la loro rovina, i doni andarono a fondo, ma l’anno seguente gli stessi se ne rimasero sopra l’acqua(d). Venere, s
imasero sopra l’acqua(d). Venere, soprannominata Morfo, ebbe appresso gli Spartani un tempio, in cui ella compariva velata,
Dea(e). Gli abitanti d’Erice, città della Sicilia, celebravano tutti gli anni l’Anagogia, ossia la Festa della partenza, q
ere, cui la trista sorte di Selinno continuava a destare compassione, gli fece obbliare del tutto la memoria di quella Ninf
ari, fu venduta a Licurgo, figlio di Pronace, e re di Nemea (c). Tra gli ustelli il più caro a Venere fu la colomba. Dices
avea disfatto Cleopatra nell’aceto, fu divisa in due parti per farne gli orocchini ad una statua di Venere. Lampridio lasc
estituì poi, come abbiamo detto, alla luce, mediante una bevanda, che gli fu data da Meti. Secondo un’altra tradizione più
va fabbricando le mura dì quella città. Egli, attesa la promessa, che gli fece quel re, di grossa somma di danaro, s’accins
ovvero perchè egli fece dono del cavallo agli uomini(b). Dagli Arcadi gli furono institnite le Feste Ippocrazie, nel tempo
e mentovate Feste(a). Nettuno per vendicarsi d’Inaco e degli iltritra gli Argivi, i quali avevano giudicato, che il paese d
timo, se prima non si faceva qualche sacrifizio al Nume(16). I Romani gli avevano consecrato tutto il mese di Febbrajo, aff
eva nell’Isola Atlantica un magnifico tempio, ove l’oro, l’argento, e gli altri più preziosi metalli d’ogni parte vi risple
ebre il tempio, che Nettuno aveva in Geresto, città dell’Eubea, donde gli derivò il soprannome di Gerestio ; e Gerestie si
le mani di bianca pietra(d). Si chiamò Ippia, ossia Equestre, perchè gli Arcadi Arcadi la riconoscevano inventrice delle q
mente dei regali, e trattavano a convito le loro serve, come facevano gli uomini al tempo delle Saturnali(c). Narrasi inolt
facevano gli uomini al tempo delle Saturnali(c). Narrasi inoltre, che gli Scolari durante la celebrazione di tali Feste spe
iche Ceste(e). Le Panatence, ossia Feste di tutta Atene, perchè tutti gli Ateniesi doveano intervenirvi, si dividevano in m
ore, perchè elleno portavano delle urne piene d’acqua per rinfrescare gli Ateniesi, che celebravano queste Feste. Erano ess
i celebravano da’soli Ateniesi ; Teseo poi le rendette comuni a tutti gli abitanti dell’Attica, e allora acquistarono il no
a abbia osservato il comando di non aprire il cestello ; e che perciò gli Ateniesi le abbiano eretto un tempio presso quell
a Minerva Gli Epidaurj accettarono la condizione, e da che eseguirono gli ordini dell’Oracolo, viddero riprodursi la fertil
o di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto di Minerva non gli prestò veruna corrispondenza, finchè la stessa De
e, per darlo a divedere in atto di marciare. Roma sotto questo titolo gli eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figl
ppellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne di quella città gli offerirono un sacrifizio, cui non vollero che ass
vea ricercato in premio del suo lavoro (c). Altri sono di parere, che gli anzidetti Sacerdoti sieno stati detti Salj da un
gione della sua ferocia ; il cavallo, come il più bellicoso tra tutti gli animali ; la pica e l’avoltojo, perchè questi ucc
di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reggia, ebbe pure in Roma. Ivi gli s’immolava un cavallo, di cui la gioventù, divisa
putava la testa (b). Marte ebbe per compagno Eremartea, Divinità, che gli Antichi onoravano con certi rendimenti di grazie,
e scudo, coperto di vesti militari, e con manto sulle spalle. Alcuni gli danno un bastone da comando in mano, e gli addatt
manto sulle spalle. Alcuni gli danno un bastone da comando in mano, e gli addattano al petto l’Egide (e). Sofocle ed altri
mando in mano, e gli addattano al petto l’Egide (e). Sofocle ed altri gli pongono altresì nella destra il fulmine. Sta vici
gonisti vogliono, che Vulcano sia nato dalla sola Giunone(c) ; e però gli diedero il soprannome di Apator, ossia senza padr
ella trovavasi sospesa alla volta dell’ Olimpo(f). Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli
. Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome di Tardipede, ossia tardo di pie
e egli spedì in Cielo a Giunone per vendicarsi del disprezzo, ch’ella gli aveva dimostrato per causa della di lui bruttezza
empo la rete, che ambedue vi rimasero inviluppati. Egli poscia invitò gli altri Dei a godere il bizzarro spettacolo. Ognuno
ntasi con barba e capigliatura negletta, coperto di veste, che appena gli giunge alle ginocchia, con beretta rotonda e appu
Questo Nume ebbe due altre mogli, Partenope e Panfolige. Dalla prima gli nacquero Asia e Libia, dall’ altra ebbe Europa e
ibavano solamente di ciò, che la terra da se produceva ; e divoravano gli stranieri, che cadevano nelle loro mani(d). Furon
i al dire d’Omero nacque dalla Ninfa Toosa e da Nettuno(g). Apollonio gli dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi
ell’ Inferno, e ricolmo d’atrocissimi tormenti, ove vengono rinchiusi gli scellerati(a). (7). Fingesi che, mentre regnava
entre regnava Saturno, abbia fiorito, la bella età d’oro, nella quale gli uomini viveano nell’ innocenza, la terra dava da
sì sovrana potenza tutte le cose, che alle sue disposizioni non solo gli uomini, ma tutti gli altri Dei doveano sottomette
utte le cose, che alle sue disposizioni non solo gli uomini, ma tutti gli altri Dei doveano sottomettersi(d). Nel libro, co
(e). Nat. Com. Myth. l. 2. (14). Giano dopo morte fu annoverato tra gli Dei Scelti, ossia tra quegli otto, che alle dodic
Clusino ; e Patulcio, quando quello era aperto(i). Questo ultimo nome gli fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quell
a ; scannava al Nume giovenchi bianchi, non mai sottoposti al giogo ; gli offeriva datteri, fichi, e mele ; sulle soglie de
giorni delle Saturnali, si dissero Sigil’ arie o Sigillarizie, perchè gli uni mandavano agli altri in dono dei sigilli, oss
tuì delle figure in cera o in legno(a). (16). Gran divario passa tra gli antichi Servi, e quelli d’oggidì. I nostri sono g
erano sottoposti al dominio del loro padrone quasi non altrimenti che gli animali. Quindi potevano essere venduti, niente p
ia Re del Convito, perchè presiedeva alla mensa, eprescriveva a tutti gli altri la quantità di vino(d). Quello, a cui sorti
costume, e si stabilì quinci, che coloro dovessero in vece combattero gli uni contro gli altri, giacchè così alcuno di loro
tabilì quinci, che coloro dovessero in vece combattero gli uni contro gli altri, giacchè così alcuno di loro avrebbe potuto
gli spettatori, o di chi vi presiedeva ; e allora soltanto facilmente gli si accordava, quando colui erasi nella zuffa dipo
io gratissimo agli Dei(e). Col progresso del tempo vi si sostituirono gli animali. Eusebio vuole che Cecrope, primo re d’At
animale(g). S’introdusse finalmente l’orrendo costume di sacrificare gli stessi uomini. Qualora si faceva il sacrifizio de
ote, coperto di splendida veste, e coronato la fronte, eccitava prima gli astanti a fare una preghiera a’ Numi, onde fosser
l lume ordinario della natura. Niente v’ebbe di più opportuno, quanto gli Oracoli, per alimentare la superstizione, e per s
ne, e per sorprendere la facile credulità degli uomini Vennero quindi gli Oracoli con somma frequenza consultati sopra gli
omini Vennero quindi gli Oracoli con somma frequenza consultati sopra gli affari pubblici e privati. L’utile poi, che gli a
enza consultati sopra gli affari pubblici e privati. L’utile poi, che gli astuti Sacerdoti del Paganesimo ne ritraevano, fe
oro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal petto loro, mentre gli stessi Demoniaci tacevano : in Entusiasti, ne’qua
l movimento degli Astri(b). La Divinazione si accrebbe ben presto tra gli Egiziani e i Greci. L’una e l’altra Nazione, per
l’ Indovino Accio Navio raccontasi da Tito Livio(a). Tarquinio Prisco gli ricercò, se potevasi eseguire ciò ch’egli pensava
egli uccelli, o dal modo, con cui questi prendevano il cibo ; laddove gli Auguri erano quelli, che dal garrire degli uccell
ri custodivano certi fatidici Polli. Era loro interdetto l’esplorarne gli andamenti fuorchè all’alba del giorno. In questo
o Fulguratori, ed erano i più stimati di tutti(a). Solevano parimenti gli Auguri porsi a sedere verso l’Oriente, e dopo ess
i costoro, chiamat Aruspicina o Estipicio, versava nell’osservare, se gli animali, che si doveano sacrificare, si lasciavan
uarto re di Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il quale gli fosse stato di buon augurio per la durata della c
degli uccelli(h). Finalmente notiamo, che appresso i Romani conseguì gli onori Divini ande il di lei figliuolo, Sterculio
ialmente l’agricoltura, per cuit ne divenne re, e dopo morte conseguì gli onori Divini(d). Erano sacri a questo Nume gli sp
e dopo morte conseguì gli onori Divini(d). Erano sacri a questo Nume gli sparvi ri. A questi l’Egitto consecrò un tempio n
non altrimenti che se avesse fatto perire l’Ibi, uccello, a cui pure gli Egiziani rendevano gli onori Divini. Dicesi final
avesse fatto perire l’Ibi, uccello, a cui pure gli Egiziani rendevano gli onori Divini. Dicesi finalmente, che una certa Pa
scita di Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a di lui balia ; e che gli Egiziani, avendo voluto ch’ella pure partecipasse
o misero a morte. Iside, avendo trovato il corpo del figlio nel Nilo, gli restituì la vita, lo rendette immortale, e gl’ins
lmò l’Egitto di benefizj, e ne divenne un Nume(b). Matrobio dice, che gli Egiziani sotto il nome di Oro adoravano il Sole(c
cesi significare nella loro lingua bue) e Setapide(e). Presero quindi gli Egiziani ad adorare un bue, candido la fronte, e
cinque(g), e secondo Igino quaranta nove(h). Erano ad esse gratissimi gli Alcioni, uccelli marini(i). Alle medesime consecr
da Ati, ma da Onfale e da Ercole(a). (16). Ati dopo morte ricevette gli onori Divini(b). Pausania dice, che gli fu eretto
16). Ati dopo morte ricevette gli onori Divini(b). Pausania dice, che gli fu eretto un tempio in Dime, ultima città dell’Ac
i rende probabile di poter asserirne la verità. Platone, il primo fra gli Antichi, che ne parlasse, non fa menzione che di
e adaltri piace chiamarla, era di nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i quali abitavano al di sopra della Palest
oscurità di que’ recinti fossero opportuni a rendere più rispettabili gli esercizj di Religione. Ivi s’innalzavano altari,
icare i tempj ; ma quelli si piantavano sempre intorno a questi, e sì gli uni che gli altri erano del pari rispettati. Tagl
j ; ma quelli si piantavano sempre intorno a questi, e sì gli uni che gli altri erano del pari rispettati. Tagliare alcun r
era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare da di là se non gli alberi, i quali si credeva che attraessero il ful
er pazza. La Sibilla in presenza di Tarquinio ne bruciò allora tre, e gli offerse gli altri sei allo stesso prezzo. Derisa
Sibilla in presenza di Tarquinio ne bruciò allora tre, e gli offerse gli altri sei allo stesso prezzo. Derisa vieppiù, e r
r i tre ultimi. La fermezza di lei fece sì, che Tarquinio consultasse gli Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente
, ma supplice ricorse a Venere onde riuscire nel gran cimento. La Dea gli diede tre pomi d’oro, colti in Tamaseno, campo de
gliare anche quello : ond’è che rimase alle spalle d’Ippomene, nè più gli contrastò il trionfo. Ippomene sconoscente obbliò
ato le rive del fiume Sangario da un grosso serpente, che ne divorava gli abitanti, fu da Giove con quel serpente collocato
o di seminare la terra, fu onorato come un Dio dagli Ateniesi. Questi gli eressero un tempio e un altare, e gli consecraron
e un Dio dagli Ateniesi. Questi gli eressero un tempio e un altare, e gli consecrarono un’ Aja, ossia uno spazio di terreno
vano alla Religione. Per lo più si celebravano o per onorare i Numi e gli Eroi, o per esercitare le forze del corpo, o per
sta de’ Numi e degli Eroi. Col progresso del tempo si rappresentarono gli stessi Fatti, favendo consiparire sulla scena i p
carri formava il più brillante spettacolo. Ad essa pure concorrevano gli Eroi e i Principi stessi, i quali non meno ambiva
una semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso di prendersela. Così fece Ercole, no
i chiamavano Brabeuti (c), Atloteti, e Agonoteti (d). Suida distingue gli Agonoteti dagli Atloteti in questo, che i primi p
n assoluto potere le sentenze, stabilivano le convenienti pene contro gli Atleti, violatori delle leggi, e li facevano anch
condato di gradini e sedili, i quali andavano alzandosi in guisa, che gli spettatori da ogni lato potevano vedere. Nell’ An
lo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta di tutti gli alberi (h). L’Arena poi si chiamò anche Cavea, os
ubblici spettacoli combattevano le une contro le altre, ovvero contro gli uomini, detti perciò Bestiarj (i), o Arenarj (l).
16). Le Feste Talisie secondo alcuni si celebravano in onore di tutti gli Dei (d). (a). Declausire Diction. Mythol. (b)
prannominati Serpentipedi (n). I nomi de’ più noti sono Abseo, Aloeo, gli Aloidi(a), Almopso, Mimante, Polibote, Reto, Asio
ava co’piedi il più profondo del mare, la superfizie di questo appena gli arrivava alla eintura(g). Omeco riguardo a Tifone
inerva senza il mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli altri Dei di permettere, ch’ella pure da se sola
Gigante secondo alcuni dichiarò solo la guerra agli Dei per vendicare gli altri Giganti, da loro sterminati(l). Vuolsi altr
gimge, che questo Gigante con tal nome era chiamato dagli Dei, mentre gli uomini lo chiamavano Egeone(b). Egli avea cinquan
m. l. 5. (5). Di là ripetesi l’origine dello stranissimo culto, che gli Egiziani solevano rendere alle piante e alle best
andò a seppellisri nella palude Sterbonide(f) Plutarco soggiunge, che gli Egiziani solevano dire, che i vapori di quella pa
to il premio della Corsa. Gli Spartani le eressero una statua(b). Tra gli uomini poi Corebo, nativo d’Elide, fu il primo ad
ando per la terza volta fece pure fronte a tutti i suoi Avversarj, nè gli restava a vincerne che uno, per riportare il prem
j, nè gli restava a vincerne che uno, per riportare il premio. Questi gli si avventò con gran furore, e lo strangolò. Arric
n gran furore, e lo strangolò. Arrichicne tuttavia, vicino a spirare, gli morse sì violentemente un piede, che colui cadde
reta, fu premiato nella Corsa. Questo godeva sì alta riputazione, che gli Efesini gli offrirono una somma d’argento, ond’eg
miato nella Corsa. Questo godeva sì alta riputazione, che gli Efesini gli offrirono una somma d’argento, ond’egli si dicess
ia agli Egineti(e). Teagene, della città di Taso, fu quello tra tutti gli Atleti, che abbia riportato più corone a’ Giuochi
asa ; indi la rimise nel luogo stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui
incipio della Corsa. Il di lui cavallo continuò a correre, oltrepassò gli altri, e come se avesse conosciuto d’avere riport
rdinaria bellezza, restò ucciso in un combattimento, sostenuto contro gli abitanti della città d’ Egesta. Gli stessi suoi n
gli abitanti della città d’ Egesta. Gli stessi suoi nemici dopo morte gli alzarono un monumento, ed anche gli offrirono dei
Gli stessi suoi nemici dopo morte gli alzarono un monumento, ed anche gli offrirono dei sacrifizj(b). Ne’ mentovati Giuochi
lore d’oro. (d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid. (13). Da principio gli Oracoli di Dodona al dire di Strabone erano manif
Rapsodomanzia, dalle Rapsodie, ossia Poemi di Omero, perchè appresso gli Antichi, come alcuni credono, i Poeti si tenevano
lle libazioni per indicare il mutuo consenso. Vi si chiamavano poscia gli Dei in testimonio di ciò, che si stabiliva ; e si
(b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (16). Il Dio delle Mosche appresso gli Egiziani si appellava Miagro o Miode o Acoro. Egl
tore dei confini delle campagne, e come il più potente a frenarne tra gli uomini le usurpazioni. Il predetto Re, dopo aver
e di vino, e si offrivano frutta e focacce di farina (d). In seguito gli furono sacrificati anche degli agnelli (e). Quest
ero pretende ch’ella abbia sempre versato la predetta bevanda a tutti gli Dei (g) fuorchè a Giove, a cui secondo lo stesso
ipide sappiamo, che Capaneo, dopo essere rimasto fulminato, ricevette gli onori del Rogo (g). Il Rogo era un mucchio di leg
vesti del defonto, e le di lui armi, se era stato guerriero. Innoltre gli animali a lui cari, e talvolta anche degli schiav
ano di creta. Un Sacerdote tre volte aspergeva d’acqua lustrale tutti gli astanti per purificarli. Ognuno de’medesimi in at
. (26). Panteon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se gli attributi di molti Numi (d). (b). Joh. Jacob. H
. l. 1. (d). Job. Iacob. Hofman. Lex. Univ. (28). Non v’era tra gli Antichi chi veggendo uno straniero, nol introduce
i chi veggendo uno straniero, nol introducesse in casa propria, e non gli presentasse subito del sale (m). Le donne lavavan
Appresso gl’Istorici molto si decanta la benevolenza de’Cretesi verso gli ospiti (c). E’pur celebre un certo Assilo Frigio,
abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero gli ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sac
ata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denom
a, insorta con gagliardissimo vento, e il fulmine, che incenerì tutti gli autori di quel delitto. (30). Tra’Cercopi sono f
ssia Dio della terra, ovvero sapienza della terra, sotto il qual nome gli Antichi riconoscevano la natura, come madre e nut
a città prendeva a correre con una fiaccola accesa in mano. Se questa gli si estingueva, primachè fosse giunto alla meta, e
esiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c). Col nome di Ore appresso gli antichi Greci s’indicavano le Stagioni dell’anno
ca, la quale egli poi insegnò a que’della Lidia. Questi popoli perciò gli tributarono onori Divini, e gli eressero un tempi
que’della Lidia. Questi popoli perciò gli tributarono onori Divini, e gli eressero un tempio sopra una montagna, detta dal
denominavano Tricopatreo, Eubuleo, e Dionisio, secondo Cicerone erano gli Dei Grandi della Samotracia (b). Furono anche sop
no, perchè si credeva ch’eglino avessero trovata l’arte di fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra gli Dei Cabiri
o trovata l’arte di fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra gli Dei Cabiri nomina Asiero, Asiocersa, e Asiocerso,
egli Dei (d). Strabone li la Sacerdoti di Cibele, e secondo lui erano gli stessi che i Coribanti (d). (c). Albric. (d).
tiva di non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fissare sempre gli occhi ne’raggi del Sole, senza rimanerne abbaglia
Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e di essere la regina di tutti gli altri volatili (g). (c). Nat. Com. Mythol. l. 2
dato il predetto nome dal Greco verbo, yin, piovere, perchè, avendole gli Dei trasferite in Cielo, ove formano una Costella
). Abitavano i sonti e le spelonche, cosicche di rado comparivano fra gli uomini(a). Pomponio Mela lasciò scritto esservi s
, e di conversare cogli Dei. Al rievegliarsi andava spacciando quanto gli si destava in mente, come ispirato da Fauno, e gl
spacciando quanto gli si destava in mente, come ispirato da Fauno, e gli si prestava credenza. A tale Oracolo ricorrevano
Celio un tempio rotondo e circondato da colonne(a). La Ninfa Semetide gli avea partorito un figlio, di nome Acide. Questi d
dice figlio di Pico(b). Fu soprannominato Littorale, perchè i Romani gli eressero un tempio lungo le rive del mare ; e si
la di Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione di Bacco. Egli altresì gli fu sempre compagno nelle di lui conquiste(h). Sul
Bacco, che in ricompensa permise a quel re di chiedergli ciò, che più gli fosse piaciuto. Mida ricercò, che si cangiasse in
o Cistofori, ovvero Stolisti. Nobili Vergini, dette Canifore appresso gli Ateniesi, s’impiegavano in tale ministerio(a). Si
o perchè Cerere e Bacco erano stimati indivisibili compagni, o perchè gli stessi misterj e ceremonie erano loro communi. Di
o, e d’avorio, e tirati o da animali o da uomini, che rappresentavano gli animali, sacri alle Deità, che si onoravano. A qu
ano da’ Sacerdoti. Il Flamine Diale cominciava, e mentre continuavano gli altri a raccorre il vino, egli sacrificava a Giov
(c). Tibull. l. 4. ad Messal. (15). Erigone, appiccandosi, pregò gli Dei, che se gli Ateniesi non vendicassero la mort
l. 4. ad Messal. (15). Erigone, appiccandosi, pregò gli Dei, che se gli Ateniesi non vendicassero la morte d’ Icario, le
e (f). Si fece allora anche la Festa E ora, ossia sospensione, peschè gli Ateniesi per espiare il suicidio di Erigone, si l
ei si disse Loto (d). Narrasi che la medesima riuscisse sì dolce, che gli stranieri, mangiandone, si dimenticavano totalmen
di ritornarsene al suo paese, e si ritirò appresso il re Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzi
). (4). Argo ebbe in moglie Ismene, figlia del fiume Asopo, la quale gli partorì un figlio, detto Jaso (b). (a). Joh. Ja
o. Ma il di lei padre non voleva darla in isposa, se non a colui, che gli avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Er
r condurla appresso di lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. Il re non v’aderì
o al furore ; e colla spada inseguì le barbare infanticide. Vano però gli riusci il disegno di trucidarle, poichè amendue c
oglimento della cintura della sposa (f). Il Dio Giugatino congiungeva gli sposi (g). Questo Nume però non è da confondersi
ioghi de’ monti (h). Furonvi finalmente le Dee Prema, Pertunda (i), e gli Dei Imene, e Talassio, de’ quali due ultimi parle
i, che presiedeva a tutte le azioni della vita campestre (b). Variano gli Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo fa nas
ia, e spezialmente Sinoe, presero cura della di lui infanzia : lo che gli acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo titolo
piedi di capra (b), pe’ quali fu soprannominato Egipane (c). Luciano gli dà inoltre la coda di capra (d). Spesso egli tene
so vento per la perdita dell’accennata Ninfa (a). Pane soleva empiere gli agricoltori di sì grande spavento, che molti di q
b). Pane era onorato spezialmente in Tegea, città dell’Arcadia, donde gli derivò il soprannome di Tegeeo (c). A lui parimen
i colle pelle delle victime sacrificate, andavano quà e là scherzando gli uni cogli altri (b). S’introdusse poi anche il co
8). Molte altre erano le ceremonie, colle quali si celebrava appresso gli antichi Greci e Romani il matrimonio. Lo sposo sp
bitavano un antro in cima del monte Citerone, è fama, che ispirassero gli abitanti di que’ dintorni (b), i quali però furon
, e le si sacrificava un cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli gli oggetti di timore e di spavento (q). Gli Dei Epid
do Orazio(d). Sofocle però gliene numera tre sole(e). Tre lingue pure gli vengono date(f). La coda del medesimo terminava c
agine ; però soggiungesi, che la Morte è sorella del Sonno(b). Quindi gli Spartani rappresentavano ne loro tempj il Sonno e
gliuoli, chiamati Sogni, nacquero da lui(e). Due sorta ne riconobbero gli antichi Pagani : altri veri, i quali cioè annunzi
a dell’ Inferno, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli uni, che gli altri, soggiunge Ovidio, sogliono ve
no, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli uni, che gli altri, soggiunge Ovidio, sogliono vestirsi di tan
ente toro, fatto da Nettuno, perchè quello non aveva le corna davanti gli occhi per ferire più sicuramente(b), o alle spall
uella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito il notare altresì, che gli abitanti di Delo, e altri popoli della Grecia ven
stesso Oreste eretto un tempio sotto il titolo di Dee Candide, perchè gli comparvero coperte di bianche vesti(d). Alcuni pe
lto di giovine pallida per la fame(g), le orecchie simili a quelle de gli orsi, il corpo somigliante a quello degli avotoi,
ssalì quel mostro, e dopo lungo contrasto lo uccise(e). Jobate allora gli commise di guerreggiare contro i Solimi con poco
si cimenti sempre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il di lui valore, gli diede la sua figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, i
ia, pianura della Cilicia. Il medesimo, avendo per tal caduta perduti gli occhi, andò errando per que’ diatorni, finchè vis
ngi dall’ Esperidi. Passarono poi nell’ Inferno a cruciare anch’ esse gli scellerati(c). Ebbero altre due sorelle, che pari
e’ sacrifizj, soliti a farsi allora sulle tombe de’ morti per placare gli Dei Mani(c). Dallo stesso mese presero altresì la
me Deità. Duravano undici giorni, nel qual tempo nè si solennizzavano gli sponsali per timore che rinscissero sciagurati, n
(a). Non era permesso il tragittarlo, se prima non si aveano ricevoti gli onori della sepoltura. Credevasi, che coloro, i q
neppure poteva ammettere nella sua barca alcuno de’ viventi, che non gli avesse mostrato il Ramo d’oro da offerirsi in oma
ge, perchè l’anzidetta Ninfa al tempo della guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso di questi le sue figliuole,
predetto onore, perchè svelò a Giove la congiura, che aveano tramata gli altri Dei per metterlo in ceppi(a). Nelle acque d
come un luogo(b), ed ora come un fiume dell’ Inferno(c). (19). Tra gli scellerati, che si trovano nel Tartaro, i più fam
o venne precipitato nel Tartaro. Alcuni dicono, perchè egli manifestò gli arcani degli Dei ; altri soggiungono, perchè era
i ; altri soggiungono, perchè era solito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, che si recavano appresso di lui(g). Ferec
(d). Tentò la medesima cosa Psafone, e sìo felicemente vi riuscì, che gli uccelli, avvezzati da lui a dire che Psafone era
ali parole, e fecero in tale guisa, che i popoli rendessero a Psafone gli onori divini(a). Emo finalmente, re della Tracia,
gendosene, fu la prima e la sola a mangiarne la spalla destra ; e che gli altri Numi, conosciuta l’empietà di Tantalo, lo c
e fame e sete rabbiosissima a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che
o di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che gli toccava le labbra(a). Cicerone vuole, che sovrast
tava di assaggiare quelle acque(b). Riguardo poi a Pelope dicesi, che gli Dei ne riunirono le membra ; che gl’inspirarono n
adre, ma che nej dì del predetto convito Nettuno lo abbia rapito onde gli servisse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pand
omessa ; ma Issione non mai determinavasi a farlo. Dejoneo finalmente gli tolse alcuni cavalli. Se ne sdegnò Issione, e ser
o, Egitto. Come poi Danao intese dall’ Oracolo che uno de’suoi generi gli avrebbe tolto e trono e vita, foce giurare alle s
Valesio vennero attaccati da gravissima malattia. Il loro padre pregò gli Dei, che traessero sopra di lui la morte minaccin
ciato a scavare. Fec’egli delle Feste per tre continui giorni, perchè gli Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordat
Virg. Aeneid. l. 7. (f). In l. 3. Georg. (6). Pelia, perchè molti gli ricercavano Alceste in matrimonio, avea giurato d
al grande amore per Alceste, talmente intenerì Proserpina, che questa gli ridonò in vita la generosa consorte(b). Altri dic
nevano l’oro. Vi fu preso Agamede. Trofonio, non potendo liberarnelo, gli troncò il capo, affinchè nè il fratello fosse ric
a portare seco delle focacce per gettarle a’Lemuri, e a’serpenti, che gli si facevano incontro. Dicesi inoltre, che chiunqu
ni, che non solo l’Asia, ma tutta la Grecia Europea attonita ripeteva gli applausi alla decantata celebrità de’vaticinj di
nella Grecia, ma quegli non volle accettarlo. Lo stesso fecero tutti gli altri ; sicchè il tripode finalmente venne consec
altari, senzachè nè egli, nè colei avessero alcun lume riguardo a chi gli aveva dato la vita. Il giovine frattanto si acqui
uscendo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quello, che gli era stato indicato. Creusa pensò, che tal cosa al
a tale vista lasciò tosto il suo asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò, che Apollo era il di lui genitore. Vi
dopo morte ebbe un tempio, chiamato Branchiadon, e fu annoverato tra gli Dei(e). Diede anch’egli degli Oracoli, che furono
di cui acqua bolliva al levar del Sole, e faceva morire sull’istante gli uccelli, che ne beveano(b). (e). In Achaic. (
e di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli partorì Mennone, di cuì parleremo altrove (a). Na
anica, di cui se ne serviva per avvelenare o per convertire in bestie gli uomini. Neppure la risparmio a suo marito, ch’era
i denominò Circea(e). Circe, trovandosi in Italia, fece esperimentare gli effetti del suo sdegno anche a Pico, antico re de
a morì di dolore(a). Circe poi non ostante la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata ne
lla sia stata anche detta Marica, e che sotto tal nome la venerassero gli abitanti di Minturno(c). Altri soggiungono, che c
iù dubbio, giurò per lo Stige, the sarebbe per accordargli quanto mai gli avesse ricercato. Faetonte chiese di guidare alme
Prima però si fece ad istruirlo dello scabroso cimento, e finalmente gli affidò il carro. Faetonte però non giunse a conos
de morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia resero al di lui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sponde di quel f
i pretende, che poscia sia stato cangiato in aquila, e collo cato tra gli Astri(d). (31). Faetusa e Lampezia ebbero Neera
co, dopo morte per le preghiere delle Muse fu da Giove trasferito tra gli Astri, ove forma la Costellazione, detta Sagittar
una mano, e con un libro d’ Istoria nell’altra(d). La seconda inventò gli strumenti di fiato. E’ coronara di fiore e con du
perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il medesimo gli occhi velati, perchè non osserva mai i difetti de
giotni, perchè i Tebani erano stati da Giove cangiati in sassi, e che gli Dei stessi nel decimo giorno rendettero a quelli
curio e da Urania(b). Egli addestrò molti nel suono della lira, e tra gli altri Tamira, Orfeo, ed Ercole, il quale poi, sgr
quale poi, sgridato fortemente da lui, perchè non aveva suonato bene, gli ruppe la testa col predetto strumento(c). Fuvi un
li accusasse. Il suonatore chiese allora, che prima di morite almano gli fosse permesso di toccare ancora una sola volta l
i fosse permesso di toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò gli fu accordato. Lusingavasi egli d’intenerirli, ma
glino colla morte ne pagassero il fio(a). Gli Dei poi collocarono tra gli Astri il sopraddetto Delfino(b). (52). Orfeo era
i i venti, ammansava le più feroci belve, e si traeva dietro a udirlo gli uccelli, le selve, e i monti. Fu il primo, che in
erpina, inesorabili per natura, si piegarono alle preghiere di lui, e gli permisero di seco condursi sulla terta Euridice,
si sulla terta Euridice, a patto però, ch’ egli non volgesse indietro gli occhi a guardarla, finchè non fosse uscito dal lo
perchè egli, trovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi di tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Nume destò ne
ume trasportati in Lesbo ; che poi la stessa lira venne collocata tra gli Astri, e ornata dalle Muse di nove insigni stelle
r madre Trassa o Traossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi di si allontanò dalla società, e a
2). Atteone dopo morte fu dagli Orcomenj riconosciuto come un Eroe, e gli s’innalzarono magnifici monumenti (b). (3). Orio
la possibile accoglienza. Gli anzidetti Numi, grati a tanta cortesia, gli accordarono, che chiedesse tutto quel, che voleva
ricercò di avere un figliuolo senza maritarsi. Così avvenne, giacchè gli Dei fecero nascergli Orione dalla pelle d’un bue,
ce, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il privilegio di camminare a piedi
tentò d’insultare la di lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Pa
ultare la di lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Passò Orione i
o Cedalione. Da di là si trasferì in Orieute appresso il Sole, da cui gli fu restituita la primiera vista. Fu allora, che O
e abbia avuto in moglie Asterodia, o Cromia, o Iperippe, e che questa gli abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed
on. Mythol. (11). Que’di Trezene annoverarono Sarone dopo morte tra gli Dei marini, e i navigatori prima d’imbarcarsi gli
rone dopo morte tra gli Dei marini, e i navigatori prima d’imbarcarsi gli offerivano sacrifizj(b). (c). Id. Ibid. (d).
