ovani e la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano
gli
uni di prolissità la quale ad altro non serve che
scellerati che fulminò dall’ Olimpo. Se a caso non s’avvedessero che
gli
autori di queste allegorie hanno avuto in mira d’
niosi suoni di lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii verso
gli
uomini, la necessità dell’ ordine, della giustizi
dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera di pittura e di scultura ;
gli
ornamenti stessi che abbelliscono le città ov’ess
cose estranee al secolo di cui ci volevano far conoscere i costumi e
gli
usi. E per convincerli maggiormente porrem termin
gere i suoi errori(1) : Audace scuola boreal, dannando Tutti a morte
gli
Dei, che di leggiadre Fantasie già fiorîr le car
suolsi dividerla comunemente in tre parti. Si descrivono nella prima
gli
Dei Superiori, gl’ Inferiori nella seconda, i Sem
avevano per padre un Dio o una Dea per madre. Semidei si dissero pure
gli
eroi che distinti si erano con qualche grande azi
aos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione di tutti
gli
elementi da eui sertirono Urano e la Terra. Ur
a Terra. Urano e la Terra Urano e Vesta Prisca o la Terra sono
gli
Dei più antichi. Ad Urano si dà anche il nome di
cresciuto in età. Avvertito Saturno dal Destino che Giove un giorno
gli
avrebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio
rebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio per privarlo di vita e
gli
dichiarò senza riguardi la guerra. Giove restò vi
gricoltura agli uomini, e per riconoscenza in particolare verso Giano
gli
accordò la facoltà di conoscere le cose passate e
imbolo della perpetua rivoluzione dei tempi. L’orologio a polvere che
gli
si vede a canto indica la rapidità di questa rivo
nata fu esposta alle fiere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha
gli
stessi attributi di sua madre colla quale è soven
paventevoli. Sotto il nome di Vesta presiedeva al fuoco ; e come tale
gli
antichi la chiamavano Vesta Minore. Numa Pompilio
lla vita del figlio ; questi, irritato per l’ingratitudine del padre,
gli
mosse guerra apertamente, lo detronizzò, lo scacc
igli di Titano da esso detti Titani, per riconquistare i loro diritti
gli
mosser guerra ed ammucchiando monti sopra monti,
faggio e la quercia erano le piante a lui dedicate. Magnifici templi
gli
furono elevati per tutto il mondo. La vittima che
prima col suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giunone pose
gli
occhi di Argo nella coda del pavone, uccello a le
questi navigava alla volta d’Italia, Giunone andò a ritrovar Eolo, e
gli
promise Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se
di questa Dea ordinò che Proserpina passasse sei mesi colla ma dre e
gli
altri sei col marito. Era Cerere venerata princip
statura alta e maestosa, che ha il seno abbondante, un bel colorito,
gli
occhi languidi, i capelli biondi, la testa corona
o. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta
gli
spaccò il cranio ; dal cervello ne sortì Minerva
nerva percuotendolo coll’asta ne usicì un ulivo ; ed avendo giudicato
gli
Dei più utile l’ulivo per essere il simbolo di pa
i fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse
gli
amanti e li espose alla vista degli Dei, dai qual
ra con Venere, e lasciollo così sorprendere da Vulcano. Nei sacrifici
gli
si offriva il toro, il verro, l’ariete e qualche
i riguardavano questo Dio come il protettore del loro impero. Augusto
gli
innalzò un magnifico tempio dopo la battaglia di
di educarla, la portarono in cielo, ove fu trovata sì bella da tutti
gli
Dei, che tutti vollero sposarla ; ma Giove la die
osato sacrificarle vittime umane furono da essa cangiati in toro. Fra
gli
alberi le era dedicato il mirto. Fra i fiori le s
ra i Greci ne fa prova. Si uccidevano in onor suo nella Tauride tutti
gli
stranieri che la tempesta gettava su quelle coste
per compensare il delfino del servigio a lui renduto, lo collocò fra
gli
astri ove forma la costellazione che porta il suo
prire il tripode sul quale sedeva la Pitonessa o sacerdotessa per dar
gli
oracoli. Delo, Delfo, Chiaro, Tenedo, Cirra e Pat
ntre cercava il suo arco e le frecce, s’avvide che nel momento stesso
gli
erano state anche quelle involate. Dopo questo ac
terra egli inventasse la lira, ma credesi con maggior fondamento che
gli
fosse data da Mercurio in cambio del famoso caduc
Mercurio in cambio del famoso caduceo. Il più rinomato de’templi che
gli
fossero eretti fu quello di Delfo. Leucotoe, Dafn
ndo con uno strale ucciso per disavventura un cervo addomesticato che
gli
era carissimo, volle ammazzarsi, ma Apollo che l’
ne e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse,
gli
fu proibito di palesarlo, ma non potendo trattene
i cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo sparviero, l’ulivo
gli
furono consagrati perchè in queste cose aveva egl
iò avviene perchè Giove nell’accordargli il dono di predir l’avvenire
gli
affidò anche la cura d’illuminare il mondo Il più
i loro affari. Onde potesse velocemente eseguire i suoi ordini Giove
gli
aveva attaccate le ali alla testa ed ai piedi. Me
testa ed ai piedi. Ora nudo ed ora con un manto su le spalle, che non
gli
copre se non la metà del corpo. Talvolta egli por
dente. Con questi attributi egli proteggeva il commercio. Il tridente
gli
fu accordato, perchè nella distribuzione degli el
i che avesse il potere di chiamare o fugare a suo talento il sonno su
gli
occhi de’ mortali ; del caduceo si serviva pure p
e che dalla sua bocca uscissero catene d’oro, che dolcemente legavano
gli
ascoltanti ; come tale chiamavasi Ermete. Il gall
e legavano gli ascoltanti ; come tale chiamavasi Ermete. Il gallo che
gli
si vede alle volte vicino serve a dinotare la vig
le volte vicino serve a dinotare la vigilanza di lui. L’ariete che or
gli
si vede a canto, or su le spalle indica che egli
le spalle indica che egli era il protettore de’ pastori. Il cigno che
gli
sta vicino soventi è il simbolo della dolcezza de
rovenienti dai diversi attributi di lui. Quello di Cilleno o Cillenio
gli
vien più sovente dato dai poeti, perchè era parti
ava lungo il fiume Anfriso in Tessaglia le gregge di Admeto, Mercurio
gli
rubò alcune vache, che fece camminare all’indietr
paragone. Minacciandolo Apollo se non restituiva le vacche, Murcurio
gli
rubò nell’atto stesso la faretra, sicchè Apollo p
ei fenomeni da quest’astro prodotti. Bacco Non vanno d’accordo
gli
scrittori della favola di questo Dio ; cinque alm
i quale. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella
gli
chiese come una prova di amore, quello che dovea
Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e di pantere ;
gli
uomini portavano corone di edera o di foglie di v
coperto, tirato da tigri o da linci. Il dio Pane ed il vecchio Sileno
gli
camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da
e fe’ dono d’una corona d’oro lavoro egregio di Vulcano, che pose tra
gli
astri dopo la morte della sua sposa. Arianna part
ato sotto il nome di Osiride. A Bacco offerivasi mele, vino e latte ;
gli
si sacrificava il capro, il morso del quale si re
se tutti. A malgrado della loro malvagità, essi furono annoverati tra
gli
Dei, e in un tempio di Corinto avevano un altare
fu la statua di Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta che
gli
Dei irritati nel vedere che Giove si arrogasse so
irritati nel vedere che Giove si arrogasse solo il diritto di creare
gli
nomini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una do
a ambe le parti, con folta barba, coi capelli sparsi, conun abito che
gli
arriva appena ai ginocchi, appoggiato ad un incud
ne dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come
gli
altri suoi fratelli, ebbe in parte l’impero dell’
Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi di Ercole, allorchè
gli
Dei combatterono per la sorte di Troia. Plutone i
a le braccia, svenuta per la paura, mentre la trasporta all’inferno ;
gli
si vede spesse volte vicino il can cerbero. Da un
parte dei Greci Plutone è stato considerato come una causa fisica, e
gli
hanno assegnato per soggiorno gli anditi delle mi
onsiderato come una causa fisica, e gli hanno assegnato per soggiorno
gli
anditi delle miniere, e fattone così il Dio delle
pretendono che prima dell’esistenza di un principe chiamato Plutone,
gli
uomini non conoscevano l’uso dei funerali, e che
delle ardenti fornaci, dei mostri e delle furie accanite a tormentare
gli
empi ; l’altra, ridente e pacifica, destinata ai
era nondimeno considerato come il presidente della corte infernale, e
gli
altri due giudici, non erano per così dire, che g
orte infernale, e gli altri due giudici, non erano per così dire, che
gli
assessori di lui. Le due grandi divisioni dell’In
ne difende l’ingresso. Le porte sono dure quanto il diamante ; tutti
gli
sforzi dei mortali, e tutta la possanza degli Dei
o la tranquillità degli abitatori dell’Eliso. » Variarono d’opinione
gli
antichi nel situare i Campi Elisi. Li situavono a
te a lato un gufo ; lugubre uccello, la cui sola vista faceva fremere
gli
Auguri e dava a temere le più gravi sciagure. Coc
a nel far obliare il passato. Coloro che amrnettevano la metempsicosi
gli
attribuivano anohe la proprietà di disporre a sof
anche coronato di papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana che
gli
Egizi avevano collocata nel regno delle Ombre, pe
o che vi accorse con tutta quella formidable famiglia. Il supremo tra
gli
Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò
ntento di tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili che quando
gli
Dei avessero giurato per le sue acque, il loro gi
i calunniatori. La decima parte di queste acque erano riserbate per
gli
Dei spergiuri. Annoverasi tra i fiumi dell’Infern
efunto indicava che tutti i suoi creditori erano soddisfatti, giacchè
gli
rimaneva per ottenere il suo passaggio. I Greci a
loso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè
gli
Dei la tenessero chiusa in una caverna ebbe nondi
so arrivato fino a’ giorni nostri presso i conquistatori dell’Egitto,
gli
Arabi. Trovano credenza quelli che sostengono ess
l soglio, edifica un tempio a Diana, e fa immolare a questa Dea tutti
gli
stranieri spinti dal caso sulle coste del Cherson
he intenerite che restituiscono la vita allo sfortunato Pelope. Cloto
gli
dà una spalla d’avorio, onde sostituirla a quella
on cessava che colla loro vita. Gli Dei le impiegarono anche a punire
gli
uomini colle malattie, le guerre e gli altri flag
le impiegarono anche a punire gli uomini colle malattie, le guerre e
gli
altri flagelli dell’ira celeste, e per questo ogg
iose ; Aletto dedicavasi particolarmente ai disordini della guerra, e
gli
Dei servivansi di Megera allorchè trattavasi di t
e’ papaveri e dell’erbe concilianti il sonno. Il fiume dell’oblivione
gli
scorre intorno e non sentesi che il lento mormori
eso in una sala su di un letto di piume che ha le tende nere. I Sogni
gli
stanno dintorno sdraiati, e Morfeo suo figlio o m
o tormento della fame e della sete, ponendolo in mezzo alle acque che
gli
giungono fino al mento, ma che gli sfuggon di sot
ponendolo in mezzo alle acque che gli giungono fino al mento, ma che
gli
sfuggon di sotto quando si abbassa per beverne ;
co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso di enorme sasso quelli che
gli
cadevano tra le mani. Fu ucciso da Teseo e condan
vicino a toccare la sommità, ricade nuovamente al basso. La rupe che
gli
fanno incessantemente muovere, è l’emblema di un
li fu Tifone che da sè solo diede a fare agli Dei più assai che tutti
gli
altri giganti insieme. Poichè Giove gli ebbe scon
agli Dei più assai che tutti gli altri giganti insieme. Poichè Giove
gli
ebbe sconfitti precipitolli nel Tartaro ; avvi ch
ndesi da altri che Briareo avesse parte nella guerra de’Titani contro
gli
Dei, e che fosse oppresso sotto il peso del monte
gi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19 di aprile celebravasi tutti
gli
anni nelle campagne una festa chiamata palilia in
evano bruciare, e di gambi di fave. Purificavano eziandio le stalle e
gli
ovili non che le mandre col fumo di sabina e di z
Pane e Siringa Pane, Fauno, Silvano Pane era il principale tra
gli
Dei Inferiori. Gli autori antichi non sono d’acco
lisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti
gli
abitanti delle campagne. Siccome Pane viene da un
stare giorno e notte nelle campagne suonando la zampogna e custodendo
gli
armenti. Si faceva piacere di incutere, con subit
orpo di capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo ultimo caso
gli
si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fa
una corona rozzamente fatta di foglie e di pine, un abito rustico che
gli
scende sino alle ginocchia, un cane a lato ed alc
to cangiato in cipresso. A Silvano offrivasi da principio solo latte,
gli
venne poscia immolato un porco. Egli fu sommamen
Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soventi
gli
uni cogli altri ; erano tutti rappresentati metà
a che i Satiri si rappresentavano col pelo al mento ed allo stomaco e
gli
altri non ne avevano, ed abitavano tutti le fores
sieri e dei cambiamenti. Pare che sotto il nome di Vertunno volessero
gli
antichi prestare omaggio all’anno ed alle sue var
sue api, e dovette sorprenderlo mentre dormiva e con questo artificio
gli
riuscì di farlo parlare. Vogliono alcuni che Prot
che Proteo sia stato re d’Egitto saggio ed avveduto. La sua prudenza
gli
faceva prevedere tutti i pericoli, e si disse per
ri di cui abbondava l’Egitto, e che affascinavano, co’ loro prestigi,
gli
occhi della ignorante moltitudine. Se n’era fatto
si appiccato il fuoco un giorno al bosco ove aveva un tempio, volendo
gli
abitanti trasportare altrove in salvo il simulacr
la chioma scomposta e con una falce in mano per allontanare i ladri e
gli
uccelli. I Romani mettevano la sua statua negli o
te trasportare altrove le statue degli Dei che vi si trovavano. Tutti
gli
Dei cedettero per riverenza il luogo a Giove e si
oghi ; ma il dio Termine rimase nel suo posto senza muoversi malgrado
gli
sforzi che si fecero per levarnelo, ed egli si tr
n palo fitto in terra che segnava il confine tra un campo e l’altro ;
gli
si diede poscia una testa umana : ma era sempre s
Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per segno di benevolenza
gli
fece dono di alcuni otri in cui stavano rinchiusi
lo dodici figli, dei quali sei maschi e sei femmine che si maritarono
gli
uni colle altre, avendo forse con ciò voluto indi
di Echidna, e da Astreo e dall’Aurora o da Eribea si fanno procedere
gli
altri. I principali tra questi ultimi erano que’c
ro o Noto da mezzogiorno, Zefiro da ponente. Il vento Borea posto tra
gli
Dei soffia il freddo e cagiona le nevi e le proce
dall’oriente passò in Grecia, perciocchè i Persi tributavano ad essi
gli
onori divini. Non s’intraprendevano viaggi sul ma
Atene, e dichiarò in un’assemblea del popolo il suo essere, e ciò che
gli
era accaduto, promettendo di far ritornare in Ate
uto, promettendo di far ritornare in Atene tutte quelle donne, purchè
gli
fosse stata accordata la mano di quella ch’egli t
ò egli la sua innamorata, e in memoria di un sì fortunato maritaggio,
gli
Ateniesi sempre lo invocarono nelle loro nozze so
Amore e Cupido, e dicevasi che il primo impetuoso e violento invasava
gli
stolti, ed il secondo soave e moderato ispirava i
un turcasso d’oro pieno di frecce ardenti, simbolo del suo potere su
gli
animi, alcune volte con una torcia accesa, o con
onduce carri, suona la lira, o cavalca leoni e pantere, la cui chioma
gli
serve di guida, per dimostrare che non c’è creatu
al petto e tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la quale
gli
mostra una freccia ; ora con un piede in aria egl
mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora sua madre
gli
diede per fratello un altro Amore il quale fu chi
atirico per quanto lo si può essere, non aveva riguardi per alcuno, e
gli
Dei stessi erano oggetto de’suoi motteggi, e ripr
fosse stata fatta all’uomo una finestrella vicino al cuore, perchè se
gli
potesser leggere i più reconditi pensieri ; biasi
inità le lenticchie e le primizie dei legumi ; ma il loto ed il pesco
gli
erano particolarmente consacrati, perchè le fogli
rsargli il nettare ; ma essendo un giorno caduta in presenza di tutti
gli
Dei in un modo poco decente, ella n’ebbe tanta ve
idra che Ercole aveva tagliata. Questa Dea avea diversi tempii, e tra
gli
altri uno in Flio, città del Peloponneso, che ave
ella mattina. L’Aurora per dar un segno della sua tenerezza a Titone,
gli
accordò di poter vivere lungamente, e divenuto ve
occhi dell’Aurora. La Fortuna Divinità che presiedeva a tutti
gli
avvenimenti e distribuiva i beni ed i mali a capr
be salvare Ettore, ma bisogna che egli esamini il suo Destino che non
gli
è noto. Lo stesso Dio si duole di non poter piega
chiaia. Si ammettono dai mitologi due specie di decreti del Destino :
gli
uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli ste
i decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano
gli
stessi Dei : gli altri che potevano essere cangia
tino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli stessi Dei :
gli
altri che potevano essere cangiati o modificati d
creti stavano scritti da tutta l’eternità in un determinato luogo ove
gli
Dei andavano a consultare questo Nume. Giove vi a
ema della salute e della immortalità, perchè cangiando di pelle tutti
gli
anni pare che ringiovanisca sempre. Aveva dessa i
to in onore di Esculapio e pel crudele gigante Perìsete, che divorava
gli
uomini e sacrificavali, il quale fu poi ucciso da
quale è nella stessa guisa attortigliato un serpente. Nei sacrifici
gli
si offrivano capre e galline. Il serpente ed il g
la religione e tutto ciò che serve a mantenere l’ordine e la pace tra
gli
altri uomini. Regnò essa nella Tessaglia e si app
nevole. Presiedeva ai trattati e alle convenzioni che hanno luogo fra
gli
uomini, e teneva mano affinchè tutto fosse esatta
una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i capelli sparsi e
gli
occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono
llo nelle braccia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo
gli
uni contro gli altri armati di spade e percuotend
ia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo gli uni contro
gli
altri armati di spade e percuotendosi con ispargi
di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa, onde suo malgrado
gli
consegnò il carro dopo d’averlo istruito del come
o sotto l’emblema di un’aquila, uccello, che nei combattimenti contro
gli
altri uccelli, è sempre vittorioso. Nemesi, le
ttamente legato dagli altri Dei, Teti, coll’aiuto del gigante Briareo
gli
restituì la libertà ; vale a dire prendendo Teti
Giove trovò il mezzo di sottrarsi su questo clemento agli agguati che
gli
avevano tesi i Titani, co quali era in allora in
e il figlio da essa nato sarebbe più grande e più possente del padre,
gli
Dei la cedettero a Peleo. Poco contenta Teti di a
e un mortale per isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra
gli
Dei, a guisa di un novello Proteo, si cangiò sott
Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel più gran pericolo che
gli
sovrastasse nella guerra che gli fecero gli altri
vato Giove nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra che
gli
fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Te
nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra che gli fecero
gli
altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia di q
re pe’ suoi sudditi, che lo risguardavano come il favorito degli Dei,
gli
fecero meritare il titolo di Gran Legislatore e f
che d’Ercole. Aveva egli ommesso di sacrificare a Nettuno un toro che
gli
aveva promesso. Il Dio per punirlo di siffatto er
andò un toro furibondo che lanciava fuoco dalle nari, e che devastava
gli
stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la qu
prio figlio Androgeo assassinato dagli Ateniesi. Minosse avendo vinto
gli
uni e gli altri non accordò loro la pace se non c
o Androgeo assassinato dagli Ateniesi. Minosse avendo vinto gli uni e
gli
altri non accordò loro la pace se non che alla co
altri non accordò loro la pace se non che alla condizione ch’ eglino
gli
avrebbero ogni sette anni spedito sette giovani e
dall’ alto d’una torre della città, mentre il padre era addormentato
gli
tagliò il fatal crine, e lo mandò a Minosse nella
irinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse
gli
aveva dato. Nel partire da Creta Teseo condusse s
nza di questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata di un figlio cui
gli
autori nominano Asterio o Asterione, siccome ince
di Minosse, secondo alcuni che somigliava all’uno ed all’ altro, così
gli
venne dato il nome di Mino-Tauro. Minosse per nas
in tutta la sua vita le arti e le condusse a perfezione. Gli antichi
gli
attribuiscono l’invenzione della scure, del trapa
di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite
gli
amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fe
le e l’ammisero nel numero degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone
gli
eressero un tempio e gli offrirono dei sacrifici.
o degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone gli eressero un tempio e
gli
offrirono dei sacrifici. Fuvvi poscia anche un or
ò di tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto che
gli
Dei marini lo avevano del tutto ammesso nella lor
gliono la maggior parte de’poeti, benchè ne variasse il numero presso
gli
antichi che ne annoveravano due ed anche quattro.
vevano templi in Elide, in Delfo, in Perinto, in Bisanzio ed in tutti
gli
altri luoghi della Grecia e della Tracia. Ne avev
el rango delle Divinità, ma vennero loro altresì largamente tributati
gli
onori. In molti luoghi della Grecia e della Maced
Urania o la Venere Celeste, figliuola del Cielo e della Luce. Secondo
gli
antichi animava essa tutta la natura e presiedeva
a cosa che la brama che ha ogni essere creato di unirsi a ciò che più
gli
si addice. Urania non ispirava che dei casti amor
un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo uccidevano
gli
uommi o almeno trasformavano in sasso quei che gu
e Briareo, coll’Idra di Lerna, colla Chimera, colle Arpie e con tutti
gli
altri mostri immaginati dai poeti. Asseriscono a
rgoni fossero vere bestie feroci le quali collo sguardo petrificavano
gli
uomini, e raccontano esservi stato in Africa un a
vatica, ed il cui alito è tanto velenoso che infetta tutti coloro che
gli
si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con al
salire in cielo, Giove lo precitò in terra e pose l’alato cavallo tra
gli
astri ove forma una costellazione. Anche Perseo s
evano in mano una scure, perchè si credeva che queste Ninfe punissero
gli
oltraggi fatti alla pianta che avevano in custodi
ma punivano severamente quelli la cui màno sacrilega osava insultare
gli
alberi da cui esse dipendevano. Narrasi a questo
ttere una superba quercia, la più bella di tutta la provincia, quando
gli
apparve una Ninfa, e lo supplicò di non offendere
essa. Molti fatti citansi a un dipresso consimili i quali provano che
gli
antichi erano persuasi che la vita delle Amadriad
e delle capre. Dimostravano di avere una particolare inclinazione per
gli
alcioni, augelli marini. Si diede un tempo il nom
ericoli che incontravansi su quell’elemento. Quando il mare era irato
gli
veniva sacrificato un toro nero, e quando era in
era irato gli veniva sacrificato un toro nero, e quando era in calma,
gli
s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro era
. Quello della Dea fu certamente bellissimo ; ma quello di Aracne non
gli
cedeva. Essa aveva rappresentato sulla tela Europ
si ella ha conservato la passione di filare e di far tele. Dicesi che
gli
Egizi per rammentare continuamente al popolo l’im
tri parlano della sesta chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove
gli
diede delle piante di pomi che fruttavano de’ pom
imo istante cento fischi diversi. I pomi sui quali esso teneva sempre
gli
occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con
erano dotate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliavano
gli
occhi di chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercol
era venuto a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro molti hanno intesi
gli
aranci ed i cedri. Nel drago non hanno scoperto c
d’oro, cioè quest’astro, quando comparisce fa sparire dal cielo tutti
gli
astri minori. Quest’ultima opinione trova un appo
ole Fortunate o Atlantidi, poco distanti dalla costa d’Africa, di cui
gli
antichi avevano poche nozioni e che credevano l’e
ra. Le Stagioni Gli antichi personificarono le Stagioni. Sopra
gli
antichi monumenti le quattro Stagioni sono d’ordi
de’ lusinghieri suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che
gli
facevano, di insegnargli mille belle cose, che fè
che aveva dodici artigli, sei booche e sei teste ; una frotta di cani
gli
sortivano dal corpo intorno la sua cintura, e coi
città ed alle ville, alle case i secondi ; ma comunemente prendevansi
gli
uni per gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari
e ville, alle case i secondi ; ma comunemente prendevansi gli uni per
gli
altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figl
prima fatto tagliare la lingua in pena di aver manifestato a Giunone
gli
amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno
teggeva le api ed i loro lavori. Colui che rubava del mele o guastava
gli
alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno di
si spargeva mai sangue in tal sorta di sacrifici. Presiedeva secondo
gli
antichi ad ogni parte del corpo un Dio particolar
al bere, Educa o Edusa al mangiare. Strenua dicevasi la dea che rende
gli
uomini valorosi, Agenoria o Stimula quella che gl
i la dea che rende gli uomini valorosi, Agenoria o Stimula quella che
gli
spingeva ad agire. Gli Agonii erano Dei che si in
ano quando trattavasi d’intraprendere qualche cosa d’importante. Orta
gli
esortava ad opere virtuose ; Vigilia accompagnava
quale da’ primi giorni di Ercole diede strepitose prove dell’odio che
gli
portava in causa della madre, mandò due orribili
lche severità ; Ercole poco docile non potè sopportare la correzione,
gli
lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Erco
ad un bifolco che stava lavorando coll’ aratro ; e perchè quegli non
gli
die’ nulla, staccò uno de’ buoi dall’aratro, lo i
nciò al commercio degli uomini, indi consultò l’oracolo di Apollo che
gli
ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici
anni, agli ordini di Euristeo, in conformità dei decreti di Giove ; e
gli
annunciò che sarebbe posto nel rango degli Dei al
ori dei suoi stati onde togliergli i mezzi di sturbare il suo regno ;
gli
comandò le cose più dure e malagevoli dette poi d
su le spalle e la portò a Micene. 5.° A colpi di freccia uccise tutti
gli
orribili uccelli del lago Stinfalio. Essi erano m
uccelli del lago Stinfalio. Essi erano mostruosi, avevano il becco e
gli
artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve
ta prigioniera la loro regina Ippolita la diede in isposa a Teseo che
gli
era stato compagno in quell’impresa. Le Amazzoni
so delle sue fatiche, il quale consisteva nel decimo delle gregge che
gli
dovea appartenere. Siccome Augia gli rifiutò il c
teva nel decimo delle gregge che gli dovea appartenere. Siccome Augia
gli
rifiutò il compenso malgrado il parere di Fileo s
va i suoi cavalli di carne umana facendo loro divorare principalmente
gli
stranieri che avevano la mala sorte di cadere nel
oe attribuite molte altre memorabili azioni. Vinse il fiume Acheloo e
gli
tolse un corno, che fu poi chiamato Cornucopia. S
Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per punire Laomedonte che
gli
negava i promessigli cavalli, rovesciò le mura di
dirigere a lui una freccia ; il Sole ammirando il suo grande coraggio
gli
regalò una barchetta d’oro, su la quale dicesi eg
ito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa era infettata
gli
penetrò fino entro le ossa. Tentò egli ma invano
ne volte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero
gli
era consacrato, perchè se n’era cinto il capo qua
lio di Pelope e padre di Agamennone ; e soltanto dopo un secolo circa
gli
Eraclidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso
ie di que’ due paesi andassero a popolare la Grecia, i tratti con cui
gli
antichi hanno dipinto Ercole che tutti convengono
ra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera di Prometeo,
gli
fece l’offerta di dargli tutto quello che poteva
correre egli medesimo le celesti regioni per scegliere quello che più
gli
fosse sembrato conveniente all’uomo che esso avev
nte il dono e sposò Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto
gli
aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse
iglio di Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunque presente
gli
venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Pr
ondo altri, di incatenare Prometeo sul monte Caucaso, ove un avoltoio
gli
rodeva il cuore a misura che gli rinasceva ; e so
o sul monte Caucaso, ove un avoltoio gli rodeva il cuore a misura che
gli
rinasceva ; e sofferse tale supplizio, sintanto c
glia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti
gli
uomini con un diluvio universale, perchè erano tr
osa la più virtuosa tra le donne, i soli che per essere gente dabbene
gli
Dei vollero eccettuare dal generale eccidio. Riti
e di voler dare un pranzo ai suoi amici purchè ciascuno dei convitati
gli
facesse dono d’un cavallo ; ed invitò. Perseo per
to giovine era amato dagli Dei essi vennero in suo soccorso. Mercurio
gli
prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una sci
e per figlio di Giove. Atlante rammentandosi di un oracolo antico che
gli
aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Gi
tico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Giove che
gli
avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo
e che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo giardino,
gli
negò l’ospitalità e lo scacciò. Perseo non potend
ndolo nel monte dello stesso nome presentendogli il capo di Medusa, e
gli
rapì i pomi da lui accuratamente guardati. Di là
ri delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tutti
gli
altri con Fineo medesimo. Sposata ch’ebbe Androme
colo. Intanto il dolore provato da Perseo per la morte del suo avolo
gli
fece abbandonare il soggiorno di Argo e andò a fa
vò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole aveva rinnovato
gli
Olimpici. Trovossi al combattimento dei Centauri,
ù pace. Il ritorno di Teseo in patria fu prima fatale ad Egeo. Questi
gli
aveva ordinato che tòrnando salvo in patria, per
pretesto di fargli vedere le circostanti campagne. Alcuni secoli dopo
gli
Ateniesi ripararono la loro ingratitudine verso T
sue ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in mezzo della città, e
gli
innalzarono un tempio, in cui gli facevano dei sa
perba tomba in mezzo della città, e gli innalzarono un tempio, in cui
gli
facevano dei sacrifici. Siccome il nome di Teseo
lli. Ercole, Teseo, Piritoo ne uccisero un gran numero ed obbligarono
gli
altri a fuggire. Narrasi pure che i Centauri esse
ui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio con loro, essi
gli
mossero guerra. Dopo qualche ostilità d’ambe le p
lui e le altre donne che assistevano a questa festa. Ercole, Teseo e
gli
altri Lapiti vendicarono l’onore di Piritoo e fec
be fu edificata Cadmo stabilì delle leggi per far regnare la pace tra
gli
abitanti. Sposò Ermione figlia di Marte e di Vene
e Cadmo era fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura ch’ella
gli
cagionò, si fu la disgrazia di Atteone figlio di
ciso da Edipo suo proprio figlio. Cadmo cedendo al fine al dolore che
gli
cagionavano tante sciagure avvenute nella sua fam
to. Oppressi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono
gli
Dei di porre fine alla loro vita, e tosto furono
ivenuta quasi generale. Narrasi che Apollo, o secondo altri, Mercurio
gli
fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eord
belve accorrevano a quella soave melodia e vi erano per anco attratti
gli
augelli ; al dolce suono della sua lira tacevano
ono della sua lira tacevano i venti, il lor corso fermavano i fiumi e
gli
alberi danzavano ; poetiche esagerazioni per dino
e il titolo di ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro di lui padre
gli
aveva già dato le prime lezioni di teologia inizi
ce figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avvenenza,
gli
parve degna dell’amor suo ; la sposò quindi, e fu
ombre. Tantalo dimenticò la sua sete, la ruota d’Issione si arrestò,
gli
avoltoi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gl
ssione si arrestò, gli avoltoi intenti ad isbranare il cuore di Tizio
gli
diedero qualche istante di tregua ; le Danaidi si
i rivolto per mirarla, prima d’uscire dai limiti del loro impero. Non
gli
restava a fare che un passo ed avrebbe riveduta l
volge per vedere se la moglie lo segue e nel momento stesso Euridice
gli
è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ;
e lo segue e nel momento stesso Euridice gli è tolta per sempre. Essa
gli
stende le braccia ; egli tenta di afferrarla ma n
dolore vorrebbe rientrar nell’inferno, ma l’inflessibile Caronte non
gli
permette di ripassare il fiume. Vuolsi che restas
a morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta di molte
gli
tolse la vita. Variano i racconti su la morte di
un oracolo la consultavano. La lira d’Orfeo fu trasportata in ciclo e
gli
Dei ne fecero una costellazione. Le donne omicide
ale arte. Alcuni accertano che Mercurio gliene insegnò i principii, e
gli
donò una lira alla quale Anfione aggiunse tre cor
ntore auche dei canti lamentevoli. Giasone, Medea, Chirone, Fineo,
gli
Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era f
te ammalato ; e pochi giorni dopo ne pubblicò la morte, facendo tutti
gli
apparecchi pei funerali, mentre la madre lo porta
nni sortire dal suo ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale
gli
venne ordinato di vestirsi alla maniera dei Magne
rte di Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a sè
gli
sguardi di tutto il popolo per la bella sua prese
iura per Giove dal quale hanno tutti e due origine che al suo ritorno
gli
darà il possesso del trono che gli appartiene. Gi
i e due origine che al suo ritorno gli darà il possesso del trono che
gli
appartiene. Giasone era in quella età in cui si v
i va in traccia della gloria, perciò colse avidamente l’occasione che
gli
si presentava per acquistarne. Fu annunciata per
ue poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro latino di Valerio Flacco,
gli
Argonauti arrivarono finalmente in Colchide regio
dea che già incominciava ad interessarsi affettuosamente per Giasone,
gli
promise il soccorso dell’arte sua, purchè egli vo
nuto di sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine
gli
era imposto di uccidere il mostro che vegliava in
rcira ora Corfù, ove Medea e Giasone celebrarono le loro nozze. Quivi
gli
Argonauti si dispersero e gli sposi ritornarono a
iasone celebrarono le loro nozze. Quivi gli Argonauti si dispersero e
gli
sposi ritornarono a Iolco, colla gloria di aver r
are vie più il suo furore uccise essa stessa colle proprie mani sotto
gli
occhi di Giasone i due figli che da lui aveva avu
perirebbe colpito dagli avanzi del vascello degli Argonauti, ciò che
gli
accadde in fatti. Un giorno ch’egli stava riposan
vascello tirato a terra, una trave che se ne distaccò improvvisamente
gli
schiacciò la testa. Narrano altri che Medea dopo
, l’astronomia. Fu egli che compose il calendario di cui si servirono
gli
Argonauti nella loro spedizione. Il Bacco greco f
a sole donne, le quali per vivere in loro balìa, avevano uccisi tutti
gli
uomini. La regina Issipile però, la quale meno in
bbe due figli Toante ed Euneo. Continuando il loro viaggio arrivarono
gli
Argonauti in Tracia, dove furono istrutti dal re
i in Tracia, dove furono istrutti dal re Fineo del modo onde superare
gli
scogli Cianei o Simplegadi, che urtandosi fra di
e il timore di esser raggiunti da questo re, fosse la mira di evitare
gli
scogli Cianei, gli Argonauti, risalita la nave, t
r raggiunti da questo re, fosse la mira di evitare gli scogli Cianei,
gli
Argonauti, risalita la nave, traversarono il pont
l’inseguiva, ma riuscì loro di evitarne l’incontro. Furono gettati su
gli
scogli della costa d’Egitto, ma la protezione deg
rie sono le opinioni sull’origine di questo misterioso ariete. Dicono
gli
uni che all’istante in cui stavasi per immolare F
Elle, Mercurio diede a Nefele, loro madre, un montone d’oro al quale
gli
Dei avevano comunicato la prerogativa di traversa
re, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce
gli
fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso
na voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso di nuovo
gli
salì sul dorso, giunse a Colco, immolò l’ariete a
el campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di modo che, secondo
gli
uni il vello d’oro era d’oro dapprincipio, second
opo aver ucciso suo fratello Alcimeno o Delrade o Bellero (perciocchè
gli
vengon dati tutti questi nomi) che pretendeva far
e così la moglie di Preto Antea o Stenobea se ne invaghì fortemente e
gli
promise che se voleva corrispondere a’suoi deside
umi, ringraziandoli del felice arrivo del giovine eroe. Nel decimo dì
gli
chiese i segni che mandavagli il re suo genero :
e sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati,
gli
partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e
e ne’suoi stati, gli partecipò i crudeli ordini che aveva ricevuti, e
gli
diede in isposa sua figlia e con essa metà del su
ndo per l’ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrifici a tutti
gli
Dei, dimenticò di offrirne a Diana, di che essa s
alanta offerirne in ricompensa il capo e la pelle ; opponendosi a ciò
gli
zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli u
e ; opponendosi a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato
gli
uccise. Ma questa uccisione fu cagione della sua
li, che il nome ebbero di Meleagridi, che si credeva passassero tutti
gli
anni dall’Affrica in Beozia per piangere su la to
u chiesta in matrimonio da molti principi ; ma sia ch’ella non amasse
gli
uomini, sia che fosse informata dall’oracolo che
lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale
gli
fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto nel
di Giove o di Cibele, o secondo alcuni un antro consacrato a Cibele ;
gli
Dei li trasformarono per ciò in lioni, e Cibele l
eva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella quale soccorse
gli
Dei contro Giove, egli aveva condotto via dall’Er
i vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; mostrò loro ad onorare
gli
Dei nei tempii per mezzo dei sacrifici, a cingere
he fu risguardato come il Dio della pace ; sotto il qual titolo, Numa
gli
fece edificare un tempio che stava aperto in temp
motivo del suo viaggio, ella, essendo della schiatta degli indovini,
gli
rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il t
Mida, in riconoscenza del favore che Gordio aveva ottenuto da Giove,
gli
dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel lu
cosicchè il principe fece nell’indomani dei sacrifici per ringraziare
gli
Dei del favore che gli avevano accordato e dei co
ce nell’indomani dei sacrifici per ringraziare gli Dei del favore che
gli
avevano accordato e dei contrassegni che gliene d
ar l’oracolo di Apollo per aver contezza de’suoi parenti, e l’oracolo
gli
predisse le disgrazie che a Laio erano state pred
che l’enimma da alcuno fosse disciolto. Presentossi Edipo e la Sfinge
gli
propose il fatale enimma, che era : Qual fosse l’
gno di Tebe, e Giocasta in isposa cui non sospettò essergli madre ; e
gli
nacquero da essa due gemelli Eteocle e Polinice e
e nel vedersi tutt’ad un tempo reo di parricidio e d’incesto, si cavò
gli
occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta
suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oracolo d’Apollo, il quale
gli
predisse ch’egli doveva morire a Colonos e che la
deo per assassinalo. Questi opponendosi valorosamente agli assalitori
gli
uccise tutti, eccetto Meone cui rimandò ad Eteocl
i siensi separate, e che la stessa cosa sia accaduta ne’sacrifici che
gli
venivano offerti insieme, poichè per quanto catti
e fratelli non si tralasciò nullameno nella Grecia di rendere ad essi
gli
onori eroici. Creonte il quale successe alla coro
gli onori eroici. Creonte il quale successe alla corona, fece rendere
gli
onori del sepolcro alle ceneri d’Eteocle, siccome
ella qua e là trasportavasi onde sottrarsi alle ricerche de’ Tebani ;
gli
enimmi erano l’immagine delle insidie ch’essa ten
nosciuta ora sotto il nome di Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne
gli
onori divini, ed i Greci lo ponevano tanto al dis
risteo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo e morendo
gli
lasciò la corona. Tieste, che aveva seguito suo
enuto Agamennone e per le sue conquiste e per la morte di Tieste, che
gli
aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed i
partenza de’ Greci per Troia Agamennone aveva avuto vari figli e tra
gli
altri Oreste, Ifigenia ed Elettra. Mentre l’armat
ino per vegliare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina,
gli
riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno
e sue qualità e certi tratti di spirito e di magnanimità che talvolta
gli
sfuggivano, fecero sospettare ch’ei fosse uscito
hio e vestimento veruno, si presentarono al giovane pastore. Ciascuna
gli
fece delle offerte onde impegnarlo a pronunciare
romise di colmarlo d’ogni bene, non esclusa la regia podestà. Minerva
gli
offrì la saggezza siccome il maggiore di tutti i
ado le predizioni degl’indovini, lo ricevette e diedegli il posto che
gli
conveniva. Poco dopo fu eletto da Priamo per and
perfetta cognizione della medicina, ma Enone sdegnata contro di lui,
gli
fece poco buona accoglienza e non volle guarrirlo
ià riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra
gli
stratagemmi da lui impiegati a danno di Troia il
cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero
gli
altri di partire abbandonando l’assedio di Troia
o all’estremo dell’Adriatico fondò la città di Padova ; e discacciati
gli
Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti
di Venere prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise che portava
gli
Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio,
le, i Libri Sibillini, i Tempii più famosi, i Sacrifici, i Sacerdoti,
gli
Auguri, gli Augurii, le Espiazioni, l’Acqua Lustr
Sibillini, i Tempii più famosi, i Sacrifici, i Sacerdoti, gli Auguri,
gli
Augurii, le Espiazioni, l’Acqua Lustrale, i Giuoc
Pubblici, ecc. Chiamavansi dagli antichi Oracoli le risposte che
gli
Dei davano agli uomini ; e lo stesso nome davasi
a consultarli. I luoghi scelti per costruire i tempii ove rendevansi
gli
Oracoli, le vicinanze, l’esteriore degli edifici
ia, condurre a buon fine qualche impresa, tosto recavasi a consultare
gli
Dei che avevan fama di predire il futuro. Gli Ora
primo motore degli oracoli, e prima sorgente d’ogni divinazione. Dopo
gli
oracoli di Giove i più celebri e più accreditati
quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato di tutti
gli
Dei, essendosene istrutto dallo stesso Giove. I p
ti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso Giove. I più famosi tra
gli
Oracoli erano : Sacrifizio L’oracolo
lunque strega in generale. La Pitonessa sacerdotessa d’Apollo rendeva
gli
oracoli su di un tripode, scranna piccola con tre
a un Oracolo anche a Claro città della Ionia. Il più celebre però tra
gli
Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto
chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ; di modo che
gli
Oracoli del tripode passavano in proverbio per an
egio degli Oracoli venne coll’andar del tempo accordato a quasi tutti
gli
Dei e ad un gran numero di eroi. Marte ebbe un Or
convalidata da infiniti esempi che presenta la storia. Per consultare
gli
Oracoli era necessario scegliere il tempo in cui
re gli Oracoli era necessario scegliere il tempo in cui credevasi che
gli
Dei ne pronunciassero ; poichè tutti i giorni non
ente ricevevasi la risposta dell’Oracolo, gittando le sorti. Talvolta
gli
Dei mostravansi meno difficili ; e il consultante
e avvenne ad Alessandro, quando andò a consultare Giove Ammone. Anche
gli
antichi popoli del Nord avevano i loro Oracoli co
ure dalle Parche ne’ loro tempii. Quello d’Upsal era famoso tanto per
gli
Oracoli quanto pei sacrifici. Nel predire il futu
quali attribuivano la cognizione del futuro. Convengono generalmente
gli
antichi che vi siano state delle Sibille, ma non
disfarlo. Gli mostrò essa nella foresta di Proserpina un ramo d’oro e
gli
ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con
presentò un giorno a Tarquinio Prisco, o al Superbo secondo alcuni e
gli
offrì nove volumi diversi pei quali chiese 300 mo
rifiuto. Tarquinio maravigliato da tale ostinazione, mandò a cercare
gli
auguri, i quali consigliarono ch’egli dovesse pag
utti della terra e non più. A poco a poco incominciaronsi a effigiare
gli
Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di c
; ne’ Sacrifici oltre a’frutti della terra incominciaronsi ad offerir
gli
animali, e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, im
cerdotesse. Ai conviti che celebravansi dopo i sacrifici presiedevano
gli
Epuloni sacerdoti istituiti l’anno 558 della fond
ilosofi o retori, e il cattivo uso che poscia ne venne fatto, ambidue
gli
ha egualmente screditati. Non si sa positivamente
oni l’accesso nelle case dei grandi. Allora furono chiamati Parassiti
gli
adulatori i quali, per procurarsi una piacevole s
i ; e se le lagnanze erano giuste i Feciali avevano diritto di punire
gli
autori dell’ingiustizia. Eravi pur in Roma il co
a maniera con cui ardeva l’incenso, dal crepitare, dal fumo traevansi
gli
Augurii. Tutti i fenomeni straordinari, tutti i c
lontari del cuore, degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi,
gli
starnuti, le parole e i rumori uditi a caso e imp
nche a molti insieme dedicato. Eravi un decreto del senato romano che
gli
ordinava espressamente. Principiavasi sempre a so
di pietà. È però vero che nou poca parte vi aveva la politica, mentre
gli
esercizi di questi giuochi servivano d’ordinario
tà. I Giuochi pubblici pei Greci erano divisi in due diverse specie ;
gli
uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli
ue diverse specie ; gli uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e
gli
altri sotto quello di Scenici. I Ginnici abbracci
ci e gli altri sotto quello di Scenici. I Ginnici abbracciavano tutti
gli
esercizi del corpo, la corsa a piedi, a cavallo o
avallo o sulle bighe e le quadrighe ; la lotta o il pancrazio, in cui
gli
atleti nudi ed unti d’olio cercavano di atterrars
mpresi sotto il nome di Giuochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè
gli
uni venivano celebrati nel circo e gli altri sopr
i e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrati nel circo e
gli
altri sopra la scena. Riguardo ai giuochi consacr
o Giuochi dei teatri, degli anfiteatri e dei circhi magnifici, di cui
gli
avanzi ancora si veggono a Roma, a Verona, a Nime
e che Narciso invaghito e vittima della propria bellezza, rappresenta
gli
effemminati e i sedotti da eccessivo amor proprio
sedotti da eccessivo amor proprio. 11. La poesia destinata a cantare
gli
Dei e gli eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animar
a eccessivo amor proprio. 11. La poesia destinata a cantare gli Dei e
gli
eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animare anche gl
cantare gli Dei e gli eroi, ad abbellire ogni cosa, ad animare anche
gli
oggetti materiali, ha popolato d’ esseri immagina
nero spiriti celesti, i pastori Satiri, Ninfe le pastorelle, Centauri
gli
uomini a cavallo, e le arance furono dette aurei
i uomini a cavallo, e le arance furono dette aurei pomi. 12. Dopo che
gli
uomini ebbero perduto la memoria del vero Dio e d
a del vero Dio e del suo culto, e quando non sapevano ancora spiegare
gli
effetti delle forze fisiche, ossia i fenomeni dei
che i bruti, le piante ed i sassi. 13. Poi ottennero templi ed altari
gli
uomini celebri ed i benefattori dell’ umanità, e
tori dell’ umanità, e la riconoscenza rese divini i guerrieri famosi,
gli
artisti di grande ingegno ed i legislatori dei po
; nè vi fu luogo che non fosse sotto la protezione di uno Dio. Sicchè
gli
uomini vollero, per così dire, adorar la natura p
ocati. 17. Gli Dei eran distinti in tre classi : La prima comprendeva
gli
Dei supremi o i grandi Numi (Dii majores), ed era
di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce, ec., e con essi
gli
eroi che avevano meritata l’ immortalità, come Ac
ie di cose casuale ed informe, nella quale immaginarono confusi tutti
gli
elementi della natura prima della creazione e del
e un’ immagine della fatale necessità che tutto governa nel mondo ; e
gli
altri Dei, come anche lo stesso Giove, andavano a
la immutabilità del Fato, cui non vincono nè i potenti della terra nè
gli
stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un t
i stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono di ferro, con
gli
occhi bendati e un piede sul nostro globo ; aveva
) eran le ministre del Destino, pronto a fare eseguire immediatamente
gli
ordini della inesorabile divinità. 25. Cielo o Cè
ve (63) cioè e Giunone (85), fece veder solamente questa al marito, e
gli
tenne celato Giove, offrendogli in sua vece una p
ietra che da Saturno fu subito divorata. E ciò fece anche quand’ ebbe
gli
altri due figli Nettuno (185) e Plutone (213). 29
ati Cureti, Galli, Coribanti o Dattili (48) ; e la capra Amaltea (77)
gli
fu nutrice. Narrasi che le Ninfe e i Coribanti, c
irsi nell’ Affrica. 31. Poichè Saturno udì dal Destino (21) che Giove
gli
avrebbe usurpato il regno, appena fu libero, gli
stino (21) che Giove gli avrebbe usurpato il regno, appena fu libero,
gli
mosse guerra ; ma Giove lo vinse ; e temendo che
ndo che il padre usasse un’ altra volta a suo danno della libertà che
gli
avea procurata, lo discacciò dal Cielo. 32. Satur
o degli Dei e prima età del mondo, perchè sotto il loro savio governo
gli
uomini vissero semplicemente e naturalmente buoni
tate, autunno e verno, Foco empio, acuti morbi e fredda neve. S’ebber
gli
uomini allor qualche governo Nel mangiar, nel ves
nesto. Numa Pompilio secondo re di Roma (714 anni avanti Gesù Cristo)
gli
edificò un tempio con dodici altari, uno per cias
tenuto in conto di valido intercessore ai supplichevoli mortali appo
gli
Dei. 38. Le feste istituite nel Lazio in onor di
ospendeva le adunanze ; eran chiuse le pubbliche scuole ; i parenti e
gli
amici si ricambiavano doni e banchetti ; era viet
o distrugge ed all’ agricoltura che tutto riproduce. È anche alato, e
gli
sta presso un orologio a polvere, e talora un ser
esi Di un grave e mortifero letargo : Chè volan l’ ore, e i giorni, e
gli
anni, e i mesi ; E ’nsieme con brevissimo interva
Non fate contra ’l vero al core un callo, Come sete usi, anzi volgete
gli
occhi, Mentr’ emendar potete il vostro fallo. Non
ente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di sua rabbia : Chè
gli
avea in guardia istorico o poeta…. Tuttavia anco
lie di Celo (25), è la madre di Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele
gli
è moglie ; e la terza è sua figliuola. 44. A ragi
forte, e le posero in capo una ghirlanda di quercia, perchè un tempo
gli
uomini semplici e robusti si nutriron di ghiande
e deriva indi una pura Luce che, mista allo splendor del Sole, Tinge
gli
aerei campi di zaffiro, E i mari allor che ondegg
ti e quanto poteva esservi di segreto e di sacro. Al circo ed a tutti
gli
spettacoli avevano luogo distinto. Il pubblico er
tumulto, mischiando a’ loro urli lo strepito dei tamburi, percotendo
gli
scudi con le lance, ballando e movendo la testa c
ità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì
gli
uomini nell’arte di coltivar la terra e di semina
uomini nell’arte di coltivar la terra e di seminare il grano ; sicchè
gli
antichi l’ adorarono quale Dea dell’ agricoltura,
Attica, insegnò a Trittolemo suo figliuolo l’arte dell’agricoltura, e
gli
donò un carro coi draghi per recarsi a diffondere
à non potè fare a meno di riderne e di beffarla. Di che offesa la Dea
gli
scaraventò in faccia il resto della pappa ; e lo
cedesse a Proserpina (53) di passare sei mesi dell’anno colla madre e
gli
altri sei col marito.15 59. Cerere ha volto bell
. 60. Le feste di Cerere furon chiamate Eleusine, o Eleusinie, perchè
gli
Ateniesi le celebrarono ogni cinque anni ad Eleus
ope nipote di Nettuno (185) e avo materno d’Ulisse (568), oltraggiava
gli
Dei, e negava d’offrir loro i sacrifizj. Indi, fo
25) o Celo che s’era congiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che
gli
costava un delitto di violenza incontro al padre,
per vendicare i Titani suoi nipoti precipitati da Giove nel Tartaro,
gli
fece ribellare i Giganti (69) figliuoli degli ste
iove, sgomentato alla vista di sì tremendi nemici, chiamò in soccorso
gli
altri Dei, ma tutti temevano più di lui, e si rif
o varie forme d’animali. Forse di qui, secondo alcuni, ebbero origine
gli
onori divini che gli Egiziani rendevano ai bruti
li. Forse di qui, secondo alcuni, ebbero origine gli onori divini che
gli
Egiziani rendevano ai bruti (704). 68. Bacco (146
per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che di continuo
gli
gridava : Coraggio, figlio mio, coraggio ! Alcuni
lo, al dir d’Omero, più degli altri Giganti insieme uniti, sgomentava
gli
Dei ; Fialte poi fu quello che pose il monte Ossa
enarlo ad uno scoglio sul monte Caucaso in Asia, e quivi un avvoltoio
gli
doveva eternamente divorare le viscere, le quali,
lluminando le menti della moltitudine, davano opera a distruggere tra
gli
uomini ogni disuguaglianza contraria alla natural
Forza crudel che a’generosi insulta ; Ma il profetato Alcide in cor
gli
freme, E nel futuro esulta. Silvestro Centofant
li freme, E nel futuro esulta. Silvestro Centofanti. 72. Addolorati
gli
altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi
ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto di creare
gli
uomini, si concertarono fra di loro, e formarono
enza ; e la chiamarono Pandora, vale a dire formata coi doni di tutti
gli
Dei (pan tutto, dôron dono, gr.). « E i doni degl
aone s’apparecchiò a levargli la vita mentre dormiva ; ma sapendo che
gli
Dei solevan talora scendere sulla terra, s’argome
mpa, e ne fece scaturire una sorgente. Allora Bacco, per gratitudine,
gli
consacrò un tempio sotto il nome di Giore Ammone
Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in Beozia. Comunemente
gli
immolavano la capra, la pecora e il toro bianco a
uerci della foresta vicina alla città di Dodona nell’Epiro rendessero
gli
oracoli, e vi eressero un tempio per adorarlo sot
’onnipotenza, ed una statuetta della Vittoria nella sinistra ; allato
gli
seggono le Virtù, ed ai piedi ha l’aquila a lui c
ssa ai Romani, massime nella guerra coi Galli Senoni od in quelle con
gli
Arunci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Marte (2
n’altra moglie, e di sceglierla tra le semplici mortali ; sicchè pose
gli
occhi sopra la giovanetta Io figlia d’Inaco re d’
uale aveva cent’occhi e soleva tenerne aperti cinquanta nel tempo che
gli
altri eran chiusi dal sonno. Ma la Dea non ottenn
musica e con l’ajuto di Morfeo Dio del sonno (241) che a tale effetto
gli
diede un mazzo de’suoi papaveri, e poi d’ucciderl
o che si lasciano troppo sedurre dai piaceri. Allora Giunone raccolse
gli
occhi dell’estinto Argo, e ne fregiò la coda del
Nilo, ove Giove le rese la primiera sua forma. Quivi partorì Epaso, e
gli
Egiziani l’hanno adorata sotto il nome d’Iside, s
ò l’isola d’Egina con una spaventosa pestilenza che fece perire tutti
gli
abitanti, per vendicarsi della protezione di Giov
nell’arcobaleno apportatore di gioja sopra la terra. Così spiegarono
gli
antichi il mirabile effetto dei raggi del sole re
o la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma cosi
gli
Egiziani la confondevano con la dea Iside (690, 6
prire il tripode sul quale sedeva la Pitia o Pitonessa (122) per dare
gli
oracoli. Indi furono istituiti da Teseo i giuochi
rammentare questa prova di filiale affetto (672). 100. Ma la vittoria
gli
fu amareggiata dalla morte del figliuolo Esculapi
sussistenza, si pose ai servigj di Admeto re di Tessaglia, pasturando
gli
armenti, e fin d’allora fu onorato quale Dio dei
a Peneia), e volle che il lauro in memoria di un amor puro ed ardente
gli
fosse sacro e divenisse nobile ricompensa di poet
107. Laomedonte cercò rimedio a tanti mali, e consultò l’oracolo, che
gli
rispose di dover placare Apollo e Nettuno, espone
ta incatenata sopra uno scoglio, quando Ercole (364), approdatovi con
gli
Argonauti (452), giunse in tempo a salvarla uccid
Finalmente il lungo esilio e le sventure d’Apollo placaron Giove, che
gli
rese la divinità con tutti i suoi privilegj, e lo
ino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio di Laomedonte re di Troia, e
gli
ottenne da Giove l’immortalità, ma non pensò ad i
roducono la rugiada mattutina. 114. Dal rogo di Memnone volaron fuori
gli
uccelli memnonidi, i quali si separarono in due b
i folli compagni ; e vantando, secondo il solito, l’alta sua origine,
gli
fu contradetta da tutti. Di che andato a lagnarsi
ine, gli fu contradetta da tutti. Di che andato a lagnarsi col padre,
gli
chiese in grazia di condurre un giorno il carro d
morte, che per quattro mesi lo piansero sulle sponde dell’Eridano, e
gli
Dei le trasfermarono in pioppi, e le loro lacrime
ngendo Stava la morte sua, mentre ch’all’ombra Delle Pioppe, che pria
gli
eran sorelle, Sfogava colla musa il suo dolore, F
icii. Il Nume superò l’emulo col suono della lira e col canto, benchè
gli
fosse stata contesa lungamente la palma. Tuttavia
largita al suo balio, promisegli d’esaudire il primo desiderio ch’ei
gli
avesse manifestato. Il re di Frigia quasi che vol
anifestato. Il re di Frigia quasi che volesse far conoscere come bene
gli
si addicevano le note orecchie asinine, chiese ed
ch’ei toccava ; ma presto ebbe a pentirsi della voglia avara, perchè
gli
stessi alimenti gli si mutavano in quel metallo,
presto ebbe a pentirsi della voglia avara, perchè gli stessi alimenti
gli
si mutavano in quel metallo, e ne fu presso a mor
e d’Esculapio (289) fu anch’essa amata da Apollo ; ma poichè un corvo
gli
ebbe svelato ch’ella poco di lui si curava, tratt
subitaneo gastigo, e per far pagare al corvo il fio della delazione,
gli
ridusse nere le penne che prima eran bianche. 134
a vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di quella tremenda lotta
gli
gridavano continuamente Io Paean, avanti ! colpis
ci donativi. I Rodiani che ambivano di esser chiamati figli del Sole,
gli
aveano consacrato uno smisurato colosso, il quale
are il dito pollice del colosso, e un bastimento anche dei più grandi
gli
passava tra le gambe a vele spiegate. Le altre co
l giovine imberbe, con lunga e bionda chioma inghirlandata d’alloro ;
gli
stanno ai piedi gli emblemi delle arti, ed ha nel
on lunga e bionda chioma inghirlandata d’alloro ; gli stanno ai piedi
gli
emblemi delle arti, ed ha nella destra l’arco e i
ata della sua bella e numerosa prole, imperocchè le fece perire sotto
gli
occhi tutti i figliuoli. 142. Diana in terra s’er
tempio con eguale magnificenza ; ma fu poi saccheggiato da Nerone ; e
gli
Sciti lo arsero nuovamente verso l’anno 260 dopo
Erano offerte in sacrifizio a Diana le primizie della terra, i bovi,
gli
arieti e i cervi bianchi. Ma invocandola, qual De
to il bellissimo Ditirambo del Redi, intitolato Bacco in Toscana. Fra
gli
antichi, niuno forse meglio d’ Anacreonte greco s
d il capro perchè quest’animale è infesto ai germogli della vite. Tra
gli
animali favolosi eragli sacra la Fenice, e tra le
nfine il primo, toccate col tirso le acque dell’Oronte e dell’Idaspe,
gli
attraversò a piedi asciutti ; il secondo fece alt
ativi alla guerra e alla pace. Per essere più sollecito nell’eseguire
gli
ordini dei Numi aveva ali alla testa, ed ai piedi
eva separato, nuovo simbolo dell’ eloquenza. La credenza in cui erano
gli
antichi che Mercurio dopo un certo numero di seco
sia il passaggio delle anime da un corpo morto in un corpo vivo. Cosi
gli
antichi credettero universalmente che le nostre a
ni s’accostano più alla nostra indole. Gl’Indiani, i Persiani e tutti
gli
Orientali hanno ammessa la metempsicosi senza lim
nte nella religione dei Bramini, i quali mantengono spedali per tutti
gli
animali malati, essendo persuasi che, soccorrendo
ena d’oro pendente dalla bocca a significare ch’ ei legava le menti e
gli
animi con la forza della persuasione. 164. Questo
ra, incominciamento di ginnastica, la quale è utilissima a incivilire
gli
uomini ed a mantenerli valorosi ed onesti. Laonde
ndono che Mercurio fosse anche il Nume dei ladri, forse per avvertire
gli
uomini a starne guardinghi, non già per protegger
mostrò sdegnato oltremodo. Siechè Mercurio, per calmarne la collera,
gli
regalò la lira, della quale era già reputato inve
se di ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianze di contadino
gli
offerse un bove e una vacca per farsi dire dove f
e di Quadratus ; finalmente lo dissero Triceps (triplice o trino) per
gli
uffiej che esercitava nel cielo, sulla terra e ne
fu commessa la sua educazione, la condussero in cielo, e quivi tutti
gli
Dei, rapiti dalla sua bellezza, la desiderarono p
, le tre Grazie ed Enea ; e figurarono parimente nati da lei il Riso,
gli
Scherzie i Piaceri, che appariscono quali genii o
con saette a’ fianchi, Contra le qua’ non val elmo nè scudo : Sopra
gli
omeri avea sol duo grand’ ali Di color mille, e t
e il mondo chiama Amore…. E siccome può esservi l’amore virtuoso che
gli
antichi chiamavano Eros 34 e quello opposto detto
pessima divinità la Mitologia ha dato per nutrice la Follia. Nè tutti
gli
autori antichi sono d’accordo sulla nascita di Cu
la nascita di Venere, era accorsa al banchetto degli Dei per raccorne
gli
avanzi. Forse quel sommo filosofo esponeva questa
tti, pure ha sempre bisogno dell’oggetto in cui si pone ; e se questo
gli
manca, riman privo di tutto, e tapino e mendico d
è anzi si accompagna principalmente con la carità, la quale santifica
gli
affetti ispirati da lui. Saffo (177), celebre e s
he sia più gentile e innocente dei fiori e dell’aura di primavera che
gli
accarezza. Il nostro altissimo poeta Dante Alighi
opo. « Quindi avvi un Amore universale, un sentimento comune in tutti
gli
nomini, spirato da tutti gli oggetti della pura e
niversale, un sentimento comune in tutti gli nomini, spirato da tutti
gli
oggetti della pura e schietta natura ; un impulso
e un velo nuziale nella sinistra. Il suo volto spira soavi affetti, e
gli
sguardi rivelano un’ardentissima segreta fiamma d
olo dell’ umano consorzio, e che la semplice beltà della natura vince
gli
studiati adornamenti dell’arte. Ma talora apparis
di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmine che
gli
sfiorò la pelle. 177. Adone, figlio di Mirra (Adò
ogni anno sei mesi sulla terra e sei nell’inferno. Adone fu posto tra
gli
Dei, ed ebbe tempio e culto e feste chiamate Adon
ali duravano otto giorni ; i primi quattro erano consacrati al lutto,
gli
altri alla gioja per indicare l’apoteosi del pred
le rose Amor sacrava Perché in silenzio i furti suoi chiudesse ; E si
gli
additi in aurea nube il sogno Roseo, che sulla fr
di Citera sopra una conca marina, accompagnandola le Nereidi (315) e
gli
Amori. Secondo poi la natura del suo culto aveva
; aveva mæstoso il portamento, serena la fronte, elevata la testa, e
gli
occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, co
ta la testa, e gli occhi fissi nel cielo. Amore stavale a’ piedi, con
gli
occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra pien
e braccia, Promise, quando il re, pel nuovo imene Beato più, partia,
gli
assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma di
lle brame del Nume ; e Nettuno ricompensò il delfino collocandolo tra
gli
astri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite
ria coi loro cadaveri. — V’ è chi non riconosce nelle Arpie altro che
gli
uccelli del lago Stinfale. E finalmente altri dic
equentemente scesi negli stati di Fineo, ed usi a predare e a ridurre
gli
abitanti agli estremi. 192. Tra gli altri Dei mar
neo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti agli estremi. 192. Tra
gli
altri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio di
ggi di Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il Dio del mare
gli
aveva accordato la cognizione del passato, del pr
o a consultarlo, pigliava ogni specie di forme per atterrire chiunque
gli
s’accostasse ; ed ora diveniva leone, or leopardo
he sapendo con arte adoperare tutte le figure della rettorica e tutti
gli
accorgimenti dell’eloquenza, si cattivava l’animo
fiume Acheloo (393) e della musa Calliope (274), abitavano per entro
gli
scoscesi massi che sono tra l’isola di Capri e le
iogare. O, se vogliamo, troveremo in esse simboleggiati semplicemente
gli
scogli invisibili, intorno a’quali gorgogliando l
ra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono di adescare
gli
Argonauti ; ma Orfeo prese la lira, e incantò lor
talchè dipoi quel luogo fu chiamato Sirenide dal loro nome. 199. Tra
gli
Dei marini non è da passare sotto silenzio Eolo,
erba, corse a precipitarsi nelle onde. Allora l’ Oceano e Teti (192)
gli
tolsero quanto aveva di mortale, e lo fecero « co
lla ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata da Glauco (201), ma che non
gli
voleva corrispondere ; sicchè egli andò a lagnars
nevano Nettuno per la loro maggiore divinità ; e la Grecia e l’Italia
gli
avevano consacrato molti templi e feste e giuochi
rono il primo giorno del mese di luglio per celebrare la sua festa, e
gli
consacrarono il febbraio per averlo favorevole al
211. Le sue vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma
gli
aruspici gli offrivano acqua marina e acqua dolce
ittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma gli aruspici
gli
offrivano acqua marina e acqua dolce, e particola
ntrari venti è combattuto. La bufera infernal che mai non resta, Mena
gli
spirti nella sua rapina, Voltando e percotendo li
li spirti nella sua rapina, Voltando e percotendo li molesta…. E come
gli
stornei ne portan l’ali, Nel freddo tempo, a schi
an l’ali, Nel freddo tempo, a schiera larga e piena : Cosi quel fiato
gli
spiriti mali Di qua, di là, di giù, di su li mena
detta statua, che è quanto a dire dai vizj di tutti i tempi, derivano
gli
orrendi fiumi d’Abisso : In mezzo ’l mar siede u
uona il vocabolo ; ed il loro mormorio ne imitava i gemiti. Credevano
gli
antichi che le anime degl’ insepolti andassero er
(346) e la Vittoria (348). Allorchè Giove (63) chiamò in aiuto tutti
gli
Dei per combattere i Giganti (67), Stige accorse
o violato i giuramenti fatti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige
gli
Dei dovevano tenere una mano stesa sulla terra e
sozzo, A cui lunga dal mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha
gli
occhi accesi Come di bragia ; ha con un groppo al
ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto ; e con un palo Che
gli
fa remo, e con la vela regge L’affumicato legno,
barba unta ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia
gli
spirti, gli scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c.
ed atra, E il ventre largo, ed unghiate le mani ; Graffia gli spirti,
gli
scuoia ed isquatra. (Dante, Inf. c. VI.) Accogli
re il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cencreo re di quell’ isola
gli
dette in moglie Glauca sua figlia, e lo destinò a
uella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in premio del suo coraggio
gli
fece sposare la figliuola di Laomedonte, Esione,
la giustizia e la frugalità, lo fecero adorare dai propri sudditi, e
gli
antichi avevan tale opinione della sua equità, ch
preso l’idea di questi giudici dell’ inferno dal costume che avevano
gli
Egiziani di giudicare pubblicamente la memoria di
nte ; Tu dalla mano incerta Togli l’insanguinato Scettro, e sul trono
gli
t’assidi al lato. ……..A voi diletta Di chi delira
a tormentare le anime dei perversi, le destinavano anche a gastigare
gli
uomini in vita con tutti i flagelli della celeste
riducevano in tetra disperazione, incominciando sulla terra a patire
gli
eterni supplizi del Tartaro. 234. A sì temute Dee
petto per esse, che quasi non s’arrischiavano a nominarle o ad alzare
gli
occhi verso i loro templi, i quali servivano d’in
rie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse
gli
altari con frutta e miele ; immolò una pecora ner
i biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento
gli
comparvero vestite di bianco, ed egli eresse allo
i boschi. Era fama che Ecate profondesse ricchezze a’ suoi adoratori,
gli
accompagnasse nei loro viaggi, e disponesse a fav
nelle valli moltiplicava i greggi, o di sterilità li colpiva. Perciò
gli
Ateniesi le offerivano focacce con l’impronta d’
i cani, dei quali credevano che i lamentevoli latrati allontanassero
gli
spiriti maligni. 235. Dopo di queste gli antichi
evoli latrati allontanassero gli spiriti maligni. 235. Dopo di queste
gli
antichi avevano immaginato altre tre divinità inf
e quali tengono il primo posto la Notte, il Sonno, i Sogni, la Morte,
gli
Dei Mani ec. 238. La Notte, dea delle Tenebre, er
suoi figli, ed erano i Sogni dei quali due o tre si distinguevano tra
gli
altri, come Morfeo protettore dei pigri e sonnole
più in sembianza di scimmia accovacciata ; e questo non visitava mai
gli
uomini sobri o tranquilli di coscienza ; ma andav
e malvagia azione. Costoro poi abitavano solamente i palazzi, laddove
gli
altri sotto forme quasi sempre gradevoli di alati
: Or sono ignudi, poveri, e mendici. U’ son or le ricchezze ? u’ son
gli
onori, E le gemme e gli scettri, e le corone, E l
i, e mendici. U’ son or le ricchezze ? u’ son gli onori, E le gemme e
gli
scettri, e le corone, E le mitre con purpurei col
re antiche armata di falce, con pallido e scarno volto, e incavernati
gli
occhi. Una lacera e nera gramaglia appena ricuopr
ad errar sulla terra, appariscono di notte con spaventosi aspetti (e
gli
spiriti, nell’ esistenza dei quali crede ancora i
ignorante, sono un resto di questa antica superstizione) ; finalmente
gli
Dei-Mani che stanno a custodia delle tombe. Per q
tagna un masso enorme che sempre rotolava giù pel proprio peso, e non
gli
concedea riposo giammai ; immagine degli ambizios
o contro Apollo, dette fuoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo,
gli
Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perp
vere nel perpetuo timore di restare schiacciato sotto uno scoglio che
gli
pende in bilico sulla testa : …….E Flegia infeli
e da me, voi che mirate La pena mia : non violate il giusto, Riverite
gli
Dei. (Loc. cit.) 248. Issione, re dei Lapiti e p
i rimorsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo
gli
era tormento atrocissimo. Ma dopo aver pagato il
l fio lungo tempo con questo strazio, Giove (63), credendolo pentito,
gli
aprì un asilo nel cielo, e lo fe’ sedere alla men
doleva come se si trattasse di sacrificare le proprie viscere. Quindi
gli
Dei non vollero pigliar parte al banchetto, non a
cerba pena Tantalo in piedi entro un argenteo lago, La cui bell’ onda
gli
toccava il mento. Sitibondo mostravasi, e una sti
l fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il rende : Rosseggian
gli
occhi, e di veneno infetto, Come infausta cometa,
dal seno della terra che è il loro soggiorno. Anche dai genitori che
gli
vengono attribuiti si può inferire come specialme
gue il suo scrigno ? Ora gettate uno sguardo sopra gl’ingordi e sopra
gli
avari ; e mirate quanto cresce la loro miseria co
combattenti al grido Quando appiccan la zuffa. I Troi l’udiro, L’udir
gli
Achivi, e ne tremâr : si forte Fu di Marte il mug
scudi tutti compagni, chiamati ancilia, uno dei quali (mescolato tra
gli
altri, perchè niuno lo involasse) credevano che f
iese aiuto a Vulcano (270) ; e il medico bizzarro, afferrata un’asce,
gli
spaccò il cranio. Allora ne uscì fuori Minerva be
le arti della pace, e soprattutto l’agricoltura. 265. Una lezione per
gli
orgogliosi ci viene offerta da Aracne abile tessi
i Bacco (146) tornò in cielo, e Giove cominciò a volergli bene ; anzi
gli
parve che fosse proprio arrivato in buon punto pe
rirono sentimenti così magnanimi, da meritare la venerazione di tutti
gli
uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dott
Muse è santo ; l’ingegno vuol esser puro come l’innocenza ; e siccome
gli
oggetti di dove il bello ed il vero emergono sono
ccompagna i sospiri degli amanti, ne interpreta i desiderj, ne mitiga
gli
affanni, e consiglia un amor puro e casto, senza
la Verità, l’Invidia, il Furore, altro non sono che virtù o vizj che
gli
antichi mossi da rispetto o da paura, solevano pe
e tutti con l’accrbità del sarcasmo ; non soleva risparmiare nemmeno
gli
stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla di
ffarli. 283. Biasimò Nettuno (185), perchè modellando il suo toro non
gli
aveva messo le corna davanti gli occhi affinchè l
), perchè modellando il suo toro non gli aveva messo le corna davanti
gli
occhi affinchè l’animale potesse cozzar più dritt
re per poterne scrutare i più segreti pensieri ; e la casa di Minerva
gli
parve architettata senza criterio, e voleva che f
ggia languidamente col braccio sopra una lunga lancia da cacciatori ;
gli
sta presso una fiaccola arrovesciata, e a stento
no soliti di andare a scrivere sulle mura di quel tempio i rimedi che
gli
avevano liberati dalle loro infermità. Pare che n
la testa d’un serpente. Gli ponevano ai piedi un cane accovacciato, e
gli
sacrificavano galli e galline. 293. Esculapio las
che Pane fu figliuol di Giove (63) e della Ninfa Calisto (140), altri
gli
assegnarono per genitori Mercurio (160) e Penelop
o ove forma il segno del capricorno, in’ricompensa d’aver consigliato
gli
Dei a ricovrarsi in Egitto sotto forma d’animali
i caprone dalla cintura all’estremità inferiore, mentre dalla schiena
gli
spunta la coda a spazzolar le cosce e i piedi cap
era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni anno di Febbraio
gli
celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome
con Pane. I poeti e i pittori lo dipingono cornuto ; dal mezzo in giù
gli
fanno le membra caprine, e gli pongono in mano un
o dipingono cornuto ; dal mezzo in giù gli fanno le membra caprine, e
gli
pongono in mano un ramo di pino. Le feste Luperca
ppartenente ai figliuoli di Silvano, è attribuito comunemente a tutti
gli
Dei campestri, ed è vocabolo generale per indicar
sacrifizj, offrendo loro le primizie dei frutti e dei greggi. Intanto
gli
agricoltori e i pastori, credendo all’esistenza d
ani collocavano la sua statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua
gli
altari tuoi di fiori ornai, Con la gran falce e c
dale con sopra una testa che aveva l’effigie d’idolo agreste ; ma non
gli
dettero nè braccia nè piedi, affinchè non potesse
i scavando i fondamenti trovarono la statua di questo Dio. Consultati
gli
auguri intorno a ciò che dovessero farne, ordinar
o veniva sempre coperto di fiori. Il temerario che con mano sacrilega
gli
avesse fatto mutar posto veniva proscritto, abban
) ai giardini e segnatamente ai frutti. Era sua cura prediletta potar
gli
alberi, innestarli e annaffiarli ; e tutta dedita
alnati. Essa il rigoglio Ne correggeva ed il non casto istinto : Essa
gli
odj segreti e i morbi e i sonni E gli amor ne cur
ed il non casto istinto : Essa gli odj segreti e i morbi e i sonni E
gli
amor ne curava e i maritaggi, Securo a tutti proc
oride (193), e rappresentate sotto belle sembianze di giovanette ; ma
gli
antichi non le onoraron di templi, nè vollero acc
vesti succinte nei fianchi, tutti i lor gesti atteggiati di grazia, e
gli
occhi d’allegria, e tutte insieme facevano compon
se di sì folle amore di sè medesimo, che diventò passione sfrenata, e
gli
logorò la vita al punto da cadere estinto in quel
iovani stoltamente invaniti di sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma
gli
Dei ebbero pietà di Narciso, e lo cangiarono in q
o rapito dalla sua bellezza continuamente ne chiedeva la mano. Allora
gli
Dei per metter fine a quelle importune dimande tr
e il greco Alfeo, Che dal fondo del mar non lungi s’alza, E costanti
gli
affetti, e dolci l’acque Serba tra quelle dell’am
er essere protettori delle città e degl’imperi, e venivano scelti fra
gli
Dei primari dell’Olimpo o fra gli eroi deificati
degl’imperi, e venivano scelti fra gli Dei primari dell’Olimpo o fra
gli
eroi deificati ; ma spesso andavano ancora confus
certi fantocci di lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiuravano
gli
dei Lari affinchè sfogassero tutto il loro sdegno
agli uomini. Quindi le statue degli dei Lari si vedevano per tutto, e
gli
schiavi divenuti liberi appendevano ad essi in ri
questa man difesa ancora. Ma dovendo cader, le sue reliquie Sacre, e
gli
santi suoi numi Penati A te solo accomanda, e tu
oja altere e grandi. Detto ciò, dalle chiuse arche reposte, Trasse, e
gli
consegnò le sacre bende, E l’effigie di Vesta, e
buone azioni sono feconde di molti beni. Anche le foglie del platano
gli
servivano.di corona. Ma il genio cattivo era un t
la vita. L’uomo vede ed osserva l’incontro di certi naturali effetti,
gli
imita, e nascono indi le arti ; cosicchè gl’inven
on sono che i fortunati osservatori di alcuni fenomeni della natura e
gli
abili imitatori di essi. Quindi la Fortuna venne
sto a lei : Ella provvede, giudica e persegue Suo regno, come il loro
gli
altri Dei.71 Le sue permutazion non hanno triegu
ito di offerte e di doni magnifici ; la statua della Dea vi proferiva
gli
oracoli, e per consueto artifizio dei sacerdoti s
itorte e piombo strutto che uniscono e legano indissolubilmente tutti
gli
oggetti ; e portava lunghi cunei di ferro atti a
uggivano alla giustizia umana, gl’ipocriti, gl’invidiosi, gl’ingrati,
gli
orgogliosi, gli spergiuri e gl’ inumani. I suoi g
ustizia umana, gl’ipocriti, gl’invidiosi, gl’ingrati, gli orgogliosi,
gli
spergiuri e gl’ inumani. I suoi gastighi erano ri
spergiuri e gl’ inumani. I suoi gastighi erano rigorosi ma giusti, e
gli
stessi re non se ne potevan sottrarre. Aveva inol
ltre l’ufficio di mischiare le sciagure alle umane felicità, affinchè
gli
uomini si tenessero lontani dall’ insolenza e dal
sua statua era collocata sul limitare dei templi, o per indicare che
gli
Dei vogliono essere adorati in silenzio, o per si
he gli Dei vogliono essere adorati in silenzio, o per significare che
gli
uomini, conoscendoli imperfettamente, ne debbono
dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali
gli
abitanti delle sponde del Nilo gli consacravano l
e era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del Nilo
gli
consacravano le primizie. temi ed astrea.
ndetta o di violenza, ma per indizio di ben usato potere. Talvolta ha
gli
occhi bendati e le orecchie chiuse, perchè il ved
ridurre la Giustizia a dover porre in bilancia le une ed a far punire
gli
altri ; se pure questa mutilazione non è più seve
i. 341. Ma Virgilio si tiene al peggio, o sivveramente manifesta come
gli
uomini giungano spesso a farne un mostro, quando
nvidia. 342. Tanta è la prepotenza di questa funesta passione che
gli
antichi la immaginarono di origine sovrumana, fac
ravolto il sembiante, si trascina il Pallore che ne divide il culto e
gli
altari. Indi la segue la Menzogna con occhi losch
n giovane, il quale, elevando le mani al cielo, chiamava ad alta voce
gli
Dei per testimoni della propria innocenza. Faceva
o velo, e che sta mestamente appoggiato ad un’ urna funebre. Ora alza
gli
sguardi al cielo, ora gli affissa sopra la terra,
te appoggiato ad un’ urna funebre. Ora alza gli sguardi al cielo, ora
gli
affissa sopra la terra, quasichè all’uno richieda
ora gli affissa sopra la terra, quasichè all’uno richieda il ben che
gli
ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che gli
richieda il ben che gli ha tolto, e implori dall’altra il tesoro che
gli
tien chiuso nelle sue viscere. La melanconia.