itina si riconoscesse Venere Epitimbia, così denominata per avvertire gli uomini della fragilità della loro natura, e per f
oni(c). (13). Esporremo quì i funerali de’Greci e de’Romani, giacchè gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più reli
13). Esporremo quì i funerali de’Greci e de’Romani, giacchè gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più religiose ed e
li altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto nel rendere gli ultimi doveri a’loro parenti e concittadini. La c
i l’ultimo addio, lo baciavano, e ne raccoglievano le ultime parole e gli estremi sospiri. Indi percuotevano certi bronzi p
s’impadronissero di quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui gli chiudeva gli occhi e la bocca. Gli si scuopriva p
sero di quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui gli chiudeva gli occhi e la bocca. Gli si scuopriva poscia il volt
cidevano(c). Le medesime in Roma la lasciavano sparsa sulle spalle, e gli uomini la tosavano, ma non intieramente. I capell
turpavano il volto. Innoltre si udivano imprecazioni e querele contro gli Dei, si lanciavano sassi contro i tempj, e se ne
tro gli Dei, si lanciavano sassi contro i tempj, e se ne rovesciavano gli altari. I Ministri poscia di Libitina, detti Libi
non abbajasse contro di lui, mentre entrava nell’Inferno, e in bocca gli si riponeva per Caronte la moneta, di cui abbiamo
nto del defonto aveano conseguita la libertà(d). Finalmente seguivano gli amici e i parenti. Presso i Romani i figli compar
issime pene si puniva chi la violava. Si onoravano pure in quel tempo gli Dei dell’Inferno, versando loro sopra il sepolcro
non potè tragittarlo. L’impazienza d’andarsene all’amata giovine non gli permise d’aspettare, che il mare si fosse del tut
Erone un foglio per toglierla da ogni inquietudine ; e che la giovine gli significò la sua impaziente brama di rivederlo (a
statue qualche volta sono acompagnate da strostrumentì per coltivare gli orti, da ceste per tipori vi le frutta, da una ma
a una mazza per allontanare i ladri, e da una bacchatta per impaurice gli uccelli (a). Que’di Lampoaco erano i più dedicati
tò l’avvenuto, e promise di ricondurvi tutte le rapite donne, qualora gli si fosse accordata in isposa quella, cui amava. C
mava. Così si fece ; e tale matrimonio riuscì sì felice, che in tutti gli altri, poscia celebrati, si ricordò sempre il nom
dò sempre il nome d’Imene. I Poeti lo dichiararono Dio delle nozze, e gli tessero un’illustre genealogia. Gli uni lo disser
’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui ara se gli sposi non facevano libazione, non era valido il l
elo e dalla Terra(d). Finalmente Platone racconta, che, solennizzando gli Dei la nascita di Venere, Poro, Dio dell’abbondan
to, per aver ottenuto Anfitrite in moglie a Nettuno, fu collocato tra gli Astri(c), non lungi dal Capricorno(d). (5). Lech
o figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone gli partorì due scellerati figliuoli, detti Tmilo e T
o più starsene fermo in quel luogo, si tuffò nelle onde. Lo accolsero gli Dei marini, e pregarono Oceano e Teti, che lo spo
mo favellato, lo avesse costituito suo interprete (b). Que’d’Antedone gli fabbricarono un tempio, e gli offerirono de’sacri
uito suo interprete (b). Que’d’Antedone gli fabbricarono un tempio, e gli offerirono de’sacrifizj. Primachè tutto questo av
Uno re suoi servi, stanco d’affaticare in una vigna, da lui piantata, gli predisse, che già non ne godrebbe alcun fiutto. S
quattro in un luogo solitario, i figli di Teano si avventarono contro gli altri due per ucciderli. I loro colpi andarono fa
nia poi era re di Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese, da cui gli si partorirono due figlis, Nittimene e Antiopa(d)
e e Antiopa(d). Nitteo mosse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè gli aveva rapito questa sua seconda figliuola. Il com
si tutti i Mitologi fu Anfitrite. Acesandro poi, citato da Tzetze(h), gli dà per madre Celene. I Poeti ci descrivono Triton
are, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisifo, re di quel luogo, gli diede sepoltura, instituì i predetti Giuochi Istm
amente per consiglio dell’Oracolo si stabilì di ripigliare per sempre gli anzidetti Giuochi. Altri pretendono, che questi s
ti da’ nemici(d). Il medesimo fu venerato spezialmente in Tenedo, ove gli si offerirono in sacrifizio perfino de’ fanciulli
Portuno aveva un altare, e una capella sotterranea, nella quale pure gli si sacrificava. Qualunque spergiuro, che avesse o
o sacrifizj a’ Venti. Gli Ateniesì pure innalzarono loro un tempio, e gli Spartani sacrificavano ogni anno a’ medesimi un c
Venti, ch’era Eolo, figlio d’Ippoto, o di Giove(h). Eutidemo Ateniese gli dà per madre Menecla, figlia d’Illo Liparese(i).
iglio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in onore di tutti gli Dei per ringraziarli dell’abbondante raccolta, ch
onore di tutti gli Dei per ringraziarli dell’abbondante raccolta, che gli avevano concesso. Offerì egli pure le primizie de
alle, sottoposta alla selva, il Cinghiale provocato si scagliò contro gli armati. Tutti questi indarno tentarono d’atterrar
, non meno ne gioiva Meleagro, che ardentemente la amava. Arrossirono gli altri, ed esortandosi scambievolmente, scagliaron
(c). Iliad. l. 2. (11). Eretteo, essendo per guerreggiare contro gli Eleusini, intese dall’ Oracolo, che ne avrebbe tr
o, fattosi da Eretteo pel comune bene, lo annoverarono dopo morte tra gli Dei, e gli eressero un tempio nella Cittadella d’
da Eretteo pel comune bene, lo annoverarono dopo morte tra gli Dei, e gli eressero un tempio nella Cittadella d’ Atene (a).
ressero un tempio nella Cittadella d’ Atene (a). Omero soggiunge, che gli stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e
adella d’ Atene (a). Omero soggiunge, che gli stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e agnelli nel tempio di Minerv
rma umana, adoravano Marte sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi
, e in atto d’ ascendere al Cielo ; v’ aggiunse, che lo stesso Romolo gli predisse la futura grandezza della sua città, e p
nze. Il timore di qualche pubblica calamità, e la speranza di placare gli Dei irati introdussero varie sorti di tali ceremo
e in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bellona era annoverata tra gli Dei Comuni, tra quelli cioè che favorivano indiff
abbricata da Cecrope. La vendetta dovea consistero nel recidere tutti gli ulivi, giacchè questi erano sacri a quella Dea. M
chè ne avesse sofferto alcun danno. Si chiamò poi Ceculo, perchè avea gli occhi assai piccoli. Egli fabbricò in Italia una
8 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
er conseguire il nome d’ Eroe, e per essere annoverato dopo morte tra gli Dei(a). Le tombe degli Eroi erano d’ordinario cir
acro bosco, appresso il quale trovavasi un altare, su cui i parenti e gli amici si recavano a fare in certi determinati tem
di Pallade ne seminò i denti(a). Ne nacquero molti uomini armati, che gli Ateniesi chiamarono Sparti, ossia Seminati (b). L
tò contro lo stesso, e lo privò di vita. A tale vista insorsero tutti gli altri ; e sì feroce zuffa tra loro si accese, che
a Marte e da Venere. Per onorare quelle nozze scesero dal Cielo tutti gli Dei, e ricolmarono la sposa di doni. Da quel matr
cospicua città, e d’aver conseguito sì illustre sposa, dovea riuscir gli oggetti di somma compiacenza. Ma n’uno può dirsi
ma compiacenza. Ma n’uno può dirsi beato, primanchè chiuda per sempre gli occhi alla luce del giorno. Ad amareggiare la tra
go tempo quà e là errando, si trasferì colla moglie nell’ Illiria. Là gli venne in pensiero, che il Dragone, da lui ucciso,
fosse vissuto sotto la tutela di qualche Deità, e che per tale motivo gli forsero sopraggiunte cotante aciagure. Pregò quin
e per lo scudo, che Pallade aveagli somministrato, e che riflettendo gli oggetti, li faceva senza rischio osservare, volò
te d’aver inteso da un antico Oracolo di Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea
ontano da’ suoi confini ogni etraniero. Risvegliatisi pertanto in lui gli antichi timori, alle villanie v’aggiunse violenze
iunse violenze e minacce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa, la quale, come abbia
n mostro a devastare le campagne Etiopiche, e a straziarne la gente e gli armenti. Que’ popoli ricorsero supplichevoli a Gi
tta bestia. Ei piombò su quel mostro, e sì lo trafisse coll’asta, che gli tolse intieramente la vita. Risuonarono allora di
; Cefeo e Cassiope corsero ad abbracciare il prode figlio di Danae, e gli offerirono Andromeda in moglie. Perseo, volendo l
icornò poscia nell’isola di Serifo, e ne convertì pure in sassi tutti gli abitanti(d), e Poliderte stesso, il quale per inv
e di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli croici monumenti. Atene gli fabbri
icene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli croici monumenti. Atene gli fabbricò un tempio(a). Uno pure gli venne eretto
one degli croici monumenti. Atene gli fabbricò un tempio(a). Uno pure gli venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, v
Andromeda, Cefeo, e Cassiope vennero collocati dopo la loro morte tra gli Astri, dove formano altrettante Costellazioni(c).
dell’Oracolo prese a guardarsì da quello tra’discendenti d’ Eolo, che gli si sarebbe presentato con un piede calzato e l’al
azione, gl’insegnò molte scienze, e spezialmente la medicina : lo che gli acquistò il nome di Giasone(c). Alcuni la discorr
acciato(a). Tentò quindi ogni mezzo onde farlo perire. A tale oggetto gli propose di segnalarsi in un’impresa quanto glorio
ualora fosse ritornato da quella, lo avrebbe collocato sul trono, che gli appatteneva. L’impresa consisteva nel trasferirsi
altresì seminare i denti dello stesso drago ne, e finalmente vincere gli uomini armati, che da quel seme etano per mascere
era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel Principe accolse gli Argonauti gentilmente, e li ricolmò di doni Nella
to, si sarebbono fabbricate cento città sull’anzidetto Lago. Allorchè gli Argonauti erano per proseguire il loro cammino, l
one alle promesse di nozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea gli credette, e tosto gli diede certe erbe, coll’uso
ozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea gli credette, e tosto gli diede certe erbe, coll’uso delle quali ei potesse
glorioso il nome di Giasone, dice, ch’eglipure, da che cominiciarono gli anzidetti uomini a vicendevolmente battersi, si m
e vuote arterie. Così fecero : Pelia grondava di sangue, quando Medea gli recise inoltre la gola, lo tuffò in acqua bollent
into. Pare, che Giasone finalmenre dovesse conseguire lo scettro, che gli apparteneva ; ma vi si oppose allora Acasto, figl
prove della sua prudenza e del suo invitto valore, meritò dopo morte gli onori divini (h). Gli si eressero dei tempj in va
avec potuto un uomo solo esaguirle tutte, è quindi opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli Eroi di q
e, è quindi opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli Eroi di questo nome. Eglino secondo Erodoto furon
ia poi della vita dì lui venne ornata co’ maravigliosi fatti di tutti gli altri(d). Il Sole per un giorno non illuminò la t
e, e sopra il medesimo perfino spezzò la sua clava. Con tutto ciò non gli riuscì mai d’ucciderlo, perchè la pelle n’era imp
ore. Ercole lo persuase di differirne il sacrifizio al suo ritorno, e gli promise d’offerirlo egli a Giove Salvatore : lo c
rtò sulle spalle a Micene(d). Euristeo impose altresì ad Ercole, che gli recasse il Cinghiale della selva d’Erimanto, il q
tutti que’ dintorni. L’Eroe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì di legarlo, e di portarlo vivo in Micene(a
esso il Centauro Folo, figlio di Sileno e della Ninfa Melia, il quale gli diede a bere certo vino, che apparteneva a tutti
e trucidò, parte ne mise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trass
e poscia si chiamò Foloc(b). Era parimenti dovere d’Ercole l’uccidere gli uccelli della palude di Stinfalo, città dell’ Arc
ttà, che dal nome di lui appellò Abdera(a) (8). V’è chi pretende, che gli anzidetti cavalli sieno stati condotti da Ercole
erca delle predette femmine. Uccise Migdone e Amico, fratelli, perchè gli , contrastavano il passaggio. Attaccò poscia le Am
divennero infruttuose. Ercole fu incaricato di ripurgarle, e quel re gli promise in ricompensa la decima parte di tutti i
ti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ Eroe quanto gli si era prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adem
a) (10). Una ferita, ch’ Ercole aveva ricevuto, in quella circostanza gli si aprì, e lo ammalò. Volea egli fare la pace co’
prevalsèro dell’occasione, e uccisero molti de’di lui compagni, e tra gli altri Ificlo, di lui fratello uterino(b) (11). Er
ea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose di far prova chi di essi due giuocasse me
ole lo privò di vita, ne uccise il Dragone, e il Cane, e ne portò via gli armenti(c). Mentre Ercole passava con quegli anim
Ninfa, detta Coronide. Queglino, soggiornando in Torona, obbligavano gli stranieri a lottare seco loro, e dopo d’averli vi
da Ercole nell’ Isola di Tenedo(18), perchè si erano adoperati, onde gli Argonauti non accogliessero più nella loro nave l
er Illo, suo figlio, avendo quel re ricusato di soddisfarnelo, Ercole gli eolse uno de’di lui buoi. Se ne offese Teodamante
ase atterrato ; ma qualora toccava la terra, sua madre, questa sempre gli somministrava forze maggiori, per cui compariva p
ino(c). Busiride poi continuò a trattare nella medesima maniera tutri gli altri stranieri : e già anch’ Ercole doveva andar
, il di lui figliuolo, Anfidamante, Calbe, suo araldo d’armi, e tutti gli altri ministri della di lui crudeltà(d). Termero,
lo e della Najade Batea, avvenne che un cane, custode di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò contro di quello
na capra in sacrifizio a Giunone. Tale ceremonia si perpetuò appresso gli Spartani : dal che la predetta Dea si denominò Eg
sedio, ed era già per prenderli d’assalto, quando coloro per placarlo gli offerirono quanti de’ loro concittadini avrebbe m
d’uno di quegli animali rubati venne in cognizione del luogo, in cui gli stessi erano stati trasferiti. Egli spezzò subito
fece squarciare da due cavalli. Ercole pure non ville permettere, che gli si rendessero gli onori delsepoltura (b). Ercole,
due cavalli. Ercole pure non ville permettere, che gli si rendessero gli onori delsepoltura (b). Ercole, trovandosi in Tra
Tirinta, città del Peloponneso, vicina a quella d’Argo (c). Cicerone gli dà il nome di Prodicio, perchè Prodico, nativo de
erchè riusci eccellentemente in varie scienze. Seneca lo annovera tra gli uomini sapienti : Eliano lo encomia, come Filosof
i (a). Presso i Romani M. Fulvio Nobiliore, Console, fu il primo, che gli dedicò un tempio nel Circo Flaminio, ov’ erano on
Sognò di nuovo lo stesso, e neppure allora parlò. Per la terza volta gli avvenne la medesima cosa ; ed ei finalmente ne fe
ll’ Arcadia. Ivi la di lui statua era posta sopra una zattera, perchè gli Eritrei pretendevano, che quella fosse così arriv
coli alle volte si davano in quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a dormire nel di lui tempio, affinchè sa
marciò allora contro i Tebani ; ma Ercole prese a difenderli, tagliò gli Orcomenj a pezzi, ne uccise il re, e ne saccheggi
diede a credere d’avervi riportate molte gloriose vittorie. Giove se gli presentò per richiamarlo alla primiera serenità d
loo, vestite allora le sembianze di toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò uno de’ corni, dielo svelse, e lo atterr
revalendosi delle proprie forze, passasse nuotando all’ altra riva, e gli promise d’assicurarne anche alla di lui sposa il
ntro il Centauro una freccia, tinta del veleno dell’ Idra di Lerna, e gli trafisse il petto. Nesso vicino a morire, macchin
ra il di lei fratello, Ifito, spedito dal padre a trovare i buoi, che gli erano stati rubati da Autolico. Ercole dopo d’ave
. Colei si valse superbanente del potere, acquistato sopia di Ercole, gli tolse la clava e la pelle di leone, lo vestì in a
popoli vicini agli Stati della predetta Regina i quali costringevano gli ospiti a lavorare le loro vigne in qualità di ser
rire vittime e voti a Giove, venerato in Geneo, quando al cuoprirsene gli omeri s’imbevette del veleno dell’Idra. Sofferì,
34), e Tlepolemo(35). Fu pur caro ad Ercole il fanciullo Elacato, cui gli Spartani celebravano le feste, dette Elacatee (a)
e feste, dette Elacatee (a). Giove accolse Ercole in Cielo, e Giunone gli diede lassù in moglie la sua figliuola, Ebe (b) (
Alessiare, e Aniceto (c). In terra poi futono pressochè innumerabili gli onori, che questo Eroe ricevette. I Greci lo vene
e uno de’ loro maggiori Dei (d). Egli in Roma ebbe molti tempj, e fra gli altri uno vicino al Circo Flaminio, e chiamato il
Filottete poi sulle ceneri d’Ercole aveva ciretto un sepolcro, su cui gli si offerirono molti sacrifizj. I Tebani pure, e g
sepolcro, su cui gli si offerirono molti sacrifizj. I Tebani pure, e gli altri popoli della Grecia gl’ inalzarono tempj e
sura di vino, ne facevano delle libazioni, e ne davano a bere a tutti gli astanti (c). Sparta celebrava ad onore d’Ercole c
i rapporta due Iscrizioni, dalle quali apparisce, ch’ Ercole appresso gli Antichi si risguardava come il Nume, preside a’ p
nome di Alessicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un tempio appresso gli abitanti di Cadice nella Spagna. Là non veniva ra
iscelo, figlio di Alemone, cittadino d’Ar go ; e in tuono minaccevole gli comandò d’abbandonare la sua patria, e di trasfer
io e i di lui discendenti presiedessero a’ sacrifizj, che annualmente gli si facevano in Italia sul monte Aventino, e che P
e, dopo d’ averlo impegnato in altre due malagevolissime imprese(38), gli propose di prendere vivo, e di condurre all’ alta
tare l’arduo cimento, implorò il soccorso di Ercole, e a tale oggetto gli offerì un sacrifizio. L’Eroe gli fece vedere in s
soccorso di Ercole, e a tale oggetto gli offerì un sacrifizio. L’Eroe gli fece vedere in sogno due tori, i quali, dopo d’av
i Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuola, Etra, la quale gli partorì Teseo. Egeo, dovendo ritornarsene in Aten
attaccarlo(b). Era giunto Teseo all’età di sedici anni, quando Etra gli manifestò il secreto della di lui nascita. Il gio
in lui le gesta di quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stesso gli si offerissero di notte in sogno, e gli destasser
a che le imprese dello stesso gli si offerissero di notte in sogno, e gli destassero ardente desiderio di emularle. Ad accr
seo fece soggiacere colui alla pena stessa, cui egli aveva sottomesso gli altti(a). Perigona, figlia del predetto Scini, do
le avrebbe recato alcun male. La giovine si rimise nelle di lui mani, gli partorì Menalippo, e fu poi da Teseo ceduta in mo
e si tirò addosso l’invidia degli Ateniesi e de’ Megaresi, che coloro gli tesero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Mi
ava che di carne umana(d). All’avvicinarsi il tempo del terzo tributo gli Ateniesi altamente si agitavano, ed erano per sol
funesta spedizione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli commise di prendersi Venere per guida, e di sacri
acrificarle una capra in riva al mare. Così egli fece, e la Dea tosto gli comparve sotto la figura di capra, per cui acquis
o giunse in Creta, che se ne invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu di guida per uscir
invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè ucc
tempio in Trozene(f). L’Eroe condusse seco fuori del Labirinto anche gli altri, che erano stati spediti ad incontrare lo s
nore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(a). Teseo, e gli altri giovani, mandati in Creta per essere divora
a, in cui rappresentavano gl’intricati giri del Labirinto. Ritornando gli stessi Deliasti in Atene, il popolo li riceveva c
mare le antiche leggi, e a stabilirne di nuove. Radunò in città tutti gli abitanti de’Borghi vicini, i quali sino a quel te
el tempo aveano condotto una vita selvaggia, e agli stranieri conferì gli stessi privilegi degli altri cittadini. Regolò al
novò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole avea rinovati gli Olimpici. Finalmente ridusse l’ Attica à Repubbli
cinta di piante, furono invitati i Centauri, moltissimi Eroi, e tutti gli Dei, eccettuato Marte. Questi in vendetta d’esser
mensa, e tentò di rapire la sposa. Sull’ esempio di lui fecero anche gli altri Centauri la stessa violenza alle altre donn
perso di sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, che i Lapiti gli tagliarono il naso, e le orecchie. A vendicarlo s
i quercia, lo lasciò semivivo. Lo stesso Eroe assalì poscia Bianore ; gli stritolò le tempia, e lo uccise. La medesima cosa
secoli onorarono le ceneri di Teseo(b). Conone nel mezzo della città gli alzò un tempio, che divenne asilo a’ servi, e a t
va in un cantone della Frigia(d), o di Cisseo, re de’ Trasi(e). Colei gli partorì diecisette figli (f), o diecinove, come r
e, riferita da Servio, Pirro trasse Priamo fuori della di lui Reggia, gli recise la testa, la ripose sulla punta d’una picc
i Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sostegno de’ Trojani ; e gli Oracoli aveano predetto, che l’ Imperio del di lu
fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò di vita Patroclo, il quale gli fàceva resistenza. Il medesimo uccise Meneste, An
a Priamo una tregua di dodici giorni, onde potesse rendere al figlio gli onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corp
onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno.
e gli alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. I fratelli, e gli amici di Ettore ne raccolsero le ceneri, e le rin
Presso la tomba si celebrarono dei Giuochi funebri(7). Andromaca pure gli fece ergere una magnifica tomba in Epiro, dove la
regge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acquistò il nome di Alessandro(c). In differenti
ndo per isposare Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle sue nozze, le quali si celebrarono sul m
esse fecegli generose offerte, onde giudicasse a suo favore. Giunone gli esibì ricchezze e imperj ; Minerva gli promise la
udicasse a suo favore. Giunone gli esibì ricchezze e imperj ; Minerva gli promise la gloria delle armi ; e Venere s’impegnò
pollo prediceva l’avvenire, e conosceva la virtù delle piante. Costei gli partorì un figlio, detto Cotito(4). Ella vaticinò
vaticinò molte cosè al marito, ch’erano per accadergli : tralle altre gli presagì, che se avesse combattuto contro i Greci,
trato tanta tenerezza pel genitore’e’ l figlio, così si divisero, che gli lasciarono libero il passaggio(6). Ritiratosi sul
olendo prima offerire sulla spiaggia agli Dei un sacrifizio, vide che gli arboscelli, i quali andava svellendo per ornarne
mo, che lo dissuadeva di trattenersi in quelle terre. Polidoro stesso gli narrò altresì, che Polinnestore avealo fatto secr
nestore avealo fatto secretamente morire. Enea ne celebrò i funerali, gli eresse un sepolcro, e passò nell’Isola di Delo. Q
ttà, cui diede il nome di Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e gli Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della
il nome di Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e gli Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della sua antica orig
ava in Italia. Allora la Regina si abbandonò alla disperazione, pregò gli Dei Infernali, che Cartagine vendicasse un giorno
na. Ella, additandogli il ramo d’oro, di cui altrove abbiamo parlato, gli comandò, che lo svellesse dal tronco(17), giacchè
ta, sorella dell’anzidetta Venilia, e moglie del predetto Latino ; ma gli augurj degli Dei non v’acconsentivano. Uno sciame
sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi gli preparavano un vasto Impero. Il Trojano Eroe dest
e poi amicizia con Evandro, creduto figliuolo di Mercurio(18). Questi gli regalò quattrocento cavalli, guidati da Pallante,
e, che Venere lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva di quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indi
quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete gli si rendettero gli onori divini(f). Altri finalmen
inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete gli si rendettero gli onori divini(f). Altri finalmente soggiungono, ch
ua figliuola, Cliteanestra, in matrimonio ad Agamenonne(1), e inoltre gli somministrò forze sufficienti a vendicare la mort
trò sessanta ad Agapenore, figlio d’Anceo e re d’Arcadia (a) (2). Tra gli altri, che lo seguirono, i più rinomati sono Sche
figlia di Priamo, e sposa di Corebo(22), toccò ad Agamenonne. Costei gli aveva predetto, che non ritornasse al patrio suol
ia e del suo Regno(23). Colei, mal comportando il ritorno del marito, gli presentò una veste nel momento, in cui usciva del
cettro a que’di Cheronea. Questi popoli lo tennero come una Divinità, gli offerirono sacrifizj, e preteseto che il medesimo
tento avea ottenuto di poter togliersi da se la vita ; ma Apollo, che gli aveva comandata l’uccisione della di lui madre, f
lo (b) (4). Oreste ricorse di nuovo all’ Oracolo di Delfo ; e il Nume gli promise, che ne rimarrebbe liberato, qualora aves
ati, e condotti a Toante, sommo secerdote, e re di qual paese. Quegli gli fece consegnare ad Ifigenia, acciocchè li dispone
i recare una lettera in Argo. Allora fu, che nacque generosa gara tra gli amici per determinare chi di loro dovea restare p
lio Tisameno, che avea avuto da Ermione. (a). Pausania soggiunge, che gli Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo di
delle quali era ricercato(a). Erodoto riferisce, che Menelao appresso gli Egiziani si dimostrò molto barbaro, perciocchè vo
enelao dopo morte ebbe in Terapne, città della Laconia, un tempio. Là gli si celebravano certe Feste ; dette Menelee, e gli
onia, un tempio. Là gli si celebravano certe Feste ; dette Menelee, e gli si tribucavano altri onori, come se fosse stato u
ndusse seco al Greco campo(a). Desolata Tetide nel vederlo a partire, gli procurò da Vulcano delle armi, che noa potevano e
dal carro, e colla spada investì il nemico, che con intrepida fronte gli stava dinanzi. Il ferro d’Achille traforava l’elm
no, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Eroe di vedere vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scu
Achille ; ma mentre quegli fuggiva, egli lo inseguì ; e raggiuntolo, gli premette le viscere parte coll’elmo e parte colle
al di lei padre, avea spedito i due araldi, Euribate e Taltibio, onde gli rapissero Ippodamia(c), giovine bellissima, sopra
). Il non trovarsi più Achille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che gli affari loro andavano di male in peggio, talmentec
e ritornato al campo, ristabilì la cadente fortuna de’suoi(c). Tetide gli ottenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle
se. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi di quella giovine ; ma gli Dei fecero, che la terra si aprisse, e la ingojas
dell’avviso ; e quegli abitanti, che morivano di sete, non molto dopo gli aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa q
po gli aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa quasi del pari gli avvenne, mentre assediava Metimne nell’Isola di L
nne, mentre assediava Metimne nell’Isola di Lesbo. Anche quella città gli fece sì forte resistenza, ch’egli oramai avea per
nza di superarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se
quello di Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d). Variano gli Scrittori sul fine d’Achille. La maggior parte pe
olle così ricompensare Ulisse d’averlo consigliato ad impegnare tutti gli amanti di Elena al gia mentovato giuramento(e). A
e mangiò altrettanti, indi uscì colla greggia al pascolo, e vi lasciò gli altri chiusi nell’antro. Ritornatovi a sera, cenò
Polifemo, sarà dunque l’ultimo che mangierò. Il sagace Ulisse allora gli porse un otre, pieno di squisitissimo vino, donat
si dal dolore acerbissimo, gettò urli spaventevoli, e chiamò in ajuto gli altri Ciclopi di que’dintorni. Queglino accorsero
compassione, poichè quegli non diede ascolto alle di lui preghiere, e gli commise di quanto prima partire. Passò il Greco E
l’Eroe alla Reggia della Maga con animo di prenderne vendetta, quando gli apparve Mercurio sotto l’aspetto di vago giovine,
endetta, quando gli apparve Mercurio sotto l’aspetto di vago giovine, gli dimostrò il pericolo, a cui si esponeva, e gli di
petto di vago giovine, gli dimostrò il pericolo, a cui si esponeva, e gli diede un antidoto contro gl’incanti di Circe. Ess
a fatto a Polifemo, suo figlio(b). Ritomato Ulisse a Circe, essa pure gli manifestò le traversie, ch’erano per succedergli,
o di lui spaventosa burrasca. Si rovesciò la nave, i venti ne ruppero gli alberi, portarono via le vele, le antene, e il ti
irsi, rimirare lo stato deplorabile, a cui il Greco era ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla quale l’infelice si
se la trista sua sventura. Ella lo consolò, e assicurollo, che niente gli sarebbe mancato nel luogo, in cui si trovava(b) (
adre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro Ulisse, e gli restituì la sua primiera figura. Il figlio, sorpr
a panchetta nell’ultima diritta spalla. Se ne querelò Ulisse appresso gli altri convitati, i quali biasimarono l’azione di
si chiamava Iro, perchè era eccellente nel portare le ambasciate, che gli si commettevano. Costui insultò ad Ulisse, e amen
parlò a lungo con Ulisse senza mai conoscerlo(20). Ella comandò, che gli si lavassero i piedi, come soleasi praticare con
enci, che lo cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti di sua moglie tali scoccò e tante frecce,
Anche in quella circostanza Ulisse fu assistito da Minerva, la quale gli apparve sotto la figura di Mentore, l’amico fedel
e, che gliene cedesse uno. Il Nume comparve sotto la figura aquila, e gli annunziò, che Telamone avrebbe il bramato figlio.
tore un pendaglio(g). L’Eroe finalmente, di cui parliamo, esperimento gli effetti fatali della presunzione. Gli Dei lo punn
si con Amico, figlio di Nertuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava gli stranieri a sostenere con esso il combattimento d
sinoo, il quale altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Corsero gli sposi alle armie alle falde del monte Taigeto for
ezze, che si facevapo a loro onore. Panormo e Gonippo lasciarono, che gli Spartani si accostassero ad essi, e ne uccisero u
. Pelope. PElope era figliuolo di Tantalo, re della Lidia Come gli Antichi vanno d’accordo sul nome del di lui padre
onvicini. Il di lei padre poi non voleva maritarla, perchè un Oracolo gli avea predetto, ch’ei sarebbe perito per le insidi
tri Eroi, quanto lo era Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole gli consecrò uno spazio di terreno vicino al tempio d
no vicino al tempio di Giove in Olimpia. Si aggiunge, che quell’ Eroe gli sacrificò un montone nero sopra una fossa, e che
ta, ch’era senza prole, lo ricevette come un dono, fattole dagli Dei, gli si affezionò ; lo fece allevare non altrimenti ch
appiccata(4), anch’egli, divenuto in orrore a se medesimo, si trasse gli occhi per disperazione ; e guidato da Antigona, s
e ; e guidato da Antigona, sua figliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri uomini(d) (5). Sofocle gli dà per conduttri
gliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri uomini(d) (5). Sofocle gli dà per conduttrice anche l’altra figlia, Ismene(e
a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolt
prenderè l’anzidetta città, quand’anche Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire G
ccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli fece prevedere che sarebbe operito nella guerra T
o tra’ Semidei(e). Pausania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico temp
ania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marm
me ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno gli eventi dell’avvenire. Se il consultante non sogna
ume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato
irono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui
e tenzone. Tideo sempre vi rimase vincitore. Se ne sdegnò, il Tebano, gli tese molti agguati, e spedì sulla strada, per cui
ntipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro gli Orcomenj. L’Oracolo avea annunziato, che la vitto
cle sul di lui trono, proibì sotto pena di morte, che fossero sepolti gli Argivi, rimasti morti in quella guerra, e perfino
). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito gli estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corp
he siccome questo uccello, girando quà e là di notte, meglio discerne gli oggetti ; così chi vuole riuscire uomo di sani co
esto suole raspare, finchè tra gl’inutili grani ha scelto quelli, che gli servono di cibo. Il Diligente del pari va esamina
Il Diligente del pari va esaminando le cose, finchè trova quelle, che gli ridondano a maggiore utilità. Parsimonia. L
de’papaveri(b). Magnanimità. La Magnanimità è virtù, che modera gli affetti dell’animo, che sostione con indifferenza
contro di lui si avventano ; così il Magnanimo non cura i disagi che gli sovrastano, nè si turba al momento di dover soste
atua, affinchè non potesse in alcun tempo allontanarsi da loro : come gli Spartani incatenarono la statua di Marte, onde qu
ella con tutta prestezza seguisse i passi degli uomini per osservarne gli andamenti(c). I Romani secondo Plinio, quando era
re ch’ella non ha riguardo a chiccbessia. Per questa medesima ragione gli Egiziani formavano le statue di questa Dea senza
la Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il quale riferisce, che gli Antichi risguardavano come donne pudiche quelle,
è diverso l’animo dell’uomo obbediente a’ cenni di chi legittimamente gli comanda. Sta a canto di lei un cane, perchè quest
ei un’aquila, la quale, avendo fatto preda d’una Lepre, la tine sotto gli artigli, e lascia, che se ne pascano verj altri u
la pace : e una corona, o un ramo d’ulivo faceva riconoscere a’ Greci gli ambasciatori, che recavansi a chiedere o ad appor
nella destra una maschera, perchè l’Affettato s’allontana da ciò, che gli è naturale, per cercare in un’aria, presa ad impr
ci. In quel momento alcune frondi, cadute dà un albero con istrepito, gli fecero credere, che fosse qualche fora. Scoccò lo
erso il luogò, ove la frasca avea fatto rumore. Un lagrimevole gemito gli fece intendere, che bersaglio del colpo era stata
te, e si rassomiglia alle Api, ma non produce il mele, nè sa formarsi gli utili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso
avere il collo di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo gli discendeva nel ventre. Il colore poi di ruggine i
delle passioni, o ammorza il lume della verità. La corda indica, che gli Adulatori traggono, ovunque vogliono, coloro, che
lo stesso che lo cibava, se avviene, ch’egli tralascii di farlo Anche gli Adulatori si mostrano geniali, e accarezzano chi
considerazione d’un bene, che si desidera, e dì cui ne godono invece gli altri. Questo Vizio si dipinge pallido di volto,
instabilità ne’ detti, o ne’ fatti, i quali dovrebbono essere sempre gli stessi. Questo Vizio si rappresenta con un piede
mpo. Il Giuoco è di faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono gli amatori di questo Vizio. Porta con se varie reti,
destra tiene alquante carte da giuoco, nelle quali fissa attentamente gli occhi. E’ tenuto sospeso pe’ capelli dalla Fortun
gnifico. Sull’ accumulato oro ed argento, per cui si hannoquasi tutti gli altri beni della terra, sta la vegliante Nottola,
lo. Ha il capo e la veste, sparsi di fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coronare se stessi, gli animali, e le por
i di fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coronare se stessi, gli animali, e le porte delle case e de’ tempj nel te
esse dall’assedio della sua città. Era questo il tempio, in cui tutti gli anni le giovani Romane, vicine a maritarsi, offer
chi sotto questo nome riconosce un’ altra Dea, la quale riconciliava gli animi degli sposi, quando erano in discordia tra
Era questo un Nume, che avea avuto i suoi primi altari ne’ campi, ove gli agricoltori porgevano i loto voci per avere buona
professione, onoravano la Dea Forte Fortuna(b). La Fortuna è fasciata gli occhi, per indicare, ch’ella senza discernimento
ro, ch’ egli nacque dalla Morte. Per ottenere, che Egli non nuocesse, gli si sacrificavano il cane e la pecora. Gli Spartan
non nuocesse, gli si sacrificavano il cane e la pecora. Gli Spartani gli avevano eretto un tempio appresso il tribunale de
timore del castigo. In un combattimento, che sosteneva Tullo Ostilio, gli Albani, i quali prima si erano dichiarati per lui
Tullo Ostilio, gli Albani, i quali prima si erano dichiarati per lui, gli rivolsero poi le spalle, e passarono al partito d
timidissimo. Indice I Numeri Romani I. e II. indicano i Tomi, gli Arabi le pagine. A ABadir I. 18. Abaride I. 264.