orza, di statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed accanto a sè
gli
strumenti necessarj a diverse arti. Talvolta egli
i è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, con
gli
occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate, ves
opolo che pigliava quel fatto per tristo augurio, esclamò : « Romani,
gli
Dei hanno tarpato le ali alla Vittoria : ella non
ali sono spiegate a significare che sotto di esse possono ricovrarsi
gli
uomini ; e candidissimo è il suo manto per simbol
la terza classe. 352. Le divinità della terza classe comprendevano
gli
Dei che ebbero per genitori un ente celeste ed un
e di metallo, perchè l’oracolo aveva predetto che un dì il suo nipote
gli
avrebbe tolto corona e vita. Ma Giove trasformato
dalla corte. A tale effetto cominciò a fargli desiderare la gloria, e
gli
propose una spedizione lontana e difficile. Si tr
to rischio. 356. Il giovinetto eroe accettò impavido la proposta ; ma
gli
Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva
a proposta ; ma gli Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva
gli
prestò il suo scudo lucido come specchio, Mercuri
uno sguardo solo del loro occhio bastava ad uccidere o ad impietrire
gli
uomini. « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso
to solo ; i pianti si mutarono in giubbilo, e le voci di maraviglia e
gli
applausi del popolo echeggiarono lungamente sul l
o la figliuola in isposa al generoso liberatore, ed ei l’accettò ; ma
gli
convenne conquistarla con altre prove di valore,
to da Preto (462) suo fratello ; ed uccise l’usurpatore. Ma poco dopo
gli
accadde che volendo far mostra di destrezza nel g
a divorarlo nella cuna ; ma il bambinello, senza mostrarsi atterrito,
gli
sbranò, e fece manifesto fino dai primi giorni de
terra, non più raccolte in giro, e le teste loro infrante scoprivano
gli
acuti denti e velenosi. Le creste eran divenute c
ti e velenosi. Le creste eran divenute cadenti e languide sul morire,
gli
occhi appannati, le squame non più vivaci per la
cielo quella zona bianchiccia detta la Via lattea. Così nascondevano
gli
antichi la loro ignoranza in fatto d’astronomia.
auro Chirone (430) studiò l’astronomia e la medicina, e da Lino (121)
gli
fu insegnato suonar la lira. 368. Ercole ebbe gra
è agguantarlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia, e
gli
tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua cor
sì da ogni impresa uscia vittorioso e più forte e più temibile. Forse
gli
antichi vollero celebrare in questa fatica il pro
Arcadia, e distruggevano i greggi e le mèssi dei vicini paesi. Ercole
gli
esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì
minò con le sue frecce ; ed erano tanti e sì grossi che alzati a volo
gli
facevano ombra con le ali. Altri autori dicono ch
(362), le fece rapire da’suoi pirati ; ma Ercole inseguì i rapitori,
gli
uccise, e andò in Spagna a trucidare Busiride. 3
on la punta armava. Ercole uccise Gerione e tutti i suoi sgherri, e
gli
tolse i bovi. 380. Augia, re dell’Elide e figlio
te ; ma invano, poichè la Terra sua madre ogni volta ch’ei la toccava
gli
rendeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il pro
Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio tutelare, e questi
gli
procacciò un leone e un cinghiale agevoli, i qual
ssergli grato, scese tosto all’inferno a combattere contro la morte ;
gli
riesci di vincerla, di legarla con catene di diam
germi. 389. Cosi Ercole viaggiava gastigando i malvagi, soccorrendo
gli
sventurati, liberando gli uomini dalle calamità d
viaggiava gastigando i malvagi, soccorrendo gli sventurati, liberando
gli
uomini dalle calamità da cui erano oppressi. Anch
pressi. Anche Prometeo (70) andò a lui debitore della libertà, poichè
gli
spezzò le catene che lo tenevano avvinto sul mont
rebbe data per disperazione la morte, se non glielo avessero impedito
gli
amici. 392. Giunone (85) sempre più indispettita
serpente, ora in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole
gli
staccò uno di questi corni che fu raccolto dalle
nariamente gonfie le acque. 394. Allora comparve il Centauro Nesso, e
gli
propose di tragittar Dejanira sopra il suo dorso.
tosto ebbe indossato la fatai veste, che il violento fuoco del veleno
gli
serpeggiò per tutte le membra, e lo dette in pred
rte d’ Ercole, che si privò della vita. 399. Ercole fu annoverato fra
gli
Dei, e accolto in cielo, dove sposò Ebe (87) Dea
a giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta,
gli
eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più ce
ide. Fu parente e contemporaneo d’ Ercole (364). 403. Ma alcuni poeti
gli
danno per padre Nettuno (185), fondandosi sulla f
e onde, e ne lo ritrasse unitamente ad una corona che Anfitrite (188)
gli
aveva posto sul capo. Tuttavia questa opinione me
a tutti alla lotta, ancora che non volessero combattere, e vincendoli
gli
uccideva ; ma Teseo superò lui, e lo punì dell’ a
aggiunse ed uccise il cignale di Calidone spintoda Diana (137) contro
gli
Etolj per punirli d’ aver tenuto in non cale il s
o dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva si nutriva di carne umana, e
gli
Ateniesi, vinti da Minosse, erano obbligati a man
inotauro. 416. Forse questo tributo non era altro che di denaro ; ma
gli
Ateniesi, per far comparire più odioso il nemico
arne la patria, e salpò a Creta a combattere il Minotauro. 417. Non
gli
avrebbe arriso fortuna nella sua impresa senza l’
na d’ oro, capo d’ opera di Vulcano (270), e che fu poi collocata fra
gli
astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pi
Sicilia, e secondo alcuni in Egitto ; ma il re Cocalo che sulle prime
gli
dette asilo, indotto poi dalle minacce di Minosse
rifizj in ringraziamento del buon esito della sua impresa. Così tutti
gli
anni vi andavano i messaggieri coronati con frond
aver come Ercole la gloria di vincerle. Infatti la difficile impresa
gli
riuscì, e poi ne sposò la regina Antiope o Ippoli
che avevan punite negli altri ! Ma vedremo come le perfidie conducano
gli
uomini a tristo fine. 434. Scesi adunque insieme
bandì il figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno (185) che
gli
aveva promesso d’ esaudire tre dei suoi voti. Ipp
valli spaventati si danno a fuga precipitosa, trascinano il carro fra
gli
scogli, e il giovine sventurato cadendo è fatto i
are la sua calunnia, e si diede da sè stessa la morte. 439. Alla fine
gli
Ateniesi, sui quali Teseo era tornato a regnare,
eseo era tornato a regnare, testimoni delle iniquità della sua corte,
gli
si ribellarono ; ed egli, sdegnato di tale ingrat
estavano ; e per questo beneficio meritarono d’ essere annoverati fra
gli
Dei marini. Così avevano sacrifizj di candidi agn
a conquista del Vello d’ oro (449). Nel tempo di una furiosa procella
gli
Argonauti videro comparire una fiammella sulla lo
ormarono in cielo il segno dei Gemini o Gemelli ; e siccome crederono
gli
antichi, ma falsamente, che una delle due stelle
il retaggio paterno. Pelia che non deponeva di buon grado il potere,
gli
propose d’ intraprendere la conquista del Vello d
a spossato, presso ad un capo vicino a Colco, e vi si addormentò. Già
gli
abitanti erano per ucciderlo, quando l’ ariete ch
derlo, quando l’ ariete che aveva il dono della parola, lo svegliò, e
gli
fece noto il pericolo imminente. Allora Frisso an
ad un albero, in mezzo ad un bosco dedicato a quel Nume. Quindi Aeta
gli
donò in moglie la figliuola, ma poi invidiando le
tarne ; e la spedizione del Vello d’ oro, divulgata per tutta Grecia,
gli
procacciò per seguaci i più scelti guerrieri che
l suo ufficio. Tifi stava al timone ; Linceo, di vista acuta scopriva
gli
scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della naviga
opriva gli scogli, ed Orfeo alleggeriva le noie della navigazione con
gli
accordi della sua lira e col canto. Si dice che g
a navigazione con gli accordi della sua lira e col canto. Si dice che
gli
Argonauti recassero sulle loro spalle la nave dal
, i quali avevano piedi e corna di bronzo, e vomitavano fiamme ; indi
gli
conveniva aggiogarli ad un aratro di diamante, e
tò co’ suoi incantesimi il drago, e spianò a Giasone la via a superar
gli
altri ostacoli. 455. Dopo aver predato il teso
alla dimora d’ Alcinoo re dei Feaci, vi celebrarono il matrimonio, e
gli
Argonauti si dispersero, mentre gli sposi tornava
, vi celebrarono il matrimonio, e gli Argonauti si dispersero, mentre
gli
sposi tornavano vittoriosi ad Iolco. 89 456. Ma
loro ; ma gl’ incantesimi non ebbero alcun effetto. E in sostanza nè
gli
artifizj nè l’ audacia di quella colpevole avvent
mprudente condotta. Medea, che era dotata della cognizion del futuro,
gli
aveva predetto la morte per causa della nave degl
va un giorno sulla sponda del mare dietro quella nave tirata a secco,
gli
rovinò addosso una trave, e n’ ebbe fracassata la
. 464. Jobate, com’ era uso in quel tempo, lo accolse benignamente, e
gli
fece passare in festa i primi nove giorni della s
e, conosciuta l’ innocenza d Bellerofonte per la protezion degli Dei,
gli
dette in moglie la sua figliuola Filonoe, e lo di
ve più indomite diventavano mansuete, i fiumi arrestavano il corso, e
gli
alberi e i massi si movevano quasi che avessero s
osse le divinità infernali ; e lo stesso Nume del Tartaro impietosito
gli
concesse Euridice, ma a patto ch’ei la precedesse
ivedere la diletta Euridice ; si volse un poco, e quella tenera sposa
gli
fu ritolta per sempre. 471. Allora, preso da disp
suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira fu collocata fra
gli
astri con una corona di nove bellissime stelle so
n astro quella cetra elice Si dolci suoni ancor, che la dannata Gente
gli
udendo si faria felice. (Monti, Mascheroniana.)
occupi Sol di tua doglia, e d’ammansare hai vanto Gli uomini atroci e
gli
stess’orsi e i lupi. Deh ! un momento ti arresta,
consolato, e ricorse a sua madre. Cirene, impietosita dal suo dolore,
gli
consigliò d’andare a consultar Proteo (195). 476.
tenarlo, potè costringerlo a ripigliare la prima forma. Allora Proteo
gli
svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò
prima forma. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e
gli
ordinò di far sacrifizj espiatorj ai Mani (243) d
nte risposero ch’egli era in Italia a godere i favori della fortuna e
gli
omaggi dovuti al suo merito. A queste parole Ario
n salvo Arione. Quel delfino per ricompensa fu collocato da Giove fra
gli
astri, in una costellazione vicina a quella del C
e i diritti dell’amicizia. Quindi i delfini riconoscenti soccorrevano
gli
uomini nelle tempeste e riconducevano a riva i ca
ese in riva al mare dove Europa passeggiava con le sue donzelle. Essa
gli
s’accostò per ammirare la bellezza dell’animale,
acolo di Delfo per sapere in qual luogo dovea stabilirsi. Apollo (96)
gli
ordinò allora di fondare una città nel punto dove
. Edipo. 491. Laio re di Tebe, dando ascolto a un oracolo che
gli
prediceva dover esser colpevole di un gran delitt
ene ; e declinando la vita, regge la sua vecchiaia con un bastone che
gli
fa da terzo piede. La Sfinge, vinta da questa spi
guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria di lei
gli
antichi ci tramandarono il più commovente esempio
uo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando alle sventure di edipo ,
gli
rimprovera la vita raminga ch’ei faceva condurre
ne appresta E liete vesti, ed ara, e pompe, e trono. Antigone. Vince
gli
oltraggi, che sostenne Edippo, Questa infame piet
Teseo (409) lo ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di Giove
gli
annunziò la sua prossima fine, e la terra gli s’a
dopo, il tuono di Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la terra
gli
s’aperse sotto i piedi, ma senza violenza, per na
itani davanti Tebe. 507. Gli Argivi stringevano già Tebe d’assedio, e
gli
abitanti oppressi dalla fame erano ridotti agli e
itarsi dalla cima della cittadella. La caduta fu mortale, e la patria
gli
dovè la salvezza. Altri narrò ch’ei si trafiggess
così bella prova di patriottismo tenne dietro una completa vittoria ;
gli
Argivi furon respinti, e, ad eccezione di Adrasto
ttoria ; gli Argivi furon respinti, e, ad eccezione di Adrasto, tutti
gli
altri capitani, insieme coi due fratelli, causa d
enissero a quelli estremi, s’impadronì del trono, e vietò severamente
gli
onori della sepoltura a Polinice in pena d’aver c
niere. 510. La pietosa Antigone tornò a Tebe per rendere furtivamente
gli
ultimi onori al fratello ; ma scoperta nell’atto
512. Ma siccome un oracolo aveva predetto ad Enomao che il suo genero
gli
avrebbe tolto il regno, così egli condannò la fig
venturati amanti erano stati immolati in questa gara ineguale, finchè
gli
Dei mossi a sdegno fecero dono a Pelope di due ca
e ; ed Enomao perì nella caduta. Pelope allora sposò Ippodamia, prese
gli
stati della moglie, e diede loro il suo nome, chi
Alessandro, nell’andare a Salamina si fermò alla corte di Menelao, e
gli
rapì la moglie giurando di non la rendere, se pri
enelao, e gli rapì la moglie giurando di non la rendere, se prima non
gli
fosse stata restituita Esione sua zia. I principi
Plisteno, re d’Argo e fratello d’ Atreo (514), laonde furono chiamati
gli
Atridi. 527. Agamennone, dopo essere stato spogl
ena prese la fuga). Tornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa
gli
rinfacciarono la sua viltà ; Menelao chiese il pr
la vittoria, ma i Trojani glielo negarono, e questa perfidia riaccese
gli
sdegni dei Greci. 531. Dopo la presa di Troja, i
e il costume di quel paese voleva che fossero immolati alla Dea tutti
gli
stranieri che vi approdavano. Allora fu vista una
nvulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi
gli
dette per precettore il centauro Chirone (430), i
ed ammiratane la rara bellezza, fece di tutto per averla in isposa, e
gli
fu concessa ; ma quando erano per essere celebrat
o tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino alle pianure di Troja ;
gli
fabbricarono un tempio, e gli resero onori divini
j Sigeo, vicino alle pianure di Troja ; gli fabbricarono un tempio, e
gli
resero onori divini. Polissena divenne poi schiav
le nove Muse (274) amaramente lo piansero, e l’oracolo di Dodona (82)
gli
decretò onori divini. Alessandro il Macedone andò
oracolo che aveva dichiarato non potere essere debellata Troja se tra
gli
assedianti non vi fosse un postero d’Eaco, mandar
541) per immolarlo alla memoria d’Achille. 545. Quando furono divisi
gli
schiavi tra i vincitori di Troja, gli toccò Andro
lle. 545. Quando furono divisi gli schiavi tra i vincitori di Troja,
gli
toccò Andromaca vedova d’Ettore, e l’amò tanto da
to da preferirla ad Ermione che doveva essere sua sposa. Questo amore
gli
riesci funesto, perchè recatosi a Delfo per sacri
a, e ne pagò il fio ; perchè nell’andare a Troja una di quelle frecce
gli
cadde appunto sul piede col quale aveva additata
produsse una piaga da cui esalava un fetore così insopportabile, che
gli
ambasciatori furono costretti a lasciarlo solo ne
(505), fu educato alla scuola del celebre Chirone (530), insieme con
gli
altri eroi della Grecia. All’ assedio di Troja si
ver preso parte per Augia (380). 554. Viaggiò contro la Colchide con
gli
Argonauti (452) ; si ritrovò alle nozze di Pirito
i. Allora, per sottrarsi al pericolo, fece voto a Nettuno (185 che se
gli
concedeva il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe
e voto a Nettuno (185 che se gli concedeva il ritorno nei suoi stati,
gli
avrebbe immolato il primo vivente che gli fosse v
il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe immolato il primo vivente che
gli
fosse venuto incontro sulla spiaggia di Creta. Ce
to soltanto a lui nota. Cosi, quando Bellona entro le navi Addensava
gli
Achei, vide sul vallo Fra un turbine di dardi Aja
u un altro Ajace figliuolo d’Oileo re di Locri, celebre anch’esso tra
gli
eroi della spedizione greca contro i Trojani ; ma
Narrano i poeti che Minerva (262), per punirlo della sua tracotanza,
gli
suscitò contro una furiosa burrasca mentr’ ei rit
rodi e con la scaltrezza contribuì molto alla rovina di Troja, mentre
gli
altri Greci la distrussero col valore e con le ar
ra venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arrivato di notte, pose
gli
alloggiamenti vicino a Troja per aspettarvi il ma
enti vicino a Troja per aspettarvi il mattino. Ulisse e Diomede (550)
gli
assalirono all’improvviso, uccisero Reso nel sonn
r gratitudine nella lega dei Greci. 5° Infine, benchè Filottete (546)
gli
fosse nemico, seppe indurlo a seguirlo all’assedi
o immaginò l’ espediente di far ubriacare Polifemo, e poi con un palo
gli
accecò il solo occhio che aveva in mezzo alla fro
igazione. Ma i suoi compagni, vinti da indiscreta curiosità, apersero
gli
otri, e tosto si scatenarono i venti sollevando u
maiali ; ma Ulisse potè serbare la forma umana in virtù d’un’erba che
gli
era stata data da Giove. Con l’aiuto del medesimo
accolse benignamente, lo trattenne per sette anni nella sua isola, e
gli
promise l’immortalità se avesse consentito di spo
bitanti ; ma vinto dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena
gli
era riescito di trascinarsi in un bosco poco lont
orprenderli. 580. Penelope stessa, pigliandolo per un amico d’Ulisse,
gli
narrò in che modo avesse fino allora potuto delud
chiaror di muto faci. Cosi un triennio la sua frode ascose, E deluse
gli
Achei…. (Omero, Odissea Lib. II, traduz. del Pin
ch’ egli l’ esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo volse contro
gli
amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 5
bito l’ arco, lo volse contro gli amanti di Penelope, e ad uno ad uno
gli
uccise. 582. Ristabilito così nel suo regno, sare
frodolenti, fa palesare a lui stesso il vero fine dei suoi viaggi, e
gli
fa narrare in altro modo l’ esito dei medesimi :
si acuti, Con questa orazion picciola, al cammino, Che appena poscia
gli
avrei ritenuti : E volta nostra poppa nel mattino
. Palamede era figlio di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava
gli
Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di
e, e fu posta nella sua tenda una somma di denaro per far credere che
gli
fosse stata data da Priamo (587) ; tantochè i suo
gli fosse stata data da Priamo (587) ; tantochè i suoi stessi soldati
gli
si levarono contro e lo lapidarono. 585. Il caso
da una furiosa tempesta, egli fece subito accendere molti fuochi tra
gli
scogli che circondavano l’isola, argomentandosi d
he Palamede insegnò a’Greci a formare ed a schierare i battaglioni, e
gli
attribuisce l’invenzione della parola di ricogniz
er le sentinelle ; non meno che quella di varj giuochi, come i dadi e
gli
scacchi, per dare a’Greci un passatempo nelle noj
nto ella era disperata mordeva le pietre anciatele addosso. Alla fine
gli
Dei n’ebbero compassione, e la trasformarono in c
l’inazione d’Achille (356), penetrò fino in mezzo alla loro flotta, e
gli
riuscì d’appiccarvi il fuoco. 592. Patroclo (539)
enni. Ora son io Che intrepido t’affronto, e darò morte, O l’avrò. Ma
gli
Dei, fidi custodi De’giuramenti, testimon ne sien
di madre, alteramente Dalla mensa il ributta, e lo percote, E villano
gli
grida : Sciagurato, Esci, il tuo padre qui non si
chille collocò poi la salma dell’eroe trojano sul cocchio di Priamo ;
gli
accordò undici giorni di tregua, perchè i Trojani
rni di tregua, perchè i Trojani potessero col decoro conveniente dare
gli
onori funebri al valoroso lor duce, e non senza n
tomba del marito. Ma la tenerezza materna, che le facea volger sempre
gli
sguardi su quella tomba, tradì l’infelice donna ;
e in opera il suo potere per ottener favorevole la sentenza : Giunone
gli
promise potenza e ricchezza ; Minerva sapienza e
conosciutone il merito e la bellezza, la condusse in Grecia ; ed ella
gli
annunziò la trista ventura a che il fato lo riser
tro sangue aspersi Vibràr le lingue e gittâr fischi orribili. ……….. E
gli
angui S’affilàr drittamente a Laocoonte ; E pria
anti vittoriosi nemici, si tolse sulle spalle il vecchio genitore con
gli
Dei Penati (325-328), e menando seco il figliuole
a di rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la quale indi
gli
apparve, e gli disse che Cibele (40) l’aveva seco
’affanno perdè la diletta moglie Creusa, la quale indi gli apparve, e
gli
disse che Cibele (40) l’aveva seco rapita per con
dalle insidie che l’odio di Giunone tendeva sempre alla sua gloria, e
gli
ordinò d’andare sulle coste d’Italia in traccia d
sapere in qual modo avrebbe potuto scendere nell’inferno. La Sibilla
gli
ordinò di cogliere un ramo d’oro per farne dono a
) ; ed obbeditala, penetrò nell’inferno, e vide nei Campi Elisi (216)
gli
eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi fu
Cibele (40) trasformò in ninfe le sue navi, e quivi avendo saputo che
gli
Dei avevano finalmente posto un termine alle sue
zio, il quale, avvertitone dall’oracolo, favorevolmente lo accolse, e
gli
promise in moglie Lavinia sua figlia. Ma Turno re
loggio in casa di un contadino della Beozia, il quale, benchè povero,
gli
accolse con amorevole sollecitudine, e per imband
ucciso nacque Orione, celebre pel suo grande amore all’astronomia che
gli
fu insegnata da Atlante (359), e per la sua passi
atto, e senza rimedio. Tuttavia credè di poterlo diminuire facendogli
gli
onori del funerale, vale a dire, impetrando da Gi
gio, e solamente questa misera coppia di vecchiarelli con tutto amore
gli
accolse. 622. Sicché Giove, che ne li volle ricom
ata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla di quanto
gli
avrebbero chiesto ; ed i pietosi vecchi imploraro
e pari al vostro, s’infiammerà nell’immaginare le ingenue sembianze e
gli
atti pietosi. Singolare poi è la differenza che p
er loro ; laonde nacque una zuffa, nella quale Meleagro, ferì a morte
gli
zii. 628. Altea, non dando più ascolto che al suo
come il tizzone, e finalmente spirò. Altea. lacerata dai rimorsi, non
gli
potè sopravvivere. Niobe. 629. Niobe, fig
ti mia sposa. » In sul finire di tali parole s’accostò alla statua, e
gli
parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo
, quando si offerse alla prova Ippomene protetto da Venere (170), che
gli
aveva regalato tre pomi d’oro colti da Ercole (36
ra attraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai
gli
era stata destinata per moglie ; ed Ero per dirig
a Parnaso (123). 649. Solamente Deucalione, che era il piu giusto fra
gli
uomini, e Pirra sua moglie, che era la donna più
Venti erano Dei figli del Cielo (25) e della Terra (25), che secondo
gli
antichi dimoravano nelle isole Eolie (Lipari), ed
due figli, Calai e Zete, i quali fecero il viaggio della Colchide con
gli
Argonauti (452), ed avevano le ali che crebbero l
452), ed avevano le ali che crebbero loro con i capelli. Ercole (364)
gli
uccise perchè non avevano voluto che la nave degl
iovine alato che va spargendo fiori con ambo le mani dovunque passa ;
gli
resta dietro il levar del sole, ed è bruno in vol
di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue ale ne tien lontani
gli
Aquiloni e le nere Tempeste, e con le lacrime del
erga, Che riavesse le maschili penne.124 Aronta è quei ch’al ventre
gli
s’atterga,125 Che nei monti di Luni, dove ronca
mi la spelonca Per sua dimora ; onde a guardar le stelle E il mar non
gli
era la veduta tronca. E quella che ricopre le mam
a può cavarne grande insegnamento chi audacemente presume investigare
gli
arcani che l’ uomo non potrà mai discuoprire. 662
terra inghiottì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra
gli
Dei ; e gli Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzar
ttì lui ed il suo carro. 663. Dopo morte fu collocato fra gli Dei ; e
gli
Oropi, popolo dell’ Attica, gli alzarono un tempi
po morte fu collocato fra gli Dei ; e gli Oropi, popolo dell’ Attica,
gli
alzarono un tempio, l’oracolo del quale diventò f
bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non aver potuto indovinare
gli
enimmi propostigli da un altro indovino chiamato
palazzo di Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo cospetto,
gli
mostrò nove manoscritti, dicendo : « Principe, io
farla cacciare dalla sua presenza, quand’ella ne bruciò altri tre, e
gli
offerse il rimanente al medesimo prezzo. Tarquini
te, fece sborsare alla vecchia sibilla la richiesta somma, e acquistò
gli
oracoli. 666. I Romani consultavano nelle gran
agine efficacissima a significare la impostura degli oracoli. Eppure,
gli
uomini sempre ciechi vi prestavano fede ! Ivi era
nservati i versi proferiti dalla Sibilla, e da ogni parte accorrevano
gli
uomini a consultarla, essendochè i suoi oracoli o
non pensò al suo luogotenente Galba che aveva settantatrè anni, e che
gli
tolse lo scettro e la vita. Alessandro prima dell
eva uno scudo di bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in Tebe
gli
Erculei o gli Iolai ec. Questi giuochi furono ado
di bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in Tebe gli Erculei o
gli
Iolai ec. Questi giuochi furono adottati dai Roma
mente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni di quella ; e
gli
atleti, fintantochè l’esercizio ginnastico non di
viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni de’ più celebri tra
gli
olimpici eroi. Noi non faremo che citarne pochi e
piccola città presso Lacedemone, trionfò due volte ; e i concittadini
gli
alzarono una statua. Un invidioso andava ogni not
tte a schernirla e a frustarla ; sicchè alla fine una volta la statua
gli
cadde addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adorn
ma scossa, tosto si richiuse, nè l’atleta potè più cavarne le mani, e
gli
toccò ad esser pasto delle belve. — Polidamante,
ggi, e niuno lo volea ricevere. Arrivato che fu al luogo ove sedevano
gli
Spartani, tutti i giovinetti si rizzarono, e molt
o gli Spartani, tutti i giovinetti si rizzarono, e molti uomini fatti
gli
cedeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto sco
io crollando la canuta chioma e la bianca barba, con le lagrime in su
gli
occhi così disse : Oh Dio ! come sono i costumi c
nella festività solenne che essi appellavano Panatenea. « Sbeffavano
gli
Attici un vecchio, e come se lo volesser ricevere
o, e venuto che era lo scacciavano. Passato ch’e’ fu dinanzi a tutti
gli
altri, viene avanti a’ seggi dei Lacedemoni, i qu
viene avanti a’ seggi dei Lacedemoni, i quali tutti rizzandosi in piè
gli
offeriscono luogo fraessi. Il popolo si compiacqu
anza di averlo approvato. Disse allora uno Spartano : Certo conoscono
gli
Ateniesi il bene, ma nol fanno. » (Adriani. Volga
a come Leva in alto i mortali aura divina, Così destin severo Al suol
gli
sbalza, e ne disperde il nome. Nati, cader bisogn
to. Spira intorno aura maledica Contro i pallidi tiranni, Né i tesori
gli
assicurano ; Ma nascosto passa gli anni Chi fortu
tro i pallidi tiranni, Né i tesori gli assicurano ; Ma nascosto passa
gli
anni Chi fortuna umil sorti. Rattemprando i voti
; ovvero da Pelope figlio di Tantalo ; e v’è memoria che anche Atreo
gli
istituisse verso l’anno 1250 avanti l’èra cristia
perimento, almeno all’età di Pindaro. Li celebravano ogni tre anni, e
gli
atleti erano sempre vestiti a lutto. 674. I Giuoc
dalla moltitudine, mentre il vincitore seguitava la sua carriera fra
gli
applausi. Giunto solo alla meta, ne staccò la sos
polvere nelle contraria parte ; d’onde non piccola molestia n’ebbero
gli
spettatori, costretti a ricoprirsi colle vesti il
llevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di beffe
gli
stessi derisori. Ma già un carro, i cui destrieri
à un carro, i cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva
gli
altri di non breve spazio, ed il condottiere dimo
fossero una schiera sola, appartenente ad un sol carro. Si calmarono
gli
applausi, rimanendo indecisa la vittoria. Ma la f
Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno di loro ; e
gli
altri tutti, da lui repentinamente trattenuti, fu
api quando il pastore le richiama battendo la caldaia. Si preparavano
gli
esercizj ginnastici nella palestra, in cui molti
per virile robustezza, mostravano i turgidi muscoli in quel modo che
gli
scultori sogliono rappresentare Ercole. Faone, se
ltro modo esprimersi, che mescolando i gigli alle rose. Erano sospesi
gli
animi ; ma però tutti concordi nella propensione,
itore di lui a fronte di quelle membra così delicate, dovevano essere
gli
animi commossi da dubbio così pietoso. Mentre gli
te, dovevano essere gli animi commossi da dubbio così pietoso. Mentre
gli
spettatori erano perplessi in questi pensieri, qu
l’avversario, secondo la giustizia delle leggi atletiche ; ed intanto
gli
spettatori, che taciti avevano trattenute le grid
ra agitandolo, per istenderlo al suolo. Ma egli, secondando agilmente
gli
urti violenti, reggeva sè stesso, come canna al v
nte gli urti violenti, reggeva sè stesso, come canna al vento, finchè
gli
si offerse l’opportunità d’introdurre la destra g
enersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone vincitore : questi girò
gli
sguardi con nobile compiacenza della ottenuta glo
mente Per terra strascinato, or alto or basso Rotante i piè ; fin che
gli
aurighi a stento Le furenti puledre rattenute, N
la casta Dea. 685. Il Sagittario, finite le operazioni rurali, invita
gli
uomini all’occupazione della caccia, ed è sotto l
Credesi che il Sagittario sia il Centauro Chirone (430) collocato fra
gli
astri. 686. Nel Capricorno s’intende che il sole,
funebri. 689. Con grande solennità e con molta tenerezza onoravano
gli
antichi i defunti, sia nel collocarne sotto la te
emoria perenni ; e prezïosi Vasi accogliean le lagrime votive. Rapian
gli
amici una favilla al sole A illuminar la sotterra
li amici una favilla al sole A illuminar la sotterranea notte, Perchè
gli
occhi dell’ uom cercan morendo Il sole, e tutti l
clo, benchè morto in gnerra e fuor della patria, ebbe nel campo tutti
gli
onori funebri, ed inclusive i giuochi coi quali s
l piede, E le scuoiate vittime d’intorno Gli accumulò. D’accanto indi
gli
pose Colle bocche sul feretro inchinate Due di mi
ge bruciando L’ossa di un figlio che morì già sposo, E morendo lasciò
gli
sventurati Suoi genitori di cordoglio oppressi ;
forbite armature. (Op. cit., lib. XXIII.) 693. Nè meno solenni erano
gli
anniversarj, come rilevasi da quello che il pio E
porti ; Pongami ne l’arene, e ne le secche De la Getulia ; spingami a
gli
scogli Del mar di Grecia ; ne la Grecia stessa Mi
e dal suo Nume Imploriamo devoti amici i venti, E stabil seggio, ove
gli
s’erga un tempio. In cui sian queste esequie e qu
tro di maturi ; Poscia il fanciullo Julo ; e dietro a loro D’ogni età
gli
altri tutti. Enea disceso Dal parlamento, in mezz
te volte Con sette giri al tumulo s’avvolse. Indi strisciando, in fra
gli
altari e i vasi Le vivande lambendo, in dolce gui
e monti intorno. Altri (pietoso e tristo ministero) Il gran feretro a
gli
omeri addossârsi : Altri, come è de’ più stretti
deva, distribuì nelle principali città cento intendenti, chiamati poi
gli
occhi d’Argo. In poco tempo Osiride soggiogò un g
e, e dovè perire vittima della di lui perfidia. 699. Tifone trovò tra
gli
stessi cortigiani beneficati da Osiride un numero
ne, coi quali ordì una congiura, e, invitato Osiride ad un banchetto,
gli
fece da essi togliere a tradimento la vita e gett
allorchè Oro figlio d’ Osiride mise in piedi un esercito, lo battè e
gli
tolse il trono usurpato. Così Oro suecesse al pad
ebbero egual culto. 703. Il bue, simulacro vivente d’ Osiride perchè
gli
Egiziani credevano che la sua anima fosse andata
di profondo rispetto vel sommergevano Indi ne imbalsamavano il corpo,
gli
facevano magnifici funerali, e poi il popolo si d
ma parola che udivano, era presa per la risposta del Nume. 704. Anche
gli
Egiziani istituirono annue feste in onore d’Osiri
ratello. Appunto allora le acque del Nilo cominciavano a crescere ; e
gli
Egiziani dicevano per figura che l’inondazione di
leoni a’piedi. Alcuni di questi attributi fanno supporte infatti che
gli
antichi la confondessero con Cerere (51) o con Ci
u attribuita anche l’invenzione della vela. Ogni anno nella primavera
gli
Egiziani le dedicavano, come a regina dei mari, u
origine di questo culto, secondo la favola, nasce dai tempi nei quali
gli
Dei perseguitati dai Titani, si rifugiarono nell’
’Egitto, e vi si nascosero sotto le forme di varii animali (67). Così
gli
Egiziani credevano di onorare le divinità che s’e
rano i sacerdoti dei Babilonesi ; e siccome osservavano continuamente
gli
astri sotto un bel cielo, così ne impararono a co
o, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre di tutti
gli
esseri. 718. Questo Dio dopo aver soggiornato nel
sopra un serpe con cinque teste. Divinità galliche. 726. Tra
gli
Dei, che i Galli onoravano di parzial culto, i pi
62), Apollo (96), ec. ai quali assegnavano altri nomi ; serbando loro
gli
stessi attributi. Quindi è facile riconoscere in
i stessi attributi. Quindi è facile riconoscere in Tanarete ed in Eso
gli
Dei adorati dai Greci sotto i nomi di Giove e di
a terra ; indi cominciarono a sacrificargli vittime viventi, e talora
gli
offersero in olocausto i re malvagi. Dall’ispezio
: al suo passare si abbassavan le montagne, colmavansi le valli, e se
gli
apriva una via per luoghi inaccessibili. Da lui f
orarono fino alla venuta di Pasciacamac che più potente mutò in belve
gli
uomini da Scioun creati, e ne creò di nuovi. Ador
e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di Dio, e
gli
davano per moglie e sorella la Luna, dai quali fu
danze. 7. Avvertiremo ora per sempre che i nemi di parentela fra
gli
enti mitologici non sono altro che un parlar figu
no la medicina, e il loro nome aervì lungo tempo in Grecia a indicare
gli
nomini resi celebri in quest’ arte. Un incendio a
o nome comprendono Castore e Polluce (441) ossia i Dioscuri, ed anche
gli
Dei Penali (525). I Cabiri in aoslanza aono divin
di quel paese per regnare in sua vece ; ma sventata la coapirazione,
gli
convenne fuggire e ricovrarsi io Elensi dove fu i
cino ad Atene sulle sponde dell’Ilisso ; e consistevano nel preparare
gli
assistenti ai grandi misteri, dei qnali erane imm
i misteri), ciné alla contemplazione della Divinità ; ed i filosefi e
gli
studenti aspiravano a quest’ultimo grado come a q
toglie la cogniziene del vero oggetto di quelle cerimonie ; ma tutti
gli
autori cengetturano che mirassero ad inseguare ag
sser deve patrimonio della moltitudine. — Lo spettacole che precedeva
gli
ammaestramenti fa vedere che gli antichi non igno
udine. — Lo spettacole che precedeva gli ammaestramenti fa vedere che
gli
antichi non ignoravano i fenomeni dell’electtrice
co assai più numaroso dei grandissimi vulcani sponti attestano ancora
gli
sconvolgimenti cho possono aver dato origine non
ta la terra cho manda fuoco dallo sue viscero, essendo il Tartaro per
gli
antichi il fondo dolla terra ? E descrivendo il g
il gigante, Esiodo segua : Nelle sue ammirabili teste sotto le ciglia
gli
sfavillava il fuoco dagli occhi, e in lutte le su
ra la gnerra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene
gli
uni e gli altri sieno spesso indicati dai poeti c
ra dei Titani da quella dei Giganti loro figliuoli, sebbene gli uni e
gli
altri sieno spesso indicati dai poeti coi medesim
sa. Questa favola per certo nacque nell’Oriente e ne’paesi caldi, ove
gli
nomini sono per natnra lenti e infingardi. Avvegn
o chiamato Bosforo ossia passo del bue. 26. Credettero crroneamente
gli
antichi che i rettili e gl’insetti fossero geners
nquillamente nuotanti attorno ad un cigno ; il che indica come presso
gli
antichi prevalesse l’opinione che questo volatile
bona mea mecum porto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e
gli
dà due lavole di leggi. 33. Alcuni fanno derivar
n promonterio divenuto celebre perchè di li ai precipitavano nel mare
gli
amanti sventorati, a fine di perdere la remioisce
tavano in msre della cima dello scoglio un bauletto pieno di denare ;
gli
scaltri secerdoti sapevano come ripescarlo in mod
suppongono, e ne traggono anche conferma dalle parole di Plinio, che
gli
avvallamenti o i sollevamenti di suolo pei quali
son pratici piloti per accompagnare le navi dei forestieri attraverso
gli
scogli di Scilla, indicando la linea da percorrer
ga e profonda onde esalava un vapor nero, felido e malsano. Credevano
gli
anlichi che da quesla solterranea volla si giunge
n uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e di boschetti, ove
gli
davano sepoltura ; e questo luogo era detto Elisi
punira l’omicidia, il libertinaggio, l’irreligione e la pigrizia ; o
gli
era anche atlidata la custodia delle leggi o l’am
apito della giustizia della visto dell’accusatoro o dell’accasato ; e
gli
oratori davanti all’Areopago non potevano ricorre
o. 68. Chi li conduce. Una intelligenza molrice. 69. Sicchè ambedue
gli
emisferi celesti risplendono girando ad ambedue g
9. Sicchè ambedue gli emisferi celesti risplendono girando ad ambedue
gli
emisferi terreslri. 70. Superiormenle ad ogni um
rreslri. 70. Superiormenle ad ogni umano riparo. 71. Qui intendiamo
gli
Angeli. 72. Però havvi sì spesso al mondo chi so
so, e quella in toro i danni cagionati dai suoi straripamenti. Ercole
gli
staccò un corno, ossia riunì in un sol letto due
a dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e di tutti
gli
altri Dei. Aveva per stemms nello scudo uu uomo s
o vendicare la morte dei loro padri, fecero alleanza coi Messenj, con
gli
Arcadi, coi Megaresi e coi Corintj, e mossero con
terra, il mare, ii ciato. E ll Sole Infaticabile, e la tonda Loua, e
gli
astri diversi oa da afavilla Incoruaata la celest
migliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava di continuo con
gli
occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese q
gr.). 128. Come ognun sa, è Virgilio mantovano che parla a Dante, e
gli
dimostra gli spiriti infernali. 129. La città di
Come ognun sa, è Virgilio mantovano che parla a Dante, e gli dimostra
gli
spiriti infernali. 129. La città di Tebe sacra a
rasporti di furore divino ; a Dodona parlavano le donne, le colombe e
gli
alberi : Giove Ammone pronunziava i suoi oracoli
ente opinioni diverse dagli altri. Questa circostanza ci avverte, che
gli
antichi scrittori si assumevano il dritto di far
ittori si assumevano il dritto di far parlare, ed agire a lor talento
gli
Dei : e talvolta abusavano pur troppo di un tal p
del gran numero degli Dei. Nel creare una divinità non avevano limiti
gli
antichi : un timore, una meraviglia, un accidente
Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente
gli
Uomini fermi nel principio di un’idea sublime, e
il Destino, dobbiamoper questo noi considerarlo come il più degno fra
gli
Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mo
onsiderarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere
gli
omaggi de’ mortali : che anzi a lui non si faceva
ntà inflessibile. Gli Dei istessi a lui erano soggetti1, e perciò noi
gli
abbiamo assegnato il primo posto nell’opera. Il D
Il Destino era figlio della Notte : vien dipinto con una benda avanti
gli
occhi. Egli è, a dire il vero, un Nume cieco, e ’
de la sorte degli uomini, e tien un libro ove è descritto il futuro :
gli
Dei avevano la facoltà di poter consultare cotest
privandolo della Divinità. Il Caos. Il Caos 3 è il più antico fra
gli
Dei. Egli fu l’Autore della separazione delle mat
esta. Si dà ancora il nome di Caos alla mole indigesta, che formavano
gli
elementi prima che fossero segregati. Ecco il sub
……………………… Quindi nascea, che stando in un composto Confuso il Ciel, e
gli
elementi insieme, Faceano un corpo informe, e mal
questo celebre pezzo di Ovidio, per far conoscere l’idea, che avevano
gli
antichi della Creazione : credevano essi, che la
il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre
gli
avea dato. Dal sangue di Urano, che si sparse sul
erlo, e lo ritenne per se. Si venne pertanto ad un aggiustamento, che
gli
propose Titano, col quale Saturno si obbligava di
aturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla quale
gli
fece recere i figli da lui precedentemente divora
rno delle leggi. Finalmente durante il tempo che Saturno conversò con
gli
uomini, fu sì grande la felicità, che tal’epoca f
nventore delle porte. Saturno avrebbe potuto pacificamente vivere fra
gli
uomini, se il suo genio torbido non lo avesse ind
Egli è vecchio, perchè da gran tempo creato : L’età sua avanzata non
gli
scema nè attività, nè le forze. Ha le ali sul dor
sempre tranquillo. I Titani mal contenti de’ dritti ad essi usurpati,
gli
suscitarono contro i Giganti, ch’eran figli della
è uscì in campo un altro nemico per se solo formidabile, quanto tutti
gli
altri presi insieme, per nome Tifèo. La terra lo
o, sfavillando dagli occhi infuocate scintille. A tal vista impauriti
gli
Dei presero la fuga, e si nascosero colà nell’Egi
erciò Giove Ammone, o sia Giove delle Arene 1. Una favola particolare
gli
procurò tale ornamento. Inoltrandosi troppo Bacco
particolare gli procurò tale ornamento. Inoltrandosi troppo Bacco fra
gli
arenosi deserti della Libia, non trovò acqua per
ne (2). Giunone. Giunone era sorella, e moglie di Giove. Per tale
gli
Dei la riconoscevano. La sua bellezza corrisponde
onio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai di vista tutti
gli
andamenti del suo sposo, e perseguitava a morte c
ansformato in pavone. La Dea in compenso della di lui fedeltà appiccò
gli
occhi del suddetto alla coda del suo pavone. Giun
o averle legate le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano
gli
Dei si affaticarono di liberarla : il solo Vulcan
ajuto : ma questi non si determinò di farlo, se non a condizione, che
gli
si darebbe in isposa Venere la più bella fralle D
Re di Eleusi, inculcando al medesimo che ne avesse istituiti altresì
gli
uomini. In vista di tal comando scorse Trittolemo
lia per aver questi tagliata una foresta consagrata a questa Dea, che
gli
comunicò una fame sì terribile, che lo ridusse a
ena era di essere seppellita viva all’istante. Apollo. Apollo fra
gli
Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse,
ell’eloquenza, della medicina, e di tutte le belle arti. Riguardavano
gli
antichi questo Dio come padre del giorno, e della
e eseguire il suo pensiero, e dare all’opera la più viva espressione,
gli
ha data un’aria fra la fierezza, e ’l disprezzo d
così celebre Esculapio nella medicina, che giunse a risuscitare anche
gli
estinti, e fra questi a restituire la vita ad Ipp
tà divina, e lo cacciò dall’Olimpo. Il più amabile, il più saggio fra
gli
Dei fu costretto, per non perir della fame, ad av
Dei fu costretto, per non perir della fame, ad avvilirsi a pascolare
gli
armenti di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego a
uta : ma questi che non aveva molta dilicatezza, terminato il lavoro,
gli
mancò di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione,
di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò
gli
stati di questo principe spergiuro. Da Nettuno co
onte l’aveva promessa in isposa a questo Eroe : ma al suo solito pure
gli
mancò di parola. Infuriato Ercole per tale indegn
l’innocente cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli
gli
attirò una nuova disgrazia. Fetonte a lui nato da
urò per la Stige, che avrebbe acconsentito a tutto ciò che suo figlio
gli
domandasse in contrassegno della paterna tenerezz
iglio gli domandasse in contrassegno della paterna tenerezza. Fetonte
gli
chiedette in grazia di poter condurre per un sol
di mettere al paragone il suo flauto alla lira del figlio di Latona :
gli
propose una disfida, che Apollo volentieri accett
u di contrario avviso ; Apollo sdegnato della sua temeraria ignoranza
gli
fece nascere gli orecchi simili a quelli dell’asi
viso ; Apollo sdegnato della sua temeraria ignoranza gli fece nascere
gli
orecchi simili a quelli dell’asino. Il povero Mid
o il giorno crescevano, palesavano ai viandanti, che il Re Mida aveva
gli
orecchi dell’asino. Apollo non fu però così discr
on essersi questi ricordato di lei in un sacrifizio che offrì a tutti
gli
Dei, con aver inviato un cignale di enorme grande
da due cervi : qualche volta porta una fiaccola in mano per isnidare
gli
animali selvaggi da’ loro covili1. Le Muse. N
parola che significa gloria, era destinata ad eternare col suo canto
gli
Eroi. La sua effigie è coronata di allori con qua
ieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su
gli
omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurr
Sul nascere di Cupido ognuno prevedeva, che sarebbe il più tristo fra
gli
Dei. Giove voleva obbligar Venere sua madre a dis
ino si rotolò lungo tempo nell’aria, e sarebbe senza dubbio morto, se
gli
abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel c
va riserbato l’impero del mondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo
gli
venne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulca
di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo di accetta
gli
aprì il cervello, ed immantinente ne uscì fuori M
Disperata Aracne per tale affronto voleva impiccarsi : ma impietositi
gli
Dei la sostennero nell’aria, e la cangiarono in r
ornamento del suo elmo : la Fama lo precede da lontano, ed il Terrore
gli
sta d’accanto. Eccone ne’ seguenti versi il ritra
i al Nume, E in fuga va la Tema, e lo spavento : Intrepido il Valor
gli
siede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto a
fu il solo, che se ne avvide. Mercurio per timore di essere scoverto
gli
donò la più bella delle vacche, che aveva involat
ente di lui, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto
gli
offerì una vacca, ed un bue a condizione, che ave
tori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra
gli
Dei il più occupato : era il confidente di tutti,
e di Giove, ed il Messaggiere dell’Olimpo. Egli si mischiava in tutti
gli
affari, regolava gl’intrighi, si occupava della g
allorchè poi è incaricato di condurre le ombre de’ morti all’inferno,
gli
si dà una semplice bacchetta1. Bacco Dio del V
ell’altra de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di pantera
gli
covre gli omeri si talvolta assiso sopra una bott
de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di pantera gli covre
gli
omeri si talvolta assiso sopra una botte, e tirat
o barcajuolo poteva ricevere quello ombre soltanto, che avevano avuto
gli
onori della sepoltura1, allontanando a colpi del
stava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata :
gli
occhi vivaci, e penetranti : vecchio, ma la sua v
ve volte per que’ contorni, e per le quali i giuramenti fatti neppure
gli
Dei potevano mandare a vuoto : Cocito da sole lag
pirare al possesso di Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto,
gli
avea consegnata una figura fantastica formata di
sta diede loro a mangiare il proprio suo sigliuolo, sente eternamente
gli
stimoli della fame, e della sete, malgrado che un
li della fame, e della sete, malgrado che una pianta carica di frutta
gli
penda sulla testa, ed egli stesso stìa fino al me
tà dovevano sfuggire agli Dei del prim’ordine. Per conseguenza furono
gli
uomini obbligati a creare altrettanti Dei, second
cello detto Picchio. Satiri,ABCD e Fauni. Sono rappresentati così
gli
uni, come gli altri colle corna, e piedi di becco
cchio. Satiri,ABCD e Fauni. Sono rappresentati così gli uni, come
gli
altri colle corna, e piedi di becco, non altrimen
versi che mai non diede, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e
gli
tinsero il volto di mora spina : sorrise Sileno s
superiore del corpo : il rimanente era un tronco, o pietra. Talvolta
gli
si adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto,
maritò con Peleo, dalla qual coppia nacque Achille il più celebre fra
gli
Eroi della favolosa antichità. Tritone. Trit
rduto l’intero sciame delle api, recossi a sua madre Cirene, che così
gli
parlò : Est in Carpathio Neptuni gurgite vates C
ste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni di Nettuno, che
gli
ordinava di mettere i venti in libertà, o d’incat
e di un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera
gli
orecchi de’ suoi compagni, e facendosi egli stess
à, perchè la più dura, ed implacabile. Il Sonno. È annoverato fra
gli
Dei il Sonno, perchè sospende i nostri mali, e ci
questo Dio, è sì bella, che ci fa chiaramente conoscere la natura, e
gli
effetti del sonno. Situa egli il suo palazzo nel
l suo altare era collocato presso quello delle Muse per dinotare, che
gli
uomini di lettere hanno bisogno del riposo, e del
a anche un cane, che egualmente era rispettato. I Genj. Credevano
gli
antichi, che i Genj fossero destinati alla custod
chezze con pena si ammassano, e con celerità possono svanire. Come ha
gli
occhi bendati, dovunque passa questo Dio, spande
tuna. La Fortuna è dipinta, come Pluto, col corno dell’abbondanza, e
gli
occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su
, ed i mali, ed era soggetta alle imprecazioni degli uomini, allorchè
gli
affari non avevano un esito felice, come fanno an
erano rappresentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano
gli
uomini di quanto potevano temere, o sperare. Ecco
sceveri di qualunque prevenzione. Talvolta è dipinta con benda avanti
gli
occhi, perchè non vegga chi si presenta al suo tr
Queste Divinità per noi sono semplici allegorie. I poeti, i pittori,
gli
scultori lor danno per lo più tali attributi per
le. Messaggiera indifferente della verita, e della bugia, corre tutti
gli
angoli della terra, spargendo veri, e falsi rumor
globo. L’Amicizia. Meritava questa Dea degli altari, ed in fatti
gli
antichi a lei ben molti ne innalzarono. I Romani
e disgrazie. Il suo cuore aperto indicava che non ha ella segreti per
gli
oggetti a lei cari. La Fatica. Era espressa i
La Fatica. Era espressa in figura gigantesca, e circondata da tutti
gli
strumenti che indicavano la sua attività. I suoi
stre disgrazie, o per i disastri ch’essa stessa ci cagiona. Le lodi e
gli
encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizi
umano, ci avverte del bisogno che abbiamo della mano di Dio in tutti
gli
eventi della nostra vita. Non avendo potuto gli a
mano di Dio in tutti gli eventi della nostra vita. Non avendo potuto
gli
antichi aver l’idea giusta di un Dio vero, unico,
, unico, e creatore dell’Universo, formarono altrettanti Dei di tutti
gli
attributi, che al vero Ente supremo si convenivan
ometeo in una roccia del monte Caucaso, ove un’ aquila, o un avoltojo
gli
rodeva il fegato, che la notte si rinnovellava pe
lo avesse liberato. Non contento Giove di tale vendetta, e per punire
gli
uomini delle loro temerarie intraprese ordinò a V
sola speranza. restò nel fondo del vaso1. Licaone. Moltiplicatisi
gli
uomini vissero in una perfetta innocenza. Qual te
a guerra, e dei delitti. Finalmente nell’età di ferro non potendo più
gli
Dei tollerare la perversità degli uomini, Giove s
rono a puntino il consiglio. Dai sassi gittati da Deucalione nacquero
gli
uomini, e da quei che gittava Pirra ne usciron fu
Essendo stata vana ogni ricerca, Cadmo consultò l’oracolo, dal quale
gli
fu risposto che avesse fabbricato una città in un
on vedendoli ritornare, si recò egli stesso sulla faccia del luogo, e
gli
riuscì di ammazzare quel mostro. Per ordine di Mi
o aveva una figliuola di rara bellezza chiamata Danae. Come l’oracolo
gli
aveva predetto, che da costei nascerebbe un bambi
ndo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso
gli
ordinò di andare in cerca della testa di Medusa,
la reggia da Polidette, i Dei ebbero cura della sua salvezza. Minerva
gli
diede l’egida, Mercurio le ali, ed un cimiero lav
e ritornò in Argo colla testa di Medusa, di cui si servì per cangiar
gli
uomini in pietra. Tal sorte toccò ad Atlante re d
uomini in pietra. Tal sorte toccò ad Atlante re della Mauritania, che
gli
aveva negata l’ospitalità. Chi guardava questa te
lora Giobate, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli,
gli
diede sua figlia in isposa colla metà del suo reg
ene, e non si ritirò fino a che non fu segnato un trattato, col quale
gli
Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente set
questi ebbe la crudeltà di abbandonare nell’isola di Nasso colei, che
gli
aveva salvata la vita. Restò l’infelice Arianna i
nera calunnia di Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno che
gli
promise di esaudire i suoi voti. Un giorno, mentr
reggere Teseo. Piritoo suo amico, e compagno d’armi volendo imitarlo,
gli
venne la smania di rapir Proserpina. Arrivati all
e condannato a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole
gli
ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo d
, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la sua morte
gli
furono renduti gli onori, che vivendo aveva merit
ava. Ivi visse miserabilmente, e dopo la sua morte gli furono renduti
gli
onori, che vivendo aveva meritati. Castore, e
e Clitennestra. I primi due furono riguardati come figli di Giove, e
gli
altri due per figliuoli di Tindaro, detti in segu
ue germani, si distinsero nel valore, Polluce riuscì il più bravo fra
gli
Atleti, avendo ucciso il terribile Amico al giuoc
iguardati quai Numi da’ marinari. Nel corso della tempesta che assalì
gli
Argonauti, si viddero de’ fuochi scintillare sul
te di Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere
gli
era insoffribile perchè, diviso da Castore. Quind
Giasone, allorchè venisse all’età di poter governare. Divenuto adulto
gli
fu proposto dallo zio la conquista del vello d’or
chezze a chi avrebbe il possesso di quella lana, e ne propose a tutti
gli
Eroi la conquista. Giasone risoluto di partire, c
soluto di partire, chiamò a parte della gloria di quell’impresa tutti
gli
Eroi della Grecia. Il vascello detto Argo fu quel
sottoposero al giogo, fu lavorata la terra, uscirono dal di lei seno
gli
armati, che in vista di una pietra ad essi lancia
veva battere suo padre, perchè si occupasse il medesimo a raccogliere
gli
avanzi dell’infelice garzone. Il ritorno di Giaso
nche Alcide, perchè nipote di Alcèo. Standosi ancora in culla, la Dea
gli
aizzò due serpi per farlo affogare. In questo rin
ura della sua educazione, che fu qual si conveniva ad un Eroe. Ercole
gli
mostrò tutta la gratitudine, avendo liberata Tebe
saccheggiò Orchomeno città capitale de’ medesimi. Creonte in compenso
gli
diede in isposa Megaride sua figlia. Questi non f
furono che piccioli saggi del suo valore, e preludj de’ travagli, che
gli
aveva riserbati lo sdegno di Giunone, che noi in
va un veleno potentissimo. Per mano di Ercole caddero caddero altresì
gli
augelli straordinarj del Lago Stimfalo in Arcadia
tuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani di bronzo, che Minerva
gli
aveva donati. La quarta spedizione fu la presa de
a l’isola di Creta. Nettuno colà lo aveva spiccato perchè Minosse non
gli
aveva sagrificato un bove di maravigliosa bellezz
osse non gli aveva sagrificato un bove di maravigliosa bellezza, come
gli
aveva promesso. Ercole vinse anche questo mostro.
i un tempio di cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una visita,
gli
diede addosso, e lo stramazzò più volte ; ma come
adempito a tale condizione mercè un lione, ed un cinghiale che Apollo
gli
diede. Ma il Destino geloso della felicità di Adm
rcole. Il suo rimorso avendo costretto Ercole a consultare l’oracolo,
gli
fu risposto, che l’uccisore avrebbe espiato il su
ria, pregò Nesso centauro a trasportarla di là del fiume Eveno. Nesso
gli
avrebbe nel passaggio del fiume involato la sposa
da furore precipitò dall’alto della montagna il suo schiavo Lica, che
gli
aveva recato quel dono così funesto. Finalmente g
ol piede la terra, in quel luogo ove stavano le ceneri di Ercole : ma
gli
Dei lo punirono egualmente che se avesse colla vi
viva voce indicato quel sito. Appena imbarcatosi per recarsi a Troja,
gli
cadde sul piede che aveva battuta la terra, un da
Musa Calliope. Apollo conoscendo in lui un raro talento per la musica
gli
regalò la sua lira, alla quale Orfèo aggiunse due
Aristèo a consigli di sua madre avendo consultato Proteo, così questi
gli
parlò. Non te nullius exercent numinis irae : Ma
n era il padre suo. Volle a tale oggetto consultare l’oracolo, da cui
gli
fu risposto, che giammai non pensasse a far ritor
di lui fossero periti, ebbe il coraggio di presentarsi al mostro, che
gli
dimandò qual era quell’animale che sul matino và
ente in esilio, ed increscendogli la propria esistenza, si cavò anche
gli
occhi. Giocasta spaventata egualmente dalla sua p
omando. Sdegnato Polinice ritirossi in Argo, dove regnava Adrasto che
gli
fece grande accoglienza, e gli diede una sua figl
ossi in Argo, dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e
gli
diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò d
ad Argo, dopo avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e
gli
diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era brav
iacquistare la perduta tranquillità. Fegèa re del paese lo accolse, e
gli
diede per moglie Alfesibea sua figlia, a cui Alcm
insulto fatto al suo fratello, uscì di notte, e rendette al fratello
gli
ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Anti
fu punto attaccato all’idea della religione. Un giorno avendo accolti
gli
Dei in sua casa, volle mettere alla pruova la div
in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero di orrore
gli
Dei : la sola Cerere stordita dal dispiacere dell
poter giammai dissetarsi ; nè tampoco cavarsi la fame, mentre l’acqua
gli
arrivava al mento, e le frutta gli pendevano sul
co cavarsi la fame, mentre l’acqua gli arrivava al mento, e le frutta
gli
pendevano sul capo. Pelope. Tornò in vita Pel
angiata da Cerere, gliene sostituirono un’ altra di avorio. Suo padre
gli
lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto
anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che
gli
promise di spezzare l’asse che sosteneva le ruote
are l’asse che sosteneva le ruote del carro, a patto però, che Pelope
gli
desse per un solo giorno Ippodamia. Ciò fatto, En
Questa era Pelopea sua figlia, che da gran tempo aveva perduta. Ella
gli
strappò la spada, e la conservò. Nacque Egisto da
uinata ad Atrèo, si credette questi vendicato abbastanza, e ringraziò
gli
Dei. Egisto ben presto lo disingannò con dargli l
te gran tempo. Agamennone, e Menelao. Agamennone, e Menelao detti
gli
Atridi perchè figli di Atrèo, cacciati dalla patr
e nel punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pilade
gli
diede i più veraci segui della sua sincera amiciz
nte Ida, colà confinato da Ecuba senza che Priamo lo sapesse, giacchè
gli
era stato predetto, mentre Ecuba era incinta, che
tore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giunone
gli
promose degli onori : Minerva la saggezza : Vener
uesti si fece scappare delle armi. A tal vista sentì Achille destarsi
gli
spiriti marziali, e svelò egli stesso il segreto.
Ulisse allora presa l’occasione, parlò forte a questo giovane Eroe :
gli
fece conoscere quanto era preferibile la gloria a
i dell’esercito, loro espone quanto aveva sognato. All’istante fumano
gli
altari per implorare il favore degli Dei, e le du
gognosa. Pretesero giustamente i Greci l’adempimento del trattato, ma
gli
Dei che si erano radunati per decidere sulla sort
mischia. Andromaca sua sposa per sottrarlo al pericolo, che correva,
gli
presentò il piccolo Astianatte suo figlio : ma l’
ssati i due guerrieri proposero una tregua, per aver campo da rendere
gli
onori della sepoltura ai cadaveri degli estinti.
are il suo valore : che la sua collera finalmente doveva aver fine, e
gli
promise da parte di Agamennone dieci talenti di o
on Patroclo, dopo un’ ostinata tenzone, l’uccise. Patroclo nel cadere
gli
predisse la sua morte per mano di Achille. Ettore
andò alla tenda di Achille la cara Briseide, carica di que’ doni, che
gli
aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achil
dere il necessario riposo. Fu deciso di darsi una nuova battaglia, e’
gli
Dei stessi fra loro si attaccarono. Achille intan
no. Achille intanto immolava all’ombra del suo amico estinto chiunque
gli
si opponeva : ma queste vittime erano per lui vol
e insieme si azzuffarono. Era tanto fiera, ed ostinata la pugna, che
gli
stessi Numi erano ondeggianti per chi si decidess
a in qual maniera fu presa Troja, contento soltanto di aver descritto
gli
effetti dell’ira di Achille. Si accenna nell’Odis
ser ferito, e morire il figliuolo di Peleo. I Greci per potergli fare
gli
onori della sepoltura, furono obbligati a fare al
ato sarebbe pur troppo a giorni nostri umiliante, e poco orrevole per
gli
uomini, tralasciando per brevità altre riflession
. Bramava Calipso di divenire sua sposa : ma questo principe stancava
gli
Dei, pregandoli di fargli rivedere la sua cara Pe
ebbe avuto nuove di suo padre. Si avvide Telemaco, che Minerva stessa
gli
parlava per essersi ritirata la Dea sotto la figu
festa che si celebrava per le nozze di una figliuola di quel re, che
gli
disse aver inteso da Proteo Dio marino, che suo P
andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritroverà la sua salvezza :
gli
dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, c
vestirsi. Nausicae dopo aver chiamate, ed assicurate le sue compagne,
gli
dà degli abiti, della biancheria, ed un’ampollina
dagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame :
gli
si apprestano de’ cibi, indi vien condotto alla c
oo che se ne avvide gliene dimanda la cagione, ed Ulisse narra quanto
gli
era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa
lzato ai liti de’ Lotofagi nell’Africa. Ivi fu maggiore il pericolo :
gli
abitanti offrirono a suoi compagni il loto2, frut
e. Al primo incontro divorò due marinari : e ’l dì vegnente altri due
gli
servirono di colezione. Ulisse che per tutte le v
si ferito cominciò ad urlare altamente. Accorsero i vicini Ciclopi, e
gli
dimandarono la cagione delle strida : Uti, cioè N
questo pensò l’astuto Ulisse. Impose a suoi compagni, che nell’uscire
gli
armenti, si fossero tenuti fermi sotto i montoni,
o entro una caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò
gli
abiti di Ulisse in tanti cenci, ed immantinente i
nnanzi : i principi danno del ridicolo alla di lui pretenzione, e non
gli
permettono d’impugnar l’arco, se non a forza degl
a memore ancora Giunone del giudizio di Paride, e voleva perseguitare
gli
avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col
esto mentre Venere si dà moto per suo figlio : si presenta a Giove, e
gli
rammenta le promesse fatte in di lui favore. Ques
lo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti,
gli
ordina di recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fe
imandare l’ospitalità a Didone, che gentilmente li ricevette, e diede
gli
ordini che si andasse in cerca del principe Troja
a dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile alle di lui disgrazie,
gli
contesta la gioja che sente pel suo arrivo, dando
o scellerato Sinone avendo aperto il fianco del cavallo, ne fa uscire
gli
armati ivi nascosti ; in un istante l’infelice ci
gli abitanti tranquillamente dormiva : dormiva parimente Enea. Ettore
gli
apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Gr
della sua sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo padre. Presi
gli
Dei Penati, che diede in mano di Anchise, si acco
uso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza di rinvenirla, ma
gli
apparve l’ombra soltanto della sposa morta nell’i
a forma il progetto di andare in cerca di quella terra che il Destino
gli
prometteva. Fa costruire all’infretta una flotta
endo Enea dato fine al suo racconto, si ritira negli appartamenti che
gli
aveva assegnati la regina. Rapita intanto Didone
posi. Ma Giove, che aveva riserbato quest’Eroe a più sublimi imprese,
gli
spedisce Mercurio che lo persuade ad abbandonare
a lasciare in Trapani i vecchi, e le donne, ed a condur seco soltanto
gli
uomini d’armi. Gl’insinuò parimente di portarsi a
a Sibilla, che lo avrebbe condotto all’inferno. Eseguì a puntino Enea
gli
ordini di Anchise. Arrivato a Cuma, recossi all’a
nchise. Arrivato a Cuma, recossi all’antro della Sibilla Deifobe, che
gli
predisse quanto doveva accadergli nell’Italia pri
quanto doveva accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi
gli
ordinò di penetrare in una oscura foresta, dove a
discende al soggiorno de’ morti : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e
gli
addita Anchise sulle rive di Lete le ombre di que
che il solo Evandro, che abitava sul monte Palatino. Questo principe
gli
spedisce Pallante con quattrocento cavalli. La gu
la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel di vegnente per punire
gli
abitanti del paese, e per mostrare il loro potere
er punire gli abitanti del paese, e per mostrare il loro potere a chi
gli
aveva alloggiati, li conducono alla cima di una m
ma di una montagna con far loro vedere tutto il villaggio sommerso, e
gli
abitatori in preda dell’acqua, all’infuori della
, e gli abitatori in preda dell’acqua, all’infuori della capanna, che
gli
aveva accolti, che fu cangiata in un tempio magni
be la sventura di essere schiacciato da un gran sasso, che il Ciclope
gli
scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, e
gran sasso, che il Ciclope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò
gli
Dei, ed il sangue di Aci diede la nascita ad un f
in Sesto, ed Ero in Abido sull’opposta riva. Questo non impediva che
gli
amanti non fossero sovente insieme. Leandro ogni
l cadavere di Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolore non
gli
volle sopravvivere, gittandosi ancor essa nel mar
gico fine dell’amante, volle vederne l’esequie dalla sua finestra. Ma
gli
Dei punirono tanta insensibilità, la cangiarono i
onia, la quale prima alterava la fantasia, indi rendeva furiosi tutti
gli
abitanti. Fu consultato l’oracolo : la risposta f
a renderli felici, li fecero all’istante morire insieme, non potendo
gli
Dei renderli abbastanza contenti sulla terra.
sua Procri divenne egualmente gelosa, spiando senz’esser veduta tutti
gli
andamenti dello sposo. Un giorno mentre Cefalo si
o diede di piglio alla spada per inseguire le due sorelle : ma queste
gli
scapparono dalle mani, involandosi da lui coll’aj
i si occupò dell’agricoltura, a saper rappigliare il latte, coltivare
gli
ulivi, e sopratutto ebbe cura delle api. Sposò Ar
o, e salvo alla riva. Periandro fece severamente punire i marinari, e
gli
Dei assegnarono un posto nel cielo al Delfino, ch
suono della sua lira, e la sua voce era tanto dolce, che per sentirla
gli
corsero dietro le pietre, e si situarono in tal m
are. Potranno i giovani lettori in età più matura consultare i fonti,
gli
originali delle favole, e gli scrittori che hanno
i in età più matura consultare i fonti, gli originali delle favole, e
gli
scrittori che hanno ampiamente trattato un tale a
r poco si fosse data un’ occhiata alla folla degl’Iddj, che adoravano
gli
Egizj, i Fenicj, i Caldei, i Persiani ed altre na
orno de’ sacri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se non altro,
gli
scavi di Ercolano, e di Pompei ci hanno aperto un
i nostri padri coi costumi della Grecia, abbiano similmente adottati
gli
usi medesimi, e la Religione della madre comune.
ottati gli usi medesimi, e la Religione della madre comune. Il Circo,
gli
avanzi del nostro teatro, il corso lampadico, la
origine, e contribuirono all’accrescimento della grandezza Romana più
gli
altari a Giove innalzati, che la potenza degli Au
a favolosa Sirena, o alla pudica figliuola di Eumelo furono assegnati
gli
onori divini, e fralle tutelari Divinità ebbe Par
è la Chiesa di S. Giovanni Maggiore. Altri, e fra questi il Pontano,
gli
assegnano un sito alquanto più lungi. Itaque sepu
Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti di attribuire ai medesimi
gli
onori divini, e presso di noi si celebravano in C
isimilmente nel circuito del quartiere, o sia regione Capuana. Citano
gli
antiquarj diverse iscrizioni in conferma di quant
atria, ma senza daccene idea precisa. VI. Mitra. Adoravano
gli
antichi Napoletani Mithram, Mitra, con vocabolo P
ggi si ammirano, credesi vicino agli scolgi Platamoni 1 in Napoli fra
gli
screpoli avere esistito il suo tempio, onde leggi
esì le donne. I sacrifizj erano segreti, e tutti dovevano conservarne
gli
arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae
i è detto, nel 1688 quasi interamente ruinò, e per conservarne almeno
gli
avanzi grandiosi, furono lasciate due sole colonn
to assegnato dai Napoletani ai Dioscuri è molto anteriore. I busti, e
gli
altri emblemi di Castore, e Polluce erano scolpit
grande della Chiesa di S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano
gli
Alessandrini, ed Egiziani, come rilevasi dalla st
va la Fratria degli Alessandrini (Cynaeorum, da Κυων, il cane) poichè
gli
Egiziani oltre di Osiride, Iside ed altri, adorav
XIV. La Fortuna. Anche alla Fortuna indrizzavano i loro voti
gli
antichi abitatori di Napoli, come dal motto ΤΥΧΗΙ
chi lo crede padre degli uomini, e Plutarco un Nume tutelarc. Apulejo
gli
assegna un posto eguale a quello dei Demonj, e de
ni Genio loci, Genio coloniae, Genio theatri etc., che anzi Prudenzio
gli
dà maggiori facoltà : Quamquam cur Genium Romae
te qualche cosa di quelle Divinità, a cui la nostra patria dispensava
gli
onori divini, e ne ha conservato qualche memoria.
di qualche seria disgrazia della Repubblica. Si è già osservato, che
gli
Eumelidi avevano Eumelo per loro Nume tutelare, g
ià osservato, che gli Eumelidi avevano Eumelo per loro Nume tutelare,
gli
Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così gli altri
o per loro Nume tutelare, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così
gli
altri, dei quali con ingegnosa sottigliezza lunga
fabula, e logos discorso : quindi Mitografi, e Mitologi per dinotare
gli
scrittori, o gl’inventori delle favole. La Mitolo
ne’ tempi dell’antica Grecia. 2. Racchiudono le favole qualche volta
gli
effetti, o gli attributi del mondo fisico. Vulcan
antica Grecia. 2. Racchiudono le favole qualche volta gli effetti, o
gli
attributi del mondo fisico. Vulcano, a modo di es
i, secondo Ovidio, erano scritti da tutta l’eternità in un luogo, ove
gli
Dei venivano per consultarli. Cosi Giove entra co
nomi : e se Varrone fa montare sino a trecento il numero di quei, che
gli
vennero da’ Romani, e dagli altri popoli della so
e. Tiene talvolta un vaso nelle mani. Con quest’attributo l’adoravano
gli
Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος.
r voglia di cosi poter tramandare il suo nome alla posterità ; il che
gli
riuscì, malgrado il decreto fatto dagli Efesj di
a al piacere dei sensi. 1. Esistono tuttavia in Citera, oggi Cerigo,
gli
avanzi di una torre antica, una volta tempio di V
essere stata rapita Elena. 2. Suol dipingersi Cupido colla benda su
gli
occhi per dinotare, al dire di Vico, l’amor cieco
i, in Sicilia, in Roma. È rappresentato barbuto con una roba, che non
gli
giunge al ginocchio, con berretta in testa, con m
ita in Roma nel tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano
gli
animali consacrati a questa Dea. Il che diè luogo
annomi, la più parte relativi alle armi, Armigero, Bellicoso ec. Dato
gli
venne da Augusto il soprannome di Bisultor, che a
il soprannome di Bisultor, che accorda due vittorie, allorchè i Parti
gli
resero le aquile perdute dalle legioni di Crasso.
al dire di Gramblico de mysteriis Aegyptiorum, si attribuiscono tutti
gli
utili ritrovati. 1. Si rappresenta Mercurio da g
capelli biondi e crespi, e con mantello, che attaccato sotto al petto
gli
cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto c
cade con grazia sulle spalle. Tal’è il ritratto che ne fa Apuleio, e
gli
altri autori. Winkelmann ha osservato dopo Clemen
altri autori. Winkelmann ha osservato dopo Clemente Alessandrino, che
gli
scultori greci facevano i loro Mercurj rassembran
scultori greci facevano i loro Mercurj rassembranti Alcibiade, e che
gli
artisti, che vennero dopo, seguirono il loro esem
decorum . 1. Gli antichi erano sommamente scrupolosi nel seppellire
gli
estinti. Enea prima di scendere all’Inferno fu as
prima di scendere all’Inferno fu astretto dalla Sibilia a dover fare
gli
onori della sepoltura a Miseno rimasto insepolto.
poltura a Miseno rimasto insepolto. Virg. Æneid. lib. VI. 2. Avevano
gli
Egiziani il costume di trasportare colle barchett
alcune grotte nel promontorio di Tenaro, al presente Capo Maina, che
gli
antichi supponevano fossero tante bocche dell’Inf
rittore, che Chirone fu eletto precettore di Achille per dinotare che
gli
Eroi debbonsi servire della virtù, ed occorrendo,
nizione della nostra credenza, mentre noi facciamo la distinzione fra
gli
Angioli, ed i Demonj. 2. Il popolo Romano aveva
detto essere infinito il numero de’ Numi foggiati dagli antichi, che
gli
ritrovarono sino ne’ cessi. Giovenale parlando de
perdette. 1. Rapsodi erano detti quei, che cantavano per le piazze
gli
squarci de’ rinomati poeti. Tali erano quei, che
grande occasione. 2. Loto, frutto che nasce nell’Africa : credevano
gli
antichi, che la sua dolcezza facesse dimenticare
olare. Queî che vi erano ascritti detti φρητορες, fretores trattavano
gli
affari appartenenti alla Religione, e talvolta qu
o, la Mitologia Teologica. Dettò il nostro Poeta nell’anno 1807-8 per
gli
Artisti queste Lezioni, di guisa che non possiam
ologia ; ma, dopo le opere di Creuzer e d’altri letterati Tedeschi,
gli
antichi Miti hanno mutato aspetto. Quindi mi conv
ella pubblica luce. Altri studj più cari me lo vietano ora; nondimeno
gli
son riconoscente della sua graziosa offerta » 1.
e contiene il Metodo da tenersi per insegnare la Mitologia. Poiché
gli
uomini da Dio ribellatisi ne meritarono la vendet
uomini da Dio ribellatisi ne meritarono la vendetta, che sulla terra
gli
sparse atterriti e maravigliati, il loro culto ri
e annunziar dovea la maestà del suo Autore, tempio d’idoli divenne, e
gli
Dei furono figli dell’uomo. Ma era sublime il pri
ell’ingegno mio lo concede, porrò ogni mia cura per allontanare tutti
gli
ostacoli che s’incontrano in così lungo cammino.