chic per quesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciove per legge di Fato
on potè Ciove per legge di Fato restituirgli la vista, ma in compenso gli conferì la prerogativa di presagire il futuro, e
, ma in compenso gli conferì la prerogativa di presagire il futuro, e gli concesse una vita sette volte più lunga, che quel
sia un bastone, con cui poteva camminare sicuro, come se avesse avuto gli occhi, e lo rendette peritissimo nell’ Ornitomanz
erpente ; e questo, mangiato, infondeva la virtù d’intendere ciò, che gli uccelli bisbigliavano fra loro(a). Ritornando a T
ò Acrisio(c). Preto si ritirò nella Licia appresso il re Giobate, che gli diede in moglie Stenobea, sua figliuola(d), da cu
no così detti da Perseo(h). (9). Stenelo ebbe molti figliuoli, e tra gli altri Euristeo, il nemico d’ Ercole, come vedremo
patria, e vi condusse quantità di mandre, tolte a’ nemici. Anfitrione gli andò incontro ; e volendo arrestare una giovenca,
ndo davasegni dì pazzia ; e prese in moglie Ino, figlia di Cadmo, che gli partorì Melicerta e Learco. Questi fu slanciato c
rire per impadronirsi de’ di lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che gli Dei lo collocarono tragli Astri(c). Notisi per ul
elenza de’ quali dice Polibio essere verisimile aver fra loro conteso gli Dei(b). (d). Nat. Com. Mythol. l. 6. (7). Apol
ruzione di quella chiodi deboli, affinchè si perdessero tutti insiene gli Argonauti. Cotal nave fu la prima a vedersi di fi
il modo d’evitarli(f). La stessa nave fu anche detta Peliaca, perchè gli altri legni, eo’ quali era stata costruita, furon
la stessa nave venne finalmente consecrata a Pallade, e collocata tra gli Astri(c). (10). Tifi era figlio d’Agnio(d). Igin
d’ arrivare in Colco. Alcuni pretendono, ch’ egli, essendosi fermati gli Argonati appresso Lico, figlio di Dascilo, e re d
nferno. Era assai utile, perchè faceva schivare i banchi di sabbia, o gli scogli, i quali si trovavano sott’ acqua. Irs que
Ampicide(d).Ritornando da Colco, mori per un morso di serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Afr
morso di serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Africani gli dedicarono un tempio, donde dava Ora
e. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Africani gli dedicarono un tempio, donde dava Oracoli(e). (14
quindi discendente da Eolo(f). Possedeva grande scienza nel ricavare gli augurj dal fuoco. Quantunque avesse preveduto, ch
olle intervenire anch’ egli alla conquista del Vello d’oro. Essendosi gli Argonauti fermati nella corte di Lico, re di Biti
cere. Testore fu incaricato d’ eseguire il truce comando, e in premio gli si propose la libertà. Entrò egli nella prigione,
. Entrò egli nella prigione, ove stava rinchiuso il supposto giovine, gli manifestò il comando che avea avoto, ma nello ste
veste il pugnale per trafiggersi il seno. Leucippe, che lo riconobbe, gli strappò dalle mani il ferale stromento, e gli man
ippe, che lo riconobbe, gli strappò dalle mani il ferale stromento, e gli manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia all
ò di doni, e li rimandò al loro paese (a). (18). Ificlo si trovò tra gli Argonauti, attesa la sua parentela con Giasone. T
gi : ritornò le acque de’ fiumi alle loro sorgenti ; rendette placidi gli sconvolti mari, e li sconvolse placidi : adunò, e
ertiti da Medea, con essa lei se ne fuggirono. Altri soggiungono, che gli Argonauti, conquistato il Vello d’oro, vennero in
se un fortissimo Toro per uno dei due piedi di cietro ; e non ostante gli sforzi, che quello faceva per iscappargli di mano
, lo tenne sempre fermo con sorprendente robustezza, finchè la bestia gli lasciò quella porzione di piede, per cui lo aveva
ava, e vi rimase sepolto sotto le rovine della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua nel bosco sacro di Giove Olim
nstituì feste e sacrifizj. Lo stesso Scrittore soggiugne altresì, che gli abitanti della città d’Agira coltivavano con somm
tarco finalmente dice, che nella Beozia o nella Focide si obbligavano gli amanti a giurarsi scambievolmente fedeltà sulla t
e restò ucciso da Anfitrione in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro gli Eubei, de’quali egli n’era il comandante(i). (a)
reci, quando vol vano augurare lunghezza di vita, solevano desiderare gli anni di Nestore(g). (c). Nat. Com. Mythol. l : 
finalmente la trasferì tra’ Ciconj, popoli barbari della Tracia. Ella gli partorì due figlie, cioè Cleopatra, detta anche S
cieco, perchè abusò dell’arte d’indovinare(c). Altri soggiungono, che gli Argonauti trovarono il modo di restituirgli la vi
chiarato la guerra a Demofoonte, re d’Atene, perchè questi proteggeva gli Eraclidi. Si consultò l’Oracolo, e questo promise
ce delle truppe Ateniesi, vinse ben tosto Euristeo, e di propria mano gli recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la quale,
andò ad Alcmena, la quale, dopo di averla insultata, ne strappò anche gli occhi(c). Altri dicono, che Euristeo fu ucciso da
lemo, osservando che quello schiavo non eseguiva bene il suo uffizio, gli gettò un bastone, che colpì ed uccise Licinnio. P
. l. 28. (a). Ovid. Metam. l. 15. (37). In Strabone leggesi, che gli Achei, avendo ricevuto ordine dall’Oracolo di and
esti, sorpreso di tanto coraggio, ma poco disposto a ricompensarnelo, gli propose, un’altra impresa più difficile dell’anzi
hol. (1). Connida per l’ educazione, che diede a Teseo, meritò, che gli Ateniesi lo risguardassero come uno de’ Semidei.
nti Delfini lo accolsero ; e lo condussero alle Nereidi. Queste Ninfe gli restituirono l’ anello, e Anfitrite gli pose altr
ro alle Nereidi. Queste Ninfe gli restituirono l’ anello, e Anfitrite gli pose altresì in capo l’anzidetta corona. Portato
ianna secondo l’ opinione di Plutarco non fu abbandonata da Teseo, ma gli fu rapita in quell’ Isola da un Sacerdote di Bacc
are un circolo, mescolato d’ uomini e donne. Eustazio però vuole, che gli uni danzassero separatamente dalle altre(b). (a)
ripotate dall’ Asia, allorchè seguita da una potente armata, disfece gli eserciti di Laomedonte, re di Troja (e). (a). P
eo ebbe un figlio di nome Corone, che da Apollonio viene ascritto tra gli Argonauti(d). (a). Propert. l. 21 (23). Dopo l
state appese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse gli cavò gli occhi. Frattanto Reto, abbrancato il tiz
ese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse gli cavò gli occhi. Frattanto Reto, abbrancato il tizzone, che
o abbruciato, replicò sopra Caraso i colpi con maggiore forza, finchè gli ruppe il cranio. Continuò l’ audace Reto a ruotar
roverare a Reto la viltà d’ aver infierito contro un ragazzo, ma essa gli venne chiusa dal tizzone, onde costretto a trangu
ena di ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e con una lancia gli rrapassô le coste. Colpiti ugualmente dallo stess
. Mes. l. 12. (24). Piritoo ebbe da Ippodamia molti figliuoli, e tra gli altri Polipete, che molto si distinse all’assedio
sse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di lui. Ovidio fa, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimprovera della su
per la perdita della predetta Principessa(b). Secondo una Tradizione gli Dei cangiarono Fillide in mandarlo (c). Demofoont
stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto gli Orcomenj all’assedio di Troja. Due volte rimase f
ri Greci, che avrebbono voluto intraprendere simile viaggio(c). Pirro gli diede in matrimonio Andromaca, ch’era stata mogli
ro gli diede in matrimonio Andromaca, ch’era stata moglie d’Ettore, e gli cedette una parte dell’Epiro, chiamata poscia Cao
deva suo padre, espose ad Ilione la risposta dell’Oracolo. La sorella gli raccontò tutto quello, ch’era accaduto, e Polidor
orella gli raccontò tutto quello, ch’era accaduto, e Polidoro strappò gli occhi a Polinestore(b). Notisi per ultimo, che Om
ochè se ne accorse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra di colei gli apparve, e gli disse, che Cibele la aveva trasfer
rse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra di colei gli apparve, e gli disse, che Cibele la aveva trasferita nella Frigi
e nol faceva morire, come pur avrebbe meritato il suo delitto, poichè gli Egiziani si guardavano dall’imbrattarsi le mani n
d’assedio. Menelao, vinta la predetta città, si reco a Pruteo, da cui gli fu restituita la moglie. Omero(a) finalmente dice
thes, che, mescolata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli affanni, e di raddolcire qualsivoglia dolore. (b
osa. Tindaro, suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti gli amanti di sua figlia giurassero d’approvare e pro
a lei, che gliedo avea fatto conoscere(c). Notisi per ultimo, che tra gli ambasciatori anzidetti alcuni in vece di Acamante
occhiata torbida e fiera e quello spergiuto, nè più frenando la bile, gli piombò addosso, e col braccio delle compagne, chi
le compagne, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fronte, e uccine i di lui fig
, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fronte, e uccine i di lui figli. I Traci
o di mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta di Ettore(c). I Greci gli tendettero gli onori Eroici, gl’inalzarono dei mo
iode, e tosto cadde sotto l’asta di Ettore(c). I Greci gli tendettero gli onori Eroici, gl’inalzarono dei monumenti, e perf
(3). Cebrione rimase ucciso da Patroclo con un colpo di pieltra, che gli spaccò la testa(e). (4). Eniopeo fu messo a mort
sua città venne con Enea in Italia. Dicesi, ch’egli, avendo provocato gli Dei marini a gareggiare secolui nel suono della t
, e il Poeta Lescheo a Pirro(c). Dionisio poi narra, che Astimatte, e gli altri figliuoli di Ettore furono condotti schiavi
ndromaca, divenuta schiava di Pirto, fu da lui sommamente amata. Ella gli partorì tre figliuoli, Molosso, Piclo, e Pergamo(
lo trasse sul monte Pelio, e quivi come lo, vide aggravato del sonno, gli nascose la spada, e lo abbandonò. Erano accorsi i
abbandonò. Erano accorsi i Centauri per metterlo a morte, ma Chirone gli trovò la nascosta arma, e lo liberò dal pericolo.
sto sull’anzidetto monte, affinchè fosse divorato dalle fiere ; e che gli Dei per in zzo di Mercurio gli abbiano spedito un
chè fosse divorato dalle fiere ; e che gli Dei per in zzo di Mercurio gli abbiano spedito una spada, lavorata da Vulcano, c
Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in
iuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in una delle Isole fortunate,
ereo per esservi onorato come uno de’ Semidei. Notisi per ultimo, che gli abitanti di Pella nella Macedonia offerivano dei
ì un sacrifizio agli Dei per esserne assistito. Gli apparve Proteo, e gli manifestò che i di lui voti sarebbono soddisfatti
i(d). Sotto il nome di Penati si venerarono poi indistintamente anche gli altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle c
banchetto(f). Nè solamente le famiglie, ma le città ancora veneravano gli Dei Penati, affinchè vegliassero alla loro conser
volte nell’anno, l’estate, e la Minavera (b). Notisi per ultimo, che gli Dei Penati, i quali Enea sottrasse all’incendio d
lla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò alcun danno, nè si potè estinguere colle man
ella non sarebbe cossata, se non avessero placato i Mani di Palindro, gli consecrarono un bosco, e gli eressero un cenotafi
non avessero placato i Mani di Palindro, gli consecrarono un bosco, e gli eressero un cenotafio in un promontorio, il quale
a, ove regnava larba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide. Ella gli offerì porzione de’suoi tesori, a patto, che vole
suscitare quella nuova procella contro i Trojani (a). (15). Appresso gli Antichi, per celebrare l’Anniversario della morte
ebrare l’Anniversario della morte di alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sepolcro, lo cuoprivano di flori, frutta
Enea in onore di Anchise, vennero chiamati i Giuochi Trojani. In essi gli esercizj erano tutti militari. Ascanio, figlio di
sotto Augusto divennero frequentissimi (c). (16). Il Genio appresso gli Antichi si risguardava come il Dio della Natura.
nsieme con loro (d). Due sorta di Genj furono da altri riconosciuti : gli uni, che eccitavano al bene ; gli uni, che eccita
Genj furono da altri riconosciuti : gli uni, che eccitavano al bene ; gli uni, che eccitavano al bene ; gli altri che sping
: gli uni, che eccitavano al bene ; gli uni, che eccitavano al bene ; gli altri che spingevano al male (e). Questi ultimi v
b). Nè solamente ciascun uomo, ma i regni pure, le città, le fontane, gli alberi, e quasi tutte le altre cose aveano il lor
citato da Bocaccio (e), lo riconosce come il più antico degli Dei, e gli dà per compagni l’Eternità e il Caos. Paussania s
e per consiglio di sua madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati gli Aborigeni, occupò que’luoghi, dove poi venne fabb
primo ad onorarlo ancor vivente come un Nume. Gli drizzò un altare, e gli sacrificò un giovine toro (i). Servio dice, che t
, sua madre, tre anime, e tre armature (a) Evandro dopo morte ottenne gli onori divini, ed ebbe un altare sul monte Aventin
nacciosa apparenza del Cielo. Molti di essi periròno per nautragio, e gli altri vennero per lungo tempo portati quà e là pe
Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisace, figlio di Ajace, gli si oppose. Prese allora la strada della Spagna, e
enore, figlio di Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiudedeva una statua di
in pena della sua curiosità divenne tosto furibondo. Questa malattia gli continuò per lungo tempo, nè gli lasciava, che br
nne tosto furibondo. Questa malattia gli continuò per lungo tempo, nè gli lasciava, che brevi intervali di retto sentimento
uto seco dieci Nestori (c). In premio delle sue singolari prerogative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo,
ra voto a Nettuno, che se lo avesse salvato dall’imuninense pericolo, gli avrebbe sacrificato chiunque gli si fosse present
se salvato dall’imuninense pericolo, gli avrebbe sacrificato chiunque gli si fosse presentato il primo sulle spiaggie di Cr
opolo ne lo impedì. Comunque sia, certo è, che tutti i di lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono dalla città, e lo
nsistette nel combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Trojani, gli comandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pi
clo voleva spogliarlo delle armi ; una Ettore, incoraggito da Apollo, gli si oppose. Combatterono per lungo tempo con egual
gine tosto sorprese il Greco Capitano, lo invase il terrore, le forze gli mancarono, gli caddero le armi, e nestò immobile.
rese il Greco Capitano, lo invase il terrore, le forze gli mancarono, gli caddero le armi, e nestò immobile. Euforbo, figli
ento d’essersi impadronito delle di lui spoglie, voleva anche recider gli il capo ; ma Ajace, figlio di Telamone, lo mise i
di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sotto di lui, e tra gli altri Astialo(b), Damaso, Pilone, e Ormeno(c). (
o di Fileo, si portò contro i Trojani con quaranta vascelli. Egli tra gli altri uccise Cresmo(e), e Pedeo, figlio d’Antenor
divise il comando col fratello Anfimaro(g). (12). Toante vi condusse gli Etolj sopra quindici vascelli secondo Igino(h), o
ea in una coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua
che avea stabilito. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde
rvisse di divertimento. Colui sempre ciarlava, e diceva tutto ciò che gli veniva in bocca. Era inoltre guercio, zoppo da un
ca. Era inoltre guercio, zoppo da un piede, e colle spalle curve, che gli si rovesciavano sul petto. Era appuntito nel capo
nel mare Egeo. Agagamennone minacciò la guerra ad Andro, qualora non gli avesse dato nelle mani le sorelle. Ansro per timo
tridica Manto. Anfimaco, re dell’anzidetta città, voleva sapere, come gli sarebbe riuscita la guerra, che stava per intrapr
uali ve ne sarebbe stato un solo maschio, e questo tutto nero, mentre gli altri avrebbono avuto delle marche bianche. Tutto
bbe costato a’Greci tanti anni di stenti e sudori, quanti erano stati gli uccelli divorati : lo che, conte vedemmo, si veri
o dietro l’Isola di Tenedo, posta dirimpetto a Troja. Uscirono allora gli assediati ad osservare tutti i luoghi, ov’eransi
scempio. In vano usò il padre de’suoi dardi a loro difesa : che anzi gli stessi serpenti si avventarono pure contro di lui
morte viricevette onori divini. (d). Lo stesso Storico soggiunge, che gli Spartani pretendevano di possedere essi la predet
tua (e). Strabone finalmente (f), Dione (g), e Tzetze (h) dicono, che gli abitanti di Comana, città della Cappadocia, e que
iuola, Cassandra, e il quale aveva ucciso molti Capitani Greci, e tra gli altri il bellissimo Nireo, figlio di Caropo, e de
so(c). Con tutto ciò fu poscia onorato in quell’Isola come un Eroe, e gli s’instituirono certe Feste, dette Neottolemee, le
per lui, che veggendolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di consecrare la sua bella chioma
ultò l’Oracolo per sapere, quali fossero i di lui genitori. L’Oracolo gli comandò, che passasse in Asia presso il re Teutra
se. Salà quindi sol trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando gli Dei mandarono nel mezzo loro un gran serpente. La
o. Telefo si fece a respingerneli, ne uccise gran numero, e costrinse gli altri alla fuga. Era per trionfare totalmente de’
de, sua madre, cisuscitò un momento per troncare la vita a colei, che gli avea tolto la sua. (e). Quint. Calab. l. 1. (f
e Achille abbia privato di vita Tersite, perchè costui avea strappato gli occhi a Pentesilea, mentre era ancor in vita(d).
i ritirò nella Ftiotide appresso Peleo, che lo ricolraò di ricchezze, gli affidò l’educazione d’Achille, suo figlio, e lo d
oja(g). Apollodoro poi(h) e Licofrone(i) dicono, che Amintore strappò gli occhi a Fenice, e che questi, ritirandosi appress
ppresso Peleo, venne dal medesimo indrizzato al Contauro Chirone, che gli restituì la vista. (b). Hom. Iliad. l. 9. &
ta sua figlia, la propose, come premio a colui, che avesse sorpassato gli altri nella corsa ; ed Ulisse ne fu il vittorioso
ura di seppellire Palamede appresso il mare, e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove gli abitanti di que’d
sso il mare, e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove gli abitanti di que’dintorni si recavano tutti gli an
ono una Capella ; dove gli abitanti di que’dintorni si recavano tutti gli anni a fare sacrifizj(a). I Greci poi, per aver l
i disponeva a pattire per recarsi in soccorso de’ Trojani, fece tutti gli sforzi per dissuadernelo. Quando poi intese la di
mente a Filottete sul piede stesso, con cui avea percosso la terra, e gli aprì una piaga sì puzzolente, che i Greci lo abba
le strage de’Trojani. Dopo la presa di Troja avendo udito, che i suoi gli si erano ribellati, si trasferì in Italia con alc
il ritorno del suo padrone. Ulisse, assicurato della di lui fedeltà, gli si manifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli
à, gli si manifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto
l Pastore concorse anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo, figlio di Politer
dyss. l. 14. (19). Appenachè Telemaco ritornò alla Reggia del padre, gli amanti diPenelope cospirarono contro la di lui vi
della congiura fu Antinoo, figlio d’ Eupiteo. Anfinomo però dissuase gli altri dall’effettuarla(d). (a). Hom. Odyss. l. 
dell’arrivo d’ Ulisse, e del trionfo, ch’egli avrebbe riportato sopra gli amanti di Penelope(b). Così pure replicò, quando
Ulisse ; ma restò ucciso da Laerte, padre dello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode,
è seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo di quell’arma, che gli recise la testa(b). (b). Id. Odyss. l. 2. (c).
micidio. Eaco nuovamente gl’intimò di non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, che se voleva fare le sue difese, le e
l favore del re Cicreo, figlio di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la quale
e adulazione, lo ricolmò d’elogi, e per ricompensare il di lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte, che divenne l
corpo di Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della sepoltura, e gli fecer
lo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della sepoltura, e gli fecero annui sacrifi
rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della sepoltura, e gli fecero annui sacrifizj(c). Igino poi(d) e Servio(
. Igino poi(d) e Servio(e) soggiungono, che Mirtillo fu collocato tra gli Astri in considerazione di Mercurio, suo padre.
ato Tieste appresso il frarello, questi gl’imbandì un convito, in cui gli diede a mangiare i proprj figli, e sul fine del p
to, in cui gli diede a mangiare i proprj figli, e sul fine del pranzo gli , presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse
e ritirarsi appresso Megareo, re di Megara. Un leone allora devastava gli Stati di quel Principe, e avea anche ucciso il di
egli stava per morire ; e preso allora da estremo cordoglio, supplicò gli Dei, che nol lasciassero più a lungo tra’ viventi
uni, dice Apollodoro(c), pretendono, che sia stato Alcatoo, suo zio ; gli altri, soggiunge Ferecide(d), dicono, che sia sta
dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcuni de’ suoi, che gli recassero la testa del predetto Menalippo, la qua
io di Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia uomo : lo ché gli avvenne, per aver ferito Venere, quando questa di
a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolt
prenderè l’anzidetta città, quand’anche Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire G
ccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza gli fece prevedere che sarebbe operito nella guerra T
o tra’ Semidei(e). Pausania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico temp
ania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marm
me ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno gli eventi dell’avvenire. Se il consultante non sogna
ume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato
irono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui
i Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Menalippe ; ed altri gli danno per padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era d
ntipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro gli Orcomenj. L’Oracolo avea annunziato, che la vitto
re. L’inumanità poi di Creonte non rimase lungo tempo impunita. Teseo gli dichiarò la guerra, e lo lasciò ucciso sul campo(
9 (1897) Mitologia classica illustrata
ato mai così ricco e geniale nella creazione di tali racconti, quanto gli antichi Greci; la cui feconda immaginativa faceva
l’ uso di chiamare preferibilmente miti le narrazioni che riguardano gli Dei, e leggende quelle che concernono gli Eroi. L
e narrazioni che riguardano gli Dei, e leggende quelle che concernono gli Eroi. La Mitologia dei Greci e dei Romani suol es
rapporti; giacchè in sostanza la Mitologia, nella parte che riguarda gli Dei, rappresenta le credenze e la fede di quel po
sì dalle cerimonie del culto o pubblico o privato. Ben è vero che, se gli ordini sacerdotali addetti al culto delle varie D
e alteravano più o meno i primitivi lineamenti. Ma non è men vero che gli Dei della mitologia e le principali leggende a lo
la scoltura e la pittura. Dalle leggende mitiche spessissimo trassero gli artisti la loro ispirazione; anzi molti generi le
so o da quelle tolsero il motivo fondamentale, e in grandissima parte gli argomenti delle rappresentazioni figurate o nelle
radditorie, bene spesso anche empie ed immorali? Giacchè ivi non solo gli Dei sono rimpiccioliti e fatti simili agli uomini
buite sovente azioni disonorevoli e delittuose. È un problema che già gli antichi filosofi avevano tentato di risolvere; e
lema che già gli antichi filosofi avevano tentato di risolvere; e tra gli altri Evemero del IV sec. av. C., si avvisò di sp
altro non erano che storia umana avvolta nel meraviglioso, ossia che gli Dei tradizionali erano antichissimi uomini, re, p
asionarono diversa forma e sviluppo di leggende; essendo naturale che gli abitanti dei luoghi alpestri, per lo più cacciato
migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto di popoli e gli spostamenti che ne provennero, come non dar luogo
, e sacre solennità, a fissare con gran cura le cerimonie del culto e gli uffici di chi vi attendeva. Solo più tardi, allor
a espone le leggende relative agli Dei, la seconda quelle concernenti gli Eroi. Parte prima. Gli Dei. Capitolo prim
i, giova premettere un cenno del come li pensavano e se li figuravano gli antichi, massime dopo Omero che assai contribuì a
uelle immagini e attribuzioni che divennero tradizionali. Eran dunque gli Dei in genere concepiti come esseri simili all’ u
o muover delle sopracciglia faceva tremar tutto l’ Olimpo. Sono bensì gli antichi Dei costretti an ch’ essi nei limiti dell
ambrosia, la bevanda dell’ immortalità; e se nascono e crescono come gli uomini, hanno per sè il dono di una grande celeri
sempre soddisfare i loro desideri. — Quanto alle doti dello spirito, gli Dei erano naturalmente pensati come superiori agl
ini ond’ è afflitta l’ umanità. Nel complesso adunque si può dire che gli antichi non seppero foggiare gli Dei se non a lor
el complesso adunque si può dire che gli antichi non seppero foggiare gli Dei se non a loro immagine e somiglianza, pur con
more che unisce, ossia il principio della forza attrattiva che spinge gli elementi a combinarsi. Di poi mentre il Caos gene
dell’ unione di Gea e di Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi; c) gli Ecatonchiri o Centimani, giganti dalle cento brac
personificazione dei fenomi elettrici, del tuono e del lampo. — Anche gli Ecatonchiri eran tre, Cotto, Briareo e Gige, e ra
Fin qui la Cosmogonia e la Teogonia s’ identificano, perchè, essendo gli Dei sorti dal Caos, una personificazione delle gr
signoria dell’ universo per opera dei suoi minori figli, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, li relego nel profondo del Tartaro (
sto doveva esser lungo e felice. Il padre nel momento della sconfitta gli aveva predetto che avrebbe subito la stessa sua s
nemosine e Iperione essendosi schierati dalla parte di Zeus, rimasero gli altri a difesa del fratello. Zeus si valse anche
e gittati in catene nel profondo del Tartaro, lasciati loro a guardia gli Ecatonchiri, divenuti omai fide sentinelle di Zeu
te Ossa al Pelio. Alla grande battaglia che seguì presero parte tutti gli Dei, aiutati anche da Eracle e da Dioniso. I Giga
( Virg., Eneide, 8,324). Si aggiungeva che sotto il regno di Saturno, gli uomini avevan goduto il secol d’ oro in tranquill
nella destra mano. Si ricorda l’ inganno fatto a Crono da Rea, quando gli presentò una pietra in luogo del neonato Zeus.
rlare ordinatamente di tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini, gli Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque
di tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini, gli Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque e gli Dei della te
n tre ordini, gli Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque e gli Dei della terra e dell’ inferno. Capitolo seco
da alle tempeste; fa balenar i lampi e rumoreggiar il tuono, e quando gli talenta, scaglia colla potente destra il fulmine
nato nella sua divina famiglia, ha però l’ autorità suprema su tutti gli Dei e n’ è il capo riconosciuto. In lui risiede l
riconosciuto. In lui risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra gli Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limit
o Apollo. 3. L’ alto concetto che della suprema loro divinità avevano gli antichi, non impedi che si diffondessero e moltip
un gran fracasso intorno alla culla di lui, battendo le spade contro gli scudi. Divenuto poi adulto, e potente, Zeus non d
l’ assennatezza), ma ben presto temendo nascesse da lei un figlio che gli togliesse la signoria dell’ universo, l’ ingoia,
) Apollo ed Artemide. Era, la sorella e moglie legittima di Zeus, non gli diede che due figliuoli, Ares (Marte) ed Efesto (
cui foglie agitate dal vento, esprimevano col loro fremito misterioso gli oracoli divini, che dai sacerdoti venivano interp
lla luce. Presiedeva all’ agricoltura, e come sovrano delle lotte fra gli elementi della natura, anche alle battaglie. Dal
istituirono i Ludi Romani con giochi e spettacoli scenici. Quando poi gli imperatori introdussero in Roma il culto degli De
ma dell’ universo e ornandolo dei più contrari attributi: così presso gli Stoici e gli Orfici. — Dei Latini basti ricordare
erso e ornandolo dei più contrari attributi: così presso gli Stoici e gli Orfici. — Dei Latini basti ricordare il solo Oraz
le tempeste ma con minor violenza di Zeus; anch’ essa divide con Zeus gli onori del regno celeste. I rapporti coniugali di
ente la protettrice delle matrone romane, cui essa assisteva in tutti gli atti della vita. Anzi ciascuna donna di Roma si d
er la sua Giunone, come ogni uomo aveva il suo Genio. Varii erano poi gli epiteti dati a Giunone secondo il momento della v
nta la nube temporalesca che nasconde la luce del giorno e atterrisce gli uomini, ma vien dissipata dalla serena luce. 2. I
si col fisici; ella rappresenta la luce dell’ intelligenza, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datri
ia in guerra sia in pace, ed è loro datrice di ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti, ma a differenza di Ares, D
à, Atena Polias, Posidone e Pandroso. Il Partenone, il più grande fra gli edifizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche
ofessioni liberali, oratori, artisti, medici, soprattutto i maestri e gli scolari. In que’ giorni si faceva vacanza, e si p
ai tempi più antichi, prima che si usassero statue di bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini di Pallade in legno
tis atque imperii ‌ 6. — Nell’ età classica dell’ arte, gareggiarono gli artisti greci nel rappresentare la Dea, ma furono
ale del Partenone, rappresentante l’ improvvisa comparsa di Atena fra gli Dei. Le statue romane di Minerva eran
bellissimo esempio. E poichè tra le cose che più calmano lo spirito e gli infondono una tranquilla pace è la musica, niuna
divinazione, poi come medico e musico. Da lui si credettero ispirati gli oracoli Sibillini che cominciarono a diffondersi
a vittoria d’ Azio principalmente all’ aiuto dato da questo Dio; onde gli eresse uno splendido tempio sul Palatino cui ador
enta sullo scettro di Zeus, Ares lascia in disparte le lancie e tutti gli Dei sentono molcersi il cuore. Dei poeti latini r
usicale, o infine il tripode proprio del dio augure e divinatore. Fra gli animali erano a lui sacri il lupo, il cervo, il c
a di areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’ armi sue contro gli esseri catti vi o mostruosi ch’ essa odia. Specia
rinomati cacciatori che con lei vogliono gareggiare; e ne provo, fra gli altri, lo sdegno Orione che ucciso dalle sue frec
ta in Aulide prima della partenza dei Greci per Troia. E poichè anche gli Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sa
nile di Ianus, una potenza celeste, dea lunare, connessa anche presso gli Italici colla vita libera della selvaggia natura
iva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con
fu connesso con quello di Apollo, ad es., nei ludi secolari. 5. Oltre gli inni Omerici e Callimachei, molte opere della gre
sibili accalappiò l’ imprudente coppia, onde n’ ebbero sollazzo tutti gli Dei e le Dee chiamati da Efesto a contemplare il
i attribuiva la fecondità della terra e la prosperità del bestiame, e gli si volgevano preghiere perchè tenesse lontano il
pedizione militare; si credeva che invisibilmente accompagnasse anche gli eserciti nelle loro marcie, onde era detto Mars G
ti nelle loro marcie, onde era detto Mars Gradivus; dopo la vittoria, gli si rendevano azioni di grazie offrendogli una par
s’ incontra una più viva rappresentazione del dio Ares. V’ è ben tra gli omerici un inno dove Ares è invocato come un dio
o per sè sull’ Olimpo, aveva anche edificato immortali abitazioni per gli altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’
ch’ egli avesse inventato la lavorazione dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti
dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti ed operai che per l’ opera loro hanno bis
oglie Afrodite, ed altre leggende, registrate già da Omero ed Esiodo, gli facevan compagna una delle Grazie, a significare
o (exomis, sorta di tunica che lasciava nuda la spalla destra), e con gli arnesi dell’ arte sua. Si hanno ben pochi monumen
relative a questo Dio, raccolte nell’ inno a lui dedicato, che va tra gli Omerici. Poco dopo la nascita, egli avrebbe dato
va nella Pieria, dove Apollo stava pascolando le greggi degli Dei, e gli ruba cinquanta giovenche, e via le conduce e le n
tesa. Anche allora stava Ermes in sul niego, ma Zeus, capita la cosa, gli diè ordine di cercare insieme con Apollo le giove
udito Ermes sonar la lira, tanto se ne compiacque che, pur di averla, gli lasciò le cinquanta giovenche. Così Ermes diventò
es uccise Argo e di qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per gli uni Io è la luna, e Argo dai cent’ occhi la notte
cchi la notte stellata, cui il crepuscolo del mattino uccide. Secondo gli altri, Argo è il sole stesso onniveggente che gui
agli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno era il manico, gli altri due si raccoglievano in nodo sul primo; più
Zeus, era anche apportatore dei sogni e conciliatore del sonno; onde gli si rivolgevano speciali preghiere prima di andare
guadagno, anche nel gioco; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e gli inganni, così anche di tali cose si faceva Ermes
menti. Bella è l’ ode decima del libro 1o d’ Orazio, che ben riassume gli attributi di Mercurio, chiamandolo facondo nipote
ndolo infine come psicopompo, e regolatore dei sogni, gradito a tutti gli Dei sia del cielo sia dell’ inferno. La rappresen
l’ isola di Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti di Anadiomene (anadyomene, sorta su, inte
tutta quanta la natura. La bellissima fra le Dee esercitava su tutti gli esseri, divini ed umani un fascino irresistibile.