e in molti vetusti monumenti, non conoscendo quello che immaginarono
gli
antichi su questo particolare, nulla i simboli di
questi Dei, nati dai forti inganni della loro mente. Quindi i templi,
gli
altari, i boschi sacri, gli asili, le statue, i s
nganni della loro mente. Quindi i templi, gli altari, i boschi sacri,
gli
asili, le statue, i sacrifizj saranno l’oggetto d
i le sciagure e i delitti. Ma maggiore argomento di pianto vi daranno
gli
squallidi campi di Tebe, contrastati dagli odj pr
divennero di Omero, « Di quel signor dell’altissimo canto. Che sovra
gli
altri com’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgo
angue del suo figlio per riaverne il cadavere. Quinto Calabro ci dirà
gli
altri infortunj che successero fino a quel giorno
Omero dubita della prima palma nell’epica poesia, ci dirà l’origine e
gli
augusti principj della gente romana, e nella divi
Greci e dai Romani chiamate: onde ne tesserò l’istoria, ne spiegherò
gli
attributi, ma brevemente; perchè il loro culto, l
te vi si presenterà il modo di ritrarre con simboli semplici e chiari
gli
esseri astratti, come la Virtù, la Costanza, la R
di coloro che nati sono alla gloria dell’arte. Michelangelo, leggendo
gli
alti versi di quel magnanimo suo concittadino, ch
l cielo, uccise tutti i mostri ed ordinò l’universo. Avendo distrutti
gli
animali che non tolleravano la luce, s’accorse es
troncargli la testa, e col sangue che dalla^ piaga scorreva formarne
gli
animali e l’uomo Quindi fece le stelle e i pianet
di ovo, e generato il fango, cominciarono a risplender col sole e con
gli
altri pianeti. L’aria si riempì di luce; dal calo
rtarono fra loro, e vita diedero al folgore, il di cui tuono riscosse
gli
animali ragionevoli, che cominciarono allora a mo
ntura ed uno scettro, sulla testa un maestoso pennacchio, dalla bocca
gli
usciva un ove da cui si schiudeva un altro iddio
to di alcuni che fosse da loro Iddio ancora adorato. Se questo apriva
gli
occhi, l’universo si erapiva di luce; le tenebre
tovato scrittore. « Nel principio Iddio formò l’Etere, ove abitavano
gli
Dei, e da ogni parte di questo erano il Caos e la
delirj, leggendovi la descri zione della battaglia dei Giganti contro
gli
Dei che è nel poema del mentovato scrittore. Ho c
urno; ed egli, insidiando il padre mentre inviavasi al letto materno,
gli
fé’ colla falce quell’ingiuria che in lui fu ripe
ono in Pafo, in Amatunta, in Citerà. Regnava intanto la discordia fra
gli
Dei, e Cielo minacciava di punire i Titani suoi f
una bellissima ninfa, e nell’altra ad un orribil serpente. Quantunque
gli
Dei vietassero ad Echidna ogni commercio, chiuden
i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spergiurare
gli
Dei. Febea ebbe da Geo l’amabile Latona ed Asteri
die l’arbitrio del cielo e della terra e del mare, che sempre era fra
gli
antichi principio di sacrifizj e preghiere, e pre
Giunone, Plutone, Nettuno e Giove. Avea l’accorto vecchio consultati
gli
oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suo
e Giove. Avea l’accorto vecchio consultati gli oracoli, che predetto
gli
avevano che uno dei suoi figli gli avrebbe tolto
nsultati gli oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suoi figli
gli
avrebbe tolto l’impero del cielo, onde questo pad
i avrebbe tolto l’impero del cielo, onde questo padre snaturato tutti
gli
divorava subito che Rea gli dava alla luce. Ma nu
cielo, onde questo padre snaturato tutti gli divorava subito che Rea
gli
dava alla luce. Ma nulla basta contro il Fato. Re
ve, essendo adulto, fu grato alla Terra, liberando i Ciclopi, i quali
gli
donarono il fulmine, per cui comanda agli Dei, ed
po la guerra contro Saturno e contro i Titani, Giove, avendoli vinti,
gli
confinò tanto sotto terra quanto il Cielo dalla T
re dei lacci e della notte Lacrimosa. — Sì disse, e l’incolpato Cotto
gli
fé’ risposta: — venerando, Cose ignote non parli,
l’impero tuo Contro i Titani nella forte pugna. — Sì parlava, e lodar
gli
accorti detti I benefici numi, e guerra il core P
terno braccio Terribil gloria. Già risuona acceso Il fertil suolo che
gli
stride intorno : D’ inestins^uibil fuoco arde la
vino eter: la luce Del fulmin sacro, che tonando scende, Dei possenti
gli
eterni occhi confonde. Meraviglioso ardor l’Èrebo
idi Titani Facean di mille dardi ombra tremenda: Ma il mesto suol già
gli
ricopre, e lega Catena eterna le superbe mani; E
ei sacrifizj. In mezzo ai campi, nel maestoso silenzio delle selve
gli
antichi sentivano la divinità, e sopra a zolle ed
vestiboli, come da Erodoto si rileva. È da notarsi, specialmente per
gli
artisti, che gli antichi nel genere ancora degli
da Erodoto si rileva. È da notarsi, specialmente per gli artisti, che
gli
antichi nel genere ancora degli edifìzj significa
ico per Bacco, Apollo e Diana; il corintio per Vesta: e qualche volta
gli
univano, come nel tempio di Minerva presso i Tege
tefici antichi, ornassero queste fabbriche, e come le dipinte pareti,
gli
scudi votivi, le insegne conquistate rammentasser
uistate rammentassero agli uomini terrori, speranze, vittorie e tutti
gli
altri eventi della fortuna, le cui permutazioni n
i ed infernali. Succederà a questi la descrizione di quelli coi quali
gli
antichi sancivano il giuramento, placavano le omb
ro sulla tomba di lui uccise Polissena guidato dal paterno furore. Ma
gli
Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r
i alberi cari agli Dei ai quali sacrificavasi, coronavano le vittime,
gli
altari, i sacerdoti, i vasi stessi che accogliere
to a Venere, il frassino a Marte, ad Ercole il pioppo, e così a tutti
gli
altri Dei quegli alberi, dei quali cara era loro
r Ercole, fra i Romani, i Pinarj e i Potizj,7 e per Cerere, in Atene,
gli
Eumolpidi. Osservavano se le ostie condotte agli
vittime, nelle di cui viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei e
gli
eventi occultati nel futuro, l’ incenso accrescev
l’unito sangue solevano in queste propiziazioni scagliare nel mare, e
gli
animali promessi sempre fra l’onde immolavano qua
ell’ ostie offerte ai celesti, scannavansi da sacerdoti in veste nera
gli
atri animali, che mansuefar doveano l’eterna mest
veano risparmiato di uccidere. All’Eumenidi in silenzio sacrificavano
gli
Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al q
cri, e fa risuonare le aride ossa de’ morti. Il sacrifizio, col quale
gli
antichi davano autorità maggiore al giuramento, v
piegano tutta dei regali doni La magnifica pompa, e l’auree masse, E
gli
splendidi bronzi, ed i superbi Dodici corridori,
clo da Achille per dolore forsennato. Usanza fu degli antichi pianger
gli
estinti parenti per tre giorni, avanti di rendere
Che solo in terra avanzo è della morte? » Nulla di più santo presso
gli
antichi che le tombe: onde Tibullo, ne’ di cui ve
nere muto mi lamenterò delle mie sciagure. » Se ricchi e famosi erano
gli
estinti, costruivasi loro insigne pira, e vi arde
a loro erano state le più care, le armi, i destrieri e (oh barbarie:)
gli
uomini stessi, che fatti schiavi avevano le vicen
to immolavasi: bende cerulee, frondi di funebre cipresso circondavano
gli
altari ed i vestiboli delle case. Invocavansi le
rissime acque i compagni con un ramo di ulivo, e così tutti piangendo
gli
dicevano l’ultimo addio. Funerali di Patroclo. …
la bara: il fero Va coll’acciar di gola in gola, e tutti Sul feretro
gli
stende, indi mettendo Alto di tetra gioia orrido
ostile al trascinar; lo copre D’ intorno Apollo d’azzurrina nube Che
gli
fa velo incontro al Sole, e scudo Ai strali penet
dubbio ancora se sussista veramente la differenza notata fra l’are e
gli
altari da Servio, che afferma questi ultimi solam
ifestava nel modo d’o norare gl’immortali: quindi è che nel principio
gli
altari non furono che ammassi di erbe, pietre inf
po, di molte erano popolati rimetto, il Parnete, l’Anchesmo; e quando
gli
Argonauti vollero sul lido del mar risonante erge
ente, come se imitar volessero un monte. Triplici qualche volta erano
gli
altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si prat
e fino a noi alcune la semplicità sola raccomanda, altre l’ornamento,
gli
Dei, i genj, i sonatori di flauto che vi sono sco
se ha negli angoli teste di animali. Numerosi al pari degli Dei erano
gli
altari, e Virgilio ci mostra larba, il barbaro ri
degli Dei, ebbero ancor essi altari, e più dei numi, non perchè tutti
gli
credessero ascritti al concilio dei celesti, ma p
rchè tutti gli credessero ascritti al concilio dei celesti, ma perchè
gli
schiavi temerono mai sempre più i tiranni che la
nel Foro Boario presso la porta Carmentale. Solenne il rispetto che
gli
antichi avevano per gli altari, onde nè lume prof
a porta Carmentale. Solenne il rispetto che gli antichi avevano per
gli
altari, onde nè lume profano poteva accendere il
o Virgilio, Giove e le are in testimonio del patto violato. Solevansi
gli
altari pure toccare quando alle promesse si aggiu
o alle promesse si aggiungeva il giuramento; onde Giovenale disse che
gli
empj venditori di spergiuri, che intrepidamente v
l’ara, ma pure sul piede di Cerere, divinità venerata. Si celebravano
gli
sponsali e pubblici conviti ancora innanzi all’ar
é, se tener conto si dovesse delle numerose divisioni che ne facevano
gli
antichi, mancherebbe a così lunga serie il giorno
fragil legno divisi dalla morte, ed a Mercurio ancora, se l’avarizia
gli
avea spinti sulle navi a cercar merci ed oro prof
nemici avessero uccisi. A Giano, a Vesta, ai Lari, coronati libavano
gli
sposi il farro e il vino; gli agricoltori offriva
no, a Vesta, ai Lari, coronati libavano gli sposi il farro e il vino;
gli
agricoltori offrivano agnelli e giovenchi a Cerer
per le libazioni ripieni di vino. I così detti vittimari conducevano
gli
animali destinati, spargevano l’acqua, le mole, u
e afferma che i popoli della Tauride immolavano ad una Venirine tutti
gli
stranieri che il nau fragìo gettava nella loro te
au fragìo gettava nella loro terra. Umani sacrifìzj pure disonoravano
gli
Spartani, finché Licurgo, come Plutarco ha lascia
quali, se qualche volta dal terrore guidati, giudicano doversi onorar
gli
Dei immortali, con umane ostie ne funestano i tem
rsi onorar gli Dei immortali, con umane ostie ne funestano i templi e
gli
altari? Onde nemmeno onorar possono la religione,
e: in giù si slancia, il corpo Precipita, si frange in mille parti Su
gli
aspri sassi, e con il proprio sangue. Infelice fa
ccorsa Era, e vedeva già muta e tremante D’Ilio, onde han pieni ognor
gli
occhi infelici. Troncar l’ultima speme il ferro a
funeste aggrava il corpo Di Polissena, anco in morir regina. Piangon
gli
Achivi; gemito sommesso Danno i Frigi, e al dolor
i offerse Meneceo, e di questi furori e di questi delitti sono ricchi
gli
annali del genere umano. Grato era a Baal il fumo
Mitra, a Serapi, a Marte, alla Luna, ad Iside, ch’è lo stesso presso
gli
Egiziani, propiziarono con umano sangue: tanti ma
bondo amico o congiunto; e quando un tiranno pericolava nella salute,
gli
schiavi, dei quali è gloria l’ubbidire, preveniva
o collo dei vecchi che avevano oltrepassati i settant’anni; da alcuni
gli
ospiti, da altri gli schiavi erano scannati. Oh b
e avevano oltrepassati i settant’anni; da alcuni gli ospiti, da altri
gli
schiavi erano scannati. Oh barbarie ! chiamavasi
e, i timpani erano destinati a vincere il suono delle loro grida. Fra
gli
stessi Giudei vi era una valle, detta del ruggito
mmolavano i bambini dai padri, persuasi che questo sacrifizio avrebbe
gli
altri figli scampati dalla morte, e resi loro per
re per la stessa loro semplicità, giacché il sentimento rifiuta tutti
gli
ornamenti delle frasi. Udite la morte della prima
ffigiati marmi L’emulo petto. Le ginocchia inchina, E intrepida dicea
gli
ultimi detti Del dardanio valor memoria eterna: I
sperasse dell’arte, Pausania, che dovrebbe essere nelle mani di tutti
gli
artisti, dice che presso gli Egineti vi era un’an
che dovrebbe essere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso
gli
Egineti vi era un’antica statua creduta d’Ifigeni
vicini i sacerdoti Celar l’aspra bipenne, e’1 popol tutto Stillar per
gli
occhi in larga vena il pianto Sol per pietà di le
me baciate la felice terra Ch’ io più non devo riveder. padre, Dammi
gli
ultimi baci, e tu gli rendi Alla dolente tua cons
terra Ch’ io più non devo riveder. padre, Dammi gli ultimi baci, e tu
gli
rendi Alla dolente tua consorte. Oh mia Madre, so
ia conquistar le mura. — All suol rivolte le pupille avea Il popolo e
gli
Atridi. Il sacerdote L’acciar si reca nelle mani,
à cinge Abominato serto, ed offre il collo Ai coltelli sacrati. E chi
gli
apprestaf Il genitore. E già Calcante Oh crudi: F
ulle bende L’ irta chioma si alzava orribilmente, E del nume il furor
gli
agita il petto. Esclama: Udite, o Greci, odimi Ac
egizie non erano separate nè le gambe, nè le braccia; chiusi stavano
gli
occhi, pendule le mani. I Greci trenta divinità v
indicandole con informi masse o pietre quadrate, come facevasi presso
gli
Arabi e le Amazzoni. Pausania vide questi informi
no paralleli, insieme uniti a due traversi pure di legno, disegnavano
gli
Spartani Castore e Polluce. Questa configurazione
labrione. Nè legge veruna prescrivea l’ altezza dei simulacri: presso
gli
Egiziani ne erano alcuni colossali, altri piccoli
ssali, altri piccolissimi, e tali che comandavano riso ed affronti, e
gli
ebbero da Cambise allora che a Memfi vide il temp
fu loro di doppio vantaggio cagione, giacché del vincitore evitarono
gli
scherni, ed ai Greci vani fecero credere che la l
luoghi si celebrarono i primi misteri del Gentilesimo: sacro era per
gli
Arabi il bosco d’Elim, ove gli Ebrei, varcato l’E
misteri del Gentilesimo: sacro era per gli Arabi il bosco d’Elim, ove
gli
Ebrei, varcato l’Eritreo, si accamparono. Pei Gre
chi sacri si numeravano in Roma. I Druidi, col sangue umano aspersero
gli
alberi ove credeano chiusi gli Dei. In principio
. I Druidi, col sangue umano aspersero gli alberi ove credeano chiusi
gli
Dei. In principio l’orrore solo rendeva sacrosant
me stessa vide un bosco fra le sue mura. Nelle selve sacre si univano
gli
antichi nei giorni festivi, e comuni banchetti vi
e Laziale, di Augusto, e molti altri, dei quali la descrizione presso
gli
antichi si legge. Famosa è quella che Lucano ne h
i e cipressi Ed elei negre; il bosco oscuro ondeggia Mosso dall’aura:
gli
sovrasta, e vince Altera querce le minori piante.
da Sacramento dei numi. Odi la notte Gemer gì’ iddii ferali, e suonar
gli
antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre
antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre di sangue. Qui, con
gli
occhi vedi Ciò che udire è terror; splende la sel
gi l’orror dell’alto eccesso, Onde nuovo cammino impara il sole? Orna
gli
altari, e le innocenti mani Al tergo avvince: i g
o. Sgomenta Ei la minaccia dei presenti numi. Già tronca le dimore, e
gli
occhi in giro Torvamente rivolge. Eguale a tigre
denti; All’empia morte le dovute teste Così riguarda Atreo. Sceglier
gli
piace Degno principio a tanta colpa; alfine Tanta
felice, e già cammina Sulla strage fraterna: alfìn pietoso La cervice
gli
fende: il prono tronco Cade, guizza la testa, e i
ltimo errore dei nuotanti lumi Il fratel pargoletto; eppure Atreo Non
gli
perdona, e colpa a colpa aggiunge. Come armeno li
ata a Giove l’educaziono o la cuna, o perchè i re tutti ebbero presso
gli
antichi questo nome, sia che la patria dei sommi
nciullo, poiché Luciano e Arato, con molti altri, dicono che alimento
gli
fosse il latte della Capra di nome Amaltea, ma ch
o di Saturno. Nè mancò chi le colombe e l’aquile ministre del folgore
gli
assegnasse in educatrici. Lasciò scritto Cicerone
beato suggeva Giove con Giunone il primo alimento; e ninna certamente
gli
antichi immaginarono nutrice del Tonante più degn
Dattili Idei, che con celere ed armonica danza movendosi, picchiavano
gli
scudi per occultarne il vagito. Così sono rappres
glio Opi e Saturno. Innanzi di combattere fece sacrifizio in Nasso, e
gli
apparve un’aquila, augurio della vittoria futura;
arve un’aquila, augurio della vittoria futura; perciò volle che sacra
gli
fosse, e quando, al dir di Orazio, l’esperimento
troce animo di Saturno, il quale memore degli oracoli fatali, insidie
gli
preparava. Giove, avvertito, riunì il primiero es
miero esercito, e cercò di aggiungere i Cecropi fallaci, che ricevuti
gli
stipendj, derisero la fede del giuramento, onde i
egnato in sciinmio li converse. Giove, nonostante, trionfò del padre;
gli
tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel
; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove
gli
die per custodi Cotto e Briareo. Tanto la sete de
iuria, a cui deve il suo nascere la madre degli amori. Favoleggiarono
gli
antichi che Apollo coronato di lauro e vestito di
versi ci dipinge l’aquila, assisa sullo scettro del dio, che l’ale e
gli
occhi dechina per la dolcezza del suono, e cader
ro il cielo le sue fiam me, fa crollar le caverne di Vulcano e cadere
gli
stessi fulmini, onde fu vinto, dall’incude dei Ci
dei Ciclopi. Aveva lo stesso gigante già dato a Giove soccorso contro
gli
Dei congiurati. Dopo questa vittoria Giove soggio
carni umane, mostrando ai mortali le ghiande della querce che perciò
gli
fu sacra, e divise l’universo trionfato con Pluto
sta credenza, considerando che solo le cose eguali si lasciano, e fra
gli
eguali, all’arbitrio della fortuna; ma la forza e
ri sogni erra la schiera Per le tacite case, e colle nere Ali ricopre
gli
stancati letti, Allor dormia nelle sublimi stanze
tre nelle stalle, e il curvo Aratro trae per le ostinate glebe, O fra
gli
armenti pasce, o con domata Cervice traggo ponder
rna e distingue. Non hanno i glauchi occhi minaccia; amore Folgoranti
gli
rende, e sulla fronte Sorgon le corna, e son fra
’adescava: essa lo palpa Con la tenera mano, e dalla bocca Soavemente
gli
tergea la spuma, E lo baciava. Ei sì dolce muggia
uesto Toro: noi tutte accoglier puote il tergo, Vasto qual nave. Come
gli
altri tori Non è per certo: è mansueto e dolce; H
l tuo remo, e forse ancora Per l’etere celeste alzato a volo Emulerai
gli
augelli. Oh quant’io sono Sventurata! oh mia casa
li in onta agli sdegni gelosi della moglie. Leda figliuola di Tindaro
gli
piacque, ed in candido cigno trasformato volò pre
o volò presso lei, fìngendo evitare l’artiglio di un’aquila che sopra
gli
pendeva. Elena e Polluce nacquero dal primo ovo;
econdo; il cigno, ministro alle voluttà del dio, dicesi collocato fra
gli
astri alla destra mano di Cefeo. Teocrito vi ha n
iede alla luce Arcade: e la costellazione cui dà il suo nome stancava
gli
occhi dei greci nocchieri, poiché, come dice Omer
invenzione. Ma tutto quello che d’isterico hanno preteso di ritrovare
gli
antichi nelle divinità é per la critica dubbio; e
amosi di Giove e dei nomi diversi che l’evento, i luoghi e le persone
gli
diedero, i quali influirono tanto nelle varie man
ei Romani l’ha consacrato, ponendovi quella bella statua che converte
gli
occhi di tutto il mondo, non per la sua grandezza
le colonne del tempio sono rappresentate in bronzo tutte le città che
gli
Ateniesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto
è ciascuna città ha voluto segnare il suo zelo dando un simulacro: ma
gli
Ateniesi si sono particolarmente distinti col mag
per la quale le acque scolarono dopo il diluvio di Deucalione. Tutti
gli
anni praticano di gittarvi una specie di pasta co
e minore al solo tempio di Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato
gli
die principio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco,
consacrarlo toccò, come fu detto sopra, ad Adriano. La costruzione e
gli
ornamenti costarono somme che sembrerebbero incre
i prepara. Oltre i gradini del trono, vi erano ancora due colonne che
gli
erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrat
ritratto Atlante che sosteneva il cielo, ed Alcide pronto ad ofi’rire
gli
omeri eguali a tanto peso: Teseo e Piritoo fra i
e) si estendeva dalla sommità fino al suolo. Sarebbe lungo annoverare
gli
splendidi doni di ogni nazione che accresceano la
sua per forza mira, Perch’egli scuopre ancor di dietro il giorno; Nè
gli
è d’uopo, s’altrove ella s’aggira, Voltar per ben
ia. Nò man può ritrovar onde l’annode. Pregar il vuol che d’ascoltar
gli
piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scor
mmin prese, Che in capo tien tante facelle accese. Come rozzo pastor
gli
erra da canto, Che alle fresche erbe il suo gregg
forza è che stian chiusi a lor dispetto: Ma molti ei ne tien desti e
gli
ritarda, E con quei vegghia e la giovenca guarda.
e la favella Dalla sua lingua subito disgiugne; Con maggior sonno poi
gli
occhi suggella, Che con la verga sua toccando agg
rno T’ha tolto i lumi, la vigilia e ‘1 giorno. Ma la gelosa dea, che
gli
occhi a terra Chinava spesso al suo fido pastore
uo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda Del suo pavone, e
gli
occhi che distacca Dal capo tronco, ivi gl’imprim
cca Dal capo tronco, ivi gl’imprimé e inchioda, E con mirabìl’arte ve
gli
attacca. Tutta arrabbiata poi la lingua snoda: Du
sua guerra. Laddove giunta, prostrata sul lito, Sol col volto e con
gli
occhi al ciel s’eresse, E con un sospirar, con un
fu rappresentato; in che’ gran parte ebbero ancora i varii poteri che
gli
erano attribuiti. Generalmente il simulacro di lu
. I Cretesi non davano orecchie a Giove, quattro glie ne attribuivano
gli
Spartani. Gli Eliopoliti lo effigiarono colla des
Ottimo, Massimo, fu da tutti chiamato, poiché nella religione pagana
gli
era attribuito l’impero del mondo, e l’arbitrio d
dicendo: « Nè. la gran mano di Giove fulminante. » Tonante lo dissero
gli
Auguri; ed Augusto, dopo la guerra Cantabrica, gi
e senza inganno io faccio questa alleanza mi concedano ogni felicità
gli
Dei: se altrimenti opero e penso, salvi tutti gli
edano ogni felicità gli Dei: se altrimenti opero e penso, salvi tutti
gli
altri in onta delle patrie leggi, perisca io nei
lla destra una pietra, chiama in testimonj delle sue promesse Giove e
gli
Dei spergiurati. Di Giove Pistore fu l’ara nel Ca
io ricorda Pausania, Furnuto, ed il commentatore di Pindaro: i Pagani
gli
attribuirono quel miracolo che fece il Redentore
fu detto il Giove dell’Aventino: questa scienza fu posseduta, secondo
gli
storici, da Numa; e Dutens, così liberale per gli
posseduta, secondo gli storici, da Numa; e Dutens, così liberale per
gli
antichi, scorge in questo re un conoscitore solen
ome da un colle di Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altari
gli
eresse. Sacra era la vendetta per gli uomini inna
mini l’antica semplicità altari gli eresse. Sacra era la vendetta per
gli
uomini innanzi che l’Evangelo insegnasse la subli
bbe adorazioni dai Romani; e da Agrippa, al dir di Plinio, il Panteon
gli
fu consacrato. Museo disse: « Ha Giove occhi vend
sacri diritti agli ospiti concedi. » Nè può omettersi il cognome che
gli
dava Dodona, celebre selva, ove le Caonie colombe
io che diede a Giove l’oracolo e il nome? Frequente menzione ne fanno
gli
antichi. Tullio, Pausania, Luciano, e Filostrato
Panellenio, o comune a tutti i Greci, fu cognominato, e famoso tempio
gli
edificò Adriano. Sotto il nome di Aratrio lo ador
irsuti pruni) Tinte le bianche braccio, e dalla sua Rocca piangendo,
gli
infelici amori, Onta e furore del vicino Giove, C
arta volta Odo lo squillo del vicino giorno Nunzio, e nel mare cadono
gli
stanchi Astri: provar ti voglio, o caro sonno, E
rba consacra inni e conviti, E sopra i mucchi dell’acceso fieno Volar
gli
immondi cibi. Ozi decreta Romolo alle sue schiere
Omero dà forza alle sue ragioni; la seconda op pone il grido volgare,
gli
annui sacrifizii, e l’auto rità di non meno vener
r moglie del proprio fratello: aggiungerò solamente che vi alludevano
gli
Argivi, onorando un simulacro di lei assiso sul t
a, fu debitore dell’immortalità all’inimicizia famosa. Favoleggiarono
gli
antichi che lo sdegno di Giunone andasse tant’ ol
lla sua nemica, che svegliata scosse l’odiato fanciullo; onde fìnsero
gli
antichi che il latte parte scorrendo pel cielo ne
vinità di lei in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque ancora presso
gli
abitanti di Elide fossero stabiliti per ogni quin
era a Giunone la vacca, perchè quando la paura dei giganti costrinse
gli
Dei a fuggire nell’Egitto, prescelse la dea quest
sa. I simboli co’ quali effigiavasi furono diversi, secondo i luoghi,
gli
attributi ed i nomi. I più comuni avrete nella de
minata costantemente λευκώλενος; dalle bianche braccia. Le medaglie e
gli
altri monumenti antichi c’insegnano facilmente ci
lluce, e più precisamente da Eustazio, che così lo descrive. — Dicono
gli
antichi che la sfendone è un ornamento femminile,
ili, e quelle Arti celesti che dal bello han nome E son alma del bel,
gli
acconci Detti E i soavi Colloquìi, e quanto accor
amente, e ratto Di là si toglie. Le Pierie piaggie Pria trasvolando e
gli
ubertosi paschi Della florida Emazia, il corso vo
rofumato d’ambrosia amico letto; Mentre dal sen della dorata nube Che
gli
circonda, di nettaree stille Rugiada soavissima d
con Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole
gli
era stata. Samia ed Argiva fu detta dalle due gre
di Marte narrata da Flora. Io già fui ninfa del beato campo, Che vide
gli
ozi della gente prima. Come fui bella io noi dirò
Primavera eterna, Gloria dell’anno, nei miei campi regna: Sempre han
gli
alberi fronde ed erbe il suolo. Nella terra dotai
felice Tu, misero Narciso, ancor sei lode, Perchè simile a te non fer
gli
Dei Altro fanciullo. A che di Croco io parlo E d’
a nella sdegnosa mente Per far querela al gran padre dei numi. Quando
gli
stanchi piedi innanzi ai nostri Lari fermò, la vi
V, v. 251 e segg. Lezione decimaseconda. Nettuno. Nettuno, fra
gli
Dei consiglieri, dopo Giove per impero il maggior
ne persuase r inganno. È troppo grande la divinità di Nettuno perchè
gli
antichi non siano discordi sull’educazione di lui
chiara. Non fu questo dio esente dall’ambizione, giacché congiurò con
gli
altri per legar Giove, che fatto accorto da Teti,
come Sofocle accenna nell’Edipo Colonco. Il commentatore di Apollonio
gli
contrasta questo vanto, che attribuisce a quel Se
entato dai poeti e dai monumenti, ed i diversi cognomi che attribuiti
gli
furono dagli antichi. Luciano nei Sacrifizii, e C
infe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia di sembianze. A destra
gli
pone Virgilio le smisurate balene, e l’antico cor
fu detto dai Trezenii, perchè unitamente a Minerva Poliade, o Urbana,
gli
fu da Giove assegnato il dominio della loro regio
con Giunone, inondò un campo argivo; dove poi, come Pausania avverte,
gli
fu edificato un tempio. Un promontorio della Laco
nia avverte, gli fu edificato un tempio. Un promontorio della Laconia
gli
die il nome di Tenario, e nel tempio di lui, narr
i Spartani furono trucidati gì’ Iloti. Dal celebre edifizio che sacro
gli
era in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiama
i che successivamente denominati furono Circensi. Un’ ara sotterranea
gli
era costruita nel circo massimo, e si onorava col
divise le montagne, adoravasi dai Tessali; cognome di Eliconio Elice
gli
diede, città sessanta stadii da Egio lontana. Nis
osì rapide volano le rote, Che dall’asse ne pur si bagna il bronzo; E
gli
agili cavalli a tutto corso Verso le navi achee p
simiglianza colle sembianze fraterne. Ora, per vieppiù distinguerlo,
gli
è stato aggiunto il delfino, che nei marmi e nell
rto s’ignorano i genitori, ma fu anch’ egli adorato dagli egiziani, e
gli
attribuivano la morte di Argo e la scoperta dell’
a suonò incognita armonia, che l’amabil voce seguiva. A quel concento
gli
Dei immortali e la terra tenebrosa parean di nuov
ndersi, e risentire l’antico amore. Questo canto fu pegno di pace fra
gli
Dei: il re delle Muse imparò l’arte di percorrere
amplificò il racconto di Omero dicendo che, mentre Vulcano educavalo,
gli
rapì l’incudine e il martello; a Venere, che l’ab
i, perchè primo diede 1’ esempio della rapina: tanto è vero che tutti
gli
incliti ladri sono santificati dalla forza e la f
rinto, fu effigiato in bronzo, con un ariete accanto, perchè affidata
gli
era la tutela dell’ armento. Gli attribuivano il
della concordia, e favoleggiarono che alla verga, donatagli da Apollo
gli
aggiungesse il nume, poiché ne divise l’ ira face
a al braccio sinistro, emblema consueto della sua speditezza, per cui
gli
furono anche attribuite le ali alle piante. Quest
itore dei numi Mercurio pure fu detto, e per tanto ufficio attribuito
gli
fu il caduceo, che come segno di pace scolpito si
nelle antiche monete. Intorno a questo simbolo molto fa veleggiarono
gli
antichi. Omero, custode della prima semplicità de
ella prima semplicità della favola, nell’Inno attribuitogli narra che
gli
fu data l’aurea verga in cambio della lira da Apo
gli fu data l’aurea verga in cambio della lira da Apollo, che la cura
gli
affidò degli armenti. I mitologi più recenti aggi
eloquenza. Checché ne sia, il caduceo distingueva i legati di pace; e
gli
atleti nella palestra lo adoperavano forse perchè
io presso i Megalopolitani. Tetragono, cioè quadrato, lo dissero pure
gli
antichi, secondo alcuni dai quattro ritrovati dei
lla figura della statua di lui Erme nominata, colla quale comunemente
gli
antichi decoravano le loro biblioteche. Trecipite
e perchè deità comune al cielo alla terra, all’inferno. Così scolpito
gli
antichi lo ponevano per indicare le strade, e ver
ausania ci avverte che neir Attica specialmente onoravasi, ed in Tebe
gli
sorgeva un tempio che Pindaro, illustre per versi
gli sorgeva un tempio che Pindaro, illustre per versi e per la pietà,
gli
avea consacrato. Pitagora soleva chiamare lo dio
beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’epiteto di infernale
gli
davano. Onde Claudiano disse: Tegeo, nipote di At
nominato da Nonacrizia città dell’Arcadia, e Melopoo perchè commessa
gli
era la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro
a la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro degli Dei, lo dissero
gli
Etruschi con nome ai Beoti ancora comune. Odio da
cui esistano tuttora i segni non equivoci di Mercurio? Questa è sotto
gli
occhi del pubblico nella Galleria Farnese, dove c
ai stata scolpita, ed ha un’aria così tranquilla e divina che incanta
gli
spettatori. Nessuna statua ha accoppiata tanta ro
venti Coll’eterno vigor dei piedi alati: Scendi fra noi quando di dio
gli
accenti Seguono i Fati. Nume pietoso ai miseri mo
manto, E quei che spargon per la nova luce Provido pianto. Tu vinci
gli
occhi col miglior dei numi, Che per te lascia le
mani mali esperimento. Illustre fra gl’infortunii di lui è quello che
gli
procurò l’amore paterno. Aveva Esculapio, peritis
e di tante cure, ed inventò la musica; scoperta che da altre divinità
gli
venne contrastata. Infatti nella passata Lezione
aia, ad Apollo la cetra. Il nume non fu nell’amore felice, benché fra
gli
immortali bellissimo e ricco di tanti doni. Super
i. Clizia, volgendogli la faccia, attesta ancora il suo affanno. Cara
gli
era soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe
Leucotoe, ch’egli deluse nelle sembianze della genitrice. Le invidiò
gli
amplessi immortali la ninfa affannosa, diffamò la
te, e se desio vi prende Di fermar mura sopra basi antiche. Ma fine a
gli
ozj della lira impose Il canto, e ancor l’ammiro.
e rivo sceglie Limpido e sacro, che soave stilla, Dell’onde onor fra
gli
educati fiori. Che lusinga l’auretta e chiama il
sse dono ad Apollo, e che quest’ultimo, per aver la parte di Nettuno,
gli
cedesse Calaurea che è dirimpetto a Trezene. Ho s
erso questo luogo, si trovarono ad un tratto agitati da un vapore che
gli
occupò, e che inspirati da Apollo cominciarono a
Non ostante Boeo nativa del luogo, e conosciuta per Inni che fece per
gli
abitanti di Delfo, attribuisce a stranieri venuti
asserisce inoltre che molti fra loro profetizzarono, e che Oleno, fra
gli
altri, inventò il verso esametro per quest’ uso.
ortò ai giuochi olimpici. Quanto al tempio, che oggi sussiste, furono
gli
Antizioni che ne ordinarono la costruzione col da
na città,fondata. Egli era figlio della ninfa Cleudora, e, come tutti
gli
eroi, passava per avere due padri, uno mortale in
ata la sommità del Parnaso coi lupi e le altre hestie feroci, che con
gli
urli servivano loro di scorta, vi edificarono una
« Secondo i mentovati, Delfo nacque da Apollo e da questa Tia: alcuni
gli
danno per madre ancora Melene figlia del Cefiso.
ini avidi e scelerati. Infatti, dopo questo bandito dell’isola Eubea,
gli
Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achi
fu proclamato vincitore in Olimpia. Il terzo anno di questa olimpiade
gli
Anfizioni fecero delle variazioni, perchè, lascia
flauto, l’altro per quelli che lo sonavano. Allora s’istituì a Delfo
gli
stessi giuochi, li stessi combattimenti che in Ol
tuo Xanto i crini, L’onor difendi della Daunia musa. Imberbe Ageo. Tu
gli
animosi spirti Mi desti, e la divina arte dei ver
ncora pel suo combattimento navale contro i Persiani. A dritto dunque
gli
eressero una statua in Delfo. Nel recinto del tem
i occhi il dono dei Te^eati in memoria del trionfo che riportarono su
gli
Spartani. Consiste in un Apollo, in una Vittoria
edemoni in rendimento di grazie per la vittoria che riportarono sopra
gli
Ateniesi. j) Dietro queste statue, nel secondo po
ad Egospotamo l’impresa di Lisandro. Patrocle e Canaco se ne credono
gli
autori. Gli Argivi, che in questo combattimento e
le statue onde è circondato provengono dalla decima del bottino, che
gli
Ateniesi conqaistarono dai Persiani nella battagl
do luogo Milziade, come generale dell’armata ateniese, in terzo luogo
gli
eroi che diedero il nome alle varie tribiì atenie
l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogitone. Offrirono pure ad Apollo
gli
Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae
tra, figlia di lui, sola innocente. Accanto ad essa è Linceo, e tutti
gli
eroi discendenti da Ercole, e da Perseo d’Ercole
Sopra questo portico vi è una rocca ove sedeva Erofile Sibilla quando
gli
oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una te
e terminerai i tuoi giorni. Riguardati solamente da un enigma. — Però
gli
abitanti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero n
rovesci. — Il volgo Muto obbedì con mormorio sommesso. Veneran sempre
gli
oltraggiati numi. Che sol questo alla plebe il re
son madre Di voi superba, e fra le dee minore Solo di Giuno, non avrò
gli
altari Che i secoli onorar, nè fia chi adori Mia
ella l’imita: eguali a notte Volano entrambi. La faretra stride Sopra
gli
omeri irati, e le Cadmee Mura minaccia. Innanzi a
tto a petto Con stretto nodo opposto era e congiunto, Allor che uniti
gli
trafìsse il dardo. Gemono insieme; ed ambo il duo
chiedo, Una di tante: e in mezzo ai prieghi muore La giovinetta. Fra
gli
estinti figli Piomba l’alfin vedova madre: i mali
ostra la soddisfazione delle divine sue ire; ma contro chi ha vibrato
gli
strali? non dubitano tutti di rispondere unanimem
e danno idea della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che
gli
epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης, chioma
on solo di questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che questa, e
gli
altri capi d’opera dell’arte antica non sieno che
i opponesse, perchè di una statua così eccellente non abbiano parlato
gli
antichi, non mi curerei di rispondere, che poche
a idea e renderla visibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti
gli
altri simulacri del dio, quanto l’Apollo di Omero
Siede nelle sue labbra il disprezzo, e lo sdegno che in sé racchiude
gli
dilata alquanto le nari, e fino sull’orgogliosa s
la pace, la tranquillità dell’animo rimaner sembrano inalterabili, e
gli
occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mos
enza, e le sovracciglia, che il voler supremo manifestan con i cenni;
gli
occhi della regina degli Dei in maniera dignitosa
correggendone i difetti, aggiungendovi nuove bellezze. Così facevano
gli
antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di F
imo all’odio, ed all’amore Desta il secondo: per la sua vendetta Ambo
gli
sceglie, e col primiero Apollo Fere, e Dafne con
fne, la mira, e come amante Spera quel che desia; mentono al nume Pur
gli
oracoli suoi. Qual lieve paglia Arde, e splende p
o; Pensa a chi piaci: abitator del monte E pastore io non sono, e qui
gli
armenti E il gregge inculto non osservo — ignori.
e paura Celer la ninfa, e la speranza Febo, Che più veloce la seguia:
gli
dava Ali l’amore; già il fugace tergo Preme, e lo
e regna gioventude eterna Nell’intonso mio capo. — Eran d’Apollo Tali
gli
accenti: coi novelli rami Il suo lauro acconsente
acconciatura di capelli che i Greci chiamavano κρωβυλος, e che presso
gli
scrittori non trovasi mai con sufficiente precisi
e quello dei capelli biondi; verità di pratica, riconosciuta da tutti
gli
artisti. Un passo di Ateneo che contiene due esp
elle quali questo dio è rappresentato. Noi troviamo in Plutarco che
gli
antichi pittori hanno dato dei capelli biondi a t
re la manifesta contradizione che ha imbarazzato alcuni autori, e fra
gli
altri Francesco Giunio , che ha scritto sulla pi
nacreonte desiderava che fossero dipinti i capelli del suo favorito:
gli
voleva neri nell’interno e splendidi di fuori: no
aritate. Una statua in Campidoglio e due altre nella Villa Medici che
gli
rassomigliano, hanno i capelli annodati nella ste
nto con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi
gli
presenta una tazza di ambrosia, immagine tolta da
tatua è giustificata dal pregio in cui si conosce essere stata presso
gli
antichi dalle medaglie che ci rimangono. È noto,
che ne sembra copiata nel modo e nell’attitudine e sin nel lauro che
gli
corona le chiome. È credibile che l’adulazione, i
ossiamo dunque inferirne che questa che abbiamo presente fosse presso
gli
antichi la più bella figura che offrisse Apollo i
affollava nella sua metropoli, può essere stato il motivo che indusse
gli
antichi scultori a copiarla per fare una statua d
bito di Apollo colla gemma che lo guarnisce sul petto. La clamide che
gli
sta sospesa agli omeri con due borchie è anche pa
co, per testimonianza degli antichi scrittori. La fascia, o zona, che
gli
circonda il petto, é più alta delle cinture ordin
dei numi. Pulio fu detto, perchè autore ai mortali di salute, e Teseo
gli
fé’ voti sotto tal cognome, quando per la cara At
iglia. Delo cuna del dio, e sola fra tutte le terre pietosa a Latona,
gli
die di Delio la volgare denominazione, ed P^pidel
l dio, onde Triopo fu appellato, ed i vincitori nei giuochi che sacri
gli
erano ne riportavano in premio tripodi di bronzo.
uesto titolo aveva in Atene, le opere di Eufranore, che primeggia fra
gli
antichi pittori. Pitio lo dissero dalla morte del
dirigesse l’arco dell’imbelle figlio di Priamo, perchè ivi un tempio
gli
sorgeva. Apollo Grineo è illustre per Orino città
marono Apollo perchè scorta ai passi e all’armonia delle Muse. Presso
gli
Eliopolitani effigiato era Apollo nelle sembianze
tra. Dal catalogo di questi cognomi potete ricavare che Apollo presso
gli
antichi si confondeva col Sole quantunque i Mitol
terra uomini porta E selve o fere e ninfe, e degli aperti Campi tutti
gli
Dei. Là sopra il cielo Sei segni a destra, ed a s
isce all’alta novità del loco Il giovinetto, ma le scorge il Sole Con
gli
occhi omniveggenti, e dice: figlio, Che vuoi? qua
se; e dal capo il genitor depose I raggi tutti. Colla mano impone Che
gli
si accosti, indi l’abbraccia e dice: Degno tu sei
l corso avvampo La ribelle cervice, e l’auree briglie Rimbalzan sopra
gli
arruffati crini. Deh, figlio mio, non far ch’auto
iù saggio Sii nei tuoi voti: — Avea Febo compiti I suoi consigli: non
gli
udì Fetonte, E la dimanda incalza: il petto insan
l bel pie: fuggon le stelle Che Lucifero aduna, e lascia il cielo Fra
gli
astri ultimi. Il padre allor che vide Rosseggiare
consperge Al figlio il volto, e a tollerar la fiamma Capace il rende;
gli
circonda il crine Coi raggi, e fuori dal commosso
ei corsier, le nubi opposte Stridon divise, già levati a volo Avanzan
gli
Euri dalla stessa parte Nati. Lieve era il carro,
Giù giù la terra di Olimene il figlio Impallidì, tremar le guance, e
gli
occhi Per tanto lume ottenebrarsi: in core Tardo
guance, e gli occhi Per tanto lume ottenebrarsi: in core Tardo pentir
gli
nasce, e te condanna, Fasto infelice del paterno
ce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su, di giù
gli
mena: Ora toccan le stelle, or Cintia ammira I fr
e Più non sostiene. Per l’empireo ancora Non tremi Giove? — Proseguir
gli
vieta La fiamma, e negli estremi antri si cela. G
io Tacito si rileva. Ecco le parole di lui. « Primi fra tutti vennero
gli
Efesii commemorando che, non come è credenza volg
ioni soggiace a infiniti cangiamenti. Sappiamo infatti da Erodoto che
gli
Egiziani dicevano generate da Cerere e da Dionisi
ui sono a core i dardi, la caccia delle lepri, le allegre danze sotto
gli
alberi, e il celere corso per le montagne, sedea
urcasso ed il grande arco, poiché a me fabbricheranno tosto i Ciclopi
gli
strali e l’arco pieghevole: ma il portare del lum
figlie in compagnia di Diana. Circondata da queste andò ai Ciclopi, e
gli
trovò che nell’isola, Lipari or detta, e già Meli
r abbeverare i cavalli del nume. Spaventaronsi le ninfe quando videro
gli
orridi mostri simili ai gioghi delle montagne Oss
ava che fa indirizzare a Diana da Medoro, famoso per la fedeltà e per
gli
amori non sperati, frutti della sventura. « O sa
è più minaccia. Giunge alla fronte di vivace cervo Le corna, il collo
gli
prolunga, acute Rende l’orecchie, ed in sottili g
d in sottili gambe Muta i piedi e le braccia, e il bianco corpo Tutto
gli
vela di macchiata pelle, E d’ignoto timor gli col
e il bianco corpo Tutto gli vela di macchiata pelle, E d’ignoto timor
gli
colma il petto. Fugge l’eroe tebano, ed ha stupor
ri compagni accrescon rabbia Coi gridi usati alla feroce torma, E con
gli
occhi Atteon cercano, a gara: Atteone, Atteon gri
barbuto le fé’ dono di cinque cani capaci di strascinare per la pelle
gli
stessi leoni, e di altrettante cagnoletto credute
libili saette sopra una città di scelerati, che contro i suoi, contro
gli
stranieri, molte colpe avea commesse. Ahi miseri
he tu rechi qualche pingue pasto, e ridono senza fine sopra lui tutti
gli
Dei, e specialmente la stessa suocera Giunone qua
mi al pari delle tue pupille la bella Antidea. « Queste già portavano
gli
agili archi e il turcasso intorno agli omeri, che
e dei porti; e niuno ti disprezzi: che ad Eneo, il quale ne spregiava
gli
altari, toccarono in sorte pugne infelici: nè vi
va Figalia. » Non solamente le donne seguaci furono di Diana, ma fra
gli
uo’mini ancora vi ebbe chi imitavane gli studii.
uaci furono di Diana, ma fra gli uo’mini ancora vi ebbe chi imitavane
gli
studii. Giova rammentare fra molti Ippolito, emul
palesa l’innocenza del suo seguace, ed ordina che nella patria onori
gli
sieno fatti. Quindi ho creduto potere aggiungere
orrido mostro. La minaccia dei corni arma la fronte, E gialla squamma
gli
ricopre il corpo. Serpe feroce ed indomabil toro
eri si rivolta, e cade, E. loro offre muggendo ardente gola, E fiamma
gli
ricopre, e fumo, e sangue. Gli trasporta il terro
. Arrivo: egli mi chiama, ed alza La destra verso me gelida e nuda, E
gli
occhi moribondi apre, rinserra, E spira. Fra le m
ni di rena: poi lasciando scorrere leggermente questa sabbia, vennero
gli
architravi a prendere insensibilmente il loro pos
che visitato avea questo tempio, non fa parola. Assicura Strabene che
gli
Efesii aveano ancora collocata per gratitudine ne
freccia. Marcantonio raddoppiò questo spazio; ma Tiberio per evitare
gli
abusi che commettevansi col favore di tali privil
bblico grido Che Eneo, per l’anno che con larga usura Rese ai cultori
gli
affidati frutti, Biade a Cerer libasse, e vino a
basse, e vino a Bacco, A Pallade l’umor biondo di olivo, Onde a tutti
gli
Dei giunse l’onore Ambizioso, che agli agresti nu
i ancora: Inulta Io non sarò se inonorata, esclama La diva: manda per
gli
oenei campi Cignal vendicator d’Epiro erbosa, Mag
lgor che abbatte Ed arde i templi del suo Giove: orrenda Luce vibrano
gli
occhi, e fiamme e spuma Fulminava la bocca: e com
to furor, s’avventa il crudo Cinghiale: abbatte Pelagone, Eupolmo Che
gli
amici involare. Ahi non fuggisti Enesimo infelice
e viscere bagna. Verso la belva d’Ission la prole Iva, allorché Teseo
gli
grida: cara Metà dell’alma mia, ferma; da lungo S
loria, e prendi Questa spoglia mio dritto: e le offre il tergo, E per
gli
immensi denti il capo insigne. Alla donzella il d
i il capo insigne. Alla donzella il donator col dono Piace: invidiano
gli
altri, e.per la schiera Un indistinto mormorar s’
dei più famosi, perchè influirono sulla maniera colla quale fu presso
gli
antichi rappresentata. Luna fu detta, perchè non
dei monti sacre le sono, e sotto questo. titolo ebbe un tempio presso
gli
Argivi. Ortia scrive Esichio che fosse denominata
Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio presso
gli
Spartani, ove nei più remoti tempi si sacrificava
rimanente del lavoro, perchè la gemma è alquanto scavata nel sito che
gli
corrispondeva. Nelle porte laterali si vedono due
iviene. Ah come mal si cela Nel volto accusator la colpa: appena Alza
gli
occhi dal suolo, e non si unisce Qual pria soleva
ello La inorridisce, e cresce in ugne adunche La man curva, e dei pie
gli
uffici adempie. Per vasta bocca ecco deforme il v
cciatrice paventò la caccia. D’esser fera obliava, e sopra i monti, E
gli
orsi impaurita orsa fuggiva. Ovidio , Metamorf
di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa
gli
uffizii di levatrice, onde sonora nell’armi balzò
a destra t’assidi Del tuo gran padre, e sola De’ celèsti vibrarne osi
gli
strali, Nè del cangiato vibrator s’accorge La fol
e ancora la dea. Mostrò alle fanciulle, secondo l’Inno omerico, tutti
gli
uffìcii che la solitudine rendono cara delle dome
cui albero, al dire di Erodoto, non trovavasi anticamente che presso
gli
Ateniesi. La castità di Minerva è posta in dubbio
ntata sopra una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’uccello,
gli
artigli di leone, il viso e il busto di fanciulla
i di leone, il viso e il busto di fanciulla: e Pausania c’insegna che
gli
Ateniesi rappresentavano questo animale sull’arma
a di sesso, in guisa che sembra aver domato lo stesso amoreIndi è che
gli
occhi di Pallade servono ad ispiegare quel nome c
le pupille, cioè fancilline, e quelli (grec), che suona lo stesso. Ha
gli
occhi meglio tondeggianti e meno aperti di Giunon
lla città di Veha in Lucania, ove ha un elmo alato, tiene bene aperti
gli
occhi e lo sguardo, o mira orizzontalmente, o ten
ta rappresentata in gemma han travedute la immagine della Verità. Che
gli
antichi per altro supponessero la spoglia istessa
sanguinoso lume: L’Egida cui d’intorno erano accolti Tutti di guerra
gli
abborriti mostri , Spaventevol corona: ivi la Rab
o questo cognome, e Gellio crede con probabilità maggiore che glauchi
gli
occhi di Pallade si dicessero perchè tremendi di
qui perirono nella comune ruina. Fu dalla peste seguito il delitto; e
gli
abitanti avvertiti dall’oracolo, al quale nelle s
parta da Licurgo costrutto, cbe diede questo cognome alla dea, perchè
gli
fu tolto un occhio da Alcandro, giovine feroce, c
ose facendo credere al volgo sempre superstizioso che questa divinità
gli
si era in sogno manifestata per insegnargli il mo
ennone. Ritornato in sua casa l’eroe ebbe una visione, in cui Pallade
gli
mostrava la ricevuta offesa: cadde atterrito in t
(grec), diversa dal (grec) o striscia di cuoio, per cui si porta van
gli
scudi in tempi più vetusti appesi al collo. « La
ce l’offre in tale azione appunto scorrendo, come dice il poeta, per
gli
ordini delle battaglie, e in questa attitudine di
nciullo: muto muto sta, E le ginocchia gii configge il duolo; Più non
gli
detta la confusa mente Parole, e sembra effigiato
alla Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa Legge di Giove: chi
gli
eterni mira. Se non l’elegge Iddio, grave mercede
oluttà degli Dei, degli uomini, delle belve, favoleggiarono i più fra
gli
antichi che nascesse dal sangue della disonesta f
dove i fiori nascevano sotto i piedi divini. Venere la prima mescolò
gli
Dei con donne mortali, e Giove per vendicarsi la
si la fé’ soggiacere all’ istessa legge destandole nel seno amore per
gli
uomini fra i quali il primo (secondo l’Inno Omeri
oci le si facevano incontro mansuetamente dimenando la coda, e la dea
gli
riempi tutti d’amore, onde accoppiati dormirono n
ide, che in disparte dagli altri suonava la cetra. La figlia di Giove
gli
si fé’ innanzi simile ad indomita vergine nella g
uccisi la creduta fanciulla, che indietro si volgeva chinando a terra
gli
occhi verecondi. Qui sciolse il cinto di Venere,
Anchise, ma allor che vide le divine forme di Citerea rivolse altrove
gli
occhi impauriti, si coperse colla veste il bel vo
ti: illustre figlio ed ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma
gli
fé’ severo comando di tacere la vera madre del fi
ove e l’ira degli altri numi. Ma non fu Anchise il solo fortunato fra
gli
uomini pei favori di Venere. Adone aveva fama mag
rincipale dei miei studii. Venere è stata rappresentata ancora presso
gli
Etruschi con una tortorella, perchè secondo Arist
ora presso gli Etruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane
gli
amanti amano gli uccelli. Così questa dea si trov
ruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane gli amanti amano
gli
uccelli. Così questa dea si trova suU’ altare del
tro uno dei due bellissimi candelabri del Palazzo Barberini. La lepre
gli
era particolarmente consacrata per cognite ragion
Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della quale
gli
occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza.
statua, e la foggia stessa del serpe è rammentata da Polluce, che fra
gli
ornati muliebri che solean portarsi egualmente ai
piango, Adone: è morto il bello Adone. È morto il bello Adon: piangon
gli
Amori, Accompagnando il fiero mio lamento. Che pi
l petto, e a tutti di’ eh’ è morto Adone. Io piango Adone, e piangono
gli
Amori. Giace ne’ monti il bello Adon ferito Da bi
Adone, Ma maggior Vener porta al cor la piaga. Urlan sopra il garzon
gli
amici cani; Piangon l’Oreadi Ninfe; e Citerèa Sca
i neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi ahi: Citérea piangon
gli
Amori. Perde il vago consorte, e perde insieme Il
tutti i fior morirò. Spargi il bel corpo con unguenti, spargi; Peran
gli
unguenti tutti, poich’ Adone Perlo, balsamo tuo p
aro. Corcato è Adon nelle purpuree vesti; Piangonlo, e intorno gemono
gli
Amori, Tosisi sovra Adon; va a prender l’uno Le f
ali Par che lui in vita richiamar procacci. Gridando Citerea piangon
gli
Amori. Spense Imeneo alle soglie ogni sua face; L
ol capo coperto, e coi piedi incatenati. Ericina dissero pure la diva
gli
antichi scrittori da Erice monte della Sicilia, s
idrio servito per l’acqua del bagno; la cura della beltà han cercato
gli
antichi di esprimere con questi accessorii nelle
ui lidi, ed eran sacri a lei i porti e i promontori:: come consta fra
gli
altri del Circeo da una iscrizione vetustissima s
ll’armi, questi furono scelti per adombrare la Venere, annoverata fra
gli
autori del nome Romano. Cesare stesso, che nella
ta castità difese. Dell’inutil tentativo fu figlio Erittonio. Il Sole
gli
svelò l’adulterio di Venere, che ottenne in mogli
svelò l’adulterio di Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni
gli
diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una re
a la principale divinità dei Cheronei. Fra le tante opere che i poeti
gli
attribuiscono, ho scelto l’armi d’Achille descrit
eterno Re della luce, e i candidetti rai Della notturna amica diva, e
gli
astri Del Cielo splendidissima ghirlanda, L’Iadi
hia; alcuni Giunser del campo in sul confin: qui lieto Il buon padron
gli
attende, e lor presenta Ricolma tazza, guiderdon
dio della guerra. Tero, che in greco suona lo stesso che la ferocia,
gli
fu nutrice, e presso barbare nazioni fu educato.
u educato. 16 Coi principii della favolosa infanzia del nume vollero
gli
antichi significarci che dei meno culti popoli do
in questo, com’è costume dei soldati, di rapina: non ostante, alcuni
gli
hanno dato per compagna una certa Neriene, nome o
ne, nome oscurissimo nella Mitologia. Molti sono i figli che la colpa
gli
diede: Enomao, Ascalafo, Testio, Jalmeno, Pilo, P
che producono, si chiamano Terrore e Paura. Gli era sacro la pica fra
gli
uccelli, il lupo fra i quadrupedi, e la gramigna
igione fantastica desrli antichi animava tutta la natura, spiegandone
gli
effetti con dei sogni cari all’umana debolezza. A
a. Adoravasi Marte particolarmente dai Traci, ed in Lenno ostie umane
gli
erano sacrificate. L’urna nità abolì col tempo qu
li trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza
gli
disse: Furioso ed insensato che sei, non conserve
io della guerra. Appena lo ebbe Marte veduto che la lunga asta contro
gli
diresse, ma la dea ne fé’ andare il colpo a vuoto
scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e di Minerva, che tanto
gli
aveva fatto osare. Giove guardandolo con occhi pi
. Giove guardandolo con occhi pieni di collera: Incostante e perfido,
gli
disse, fra tutti gli Dei che abitano 1’ Olimpo tu
on occhi pieni di collera: Incostante e perfido, gli disse, fra tutti
gli
Dei che abitano 1’ Olimpo tu mi sei il più odioso
atica; che nulla è di mortale in un Dio. Omero nell’Odissea racconta
gli
amori del nume con Venere. Tutti gli Dei, come vi
io. Omero nell’Odissea racconta gli amori del nume con Venere. Tutti
gli
Dei, come vi esposi nella passata Lezione, risero
a dell’imperator dell’acque sciolse quei lacci maravigliosi. Liberati
gli
amanti, volò Venere in Pafo, e Marte nella Tracia
osservare con tutto il rigore la legge promulgata da suo padre contro
gli
adulteri, ed essendo stato informato che una dama
irino presso i Latini furono i due principali nomi di Marte. Il primo
gli
davano quando era tranquillo; il secondo quando n
adducevano in ragione di questo uso di figurarlo, il vano timore che
gli
abbandonasse. Vedesi con un olivo in mano il Mart
ggia di Marte, alla quale Giove manda Mercurio per movere alla guerra
gli
abitanti d’Argo nella famosa impresa dei Sette a
o degli Dei. Tutti i frutti della terra perivano, sterminava la peste
gli
uomini e gli animali, e i numi invano cercavano d
Tutti i frutti della terra perivano, sterminava la peste gli uomini e
gli
animali, e i numi invano cercavano dove la dea de
re infelice nascesse Pluto, il dio delle ricchezze, che cieco finsero
gli
antichi, volendo indicare che l’oro toglie la luc
petto, ai crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco
gli
accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai
enti. Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, Le valli, i fiumi,
gli
stagni, i torrenti, La terra, il mare; e poiché t
ri la robustezza del fanciullo, e loro cadde in pensiero di osservare
gli
andamenti della nutrice. Scorse il padre fra le t
del basso rilievo di una patera non ancora compreso. Tanto è vero che
gli
antichi artefici si formavano sui poeti, perciò c
nvenzione dell’una necessitò lo stabilimento dell’altra. Quindi è che
gli
antichi attribuivano la gloria di tutte due a Cer
butrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e di tutti
gli
animali; finalmente ella ebbe una folla di epitet
ad Orfeo, ha riuniti. In conseguenza i monumenti danno a Cerere tutti
gli
attributi relativi alle messi ed alla cultura del
terono contenerla. E facile d’immaginare dopo questa tradizione tutti
gli
epiteti, dei quali il nome di Cerere è accompagna
ualche volta attaccato, ed ordinariamente eglino hanno l’ali. Apuleio
gli
riguardò come i servi della dea, che si rappresen
ata in tre figure Ecate appar: con lei Bacco procede Festante: l’edra
gli
circonda il crine: La tigre il vela, e in un sol
ombre armate Nelle pallide tende accampa. Un’altra Volta avrian rotta
gli
elementi in guerra L’antica fede del concorde mon
suo furor l’onde e le selve Soffiar desia; ma se le ferree porte Eolo
gli
oppone, si dilegua il vano Impeto, e tornan riper
ri loro. Quindi comanda che di Maja il figlio Si faccia innanzi, onde
gli
ardenti detti Riporti a Giove. La potente verga S
re il duol; la bocca Solleva e tuona: al suon del lor tiranno Taccion
gli
abissi impauriti, e frena Cerbero nelle gole il s
stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer
gli
amplessi, onde di figli Beata turba ti corona. Io
ll’abisso, e tìan confuse Tenebre e luce. — Sì parlò lo dio. Mercurio
gli
astri occupa già; l’ascolta Giove, e rivolge nell
col maggiore ed al puro necessario ridotto. comprò con quel poco che
gli
restava dei bovi, inventò l’aratro, ed ebbe dalla
rmini: Offriamo i nostri oma^^sri innanzi alla Terra che la prima fra
gli
Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi ch
a sovrana, ed ella alla nascita del suo nipote gliene fece un dono, e
gli
diede il cognome di Febo. — Apollo fu dunque il q
li diede il cognome di Febo. — Apollo fu dunque il quarto che rispose
gli
oracoli, i quali erano le sole leggi dei primi gr
principali avvenimenti della storia di Cerere. Ai primi poeti, e fra
gli
altri Fante, che viveva innanzi Omero, fu argomen
per placida spuma umido il freno, Purpurea cresta le minacele scema A
gli
occhi, e macchian verdi strisce il tergo, Risplen
rricchirne la serie già ordita, a favellarvi delle forme, colle quali
gli
antichi artefici effigiarono questa divinità cele
Laocoonte, di trovare nei monumenti delle arti le divinità con tutti
gli
attributi che loro danno i poeti; e d’altronde Ca
si dall’abitudine e dal carattere della figura medesima, persuaso che
gli
antichi così conseguenti nelle loro pratiche, com
ossi il tempio freme; Ida risuona d’ululati, e china Gargare al suolo
gli
atterriti boschi. Poiché Cerere apparve, il lor m
si, e volgea le prone torri Ai baci della dea. Dal ciel mirava Giove
gli
eventi, e a Citerea rivela Gli arcani della mente
tragga il tuo figlio L’ombre stesse in trionfo: amin le triste Furie:
gli
Acherontei petti severi Mansuefaccia la saetta et
ura, e ferro sono Le porte. Stanchi Piracmone e Brente L’opra lasciò:
gli
atrii l’avorio cinge. Bronzo è la cima, ed in col
e lambir l’onde Con roco mormorio l’aride arene. Finge dell’avo ancor
gli
arcani tetti, L’ombre fatali: sul presago volto S
rno per li neri prati A Oocito ghirlanda, e del tranquillo Lete bevon
gli
stagni, onde lor spuma D’oblio sicuro l’assopita
te per eccellenza Misteri. Per mostrarci in qual conto fossero presso
gli
antichi, basterà che tutta la Grecia vi concorrev
eria, Museo in Atene, Melampo in Argo, Trofonio in Beozia obbligarono
gli
uomini a queste iniziazioni. Ma quale è la cagion
nalmente dagli Erminionensi che Plutone glie l’avea rapita. Irata con
gli
Dei, lasciò il cielo, e simile fatta a donna mort
e Atene di questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vita furono
gli
uomini mitigati, e condotti alla civil perfezione
erano proprie dei misteri minori, e che nei maggiori si comprendevano
gli
arcani fondamenti della dottrina eleusina. Infatt
ravano al sacerdote il secreto. Gli iniziandi descrivevano i riti che
gli
erano letti innanzi dal gran sacerdote detto Jero
mmessa la religione dei misteri. E dieci sacrificatori dividevano con
gli
altri ministri le cure. S’iniziavano in questi mi
vano in questi misteri i figliuoli degli Ateniesi ancor fanciulli, nè
gli
Ateniesi solo, ma i Greci tutti. Demonace e Socra
tanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra Filippo e
gli
Ateniesi, che dell’antica fortuna non conservano
ie entrarono nel tempio cogl’iniziati. L’assurdità delle loro dimande
gli
scoperse per profani, e condotti ai prefetti del
ietato iniziare i forestieri, e specialmente i Barbari. Erano esclusi
gli
omicidi ancora involontarii, i magi, i prestigiat
osofo dei poeti, dice in una sua Ode: Io vieterò che chi ha divulgato
gli
arcani Eleusini abiti sotto le stesse travi, e sc
ria, ma dolor presto alla madre. Pari per forme e per onor, potea Con
gli
strali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo portass
gi, ma timpanate, come spesso si veggono nei monumenti antichi, e fra
gli
altri in una pompa Bacchica espressa in un basso
picchiar degli scudi. Sacra la porta, sacra la via che frequentavano
gli
Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una
ori sicuri. Era vietato alle donne di andare ad Eleusi colle bighe, e
gli
asini avean l’onore di portare tutto quello che e
era necessario pei misteri. Questi erano in tanta venerazione presso
gli
antichi, che sacro era per essi il giuramento. Ta
rarono fino agl’imperatori cristiani, e che Valentiniano, che proibir
gli
voleva, fu costretto di concederne alle preghiere
scettro immenso Percote il nume con muggito orrendo. Di Sicilia sonar
gli
antri: si scosse La Liparea fucina, e lasciò l’op
iolse, E voragine immensa apriva in Cielo, Appar subita tema, e mutan
gli
astri L’antica strada: nel vietato flutto L’Orsa
ccende; Ei qual lione che giovenca afferra Decoro dell’armento, e con
gli
artigli Sbrana il petto, poiché nel tergo immenso
: abbiam o Altre stelle, altro sol, luce più pura Saravvi, e stupirai
gli
Elisi campi Ed i beati abitatori, e prole, Aurea
, ch’Etna tua mai non produsse. Albero ricco nell’opaco bosco Sorge e
gli
curva i risplendenti rami Verde metallo; a te fia
eti corridori esorta, E più mite all’averne entra. D’intorno L’anime
gli
si fanno: Austro non scote Cotante foglie dalle f
endi:. Dalla plebe eletti Ministri sciolgon dei destrieri il freno, E
gli
guidan fumanti ai noti prati. Parte tiene la regg
te. Lezione trentesimasettima. Vesta. Non rimane che Vesta tra
gli
Dei maggiori, la quale debba essere argomento del
resentato al Sole. Ciò forse potrebbe provare che fin d’ allora erano
gli
specchi concavi in uso. Pesto però pretende, che
on era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel giorno stesso
gli
uomini non potevano entrare nell’interno. Vesta a
po avere indagata nelle favole la religione degli antichi, vi narrerò
gli
usi e i magnanimi fatti di quel popolo signore de
inorridita Mutarsi in nero ammanto i panni allegri, E nei lari fiorir
gli
orni infecondi. Sorgea di tutto il bosco a lei pi
i, Veneranda, abbandono; or me richiama Di tanto pegno la custodia, e
gli
anni Esposti ad ogni frode. Io non mi affido Assa
imore. — A lei rispose Cibele: I detti tuoi disperda il vento: Non sì
gli
ozii del ciel Giove avviliro Che alla difesa di c
ne, e con il crin si strappa Le spighe, ed erra per le vote sedi, Per
gli
atrii desolati, e riconosce La tela, suo lungo de
l sen si stringe Come la figlia: del pudico letto I vestigi ricerca e
gli
percorre Con lacrime a con baci: i voti campi Int
ea? dove la figlia, Dove la figlia mia? Questa è la vostra Fede? così
gli
altrui pegni serbate? — La nutrice tremò, mestizi
essa stava il Tartaro tenebroso. V’era ancora l’Amore bellissimo fra
gli
Dei, che scioglie le cure, e doma nel cuore degl’
adre degli Dei e consorte del Cielo stellato. Erodoto dice che presso
gli
Sciti, dai quali era sommamente onorata, reputa »
ielo. Che che ne sia, fu annoverata, come Eschilo lasciò scritto, fra
gli
Dei terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi co
so scrittore nel Prometeo attesta. Pausania narra che diede la prima
gli
oracoli, e che avendo ceduta la sede e il privile
l privilegio a Temide, quest’ultima ne fé’ dono ad Apollo. Immolavano
gli
antichi a questa dea un’agnella nera, come rileva
altra vittima nel porco, ed Eschilo scrive che usanza era d’offrirle
gli
stessi sacrifizii che agli Dei mfernali, chiamati
pagane nazioni hanno venerata con sommo culto la Terra. Gli Egiziani,
gli
Sciti, i Liei, i Frigi, i Romani, la posero col C
oscenza, la gioia. Tale è questa composizione, ed io non so il perchè
gli
antiquarii siano stati discordi sul disegno e sul
oltre l’additare come sia figurata la Terra, dimostra quanta utilità
gli
artefici possono trarre dalle combinazioni dei po
erra; ed il primo di essi, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che
gli
pende dagli omeri: gli altri poi sono nudi, ed in
si, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che gli pende dagli omeri:
gli
altri poi sono nudi, ed in tal guisa appunto sono
io mi servirò indistintamente dell’uno e dell’altro nome. Esiodo non
gli
attribuisce genitori, ma lo fa succedere al Caos
dde bracia Cingendolo s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci, nel sen
gli
soffia, e versa I suoi digiuni nelle vuote vene:
Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronato di rose. Col tempo
gli
furono afirsriunti non solamente nomi, ma insesrn
irsriunti non solamente nomi, ma insesrne per significarne la forza e
gli
effetti. Oltre l’arco e la face, consueto ornamen
ogliati tutti i numi delle loro armi. Esrli tolse il fulmine a Giove,
gli
strali ad Apollo, la clava ad Alcide, l’elmo a Ma
l tirso a Bacco, il tridente a Nettuno. Fanciullo fu detto e Cieco, e
gli
diedero per compagne l’Ebrietà, le Angoscie, le I
randi poeti antichi, spiegò con molta accortezza ed artifizio poetico
gli
attributi d’Amore: « Chiunque fu che primo dipin
ullo non lo giudichi maraviglioso artista: « Egli primo conobbe viver
gli
amanti senza sentimento, e che per lievi cure gra
sentimento, e che per lievi cure gran beni periscono: « E non invano
gli
diede Tali veloci, ed errar fece lo dio negli uma
pido, nella quale vi era il premio non solo pei musici, ma ancora per
gli
atleti. L’Amore in Elide vedevasi sullo stesso pi
era chiamato (grec) o chiavigero. Si rappresentava ancora l’Amore con
gli
attributi di tutte le grandi divi^nità per denota
ttile, come il ramarro, credevasi simbolo del predire l’avvenire, che
gli
antichi e i moderni hanno creduto essere propriet
che mi sono prefìsso, dirovvi ciò che intorno a questa dea pensavano
gli
antichi. Regina del Caos era innanzi che Iddio to
e. Euripide disse: Coperta di nere vesti sale sul cocchio la Notte, e
gli
astri la seguono immantinente, — Le davano la big
. — Questa immagine però del carro sembra posteriore ad Omero, poiché
gli
scrittori innanzi figuravano alata la Notte. Virg
aveva in antico le ali, riportate forse di bronzo, rimanendovi sopra
gli
omeri i vani per inserirvele. « In due repliche a
fu dissotterrata nell’Orto Muti alle falde del Viminale, nel sito ove
gli
espositori della topografia marmorea di Roma anti
armi avrai; Nè la candida tua Psiche, e le belle Forme, e la notte, e
gli
amorosi guai Inonorati andranno. Or ella è teco,
ri Te consigliando alla giurata guerra. Ma la vendetta invano Volgean
gli
occhi di Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme c
mata. Primi soffrirò ai desiosi sguardi Sovra l’estrema sponda. Amor,
gli
aurei tuoi dardi: Psiche li tocca appena, e n’è f
raccolse, E varcò la palude. Latra Cerbero invano. Le gole il cibo e
gli
occhi il sonno chiude. Elia passa, e il soggiorno
ione e le mie ricerche. Non è disputata la sua origine, ma alcuni fra
gli
antichi estendono la sua parentela, dandogli per
chè con prestezza tutto l’universo percorre, e chiude all’ improvviso
gli
occhi dei mortali. Solamente il suo volo manca qu
sue penne può disprezzare la servitù, il dolore, la miseria, e tutti
gli
altri mali che sono sulla terra perpetua eredità
e quiete dell’universo, e re degli uomini e degli Dei. In Omero tutti
gli
Dei cedono al Sonno: solo veglia Giove; con che q
vestiti con pompa reale. Se qualche uomo entra in questa città, tutti
gli
si fanno incontro nel loro vario aspetto: gli ann
in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario aspetto:
gli
annunziano beni, mali, e rare volte dicono il ver
o simulacro che ce ne resti. (Notate che ancora non si erano scoperti
gli
altri due, di cui parla Visconti nel terzo tomo.
va barbato, e perchè non ha col Pegaso relazione veruna, e perchè non
gli
può competere quell’acconciatura di capo, che pur
rfalla. È stata dagli antiquari attribuita a Platone, non ostante che
gli
smentissero i ricci della lunga chioma, poco a un
tra statua medesima, e finalmente per le ali di farfalla che adornano
gli
omeri di quel Nume in vari bassirilievi, e segnat
poso, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che
gli
serva di morbido letto. « I letei papaveri, parte
salubrità di quella ristorante interruzione dei sensi, poiché presso
gli
antichi naturalisti opinione era invalsa che più
adro, le cui ali adornano qualche volta del Sonno istesso le tempie e
gli
omeri: o che l’accostarsi del Sonno quasi insensi
one. Scolpito in compagnia del Sonno potrà significare i presagi, che
gli
uomini di ogni secolo e di ogni nazione si sono l
Lessing è sembrata impropria, ed è attribuita da lui, che non vedeva
gli
originali, all’ inesattezza dei disegnatori che h
e e d’infinite erbe famiglia: Notte dal loro umore i sonni accoglie E
gli
diffonde per l’opaca terra. Manca la porta, onde
n letto, e nero velo Lo copre. Qui giace lo dio: le membra Il languor
gli
discioglie: i vani sogni Imitatori di diverse for
endeva la sacrata reggia Per la fulgida vesta., Alfine il nume Inalza
gli
occhi che il sopore aggrava: Cade, ricade, col me
nel libro terzo dà per genitori allo dio quelli che il poeta di Ascra
gli
assegna per fratelli. Celo sposò col tempo la Ter
re, il quale essendo reputato un dio per quella vile venerazione che
gli
uomini ebbero sempre pel potere, fu col tempo, pe
glio del Cielo e della Terra. Non altra cosa del Cielo favoleggiarono
gli
antichi. L’ Oceano, il primogenito dei figli dell
i della Terra e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti
gli
animali e di tutti gli Dei. Forse in questa opini
lo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e di tutti
gli
Dei. Forse in questa opinione influì l’essere sta
vocata espressamente nei lor poemi, il che non mi sovviene aver fatto
gli
antichi. A lei parla Dante allorché dice: «Mente
religione, e tutto quello che serve a mantener l’ordine e la pace fra
gli
uomini. Regnò nella Tessaglia, e si applicò con t
volea custodire la sua verginità, ma Giove la costrinse a sposarlo, e
gli
diede tre figliuole la Equità, la Legge e la Pace
sto e ragionevole: presiedeva ai patti e convenzioni che si fanno fra
gli
uomini, e voleva che fossero osservati. Teraistia
erra, ed il consenso dei più fra i Mitologi la fa madre dei primi fra
gli
Dei, come Giove, Giunone, Nettuno, Plutone ed alt
erisimile che la statua di tanto scultore servisse di modello a tutti
gli
altri simulacri esposti alla pubblica ad orazione
econda, che è ancora piu piccola, portando fra le mani uno schifo. Ma
gli
attributi piiì costanti di Cibele sono la torre c
io del fuggitivo. Il pedo, cioè un bastone ricurvo come un pastorale,
gli
giace accanto. La siringa, ed unita ad essa due t
. Ovidio narra che Ati scelto dalla dea per custode dei suoi santuari
gli
promise castità eterna. Innamoratosi della ninfa
e quel ch’era a sinistra Delle greggio nimico e degli armenti Contra
gli
aizza, e in questa guisa parla: Su, gli dice, su,
nimico e degli armenti Contra gli aizza, e in questa guisa parla: Su,
gli
dice, su, fera belva, Vanne, e quinci ritrarsi al
di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti figlio lo fanno
gli
antichi. L’opinione più comune è quella di Esiodo
portando, ordì pei consigli materni insidie contro Celo, lo incatenò,
gli
fece quell’oltraggio ch’egli poi sofierse da Giov
itosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Italia, che
gli
fu ospite cortese. Lo dio in ricompensa gì’ inseg
u tanta la gratitudine del re per questa inestimabile cognizione, che
gli
cede la metà del suo regno. La grata posterità, d
e; L’ingordigia, l’avere, e le mischianze Dell’altre genti. L’assalir
gli
Ausonii, L’inondaro i Sicanii, onde più volte Que
ente renunziò, come vecchio, il regno a Giove. A Saturno attribuivano
gli
antichi l’invenzione della falce, o sia perchè in
però non furono soli colpevoli di questa odiosa superstizione: anche
gli
antichi Galli, e molti popoli dell’Italia prima d
e feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel quali tutti
gli
uomini erano eguali; perciò i padroni servivano a
sacrificando agli Dei celesti. Secondo esso, dunque, Saturno era tra
gli
infernali. Questo dio si rappresenta comunemente
evarrò nella presente Lezione. Egli riflette in primo luogo che tutti
gli
autori non annettevano a questo nome Fistessa ide
dei primi tentativi dell’architettura nascente. Il signor Desmaiseaux
gli
vide nel 1688, e ne fa la descrizione nel suo via
e. Egli ne parlava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti
gli
uni sopra gli altri; i frammenti di altre pietre
lava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti gli uni sopra
gli
altri; i frammenti di altre pietre vi sono mescol
esta alcun vestigio. Questa circostanza fisica determinò senza dubbio
gli
antichi a consacrare questa isola al dio del fuoc
re e da Europa di Tizio figliuola. Omero nel primo libro dell’Odissea
gli
da per madre Toosa. Lo stesso autore, nel nono li
rro nelle valli del monte Ida, e formati da Vulcano eglino istruirono
gli
uomini a lavorare questo metallo col fuoco. I nom
amor pasceva Polifemo, e miglior vita traea Che se dato invidioso oro
gli
avesse. Teocrito , Idillii. Lezione quarant
l numero indicato il loro nome, che in greco significa diti. Ferecide
gli
accresceva fino a cinquantadue. Si dividevano in
questo altare e ridurlo insensibilmente in polvere, si riparava tutti
gli
anni nell’equinozio di primavera, che cadeva dell
si. Omero indica con questo nome un popolo presso Calidone, che sono
gli
Etoli situati all’ oriente del fiume Acheloo. La
do ogni discussione per voi noiosa, vi dirò che i Cabiri erano presso
gli
antichi considerati come i sacerdoti di alcune di
mentovato Pausania nel suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso
gli
Ateniesi una statua di questo dio fanciullo con l
tto lo manifesta pel re dell’ombre, e più lo distingue il Cerbero che
gli
posa ai piedi, portinaio dell’Orco. Non fo motto
esistenti, quantunque assai varie fossero le immagini sotto le quali
gli
antichi poeti e mitologi sei figurarono. Gli angu
o le quali gli antichi poeti e mitologi sei figurarono. Gli angui che
gli
avvincono il triplice collo non sono omessi nelle
alla teologia pagana che il dio dei morti si chiamava Serapide presse
gli
Egizii, e dalla Storia apprendiamo eh’ ebbe un te
rarsi insensibile alla letizia dell’ anno, fecero tener l’elee presso
gli
antichi per arbore tristo e lugubre. Il raro bass
egli sarà possibile col giorno, che si usa di spargere per illuminare
gli
oggetti dei quali l’Inferno è ripieno. La figura
Questo esempio dato dagli antichi ne insegna ad evitare nelle pitture
gli
spettacoli dispiacenti, ed a rammentarli allo spi
eo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la sua: Piritoo fìssa
gli
occhi su queste due spade, e sembra afflitto ch’e
ltà, egli ha un anello in uno dei diti della mano sinistra. lasco che
gli
è accanto, e che dalla sua barba sembra più avanz
ocide: essendosene impadronito legò forte amicizia con lasco, che fra
gli
altri regali gli diede un anello. Foco essendo ri
e impadronito legò forte amicizia con lasco, che fra gli altri regali
gli
diede un anello. Foco essendo ritornato ad Egina
nciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio di Arìsteo. La sua madre
gli
accanto; eglino tengono un cerbiatto, e sono sedu
la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei rami di salcio:
gli
alberi accanto ai quali siede, sembrano pioppi ne
assiso sopra una sedia; egli ha la barba e i capelli bianchi, e tien
gli
occhi fìssi sopra Orfeo. Tamiri è seduto accanto
mbianze di un giovine che impara a suonare la tibia. Se voi rivolgete
gli
occhi alla sommità della tavola, voi scorgete, su
io dell’arte deve allontanare il pittore: ma conviene rammentarsi che
gli
antichi reputavano questo genere di morte la magg
ntichi reputavano questo genere di morte la maggior disgrazia, perchè
gli
privava della sepoltura. I più grandi artisti son
gruppo rappresenti quelli che disprezzano i imsteri di Cerere, perchè
gli
antichi Greci ponevano questi misteri tanto al di
o questi misteri tanto al disopra delle pratiche di Religione, quanto
gli
dei sono maggiori degli eroi. Un poco più basso v
dir la ripa La giovinetta, e ne periva. Il grido Del coro eguale empì
gli
ultimi monti: La rocca Rodopea ti pianse, e l’alt
de augelli il bosco Quando la sera, o la montana pioggia Nell’inverno
gli
caccia. Uomini e donne E magnanimi Eroi che morte
e figli ai genitori in faccia Posti sul rogo: di Oocito il nero Fango
gli
lega e le deformi canne, Coll’onde pigre l’inamab
ra l’ombre brancolante invano, E che molto volea dir, più non vide. E
gli
vietava traghettar Caronte L’opposto stagno: e co
di Mitologia, che spesse volte ingannano più di quello che illuminino
gli
artisti, onde vi esorto a sentire maggiormente l’
ario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accordo con
gli
antichi monumenti, che il vero Plutone rappresent
re Saturno, quantunque il velo, come distintivo, niun antico scultore
gli
assegni. Assai di Plutone. Nessun reo è assoluto
ibunale interno della Coscienza: onde col ferro, o coli’ oro poterono
gli
empii comprare il silenzio delle leggi e non quel
er lo stesso motivo, giacché loro si attribuiva il furore che agitava
gli
scellerati. Eumenidi furono chiamate da Oreste, p
sentante Oreste in Delfo, sono fornite di grandi ali alle spalle, che
gli
Etruschi, e senza dubbio ancora i primi Greci, da
to. Gli antichi di nere vesti credevano che fossero ammantate, poiché
gli
uomini hanno dato sempre il colore della notte a
reparati a quest’uso, dei quali dovea cingere di pelle d’agnello nero
gli
orli ed i manichi. Quindi volgendosi all’Oriente,
ella Notte, qualora per Parche in quel caso non abbia voluto accennar
gli
umani destini. Altri ascrivono la loro origine al
oro origine alla necessità, o all’informe materia che generò Pane con
gli
altri Dei. Licofrone finalmente ne fa genitore il
nto nel quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi filava tutti
gli
avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più
posarle ad altrettanti figli di Egitto suo fratello, perchè l’oracolo
gli
aveva predetto che un suo genero lo avrebbe uccis
e sanguinoso effetto Quasi presaghi, a gran fatica al Cielo Mandavan
gli
empi ed odiosi fumi, E la turba gentil con liete
or de’ gl’impiagati petti Versavan l’alme, e l’innocente sangue; Anzi
gli
udiva: onde il vital calore Tutto s’ascose, e imp
altri suoi malnati amanti. Io son pur, lassa me: vergine e donna Per
gli
anni umile, per natura pia, Nè son conformi al di
in dote I regni del lor zio? Or non si deve Dargli ad altrui? or non
gli
avranno un giorno Generi strani e peregrini amant
in minacciosa e fera Vista s’entrò nei funerali alberghi Per numerar
gli
esanimati corpi Dei miseri fratei generi suoi. Ch
lia; solamente aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi
gli
abitanti di quell’Isola, che usavano di giurar se
pina. Ora cani, ora nere ed infeconde vittime immolavano a questa dea
gli
antichi, e Virgilio narra che Enea le sacrificò u
sozzo, A cui lunga dal mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha
gli
occhi accesi Come di bragia. Ha con un groppo al
Ha con un groppo al collo Appeso un lordo ammanto, e con un palo Che
gli
fa remo, e con la vela, regge L’affumicato legno,
te. E con ragione ai Numi infernali questa idea d’eguaglianza diedero
gli
antichi, perchè tutti noi nudi scendiamo nel sepo
crederlo necessario fino nell’Inferno. Gli Ermioniensi solo fra tutti
gli
uomini si credevano esenti dal tributo per esser
che avrebbe a Nettuno sacrificato un toro qualora un propizio augurio
gli
fosse comparso. Nell’ istante comparve un toro da
o. Nell’ istante comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati
gli
permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla su
igliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria
gli
antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di C
e forestiero, chi nativo di Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra
gli
altri, nell’Odissea, lo vuole discepolo di Giove,
eguendo Dedalo autore del laberinto venisse in Sicilia da Cocalo, che
gli
fu ospite liberale. Ma le di lui figlie ingannate
città consegnate da Scilla a Minosse. Nell’Inferno egli era, secondo
gli
antichi, il presidente della Corte infernale, e a
ita; indaga tutti i loro delitti. Radamanto, cui la Mitologia assegna
gli
stessi genitori, fu anch’esso per la sua prudenza
uomo il più temperante: certamente giustissimi furono sempre riputati
gli
antichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr i
quelr isola famosa servirono di norma al divino Licurgo. Nell’Inferno
gli
attributi del fratello di Minos così da Virgilio
, suo figlio regnando, accade che dalla peste consunti perirono tutti
gli
abitanti. Eaco solo avanzò a tanta strage, ed odi
Flegetonte sappiamo solo che vi sgorgavano torrenti di fiamme, e che
gli
erano corona le carceri dei condannati da Radaman
eri dei condannati da Radamanto. Dirò adesso di Nemesi, che vendicava
gli
oppressi in vita, dai superbi. Così se ne parla i
tali toglie da Nemesi e dal Tartaro. — Da questi versi non dissentono
gli
artisti che Nemesi hanno rappresentata. Infatti q
eso per una fionda, quantunque del freno, e non della fionda, parlino
gli
antichi. Ella ha la ruota come dea della fortuna
i così ben si distinguono, che vi si ravvisano tutti quei simboli che
gli
antichi attribuiscono a questa nemica dei superbi
argomentò Spanhemio, che a questo gesto si riferisse ciò che dissero
gli
antichi del cubito di Nemesi, dalla maggior parte
rassino, simbolo di cui danno esempio i monumenti, e che ci accennano
gli
scrittori. Un’altra simile fu parimente trovata n
a stato l’artefice, e tanta eccellenza rilucea nel lavoro, che spesso
gli
scrittori l’anno attribuito al maestro: o ebbe eg
o condiscepolo. « Il favore e la passione di Fidia per questo secondo
gli
procurarono il soccorso della mano maestra. Non a
la di preziosi unguenti tutta propria di Venere, su cui sono scolpiti
gli
Etiopi, non per la loro giustizia, come vanno ide
a fiala non è un vaso per unguenti, come pretende il Visconti, ma che
gli
antichi se ne servivano per bere e per giuramenti
Dannose insegna, e mentre l’ali ei move Guata quelle del figlio. Ambi
gli
vide Stupido il pescator ch’insidia l’onde; Con l
già s’è liquefatta; i nudi Bracci scote, nè piii l’aere aduna Perchè
gli
manca il remeggiar dell’ale. Già la bocca, che gr
sto a lei: Ella provvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro
gli
altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue:
se a Dio solo, ma perchè nell’antica Teologia le Parche ne adempivano
gli
ufficii. Quindi quell’inno sopra Cerere, in cui P
ciachè lo stesso imperatore, dandogli il significato della Gentilità,
gli
fece sacrifizii. Da questo fatto di Costantino fo
urarono un pezzo a effigiarla nelle medaglie, perchè, secondo credono
gli
eruditi, questa Fortuna si assomigliava principal
timone indica le ricchezze che dà il commercio marittimo. E noto che
gli
antichi staccavano il timone dai loro navigli, e
consentaneo all’ esattezza delle nozioni che in questo particolare se
gli
vuole ascrivere. Sembra anzi che il suo fato abbi
gga ad un simile significato. Questa voce non ci dà altra idea presso
gli
scrittori, se non di qualche cosa di concavo, qui
ndi fu tratta a denotare il cielo, che solido e concavo si figuravano
gli
antichi, il cranio dell’uomo, e fino l’orologio s
valore della voce (grec) è ragionevole, perchè non se ne sono serviti
gli
antichi per denotare il calato della Diana Efesin
torri dalle quali si vede coronata la Fortuna in più monumenti, e che
gli
ottenero forse da Pindaro il magnifico titolo di(
ralmente la Vittoria è rappresentata coll’ali; ma Pausania scrive che
gli
Ateniesi effigiare la fecero senza esse, acciò no
lo con tanta resistenza e indegnazione del Senato, quanto la Storia e
gli
scritti di Simmaco ci rammentano. « Rari ciò non
di battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i templi, i portici,
gli
archi, i palagi si decoravano. E tanto proprio de
corse, Qual fero turbo, i lidi; E corse meco vincitor sin dove Stende
gli
sguardi il sole: Allor dinanzi a lui tacque la te
sole: Allor dinanzi a lui tacque la terra, E fé l’alto monarca Fede a
gli
uomini allor d’esser celeste, E con eccelse ed am
, E le palme sabine: Io senato di regi Su i sette colli apersi: Me ne
gli
alti perigli Ebbero scorta e duce I romani consig
n momento. — Una felice donna ed immortale, Che da la mente è nata de
gli
Dei, (Allor risposi a lei) Il sommo impero del mi
pero del mio cuor si tiene, E questa i miei pensieri alto sostiene, E
gli
avvolge per entro il suo gran lume. Che tutti i t
le Muse fatta dalla regina Cristina perì nel mare, non si lusingavano
gli
amatori dell’antichità di rivederne una più compl
ntro i pugillari, o le tavolette incerate, ove collo stilo scrivevano
gli
antichi. « E troppo chiaro che convengono assai b
Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plutarco, che le attribuiscono
gli
elogi e la poesia eroica, lo derivano da (grec) c
a che significa: A Giunone Istoria, Telefo e Prisco dedicarono. « Che
gli
antichi chiamassero Giunoni i Geni femminili è ab
i antichi chiamassero Giunoni i Geni femminili è abbastanza certo fra
gli
antiquarii. Anzi ne’ monumenti se ne incontra qua
ono i più cogniti, perchè ne restino sempre più confermati e costanti
gli
uffìcii, gli attributi e le rappresentazioni.
niti, perchè ne restino sempre più confermati e costanti gli uffìcii,
gli
attributi e le rappresentazioni. Euterpe.
o delle muse teatrali della Tragedia e della Lira. Il genio che ebber
gli
antichi per simili istrumenti si comprende dall’
il solito distintivo delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e
gli
altri espositori di quel monumento, Talia.
raccio strette con borchie, fra le quali le due prime, che restano su
gli
omeri, sono più grandi. Ha una sopraveste bizzarr
e Anfìarao si avvicina con meste sembianze prevedendo la sciagura che
gli
sovrasta. Gli altri duci temono anch’essi, ed ina
l ginocchio, altri a mezzo, ad altri si veggono le teste, o i petti o
gli
elmi, e dopo questi niente si scorge che la punte
nte dell’aste. Ma tutto questo è prospettiva: perchè bisogna ingannar
gli
occhi per certi serpeggiamenti, che s’allontanano
è 1’ anime sono innamorate dei bei corpi ove stanno, e con dispiacere
gli
abbandonano. Il sangue che scorre a poco a poco f
he poi si accompagnavano indispensabilmente colla lira, hanno indotti
gli
antichi artefici, consentaneamente agli scrittori
o dei monumenti è una prova della stima in cui si avevano anticamente
gli
originali di queste figure delle Muse, che eran f
chiamata Calliope. È da notarsi quanto questo epigramma abbia confuso
gli
antiquarii nel riconoscere nelle figure di Tersic
orose, la danza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco
gli
ufficii di Erato secondo la maggior parte degli a
ensì ad Erato amante o filosofessa; giacché la Filosofia era, secondo
gli
antichi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni
. Anfiarao. — Le bighe (che ancora le quadrighe non solevano guidare
gli
eroi, eccettuato Ettore audacissimo fra loro) tra
si dice che la terra per lui sprofondasse, onde nell’Attica rendesse
gli
oracoli, e dasse vera risposta sapiente fra gente
i restituire V impero, nessuno ritornò fuori che Adrasto ed Anfìarao;
gli
altri ha la città di Cadmo: perirono per l’aste,
d esso bagnati di sudore-, si è sparsa intorno una lieve polvere, che
gli
mostra meno belli, ma più veri. Anfìarao, armato
pirano sulla mensa, questo nappo rovesciato dal calcio di un uomo che
gli
palpita accanto, questa fanciulla profetessa vest
condando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale
gli
alberi più grandi si taglierebbero. Se noi riguar
sia pallido, poiché, spirando fra il vino, il colore non così presto
gli
abbandona. Ma il punto principale di tutto questo
a tra fanciulli e donnicciole come un bove nel presepio. Ecco ciò che
gli
è accaduto dopo tanta gloria e tante fatiche nel
rle sulla testa di lui. Finalmente la scure è alzata: ella vi rivolge
gli
occhi paurosi, ed esclama un non so che di compas
he di compassionevole, affinchè Agamennone, udendola in quel poco che
gli
rimane di vita, ne sia commosso: egli racconterà
e, più particolarmente appropriato alla nostra Musa, come ne fan fede
gli
antichi che l’hanno espressamente chiamata la Mus
nata di rose, corona che attribuiscono alle Muse i greci poeti, e fra
gli
altri Teocrito. La sua testa, e pei lineamenti e
e, per non dubitare della reputazione che godeva questa figura presso
gli
antichi, basta riflettere che una similissima, ma
o degl’Iddii. « Della cetra poi parlano espressamente i Classici: fra
gli
altri Omero mette in bocca di Ettore questo rimpr
chè sul globo sono tracciati dei circoli che rappresentano quelli che
gli
astronomi hanno segnati in cielo, quali appunto s
— Andromeda. — Questo non è il Mar Rosso, nè questi gl’Indiani: ma
gli
Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimen
an mostro del mare Atlantico, che si gettava sulla terra per divorare
gli
uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo
mare Atlantico, che si gettava sulla terra per divorare gli uomini e
gli
animali. Perlochè il pittore facendo caso di ques
sersi molto adoprato, perché Perseo innanzi d’ intraprendere la pugna
gli
avea indirizzate le sue preghiere perchè egli vol
a in pietre il popolo che viene a visitarlo: ecco già dei pastori che
gli
presentano latte e vino eh’ egli riceve, e di cui
la Calliope scolpita nelle fiancate del sarcofago Matteiano, come ve
gli
ha ravvisati il chiarissimo signor Abate Amaduzzi
di quel monumento, e con scelta erudizione, tratta da vetuste lapidi,
gli
ha recentemente illustrati: li ha nel superbo bas
gia, riportato da noi nella Clio, che abbiamo già notato aver confusi
gli
antiquarii, e che dissente dalle più ricevute opi
giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’oro di cui
gli
fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu annunzi
uel mezzo talento d’oro di cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure
gli
fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impe
no nei giuochi. Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e
gli
fu impedito di uccidersi sul corpo del diletto am
iangere Antiloco; con essi il re d’ Itaca, il figlio di Tideo e tutti
gli
altri parenti ed amici. Ulisse è ben facile a con
ierezza, e quello di Locri alla sua agile velocità. I soldati poi che
gli
sono tutti intorno piangono il giovinetto appoggi
o maggior diritto di succedere alle Muse che le Grazie, ch’ebbero fra
gli
antichi comune il tempio con loro, e che dispensa
Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e di Penna:
gli
Ateniesi combinavano con essi nel numero e non ne
la più giovine di tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tutti
gli
scrittori nel farle compagne indivisibili di Vene
n antico rappresentate vestite; e tali solevano, secondo esso, presso
gli
Eliani vedersi. Il loro abito, continua egli, era
liberali dei loro doni basta la sola natura per piacere. Certo è che
gli
antichi moralizzavano su queste divinità, come fr
e. Mille belle allegorie possono da queste divinità rilevarsi. Avendo
gli
Ateniesi prestato soccorso agli abitanti del Cher
nda. Pensano altri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che
gli
meritano, di quelli che gli rendono, di quelli ch
ano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che
gli
rendono, di quelli che gli ricevono e gli rendono
di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che
gli
ricevono e gli rendono. Ma in qualunque maniera s
gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevono e
gli
rendono. Ma in qualunque maniera si giudichi di q
forma delle tre Grazie, tre donzelle coi loro nomi scritti, e pensano
gli
antiquari: che le teste pure delle tre Grazie del
gli che s’inalzano sul mare Egeo) vomitava arroganti bestemmie contro
gli
stessi numi. Però Nettuno terribile ed irritato s
o terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e di procelle
gli
irti capelli. Già soleva combattere in compagnia
di Aiace contro 1 Troiani (perchè savio e modesto risparmiava allora
gli
Dei, e lo incorraggiva allora col suo scettro) ma
il resto delle Gire, finché vi sia mare, starà immobile contro tutti
gli
urti dello Dio. — Mennone. — I soldati che voi
e una città ben cinta di mura, io non so perchè non sarebbero questi
gli
Etiopi e quella Troia. Certamente colui che si pi
hé spenti dalla morte I Mirate la lanugine della sua barba che appena
gli
fa ombra al volto; ben ciò conviene all’età in cu
er le quali tanto celebrato divenne. Credesi che il primo a risentire
gli
effetti della sua scienza salutare fosse un certo
n’ebbe Podalirio rinomato per la medicina, e Macaone, che militò con
gli
altri Greci a Troia. Igia, dea della Salute, che
do ritornato in vita per la perizia di lui, Giove si sdegnò tanto che
gli
uomini potessero trionfare della morte, che uccis
la Salute per figliuola ad Esculapio, per la connessione del nome con
gli
effetti e cause della medicina, così tutto il par
l parentado e discendenti por tano nel nome la stessa allegoria: onde
gli
diedero per nutrice Trigone, forse per essere il
, e così si scorge nel medeglione pubblicato dal Buonarroti. Pare che
gli
antichi abbiano voluto esprimere in lui un dio tu
rchè in questa si ringiovanisce, e nel tempo stesso siamo più deboli,
gli
antichi hanno dato a questo nume l’abito mentovat
cina e d’ Igia sua figlia dea della Salute parlano tanto i mitologi e
gli
antiquarii che non occorre qui ricopiarli, nè agg
Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacri di Esculapio, secondo
gli
Argivi, rappresenta in candido marmo il nume assi
me di Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi non facciano menzione
gli
antichi, e non ne abbiano rinvenuto alcuno i mode
l vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile di persuaderlo con
gli
oggetti presenti. Che ciò vi basti. Contemplate a
o di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso alle sue mani, chi
gli
prende le gambe, chi gli salta al collo. Ercole n
chi grida, chi è sospeso alle sue mani, chi gli prende le gambe, chi
gli
salta al collo. Ercole non conosce nulla: spinge
le non conosce nulla: spinge ferocemente chi cerca di avvicinarsegli,
gli
calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, e
cemente chi cerca di avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca
gli
esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati orribilmen
cinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca gli esce la spuma, ed ha
gli
occhi fìssati orribilmente negli oggetti dai qual
hi fìssati orribilmente negli oggetti dai quali è ingannato. Il collo
gli
si è ingrossato, le vene tutte gli si gonfiano, i
ti dai quali è ingannato. Il collo gli si è ingrossato, le vene tutte
gli
si gonfiano, il furore regna nel suo volto. Voi a
te. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere quale idea
gli
antichi artefici, guidati sempre dagli scrittori,
to com’era, ne fu ricercato il gesso per molte Collezioni, ed uno fra
gli
altri formò la delizia del cavalier Mengs negli u
inili è la seconda. « Non occorre qui ricopiare dai mitologi nè tutti
gli
epiteti, nè tutte le lodi della chioma di Bacco,
come differenti virtù i fisici al vino: così ancora diverse immagini
gli
artefici ne ritrassero, or figurandolo armato e v
. Da ciò dee ripetersi tanta varietà di rappresentarlo, tanto più che
gli
statuarii han voluto esprimere in un sol simulacr
a eguale E non per lode di pudore e d’arte A te, gran prole Doriclea:
gli
piace Sol per le pinte mani, e l’arso mento. Ma c
al foco Della patria mirar fulmini e strage, Strage dei Numi? poiché
gli
altri danni Soffriam di guerra: Me schiava destin
e, e rivolse Gli occhi di foco in giro, e sulla terra Lanciò dal seno
gli
strappati figli. II cor materno e l’infiammate me
rar la dea nemica Fa le perfide donne: odono voce Della nota maggior:
gli
occhi soltanto Tien chiusi a tutti la paura, come
Armata, al padre suo disse: Deh: fuggi, Fuggi la patria e me: non han
gli
offesi Nemici la cittade: è nostra colpa Questa:
ordi; Ed una i piedi a lui, che nella polve Si rivolge, traeva: altra
gli
svelle La destra in atto di pregar: lo tira Per l
scia i vasi A Bacco sacri, e sul materno seno Il sangue scorre. Bacia
gli
occhi al figlio, E della fronte illividita i giri
rlo udito, cerca di assicurarlo, svelandogli i segreti del destino, e
gli
rivela il mistero della nascita futura di Bacco s
forma di serpenti attortigliati coronerà la sua testa. Egli dividerà
gli
onori degl’immortali. Così parlò Giove, e gli app
ua testa. Egli dividerà gli onori degl’immortali. Così parlò Giove, e
gli
applaudirono le Parche e le Ore. Il dio del Tempo
elo non è illuminato che dalle stelle. Giove discende sopra Semele, e
gli
prodiga i suoi favori, prendendo presso lei tutte
te. Di liquido venen recati avea Seco i predigli, la Cerberea spuma E
gli
errori vaganti, e della cieca Mente l’oblio, colp
ei, che vedi Neir Ionio per vasta onda sonante Sbalzati. Ai numi tuoi
gli
aggiungi: il mare Alcun poco mi deve: ebbero vita
nascenti, che a Bacco inspirano affetto. Il dio si volge verso lui, e
gli
dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla
tento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo
gli
tien luogo di tutto: finisce per chiederlo a Giov
spone a ricevere dei teneri rimproveri da Bacco, che tutti i pericoli
gli
dimostra: lo avverte sopratutto di guardarsi dall
quantunque Bacco avesse sempre cura di accompagnarlo. La dea del Male
gli
persuade di montar sopra un toro, come Bellerofon
forma di Sileno, portando in mano il tirso, viene a consolar Bacco, e
gli
consiglia di formare dei nuovi amori onde dimenti
ra che indirizza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che
gli
dimanda di non restar sola senza funzioni, e di a
aveano fatto Ofione e il vecchio Saturno. Sulla seconda Tavola erano
gli
avvenimenti dell’altra età, e il diluvio che gli
seconda Tavola erano gli avvenimenti dell’altra età, e il diluvio che
gli
compisce. Nella terza l’avventura dTo, d’Argo, qu
o amico, e la natura intera sembrava dividere il suo dolore. La Parca
gli
annunzia che il suo caro Ampelo non è morto del t
rà sulla terra r immagine del nettare, bevanda degi’ immortah. Bacco,
gli
dice, non piangere, onde le lacrime dei mortali s
asciugate. Appena ebbe terminate queste parole, che un prodigio colpì
gli
occhi del dio. Il corpo del suo amico si cangia i
eme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bove che
gli
serve di coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della s
l suo amico, la di cui morte ha preparata la felicità dei mortali. Dà
gli
elogi più pomposi all’eccellenza del nuovo arbust
terno più rilucente di una stella, mentre che la fiamma, separandosi,
gli
forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia
e di Siria. L’edere coi loro grappoli le corrono intorno, e le viti e
gli
alberi dei tirsi nascono volontariamente dalla te
acrimevoli casi che vi avverranno. Ha per ora una corona di edera che
gli
pende con negligenza sulla testa, e sembra pronta
li pende con negligenza sulla testa, e sembra pronta a cadere, perchè
gli
duole di dovere essere ornato per la nascita di B
s’arrampica, i serpenti che strisciano sul monte, o annodano i tirsi,
gli
alberi che stillano, miele. Ecco là un grosso sal
no la preda, e sono la propria madre e le sorelle della madre. Queste
gli
troncano le mani, l’altra tira il proprio figlio
te, è Tebe, la reggia di Cadmo, e un gran pianto nel Fòro. I parenti,
gli
amici, che riuniscono il corpo onde porlo sulla p
ngue. Vi sono ancora Armonia e Cadmo, ma non come solevano. Le Parche
gli
hanno trasformati in serpenti; le scaglie cominci
mano. Iride dunque vola da Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco
gli
ordini di Giove, che gli comanda di sterminare un
a Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che
gli
comanda di sterminare una nazione che non sa risp
iove, che gli comanda di sterminare una nazione che non sa rispettare
gli
Dei. Gli annunzia che solo a questo patto le Ore
on sa rispettare gli Dei. Gli annunzia che solo a questo patto le Ore
gli
apriranno un giorno le porte del cielo, che non s
o. Si legge il lungo cataloga di tutti quelli che si riuniscono sotto
gli
stendardi del nume. Vi si distinguono Eroi eh’ er
Il nume si approfitta della loro ebrezza, della quale sono descritti
gli
eff’etti; ne sorprende gran parte, e gì’ incatena
o, che all’ospite dà in ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e
gli
dà pur una pianta di vite da coltivare. Bacco con
vegliano con Pito: Meti continua a dormire. Stafilo accompagna Bacco,
gli
dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vit
Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e
gli
rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sop
figura Scorre la veste dalle spalle, e fugge Le braccia ancora, e per
gli
omeri vedi All’ aura sventolar le nere chiome. 1
i al sonno, ed Eupetale, o la bella foglia, nutrice di Bacco, prepara
gli
appartamenti per dormire. Vi è la descrizione di
ide, per adempire al desiderio della dea, prende le forme di Marte, e
gli
tiene un lungo discorso. Di già il re prevede di
no neir accarezzarlo. Melicerta ed Ino suoi parenti, divinità marine,
gli
sono liberali d’ ogni cura, mentre che i Satiri l
e lo piangono sopra la terra. Scolmo finalmente viene a consolarli, e
gli
annunzia il ritorno del loro capo. Questo inviato
la gioia pel ritorno di Bacco occupava i Satiri e le Baccanti. Proteo
gli
aveva già manifestato ciò ch’era successo nella s
amorfosi di Ambrosia già collocata fra le stelle. L’araldo ritorna, e
gli
arreca la risposta di Deriade, onde lo dio rivolg
e sue schiere. Tutta la natura si rallegra. Mentre i soldati sono fra
gli
scherzi e le vivande, gl’Indiani si dispongono al
to di Bacco. Lo dio minaccia il fiume, che diviene più furioso. Bacco
gli
arde il suo letto. L’Oceano se ne sdegna, e minac
noltra alla testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila
gli
serve di guida portando nell’aria Eaco suo figlio
ndie, e si protesta che, seguendo l’esempio di Omero, non canterà che
gli
ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo, di
la famosa castrazione, viene per parte della dea a consolar Bacco, e
gli
dà un’ armatura fabbricata da Vulcano. Lo scudo v
no a Deriade, e lo muove a combattere con Bacco. — Tu dormi, Deriade,
gli
dice. Un re che deve esser vegliante per difender
sentano i primi per comandar le sue squadre. Entrano nella lega tutti
gli
abitanti delle rive dell’Indo; mandre di elefanti
o e da una Naiade. Questo Canto contiene notizie curiose sui costumi,
gli
usi e l’istoria naturale di questo paese. Di già
da Enomao arcade, e di Arcadia sono pure quelli che gridando incontro
gli
si fanno, perchè la quadriga di lui si è spezzata
gli Dei sul monte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì di lui che
gli
fé’ dono di questo cocchio, col quale potrebbe tr
toria ottenuta sul loro crudele nemico. — Evadne. — Il rogo acceso,
gli
animali scannati all’ intorno, e questo corpo mor
nel fuoco, tutto ciò è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e
gli
amici di Capaneo lo seppelliscono in Argo, essend
e con arroganti parole ingiuriato Giove. Poiché dunque i duci e tutti
gli
altri perirono davanti alla città di Cadmo, gli A
dunque i duci e tutti gli altri perirono davanti alla città di Cadmo,
gli
Ateniesi ottennero a forza per essi l’onore della
sepoltura. Capaneo fu quindi portato cogli altri alla patria, ed ebbe
gli
stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e g
a patria, ed ebbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e
gli
altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di mo
di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno di Giove, secondo
gli
avvertimenti a lei dati dalla diva. Iride va a tr
e nelle sembianze della Notte lo persuade a vincere colla sua quiete
gli
occhi del re degli Dei, onde servire al furore di
nettare delizioso. Prevede i disordini, che l’ubriachezza porterà fra
gli
Dei, e l’esiglio al quale sarà condannata. Datemi
penti. Nella figura di un leone infuriato si precipita sopra Bacco, e
gli
comunica i suoi furori. Ne sono descritti i terri
olu zione: le dice eh’ ella pure ha custodita la sua verginità contro
gli
assalti di Giove che l’ha perseguitata: le consig
ciso genitor sul capo Cigolar non udisti il crudo ferro, E non mirare
gli
occhi tuoi fra queste Canute chiome rosseggiare i
Nè palpitar sopra la polve il corpo. Un dio ti tolse questa vista, e
gli
occhi Violati non ha strage paterna. Questa veste
n ha strage paterna. Questa veste rimira: a me d’intorno S’aggiravano
gli
ebrii: era fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pas
e. Allora al petto Ingiuria fece coli’ avversa mano, E discinta ponea
gli
svelti crini Sopra il caro sepolcro. Il pianto co
due pitture scoperte ad Ercolano. Un’ iscrizione pubblicata poco dopo
gli
dà lo stesso abito per indicare il colore del vin
ngo collo di un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le sue spalle,
gli
versa da un vaso il liquore nella bocca. Il Gori
nio, descrivendo Alcibiade come vestito da Bacco in atto di celebrare
gli
Orgii, mostra che aveva una face. Si adopravano q
ell Ammonizione ai Gentili: e appresso Euripide interrogato Penteo se
gli
Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde
o e i suoi seguaci si servissero delle aste armate, come si vede, fra
gli
altri, aver il nume in una medaglia dei Nisei: or
e da Visconti. Voi ci troverete rammentati i caratteri distintivi che
gli
antichi artefici davano alle statue del nume, e q
re: Tu bellissimo sei riguardato nell’alto cielo. — « Lo scultore non
gli
ha dato quella feminile e molle corporatura, che
inetto, ninna tela o statua ingannò, ma l’acqua che ti rappresenta; e
gli
vai incontro come ad un amico e pare che aspetti
i. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o di amante:
gli
occhi sono sicuramente d’ innamorato; poiché esse
arlarne. E densa, e di color d’oro: parte è sul collo, parte dividono
gli
orecchi, parte è agitata sulla fronte, parte è su
scultori in Grecia e in E’2ritto, così è descritto dai poeti. Che se
gli
Arcadi ingentilirono il loro Pan in qualche medag
di fantasia per abbellire, pieno di scrittori per conservare ciò che
gli
antichi aveano creduto e detto. L’ Italia mantene
lle vostre tele, ai vostri marmi. « Si è ricevuta comunemente presso
gli
antiquari: una distinzione, che molto serve a cla
asciando questa appellazione a quelli che in forma umana han di capra
gli
orecchi, le corna, la coda, e chiamando Titiri qu
ver premuto il grappolo dell’uva nel nappo; in quel nappo istesso che
gli
si vedeva propinato dall’Ebrietà in un bel gruppo
o il suo concetto non può abbastanza comprendersi da chi non ha sotto
gli
occhi il marmo stesso: la testa coronata di frond
estito di un abito teatrale lavorato a maglia, che si poneano indosso
gli
attori per meglio rappresentare le membra pingui
vi esporrò l’origine, i nomi, le imprese, quindi i loro attributi, e
gli
antichi monumenti nei quali vengono rappresentati
l re degli Dei volendo accertarsi della verità di quello che asserito
gli
veniva, diede ad una nuvola le sembianze di Giuno
cercarono nuove sedi nelle regioni dei Perrebi dopo averne scacciati
gli
abitanti. I nomi più illustri dei Centauri sono:
le gioie e nei bassirilievi antichi si veggono attribuiti a Bacco fra
gli
altri animali favolosi, grifi e sfingi, in segno
: o pure perchè fossero creduti amici assai del vino come erano tutti
gli
animali, che gli sono stati dati dalle favole; on
ossero creduti amici assai del vino come erano tutti gli animali, che
gli
sono stati dati dalle favole; onde Virgilio scris
e Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi ho dato r estratto,
gli
annovera nell’esercito che radunò al nume la madr
il Biblino, a cui pare che Zeffìro, portandosi placidamente per aria,
gli
versi nel cornucopie la buccina che si suol dare
olte, avrete veduto negli intonachi Ercolanensi. L’Agostini vuole che
gli
antichi chiamassero questi strumenti crepitacoli,
nume oppresso dalla crapula, e vacillante, a cui più che il tirso che
gli
crolla nella destra, è sostegno un Fauno fanciull
ccia, e quasi lo trae. Involto dagli omeri al piede in una palla, che
gli
scopre il lato e il braccio destro, ha il capo in
barbato e fornito di tirso tenta involargli. Due fanciulli coi tirsi
gli
recan dietro una sottocoppa a tre piedi, su cui s
Un vecchio Fauno coturnato e cinto intorno a’ fianchi di breve pallio
gli
segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Ce
ui s’adoprava, e sull’esempio d’una bell’ara della Villa Borghese, se
gli
è posta in mano una lepre, preda riportata nella
hi vengono attruppate con Bacco coi Satiri: se non che avendo creduto
gli
antichi che queste divinità onorassero ancora l’O
tellazione deiriadi. Insegnarono le prime l’uso del vino ed a cantare
gli
onori del dio che soccorsero contro Licurgo: quin
e sacro agli Dei Inferi, e come dedicato a Bacco, nume annoverato fra
gli
Dei terrestri. A questa sorta di divinità era cos
mortali. Due sembrano preparargli un divertimento musicale, col quale
gli
antichi solevano rallegrare le mense, il primo ac
quale appunto amavasi da quel nume pei suoi diporti non meno che per
gli
arcani riti. « I bassirilievi laterali proseguono
ggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al quale
gli
abbiamo veduti prestar servigio in più monumenti:
sto nelle passate Lezioni tutte le gesta di Bacco; e sui compagni che
gli
dava la religione pagana ho cercato di portare la
tri studii ve li presenteranno agli occhi, ne ravvisiate il soggetto,
gli
attribuiti e le idee che vi univano gli antichi,
i, ne ravvisiate il soggetto, gli attribuiti e le idee che vi univano
gli
antichi, e tutte le cose, insomma, che sono l’ani
olto maestoso e sereno è decorato da una lunga e coltissima barba che
gli
cade sul petto, artificiosamente sparsa e dispost
su di tanti ermi. I capelli più della barba acconciamente distribuiti
gli
cadono in parte su d’ambe le spalle divisi in due
rimane femìnilmente raccolta sul collo e stretta da un’alta benda che
gli
circonda la testa. La molezza e la grandiosità de
nza del soggetto? Il Nettuno equestre in Atene avea un’iscrizione che
gli
dava un altro nome, ma che non trattenne Pausania
ata, non esiterei d’ indovinar i motivi che abbiano indotto in errore
gli
antichi espositori delle più antiche rappresentan
esagerate in Petronio la crapula e la delicatezza di questo soggetto,
gli
hanno attribuito quelle immagini che rappresentan
dicava ciò che schiarivasi dalla sottoposta iscrizione, che tutto fra
gli
uomini è vanità fuori dei sensuali piaceri; quasi
ante, ch’è forse Mete dea dell’Ubriachezza. Il manto che dalle spalle
gli
cade sulla destra coscia infino ai piedi, mostra
pito l’educatore di Bacco, Sileno, che rattempra al suono della cetra
gli
affetti del Nume: e poeta e filosofo qual ce lo a
io Bacchico saran quelle, che a guisa di erme e di termini adornarono
gli
antichi giardini. « La scultura di questo marmo è
ze, onde saltanti furono cognominati dai poeti, e più mobili di tutti
gli
animali, quasi da senno furon detti da un comment
e la chioma; nè più molle serto si conveniva all’irta lor fronte però
gli
denominavano (grec) e frontem comatos. « La nost
de sì dolcemente i sonni, sarà stato forse il motivo che avrà indotto
gli
antichi, intesi ognora a rilevare e condire tutte
sono rare in mediocri bassirilievi. Sappiamo altronde aver conosciuto
gli
antichi naturalisti anche un genere di minori ele
mi, i delitti di Medea. Seguendo il mio costume vi esporrò quelli fra
gli
antichi monumenti che riguardano questa famosa im
ologia fra questi due figli di Giove, Ercole e Bacco. L’antichità che
gli
considerava come Dei soci, o secendo la frase pro
mentovati nell’epigramma sono quegli stessi coi quali fugò quell’eroe
gli
uccelli Stinfalidi. Il comune loro culto fu ravvi
che solleva un trofeo scorgono tra le are coronate fra le maschere e
gli
animali bacchici il carro a quattro ruote, su cui
e abbracciando una gran tazza da bere in m’ezzo a Satiri e Fauni, che
gli
recano in grembo, quasi traendola a forza, giusta
clamazione e di accompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso che
gli
dovea servir di sostegno, non è più in suo potere
l tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere, ma
gli
ricade sull’omero, ed accresce l’imbarazzo della
n’elegantissima statuetta in bronzo dell’Ercolano, Gli altri però non
gli
cedono nè in bellezza de’ movimenti, nè in natura
arti ci ritraggono ben sovente Baccanti seminude e lascive, o perchè
gli
artefici preferissero, per dare alla loro opera u
o manco: è invasa dall’estro del nume, e sembra accoppiare i clamori,
gli
ululati Bacchici col batter del timpano inventato
tento anch’ esso a trar suono da una specie di piva conosciuta presso
gli
antichi sotto il nome di tibia otricularia, cioè
to è tutta pròpria del suo carattere, giacché la piccola coda, che se
gli
attorce sotto le reni, ce lo indica un Fauno fanc
andri, che mi assicurò reputarlo tale anche il celebre Canova, da cui
gli
fu commendato come uno dei più reputati avanzi de
i fatti più importanti, compiutisi in quel periodo di tempo che tutti
gli
scrittori si accordano col chiamare tempi eroici
remo, è quasi il metodo che si è già da lungo tempo adottato da tutti
gli
scienziati, ed in tutte le opere di recente pubbl
a dimostrare l’utilità dell’opera nostra, e il vantaggio positivo che
gli
studiosi ne ritrarranno, e questo brevemente fare
tare, restringendo o ampliando, secondo che ci è sembrato necessario,
gli
avvenimenti più importanti, i punti più salienti
ssero ad appoggiare, con la loro irrecusabile testimonianza, i fatti,
gli
avvenimenti, i simboli più importanti della Mitol
raggiunto mediante le numerose citazioni da noi riportate nelle quali
gli
studiosi apprenderanno non solo il fatto nella su
redenza religiosa dei popoli dell’antichità, il culto degli idoli che
gli
antichi adoravano. Questa e non altra, è l’interp
antichi adoravano. Questa e non altra, è l’interpretazione che tutti
gli
scrittori danno alla Mitologia, ossia alla conosc
fflissero il corso, un esempio meno palpabile di questa verità. Tutti
gli
eretici novatori del detto periodo di tempo, segu
o uno o più dei diversi miti della religione da essi osteggiata. Così
gli
Ebionili,19 i Carpocraziani,20 i Cainili,21 nefan
Ebionili,19 i Carpocraziani,20 i Cainili,21 nefandi ed infami ; così
gli
Adamiti,22 scelleratissimi ed impuri ; con tutta
pio simbolico e configurato, al quale si è dato tacitamente, da tutti
gli
scrittori dell’antichità stessa, la denominazione
nto questo è meno visibile ai suoi sensi, tanto più volentieri l’uomo
gli
attribuisce una forma imitativa per riavvicinarlo
nazione dell’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti
gli
errori di un’età barbara ed inculta, non pone men
: 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via
gli
dei stranieri che avete tra voi, e mondatevi e ca
a ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano
gli
stati indipendenti, i quali giovarono immensament
ta in un insieme di divinità simboliche, parenti, amiche, rivali come
gli
elementi lo sono fra loro. I poeti stessi dell’an
esimo eroe, copre, cadendo, sette jugeri di terreno. Nè ciò è tutto :
gli
dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell
gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell’uomo, di tutti
gli
errori e i capricci della umanità : sono irascibi
no sulla terra ad ogni piè sospinto, sono in continuo contatto contro
gli
altri. Un esempio palpabile di quanto accenniamo
sentono caratteristicamente dello stato di civiltà, in cui si trovano
gli
uomini, al momento in cui le concepiscono. Così n
ovano gli uomini, al momento in cui le concepiscono. Così noi vediamo
gli
Dei d’ Omero farsi consiglieri degli eroi. Socrat
Interrogato circa la causa della sua mestizia, rispose prevedere con
gli
occhi della mente, orribili fatti : e siccome il
pi canali costrutti ai piedi della Libica catena, non rendano inutili
gli
sforzi del figlio della Terra. La tradizione favo
nta pei Greci un avventuriero, pei Fenici un fondator di colonie, per
gli
Sciti un trionfatore, per tutti, un mito divinizz
radizione dell’umanità, e che essa contiene in due grandi diramazioni
gli
avvenimenti antichi, e le antiche credenze, riman
te la stessa, e questa Forma è il racconto, i soggetti del quale sono
gli
attori, le figure staccate e visibili, anche nell
e che la raccontano, e dei monumenti che la rappresentano. Infatti se
gli
avvenimenti assurdi, atroci, immorali, onde è tes
volti sotto la brillante vesta dell’enigma, come mai avrebbero potuto
gli
uomini, sebbene nello stato di un completo arretr
vivente, animato, sensibile, e quanto più meravigliosi apparvero loro
gli
astri, i planeti e gli elementi, tanto più facilm
bile, e quanto più meravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti e
gli
elementi, tanto più facilmente essi li adorarono.
Zoroastro 49 i cui principali Dei furono appunto il Sole, la Luna, e
gli
altri corpi celesti. Similmente dall’astronomia d
dall’astronomia deriva la maggior parte delle feste e cerimonie onde
gli
antichi onoravano il culto dei loro Numi. Così in
iti Eleusini compiersi in onore della Luna ; come vediamo quasi tutti
gli
dei italici essere planetarî a simiglianza di que
ogati all’aratro, fecondano col lavoro il seno della terra, diventano
gli
animali del sacrifizio. Poi ne vengono i simbolic
ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava
gli
avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia
zioni di oggetti che non si vedon mai, apprendono e si persuadono che
gli
dei minacciano, spaventano, castigano. Ora ciò no
i smarrì nella coscienza di tutti i popoli, e cominciarono ad adorare
gli
stessi simulacri. I soli sacerdoti ne custodirono
ucunditalis ad audiendium. M. T. Cicerone — Oraliones. ….aspettano
gli
ascoltanti che egli adduca esempii antichi e grav
ati non tengono i pugni chiusi ; sull’oceano dell’infinito appuntando
gli
occhi della mente, scorgono i secoli lontani come
llarga e si feconda per questi incessanti alluvioni della morte. Dove
gli
umani sollazzavansi un giorno, oggi pregano ; for
lla tradizione dell’umanità : essa contiene in due grandi diramazioni
gli
avvenimenti antichi e le antiche credenze, rimane
la divorasse invece di Giove, quando ella lo partorì. Secondo il mito
gli
antichi vollero idealizzare in Saturno il Tempo c
ma questa cattiva opinione non va punto d’accordo con la passione che
gli
Abdereniani han sempre dimostrato per la poesia,
acia. Mal si apposero quegli scrittori che confusero questi Sciti con
gli
Ipomolgami. Questi ultimi detti anche Galadefagi
fagi facevano del latte di giovenca la loro principal nutrizione. Fra
gli
Abieni molti viveano in un assoluto celibato, men
ssi presero stanza. È credenza generalizzata fra molti scrittori, che
gli
Aborigeni fossero venuti dall’ Arcadia, guidati d
sua moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutamente di Peleo, e
gli
offrì il suo amore, ma questi resistè alle prave
allevò Romolo e Remo, al quale per questo motivo i Romani decretarono
gli
onori divini. 40. Aceleo. — Uno dei figli di Erco
quel tempo Acheolo. Il vinto allora, per riavere il corno che Ercole
gli
aveva strappato, gli dette in cambio uno di quell
Il vinto allora, per riavere il corno che Ercole gli aveva strappato,
gli
dette in cambio uno di quelli della capra Amantea
della capra Amantea, che aveva nutrito Giove. Altri scrittori dicono
gli
avesse dato il corno dell’ Abbondanza. 54. Achero
edenza che essa avesse una sotterranea comunicazione con l’inferno, e
gli
abitanti delle vicinanze, sostenevano che da quel
a barba unta ed atra, E il ventre largo, e unghiate le mani ; Graffia
gli
spirti, gli seuoia, ed isquatra. (Inferno. — Cant
ed atra, E il ventre largo, e unghiate le mani ; Graffia gli spirti,
gli
seuoia, ed isquatra. (Inferno. — Canto VI.) 57.
isognava traversare la palude Acherusio per entrare in Eliopoli. Come
gli
onori funebri non venivano accordati che a quelli
là la favola di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio con
gli
occhi di bragia, Loro accennando tutte le raccogl
alore, e divenne il terrore de’ nemici. Durante l’assedio, Agamennone
gli
tolse una bella e giovane schiava detto Ippodamia
de, E re villano mel ritolse ei poscia. Torna adunque all’ ingrato, e
gli
riporta Tutto che dico e a tutti in faccia, ond’a
andò in matrimonio, e quando s’incamminava all’altare nuziale, Paride
gli
tirò una freccia al tallone. Achille morì di ques
i tirò una freccia al tallone. Achille morì di questa ferita. I Greci
gli
innalzarono una tomba sul promontorio Sigeo, e Pi
l’immolò Polissena. Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre,
gli
avesse proposto di vivere lunghissimi anni senza
Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza
gli
valse l’amore di Galatea, amata dal gigante Polif
il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla quale tutti
gli
altri numi avevano avuto origine e principio. 73.
nuali inondazioni del Nilo. Daciò la grande ed antica venerazione che
gli
Egizii ebbero per l’acqua, e che al dire di S. At
una delle sue principali divinità. Non minore era la venerazione che
gli
antichi Persiani avevano per l’acqua, i quali, se
io credo già che tutte le acque del Danubio e del Fasi lavar possano
gli
errori della deplorabile casa di Labdaco . Dal cu
phacia. — In latino Voracitas Dea della gola. In Sicilia le rendevano
gli
onori divini. Il suo nome è composto dalle due pa
rodezza valse ad Ercole il soprannome d’insaziabile di cui sembra che
gli
eroi favolosi si tenessero altamente onorati. Uli
si addossò spontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto
gli
abitanti di Argo sdegnati di un abbandono che nul
zione di tale prodigio fu stabilita in Samo una festa annuaria, a cui
gli
abitanti dettero il nome di Tenea, volendo ricord
li Argonauti. Fu presso questo re che Apollo fu costretto a custodire
gli
armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admet
vita avesse sofferte tante controversie, quante ne soffrì Admeto, ma
gli
Dei lo protessero sempre a causa delle sue grandi
Adulta. 126. Aegocero. — Essendo il Dio Pane posto come divinità fra
gli
astri, si trasformò da sè medesimo in capra ; da
una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Aeree. — Feste che
gli
agricoltori celebravano in onore di Bacco e di Ce
un responso dell’oracolo che avrebbe detto ad Aeta che uno straniero
gli
toglierebbe il regno e la vita ; e che perciò egl
avesse adottato il barbaro costume di far sagrificare agli Dei tutti
gli
stranieri che approdavano nei suoi stati. 130. Ae
— Una delle nutrici di Giove. Dopo la morte ella venne collocata fra
gli
astri. 134. Afacitae. — Nella Fenicia in un luogo
iotti vivo. Dopo la sua morte la credulità popolare ne fece un dio, e
gli
si dette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d
accingeva a ritornare in patria, allorchè Cassandra, figlia di Priamo
gli
predisse che egli sarebbe stato assassinato in Ar
suo terribile errore, pianse tanto la morte del suo unico figlio, che
gli
Dei, mossi a compassione della colpevole madre, l
to il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in Grecia
gli
onori divini. 218. Aine o Aloe — Conosciuto più c
Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superava in tutti
gli
esercizii del corpo. Però violento e brutale, e d
na infinità di pericoli, lottando disperatamente con le onde furiose,
gli
riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto a
li riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto al cielo imprecava
gli
Dei dicendo che si sarebbe salvato loro malgrado.
cerco, Ampio ne fea macello, ed or credea Ambo svenar di propria man
gli
Atridi, Or l’un duce, ed or l’altro. In cotal ret
ti). Appena tornato in ragione rivolse contro se stesso la spada che
gli
avea donata Ettore, e si uccise. Il suo sangue fu
nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale
gli
aveva imposto di andare ad avvertire i magistrati
i è chiamato Ajo Locutio. Ma dal momento ch’è divenuto celebre, e che
gli
si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha pr
. Il suo culto fu celebre in Alabanda, città della Caria. Questo nome
gli
viene dall’aver guadagnato il premio di una corsa
a contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte di questo
gli
successe nel governo. Vi fu anche un Trojano così
orno in cui Alceste si era sacrificata. Admeto malgrado il suo dolore
gli
fece onorevole accoglienza, e non trascurò a rigu
rie. Posto in esecuzione il suo disegno fu aiutato da Fegeo, il quale
gli
fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone
ne. — Celebre scultore. Vi fu anche un altro Alcmedone annoverato fra
gli
Dei della Grecia. 245. Alcinoe. — Moglie di Anfil
. …. Ameni e vaghi Tanto non fur del redivivo Adone Immaginati un di
gli
orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cortese
a si precipitasse nel mare disperata della morte di suo marito, e che
gli
Dei mossi a compassione cangiarono essa e lo spos
poso in quell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione, che presso
gli
antichi era simbolo dell’amor coniugale. Varì scr
chiamato anche Alcione. 249. Alcioneo. — Famoso gigante che soccorse
gli
Dei in una disputa che questi ebbero contro Giove
ndo che Egisto e Clitennestra, dopo aver dato morte al padre suo, non
gli
serbassero la stessa sorte fuggì dalla Grecia e v
esa con Minerva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti
gli
alberi di ulivo che crescevano nelle circostanze
gli alberi erano consacrati. La dea però sdegnata contro il colpevole
gli
fece cader dalle mani la scure che lo ferì così s
più palpabile che sotto qualunque altro simbolo della favola. Infatti
gli
Aloidi figli di Nettuno re del mare potrebbero es
ili e li spinse a distruggersi fra loro. Omero racconta che prima che
gli
Aloidi avessero raggiunto l’età della prima giovi
o Diana nei suoi sacrificii, la dea per vendicarsi di quest’oltraggio
gli
spinse contro un cignale che devastò le terre di
o figlio di Oeneo, ma i fratelli d’Altea, punti dal veder fatti tutti
gli
onori della caccia ad una giovanetta, involarono
o a Cererc come Dea dell’Agricoltura che fecondando la terra nutrisce
gli
uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre di Cres
e dea di ambrosia vive E tardi vede l’ora della morte ; Intreccia con
gli
dei danze festive, E con Mercurio e coi Sileni me
eneva un profumo preziosissimo, ne fu così addolorato che ne morì. Ma
gli
Dei mossi a compassione lo cangiarono in quell’er
figli maschi ed educavano con gran cura le femmine. Uccidevano tutti
gli
stranieri che approdavano sulle loro sponde, perc
ola in greco significa immortate. Nulla è più confuso e oscuro presso
gli
scrittori e i poeti mitologici, quanto la signifi
ambrosia. ………… Che notte e di sollerita la figlia Di Giove, Cilerea,
gli
allontanava E il cadavere ungea d’una celeste Ros
i davano alla parola Ades, cioè luogo sotterraneo, intendevasi presso
gli
Egizii con la parola Amente, ovvero il centro del
prannome dato a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la quale
gli
fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola Ament
ca privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere col quale
gli
Ateniesi l’adoravano con particolari cerimonie. 3
n’altra città di questo nome, di cui la tradizione favolosa narra che
gli
abitanti furono distrutti da una spaventevole inv
morire per sete ardentissima, implorò il soccorso di Giove, il quale
gli
apparve sotto la forma di un montone e battendo c
be principio col caos fu l’amore benefico, e da questa unione vennero
gli
uomini e gli animali. Non esisteva alcuna Deità p
col caos fu l’amore benefico, e da questa unione vennero gli uomini e
gli
animali. Non esisteva alcuna Deità prima che Amor
fu che da questa comunanza fatta da lui, che furono generati i cieli,
gli
dei immortali e la terra. Platone asserisce esser
e l’Amore figlio del Dio delle ricchezze e della Dea della povertà, e
gli
dà il nome di Poro. Amore insieme a sua madre Ven
365. Anaidia. — Che significa impudenza. Secondo Cicerone e Pausania,
gli
Ateniesi ne avevano fatta una divinità. 366. Anai
enere. 370. Anatole. — Nome di una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e
gli
Armeni adoravano Venere sotto questa denominazion
. Anauro. — Fiume della Troàde, sulle rive del quale Paride custodiva
gli
armenti di Priamo. 373. Anax. — Figlio del Cielo
passionatamente e non potendo resistere alla cieca passione che essa
gli
avea ispirato, ardi svelarle l’amor suo, ma la fi
rte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle sue schiave
gli
predisse ch’egli non avrebbe mai più bevuto il vi
a predizione e per provare col fatto la falsità di quella, ordinò che
gli
fosse incontanente portata una coppa piena di vin
na di vino. All’istesso momento ch’egli portava la tazza alle labbra,
gli
fu annunciato da uno dei suoi ufficiali, che il c
e con la pelle D’un villoso leon m’adeguo il tergo : E’l caro peso a
gli
omeri m’impongo. Virgilio — Eneide. Libro II tra
in Atene alla festa delle Panatee, ne riportò tutt’i premii, ciò che
gli
valse la stima generale e l’amicizia di Pallante,
Minos, volendo vendicare la morte del figlio, portò la guerra contro
gli
Ateniesi, li vinse ed a placare l’ombra del morto
. …… da tergo Tra le spalle il feri con la pungente Lancia, che fuor
gli
riusci dal petto. Quell’infelice rimbombò caduto
e di Anfitrione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo principe invase
gli
stati di Pterelao, divenne formidabile a tutt’i s
dre. Seneca nelle sue opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che
gli
addebitava di non essere figlio di Giove, queste
— Fiume della Tessaglia sulle cui rive Apollo custodì per lungo tempo
gli
armenti del re Admeto. Fu del paro sulle rive di
i sacrificii. Discorde è l’opinione dei mitologi su questa divinità :
gli
uni vogliono che sia la stessa che la luna ; altr
, di Didone, di cui nell’articolo precedente. 442. Anneddoti. — Erano
gli
angeli buoni e cattivi della religione Caldea. Es
e cattivi della religione Caldea. Esiste fra queste divinità pagane e
gli
angeli, Cherubini, etc. della Sacra Scrittura, un
lo atterrò senza poterlo uccidere, perchè la Terra, madre di quello,
gli
raddoppiava le forze ogni qual volta Anteo toccav
anni non diventava mai adulto, ne chiese la ragione a Temi, la quale
gli
rispose che ciò avveniva perchè quegli non aveva
in modo maraviglioso. 471. Anti-Dei. — Genii malefici che ingannavano
gli
uomini per mezzo delle più seducenti illusioni. 4
cole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Giocasta. Volendo rendere
gli
ultimi onori a suo fratello Polinice, in opposizi
ratore lo ebbe così caro che dopo la sua morte lo fece annoverare fra
gli
dei. 477. Antipate. — Re dei Lestrigoni. V. Lestr
italiane. 479. Antoreo. — Vedi Anthora. 480. Antron Corace. — Secondo
gli
scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tem
o αραω io vedo. Presso i pagani era generale credenza che allorquando
gli
Dei discendevano sulla terra non mostrassero mai
a di cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando essa nel partire
gli
volge le spalle. …… nel partir la neve e l’oro,
e, come vedemmo dalle citazioni dei classici, la maniera con la quale
gli
Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno di
e pagine della Bibbia, noi troviamo che quando Iddio si rivela a Mosè
gli
dice : Tu mi vedrai per di dietro, ma tu non puoi
ttato un particolare duello, ma Timete respinse la proposta, e allora
gli
Ateniesi proclamarono re un loro concittadino a n
poichè nel momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accompagnato,
gli
gridò non esser azione da valoroso l’andarsi a ba
e, Xanto rivolse il capo per vedere chi lo seguisse, e Melanto allora
gli
immerse il brando nella nuca. Da questo fatto l’i
Soprannome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Nemea, che
gli
era consacrata. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V.
dendosi generalmente ch’egli avesse preso quella forma allorchè tutti
gli
Dei furono vinti da Giove. Si chiamava anche Osir
, il sacro animale veniva nel suo giro per la città scortato da tutti
gli
ufficiali e dignitari del regno, e preceduto da u
one in cui si addimostrava più palesemente il culto superstizioso che
gli
Egizii avevano per il dio Apis, era quando il bue
come segno di favorevole risposta quando il bue mangiava ciò che essi
gli
presentavano, prima d’interrogare il suo oracolo.
ve del fiume Ippocreno, ove pasceva il cavallo Pegaso, o Pegaseo, che
gli
serviva di montura. Giove avendo fulminato Escula
io, egli si ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse custodendo
gli
armenti di quel re, finchè Mercurio glieli rubò.
rvì ad Apollo per ricoprire il tripode sul quale la Pitonessa rendeva
gli
oracoli. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco
e. — Feste in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che
gli
veniva dal potere a lui attribuito sulle mosche e
osteosi. — Nome della cerimonia colla quale i Romani annoveravano fra
gli
Dei i loro imperadori dopo la morte. 502. Apostro
oro imperadori dopo la morte. 502. Apostropheni. — Si chiamavano così
gli
Dei Egiziani, a cui si domandava la grazia di sto
osia durante la sua infanzia, il padre degli Dei avesse collocato fra
gli
astri quest’uccello in segno della sua riconoscen
n ragno. O folle Aracne si vedea lo te Già mezza ragna, trista in su
gli
stracci Dell’opera che mal per te si fè. Dante.
ndo Plutarco, fu un eroe greco che dopo la morte venne annoverato fra
gli
Dei per le gloriose imprese compiute durante la v
iò il sangue. Licurgo volle punire di morte la negligente nutrice, ma
gli
Argivi la tolsero sotto la loro protezione. In me
’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che
gli
scendevano sino ai piedi : portava il capo copert
credè generalmente che l’oracolo di Delfo avesse altamente biasimati
gli
uccisori del poeta per la stima che tutti facevan
. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archita. — Nome sotto il quale
gli
Afri adoravano Venere. 523. Arciteneno. — Nome co
Arctura. — Quantunque sia questo il nome proprio di una stella, pure
gli
scrittori del Paganesimo se ne servono per dinota
udicato dall’ Areopago. Finalmente è credenza assai generalizzata fra
gli
scrittori della favola, che l’ Areopago sorgesse
amori che Giove ebbe con la propria moglie Giunone, quando per averne
gli
amplessi, che ella gli negava mossa da gelosia, s
n la propria moglie Giunone, quando per averne gli amplessi, che ella
gli
negava mossa da gelosia, si trasformò in cuculo.
, essa insieme alla sorella Antigone, prese il cadavere per rendergli
gli
ultimi onori, questo irritò siffattamente Creonte
sacri doveri dell’ospitalità fece fare i funerali allo scellerato, e
gli
fece elevare una tomba, che da lui fu detta Argil
di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul quale Giasone con
gli
altri principi greci, mosse alla conquista del ve
osse questo il primo vascello che avesse solcato le onde. Questo nome
gli
viene dal suo costruttore che lo inventò e lo cos
to nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con
gli
alberi della foresta di Dodona, ciò che gli facev
inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, ciò che
gli
faceva anche attribuire la favolosa virtù di parl
gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parlare e di rendere
gli
oracoli. Peraltro è questa un’opinione assai poco
i oracoli. Peraltro è questa un’opinione assai poco generalizzata fra
gli
scrittori. Argo si chiamava del paro una città de
del paro una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunone e per
gli
eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è
oltà di avere cento occhi, dei quali cinquanta erano sempre aperti, e
gli
altri cinquanta chiusi dal sonno. Giunone gli afl
erano sempre aperti, e gli altri cinquanta chiusi dal sonno. Giunone
gli
aflidò la custodia della ninfa lo, che Giove avea
fferenti rapporti sotto i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso
gli
Arabi e gli Assiri era la Venere celeste. 562. Ar
porti sotto i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e
gli
Assiri era la Venere celeste. 562. Ariadne. — V.
ea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto di quella città, che
gli
dette un gomitolo di filo per mezzo del quale l’e
ovello sposo. Però ben presto pentito della sua generosità, raggiunse
gli
sposi, uccise il genero e ricondusse in Argo sua
nfame passione che avea ispirato a suo padre, supplicò giorno e notte
gli
Dei che l’avessero tolta dal mondo, e i numi moss
prima infanzia educata come un uomo al maneggio delle armi e a tutti
gli
esercizii del corpo. In un giorno di battaglia es
nzella, Ch’era sua madre, si com’era avanti Che madre fosse, incontro
gli
si fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembian
ani, Piè con artigli e pennoruto il gran ventre ; Fanno lamenti in su
gli
alberi strani. Dante Inf. C. XIII. Le più famo
essi. Fineo, re di Tracia, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ; e
gli
Argonauti a cui egli era stato largo di cortesi a
volendo cosi indicare che col silenzio si doveano primamente onorare
gli
Dei. Gli antichi facevano comunemente incidere su
narra, nelle sue cronache, che dopo la sua morte fosse annoverato fra
gli
astri. 594. Arsinoe. — Figlia di Niocrone re di C
a, forse per indicare la sveltezza di quel dio nella corsa e in tutti
gli
esercizi del corpo. 600. Arunticeo. — Avendo disp
Cerere fu così indegnata contro Ascalafo, per la sua rivelazione, che
gli
gettò sul volto dell’acqua del fiume Flegetonte,
o un duro rostro. Curvo, e d’augel che viva della caccia : Fa che fra
gli
altri augei rassembra mostro La grande, altera e
ome per aver condotto seco più di trenta navi. Dell’ Orcomèno Minïco
gli
eletti, Misti a quei d’ Aspledone, hanno a lor du
giardini sacri a quel dio. Abbia il vero, o Priapo, il luogo suo, Se
gli
asini a te sol son dedicati, Bisogna dir che il m
il mondo d’oggi è tuo. Salvator. Rosa. La musica Satira 1. Presso
gli
Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti
analogia con la voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che
gli
veniva da una città di questo nome nell’isola di
istesso nome. 620. Asporina. — V. Adporina. 621. Assabino. — Nome che
gli
Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di
tati fanno Eolo loro padre e re. 650. Astri. — I Pagani credevano che
gli
Astri fossero animati ed immortali ; che avessero
imati ed immortali ; che avessero influenza benefica o malefica sopra
gli
uomini e chè col loro apparire e col loro corso p
— Eroe Greco, che si rese celebre nel Peloponneso. Dopo la sua morte
gli
vennero innalzati varii monumenti. 652. Astrofa.
gire dalla casa paterna. 659. Atea o Ata. — Dea malefica che spingeva
gli
uomini nelle sventure turbando loro la ragione. 6
della Grecia sorgesse un grave alterco fra Nettuno e Minerva. Allora
gli
Dei per por termine alla contesa stabilirono un t
ladio. 667. Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra
gli
amanti di quella Dea, la quale per altro egli pos
non ebbe miglior trattamento degli altri, del perchè sdegnato Perseo
gli
mostrò la testa di Medusa e cangiò Atlante in mon
e la Tracia sulla quale Giove era particolarmente adorato, onde è che
gli
veniva il soprannome di Athuso.. 673. Atreo. — Fi
sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e
gli
fece mangiare i suoi propri figliuoli. La tradizi
Dopo la morte Atteone fu riconosciuta dagli Orcomeni come un eroe : e
gli
vennero innalzati dei monumenti. 678. Auge. — V.
iconoscimento. 680. Augia. — Re d’ Elide. Egli stabili con Ercole che
gli
avrebbe ceduto la decima parte dei suoi bestiami,
io chiamato Mennone. La passione di Aurora per lui fu così grande che
gli
propose di domandarle un pegno della sua tenerezz
ne. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una stretta intelligenza con
gli
Dei, erano presso i Pagani ritenuti come per esse
704. Avoltoio. — Quest’uccello era consacrato a Giunone ed a Marte, e
gli
auguri ne osservavano con particolare attenzione
piedi d’altezza e cinquanta di larghezza. Non meno celebri si resero
gli
abitatori di Babilonia, per la loro sfrenata libi
. — Fratello di Marfiaso. Apollo, volendo trattarlo come il fratello,
gli
fece grazia alla preghiera di Pallade. 728. Bacca
, era tenuta in così grande considerazione, che si numeravano persino
gli
anni dai baccanali e dalle dionisiache ; e fu cre
rendevano parte solamente le donne ; in seguito poi vi furono ammessi
gli
uomini, e le adunanze si tenevano nel bosco sacro
e di questo personaggio della cronaca mitologica, noi metteremo sotto
gli
occhi dei nostri lettori un parallelo storico, ch
ebbe a madre Semele, e seguendo la tradizione favolosa. Giove stesso
gli
fece da madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di
ll’isola di Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dalle acque
gli
fece dare. Il nome di Misas che vuol dire appunto
onato nelle acque del Nilo, anch’egli fu salvato dalle onde, e da ciò
gli
viene il nome di Moisè perchè nella lingua Egizia
olutezze e brutalità. Giovenale racconta che la loro turpe lussuria e
gli
esecrandi eccessi ai quali si abbandonavano, atti
co, detto anche Buroico. Era questo uno dei soprannomi d’ Ercole, che
gli
veniva da una città d’ Acaia, nota sotto l’istess
caro degli altri, e ne ebbe due figli, un maschio ed una femmina. Ma
gli
altri Titani, gelosi della preferenza ottenuta da
atone. — Fu il cocchiere di Anfiareo, a cui dopo la morte furono resi
gli
onori divini. 751. Batto. — Così avea nome quel p
nti che Mercurio rubò ad Apollo. In premio del suo silenzio, Mercurio
gli
dette la più bella delle vacche derubate ; ma poi
t’altra forma, e parlando con una voce diversa, si presentò a Batto e
gli
offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indica
o sembiante, traversare la Frigia, fu villanamente scacciato da tutti
gli
abitanti della contrada in cui dimoravano Bauci e
ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti
gli
abitanti della borgata, sommersi con le case dall
ell’Egitto, avevano in grande venerazione questi animali. In generale
gli
Egiziani non gli immolavano mai nei loro sacrifiz
no in grande venerazione questi animali. In generale gli Egiziani non
gli
immolavano mai nei loro sacrifizii poichè rappres
la propria testa, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne
gli
uomini e gli animali. Questa tradizione della fav
sta, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne gli uomini e
gli
animali. Questa tradizione della favola Caldea, a
e Pireno. Fu fratello di Bellerofonte. 767. Bellino. — Soprannome che
gli
antichi Galli dell’Alvernia davano al dio Beleno,
ente in una mano una verga grondante sangue, coi capelli sparsi e con
gli
occhi truci. 769. Bellonarii. — Sacerdoti di Bell
, re d’Argo, la moglie del quale, a nome Antea, detta anche Stenobea,
gli
fece delle proposizioni alle quali fu insensibile
ui, montò il cavallo Pegaseo, ed uccise la Chimera, mostro che Lobate
gli
avea ordinato combattere nell’intenzione di farlo
nocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di Lobate, la quale questi
gli
concesse in premio delle sue eroiche azioni e del
Belo. — Figlio di Nettuno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendevano
gli
onori divini alla sua statua, che venne poi adora
Nella sacra Bibbia, si dà questo nome al principe dei demoni. Presso
gli
Accaroniti era ritenuto il dio delle mosche, perc
me o nature. Soprannome che veniva dato a Bacco, perchè il vino rende
gli
uomini o gai, o furiosi. 798. Bilancia. — Il sett
ominato Licurgo re della Tracia. Alcuni scrittori dicono che tal nome
gli
venisse dalla scure di cui egli si servì per reci
per la pietà verso la loro madre e tanto che meritarono dopo la morte
gli
onori eroici. Erodoto racconta che dovendo la mad
carro per uno spazio di 45 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti
gli
astanti felicitarono quella madre per aver dei fi
ezza con la quale diceva ciò che pensava. 810. Boedromie. — Feste che
gli
Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vitt
llara. Gli abitanti di Megalopoli lo avevano in grande venerazione e
gli
rendevano onori divini. Egli si trasformò in cava
r morello Presa la forma, alquante ne compresse Che sei puledre e sei
gli
partoriro. Queste talor ruzzando alla campagna, C
ena i cervi erano enirati nel recinto del bosco consacrato respingeva
gli
assalitori mentre i cervi pascevano tranquillamen
sacerdotesse di questo tempio, ove dopo la sua morte, le furono resi
gli
onori divini. 822. Brauronia. — Soprannome di Dia
acesti Al fortissimo eroe, dagl’Immortali Stessi onorato, e il premio
gli
rapisti De’suoi sudori, e ancor lo ti ritieni. O
uo. 827. Briseo. — Soprannome di Bacco a lui dato dall’invenzione che
gli
si attribuisce di schiacciar l’uva per estrarne i
da. — Uno dei più valorosi capitani dei Lacedemoni. Dopo la sua morte
gli
fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli una ricch
e la notte, adornandosi con gran dispendio le case ove si celebrava e
gli
appartamenti illuminando con uno sterminato numer
to nelle cronache per aver scolpito la prima statua della Fortuna per
gli
abitatori di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa
zione come d’un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo
gli
abitanti di Scio ordinata una Diana, egli l’avess
udeli sovrani dell’Egitto. Aveva per costume d’immolare a Giove tutti
gli
stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucci
tona. 855. Buteo. — Figlio di Borea. Egli fu costretto ad abbandonare
gli
stati del padre putativo, Amico, re dei Bebrici,
ua Fenicia possente, era stato adoperato questo vocabolo per denotare
gli
Dei in generale. 863. Cabiria. — Soprannome di Ce
che suo fratello aveva fatto ad Ercole, e che perciò avesse meritato
gli
onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie di Erces
a passando Ercole col resto dell’armento d’innanzi all’antro di Caco,
gli
animali da questo involati si dettero a muggire,
chiamata la bacchetta che Apollo fece presente Mercurio quando questi
gli
ebbe donata la sua lira. Un giorno Mercurio trovò
tesso nome. 898. Calidonio. — Soprannome di Bacco preso dal culto che
gli
si rendeva nella città di Calidone. È opinione er
ri, il credere che sotto la denominazione di Eroe Calidonio volessero
gli
antichi dinotare Bacco : sotto quel nome veniva d
oglie Penelope ; e non curando la promessa d’immortalità che la Ninfa
gli
aveva fatto se avesse voluto continuare a viver c
to al gran rettor del cielo,. Divenne un fero e spaventoso obbietto A
gli
occhi occhi altrui sotto odioso velo. L’umana men
n una legge che i maestri degli esercizii dovessero essere nudi, come
gli
atleti, tutte le volte che si fossero celebrati i
12. Calunnia. — Gli Ateniesi ne avevano fatto una Divinità. Per altro
gli
scrittori più rinomati della Favola non fanno men
fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tutti
gli
esercizii del corpo. Nè pria tenne de’piè salde
salde le piante, Che d arco, di faretra e di nodosi Dardi, le mani e
gli
omeri gravolle ; Non d’or le chiome o di monile i
ne infernale i suoi zii Titani. È opinione assai generalizzata presso
gli
scrittori della Favola, che il vero sesso di Camp
in una caverna. 933. Canatosa. — Fontana in cui Giunone andava tutti
gli
anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri d
che il re Cambise, avendo ucciso il bue Api, fu notato che fra tutti
gli
animali che si avvicinarono al cadavere di quello
solo i cani si pascessero del corpo dell’ucciso animale. Taluno, tra
gli
scrittori della Favola, ripete che nel tempio di
di geroglifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoco, disprezzavano
gli
Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli
il nome di Caonia ad una parte dell’Epiro. 945. Caos. — Era, secondo
gli
scrittori dell’antichità, una prima materia, suss
tralciata e confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti
gli
esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi
chiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti
gli
elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e la Notte,
no soccorso a Polinice nel famoso assedio di Tebe, ove egli comandava
gli
Argivi. Giove irritato dalle atroci bestemmie che
a ivi che i vincitori delle battaglie, a cui il Senato avea tributato
gli
onori del trionfo, salivano con gran pompa e sole
carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così detta l’arte di trarre
gli
augurii e d’indovinare il futuro nei globi di fum
devasi anche ai caprai loro custodi ; tanto che, essendone morto uno,
gli
abitanti di Mendes dimostrarono il più vivo dolor
pretto. — Era questo l’animale che si sagrificava in generale a tutti
gli
Dei campestri e al Dio Fauno in particolare. 952.