ca influenza sulla concordia fra i cittadini e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall’ importanza che il culto di una tal
ra dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luogo) conservavansi gli arredi necessari per i trasporti funebri. Nè facc
sa è messa in qualche rapporto colla morte, e anche qui può dirsi che gli estremi si toccano. — A queste forme più antiche
nelle loro opere. Oltre l’ inno omerico ad Afrodite, son da ricordare gli autori che celebrarono specialmente l’ Afrodite U
polavoro di Prassitele ispiro in seguito parecchi altri statuari; tra gli altri l’ autore della statua che è detta Venere d
avano nelle rappresentazioni di Venere pittori e incisori. Apelle tra gli altri si segnalò per la pittura della Venere Anad
famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa era per gli antichi anche patrona dello Stato, e a lei era in
vano sempre un cotal legame colla madre patria. Infine, siccome tutti gli Stati greci sentivano di essere fratelli e non tr
iniani. Ma a dir vero, non è ben certo se rappresenti Vesta, mancando gli oggetti che solevano caratterizzarla, la tazza de
d’ ogni principio, ne vennero diverse attribuzioni. A lui erano sacri gli inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il
giorno si ornavano le porte di ogni casa con corone e rami d’ alloro, gli amici e i parenti si visitavano, si facevano gli
ne e rami d’ alloro, gli amici e i parenti si visitavano, si facevano gli augurii, e si regalavano a vicenda di monete e di
io dell’ umana attività era sacro a Giano. Il principiar bene era per gli antichi un buon augurio per proceder bene nell’ i
e delle fonti, dei fiumi, delle correnti; onde alcune leggende locali gli davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo
peciali; essendo dedicate a lui, come si disse, le porte, i passaggi, gli archi della città. Segnatamente si avevano per sa
l’ Egitto, per servire come immagine di Giano. È dunque probabile che gli artisti romani abbiano tolto il modello dalle cos
imi corpi celesti che l’ immaginazione popolare doveva annoverare fra gli Dei, v’ era naturalmente il sole; di qui il dio E
li uomini, uscendo al mattino dall’ oceano d’ oriente là dove abitano gli Etiopi, per traversar la volta celeste e rituffar
a; allora gravi guai successero, montagne in fiamme, fiumi essiccati, gli Etiopi diventarono troppo mori, il Nilo nascose d
delle Olimpie in Elide. — Una particolarità del culto del sole, erano gli armenti a lui sacri. Nell’ isola Trinacia, (la te
fusione, quindi a lui si consacrarono le corse del circo, e un tempio gli si eresse in mezzo al circo stesso. E del dio Sol
mo e nel secondo delle Metamorfosi, va certamente segnalato tra tutti gli altri per ricchezza di particolari, vivacità di c
isponde l’ italica Luna, oggetto di culto specialmente fra i Sabini e gli Etruschi. Un tempio a Luna Noctiluca sorgeva sul
to vecchio, secco e deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia, era forse l’ immagine del giorno n
orre e preannunzia il giovane Elio. d) Gli astri. 1. Alcuni tra gli astri devono essere annoverati fra gli Dei della
d) Gli astri. 1. Alcuni tra gli astri devono essere annoverati fra gli Dei della mitologia. Tali anzitutto le stelle del
l suo levarsi di sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido fra gli altri gruppi di astri, die’ luogo alla leggenda d
li tanto piangevano per la morte di un loro fratello Iade (Hyas), che gli Dei per compassione le mutarono in stelle. Il lor
gli Dei per compassione le mutarono in stelle. Il loro nome derivano gli uni da un verbo greco che vuol dire « piovere »;
re Borea distrutto la flotta di Serse al tempo della guerra Persiana, gli dava diritto alla gratitudine degli Ateniesi; i q
uello che abbellisce e rende gradevole la vita. Senza di esse, neppur gli Dei potevano godere una piena beatitudine. Musica
mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e di dolce fra gli uomini dal vostro intervento dipende, e se v’ è a
v’ è alcun savio, alcuno bello, alcuno illustre, è da voi; e neanche gli Dei senza le sante Cariti non possono attendere a
tico rilievo del Museo Chiaramonti in Vaticano; appresso si ridussero gli abiti a leggeri veli, e infine verso l’ età di Sc
anno essere a loro tempo i flori e i frutti, in genere regolano tutti gli esseri portandoli a compimento nel tempo adatto.
e son esse come Temi protettrici dell’ ordine morale nei rapporti tra gli uomini, ed ogni cosa nobile, bella e buona è post
la personificazione del potere irresistibile e vittorioso di Zeus, e gli è difatti inseparabile compagna nelle lotte contr
esimo, difesa con zelo dai sostenitori della morente religione contro gli attacchi dei Cristiani che la volevano rimuovere.
col piè destro al suolo; le belle forme del corpo si disegnano sotto gli svolazzi delle vesti; v’ è movimento ardito e leg
rescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura) gli diede questo fratello perchè giocasse con lui; d’
to, che tiranneggiava Dei ed uomini, e compiacevasi a stuzzicar tutti gli esseri in mille guise, come appare specialmente d
sie; cerca invano per tutta la terra il perduto bene; invano supplica gli Dei; lo sdegno di Venere non è ancora ammansito,
, perchè Amore ottenne da Giove che Psiche fosse accolta in cielo tra gli immortali, dove essa vive eternamente con lui con
giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Specialmente si segnalarono gli scultori Scopa e Prassitele; del primo era celebr
on l’ arco e le freccie; talora anche la fiaccola accesa. Tra i flori gli era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coro
che essendo stata Coronide, per colpe sue, condannata a morire sotto gli strali di Artemide prima che avesse dato alla luc
la madre; poi lo affidò al centauro Chirone che lo allevo sul Pelio e gli insegnò a sanar tutti i mali. Asclepio divenne co
fizi farlo addormentare; allora in sogno doveva apparirgli il Dio che gli suggeriva il rimedio al suo male. 3. Presso i Rom
no ai più tardi tempi del Paganesimo, e ancor nelle età già cristiane gli ultimi difensori della morente religione contrapp
o, talvolta anche un cane, alla cui lingua come a quella del serpente gli antichi attribui vano virtù di guarire. Molte sta
el tempo; molte esistono anche ora, sparse nei Musei d’ Europa; anche gli scavi fatti, non è molto, a Epidauro e ad Atene,
) Le Moire-Parche. 1. Era una persuasione comune e radicata presso gli antichi, che l’ umana vita fosse soggetta al dest
e in uno de’ suoi poemetti scherzosi, volgendo la parola ad un amico, gli dice: Nunc audax cave sis, precesque nostras, Or
ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi di Preneste e di Anzio. Il primo t
di Orazio alla Fortuna d’ Anzio, dove la loda come pronta a esaltare gli umili e deprimere i superbi, la dice invocata si
ttà è così importante ed ha un fondo così oscuro e impenetrabile, che gli antichi sentirono il bisogno di affidarlo ad altr
da un Dio speciale; questi Dei speciali i Greci li chiamavan Demoni, gli Italici Genii; e così popolaron di Dei le case, l
i, si credeva che i fiumi avessero tutti origine dal gran mare da cui gli antichi immaginavano circondata la terra, e che s
simo il Tevere, detto Divus o Pater Tiberinus, al quale i pontefici e gli auguri rivolgevano annue preghiere per la salvezz
malesca, parte umana. Specialmente è freguente la forma di toro, onde gli epiteti dati ai fiumi di tauromorfi dai Greci e t
riformis volvitur Aufidus , ecc.). Anche quando hanno figura d’ uomo, gli si apponevano due corna sulla fronte, ad es., Ovi
1. Nereo rappresentava il lato bello, piacevole e benefico del mare; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pi
e abitava nel fondo del mare in una scintillante spelonca. Come tutti gli Dei delle acque, aveva Nereo il dono di predire l
Taumante. Il secondo figlio del Ponto è Taumante, che rappresenta gli aspetti meravigliosi del mare, e specialmente que
o (Ketos) rappresentava il mare come patria di questi mostri. Da essi gli antichi Mitologi dissero nati parecchi mostri, sp
o che distruggeva i raccolti e uccideva uomini, finchè per ammansirlo gli si dovette dare in pasto la figlia del re, Esione
in pregio i cavalli, ivi il Dio era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il
izi. — Oltre il cavallo, anche il delfino era sacro a Posidone, e tra gli alberi il pino, o per il suo color verde cupo som
rini, ed è dipinta nell’ Odissea come colei che spinge le onde contro gli scogli e si compiace circondarsi di delfini, cani
e Teti, e purificatosi di tutte le debolezze umane, venne assunto tra gli Dei marini. D’ allora in poi fu venerato comò pro
per non lasciarsi ammaliare dalle lusinghe delle Sirene dovè turarsi gli orecchi con cera e farsi legare al fondo della na
e in primavera? È dunque naturale che, indotti da queste riflessioni, gli antichi abbiano creata tutta una serie di divinit
lla forma di culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui erano ammessi solo gli iniziati, e che contribui a mantenere un’ idea pi
, e di poi con essi congiunta avesse dato a luce i Titani, i Ciclopi, gli Ecatonchiri, ed alcune deità marine, già s’ è det
gnò meglio nella mente dei Greci la figura di Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri,
mis. In alcuni luoghi della Grecia Gea ottenne uno special culto, tra gli altri in Atene dov’ era venerata specialmente com
di feste e cerimonie speciali. 2. Alla greca Gea corrispondeva presso gli Italici la dea Tellus. Anch’ essa era considerata
Apollo Palatino, tempio che più volte fu distrutto e ricostruito, tra gli altri da Augusto. Anche in Roma i sacerdoti di Ci
a a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per gli uomini, e a lei si riferivano tutti i benefici de
innamora e la fa sua sposa, ottenendole da Zeus l’ immortalità. Ella gli fu d’ allora in poi compagna fedele nelle sue per
ompagno delle Grazie e di Afrodite, medico del corpo e dell’ anima, e gli si attribuiva altresi l’ arte del divinare. Onde
ebano, mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra il bene e il male n
otte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne e fanciulle (giacchè gli uomini erauo esclusi), dette Menadi o Tiadi (Thyi
o le Dionisie cittadine, erano la principal festa della primavera per gli Ateniesi e si celebrava con grande pompa. Durava
La danza dei Satiri dicevasi con vocabolo speciale: sicinnide. Verso gli uomini, il popolo riteneva i Satiri piuttosto ost
tiri piuttosto ostili che amici; si dice va assalissero d’ improvviso gli armenti e uccidessero le bestie, perseguitassero
ama); nel quale sotto la maschera di Satiri venivano messi in parodia gli Dei ed Eroi celebrati dall’ Epopea e dalla Traged
a condizione che il vincitore potesse fare dell’ altro tutto quel che gli talentasse, fu vinto; e allora Apollo lo legò a u
immensamente arricchito. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido
ane che ei vole va mangiare e l’ acqua che voleva bere. Pregò Dioniso gli ritogliesse il triste dono, e Dioniso consentì in
un grau piacere, specialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivavano gli antichi il
l qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivavano gli antichi il suo nome (pan=tutto); laddove in verit
danzando le lodi degli Dei, e l’ eco rispondeva di valle in valle, e gli uomini rimanevano attoniti all’ udire queste divi
alle peregrinazioni bacchiche; si diceva che nella spedizione contro gli Indiani molto aveva giovato diffondendo il timor
dalla figura mezzo umana mezzo caprina, i quali dicevasi molestassero gli uomini con chiassi strani, incubi, cattivi sogni;
e; giacchè indotti dal significato della voce Pan, che val « tutto », gli Orfici ne fecero un Dio tutto, creatore e signore
guerra persiana. Raccontavasi che quando l’ oste nemico avvicinavasi, gli ambasciatori mandati da Atene a Sparta per chiede
ali che solitamente si offrivano a Pane erano vacche, capre e pecore; gli si porgevano anche offerte di miele, latte e most
no anche offerte di miele, latte e mosto. 3. Un antico inno che è tra gli Omerici, il 19o, è un bel monumento in onore di P
lle scuole filosofiche; uno ne scrisse il poeta Arato; un altro è tra gli inni Orfici. Anche non è infrequente la menzione
il suo piè caprino. Talvolta piegandosi a mezzo, riguarda sorridendo gli scherzi dell’ irta coda e stendendo la mano sulla
di degli uomini, in vantaggio dei quali fa crescere le piante e anche gli armenti; protettore dei pastori e dei cacciatori,
iena di frutti; nella destra un coltello da giardiniere. Spesso anche gli si dava un cane per compagno. c) Fauno e Fauna
la gente, e dicevasi che di notte penetrasse nelle case e tormentasse gli uomini o con cattivi sogni o con apparizioni pati
, scherzano i greggi sul campo erboso, tutto è in festa il villaggio, gli agnelli fatti audaci non temono l’ avvicinarsi de
cinarsi de’ lupi, i contadini premono in liete danze quella terra che gli altri giorni scavano con tanta fatica. I Fauni in
Priapo era diversa secondochè si poneva nei giardini a difesa contro gli uccelli e i ladri, ovvero era destinata ad un cul
del Colle Capitolino. A lui s’ attribuiva il merito d’ aver raccolto gli uomini in sedi fisse e regnato su loro per lungo
9 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia), nel quale gli schiavi godevano piena libertà, si vestivano degl
feste in di lui onore, e ripetendo in forma poetica la preghiera che gli si innalzava, viene così a rilevare assai bene il
sì era naturale s’ attribuisse a Demetra il merito di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti dalla condizione di ro
etazione, figlia della terra che comparisce in primavera ad allegrare gli uomini e d’ inverno sparisce? Si confronti il mit
nè pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tra le sue braccia gli soffiava sopra, e nottetempo, celandosi allo sgua
mister o, cioè di culto segreto, a cui non potevan premier parte che gli iniziati. Si esigevano certe condizioni di morali
zione, senza cui non si poteva prender parte alle feste maggiori. Tra gli iniziati poi v’ eran dei gradi; giacchè da sempli
iniziati la felicità d’ oltretomba, dalla quale si dicevano preclusi gli altri mortali. I segreti della congregazione eran
re. Questa forma di religione segreta, nella quale penetrarono presto gli elementi orfici, trasse a sè le più elette intell
i Greci, era Cerere pei Romani, come Dea delle biade antichissima fra gli Italici, ma molto presto confusa colla greca Deme
divenisse simbolo dell’ imrnortalità dell’ anima. Giacchè sembra che gli iniziati ai misteri Eleusini, scostandosi dalle i
diosa è quasi sempre la morte, era detto Ades il più odiato fra tutti gli Dei. — Ma oltre questo aspetto truce e terribile,
utrono e crescon le piante? E donde si ricavan le ricchezze minerali, gli ori, gli argenti, ecc. se non di sotterra? Non de
crescon le piante? E donde si ricavan le ricchezze minerali, gli ori, gli argenti, ecc. se non di sotterra? Non deve essere
so Dio dell’ ombre avesse un pubblico culto in Grecia; qualche tempio gli fu eretto in unione con Persefone e Demetra, ad e
omuni, e in far ciò si batteva colle mani in terra. In sacrifizio non gli si offerivano che bestie nere e si torceva lo sgu
c. ma non indugiano a deseriverlo. La statuaria quando lo rappresentò gli assegnò un’ espressione di volto severa ed arcign
osidone. XIII. L’ Inferno. 1. Giova qui ricordare rimmagine che gli autichi si eran formata del mondo infernale. Ma p
la forma di un disco; tantoche allorquando scoppio aspra contesa tra gli Dei presso Troia, come si descrive nel 20º canto,
cchiero Caronte, un vecchio bianco per antico pelo, severo il volto e gli occhi di bragia. Perciò i Greci usavano mettere i
eri Leto sulla via di Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi gli rodono di continuo il fegato, che di continuo rin
all’ inferno; son l’ ombre che evocate dal sacrifizio fatto da Ulisse gli passano davanti ed egli le interroga. Una vera de
varii gruppi di esseri infernali. XIV. Le Erinni-Furie. 1. Tra gli Dei che han sede in inferno, son da annoverare le
urina avesse nulla a che fare colle Erinni greche, ignoriamo, sebbene gli antichi la identificassero. 4. Un’ immagine delle
e credere che rimanesse sotterra; di qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernali. Quel che di arcano è proprio della
cogli epiteti trivia triforme, tricipite, conforme all’ immagine che gli antichi se ne formavano, con tre teste o un corpo
corno trasparente, uscivano i sogni veri e di facile spiegazione. Tra gli Dei de’ sogni s’ annoveravano Morfeo, che dicevas
e le quali si ripongono per l’ uso della famiglia. Penati eran dunque gli Dei protettori del nutrimento della famiglia, e d
dove la famiglia conveniva pei pasti quotidiani e dove erano ricevuti gli ospiti. Sul focolare sole va tenersi acceso conti
nendo loro avanti dei cibi come per far partecipare alla comune mensa gli spiriti protettori della cucina casalinga. — Nè s
rtati da Enea in Italia. In onor di essi il Pontefice Massimo offriva gli stessi sacrifizi che nelle singole case si faceva
entia; mentre l’ anime dei tristi si dicevan larvae o le lemures. Che gli antichi credessero alla presenza fra di loro dell
. Anche in altre occasioni si credeva che le ombre s’ aggirassero tra gli uomini, come ad es. quando un cadavere rimaneva i
lularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel prologo, e gli fa raccontare la storia d’ un certo tesoro nascos
a chiara idea dei rapporti che si supponevano tra il Lare domestico e gli abitatori della casa. — La statuaria soleva rappr
rovata a Roma, può darcene chiara idea. 4. Oltre i Lari domestici, gli antichi veneravano altre specie di Lari, genii lo
era tra i tempi storicamente noti e i misteriosi principii, ma ancora gli abitanti di innumerevoli regioni, città, borgate,
i esseri privilegiati che erano immaginati come qualcosa di mezzo tra gli Dei Olimpici e gli uomini mortali. Niuna meravigl
ti che erano immaginati come qualcosa di mezzo tra gli Dei Olimpici e gli uomini mortali. Niuna meraviglia dunque che la Mi
Eroi ed uomini non si credeva ci fosse differenza di natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi
omini non si credeva ci fosse differenza di natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supp
erenza di natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supposti più forti, più abili, più cor
bili, più coraggiosi e resistenti ai pericoli che non sogliono essere gli uomini. E non già che si annoverassero tra gli Er
he non sogliono essere gli uomini. E non già che si annoverassero tra gli Eroi tutti i primi uomini, ma solo i più forti de
piante. Di questi leggendari Eroi si possono distinguere tre classi; gli uni possono ben essere stati uomini veri, di cui
sse di nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso di Ercole. Si chiede: erano gli Eroi dagli antichi venerati in guisa da essere og
ntorno a questo punto; le più antiche son quelle cho tacevano sorgere gli uomini dalla madre terra, come dalla madre terra
uomini dalla madre terra, come dalla madre terra sorgono lo piante e gli animali. Si dicevano autoctoni i primi uomini ven
ri diversamente secondo i luoghi; nei luoghi montagnosi si diceva che gli uomini fossero nati dagli alberi e dalle roccie;
inati di un serpente (l’ animale sacro più d’ ogni altro alla terra); gli abitanti dei luoghi lacustri dicevano i loro prog
rometeo si sostitui una dea Prometea, ossia la Cura, e si fecero così gli uomini creature della Preoccupazione e dell’ affa
o di piena felicità e in intimità di conversare e di mensa cogli Dei, gli altri narrando invece che si trovano da principio
na rupe nei monti della Scizia e ordinando che ogni giorno un’ aquila gli rodesse il fegato (sede d’ ogni mala cupidigia) c
. E un altro riflesso dell’ idea che col progredire della cultura tra gli uomini sorsero e si diffusero mali pria sconosciu
dirato per il rapimento del fuoco, non lo volle riprendere e privarne gli uomini, ma fè loro un altro dono che doveva esser
ò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna; gli Dei andarono a gara per adornarla delle più grazi
umane. Dicevasi che in origine vi fosse stata un’ età d’ oro, in cui gli uomini vivevano in piena felicità, godendo dei fr
miscela di mali; non si sapeva che fosse vecchiezza; dopo lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel sonno, e quest
e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la quale gli uomini erano inferiori ai precedenti per forza di
recondia hanno abbandonato la terra lasciandovi in lor vece le frodi, gli inganni, l’ avarizia e la violenza. — Tale la ser
Tra le leggende tessale più antiche e a cui più spesso s’ ispirarono gli artisti, va annoverata quella della lotta tra i L
volevan significare la lotta degli uomini inciviliti (nel nostro caso gli Ateniesi condotti da Teseo) contro la brutalità f
come pastore. In questo tempo strinsero tra loro un’ intima amicizia; gli armenti di Admeto prosperavano in maniera meravig
ua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di nome, figura fra gli eroi greci a Troia, e si la notare specialmente p
Cadmo dovè servire per otto anni ad Ares. Passato questo tempo, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia
per otto anni ad Ares. Passato questo tempo, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia di lui e di Afrodi
Atteone fu venerato in Beozia e lo si invocava per protezione contro gli effetti disastrosi del sole canicolare. Forse Att
e per la sorte toccata a quella gioventù bella e infelice. Varii sono gli atteggiamenti; un giovane giace morto; un altro s
o ordinate nell’ interno del tempio ovvero disposte separatamente fra gli intercolunnii di un portico, è questione che si è
i intercolunnii di un portico, è questione che si è molto agitata tra gli archeologi e gli eruditi, ma non è ancora stata r
i un portico, è questione che si è molto agitata tra gli archeologi e gli eruditi, ma non è ancora stata risolta in modo de
lo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadagno fra gli uomini; allusione probabilmente al cupido commerc
andosi della trascuratezza della moglie e tanto seppe fare e dire che gli fu consentito di tornare in vita per castigar la
azione di Corinto fra due mari che senza posa ondeggiando ne sferzano gli scogli e i monti dall’ una e dall’ altra parte, r
amo in relazione con Posidone Ippio. È ricordato per la disgrazia che gli toccò nei giochi funebri che ebbero luogo a Iolco
di Potnia presso Tebe; e la disgrazia fu che i cavalli suoi infuriati gli guadagnaron la mano e ne fecero strazio; simbolo
e vincendole superò anche questo pericolo. Infine al ritorno, Jobate gli tese un’ imboscata deciso di farla finita con lui
oroso e così evidentemente protetto dagli Dei, si riconciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano d
o, sacerdotessa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza, gli sguardi di Zeus che se ne innamorò. Di che accort
asse dal vigile e oculato custode. Ermes riuscì ad addormentare tutti gli occhi di Argo, e netta gli recise la testa dal bu
ustode. Ermes riuscì ad addormentare tutti gli occhi di Argo, e netta gli recise la testa dal busto, onde l’ epiteto ch’ ei
ora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao quale discendente di Io, gli cedette il regno. La leggenda attribuisce molto m
he ricordato come capostipite della seguente stirpe argiva, a cui tra gli altri appartennero gli eroi Perseo ed Eracle. Le
tipite della seguente stirpe argiva, a cui tra gli altri appartennero gli eroi Perseo ed Eracle. Le Danaidi sono ancora ric
senza fondo. Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gli elementi più antichi fossero d’ origine argiva e
figliuola, Antea o Stenebea, in moglie, e lo rimandò a Tirinto, dove gli fè costruire da operai licii una forte cittadella
con lei genero Perseo, che Omero dice il più ragguardevole fra tutti gli uomini. Quando Acrisio venne a saper questo, tutt
osì al destino vaticinatogli. Ma che cosa può l’ umana astuzia contro gli eterni decreti degli Dei? La cassetta si diresse
dicello, pensò affidargli una pericolosa avventura per liberarsene, e gli diè ordine di portargli la testa della terribile
vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel ch’ era uop
be trovati presso certe Ninfe abitanti in un cotal segreto luogo, che gli sarebbe stato rivelato dalle Graie, le tre sorell
a addormentate. Subito s’ accinse a troncar la testa a Medusa secondo gli ammaestramenti avuti da Atena. Siccome lo sguardo
gliuoli natigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu
tuono? Sicchè tu hai qui una rappresentazione della grande lotta fra gli elementi naturali. Infine il disco con cui Perseo
Calidonio, di cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugini. La cagione di questa contesa
, e i modelli di ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni di guerra gli Spartani portavano spesso con sè un simbolo dei D
ua e là dei luoghi ricordanti le loro vicende, ma un inno intiero fra gli Omerici è in lode loro, e ivi già si rammentano l
e. VI. Attica. a) Cecrope. Gli abitanti dell’ Attica, come gli altri Greci, si ritenevano nati nel suolo o autoc
gnificato naturalistico del mito di Cecrope si riferisce il fatto che gli attribuivano tre figliuole, Erse, Aglauros e Pand
o, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli di tutta l’ opera. Anche divers
elebre e come a dire l’ Eracle dell’ Attica, è da ricordare prima chi gli fu madre. Essendo Egeo senza figli ed essendosi r
o Egeo senza figli ed essendosi rivolto all’ oracolo di Delfo, questi gli rispose in maniera ch’ ei non capiva; onde recoss
ntro il Minotauro a Creta. Il re cretese Minosse, indispettito perchè gli Ateniesi e i Megaresi avevano a tradimento ucciso
e fu occasion di morte, come già si raccontò, al re Niso; vinse anche gli Ateniesi e impose loro un grave tributo: ogni nov
a passione verso Teseo; e questo fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè pene
regioni dell’ Attica, e istituì la festa delle Panatenee a cui tutti gli Attici prendevano parte. — Delle altre imprese di
’ un bianco toro; appunto in Gortina di Creta si credeva pascolassero gli armenti del sole; Asterio poi a cui i figli di Eu
n Pasifae, figlia di Elio (altra personificazione della luna); da cui gli nacquero Catreo, suo successore nel governo, Deuc
confermare il suo diritto al trono, un giorno Minosse pregò Posidone gli inviasse dai profondi abissi del mare un toro che
inosse n’ ebbe conferma nel diritto al trono, ma la bellezza del toro gli suggeri la malvagia idea di appropriarselo e sacr
fatti consegnare per tributo dalle genti vinte in guerra. Come anche gli Ateniesi fossero stati sottoposti a questo tribut
morti nell’ Averno. Dei figli di Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di
giorno in cui Alcmena doveva dare alla luce i due gemelli, detto ira gli Dei che sarebbe nato allora allora il più forte d
forte di lui. Non contenta di ciò, quando Eracle aveva otto mesi, Era gli mando contro due serpenti perchè lo avvolgessero
o nell’ arti musiche; anzi accoppò colla lira il suo maestro Lino che gli aveva inflitto un castigo. In punizione, Anfitrio
la guerra morì Anfitrione. Creonte grato ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fe
o ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo
cle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo punto E
va, lo cacciò entro la sua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come
ua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa gli serviva di
a. Poi gli tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b) L’ Idra di Lerna. Era un gros
Giacchè strada tacendo essendosi fermato presso il centauro Folo, che gli diè a mangiare carni arrostite, ed avendo per ber
ere aperto il vaso del vino che era comune a tutti i Centauri, questi gli si avventarono contro; ma egli li respinse e part
Eracle ucciso il mostro, liberò la infelice fanciulla. Laomedonte che gli aveva promesso, se ciò facesse, i cavalli avuti d
oci bestie, a cui Diomede, re dei Bistoni in Tracia, gettava in pasto gli stranieri che capitavano nelle sue rive. Eracle v
tasia popolare. Comunemente si fa viaggiare Eracle traverso la Libia; gli si fa piantare le colonne da lui denominate sullo
, puntò contro lui i suoi strali, onde Elios ammirato di tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a for
a del gregge di Gerione, se ne impossessò. Senonchè Gerione avvertito gli corse dietro ed impegnò lotta con lui, ma fu vint
l sonno e lo tenue stretto fintantochè n’ ebbe la notizia, che la via gli sarebbe stata rivelata da Prometeo incatenato sul
e giunse così al Caucaso dove libero Prometeo uccidendo 1’ aquila che gli rodeva il fegato. Descrittagli da Prometeo la via
momento tremò la terra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli diè il permesso di portare con sè il tricipite Ce
con una folia di particolari, e vennero introdotti a combattere anche gli Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in
lia di Eneo re degli Etoli e sorella di Meleagro e Tideo. Molti erano gli aspiranti, ma uno solo osò contrastare ad Eracle,
suo amico Ceice in Trachine ai piedi del monte Oeta. Cammin facendo, gli capitò l’ avventura del centauro Nesso. Dovendosi
lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio di tanta audacia. Egli pur moren
non si poteva più. Nella rabbia del dolore afferrò il messo Lico che gli aveva portata la veste e lo scaraventò nel mare,
nfine Peante padre di Filottete o Filottete stesso che passava di là, gli rese questo servizio, in compenso di che egli a l
storici e allegorici. Le spedizioni contro i Driopi, contro i Pitii, gli Ippocoontidi son fatti storici in fondo, apparten
che altro può essere se non una forza benefica la quale lotta contro gli ostacoli della natura, a benefizio degli uomini?
er nome Caco, abitante in una grotta dell’ Aventino presso il Tevere, gli tolse via alcuni buoi, e per la coda, affinchè le
affine lo vinse ed uccise. Poi per gratitudine a suo padre Giove che gli aveva fatto scoprir il furto, eresse nel luogo de
ir il furto, eresse nel luogo della zuffa un altare in di lui onore e gli sacrificò uno dei buoi ricuperati. Evandro ed i s
d Ercole per ringraziamento. In nome d’ Ercole giuravano specialmente gli uomini, come le donne preferibilmente in quello d
ella del piacere che da una donna apparsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena di gioie e di riso, o quella
o, o quella della virtù che da altra donna, più severa nell’ aspetto, gli vien additata, aspra a percorrersi ma apportatric
omo retto e costante ne’ suoi propositi, cui nè i torbidi politici nè gli accidenti naturali abbattono e sfibrano (Od. 3, 3
, 3, 10); e lo ricorda pure come esempio dell’ invidia che perseguita gli uomini generosi mentre che son vivi, e non li las
o e toroso su un corpo da gigante, tutto carne e muscoli. Sopra tutti gli altri ottenne celebrità per rappresentazioni di q
o e pensoso, e l’ occhio s’ affisa in terra come in fuggevole visione gli appaiano le fatiche passate e le future. Secondo
al cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone
orosi ed eroici guerrieri d’ allora a prendervi parte; ci vennero tra gli altri i Dioscuri Castore e Polluce, Teseo e l’ am
eleagro. Il quale indignato di questo li uccise. Ne nacque guerra tra gli Etoli e i Cureti di Pleurone. Da principio quei d
presto la loro città cinta d’ assedio dai nemici. In questa distretta gli anziani e i sacerdoti di Calidone si volgono a Me
Una bella rappresentazione figurata della caccia Calidonea ammiravano gli antichi sul frontone orientale del tempio di Aten
o atto a liberare la patria dai mali ond’ era angustiata, divenne per gli eroi della stirpe di Eolo il compito principale.
o ospite affidandogli qualche pericolosa avventura. Dichiarò pertanto gli avrebbe ceduto volentieri la signoria di Iolco, a
poi si crebbe via via il numero degli Argonauti, annoverandovi tutti gli eroi della generazione immediatamente anteriore a
prediletto Ila (Hylas) che le ninfe fontane avevano rapito. In tutto gli Argonauti si facevano salire a cinquanta, cioè ta
i remi della nave che li trasportava. Secondo la leggenda più comune, gli Argonauti salpati da Iolco toccaron terra prima a
o lagrime scaturiva la fonte Cleite. Lasciato poi Eracle nella Misia, gli Argonauti proseguirono il viaggio e giunsero in B
tavan quelle terre, ciò che fu fatto dai Boreadi, consentì a istruire gli Argonauti intorno al resto del loro viaggio; spec
he ben difficilmente una nave poteva passarvi di mezzo. Così istruiti gli Argonauti riuscirono felicemente nell’ impresa, e
al paese delle Amazoni, poi all’ isola Aretias o di Marte dove erano gli uccelli Stinfalii che Eracle aveva fatto fuggire
to di terreno seminando nei solchi denti di drago e combattesse tutti gli uomini armati che ne sarebbero nati, Medea che er
co dei tori e a dargli più che umana forza. Così Giasone superò tutti gli ostacoli, e quando dai denti di drago seminati ba
uita dagli Argonauti nel ritorno, vi sono dati molto diversi. Secondo gli uni tornarono per la stessa via di prima; secondo
ta, nel lago Tritonide e nel mare Mediterraneo; secondo altri ancora, gli Argonauti risalendo il fiume Istro o Danubio sare
e lasciare anche Atene. Giasone trovò la morte sotto la nave Argo che gli si sfracellò addosso. 2. La leggenda degli Argona
hetto qualche parola lanciata al suo indirizzo da un giovane corinzio gli gettò nell’ anima il sospetto sulla sua origine.
a madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si appicca, Edipo si cava gli occhi. Non contenti di ciò i Tebani l’ obbligaron
asilo della terra Attica. Tale la fine di Edipo secondo Sofocle; che gli epici antichi in altro modo narravano la morte de
lla grotta già abitata dal drago di Ares; allora tutto a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio
e ed Eteocle venuti a singolar tenzone si ammazzarono l’ un l’ altro; gli altri eroi o ebbero morte o si diedero alla fuga;
di Ennio, la Peribea di Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone, gli Epigoni e altre di Azzio, poi ancora l’ Edipo e l
re tomba. Figli di Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadendo gli effetti delle colpe paterne, furono perseguitati
pe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiuto di un un
Peleo si recò a Ftia in Tessaglia, dove lo accolse il re Euritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’
ivi solo, persuaso che i Centauri avrebbero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono
bero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravig
meravigliosa potenza; colla quale egli potè respingere trionfalmente gli assalti dei Centauri. Dopo di che tornato a Iolco
scuri, uccise Acasto e Astidamia. In ricompensa poi della sua castità gli diedero in moglie una formosissima Nereide, Tetid
ale occasione si celebrarono nozze splendidissime, a cui assistettero gli Dei stessi; e Posidone donò a Peleo i cavalli Xan
patria in Salamina, ove il re Cicreo (Cychreus), figlio di Posidone, gli diè in isposa la figlia Glauce e dopo morte gli l
, figlio di Posidone, gli diè in isposa la figlia Glauce e dopo morte gli lasciò il regno. Telamone poi, morta la prima mog
ebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Troia, sebbene in confronto dello sv
o, e ivi fondò la città di Ilio o Troia. Fondata la città, pregò Zeus gli mandasse un segno visibile della sua grazia; il d
le allevato. Le tre Dee gareggiavano in promesse al loro giudice. Era gli prometteva signoria e ricchezza, Atena sapienza e
i fratelli di Elena, i Dioscuri, essendo occupati nella guerra contro gli Afaridi, essa fuggi con Paride e se ne venne a Tr
di poi la restituzione; avutone un rifiuto, si preparò alla guerra; e gli fu facile ottenere l’ adesione dei più ragguardev
vviene la celebre contesa tra Achille e Agamennone. Passando a Crise, gli Achei avevano fatta schiava la figlia di Crise, s
ciò, presero ardire e con valorose sortite principiarono a tormentare gli Achei; e Zeus, pregato da Tetide la madre di Achi
bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di quell’ immenso cavallo, gli altri bruciarono il campo vicino alle navi e fing
ucciso da Neottolemo che aveva già pure ucciso Polite di lui figlio; gli altri guerrieri troiani morirono combattendo, ben
infedele donna avrebbela uccisa, se l’ incanto della sua bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatto cader l’ arme d
e n’ era uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche sua madre. Questo gli tirò addosso la persecuzione delle Erinni le qual
re. Questo gli tirò addosso la persecuzione delle Erinni le quali non gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva
a di Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò che la moglie non gli era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etoli
quello pestò l’ unico occhio del gigante e l’ acciecò. Il giorno dopo gli riuscì di fuggire col compagni, uscendo questi da
da qualche Dio. Eolo accolse Ulisse con cortesia, e quando il congedò gli fe’ un dono assai prezioso, cioè gli die’ un otre
on cortesia, e quando il congedò gli fe’ un dono assai prezioso, cioè gli die’ un otre con racchiusi dentro tutti i venti v
cì Ulisse a fuggire da questo paese; le altre s’ erano fracassate tra gli scogli. f) Dopo, pervenne nell’ isola di Eea, dov
merii. Ivi offerti i dovuti sacrifici e fatti i prescritti scongiuri, gli compariscono su dalle caligini profonde dell’ Ade
molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticlea che gli dà desiderate notizie del padre Laerte, della mog
el padre Laerte, della moglie Penelope e del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo
os. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la quale gli diede avvisi e consigli per il rimanente del viag
rdava coll’ animo pieno di desiderio nella direzione d’ Itaca. Alfine gli Dei si mossero a compassione di tanto dolore, e Z
dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto pieno di sdegno contro lui gli sconquassa la zattera e lo abbandona nell’ acque.
sa a compassione, non lo avesse confortato e avvoltolo d’ un velo non gli avesse dato forza di resistere a nuoto. Dopo due
a Ulisse era stato sbarcato dai Feaci nell’ Isola. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di que
ale divenne anche eroe italico. Mentre Troia ardeva ancora, egli fece gli ultimi sforzi per bravamente difenderla, ma poi v
a venuto Teucro uno del re di Troia. Ma i Penati comparsigli in sogno gli additarono l’ Italia come la patria de’ suoi magg
ndolo spinto nel mar Ionio, capitò anzitutto nelle isole Strofadi ove gli toccò l’ avventura delle fameliche Arpie che gli
e isole Strofadi ove gli toccò l’ avventura delle fameliche Arpie che gli insozzarono la mensa. Poco appresso venne a Butro
te di Turno e il trionfo di Enea. Il quale, poichè anche Latino morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal
o di Trifiodoro, il ratto d’ Elena di Colluto Licopolitano, in ultimo gli Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo
va e la più bella che a noi sia giunta dall’ antichità. S’ aggiungano gli ultimi libri delle Metamorfosi d’ Ovidio, che can
lente strette del rettile che lo comprime al destro fianco del padre, gli attorce le parti superiori delle braccia, e di so
ia in basso una gamba dei figli di sinistra, mentre l’ altro serpente gli arronciglia il braccio destro, ma non così che al
orose e tenaci, invano colla sinistra comprime il collo del serpe che gli si avventa con rabbioso morso al fianco; sotto qu
ontratti i muscoli, la fronte e le ciglia corrugate, quasi annebbiati gli occhi; la bocca s’ apre a mandar non un grido, ma
ti mitici. 1. Agli eroi del braccio e della guerra fanno riscontro gli eroi dell’ intelligenza e dell’ arte, giacchè anc
a in Corinto. — Ogni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’ era Mopso figlio di Ampico, tessalo;
i volgesse indietro a guardar la sposa, che se avesse fatto ciò, essa gli sarebbe stata inesorabilmente ritolta. Lieto intr
dò errante per le montagne della Tracia a dare sfogo al suo dolore, e gli avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno
col suo nome eran naturalmente di elaborazione ben posteriore. 4. Fra gli artisti mitici il più celebre è Dedalo, del quale
pel suo peso istesso; invece a forza temperata (dalla prudenza) anche gli Dei danno incremento; giacchè gli Dei hanno in od
za temperata (dalla prudenza) anche gli Dei danno incremento; giacchè gli Dei hanno in odio quelle violenza che rende l’ uo
e). Comuni son fra noi sempre le trombe di guerra, in comune risuonan gli squilli di esse trombe, e attaccati i cavalli al
n gli squilli di esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo io gli accampamenti di lui. » 11. « Già Venere Citerea
co dal rosseggiante oriente la vigile Aurora apri le purpuree porte e gli atrii pieni di rose ». 18. Metam. 13, 622: « An
so volgean, lo stame a mano a mano Agguagliando col dente, onde in su gli aridi Labruzzi rimaneano i morseggiati Lanosi bio
o che sa leggere ed educare i poeti. » 41. « … aveste condiscendenti gli Dei, e vedeste le membra vostre biondeggiar d’ im
10 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
come ognun sa, della natura per insinuare destramente alla gioventù, gli elementi delle scienze, e dell’ amena letteratura
è l’ esposizione delle favole, che intorno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli antichi immaginato. La cognizione di questo è tro
inato. La cognizione di questo è troppo necessaria per bene intendere gli scrittori, e singolarmente i poeti, che ad esse a
ti, che ad esse alludono sì di frequente. Nè men necessaria è a tutti gli studiosi delle belle arti, giacche le favole tant
acconciamente aver luogo. Parte prima. Degli Dei. Molti furono gli Dei presso i Greci, ma assai più presso i Romani,
reci, ma assai più presso i Romani, che oltre ad avere adottali tutti gli Dei della Grecia, e molti pur dell’ Egitto, e del
ne contavano di loro proprii, e particolari. Dodici anticamente erano gli Dei maggiori, detti Dii maiorum gentium, e Consen
ti furono Dii minorum gentium, e Semones, quasi Semihomines, ed erano gli Dei campestri, e quelli, che presedevano alle var
o il Mare. Poi unita ad Urano partorì il fiume Oceano padre di tutti gli altri, indi Ceo, Orco, Iperione, Giapeto, Tea, Re
ceano congiunto a Teti generò il Pilo, l’ Alfeo, l’ Eridano con tutti gli altri’ fiumi, e le Naiadi Ninfe dei fonti e de’ f
edesimo Esiodo, nascondeva sotterra tutti i figli, che Gea o la Terra gli partoriva, e loro non permettea di uscire alla lu
esa, e posto dalla madre in agguato, allorchè Urano a lei accostossi, gli recise le parti virili, e dietro se le gittò. Dal
, prese il partito d’ inghiottire di mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da Rea. Questa di ciò oltremodo dolente
liberato, e rimesso nel regno da Giove, il quale vinse Titano coi fi gli ; che avendo però Saturno compreso dover un giorno
più rinomato, così a lui solo venne attribuito anche quello, che non gli apparteneva. Nato egli dunque in Creta da Rea, ch
e Briareo; cui per consiglio di Gea sciolse da’ lacci, in cui tirano gli aveva avvolti. I Titani vennero soggiogati e prof
ista, per quel che accennano alcuni Mitologi, armaronsi non solamente gli Dei, ma ancora le Dee, e per quello che dicono al
be, Marte, Ilitia e Vulcano. Da molte altre e donne e ninfe, secondo gli altri Mitologi, ebbe egli poscia altri figli. Da
Olimpo), coi fulmini in mano, e coll’ aquila a’ piedi, che i fulmini gli ministrava, è che quindi chiamavasi l’ augel mini
in Epiro nel bosco di Dodona a lui sacro, le querce stesse rendesser gli oracoli. La vittima, che a Giove offerivasi nei s
ampogna e col tocco del caduceo, e poscia ucciso. Giunone allora pose gli occhi di Argo nella coda del pavone uccello a lei
vedremo. A Pallade o Minerva tra le piante era dedicato l’ ulivo, tra gli animali la civetta; a proposito di che narra Ovid
imi di metallo una rete invisibile, nella quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione di tutti i Dei: di che Mart
re le carni. Sulla fine del convito chiedendo Tereo che il figlio Iti gli fosse condotto, uscì Filomela improvvisa dalle vi
ti anni, fu egli secondo la favole portato in cielo, e annoverato fra gli Dei Indigeti sotto al nome di Quirino. Figlio di
Cicopli Sterope, Brente, ed Arge, secondo Esiodo, o Piracmone secondo gli altri, a fabbricare nelle fornaci di Lenno, nell’
leo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invitati tutti gli Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato
or quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra gli uccelli il cigno; il passero, e specialmente la c
upidine. Gli altri poeti comunemente contondono Cupidine con Amore, e gli danno per madre Venere, e per padre chi il Cielo,
i essergli figlio richiese di poter reggerne il carro. Questi che già gli aveva promesso con giuramento qualunque cosa gli
arro. Questi che già gli aveva promesso con giuramento qualunque cosa gli avesse chiesto, dopo aver cercato per ogni modo d
co tenendo un anno n’ ebbe secondo Esiodo, Agrio, e Latino, e secondo gli altri poeti Telegono. Come portatore del giorno i
nerazione fu il sole presso di tutti i Gentili, e spezialmente presso gli Orientali. In Roma ne’ sacrifici a lui immolavasi
llo a dileggiare il fanciullo Cupido, che osasse di trattar l’ arco e gli strali. Questi irritato, per dar prova del valor
isavventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che gli era carissimo, volle ei medesimo per dolore ammaz
di creduto che Esculapio medesimo assunto avesse quelle, sembianze, e gli s’ innalzarono templi, in cui rappresentavasi con
asi con un bastone in mano, al quale era un serpente attorciglialo; e gli s’ istituirono sacrifici, ne’ quali a lui offeriv
treciò allorchè preso da grave malattia era Admeto vicino a morte, ei gli ottenne dalle Parche il poterne campare, se altri
ogna, o quegli la lira; ed avendolo vinto, in pena del suo ardimento’ gli trasse la pelle, e dalle lagrime di Ini mescolate
olo. Ma alla decisione di questo si oppose il re Mida, per cui Apollo gli fece crescere le orecchie d’ asino. Ingegnossi eg
si bagnino in mare. Diana stessa era creduta castissima, e malamente gli amori della Luna con Endimione a lei vengono attr
i Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da essa coll’ acqua, che gli gettò contro cangiato in cervo, e divorato poscia
da due serpenti, colla quale dice Omero, eh egli chiamava il sonno su gli occhi de’ mortali, o il fugava a suo talento, e c
ra pietra. Mentre Apollo guardava lungo il fiume Aufriso in Tessaglia gli armenti di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacch
a lungo il fiume Aufriso in Tessaglia gli armenti di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacche, ed essendo in ciò stato scope
ndolo Apollo, se non restituiva le vacche, Mercurio nell’ alio stesso gli rubò la faretra, sicchè Apollo per la stravaganza
che dalla sua bocca uscissero catene d’ oro, che dolcemente legavano gli ascoltanti. Per ultimo a lui venne attribuita ezi
e, ed a lei venne attribuita l’ invenzione dell’ agricoltura, per cui gli uomini, che si pascevan prima di ghiande, incomin
n prima di ghiande, incominciaron a pascersi di frumento. Ebbe quindi gli epiteti mammosa e di alma, perchè tutti per certo
di adorare il fuoco e conservarlo gelosamente era antichissimo presso gli Orientali, e in Italia vuolsi portato da Enea; se
e, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo stesso e della Terra. Fra gli Dei terrestri prima a dover nominarsi è Pale Dea
oma scomposta, e una falce di legno in mano per allontanare i ladri e gli uccelli. In Lamsaco città della Misia aveva egli
veva egli il culto primario. Era tenuto come il più lascivo fra tutti gli Dei. La ninfa Loto da lui fuggendo fu trasformata
oi, che essendosi il bosco fortuitamente incendiato, e volendo perciò gli abitanti recare altrove il simulacro della Dea, e
iante. Aveva però un tempio a piè del monte Soratte, ove dicevasi che gli uomini dello spirito di lei invasi camminassero i
essendo egli ricorso alla madre Cirene, questa il guidò a Proteo, che gli scoperse la cagione della morte delle api; ed all
alle ville, i secondi alle case; ma spesso prendevansi promiscuamente gli uni pergli altri. Intorno ai Lari è stato favoleg
aveva prima tagliata la lingua in pena di avere manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno
La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici di cui i maschi al nono giorno dopo la na
, perchè le puerpere non molestasse. Strenua dicessi la Dea che rende gli nomini valorosi; Agenoria e Stimula quella che gl
i la Dea che rende gli nomini valorosi; Agenoria e Stimula quella che gli spinge ad agire; Agonio quel che presiede alle az
a; Fellonia quella che Scaccia i nemici; Fessonia quella che alleggia gli stanchi; Vigilia quella che accompagna i viaggiat
or gl’ Indigeti, cioè, quegli uomini che per le loro azioni meritaron gli onori divini. Tra questi oltre Esculapio, e Romol
pestosi o delle procelle fu da Esiodo detto Tifone marito di Echidna; gli altri venti ei fece nascere da Astreo e dall’ Aur
Sogni suoi figli. Morfeo figlio e ministro del Sonno era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro de
inistro del Sonno era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papave
a il Tartaro; e i più famosi condannati erari laggiù i Titani, Tifeo, gli Aloidi, Tizio, Flegia, Issione, Tantalo, Sisifo e
rato suo corpo nove iugeri di terreno, e le viscere sempre rinascenti gli erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di M
sa osò aspirare a Giunone. Giove da essa avvertitone, per farne prova gli te comparire sotto alla sembianza di Giunone una
tormento della fame, e della sete, ponendolo in mezzo alle acque, che gli giungono fino al mento, ma che gli fuggon eli sot
ponendolo in mezzo alle acque, che gli giungono fino al mento, ma che gli fuggon eli sotto quand’ ei si abbassa per beverne
schiacciava, secondo Lattanzio, col peso di enorme sasso quelli, che gli cadeano tra le mani. Fu ucciso da Teseo, e condan
erse la frode togliendo il grasso, e per punire non solo Prometeo, ma gli altri uomini ancora, tolse il fuoco, e lo seppell
nsiglio di Prometeo che detto aveagli di rigettare qualunque presente gli venisse da Giove; ed avendo Pandora aperto il vas
in scarabeo. Capo II. Di Ercole. Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena mogli
ntorni di Nemea o Cleone; ed avendogli colle mani squarciata la gola, gli trasse la pelle, e n’ andò poi sempre coperto per
allo prestatigli da Minerva mise in fuga sul lago Stinfalo in Arcadia gli sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e
falo in Arcadia gli sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e
l becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e poscia gli uccise. 6. Sconfisse in riva al Termodonte fiume
ume della Cappadocia le Amazoni, che la signoreggiavano sole, esclusi gli uomini, ed erano così dette, perchè recideansi la
arco; e fatta prigioniera Ippolita loro regina, la diede a Teseo, che gli era stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le
attè Gerione figlio di Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e gli tolse le vacche custodite dal cane Orto nato da T
sue spalle il cielo. 12. Per ordine di Euristeo scese all’ inferno e gli condusse incatenato il, cane Cerbero nato parimen
atterrato ei sorgeva sempre più vigoroso, levollo in aria, e il petto gli strinse colle sue braccia sì fattamente, che il s
e Telegono e Poligono figli di Proteo fortissimi atleti costringevano gli ospiti a lottar seco, e vinti gli uccidevano; Erc
teo fortissimi atleti costringevano gli ospiti a lottar seco, e vinti gli uccidevano; Ercole con lor provandosi li superò,
ul Palatino, per gratitudine di aver purgalo il paese da quel ladrone gli eresse un’ ara, che in grande onore fu poi ancora
gato poscia i cavalli della razza di quei del Sole, che in ricompensa gli avea promessi, Ercole espugnò Troia, uccise il pe
’ ala, e quagli cadendo fece col peso del proprio corpo che la saetta gli penetrasse nel fianco e l’ uccidesse. Altri vogli
i Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Deianira fatta gelosa gli mandò per mezzo del giovine Licia la veste tinta
ari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutti gli altri pur con Fineo medesimo. Tornato con Androme
Giobate ammirando il valore di lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede pure Achemene sua figlia dalla quale Beller
do per l’ ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimenticò di offerirne a Diana, di che essa
ruoso cignale. Per combatter questo mostro invitar si dovettero tutti gli Eroi più famosi, fra i quali Apollodoro annovera,
irne in ricompensa il capo e la pelle; e opponendosi a ciò fieramente gli Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise.
opponendosi a ciò fieramente gli Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua
o, secondo molti, di Cibele, che per vendicarsene li mutò in lioni, e gli attaccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di
e l’ enimma da alcuno fosse disciolto. Presentossi Edipo, e la Sfinge gli domandò qual fosse l’ animale, che avea quattro p
ebe, e Giocasta in isposa, cui non sospettò essergli madre, e da essa gli nacquero i due gemelli Eteocle e Polinice, e le d
al vedersi tutto ad un tempo reo di parricidio e d’ incesto; si Cavò gli occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta
dal numero degli assalitori, ad essi valorosamente opponendosi tutti gli uccise eccetto Meone, cui rimandò ad Eteocle per
iocchè avendo Creonte, il quale prese il governo di Tebe, vietato che gli Argivi si seppellissero, fu ucciso da Teseo; e Al
fuoco dalla bocca e dalle nari. Per questa spedizione Giasone invitò gli Eroi più famosi, che allor vivessero. Argo figlio
de il suo nome; Tifi ne fu il piloto; i compagni di Giasone furon tra gli altri il sudetto Chirone i due fratelli Castore e
ma perduto Ila nella Misia, ivi poi si rimase per ricercarlo. Giunti gli Argonauti all’ isola di Lenno trovaronla abitata
donne: perocchè esse, onde vivere in lor balìa, uccisi avevano tutti gli uomini. La regina Issipile però la quale meno inu
’ ebbe due figli Toante ed Euneo. Seguendo il loro viaggio arrivarono gli Argonauti in Tracia, dove istruiti furono dal re
i in Tracia, dove istruiti furono dal re Fineo del modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegati, che urtandosi fra di
a; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti. In pena di ciò gli Dei acciecaron lui stesso, e ad infestarlo mandar
Cadmo, che ad Eeta erano stati mandati da Pallade e Marte, e vincere gli uomini che ne sarebbero nati; per ultimo uccidere
be l’ arte d’ innammorare Medea figlia di Eeta, la quale essendo maga gli fornì l’ erbe incantate, onde domare i tori e add
accoglierle ritardato venisse nel suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti, per non ripassare gli scogli Gianei, e
suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti, per non ripassare gli scogli Gianei, entrarono; secondo alcuni, nelle f
chille, che l’ uno da Alcimede, come abbiam detto, l’ altro da Tetide gli furon dati ad allevare. Fu anche dottissimo in me
saette di Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a caso il ferì gli creò tal dolore, che desiderò di morire e fu tras
Sagittario: le quali cose mentre la figlia Ociroe, ch’ era indovina, gli stava vaticinando, fu al dir di Ovidio tramutata
nferno per riacquistarla. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a
a. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a patto però di non volg
Inferno non fosse uscito, mai la sua impazienza il tradì, ed Euridice gli fu ritolta. Allora andò egli solitario i pe’ bosc
ontro di loro, e giunto prima a Sitone ottenne coll’ oro che la città gli fosse venduta da Arne figlia del re, che fu quind
in lodola, e Niso in avvoltoio che ognor l’ insegue. Vinti alla fine gli Ateniesi, Minosse impose loro la cruda condizione
, Minosse impose loro la cruda condizione, che ogni sette anni spedir gli dovessero tratti a sorte sette giovani e sette do
unque vi era introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una vacca di le
di fuggendo a volo. Ma il giovin Icaro di quel volo invaghito, contro gli avvertimenti del padre, volle levarsi troppo alto
troppo alto, sicchè squagliatasi al calor del Sole la cera, le penne gli caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino a
orinto il gigante Sine, che piegando due pini a terra ed attaccandovi gli uomini, col rilasciare i piai faceva gli uomini i
pini a terra ed attaccandovi gli uomini, col rilasciare i piai faceva gli uomini in quarti; presso Megara Scirone, che appo
sso ad Ermonia il gigante Damaste detto Procuste, che faceva stendere gli ospiti sul proprio letto, e tagliava loro le gamb
che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava di seppellire gli Argivi morti in quella guerra; e avendo accompagn
polito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e di Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Castore e Polluce di le
del sasso, e gettata la tazza abbracciò Teseo’ come suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione di Androgeo figlio di M
ssi, come abbiam detto, alla barbara condizione, che ogni anno mandar gli dovessero tratti a sorte sette giovani e sette do
funebri nell’ istmo di Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della sua vita. Erasi questa d’ inces
e voluto fai forza. Teseo irritalo, e memore della promessa che fatta gli avea Nettuno di appagarlo in qualunque cosa gli a
la promessa che fatta gli avea Nettuno di appagarlo in qualunque cosa gli avesse chiesto, il pregò a volere in quella occas
preferenza. Concorso in Troia a’ pubblici giuochi, ei vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era
cò di sottrarsene simulandosi pazzo; ma Palamede per fame esperimento gli pose dinanzi a’ buoi, co’ quali arava, il piccol
il primo, il quale fosse sceso sul lido di Troia, sarebbe perito. Ciò gli altri ricusando, Protesilao balzò coraggioso dall
olse allora questi ad Agamennone con aspre ingiurie e già la mano pur gli era corsa alla spada, ma fu da Pallade trattenuto
uscì a portarlo nel campo de’ Greci, che fattigli i funerali solenni, gli alzarono un gran monumento sul promontorio Sigeo.
entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero gli altri poi di partire abbandonando l’ assedio di T
ò pur Salamina. Diomede, secondo Omero, in una battaglia, nella quale gli Dei medesimi vollero prender parte, ferito avea M
femo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di divorar gli altri ancora, se non che Ulisse, prima ubbriacato
tri ancora, se non che Ulisse, prima ubbriacatolo con vi no generoso, gli trasse poscia, mentre dormiva, con un palo infoca
della Sicilia, venne egli all’ isola Eolia, ossia a Lipari, dove Eolo gli diede chiusi tutti i venti in un otre eccetto Zef
storo uomini selvaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici navi
a, ossia al promontorio Circeo, ora Monte Circello, ove la maga Circe gli cangiò in, porci la metà de’ compagni; ma egli co
a del compagno Elpenore, che caduto dal letto nell’ Isola Eea, mentre gli altri partivano era Timaslo insepolto; poi da Tir
o stretto di Messina fra Scilla e Cariddi, ove Scilla colle sei teste gli tolse e divorò sei compagni. Approdato alla spiag
a Scherla, ora Corfù, isola de’ Feaci, Nettuno con una fiera tempesta gli sciolse la zatta e ne disperse i legni, sicchè Ul
padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si manifestò, e presi seco gli opportuni concerti, condotto da Eumeo alla città,
mero, doveva quindi Ulisse andar con un remo sopra la spalla fin dove gli fosse detto che quello era un ventilabro, e fatto
all’ estremo dell’ Adriatico fondò la città di Padova, e discacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti
enere si prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise, che portava gli Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio,
rne l’ altare, vide da essi gocciolar sangue, e udì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio di P
quale dissimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi gli cavò gli occhi, ed essendo poi stata perciò lapid
ssimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi gli cavò gli occhi, ed essendo poi stata perciò lapidata dai T
mea. Ma sopravvenuta una fiera pestilenza, apparvero di notte ad Enea gli Dei Penati, avvisandolo che la terra indicata da
Troia con trenta candidi figli. In questo giro alle radici dell’ Etna gli si presentò il greco Achemenide, cui Virgilio fìn
to de’ remi inseguì a piedi le navi per lungo tratto di mare, che non gli oltrepassava il ginocchio. Approdò finalmente nel
esto però non è che un’ invenzione di Virgilio, poichè Didone secondo gli storici visse trecento anni dopo di Enea e si ucc
rio procacciarsi il ramo d’ oro da presentarsi a Proserpina, e questo gli fu mostrato dalle colombe di Venere. Intanto Mise
edi, ove stavano i bambini, i condannati a ingiusta morte, i suicidi, gli amanti, fra quali era Didone che fuggì da lui dis
rano i colpevoli, prese a destra la via de’ campi Elisi, ove additate gli furono, da Anchise le anime di quelli che dovevan
padre, era venuto in Italia a stabilirsi sul colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi
a uccise Mezenzio e Lauso figlio di lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò una falsa immagine di Enea, cui egli ins
i nel fiume Numico spogliasse la natura mortale, e fosse in cielo fra gli Dei Indigeti annoverato. Lasciò nel Lazio suo suc
e sotto al regno di Giove l’ età dell’ argento, in cui egli costrinse gli uomini a coltivare il terreno per trarne la neces
per trarne la necessaria sussistenza. Succede l’ età del rame in cui gli uomini cominciarono a farsi guerra tra loro. Segu
ella femmina. Giunone di ciò irrirata l’ accieca, e Giove in compenso gli dà la previsione del futuro. Interrogato Tiresia
a Caria abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega gli Dei di non esserne mai disgiunta. Questi uniscono
morte d’ icario, a cui egli avea insegnato a coltivare la vigna; che gli uccisori furono quindi cercati e messi a morte; c
mille cose da lui ottenuto, pretende pure di aver un toro che Fillio gli ricusa; per dispetto si getta da una rupe, ed è c
ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede di avere altrettanti uomini, Giove gli can
an quantità di formiche gli chiede di avere altrettanti uomini, Giove gli cangia quelle formiche in uomini, che per ciò ven
s’ innamora di Cauno suo fratello gemello, e quest’ amore incestuoso gli manifesta. Cauno fugge inorridito abbandonando la
ale in sasso. Parte I. Capo VIII. I Cerasti, che a Venere sagrificano gli ospiti, sono da lei convertiti in tori. Parte I.
cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I. Capo XIII. Apollo gli fa sorgere l’ orecchie d’ asino. Parte I. Capo X.