Camillo. 986. Casio. — Soprannome di Giove ; a lui dato dal culto che
gli
si rendeva su due montagne di questo nome, una vi
rascinò fuori del tempio, ritenendo come oltraggi le sventure ch’ella
gli
predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, ess
sua moglie Clitennestra lo avrebbe assassinato ; ma il re, come tutti
gli
altri, non pose mente alla predizione, la quale p
sa, liberò Andromeda, e ottenne da Giove che Cassiope fosse messa fra
gli
astri. 989. Cassotide. — Era questo, al dire di P
i olimpici. 995. Catabato o Cataibate. — Soprannome dato a Giove, che
gli
veniva dai prodigi per mezzo dei quali si credeva
era particolarmente consagrato a Marte, come Dio della guerra. Presso
gli
antichi era ritenuta la vista di un cavallo come
taglie future la vista di quattro cavalli bianchi. Al dire di Tacito,
gli
Svevi, antico popolo della Germania, nutrivano a
ttori è dubbia sulla origine di questo soprannome, volendo alcuni che
gli
venisse dall’aver fatto delle leggi sull’unione d
lo credendo che fosse una fiera, la uccise con l’istessa arme ch’ella
gli
aveva donato. Riconosciuto il suo fatale errore e
, il quale fu teneramente amato da Minerva. La Dea in prova d’affetto
gli
attaccò sulla fronte uno dei capelli della testa
sa del promontorio di Cene, ove egli aveva un magnifico tempio e dove
gli
si rendevano grandi onori. Sopra il monte Ceneo,
in torisdegnata del sacrifizio che essi le facevano, uccidendo tutti
gli
stranieri che transitavano il loro paese. 1056. C
stere, e s’adira. E per tre gole abbaia, e cerca scampo. La bava, che
gli
fa lo sdegno e l’ira, Del suo crudo veneno empie
ste, riprendendo il loro posto, per forza naturale, fa cevano a brani
gli
sventurati pazienti. Teseo disfece questo brigant
erpina avesse passato sei mesi dell’anno con sua madre sulla terra, e
gli
altri sei con sua marito all’inferno. Cerere avev
giurati pugnalirono Giulio Cesare e ne avesse trasportata l’anima fra
gli
astri. Racconta Svetonio che durante la celebrazi
la morte ; ma il nume suo padre lo aveva fatto immortale. Finalmente
gli
Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo
ssero i vascelli al loro passaggio. La tradizione favolosa ripete che
gli
Argonauti, spaventati da un simile effetto ottico
ribile stretto ; ma che apparisse dall’altra parte senza coda. Allora
gli
Argonauti offrirono un sacrifizio a Giunone, che
la nave Argo ove quelli erano imbarcati di naufragarsi ; per modo che
gli
Argonauti giunsero felicemente al loro destino. 1
di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia della sua indole
gli
valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. —
suo. Egli cantò così soavemente nel suo dolore, che divenuto vecchio,
gli
Dei mossi a compassione cangiarono in penne i suo
allora vedendo che le sue armi erano impotenti contro il suo nemico,
gli
si spinse addosso e afferratolo alla gola lo stra
sovente dedominato Cillenio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che
gli
veniva dalla città di Cilla, nella Beozia, dove e
o rubò a Venere la sua cintura, e da quel giorno il suo discorso ebbe
gli
ornamenti, le grazie più attraenti. — V. Cesto. 1
narra che fu in quest’isola che Venere nascesse dalla spuma del mare
gli
abitanti di quest’isola avevano per quella Dea un
— Uno degli eroi della Grecia. Pausania ripete che dopo la sua morte
gli
furono tributati gli onori eroici. 1161. Cladeute
la Grecia. Pausania ripete che dopo la sua morte gli furono tributati
gli
onori eroici. 1161. Cladeuterie. — Feste che si c
osì veniva denominata Iride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che
gli
veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli e
a. — Questa specie di arma terribile, è l’attributo che concordemente
gli
scrittori dell’antichità danno ad Ercole, il qual
iò a Cerere, come dea dell’agricoltura. 1197. Clone. — Soprannome che
gli
Egiziani davano ad Ercole. 1198. Clonio. — Uno de
alla sua bocca fosse uscito il primo uovo, che dette poi vita a tutti
gli
esseri mortali. Plutarco riferisce che gli Egizia
che dette poi vita a tutti gli esseri mortali. Plutarco riferisce che
gli
Egiziani della Tebaide, per un lungo elasso di te
i Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo addomesticavano e
gli
coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’o
un culto particolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e
gli
orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose,
del Laberinto, presso la sepoltura del re. Per questo culto speciale,
gli
abitanti della città d’Arsinoe, presso il lago Me
itale il nome di Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Presso
gli
Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’
sere senza lingua era ritenuto come il simbolo della divinità. Presso
gli
Egizii che adoravano il coccodrillo, si credeva f
io, se avessero ricusato di cibarsi. Tazio, nelle sue opere, dice che
gli
Egiziani ponevano l’immagine del sole nella barca
sarebbe stato lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche presso
gli
Assiri era grande la venerazione per le colombe ;
ndo Sofocle due colombe della selva di Dodona, interrogate da Ercole,
gli
svelarono il limite della sua vita. 1221.Colonne
opera l’ingegno e le forze, per rendersi padrone della città, poichè
gli
assediati respinsero sempre valorosamente gli ass
one della città, poichè gli assediati respinsero sempre valorosamente
gli
assalitori. Scorato dell’impresa, egli s’accingev
233.Connida. — Precettore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco,
gli
Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono gli
dente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte,
gli
tributarono gli onori divini. 1234.Consedio. — Di
Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tributarono
gli
onori divini. 1234.Consedio. — Divinità che press
Ippio. 1240.Consuali. — Feste che si celebravano particolarmente con
gli
spettacoli del Circo, in onore del dio Nettuno Ip
ndo vendicare la morte di suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone,
gli
trapassò la mano con un colpo di lancia ; ma fu d
nemente si costumavano in quei tempi. In memoria di tale avvenimento,
gli
Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato
o, perchè Acheolo gliene fece un dono per riavere il corno che Ercole
gli
aveva tagliato. 1267. Coroneo. — Fu figlio di For
enti ben presto della crudele sua vendetta, e per punire il corvo che
gli
aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cang
sul quale la pitonessa o sibilla, rendeva i suoi oracoli. Taluno fra
gli
scrittori dell’antichità, pretende che il nome di
compiuta la funesta predizione dell’oracolo, perchè quando suo figlio
gli
si accosto per spogliarlo delle armi, essi si ric
lle armi, essi si riconobbero. Altmeno ottenne dagli dei che la terra
gli
si fosse spalancata sotto i piedi e lo avesse all
la mitologica narra che combattendo Ercole contro il gigante Gerione,
gli
fossero mancate le frecce e che egli avesse implo
e. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti di Ercole : fu celebre fra
gli
eroi della Grecia. 1287. Crepito. — Sconia e ridi
irmi. E consolarmi : O mio dolce consorte. A che si folle affanno ? A
gli
dei piace Che cosi segua. A te quinci non lece Di
lece Di trasportarmi. Il gran Giove mi vieta Ch’io sia teco a provar
gli
affanni tuoi : Che soffrir lunghi esigli, arar gr
nere, Nè donna lor, nè di lor donne ancella, Che la gran genitrice de
gli
dei Appo se tiemmi……… Virgilio — Eneide Lib. II.
iteneva come l’inventore dell’amo per pescare. Dopo la sua morte ebbe
gli
onori divini. 1298. Crinifo. — Principe Trojano i
chiamato l’uomo che nacque dal sangue della testa recisa di Medusa :
gli
fu dato questo nome perchè aveva una spada d’oro
re nelle file dei Greci, finchè la morte del suo anico Patrocolo, non
gli
fece rompere il suo giuramento. 1306. Crisia. — S
Smilaxa. Essi si amavano cosi teneramente e con tanta innocenza, che
gli
dei li cangiarono in arboscelli. 1314. Crodo. — D
lla voluttà. Veniva rappresentato sotto la figura di un fanciullo con
gli
occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno d
rcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque : era questo il nome che
gli
Ateniesi davano al gran sacerdote di Ercole. Si c
o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva
gli
oracoli in versi, cosi armoniosamente poetici, ch
a. Saper cercò il destin della sua stella ; Ma il decreto fatal tanto
gli
spiacque, Che la fe’col figliuol gittar nell’acqu
me di Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ;
gli
altri di Saturno e di Alciope. Si mise Giove nell
i suoi gridi fossero intesi da Saturno, che lo avrebbe divorato come
gli
altri suoi figli. 1364. Dattlomancia. — Specie d’
valor Dedalo, dove Del volo e delle penne il dosso priva : Nè d’uopo
gli
è d’andar cercando altrove ; Che quivi appresso a
ro cura di lui ad insaputa di Saturno, e perciò furono annoverate fra
gli
astri, ove formano la costellazione dell’Orsa mag
lla città d’Anguia, nella Licia, un tempio antichissimo, ove traevano
gli
abitanti di tutti i paesi circonvicini, per offri
a, quindi a Roma, poi presso i Galli e finalmente presso i Tedeschi e
gli
Spagnuoli : è questa almeno l’opinione generalmen
ente impressa nel loro cuore, che se pure disconoscenti del vero Dio,
gli
sostituirono altri esseri superiori alla specie u
nare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente di tutti
gli
dei, sebbene il suo incontrastato potere, fosse s
i di numi, fra le quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri,
gli
Acquatici e gli Infernali. Erano inoltre più part
e quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri, gli Acquatici e
gli
Infernali. Erano inoltre più particolarmente ador
Cerere, Giunone, Diana, Bacco, Mercurio, Venere, Nettuno e Plutone ;
gli
altri venivano denominati dei Minori, e fra quest
per le loro eroiche azioni avessero meritato di essere annoverati fra
gli
dei : fra questi furono Ercole, Teseo, Minosse e
molti altri. A maggior chiarimento noteremo qui, che, sebbene presso
gli
scrittori dell’antichità, si trovino indifferente
rovino indifferentemente adoperate le parole dii e divi, per indicare
gli
dei in generale, pure la parola dii, nel suo sens
chi obbietti del culto idolatra bisogna annoverare il sole, la luna e
gli
altri corpi celestri : in seguito l’aria, il fuoc
poli primitivi : il tuono, i venti, le comete, i pesci, i serpenti, e
gli
uccelli ; e fra i quadrupedi : il cane, il cavall
c : e finalmente la stravagante esaltazione si spinse fino ad adorare
gli
alberi e le piante, i metalli e le pietre, attrib
ansi il sole, la luna, le stelle, le costellazioni, le comete e tutti
gli
esseri fisici. Dei animati. Più comunemente
ne durante la vita, venivano, per mezzo dell’apoteosi, annoverati fra
gli
dei. Dei grandi. La mitologia greca e roman
o, secondo l’opinione di Eredoto, originarî dell’Egitto. Questi erano
gli
dei della prima classe, ovvero dei delle grandi n
vano sacrifizii, nè si ergevano altari. È però a notare che molti fra
gli
scrittori dell’antichità, fanno menzione di alcun
Erano : Cibelle, vanerata come madre degli dei, Vesta, dea del fuoco,
gli
dei Lari o Penati, Priapo, come dio dei giardini,
pee e le Sirene. Dei dell’inferno. Plutone, Cerere, Proserpina,
gli
dei Mani, Caronte, il navicellajo dello inferno,
ssero altre divinità che uomini deificati. Diodoro Siculo afferma che
gli
dei principali della mitologia greca e romana com
atra dei Greci e dei Romani ; ma la tradizione favolosa ci ripete che
gli
Egizii ed i Fenici, che sono i popoli riconosciut
tà. Il desolato genitore fa ritrarre la figura del morto figliuolo, e
gli
rende nel silenzio delle domestiche pareti gli on
del morto figliuolo, e gli rende nel silenzio delle domestiche pareti
gli
onori e la venerazione dovuta solo alla divinità.
altrettanti esseri soprannaturali. I primi ad essere deificati furono
gli
antichi re, e come prima di Urano e di Saturno, l
lzati all’onore dell’apotoesi ; e di questo numero furono quasi tutti
gli
imperatori romani, ai quali il senato comandava s
tori romani, ai quali il senato comandava si rendessero dopo la morte
gli
onori divini. Secondo che narra Erodiano nelle cr
uta da un decreto del senato, il quale imponeva che dopo la cerimonia
gli
venissero innalzati dei templi, offerti dei sacri
venissero innalzati dei templi, offerti dei sacrifizii, e resi tutti
gli
onori della divinità. Al dire del cennato scritto
che crudelmente anciso. In disonesta e miserabil guisa, Avea le man,
gli
orecchi, il naso e’l volto. Lacerato, incischiato
aprendeva la più piccola azione della sua vita, senza aver consultato
gli
Aruspici. Un giorno, avendo intrapreso un viaggio
naturale, ritornò d’onde era partito. La sera istessa, l’alloggio che
gli
era stato preparato sulla strada che doveva perco
che il centauro erasi dato a precipitosa fuga, per rapirgli la sposa,
gli
tiro una freccia che lo ferì mortalmente. Nesso,
el suo delirio, si gettò sui carboni accesi d’un sacrifizio, malgrado
gli
sforzi che Lica e Filotette, suoi amici, fecero p
i Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, era ritenuto, presso
gli
antichi, come il punto medio della superficie ter
acque in quell’isola — V. Delia. Durante il periodo di queste feste,
gli
Ateniesi inviavano una deputazione nell’isola di
rrea punta. Tenebrarsi i lumi Al trafitto che cadde fragoroso, E cupo
gli
tuonar l’armi sul petto. Omero. — Iliade — Lib.
ittò tre di quei volumi alle fiamme, pretendendo lo stesso prezzo per
gli
altri sei che rimanevano. Il reperò la respinse d
dei suoi volumi, seguitando a pretendere sempre lo stesso prezzo per
gli
ultimi, e minacciando il re per la sua incredulit
nio allora colpito dalla perseveranza della sibilla, fece interrogare
gli
Auspici, i quali risposero che bisognava pagarle
ali risposero che bisognava pagarle il prezzo che essa pretendeva per
gli
ultimi tre volumi, essendo in quelli rinchiuso il
ia, ove fu accolto benignamente dà Licurgo, redi quella contrada, che
gli
fece sposare sua figlia Fillide. — V. Fillide. 14
esseri fantastici che popolavano l’immenso vuoto che esiste fra Dio e
gli
uomini. I demonii erano divisi in varie classi al
e ogni uomo, nascendo, aveva a guida un demonio o genio tutelare, che
gli
serviva per tutta la vita. È questa una credenza
collegata. 1415. Demonio di Socrate. — È oggidì cosa cognita a tutti
gli
studiosi. La forma credenza che il sommo filosofo
a dire albero del Libano. Da questo albero si facevano le corone per
gli
dei, ed era generale credenza presso i pagani non
recordati, nella tradizione mitologica, per aver derubati ad Ercole,
gli
armenti che questi avea tolti al gigante Gerione.
a. Al tempo in cui egli viveva, un diluvio universale distrusse tutti
gli
abitanti della terra, volendo gli dei punir gli u
diluvio universale distrusse tutti gli abitanti della terra, volendo
gli
dei punir gli uomini delle loro colpe. Deucalione
rsale distrusse tutti gli abitanti della terra, volendo gli dei punir
gli
uomini delle loro colpe. Deucalione e Pirra, sua
dall’uom furo gittati Tutti sortir faccia virile e sesso : Fur tutti
gli
altri in donne trasformatì… Ovidio — Metamor. —
o a Diana Trad. di D. Strocchi, Moltiplici sono le denominazioni che
gli
scrittori della Favola danno a Diana, secondo il
he significa appunto giustizia punitrice. 1436. Dictea-corona. — Cosi
gli
antichi chiamavano la costellazione di Arianna ch
la di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Creta, alla quale
gli
antichi attribuivano l’invenzione delle reti per
ilissero sulle terre soggette al suo comando, ma l’astuta principessa
gli
richiese di venderle tanto terreno quanto bastass
ipolie. Si dava codesto nome ad una specie di cerimonia religiosa che
gli
Ateniesi celebravano in onore di Giove Polieno, r
hità ed i cronisti della favola, distribuiscono la divinità fra tutti
gli
esseri animati ed inanimati ; possibili ed imposs
; che a Giunone fossero, appesi ai piedi due incudi d’oro ; fanno che
gli
uomini bastonassero e ferissero gli dei, e che qu
iedi due incudi d’oro ; fanno che gli uomini bastonassero e ferissero
gli
dei, e che questi dovesseso fuggire ora in questa
Dioclie, uno degli eroi della Grecia a cui dopo la morte furono resi
gli
onori divini. 1456. Dicclesìo. — Eroe venerato co
ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più valoroso fra i Greci. Lampi
gli
uscian da l’elmo e dallo scudo D’inestinguibil fl
se ucciso da Enea e che i suoi seguaci ne furono così addolorati, che
gli
dei compassionevoli li cangiarono in uccelli. Dio
e per le sue crudeltà, e per la nessuna reverenza che egli ebbe verso
gli
dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri
lacro di questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padrone di tutti
gli
arredi sacri, dicendo che volea profittare della
lie di che si rendeva padrone con sacrilega violenza. Ciò non ostante
gli
dei non fulminarono quest’empio, il quale, anzi,
morì placidamente in assai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale
gli
antichi indicavano gli strumenti musicali di Giov
sai tarda età. 1464. Diopete. — Nome col quale gli antichi indicavano
gli
strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo,
Essa fu scacciata dal celo da Giove, perchè metteva la disunione fra
gli
altri dei. Allorquando Peleo sposò Teti, la sola
ume era ritenuto come il dio della buona fede, ed è perciò che presso
gli
antichi era così frequente l’uso di prestar giura
urono stabilite in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò
gli
uomini e gli animali, e dalla quale si credeva ch
te in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e
gli
animali, e dalla quale si credeva che la dea Ange
cronisti della favola, vogliono che i Divipoti altro non fossero che
gli
dei Cabiri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell
era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di quercia rendevano
gli
oracoli divini. La tradizione mitologica, attribu
idi. 1489. Dodonidi o Dodonee. — Ninfe nudrici di Bacco ; quasi tutti
gli
scrittori si accordano nell’opinione che fossero
licheo o Dolichenio. — Sopranome di Giove, a lui venuto dal culto che
gli
si rendeva nella città di Dolichene. 1492. Dolone
a l’antro in cui Temi prediceva il futuro, era quello che pronunziava
gli
oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quan
stizia, onde ottenere la somma promessa. Alcuni mitologi vogliono che
gli
abitanti di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo av
Esse comandavano e regolavano tutto ciò che riguardava i sacrifizii e
gli
affari della religione, ma sopratutto avevano fam
ipendenza molti altri sacerdoti e ministri di religione, come i Vati,
gli
Eubagi, i Bardi, i Sarronidi ec. Èssi menavano al
e, secondo il loro talento ; deponevano dai loro uffici i magistrati,
gli
alti e bassi dignitarii, e per sino i generali ed
li chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti
gli
abitanti dei suoi stati, da una terribile pestile
oracolo rispose che pesava su di essi la maledizione di Ebota. Allora
gli
Acheeni fecero innalzare una statua in onore di E
loro concittadino, fu proclamato vincitore ai giuochi. Da quell’epoca
gli
Acheeni, prima di recarsi agli esercizii olimpici
onde far ricerca della rapita. L’opinione però più generalizzata fra
gli
scrittori della favola è che Ecate fosse uno dei
rico. È questa per altro una notizia nè generalizzata nè ripetuta fra
gli
scrittori dell’antichità, di cui per contrario mo
ipetono che quel filosofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere
gli
animali. Al dire di Omero, Nettuno andò nell’ Eti
eolo ad un sacrifizio di diec i tori, al quale avevano invitato tutti
gli
dei boscherecci ed acquatici. 1543.Echione. — Re
a al suo amante Endimione, nelle montagne della Caria. Per altro come
gli
amori della dea non ebbero lunga durata, bisognò
e fosse la ragione alla quale i pagani attribuivano così fallacemente
gli
ecclissi, essi ritenevano che questi fenomeni del
he aveva portato il fanciullo a Polibio, venne a Tebe, lo riconobbe e
gli
palesò la sua vera nascita. Edipo per disperazion
e si amavano più perfettamente di Giove e di Giunone. Irritati perciò
gli
dei, mandarono la Discordia onde disunirli, e ben
i lavori d’impianto, non potè vedere, come molti altri architetti che
gli
successero, neanche la metà di tutta la costruzio
tte medesima in cui nasceva Alessandro il Grande. Circa 25 anni dopo,
gli
abitanti di Efeso vollero ricostruire il loro tem
l’imperadore lo fece annoverare fra le divinità. Coll’andar del tempo
gli
vennero innalzati dei templi, sacrificate offerte
grossarsi in proporzione. Non contavano che quindici anni allorquando
gli
altri giganti tentarono di dara la scalata al cie
74. Egenete. — Ossia quotidianamente rinascente. Soprannome col quale
gli
abitanti dell’isola Camarin, adoravano Apollo, os
atelli che non potette aver prole ; onde consultato l’oracolo, questo
gli
rispose di recarsi per qualche tempo nella corte
a sera, dopo un sontuoso banchetto, nel quale Egeo avea molto bevuto,
gli
fece trovare nella sua camera la figlia Etra, gio
vinti, impose loro un sanguinoso tributo ;quello cioè, che ogni anno
gli
Ateniesi avessero dovuto mandare in Creta sette g
o essere esposte alla ferocia del mostro di Creta, e Teseo dovè, come
gli
altri, sottostare alla comune fatalità. Egeo con
il nome Briareo, gigante figliuolo di Titano e della Terra. La favola
gli
attribuisce cento braccia e cinquanta teste. ….
a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio,
gli
rese la sua amicizia, dimenticando la parte più c
in essa discendere il gran sacerdote, o pontefice, rivestito di tutti
gli
attributi della sua autorità. Coprivano quindi la
Egida. — I poeti detl’antichità danno questo nome allo scudo di tutti
gli
dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era di
i di lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio di prostituirsi a tutti
gli
uomini che incontrava. Quando Diomede ritornò in
e madre di Menezio. 1586. Egineti. — Con questo nome erano conosciuti
gli
abitanti dell’isola Egina, i quali furono prima d
gendo a loro capo Epidauro. Durante il periodo delle guerre persiane,
gli
Egineti furono quelli che più si distinsero per a
i anch’essi vedevano di male occhio la crescente prosperità di Atene,
gli
Egineti si gettarono sull’Attica, e da questo ten
o l’odio inestinguibile che divise poi sempre, con mortale inimicizia
gli
Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacci
nguibile che divise poi sempre, con mortale inimicizia gli Ateniesi e
gli
Egineti, i quali furono poi scacciati dalla loro
hi ne fossero i ruderi. Strabone ed Eforo dicono nelle loro opere che
gli
Egineti fossero i primi fra i Greci a coniar mone
ri fanno di Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo
gli
uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È ques
divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo
gli
altri. È questa per altro un’opinione non convali
sazietà del possesso, l’ardente desiderio che questa donna bellissima
gli
aveva acceso nel sangue. Neofronte intanto, per v
veva acceso nel sangue. Neofronte intanto, per vendicare l’offesa che
gli
aveva fatta l’amico, fece in maniera che tirò all
il quale prese a ben volere il giovanetto, senza saperne l’origine, e
gli
affido l’incarico di assassinare Tieste, che allo
del figlio il quale, indegnato contro Atreo per l’infame incarico che
gli
aveva affidato lo raggiunse a Micene e lo uccise.
desir l’iniquo Egisto : Agammennone a tradimento spense, Soggettossi
gli
Argivi ed anni sette Della ricca Micene il fren r
ello di Danao. Fu principe buono e giusto, e queste pregevoli qualità
gli
valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada
nsierata, faceva sovente vittime dei suoi scherzi i pastori e perfino
gli
dei campestri. La favola narra che avendo un gior
n essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena di fiori, e
gli
unse il viso con il succo delle gelse more. Egla
one. 1596. Egnatia. — Ninfa riverita come una dea nella Puglia in cui
gli
abitanti credevano generalmente che il fuoco si a
nifica capro, perchè egli essendo stato posto dal volere di Giove fra
gli
astri, aveva preso nel cielo la figura di un Capr
lla loro tracotanza stava già per fulminarli, allorchè Teni Leparche,
gli
fecero osservare che non era conveniente farli mo
so gl’Indiani, e segnatamente nel regno di Bengala venivano tributati
gli
onori divini agli Elefanti bianchi. 1616. Elefeno
e discendente della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava
gli
Abanti di Eubea che aveva condotto all’assedio di
ma di cigno oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra
gli
altri di quell’uovo usci la morte Delle superbe g
el giorno i due amanti divennero due famosi indovini. Cui non son de
gli
Dei le menti occulte, Che Febo spiri e ’l tripode
ui non son de gli Dei le menti occulte, Che Febo spiri e ’l tripode e
gli
allori Del suo tempio dispensi, e de le stelle E
le tracie incudi Alza Eleno la spada, ed alla tempia Deiporo fendendo
gli
dirompe L’elmo, e dal capo glielo sbalza in terra
i E feri Achille in un braccio in virtù dell’arco di oro che Apollo
gli
aveva regalato, senza di che sarebbe stato imposs
ortuna di Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consigli di lui,
gli
dette in moglie Andromaca vedova di Ettore, che a
S’era congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad. di A. Caro. E
gli
dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria d
osì forte odore di zolfo, e tramandarono dei miasmi così ardenti, che
gli
uccelli cadevano morti se volando radevano troppo
l’ animale, percosse Elettrione così violentemente in una tempia, che
gli
produsse una morte istantanea. Elettrione era sim
ninfa Rodi. Essendo morta vergine, i suoi concittadini le tributarono
gli
onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige
, nel qual tempo tutt’i pubblici affari erano sospesi ; i tribunali e
gli
ufficî erano chiusi, e non si poteva condurre all
igliuoli di un re dell’isola di Rodi, chiamato anch’egli Elio. Quando
gli
Eliadi giunsero all’età virile, seppero da Apollo
ogni altro le avesse offerto un sacrifizio. Per troppa sollecitudine,
gli
Eliadi misero il fuoco alle legna preparate pel s
onomiche, e dettero un grande impulso all’arte della navigazione. Fra
gli
Eliadi, che erano sette fratelli di cui al dire d
quale fu per gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scopertosi il delitto,
gli
autori di esso fuggirono in diverse contrade per
1641. Elide. — Provincia del Peloponneso, celebre nell’antichità per
gli
spettacoli conosciuti sotto il nome di giuochi ol
0 anni in Eliopoli i corpi imbalsamati dei loro parenti e render loro
gli
onori del rogo. Da questo costume religioso è for
ole. In quel tempio era un oracolo i cui responsi venivano a chiedere
gli
abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte
la spedizione contro i Parti, vi fu taluno fra i suoi confidenti, che
gli
consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, on
ei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio all’oracolo, col quale
gli
domandava se dopo la guerra egli sarebbe ritornat
; ove egli regnava con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che
gli
eroi, abitatori di quel celeste soggiorno, trasco
i. È però a notare che i poeti osceni, di cui non è certo penuria fra
gli
scrittori dell’antichità, ripetono che gli abitat
ui non è certo penuria fra gli scrittori dell’antichità, ripetono che
gli
abitatori degli Elisi, avessero in premio della l
odia. Qualche tempo dopo una terribile pestilenza devastò il paese, e
gli
abitanti ricorsero all’oracolo onde sapere il mod
rupe assai alta e si uccise. Un Elpenore v’era, il qual d’etade Dopo
gli
altri venia, poco nell’armi Forte, nè troppo dell
amenti di quello venivano dallo avere un osso a traverso la gola, che
gli
cagionava una dolorosa ferita. Elpide non esitò u
le visceri profonde, l’intera isola di Sicilia, altro non fossero che
gli
inutili conati e gli sforzi impotenti che di trat
l’intera isola di Sicilia, altro non fossero che gli inutili conati e
gli
sforzi impotenti che di tratto in tratto il fulmi
campioni, dopo Ettore ; ed invero egli combattè eroicamente in tutti
gli
scontri ch’ebbero luogo nel decenne assedio della
ad Enea onde accondiscendere alle preghiere di Vonere, madre di lui,
gli
fu estremamente utile, e potè all’ombra di questa
on ogni amorevolezza, e dove, l’oracolo interrogato da Enea su quanto
gli
restava a fare, additò al principe trojano in mod
a Delo il biondo Apollo, Allor che festeggiando accolti e misti Infra
gli
altari i Drïopi, i Cretesi, E i dipinti Agatirsi
io sia Rendi il mio corpo a’miei. Tu vincitore Ed lo son vinto. E già
gli
Ausoni tutti Mi ti veggiono a piè, che supplicand
umi uscirmi Si che non muoia ? Muori… ………….. E, ciò dicendo, il petto
gli
trafisse. Virgilio — Eneide Libro XII. trad. di
ia del fatto fu innalzato un tempio, ove all’eroe trojano furono resi
gli
onori divini. Anche nella città di Eneo, nella Tr
itirò come semplice privato presso Diomede, ove rese all’avo paterno,
gli
onori funebri con gran pompa e solennità, e volle
ammino. Così veniva soprannominato Mercurio dal costume in uso presso
gli
antichi di marcare le indicazioni delle strade co
Attica posta sulle rive di un fiume del quale, secondo la tradizione,
gli
abitanti arrestarono il corso per condurne le acq
Ippodamia. Secondo le cronache, Enomao, spaventato da un oracolo che
gli
aveva predetto ch’egli sarebbe ucciso da suo gene
iso da suo genero, essendo del continuo assediato dalle richieste che
gli
si facevano della mano della figlia, impose a que
nomao nella corsa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope
gli
succedette nel regno ed istitui una cerimonia fun
re il gigante, colse il momento che quegli, preso dal vino, dormiva e
gli
fece cavare gli occhi. 1694. Enoptromanzia. — Spe
olse il momento che quegli, preso dal vino, dormiva e gli fece cavare
gli
occhi. 1694. Enoptromanzia. — Specie di divinazio
he si dava a Nettuno come personificazione del mare deificato. Presso
gli
antichi ad Enorigeo si contraponeva Asfalione ; c
che da Greci Si disse Esperia, antica, bellicosa. E fertil terra, da
gli
Enotrii colta. Prima Enotria nomossi. or. come è
, ogni persona che predicesse l’avvenire, ed il luogo dove si davano
gli
oracoli. 1699. Entello. — Celebre atleta ; fu uno
parta, passò dinanzi la casa d’Ipocoonte, ed il cane che la custodiva
gli
si avventò addosso. Eono veggendo il pericolo di
elebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie di divinazione che
gli
Aruspici facevano coll’osservazione del fegato de
premio alla corsa a tre suoi figliuoli, proclamando che il vincitore
gli
sarebbe succeduto al trono. I fratelli Peone, Eto
la rese madre di Demonice e di Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste che
gli
abitanti dell’Attica celebravano con gran pompa i
, veniva adorato particolarmente dagli abitatori di Mantinea, i quali
gli
dedicarono un tempio sotto il nome di Giove Epido
addetti particolarmente alla persona del re. 1734. Epimeni. — Presso
gli
Ateniesi, al ricadere di ogni novilunio, si celeb
sua casa, ma appena picchiò all’uscio, da persone a lui sconosciute,
gli
fu domandato che cosa volesse e chi fosse. Finalm
in quel torno di tempo, scoppiata una terribile pestilenza in Atene,
gli
abitanti fecero venire Epimenide, persuasi che of
tro trascurò l’avviso del fratello ed accolse il falal dono che Giove
gli
fece inviandogli per mezzo di Mercurio la bella P
ò in una scimmia. 1737. Epinicie. — Davasi questo nome alle feste che
gli
antichi celebravano per solennizzare una vittoria
re una vittoria. 1738. Epinicio. — Si dava questo nome ad un inno che
gli
antichi costumavano di cantare per celebrare le v
. Epione. — Moglie di Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra
gli
uomini i più celebri di essi furono Podalisio e M
o. 1740. Epipirgide. — Dalla parola greca Ηπηρλορ che significa torre
gli
Ateniesi avevan dato questo nome ad una statua al
i, sotto il manto della tradizione, che mentre si aggirava pel campo,
gli
comparve un uomo di una grande statura, e con lun
no l’incarico speciale di preparare il banchetto a cui si credeva che
gli
dei prendessero parte, e che perciò veniva appare
1759. Eraclidi. — Nome collettivo dei discendenti di Ercole. Narrano
gli
scrittori della favola che Euristeo, re d’Argo, n
i Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli coi suoi seguaci. Ma
gli
Ateniesi presero le difese degli Eraclidi e uccis
a dell’oracolo (il quale aveva detto che per occupare il Peloponneso,
gli
Eraclidi avessero dovuto attendere il terzo frutt
’oracolo. Infatti non fu che un secolo dopo la morte di Euristeo, che
gli
Eraclidi poterono finalmente occupare quelle cont
cronache mitologiche ricordano di uno strano avvenimento. È detto che
gli
Eraclidi prima d’intraprendere la loro spedizione
ittima sgozzata si gettava ai piedi dell’altare, volendo dinotare che
gli
sposi dovessero vivere sempre in pace tra loro. L
lle opere degli antichi scrittori, vengono denotati col nome di Ercei
gli
dei Penati, forse nella significazione di protett
oso, compiendo le straordinarie fatiche, che il geloso odio della dea
gli
avea imposto fin dalla culla. Malgrado la formale
onoscenza dei diversi scrittori dell’antichità, basterà ricordare che
gli
egiziani potevano avere una ampia conoscenza, e f
rdine i fatti della tradizione, con la stessa semplicità con la quale
gli
stessi fatti sono esposti nell’Iliade e nell’Odis
zioni dall’aver da principio voluto paragonare, e poscia identificare
gli
dei ed eroi greci a quelli delle altre nazioni. A
forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua audacia fino a disfidare
gli
dei, alla volontà dei quali per altro egli si sot
abilire fin dall’infanzia di Ercole che questi sarebbe annoverato fra
gli
immortali dopo la sua morte. Ma la gelosa Giunone
on mano inevitabile n’afferra Cli orridi mostri insani. E strangolati
gli
divelle in brani. Pindaro — Le odi Nemee — Ode I
ll’eroico fanciullo, e come, dopo la morte, egli verrà annoverato fra
gli
dei. Tal magnanimo eroe sarà il tuo figlio, Che
si accorgesse di non essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e
gli
insegnò l’arte di condurre i destrieri. Il trar
crito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Arpalico
gli
insegnò la lotta. In quante guise i flessuosi Ar
ampie campagne Redato avea, l’instrusse a tender l’arco. E a dirizzar
gli
strali. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV tr
ronte, E sostener la punta delle spade, Dispor le schiere, e disegnar
gli
aguati. Affrontare i nemici, e comandare I soldat
ivenne ben presto di una forza e di nna statura colossale. Apollodoro
gli
dà un’ altezza di otto piedi cirea. Per contrario
iotto anni, uccise un leone che, uscendo dal monte Citerone, decimava
gli
armenti ch’ei custodiva, una grande porzione dei
artato onde riflettere a qual genere di vita si sarebbe dato : allora
gli
apparvero due donne di grande statura di cui una
della Virtù ». Un giorno tornando dalla caccia Ercole si incontrò con
gli
araldi che Ergino inviava a Tebe onde ricevere il
vette per la prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo
gli
rispose di dimorare in Tirinto, di servire Eurist
Euristeo durante lo spazio di dodici anni, di compiere i travagli che
gli
verrebbero imposti, e che dopo averli compiuti, a
i, ma cadde egli stesso sotto il peso di un’enorme pietra che Minerva
gli
lanciò, onde raffrenare il suo terribile furore.
erente alla voce dell’oracolo, Ercole si rese a Tirinto onde ricevere
gli
ordini di Euristeo. La più generale e la più rice
e in premio di esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma nè Omero, nè
gli
antichi poeti greci fanno menzione di questo nume
. Ercole lo combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città, Euristeo
gli
impose di rimanere fuori le mura, essendo spavent
. Ercole resosi in Creta, domò il toro, lo portò ad Euristeo e poscia
gli
rese la libertà. Diodoro dice che Ercole se ne se
ine e di vampa, Tal che miste le tenebre col foco Togliean la vista a
gli
occhi e’l lume a l’antro. Non però si contenne il
oco Più roggio, a lui che’l vaporava indarno, S’addusse, e lo ghermi,
gli
fece un nodo De le sue braccia, e si la gola e’l
De le sue braccia, e si la gola e’l fianco Gli strinse, che scoppiar
gli
fece il petto, E schizzar gli occhi, e’l foco e’l
la e’l fianco Gli strinse, che scoppiar gli fece il petto, E schizzar
gli
occhi, e’l foco e’l fiato e l’alma In un tempo gl
petto, E schizzar gli occhi, e’l foco e’l fiato e l’alma In un tempo
gli
estinse. virgilio. — Eneide — Libro VIII trad. d
egli combattè e vinse Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi
gli
armenti di cui egli s’era impadronito, avendo ucc
verso il mare Ionio, ma una tempesta violenta sollevata da Giuno ne,
gli
fece disperdere quasi tutti i conquistati animali
’esercizio dell’arco, Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re
gli
ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la op
icerche, che incontrò finalmente Deifobo, figlio d’Ippolito, il quale
gli
rese un tale servigio. Ciò non impedì per altro a
ale disperazione, che volle gittarsi nelle fiamme del rogo di lei, ma
gli
astanti ne lo impedirono. Sbarcato in seguito all
ola la chiamò Icaria in onore del defunto. Dedalo riconoscente perciò
gli
fece innalzare una statua, contro la quale Ercole
azione. Seguendo le tradizioni di Apollodoro, Ercole figura anche fra
gli
Argonauti, sebbene è opinione dello stesso autore
Argonauti a combattere le Amazzoni. Qualche altro autore pretende che
gli
Argonauti avessero abbandonato su di un’isola des
elle fortificazioni e si slanciò il primo sulle mura nemiche, ciò che
gli
valse, forse per gelosia, l’inimicizia di Ercole.
u spinto da una tempesta suscitata da Giunone, sull’isola di Coos, ma
gli
abitanti respinsero Ercole e i suoi compagni a co
idone per dimandare la mano di Dejanira, figlia di Oeneo, che Acheolo
gli
disputò invano. Inseguito i Calidonesi marciarono
a Un lauto sacrificio, allor che giunse Lica l’araldo, e quel tuo don
gli
porge. Fatal vesta di morte. Ei ne l’indossa. Com
dai rami in su l’altare Surse la fiamma, per le membra un largo Sudor
gli
si diffuse, e tutta, come Con glutine tenace, all
rra Alla giuntura, e via l’avventa incontro Ad alto scoglio : il capo
gli
si spezza Per mezzo, e misto col sangue e le chio
tipo di creazioni ideali, e oltrepassando i limiti che la tradizione
gli
aveva assegnato, ha lasciato alla posterità più m
una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La testa e
gli
occhi, paragonati al resto del corpo sono piccoli
culto di quella dea. Esse godevano di tanta pubblica venerazione che
gli
anni del loro sacerdozio servivano di data nei pu
di quella città, e narrano le cronache, che essendo in guerra contro
gli
Eleusini, seppe dall’oracolo che per riuscire vit
comune non aveva esitato un momento a sagrificare una figlia diletta,
gli
edificarono un tempio nella cittadella di Atene,
dificarono un tempio nella cittadella di Atene, e lo annoverarono fra
gli
dei. Secondo Euripide, Eretteo fu precipitato nel
pugna fossero, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua
gli
armenti di Gerione. Nel combattimento Erice fu vi
i chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono
gli
onori divini al morto re atlefa. 1777. Ericina o
ce di andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe morto, secondo che
gli
aveva rivelato l’arte della negromanzia, in cui e
Icaria. Seconda la tradizione, essa fu, dopo la morte, annoverata fra
gli
astri, ove formò, nei segni dello Zodiaco, la cos
e per ucciderlo bisognava trucidarlo tre volte. Evandro re di Arcadia
gli
tolse le armi e la vita. ………. ond’lo Sotto Prene
soffrire una spaventevole sterilità, e la fame e la peste decimavano
gli
uomini. Allora gli dei la fecero cercare da per o
ntevole sterilità, e la fame e la peste decimavano gli uomini. Allora
gli
dei la fecero cercare da per ogni dove, ma non gi
a divorare dalla fame cominciò dal mangiare avidamente tutto ciò che
gli
cadeva alle mani e finì col lacerarsi coi proprî
oduzione dell’uso di essi in Atene. Dopo la morte egli fu assunto fra
gli
astri, sotto la costellazione di Boote, ossia gui
cavalli del Sole. Al dire del Mitologo Fulgenzio, il nome di Eritreo
gli
veniva dal levare del sole, i cui raggi sono in q
la ninfa si gettò nell’acqua, e abbracciatolo strettamente, supplicò
gli
dei perchè le concedessero la grazia che i loro c
ll’altra il cimiero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano
gli
attributi di Mercurio. 1800. Ermete. — Essendo E
lcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua di Mercurio
gli
avessero tolto le braccia e tagliate le gambe, ed
ntichi re della Germania, il quale dopo la morte venne annoverato fra
gli
dei, in premio del suo eroico valore. In quasi tu
lie di Cadmo re di Tebe. Il giorno in cui ella andò all’altare, tutti
gli
dei abbandonarono il cielo per assistere alle noz
na statua di Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statua aveva
gli
attributi delle due divinità, cioè una testa di s
rdato come un essere soprannaturale e caro agli dei ; e dopo la morte
gli
furono tributati gli onori divini e dedicato un t
soprannaturale e caro agli dei ; e dopo la morte gli furono tributati
gli
onori divini e dedicato un tempio nella città di
cui troviamo così spesso menzione nelle cronache favolose, e in tutti
gli
scrittori della mitologia greca e romana, essi al
a greca e romana, nelle quali si trova assai di sovente ricordato che
gli
onori eroici furono spesso rese anche alle donne.
e dopo la sua morte ebbe in Atene un tempio ove le venivano tribulati
gli
onori divini, e da lei furono dette Erseforie, le
sportò con sè nel cielo. Dopo questo fatto i Romani resero ad Ersilia
gli
onori divini, e l’adorarono nell’istesso tempio d
seguire il sentiero della virtù. 1821. Erta. — Era questo il nome che
gli
antichi popoli della Germania davano alla madre d
nca della conversazione degli uomini. Allora si scopriva il carro ; e
gli
schiavi addetti al servizio della cerimonia, veni
acquistato tanto meraviglioso potere : Apollonio riporta che Minerva
gli
avesse dato il sangue della Gorgone, col quale eg
ione degli Argonauti, rese loro dei grandi servigi curando i feriti e
gli
ammalati, e seguendo la tradizione, risuscitando
vita Ippolito e Glauco, fu egli stesso ucciso dalla folgore che Giove
gli
lanciò temendo che il progresso della sua arte no
mendo che il progresso della sua arte non giungesse a sottrarre tutti
gli
uomini alla morte. …….. e l’iuventore Di cotal a
preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire
gli
armenti di Admeto come semplice pastore. Ovidio n
che era intimamente legato ai misteri del culto di questo Dio. Presso
gli
egiziani, e presso tutti gli antichi popoli dell’
misteri del culto di questo Dio. Presso gli egiziani, e presso tutti
gli
antichi popoli dell’Oriente si osserva il serpent
ndazione e che era adorato sotto la figura di un serpente, statua che
gli
fu, secondo la tradizione, eretta da Dionigi il t
to alla sua parola, Nettuno mandò un mostro marino che divorava tutti
gli
abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel
o nel suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non solo uccideva
gli
uomini e gli animali, ma faceva disseccare gli al
aggio da una terribile pestilenza, che non solo uccideva gli uomini e
gli
animali, ma faceva disseccare gli alberi e le pia
che non solo uccideva gli uomini e gli animali, ma faceva disseccare
gli
alberi e le piante. Adunatisi i capi del governo,
alla conquista del Vello d’oro, lasciò Esione ed i cavalli che il re
gli
aveva donato, a Laomedonte stesso, a patto però c
lli che il re gli aveva donato, a Laomedonte stesso, a patto però che
gli
avrebbe restituito il tutto al suo ritorno dalla
lanti pianeti. 1837. Espiatore. — Soprannome dato iu generale a tutti
gli
dei, el in particolare a Giove, il quale è ritenu
ni. 1838. Espiazione. — Specie di solennità o cerimonia religiosa che
gli
antichi istituirono per purificare le persone che
del suo delitto. Se l’espiatore accettava l’incarico che tacitamente
gli
dava il reo, col suindicato indizio di pentimento
are con più sicurezza le Furie. Non tutte le cerimonie espiatrici per
gli
omicidi venivano fatte con la stessa pompa, nè al
avarsi nell’acqua corrente. Così fece Enea, il quale non ardì toccare
gli
dei Penati che volea portar seco prima di essersi
il quale non credette che in una città in cui professavasi di temere
gli
dei, il giudizio degli uomini bastasse per assolv
olvere un delinquente, fece venire i pontefici e volle che placassero
gli
dei e che il reo subisse tutte le pruove che eran
re dette con vocabolo proprio lustrazioni, con le quali si redimevano
gli
eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popola
i sacrifizî espiatorî reiterati, onde allontanare le calamità di cui
gli
abitanti credevano minacciata la loro città. In q
un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossia di un lustro, come
gli
antichi chiamavano un elasso di tempo che compren
po a Colono — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Oltre a queste avevano
gli
antichi molte altri cerimonie espiatorie, come qu
Esta. — Nome particolare che si dava alle viscere delle vittime, che
gli
Aruspici esaminavano per prodire l’avvenire. Ques
plicavano agli avari : sacrificare ad Estia, vol endo significare che
gli
avari non concedono ad altri la meno ma parte di
re, considerare. 1844. Estipielo. — Istrumento del quale si servivano
gli
Aruspici per estrarre le viscere dal corpo della
dell’oro è tolta dai libri di Mosè, dei quali i Greci e segnatamente
gli
Egizii dell’età primitive, avevano conoscenza. L’
o meno felice, sebbene ancora riposato e tranquillo. Nell’età di rame
gli
uomini cominciarono a sentire lo stimolo delle pa
tune, è ver, ma colmo D’alle onoranze nell’Argiva terra. Volean d’oro
gli
amici a lui far dono : Ei ricusava, onde in sua l
il suo nemico Retrocedente e già di piaga offeso, Tra le file vicino
gli
si strinse, Nell’imo casso immerse l’asta e tutta
della città. ….. e contro l’estinto opra crudele Meditando, de’ piè
gli
fora i nervi Dal calcagno al tallone, ed un guinz
e riceva. Omero — Iliade — Libro XXIV trad. di V. Monti. Finalmente
gli
dei, mossi a compassione per un valoroso che li a
lagrime del suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado ; e
gli
permise di riportare in Troia il cadavere del val
con l’ajuto di questo fedel servitore che egli potè sterminare tutti
gli
amanti di Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu
vendo contrastato il possesso della città di Atene ad Eretteo, questi
gli
mosse guerra. Nella battaglia decisiva che fu da
ore, i capi degli eserciti nemici, rimasero entrambi uccisi, e allora
gli
Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famig
mo fu il vincitore nell’artistica disfida. In memoria di questo fatto
gli
abitanti di Locri, gl’innalzarono una statua rapp
re Talao. Omero dice di lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava
gli
argivi all’assedio di Troja, ed era simile agli d
ch’egli traeva dalle corde divine, ebbe l’arcano potere di commuovere
gli
inesorabili dei delle tenebre. Le furie stesse ne
te stendendo indarno Ambe le non possenti palme : e tosto Ciò detto,
gli
spari dagli occhi, come Misto col vento fugge in
re la sua strada, e fermarsi solamente in quel luogo ove avesse visto
gli
apparecchi di un sacrifizio cruento ; e che in qu
cruento ; e che in quel luogo egli avesse dovuto deporre la cassa che
gli
era stata tanto fatale. Ubbidiente alla voce dell
Dopo questa avventura, Euripile risanò completamente, e da quel tempo
gli
abitanti di Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo
e delle antichità dicono, a proposito di questo re, che essendo stati
gli
Argonauti spinti da una tempesta sulle spiagge de
onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare
gli
scanni di sabbia, che s’incontrano nelle circosta
ostante Euristeo ebbe sempre gran timore di Ercole, e tanto, che non
gli
permetteva di entrare in città, e facevagli comun
sercizio della freccia. Inorgoglito della sua destrezza osò disfidare
gli
dei e allora Apollo irritato, lo uccise. 1908. Eu
ano a quel banchetto. Questi sdegnati lo trascinarono fuori la sala e
gli
tagliarono il naso e le orecchie. …… il saporoso
di furor, mali commise. Molto ne dolse a quegli eroi, che incontro Se
gli
avventaro, e del vestibol fuori Trasserlo, e orec
incontro Se gli avventaro, e del vestibol fuori Trasserlo, e orecchie
gli
mozzaro e nari Con affilato brando, ed el, cui sp
manco nel corpo e nella mente. Quindi s’accese una cruenta pugna Tra
gli
sdegnati Lapidi e i Centauri : Ma, gravato dal vi
innamoratosene si cangiò in toro e accostatosi a lei, lasciò ch’ella
gli
salisse sul dorso ; ma appena vi fu assisa, il to
ripete che avendo i greci osservato che sulle sponde di questo fiume,
gli
alberi erano sempre verdeggianti, pubblicarono ch
, il cui nome primitivo era Imero. Essendo i Lacedemoni in guerra con
gli
Ateniesi, aspettavano per fissare il giorno della
ierò i suoi guerrieri in ordine di battaglia, ed appiccò la zuffa. Ma
gli
Ateniesi distrussero interamente l’esercito dei L
Capaneo — ella si ritrasse nella città di Eleusina dove si rendevano
gli
onori funebri al morto re, e quivi, vestitasi deg
ue colonia anche quello delle lettere, fino allora sconosciute, e ciò
gli
valse la stima ed il rispetto dei popoli Aborigen
stima ed il rispetto dei popoli Aborigeni, i quali senza nominarlo re
gli
ubbidirono sempre ritenendolo come un uomo caro a
de Alcide. Virgilio — Eneide — Libro VIII. trad. di A. Caro. Presso
gli
scrittori dell’antichità, è quasi generale l’opin
azione — Cerimonia religiosa per mezzo della quale i pagani evocavano
gli
dei ovvero le anime dei morti. Se ne distinguevan
rattere. La prima Evocazione era quella che si praticava per chiamare
gli
dei, quando si credeva necessaria la loro presenz
conteneva una specie di preghiera, che avea potere di far discendere
gli
dei, nel luogo ove si credeva utile la loro prese
specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire di Plinio,
gli
Etrurî evocavano il fulmine per liberarsi da qual
specie di Evocazione era quella che i pagani praticavano per evocare
gli
dei tutelari. Dice Macrobio, che quando i romani
ocazione sudetta, sarebbe stato un gran sacrilegio il far prigionieri
gli
dei penati e protettori della città nemica. « Al
della città nemica. « Allora il Dittatore uscito fuori, avendo preso
gli
augurü, e comandato che i soldati pigliassero le
dal latino Fovea che significa fossa, perchè, secondo la tradizione,
gli
amori di Ercole e di Vinduna, avvennero in una fo
fossa. Altri scrittori pretendono che questo primitivo nome di Fovio,
gli
venisse per essere stato il primo ad insegnare ai
ato il primo ad insegnare ai suoi concittadini la maniera di prendere
gli
orsi vivi nei fossi. Tutti i cronisti dell’antich
mitologica narra di lui uno strano fatto, dicendo che egli aveva male
gli
occhi in così triste modo, che era quasi interame
era quasi interamente cieco. Un giorno il dio di Epidauro, Esculapio,
gli
mandò per mezzo d’una donna chiamata Anite, una l
concepì qualche speranza, prese la lettera, l’aprì e gettandovi sopra
gli
sguardi si trovò così miracolosamente guarito che
ose che quella era conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato contro
gli
Ateniesi per l’indegno trattamento da essi fatto
acco nella loro città con solenni pompe e pubbliche cerimonie. Allora
gli
Ateniesi fecero fare gran numero di statue rappre
articolo seguente. 1935. Fallo. — Nelle feste di Osiride, costumavano
gli
antichi di portare in processione gran numero di
po che mancavano allo amato cadavere. Qualche cosa di simile facevano
gli
ateniesi nella celebrazione annuale delle feste d
dei giganti Encelado e Ceo, e ci ripete che la terra, irritata contro
gli
dei che nella guerra coi giganti, avevano distrut
agro e scarno. 1939. Fanatici. — Con questa particolare denominazione
gli
antichi chiamavano quelle persone, che dimoravano
utti i tempi delle altre divinità. Del pari che presso di noi, presso
gli
antichi, il nome di fanatico era preso in mala pa
ai di sovente si trova ripetuto nei fasti della mitologia pagana, che
gli
dei formavano spesso dei fantasmi per salvare e t
mavano spesso dei fantasmi per salvare e talvolta anche per ingannare
gli
uomini. Così Giunone per salvare Turno re dei Rut
lo seudo. La corazza, il cimieto e l’armi tutte Gli finse intorno, e
gli
dié il suono e’l moto Propri di lui, ma vani, e s
ogni che la tradizione mitologica fa figliuoli del Sonno. Il suo nome
gli
veniva dai differenti fantasmi che forma l’immagi
za pretender nulla in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave
gli
donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento
e in quello di Fasi. 1948. Fatalità. — Questo nome particolare davano
gli
antichi a quella necessità di un avvenimento che
o. I pagani accagionavano tutto alla fatalità del destino, alla quale
gli
stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 1949. F
ino. 1949. Fatalità di Troja. — Tutte le cronache mitologiche, nonchè
gli
scrittori più accreditati concordano sulla opinio
narrazione, ed in particolare ai racconti adorni di finzioni. Presso
gli
antichi poi si dava il nome di favola, a tutti qu
a, coi suoi misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati
gli
dei e gli eroi, e con le cerimonie di esso. Lo st
i misteri, colle sue feste, col culto onde venivano onorati gli dei e
gli
eroi, e con le cerimonie di esso. Lo studio dell’
no in gran maggioranza come quelle che hanno per sobbietto principale
gli
dei maggiori, e gli eroi più famosi dell’antichit
za come quelle che hanno per sobbietto principale gli dei maggiori, e
gli
eroi più famosi dell’antichità, dei quali il sost
uomini di penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempre muto per
gli
uomini ; e non rispondeva neanche alle donne, qua
ricoltura, fu dopo la morte, annoverato fra le divinità campestri ; e
gli
furono perfino assegnati degli oracoli in un vast
lacri e l’ombre Di ciò ch’ivi si chiede, e varie voci Ne sente, e con
gli
Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide — Li
dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo padre
gli
aveva fatto rivelazione, ed in cui era detto che
tutto Si compie. Or via, sottomettiamci ognuno : Dal ricondur cessiam
gli
ospiti nostri, E dodici a Nettuno eletti tori Sac
ifizi ed offerte si facevano, al dire di Plinio, per rendere propizii
gli
dei infernali, alle anime dei defunti. Le cerimon
, che intimavano la guerra, e dichiaravano la pace, è dovuta, secondo
gli
scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo
, o innanzi alle porte della città ostile, e quivi, chiamando Giove e
gli
altri dei in testimonii, chiedeva ad alta voce ri
sacerdote Feciale lanciava nel territorio nemico un’asta, e invocando
gli
dei celesti e marittimi, dichiarava apertamente l
inciai : chè nulla Fidar vuolsi alla lingua : essa degli altri Ben sa
gli
errori castigar : ma in sua Propria causa assai d
ata si appiccasse, dopo aver scritta una lettera a Teseo, nella quale
gli
manifestava che tentata nell’onore dal figliastro
avevano i pagani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva
gli
oracoli di Dodona. La parola Fegoneo deriva dal g
metri. 1980. Feniee. — Uccello favoloso del colore della porpora, che
gli
antichi credevano unico della sua specie, e dotat
in quello, si consumava ai raggi del sole. Dalle midolle, ritenevano
gli
egiziani, che nascesse un verme da cui poi formav
a ed ha una lunghissima esistenza, vivendo da 500 ai 600 anni. Presso
gli
scrittori dell’antichità, è concorde ed unanime l
; la terza durante il regno dei Tolomei, e finalmente la quarta verso
gli
ultimi tempi del regno di Tiberio, imperatore rom
enice si chiamava del pari un’istrumento da corda assai in uso presso
gli
abitatori della Tracia, a causa forse del nome se
n Sire, e mi ditesse Come un padre il figliuol ch’unico in largo Aver
gli
nasca nell’ età canuta : E di popolo molto e di m
a Fera ossia Crudele, essendo questo il soprannome qualificativo, che
gli
antichi romani davano alla morte. 1984. Ferefatta
Albano, e quivi tutti uniti sacrificavano a Giove Laziale, un toro e
gli
offerivano del latte ed altre specie di libazioni
avendo una volta il fuoco consumato un bosco sacro alla dea Feronia,
gli
abitanti vollero trasportare in altro luogo la st
; ma che al momento in cui si accingevano al trasporto, furono visti
gli
alberi abbruciati coprirsi istantaneamente di fog
uo padre avesse inteso la verità. Il giovanetto narrò al padre quanto
gli
era avvenuto, e lo supplicò a non negargli una gr
trasportato d’affetto pel figliuolo suo, giuro per lo Stige, che non
gli
avrebbe nulla negato, e allora l’audace giovanett
enze. È scritto che i parieggiani del tiranno Pisistrato, volendo che
gli
ateniesi lo avessero riconosciuto come loro re, a
ato ; al suono della tromba raddoppiò di velocità e avendo sorpassato
gli
altri corridori, andò a fermarsi innanzi ai giudi
dagnato il premio. I giudici infatti dichiararono Fidolao vincitore e
gli
permisero in com memorazione di quel fatto d’inna
altrettanti figliuoli degli dei. 2002. Figliuoli. — In generale tutti
gli
dei detti Epidoti e molte altre divinità, di cui
città. In commemorazione di questo fatto, Filaco fu dichiarato eroe e
gli
fu innalzato un monumento nel tempio stesso di De
trare l’immenso amore che essi portavano a Cartagine loro patria. Fra
gli
abitanti di Cirene e quelli di Cartagine, surse u
tatasi la proposta, avvenne che i fratelli Fileni che rappresentavano
gli
interessi dei Cartaginesi, s’incontrarono coi Cer
nte volte essi non avessero accettato di ritornare sui loro passi. Ma
gli
eroici fratelli, ricusarono recisamente, per lo c
e metà cavallo, la ferì così crudelmente che supplicò notte e giorno
gli
dei, di toglierle la sua umana natura ; per lo ch
isse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella quale
gli
diceva terminando che si sarebbe di sua mano ucci
epolcro di Fillide. La tradizione allegoria della favola aggiunge che
gli
dei mossi a compassione del triste fato di Fillid
a lungo sopportare i sanguinosi rimproveri di lei, e le contumelie e
gli
oltraggi di che l’eroica giovanetta lo ricolmava,
nde attestargli l’immenso affetto col quale lo aveva avuto carissimo,
gli
lasciò in dono le sue famose frecce, facendogli p
, ma cogli atti, il luogo ov’ erano nascoste le frecce. Ma ben presto
gli
dei, sdegnati contro lo spergiuro, lo punirono co
vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce contro
gli
animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, q
cce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, questa
gli
cadde sul piede stesso col quale egli aveva accen
so col quale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano sepolte,
gli
fece una mortale ferita, la quale ben presto si c
i suoi lamenti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna
gli
servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fond
gli dei, servirono a prolungargli la vita, poichè uccideva con quelle
gli
uccelli di cui poi si cibava. Intanto i greci non
te armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e
gli
ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’
innammorato della perversa donna, credè alle sue parole e fece cavar
gli
occhi ai suoi due figliuoli. Ma gli dei sdegnati
redè alle sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuoli. Ma
gli
dei sdegnati fecero per mezzo d’Aquilone acciecar
eva fatto subire ai suoi innocenti figliuoli. La cronaca aggiunge che
gli
dei non soddisfatti del supplizio che avevano imp
llara. Finalmente elasso un non breve spazio di tempo, essendo stati
gli
Argonauti accolti cortesemente da Fineo, in ricom
oserpina. Cerere per ricompensare Fitalo della sua buona accoglienza,
gli
fece presente di un albero di fico, facendo per t
o incenzi, voti e sacrifizi. Al dire dello scrittore Massimo di Tiro,
gli
Egiziani adoravano con un culto particolare ed es
rota in virtù di una legge che imponeva siffatto culto ; e finalmente
gli
Ateniesi ebbero un culto particolare per il fiume
us ; il Paniso era una della principali divinità dei Messeni, i quali
gli
offerivano ogni anno pubblici e solenni sacrifizi
simo, come figliuoli dell’ Oceano e della ninfa Teti ; e generalmente
gli
antichi effigiavano la personificazione di un fiu
lpa pentuta è rimossa. Dante — Inferno — Canto XIV. Oltre a questi,
gli
antichi riconoscevano pure come fiumi infernali i
to ad un dio particolare. I Flamini godevano di molti previlegi e fra
gli
altri di quello d’avere le loro figliuole, esenti
ttagli da Apollo, avesse appiccato il fuoco al tempio di Delfo ; onde
gli
dei per punirlo lo precipitarono nel Tartaro, dov
, se non passando tl loto. Quale colui che grande inganno ascolta Che
gli
sia fatto, e poi se ne rammarca, Tal si fe Flegià
ate da me voi che mirate La pena mia. Non violate il giusto. Riverite
gli
dei. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Ca
crittore è di avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a tutti
gli
empi e sacrileghi che le cronache dell’ antichità
e dice, secondo Virgilio :Imparale dal mio esempio a non disprezzare
gli
dei. È per altro a notare che questo passo del cl
ello, che atterriva e spaventava, presentandosi nei sogni sotto tutti
gli
aspetti che ispirano il terrore. 2038. Fobo. — De
del Centauro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e
gli
offrì una lauta cena. Durante il banchetto, avend
di pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi di clava, per modo che
gli
altri intimoriti si dettero alla fuga. Folo finit
la custodia delle porte e propriamente ai ganci di esse : questo nome
gli
veniva probabilmente dalle sue attribuzioni, perc
poli Fareati, vi era un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e
gli
abitanti di Smirne, dettero incarico al famoso st
la della Giustizia e della Temperanza. 2053. Fraude. — Ben pochi sono
gli
scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzi
su le spalle, e la faretra Tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo Su
gli
omeri all’ irato un tintinnio Al mutar de’ gran p
spitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il quale
gli
dette in moglie la figlia Calciope. I primi anni
me col quale i pagani invocavano Giove, come padrone dei fulmini. Fra
gli
scrittori dell’antichità, Seneca è quello che fa
o il terribile privilegio di scagliare i fulmini ; e solo Stazio, fra
gli
scrittori dell’ antichità, asserisce che la Giuno
servava attentamente l’ agglomeramento, la densità, il colore e tutti
gli
accidenti del fumo. V. Capnomanzia. 2061. Fuoco.
tivi popoli della terra, e quelli coi quali ebbero dapprima relazione
gli
Ebrei, dettero il nome di Ur ad una città, perchè
dai pagani come le ministre inesorabili delle vendette celesti contro
gli
empi. Comunemente erano tre chiamate con nome par
punire i delitti e le colpe degli uomini, non solo nell’ inferno, con
gli
eterni castighi del Tartaro ; ma anche sulla Terr
ustier — Lettres LXVII a Émilie : sur la Mythologie. Moltiplici sono
gli
esempi, che gli scrittori dell’ antichità ci ripo
LXVII a Émilie : sur la Mythologie. Moltiplici sono gli esempi, che
gli
scrittori dell’ antichità ci riportano delle pers
— Libro VII trad. di A. Caro. ecc. ecc. e finalmente è nota a tutti
gli
studiosi dell’antichità, l’orrenda confusione pro
rie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle nè di alzar
gli
occhi sui templi ov’esse venivano venerate. Sofoc
rono la loro tremenda persecuzione contro di lui ; e l’ altro là dove
gli
si erano mostrate meno avverse. Nei sacrifizi che
esta via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa, che
gli
eroi avevano accesso in cielo. Al dire del citato
to in un campo. Il pargolo atleta succhiò con tanta forza il seno che
gli
veniva offerto, che il latte cadde da quella in g
o la loro denominazione da un fiume nella Frigia, chiamato Gallo. Ma
gli
eunuchi di lei perchè chiamiamo Galli : mentre pa
stribuendo immagini, filtri e rimedi per ogni male. Girando batteran
gli
eunuchi Galli Cavi tamburi, e gran rumor faranno
l’ art. precedente. 2084. Gamelio. — Uno dei soprannomi di Giove, che
gli
veniva dall’essere ritenuto come protettore dei m
olse generosamente l’ospite fuggitivo ; ma ben presto la sua cortesia
gli
riuscì fatale ; imperocchè Danao, profittando sle
dei soprannomi che si dava al dio Giano, a causa delle due facce che
gli
venivano attribuite. 2098. Genetillidi. — Il solo
ettivo degli dei che presiedevano alla generazione. Al dire di Festo,
gli
dei Geniali erano i quattro principali elementi c
s’intendeva Priapo, Venere, la Fecondità e il Genio. Glio astrologi e
gli
indovini davano il nome di dei Geniali ai donici
e : a somiglianza di ciò che praticavano i greci in onore di Ecale, e
gli
Argivi in onore della dea Illichia, ritenute anch
geva sul monte Emo, nella Tracia, narra la tradizione mitologica, che
gli
abitanti non avevano più di un cubo di altezza e
flamme dalle sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò
gli
armenti di lui ad EuristeoV. Ercole. Al dire dell
lore. Purpureo l’altro. Nè ciò basta a Febo ; (Tanto l’amico d’onorar
gli
piacque !) Che nelle foglie i suoi lamenti imprim
se per vendicarsi lasciato cadere il disco sulla fronte di Giacinto e
gli
avesse così cagionata la morte. 2116. Giacra. — S
ibro I. trad. di G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto di Giano,
gli
si facevano dei sacrifizi, in cui gli veniva offe
e cerimonie del culto di Giano, gli si facevano dei sacrifizi, in cui
gli
veniva offerto del farro misto al sale, e del pan
i acqua bollente, che travolse nei suoi gorghi gl’irrompenti nemici e
gli
fece tutti morire soffocati. Ella i Sabin già f
or giovanetto, a somiglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il quale
gli
offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo ar
ua lira, e perfino l’arte di predir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti
gli
altri splendidi donativi, di che l’amore di un di
’amor suo, la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più
gli
aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei che del
E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella
gli
offerse. Ei che del vecchio infermo e già caduco
fferse. Ei che del vecchio infermo e già caduco Suo padre la salute e
gli
anni amava. Saper de l’erbe la possanza, e l’uso
de e del futuro ignaro Mostrarsi in pria, che non ritorre a morte Chi
gli
diè vita. Virgilio — Eneide — Libro XII. trad. d
e cento pingui altari Avea sacrati, e di continui fochi Mantenendo a
gli
Dei vigilie eterne. Di vittime, di fiori e di ghi
dopo la sua nascita ; e ad avvalorare la pietosa menzogna fece tutti
gli
apparecchi dei funerali ; mentre con gran segrete
rincipe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima
gli
era stato imposto. Giunto Giasone all’età di vent
esclusivo retaggio del giovanetto. Giasone seguì alla lettera quanto
gli
veniva imposto dalla volontà degli dei, e lo stes
llo straripamento delle sue onde ; ond’egli rimase in forze su quanto
gli
restava a fare, senonchè una vecchia apparsagli i
aveva anche soggiunto che egli avesse dovuto guardarsi da un uomo che
gli
sarebbe venuto incontro con un piede ignudo e con
lzato. Arrivato Giasone nella città di Jolco, attrasse dapprima tutti
gli
sguardi per la sua strana vestitura ; e la sua no
noscere da Pelia come figliuolo di Esone, dimandò lealmente allo zio,
gli
rendesse il retaggio paterno, e gli restituisse l
sone, dimandò lealmente allo zio, gli rendesse il retaggio paterno, e
gli
restituisse l’usurpata corona. Ma Pelia, astuto p
e sapendosi odiato, cercò di eludere le incalzanti dimande di lui, e
gli
propose, onde allontanarlo da Jolco, una gloriosa
le, condiscese facilmente alla volontà di Pelia, tanto più che questi
gli
promise formalmente che al suo ritorno dalla glor
avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del quale
gli
avrebbe fatta piena restituzione. Giasone era in
Le tradizioni mitologiche aggiungono, a questo proposito, che perfino
gli
dei avessero preso interesse alla perigliora intr
ola governata da donne sole, le quali sprezzando l’imperio dei mariti
gli
avevano tutti ammazzati e regnando Isifile già fi
za di Giasone, e attratta da un sentimento di irresistibile simpatia,
gli
avesse promesso ogni soccorso quante volte le ave
spra mia contrada Giovin cercante sotto stranio cielo Quel che cercau
gli
eroi, gloria e periglio. Chiede del padre mio ! M
, accettò le immani condizioni ; e il giorno dopo si radunarono tutti
gli
Argonauti da una parte, e il re con gran seguito
sciati i due terribili tori, la cui sola vista fece fremere di orrore
gli
spettatori, ma che non valse ad intimorire l’eroi
e essi ciechi di furore, vennero alle mani fra loro, e si distrussero
gli
uni cogli altri. Compiuta questa prima parte dell
ia, onde pretendere da lui la restituzione del trono paterno, che ora
gli
era doppiamente dovuto, sia per essere suo retagg
ora gli era doppiamente dovuto, sia per essere suo retaggio, sia per
gli
enormi pericoli che aveva dovuto affrontare onde
nte e vagabonda. Al dire di Euripide, una predizione che Medea stessa
gli
aveva fatta, che, cioè egli sarebbe morto sotto g
che Medea stessa gli aveva fatta, che, cioè egli sarebbe morto sotto
gli
avanzi della nave degli Argonauti, sì compì qualc
cranio del dormente. Giasone dopo la morte fu venerato come un dio, e
gli
furono innalzati gran numero di monumenti e di st
ava in Egitto a quei sacerdoti, i quali avevano l’incarico di nudrire
gli
sparvieri consacrati ad Apollo, ossia al Sole. 21
’antichità quei segni o caratteri di cui particolarmente si servirono
gli
Egiziani ed i Caldei, per esprimere senza parlare
riva da due vocaboli greci ιερος, γλυφω che suonano scolpisco, perchè
gli
Egiziani quando cominciarono a servirsi di questo
campo di configurazioni e di forme esprimenti l’idea principale a cui
gli
antichi egiziani volevano far servire i diversi G
nare la folla dalla casa di un ministro o di un pubblico funzionario,
gli
egiziani costumavano di disegnare sulla porta del
mavano insieme la figura di un vecchio che aveva un dito alla bocca e
gli
occhi bassi, come persona raccolta nei suoi pensi
rale l’opinione dei cronisti, sull’applicazione di questo nome presso
gli
egiziani. Taluni pretendono che fossero dei sacer
amente atterrito dagli sforzi sovrumani, chiamò in suo soccorso tutti
gli
dei ; ma questi spaventati fuggirono chi in quest
di animali diversi. …….. e che sotto mentite Forme si nascondessero
gli
Dei. E narrò che in marito della greggia Giove si
e Minerva, vedendo lo scompiglio ed il terrore che aveva invaso tutti
gli
animi, e ricordando la minacciosa profezia dell’o
’esser puote, i vorrei Che dello smisurato Briareo Esperienza avesser
gli
occhi miel. ………….. Quel che tu vuol veder, più là
della mitologia, sotto il nome di Giganti, le cronache della favola e
gli
scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno
er riempirla di acqua bisognò vuotarvi due intere zucche, secondo che
gli
antichi chiamavano questa misura di liquido, e ch
fica ignudo, furono così detti alcuni giuochi e combattimenti, in cui
gli
atleti che vi prendevano parte, erano nudi, per e
n piedi. Per contrario il pugillato, eseguito dai gladiatori, era fra
gli
esercizi Ginnici il meno stimato. Questi differen
notare che presso i pagani non si celebrava nessuna gran festa senza
gli
esercizi Ginnici. 2154. Ginnopedia. — Dalle due p
anesimo che raffigurava sotto differenti e sensibili sembianze, anche
gli
oggetti inanimati, innalzandoli sovente al posto
rappresentato come un giovanetto, coperto d’un gran velo che dal capo
gli
scendeva fino ai piedi, e avente una torcia nella
ati e i disgraziati. Secondo si rileva dalle cronache dell’antichità,
gli
Egizii ed i Caldei furono i primi a fare codesta
le Furie e l’Orco ; e che la terra avesse partorito Giapeto, Tifeo e
gli
altri mostruosi giganti, che dettero la scalata a
esto di le Furie e l’Orco, La terra infausta partori Tifeo, Giapèto e
gli
altri ad assalire il cielo Congiurati fratelli ;
iosa credenza dei romani riguardo ai diversi giorni del mese. Infatti
gli
scritti dell’antichità rivelano, come essi ritene
in Africa, sebbene il movimento doveva eseguirsi in alcuni giorni che
gli
Auguri avevano additati siccome infausti. E final
o, aggiungendo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza di tutti
gli
altri suoi figliuoli, se Rea, non avesse dato al
gli, perchè un’antica predizione a lui fatta dal Cielo e dalla Terra,
gli
aveva annunziato ch’ egli sarebbe detronizzato da
ttenuta vittoria ; ma che questo sacrifizio, cruento di umano sangue,
gli
valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tut
IO — Metamorf.. Libro I Fav. V. trad. del Cav. ERMOLAO FEDERICO. Fra
gli
alberi, l’ulivo e la quercia erano sacri a Giove
posa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia di Giove, su tutti
gli
esseri creati, siccome l’aquila ha la supremazia
qualunque si fosse la parte del mondo da essi abitata. Per contrario
gli
abitanti dell’ isola di Creta, rappresentavano Gi
altre contrade il culto ; e finalmente moltissimi dal motivo per cui
gli
erano stati innalzati dei templi o consacrate del
vita selvaggia, occupata solo nella caccia e nella pesca. Ben presto
gli
abitanti dell’Arcadia, risentendo i benefici effe
che ogni popolo dell’ antichità, ebbe il suo Giove particolare ; così
gli
Sciti onoravano il Giove Pappeo ; gli Etiopi il G
il suo Giove particolare ; così gli Sciti onoravano il Giove Pappeo ;
gli
Etiopi il Giove Assabino ; i Galli il Giove Taran
ove Pappeo ; gli Etiopi il Giove Assabino ; i Galli il Giove Tarano ;
gli
Egizii il Giove Serapide ; i Persi il Giove Celo
Giove Tarano ; gli Egizii il Giove Serapide ; i Persi il Giove Celo ;
gli
Assiri il Giove Belo ecc. Nè solo a questo si arr
risce che quel simulacro aveva tre occhi, uno in mezzo alla fronte, e
gli
altri due al medesimo posto ove gli ànno le teste
cchi, uno in mezzo alla fronte, e gli altri due al medesimo posto ove
gli
ànno le teste degli uomini ; e che ciò dinotava i
al giogo, che durante la cerimonia nuziale, si metteva per poco sopra
gli
sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo
si rese celebre per la sua grande virtù, che le valse, dopo la morte,
gli
onori divini. Il cennato scrittore racconta che i
iove avesse ordinato a Mercurio d’invitare alle feste, non solo tutti
gli
dei e tutti gli uomini, ma persino tutti gli anim
nato a Mercurio d’invitare alle feste, non solo tutti gli dei e tutti
gli
uomini, ma persino tutti gli animali. Solo la nin
le feste, non solo tutti gli dei e tutti gli uomini, ma persino tutti
gli
animali. Solo la ninfa Chelonea ricusò di tenere
nisti più accreditati dell’antichità, i quali riferiscono a centinaja
gli
esempi di avvaloramento a quanto asseriamo. Infat
ggiungessero altri due, cioè : Marte, Dio della guerra, e Tifone. Fra
gli
scrittori che aggiungono questi ultimi due, ai fi
ncora la speciale presidenza degli abbigliamenti muliebri, e di tutti
gli
ornamenti, e presiedeva anche alla moneta per mod
tributo a nessun’altra divinità. Anche il papero e lo sparviere erano
gli
uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione
V. Giove. Finalmente per completare le notizie storicomitologiche de
gli
scrittori dell’antichità ci hanno trasmesso sulla
atrice, Sospita, Moneta, Placida ecc. ecc. Per tutti questi nomi vedi
gli
articoli particolari. 2173. Giunoni — Nome collet
o ai genii particolari delle donne. Era credenza generalizzata presso
gli
antichi, che tutte le donne avessero una loro Giu
chi, che tutte le donne avessero una loro Giunone particolare e tutti
gli
uomini un genio. Della verità di quanto asseriamo
ochi pubblici si distinguevano dai pagani le corse, i combattimenti e
gli
spettacoli. Le corse dette anche con nome proprio
facevano in onore di questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente
gli
spettacoli ai quali si dava più propriamente il n
stmi ed i Pilj, che erano tenuti in grande considerazione, sopratutto
gli
Olimpici, la cui celebrazione marcava perfino con
minor pompa dei sopracennati, ma che ciò non pertanto avevano presso
gli
antichi una tal quale importanza. Fra questi biso
mportanza. Fra questi bisognerà ricordare i giuochi detti Capitolini,
gli
Aziacei, gli Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi,
a questi bisognerà ricordare i giuochi detti Capitolini, gli Aziacei,
gli
Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi, e poi gli Eq
pitolini, gli Aziacei, gli Apollinarii, i Pirrici e i Megalesi, e poi
gli
Equestri, i Florali, i giuochi di Cerere detti an
etto, L’abbranca e l’alza. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon
gli
sferra. Al ginocchio di retro ove si piega. Tale
mosse, volavano in un groppo, Densi globi di polvere levando. Avanzù
gli
altri Clitoneo, che, giunto Della carriera al fin
zione mitologica racconta a proposito dell’inviolabile giuramento che
gli
dei stessi facevano per le acque stigie, che aven
ti, il padre dei numi in riconoscenza verso di lei, comandò che tutti
gli
dei avessero giurato per le acque stigie ; e che
i. Lo storico Serbio, rende ragione di simile tradizione col dire che
gli
dei essendo beati ed immortali giuravano per lo s
o era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro,
gli
abitanti dell’isola di Sicilia, andavano uel temp
lia, andavano uel tempio degli dei Palici a fare i giuramenti ; e che
gli
spergiuri venivano immediatamente puniti ; e tant
ergiurato. Presso i romani era anche comunissimo l’uso di giurare per
gli
dei e per i semi dei. Comunemente essi giuravano
ri Eleusini. Le donne gioravano ordinariamente per le loro Giunoni, e
gli
uomini per i loro genii V. Giunoni. Sotto il gove
nel cielo sul carro del padre suo, al quale dimandava vendetta contro
gli
uomini, tutte le volte che questi offendevano le
te tutto il periodo dell’età dell’oro, conversando giorno e notte con
gli
uomini d’ogni età e d’ogni condizione, e insegnan
imo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionieri di guerra,
gli
sehiavi, all’ombre degli uomini grandi, caduti in
sto barbaro uso, fu seguitato ; e ai funerali dei ricchi s’immolavano
gli
schiavi che loro avevano appartenuto. Però a misu
alle pompe dei funerali solenni, fu introdotto il costume di far che
gli
schiavi combattessero fra di loro, piuttosto che
figliuolo d’Ippoloco ; e come uno dei comandanti dei Licii, che sotto
gli
ordini del famoso Sarpedone, soccorsero i Trojani
gni altro guerriero, dette in cambio delle armi di bronze che Diomede
gli
avea dato, un’intera armatura d’oro, stimata al v
ti del paganesimo, per la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che
gli
valse più volte gli onori del premio nei giuochi
er la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse più volte
gli
onori del premio nei giuochi Ginnici. Narra la tr
utta la sua forza, stava per essere vinto, allorchè suo padre Dimilo,
gli
gridò ad alta voce : Ricordati dell’aratro. Quest
ochi Nemei e negli Istmi, e due nei giuochi Pitii. In memoria di ciò,
gli
fu innalzata una statua in Cariste, sua patria, n
molti sacrifizii agli dei, in ringraziamento dei segni di favore che
gli
avevano dato. 2189. Gordio — Padre di Mida V. l’a
he un povero lavoratore, ricco solo d’un pajo di buoi ; uno dei quali
gli
serviva per tirare il carro, e l’altro per arare
o viaggio, e quella fanciulla, che era della schiatta degli indovini,
gli
rispose che doveva sagrificare a Giove sotto l’ap
lio che fu chiamato Mida. Intanto con l’andare degli anni essendo fra
gli
abitanti della Frigia surte delle gravi dissensio
e, per mezzo di un re che fosse venuto ad essi su di un carro. Mentre
gli
abitanti della Frigia stavano in attenzione del c
ui alito era così velenoso, che uccideva all’istante tutti coloro che
gli
si avvicinavano. Aveva sulla testa una massa folt
nte di lunghissimi crini, i quali ricadendo sul davanti della fronte,
gli
impedivano di vedere gli oggetti, se non dopo d’e
i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivano di vedere
gli
oggetti, se non dopo d’essersi tolti innanzi agli
loro bellezza era così istantanea, che fu detto caugiassero in pietre
gli
uomini. Plinio ne parla come di donne selvagge, a
ro, ricusando di restituirlo alle sue regine, se queste in cambio non
gli
avessero ceduta una statua di Minerva, di oro mas
ndiscendere alla volontà di Perseo, questi l’avesse ucciso. Anche fra
gli
scrittori moderni, tanto italiani quanto stranier
Gortina — Detta anche Cortina, città dell’isola di Creta ; famosa per
gli
ottimi pascoli che vi si trovavano. Riferisce Ome
l’inaspettati ospiti nei suoi domestici lari, egli avesse interrogati
gli
Aruspici, onde saper il modo di regolarsi. Gli Ar
e dea dell’agricoltura, che feconda la terra, è madre comune di tutti
gli
uomini. 2201. Grazie — Fra l’estesissimo numero d
ali non riconoscevano che due sole Grazie chiamate Faenne e Clito ; e
gli
stessi Ateniesi avevano la medesima credenza, e l
onno ed un’altra a Vulcano. Un uso assai strano erasi adottato presso
gli
antichi, riguardo alle tre Grazie ; e questo cons
resentanti le Grazie. Con questa singolare costumanza, volevano forse
gli
antichi ammaestrarci del come non si debba presta
a notizia il re gettò la corona che, secondo l’uso di tali cerimonie,
gli
ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni di ch
vilito di tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è di danaro
gli
abitanti del Chersoneso, in una grave congiuntura
to la strana configurazione, racchiude alcune idee morali, come tutti
gli
altri simboli della mitologia pagana. Per esempio
, un senso allegorico molto più elevato ed importante. Infatti presso
gli
egiziani, le due configurazioni fisiche di leone
o divinità. Ciò nonostante il nome di Hafedà si seguitò a dare presso
gli
arabi, ad una specie di dio preservatore, ch’essi
te sulle rive del flume Fromo, nella contea di Dorset. Sono ben pochi
gli
autori che ne han fatta menzione. 2219. Heriafadu
’isolani dell’arcipelago. Un’antica tradizione locale assicurava, che
gli
dei stessi servivano dopo la morte gli uomini vir
dizione locale assicurava, che gli dei stessi servivano dopo la morte
gli
uomini virtuosi, che Higolajo ammetteva nel soggi
e dal nome di lei furono detti Hossir o Hnosser i giojelli, le gemme,
gli
ori e tutte le ricchezze della terra. 2222. Hoang
223. Hobal. — Nelle lingue semitiche il Sole si chiama Baal, e da ciò
gli
arabi danno il nome di Hobal, ad un loro dio che
che involontariamente ucciso uno. Essi tributavano a questo volatile,
gli
onori divini, adorandolo come una delle loro divi
cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di serpenti alati, che
gli
ibi distruggevano interamente. I naturalisti asse
della famosa Penelope, sposata da Ulisse. Allorquando l’astuto greco
gli
chiese la mano della figliuola, Icario trovavasi
l marito salì sul carro, Icario segui correndo i veloci corsieri, che
gli
rapivano il suo tesoro, per modo che Ulisse, stan
velenati, uccisero il disgraziato Icaro. Bacco sdegnato allora contro
gli
abitanti dell’Attica disertò la loro contrada con
a, la quale non ebbe fine se non quando furono morti un dopo l’altro,
gli
uccisori d’Icaro ; che fu dopo la morte posto nel
onarli. 2232. Icneumone. — Gli egiziani in generale, e in particolare
gli
abitanti di Eracleopoli, tributavano a questo ani
particolare gli abitanti di Eracleopoli, tributavano a questo animale
gli
onori divini. Ciò avveniva, secondo asserisce Dio
ti. Finalmente egli uccise Castore, perchè, a simiglianza di Apollo,
gli
aveva sedotta la moglie Febe, figliuola di Leucip
di flauti e di timballi. — V. Palatina. È opinione assai ripetuta fra
gli
scrittori dell’antichità, che il nome d’Idea si d
dicati a Diana e quei giorni venivano ritenuti come festivi tanto che
gli
schiavi non lavoravano. Per contrario gli idi di
nuti come festivi tanto che gli schiavi non lavoravano. Per contrario
gli
idi di marzo erano riguardati come giorni sfortun
destino, si compì in tutta la sua terribile verità. Un giorno, mentre
gli
Argonauti davano in una città della Tracia la cac
te, Idomeneo fe voto a Nettuno, di sacrificargli la prima persona che
gli
si presenterebbe allo sguardo, nel metter piede n
tirsi atrocemente del voto disumano ; imperocchè la prima persona che
gli
si parò innanzi fu il proprio figliuolo, l’unico
re il proprio figliuolo sulle are sanguinolenti del dio del mare. Fra
gli
autori antichi ve ne ha molti i quali pretendono
città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la morte di lui,
gli
abitanti della novella città riconoscenti verso l
aver egli mantenuto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo,
gli
tributarono gli onori divini e gl’Innalzarono ero
uto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo, gli tributarono
gli
onori divini e gl’Innalzarono eroici monumenti. T
ittà di Gnosso, i cui abitanti gl’innalzarono un magnifico sepolcro ;
gli
tributarono gli onori divini, e nelle battaglie n
i cui abitanti gl’innalzarono un magnifico sepolcro ; gli tributarono
gli
onori divini, e nelle battaglie ne invocarono il
i cui dette a guidare i destrieri al suo fedele amico Iolao, il quale
gli
servi da cocchiere. La favola aggiunge, che quand
a mettevano su di un’alta impalcatura, specie di teatro, su cui tutti
gli
abitanti salivano per adorare, con le mani levate
. L’idromanzia veniva comunemente praticata in due modi : o invocando
gli
spiriti che si supponeva si vedessero in fondo al
a del suo amico Achille. Dormi Patroclo in altra parte, e a lato Ifi
gli
giacque, un’elegante schiava Omero — Hiade — Lib
icolo precedente ; onde sapere da lui il mezzo di aver prole. Melampo
gli
disse allora che avesse conficcato un largo colte
i guerrieri che presero parte alla prima spedizione di Ercole, contro
gli
Elei. Ferito mortalmente dai figli di Attore, egl
di Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo similmente avea nome un altro fra
gli
Argonauti che fu figlio di Testio, e fratello di
o riferisce Plauto, avesse voluto risparmiare alla sua amante Alcmena
gli
atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. —
ezzi di poterla allevare. Sgomentata la povera madre pregò caldamente
gli
dei che le avessero mandato un figliuolo maschio
osa rimase per lungo tempo nascosta, perchè forse per un miracolo che
gli
dei vollero operare in favore di Feletusa, la cre
mpiaciuta dell’inatteso cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare
gli
dei ed in memoria di questo fatto fece incidere s
— Moltiplici e diverse sono le opinioni, i pareri, e le credenze che
gli
autori così antichi come moderni ci hanno tramand
lamine sacrificatore. Questi brandisce il ferro e dono avere invocato
gli
dei, lo configge nel seno verginale della vittima
nvocato gli dei, lo configge nel seno verginale della vittima e tutti
gli
astanti ne risentono il colpo ; ma improvvisament
sdegno celeste avesse risoluto di sacrificare la figlia onde placare
gli
dei ; ma che i soldati greci si fossero opposti v
questo giovane principe un luttuoso avvenimento, ripetendo che giunti
gli
Argonauti sulle spiagge della Troade mandarono un
va carissimo, discese sulla spiaggia per ricercarlo facendo risuonare
gli
echi di quelle rive abbandonate del nome mille vo
fece edificare una cittadella nelle mura di Troja e da ciò i poeti e
gli
scrittori dell’antichità, chiamano col nome d’Ili
incipe, legato di parentela e d’amicizia con Ercole prese a difendere
gli
Eraclidi suoi discondenti ; assegnò ad essi uno s
eo mosse alla testa di un esercito alla volta di Atene per scacciarne
gli
Eraclidi, Illo, duce supremo delle milizie atenie
sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l’inimicizia fra
gli
Eraclidi ed i Pelopidi ; e la guerra minacciava d
di, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se era vinto,
gli
Eraclidi non avrebbero potuto entrare nel Pelopon
che dopo un periodo di cento anni. Nel combattimento Illo fu ucciso e
gli
Eraclidi perciò non poterono entrare nel Peloponn
nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la forma di un elmo che
gli
antichi chiamarono Trafitide ; e che questa pietr
strana facoltà di saltare da sè sola, sulla sponda tutte le volte che
gli
echi circostanti ripetevano lo squillo di una tro
Così Sofocle, nel suo Edipo, ci dà un’idea della maniera con la quale
gli
antichi pronunciavano le imprecazioni, allorquand
rone, dal fatto seguente. Nel tempio di questo dio, si conservava fra
gli
arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di gra
a cronaca che il poeta Sofocle, ebbe in sogno una visione nella quale
gli
apparve Ercole stesso e gli mostrò la persona che
le, ebbe in sogno una visione nella quale gli apparve Ercole stesso e
gli
mostrò la persona che avea consumato il furto. Il
ere, madre dell’eroe, loavea trasportato in cielo e l’aveva posto fra
gli
dei, dopo averne purificato il corpo nelle onde d
va ancora ai suoi tempi un monumento consacrato a Giove Indigeto, ove
gli
venivano offerti continui sagrifizii. La parola I
zii. La parola Indigeto deriva dal latino in diis ago cioè : sono fra
gli
dei. Oltre a questo i romani davano la denominazi
o i romani davano la denominazione collettiva di dei indigeti a tutti
gli
eroi che essi avevano divinizzato, per mezzo dell
ormarono della indovinazione, una scienza arcana e misteriosa, furono
gli
egizii ed i greci, i quali osarono di formarne un
to numero di denominazioni delle quali han fatto menzione quasi tutti
gli
autori antichi. 2282. Indovini. — I greci li rite
tra un toro ed un bue, forse per indicare che l’indulgenza ammanzisce
gli
animi più brutali. 2284. Inferno. — Questa parola
ni del celebre scrittore, non avevano la costumanza adottata da tutti
gli
altri abitanti della Grecia, quella cioè, di mett
bbe in verità dare una spiegazione esatta, dell’analogia che vedevano
gli
antichi, fra il nome d’Intercidona e la protezion
tizione facea commettere ai pagani ; i quali credevano fermamente che
gli
dei cangiassero le viscere delle vittime, nel mom
e, onde significare per mezzo di quelle, la loro volontà. Però presso
gli
antichi stessi, vi erano ben molti che non presta
eri degli animali svenati nel sagrificio da lui offerto agli dei, non
gli
avevano dato una favorevole risposta, circa le so
o generale ?… » 2289. Inverno. — A somiglianza delle altre stagioni,
gli
antichi aveano personificato anche l’inverno, rap
costante affanno Di riposo non gode, ma rivolge In mente de’ mortali
gli
abborriti Successi : e questi rivolgendo in mente
e fa che Prometeo disveli ad Io la durata delle sue pene e le mostri
gli
altri travagli che la gelosa Giunone le riserbava
enza degli dei ; poichè la opinione generale presso i pagani, era che
gli
dei si rivelassero agl’uomini, o per mezzo dei so
tei tutti coloro che la negavano. Cicerone stesso, al quale fra tutti
gli
altri autori dell’ antichità, non si può dar cert
mezzo dell’ isola sorgeva un magnifico tempio, a lui dedicato, e dove
gli
si facevano le più ricche offerte. Finalmente gl’
ballasse, al suono della sua lira, come a rallegrarsi degli onori che
gli
si rendevano. Ricchissime e continue erano le off
passare le offerte di mano in mano, fino a Delo, e si presero perciò
gli
accordi nenessarii con gli abitanti delle differe
in mano, fino a Delo, e si presero perciò gli accordi nenessarii con
gli
abitanti delle differenti città, che si trovavano
ome padre del sole e della luna. Nè a ciò si arrestano le notizie che
gli
autori dell’ antichità, ci hanno tramandate su qu
anaidi. Ipernestra invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo,
gli
porse il mezzo di sottrarsi alla grave sciagura c
apitale stessa della Grecia, similmente costrutto, e detto come tutti
gli
altri simili, Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipe
rti servienti degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare
gli
oracoli e di accudire a quanto abbisognava nelle
arditamente nel sacro recinto, quasi disfidando con proterva audacia
gli
dei ; ma rimase immediatamente punito dell’ atto
mana e di quella del cavallo. È a notare per altro che non sono pochi
gli
autori dell’antichità, i quali attestano l’esiste
co possessore della fatale bellezza della propria figliuola, allorchè
gli
dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contr
zza della propria figliuola, allorchè gli dei sdegnati contro di lui,
gli
suscitarono contro Pelope, al quale concessero, p
done. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re
gli
avea imposto di impadronirsi. 2311. Ippolito. — D
prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella quale
gli
diceva, che il figliastro avea voluto attentare a
rlo nella città, ove egli si trovava, e giustificarsi del delitto che
gli
veniva apposto. Ippolito intraprese il viaggio, e
le rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù,
gli
resero gli onori divini : e Diomede gli fece inna
cciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero
gli
onori divini : e Diomede gli fece innalzare un te
e in memoria delle sue virtù, gli resero gli onori divini : e Diomede
gli
fece innalzare un tempio, alla custodia del quale
un tempio, alla custodia del quale, vigilava un sacerdote perpetuo, e
gli
dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene,
l’Ippopotamo veniva adorato con un culto particolare, volendo con ciò
gli
Egizii scongiurare il male che egli avrebbe potut
e avvenimento. Dice la favola che avendo le donne di Lenno trascurati
gli
altari di Venere, la dea per punirle, le rese di
o tutte, e concordi nel desiderio della vendetta, congiurarono contro
gli
uomini, e in una sola notte ne uccisero quanti ne
no dell’isola, che tenne per qualche tempo pacificamente. Allorquando
gli
Argonauti, capitanati da Giasone, mossero verso l
onquisto del famoso vello d’ oro, Ipsipile accolse regalmente benigna
gli
avventurieri navigatori, e trattenne per lungo sp
allora anelando da lungo tempo a diventar padre, chiese agli dei che
gli
avessero conceduto un figliuolo, ed infatti dopo
embrasse all’ aspetto di tarda età, assestò un tale colpo ad Iro, che
gli
fracassò una mascella, e lo stese al suolo copert
voli monumenti dell’antichità, il quale conteneva l’immagine d’Iside,
gli
atti della religione degli Egizii e i misteri d’
………………. I popoli Etiopi che il sole illumina dei primi suoi raggi, e
gli
Egiziani, che sono i primi sapienti del mondo, mi
meno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e di Apollo, il quale
gli
concesse il dono d’indovinare. Ismenio, fu dalla
liuolo della sventurata Niobe, per liberarsi dagli atroci dolori, che
gli
cagionavano le ferite fattegli da Apollo con le s
cuno degli Issedoni perdeva il proprio genitore, tutti i suoi parenti
gli
portavano in dono gran numero di animali come pec
Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso
gli
antichi aveva vigore di legge una tradizionale co
aclidi e figliuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo,
gli
successe nel governo di quella città. 2347. Ister
le altre città della Grecia, onde assistere ai giuochi istmici e solo
gli
Eleati erano fra tutti i greci quelli che si aste
ta, la corsa a cavallo nelle bighe e a piedi, il pugillato ecc. erano
gli
abituali esperimenti che si eseguivano nei giuoch
a a quelio avrebbe riconosciuta la supremazia del Sole. Da quel tempo
gli
abitanti riconobbero Nettuno, come dio protettore
dei fanciulli e delle vestali, le quali conservavano l’ Itifallo fra
gli
oggetti sacri e lo avevano in grande venerazione.
grande venerazione. Itifallo era anche il soprannome particolare che
gli
egiziani e dopo di essi i greci, dettero a Priapo
il manto della religione si commettevano le più turpi dissolutezze, e
gli
accoppiamenti bestiali e contro natura. Gli Itifa
sa, esse piansero così disperatamente la morte di quel loro caro, che
gli
dei mossi a compassione, le cangiarono in stelle,
nia — Canto. 2366. Jarba. — Lo stesso al quale si dà, da quasi tutti
gli
scrittori, il nome di Giarba, che fu uno degli am
a suo costume. Dopo qualche tempo, convinto l’ eroe che quella unione
gli
sarebbe tornata funesta, fece sposare Megara a Jo
sua protezione. E quando Euristeo mosse, a capo d’un esercito, contro
gli
Eraclidi, Jolao, sebbene assai vecchio d’ età, pr
i. Ma appena squillò la tromba annunziatrice dell’ attacco imminente,
gli
dei ritornarono il vigore giovanile alle membra d
ia. trad. di F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore di Jolao che
gli
ateniesi celebravano con gran pompa nella loro ci
vò con solerte e vigile affetto. Così Jone crebbe per varî anni sotto
gli
occhi della sua affettuosa liberatrice, e all’omb
adde come fulminato al suolo, ucciso dal terribile veleno. Spaventati
gli
astanti, arrestarono immediatamente il coppiere,
coppiere, il quale, non esitò a confessare che la regina in persona,
gli
avea dato l’incarico micidiale. All’ inattesa riv
si stabilì nella Caria, e fu capo di una colonia da cui poi discesero
gli
Jossidi. A proposito di questi, scrive Pausania,
eligione, essi conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere
gli
asparagi e di non sbarbicare le canne ; tributand
uelle contrade, si venerava il fanciullo Kama come dio dell’ amore, e
gli
si dava perfino una moglie chiamata Rati. Gli si
ica. Si vede la grande relazione che passa fra i Kamis del Giappone e
gli
Eroi o Semidei della mitologia greca e romana. È
iose ornano il collo, il petto e le braccia della divinità ; un fiore
gli
adorna il capo ; mentre ai suoi piedi è deposto u
lio della Notte ; ed aggiunge che abitualmente veniva raffigurato con
gli
occhi spalancati e terribili con la bocca attratt
o spaventoso sogghigno, e con le vesti grondanti di sangue. Anche fra
gli
scrittori dell’antichità si fa menzione di un Dio
cui si dànno presso a poco simili sembianze. 2391. Keraone. — Presso
gli
spartani era questo il nome del dio, che presiede
zione a lui fatta da alcuni Muni ispirati, specie d’indovini, i quali
gli
avevano profetizzato che un giorno, egli avrebbe
porta seco. Krisna allora, sapendo per volere divino che il seno che
gli
si porge è avvelenato, taglia coi denti già posse
li in ringraziamento della vittoria, innalzarono a Giove una statua e
gli
posero la famosa scure fra le mani. 2401. Lacedem
, il primo che avesse dedicato un tempio alle Muse. Dopo la sua morte
gli
venne innalzato un monumento eroico. 2402. Lacede
oprannome di Giove, che a lui fu dato dagli Orcomeni, dopo che Frisso
gli
ebbe sacrificato il montone di Colco. Dopo questo
vorio, e rappresentava Diana in abito da caccia. Al dire di Pausania,
gli
abitanti di Patra fabbricarono un tempio a Diana
una, sulle sponde del quale, ogni anno si radunavano, ad epoca fissa,
gli
abitanti delle circostanze, onde gettare in quell
e più strane cose. Il cennato scrittore aggiunge, che allorquando fra
gli
abitanti delle Gallie sorgeva un qualche dissidio
olpita, come un’allegoria sanguinosa, una lionessa con un agnello fra
gli
artigli. 2416. Lalo. — Figlio di Labdaco re di Te
manti, sebbene Lamia fosse già avanzata negli anni. Dopo la sua morte
gli
Ateniesi e i Tebani eressero un tempio alla sua m
he il popolo in piena sommossa le uccise a colpi di pietra. Calmatisi
gli
animi, i Trezentini, dolenti di quanto era avvenu
delle lampadi per tre usi principali. Le adoperavano nei tempii e per
gli
atti della religione ; se ne servivano nelle case
adi ardessero per lungo tratto di anni senza bisogno di alimento. Fra
gli
esempii riferiti a comprovare cosìfatta credenza,
e padre il fece Del bellicoso Sarpedon ……. …………… Laodamia peri sotto
gli
strali Dell’irata Dïana ; …. Omero — Iliade — Li
; e pianse tanto amaramente nel chiadere al cielo codesta grazia, che
gli
dei impietositi gliela concessero. Mercurio infat
contrada, e uccise lo stesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che
gli
successe sul trono di Troia fece innalzare un mag
davano agli dei Lari, detti anche Penati ; e che essi ritenevano come
gli
dei domestici, i genii tutelari del domestico foc
degli dei Lari, trasse la primitiva sua origine dall’uso che avevano
gli
antichi di sotterrare cioè i loro morti nelle cas
e dei protettori delle strade. Secondo riferisce il cronista Apuleio,
gli
dei Lari altro non erano che le anime di coloro c
vidio — I Fasti Libro V.— trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Plauto
gli
dei Lari venivano da principio rappresentati sott
ati intorno al focolare, e spesso anche dietro l’uscio da via. Quando
gli
schiavi ricevevano la libertà appendevano le loro
ronaca romana, che l’imperatore Caligola ; scontento dei proprî Lari,
gli
avesse in un momento di furore fatti gettare dall
vie. Giano, secondo riferisce il cronista Macrobio, era compreso fra
gli
dei Lari dei romani, perchè si credeva che avesse
ologica, che Latino avesse avuto dalla regina Amata, un figliuolo che
gli
fu rapito da alcuni delfini ; per modo che non gl
, un figliuolo che gli fu rapito da alcuni delfini ; per modo che non
gli
restò altra prole, che una leggiadra giovanetta p
l’illustre profugo ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale
gli
aveva imposto di non maritare la figlia sua, che
ia sua, che con un principe straniero, egli fece alleanza con Enea, e
gli
offrì la figliuola Lavinia in consorte. Ma i suoi
Latmo. — Montagna nella Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita
gli
amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisc
osciuta sotto il nome di grotta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso
gli
antichi popoli norici, era questo il nome del lor
ano Latona di un culto particolare, è mestieri primieramente nominare
gli
Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni fest
fosse condannato dagli dei a non poter più ridere per qualunque cosa
gli
fosse avvenuta. Addolorato di ciò, egli ricorse a
r essere liberato da tale castigo ; e l’oracolo rispose che sua madre
gli
avrebbe restituita nella propria casa la facoltà
ppena rientrato nelle sue domestiche pareti, si accorse che il ridere
gli
era sempre inibito da una forza superiore. Però d
, anch’essi gemelli. Dopo la morte, le figliuole di Tersandro, ebbero
gli
onori divini, e fu loro eretto un altare nella ci
le campagne di Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna, dove
gli
assassini ed i ladri si riunivano a dividere il b
iata, e ricerca. Virgilio — Eneide — Lib. VII. trad. di A. Caro. Ma
gli
dei con presagi e sogni si opposero sempre al com
n presto riempì tutta la reggia. Codesto avvenimento colmo di terrore
gli
astanti, ma finalmente, spentosi il fuoco, e trov
da simili predizioni, mosse a consultare l’oracolo di Fauna e questo
gli
rispose, che non avrebbe dovuto concedere la mano
che, ella partorì un figliuolo, a cui mise il nome di Silvio. Intanto
gli
abitanti del Lazio cominciarono a mormorare della
ni antichi popoli italiani, che taluni scrittori vogliono che fossero
gli
stessi abitatori del Lazio, sudditi del re Latino
a del fatto, che si fosse fabbricato uno splendido tempio comune, ove
gli
alleati latini, romani, volsci, si fossero raduna
a di Cigno oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fra
gli
altrì di quell’ uovo usci la morte Delle superbe
essa seppe mantenere il silenzio. Caduta la dinastia dei Pisistrati,
gli
Ateniesi eressero una statua alla cortigiana Leon
inalmente a chi avrebbe bevuto più vino. Ercole vinse sempre in tutti
gli
esercizii, per modo che Lepreo, ebbro di collera
e i falsi raziocinii di cui si serviva il detrattore dell’ eroe. Fra
gli
autori antichi però, quello che ci ha trasmesse p
agliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania, il quale asserisce che
gli
argivi pretendevano che fu da questo lago che Bac
so della reggia trovarono la moglie del re, la cui speventevole vista
gli
inorridì per modo che essi vollero ritornare sui
ando i suoi Lestrigoni fece raggiungere l’ altro fuggitivo, ordinando
gli
fosse preparata un’ orribile morte. Costei di bo
o, che disegnò lor tosto Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, Che
gli
fu cena ; Omero — Odissea — Libro X. trad. di I.
opria bellezza, osò vantarsi d’esser più bella delle immortali : onde
gli
dei sdegnati la condannarono ad esser trasformata
a alle principali divinità, ed in uno dei loro templi, credendosi che
gli
dei, a cui veniva offerto il banchetto vi averser
come un’ istituzione individualmente romana ; ma vi è stato pure fra
gli
scrittori tanto antichi che moderni, e fra questi
la del Ponto Eusino, della quale la tradizione mitologica ripete, che
gli
antichi avevano formata una specie di Campi Elisi
dovè ritrarsi dalla batglia ; e siccome qualche tempo dopo, la ferita
gli
cagionava insopportabile dolore, egli si fece tra
si fece trasportare a Delfo, onde consultare quell’oracolo. La Pitia
gli
rispose che avrebbe dovuto recarsi nell’isola di
ta Dafne ; ma sapendo la grande avversione che essa nudriva per tutti
gli
uomini in generale, pensò che piuttosio che richi
nsò che piuttosio che richiederne inutilmente la mano, che ella certo
gli
avrebbe negata, valeva meglio ricorrere ad uno st
. Orcamo intanto, avvisato da certa Clizia del tranello che per amore
gli
faceva Apollo, cieco di furore, e cedendo alle pe
insinuazioni, che per gelosia del divino amante, l’abbandonata Clizia
gli
suggeriva, ordinò che Leucotea fosse sotterrata v
La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale
gli
dei dettero il nome di Leucotoe, quando essa fu a
l nome di Matuta V. Matuta. 2492. Lia. — Appellazione particolare che
gli
abitanti della Sicilia davano alla Luna, credendo
molti pericoli, giunse coi suoi a prender terra a Temessa. Calmatisi
gli
spiriti, Ulisse offrì ai suoi compagni uno splend
el tripudio osò violentare una giovanetta nativa di Temessa. Istrutti
gli
abitanti del turpe atto di Liba, lo afferrarono e
ell’ucciso, tormentò da quel giorno e perseguitò così implacabilmente
gli
abitanti di Temessa, fra cui portò la desolazione
ore in onore di quel nume a cui si sacrificava. È a notare che presso
gli
antichi assai di sovente tutto il sacrifizio cons
me, viene secondo Varrone, dalla parola libendo da cui poi provennero
gli
altri due vocaboli libido e libidinosus. È opinio
rare codeste cerimonie con grande solennità e vi erano invitati tutti
gli
amici, come alle nozze. 2500. Liberalità. — I rom
to era il simbolo convenientissimo alla dea della Libertà, perchè fra
gli
animali domestici, il gatto è quello che non soff
a ci ha tramandato uno strano ricordo. Narrano le cronache che avendo
gli
abitanti di Libetra, spedito una deputazione di l
nte chiamato Sus. Ingannati da questa oscura ambiguità dell’ oracolo,
gli
abitanti credettero che il dio avesse voluto parl
na novella, accorsero in folla i pastori delle circostanti campagne e
gli
abitanti della città ; e fecero tale ressa onde a
con tale precipitoso impeto che la città fu interamente distrutta, e
gli
abitanti morirono tutti annegati. 2505. Libetridi
Roma ad un collegio di sacerdoti chiamati Folgorali, perchè traevano
gli
augurii dell’avvenire dallo strisciare della folg
to che si doveva compiere per consacrare le città, i templi, le mura,
gli
altari, le porte principali, le are e tutti i mon
configurazione del principio della vita, come madre dell’ amore, onde
gli
uomini si ricordassero della loro caducità. È que
un tempio, circondato da un bosco sacro, nel quale si vendevano tutti
gli
oggetti necessarii alle pompe funebri. Chiamavans
er la efferata sua barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutti
gli
stranieri che transitavano pei suoi stati. Si vuo
osse apprestato a levargli la vita, durante il sonno, come faceva con
gli
altri. Però, avendo avuto sospetto che quello str
a bocca la rabbia, e col desio Delle solite stragi si converte Contro
gli
armenti, e ancor del sangue esulta. Le vesti in p
re di Pausania, codesta tradizione era tenuta in gran concetto presso
gli
arcadi, i quali in tutto ciò non vedevano nulla d
to ciò non vedevano nulla di esagerato. Al dire del citato scrittore,
gli
abitanti dell’Arcadia ritenevano per fermo che ol
a ed irrestibile, e il fulmine cadendo con orrendo fracasso, incenerì
gli
autori di quell’ opera nefanda. Fu in questa occa
rincipio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pausania,
gli
abitanti d’ Arcadia, chiamavano sacro quel monte,
do Danao contrastava il possesso della corona di Argo al re Gelanore,
gli
accadde un giorno d’incontrarsi in un toro ed un
uno straniero doveva avere la supremazia sopra un cittadino. Infatti
gli
argivi proclamarono loro re Danao, a detrimento d
, il cui nome significa Città dei Lupi. Al dire dello storico Diodoro
gli
egizii, che erano un popolo eminentemente superst
oise. Ma sdegnarsi i numi Con quel superbo. Della luce il caro Raggio
gli
tolse di Saturno il figlio, E detestato dagli ete
i sopra, altri autori aggiungono che Licurgo stesso, volendo eccitare
gli
operai a seguire il suo esempio, si fosse tagliat
tia, che dava i responsi, questa lo chiamasse il diletto degli dei, e
gli
facesse onoranza, siccome ad un dio. Infatti gli
diletto degli dei, e gli facesse onoranza, siccome ad un dio. Infatti
gli
spartani accettarono, con reverente riconoscenza,
andò a nascondere in un luogo lontano e remotissimo, e da quel giorno
gli
spartani non intesero più a parlare di lui. È opi
ento ; temendo che se queste venissero trasportate nella Lacedemonia,
gli
abitanti di quella contrada, e sopratutto gli spa
tate nella Lacedemonia, gli abitanti di quella contrada, e sopratutto
gli
spartani, avessero potuto ritenersi sciolti dal s
me del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e
gli
abitanti di quella Liguri. 2527. Ligodesma. — Dal
asserisce lo storico Plinio, si dava la strana prerogativa di rendere
gli
oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle su
ino le nazioni più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e che
gli
abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo
egnato lo percosse così violentemente coll’arco dello istrumento, che
gli
produsse una ferita sulla fronte, della quale dop
he vede appenanato, e perchè, secondo la credenza pagana, dormiva con
gli
occhi aperti. In Egitto il lione era consacrato a
cutio. 2553. Loimio. — Dalla parola greca λοιμος che significa peste,
gli
abitanti della Lidia davano questo soprannome ad
ersecuzioni del dio Priapo. 2555. Loto. — Secondo riferisce Plutarco,
gli
egiziani dipingevano allegoricamente, da questo f
trovava sempre il fiore di Loto, a motivo della grande relazione che
gli
egizii credevano avesse quel fiore coll’astro del
ompagni di Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra, e tutti
gli
altri suoi seguaci, che poi gustarono di quel fru
e sotto quest’ultimo nome aveva un tempio ed una sacerdotessa presso
gli
Eliani. 2564. Luciniana. — Questo soprannome che
avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio era presso
gli
antichi una festa quasi continua, imperocchè oltr
dato numero di cani rossi. 2566. Luna. — Il Sole e la Luna sono stati
gli
dei planetarii adorati da quasi tutti i popoli de
egnano che i fenici, adorarono la Luna sotto il nome di dea Astarte ;
gli
arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quel
, ripete che Fea, la divinità suprema, fu madre della Luna e di tutti
gli
altri minori pianeti, che si aggirarono a popolar
a Luna medesima, alla quale, secondo riferisce il cronista Sparziano,
gli
abitanti della città di Carres, nella Mesopotamia
splendido tempio, dedicato al dio Luno. Il citato cronista dice, che
gli
abitanti di Carres avevano personificato maschilm
potere delle donne, ed erano dominati da esse ; mentre per contrario
gli
adoratori del dio Luno, conservavano per tutta la
ere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al dire di Sparziano, che
gli
egizi ed i greci, se pure comunemente avessero ch
ntura ; quella cioè, durante i sacrifizi che si facevano al dio Luno,
gli
uomini vestivano da donna, e le donne da uomo. Fo
, e che, secondo asserisce Ovidio, cominciavano nel terzo giorno dopo
gli
Idi di febbraio. Per altro questa opinione del fa
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra
gli
uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra
gli
uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
attolica. Essi professavano l’infame credenza dello accoppiamento fra
gli
uomini e soprattutto coi fanciulli ; vivendo comp
: 2. E Giacobbe, raunata tutta la sua famiglia, disse : gettate via
gli
dei stranieri che avete tra voi, e mondatevi e ca
a ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano
gli
stati indipendenti, i quali giovarono immensament
. 32. Colonne d’ Ercole. — Nella geografla moderna. Il luogo ove
gli
antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato
Le sue cognizioni matematiche, affatto straordinarie pei suoi tempi,
gli
acquistarono grande riputazione. 35. Cecco d’ A
ni e di legarle le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano
gli
Dei cercarono di liberarla : essi furono costrett
retti di ricorrere a Vulcano. che non si decise a farlo se non quando
gli
ebbero promessa Venere in isposa. 45. Vulcano.
ossia presiedeva al punto nel quale veniamo al mondo. Lachesi filava
gli
avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia
tri (κθονιοι, επικθονιοι), a’ quali si riducono i Marini (θαλασσιοι),
gli
Eroi (ηρωες) ed i Semidei (ημιθεοι), e finalmente
o. Il Cielo, detto da’ Greci Urano, era riputato antichissimo fra
gli
Dei : ed ebbe molti figliuoli dalla Terra, sua mo
iove, a Satùrno mostrando la sola Giunòne. Dicono che invece di Giove
gli
presentò una pietra avvolta in fasce, detta Abadi
e credendone a parte Satùrno, coll’aiuto de’ Titàni, suoi figliuoli,
gli
mosse guerra, e vintolo, il trasse prigione ; ma
, esser ne’libri del fato che Giove dovea un dì spogliarlo del regno,
gli
mosse guerra ; ma fu da lui vinto e discacciato d
ce. Non vi era cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali ; nè
gli
uomini erano intesi al mercanteggiare, sicchè que
vasi pure un’eterna primavera ; i ruscelli scorrevano latte e vino, e
gli
alberi stillavano dolcissimo mele. IV. Pico e
o e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava
gli
oracoli alle donne, come il marito agli uomini. V
cri boschetti. Fauno fu il primo ad edificare de’ tempii agli Dei fra
gli
Aborigeni, e dal suo nome si crede derivata la pa
i detti da Catullo (4) i migliori fra tutti quelli dell’anno. In essi
gli
amici si davan regali a vicenda ; non vi era gast
a ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero, di cui si servivano
gli
antichi per iscrivere. Essi intonacavano leggierm
Altri vogliono che quella figura rappresentava la terra che credevan
gli
antichi della forma di una sfera. In esso non era
er dovea continuamente acceso, perchè siccome eternamente risplendono
gli
astri nel cielo, così, per cura delle Vestali, se
o velato e seduto è in atto di prendere e divorare una pietra che Rea
gli
presenta avvolta nelle fasce. Quasi sempre ha la
rsa di fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per ricordare che
gli
uomini un tempo nudrivansi del frutto di quell’al
e cose di Satùrno e di Giano. Satùrno si annoverava piuttosto fra
gli
Dei infernali che fra i celesti ; la quale creden
te. Era in Roma un vico assai frequentato, ove stavano in gran numero
gli
usurai ed i mercadanti, ed un tribunale che conda
bbero in premio quell’stinto nel fabbricare il mele, che le rende fra
gli
animali tanto ammirabili. Così allevato crebbe Gi
ellissima adolescenza ; la sua fanciullezza fu in grande onore presso
gli
antichi, e vi era una divinità chiamata Veiovis c
la forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti
gli
Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al t
rono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente di meno
gli
antichi fecero Giove soggetto alle determinazioni
ino. Quando Giove inchinava i neri sopraccigli, e sull’immortale capo
gli
ondeggiavano le divine chiome, tremava tutto quan
e nubi. Orazio (1) crede che Giove diede all’aquila la signoria sopra
gli
altri uccelli pel fedele servigio prestatogli nel
ato un tempio, il cambiò in aquila, di cui valevasi nell’attraversare
gli
spazii dell’aria. E la consorte di lui che non vo
ipio l’universo non era che un’informe e confusa mole di materia, che
gli
antichi dissero caos, cioè confusione universale
s, cioè confusione universale della materia, che contenea in se misti
gli
elementi di tutte le cose, in guisa che ove era t
d acqua e fuoco ritrovavansi stranamente confusi. Or una mente divina
gli
elementi così mescolati bellamente divise, a cias
urio che lo legasse al monte Caucaso, e che un’aquila, o un avvoltoio
gli
divorasse il cuore che sempre rinasceva. Ma Ercol
ora (Πανδωρα, Pandora), quasi ornata di tutt’i doni. Altri dicono che
gli
Dei, mal sofferendo che Giove volea per se solo i
uria tutt’i mali e le colpe, ond’è la terra infestata ; giacchè prima
gli
uomini viveano in lietissima felicità. Tentò egli
orlo rimase la speranza ch’era nel fondo. E così Epimeteo, come tutti
gli
stotti, conobbe suo danno dopo essergli intervenu
o. Potrebbe pur dirsi che Prometeo, avendo colla sua sapienza ridotto
gli
uomini salvatici e rozzi alla vita socievole e ci
arono tanta felicità, ed il genere umano mosse a sdeguo sì fattamente
gli
Dei che tutti lasciarono la terra pe’ delitti deg
que’ celesti abitatori ; chè privilegio era dell’età dell’oro, godere
gli
uomini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa
e un oracolo antichissimo nella Beozia, e però chiamossi fatidica. Or
gli
Dei, i quali, lasciata la terra, erano ritornati
d’ibi. Da questa trasformazione ebbe origine il ridicoloso culto che
gli
Egiziani prestavano a certi animali. Ma finalment
a, il Pachino ; ed il Lilibeo, sopra le gambe, mentre l’ignivomo Etna
gli
sta sopra il capo. Alla favola di Tifeo han dato
a Macedonia, scagliando sassi ed alberi accesi contra il cielo, e che
gli
Dei, chiamato Ercole in aiuto, li debellarono. Al
uomini di grandissima robustezza e ferocia, che insolentivano contra
gli
Dei e gli uomini, a’ quali, per dinotarne la forz
grandissima robustezza e ferocia, che insolentivano contra gli Dei e
gli
uomini, a’ quali, per dinotarne la forza, gli ant
tivano contra gli Dei e gli uomini, a’ quali, per dinotarne la forza,
gli
antichi diedero corpi smisurati, molte braccia e
empio, fu trasformato in lupo ; ovvero ebbe la malattia, per la quale
gli
uomini credonsi trasmutati in lupi, e che i Medic
talmente l’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì di perdere
gli
uomini con un diluvio. Era nella Focide un monte
dora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tutti e due per pietà fra
gli
altri uomini insigni. I quali vedendo l’uman gene
Dall’una parte e dall’altra eran dodici stanze o piccioli palagi per
gli
Dei maggiori, e nel bel mezzo una sala magnifica
formata la via lattea. La celeste magione di Giove poggiava tutta su
gli
omeri di un sol uomo, ch’era il celebre Atlante,
e impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo stati que
gli
audaci precipitati nell’inferno, Atlànte ebbe la
el mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae,
gli
mostrò il capo di Medùsa ed il trasformò in monte
i gran valore, che andava sulla vetta del monte Atlante a contemplare
gli
astri, e che sostenne la scienza del cielo co’ su
ge che teneva gran tavola co’ Numi nell’Etiopia per dodici giorni ; e
gli
Etiopi vi son chiamati irreprensibili per l’innon
cente. In Diospoli, o città di Giove, era un magnifico tempio, da cui
gli
Etiopi solevan prendere le statue di Giove e degl
(3) Calìpso imbandisce a Mercurio la mensa con abbondante ambrosia, e
gli
mesce rosseggiante nettare. Nè gli Dei solamente,
a mensa con abbondante ambrosia, e gli mesce rosseggiante nettare. Nè
gli
Dei solamente, ma pure i loro cavalli, e quelli p
colata con dolce nettare, il rende immortale, percui è annoverato fra
gli
Dei. Quanto ha ragione di dolcezza e di amabilità
gioventù e fig. di Giove e di Giunòne ; la qual cosa voleva dire che
gli
Dei non invecchiano, godendo una perpetua giovine
cento tauri ogni gherone. In quest’arme la Diva folgorando Concitava
gli
Achivi, ed accendeva L’ardir ne’ petti, e li face
he allattò Giove ; o quella del mostro Egis, ucciso da Minerva. Anche
gli
altri Dei adoperavano l’Egida nelle battaglie in
no le fatali sorelle. Quivi, ingannate le figliuole di Forco, Minèrva
gli
diede a vedere l’immagine di Medùsa nel suo scudo
a Persia. Cassiopèa pe’ prieghi di Perseo fu posta colla famiglia fra
gli
astri. Dopo di ciò (1), ritornato Perseo a Serifo
ia un animale, forse il Catoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui
gli
occhi hanno la virtù di far morire e quasi impiet
on ritrovando la loro Euròpa, Fenìce si stabilì nell’Africa, e da luì
gli
Africani furon detti Poeni ; e Cilice, in una reg
ambedue i lati. Così fece, ed andando ad attingere acqua ad un fonte,
gli
furono i compagni morti da un dragone, figliuolo
icoloso e lungo combattimento l’uccide. Allora udì una voce, la quale
gli
presagiva, ch’egli ancora sarebbe stato un giorno
iòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti
gli
Dei e vi cantarono le Muse e le Grazie. Da lei eb
è la guerra che Minos portò agli Ateniesi. Dalla moglie Pasifae, fra
gli
altri figliuoli, avea egli avuto Androgeo, il qua
remii dovuti a’vincitori ; percui Egeo, re di Atene, o secondo altri,
gli
Atleti Ateniesi per invidia l’uccisero. Minos mos
ano e segreto consiglio di quel re, che Scilla palesò a Minos, percui
gli
fu facile impadronirsi della città. Minos intanto
le impadronirsi della città. Minos intanto, espugnata Megara, e vinti
gli
Ateniesi, loro impose, in pena della morte di And
Creta per essere miseramente divorati dal Minotauro. Si racconta che
gli
Ateniesi furono oppressi da crudele carestia e pe
di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel laberinto di Creta
gli
Ateniesi mandar doveano quell’infelice tributo. D
sega e del compasso. Vuole Ovidio che la spina del dorse di un pesce
gli
avesse data la prima idea della sega ; ma secondo
l quale, com’è costume dell’audace ed indocile gioventù, mal seguendo
gli
accorti consigli del padre, alzò troppo alto il s
o e giunse in Sicilia, ove accolto dal re Cocalo fu cagione che Minos
gli
movesse guerra. Ma Servio dice che Dedalo andò pr
ia nella nostra Cuma, ove edificò un gran tempio ad Apòllo, nel quale
gli
consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo
issimo, li vinceva e vinti li facevá morire. Osò egli provocare anche
gli
Argonauti ; percui fattosi avanti Polluce, lo vin
ocare anche gli Argonauti ; percui fattosi avanti Polluce, lo vinse e
gli
diede la morte. Combatterono eziandio e riportaro
rare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra
gli
altri eroi riportarono la palma Castore nella cor
vi celebrarono i giuochi Teossenii e vi ottennero il primo vanto fra
gli
altri alleti ; e però i Tindaridi con Mercurio e
fatto morire, perchè non volea vivere senza di Castore ; e che Giove
gli
lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di
pel Citerone, ed imbattutasi nel figliuolo Zeto, che quivi pascolava
gli
armenti, fu da lui villanamente discacciata. Ma p
a piè di una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò Giove che
gli
desse un popolo nel numero uguale a quegli animal
nto occhi, de’ quali due alla volta per dormire si chiudevano, mentre
gli
altri erano aperti alla custodia di quella strani
ale morì sepolto fra le ceneri dell’infelice sua patria. Dardano ebbe
gli
onori onori divini, e fu studiosissimo della magi
valli (quadrigae), i quali per altro prima di lui erano in uso presso
gli
Egiziani. A tempo della guerra Troiana fiorì Eolo
uto su i venti ; ma poscia, per opera di Giunone, il diede ad Eolo, e
gli
concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4)
ù si vuole nato da Giove e da Sergesta, fig. d’Ippola, Troiano. Omero
gli
dà dodici figliuoli ed altrettante figliuole ; e
gli Dei. Egli sedeva sulla vetta di un monte, e collo scettro frenava
gli
sdegni de’venti, ed ora lasciavali andare, ora li
turbarono all’Eroe i dolci disegni di tosto rivedere la cara patria e
gli
amici(1). Eolo, dice Diodoro Siculo, fig. d’Ippot
venti, finsero i poeti che egli fosse il loro Dio. Alcuni dicono che
gli
abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano
one chiamavasi Giove dagli antichi Egiziani(4) ; percui anche i Greci
gli
dicdero un tal soprannome. Altri il fan derivare
; pe’quali viaggiando e sofferendo grandissima sete, pregò Giove che
gli
desse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembia
ndo grandissima sete, pregò Giove che gli desse un ristoro. Quel nume
gli
apparve in sembianza di un montone, il quale col
i celesti ; e Bacco in quel luogo edificò un gran tempio, l’unico che
gli
Dei avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mez
raviglie, perchè Giove, il quale per natura è padre di tutti, ama che
gli
ottimi sien chiamati suoi figliuoli. Vicino al te
tutta di querce consacrate a Giove, le quali con umana voce rendevano
gli
oracoli, che i Selli raccoglievano e comunicavano
ano alla credula gente(3). Alcuni(4) dicono, che in quella selva dava
gli
oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia
veano il nome di Peliadi. Altri finalmente dicono che a Dodona davano
gli
oracoli due colombe, delle quali una volò al temp
onzo che si toccavano l’un l’altro, sì che, percossone un solo, tutti
gli
altri davano un suono, che durava per ben lungo t
’giuochi, che Pindaro(2) ebbe a dire che siccome l’acqua supera tutti
gli
elementi, e l’oro è da più di qualsivoglia prezio
più di qualsivoglia preziosa cosa, così l’Olimpico certame fra tutti
gli
altri nobilmente primeggia. Questi giuochi si vog
ale vi combattè il primo con Acareo al pancrazio ; e ciò forse perchè
gli
antichi ad Ercole attribuivano ogni grande e nobi
te, mettendosi delle palle in un’urna di argento. Qualche volta anche
gli
esercizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimp
elevato del Campidoglio, per significare la maggioranza di lui sopra
gli
altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmi
e i Romani, non più per lustri, ma per giuochi Capitolini computavano
gli
anni. Rimase poi a Roma il costume di coronarsi s
lla destra il fulmine, ed a’piedi, un’aquila. Alle volte per iscettro
gli
si dava il fulmine ; e non di rado vedesi in atto
rilevata e quasi gonfia ; ed alla chioma che, come quella del leone,
gli
scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere c
al capo. Il Winckelmann è di parere che il capo di Giove abbia sempre
gli
stessi caratteri che dagli altri Dei il distingua
o, cioè uno sguardo costantemente sereno, co’capelli che dalla fronte
gli
si sollevano, e poscia ìn varie divisioni ricadon
in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia, che
gli
circonda le chiome cadenti. Giove Dodoneo avea il
poli del Lazio, de’quali i principali, dopo i Romani, erano i Latini,
gli
Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto
ve teneasi per vindice del giuramento, e perchè nel nome suo sogliono
gli
uomini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean sen
nto, e perchè nel nome suo sogliono gli uomini giurare. Nel luogo ove
gli
Elei tenean senato, era un simulacro di Giove che
un simulacro di Giove che nelle mani avea i fulmini, pronto a punire
gli
spergiuri. (Pausan.). Iupiter Panomphaeus, πανομ
nte ghiandifere, e perciò riputate sacre(3). Si sa che Giove richiamò
gli
antichissimi uomini dal ferino cibo di carne uman
a cattivo augurio sacrificargli un toro ; sebbene altri dicono che se
gli
poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello
uigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere
gli
uomini negli errori, ed è per loro cagione di sve
Giove in più luoghi dell’ Iliade si chiama l’arbitro della guerra fra
gli
uomini ; e lo Scoliaste riferisce che la terra ag
Iuno venga a iuvando, come quello di Giove ; e riferisce che, secondo
gli
Stoici, Giunone era l’aere posto in mezzo alla te
ha molta somiglianza coll’etere, ch’era Giove. E siccome Giove presso
gli
antichi non era che il sole(5) : così per Giunone
e tutto il bestiame, che in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se
gli
avessero circondata di mura la città di Troia, o
parte della fatica. Ora spaventato Laomedonte, consulta l’oracolo, e
gli
vien risposto che se volea veder finita la peste,
andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte
gli
negò la figliuola ed i cavalli. Gli antichi ebber
avendolo ritrovato alcuni pastori, l’educarono come loro figliuolo, e
gli
posero il nome di Paride o Alessandro. Il quale c
turbano la naturale rettitudine del giudicare. Assai celebrate presso
gli
antichi furono le nozze di Peleo, a cui, benchè m
antichi furono le nozze di Peleo, a cui, benchè mortale, dice Omero,
gli
Dei diedero per isposa una Dea. Catullo ha scritt
eo, suo nipote, sposasse quella Dea ; alle quali nozze furon invitati
gli
Dei e le Dee tutte, salvo che la Discordia o Erid
orello Paride. Le Dee se ne andarono da lui sul monte Ida ; e Giunone
gli
promise ricco e potente reame, se a lei aggiudica
erfido Pastore Ideo, sciolse la lingua ad orribili presagi ; ed ahi !
gli
disse, con infausto augurio una tal donna tu meni
oiani ! Vedi come Pallade già l’elmo appresta e l’egida, il cocchio e
gli
sdegni guerrieri(1). Ed il vaticinio fu vero sì c
di Marte, Giunone consentì che questo suo nipote fosse annoverato fra
gli
Dei, contenta di aver veduta Troia distrutta, e c
di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Paride insultassero
gli
armenti. Virgilio(4) al contrario finge che Giuno
lio(2). Spesso a Giove ed a Giunone davansi le medesime prerogative e
gli
stessi attributi ; e Stazio non dubitò di attribu
gina, ed anche massima. In Roma ella divideva con Giove e con Minerva
gli
onori del Campidoglio, ove fin da’ tempi del pris
gni altro nume si sarebbero resi grandissimi onori(2). Eolo(3) riceve
gli
ordini della Regina de’ cieli colla sommessione d
ssa stava sempre assisa presso al trono della Dea, pronta ad eseguire
gli
ordini suoi ; e quando moveva a fare le imposte c
a là Dea della buona e della trista sorte, la quale presedeva a tutti
gli
avvenimenti, e distribuiva, a seconda del proprio
i anche cieco, perchè spesso veggonsi ricchissimi i ribaldi, e poveri
gli
uomini dabbene. Ritornando alla Fortuna, negli sc
a ornato della mezza luna e del fior di loto, i capelli fluttuanti su
gli
omeri ; un timone nella destra ; il corno dell’ab
tino, deposte le ali, avea gettata la ruota, avendo prima abbandonato
gli
Assiri ed i Persiani, e poscia Alessandro il gran
la Fortuna, per riguardo degli uomini. Tutto ciò che accade, dicevano
gli
antichi, è da’ Numi con immutabile legge del Fato
gli antichi, è da’ Numi con immutabile legge del Fato stabilito ; ma
gli
uomini, lontani dal consorzio degli Dei ed ignora
tt’i mesi, erano consacrati a Giunone, come gl’idi a Giove, perchè(3)
gli
antichi per Giunone intendevano la luna, il corso
endicativo, e quindi crudele ed ingiusto. Βοωπις, occhigrande, che ha
gli
occhi di bue. Appresso i Greci gli occhi grandi r
iusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi di bue. Appresso i Greci
gli
occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1)
so i Greci gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1) avere
gli
occhi di Giunone vuol dire averli grandi e belli.
nne nel giorno della loro nascita sacrificavano in di lei onore, come
gli
uomini, al loro genio(5). Ma sul nome Lucina vi è
etto. Terminata l’opera, e conoscendone l’eccellenza, non aspettò che
gli
uomini ne giudicassero, ma tosto vi appose quel v
’agnella ; le vacche non mai, perchè, nella guerra de’ giganti contro
gli
Dei, Giunone erasi nascosta in Egitto sotto la fi
trodotto in Italia il culto di lei, il quale era molto diffuso presso
gli
antichi popoli, ma a principio in Argo era figura
detta da’ Greci Αθηνα, sulla origine della quale voce non convengono
gli
eruditi. Minerva poi è parola latina, così detta
emoria derivano il nome di Minerva, quasi Meminerva ; ed ognun sa che
gli
antichi aveano Minerva per la memoria, o per figl
rare l’asta, perchè quantunque Minerva, Pallade ed Atene sieno presso
gli
antichi una medesima divinità ; nulladimeno Miner
ffilata sta innanzi a Giove e da lui riceve il comando che con quella
gli
aprisse il capo ; e che Vulcano, dopo lungo ricus
to vi è chi giura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per
gli
occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bio
avea Giunone alla sua sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra
gli
altri figliuoli di Giove, sola ha conseguito tutt
i figliuoli di Giove, sola ha conseguito tutte le prerogative e tutti
gli
onori ; e dal coro de’ Tebani presso Sofocle prim
vato. E però Omero ne’ suoi poemi rappresenta Achille, Ulisse e tutti
gli
eroi che per valore e per senno sopra gli altri s
nta Achille, Ulisse e tutti gli eroi che per valore e per senno sopra
gli
altri si alzarono, sotto la speciale protezione d
il tempio di Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata la Dea
gli
eccitò contro gran fortuna di mare, e le sue navi
si scorge vigore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti
gli
antichi di attribuirle a Minerva. E pare che per
scienzia disfavilla. Secondo Apollodoro, a tempo di Cecrope, usavan
gli
Dei scegliere le città, nelle quali volevan esser
de’ due Numi avesse a vincerla. Ragunati i cittadini allo squittino,
gli
uomini tennero per Nettuno, e per Minerva, le don
altre città. Forse Cecrope approdato nell’Attica, ed avendo ritrovato
gli
uomini del paese dediti al culto di Nettuno, cioè
bbe ancora lunga vita di sette o di otto secoli ; e al dir d’Omero(2)
gli
fu pur concesso che nell’inferno egli solo avesse
che nell’inferno egli solo avesse senno ed accorgimento, e che tutti
gli
altri vagassero a modo di ombre. Alla Dea delle a
tre erano le arti e le invenzioni attribuite a questa Dea(2) ; e però
gli
artefici a lei porgevano le loro preghiere. A lei
e i lavatori o purgatori de’ panni (fullones), i calzolai, i pittori,
gli
scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel
e davasi prima delle feste di Minerva dette Quinquatria, nelle quali
gli
scolari non andavano alle scuole, ed i maestri no
favellare della incorruttibile severità di quel tribunale che presso
gli
antichi ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giu
uomini che giudicassero con maggior costanza, onestà e giustizia che
gli
Areopagiti. Quindi un giudice severo e grave in p
ito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel quale
gli
Dei stessi erano giudicati. Oreste, dicevano essi
ccorso di quel Nume. Apollo lo purifica, e dopo le solite abluzioni e
gli
offerti sacrificii, gl’impone di andare in Atene
onta delle espiazioni, non avean lasciato di tormentarlo. Minerva se
gli
mostra propizia ; ma non potendo respingere que’
ndo che per suo riguardo istituito avrebbe un tribunale per giudicare
gli
omicidii, il quale esser dovea perpetuo. « Voi, E
ate le pruove ed i testimoni. Io sceglierò i più sapienti e probi fra
gli
Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa
lei co’ Titani e co’ Giganti(2). Queste feste Panatenee erano presso
gli
Ateniesi quelle stesse che da’ Romani appellavans
cuni vecchi e vecchie portavan de’ rami di ulivo. In dette feste, fra
gli
altri giuochi, celebravansi quelli istituiti da P
rno al Padre loro, Mirar le membra de’ giganti sparte. Plinio(1) fra
gli
argomenti della gran maestria di Fidia annovera l
o. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso
gli
Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva
e formidabile, perchè Dea della guerra. Il ch. Visconti(5) dice « che
gli
antichi, accuratissimi osservatori delle propriet
fa, secondo Cicerone. Δεσποινα, regina o signora. In generale a tutti
gli
Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma gli Atenies
ignora. In generale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma
gli
Ateniesi con questo nome salutavano propriamente
copide, γλαυκωπις Αθηνα, l’occhiazzurra Minerva, o la Diva, cui tinge
gli
occhi un’azzurrina luce, come traduce il Pindemon
asi un tempio consacrato a Minerva ; ed il luogo, ove si congregavano
gli
uomini studiosi per trattare di cose letterarie,
chi crede ch’essa sia la stessa cosa che il Dio Termine, confondendo
gli
Ermi ed i Termini. Altri credono che un’Ermatena
ta le due divinità presidi dell’eloquenza, Mercurio e Minerva, perchè
gli
antichi con un sol nome composto dinotavano due n
; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva presso
gli
antichi spesso in una stessa moneta si rappresent
o che una figliuola di Pallante, avendo sposato Dardano nell’Arcadia,
gli
portò in dote il Palladio e gli Dei Penati, cui e
avendo sposato Dardano nell’Arcadia, gli portò in dote il Palladio e
gli
Dei Penati, cui egli innalzò de’tempii nella Samo
i dati a questo Nume e lor ragione. Il Banier dimostra che presso
gli
antichi Apollo era tutt’altro che il Sole ; ma no
ed Apollo, nell’inferno. E fu detto Libero, perchè libere vagatur per
gli
spazii del cielo(3). II. Storia favolosa di Ap
; ed il quarto nato in Arcadia chiamavasi Nomio, perchè da lui avean
gli
Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo
o. Omero(1) dice che Apollo non fu dalla madre allattato, ma che Temi
gli
diede a bere il nettare degli Dei. Bellissime cos
per dispetto quelle chiare acque intorbidarono. Sdegnata Latona pregò
gli
Dei che trasformassero que’ villani in ranocchie,
lla terra, l’abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir di freddo
gli
uomini e gli animali. Il che vedendo Giove, perco
abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir di freddo gli uomini e
gli
animali. Il che vedendo Giove, percosse di un ful
eduta in Epidauro la statua di Esculapio con barba d’oro, comandò che
gli
fosse tolta, dicendo essere sconvenevole che il f
ò della divinità e cacciollo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare
gli
armenti di Admeto, re di Fere, in Tessaglia, lung
are Alceste, fig. di Perilao, e consentendolo questi a condizione che
gli
donasse un cocchio tirato da un leone e da un cin
sta pianta fu a lui dedicata, e di essa s’inghirlandava ogni cosa che
gli
apparteneva, il tripode, i tempii, i poeti, i vin
presentimento del futuro. Esiodo(4) dice che le Muse nel farlo poeta
gli
diedero come per iscettro un ramoscello di verde
on tal magistero toccava la lira e sì dolcemente cantava che non solo
gli
uomini di fiera indole, ma le tigri ancora ed i f
ra indole, ma le tigri ancora ed i feroci leoni ammansiva, e muovendo
gli
alberi ed i sassi, se li menava dietro, ed il cor
profonda caverna del Tenaro. Quivi sì dolcemente suonò, pregando che
gli
fosse restituita Euridice, che mosse a pietà gl’i
rza della sapienza e della poesia, con cui i primi sapienti indussero
gli
uomini selvaggi ad unirsi in società. Orazio(2) d
sette corde rappresentava l’armonia de’pianeti. Dicevano i Tracî che
gli
usignuoli i quali nidificavano presso la tomba di
reggia era della madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che il modo
gli
additasse di riprodurre le sue api. La quale, acc
dditasse di riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorevolmente,
gli
propone di andare da Proteo, Dio marino, il quale
rino, il quale si mutava in molte sembianze e presagiva il futuro. Ei
gli
disse ch’eran morti i suoi sciami per gli oltragg
e e presagiva il futuro. Ei gli disse ch’eran morti i suoi sciami per
gli
oltraggi fatti ad Euridice, e per placare l’ombra
za ; ma Mida solo osò dar la preferenza a Pane. Allora Apollo in pena
gli
fece crescere due lunghissime orecchie di asino ;
are i difetti de’ principi, attesa la naturale inclinazione che hanno
gli
uomini a manifestarli. Anche Marsia osò venire a
gio. Allora scende dal cielo Apollo stranamente adirato, coll’arco su
gli
omeri ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepit
ro vasto e bellissimo, sì leggiadramente descritto da Pausania, e che
gli
abitatori del Parnasso aveano in grandissima vene
(4). Quindi l’Ariosto rivolto a Febo dice : E volendone a pien dicer
gli
onori Bisogna non la mia, ma quella cetra Cou che
acque davano pure la virtù di poetare. Notisi infine che in generale
gli
antri e gli ameni recessi si credevano attissimi
o pure la virtù di poetare. Notisi infine che in generale gli antri e
gli
ameni recessi si credevano attissimi per la inspi
zione degli strumenti musicali si attribuiva a’ Numi, perchè appresso
gli
antichi la musica aveasi in grandissimo pregio. Q
ttaria, cioè di maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela di lui erano
gli
arcieri, i musici, i cantori e suonatori, i vati
a di lui erano gli arcieri, i musici, i cantori e suonatori, i vati e
gli
auguri. Lo Scoliaste di Pindaro afferma che Apol
(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme,
gli
Ateniesi, di Atene, e così di altre città. E si r
’era posto sull’apertura di quella grotta. In questo tempio scrissero
gli
antichi a lettere d’oro tre precetti di Chilone L
oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tutti
gli
uomini. Omero(2) riferisce, avere Apollo stesso e
andarono al Nume un guiderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che
gli
fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo
ra simile a quella mensa o tripode, sopra del quale la Pitonessa dava
gli
oracoli(1), ispirata dal Nume per mezzo di un ven
an venti che ispiravano un furore divino, pel quale i sacerdoti davan
gli
oracoli. Anche a Delo, luogo natale del nostro Ap
mbattere il Minotauro, promise con voto ad Apollo Delio di far sì che
gli
Ateniesi ogni anno facessero un viaggio al suo te
nato fosse vincitore. Così istituironsi le feste dette Teorie, in cui
gli
Ateniesi mandavano una deputazione a Delo per off
to ad Apollo il corvo detto uccello Febeo, il quale si annoverava fra
gli
uccelli maggiori augurali. Racconta Ovidio(1) che
che venuti fossero a maturità. Ritornò poscia da Febo con un’idra fra
gli
artigli che avea ghermito, scusandosi quasi quel
dra fra gli artigli che avea ghermito, scusandosi quasi quel serpente
gli
avesse vietato il prender l’acqua. Ma in pena di
tutto il tempo che il fico ha immaturi i suoi frutti. Apollo pose fra
gli
astri il corvo, il serpe e la tazza. Alcuni scrit
l’uomo la morte. Anche Ippocrate giurava per Apollo medico ; ed Igino
gli
attribuisce l’invenzione della medicina oculare.
are. Da non pochi luoghi di Omero si scorge che ad Apollo attribuivan
gli
antichi le morti repentine e tranquille degli uom
i, e più altri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono
gli
slrali di Apollo, da lontano fa sentire la sua in
. Il dice Ovidio(3). Quando fè fare Alcatoo quella torre, Chiamò fra
gli
altri Apollo a dargli aiuto ; Il qual volendo un
alto porre, Appoggiò alla parete il suo liuto. Subito il muro il suon
gli
venne a torre, E sol fra gli altri sassi non fu m
ete il suo liuto. Subito il muro il suon gli venne a torre, E sol fra
gli
altri sassi non fu muto ; Ma da marmo o d’acciar
rnare il gregge. Quindi chiamossi Nomio o pastorale fin da che guardò
gli
armenti di Admeto. Se gl’immolava il lupo, ch’è a
l secondo, d’Iperione ; il terzo, di Vulcano, fig. del Nilo, al quale
gli
Egiziani avean consacrata la città di Eliopoli ;
magica verga. E lo stesso sarebbe accaduto ad Ulisse, se Mercurio non
gli
avesse dato un’erba di stupenda virtù, chiamata m
Circe era una donna d’indole malvagia, che co’suoi artificii rendeva
gli
uomini dissennati e li riduceva quasi alla condiz
quasi aurea o color d’oro (5). Da Astreo partorì i Venti, Lucifero, e
gli
Astri. Omero la dipinge con un gran velo sulla te
ce di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma nel 1815, per
gli
avvenimenti della guerra, ritornò nel Vaticano. È
ntento e renderlo visibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti
gli
altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di
lle quali non mai spuntò anche picciola lanugine. Or si sa che presso
gli
orientali il sole per gli uomini, e la luna per l
nche picciola lanugine. Or si sa che presso gli orientali il sole per
gli
uomini, e la luna per le donne esprimono la più a
o la più alta bellezza. I suoi lunghi crini erano i raggi del sole, e
gli
si attribuiva una perpetua giovinezza, perchè il
Essendo che per Apollo e Diana intendevasi il sole e la luna, da cui
gli
antichi dicevano provenire la salubrità dell’aria
te e felicità ; e quindi detti σωτηρες, αλεξικακοι, αποπομπαιοι, cioè
gli
Dei Averrunci de’ Latini, i quali averruncabant,
fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna e di tutti
gli
astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων, sol subli
ca. Apollo Nomio, Nomius, νομιος, cioè pastorale, forse perchè guidò
gli
armenti di Admeto. Apollo Palatino, Platinus, di
venti e padre e madre (patrimi et matrimi.) al numero di ventisette e
gli
uni e le altre cantavan quel carme in onore di Ap
leste. Gli Egiziani la chiamavano Iside ; Astarte, i Fenicii : Dione,
gli
Assirii ; Militta, i Persiani ; Selene, i Greci ;
osi, agevolmente s’indussero a credere ch’erano i padroni del mondo e
gli
Dei che tutte le cose governano. La Luna da Omero
ttribuivano i poeti una specie di ballo ; anzi Luciano(3) afferma che
gli
astri diedero la prima idea della danza. Virgilio
no è uno de’più maravigliosi fenomeni che nell’uomo si scorgano, così
gli
antichi ne fecero un Nume potentissimo che sopra
i scorgano, così gli antichi ne fecero un Nume potentissimo che sopra
gli
uomini signoreggia e sopra gli Dei, secondo Omero
fecero un Nume potentissimo che sopra gli uomini signoreggia e sopra
gli
Dei, secondo Omero. Un greco autore dice elegante
va ; e ch’era invisibile, mentre tutti il conoscono. Per addormentare
gli
uomini versa su gli occhi loro un fluido detto an
bile, mentre tutti il conoscono. Per addormentare gli uomini versa su
gli
occhi loro un fluido detto anche υπνος, il quale
uale faceva sì che le palpebre si chiudessero. Quindi presso Omero :
gli
sparse il fluido soporifero sulle palpebre ; gli
indi presso Omero : gli sparse il fluido soporifero sulle palpebre ;
gli
Dei mi versarono un dolce fluido soporifero sulle
parse il corpo stanco Col ramo intinto del liquor di Lete. Callimaco
gli
dà l’ala Letea ; ed in Ovidio(2) la reggia del So
secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che
gli
antichi credevano sepolto nelle più dense tenebre
darno il chiaro dì vi mena, Che non vi può mai penetrar coi raggi, Sì
gli
è la via da’ folti rami tronca ; E quivi entra so
i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e
gli
Arcadi, della Luna con Endimione, voleva signific
currebant Lunae laboranti). Come al Sole, così alla Luna attribuivano
gli
antichi alcuni morbi. Gli uomini sorpresi da cert
sta favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu una Selene che visse fra
gli
Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero de
li Arcadi e che dopo la morte fu posta nel numero delle Dee ; ed ecco
gli
Arcadi nati prima della Luna, cioè di Selene.
e fu educato. Macrobio(7) dimostra che Libero, cioè Bacco, era presso
gli
antichi il Sole ; e pare che Virgilio ed Ovidio(1
una bellezza, in cui traluceva un non so che di divino, tanto che se
gli
raccomandò fortemente. Di ciò risero quei corsari
trattarono con modi sì villani che vollero pur legarlo ; ma le catene
gli
caddero da se, Destatosi il nume disse di voler a
ettassero nel mare e divenissero delfini. Bacco allogò il delfino fra
gli
astri. Or Acete giunto a Nasso fu tutto inteso al
l quale leo fece imprigionare, e pensava farlo morire. Bacco però non
gli
mancava del suo aiuto, giacchè gli caddero da se
nsava farlo morire. Bacco però non gli mancava del suo aiuto, giacchè
gli
caddero da se le catene, e si aprirono le porte d
Baccanti. Il cieco vate Tiresia, di cui Penteo derideva i pronostici,
gli
avea presagita una morte funesta pel dispregiar c
l’onor della patria, e l’imbelle straniero, cioè Bacco, senza indugio
gli
recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era
a loro stesse la morte. Per rimedio di tanto male volle l’oracolo che
gli
Ateniesi punissero gli uccisori d’Icaro e che in
Per rimedio di tanto male volle l’oracolo che gli Ateniesi punissero
gli
uccisori d’Icaro e che in ciascun anno al padre e
o Bacco, il quale, per sì liberale ospitalità, il regalò della vite e
gli
additò il modo di coltivarla ; che anzi il vino c
one, fece prodigii di valore ed atterrò il gigante Reto, mentre Giove
gli
dava coraggio, grìdando evohè ! o sia « coraggio,
rlo ; cose tutte che convengono a Bacco. Marziano Capella afferma che
gli
Egiziani indicavano il sole sotto il nome di Osir
fu pur cagione l’odio di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come
gli
altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fug
le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e
gli
uomini eran coronati di ellera e di pampini. In u
a e corpulenta con aria di viso gioconda, o piuttosto beffarda ; e se
gli
dà d’ordinario la coda. In un cammeo del Museo Bo
on modi molto cortesi. Il restituì poscia a Bacco, il quale in premio
gli
promise accordargli qualunque grazia chiesto gli
, il quale in premio gli promise accordargli qualunque grazia chiesto
gli
avesse ; ed egli domandò di cangiare in oro tutto
he il cibo e la bevanda. Vedendosi così vicino a morire, pregò che se
gli
togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli com
a morire, pregò che se gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco
gli
comanda di lavarsi nel Pattolo, fiume della Lidia
o egregio di Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la pose fra
gli
astri, ed è una costellazione di nove stelle dett
ceva sì gran conto che da’ Baccanali o feste Dionisiache si contavano
gli
anni. In onore di Bacco si celebravano pure le fe
elebravano pure le feste antesterie, in cui i padroni doveano servire
gli
schiavi, e tutt’i cittadini si consideravano ugua
si chiamavan pure Bistonidi, cioè donne Tracie, perchè Bistonii erano
gli
abitanti di una parte della Tracia, in cui le org
uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era singolarmente venerato, ed ove
gli
abitanti con piacere mostravano a’forestieri il l
al nume che avea loro viti del nettare involato agli Dei. Oltre a ciò
gli
antichi credevano, essere nel vino un principio i
lia. Il centauro Euritione, avvinazzato fuor di misura, come lo erano
gli
altri commensali, commise a zioni molto indegne,
chiama assistente di Cerere, e da Strabone(4), il genio di Cerere. E
gli
Spartani(5) dicevano che avea pur ritrovato la co
cus.) Da alcuni l’origine della tragedia è attribuita a Bacco, da cui
gli
attori furon dettiartisti dionisiaci. A lui eran
li a ragione presedeva a’banchetti ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7)
gli
si attribuisce l’invenzione di una specie di danz
corona di pampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che
gli
cade su gli omeri ; vaso di oro per uso di bere n
ampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che gli cade su
gli
omeri ; vaso di oro per uso di bere nella destra
regiato negli antichi monumenti ; ed oltre a ciò i pittori ed i poeti
gli
danno due picciole corna che potea levarsi a suo
condo Ateneo, erano un rimedio efficace contro l’ubbriachezza, percui
gli
antichi ne inghirlandavano la fronte de’commensal
ri(4). Bacco si rappresentava stante in piedi ; ed Ateneo(5) riprende
gli
artisti che lo facevan giacente. Ma Pausania lo d
ia vedevasi Bacco con un vaso di oro nella destra ; ed altri artefici
gli
ponevano in mano diverse specie di vasi, come il
la pantera che ha a’ piedi. Ercole è assiso sulla spoglia del leone ;
gli
sta dappresso la clava, e beve in un cantaro ; in
a, poichè non solamente è stato obbligato ad abbandonare a’ Fauni che
gli
sono accanto, la cura di portare l’enorme sua cla
oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il peplo che dagli omeri
gli
discende sino a’piedi è violaceo foderato di verd
a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi
gli
cinge i biondi ed intonsi capelli, ed ha una nebr
. Nel Museo Romano(5) vedesi un bevitore con un corno in mano, perchè
gli
antichi prima dell’invenzione del bicchiere facev
o in mano, ch’era l’antica forma de’ vasi per bere ; o perchè i poeti
gli
attribuivano due picciole corna. Dicevasi pure bi
oviamo essergli state immolate pecore e tori ; ed Erodoto afferma che
gli
Egiziani gli sacrificavano anche il porco. Se gli
li state immolate pecore e tori ; ed Erodoto afferma che gli Egiziani
gli
sacrificavano anche il porco. Se gli offerivano p
Erodoto afferma che gli Egiziani gli sacrificavano anche il porco. Se
gli
offerivano poi in voto il potatoio, i cofani, il
cano un vivere molle e delicato. I Sirii poi la chiamavano Astartea ;
gli
Egiziani, Nesti ; i Persiani, Mitra ; gli Assirii
oi la chiamavano Astartea ; gli Egiziani, Nesti ; i Persiani, Mitra ;
gli
Assirii, Militta ; i Medi, Anaite ; e così degli
riva, e le colombe, ad istanza di Venere, furon da Giove allogate tra
gli
astri ; ed i Sirii non le uccidono, avendole per
rme degli Dei, dell’ingiuria fattagli, quando il precipitò dal cielo,
gli
diede Venere per moglie. I poeti, dice Banier, se
ncersi scambievolmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e
gli
scultori, a loro imitazione, ne hanno formato una
degli orti Sallustiani. » Si racconta che quando Giove sposò Giunone,
gli
Dei fecero de’ regali alla sposa, e che la Terra
non dormiva mai. Fu esso ucciso da Ercole, e da Giunone collocato fra
gli
astri. Altri però favoleggiano che le Esperidi po
a cagione che spinse Venere a proteggere l’infelice città di Troia, e
gli
odiati avanzi di essa. Ella da Anchise, principe
Discordia, concepì un odio implacabile contro la sua rivale, e portò
gli
effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli er
la sua rivale, e portò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti
gli
eroi del sangue di lei. Ed ecco ne’ due grandi te
dre, oprendolo del suo peplo, non avesse impedito che » ferro Acheo
gli
passi il petto, e l’anima gl’involi. Ma l’eroe im
Ma i fati traevano Troia a dover sostenere l’ultima sua rovina ; e
gli
sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere, di Ap
’ luoghi discorreva alla ventura per conoscere in qual paese il vento
gli
avesse spinti. Era ella(3). Donzella a l’armi, a
a gonna il seno. Caro. Ella intanto, sotto quelle mentite sembianze,
gli
dà la nuova ch’eran salve le navi e gli smarriti
tto quelle mentite sembianze, gli dà la nuova ch’eran salve le navi e
gli
smarriti compagni, e lo rassicura con additargli
ra con additargli non lontane le mura della novella Cartagine, in cui
gli
promette dalla regina Didone assai benigno ospizi
e Venere manda una coppia di amorose colombe, che col fausto lor volo
gli
mostrano l’albero dell’aureo ramo. Giunto finalme
po varii casi e molti acerbi e duri perigli, Fondò la sua cittade, e
gli
suoi Dei Ripose in Lazio : onde cotanto crebbe Il
o in cielo. Ebbe un tempio alla riva di quel fiume, e si numerava fra
gli
Dei indigeti o tutelari del paese (1). VI. Cor
me, e su di un cocchio che ha le ruote dorate, mentre la madre Venere
gli
fa grandi applausi dall’ Olimpo e gli sparge rose
dorate, mentre la madre Venere gli fa grandi applausi dall’ Olimpo e
gli
sparge rose sul capo. Veniamo ora alle Grazie. Es
vevano più che tutte le altre Dee un gran numero di adoratori : tutti
gli
stati, tutte le professioni e tutte l’età loro po
ndo Empedocle. Essa sposò Cadmo, e nelle sue nozze intervennero tutti
gli
Dei e le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) l
tela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui non di rado
gli
Dei stessi con un certo sentimento di iattanza no
ella Grecia stessa. Era ivi adorata sotto il nome di Venere Urania, e
gli
abitanti erano a lei in particolar modo consacrat
censo e di fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime, perchè su
gli
altari di essa non si spargeva mai sangue e speci
redesi che avrebbe vantaggiato la prima, ma la morte invidiosa non la
gli
lasciò terminare. Tuttavia non fu meno ammirata,
esse del dritto di asilo. XI. Alcune altre cose di Venere. Fra
gli
animali erano specialmente consacrati a Venere i
ale di ciascuno, per cui fu detto Dio Natalizio (Deus Natalis)(3). Nè
gli
uomini solamente, ma i regni ed i luoghi aveano i
δευειν, vibrare l’asta ; o da gradior, io cammino, perchè questo nome
gli
si dava solo in tempo di guerra, quando rappresen
icamente Duellona, fu così chiamata da bellum, la guerra, e si sa che
gli
antichi dicevano duellum per bellum. Da’ Greci di
i Idei e che chiama Dio guerriero. Dal quale apprese prima la danza e
gli
altri esercizii ginnastici che servir doveano qua
pari di nove o dieci mila combattenti al grido. I Troi l’udiro, udir
gli
Achivi e ne tremaro. Allora doloroso salì alle sf
mpiglio. E nello scudo di Ercole si rappresentano del terribile Marte
gli
alipedi destrieri, e lo stesso Marte pernicioso e
Eschilo chiama ministri o servi di Marte. Bellona, sorella del nume,
gli
metteva in ordine il cocchio ed i cavalli, quando
in mano un flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e
gli
occhi di fuoco. Virgilio(1) con Marte accompagna
Turno la campagna aprendo, Uccidendo, insultando. Caro. Oltre a ciò
gli
epiteti che a lui si danno da’ poeti, sono i più
Furore e la Collera ne adornavano l’elmo, mentre la Fama da per tutto
gli
andava innanzi. V. Culto di Marte appresso i R
figliuoli di Marte, Romolo e Remo ; e Properzio(2), rivolto a Romolo,
gli
dice che avea col latte succhiato l’indole sua fe
e quel religioso monarca avea segrete conferenze sul governo di Roma,
gli
suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fa
uella di porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ carmi Saliari. Or
gli
ancili erano scudi non rotondi, ma così tagliati
ovendo imprendere qualche militare spedizione, entravano, e scuotendo
gli
ancili e l’asta che il nume teneva in mano, dicev
che giungevan nel suo regno per alimentare que’ destrieri ; ma Ercole
gli
mosse guerra e tolse a lui quei cavalli che posci
era re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercurio collocato fra
gli
astri, e chiamasi Enioco o il cocchiere. Pelope e
ava in una parte dell’Africa, in onore di suo padre sacrificava tutti
gli
stranieri che giungevano nel suo paese. A Diomede
sorte, se la figliuola di quel barbaro re, mossane a compassione, non
gli
avesse salvata la vita. VII. Iconologia di Mar
to. Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello che
gli
era sacro per la sua indole guerresca, e come sim
nell’atteggiamento di un uomo che marcia a gran passi. In una parola,
gli
antichi monumenti, dice Millin, rappresentano Mar
crificii(1), o perchè padre di Romolo, o perchè nelle preghiere tutti
gli
Dei invocavansi col nome di padre(2). Nel sacrifi
esta porta, che si vuole ristaurata da Silla. Nel mese di Ottobre poi
gli
s’immolava ogni anno il mìglior cavallo de’ cocch
uori le porte di Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricevere
gli
ambasciatori stranieri ed altri che non si voleva
ω, interpetrarè, perchè Mercurio è l’interpetre ed il messaggiere fra
gli
uomini e gli Dei ; ma pare che quel verbo piuttos
rè, perchè Mercurio è l’interpetre ed il messaggiere fra gli uomini e
gli
Dei ; ma pare che quel verbo piuttosto venga dal
he il nome greco di Mercurio è parola egiziana, giacchè Hermes presso
gli
Egizii significava un interpetre o un oratore ; i
a, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il quarto, nato dal Nilo, che
gli
Egiziani non credevan lecito di nominare ; il qui
i fu l’inventore dell’ astrologia e del calendario. Ed in questo mese
gli
Egiziani celebravano una gran festa in onore di M
ione, una delle Oceanitidi, la quale sul Cilleno, monte dell’Arcadia,
gli
partorì le Pleiadi(5). Delle quali Maia(6) vincev
a di allevarlo. Ma dell’infanzia di Mercurio mirabili cose ci narrano
gli
antichi. Luciano descrive con molta grazia alcune
. Ma dei suoi furti parleremo appresso ; solo quì notiamo che Guinone
gli
volle dar latte e che da poche gocciole di esso a
mercatanti in onore di Mercurio che si voleva nato in quel giorno ; e
gli
sacrificavano, immolando una troia gravida, e se
in guardia, nell’atto stesso che n’era da lui fortemente rampognato,
gli
rubò il turcasso ; di che avvedutosi Apollo, non
sotto altra forma, promettendogli in premio una vacca ed un toro, se
gli
avesse manifestato ove le vacche erano e chi ruba
o ove le vacche erano e chi rubate le avesse. Batto accettò il dono e
gli
svelò tutto ; della quale infedeltà Mercurio oltr
lla Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel quale
gli
antichi dicevano ch’era stato tramutato il pastor
venusta guancia. Monti. » Poscia con bell’arte si avviene in Priamo,
gli
si offre per guida, ed addormentate le scolte del
la scorta di Mercurio, deluse i superbi Atridi, ed i Tessali fuochi e
gli
alloggiamenti a Troia infesti. Forse un qualche g
o, pensò di marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso
gli
armenti di Autolico, con siffatto mezzo giunse a
nte, la prima non sarà che un vano strepito di parole. E per ciò pure
gli
antichi offerivano sacrificii a Mercurio insieme
quali imitano la forma di quelle lettere. Non fa quindi maraviglia se
gli
antichi (5) aveano il costume di sacrificare a Me
tti colla sua sovrumana eloquenza (quoniam ipse erat dux verbi). E se
gli
antichi diedero a Mercurio la gloria di avere il
tuito un culto e de’ sacrificii agli Dei, come ancora di aver ridotto
gli
uomini che vivevano a guisa di bestie, alla vita
za salvochè quella dell’eloquenza potea o rassembrare in un sol luogo
gli
uomini dispersi, o dalla lor vita animalesca e se
i fatto presso Plauto (1) egli stesso afferma, esser noto a tutti che
gli
Dei aveano a lui concesso di farla da lor messagg
i concesso di farla da lor messaggiere e di presedere a’ lucri. Giove
gli
avea posto le ali alla testa ed a’ piedi, onde ve
ali alla testa ed a’ piedi, onde velocemente portasse per ogni luogo
gli
ordini suoi. Omero (2) e Virgilio (3) in bella gu
lio (3) in bella guisa descrivono Mercurio che si accinge ad eseguire
gli
ordini di Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a
ea verga nelle man recossi, Onde i mortali dolcemente assonna, Quanti
gli
piace, e li dissonna ancora, E con quella tra man
zione di Omero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge ad eseguire
gli
ordini di Giove. « Udito ch’ebbe Mercurio, ad es
Si racconta che quando Apollo pasceva le greggi di Admento, Mercurio
gli
regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verg
nso questa verga prodigiosa, colla quale quel nume guidava al pascolo
gli
armenti ; e che Mercurio, volendo far pruova dell
rtar sempre in mano quel bastone, qual simbolo della pace. Al caduceo
gli
antichi poeti davano la virtù di conciliare e di
ra unita per virtù divina. Da Virgilio (2) si rileva ch’egli chiudeva
gli
occhi de’ defonti ; ma alcuni vogliono ch’esso li
priva piuttosto, alludendosi al costume de’ Romani di aprire sul rogo
gli
occhi de’ cadaveri, che avean chiusi in casa (1).
colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte
gli
era dato di riposare alquanto, essendo obbligato
atteneano, caschi, Tutti stridendo allor volano in folla. Così movean
gli
spirti, e per la fosca Via precedeali il mansueto
ch’era circondata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso
gli
Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere
della palestra si studiò di rafforzare. La palestra era un luogo, ove
gli
antichi si esercitavano, per la ginnastica, alla
spesso questo animale si vede ai suoi piedi. La lucertola poi che se
gli
vede vicino, forse simboleggia quelle occulte mal
forse perchè il pianeta di Mercurio credevasi il più veloce fra tutti
gli
altri pianeti. Queste ali si chiamavano talaria (
no la velocità del celeste messaggiero, o le ali dell’ingegno, perchè
gli
si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era
rtete a lato(2), forse perchè quel nume tenea sotto la sua protezione
gli
armenti e li faceva crescere(3) Anche negli scavi
ntichi monumenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che
gli
esce di bocca e si attacca alle orecchie di color
bolo della forza che ha l’eloquenza sul cuore umano. Qualche volta(1)
gli
hanno posto in mano un volume, per indicare ch’eg
esto nume infine alle volte ritrovasi il cane, forse perchè fra tutti
gli
animali esso si reputa il più accorto e sagace.
presiede a’ giuochi. Eustazio vuole che αγωνιοι θεοι in Eschilo sono
gli
stessi che θεοι αγοραιοι, Dei che presiedono alle
o, e Vergadoro, secondo il Salvini. Gli antichi chiamavano Caduciferi
gli
araldi che annunziavano la pace, e gli ambasciado
antichi chiamavano Caduciferi gli araldi che annunziavano la pace, e
gli
ambasciadori che ne trattavano, perchè portavano
amato Mercurio da’ Romani(3), come ministro degli Dei, perchè presso’
gli
Etruschi Camillo significava appunto un ministro.