vitata a domandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno di arena, gli chiede di poter vivere tanti anni, quante sono le
atria di Turno dopo la morte di lui è incendiata da Enea, e n’ escono gli uccelli chiamati a idea. Venere impetra da Giove,
andosi nel fiume Numico spogli la natura mortale e sia annoverato fra gli Bei. Parte II. Capo XIII. Vertunno per vincer Pom
senato ed il popolò domanda di esser escludo da Roma, ed in compenso gli viene assegnato quanto terreno può cinger di un s
ti della terra, e non più. A poco a poco incominciaronsi ad effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di c
e. Ne’ sacrifici oltre a frutti della terra incominciaronsi a offerir gli animali; e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, im
io, e dalla maniera con cui ardeva da! crepitare, dal fumo, traevansi gli auguri. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e mol
ta Calabria. A’ conviti che celebravansi dopo i sacrifici presedevano gli Epuloni, che prima furon tre soli, poi cinque, se
i Aruspici erari quelli che osservavano le interiora della vittima; e gli Aruspici si dissero istituiti da Tagete Etrusco,
ntari del cuore, e degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi, gli starnuti, le parole e rumori uditi a caso e impro
alla astrologia e alla divinazione introdotta prima presso i Caldei e gli Egiziani, e propagata poscia nelle altre parli de
arsi erano in mille luoghi, e che avidamente si consultavano in tutti gli affari importanti. I più famosi tra questi erano:
n Egitto traevasi dall’ accertar ch’ ei faceva o rifiutare quello che gli si dava a mangiare. L’ oracolo di Venere in Afric
ente. Per cento altre maniere, che troppo lungo sarebbe l’ annoverare gli oracoli si rendevano in altri luoghi. Fra le donn
agarle., ella gettò tre libri sul fuoco, domanda lo stesso prezzo per gli altri sei; che al secondo rifiuto ne gittò sul fu
er delitti commessi, o in occasione di pubbliche calamità per placare gli Dei, o all’ apparir di prodigi straordinari per a
mal augurio o per prepararsi a qualche impresa importante, onde avere gli Dei favorevoli, o per iniziarsi a’ misteri. L’ es
bblici giuochi. Fra questi i più famosi giuochi nella Grecia erano 1. gli Olimpici, che celebravansi in Olimpia città dell’
agliava coll’ arco al segno prefisso; 4. La lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti di olio cercavano di atterrar
11 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
XLVI Giasone e Medea Re della Colchide al tempo che vi giunsero gli Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo
e fecersi indovine ; « Fecer malìe con erbe e con imago. » Fra tutti gli Argonauti distinguevasi Giasone per avvenenza e p
lo sposo, di qual tempra ella fosse72. Quanto alla strada che tennero gli Argonauti per ritornare in Grecia, vi sono tre op
saperlo. Si accordano però i diversi Mitologi ad asserire che volendo gli Argonauti ritornare in Grecia per altri mari, fur
be non meno favolosa, se si perdessero i documenti storici. Rientrati gli Argonauti nei mari della Grecia accompagnarono Gi
oso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricominciano gli atroci fatti e le magiche frodi. È una invenzione
rasfuso nelle vene del vecchio Esone lo ringiovanisse,73 poichè tutti gli altri dicono che il padre di Giasone fosse stato
coi loro telescopii hanno contato 127 fulgidissime stelle. Per quanto gli Antichi si affaticassero a dire che Argo fu la pr
la prima di quella particolare ed egregia costruzione, ma non già che gli Argonauti fossero i primi navigatori. Le isole st
zza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti di pietra. Anzi gli scrittori filosofi che studiano le origini storic
aureo vello intendono un ricco tesoro trasportato nella Colchide, ove gli Argonauti andarono per ricuperarlo. I poeti per a
nto i più grandi benefattori della umanità coloro che primi indussero gli uomini selvaggi ad unirsi in sociale consorzio ;
dussero gli uomini selvaggi ad unirsi in sociale consorzio ; e perciò gli antichi li considerarono esseri soprannaturali, o
leoni : il che, secondo Orazio, significava che ei seppe distogliere gli uomini selvaggi e antropofagi dalle stragi e dall
ormentare i dannati per ascoltarlo, e Plutone e Proserpina inteneriti gli accordarono la grazia implorata di riprender la s
ice, si voltò a mirare ; ed allora Euridice diè un grido di dolore, e gli disse per sempre addio. Fu inutile correre per ra
te Rodope nella nativa Tracia, e rifiutò qualunque nuovo connubio che gli fosse offerto. Il che fu causa della sua fine fun
che dopo i soliti sutterfugii di molteplici trasformazioni finalmente gli disse di sacrificar quattro giovenche in espiazio
i vermi della putredine si cangino in api melliflue. Così bene spesso gli Antichi alle leggi naturali della creazione sosti
ese che si attribuiscono al greco Eroe son tante, perchè tanti furono gli eroi di questo nome, e ad un solo Ercole si ascri
più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e
a lui sottoposto. Nato che ei fu ed essendo ancora in culla, Giunone gli mandò due grossi serpenti a strangolarlo ; ma il
fatto divenne tanto famigerato, che anche i pittori, e principalmente gli scultori si dilettarono di rappresentare Ercole i
ia di Giunone contro un bambino parve troppo atroce e crudele a tutti gli Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa fin
enza, e per illuder meglio, fattosi recare in cielo il piccolo Ercole gli diede del suo proprio latte, che però al pargolet
lta celeste, ove scorgesi tuttora una striscia biancastra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece d
rove, in premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra gli Dei nel Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles,
reco vocabolo significante forza e per traslato virtù, come affermano gli etimologisti. La forza che Ercole manifestò sin d
musica. E dell’indole sua impetuosa ci tramandarono un tristo esempio gli Antichi, il solo che sia a disdoro di quest’eroe,
’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro di musica chiamato Lino, gli ruppe la testa colla lira 85. Giunto per altro al
gia ; 8ª il Toro Cretense ; 9ª il tiranno Diomede ; 10ª Gerione ; 11ª gli aurei pomi del giardino delle Esperidi ; 12ª il C
ndolo tra le sue braccia, uccise Ercole il Leone della selva Nemea, e gli tolse l’irsuto vello, che portò sempre in dosso p
dra derivando da un vocabolo che significa acqua è il nome che davano gli Antichi ai serpenti aquatici. I Naturalisti moder
uel terribile effetto ; e Giunone per impedirgli di compier l’impresa gli mandò un enorme Cancro a morderlo nelle gambe, af
a. » Perciò poco più oltre, fino al tempo di Colombo, si azzardarono gli uomini ad avanzarsi nell’Atlantico ; e l’iscrizio
te all’offesa di chi si accostasse. Ercole uccise il dragone, e presi gli aurei pomi, li portò ad Euristeo. 12ª Fatica :
ente contenti, che eressero ad Ercole un’ara appellata Massima ed ivi gli fecero sacrifizii come a un Nume. Questo culto pe
er divorata da un mostro marino, e alla vendetta di Ercole perchè non gli furono da quel re spergiuro osservati i patti, sa
eianira figlia di Oeneo re d’Etolia e sorella di Meleagro. I Mitologi gli attribuiscono molte altre mogli da lui sposate in
nti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e di più gli ruppe un corno, onor della fronte degli Dei dei f
e ad una delle costellazioni boreali che è composta di 128 stelle ; e gli Astronomi moderni, incominciando da Herschel, dic
iò non ostante, o forse appunto perciò, è delle più famigerate presso gli Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli
o, specialmente in pittura, con una stella sopra la fronte. Credevano gli Antichi che quando compariva questa costellazione
Cicerone nelle Tusculane e nei libri della Repubblica ; e quasi tutti gli scrittori antichi (tranne qualche autore drammati
allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli erano dati a divorare i condannati a morte. Era i
 ; e 4° quello di Chiusi, attribuito al re Porsena. Quest’ultimo, per gli avanzi che ancor ne restano, pare che fosse un ip
’aere a volo ; « E quei che avea vaghezza e senno poco, « Volle ch’io gli mostrassi l’arte, e solo « Perch’io nol feci Deda
ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli era stato maestro lo zio. Sin qui potrebbe il rac
i non tanto per la causa che la fece sorgere, quanto e più ancora per gli straordinarii effetti che ne derivarono. Androge
rinnovarsi ogni 9 anni finchè il Minotauro vivesse. Per ben due volte gli Ateniesi soddisfecero gemendo a questa orribile c
st’Eroe l’esser figlio di un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso, gli nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fos
le sue malìe (o vogliam dire raggiri) sull’animo del vecchio re Egeo, gli fe’nascere il sospetto che quello straniero voles
prender parte anch’egli a quei giuochi ; e destò ammirazione in tutti gli spettatori col suo avvenente e nobile aspetto, e
estrato dalla tua sorella, « Ma vassi per veder le vostre pene. » Se gli Dei stessi del Paganesimo avevano difetti e vizii
iamo notato più volte, non è sperabile di trovar perfetti i Semidei e gli Eroi mitologici. Teseo commise un atto di perfidi
i a regnare. Molte però furono le opere egregie di lui ; ma non tutto gli andò a seconda, come vedremo. E parlando in prima
o il toro un gran fuoco e così arroventando a poco a poco il metallo, gli urli e gli spasimi di chi v’era dentro tormentato
n gran fuoco e così arroventando a poco a poco il metallo, gli urli e gli spasimi di chi v’era dentro tormentato imitassero
n solo fra i Centauri (il che non sarebbe un gran vanto) ma fra tutti gli antichi Eroi ; e di lui dovremo parlare particola
utato in quella guerra. Da Ippolita (secondo alcuni chiamata Antiope) gli era nato un figlio a cui diede il nome di Ippolit
figlio a cui diede il nome di Ippolito. Dipoi rapì la bella Elena, ma gli fu ritolta da Castore e Polluce, come dicemmo. In
qual vista spaventati i suoi cavalli lo trascinarono furiosamente tra gli scogli ove miseramente perì. Altri Mitologi aggiu
eseo e riportarle con onore ad Atene. E allora, come dice Plutarco, «  gli Ateniesi pieni di allegrezza le ricevettero con s
a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispose di non cercarne, perchè avrebbe ucciso il
quanto all’avverarsi della seconda parte della risposta dell’Oracolo, gli avvenimenti si complicano, e vi predomina l’inven
e toccato ad essa a morire. Edipo passò di là, e la Sfinge lo fermò e gli diede a indovinar quest’enigma : Qual è quell’ani
famiglia Tebana che abbiamo già raccontate. LIII I sette Prodi e gli Epìgoni Adrasto re degli Argiesi o Argivi ave
diligentissima cura senza farle mai uscir di città, perchè l’Oracolo gli aveva predetto (o egli l’aveva sognato), che sare
le parole dell’Oracolo si riferissero a questi due giovani Eroi, che gli avrebbero rapite le figlie sposandole e conducend
lle fortezze. Al suo ardire univa un insolente ed empio disprezzo per gli Dei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe
li solo a dispetto di Giove, i cui fulmini, a quanto egli diceva, non gli facevano maggior paura dei raggi del Sole sul mez
i facevano maggior paura dei raggi del Sole sul mezzogiorno. Ma Giove gli fece conoscer la differenza che v’era, fulminando
ta alle mura di Tebe, e precipitandolo nell’Inferno. Dante che aborre gli empi senza alcuna religione, e li chiama violenti
trebbe aver vendetta allegra. » A questo punto Dante fa che Virgilio gli rintuzzi severamente la sua impotente stizza con
dinario e mirabile, a quanto raccontano i pœti. Mentre egli osservava gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento d
o raccontano i pœti. Mentre egli osservava gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento di predizioni, gli si aperse
va gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento di predizioni, gli si aperse sotto i piedi la terra che lo inghiottì
ava un’impostura l’arte dell’Indovino, lo pone nell’Inferno con tutti gli altri pretesi Indovini antichi e moderni. Dice di
carni a Tieste stesso, e poi perchè sapesse qual cibo aveva mangiato gli fece portare in tavola i teschi delle due misere
ento. Di Atreo nacquero Agamennone e Menelao, e perciò furon chiamati gli Atridi. Degli Atridi si dovrà d’ora in poi parlar
di Troia. LV Gli Antenati di Achille Dopo esserci contristati gli occhi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli
esserci contristati gli occhi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli orrori degli Antenati di Agamennone e Menelao, ci
uell’epoca più arditi di Darwin e compagni Antropologi a far derivare gli uomini dalle bestie senza che alcuno li contraddi
na il popol tutto infermo, « Quando fu l’ær sì pien di malizia, « Che gli animali, infino al picciol vermo, « Cascaron tutt
seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella oscura valle « Languir gli spirti per diverse biche. » Eaco per la sua bon
one e Peleo. Telamone fu esiliato dal padre per avere ucciso, nel far gli esercizi ginnastici, un piccolo fratello chiamato
ai celebrate sulla Terra : al banchetto nuziale erano convitati tutti gli Dei e le Dee, esclusa soltanto la Discordia. Ma q
un semplice pastore che senza prevenzione alcuna dichiarasse qual Dea gli paresse più bella. Tre sole Dee si ostinarono nel
one a Schiro « Trafugò lui dormendo in le sue braccia, « Là onde poi gli Greci il dipartiro. » E poichè ora siamo giunti
compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed Enea, « Cesare armato con gli occhi grifagni ; » poichè anche Giulio Cesare di
ome di Teucria dato alla città ed anche al territorio Troiano : tutti gli altri re per altro son quegli stessi rammentati d
iano Ilio) alla città stessa. Omero preferisce il vocabolo Ilion ; ma gli altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i
uro negò la pattuita mercede. Non Apollo e Nettuno soltanto, ma tutti gli Dei ne furono irritati, e mandarono una inondazio
lo, rispose che i Troiani per liberarsi da questi mali dovevano tutti gli anni esporre a un mostro marino una fanciulla di
na che dovea divorarla. In quell’anno stesso aveva Ercole abbandonato gli Argonauti sulle coste della Misia, come dicemmo,
di Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca, a patto però che gli desse in premio quelle polledre figlie del vento,
’orca, non volle mantener la promessa ; ed Ercole non stette a pregar gli Dei che punissero il re spergiuro e mancator di p
he dopo il suo riscatto fu chiamato Priamo. Questo vocabolo, secondo gli antichi etimologisti, significa riscattato : è du
derla che riacquistarla. Ma i Troiani non vollero rendere nè l’una nè gli altri. Ecco la vera causa della guerra di Troia,
o pentiti della promessa e indugiavano a bella posta, e mancavano fra gli altri quei due famosi Eroi che meritarono in appr
uri destini di Achille. All’eloquente invito di Ulisse s’infiammarono gli spiriti guerreschi del giovane Eroe, e ad una lun
Calcante dissero che per ottenere favorevoli i venti conveniva placar gli Dei con una vittima umana ; e tanto poteva le sup
il vento favorevole, e dopo il sacrifizio o d’Ifigenia o della cerva, gli Dei rimasero placati, i venti spirarono favorevol
Eroe dell’antichità, poichè a lui non si rimprovera alcun difetto, e gli si attribuiscono in sommo grado tutte le virtù pu
lle terre vicine, saccheggiavano le altre città e ne menavano schiavi gli abitanti ; e solo nel decimo anno tutti i loro sf
 ; nè i Troiani di abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò e gli avvenimenti di quei primi nove anni si riducono a
tinte nel sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in un piede, e gli cagionò una piaga così fetente, che i Greci nell’
per assicurarsi i fianchi e le spalle, prima d’investir Troia invase gli Stati limitrofi. Telefo vinto in battaglia fu cos
sta di Achille, le cui ferite erano insanabili. Consultato l’Oracolo, gli rispose che l’asta sola che lo aveva ferito potev
chè durò il Paganesimo, tutti i popoli antichi, anche i più civili, e gli stessi Romani, consideravano gli schiavi non come
opoli antichi, anche i più civili, e gli stessi Romani, consideravano gli schiavi non come persone, ma come cose. — Aveva A
schiava in compenso, diversamente toglierebbe a forza quella che più gli piacesse a qualunque degli altri capitani, foss’a
o simpatie o antipatie, come fanno i mortali, prenderanno parte o per gli uni o per gli altri combattenti 132. Il fatto pi
ntipatie, come fanno i mortali, prenderanno parte o per gli uni o per gli altri combattenti 132. Il fatto più strano che s
cure tende godeva delle sconfitte dei Greci ; e per quanto Agamennone gli offrisse per mezzo dei più illustri personaggi de
avano per irrompere nelle greche trincee. L’ottenne ; ma la sua pietà gli costò cara, perchè dopo aver dato prove di mirabi
e. Non voleva aspettare un sol giorno le nuove armi che la madre Teti gli fece far da Vulcano (poichè delle antiche, impres
lla sua tenda il vecchio re Priamo, che inginocchiatosi davanti a lui gli bacia piangendo quella mano che gli uccise il fig
che inginocchiatosi davanti a lui gli bacia piangendo quella mano che gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di ren
der seco qualche cibo e bevanda, pietosamente piange al suo pianto, e gli accorda il corpo del suo figlio senza alcun risca
e, obbliga Priamo a dormir quella notte nella sua tenda, e la mattina gli fa trovare imbalsamata la salma di Ettore in un f
salma di Ettore in un funebre carro coperto di un ricchissimo manto e gli assegna un drappello di Mirmidoni che lo accompag
quale chiudesi con le seguenti semplicissime parole : « Questi furo gli estremi onor renduti « Al domatore di cavalli Ett
tagliatogli quel tendine, che d’allora in poi fu chiamato di Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci di aver perduto
la morte. Dolenti i Greci di aver perduto il loro principal sostegno, gli resero onori divini, gli eressero un monumento su
di aver perduto il loro principal sostegno, gli resero onori divini, gli eressero un monumento sul promontorio Sigèo, e ch
anza : e presti « Pareano i fior quando n’usciro i frutti. » I Greci gli posero il soprannome di Neottòlemo, che significa
ollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rendessero solennemente i funebri onori. Dal rogo
rlo a pezzi, sospettandovi dentro un inganno dei Greci ; e per quanto gli Antichi si sieno affaticati a scusar l’opposta de
Ecco in poche parole il tragico avvenimento della presa di Troia ; ma gli episodii son tanti che empirebbero un volume, e c
o in qualunque altro modo distruggere il cavallo di legno, e inoltre gli scagliò un dardo che rimase confitto nel fianco e
erno tra i fraudolenti, e fa che un altro dannato altercando con esso gli rimproveri le sue frodi, dicendogli : « Ma tu no
niti i traditori della patria, tra i quali trovò il Conte Ugolino. Ma gli scrittori greci per non menomare il merito dei lo
ea dunque sarà necessario parlare a lungo in un capitolo a parte. Fra gli episodii però dell’eccidio di Troia uno dei più l
e perduto la ragione e finito i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti gli altri e figli e parenti di ambo i sessi della fam
incomparabili sciagure di questa regia famiglia hanno sempre ispirato gli artisti antichi e i moderni a rappresentarle in t
vamente si divisero : Ulisse tornò indietro alle spiaggie di Troia, e gli altri si diressero verso la patria, ognuno con le
no alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio di Achille e gli altri capitani che non vollero partire con Menela
ole in uno dei superstiti della infelicissima famiglia di Priamo. Tra gli schiavi di Pirro v’era Andròmaca, vedova del famo
ue all’avvicinarsi della greca flotta fece accendere dei fuochi sopra gli scogli Cafarei (al sud-ovest dell’ Eubea) perchè
ovi naufragassero ; ma non vi perì che Aiace figlio di Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran dispiacere di Naupli
campare dal naufragio ad onta degli Dei e dello stesso Nettuno. Tutti gli altri guerrieri che partirono dalla Troade o con
gino e figlio di Tieste continuando a nutrire l’odio del padre contro gli Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennon
di Achille, tornando in Grecia co’ suoi Mirmidoni, condusse seco tra gli altri schiavi Eleno figlio di Priamo e Andromaca
e invece in Italia nella Puglia, ove sposò la figlia del re Dauno che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fo
che « …………. in Creta « Rimenò Idomeneo quanti compagni « Con la vita gli uscîr fuori dell’arme : « Un sol non ne inghiottì
I viaggi di Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamati ancora gli errori di Ulisse, perchè egli, come dice Omero, m
of. Ma non è da farne le maraviglie, quando sappiamo che Ulisse, come gli fa dire anche Dante, stette con Circe più d’un an
via : « Tal che oziosi nella ratta nave « Dalla cerulea prua giacean gli arnesi, « E noi tranquilli sedevam, la cura « Al
e bastato a quei tempi un anno per andare e tornare. Ristretti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tem
he disegnò lor tosto « Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, « Che gli fu cena ; gli altri due con fuga « Precipitosa gi
tosto « Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, « Che gli fu cena ; gli altri due con fuga « Precipitosa gionsero alle na
 Massi, che piovean d’alto, il mio naviglio « Lietamente schivò : m’a gli altri tutti « Colà restaro sfracellati e spersi. 
e’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. Io gli occhi « Torsi, e li vidi che levati in alto « Bra
che lo fa parlare Omero : « Io pel naviglio su e giù movea, « Finchè gli sciolse la tempesta i fianchi « Della carena che
attenea, bramando sempre « Che rigettati dall’orrendo abisso « Fosser gli avanzi della nave. Al fine « Dopo un lungo desio
le viscere e del sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con gli occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender le
li a cerco, e sbattergli e schizzarne « In fra quei tufi le midolle e gli ossi. « Vist’ ho quando le membra de’ meschini « 
nemmo in terra saldo, « Parte con un gran palo al foco aguzzo « Sopra gli fummo ; e quel ch’unico avea « Di targa e di febe
i. » (Eneid., iii. Traduz. del Caro). Non è già che sien questi soli gli splendidi miracoli della poetica facoltà, o vogli
e, potè finalmente coll’aiuto del figlio e di alcuni suoi sudditi che gli erano rimasti fedeli, vendicarsi dei Proci uccide
adre Anticlèa era già morta prima del suo ritorno 141. Non tutti però gli antichi autori si accordano con Omero a dire che
erra di Troia, e giudicando soltanto dagli effetti, come soglion fare gli uomini politici, non attribuisce alcun demerito a
altrui contrista, » non poteva esser così indulgente come Omero per gli eccessi di Achille e di Ulisse. Ma…. (com’egli gi
sser perciò assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti gli eccessi di Achille dipendevano dall’impeto degli
crivemmo questi mostri nei Cap. XLV e XLVIII, ed accennammo che oltre gli antichi poeti ne avevan parlato anche Dante e l’A
uta per una verità istorica ed ebbe gran fama, perchè faceva risalire gli odii dei Cartaginesi contro i Romani sino allo st
nel descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri e gli Etrusci, e a Roma scende ; « Da Roma
ere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri e gli Etrusci, e a Roma scende ; « Da Roma ad Ostia ; e
cita di Romolo son molto scarsi di notizie, o vere o inventate, tanto gli storici quanto i poeti. Appena appena sono in gra
XIII Della Divinazione e della Superstizione in generale Avevano gli antichi Pagani un irrefrenabile desiderio di cono
che facilmente se ne potesse squarciare il velo. Ma appena vi furono gli stolti che ciò credetter possibile, si trovaron s
ossederne il privilegio o il segreto. Così nacquero ed ebbero credito gli Oracoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Orac
pretazione della volontà di essi. Quindi è fondata sulla credenza che gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le
trazione, dopo quanto abbiam detto parlando degli Oracoli, e dopo che gli Dei del Paganesimo furon riconosciuti falsi e bug
pretesa evocazione delle anime degli estinti. In Italia furono primi gli Etruschi a porla in pratica e ne divennero solenn
o la Magìa, l’Astrologìa, il sortilegio, l’interpretazione dei sogni, gli augùrii, o auspicii, gli aruspicii, la negromanzi
il sortilegio, l’interpretazione dei sogni, gli augùrii, o auspicii, gli aruspicii, la negromanzia, ecc. A queste e simili
superstite, dicendo « che tutti coloro i quali ogni giorno pregavano gli Dei e ad essi immolavano vittime per ottenere che
l primo a far questa distinzione, e che non solo i filosofi, ma anche gli antichi romani separarono la religione dalla supe
ne di qualunque genere o specie era una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi politeisti di quel tempo non credesser
ita anche dall’Alighieri nel Canto xx dell’Inferno, ove Virgilio così gli dice : « Vedi Tiresia che mutò sembiante « Quand
felice la donna, Giunone per dispetto lo acciecò, e Giove in compenso gli concesse l’antiveggenza del futuro, o vogliam dir
 Si perdea la sentenzia di Sibilla. » (Parad., xxxiii, v. 65). Anche gli scrittori ecclesiastici che composero polemiche e
che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi potessero accordar loro virt
ammentata la grotta da Orazio in una delle sue Odi165. 71. Dicono gli scrittori antichi che alla foce del fiume Fasi v’
Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra gli altri temi di concorso anche il seguente Tema per
quella eroica), parlerò qui brevemente della principal maraviglia che gli Antichi raccontavano di Arione, vissuto sei in se
ssit habere novem. » Ma invece di sole nove stelle, come ne vedevano gli Antichi ad occhio nudo, se ne vedono diciannove c
mano inevitabile n’afferra « Gli avidi mostri insani, « E strangolati gli divelle in brani. » (Traduz. del Borghi.) 85.
Cade qui in acconcio il riferire com’egli interpretò che i principi e gli eroi antichi erano dati ad educare ed istruire (c
, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che era, come tutti gli altri Centauri, mezzo uomo e mezzo bestia. Ecco l
 ; nè fu considerato dopo la morte come un Indigete Dio, e perciò non gli furono resi onori divini. 142. Anche nel Canto
hi e non agli avari, e potrebbe darsi che lo avesse interpretato come gli faceva comodo ; ma forse è più probabile che nell
Tiresia diventò femmina, usa qui il pronome le, cioè a lei, invece di gli , cioè a lui, perchè Tiresia finchè non ebbe ribat
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
istesso i trasporti delle nazioni e del tempo, quando si deificavano gli stessi esistenti, innalzando loro tempii ed altar
in parte alle nostre promesse, non dandoue che un saggio, lasciando a gli altri ciò che non abbiamo saputo, o non abbiamo v
’costumi, nè il vederne sorgere tante contraddizioni valsero ad aprir gli occhi e presentar loro lo insano spettacolo di ta
o i bei sentimenti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con gli strazii, con la cicuta, e così il politeismo sorg
ha per prime nozioni intuitive le creature, non ci può presentare che gli esistenti come prima genesi religiosa. Corre in f
ino a noi ha percorso due strade distinte, che si possono seguire con gli occhi nella vasta estensione de’paesi e dei secol
a terra, addivenne parvolo, ed allora, così un filosofo italiano(1) «  gli errori susseguenti non furono i vagiti della infa
ascorrendo di tempo in tempo di errore in errore, e cogliendo in fine gli estremi, facendosi per ogni divieto, la Idea andò
uomo ; ora un padre colpito nella sua tenera posterità invoca in essa gli Dei del suo dolore ; ora il menzogniero artificio
, che noi abbitiamo — con le catene le nostre passioni — con le ombre gli uomini stessi abitatori del globo, e la figura de
fanno i pittori, che volendo dar forma a gl’intelligibili, quali sono gli errori, le virtù, la scienza, le passioni dell’an
i tutte le specie particolari a ciascun suo genere simiglianti : come gli Egizii tutti i loro ritrovati utili necessari al
vittoria alata con in mano una corona. Ancora con miti descrivevansi gli avvenimenti degli uomini. Così Pane, che era anco
alla plebe, e ciò da una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli antichi romani era vieto a’plebei impalmare le do
di toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non intendevasi di aver gli eroi Cretesi lasciati liberi i connubii a gli est
non intendevasi di aver gli eroi Cretesi lasciati liberi i connubii a gli estranei venuti in Creta con una nave detta Toro.
quali non pochi in istato ancora di selvaggi tengono come Iddii tutti gli obbietti, che sembrano loro inintelligibili ; e d
le cose, Iovis omnia plena, concetto tutto panteistico, da cui tragge gli esordii quello emanatismo, con cui ora va contami
ser l’etere, che si diffonde dappertutto. E questo modo di concepirsi gli Dei non più porgeva miti di narrazioni vere, ma f
i oscurò ancora di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creava
di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creavano nella loro m
e prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava di non andare gli Dei avversi a’loro voti, come credevano avversi a
questo che al concetto dell’ Ente sottentò quello degli esistenti, e gli esistenti furono deificati, e soprattutto coloro,
lla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie di mito, onde gli antichi eterodossi veneravano molt’Iddii. Il dott
i altri Iddii, che si vollero adulteri, presedere al furto, servire a gli uomini. Mitografia fisica — ed in questi Varrone
utti compiacendo lasciava i filosofi nell’ambizione di conversare con gli . Dei mondani, ed il volgo nella libertà di tratte
Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso in possessione d
. Lo istorico discoprendo il velo, cui vanno avvolti i miti, vi trova gli elementi e la iniziativa della storia antica de’
la terra » Cantate, così volto in italiano le sue parole(2), o Muse, gli Dei immortali, figli della terra e del cielo stel
alimentati dalle acque dell’oceano ». Del pari la sentivano i Fenici, gli Egizii ; e Sanconiatone credeva, esser le favole
o i diversi effetti di che volevano esser ella produttrice, e secondo gli esseri diversi da lei usciti, tutta sopra queste
non va soggetto a forma e ad immagini esteriori. Intanto i pittori e gli scultori volendola personificare e darne fuori un
cole etc. Filosofiche e sono quelle immaginate da’poeti a manifestare gli arcani della filosofia, come è il dirsi — l’ocean
finte a comunicare alcuni dettati per formare i costumi, e tali sono gli apologhi — Allegoriche, vale a dire che portano s
e dare, se a Giunone, a Minerva od a Venere, ei donollo a Venere, che gli prometteva la più bella donna del mondo : favola
il sole o l’aria. 20. Apollo — varie maniere, cui lo rappresentavano gli Egizii, onde si scopre non essere che il sole, ra
ere più tempo in interrogare i monumenti letterarii a noi rimasti fra gli avanzi e la polvere dell’antichità più remota, e
quelli, onde intender le favole nel vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nostri padri di non volgare sapienza, vol
iplice ordine, celesti, mondani e di coloro, che procreano la mente e gli animi — Celesti, quegl’ Iddii, onde vanno procrea
unone, cioè l’aria, l’etere, le biade ; Diana, la caccia, dalla quale gli antichi e soprattutto i selvaggi campavano in mig
 ab Iove principium — Iovis omnia plena ; perciocchè l’aere primo tra gli elementi è diffuso ancora per ogni recondito rece
in Argo con due occhi non dissimili a quelli, che la natura ha dato a gli uomini ; e con un terzo in mezzo alla fronte ; pe
mensa mole del mondo, e mescolarsi dappertutto, onde trassero origine gli uomini, i bestiami, gli uccelli, e tutta la famig
mescolarsi dappertutto, onde trassero origine gli uomini, i bestiami, gli uccelli, e tutta la famiglia de’pesci(2), volevan
ono i destini a’nascenti, o porta il nome di Carmente(3) ; presiede a gli avvenimenti fortuiti, e chiamasi Fortuna ; porge
timenti ; a lui il nome di Dea della gioventù, porgendo ai giovanetti gli esordii dell’età giovanile ; a lui il nome di For
dii dell’età giovanile ; a lui il nome di Fortuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba di peli ; a lui il nome di Dio Gi
poichè il vino, di cui egli fu l’inventore, bevuto oltre misura, apre gli animi, e ne appalesa gli occulti sentimenti. Altr
li fu l’inventore, bevuto oltre misura, apre gli animi, e ne appalesa gli occulti sentimenti. Altri non pertanto dicono, ch
o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indicavasi gli ubbriachi andar vacillanti or da una parte, or da
. A lui si innalzavano simulacri per lo più nudi, volendosi esprimere gli animi degli ebrii andar del tutto aperti ed in nu
ge e riproduce. In un’inno che si vuole di Orfeo, tra le attribuzioni gli si dà il nome di padre degli Dei beati e degli uo
a, mancando a gl’antichi fiore d’ingegno, onde scoprire come dominare gli oceani e i mari ; od in fine, perchè lungo tempo
e nel fondo delle miniere, e nel seno della terra, hanno creduto, che gli antichi non intendessero con questo nume, che le
a il significato di ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e. gli si assegna lo imperio dello inferno, perchè solo
dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura di tutti gli altri elementi(1). Perciò i greci lo chiamavano α
e ritornano a lui, alla terra, e vengono sottoposte al suo imperio. E gli si pone lo scettro in mano, chè lo imperio del So
enerate. Altri ancora(2), facendosi più innanzi, dimostra, che presso gli Egizii Plutone era lo emblema del Sole d’inverno,
che vuole essere Iao, cioè lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, che porta il nome di Plutone nello inverno,
fu creduto il Dio delle divinazioni ; chè il Sole pone in luce tutti gli aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5)
perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di sua dimostrazione. Perciò da’ Greci fu
ca propria della luce solare. Questo solo basterebbe ad indicare come gli antichi immedesimassero il Dio Apollo con il Sole
instituiti i giuochi Pizii. Poichè Apollo va idenficato con il Sole, gli abitatori di Ieropoli quando volevanlo rappresent
arba, per indicare la emissione de’raggi del Sole in verso la terra —  gli ponevano sul capo un canestro di oro, per signifi
onevano sul capo un canestro di oro, per significare la luce eterea —  gli facevano stringere nella destra una lancia, e gli
re la luce eterea — gli facevano stringere nella destra una lancia, e gli ponevano su la fronte una immagine della vittoria
empi. Da ciò fu creduto come il precettore e l’antiste delle Muse ; e gli si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più
arta divinità, che fu Apollo, appreso per Dio della luce civile, onde gli eroi si dissero κλειτοι, chiari da’greci, da κλεο
deggia cangiata in lauro, perchè Apollo co’nomi delle prosapie eterna gli uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma
chioma i nobili ; e si legge tra le pene de’nobili appo i Persiani e gli Americani di spiccare uno o più capelli dalla lor
, che fondarono tale nazione, come certamente appo tutte le nazioni a gli schiavi si rade il capo. » 25. Mercvrio — Dio del
Mercurio percorre, come è noto dall’astronomia, per le vie del cielo, gli fè dare una tale attribuzione. 26. L’Agostino int
asi medius currens, perchè la parola o il discorso corre di mezzo fra gli uomini ; e si disse ερμης da’greci, posciachè ερμ
ortò il nome di nunzio, giacchè con il favellare si danno fuori tutti gli escogitati della mente » — E per questo egli era
chi tutti quei che mancano delle mani. 27. Co’miti dunque di Mercurio gli antichi non intendevano che il mirabile magistero
a quale ordinò il censo…. Da Mercurio de’Greci fu ritrovata la lira e gli fu data da Apollo, Dio della luce civile, ossia d
tro a questo sentimento della scuola stoica potrà dirsi non meno, che gli antichi si avessero creata questa divinità, onde
iacer con Venere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a gli sguardi di tutti — con questo mito, poicchè come
, lasciando al leggitore di appigliarsi a quelle interpetrazioni, che gli sembreranno non disviate dalla ragione, e riggett
gli sembreranno non disviate dalla ragione, e riggettare quelle, che gli parranno del tutto immaginarie ». I poeti teologi
mor nobile, che tanto ερος significa, che fu lo stesso che Imeneo : e gli eroi si dovettero dire in sentimento di signori d
iedi, che significavano tutta la santità del matrimonio ; in aria per gli auspicii, che abbisognavano alle nozze solenni. o
nominata, come vuole Tullio(1), a gerendis frugibus, dall’averporto a gli uomini le biade, scambiandole con le ghiande e co
Giove di riportarla con seco per sei mesi su la terra, lasciandola a gli amori di Plutone per altrettanto tempo alternativ
diversamente ancora lo interpetra Bacone. Per Proserpina, ei dice(3), gli antichi intesero quello spirito etereo, che si ra
in mente de’Greci per rappresentarsi un tipo di coloro, che radunando gli uomini in uno, prima dispersi nella gran selva de
tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una volta gli uomini nudriti del frutto di questo albero. Le si
assisa sopra un leone, ch’è la terra selvosa, che ridussero a coltura gli eroi…. detta gran madre degli Dei, e madre detta
neme di Dei : e le è consacrato il pino, segno della stabilità, onde gli autori de’popoli stando fermi nelle prime terre f
rrua importa forza, giudizio, e ben risponde al tipo che se ne fecero gli antichi, onde personificare la sapienza e la forz
ioè ammonire (4), ossia da’saggi consigli, che credevasi di porgere a gli uomini. Portava ancora il nome di Pallade, parola
ce della guerra, pugnando acremente per tutelare la giustizia. Da ciò gli antichi le attribuirono virilità e truculenza, qu
ibuirono virilità e truculenza, quali caratteristiche trasparivano da gli occhi suoi, dipingendoli di color glauco, come si
si scorge nelle fiere robustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali tinti di color glauco sono si viv
econdo la maniera di baciare tutta propria di essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano di questa pianta per concili
irto, poichè gli antichi si servivano di questa pianta per conciliare gli amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cup
lentemente negli animi degli uomini. Gli pongono in una mano l’arco e gli strali, nell’altra una face, perciocchè l’amore è
l’atmosfera : da ciò vennero gl’influssi, che le furono attribuiti, e gli emblemi sotto i quali erano indicati, e gl’inni r
e il sole, ora lo fugge, ora si accosta allo Zodiaco, ora si unisce a gli altri segni celesti. 46. Si vuole che Diana vedut
così presso Orazio(8), la seguivano, e le Grazie quando scendevano a gli auspicati talami. Dalle spose, così Platone(9), s
accusato da Cleonte, uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori dovuti, e di averne turbato il riposo : non
ntro dell’universo, per farla rivolgere intorno al sole. Posciachè da gli antichi fu creduto rimanersi la terra sempre immo
la terra le si davano sembianze rotonde, e veniva collocata per mezzo gli omeri, per esprimersi la forma quasi rotonda dell
της μωσεως, ricerca, perchè si voleva di aver ricercato e insegnato a gli uomini cose sublimi, e che non sono alla intellig
 — Varrone ne fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento di glor
per superiore bellezza meritassero l’approvazione di tutti. Operando gli scultori tutti e tre col portento dell’arte, tras
si dolcezza, di voce, il diletto della eloquenza, e lo ammaliar quasi gli anini, traendo dietro a sè gli affetti del cuore
o della eloquenza, e lo ammaliar quasi gli anini, traendo dietro a sè gli affetti del cuore umano. 54. Le Grazie — Tre di n
hi luoghi della Grecia se ne riconoscevano quattro, e solo due presso gli Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Gi
entisi a danza, per dinotare che mutua deve essere la munificenza tra gli uomini ; e mercè la gratitudine il beneficio debb
uccide Acheloo, che cangiossi prima in serpe. poscia in toro, quando gli fu strappato un corno, e raccolto dalle Naiadi, n
no, fu posta a cultura, e porta la iniziativa dello incivilimento tra gli uomini. Sotto l’altro aspetto poi non sfugge a co
isce tre corpi, quando essendogli mancate le frecce, invocando Giove, gli mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uc
izioso, che a nessuno veniva il destro di indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menan
ti inondazioni portava il guasto alle campagne, e continue guerre tra gli Etoli stessi e gli Acarnani. Ercole alzando alte
ava il guasto alle campagne, e continue guerre tra gli Etoli stessi e gli Acarnani. Ercole alzando alte dighe a questo fium
el Sole, il quale trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge a gli Dei, ed egli improntava questo sentimento dalla s
detta Calliope, che vien dispinta come una cerva. V. Ercole disperde gli uccelli Stinfalidi, così detti dal lago, ove sole
ede delle loro crudeltà, uccidendo l’uno che soleva sacrificare tutti gli estranei, che giungevano nei suoi stati, e lascia
o da’sol chi uomini armati, per la contesa eroica della prima agraria gli Eroi escono dai loro fondi, per dire che essi son
o in Italia cangiasse e favella e maniera di vivere, o perchè desse a gli antichi abitatori del Lazio, incolti e fieri, con
el Lazio, ma esser considerato come un segno celeste, che rifulge tra gli astri, preceduti da lui nel loro cammino intorno
ente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la sua istoria — Giù, Vate operoso,
endi da me stesso ciò, che desideri sapere. Caosse era il mio nome da gli antichi. Questo lucido aere, e questi tre corpi,
per vie sicure. Di letiforo sangue verrà rimescolato tutto l’orbe, se gli uomini infieriti non si rattengono dalla guerra.
Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le sue porte a gli Dei le preci dei supplicanti. Perciò sovente i si
sotto le sembianze di caprone. Era questa una simbolica escogitata da gli antichi, onde personificare la natura, tutto l’un
i diversi colori delle cose. Creduto custode degli orti e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cingeva il se
duto custode degli orti e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno di ogni specie di frutti, indi
uoni dagli antri e dalle voragini della terra, onde vengono atterriti gli armenti e le greggi, per indicare non pochi commo
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
osi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la quale gli eroi, gl’ imperatori e i poeti eran collocati dop
’origine dell’ apoteosi risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i G
risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima g
ca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima gli uomini ador
siri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima gli uomini adorarono le cose materiali create da Dio,
on contento dei magnifici funerali pel suo amico Efestione, volle che gli fosser fatti onori divini ; laonde gli consacraro
suo amico Efestione, volle che gli fosser fatti onori divini ; laonde gli consacrarono feste, gli alzaron templi, gli offer
le che gli fosser fatti onori divini ; laonde gli consacrarono feste, gli alzaron templi, gli offersero sacrifizj, e giunse
tti onori divini ; laonde gli consacrarono feste, gli alzaron templi, gli offersero sacrifizj, e giunsero ad attribuirgli g
i degl’imperatori. — Ora in senso figurato si chiamano apoteosi anche gli onori straordinarj o gli elogi esagerati fatti a
in senso figurato si chiamano apoteosi anche gli onori straordinarj o gli elogi esagerati fatti a un vivente. II Ara o Alt
i popoli fecero i primi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi coprendole di sacre palme ; quindi alle pi
acerdoti istituiti da Romolo, e destinati principalmente ad esaminare gli animali offerti in sacrifizio ed immolati agli De
1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ;
ni e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combina
erimonie religiose. VI. Feste e Ferie. I giorni consacrati ad onorare gli Dei ed a ricreare il popolo eran detti feste. In
vallo, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato di veder lavorare la gente ; laonde q
nde quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il
andando al supplizio, erano da lui incontrati per via. Egli benediva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta c
cre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi, gli eserciti, i greggi, gl’ individui, le città, i te
schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano con imprecazioni contro il popolo nemi
i eadaveri. XII. Purificazione, atto religioso dei Pagani per onorare gli Dei, per espiare i delitti o per allontanare una
eva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non
a eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non gli permetteva d’ entrare nei templi se non che dopo
leta espiazione. XIII. Vittime, ostie, olocausti. Furon dette vittime gli animali destinati ai saerifizj. Ogni divinità ave
garritu avium, perchè principalmento dal canto degli uccelli traevano gli augurj. Questa impostura è di antichissima origin
ugurj. Questa impostura è di antichissima origine. Trovansi ricordati gli auguri uel Levitico perchè Mosè espressamenle li
lare. Da essi l’apprescro i Greci, e molto vi si distinsero in Italia gli Etruschi. In Roma furono prima tre auguri islitui
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
XXXII Gli Oracoli Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esist
tri con qualche osservazione che sia ad essi comune. Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senz
gine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quell
st’ultimo storico autorevolissimo aggiunge che il sacerdote proferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico d
roferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello
ro Siculo e Q. Curzio. Anche i Romani ricorrevano talora a consultare gli Oracoli della Grecia ; e lo stesso T. Livio ne ad
quei sacri recinti. E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi 
fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi ; e da essi li appresero i Romani che ne
ivati, come sappiamo anche dagli storici di Roma. Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divinazione preindicati erano altre
mpi nostri, tanti secoli dopo che furon riconosciuti falsi e bugiardi gli stessi Dei a cui quegli oracoli erano attribuiti.
i affatichino a citare centinaia di autori che avevano scritto contro gli Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso di
azione della volontà degli Dei287). Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato con
contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, che gli Oracoli erano buoni per le donne, i fanciulli, e
donne, i fanciulli, e gl’ignoranti. Cominciarono dunque a screditarsi gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana,
poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il suppor
del culto religioso che ne dipendeva. I primi Cristiani attribuirono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che
l fatto storico, pur troppo vero e indubitabile, che per tanti secoli gli Oracoli avessero credito e fama non solo presso g
elli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono
abile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori d
ra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i
ità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. E ness
a umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. E nessuno sarà mai sì
ræ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della
d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della volontà degli
ttribuito a un Dio290). Finchè dunque i sacerdoti che facevan parlare gli Oracoli furon dotti e sapienti e amarono la liber
do dei potenti, e questa falsità si fu scoperta nei popoli, divennero gli uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine
Divinazione era immaginaria e insussistente, e Catone ad asserire che gli Oracoli eran buoni soltanto per le donne, i fanci
intendere al popolo romano che le sue prescrizioni religiose e civili gli erano suggerite dalla Dea Egeria : « Con aspri p
15 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
tilità, ebbero la loro origine dalla Idolatria.(2) Imperocchè perduta gli uomini a poco a poco la cognizione del vero Dio i
si al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed a quante creature più ferivano gli sguardi ogni ossequio, ogni culto, ed onore. Quin
heon, ove radunate vollero tutte le deità ricevute ; anzi sorpassando gli altri in tal sorte di follia, mille altri più sto
soprattutto nelle loro differenti preeminenze, e ne’gradi, pensarono gli occecati abitanti della terra in quattro classi d
ro classi differenti generalmente dipartirli. La 1 classe abbracciava gli Iddii superiori detti Maiorum Gentium, come quell
te del Regno, con inudita crudeltà divorava tutti i maschi figli, che gli partoriva Opi sua moglie, come divorato avrebbe s
’ orribili suoi fischi, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impauriti gli Dei sotto figura di diversi animali fuggirono in
te al lettore la libertà di seguire quelle opinioni, che maggiormente gli aggradono. Cap. II. Nettuno Sonetto
Porta il tridente per mostrar lo sdegno, E ogni mostro marino al piè gli appare. Il diadema rëal gli forma il segno Del va
ar lo sdegno, E ogni mostro marino al piè gli appare. Il diadema rëal gli forma il segno Del vasto impero, e fra conchigliè
sgrazie, alle quali fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo, gli siano servito di appoggio, e sgabello alle sue fo
uindi avvenne, che tanta bruttezza tollerar non potendo di buon genio gli stessi suoi genitori, e soprattutto Giove geloso
tà, subentrar facendo agl’ effetti paterni un odio crudele, crucciato gli tirò fiero calcio, e dal cielo per più non mirarl
r esalar quivi giunto l’ultimo suo affannoso respiro ; ma al ravvïsar gli abitanti di Lenno l’infausto fato, cui cadendo an
però si tenne nell’ eseguire ogni sua richiesta. Egli tutto sollecito gli fabbricava quei fulmini tremendi, de’ quali armat
l terror di chiunque osava far resistenza a suoi cenni. E chi in vero gli prestò braccio forte nelle sue antiche battaglie
i non si acconviene, ad eccezione del solo Erittonio, che comunemente gli viene attribuito. Del resto la favola hà sempre r
i coppiere degli Dei ; le sue maniere però poco avvenenti disgustando gli Dei nella circostanza appunto più bella di pascer
avuto quello nelle mani spinto dal furore della concepita sua collera gli diè fieramente la morte. Commosso per tal barbaro
presenza di tanti giudici, quanti appunto furono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fier
stuzia. Sue prodezze. Mentre Apollo guardava lungo il fiume Anfrigio gli armenti del re Admeto da lui teneramente amato, q
ante Batto. Temendo pertanto d’essere scoverto trattosi a lui innanzi gli esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto
la fedeltà del pastore cambiando portamento, e sembianza sconosciuto gli si fè d’innanzi promettendogli una più ampia merc
gli si fè d’innanzi promettendogli una più ampia mercede, se svelato gli avesse il temerario ladro. Ingannato allora il me
ificarci la sua aurea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuovere gli ascoltatori, ed attirare a se i loro animi, quasi
e delle frodi è nominato Dio de’ ladri : perchè abile a conciliare si gli Dei, che gl’ uomini fra loro, ambasciator di pace
mati Eroi, e miriam sovente, che chi per qualche dono di natura infra gli altri singolarmente rifulge, egli suol divenire i
o arciero contro di quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte gli fè pagare ben presto il fio del suo nero attentat
poi tradito da lui nella convenuta mercede, con pestilenza ne attaccò gli stati, come per la causa istessa con inondazioni
te nel cielo chi mai creduto non avrebbe esser per lui terminati omai gli affanni ? Sue nuove sventure. Eppur non fù così,
si costui dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figlio di Apollo come si
tore a tal dimanda, ed imprese a distorglierlo con quelle parole, che gli mette in bocca Ovidio Magna petis Phoeton, et qu
ituata sul Tripode coverto dalla pelle del Serpente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Lug
i detti dal suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offerivansi fra gli animali più specialmente il toro, il porco, e l’a
ncudine ligò destramente a suoi piedi. A tal vista risero sulle prime gli Dei, ma quindi impietositi pronti corsero a prest
a occasione non pria stese le mani all’ opra, che la povera madre non gli avesse promessa, non ostante la sua deformità, la
t altrix. Sue disgrazie. Fù questa Dea fregiata di tanta beltà, che gli Dei stessi restarono sorpresi dalle sue fattezze 
e abbondanti messe a lei intorno raggirandosi le prestano divotamente gli omaggi. Suoi nomi. Da questa efficie della Dea s
ni altro dono fastosamente sprezzando, con tutto calore sol in grazia gli chiese di potersi eternamente mantenere illibata
ti, e generò più figli. Perduto in Ciel il trono, e i primi onori Fra gli Arcadi salvossi da perigli, Donde piacque istruir
turno. La sua crudelià però nol fé riguardar per tale, nè mai ottener gli fece il bel titolo di padre degli Dei a lui per n
dre, e devirollo. Quello stesso però, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigl
al suo fratello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede, gli furono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocc
ssi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno gli permise non solo il soggiorno, ma consigliere alt
ttore i più vivi segni della sua gratitudine. Con arte affatto nuova, gli incivilizzò in modo i sudditi, gli benedisse in g
atitudine. Con arte affatto nuova, gli incivilizzò in modo i sudditi, gli benedisse in guisa la terra, che fra quelli ammir
liziava non poco del sangue umano, perciò non altra vittima che umana gli si doveva sacrificare sugli altari, ove in memori
unque offesa. Reciproci regali inviavansi affettuosamente gl’amici, e gli stessi servi ammessi alle mense de’loro padroni,
li la porta, per cui sol le umane preci potevano avere accesso presso gli Dei(1) Da ciò si intende perchè in tutti i sacrif
lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderan
nno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderanno veleno ; le sue carezze gli daranno la morte, e tutto odio alfin trovera quel
nvenzioni fantasticarono di tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e gli Elisii ; sul lor sito, ed ingresso ; su i diversi
o, e da Opi non altrimenti che Giove, e Nettuno suoi germani fratelli gli alti gloriosi natali, e caduto non molto dopo dal
e coronato Senza provar dolor scherza sovente Con due gran tigri, che gli sono allato. Conforto dell’afflitto, ed impotente
e presa la Dea nel venir ad esso Giove sotto foggie mortali in grazia gli chiese un favore, e per stige l’obbligò a serbarl
mosse Ella per dimostrar la sua fermezza La lunga barba a pelo a pel gli scosse. E pur perder dovette ogni fierezza, E rim
quivi divertirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere gli amati suoi oggetti, e variemente disporli in gras
llo stesso suo nome : onde così non avendo il marito con chi dividere gli affetti fosse ella sola del cuor di quello unicam
. Assai dì più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso velando gli occhi fa sì, che l’uomo non ri accorga della occa
e dimesso, Non osa alzarlo verso il ciel sereno, Ogni raggio del Sol gli par baleno, Mira gemendo in tutto il proprio ecce
i di quel mortale veleno, che serba appunto in un vaso, onde compiere gli angustiati suoi giorni troppo chiaro ci dimostra
mbolo è del bestial suo naturale, che laddove essa non può tormentare gli altri contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e
Che il suo deforme in ricco ammanto cele, Porta una benda in man, che gli occhi vela Ad ognun, cui favella assai melata. Le
nascosta sotto le divise della verità : e quella benda, con cui covre gli occhi de’creduli è il primo, e vero segnale del m
do. Molto gira, e ritenta iniqua impresa, Spesso s’inoltra, e simular gli lice, E solo il tempo i falli suoi palesa. Costei
veramente orrore. Del mantice ella la iniqua donna fa uso per muovere gli affetti allo sdegno ; del flagello si serve per a
morte bisogno non hà di spiègazione. L’universale suo impero su tutti gli esseri viventi, l’impreveduto suo arrivo, le tris
a gloria sua ne resta offesa Essa, che nel mortal sempre favella, Che gli solleva, anzi incoraccia il core, Che fra perigli
, E sotto l’umil manto ascose i figli. Ella fece spezzare i brandi, e gli archi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La g
iem superstizion vinse, e conquise, Dell’innocenza fù guida felice, E gli increduli rei depresse, e uccise. Nel sangue gius
. Si squarci pure il suol, apransi l’onde, Si sconvolghino i Cieli, e gli Elementi Religïon non manca, o si confonde Sicuro
ure dell’ammirabil possa di quest’arte. Per essa più popoli spogliati gli antichi loro selvaggi costumi furono felicemente
za le espressioni, quanto di energia le ripetizioni, quanto di grazia gli epiteti, quanto in somma contribuisce a pingere a
mentre per questo ufficio appunto essa richiede grand’ arte. In essa gli animi debbon ricevere le ultime scosse per abband
più vere forme poetiche, quivi le ripetizioni le più graziose ; quivi gli epiteti i più seducenti, quivi le descrizioni le
oni nel cuore atte ad attirarlo dove voglia chi parla. Ed ecco perchè gli Spartani fino a tal segno odiarono il lungo, ed e
mmi Dei Quanto imitar mi piace Abborrisco emular. Gli perde amici Chi gli vanta compagni, e non si trova. Follia la più fat
amo in fatti gl’istorici monumenti, e quivi senza dubbio vedremo, che gli Orientali, e quindi i Druvidi, i Bardi, gli Enoba
senza dubbio vedremo, che gli Orientali, e quindi i Druvidi, i Bardi, gli Enobardi, e finalmente i popoli della Scandinavia
gio Con voce ben chiara L’oracolo intende La cosa più cara Salute gli rende Al fuoco si da. Nè prezza l’orror. Esc
esto tronco ; altre volte poi il solo secondo rima col quarto e tutti gli altri restano liberi come. Epaminonda, che vinc
L’ardito Tebano Il sangue già scende, Di Sparta non teme E l’armi gli bagna ; Intrepido unisce Qual rio si stende L
boschi mi discacciono, Fatto a me stesso in odio Non han più ombra gli albori Gemo nel duol terribile. Perche son senz
co, poichè Pindaro poeta greco ne fu l’inventore. Esso è atto a tutti gli argomenti, e secondo la loro natura benchè prenda
e l’esempio. Telesilla disposta a combattere con altre donne contro gli assediatori Spartani. Mentre crudele assedio C
gliono, L’ardita Telesilla, Ed altra i dardi avventa E disarmando gli uomini Allor lo stuol femineo Tutte le donne ar
ando mai sempre però tutt’i plurali per tronchi, come i dolor, i can, gli uccel, ecc. mentre questo in tal metro suol esser
la perdita del suo. Promulga il re Zeleuco il gran decreto Che perda gli occhi, e cada in fier periglio Ognun, che trasgre
 : Ahi sorte rea ! Cadde dunque Curiazio, e tu spietato Mirar potesti gli ultimi momenti Di chi tanto amò : ed or di orgogl
rio. Mentre invocava il labro pallidetto Il nome mio ? Sentir potesti gli ultimi sospiri, E l’interrotta, e tronca sua fave
ei versi eroici, de’ quali i primi quattro rimano alternativamente, e gli altri due immediatamente fra loro. Un tal metro è
to, ed in tutti conserva egualmente le sue bellezze. Consiglio perciò gli apprendenti della divina arte poetica ad esercita
rme le più grandiose idee è l’Ottava rima del Boccaccio. Questa mercè gli otto eroici, de’ quali costa, mentre co’ sei prim
bensì dell’ottava nel comporre quel bellissimo lavoro degno di tutti gli elogii, il lamento cioè di Maria a piè della Croc
col corno suo fortissimo Vien Melibeo, e con moïne, e zacchere Tanto gli fece, che sel seppe togliere, E sel condusse al s
tremo sciogliere Da un ladrone si astuto, e si terribile Che sà tutti gli istanti ardito cogliere. Or senti, e vedi se ti p
fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccorso, che l’arte appien gli diè. La maschera gran cosa esser non può, Perchè
ie di Sonetti, molti altri di diverse foggia ancor vi sarebbero, come gli acrostici, i bisdruccioli, i Bisticciati ec. ma l
sol col raggio non affanna M’occupa del mio ovil solo l’aspetto. Dopo gli affar mi pince andarne al letto, Nè di zampogna p
diit vigor Boet. lib. 1. VII. L’ Innominato terzo finalmente contiene gli ultimi quattro piedi dell’ Esametro, come : Aut E
la classe poi degli Endecasillabi si riducono i Faleuci, i Saffici, e gli Alcaici. I. I Faleuci detti così dal greco invent
avvenire ad un titolato, che combattuto da diversi sinistri accidenti gli resta per fine il solo titolo senza patrimonio. I
un tempio in onor del suo padre Belo, cui volle, che si tributassero gli stessi omaggi divini. Tal’opinione però non mi è
ci, ed attrattive, I luminosi tratti di sua beneficenza, e liberalità gli meritarono un tal nome. Suo ritratto. Suo culto.
r aere toto. Per questa ragione Demostene qualora imprese a deridere gli Ateniesi per la ricevuta ingiuria di audarne in b
soglio, con qual fondamento dimostrar si potrebbe quanto con Saturno gli avvenne ? Sue imprese. Suo ritratto. (1). Qui vo
messo da Plutone ossia Adioneo re di Epiro stante che la madre negata gli aveva tal figlia per sposa ; ma come poi è da spi
lice allor che nasce In questa valle di miserie piena Pria che al sol gli occhi al pianto, e nato appena Va prigionier fra
limità devesi in esso singolarmente impiegare. Un tal verso serve per gli argomenti sublimi tragici, funebri, ma se si vole
essere ad arbitrio Daflili o Spondei il quarto è un Dattilo forzoso, gli ultimi tre sono Trochei anch’essi forzosi. Il Tri
16 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ua decadenza. Il solo Livio rimpiangeva la pietà dei primi Romani per gli antichi loro Dei, ma questa pietà confondevasi al
’imperatori introdusse l’apoteosi, colla quale vennero annoverati tra gli Dei anche i più scellerati mostri che sedettero s
ammesso il culto degli avi, ma non avevano pubblicamente deificato nè gli Scipioni, nè i Camilli, e restringevano il loro c
o per cagione delle sventure del paese. Più non sorgevano tribune per gli oratori ; ma i sofisti più liberamente poteano be
il culto romano, le filosofie orientali erano riunite e confuse come gli strati del fango che il Nilo straripato ammucchia
del bene e del male. Ci rimane a parlare di quel popolo nato a mutar gli altri tutti, mentre egli solo dovea durare immuta
e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo di Ciro gli Ebrei s’erano qua e là dispersi nella Siria, nell
rio. Contavansi tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e gli Essenj ; ma nel mentre che i Romani vennero a cin
tutte parti, o, a dir meglio, si maturava per un grande mutamento. Ma gli uomini non avean forza da ciò. Essi commentavano
in nome dell’umanità, della giustizia, dell’eguaglianza primitiva tra gli uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti gli
lianza primitiva tra gli uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti gli schiavi e gli oppressi, che è quanto dire l’unive
va tra gli uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti gli schiavi e gli oppressi, che è quanto dire l’universo. Nulla di
ostacoli s’opponevano alla promulgazione d’un nuovo culto ! In tutti gli angoli dell’universo, qualche antico rito, qualch
vaga mitologia, alla comoda licenza della morale filosofica, a tutti gli adescamenti delle arti e dei piaceri, oppone le p
entre, sapendo d’esser peregrina in terra, non ignora che ritrova fra gli estranei facilmente i nemici ; ma essendole noto
e convinta ; poichè qual cosa è più di lungi dall’equità, quanto che gli uomini abbiano in odio ciò che non sanno se in fa
dall’odiare, ma dal sapere perchè si deve odiare ? Onde, essendo che gli uomini odiano senza che ad essi noto sia che cosa
e. Qui solo la curiosità umana s’impigrisce : amano d’ignorare mentre gli altri godono di sapere. Non vogliono informarsi,
sa, perchè questa setta molti tira al suo partito, mentre quanti sono gli scellerati, quanti quelli che dal retto sentiero
accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. Finalmente gli uomini cattivi si affaticano di nascondersi, e s’
noi siamo colpevoli, perchè non ci trattate da pari nostri, cioè come gli altri colpevoli ? Al delitto istesso conviene l’i
to istesso conviene l’istesso trattamento. Noi siamo creduti rei come gli altri : ma essi o della propria bocca, o di merce
ne e degli armati ? Son forse in maggior numero i Mauri, i Marcomani, gli stessi Parti, o l’altre genti qualunque siano, pu
isole, i castelli, tutti i luoghi di vostra dipendenza, le congreghe, gli eserciti stessi, le tribù e le decurie, il palazz
mentre in un giorno del mese ciascuno vi pone qualche danaro, quanto gli piace, o se gli piace, o quando ei può ; poichè n
orno del mese ciascuno vi pone qualche danaro, quanto gli piace, o se gli piace, o quando ei può ; poichè niuno è costretto
abbiamo un volere e un cuor solo, non abbiam difficoltà ad accomunare gli averi, laonde tra noi tutto è indiviso fuori che
ajutiamo anche i mendichi, non per la vanagloria di renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso di voi succede, arro
ol darsi querela. In danno di chi ci aduniamo mai ? Congregati, siamo gli stessi che siamo disuniti, ed in comune siamo gli
? Congregati, siamo gli stessi che siamo disuniti, ed in comune siamo gli stessi che soli : nessuno da noi s’offende, nessu
ni, senza botteghe, senza officine, senza alberghi e mercati, e senza gli altri commerci bisognevoli. Navighiamo anche noi
iore, servendocene per dar sepoltura ai Cristiani, non per affumicare gli Dei.156 Certo voi dite : Calano di giorno in gior
to de una spaventevole dissoluzione. Forse che si sarebbero sollevati gli schiavi ? Ma essi eran perversi al pari dei loro
i cittadini ; e più in là sarebbero andati, se i Goti e i Germani non gli avessero arruolati. Tutto quello che puossi conge
o sopra la terra è il più grande avvenimento che avesse mai luogo fra gli uomini, poichè la faccia del mondo cominciò a rin
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
ti i poeti, incluso Dante, ne parlano o vi alludono. Cinquanta furono gli Eroi che vi presero parte, alcuni dei quali eran
netta Elle cadde nel mare e vi annegò ; e per questo fatto mitologico gli Antichi diedero a quello stretto il nome di Elles
ben servito, per appenderne come voto l’aureo vello maraviglioso. Ma gli Dei ricompensarono essi quel povero animale, tras
ecisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio
tata dagli uomini, e celebrata perciò con lodi interminabili da tutti gli antichi. La nave fu chiamata Argo, e quindi Argon
li da tutti gli antichi. La nave fu chiamata Argo, e quindi Argonauti gli Eroi che navigarono in quella. Se le fosse dato q
arrestarmi a quisquilie filologiche. All’invito di Giasone accorsero gli Eroi da tutte le parti della Grecia, alcuni dei q
ui si raccontano fatti straordinarii e maravigliosi, degni di poema ; gli altri Eroi vi rappresentan soltanto una parte mol
mpegnò a riconquistare il vello d’oro che ap parteneva alla Grecia, e gli promise di restituirgli il regno al suo ritorno,
aggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti gli altri Eroi costituivano la ciurma che eroicamente
e, e mangiava per cinquanta, bevendo ancora in proporzione ; e perciò gli avevan messo il soprannome di Panfago, che vuol d
. » Dopo questo episodio, poco cavalleresco a dir vero, proseguirono gli Argonauti il loro viaggio. Troppo lungo e monoton
verso i proprii figli, e vi fu aggiunta pur anco la cecità. Approdati gli Argonauti nella Tracia o bene accolti da Fineo, v
riversare i vasi ; « E molta feccia il ventre lor dispensa, « Tal che gli è forza d’otturare i nasi, « Che non si può patir
Arpie : « Avuto avea quel re ferma speranza « Nel duca, che l’ Arpie gli discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar gli
l duca, che l’ Arpie gli discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar gli avanza, « Sospira e geme e disperato stassi. « Vi
Non abbiano a fuggir fuor della terra. « Prende la briglia e salta su gli arcioni « Dell’Ippogrifo ed il bel corno afferra 
ette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fi
tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fineo ebbero gli Argonauti notizie e consigli sul miglior modo di
a doversi così spesso fermare a far nuove provvisioni da bocca. Tutti gli altri incidenti che avvennero avanti che gli Argo
vvisioni da bocca. Tutti gli altri incidenti che avvennero avanti che gli Argonauti giungessero nella Colchide sono di liev
li solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. Ecco perchè d’ora in a
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
soggiorno dei buoni dopo la morte, e il Tartaro, dei malvagi. Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel
on essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto c
dulità dei pagani, tempii ed altari, offrivansi incensi e voti. Tutti gli altri mortali, per quanto buoni e giusti e pii an
r quanto buoni e giusti e pii andavano ai Campi Elisii, soggiorno che gli Antichi, con tutta la loro vigorosa fantasia, non
si ad ardere nel rogo del defunto o seppellivansi nella stessa tomba, gli schiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali o
omba, gli schiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali oggetti che gli furono più cari in vita, non dubitando che per ta
sa monotonia dell’altra vita anche negli Elisii, come la descrivevano gli Antichi, fu un poco interrotta colla invenzione d
cere e nell’ombra « Del mortal velo, alle bellezze eterne « Non ergon gli occhi. Ed oltre a ciò, morendo, « Perchè sien fuo
iziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e
a ; dalle membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne « Dal capo gli salia di polve un nembo262). » (Odissea, xi.) Di
andì loro le membra del suo figlio Pelope da lui stesso ucciso. Tutti gli Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad ecc
e imbandigione, e mangiò una spalla di Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei resero la vita al figlio di Tantalo ricòmpone
ba pena « Tantalo in piedi entro un argenteo lago, « La cui bell’onda gli toccava il mento. « Sitibondo mostravasi, e una s
perciò la sua pena durerà eternamente. Orazio assomigliava a Tantalo gli avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee
nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che gli pendea sulla testa. Virgilio aggiunge che Flegia
a me voi che mirate « La pena mia : non violate il giusto, « Riverite gli Dei »268. Ma questa predica è inutile nell’Infe
Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodolenti, e più dolor gli assale. « De’violenti il primo cerchio è tutto :
con la quale dimostra che usura offende la divina bontade ; e perciò gli usurieri son condannati alle pene dell’Inferno. E
on condannati alle pene dell’Inferno. Egli finge che sia Virgilio che gli dà tale spiegazione da lui richiesta : « Filosof
bri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo spazio per cacciarvi tanti storici pe
. Di alcuni di quei dannati che Dante non rammentò raccolsero i nomi gli Scienziati per formarvi certe particolari denomin
ma Antropomorfismo il politeismo greco e romano, perchè, dic’ egli, «  gli Dei della natura presero forma e natura umana. 2
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
diamo sovente il comune proverbio, che è solo Iddio senza difetti. Ma gli antichi Pagani ammettevano nei loro Dei non solo
fetti, ma pur anco azioni talmente nefande che sarebbero punibili tra gli uomini nella civil società. Distruggevano dunque
i Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato immeritamente il titolo di Ottimo. Nel n
l titolo di Ottimo. Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qualità che gli erano attribuite, per le quali veniva ad esser l’
forma umana ; e il secondo modellava e plasmava, parimente in creta, gli animali bruti. Sin qui il racconto par. vera isto
che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere di crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar
l mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena
delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con
pimeteo perchè l’aprisse. Ma per quanto piena di pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a renderla immune dalla cu
o non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò, ed uccise l’avvoltoio che gli rodeva il fegato : il che vuol significare che la
vuol significare che la forza d’animo, ossia la costanza, vince tutti gli ostacoli, e che gli utili effetti finali fanno di
la forza d’animo, ossia la costanza, vince tutti gli ostacoli, e che gli utili effetti finali fanno dimenticare le pene so
to, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali. È
spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85). Se Giove in questo mito, s
d improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85). Se Giove in questo mito, sì riguardo a
lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lodarsene e a crescerg
o Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè gli parve brutto e deforme : per la qual caduta il mi
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
evol razza di Dei diremo soltanto che avendo i Mitologi ammessi anche gli Dei malefici, eran questi di certo peggiori dei S
E perciò son rammentati quasi sempre scherzevolmente dai poeti, e per gli aneddoti che se ne raccontano rappresentati come
i bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e gli altri quattro col solo distintivo di due piccole
le corna che spuntano loro sulla fronte di mezzo ai capelli. Talvolta gli scultori pongono le figure dei Satiri per cariati
 ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernir
di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una
, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno
guisa di nome collettivo la Fauna per indicare complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione, nel modo
già compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. Opportunamente gli era data per moglie la Dea Pomona protettrice dei
ione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e
no l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che ra
guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che raccontano di lui
uracchio agli uccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una canna con stracci in balìa del ven
nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affermano gli archeologi, ove ora esiste la chiesa di Ara Coeli
rappolo d’uva matura ; il quale un Satirino d’allegrissima vista, che gli sta dai piè, si va a poco a poco, e quasi téma ch
ntucca « Sentiva io là ov’el sentìa la piaga « Della giustizia che si gli pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vive
pretò canere fata ossia presagire : quindi si disse che Fauno rendeva gli oracoli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
ntì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie gli convenne rapirla, e poi contentarsi che ella stes
fianchi in giù ; e ai piedi aveva il tricipite Can Cerbero. Tal volta gli si poneva a lato Proserpina, sua moglie per forza
Lucifero242. La parola Orco fu adoprata dai poeti romanzeschi, e tra gli altri anche dall’Ariosto, per significare un most
felicità e la sventura ; il color d’oro e di porpora, le ricchezze e gli onori, ecc. E dovendo le Parche far questo lavorì
ero chiamarsi piuttosto ministre del Fato che del re dell’Inferno. Ma gli Antichi considerando che esse troncavano lo stame
malvagi nel Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare in vita gli scellerati che avevano commesso i più gravi e nef
o « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young, era per gli Antichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo e della
oli e Fantasia i più strani e fantastici 249. Non soltanto Ovidio tra gli antichi e l’Ariosto tra i moderni hanno fatto bel
barba unta e atra « E ’l ventre largo e unghiate le mani ; « Graffia gli spirti, li scuoia e li squatra. » Dei tre Giudic
e. » Come già Dio delle ricchezze presiede al cerchio ove son puniti gli avari e i prodighi ; ma Dante e Virgilio mostrano
oè quando dovrà parlarsene nel corso regolare della Mitologia. Anche gli scienziati adottarono alcune denominazioni deriva
Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspet
r notizia d’esso, « Che andargli, sì che lo veggiate, appresso. « Non gli può comparir quanto sia lungo, « Sì smisuratament
lasciò nè il seno voto : « Un suo capace zaino empissene anco, « Che gli pendea, come a pastor, dal fianco. » E per inten
l’ Odissea, basta legger la seguente ottava : « L’umana carne meglio gli sapeva ; « E prima il fa veder ch’all’antro arriv
ribuisce alle Parche il presagio dei futuri eventi, si chiaman fatali gli stami che esse filano, e si aggiunge che nessun D
ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che di e notte fila « Non gli avea tratta ancora la conocchia, « Che Cloto impo
ugiardo, ma giudica secondo giustizia ; e la sua lunghissima coda non gli offusca l’intelletto, nè lo rende un animale irra
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
ve, il Fato, agli inesorabili decreti del quale eran sottoposti tutti gli Dei, attribuivansi al Fato tutte le irregolarità
dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggiunge che tutti gli Dei possedevan palagi « ……che fabbricati « A cia
essere zoppo da un piede è appena accennato. E per farne distinguere gli ufficii, gli pongono in mano un martello e presso
da un piede è appena accennato. E per farne distinguere gli ufficii, gli pongono in mano un martello e presso a lui un’inc
i per cui furono eseguiti : qui basterà soltanto accennarne due, cioè gli automi ed i fulmini. Chi ha veduto qualche autom
he automa in azione189, o almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosi
e e l’effetto ! Perciò in oggi si stimano, e sono veramente più utili gli automi che lavorano più e meglio degli uomini e r
cucire, ecc. Inoltre per bellezza e comodo si moltiplicheranno sempre gli orologi ; e si può asserire che anche i girarrost
nare e giuocare. Parlando poi della formazione dei fulmini, dei quali gli Antichi attribuirono la costruzione meccanica a V
oi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime di cui li componevano :
alcun dotto dell’antichità o del medio evo poteva saperlo. Avevano sì gli antichi osservato l’elettricità che si sviluppa c
o come Dio del fuoco193 e del fabbrile ingegno. Il nome di Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai poeti latini,
mbustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli astronomi moderni colle loro analisi spettroscopi
a composte presso a poco degli stessi elementi. Quanto poi a quel che gli Antichi chiamavan fuoco del fulmine (ignea vis),
ocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutt
che più precisamente con vocabolo derivato dal latino : semovente. Se gli automi rappresentano esseri della specie umana e
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
arattere proprio della falsa religione del Politeismo il moltiplicare gli Dei, come nei falsi sistemi di governo si moltipl
o unico Genio sarebbe troppo occupato a provvedere da sè solo a tutti gli esseri della creazione ; e perciò immaginarono ch
i si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra gli antichi Germani ; e che non si fosse del tutto di
il cristianesimo, per opera dei Manichei, seguaci di Manete ; ma dove gli antichi pel domma dei due principii avevano fabbr
lica e privata. ………………………… « Non v’è forse sistema di teologia presso gli antichi, sia che si parli degli Orientali, o dei
nel linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Omero troviamo che gli stessi Dei davansi tra loro per onorificenza ques
istotele, il maestro di color che sanno, come lo chiama Dante, divise gli Immortali in Dei e in Dèmoni ; e i mortali in Ero
ì parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretar
dei Greci : eran molto diversi i vocaboli per la loro etimologia, ma gli esseri per quelli significati nulla differivano s
io ; ed ambedue questi nomi servirono nel Cristianesimo a significare gli spiriti infernali, ossia gli Angeli ribelli disca
ervirono nel Cristianesimo a significare gli spiriti infernali, ossia gli Angeli ribelli discacciati dal Cielo e condannati
atteri che potrebbero convenire anche ad un Angelo : « Da chi lo feo gli fu dat’anco « Quel santo precettor, quell’alma gu
ide filosofo socratico asserisce che ognuno ha due Genii che spingono gli uomini, l’uno al bene e l’altro al male. 272. Ma
275. Cicerone nel libro i, De Divinatione, nomina anche Antipatro tra gli scrittori che avevan riferito molte cose mirabili
del Canto v. « Che abominevol peste, che Megera « È venuta a turbar gli umani petti ? « Che si sente il marito e la mogli
i geniali letti ; « E non di pianto sol, ma alcuna volta « Di sangue gli ha bagnati l’ira stolta. » 280. Il Vocabolari
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
acuto, ossia appuntate dalla parte superiore, e due lunghissime corna gli torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre sue m