rometeo con chiodi di ferro ad un sasso smisurato del monte Caucaso e
gli
assegnò l’aquila che dovea divorargli il enore ch
osa che i Genii de’ Greci (δαιμονες(1). Così chiamavansi propriamente
gli
Dei domestici o che aveano cura della casa, a dif
se i poveri erano serviti da’ ricchi, da’ quali prendevano a prestito
gli
abiti. L’erba mercuriale, detta mercorella, si vu
nza di molte arti e scienze. Perciò fu innalzato agli onori divini, e
gli
fu attribuita l’invenzione delle lettere, della s
hiamavasi da’GreciGe o Gea (Γαια) dal verbo γεινομαι, nascere, perchè
gli
antichi credevano, la terra esser la madre comune
he vuol dire aiuto, perchè coll’aiuto della terra l’umana vita riceve
gli
alimenti necessarii ; o da opus, opera, perchè co
Siri, da’ Frigil, dagli Sciti, da’ Greci, da’ Romani e da quasi tutti
gli
antichi popoli ; percui si annovera fra i più cel
la Natura o la madre universale delle cose, quella che produce tutti
gli
esseri. E però spesso chiamavasi la Gran Madre, p
e i proprii figliuoli, così la Terra appellasi madre, perchè nudrisce
gli
uomini e gli animali che sono i figli suoi. E Pli
igliuoli, così la Terra appellasi madre, perchè nudrisce gli uomini e
gli
animali che sono i figli suoi. E Plinio(4) dice c
feconda. E dagli Etruschi la Dea Tellure con Vesta si annoverava fra
gli
Dei che presiedono alle nozze (1), perchè riputav
che baciò la Terra come madre comune di tull’i mortali (2). Pare che
gli
antichi avessero attributo alta Terra una virtù f
aveano le esalazioni della Terra, dalle quali la Pizia investita dava
gli
oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più div
a stessa che Temi ; ma Pausania dice che ne’ primi tempi a Delfo dava
gli
oracoli la Dea Tellure ; dopo Temi, e finalmente
ceveva, co’ vapori della Terra, le inspirazioni del Nume, e così dava
gli
oracoli. Il mostruoso Pitone dal maculoso tergo e
ve. Nella Tracia era un antro consacrato a Bacco, dal quale si davano
gli
oracoli dopo aver bevuto molto vino ; e l’oracolo
alcuni figliuoli della Terra. Abbiam notato nella prima parte che
gli
antichi chiamavan figliuoli della Terra coloro ch
Aen. III, v. 619.) Ma sul fatto de’ Ciclopi vi è gran confusione fra
gli
antichi scrittori. Secondo Esiodo (1) essi erano
nze dell’Etna , campagne de Ciclopi. I quali erano intesi a pascolare
gli
armenti, abitavano negli antri e menavano una vit
. In alcuni antichi monumenti Polifemo si rappresenta con tutti e due
gli
occhi ; ed Omero non ha mai dato un sol occhio al
’Ciclopi a Nauplia nel seno de’ monti per trarne delle pietre. E come
gli
Egiziani nelle miniere facevano uso di una lucern
il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra, sua madre,
gli
dava nuova forza ogni volta che, cadendo, la tocc
ilvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti
gli
abitanti della campagna. Quindi lo dipingevano in
osseggiare dell’etere ; avea il ventre sparso di stelle, per indicare
gli
astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed i
li astri ; la barba ed i capelli incolti, ritti ed irti significavano
gli
alberi, i virgulti ec. Trovasi chiamato anche Egi
zzo all’ingiù. E da Pane, lor capo, furon detti Pani, i Satiri, o sia
gli
Dei delle foreste e de’campi ; e per la deformità
sta trasformazione degli Dei in bestie nacque il culto vergognoso che
gli
Egiziani prestavano a certi animali. Apollodoro (
da’ poeti. Orazio (8) per significare Pan dice il nume cui piacciono
gli
armenti ed i piniferi monti di Arcadia. E chiamav
, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni di ninfe. Se volgiamo
gli
occhi a’campi, vedremo e Vertunuo , e Pale, dea d
de’ confini, e da Virgilio, nume de’ campi e degli armenti. I pastori
gli
offerivano latte, o gli sacrificavano un porco. E
io, nume de’ campi e degli armenti. I pastori gli offerivano latte, o
gli
sacrificavano un porco. Esso era il genio degli u
co. Esso era il genio degli uomini, come Giunone, delle doune, percui
gli
uomini solamente gli sacrificavano. In un marmo (
degli uomini, come Giunone, delle doune, percui gli uomini solamente
gli
sacrificavano. In un marmo (2) si vede un Silvano
sentazione da’ Greci detta Satirica, di cui servivansi per rallegrare
gli
animi dopo la tragedia. Satira poi chiamasi ezian
che si voglion compagne di Diana. La Terra, dice Esiodo (4), partorì
gli
alti mouti, grate abitazioni delle divine Ninfe c
prati ed agli orti. Quindi il Chiabrera : I regii alberghi spaziosi,
gli
orti Mirabili soggiorni di Napee. Ed altrove :
che, a differenza delle Amadriadi, eran riputate immortali. Di tutti
gli
alberi erano queste Ninfe, ma specialmente delle
so amne)(4) ; altri dal volgere di un anno (ab anno vertente), perchè
gli
si offrivano le primizie de’ frutti dell’anno ( a
. Pare che Plutarco confonda la Dea Bona con Flora ; ma il vero è che
gli
antichi davano quel nome a Vesta, a Rea, ad Opi,
moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò
gli
onori divini. I suoi misteriosi riti si celebrava
di Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva lontani i ladri e
gli
uccelli (1), e perciò gli mettevano in mano una f
li orti, da’ quali teneva lontani i ladri e gli uccelli (1), e perciò
gli
mettevano in mano una falce, ed appellavasi il te
Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni di mandre e di sciami ; e
gli
si offeriva latte e qualche focaccia (3). Si fins
ossa la sedia di Termine e il non aver ceduto quel dio solo tra tutti
gli
altri significasse, ogni cosa avere ad essere qui
egnò l’uso del frumento. Vi fu già un tempo, dicevano i poeti, in cui
gli
uomini, selvatici ancora, durando lor vita ne’ bo
etto, ai crini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco
gli
accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai
nti, Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, Le valli, i fiumi,
gli
stagni, i torrenti, La terra, il mare ; e poi che
l tempo che il sole corre per i sei segni australi del zodiaco ; come
gli
altri sei mesi ch’era colla madre, significavano
a germoglia in piantoline, matura ed è mietuta, quando il sole va per
gli
altri segni dell’emisfero boreale(3). IV. Cont
er ogni luogo della terra. Or, riuscendo vana ogni lor cura, pregaron
gli
dei che potessero, fornite di ale, andar sulle ac
vano aiutata la figliuola. Or delle Sirene varie cose troviamo presso
gli
antichi, Omero nell’Odissea dice che le Sirene co
Atene credevasi ministro di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra
gli
astri più splendidi. Dal bue venne il nome di Buz
VII. Feste in onore di Cerere – Misteri Eieusini. I Siciliani e
gli
abitanti dell’Attica istituirono delle feste in o
di Socrate. Molti grandi uomini s’iniziarono a questi misteri, e fra
gli
altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini
ono a questi misteri, e fra gli altri Cicerone, il quale dice (1) che
gli
uomini v’imparavano l’arte di ben vivere ed erano
acerdotessa, cercò distornarlo da sì reo disegno, ma indarno ; percui
gli
mandò la Fame, per soddisfar la quale consumò tut
desi Cerere coronata di molte spighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che
gli
antichi ponevano una corona di spighe avanti la p
coronata di spighe intrecciate fra un velo bianco che le discende su
gli
omeri. Ha sopra una tunica senza maniche, ed un p
Alma (ab alo), soprannome di Cerere inventrice del grano con cui
gli
uomini si alimentano. Aloea (αλως, area), perchè
; dalla quale caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E peggio
gli
sarebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso
’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto, se
gli
abitanti di Lenno per caso non lo avessero fra Ie
efice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che
gli
Egizii ebbero a re un Vulcano che ritrovò il mart
lo(2) chiamava Vulcano il fuoco, e lo venerava qual nume ; e Sesostri
gli
edificò un tempio a Menfi. Dal Vulcano adunque de
eti, uscita del mare per consolarlo, lo esorta a soprassedere, finchè
gli
porti una nuova armatura. Ella di fatto si presen
n era conveniente ad inspirare la gioia che regnar dee nei banchetti,
gli
fu sostituita la bella Ebe. Era insorta fra Giove
ppo, per cui….. la Diva dalle bianche braccia rise, e ne risero tutti
gli
Eterni. Veggasene in Omero(1) il grazioso raccont
andi prodezze, fatta avea terribile strage de’ Troiani, ed incalzando
gli
altri, parte ne avea rincacciato nella città, e p
i che capitavano ad Epidauro, città del Peloponneso. Teseo l’uccise e
gli
tolse la clava, di cui poscia fece uso egli stess
a ; folta barba, capellatura negletta ; mezzo coperto di un abito che
gli
giunge sopra il ginocchio, cou una berretta roton
ficato da Romolo, ch’era fuori della città, e nel quale si trattavano
gli
affari più rilevanti della repubblica. Fra gli an
el quale si trattavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra
gli
animali poi era sacro a Vulcano il leone. Finalme
specialmente per la sua verginità ; e ch’egli le avea donato l’arco,
gli
strali ed il drappello di sessanta ninfe Oceanine
di Caledone o Calidonia, città della Grecia ; favola assai conta fra
gli
antichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Por
a caccia fu posteriore alla spedizione del vello d’oro, e quasi tutti
gli
eroi che presero parte alla prima, non mancarono
Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra avis) di Orazio. Fra
gli
antichi monumenti ci restano varii bassirilievi e
vittime umane ; il che dinotava in questa Dea un’indole crudele. Cosi
gli
Achei le sacrificavano un giovane ed una donzella
Toante, il quale destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare di Diana
gli
stranieri che nei confini del suo regno capitavan
re uccisa. I greci poeti non poteano con più vivi colori porre avanti
gli
occhi del popolo lo stato spaventevole di un cuor
onti e delle foreste ; e Callimaco dice che a questa Dea sono a cuore
gli
archi, ed il ferir lepri, e le liete danze su per
iò il simulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avanti
gli
usci delle case. Ciò si scorge eziandio da moltis
to e cento Oreadi accompagnata, esegue le sue danze, colla faretra su
gli
omeri, tutte le altre seguaci superando colla sua
iana in abito da caccia, co’capelli annodati addietro, il turcasso su
gli
omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto
. Fra le piante erano sacri a Diana il papavero ed il dittamo ; e fra
gli
animali, la cerva ed il cinghiale. Da Ovidio i ca
cerva ed il cinghiale. Da Ovidio i cani si chiamano turba Diania ; e
gli
strumenti da caccia, arma Diania. Eroi e semi
ndi i primi albori di quel gran popolo come un riflesso di gloria che
gli
veniva dall’eroismo de’suoi fondatori e de’suoi p
he, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti altri, non
gli
stimarono mortali, ma dissero ch’eran discesi da
li, ma dissero ch’eran discesi da qualche nume. A ciò si aggiunge che
gli
scrittori delle prime loro memorie erano poeti ch
rdine che traevano la loro origine da’Numi. Da Esiodo(1) si appellano
gli
Eroi divina generazione di uomini che diconsi Sem
vizio, mentre incerto e pensieroso medita sul partito da abbracciare,
gli
apparvero due donne di grande statura, una di sem
ondo Virgilio. La quale nudrita nella palude, ne usciva per infestare
gli
uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza di
. La quale nudrita nella palude, ne usciva per infestare gli uomini e
gli
armenti. Enorme era la grandezza di quel mostro c
perchè pugnacissimi, si disse ch’eran nati da Marte. In settimo luogo
gli
fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ;
ra vicino al monte Atlante. Un dragone dalle cento teste e che teneva
gli
occhi sempre aperti, li custodiva. Or racconta Ap
di Ercole. Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l’eroe che saetta
gli
uccelli di Stinfalo, che abbatte l’idra e che s’i
trasformò prima in serpente, e poscia in toro ; ma Ercole lo vinse e
gli
tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripi
di fiori, fecero il Cornucopia, o corno dell’abbondanza. Si noti che
gli
antichi davano a’ fiumi capo e corna di toro ; e
mpo accadde che Deianira per conciliarsi vie più l’amore dello sposo,
gli
mandò per Lica, di lui servo, il fatale regalo de
volere del quale fu egli ammesso nel numero degli Dei ed allogato fra
gli
astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse co
rato ad Ercole era il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti e
gli
eroi che aveano operato famose imprese. Sopra i m
quali per consiglio del padre nella prima notte delle nozze uccisero
gli
sposi, fuorchè I permestra, la quale avendo in or
lea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’ quali il primo fece tutti
gli
sforzi per ascendere sul trono ; ma, dopo molte g
; alla quale vista fingesi che il sole si volse indietro. È noto che
gli
antichi credevano che il sole come godeva degli o
scia uccisi da Ercole, che si fingono alati ne’piedì e nel capo, come
gli
altri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cef
ne da Minos il permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera
gli
Ateniesi dal sanguinoso tributo. Si vuole che Ari
Nell’antica Beozia erano assai luoghi di grandissima rinomanza, e fra
gli
altri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo di Gio
com’era Edipo. Il quale, per orrore del commesso parricidio, si cavò
gli
occhi e maledisse la sua infelice discendenza. In
no a Polinice, il quale in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che
gli
promise di riporlo sul trono. E di fatto preparò
salvo che Adrasto, ricusava di prendervi parte e ne dissuadeva anche
gli
altri. Ma Polinice col mezzo della moglie Erifile
il Pelio, l’Ossa ed il Nefele, ove abitarono i Centauri. Quivi erano
gli
ameni giardini della valle di Tempo, la quale era
icono alcuni che l’idea de’ Centauri nacque dal vedere la prima volta
gli
uomini montali a cavallo, che doveano a quelle ro
oluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo, dal quale
gli
fu risposto che si fosse guardato da colui che po
lla parte opposta del fiume Anauro, mentre si affrettava di varcarlo,
gli
cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere
Dolioni erano continuamente in guerra, avvenne sì fiera battaglia fra
gli
uni e gli altri, che Cizico ed un gran numero de’
ano continuamente in guerra, avvenne sì fiera battaglia fra gli uni e
gli
altri, che Cizico ed un gran numero de’suoi resta
’suoi restaron miseramente uccisi. Al far del giorno scorto l’errore,
gli
Argonauti ne furon dolenti a dismisura, e con mol
facendo, dice Virgilio(1), di quel nome risuonare tutta la spiaggia,
gli
Argonauti si posero in viaggio, dimenticando quel
o, e della Terra, e di Elettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti
gli
Argonauti alla corte di Fineo, questi li pregò ch
inseguirle e quindi dovettero tornare indietro. Allora Fineo avvertì
gli
Argonauti a schivare a tutte lor potere le Simple
si, fiume della Colchide, tosto espose ad Eeta il comando dello zio e
gli
fece la domanda del vello d’oro. Pronto si mostrò
l’adempimento della promessa ; ma vedendo ch’egli cercava di uccidere
gli
Argonauti ed incendiare la loro nave, Medea, inca
bblio, per non esservi stati scrittori che ne tramandassero a’posteri
gli
avvenimenti. Secondo Virgilio mille erano i vasce
il diede poscia ad educare al centauro Chirone, il quale, oltre tutti
gli
altri esercizii che convengono ad un principe, a
to le mentite spoglie femminili ; perciocché travestitosi da mercante
gli
recò preziosi regali, fra i quali eranvi delle ar
icò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale
gli
era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di
e di suo figlio, commosso Achille dalle lagrime dell’infelice vecchio
gli
permise di portarselo via. Rendendo a Patroclo i
rselo via. Rendendo a Patroclo i funebri onori, per placarne l’ombra,
gli
sacrificò dodici giovani prigionieri troiani ch’e
quanto ad Enea, principe troiano, fig. di Venere e di Anchise, tutti
gli
serittori romani lo dicono venuto in Italia, e lo
per significare il mare(1) ; e Virgilio(2) bellamente ci pone avanti
gli
occhi la signoria che quel nume vanta sul mare, a
suoi figliuoli. Come Nettuno era Dio del mare, così a ragione se
gli
attribuiva una grandissima potenza, attesochè mar
che anche sulla terra esercita quell’infido elemento, e tremendi sono
gli
effetti di esso, che noi tuttodì sperimentiamo. D
a potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crudeltà che
gli
uomini meritamente attribuiscono al mare, è avven
abitatore della rupe Etnea. Telemo, fig. di Eurimo, famoso indovino,
gli
avea predetto che un dì Ulisse gli avrebbe cavato
, fig. di Eurimo, famoso indovino, gli avea predetto che un dì Ulisse
gli
avrebbe cavato quell’unico suo occhio(4) ; vatici
l primogenito de’ figliuoli del Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se
gli
dà l’aggiunto di vecchio, e gli Dei stessi per lu
Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se gli dà l’aggiunto di vecchio, e
gli
Dei stessi per lui, come per la moglie Teti, avea
oronato di palustri giunchi, con chioma e barba ritorta e lunga, come
gli
Dei fluviali, col tridente nella sinistra, e che
per folte selve tenebroso, ed avea acque assai pestilenziali ; percui
gli
antichi il credevano quasi porta dell’inferno. Ed
è luoghi bassi e sotterranei. II. Descrizione dell’Inferno secondo
gli
antichi poeti. Erodoto afferma che gli Egizia
zione dell’Inferno secondo gli antichi poeti. Erodoto afferma che
gli
Egiziani i primi han creduta l’immortalità dell’a
bbricare quelle tombe magnifiche che fecero dire a Diodoro Siculo che
gli
Egiziani aveano più cura de’sepolcri de’morti che
one afferma che i Cimmerii di Omero erano sulle coste d’Italia, e che
gli
antichi ponevano presso al lago d’Averno la Negro
inuazione. Campi Elisii. Certo è, se crediamo a Macrobio (2), che
gli
antichi allogarono gli Elisii sopra gli astri, e
. Certo è, se crediamo a Macrobio (2), che gli antichi allogarono
gli
Elisii sopra gli astri, e che disserole anime giu
crediamo a Macrobio (2), che gli antichi allogarono gli Elisii sopra
gli
astri, e che disserole anime giuste essere accolt
ll’Oceano dette Isole Fortunate, di cui anche Pindaro fa menzione. Or
gli
antichi poeti negli Elisii, ove gli eroi e gli uo
cui anche Pindaro fa menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove
gli
eroi e gli uomini virtuosi godono l’eterno guider
indaro fa menzione. Or gli antichi poeti negli Elisii, ove gli eroi e
gli
uomini virtuosi godono l’eterno guiderdone delle
e dalla piacevole varietà della natura. Poscia la Grecia, coltivando
gli
studii di una migliore filosofia, a’materiali pia
Elisii, de’quali è signore Saturno, ove giudica Radamanto, che tutti
gli
altri poeti pongono nel regno di Plutone. Dice po
e de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti
gli
altri. Pindaro, nel descrivere in tal guisa i Cam
condotto ne’ fortunati Elisii, ove regnano ognora e danze e canti ; e
gli
uccelli qua e là volando con delicato gorgheggiar
Meglio però Virgilio (2) e con più lodevole filosofia ci pone avanti
gli
occhi la felice turba che alberga negli Elisii. Q
divino e nati in secoli più felici, vivono tranquilla e beata vita, e
gli
studii loro son pur quelli che amarono in vita. L
folte selve. Della sua bocca usciva un alito, anzi una peste, percui
gli
uccelli non vi poteano volar di sopra senza lasci
, percui non vi penetrava mai raggio di sole, e che il volgo credeva,
gli
uccelli che sopra di esso volavano, dalle pestife
il ch. Malte-Brun : « L’Averno che i Greci chiamarono Aornos, perchè
gli
uccelli ne fuggivano le rive, da cui uscivano vap
non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel dipingono
gli
storici ed i poeti dell’antichità. Alle vecchie f
iati in vigneti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte
gli
avanzi di un tempio di Apollo, dall’altra, la cel
Infine non vi è cosa più pittoresca che l’aspetto di questo lago che
gli
antichi riguardavano come la bocca dell’inferno.
verna vicina all’Acheronte che comunicava coll’inferno e per la quale
gli
abitanti del paese pretendevano che Ercole avesse
una nebbia foltissima, percui nebulosa appellasi da Ovidio. Per essa
gli
Dei stessi ed anche Giove temevano di spergiurare
, ed Arione si esercita, come in vita, alla caccia delle fiere. Forse
gli
Dei Mani (Manes) erano diversi dalle ombre de’ mo
le ombre de’morti, dedicati i sepolcrali monumenti. Secondo altri poi
gli
Dei Mani erano Genii, che credevano assegnati a c
li erano indirizzate le lettere D. M. che poneansi su’ sepolcri e che
gli
antichi credevano sacre ed inviolabili. Si noti c
parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino di Plutone, ma non
gli
dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero
rò a questo famoso cane si danno tre capi e tre gole ; e Virgilio (4)
gli
dà pure il collo crinito di serpenti. Alcuni poet
ito ; ma presso Virgilio (5) la Sibilla Cumana, per farlo star cheto,
gli
porge una mistura sonnifera. Orazio (6) finalment
lo chiamasi il sozzo nocchiero della Stigia palude ; e comunemente se
gli
attribuisce un umore tristo e severo, pel quale n
stesso chiamò. Egina dal nome della madre. La lode di giustissimo re
gli
meritò presso i poeti un posto onorevole fra i gi
stare nell’inferno in mezzo ad un lago di fresche e limpide acque che
gli
giungevano sino alle labbra, senza poterne mai be
ra, senza poterne mai bere una goccia, mentre saporosi frutti da’rami
gli
pendono sul capo, de’quali non può gustare un sol
fatto il poeta attribuisce la cagione della pena datagli da Giove che
gli
sospese sul capo un sasso, dalla caduta del quale
talo il timore di una guerra imminente. Orazio (3) paragona a Tantalo
gli
avari, perchè come quell’ infelice sta in mezzo a
ve e precipitato nel Tartaro, ove un avvoltoio, o due, secondo Omero,
gli
va rodendo le viscere sempre rinascenti ; e ciò p
per la sua astuzia e pe’suoi ladronecci, poichè, dopo avere spogliato
gli
stranieri che cadevano nelle sue mani, li faceva
belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto. Ora
gli
Egiziani erano soliti per quella palude traghetta
cadaveri, appellavasi bari (βαρις), ed al barcaiuolo che volgarmente
gli
Egiziani chiamavano Caronte, davasi un obolo pel
a quelle ch’eran sotterra, al dir di Erodoto. I Coccodrilli sacri che
gli
Egiziani nudrivano in que’ luoghi sotterranei, ha
rimo ad introdurre il costume di seppellire i morti e di rendere loro
gli
altri funebri onori. Ma pare più conveniente il d
issimo ; e ciò è tanto vero, dice M. Dacier, che a lui solo fra tutti
gli
Dei in niun luogo gli uomini han consacrato mai t
vero, dice M. Dacier, che a lui solo fra tutti gli Dei in niun luogo
gli
uomini han consacrato mai tempii ed altari o cant
ltari o cantato inni in suo onore (3). E la stessa Dacier osserva che
gli
antichi davano il nome di Giove non solo al signo
delle ricchezze. Quindi piacevolmente Demetrio Falereo (4) diceva che
gli
abitanti dell’Attica con tanta ostinazione scavav
te un’allegoria astronomica. Dicono alcuni, essere certa cosa che
gli
antichi sacerdoti greci, seguendo le orme di quel
fenomeni celesti. E veramente Esiodo nella Teogonia per lo più chiama
gli
Dei figliuoli dello stellato cielo ; e quando Luc
e, o il Sole, giacchè tutti questi nomi spesso si confondono. Or come
gli
Egizii rappresentavano il Sole, cioè il Genio sol
della terra, avendo essi potuto cadere in questo errore a motivo che
gli
antichi credevano che i metalli si formano nelle
a (1) ; e spesso confondesi con Cerere stessa, e con Iside che presso
gli
Egiziani dinotava la terra. Dicevasi pure da’ Lat
ondannava la vita all’orco. Il che ebbe forse origine dal considerare
gli
uomini quali vittime destinate al Dio dell’infern
quali vittime destinate al Dio dell’inferno ; e si sa che costumavano
gli
antichi di svellere de’peli dalla fronte di una v
etti carmi ed alcune preghiere, invocavano Ecate e la Dea Tellure fra
gli
Dei magici (Dii magici), come fa Medea appresso O
re vuolsi credere soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti
gli
altri celesti ed infernali Iddii. E veramente ess
esto mondo, tutto è soggetto al loro impero. Lo Spanheim dimostra che
gli
antichi davano al Fato anche il nome di Parche ;
ano al Fato anche il nome di Parche ; e Lattanzio afferma che al Fato
gli
Dei tutti e lo stesso Giove ubbidiscono, e che le
tabile eleganza descrive le Parche che, volgendo i loro fusi, cantano
gli
eterni decreti del Fato, di cui erano ministre(2)
destino di ciascuno dagli antichi si credeva scritto in un libro, ove
gli
Dei andavano a consultarlo. Così presso Ovidio(1)
so dovea morire per mano del figliuolo di Evandro, dice che le Parche
gli
posero le mani addosso e lo consacrarono alle arm
stata una serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parca
gli
si era mostrata con volto nugoloso(1). E questo b
questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua vita che i pittori e
gli
scultori abbiano rappresentato. Plinio(2) scrive
(3). Macrob. Sat. 1. 8. Cic. de N. D. 11. 25. (1). Sallustio chiama
gli
Aborigeni genus hominum agreste, sine legibus, si
nojosa a chiunque imprenda a coltivarla secondo quella relazione, che
gli
stessi Fatti hanno tra loro ? Era dunque necessar
de non interrompere il filo della lettura, si ragiona ; nella seconda
gli
Eroi più celebri vengono indicati, e degli altri
Misterj poi e le Ceremonie, con cui si onoravano que’ pretesi Numi ;
gli
Oracoli e le Divinazioni, che si riconobbero dall
e, e i Ministerj loro ; le Feste, i Giuochi, i Sacrifizj, le Vittime,
gli
Altari, i Tempj, i sacri Boschi, e le Statue ; qu
gine, la stoltezza e superstizione del volgo, il capriccio de’ Poeti,
gli
abbagli degli Etimologisti, l’iperbole sì familia
racciarvi. Il Fisico col mezzo dell’allegoria ebbe a vedervi indicati
gli
arcani più sublimi della Natura ; il Politico vi
ù vili creature quel culto, che soltanto dovea al Creatore. Pare, che
gli
Astri sieno stati il primiero oggetto dell’ Idola
o dell’ Idolatria. Si passò quindi a riconoscere quali Divinità anche
gli
Elementi. Finalmente quanto, per così dire, v’ha
e, v’ha nel mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, le selve,
gli
alberi, gli animali, i morti uomini, tutto in som
mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, le selve, gli alberi,
gli
animali, i morti uomini, tutto in somma si tenne
Mercurio, Nettuno, Vulcano, e Apollo. Furono secondo Erodoto(c) primi
gli
Egiziani a introdurre il culto a questi dodici De
ltre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano pure appresso di loro
gli
Dei Novensili, e questi al dire di Varrone erano
egio di scagliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Novensili intende
gli
Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie
gliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Novensili intende gli Eroi e
gli
altri mortali, che per le loro esimie gesta merit
ali, che per le loro esimie gesta meritarono di essere annoverati tra
gli
Dei(d). Più verisimile però sembra ad Arnobio, ch
ario apparteneva(7). Saturno prese quindi a divorare quanti figliuoli
gli
nascevano(c). Esiodo però asserisce ch’egli ciò f
(9). Una certa bevanda, che poi Meti, figlia dell’ Oceano e di Teti,
gli
somministrò, fece sì, ch’ egli restituisse di nuo
duce dal medesimo(b). Plutarco vuole, che dalla falce si ricordi, che
gli
uomini appresero da Saturno a coltivare la terra(
repitare diverso e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano
gli
Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie
ne, chiamata Piromanzia.(4). Nel predetto tempio non pote ano entrare
gli
uomini di notte, nè penetrare giammai in quella p
partorito un bambino. Ligdo lo chiamò Ifide ; e scorsi tredici anni,
gli
destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo
llo. Questi cingeva in capo una mitra, al collo una gran collana, che
gli
discendeva sino al petto, e da cui pendevano due
; si spedivano cibi alle Vestali, onde li offrissero alla Dea Vesta ;
gli
asini si conducevano in giro per la città, corona
illei mano allude alla potenza, che sogliono conferire le ricchezza e
gli
altri prodotti della terra(f). Cerere. Cere
per sostituirle alle ghiande, delle quali fino allora si erano cibati
gli
uomini(b) (2). Questa Dea per molto tempo andò ce
e in vece gl’insegnò l’arte di seminare il frumento(6). La stessa Dea
gli
somministrò altresì un carro, tirato da dragoni a
ì un carro, tirato da dragoni alati(7), onde potesse indicare a tutti
gli
uomini la maniera di fare lo stesso(c). Trittolem
anta, detta fico, la quale era stata sino a quel tempo ignota a tutti
gli
uomini(f). La Dea inoltre volle, che i di lui dis
a di lei assenza divenne sterile, e grave pestilenza intanto oppresse
gli
uomini e gli animali. Gli Dei fecero cercare Cere
nza divenne sterile, e grave pestilenza intanto oppresse gli uomini e
gli
animali. Gli Dei fecero cercare Cerere, e avverti
tali Solennità. L’iniziazione si faceva di notte, e ad essa non solo
gli
Ateniesi, ma tutti i Greci eziandio, anzi tutte l
no pel corso di tre giorni. Nel terzo le donne scacciavano dal tempio
gli
uomini e i cani, vi si chiudevano colle cagne. Il
ni e i cani, vi si chiudevano colle cagne. Il dì seguente rimiamavano
gli
uomini, e seco loro viveano in alegrezze e convit
denominata Proerosia (d). Le Talisie erano Feste Greche, nelle quali
gli
agricoltori offrivano alla Dea e a Bacco le primi
a dalle due voci Greche epì e achthos, molestia, celebravasi appresso
gli
Ateniesi in memoria del dolore, che Cerere ebbe a
inuito in modo alcuno l’interno suo martirio. Di tutti i suoi beninon
gli
restava che una figliuola, di nome Metra, e quest
ittività di conciliare il sonno (d). Giove. Moltissimi appresso
gli
Antichi ebbero il nome di Giove. Il Vossio ne num
umera trecento (a), Il famoso però, e quello, a cui le gesta di tutti
gli
altri si attribuiscono, è il figliuolo di Saturno
Costei, per sottrarlo alla morte, che Saturno, come abbiamo esposto,
gli
avrebbe dato, lo spedì secretamente nell’ Isola d
tasi con Giove, perchè questi avea sterminato i Titanl, avea prodotto
gli
anzidetti Giganti, onde lo scacciassero dal Cielo
v’accorse, e fece grande strage de’ Giganti. Ripigliarono ben presto
gli
altri Numi il loro coraggio, sterminarono tutti c
te fonesta di tutte le scelleraggini (d). Giove quindi seppellì tutti
gli
uomini in un abisso d’acque, nè lasciò in vita ch
tore Pelopida ; e dicono, ch’egli li celebrò per onorare Nettuno, che
gli
avea fatto conseguire in moglie Ippodamia, figlia
d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo, mentre
gli
altri Flamini non potevano farlo, se non quando e
altri nomi, dati a Giove, sono pressochè innumerabili. Altri di essi
gli
derivarono, ov’ era in ispezial modo venerato ; a
Re, perchè si considerava come il Sovrano degli altri Dei, e di tutti
gli
uomini (b). Gli si diede il nome di Statore, ossi
lo chiamavano per questa ragione Tonante. Sotto questo titolo Augusto
gli
alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria di ess
Vuolsi, che Giove siasi così denominato anche perchè dava, tuonando,
gli
oracolie(e). Ecalo o Ecalesio si disse, perchè av
vea un tempio in Ecale, borgo della tribù Leontide nell’ Attica, dove
gli
si celebravano le Feste, dette pure Ecalesie (f).
Pausania leggesi, che quel bronzo rappresentava Giove Mecaneo, e che
gli
Argivi dinanzi a quel simulacro, prima d’andarsen
ove sulla più alla pendice di quel monte radunava sovente a consiglio
gli
altri Dei (c). Gli Ateniesi fabbricarono a Giove
eo (a). Eleuterio, ossia Liberatore, fu detto da’ Greci, i quali pure
gli
dedicarono le Feste Eleuterie, chiamate anche Par
a di lei riputazione s’accrebbe ; s’alzò un tempio a Giove ; e allora
gli
eventi si predissero dal tripode, il quale second
i avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle di ariete
gli
cuopriva la testa, e scendevagli pel dorso. Dices
, uccise un ariete, si ravvolse nella pelle di quello, e in tal guisa
gli
comparve (d). Altri soggiungono, che Bacco ne’ de
esti sotto la sembianza di ariete percosse col piede la terra, e così
gli
additò una sorgente d’acqua(a). Comuncue ciò sia,
, re dell’Africa, pretendendo di essere discendente dallo stesso Dio,
gli
eresse cento magnifici tempj, e altrettanti altar
stesso Dio, gli eresse cento magnifici tempj, e altrettanti altari, e
gli
consecrò un fuoco perpetuo (c). Giove Ammone quan
iglio dello Spartano Aristocrato, assediava l’anzidetta città ; Giove
gli
apparve in sogno, e lo consigliò a desisterne. Co
modo, con cui si porevano allontanare i fulmini. Lo stesso re poscia
gli
eresse un altare, e gli sacrificò sul monte Avent
no allontanare i fulmini. Lo stesso re poscia gli eresse un altare, e
gli
sacrificò sul monte Aventino (a). Al soprannome d
etto monte un tempio, che dovesse essere ad essi comune, e dove tutti
gli
alleati ogni anno avessero a radunarsi per sacrif
Senato la di lui statua, e per inspirare alle genti maggior terrore,
gli
aveano posto anche il fulmimine in ambe le mani (
, par vendicarsi di siffatta violenza, portarono tosto le armi contro
gli
abitatori di Roma. Romolo li rispinse, uccise Acr
te onorato nel Campiloglio fu detto Capitolino (e). Servio Tullio ivi
gli
eresse un maestoso temoio, le di cui fondamenta e
i, colà si ritirava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè
gli
alberi, nè gli animali, benchè fossero opposti a’
rava, essa era in sicuro. Finalmente credevasi, che nè gli alberi, nè
gli
animali, benchè fossero opposti a’ raggi del Sole
i se medesimi (f). Altri poi dicono, che Giove fu detto Liceo, perchè
gli
Arcadi, mentre passavano a nuoto una certa palude
e onorato in Cipro(f). Si chiamò Ctesio, ossia Possessore (g), perchè
gli
Ateniesi gli offrivano biade d’ogni sorte, oglio,
Cipro(f). Si chiamò Ctesio, ossia Possessore (g), perchè gli Ateniesi
gli
offrivano biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h).
innalzò un tempio, che fu denominato Panteon, ossia dedicato a tutti
gli
Dei, perchè ivi si trovavano anche le statue dell
spetto, e aveano perciò molto riguardo degli stranieri Non v’era tra
gli
Antichi chi veggendo uno straniero, nol introduce
i chi veggendo uno straniero, nol introducesse in casa propria, e non
gli
presentasse subito del sale (m). Le donne lavavan
Appresso gl’Istorici molto si decanta la benevolenza de’Cretesi verso
gli
ospiti (c). E’pur celebre un certo Assilo Frigio,
abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero
gli
ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sac
ata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare
gli
Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denom
e Filemone. Erano questi poco distanti dalla vetta, quando, abbassati
gli
occhi, viddero sommerse nelle acque tutte le abit
nche Licaone, empio e crudele re d’Arcadia Costui faceva morire tutti
gli
stranicri, i quali giungevano ne’ di lui Stati. G
si accingeva a scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti
gli
stipendj, gli mancarono di fede, e presero innolt
scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj,
gli
mancarono di fede, e presero innoltre ad insultar
entò amendue le pelli al Nume, affinchè si scegliesse quella, che più
gli
piaceva. Scelse Giove la pelle piena delle ossa ;
sulla terra (d) (31). Altri dicono, che ne lo abbia preso per animare
gli
uomini, che aveva formati (e). Giove, offeso di q
e prerogative. Costei venne da Mercurio condotta a Prometeo, affinchè
gli
offrisse un vaso, il quale conteneva tutti i mali
Là un avoltojo (e), o un’aquila, nata da Tifone e da Echidna, ogni dì
gli
diverava le viscere : e affinchè fosse eterna la
Amaltes, e le Ninfe di Creta, me nutrici. Sotto questo aspetto Romolo
gli
consecrò un tempio, e Ovidio (a) lo denominò Vejo
pedizioni (d) (40). Secondo perchè un’Aquila, come abbiamo osservato,
gli
somministrò il nettare nella di lui infanzia. Ter
re, che per rendete felici i suoi sudditi, e per eccitarli ad onorare
gli
Dei e spezialmente Apollo, a cui aveva eretto tem
lmente si rendette egli caro a’ suoi, che ancor vivente ne riscuoteva
gli
onori divini, ed era in un tempio venerato sotto
ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume lo cangiasse invece in Aquila,
gli
affidasse la custodia del suo fulmine, e gli perm
giasse invece in Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e
gli
permettesse di avvicinarsi al di lui trono, quand
abbruciarne le interiora di quel mostro, avrebbe anche potuto vincere
gli
Dei. I Titani, e tra questi spezialmente Briareo,
favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al quale le gesta di tutti
gli
altri si attribuiscono, è il figlio di Giove e di
olesti, o fa, che si parli liberamente(f). Sotto questa denominazione
gli
si celebravano in Roma le Feste, dette perciò Lib
a giovine, ed ora vecchio ; o perchè il vino produce effetti contrarj
gli
uni agli altri in coloro, che soverchiamente ne u
di que’ nemici(c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sacrificare, perchè
gli
si offerse delle vittime, mentre ancor viveva sul
colar modo onorato (f). Sabazj si appellarorono pure i sacrifizj, che
gli
si offerivano, e i di lui misterj(g) (6). Le altr
arro, tirato da que’ finti animali, rappresentava Bacco, mentre altri
gli
saltellavano d’intorno sotto le sembianne di Sati
Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo stesso che Bromio, e con cui
gli
antichi Romani soleano chiamare Bacco (g). Venner
di Bacco. Pendione lo invitò a banchettare seco lui ; ma temendo che
gli
altri convitati ricusassero di bere con Oreste, o
a, e si proponevano dégli enigmi e delle intricate questioni (f). Tra
gli
Orcomenj di Beozia v’ avea di particolate in ques
l suo esempio ; che con un colpo d’accetta si tagliò le gambe ; e che
gli
Edonj, avendo inteso dall’ Oracolo, che sarebbono
cia il suo figliuolino, Anfisso, avuto da Andremone, e per divertirlo
gli
diede in mano un fiore di Loto(16), pianta sacra
voleva, che il giovinetto fosse posto in libertà ; ma vi si opposero
gli
altri di lui compagni, Libide, Melanto, Alcimedon
, mal sofferendo siffatte acclamazioni, ordinò ad alcuni de’suoi, che
gli
conducessero dinanzi il Nume strettamente legato.
nati coloro, grondanti di sangue, riferirono di non averlo trovato, e
gli
presentarono in vece uno de’di lui seguaci. Pente
Acete era il suo nome, la Meonia il paese, la condizione plebea. Indi
gli
narrò le maraviglie, che Bacco avea operato nella
ilissimi e fitti buchi traforati, chiamati da’ Greci Etmi, e de’quali
gli
Antichi si servivano per colare il vino nelle taz
lla fronte, e tal’altra con testa dello stesso animale(i). Finalmente
gli
si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno di
nte gli si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno di bue, perchè
gli
Antichi soleano bere con quello il vino(l). Per q
Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano
gli
Scrittori nel riferirci il luogo, ov’ella nacque.
u detto Coccigio, ossia monte del cuculo (a). Per la medesima ragione
gli
Argivi nel tempio di Giunone posero la di lei sta
si celebrarono le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti
gli
Dei, tutti gli uomini, e perfino tutti gli animal
le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti
gli
uomini, e perfino tutti gli animali. La sola Ninf
e, Mercurio v’invitò tutti gli Dei, tutti gli uomini, e perfino tutti
gli
animali. La sola Ninfa. Chelone, se ne rise di ta
e a Vulcano, che li avea fabbricati, o ne vennero soddisfatti, perchè
gli
promisero Venere in moglie. Il motivo, per cui Gi
’ Io, nel fiore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’ Acaja, fra
gli
orrori di una caligine, fatta porgere all’ improv
dò cercando, nè potendolo trovare in alcun luogo del Cielo, abbassati
gli
occhi, alla terra, e osservatovi quel bosco d’ Ac
n abito di pastore, e al suono di rusticale sampogna addormentò tutti
gli
occhi d’ Argo. Mentre però erasi per eseguire il
i Sparviero (a) (5). Se ne afflisse Giunone, e raccolti ad uno ad uno
gli
occh di’ Argo, ne fregiò le code de’ suoi pavoni.
Per questo pue fece ella provare a molti il rigore del suo sdeno. Tra
gli
altri spezialmente si nominano le due orelle, Ifi
due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene,
gli
unse’ il corpo di mele, e nudo Io lasciò esposto
o. Aedone ebbe pietà del marito, e si fece ad allontanare le mosche e
gli
altri insetti, che lo divoravano. Un’azione sì lo
ro condurre alla casa de’loro miriti (e). Come Pronuba, la invocarono
gli
sposi nel sacrifizio, che facevano prima di unirs
iele gettavasi lungi dal tempio, o a piedi dell’altare, per avvertire
gli
sposi della dolce armonia, che sempro dovea esser
icevano Zigia, (b), perchè era preside al giogo, sotto cui si univano
gli
sposi. Elle sotto tal nome aveva un altare in una
i carboni accesi senza sofferirne danno alcuno (b). I Liberti, ossia
gli
Schiavi fatti liberi, tenevano Feronia per loro p
otide o Tutela o Retania (a), accitò le altre sue compagne di vestire
gli
abiti delle padrone, e di offerirsi a’ nemici, co
rine a spese del pubblico erario, ed ebbero la permissione di vestire
gli
abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe il nome di
, la Chimera(7), l’Idra di Lerna(8) ; le Gorgoni(9), le Parche(10), e
gli
Dei Mani(11). E’ quel Regno bagnato da cinque fiu
o a Plutone. Fu detto Orco dalla voce greca orcos, giuramento, perchè
gli
Dei solevano giurare per Plutone(d). Si chiamò Su
e all’ Inferno(g). Gli si diede il nome di Februo, attesochè i Romani
gli
sacrificavano nel mese di Febbrajo(h) Gli stessi
Giuochi sempre si celebravano fuori di Roma nel Circo Flaminio, onde
gli
Dei Infernali, che s’invocavano, non entrassero i
tutti i tempj non solo a Plutone, ma a Giove altresì, e a tutti quasi
gli
altri Numi(b). Questo Nume fu molto onorato in Pi
to Autore soggiugne, che i Siracusani gliene offerivano di neri tutti
gli
anni sulla fontana di Ciane, per dove credevano,
utone porta in capo un elmo ammirabile, perchè esso fa scorgere tutti
gli
oggetti, senzachè chi ne usa, sia dagli altri ved
inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale
gli
serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chiavi.
delle Ninfe Parnassie, che si congratularono con Apollo vincitore, e
gli
offerirono dei doni (c). Allora gareggiavano tra
empi era una piccola corona d’alloro (e). Vi s’introdussero poi anche
gli
esercizj ginnici (f) ; e i vincitori, che pure si
ella Tessaglia. Egli lungo le rive del fiume Anfriso prese a pascerne
gli
animali. Questi secondo alcuni erano pecore, seco
limpo, e fu venerato come una Divinità (e). Il tempio più famoso, che
gli
si fabbricò, fu quello di Delfo (f), per cui il N
(f), per cui il Nume conseguì anche il nome di Delfico (g). Dicevano
gli
Antichi, che questo tempio era stato prima costru
e Agamede, figliuoli d’Eresino, re d’Orcomene nella Reozia, ne furono
gli
architetti (a). Queglino, compito il lavoro, ne c
capro avvicinatesi furono assalite da moti convulsivi. Aggiunge, che
gli
abitanti de’luoghi vicini, accorsi al prodigio, e
oscuri natali(f). La prima femmina, che nell’anzidetto tempio enunciò
gli
Oracoli di Apollo, fu Femonoe, la quale fece parl
d’argento(12). Venne poi imitato da Creso, suo successore. Questi tra
gli
altri doni vi spedì due vasi d’acqua, detti Acqui
si abbruniò. Dopo quaranta otto anni per comando degli Anfizioni(16)
gli
Alcmeonidi, ossia i discendenti di Alcmeone, fami
he Apollo dal predetto Promontorio fu denominato Azio(b). Augusto poi
gli
aggiunse il nome di Palatino, perchè sul monte de
gli aggiunse il nome di Palatino, perchè sul monte dello stesso nome
gli
consecrò un tempio assai celebre pe’portici e per
piangere la morte di Giacinto : Il secondo dì eta tutto allegrezza, e
gli
schiavi sedevano a mensa co’loro padroni. Cori di
del sacrifizio. Anche Apollo fu detto Galasio ; ma tale denominazione
gli
derivò da un luogo della Beozia, così chiamato, e
i, e dava oracoli sei mesi dell’anno, cioè la primavera e l’estate, e
gli
altri sei in Patara, città della Licia, nell’ Asi
acro di lupo in bronzo. V’ è però chi soggiunge, che per altro motivo
gli
si diede questo nome. Alcuni ladri, dicesi, rubar
a’ trattati(g). Fu detto Spodio da spodòs, cenere, attesochè i Beozj
gli
aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, forma
fu Terpandro(a). Apollo si chiamò Timbreo dal cul o particolare, che
gli
si rendeva in Timbra, città della Troade, ove ave
elle Plejadi. Per testificare sempre più la loro venerazione al Nume,
gli
spedivano ogni anno in Delo le primizie de’ Ioro
empio d’ Apollo Ismenio o Galasio. L’origine di tale Festa è questa :
gli
Eolj ; che abitavano in Arne e ne’ luoghi circonv
e una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione d’ armi, e sì
gli
uni che gli altri tagliarono degli allori, per po
d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione d’ armi, e sì gli uni che
gli
altri tagliarono degli allori, per portarli poi i
trattare a piacere il vinto. Apollo, essendone giudici le Muse(a), o
gli
abitanti di Nisa(b), vi riuscì superiore. Egli ap
l’ Inferno è tormentato secondo Igino da un serpente, che di continuo
gli
rode il fegato e il cuore. Virgilio poi dice, che
secrato. Apollo per tal delitto scoccò contro di lui una freccia, che
gli
diede la morte(b). Pane in presenza di certe Ninf
purpurea tiara. Con tutto ciò se ne accorse quello de’suoi servi, che
gli
accorciava ì capelli, quando erano lunghi : e sma
’Argo. Corebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta
gli
vietò di più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiuns
a dimora. Giunto Corebo al monte Geranieno nella Megaride, il tripode
gli
cadde in terra. Là esoguì l’Eroe ciò, che l’Oraco
Tessaglia. Apollo ebbe a vederla nel momento, in cui, pascolando ella
gli
armenti del padre, combattè sola contro un leone.
ine della sua vita ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli Dei, che
gli
concedessero di piangere sempre. Infruttuosa non
esposti alle bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto
gli
abitanti di Elira, città situara sopra una delle
uzioni di Giunone, sì perchè Apollo, come Dio de’Pastori, voleva, che
gli
fosse sacrificato il lupo, nemico delle greggi ;
ziato, prese un serpente, se ne ritornò ad Apollo, e finse che quello
gli
fosse stato d’ostacolo per avvicinarsi alla fonte
rata. Dietro alle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di se
gli
stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pur
lia, era amata da questo Dio (56). E benchè ella con odio implacabile
gli
corrispondesse, Apollo tuttavia procurava sempre
tentato d’ insultare al di lei pudore (d). Fece altresì esperimentare
gli
effetti del suo sdegno ad Atteone, cacciatore, na
ghì. La non troppo nobile condizione, e la povertà, in cui trovavasi,
gli
erano di ostacolo per giungere a possederla. Per
ntacleo ; o da quella parte del Pireo, che si chiamava Munichia, dove
gli
Ateniesi le aveano eretto un tempio, il quale ser
ini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella quale
gli
Spartani sull’altare della Dea venerata sotto il
vaticinio, lo manifestò al Pontefice. Questi, per deludere il Sabino,
gli
fece credere, che prima del sacrifizio conveniva,
a, e ne attaccò le corna alla porta del tempio, a differenza di tutti
gli
altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano
ma finalmente fu data in matrimonio a Vulcano, il più brutto di tutti
gli
Dei(g). Venere fu particolarmente venerata in Ama
larmente venerata in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che
gli
abitanti di quella città, chiamati Cerasti, perch
ero un altare a Giove, il quale soprannominarono Ospitale, essendochè
gli
sacrificavano i forestieri, che giungevano appres
’ Isola, si appressò Pigmalione all’altare della Dea, e la pregò, che
gli
concedesse una moglie, che fosse somiglievole all
no a Venere un tempio poco distante da Roma in un luogo paludoso, ove
gli
uni e gli altri si unirono in un solo popolo(c).
e un tempio poco distante da Roma in un luogo paludoso, ove gli uni e
gli
altri si unirono in un solo popolo(c). La voce An
recedette la loro rovina, i doni andarono a fondo, ma l’anno seguente
gli
stessi se ne rimasero sopra l’acqua(d). Venere, s
imasero sopra l’acqua(d). Venere, soprannominata Morfo, ebbe appresso
gli
Spartani un tempio, in cui ella compariva velata,
Dea(e). Gli abitanti d’Erice, città della Sicilia, celebravano tutti
gli
anni l’Anagogia, ossia la Festa della partenza, q
ere, cui la trista sorte di Selinno continuava a destare compassione,
gli
fece obbliare del tutto la memoria di quella Ninf
ari, fu venduta a Licurgo, figlio di Pronace, e re di Nemea (c). Tra
gli
ustelli il più caro a Venere fu la colomba. Dices
avea disfatto Cleopatra nell’aceto, fu divisa in due parti per farne
gli
orocchini ad una statua di Venere. Lampridio lasc
estituì poi, come abbiamo detto, alla luce, mediante una bevanda, che
gli
fu data da Meti. Secondo un’altra tradizione più
va fabbricando le mura dì quella città. Egli, attesa la promessa, che
gli
fece quel re, di grossa somma di danaro, s’accins
ovvero perchè egli fece dono del cavallo agli uomini(b). Dagli Arcadi
gli
furono institnite le Feste Ippocrazie, nel tempo
e mentovate Feste(a). Nettuno per vendicarsi d’Inaco e degli iltritra
gli
Argivi, i quali avevano giudicato, che il paese d
timo, se prima non si faceva qualche sacrifizio al Nume(16). I Romani
gli
avevano consecrato tutto il mese di Febbrajo, aff
eva nell’Isola Atlantica un magnifico tempio, ove l’oro, l’argento, e
gli
altri più preziosi metalli d’ogni parte vi risple
ebre il tempio, che Nettuno aveva in Geresto, città dell’Eubea, donde
gli
derivò il soprannome di Gerestio ; e Gerestie si
le mani di bianca pietra(d). Si chiamò Ippia, ossia Equestre, perchè
gli
Arcadi Arcadi la riconoscevano inventrice delle q
mente dei regali, e trattavano a convito le loro serve, come facevano
gli
uomini al tempo delle Saturnali(c). Narrasi inolt
facevano gli uomini al tempo delle Saturnali(c). Narrasi inoltre, che
gli
Scolari durante la celebrazione di tali Feste spe
iche Ceste(e). Le Panatence, ossia Feste di tutta Atene, perchè tutti
gli
Ateniesi doveano intervenirvi, si dividevano in m
ore, perchè elleno portavano delle urne piene d’acqua per rinfrescare
gli
Ateniesi, che celebravano queste Feste. Erano ess
i celebravano da’soli Ateniesi ; Teseo poi le rendette comuni a tutti
gli
abitanti dell’Attica, e allora acquistarono il no
a abbia osservato il comando di non aprire il cestello ; e che perciò
gli
Ateniesi le abbiano eretto un tempio presso quell
a Minerva Gli Epidaurj accettarono la condizione, e da che eseguirono
gli
ordini dell’Oracolo, viddero riprodursi la fertil
o di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto di Minerva non
gli
prestò veruna corrispondenza, finchè la stessa De
e, per darlo a divedere in atto di marciare. Roma sotto questo titolo
gli
eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figl
ppellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne di quella città
gli
offerirono un sacrifizio, cui non vollero che ass
vea ricercato in premio del suo lavoro (c). Altri sono di parere, che
gli
anzidetti Sacerdoti sieno stati detti Salj da un
gione della sua ferocia ; il cavallo, come il più bellicoso tra tutti
gli
animali ; la pica e l’avoltojo, perchè questi ucc
di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reggia, ebbe pure in Roma. Ivi
gli
s’immolava un cavallo, di cui la gioventù, divisa
putava la testa (b). Marte ebbe per compagno Eremartea, Divinità, che
gli
Antichi onoravano con certi rendimenti di grazie,
e scudo, coperto di vesti militari, e con manto sulle spalle. Alcuni
gli
danno un bastone da comando in mano, e gli addatt
manto sulle spalle. Alcuni gli danno un bastone da comando in mano, e
gli
addattano al petto l’Egide (e). Sofocle ed altri
mando in mano, e gli addattano al petto l’Egide (e). Sofocle ed altri
gli
pongono altresì nella destra il fulmine. Sta vici
gonisti vogliono, che Vulcano sia nato dalla sola Giunone(c) ; e però
gli
diedero il soprannome di Apator, ossia senza padr
ella trovavasi sospesa alla volta dell’ Olimpo(f). Per quella cadura
gli
si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli
. Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che
gli
acquistò il nome di Tardipede, ossia tardo di pie
e egli spedì in Cielo a Giunone per vendicarsi del disprezzo, ch’ella
gli
aveva dimostrato per causa della di lui bruttezza
empo la rete, che ambedue vi rimasero inviluppati. Egli poscia invitò
gli
altri Dei a godere il bizzarro spettacolo. Ognuno
ntasi con barba e capigliatura negletta, coperto di veste, che appena
gli
giunge alle ginocchia, con beretta rotonda e appu
Questo Nume ebbe due altre mogli, Partenope e Panfolige. Dalla prima
gli
nacquero Asia e Libia, dall’ altra ebbe Europa e
ibavano solamente di ciò, che la terra da se produceva ; e divoravano
gli
stranieri, che cadevano nelle loro mani(d). Furon
i al dire d’Omero nacque dalla Ninfa Toosa e da Nettuno(g). Apollonio
gli
dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi
ell’ Inferno, e ricolmo d’atrocissimi tormenti, ove vengono rinchiusi
gli
scellerati(a). (7). Fingesi che, mentre regnava
entre regnava Saturno, abbia fiorito, la bella età d’oro, nella quale
gli
uomini viveano nell’ innocenza, la terra dava da
sì sovrana potenza tutte le cose, che alle sue disposizioni non solo
gli
uomini, ma tutti gli altri Dei doveano sottomette
utte le cose, che alle sue disposizioni non solo gli uomini, ma tutti
gli
altri Dei doveano sottomettersi(d). Nel libro, co
(e). Nat. Com. Myth. l. 2. (14). Giano dopo morte fu annoverato tra
gli
Dei Scelti, ossia tra quegli otto, che alle dodic
Clusino ; e Patulcio, quando quello era aperto(i). Questo ultimo nome
gli
fu imposto anche per indicare, ch’ era egli quell
a ; scannava al Nume giovenchi bianchi, non mai sottoposti al giogo ;
gli
offeriva datteri, fichi, e mele ; sulle soglie de
giorni delle Saturnali, si dissero Sigil’ arie o Sigillarizie, perchè
gli
uni mandavano agli altri in dono dei sigilli, oss
tuì delle figure in cera o in legno(a). (16). Gran divario passa tra
gli
antichi Servi, e quelli d’oggidì. I nostri sono g
erano sottoposti al dominio del loro padrone quasi non altrimenti che
gli
animali. Quindi potevano essere venduti, niente p
ia Re del Convito, perchè presiedeva alla mensa, eprescriveva a tutti
gli
altri la quantità di vino(d). Quello, a cui sorti
costume, e si stabilì quinci, che coloro dovessero in vece combattero
gli
uni contro gli altri, giacchè così alcuno di loro
tabilì quinci, che coloro dovessero in vece combattero gli uni contro
gli
altri, giacchè così alcuno di loro avrebbe potuto
gli spettatori, o di chi vi presiedeva ; e allora soltanto facilmente
gli
si accordava, quando colui erasi nella zuffa dipo
io gratissimo agli Dei(e). Col progresso del tempo vi si sostituirono
gli
animali. Eusebio vuole che Cecrope, primo re d’At
animale(g). S’introdusse finalmente l’orrendo costume di sacrificare
gli
stessi uomini. Qualora si faceva il sacrifizio de
ote, coperto di splendida veste, e coronato la fronte, eccitava prima
gli
astanti a fare una preghiera a’ Numi, onde fosser
l lume ordinario della natura. Niente v’ebbe di più opportuno, quanto
gli
Oracoli, per alimentare la superstizione, e per s
ne, e per sorprendere la facile credulità degli uomini Vennero quindi
gli
Oracoli con somma frequenza consultati sopra gli
omini Vennero quindi gli Oracoli con somma frequenza consultati sopra
gli
affari pubblici e privati. L’utile poi, che gli a
enza consultati sopra gli affari pubblici e privati. L’utile poi, che
gli
astuti Sacerdoti del Paganesimo ne ritraevano, fe
oro le risposte, oppure parlavano dal ventre o dal petto loro, mentre
gli
stessi Demoniaci tacevano : in Entusiasti, ne’qua
l movimento degli Astri(b). La Divinazione si accrebbe ben presto tra
gli
Egiziani e i Greci. L’una e l’altra Nazione, per
l’ Indovino Accio Navio raccontasi da Tito Livio(a). Tarquinio Prisco
gli
ricercò, se potevasi eseguire ciò ch’egli pensava
egli uccelli, o dal modo, con cui questi prendevano il cibo ; laddove
gli
Auguri erano quelli, che dal garrire degli uccell
ri custodivano certi fatidici Polli. Era loro interdetto l’esplorarne
gli
andamenti fuorchè all’alba del giorno. In questo
o Fulguratori, ed erano i più stimati di tutti(a). Solevano parimenti
gli
Auguri porsi a sedere verso l’Oriente, e dopo ess
i costoro, chiamat Aruspicina o Estipicio, versava nell’osservare, se
gli
animali, che si doveano sacrificare, si lasciavan
uarto re di Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il quale
gli
fosse stato di buon augurio per la durata della c
degli uccelli(h). Finalmente notiamo, che appresso i Romani conseguì
gli
onori Divini ande il di lei figliuolo, Sterculio
ialmente l’agricoltura, per cuit ne divenne re, e dopo morte conseguì
gli
onori Divini(d). Erano sacri a questo Nume gli sp
e dopo morte conseguì gli onori Divini(d). Erano sacri a questo Nume
gli
sparvi ri. A questi l’Egitto consecrò un tempio n
non altrimenti che se avesse fatto perire l’Ibi, uccello, a cui pure
gli
Egiziani rendevano gli onori Divini. Dicesi final
avesse fatto perire l’Ibi, uccello, a cui pure gli Egiziani rendevano
gli
onori Divini. Dicesi finalmente, che una certa Pa
scita di Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a di lui balia ; e che
gli
Egiziani, avendo voluto ch’ella pure partecipasse
o misero a morte. Iside, avendo trovato il corpo del figlio nel Nilo,
gli
restituì la vita, lo rendette immortale, e gl’ins
lmò l’Egitto di benefizj, e ne divenne un Nume(b). Matrobio dice, che
gli
Egiziani sotto il nome di Oro adoravano il Sole(c
cesi significare nella loro lingua bue) e Setapide(e). Presero quindi
gli
Egiziani ad adorare un bue, candido la fronte, e
cinque(g), e secondo Igino quaranta nove(h). Erano ad esse gratissimi
gli
Alcioni, uccelli marini(i). Alle medesime consecr
da Ati, ma da Onfale e da Ercole(a). (16). Ati dopo morte ricevette
gli
onori Divini(b). Pausania dice, che gli fu eretto
16). Ati dopo morte ricevette gli onori Divini(b). Pausania dice, che
gli
fu eretto un tempio in Dime, ultima città dell’Ac
i rende probabile di poter asserirne la verità. Platone, il primo fra
gli
Antichi, che ne parlasse, non fa menzione che di
e adaltri piace chiamarla, era di nome Sambete(f). Pausania narra che
gli
Ebrei, i quali abitavano al di sopra della Palest
oscurità di que’ recinti fossero opportuni a rendere più rispettabili
gli
esercizj di Religione. Ivi s’innalzavano altari,
icare i tempj ; ma quelli si piantavano sempre intorno a questi, e sì
gli
uni che gli altri erano del pari rispettati. Tagl
j ; ma quelli si piantavano sempre intorno a questi, e sì gli uni che
gli
altri erano del pari rispettati. Tagliare alcun r
era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare da di là se non
gli
alberi, i quali si credeva che attraessero il ful
er pazza. La Sibilla in presenza di Tarquinio ne bruciò allora tre, e
gli
offerse gli altri sei allo stesso prezzo. Derisa
Sibilla in presenza di Tarquinio ne bruciò allora tre, e gli offerse
gli
altri sei allo stesso prezzo. Derisa vieppiù, e r
r i tre ultimi. La fermezza di lei fece sì, che Tarquinio consultasse
gli
Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente
, ma supplice ricorse a Venere onde riuscire nel gran cimento. La Dea
gli
diede tre pomi d’oro, colti in Tamaseno, campo de
gliare anche quello : ond’è che rimase alle spalle d’Ippomene, nè più
gli
contrastò il trionfo. Ippomene sconoscente obbliò
ato le rive del fiume Sangario da un grosso serpente, che ne divorava
gli
abitanti, fu da Giove con quel serpente collocato
o di seminare la terra, fu onorato come un Dio dagli Ateniesi. Questi
gli
eressero un tempio e un altare, e gli consecraron
e un Dio dagli Ateniesi. Questi gli eressero un tempio e un altare, e
gli
consecrarono un’ Aja, ossia uno spazio di terreno
vano alla Religione. Per lo più si celebravano o per onorare i Numi e
gli
Eroi, o per esercitare le forze del corpo, o per
sta de’ Numi e degli Eroi. Col progresso del tempo si rappresentarono
gli
stessi Fatti, favendo consiparire sulla scena i p
carri formava il più brillante spettacolo. Ad essa pure concorrevano
gli
Eroi e i Principi stessi, i quali non meno ambiva
una semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore,
gli
era permesso di prendersela. Così fece Ercole, no
i chiamavano Brabeuti (c), Atloteti, e Agonoteti (d). Suida distingue
gli
Agonoteti dagli Atloteti in questo, che i primi p
n assoluto potere le sentenze, stabilivano le convenienti pene contro
gli
Atleti, violatori delle leggi, e li facevano anch
condato di gradini e sedili, i quali andavano alzandosi in guisa, che
gli
spettatori da ogni lato potevano vedere. Nell’ An
lo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta di tutti
gli
alberi (h). L’Arena poi si chiamò anche Cavea, os
ubblici spettacoli combattevano le une contro le altre, ovvero contro
gli
uomini, detti perciò Bestiarj (i), o Arenarj (l).
16). Le Feste Talisie secondo alcuni si celebravano in onore di tutti
gli
Dei (d). (a). Declausire Diction. Mythol. (b)
prannominati Serpentipedi (n). I nomi de’ più noti sono Abseo, Aloeo,
gli
Aloidi(a), Almopso, Mimante, Polibote, Reto, Asio
ava co’piedi il più profondo del mare, la superfizie di questo appena
gli
arrivava alla eintura(g). Omeco riguardo a Tifone
inerva senza il mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti
gli
altri Dei di permettere, ch’ella pure da se sola
Gigante secondo alcuni dichiarò solo la guerra agli Dei per vendicare
gli
altri Giganti, da loro sterminati(l). Vuolsi altr
gimge, che questo Gigante con tal nome era chiamato dagli Dei, mentre
gli
uomini lo chiamavano Egeone(b). Egli avea cinquan
m. l. 5. (5). Di là ripetesi l’origine dello stranissimo culto, che
gli
Egiziani solevano rendere alle piante e alle best
andò a seppellisri nella palude Sterbonide(f) Plutarco soggiunge, che
gli
Egiziani solevano dire, che i vapori di quella pa
to il premio della Corsa. Gli Spartani le eressero una statua(b). Tra
gli
uomini poi Corebo, nativo d’Elide, fu il primo ad
ando per la terza volta fece pure fronte a tutti i suoi Avversarj, nè
gli
restava a vincerne che uno, per riportare il prem
j, nè gli restava a vincerne che uno, per riportare il premio. Questi
gli
si avventò con gran furore, e lo strangolò. Arric
n gran furore, e lo strangolò. Arrichicne tuttavia, vicino a spirare,
gli
morse sì violentemente un piede, che colui cadde
reta, fu premiato nella Corsa. Questo godeva sì alta riputazione, che
gli
Efesini gli offrirono una somma d’argento, ond’eg
miato nella Corsa. Questo godeva sì alta riputazione, che gli Efesini
gli
offrirono una somma d’argento, ond’egli si dicess
ia agli Egineti(e). Teagene, della città di Taso, fu quello tra tutti
gli
Atleti, che abbia riportato più corone a’ Giuochi
asa ; indi la rimise nel luogo stesso, donde l’avea presa. Dopo morte
gli
s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui
incipio della Corsa. Il di lui cavallo continuò a correre, oltrepassò
gli
altri, e come se avesse conosciuto d’avere riport
rdinaria bellezza, restò ucciso in un combattimento, sostenuto contro
gli
abitanti della città d’ Egesta. Gli stessi suoi n
gli abitanti della città d’ Egesta. Gli stessi suoi nemici dopo morte
gli
alzarono un monumento, ed anche gli offrirono dei
Gli stessi suoi nemici dopo morte gli alzarono un monumento, ed anche
gli
offrirono dei sacrifizj(b). Ne’ mentovati Giuochi
lore d’oro. (d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid. (13). Da principio
gli
Oracoli di Dodona al dire di Strabone erano manif
Rapsodomanzia, dalle Rapsodie, ossia Poemi di Omero, perchè appresso
gli
Antichi, come alcuni credono, i Poeti si tenevano
lle libazioni per indicare il mutuo consenso. Vi si chiamavano poscia
gli
Dei in testimonio di ciò, che si stabiliva ; e si
(b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (16). Il Dio delle Mosche appresso
gli
Egiziani si appellava Miagro o Miode o Acoro. Egl
tore dei confini delle campagne, e come il più potente a frenarne tra
gli
uomini le usurpazioni. Il predetto Re, dopo aver
e di vino, e si offrivano frutta e focacce di farina (d). In seguito
gli
furono sacrificati anche degli agnelli (e). Quest
ero pretende ch’ella abbia sempre versato la predetta bevanda a tutti
gli
Dei (g) fuorchè a Giove, a cui secondo lo stesso
ipide sappiamo, che Capaneo, dopo essere rimasto fulminato, ricevette
gli
onori del Rogo (g). Il Rogo era un mucchio di leg
vesti del defonto, e le di lui armi, se era stato guerriero. Innoltre
gli
animali a lui cari, e talvolta anche degli schiav
ano di creta. Un Sacerdote tre volte aspergeva d’acqua lustrale tutti
gli
astanti per purificarli. Ognuno de’medesimi in at
. (26). Panteon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se
gli
attributi di molti Numi (d). (b). Joh. Jacob. H
. l. 1. (d). Job. Iacob. Hofman. Lex. Univ. (28). Non v’era tra
gli
Antichi chi veggendo uno straniero, nol introduce
i chi veggendo uno straniero, nol introducesse in casa propria, e non
gli
presentasse subito del sale (m). Le donne lavavan
Appresso gl’Istorici molto si decanta la benevolenza de’Cretesi verso
gli
ospiti (c). E’pur celebre un certo Assilo Frigio,
abitando sulla strada, impiegava tutte le sue facoltà nell’accogliero
gli
ospiti (d). Il diritto dell’ospitalità era sì sac
ata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare
gli
Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denom
a, insorta con gagliardissimo vento, e il fulmine, che incenerì tutti
gli
autori di quel delitto. (30). Tra’Cercopi sono f
ssia Dio della terra, ovvero sapienza della terra, sotto il qual nome
gli
Antichi riconoscevano la natura, come madre e nut
a città prendeva a correre con una fiaccola accesa in mano. Se questa
gli
si estingueva, primachè fosse giunto alla meta, e
esiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c). Col nome di Ore appresso
gli
antichi Greci s’indicavano le Stagioni dell’anno
ca, la quale egli poi insegnò a que’della Lidia. Questi popoli perciò
gli
tributarono onori Divini, e gli eressero un tempi
que’della Lidia. Questi popoli perciò gli tributarono onori Divini, e
gli
eressero un tempio sopra una montagna, detta dal
denominavano Tricopatreo, Eubuleo, e Dionisio, secondo Cicerone erano
gli
Dei Grandi della Samotracia (b). Furono anche sop
no, perchè si credeva ch’eglino avessero trovata l’arte di fabbricare
gli
stromenti di ferro (e). Mnasea tra gli Dei Cabiri
o trovata l’arte di fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra
gli
Dei Cabiri nomina Asiero, Asiocersa, e Asiocerso,
egli Dei (d). Strabone li la Sacerdoti di Cibele, e secondo lui erano
gli
stessi che i Coribanti (d). (c). Albric. (d).
tiva di non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fissare sempre
gli
occhi ne’raggi del Sole, senza rimanerne abbaglia
Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e di essere la regina di tutti
gli
altri volatili (g). (c). Nat. Com. Mythol. l. 2
dato il predetto nome dal Greco verbo, yin, piovere, perchè, avendole
gli
Dei trasferite in Cielo, ove formano una Costella
). Abitavano i sonti e le spelonche, cosicche di rado comparivano fra
gli
uomini(a). Pomponio Mela lasciò scritto esservi s
, e di conversare cogli Dei. Al rievegliarsi andava spacciando quanto
gli
si destava in mente, come ispirato da Fauno, e gl
spacciando quanto gli si destava in mente, come ispirato da Fauno, e
gli
si prestava credenza. A tale Oracolo ricorrevano
Celio un tempio rotondo e circondato da colonne(a). La Ninfa Semetide
gli
avea partorito un figlio, di nome Acide. Questi d
dice figlio di Pico(b). Fu soprannominato Littorale, perchè i Romani
gli
eressero un tempio lungo le rive del mare ; e si
la di Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione di Bacco. Egli altresì
gli
fu sempre compagno nelle di lui conquiste(h). Sul
Bacco, che in ricompensa permise a quel re di chiedergli ciò, che più
gli
fosse piaciuto. Mida ricercò, che si cangiasse in
o Cistofori, ovvero Stolisti. Nobili Vergini, dette Canifore appresso
gli
Ateniesi, s’impiegavano in tale ministerio(a). Si
o perchè Cerere e Bacco erano stimati indivisibili compagni, o perchè
gli
stessi misterj e ceremonie erano loro communi. Di
o, e d’avorio, e tirati o da animali o da uomini, che rappresentavano
gli
animali, sacri alle Deità, che si onoravano. A qu
ano da’ Sacerdoti. Il Flamine Diale cominciava, e mentre continuavano
gli
altri a raccorre il vino, egli sacrificava a Giov
(c). Tibull. l. 4. ad Messal. (15). Erigone, appiccandosi, pregò
gli
Dei, che se gli Ateniesi non vendicassero la mort
l. 4. ad Messal. (15). Erigone, appiccandosi, pregò gli Dei, che se
gli
Ateniesi non vendicassero la morte d’ Icario, le
e (f). Si fece allora anche la Festa E ora, ossia sospensione, peschè
gli
Ateniesi per espiare il suicidio di Erigone, si l
ei si disse Loto (d). Narrasi che la medesima riuscisse sì dolce, che
gli
stranieri, mangiandone, si dimenticavano totalmen
di ritornarsene al suo paese, e si ritirò appresso il re Ebialo, che
gli
diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzi
). (4). Argo ebbe in moglie Ismene, figlia del fiume Asopo, la quale
gli
partorì un figlio, detto Jaso (b). (a). Joh. Ja
o. Ma il di lei padre non voleva darla in isposa, se non a colui, che
gli
avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Er
r condurla appresso di lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e
gli
espose il motivo di sua venuta. Il re non v’aderì
o al furore ; e colla spada inseguì le barbare infanticide. Vano però
gli
riusci il disegno di trucidarle, poichè amendue c
oglimento della cintura della sposa (f). Il Dio Giugatino congiungeva
gli
sposi (g). Questo Nume però non è da confondersi
ioghi de’ monti (h). Furonvi finalmente le Dee Prema, Pertunda (i), e
gli
Dei Imene, e Talassio, de’ quali due ultimi parle
i, che presiedeva a tutte le azioni della vita campestre (b). Variano
gli
Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo fa nas
ia, e spezialmente Sinoe, presero cura della di lui infanzia : lo che
gli
acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo titolo
piedi di capra (b), pe’ quali fu soprannominato Egipane (c). Luciano
gli
dà inoltre la coda di capra (d). Spesso egli tene
so vento per la perdita dell’accennata Ninfa (a). Pane soleva empiere
gli
agricoltori di sì grande spavento, che molti di q
b). Pane era onorato spezialmente in Tegea, città dell’Arcadia, donde
gli
derivò il soprannome di Tegeeo (c). A lui parimen
i colle pelle delle victime sacrificate, andavano quà e là scherzando
gli
uni cogli altri (b). S’introdusse poi anche il co
8). Molte altre erano le ceremonie, colle quali si celebrava appresso
gli
antichi Greci e Romani il matrimonio. Lo sposo sp
bitavano un antro in cima del monte Citerone, è fama, che ispirassero
gli
abitanti di que’ dintorni (b), i quali però furon
, e le si sacrificava un cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli
gli
oggetti di timore e di spavento (q). Gli Dei Epid
do Orazio(d). Sofocle però gliene numera tre sole(e). Tre lingue pure
gli
vengono date(f). La coda del medesimo terminava c
agine ; però soggiungesi, che la Morte è sorella del Sonno(b). Quindi
gli
Spartani rappresentavano ne loro tempj il Sonno e
gliuoli, chiamati Sogni, nacquero da lui(e). Due sorta ne riconobbero
gli
antichi Pagani : altri veri, i quali cioè annunzi
a dell’ Inferno, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì
gli
uni, che gli altri, soggiunge Ovidio, sogliono ve
no, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli uni, che
gli
altri, soggiunge Ovidio, sogliono vestirsi di tan
ente toro, fatto da Nettuno, perchè quello non aveva le corna davanti
gli
occhi per ferire più sicuramente(b), o alle spall
uella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito il notare altresì, che
gli
abitanti di Delo, e altri popoli della Grecia ven
stesso Oreste eretto un tempio sotto il titolo di Dee Candide, perchè
gli
comparvero coperte di bianche vesti(d). Alcuni pe
lto di giovine pallida per la fame(g), le orecchie simili a quelle de
gli
orsi, il corpo somigliante a quello degli avotoi,
ssalì quel mostro, e dopo lungo contrasto lo uccise(e). Jobate allora
gli
commise di guerreggiare contro i Solimi con poco
si cimenti sempre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il di lui valore,
gli
diede la sua figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, i
ia, pianura della Cilicia. Il medesimo, avendo per tal caduta perduti
gli
occhi, andò errando per que’ diatorni, finchè vis
ngi dall’ Esperidi. Passarono poi nell’ Inferno a cruciare anch’ esse
gli
scellerati(c). Ebbero altre due sorelle, che pari
e’ sacrifizj, soliti a farsi allora sulle tombe de’ morti per placare
gli
Dei Mani(c). Dallo stesso mese presero altresì la
me Deità. Duravano undici giorni, nel qual tempo nè si solennizzavano
gli
sponsali per timore che rinscissero sciagurati, n
(a). Non era permesso il tragittarlo, se prima non si aveano ricevoti
gli
onori della sepoltura. Credevasi, che coloro, i q
neppure poteva ammettere nella sua barca alcuno de’ viventi, che non
gli
avesse mostrato il Ramo d’oro da offerirsi in oma
ge, perchè l’anzidetta Ninfa al tempo della guerra de’ Giganti contro
gli
Dei spedì in soccorso di questi le sue figliuole,
predetto onore, perchè svelò a Giove la congiura, che aveano tramata
gli
altri Dei per metterlo in ceppi(a). Nelle acque d
come un luogo(b), ed ora come un fiume dell’ Inferno(c). (19). Tra
gli
scellerati, che si trovano nel Tartaro, i più fam
o venne precipitato nel Tartaro. Alcuni dicono, perchè egli manifestò
gli
arcani degli Dei ; altri soggiungono, perchè era
i ; altri soggiungono, perchè era solito a cruciare con varj tormenti
gli
ospiti, che si recavano appresso di lui(g). Ferec
(d). Tentò la medesima cosa Psafone, e sìo felicemente vi riuscì, che
gli
uccelli, avvezzati da lui a dire che Psafone era
ali parole, e fecero in tale guisa, che i popoli rendessero a Psafone
gli
onori divini(a). Emo finalmente, re della Tracia,
gendosene, fu la prima e la sola a mangiarne la spalla destra ; e che
gli
altri Numi, conosciuta l’empietà di Tantalo, lo c
e fame e sete rabbiosissima a vista di un albero pieno di frutta, che
gli
pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che
o di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che
gli
toccava le labbra(a). Cicerone vuole, che sovrast
tava di assaggiare quelle acque(b). Riguardo poi a Pelope dicesi, che
gli
Dei ne riunirono le membra ; che gl’inspirarono n
adre, ma che nej dì del predetto convito Nettuno lo abbia rapito onde
gli
servisse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pand
omessa ; ma Issione non mai determinavasi a farlo. Dejoneo finalmente
gli
tolse alcuni cavalli. Se ne sdegnò Issione, e ser
o, Egitto. Come poi Danao intese dall’ Oracolo che uno de’suoi generi
gli
avrebbe tolto e trono e vita, foce giurare alle s
Valesio vennero attaccati da gravissima malattia. Il loro padre pregò
gli
Dei, che traessero sopra di lui la morte minaccin
ciato a scavare. Fec’egli delle Feste per tre continui giorni, perchè
gli
Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordat
Virg. Aeneid. l. 7. (f). In l. 3. Georg. (6). Pelia, perchè molti
gli
ricercavano Alceste in matrimonio, avea giurato d
al grande amore per Alceste, talmente intenerì Proserpina, che questa
gli
ridonò in vita la generosa consorte(b). Altri dic
nevano l’oro. Vi fu preso Agamede. Trofonio, non potendo liberarnelo,
gli
troncò il capo, affinchè nè il fratello fosse ric
a portare seco delle focacce per gettarle a’Lemuri, e a’serpenti, che
gli
si facevano incontro. Dicesi inoltre, che chiunqu
ni, che non solo l’Asia, ma tutta la Grecia Europea attonita ripeteva
gli
applausi alla decantata celebrità de’vaticinj di
nella Grecia, ma quegli non volle accettarlo. Lo stesso fecero tutti
gli
altri ; sicchè il tripode finalmente venne consec
altari, senzachè nè egli, nè colei avessero alcun lume riguardo a chi
gli
aveva dato la vita. Il giovine frattanto si acqui
uscendo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quello, che
gli
era stato indicato. Creusa pensò, che tal cosa al
a tale vista lasciò tosto il suo asilo, corse ad abbracciare Jone, e
gli
manifestò, che Apollo era il di lui genitore. Vi
dopo morte ebbe un tempio, chiamato Branchiadon, e fu annoverato tra
gli
Dei(e). Diede anch’egli degli Oracoli, che furono
di cui acqua bolliva al levar del Sole, e faceva morire sull’istante
gli
uccelli, che ne beveano(b). (e). In Achaic. (
e di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove
gli
partorì Mennone, di cuì parleremo altrove (a). Na
anica, di cui se ne serviva per avvelenare o per convertire in bestie
gli
uomini. Neppure la risparmio a suo marito, ch’era
i denominò Circea(e). Circe, trovandosi in Italia, fece esperimentare
gli
effetti del suo sdegno anche a Pico, antico re de
a morì di dolore(a). Circe poi non ostante la sua malvagità ricevette
gli
onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata ne
lla sia stata anche detta Marica, e che sotto tal nome la venerassero
gli
abitanti di Minturno(c). Altri soggiungono, che c
iù dubbio, giurò per lo Stige, the sarebbe per accordargli quanto mai
gli
avesse ricercato. Faetonte chiese di guidare alme
Prima però si fece ad istruirlo dello scabroso cimento, e finalmente
gli
affidò il carro. Faetonte però non giunse a conos
de morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia resero al di lui corpo
gli
ultimi onori. Vennero pure sulle sponde di quel f
i pretende, che poscia sia stato cangiato in aquila, e collo cato tra
gli
Astri(d). (31). Faetusa e Lampezia ebbero Neera
co, dopo morte per le preghiere delle Muse fu da Giove trasferito tra
gli
Astri, ove forma la Costellazione, detta Sagittar
una mano, e con un libro d’ Istoria nell’altra(d). La seconda inventò
gli
strumenti di fiato. E’ coronara di fiore e con du
perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il medesimo
gli
occhi velati, perchè non osserva mai i difetti de
giotni, perchè i Tebani erano stati da Giove cangiati in sassi, e che
gli
Dei stessi nel decimo giorno rendettero a quelli
curio e da Urania(b). Egli addestrò molti nel suono della lira, e tra
gli
altri Tamira, Orfeo, ed Ercole, il quale poi, sgr
quale poi, sgridato fortemente da lui, perchè non aveva suonato bene,
gli
ruppe la testa col predetto strumento(c). Fuvi un
li accusasse. Il suonatore chiese allora, che prima di morite almano
gli
fosse permesso di toccare ancora una sola volta l
i fosse permesso di toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò
gli
fu accordato. Lusingavasi egli d’intenerirli, ma
glino colla morte ne pagassero il fio(a). Gli Dei poi collocarono tra
gli
Astri il sopraddetto Delfino(b). (52). Orfeo era
i i venti, ammansava le più feroci belve, e si traeva dietro a udirlo
gli
uccelli, le selve, e i monti. Fu il primo, che in
erpina, inesorabili per natura, si piegarono alle preghiere di lui, e
gli
permisero di seco condursi sulla terta Euridice,
si sulla terta Euridice, a patto però, ch’ egli non volgesse indietro
gli
occhi a guardarla, finchè non fosse uscito dal lo
perchè egli, trovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi di tutti
gli
Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Nume destò ne
ume trasportati in Lesbo ; che poi la stessa lira venne collocata tra
gli
Astri, e ornata dalle Muse di nove insigni stelle
r madre Trassa o Traossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva
gli
uomini. Quindi di si allontanò dalla società, e a
2). Atteone dopo morte fu dagli Orcomenj riconosciuto come un Eroe, e
gli
s’innalzarono magnifici monumenti (b). (3). Orio
la possibile accoglienza. Gli anzidetti Numi, grati a tanta cortesia,
gli
accordarono, che chiedesse tutto quel, che voleva
ricercò di avere un figliuolo senza maritarsi. Così avvenne, giacchè
gli
Dei fecero nascergli Orione dalla pelle d’un bue,
ce, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre suo
gli
avea conferito il privilegio di camminare a piedi
tentò d’insultare la di lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno
gli
strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Pa
ultare la di lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli strappò
gli
occhi, e lo scacciò dal suo paese. Passò Orione i
o Cedalione. Da di là si trasferì in Orieute appresso il Sole, da cui
gli
fu restituita la primiera vista. Fu allora, che O
e abbia avuto in moglie Asterodia, o Cromia, o Iperippe, e che questa
gli
abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed
on. Mythol. (11). Que’di Trezene annoverarono Sarone dopo morte tra
gli
Dei marini, e i navigatori prima d’imbarcarsi gli
rone dopo morte tra gli Dei marini, e i navigatori prima d’imbarcarsi
gli
offerivano sacrifizj(b). (c). Id. Ibid. (d).