nnaturale, il Dio Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ra
io Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui n
o attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi. Il nome di questo Dio in gr
ilosofi. Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato di que
e troppo minutamente e sottilmente il mito del Dio Pane, dichiara che gli Antichi lasciarono in dubbio la generazione di qu
he le corna significano i raggi del Sole e la Luna crescente, i velli gli alberi e i virgulti del nostro suolo, e i solidi
itratto del Dio Pane, che ho delineato in principio, i distintivi che gli si davano perchè non si confondesse con altre inf
a sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne sol
che cioè Mercurio per addormentare Argo non solo suonasse la lira, ma gli raccontasse pur anco la favola di Pane e Siringa 
non son paurose, » diceva Dante nella Divina Commedia ; ma non tutti gli uomini e non sempre possono ragionare freddamente
al tempo della battaglia di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che
vano saccheggiare quel ricchissimo tempio, ecc. È però da notarsi che gli aneddoti riferibili alle voci miracolose del Dio
azion della vita si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti gli uomini, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quin
ad posteros, quam fidei. E nella Prefazione osserva che generalmente gli Antichi spacciavano molte favole anche in mezzo a
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con gli uomini, convien premettere qualche osservazione s
enti la fame e la sete. Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche gli Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè er
uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi, gli Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, c
quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di mano in mano che gli uomini peggiorarono. Da queste idee poetiche nacq
le, poichè non meno la storia che la comune esperienza dimostrano che gli uomini e i popoli possono correggersi dei loro vi
o di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutt
abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. In quelle feste gli schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro
po qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto a presiedere
è il Dio del moto ; e finalmente come il mediatore dei mortali presso gli altri Dei. Ecco uno dei molti casi mitologici in
invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi. Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tu
alla storia romana. A Giano facevansi libazioni e preghiere prima che gli altri Dei, per ottenere da lui facile accesso a q
pedere ? (e curtis significa circoncisi). Conoscevano dunque i Romani gli usi e le pratiche religiose degli Ebrei. Non è no
è noto però che ne sapessero o studiassero la lingua ; ma è certo che gli Ebrei dimoranti in Roma dovevano necessariamente
Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e di Nerone, gli uomini fossero sempre peggiorati, a che sarebbe o
amo da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum. 38. Ovidio nei Fasti gli fa dire : « Et jus vertendi cardinis omne meum e
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
ancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò la reggia Tebana e uccise
liatori ; e trovò facilmente adoratori devoti e ferventi non solo fra gli uomini, ma ancor fra le donne. Accompagnato da un
igliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il r
stimata dagli Antichi un. sedativo ai calori ed ai fumi del vino ; e gli animali feroci significavano il furore e la bruta
ansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre in Roma c
nte e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di sceglier
ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti a
Alighieri nel Canto xx del Purgatorio, in quel cerchio ove son puniti gli avari : « E la miseria dell’avaro Mida « Che seg
che si rida. » Ma non meno risibile divenne Mida, allorquando Apollo gli fece crescere le orecchie d’asino per aver giudic
mico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più filosofi naturali che gli altri. Imperocchè poco vale il piantare e il colt
ggi calorifici e chimici. Testimoni i Germani, i Batavi, i Britanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, be
ervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206. Tutti seppero e sanno, e gli antichi e i moderni, o storicamente o per pratica
probabile spiegazione. Quasi tutti i poeti lodano il vino ; ed anche gli astemii se ne fingono amantissimi : vale a dire a
o amantissimi : vale a dire adottano e celebrano, come è uso dei più, gli errori e le fantasie popolari predominanti. Il vi
nsuitur fæmori, maternaque tempora complet. 197. Tu puer œternus, gli dice Orazio invocandolo. 198. Che la parola cor
isus, tune pauper cornua sumit. » (Ovid., i, 239.) « Or venut’è chi gli ha spezzato il corno « Di tant’orgoglio. » (Orl
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
XXVI Nettuno re del mare e gli altri Dei marini Gli Antichi non conoscevano ne
ani i quali avevan popolato di Dei il Cielo e la Terra personificando gli oggetti creati e i fenomeni naturali, avesser fat
Tirreno, » che si svegli omai ; ma il Tirreno e l’Arno, non men che gli altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più di
azza della Signoria di Firenze215). Ma tutte presentano presso a poco gli stessi emblemi o distintivi ; il più caratteristi
cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio
ggiante o corrodente all’intorno, e sta ad indicare i flutti marini e gli effetti di essi sui lidi : etimologicamente è un
arte delle roccie del nostro globo all’azione dell’acqua ; Nettuniani gli stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i
rsi divennero la Dea Leucotoe e il Dio Palemone. Ora è da notarsi che gli Antichi fecero presiedere Leucotoe (chiamata dai
o in mare. Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sol
, « Che il fe consorto in mar cogli altri Dei »223. Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Tet
dere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua stranezza,
ma legato, ed era costretto a rispondere veracemente alle domande che gli erano fatte. Questo mito racchiude molte importan
i verità e molti utili insegnamenti. Proteo che si trasforma in tutti gli esseri, ossia corpi dei tre regni della Natura, r
ormazioni tardasse a riprender la sua prima figura, così conviene che gli studiosi non si stanchino dal proseguir lungament
anto non aveva bisogno di valersi della mitologica trasformazione ; e gli bastava soltanto l’esempio del furore di Atamante
me dannate di cui allora voleva parlare. Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco s
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
 ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di G
Erme e Mercurio e dagli attributi che per essi indicavansi, dedussero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. P
utissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto di valersene per ingannare gli altri. Non già che egli, come Dio, avesse bisogno
oso. E perciò dicono che Mercurio ancor fanciullo rubò le giovenche e gli strali ad Apollo, e poi il cinto a Venere, il tri
curio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio di Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far molti viaggi in Terrà e
e umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è
sociale. Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a s
fficace e gradito potere dell’eloquenza ; e come a Dio della medesima gli si offrivano le lingue degli animali. Siccome la
’adopra per iscender più facilmente dall’orecchio al cuore157, perciò gli Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo
ostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento di rivolu
eva dovuta al Dio Mercurio la scoperta delle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere di piante. L
e. Mercuriali si chiamavano dai Latini non solo i mercanti, ma anche gli uomini dotti, perchè Mercurio era pure il Dio del
ischerzo, sottintendendosi perciò che poi restituiva ai proprietarii gli oggetti rubati. Ma i devoti del furto anzichè di
liberata la partenza dell’Angelo mandato da Dio a Goffredo : « Così gli disse ; e Gabriel s’accinse « Veloce ad eseguir l
Dea era figlia di Dione. 164. Orazio si annovera da sè stesso tra gli uomini mercuriali, ossia tra i dotti, nell’Ode 17
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
vuole indicare esclusivamente il Sole106). Molti e molto diversi sono gli uffici attribuiti a questo Dio ; e perciò li divi
carro rappresentano le Ore del giorno ; le quali sebbene soltanto per gli equinozii sieno precisamente dodici, non sono per
iatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e per gli antichi Romani v’era inoltre una ragione speciale
te ed arroventandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando gli alberi e gli animali e prosciugando i fiumi, i la
tandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando gli alberi e gli animali e prosciugando i fiumi, i laghi ed i mari
ancora nel Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Tellure per gli spaventevoli effetti cagionati ne’suoi tre regni
è ben naturale che fossero da tutti celebrate ; ma pur anco i poeti e gli artisti cristiani, come abbiamo osservato di sopr
sostituendovi quello di Copernico117, ciò non ostante anche i poeti e gli artisti posteriori a Copernico, a Galileo, a Kepl
llibile arciero, ed ecco perchè rappresentasi spesso con l’arco e con gli strali ; e noi abbiamo veduto nel N° XIII che egl
e che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva, come dicono i mitologi greci, le greche
o saette 119), prosciugando gl’impaludati terreni, venne ad uccidere gli animali mostruosi e nocivi che vi erano nati. Anc
à medicamentose in molti prodotti dei tre regni della Natura. Inoltre gli attribuirono un figlio che fu il più valente medi
quella città fu trasportata solennemente la statua del Nume a Roma, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allo
che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguente : « Si tibi deficia
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). Il nome
e Massimo per la sua potenza » 59. Era detto ancora Ospitale, perchè gli Antichi attribuirono a Giove l’invenzione e la pr
ospitalità ; Tonante perchè era creduto signore del fulmine. In Roma gli furono eretti diversi tempii sotto i nomi di Giov
di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. La dignità e maestà di Gio
a sinistra, e ai piedi l’aquila ministra del fulmine, vale a dire che gli portava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero
icina una fontana per dissetarsi. Il tempio che Bacco per gratitudine gli eresse in quell’oasi fu perciò detto di Giove Amm
mpio parleremo in un capitolo a parte, spiegando in che consistessero gli Oracoli dei Pagani. I paleontologi hanno dato il
ordinario ingegno del nostro Giovan Battista Vico66. Si unirono anche gli astronomi antichi a rendere onore a Giove dando i
eta che apparisce ed è maggiore degli altri veri e proprii pianeti, e gli dedicarono quel giorno della settimana che tuttor
padre, ossia il Dio che giova, poichè il nome di padre davasi a tutti gli Dei benefici. Inoltre la voce padre è termine di
Vedendosi l’alta cima del monte Olimpo spesso cinta di nubi, dicevano gli Antichi che ve le stendesse Giove, allorquando vi
he ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna de
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli storici pongono Argo fra le più antiche città del
e Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà di cangiar gli uomini in pietra. L’impresa di ucciderla sarebbe
sempre seco e se ne servì utilmente per far diventar di sasso chi più gli piacque, come vedremo. Intanto sarà bene notare c
’assalto. » E non era un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso gli disse tosto : « Volgiti indietro, e tien lo viso
rebbe del tornar mai suso. » Quanto poi alle belle arti sappiamo che gli antichi rappresentavano la testa di Medusa nell’E
a nell’usbergo della Dea Minerva ; e Cicerone rimprovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii, di avere involato una
olla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale
n quel monte della Mauritania che tuttora chiamasi Atlante, del quale gli antichi favoleggiavano che sostenesse il Cielo, e
sue imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva. Il caval Pegaso gli sopravvisse e passò in potere di un altro eroe, c
nti pioggie ordinarie circa la metà dell’ agosto e del novembre tutti gli anni, si osserva partirsi di verso la costellazio
glia, « E chi a finestre e chi fuor nella via, « Tener levati al ciel gli occhi e le ciglia, « Come l’ecclisse o la cometa
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
geniti, o in diis agentes, cioè generati sulla Terra, o ascritti fra gli Dei. E per quanto possa questo vocabolo sembrare
ei popoli. E quanto alla sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fondatori delle religioni e delle città.
tarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto
iasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritor
suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte atti
ci aiuteranno diverse celebri imprese a cui intervennero quasi tutti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si
Troia. Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son
oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la lor
è terra genitus. Altri lo derivano da Aer, e fanno così corrisponder gli Eroi ai Genii dell’aria, che nel Medio Evo furon
. 46. Vedasi l’epigramma del Giusti, che ha per titolo : Il Poeta e gli Eroi da poltrona.
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
rovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una
per implorarli favorevoli alla nuova città che dovea fabbricare. Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi c
agni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo t
se. Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorgente, gli presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma appa
l castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di quel serpente da l
giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune
quanto poi ai guerrieri nati dai denti del serpente ucciso da Cadmo, gli Antichi ci hanno trasmesso anche il nome di quei
he la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perf
are il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso
presso il lito « Nel qual si fece Europa dolce carco. » 58. Anche gli altri nobili greci pretendevano di esser discesi
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
degli Dei ha in capo il diadema ; il suo volto è maestoso ; ha grandi gli occhi, bianche le braccia93), lunga la veste matr
voriva sì e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come gli Argivi, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro
, col suono e con un soporifero fece completamente addormentare Argo, gli chiuse tutti i cento occhi, e poi gli tagliò la t
ompletamente addormentare Argo, gli chiuse tutti i cento occhi, e poi gli tagliò la testa e liberò la vacca. Giunone non po
la vacca. Giunone non potendo risuscitarlo (tanta potenza non avevano gli Dei pagani), si contentò di trasformarlo in pavon
rano culto, come osservammo pur anco nella guerra dei Giganti, quando gli Dei che ebber paura si trasformarono in bestie. G
ebber paura si trasformarono in bestie. Gli Egiziani perciò adoravan gli Dei sotto la figura di quelle bestie nelle quali
go : « Ognuno era pennuto di sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e e gli occhi d’Argo « Se fosser vivi, sarebber cotali. 
Taumante ; e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida v
(C. xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della terra, nè perciò producevansi
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
Campi Elisii, luogo di beatitudine per le anime dei buoni235. Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi
nque le regioni infernali secondo che le hanno immaginate e descritte gli Antichi, è necessario non solo per intendere i cl
intendere i classici greci e latini, ma altresì gl’italiani, e sopra gli altri Dante, che in questo è superiore a tutti gl
’italiani, e sopra gli altri Dante, che in questo è superiore a tutti gli antichi e ai moderni. I Pagani sapevano molte vie
era considerato come un Dio fluviatile, e per le sue acque giuravano gli Dei, e il loro giuramento era inviolabile : onori
poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali, vanno gradatamente decrescendo fi
i luoghi stiano precisamente come la Mitologia e Dante raccontano ; e gli nasce facilmente (se non è stupido) la ledevole c
izio scientifico, e adotta l’ipotesi molto accreditata che la Terra e gli altri pianeti fossero in origine stati parte dell
terra, ma nelle Isole Fortunate, che ora si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non
ponticelli ; « Così da imo della roccia scogli « Movien, che recidean gli argini e i fossi « Infino al pozzo, che i tronca
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos significa
a e confusione di tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra,
i. Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era
, ossia presenza del sole sull’orizzonte, esser non vi poteva, finchè gli elementi eran confusi e misti. Infatti dice espre
to (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasf
formò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i). Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea deg
ionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i
Sembra che voglia dire a chi ha orecchi da intendere : Vedete ! anche gli Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti di
ge potrà seguirmi senza temer fatica o disagio ; anzi anche il salire gli parrà tanto leggiero « Come a seconda giù l’anda
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
e adorati da tutte le antiche nazioni. La seconda classe comprendeva gli Dei inferiori o terrestri 6 ; la terza era quella
ta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distint
inte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che gli antichi filosofi consideravano la Natura come il
, cioè la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno ; e gli stessi nomi assegnarono ancora ai giorni della se
iori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attrib
a a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Am
io, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi. Que
a 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della creazione, co
ti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche gli studii speciali riferibili a questa. 11. Nelle P
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
polo, ingegnoso sì ma zotico anzichè no : sacrifica alle Grazie. Così gli antichi mitologi aprirono un vastissimo campo all
sua singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in isposa da tutti gli Dei ; e questo è naturale e probabilissimo, e non
didissimo adornando, « Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi di più sana mente avean dovuto i
apparenza benchè maligno in effetto, colle ali d’oro, e d’oro l’arco, gli strali e la faretra ; e si aggiunge dai poeti ch’
a stessa che non sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modific
on sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modificazioni più o m
li sposi ; e nella sinistra le auree catene a significare i vincoli e gli obblighi del matrimonio, catene, d’oro ma catene
in cui v’era sempre Imene con le catene, per rima obbligata, a unire gli sposi. Da questa mitologica frivolezza non si è a
piacevolezza, ecc. » Quindi l’espressione familiare comunissima : non gli si avviene. 185. Lo stesso Ugo Foscolo alludendo
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
do cristallo negli spazii del cielo. Anzi potrebbe dirsi che avessero gli Antichi quasi indovinate le moderne ipotesi astro
disposto al fantastico e al maraviglioso, personificarono quasi tutti gli oggetti e i fenomeni dell’Universo, e primo d’ogn
l’ambrosia, bevanda e cibo degli Dei17, i matrimoni e le figliolanze, gli amori e gli odii, le cortesie e le audaci imprese
bevanda e cibo degli Dei17, i matrimoni e le figliolanze, gli amori e gli odii, le cortesie e le audaci imprese, le vendett
ternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore di essi. Creden
nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al c
uesto pianeta è un’ara sormontata da viva fiamma, convien dedurne che gli astronomi abbiano inteso di rappresentar Vesta gi
udditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla successione nei beni paterni 
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
XXXVIII Gli Dei Penati e gli Dei Lari Se dovessimo prendere ad esaminare le
o romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’inten
l’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre m
chise, li chiama patrii Penati 33. E per viaggio, allorchè questi Dei gli compariscono in sogno, li appella Frigii Penati 3
imostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade. Vero è ch
aco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, q
ome avvenga che talvolta in qualche Classico latino si annoverano tra gli Dei Penati taluni degli Dei superiori o maggiori,
privati vantaggi della social convivenza. Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la ques
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
no dell’anno si lasciasse trascorrere inerte senza adempiere pur anco gli obblighi del proprio stato. Il dì 11 dello stess
inno saliare. Vèiove significa Giove piccolo, ossia bambino, secondo gli etimologisti latini e lo stesso Ovidio. Perciò qu
onoscono le attribuzioni dal significato stesso del loro nome ; e tra gli altri abbiamo rammentato il Dio Robigo. Nel mese
ol dir chiuso), perchè a quei riti e in quel tempio non erano ammessi gli uomini. La Storia Romana ci narra che essendovisi
iunone è di origine latina : deriva a monendo (dall’avvertire) perchè gli antichi Romani dicevano che questa Dea li aveva a
i, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giug
. Cicerone e Plauto rammentano questo Dio Summano, ma non ne spiegano gli attributi : Plinio nel libro ii, cap. 52 della su
ivaleggiano coi Paleontologi a ricostruire con frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si sono impossessati di quest
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
spesso vi si univa contemporaneamente anche il ballo, e non solo fra gli idolatri, ma pur anco nel popolo eletto 123. Non
a all’intelletto affinchè le elabori e le faccia fruttificare. Perciò gli Antichi avevano in proverbio che tanto sappiamo q
secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicon
ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto gli egregi poeti adorano e invocano le Muse con entus
osare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e datasi a fuggire pregando gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata
chità ; e così vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bio
la Tebaide del poeta Stazio in quello stesso significato che talvolta gli si dà in italiano. « Tempus erit, quum laurigero
io latino comunissimo e verissimo. 133. Dante invocando Apollo così gli dice : « Venir vedra’ mi al tuo diletto legno, «
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
cesi ancora, Napoli, che significa città nuova. Scelsero egregiamente gli Antichi per soggiorno delle Sirene un clima incan
le cui specie son tuttora esistenti, convien notare primieramente che gli Antichi davano loro il nome generale di Orche ; e
tasia. Perciò supposero che fossero animali carnivori che divorassero gli uomini e tanto più volentieri le donne ; e credet
o piangendo, « E le Nereidi coi capelli sparsi, « Glauci e Tritoni, o gli altri, non sappiendo « Dove, chi qua, chi là van
egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e gli riuscì soltanto di presentarci, goffamente deline
a città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che gli abitanti pronunziano come se si scrivesse Sciglio
a. 232. Orazio faceva tante maraviglie e mostrava quasi orrore che gli uomini avessero osato affidarsi con fragil barca
a invenzione ariostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre gli riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con t
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine di tempo comparvero gli ultimi nella scena politica del mondo antico e co
ati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria. La base adunq
o conquistato l’Egitto, poche e sconnesse notizie ci hanno tramandato gli scrittori di ambedue quelle nazioni relativamente
ticismo e l’interpretazione dei geroglifici, ma pur anco le piramidi, gli obelischi, l’istmo, le oasi, il delta, le bocche
pi e movimenti. I Romani adoravano Iside sotto la forma di donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, perchè credevano
a, si fossero trasformati essa in vacca ed Osiride in bove o toro. Nè gli Egiziani si contentavano di adorare queste due Di
io. Trovasi anche rammentato dagli scrittori latini il Dio Anùbi, che gli Egiziani dicevano esser figlio di Osiride, e lo r
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
e fonti, tanto più è presumibile che non avranno mancato d’immaginare gli Dei dei Fiumi. E quanto ai nomi li presero dalla
fiume. Modernamente, per indicar meglio qual Fiume sia rappresentato, gli si pone appresso, o nella sinistra, uno scudetto
che tenta « Uguagliarsi agli Dei. Ben io t’affermo « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di
tale un monte « Di ghiaia immenso e di pattume intorno « Gli verserò, gli ammasserò, che l’ossa « Gli Achei raccorne non po
? » (Eleg., I, 7ª, v. 23.) 27. Parlata del Tevere ad Enea, quando gli comparve in sogno : « O sate gente Deûm, trojana
dalla terra gorgogliando ; e quelle aperture del terreno son chiamate gli occhi della Guadiana. 31. E da notarsi che in Om
vigabile diverso dal Xanto. I moderni Geografi, non che i Letterati e gli Archeologi, per quanto abbiano visitato e studiat
46 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
pote, fonda nel 1883 il regno d’Arcadia. Indi emigra in Tessaglia con gli Arcadi, detti Pelasgi.159 — Sparto o Sparton
1416. Aristeo insegna ai Greci a far coagulare il latte, coltivare gli ulivi, raccogliere le Api negli alveari e cavarne
e forse precederono la stessa Grecia nella coltura ; e principalmente gli Etruschi. — La guerra degli Dei contro Tifeo (nel
e in singolar tenzone. — I sette prodi o Capitani davanti a Tebe, e gli Epigoni. 1316. Teseo re d’Atene. — 1300. Fond
e figlio di Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di
aduta di Troja. Vedi la favola e l’Odissea d’Omero. 1190. I Dorii e gli Etolii, condotti dagli Eraclidi o discendenti d’E
) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette gli occhi. » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche). 90
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè gli antichi politeisti ebbero personificato e deifica
doravansi i prodotti stessi naturali come se fossero Dei, e in quella gli esseri soprannaturali a cui se ne attribuiva l’in
te considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e noma
nche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori
, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi
oserpina restasse 6 mesi dell’anno col marito Plutone nell’inferno, e gli altri 6 mesi colla madre sulla terra54. Tutta que
ifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quan
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
possesso del celeste regno. Veramente le guerre contro Giove, secondo gli antichi mitologi, furono due : quella dei Titani
mpassione la dea Tellùre, ossia la Terra, che irritata contro Giove e gli altri Dei, così spietatamente crudeli, generò dal
li istigò a vendicare i Titani, a impadronirsi del Cielo e cacciarne gli usurpatori tiranni. Ed ecco l’origine e la causa
struzione del Gius Costituito, ossia dell’ordine sociale di fatto ; e gli antichi la considerarono come una lotta del princ
hiamata Pallène. Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Gi
ricovrarono quasi tutti in Egitto. Ecco, ci dicono i mitologi, perchè gli Egiziani adoravano come Dei tante bestie, ed anch
è questo uno dei più evidenti esempi a dimostrazione del modo con cui gli Antichi trasformavano in racconti mitologici la d
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di Bellerofonte, che gli fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo
di Bellerofonte, e cangiato il sospetto in ammirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorel
e a tollerare la prosperità che prima l’avversità. Credendo che nulla gli fosse impossibile, montato sul caval Pegaso, lo s
e, montato sul caval Pegaso, lo spinse verso il Cielo, presumendo che gli Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed al
questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono gli equivalenti neppure in latino, cioè il verbo chim
atteri, e perchè fu trovata presso Arezzo. Potrà bene aver pregio per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non rec
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
tico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon
asso, il Monti e il Foscolo. È da osservarsi peraltro che nè Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più strani, oscur
reci e latini riporto nel testo, per chi non conosce le lingue dotte, gli opportuni esempi tratti dalle migliori traduzioni
ue non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebb
utili soltanto a chi è valente nelle lingue greca e latina. Per tutti gli altri che son principianti o. privi affatto della
nativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar disgiunti gli stùdii letterarii dagli scientifici, nè questi da
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
vano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la q
a protettrice, la quale in quelle pugne in cui prendevano parte anche gli Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempr
u chiamato perciò Areopago. Seì di quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei lo assolsero ; e la parità dei voti fu
stesso nome nelle lingue affini alla latina. Di Marte diedero il nome gli astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occh
, o ad una densa atmosfera che lo circondi. Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si ved
nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente queste oss
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
tello maggiore Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. Il qual f
e anche i più stretti vincoli del sangue22. Cibele dipoi, per salvare gli altri figli maschi che nacquero in appresso, li m
reta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece di ciascun neonato. Saturn
oviamo rappresentate, e quasi storicamente narrate come avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche
nie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e di morti, perchè gli Dei degli Antichi, come le Fate del medio evo25)
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
significa deificazione, e consiste nel considerare e adorare come Dei gli esseri della Natura, le esistenze create166 ; e i
siani adoravano come loro Nume supremo il Sole ; e Ovidio ci dice che gli sacrificavano il cavallo per offrire una veloce v
i Feticismo, benchè meno goffo, non meno però materiale (poichè anche gli astri son composti di materia cosmica), se ben pr
ia cosmica), se ben presto non fosse invalsa l’idea e la credenza che gli astri fossero regolati e diretti nel vero o nell’
l feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una re
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
stere vera civiltà. Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abba
rimar non fur lor pianti. « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare
le Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi,
enne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169. Ma
santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tutti gli uomini sono eguali, e perciò favoriva e comandava
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
erale delle Divinità del Paganesimo (vedi il N. III) fu accennato che gli Dei di 2° ordine eran detti Inferiori o Terrestri
itato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è ac
aduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per gli altri Dei che furon detti e considerati Inferiori
di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo della cerimonia de
ù remoti Antenati. 1. Quindi ebbero origine i libri di polemica fra gli scrittori delle due opposte religioni. 2. Molti
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
o Principi sotto la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti di America e l’Impero Germanico ; men
ommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suo
produrre certi determinati effetti ; e poichè la Necessità costringe gli uomini a fare o soffrire, perciò fu-creduta una D
erenda ope, dal recar soccorso. In greco era chiamata Tiche, ed aveva gli stessi attributi della Fortuna dei Latini. E poic
ormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si la
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. Aggiungono che nacque gara fra gli Dei
ope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. Aggiungono che nacque gara fra gli Dei per darle il nome ; e Giove per troncar le qu
Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componi
bitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto x
« O folle Aragne, sì vedeva io te, « Già mezza aragna, trista in su gli stracci « Dell’opera che mal per te si fe ! » Qu
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
tutti i popoli idolatri ; e Cesare rammenta nei suoi Commentarii, che gli antichi Germani regolavano le loro imprese second
etto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in c
di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea faccia orrore. E gli uffici che le si assegnavano eran pur essi fantas
olare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi enumerati non è a
o per ricchezza, sebbene fosse impossibile rifare dello stesso pregio gli oggetti d’arte che erano periti nell’incendio. Qu
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
tesse Vestali, lo deduciamo dallo stesso Tito Livio, non che da tutti gli altri storici e poeti latini, i quali concordemen
lice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vest
è fu considerata una determinazione infausta per la Vestale. I voti e gli obblighi che riguardavano l’interesse pubblico er
el loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo da
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
omani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assur
dri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone
ioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione c
fiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a rappresentarle in scultura e in pittura
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
se più care e più preziose. Ma quando seppe che Meleagro aveva ucciso gli zii, all’amor materno cominciò a prevalere la pie
vrebbe cercato di porvi rimedio ; chè ella sola il poteva. Quelli che gli apprestavano i suoi affettuosi compagni furono af
izzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla g
ra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « S
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
bio e l’incertezza predominano sempre. Ma comunque credessero formati gli Astri, non seppero immaginare come potessero muov
le. Considerarono come un pianeta anche il Sole : e così colla Luna e gli altri 5 pianeti visibili ad occhio nùdo ne annove
neti che ne prendono il nome fossero situati e girassero, secondo che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo
ti splendori da lui veduti nell’Empireo, esclama : « O Elios, che sì gli addobbi !98) » Quanto poi al globo lunare sappia
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
o ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e
il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantu
ssegnati nella così detta Rosa dei Venti ; e la ragione è questa, che gli Antichi stessi furono incerti nel determinare da
Borea, Cirico o Iapige e Cauro o Coro. È da notarsi però che talvolta gli Autori e specialmente i poeti, nominano l’un per
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
uale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente in
i, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia
to fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì che hanno sì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’et
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
estre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse
ni a fortificar le città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Antichi, che era il simbolo dei venti che spirano
di ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano, battevano gli scudi e i tamburi, e si percuotevano fra loro con
66 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
o, 433 ; — liberata dai fratelli, 434 ; — divien moglie di Menelao, e gli vien rapita da Paride, 528, 601 ; — è resa a Mene
1 ; — combatte Fineo, 362 ; — ristabilisce Acrisio sul trono, 363 ; —  gli toglie la vita, e fonda Micene, 363. Pesci, segno
tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse, 275. Tantalo. Oltraggia gli Dei, 250 ; — suo gastigo, 251. Taranete, divinità
a, 65-69. Titano. Sua nascita, 26 ; — cede l’impero a Saturno, 27 ; —  gli dichiara la guerra, 30. Titea o la Terra. Vedi Ve
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
i fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e gli egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolt
egnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
, descrivendo le anime beate che egli vide nel globo lunare, dice che gli eran sembrate immagini riflesse dall’ acque nitid
. Tanto più dunque, concluderemo, in soggetti profani. Infatti, anche gli Scienziati trovarono da far nuove applicazioni de
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
tornato in Cielo radunò il consiglio degli Dei Superiori, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risolu
lare dell’illustre geologo professor Igino Cocchi sul modo di contare gli anni in geologia.
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
obabile. Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare gli enigmi degli antichi, va in oggi a poco a poco ce
71 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
do per dimande e per risposte. » — Il racconto non interrotto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una let
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
endo poi come acquietare il popolo che ricercava il suo re guerriero, gli fecero credere per mezzo di Procolo che fosse ass
73 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Tavola analitica. secondo il metodo di giov. humbert  » pp. 3-
30. Prometeo, 70, 71. Ercole, 364—401. Perseo, 353—363. Giasone e gli Argonauti, 448—460. Castore e Polluce, 441—447.
74 (1810) Arabesques mythologiques, ou les Attributs de toutes les divinités de la fable. Tome II
s vers de Métastase : Se si adorano in terra e perche sono Placabili gli dei ; d’ogn’ altro il fato Nume il piu grande : e
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