itina si riconoscesse Venere Epitimbia, così denominata per avvertire
gli
uomini della fragilità della loro natura, e per f
oni(c). (13). Esporremo quì i funerali de’Greci e de’Romani, giacchè
gli
uni e gli altri furono le due Nazioni le più reli
13). Esporremo quì i funerali de’Greci e de’Romani, giacchè gli uni e
gli
altri furono le due Nazioni le più religiose ed e
li altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto nel rendere
gli
ultimi doveri a’loro parenti e concittadini. La c
i l’ultimo addio, lo baciavano, e ne raccoglievano le ultime parole e
gli
estremi sospiri. Indi percuotevano certi bronzi p
s’impadronissero di quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui
gli
chiudeva gli occhi e la bocca. Gli si scuopriva p
sero di quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui gli chiudeva
gli
occhi e la bocca. Gli si scuopriva poscia il volt
cidevano(c). Le medesime in Roma la lasciavano sparsa sulle spalle, e
gli
uomini la tosavano, ma non intieramente. I capell
turpavano il volto. Innoltre si udivano imprecazioni e querele contro
gli
Dei, si lanciavano sassi contro i tempj, e se ne
tro gli Dei, si lanciavano sassi contro i tempj, e se ne rovesciavano
gli
altari. I Ministri poscia di Libitina, detti Libi
non abbajasse contro di lui, mentre entrava nell’Inferno, e in bocca
gli
si riponeva per Caronte la moneta, di cui abbiamo
nto del defonto aveano conseguita la libertà(d). Finalmente seguivano
gli
amici e i parenti. Presso i Romani i figli compar
issime pene si puniva chi la violava. Si onoravano pure in quel tempo
gli
Dei dell’Inferno, versando loro sopra il sepolcro
non potè tragittarlo. L’impazienza d’andarsene all’amata giovine non
gli
permise d’aspettare, che il mare si fosse del tut
Erone un foglio per toglierla da ogni inquietudine ; e che la giovine
gli
significò la sua impaziente brama di rivederlo (a
statue qualche volta sono acompagnate da strostrumentì per coltivare
gli
orti, da ceste per tipori vi le frutta, da una ma
a una mazza per allontanare i ladri, e da una bacchatta per impaurice
gli
uccelli (a). Que’di Lampoaco erano i più dedicati
tò l’avvenuto, e promise di ricondurvi tutte le rapite donne, qualora
gli
si fosse accordata in isposa quella, cui amava. C
mava. Così si fece ; e tale matrimonio riuscì sì felice, che in tutti
gli
altri, poscia celebrati, si ricordò sempre il nom
dò sempre il nome d’Imene. I Poeti lo dichiararono Dio delle nozze, e
gli
tessero un’illustre genealogia. Gli uni lo disser
’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui ara se
gli
sposi non facevano libazione, non era valido il l
elo e dalla Terra(d). Finalmente Platone racconta, che, solennizzando
gli
Dei la nascita di Venere, Poro, Dio dell’abbondan
to, per aver ottenuto Anfitrite in moglie a Nettuno, fu collocato tra
gli
Astri(c), non lungi dal Capricorno(d). (5). Lech
o figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone
gli
partorì due scellerati figliuoli, detti Tmilo e T
o più starsene fermo in quel luogo, si tuffò nelle onde. Lo accolsero
gli
Dei marini, e pregarono Oceano e Teti, che lo spo
mo favellato, lo avesse costituito suo interprete (b). Que’d’Antedone
gli
fabbricarono un tempio, e gli offerirono de’sacri
uito suo interprete (b). Que’d’Antedone gli fabbricarono un tempio, e
gli
offerirono de’sacrifizj. Primachè tutto questo av
Uno re suoi servi, stanco d’affaticare in una vigna, da lui piantata,
gli
predisse, che già non ne godrebbe alcun fiutto. S
quattro in un luogo solitario, i figli di Teano si avventarono contro
gli
altri due per ucciderli. I loro colpi andarono fa
nia poi era re di Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese, da cui
gli
si partorirono due figlis, Nittimene e Antiopa(d)
e e Antiopa(d). Nitteo mosse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè
gli
aveva rapito questa sua seconda figliuola. Il com
si tutti i Mitologi fu Anfitrite. Acesandro poi, citato da Tzetze(h),
gli
dà per madre Celene. I Poeti ci descrivono Triton
are, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisifo, re di quel luogo,
gli
diede sepoltura, instituì i predetti Giuochi Istm
amente per consiglio dell’Oracolo si stabilì di ripigliare per sempre
gli
anzidetti Giuochi. Altri pretendono, che questi s
ti da’ nemici(d). Il medesimo fu venerato spezialmente in Tenedo, ove
gli
si offerirono in sacrifizio perfino de’ fanciulli
Portuno aveva un altare, e una capella sotterranea, nella quale pure
gli
si sacrificava. Qualunque spergiuro, che avesse o
o sacrifizj a’ Venti. Gli Ateniesì pure innalzarono loro un tempio, e
gli
Spartani sacrificavano ogni anno a’ medesimi un c
Venti, ch’era Eolo, figlio d’Ippoto, o di Giove(h). Eutidemo Ateniese
gli
dà per madre Menecla, figlia d’Illo Liparese(i).
iglio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in onore di tutti
gli
Dei per ringraziarli dell’abbondante raccolta, ch
onore di tutti gli Dei per ringraziarli dell’abbondante raccolta, che
gli
avevano concesso. Offerì egli pure le primizie de
alle, sottoposta alla selva, il Cinghiale provocato si scagliò contro
gli
armati. Tutti questi indarno tentarono d’atterrar
, non meno ne gioiva Meleagro, che ardentemente la amava. Arrossirono
gli
altri, ed esortandosi scambievolmente, scagliaron
(c). Iliad. l. 2. (11). Eretteo, essendo per guerreggiare contro
gli
Eleusini, intese dall’ Oracolo, che ne avrebbe tr
o, fattosi da Eretteo pel comune bene, lo annoverarono dopo morte tra
gli
Dei, e gli eressero un tempio nella Cittadella d’
da Eretteo pel comune bene, lo annoverarono dopo morte tra gli Dei, e
gli
eressero un tempio nella Cittadella d’ Atene (a).
ressero un tempio nella Cittadella d’ Atene (a). Omero soggiunge, che
gli
stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e
adella d’ Atene (a). Omero soggiunge, che gli stessi popoli ogni anno
gli
sacrificavano tori e agnelli nel tempio di Minerv
rma umana, adoravano Marte sotto la figura di un’ asta, come facevano
gli
Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi
, e in atto d’ ascendere al Cielo ; v’ aggiunse, che lo stesso Romolo
gli
predisse la futura grandezza della sua città, e p
nze. Il timore di qualche pubblica calamità, e la speranza di placare
gli
Dei irati introdussero varie sorti di tali ceremo
e in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bellona era annoverata tra
gli
Dei Comuni, tra quelli cioè che favorivano indiff
abbricata da Cecrope. La vendetta dovea consistero nel recidere tutti
gli
ulivi, giacchè questi erano sacri a quella Dea. M
chè ne avesse sofferto alcun danno. Si chiamò poi Ceculo, perchè avea
gli
occhi assai piccoli. Egli fabbricò in Italia una
er conseguire il nome d’ Eroe, e per essere annoverato dopo morte tra
gli
Dei(a). Le tombe degli Eroi erano d’ordinario cir
acro bosco, appresso il quale trovavasi un altare, su cui i parenti e
gli
amici si recavano a fare in certi determinati tem
di Pallade ne seminò i denti(a). Ne nacquero molti uomini armati, che
gli
Ateniesi chiamarono Sparti, ossia Seminati (b). L
tò contro lo stesso, e lo privò di vita. A tale vista insorsero tutti
gli
altri ; e sì feroce zuffa tra loro si accese, che
a Marte e da Venere. Per onorare quelle nozze scesero dal Cielo tutti
gli
Dei, e ricolmarono la sposa di doni. Da quel matr
cospicua città, e d’aver conseguito sì illustre sposa, dovea riuscir
gli
oggetti di somma compiacenza. Ma n’uno può dirsi
ma compiacenza. Ma n’uno può dirsi beato, primanchè chiuda per sempre
gli
occhi alla luce del giorno. Ad amareggiare la tra
go tempo quà e là errando, si trasferì colla moglie nell’ Illiria. Là
gli
venne in pensiero, che il Dragone, da lui ucciso,
fosse vissuto sotto la tutela di qualche Deità, e che per tale motivo
gli
forsero sopraggiunte cotante aciagure. Pregò quin
e per lo scudo, che Pallade aveagli somministrato, e che riflettendo
gli
oggetti, li faceva senza rischio osservare, volò
te d’aver inteso da un antico Oracolo di Temi, che un figlio di Giove
gli
avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea
ontano da’ suoi confini ogni etraniero. Risvegliatisi pertanto in lui
gli
antichi timori, alle villanie v’aggiunse violenze
iunse violenze e minacce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi
gli
presentò la testa di Medusa, la quale, come abbia
n mostro a devastare le campagne Etiopiche, e a straziarne la gente e
gli
armenti. Que’ popoli ricorsero supplichevoli a Gi
tta bestia. Ei piombò su quel mostro, e sì lo trafisse coll’asta, che
gli
tolse intieramente la vita. Risuonarono allora di
; Cefeo e Cassiope corsero ad abbracciare il prode figlio di Danae, e
gli
offerirono Andromeda in moglie. Perseo, volendo l
icornò poscia nell’isola di Serifo, e ne convertì pure in sassi tutti
gli
abitanti(d), e Poliderte stesso, il quale per inv
e di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo
gli
alzarone degli croici monumenti. Atene gli fabbri
icene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli croici monumenti. Atene
gli
fabbricò un tempio(a). Uno pure gli venne eretto
one degli croici monumenti. Atene gli fabbricò un tempio(a). Uno pure
gli
venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, v
Andromeda, Cefeo, e Cassiope vennero collocati dopo la loro morte tra
gli
Astri, dove formano altrettante Costellazioni(c).
dell’Oracolo prese a guardarsì da quello tra’discendenti d’ Eolo, che
gli
si sarebbe presentato con un piede calzato e l’al
azione, gl’insegnò molte scienze, e spezialmente la medicina : lo che
gli
acquistò il nome di Giasone(c). Alcuni la discorr
acciato(a). Tentò quindi ogni mezzo onde farlo perire. A tale oggetto
gli
propose di segnalarsi in un’impresa quanto glorio
ualora fosse ritornato da quella, lo avrebbe collocato sul trono, che
gli
appatteneva. L’impresa consisteva nel trasferirsi
altresì seminare i denti dello stesso drago ne, e finalmente vincere
gli
uomini armati, che da quel seme etano per mascere
era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel Principe accolse
gli
Argonauti gentilmente, e li ricolmò di doni Nella
to, si sarebbono fabbricate cento città sull’anzidetto Lago. Allorchè
gli
Argonauti erano per proseguire il loro cammino, l
one alle promesse di nozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea
gli
credette, e tosto gli diede certe erbe, coll’uso
ozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea gli credette, e tosto
gli
diede certe erbe, coll’uso delle quali ei potesse
glorioso il nome di Giasone, dice, ch’eglipure, da che cominiciarono
gli
anzidetti uomini a vicendevolmente battersi, si m
e vuote arterie. Così fecero : Pelia grondava di sangue, quando Medea
gli
recise inoltre la gola, lo tuffò in acqua bollent
into. Pare, che Giasone finalmenre dovesse conseguire lo scettro, che
gli
apparteneva ; ma vi si oppose allora Acasto, figl
prove della sua prudenza e del suo invitto valore, meritò dopo morte
gli
onori divini (h). Gli si eressero dei tempj in va
avec potuto un uomo solo esaguirle tutte, è quindi opinione di tutti
gli
Scrittori, che parecchi siena stati gli Eroi di q
e, è quindi opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati
gli
Eroi di questo nome. Eglino secondo Erodoto furon
ia poi della vita dì lui venne ornata co’ maravigliosi fatti di tutti
gli
altri(d). Il Sole per un giorno non illuminò la t
e, e sopra il medesimo perfino spezzò la sua clava. Con tutto ciò non
gli
riuscì mai d’ucciderlo, perchè la pelle n’era imp
ore. Ercole lo persuase di differirne il sacrifizio al suo ritorno, e
gli
promise d’offerirlo egli a Giove Salvatore : lo c
rtò sulle spalle a Micene(d). Euristeo impose altresì ad Ercole, che
gli
recasse il Cinghiale della selva d’Erimanto, il q
tutti que’ dintorni. L’Eroe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che
gli
riuscì di legarlo, e di portarlo vivo in Micene(a
esso il Centauro Folo, figlio di Sileno e della Ninfa Melia, il quale
gli
diede a bere certo vino, che apparteneva a tutti
e trucidò, parte ne mise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che
gli
aprì in una mano una freccia, la quale egli trass
e poscia si chiamò Foloc(b). Era parimenti dovere d’Ercole l’uccidere
gli
uccelli della palude di Stinfalo, città dell’ Arc
ttà, che dal nome di lui appellò Abdera(a) (8). V’è chi pretende, che
gli
anzidetti cavalli sieno stati condotti da Ercole
erca delle predette femmine. Uccise Migdone e Amico, fratelli, perchè
gli
, contrastavano il passaggio. Attaccò poscia le Am
divennero infruttuose. Ercole fu incaricato di ripurgarle, e quel re
gli
promise in ricompensa la decima parte di tutti i
ti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ Eroe quanto
gli
si era prescritto ; mi Augia ricusò poscia d’adem
a) (10). Una ferita, ch’ Ercole aveva ricevuto, in quella circostanza
gli
si aprì, e lo ammalò. Volea egli fare la pace co’
prevalsèro dell’occasione, e uccisero molti de’di lui compagni, e tra
gli
altri Ificlo, di lui fratello uterino(b) (11). Er
ea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì
gli
propose di far prova chi di essi due giuocasse me
ole lo privò di vita, ne uccise il Dragone, e il Cane, e ne portò via
gli
armenti(c). Mentre Ercole passava con quegli anim
Ninfa, detta Coronide. Queglino, soggiornando in Torona, obbligavano
gli
stranieri a lottare seco loro, e dopo d’averli vi
da Ercole nell’ Isola di Tenedo(18), perchè si erano adoperati, onde
gli
Argonauti non accogliessero più nella loro nave l
er Illo, suo figlio, avendo quel re ricusato di soddisfarnelo, Ercole
gli
eolse uno de’di lui buoi. Se ne offese Teodamante
ase atterrato ; ma qualora toccava la terra, sua madre, questa sempre
gli
somministrava forze maggiori, per cui compariva p
ino(c). Busiride poi continuò a trattare nella medesima maniera tutri
gli
altri stranieri : e già anch’ Ercole doveva andar
, il di lui figliuolo, Anfidamante, Calbe, suo araldo d’armi, e tutti
gli
altri ministri della di lui crudeltà(d). Termero,
lo e della Najade Batea, avvenne che un cane, custode di quella casa,
gli
si avvento contro. Eono scagliò contro di quello
na capra in sacrifizio a Giunone. Tale ceremonia si perpetuò appresso
gli
Spartani : dal che la predetta Dea si denominò Eg
sedio, ed era già per prenderli d’assalto, quando coloro per placarlo
gli
offerirono quanti de’ loro concittadini avrebbe m
d’uno di quegli animali rubati venne in cognizione del luogo, in cui
gli
stessi erano stati trasferiti. Egli spezzò subito
fece squarciare da due cavalli. Ercole pure non ville permettere, che
gli
si rendessero gli onori delsepoltura (b). Ercole,
due cavalli. Ercole pure non ville permettere, che gli si rendessero
gli
onori delsepoltura (b). Ercole, trovandosi in Tra
Tirinta, città del Peloponneso, vicina a quella d’Argo (c). Cicerone
gli
dà il nome di Prodicio, perchè Prodico, nativo de
erchè riusci eccellentemente in varie scienze. Seneca lo annovera tra
gli
uomini sapienti : Eliano lo encomia, come Filosof
i (a). Presso i Romani M. Fulvio Nobiliore, Console, fu il primo, che
gli
dedicò un tempio nel Circo Flaminio, ov’ erano on
Sognò di nuovo lo stesso, e neppure allora parlò. Per la terza volta
gli
avvenne la medesima cosa ; ed ei finalmente ne fe
ll’ Arcadia. Ivi la di lui statua era posta sopra una zattera, perchè
gli
Eritrei pretendevano, che quella fosse così arriv
coli alle volte si davano in quella maniera. Bene spesso si mandavano
gli
ammalati a dormire nel di lui tempio, affinchè sa
marciò allora contro i Tebani ; ma Ercole prese a difenderli, tagliò
gli
Orcomenj a pezzi, ne uccise il re, e ne saccheggi
diede a credere d’avervi riportate molte gloriose vittorie. Giove se
gli
presentò per richiamarlo alla primiera serenità d
loo, vestite allora le sembianze di toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole
gli
abbrancò uno de’ corni, dielo svelse, e lo atterr
revalendosi delle proprie forze, passasse nuotando all’ altra riva, e
gli
promise d’assicurarne anche alla di lui sposa il
ntro il Centauro una freccia, tinta del veleno dell’ Idra di Lerna, e
gli
trafisse il petto. Nesso vicino a morire, macchin
ra il di lei fratello, Ifito, spedito dal padre a trovare i buoi, che
gli
erano stati rubati da Autolico. Ercole dopo d’ave
. Colei si valse superbanente del potere, acquistato sopia di Ercole,
gli
tolse la clava e la pelle di leone, lo vestì in a
popoli vicini agli Stati della predetta Regina i quali costringevano
gli
ospiti a lavorare le loro vigne in qualità di ser
rire vittime e voti a Giove, venerato in Geneo, quando al cuoprirsene
gli
omeri s’imbevette del veleno dell’Idra. Sofferì,
34), e Tlepolemo(35). Fu pur caro ad Ercole il fanciullo Elacato, cui
gli
Spartani celebravano le feste, dette Elacatee (a)
e feste, dette Elacatee (a). Giove accolse Ercole in Cielo, e Giunone
gli
diede lassù in moglie la sua figliuola, Ebe (b) (
Alessiare, e Aniceto (c). In terra poi futono pressochè innumerabili
gli
onori, che questo Eroe ricevette. I Greci lo vene
e uno de’ loro maggiori Dei (d). Egli in Roma ebbe molti tempj, e fra
gli
altri uno vicino al Circo Flaminio, e chiamato il
Filottete poi sulle ceneri d’Ercole aveva ciretto un sepolcro, su cui
gli
si offerirono molti sacrifizj. I Tebani pure, e g
sepolcro, su cui gli si offerirono molti sacrifizj. I Tebani pure, e
gli
altri popoli della Grecia gl’ inalzarono tempj e
sura di vino, ne facevano delle libazioni, e ne davano a bere a tutti
gli
astanti (c). Sparta celebrava ad onore d’Ercole c
i rapporta due Iscrizioni, dalle quali apparisce, ch’ Ercole appresso
gli
Antichi si risguardava come il Nume, preside a’ p
nome di Alessicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un tempio appresso
gli
abitanti di Cadice nella Spagna. Là non veniva ra
iscelo, figlio di Alemone, cittadino d’Ar go ; e in tuono minaccevole
gli
comandò d’abbandonare la sua patria, e di trasfer
io e i di lui discendenti presiedessero a’ sacrifizj, che annualmente
gli
si facevano in Italia sul monte Aventino, e che P
e, dopo d’ averlo impegnato in altre due malagevolissime imprese(38),
gli
propose di prendere vivo, e di condurre all’ alta
tare l’arduo cimento, implorò il soccorso di Ercole, e a tale oggetto
gli
offerì un sacrifizio. L’Eroe gli fece vedere in s
soccorso di Ercole, e a tale oggetto gli offerì un sacrifizio. L’Eroe
gli
fece vedere in sogno due tori, i quali, dopo d’av
i Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuola, Etra, la quale
gli
partorì Teseo. Egeo, dovendo ritornarsene in Aten
attaccarlo(b). Era giunto Teseo all’età di sedici anni, quando Etra
gli
manifestò il secreto della di lui nascita. Il gio
in lui le gesta di quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stesso
gli
si offerissero di notte in sogno, e gli destasser
a che le imprese dello stesso gli si offerissero di notte in sogno, e
gli
destassero ardente desiderio di emularle. Ad accr
seo fece soggiacere colui alla pena stessa, cui egli aveva sottomesso
gli
altti(a). Perigona, figlia del predetto Scini, do
le avrebbe recato alcun male. La giovine si rimise nelle di lui mani,
gli
partorì Menalippo, e fu poi da Teseo ceduta in mo
e si tirò addosso l’invidia degli Ateniesi e de’ Megaresi, che coloro
gli
tesero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Mi
ava che di carne umana(d). All’avvicinarsi il tempo del terzo tributo
gli
Ateniesi altamente si agitavano, ed erano per sol
funesta spedizione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che
gli
commise di prendersi Venere per guida, e di sacri
acrificarle una capra in riva al mare. Così egli fece, e la Dea tosto
gli
comparve sotto la figura di capra, per cui acquis
o giunse in Creta, che se ne invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella
gli
diede un filo, il quale gli fu di guida per uscir
invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale
gli
fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè ucc
tempio in Trozene(f). L’Eroe condusse seco fuori del Labirinto anche
gli
altri, che erano stati spediti ad incontrare lo s
nore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(a). Teseo, e
gli
altri giovani, mandati in Creta per essere divora
a, in cui rappresentavano gl’intricati giri del Labirinto. Ritornando
gli
stessi Deliasti in Atene, il popolo li riceveva c
mare le antiche leggi, e a stabilirne di nuove. Radunò in città tutti
gli
abitanti de’Borghi vicini, i quali sino a quel te
el tempo aveano condotto una vita selvaggia, e agli stranieri conferì
gli
stessi privilegi degli altri cittadini. Regolò al
novò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole avea rinovati
gli
Olimpici. Finalmente ridusse l’ Attica à Repubbli
cinta di piante, furono invitati i Centauri, moltissimi Eroi, e tutti
gli
Dei, eccettuato Marte. Questi in vendetta d’esser
mensa, e tentò di rapire la sposa. Sull’ esempio di lui fecero anche
gli
altri Centauri la stessa violenza alle altre donn
perso di sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, che i Lapiti
gli
tagliarono il naso, e le orecchie. A vendicarlo s
i quercia, lo lasciò semivivo. Lo stesso Eroe assalì poscia Bianore ;
gli
stritolò le tempia, e lo uccise. La medesima cosa
secoli onorarono le ceneri di Teseo(b). Conone nel mezzo della città
gli
alzò un tempio, che divenne asilo a’ servi, e a t
va in un cantone della Frigia(d), o di Cisseo, re de’ Trasi(e). Colei
gli
partorì diecisette figli (f), o diecinove, come r
e, riferita da Servio, Pirro trasse Priamo fuori della di lui Reggia,
gli
recise la testa, la ripose sulla punta d’una picc
i Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sostegno de’ Trojani ; e
gli
Oracoli aveano predetto, che l’ Imperio del di lu
fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò di vita Patroclo, il quale
gli
fàceva resistenza. Il medesimo uccise Meneste, An
a Priamo una tregua di dodici giorni, onde potesse rendere al figlio
gli
onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corp
onori funetri. Il Trojano ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e
gli
alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno.
e gli alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. I fratelli, e
gli
amici di Ettore ne raccolsero le ceneri, e le rin
Presso la tomba si celebrarono dei Giuochi funebri(7). Andromaca pure
gli
fece ergere una magnifica tomba in Epiro, dove la
regge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo,
gli
acquistò il nome di Alessandro(c). In differenti
ndo per isposare Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti
gli
Dei alle sue nozze, le quali si celebrarono sul m
esse fecegli generose offerte, onde giudicasse a suo favore. Giunone
gli
esibì ricchezze e imperj ; Minerva gli promise la
udicasse a suo favore. Giunone gli esibì ricchezze e imperj ; Minerva
gli
promise la gloria delle armi ; e Venere s’impegnò
pollo prediceva l’avvenire, e conosceva la virtù delle piante. Costei
gli
partorì un figlio, detto Cotito(4). Ella vaticinò
vaticinò molte cosè al marito, ch’erano per accadergli : tralle altre
gli
presagì, che se avesse combattuto contro i Greci,
trato tanta tenerezza pel genitore’e’ l figlio, così si divisero, che
gli
lasciarono libero il passaggio(6). Ritiratosi sul
olendo prima offerire sulla spiaggia agli Dei un sacrifizio, vide che
gli
arboscelli, i quali andava svellendo per ornarne
mo, che lo dissuadeva di trattenersi in quelle terre. Polidoro stesso
gli
narrò altresì, che Polinnestore avealo fatto secr
nestore avealo fatto secretamente morire. Enea ne celebrò i funerali,
gli
eresse un sepolcro, e passò nell’Isola di Delo. Q
ttà, cui diede il nome di Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e
gli
Dei Penati gli manifestarono, che il luogo della
il nome di Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e gli Dei Penati
gli
manifestarono, che il luogo della sua antica orig
ava in Italia. Allora la Regina si abbandonò alla disperazione, pregò
gli
Dei Infernali, che Cartagine vendicasse un giorno
na. Ella, additandogli il ramo d’oro, di cui altrove abbiamo parlato,
gli
comandò, che lo svellesse dal tronco(17), giacchè
ta, sorella dell’anzidetta Venilia, e moglie del predetto Latino ; ma
gli
augurj degli Dei non v’acconsentivano. Uno sciame
sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi
gli
preparavano un vasto Impero. Il Trojano Eroe dest
e poi amicizia con Evandro, creduto figliuolo di Mercurio(18). Questi
gli
regalò quattrocento cavalli, guidati da Pallante,
e, che Venere lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva di quel fiume
gli
s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indi
quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete
gli
si rendettero gli onori divini(f). Altri finalmen
inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete gli si rendettero
gli
onori divini(f). Altri finalmente soggiungono, ch
ua figliuola, Cliteanestra, in matrimonio ad Agamenonne(1), e inoltre
gli
somministrò forze sufficienti a vendicare la mort
trò sessanta ad Agapenore, figlio d’Anceo e re d’Arcadia (a) (2). Tra
gli
altri, che lo seguirono, i più rinomati sono Sche
figlia di Priamo, e sposa di Corebo(22), toccò ad Agamenonne. Costei
gli
aveva predetto, che non ritornasse al patrio suol
ia e del suo Regno(23). Colei, mal comportando il ritorno del marito,
gli
presentò una veste nel momento, in cui usciva del
cettro a que’di Cheronea. Questi popoli lo tennero come una Divinità,
gli
offerirono sacrifizj, e preteseto che il medesimo
tento avea ottenuto di poter togliersi da se la vita ; ma Apollo, che
gli
aveva comandata l’uccisione della di lui madre, f
lo (b) (4). Oreste ricorse di nuovo all’ Oracolo di Delfo ; e il Nume
gli
promise, che ne rimarrebbe liberato, qualora aves
ati, e condotti a Toante, sommo secerdote, e re di qual paese. Quegli
gli
fece consegnare ad Ifigenia, acciocchè li dispone
i recare una lettera in Argo. Allora fu, che nacque generosa gara tra
gli
amici per determinare chi di loro dovea restare p
lio Tisameno, che avea avuto da Ermione. (a). Pausania soggiunge, che
gli
Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo di
delle quali era ricercato(a). Erodoto riferisce, che Menelao appresso
gli
Egiziani si dimostrò molto barbaro, perciocchè vo
enelao dopo morte ebbe in Terapne, città della Laconia, un tempio. Là
gli
si celebravano certe Feste ; dette Menelee, e gli
onia, un tempio. Là gli si celebravano certe Feste ; dette Menelee, e
gli
si tribucavano altri onori, come se fosse stato u
ndusse seco al Greco campo(a). Desolata Tetide nel vederlo a partire,
gli
procurò da Vulcano delle armi, che noa potevano e
dal carro, e colla spada investì il nemico, che con intrepida fronte
gli
stava dinanzi. Il ferro d’Achille traforava l’elm
no, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Eroe di vedere vani tutti
gli
sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scu
Achille ; ma mentre quegli fuggiva, egli lo inseguì ; e raggiuntolo,
gli
premette le viscere parte coll’elmo e parte colle
al di lei padre, avea spedito i due araldi, Euribate e Taltibio, onde
gli
rapissero Ippodamia(c), giovine bellissima, sopra
). Il non trovarsi più Achille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che
gli
affari loro andavano di male in peggio, talmentec
e ritornato al campo, ristabilì la cadente fortuna de’suoi(c). Tetide
gli
ottenne nuove armi da Vulcano, ed egli con quelle
se. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi di quella giovine ; ma
gli
Dei fecero, che la terra si aprisse, e la ingojas
dell’avviso ; e quegli abitanti, che morivano di sete, non molto dopo
gli
aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa q
po gli aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa quasi del pari
gli
avvenne, mentre assediava Metimne nell’Isola di L
nne, mentre assediava Metimne nell’Isola di Lesbo. Anche quella città
gli
fece sì forte resistenza, ch’egli oramai avea per
nza di superarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice,
gli
offerì di dare in potere di lui la sua città, se
quello di Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d). Variano
gli
Scrittori sul fine d’Achille. La maggior parte pe
olle così ricompensare Ulisse d’averlo consigliato ad impegnare tutti
gli
amanti di Elena al gia mentovato giuramento(e). A
e mangiò altrettanti, indi uscì colla greggia al pascolo, e vi lasciò
gli
altri chiusi nell’antro. Ritornatovi a sera, cenò
Polifemo, sarà dunque l’ultimo che mangierò. Il sagace Ulisse allora
gli
porse un otre, pieno di squisitissimo vino, donat
si dal dolore acerbissimo, gettò urli spaventevoli, e chiamò in ajuto
gli
altri Ciclopi di que’dintorni. Queglino accorsero
compassione, poichè quegli non diede ascolto alle di lui preghiere, e
gli
commise di quanto prima partire. Passò il Greco E
l’Eroe alla Reggia della Maga con animo di prenderne vendetta, quando
gli
apparve Mercurio sotto l’aspetto di vago giovine,
endetta, quando gli apparve Mercurio sotto l’aspetto di vago giovine,
gli
dimostrò il pericolo, a cui si esponeva, e gli di
petto di vago giovine, gli dimostrò il pericolo, a cui si esponeva, e
gli
diede un antidoto contro gl’incanti di Circe. Ess
a fatto a Polifemo, suo figlio(b). Ritomato Ulisse a Circe, essa pure
gli
manifestò le traversie, ch’erano per succedergli,
o di lui spaventosa burrasca. Si rovesciò la nave, i venti ne ruppero
gli
alberi, portarono via le vele, le antene, e il ti
irsi, rimirare lo stato deplorabile, a cui il Greco era ridotto. Ella
gli
somministrò una fascia, colla quale l’infelice si
se la trista sua sventura. Ella lo consolò, e assicurollo, che niente
gli
sarebbe mancato nel luogo, in cui si trovava(b) (
adre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro Ulisse, e
gli
restituì la sua primiera figura. Il figlio, sorpr
a panchetta nell’ultima diritta spalla. Se ne querelò Ulisse appresso
gli
altri convitati, i quali biasimarono l’azione di
si chiamava Iro, perchè era eccellente nel portare le ambasciate, che
gli
si commettevano. Costui insultò ad Ulisse, e amen
parlò a lungo con Ulisse senza mai conoscerlo(20). Ella comandò, che
gli
si lavassero i piedi, come soleasi praticare con
enci, che lo cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro
gli
amanti di sua moglie tali scoccò e tante frecce,
Anche in quella circostanza Ulisse fu assistito da Minerva, la quale
gli
apparve sotto la figura di Mentore, l’amico fedel
e, che gliene cedesse uno. Il Nume comparve sotto la figura aquila, e
gli
annunziò, che Telamone avrebbe il bramato figlio.
tore un pendaglio(g). L’Eroe finalmente, di cui parliamo, esperimento
gli
effetti fatali della presunzione. Gli Dei lo punn
si con Amico, figlio di Nertuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava
gli
stranieri a sostenere con esso il combattimento d
sinoo, il quale altri denominano Mnesibo, ed altri Asineo(4). Corsero
gli
sposi alle armie alle falde del monte Taigeto for
ezze, che si facevapo a loro onore. Panormo e Gonippo lasciarono, che
gli
Spartani si accostassero ad essi, e ne uccisero u
. Pelope. PElope era figliuolo di Tantalo, re della Lidia Come
gli
Antichi vanno d’accordo sul nome del di lui padre
onvicini. Il di lei padre poi non voleva maritarla, perchè un Oracolo
gli
avea predetto, ch’ei sarebbe perito per le insidi
tri Eroi, quanto lo era Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole
gli
consecrò uno spazio di terreno vicino al tempio d
no vicino al tempio di Giove in Olimpia. Si aggiunge, che quell’ Eroe
gli
sacrificò un montone nero sopra una fossa, e che
ta, ch’era senza prole, lo ricevette come un dono, fattole dagli Dei,
gli
si affezionò ; lo fece allevare non altrimenti ch
appiccata(4), anch’egli, divenuto in orrore a se medesimo, si trasse
gli
occhi per disperazione ; e guidato da Antigona, s
e ; e guidato da Antigona, sua figliuola, fuggì il consorzio di tutti
gli
altri uomini(d) (5). Sofocle gli dà per conduttri
gliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri uomini(d) (5). Sofocle
gli
dà per conduttrice anche l’altra figlia, Ismene(e
a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città
gli
scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolt
prenderè l’anzidetta città, quand’anche Giove, e qualsisia altro Nume
gli
si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire G
ccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza
gli
fece prevedere che sarebbe operito nella guerra T
o tra’ Semidei(e). Pausania dice, che fu venerato come un Nume, e che
gli
Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico temp
ania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica
gli
eressero un magnifico tempio e una statua di marm
me ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno
gli
eventi dell’avvenire. Se il consultante non sogna
ume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei
gli
ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato
irono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo
gli
uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui
e tenzone. Tideo sempre vi rimase vincitore. Se ne sdegnò, il Tebano,
gli
tese molti agguati, e spedì sulla strada, per cui
ntipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro
gli
Orcomenj. L’Oracolo avea annunziato, che la vitto
cle sul di lui trono, proibì sotto pena di morte, che fossero sepolti
gli
Argivi, rimasti morti in quella guerra, e perfino
). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito
gli
estremi doveri, andò la notte, a cercarne il corp
he siccome questo uccello, girando quà e là di notte, meglio discerne
gli
oggetti ; così chi vuole riuscire uomo di sani co
esto suole raspare, finchè tra gl’inutili grani ha scelto quelli, che
gli
servono di cibo. Il Diligente del pari va esamina
Il Diligente del pari va esaminando le cose, finchè trova quelle, che
gli
ridondano a maggiore utilità. Parsimonia. L
de’papaveri(b). Magnanimità. La Magnanimità è virtù, che modera
gli
affetti dell’animo, che sostione con indifferenza
contro di lui si avventano ; così il Magnanimo non cura i disagi che
gli
sovrastano, nè si turba al momento di dover soste
atua, affinchè non potesse in alcun tempo allontanarsi da loro : come
gli
Spartani incatenarono la statua di Marte, onde qu
ella con tutta prestezza seguisse i passi degli uomini per osservarne
gli
andamenti(c). I Romani secondo Plinio, quando era
re ch’ella non ha riguardo a chiccbessia. Per questa medesima ragione
gli
Egiziani formavano le statue di questa Dea senza
la Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo, il quale riferisce, che
gli
Antichi risguardavano come donne pudiche quelle,
è diverso l’animo dell’uomo obbediente a’ cenni di chi legittimamente
gli
comanda. Sta a canto di lei un cane, perchè quest
ei un’aquila, la quale, avendo fatto preda d’una Lepre, la tine sotto
gli
artigli, e lascia, che se ne pascano verj altri u
la pace : e una corona, o un ramo d’ulivo faceva riconoscere a’ Greci
gli
ambasciatori, che recavansi a chiedere o ad appor
nella destra una maschera, perchè l’Affettato s’allontana da ciò, che
gli
è naturale, per cercare in un’aria, presa ad impr
ci. In quel momento alcune frondi, cadute dà un albero con istrepito,
gli
fecero credere, che fosse qualche fora. Scoccò lo
erso il luogò, ove la frasca avea fatto rumore. Un lagrimevole gemito
gli
fece intendere, che bersaglio del colpo era stata
te, e si rassomiglia alle Api, ma non produce il mele, nè sa formarsi
gli
utili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso
avere il collo di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo
gli
discendeva nel ventre. Il colore poi di ruggine i
delle passioni, o ammorza il lume della verità. La corda indica, che
gli
Adulatori traggono, ovunque vogliono, coloro, che
lo stesso che lo cibava, se avviene, ch’egli tralascii di farlo Anche
gli
Adulatori si mostrano geniali, e accarezzano chi
considerazione d’un bene, che si desidera, e dì cui ne godono invece
gli
altri. Questo Vizio si dipinge pallido di volto,
instabilità ne’ detti, o ne’ fatti, i quali dovrebbono essere sempre
gli
stessi. Questo Vizio si rappresenta con un piede
mpo. Il Giuoco è di faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono
gli
amatori di questo Vizio. Porta con se varie reti,
destra tiene alquante carte da giuoco, nelle quali fissa attentamente
gli
occhi. E’ tenuto sospeso pe’ capelli dalla Fortun
gnifico. Sull’ accumulato oro ed argento, per cui si hannoquasi tutti
gli
altri beni della terra, sta la vegliante Nottola,
lo. Ha il capo e la veste, sparsi di fiori, perchè di questi solevano
gli
Antichi coronare se stessi, gli animali, e le por
i di fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coronare se stessi,
gli
animali, e le porte delle case e de’ tempj nel te
esse dall’assedio della sua città. Era questo il tempio, in cui tutti
gli
anni le giovani Romane, vicine a maritarsi, offer
chi sotto questo nome riconosce un’ altra Dea, la quale riconciliava
gli
animi degli sposi, quando erano in discordia tra
Era questo un Nume, che avea avuto i suoi primi altari ne’ campi, ove
gli
agricoltori porgevano i loto voci per avere buona
professione, onoravano la Dea Forte Fortuna(b). La Fortuna è fasciata
gli
occhi, per indicare, ch’ella senza discernimento
ro, ch’ egli nacque dalla Morte. Per ottenere, che Egli non nuocesse,
gli
si sacrificavano il cane e la pecora. Gli Spartan
non nuocesse, gli si sacrificavano il cane e la pecora. Gli Spartani
gli
avevano eretto un tempio appresso il tribunale de
timore del castigo. In un combattimento, che sosteneva Tullo Ostilio,
gli
Albani, i quali prima si erano dichiarati per lui
Tullo Ostilio, gli Albani, i quali prima si erano dichiarati per lui,
gli
rivolsero poi le spalle, e passarono al partito d
timidissimo. Indice I Numeri Romani I. e II. indicano i Tomi,
gli
Arabi le pagine. A ABadir I. 18. Abaride I. 264.
chic per quesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che
gli
serve di guida. Non potè Ciove per legge di Fato
on potè Ciove per legge di Fato restituirgli la vista, ma in compenso
gli
conferì la prerogativa di presagire il futuro, e
, ma in compenso gli conferì la prerogativa di presagire il futuro, e
gli
concesse una vita sette volte più lunga, che quel
sia un bastone, con cui poteva camminare sicuro, come se avesse avuto
gli
occhi, e lo rendette peritissimo nell’ Ornitomanz
erpente ; e questo, mangiato, infondeva la virtù d’intendere ciò, che
gli
uccelli bisbigliavano fra loro(a). Ritornando a T
ò Acrisio(c). Preto si ritirò nella Licia appresso il re Giobate, che
gli
diede in moglie Stenobea, sua figliuola(d), da cu
no così detti da Perseo(h). (9). Stenelo ebbe molti figliuoli, e tra
gli
altri Euristeo, il nemico d’ Ercole, come vedremo
patria, e vi condusse quantità di mandre, tolte a’ nemici. Anfitrione
gli
andò incontro ; e volendo arrestare una giovenca,
ndo davasegni dì pazzia ; e prese in moglie Ino, figlia di Cadmo, che
gli
partorì Melicerta e Learco. Questi fu slanciato c
rire per impadronirsi de’ di lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che
gli
Dei lo collocarono tragli Astri(c). Notisi per ul
elenza de’ quali dice Polibio essere verisimile aver fra loro conteso
gli
Dei(b). (d). Nat. Com. Mythol. l. 6. (7). Apol
ruzione di quella chiodi deboli, affinchè si perdessero tutti insiene
gli
Argonauti. Cotal nave fu la prima a vedersi di fi
il modo d’evitarli(f). La stessa nave fu anche detta Peliaca, perchè
gli
altri legni, eo’ quali era stata costruita, furon
la stessa nave venne finalmente consecrata a Pallade, e collocata tra
gli
Astri(c). (10). Tifi era figlio d’Agnio(d). Igin
d’ arrivare in Colco. Alcuni pretendono, ch’ egli, essendosi fermati
gli
Argonati appresso Lico, figlio di Dascilo, e re d
nferno. Era assai utile, perchè faceva schivare i banchi di sabbia, o
gli
scogli, i quali si trovavano sott’ acqua. Irs que
Ampicide(d).Ritornando da Colco, mori per un morso di serpe. Giasone
gli
alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Afr
morso di serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi
gli
Africani gli dedicarono un tempio, donde dava Ora
e. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Africani
gli
dedicarono un tempio, donde dava Oracoli(e). (14
quindi discendente da Eolo(f). Possedeva grande scienza nel ricavare
gli
augurj dal fuoco. Quantunque avesse preveduto, ch
olle intervenire anch’ egli alla conquista del Vello d’oro. Essendosi
gli
Argonauti fermati nella corte di Lico, re di Biti
cere. Testore fu incaricato d’ eseguire il truce comando, e in premio
gli
si propose la libertà. Entrò egli nella prigione,
. Entrò egli nella prigione, ove stava rinchiuso il supposto giovine,
gli
manifestò il comando che avea avoto, ma nello ste
veste il pugnale per trafiggersi il seno. Leucippe, che lo riconobbe,
gli
strappò dalle mani il ferale stromento, e gli man
ippe, che lo riconobbe, gli strappò dalle mani il ferale stromento, e
gli
manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia all
ò di doni, e li rimandò al loro paese (a). (18). Ificlo si trovò tra
gli
Argonauti, attesa la sua parentela con Giasone. T
gi : ritornò le acque de’ fiumi alle loro sorgenti ; rendette placidi
gli
sconvolti mari, e li sconvolse placidi : adunò, e
ertiti da Medea, con essa lei se ne fuggirono. Altri soggiungono, che
gli
Argonauti, conquistato il Vello d’oro, vennero in
se un fortissimo Toro per uno dei due piedi di cietro ; e non ostante
gli
sforzi, che quello faceva per iscappargli di mano
, lo tenne sempre fermo con sorprendente robustezza, finchè la bestia
gli
lasciò quella porzione di piede, per cui lo aveva
ava, e vi rimase sepolto sotto le rovine della stessa. Dopo tal fatto
gli
s’inalzò una statua nel bosco sacro di Giove Olim
nstituì feste e sacrifizj. Lo stesso Scrittore soggiugne altresì, che
gli
abitanti della città d’Agira coltivavano con somm
tarco finalmente dice, che nella Beozia o nella Focide si obbligavano
gli
amanti a giurarsi scambievolmente fedeltà sulla t
e restò ucciso da Anfitrione in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro
gli
Eubei, de’quali egli n’era il comandante(i). (a)
reci, quando vol vano augurare lunghezza di vita, solevano desiderare
gli
anni di Nestore(g). (c). Nat. Com. Mythol. l :
finalmente la trasferì tra’ Ciconj, popoli barbari della Tracia. Ella
gli
partorì due figlie, cioè Cleopatra, detta anche S
cieco, perchè abusò dell’arte d’indovinare(c). Altri soggiungono, che
gli
Argonauti trovarono il modo di restituirgli la vi
chiarato la guerra a Demofoonte, re d’Atene, perchè questi proteggeva
gli
Eraclidi. Si consultò l’Oracolo, e questo promise
ce delle truppe Ateniesi, vinse ben tosto Euristeo, e di propria mano
gli
recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la quale,
andò ad Alcmena, la quale, dopo di averla insultata, ne strappò anche
gli
occhi(c). Altri dicono, che Euristeo fu ucciso da
lemo, osservando che quello schiavo non eseguiva bene il suo uffizio,
gli
gettò un bastone, che colpì ed uccise Licinnio. P
. l. 28. (a). Ovid. Metam. l. 15. (37). In Strabone leggesi, che
gli
Achei, avendo ricevuto ordine dall’Oracolo di and
esti, sorpreso di tanto coraggio, ma poco disposto a ricompensarnelo,
gli
propose, un’altra impresa più difficile dell’anzi
hol. (1). Connida per l’ educazione, che diede a Teseo, meritò, che
gli
Ateniesi lo risguardassero come uno de’ Semidei.
nti Delfini lo accolsero ; e lo condussero alle Nereidi. Queste Ninfe
gli
restituirono l’ anello, e Anfitrite gli pose altr
ro alle Nereidi. Queste Ninfe gli restituirono l’ anello, e Anfitrite
gli
pose altresì in capo l’anzidetta corona. Portato
ianna secondo l’ opinione di Plutarco non fu abbandonata da Teseo, ma
gli
fu rapita in quell’ Isola da un Sacerdote di Bacc
are un circolo, mescolato d’ uomini e donne. Eustazio però vuole, che
gli
uni danzassero separatamente dalle altre(b). (a)
ripotate dall’ Asia, allorchè seguita da una potente armata, disfece
gli
eserciti di Laomedonte, re di Troja (e). (a). P
eo ebbe un figlio di nome Corone, che da Apollonio viene ascritto tra
gli
Argonauti(d). (a). Propert. l. 21 (23). Dopo l
state appese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse
gli
cavò gli occhi. Frattanto Reto, abbrancato il tiz
ese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse gli cavò
gli
occhi. Frattanto Reto, abbrancato il tizzone, che
o abbruciato, replicò sopra Caraso i colpi con maggiore forza, finchè
gli
ruppe il cranio. Continuò l’ audace Reto a ruotar
roverare a Reto la viltà d’ aver infierito contro un ragazzo, ma essa
gli
venne chiusa dal tizzone, onde costretto a trangu
ena di ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e con una lancia
gli
rrapassô le coste. Colpiti ugualmente dallo stess
. Mes. l. 12. (24). Piritoo ebbe da Ippodamia molti figliuoli, e tra
gli
altri Polipete, che molto si distinse all’assedio
sse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di lui. Ovidio fa, che colei
gli
scriva una lettera, in cui lo rimprovera della su
per la perdita della predetta Principessa(b). Secondo una Tradizione
gli
Dei cangiarono Fillide in mandarlo (c). Demofoont
stato uno degli Argonauti, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto
gli
Orcomenj all’assedio di Troja. Due volte rimase f
ri Greci, che avrebbono voluto intraprendere simile viaggio(c). Pirro
gli
diede in matrimonio Andromaca, ch’era stata mogli
ro gli diede in matrimonio Andromaca, ch’era stata moglie d’Ettore, e
gli
cedette una parte dell’Epiro, chiamata poscia Cao
deva suo padre, espose ad Ilione la risposta dell’Oracolo. La sorella
gli
raccontò tutto quello, ch’era accaduto, e Polidor
orella gli raccontò tutto quello, ch’era accaduto, e Polidoro strappò
gli
occhi a Polinestore(b). Notisi per ultimo, che Om
ochè se ne accorse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra di colei
gli
apparve, e gli disse, che Cibele la aveva trasfer
rse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra di colei gli apparve, e
gli
disse, che Cibele la aveva trasferita nella Frigi
e nol faceva morire, come pur avrebbe meritato il suo delitto, poichè
gli
Egiziani si guardavano dall’imbrattarsi le mani n
d’assedio. Menelao, vinta la predetta città, si reco a Pruteo, da cui
gli
fu restituita la moglie. Omero(a) finalmente dice
thes, che, mescolata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti
gli
affanni, e di raddolcire qualsivoglia dolore. (b
osa. Tindaro, suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti
gli
amanti di sua figlia giurassero d’approvare e pro
a lei, che gliedo avea fatto conoscere(c). Notisi per ultimo, che tra
gli
ambasciatori anzidetti alcuni in vece di Acamante
occhiata torbida e fiera e quello spergiuto, nè più frenando la bile,
gli
piombò addosso, e col braccio delle compagne, chi
le compagne, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita
gli
svelse gli occhi di fronte, e uccine i di lui fig
, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse
gli
occhi di fronte, e uccine i di lui figli. I Traci
o di mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta di Ettore(c). I Greci
gli
tendettero gli onori Eroici, gl’inalzarono dei mo
iode, e tosto cadde sotto l’asta di Ettore(c). I Greci gli tendettero
gli
onori Eroici, gl’inalzarono dei monumenti, e perf
(3). Cebrione rimase ucciso da Patroclo con un colpo di pieltra, che
gli
spaccò la testa(e). (4). Eniopeo fu messo a mort
sua città venne con Enea in Italia. Dicesi, ch’egli, avendo provocato
gli
Dei marini a gareggiare secolui nel suono della t
, e il Poeta Lescheo a Pirro(c). Dionisio poi narra, che Astimatte, e
gli
altri figliuoli di Ettore furono condotti schiavi
ndromaca, divenuta schiava di Pirto, fu da lui sommamente amata. Ella
gli
partorì tre figliuoli, Molosso, Piclo, e Pergamo(
lo trasse sul monte Pelio, e quivi come lo, vide aggravato del sonno,
gli
nascose la spada, e lo abbandonò. Erano accorsi i
abbandonò. Erano accorsi i Centauri per metterlo a morte, ma Chirone
gli
trovò la nascosta arma, e lo liberò dal pericolo.
sto sull’anzidetto monte, affinchè fosse divorato dalle fiere ; e che
gli
Dei per in zzo di Mercurio gli abbiano spedito un
chè fosse divorato dalle fiere ; e che gli Dei per in zzo di Mercurio
gli
abbiano spedito una spada, lavorata da Vulcano, c
Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo,
gli
promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in
iuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo, gli promise la Divinità, e
gli
ordinò di ritirarsi in una delle Isole fortunate,
ereo per esservi onorato come uno de’ Semidei. Notisi per ultimo, che
gli
abitanti di Pella nella Macedonia offerivano dei
ì un sacrifizio agli Dei per esserne assistito. Gli apparve Proteo, e
gli
manifestò che i di lui voti sarebbono soddisfatti
i(d). Sotto il nome di Penati si venerarono poi indistintamente anche
gli
altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle c
banchetto(f). Nè solamente le famiglie, ma le città ancora veneravano
gli
Dei Penati, affinchè vegliassero alla loro conser
volte nell’anno, l’estate, e la Minavera (b). Notisi per ultimo, che
gli
Dei Penati, i quali Enea sottrasse all’incendio d
lla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè
gli
recò alcun danno, nè si potè estinguere colle man
ella non sarebbe cossata, se non avessero placato i Mani di Palindro,
gli
consecrarono un bosco, e gli eressero un cenotafi
non avessero placato i Mani di Palindro, gli consecrarono un bosco, e
gli
eressero un cenotafio in un promontorio, il quale
a, ove regnava larba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide. Ella
gli
offerì porzione de’suoi tesori, a patto, che vole
suscitare quella nuova procella contro i Trojani (a). (15). Appresso
gli
Antichi, per celebrare l’Anniversario della morte
ebrare l’Anniversario della morte di alcuno, si adunavano i parenti e
gli
amici al sepolcro, lo cuoprivano di flori, frutta
Enea in onore di Anchise, vennero chiamati i Giuochi Trojani. In essi
gli
esercizj erano tutti militari. Ascanio, figlio di
sotto Augusto divennero frequentissimi (c). (16). Il Genio appresso
gli
Antichi si risguardava come il Dio della Natura.
nsieme con loro (d). Due sorta di Genj furono da altri riconosciuti :
gli
uni, che eccitavano al bene ; gli uni, che eccita
Genj furono da altri riconosciuti : gli uni, che eccitavano al bene ;
gli
uni, che eccitavano al bene ; gli altri che sping
: gli uni, che eccitavano al bene ; gli uni, che eccitavano al bene ;
gli
altri che spingevano al male (e). Questi ultimi v
b). Nè solamente ciascun uomo, ma i regni pure, le città, le fontane,
gli
alberi, e quasi tutte le altre cose aveano il lor
citato da Bocaccio (e), lo riconosce come il più antico degli Dei, e
gli
dà per compagni l’Eternità e il Caos. Paussania s
e per consiglio di sua madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati
gli
Aborigeni, occupò que’luoghi, dove poi venne fabb
primo ad onorarlo ancor vivente come un Nume. Gli drizzò un altare, e
gli
sacrificò un giovine toro (i). Servio dice, che t
, sua madre, tre anime, e tre armature (a) Evandro dopo morte ottenne
gli
onori divini, ed ebbe un altare sul monte Aventin
nacciosa apparenza del Cielo. Molti di essi periròno per nautragio, e
gli
altri vennero per lungo tempo portati quà e là pe
Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisace, figlio di Ajace,
gli
si oppose. Prese allora la strada della Spagna, e
enore, figlio di Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spoglie
gli
toccò una cassa, che racchiudedeva una statua di
in pena della sua curiosità divenne tosto furibondo. Questa malattia
gli
continuò per lungo tempo, nè gli lasciava, che br
nne tosto furibondo. Questa malattia gli continuò per lungo tempo, nè
gli
lasciava, che brevi intervali di retto sentimento
uto seco dieci Nestori (c). In premio delle sue singolari prerogative
gli
si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo,
ra voto a Nettuno, che se lo avesse salvato dall’imuninense pericolo,
gli
avrebbe sacrificato chiunque gli si fosse present
se salvato dall’imuninense pericolo, gli avrebbe sacrificato chiunque
gli
si fosse presentato il primo sulle spiaggie di Cr
opolo ne lo impedì. Comunque sia, certo è, che tutti i di lui sudditi
gli
si sollevarono, lo scacciarono dalla città, e lo
nsistette nel combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Trojani,
gli
comandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pi
clo voleva spogliarlo delle armi ; una Ettore, incoraggito da Apollo,
gli
si oppose. Combatterono per lungo tempo con egual
gine tosto sorprese il Greco Capitano, lo invase il terrore, le forze
gli
mancarono, gli caddero le armi, e nestò immobile.
rese il Greco Capitano, lo invase il terrore, le forze gli mancarono,
gli
caddero le armi, e nestò immobile. Euforbo, figli
ento d’essersi impadronito delle di lui spoglie, voleva anche recider
gli
il capo ; ma Ajace, figlio di Telamone, lo mise i
di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sotto di lui, e tra
gli
altri Astialo(b), Damaso, Pilone, e Ormeno(c). (
o di Fileo, si portò contro i Trojani con quaranta vascelli. Egli tra
gli
altri uccise Cresmo(e), e Pedeo, figlio d’Antenor
divise il comando col fratello Anfimaro(g). (12). Toante vi condusse
gli
Etolj sopra quindici vascelli secondo Igino(h), o
ea in una coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arrivato a casa,
gli
parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua
che avea stabilito. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che
gli
mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde
rvisse di divertimento. Colui sempre ciarlava, e diceva tutto ciò che
gli
veniva in bocca. Era inoltre guercio, zoppo da un
ca. Era inoltre guercio, zoppo da un piede, e colle spalle curve, che
gli
si rovesciavano sul petto. Era appuntito nel capo
nel mare Egeo. Agagamennone minacciò la guerra ad Andro, qualora non
gli
avesse dato nelle mani le sorelle. Ansro per timo
tridica Manto. Anfimaco, re dell’anzidetta città, voleva sapere, come
gli
sarebbe riuscita la guerra, che stava per intrapr
uali ve ne sarebbe stato un solo maschio, e questo tutto nero, mentre
gli
altri avrebbono avuto delle marche bianche. Tutto
bbe costato a’Greci tanti anni di stenti e sudori, quanti erano stati
gli
uccelli divorati : lo che, conte vedemmo, si veri
o dietro l’Isola di Tenedo, posta dirimpetto a Troja. Uscirono allora
gli
assediati ad osservare tutti i luoghi, ov’eransi
scempio. In vano usò il padre de’suoi dardi a loro difesa : che anzi
gli
stessi serpenti si avventarono pure contro di lui
morte viricevette onori divini. (d). Lo stesso Storico soggiunge, che
gli
Spartani pretendevano di possedere essi la predet
tua (e). Strabone finalmente (f), Dione (g), e Tzetze (h) dicono, che
gli
abitanti di Comana, città della Cappadocia, e que
iuola, Cassandra, e il quale aveva ucciso molti Capitani Greci, e tra
gli
altri il bellissimo Nireo, figlio di Caropo, e de
so(c). Con tutto ciò fu poscia onorato in quell’Isola come un Eroe, e
gli
s’instituirono certe Feste, dette Neottolemee, le
per lui, che veggendolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro
gli
Assirj, promise di consecrare la sua bella chioma
ultò l’Oracolo per sapere, quali fossero i di lui genitori. L’Oracolo
gli
comandò, che passasse in Asia presso il re Teutra
se. Salà quindi sol trono, ed era altresì per unirsi con Auge, quando
gli
Dei mandarono nel mezzo loro un gran serpente. La
o. Telefo si fece a respingerneli, ne uccise gran numero, e costrinse
gli
altri alla fuga. Era per trionfare totalmente de’
de, sua madre, cisuscitò un momento per troncare la vita a colei, che
gli
avea tolto la sua. (e). Quint. Calab. l. 1. (f
e Achille abbia privato di vita Tersite, perchè costui avea strappato
gli
occhi a Pentesilea, mentre era ancor in vita(d).
i ritirò nella Ftiotide appresso Peleo, che lo ricolraò di ricchezze,
gli
affidò l’educazione d’Achille, suo figlio, e lo d
oja(g). Apollodoro poi(h) e Licofrone(i) dicono, che Amintore strappò
gli
occhi a Fenice, e che questi, ritirandosi appress
ppresso Peleo, venne dal medesimo indrizzato al Contauro Chirone, che
gli
restituì la vista. (b). Hom. Iliad. l. 9. &
ta sua figlia, la propose, come premio a colui, che avesse sorpassato
gli
altri nella corsa ; ed Ulisse ne fu il vittorioso
ura di seppellire Palamede appresso il mare, e che qualche tempo dopo
gli
alzarono una Capella ; dove gli abitanti di que’d
sso il mare, e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove
gli
abitanti di que’dintorni si recavano tutti gli an
ono una Capella ; dove gli abitanti di que’dintorni si recavano tutti
gli
anni a fare sacrifizj(a). I Greci poi, per aver l
i disponeva a pattire per recarsi in soccorso de’ Trojani, fece tutti
gli
sforzi per dissuadernelo. Quando poi intese la di
mente a Filottete sul piede stesso, con cui avea percosso la terra, e
gli
aprì una piaga sì puzzolente, che i Greci lo abba
le strage de’Trojani. Dopo la presa di Troja avendo udito, che i suoi
gli
si erano ribellati, si trasferì in Italia con alc
il ritorno del suo padrone. Ulisse, assicurato della di lui fedeltà,
gli
si manifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli
à, gli si manifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli a far perire
gli
amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto
l Pastore concorse anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra
gli
altri colpì nel perto Ctesippo, figlio di Politer
dyss. l. 14. (19). Appenachè Telemaco ritornò alla Reggia del padre,
gli
amanti diPenelope cospirarono contro la di lui vi
della congiura fu Antinoo, figlio d’ Eupiteo. Anfinomo però dissuase
gli
altri dall’effettuarla(d). (a). Hom. Odyss. l.
dell’arrivo d’ Ulisse, e del trionfo, ch’egli avrebbe riportato sopra
gli
amanti di Penelope(b). Così pure replicò, quando
Ulisse ; ma restò ucciso da Laerte, padre dello stesso Ulisse(a). Tra
gli
amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode,
è seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo di quell’arma, che
gli
recise la testa(b). (b). Id. Odyss. l. 2. (c).
micidio. Eaco nuovamente gl’intimò di non più comparirgli dinanzi ; e
gli
soggiunse, che se voleva fare le sue difese, le e
l favore del re Cicreo, figlio di Nettuno e della Ninfa Salamide, che
gli
diede in moglie una delle sue figliuole, la quale
e adulazione, lo ricolmò d’elogi, e per ricompensare il di lui valore
gli
diede Esione, figlia di Laomedonte, che divenne l
corpo di Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali
gli
rendettero gli onori della sepoltura, e gli fecer
lo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali gli rendettero
gli
onori della sepoltura, e gli fecero annui sacrifi
rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della sepoltura, e
gli
fecero annui sacrifizj(c). Igino poi(d) e Servio(
. Igino poi(d) e Servio(e) soggiungono, che Mirtillo fu collocato tra
gli
Astri in considerazione di Mercurio, suo padre.
ato Tieste appresso il frarello, questi gl’imbandì un convito, in cui
gli
diede a mangiare i proprj figli, e sul fine del p
to, in cui gli diede a mangiare i proprj figli, e sul fine del pranzo
gli
, presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse
e ritirarsi appresso Megareo, re di Megara. Un leone allora devastava
gli
Stati di quel Principe, e avea anche ucciso il di
egli stava per morire ; e preso allora da estremo cordoglio, supplicò
gli
Dei, che nol lasciassero più a lungo tra’ viventi
uni, dice Apollodoro(c), pretendono, che sia stato Alcatoo, suo zio ;
gli
altri, soggiunge Ferecide(d), dicono, che sia sta
dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcuni de’ suoi, che
gli
recassero la testa del predetto Menalippo, la qua
io di Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia uomo : lo ché
gli
avvenne, per aver ferito Venere, quando questa di
a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città
gli
scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolt
prenderè l’anzidetta città, quand’anche Giove, e qualsisia altro Nume
gli
si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire G
ccelli, o per mezzo de’ sogni, come altri riferiscono. La sua scienza
gli
fece prevedere che sarebbe operito nella guerra T
o tra’ Semidei(e). Pausania dice, che fu venerato come un Nume, e che
gli
Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico temp
ania dice, che fu venerato come un Nume, e che gli Oropj nell’ Attica
gli
eressero un magnifico tempio e una statua di marm
me ancor fomanti, e attendevano, che il Nume dicifrasse loro in sogno
gli
eventi dell’avvenire. Se il consultante non sogna
ume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei
gli
ricercò la collana d’Erifile ; ed egli, ritornato
irono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo
gli
uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui
i Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Menalippe ; ed altri
gli
danno per padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era d
ntipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole, guerreggiavano contro
gli
Orcomenj. L’Oracolo avea annunziato, che la vitto
re. L’inumanità poi di Creonte non rimase lungo tempo impunita. Teseo
gli
dichiarò la guerra, e lo lasciò ucciso sul campo(
ato mai così ricco e geniale nella creazione di tali racconti, quanto
gli
antichi Greci; la cui feconda immaginativa faceva
l’ uso di chiamare preferibilmente miti le narrazioni che riguardano
gli
Dei, e leggende quelle che concernono gli Eroi. L
e narrazioni che riguardano gli Dei, e leggende quelle che concernono
gli
Eroi. La Mitologia dei Greci e dei Romani suol es
rapporti; giacchè in sostanza la Mitologia, nella parte che riguarda
gli
Dei, rappresenta le credenze e la fede di quel po
sì dalle cerimonie del culto o pubblico o privato. Ben è vero che, se
gli
ordini sacerdotali addetti al culto delle varie D
e alteravano più o meno i primitivi lineamenti. Ma non è men vero che
gli
Dei della mitologia e le principali leggende a lo
la scoltura e la pittura. Dalle leggende mitiche spessissimo trassero
gli
artisti la loro ispirazione; anzi molti generi le
so o da quelle tolsero il motivo fondamentale, e in grandissima parte
gli
argomenti delle rappresentazioni figurate o nelle
radditorie, bene spesso anche empie ed immorali? Giacchè ivi non solo
gli
Dei sono rimpiccioliti e fatti simili agli uomini
buite sovente azioni disonorevoli e delittuose. È un problema che già
gli
antichi filosofi avevano tentato di risolvere; e
lema che già gli antichi filosofi avevano tentato di risolvere; e tra
gli
altri Evemero del IV sec. av. C., si avvisò di sp
altro non erano che storia umana avvolta nel meraviglioso, ossia che
gli
Dei tradizionali erano antichissimi uomini, re, p
asionarono diversa forma e sviluppo di leggende; essendo naturale che
gli
abitanti dei luoghi alpestri, per lo più cacciato
migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto di popoli e
gli
spostamenti che ne provennero, come non dar luogo
, e sacre solennità, a fissare con gran cura le cerimonie del culto e
gli
uffici di chi vi attendeva. Solo più tardi, allor
a espone le leggende relative agli Dei, la seconda quelle concernenti
gli
Eroi. Parte prima. Gli Dei. Capitolo prim
i, giova premettere un cenno del come li pensavano e se li figuravano
gli
antichi, massime dopo Omero che assai contribuì a
uelle immagini e attribuzioni che divennero tradizionali. Eran dunque
gli
Dei in genere concepiti come esseri simili all’ u
o muover delle sopracciglia faceva tremar tutto l’ Olimpo. Sono bensì
gli
antichi Dei costretti an ch’ essi nei limiti dell
ambrosia, la bevanda dell’ immortalità; e se nascono e crescono come
gli
uomini, hanno per sè il dono di una grande celeri
sempre soddisfare i loro desideri. — Quanto alle doti dello spirito,
gli
Dei erano naturalmente pensati come superiori agl
ini ond’ è afflitta l’ umanità. Nel complesso adunque si può dire che
gli
antichi non seppero foggiare gli Dei se non a lor
el complesso adunque si può dire che gli antichi non seppero foggiare
gli
Dei se non a loro immagine e somiglianza, pur con
more che unisce, ossia il principio della forza attrattiva che spinge
gli
elementi a combinarsi. Di poi mentre il Caos gene
dell’ unione di Gea e di Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi; c)
gli
Ecatonchiri o Centimani, giganti dalle cento brac
personificazione dei fenomi elettrici, del tuono e del lampo. — Anche
gli
Ecatonchiri eran tre, Cotto, Briareo e Gige, e ra
Fin qui la Cosmogonia e la Teogonia s’ identificano, perchè, essendo
gli
Dei sorti dal Caos, una personificazione delle gr
signoria dell’ universo per opera dei suoi minori figli, i Ciclopi e
gli
Ecatonchiri, li relego nel profondo del Tartaro (
sto doveva esser lungo e felice. Il padre nel momento della sconfitta
gli
aveva predetto che avrebbe subito la stessa sua s
nemosine e Iperione essendosi schierati dalla parte di Zeus, rimasero
gli
altri a difesa del fratello. Zeus si valse anche
e gittati in catene nel profondo del Tartaro, lasciati loro a guardia
gli
Ecatonchiri, divenuti omai fide sentinelle di Zeu
te Ossa al Pelio. Alla grande battaglia che seguì presero parte tutti
gli
Dei, aiutati anche da Eracle e da Dioniso. I Giga
( Virg., Eneide, 8,324). Si aggiungeva che sotto il regno di Saturno,
gli
uomini avevan goduto il secol d’ oro in tranquill
nella destra mano. Si ricorda l’ inganno fatto a Crono da Rea, quando
gli
presentò una pietra in luogo del neonato Zeus.
rlare ordinatamente di tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini,
gli
Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque
di tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini, gli Dei del cielo,
gli
Dei dell’ oceano e delle acque e gli Dei della te
n tre ordini, gli Dei del cielo, gli Dei dell’ oceano e delle acque e
gli
Dei della terra e dell’ inferno. Capitolo seco
da alle tempeste; fa balenar i lampi e rumoreggiar il tuono, e quando
gli
talenta, scaglia colla potente destra il fulmine
nato nella sua divina famiglia, ha però l’ autorità suprema su tutti
gli
Dei e n’ è il capo riconosciuto. In lui risiede l
riconosciuto. In lui risiede la sapienza; egli è potente e, solo fra
gli
Dei, libero nel suo agire, non avendo altro limit
o Apollo. 3. L’ alto concetto che della suprema loro divinità avevano
gli
antichi, non impedi che si diffondessero e moltip
un gran fracasso intorno alla culla di lui, battendo le spade contro
gli
scudi. Divenuto poi adulto, e potente, Zeus non d
l’ assennatezza), ma ben presto temendo nascesse da lei un figlio che
gli
togliesse la signoria dell’ universo, l’ ingoia,
) Apollo ed Artemide. Era, la sorella e moglie legittima di Zeus, non
gli
diede che due figliuoli, Ares (Marte) ed Efesto (
cui foglie agitate dal vento, esprimevano col loro fremito misterioso
gli
oracoli divini, che dai sacerdoti venivano interp
lla luce. Presiedeva all’ agricoltura, e come sovrano delle lotte fra
gli
elementi della natura, anche alle battaglie. Dal
istituirono i Ludi Romani con giochi e spettacoli scenici. Quando poi
gli
imperatori introdussero in Roma il culto degli De
ma dell’ universo e ornandolo dei più contrari attributi: così presso
gli
Stoici e gli Orfici. — Dei Latini basti ricordare
erso e ornandolo dei più contrari attributi: così presso gli Stoici e
gli
Orfici. — Dei Latini basti ricordare il solo Oraz
le tempeste ma con minor violenza di Zeus; anch’ essa divide con Zeus
gli
onori del regno celeste. I rapporti coniugali di
ente la protettrice delle matrone romane, cui essa assisteva in tutti
gli
atti della vita. Anzi ciascuna donna di Roma si d
er la sua Giunone, come ogni uomo aveva il suo Genio. Varii erano poi
gli
epiteti dati a Giunone secondo il momento della v
nta la nube temporalesca che nasconde la luce del giorno e atterrisce
gli
uomini, ma vien dissipata dalla serena luce. 2. I
si col fisici; ella rappresenta la luce dell’ intelligenza, che guida
gli
uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datri
ia in guerra sia in pace, ed è loro datrice di ogni bene. Essa dirige
gli
eserciti agli assalti, ma a differenza di Ares, D
à, Atena Polias, Posidone e Pandroso. Il Partenone, il più grande fra
gli
edifizi dell’ Acropoli ateniese, imponente anche
ofessioni liberali, oratori, artisti, medici, soprattutto i maestri e
gli
scolari. In que’ giorni si faceva vacanza, e si p
ai tempi più antichi, prima che si usassero statue di bronzo o marmo,
gli
artisti fabbricavano immagini di Pallade in legno
tis atque imperii 6. — Nell’ età classica dell’ arte, gareggiarono
gli
artisti greci nel rappresentare la Dea, ma furono
ale del Partenone, rappresentante l’ improvvisa comparsa di Atena fra
gli
Dei. Le statue romane di Minerva eran
bellissimo esempio. E poichè tra le cose che più calmano lo spirito e
gli
infondono una tranquilla pace è la musica, niuna
divinazione, poi come medico e musico. Da lui si credettero ispirati
gli
oracoli Sibillini che cominciarono a diffondersi
a vittoria d’ Azio principalmente all’ aiuto dato da questo Dio; onde
gli
eresse uno splendido tempio sul Palatino cui ador
enta sullo scettro di Zeus, Ares lascia in disparte le lancie e tutti
gli
Dei sentono molcersi il cuore. Dei poeti latini r
usicale, o infine il tripode proprio del dio augure e divinatore. Fra
gli
animali erano a lui sacri il lupo, il cervo, il c
a di areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’ armi sue contro
gli
esseri catti vi o mostruosi ch’ essa odia. Specia
rinomati cacciatori che con lei vogliono gareggiare; e ne provo, fra
gli
altri, lo sdegno Orione che ucciso dalle sue frec
ta in Aulide prima della partenza dei Greci per Troia. E poichè anche
gli
Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sa
nile di Ianus, una potenza celeste, dea lunare, connessa anche presso
gli
Italici colla vita libera della selvaggia natura
iva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed era giorno festivo per
gli
schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con
fu connesso con quello di Apollo, ad es., nei ludi secolari. 5. Oltre
gli
inni Omerici e Callimachei, molte opere della gre
sibili accalappiò l’ imprudente coppia, onde n’ ebbero sollazzo tutti
gli
Dei e le Dee chiamati da Efesto a contemplare il
i attribuiva la fecondità della terra e la prosperità del bestiame, e
gli
si volgevano preghiere perchè tenesse lontano il
pedizione militare; si credeva che invisibilmente accompagnasse anche
gli
eserciti nelle loro marcie, onde era detto Mars G
ti nelle loro marcie, onde era detto Mars Gradivus; dopo la vittoria,
gli
si rendevano azioni di grazie offrendogli una par
s’ incontra una più viva rappresentazione del dio Ares. V’ è ben tra
gli
omerici un inno dove Ares è invocato come un dio
o per sè sull’ Olimpo, aveva anche edificato immortali abitazioni per
gli
altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’
ch’ egli avesse inventato la lavorazione dei metalli e ammaestratine
gli
uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti
dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti
gli
artisti ed operai che per l’ opera loro hanno bis
oglie Afrodite, ed altre leggende, registrate già da Omero ed Esiodo,
gli
facevan compagna una delle Grazie, a significare
o (exomis, sorta di tunica che lasciava nuda la spalla destra), e con
gli
arnesi dell’ arte sua. Si hanno ben pochi monumen
relative a questo Dio, raccolte nell’ inno a lui dedicato, che va tra
gli
Omerici. Poco dopo la nascita, egli avrebbe dato
va nella Pieria, dove Apollo stava pascolando le greggi degli Dei, e
gli
ruba cinquanta giovenche, e via le conduce e le n
tesa. Anche allora stava Ermes in sul niego, ma Zeus, capita la cosa,
gli
diè ordine di cercare insieme con Apollo le giove
udito Ermes sonar la lira, tanto se ne compiacque che, pur di averla,
gli
lasciò le cinquanta giovenche. Così Ermes diventò
es uccise Argo e di qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per
gli
uni Io è la luna, e Argo dai cent’ occhi la notte
cchi la notte stellata, cui il crepuscolo del mattino uccide. Secondo
gli
altri, Argo è il sole stesso onniveggente che gui
agli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno era il manico,
gli
altri due si raccoglievano in nodo sul primo; più
Zeus, era anche apportatore dei sogni e conciliatore del sonno; onde
gli
si rivolgevano speciali preghiere prima di andare
guadagno, anche nel gioco; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e
gli
inganni, così anche di tali cose si faceva Ermes
menti. Bella è l’ ode decima del libro 1o d’ Orazio, che ben riassume
gli
attributi di Mercurio, chiamandolo facondo nipote
ndolo infine come psicopompo, e regolatore dei sogni, gradito a tutti
gli
Dei sia del cielo sia dell’ inferno. La rappresen
l’ isola di Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui
gli
epiteti di Anadiomene (anadyomene, sorta su, inte
tutta quanta la natura. La bellissima fra le Dee esercitava su tutti
gli
esseri, divini ed umani un fascino irresistibile.
ca influenza sulla concordia fra i cittadini e sulla socievolezza tra
gli
uomini. Dall’ importanza che il culto di una tal
ra dea dei morti; nel suo tempio (n’ è ignoto il luogo) conservavansi
gli
arredi necessari per i trasporti funebri. Nè facc
sa è messa in qualche rapporto colla morte, e anche qui può dirsi che
gli
estremi si toccano. — A queste forme più antiche
nelle loro opere. Oltre l’ inno omerico ad Afrodite, son da ricordare
gli
autori che celebrarono specialmente l’ Afrodite U
polavoro di Prassitele ispiro in seguito parecchi altri statuari; tra
gli
altri l’ autore della statua che è detta Venere d
avano nelle rappresentazioni di Venere pittori e incisori. Apelle tra
gli
altri si segnalò per la pittura della Venere Anad
famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa era per
gli
antichi anche patrona dello Stato, e a lei era in
vano sempre un cotal legame colla madre patria. Infine, siccome tutti
gli
Stati greci sentivano di essere fratelli e non tr
iniani. Ma a dir vero, non è ben certo se rappresenti Vesta, mancando
gli
oggetti che solevano caratterizzarla, la tazza de
d’ ogni principio, ne vennero diverse attribuzioni. A lui erano sacri
gli
inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il
giorno si ornavano le porte di ogni casa con corone e rami d’ alloro,
gli
amici e i parenti si visitavano, si facevano gli
ne e rami d’ alloro, gli amici e i parenti si visitavano, si facevano
gli
augurii, e si regalavano a vicenda di monete e di
io dell’ umana attività era sacro a Giano. Il principiar bene era per
gli
antichi un buon augurio per proceder bene nell’ i
e delle fonti, dei fiumi, delle correnti; onde alcune leggende locali
gli
davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo
peciali; essendo dedicate a lui, come si disse, le porte, i passaggi,
gli
archi della città. Segnatamente si avevano per sa
l’ Egitto, per servire come immagine di Giano. È dunque probabile che
gli
artisti romani abbiano tolto il modello dalle cos
imi corpi celesti che l’ immaginazione popolare doveva annoverare fra
gli
Dei, v’ era naturalmente il sole; di qui il dio E
li uomini, uscendo al mattino dall’ oceano d’ oriente là dove abitano
gli
Etiopi, per traversar la volta celeste e rituffar
a; allora gravi guai successero, montagne in fiamme, fiumi essiccati,
gli
Etiopi diventarono troppo mori, il Nilo nascose d
delle Olimpie in Elide. — Una particolarità del culto del sole, erano
gli
armenti a lui sacri. Nell’ isola Trinacia, (la te
fusione, quindi a lui si consacrarono le corse del circo, e un tempio
gli
si eresse in mezzo al circo stesso. E del dio Sol
mo e nel secondo delle Metamorfosi, va certamente segnalato tra tutti
gli
altri per ricchezza di particolari, vivacità di c
isponde l’ italica Luna, oggetto di culto specialmente fra i Sabini e
gli
Etruschi. Un tempio a Luna Noctiluca sorgeva sul
to vecchio, secco e deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra
gli
eroi di Troia, era forse l’ immagine del giorno n
orre e preannunzia il giovane Elio. d) Gli astri. 1. Alcuni tra
gli
astri devono essere annoverati fra gli Dei della
d) Gli astri. 1. Alcuni tra gli astri devono essere annoverati fra
gli
Dei della mitologia. Tali anzitutto le stelle del
l suo levarsi di sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido fra
gli
altri gruppi di astri, die’ luogo alla leggenda d
li tanto piangevano per la morte di un loro fratello Iade (Hyas), che
gli
Dei per compassione le mutarono in stelle. Il lor
gli Dei per compassione le mutarono in stelle. Il loro nome derivano
gli
uni da un verbo greco che vuol dire « piovere »;
re Borea distrutto la flotta di Serse al tempo della guerra Persiana,
gli
dava diritto alla gratitudine degli Ateniesi; i q
uello che abbellisce e rende gradevole la vita. Senza di esse, neppur
gli
Dei potevano godere una piena beatitudine. Musica
mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e di dolce fra
gli
uomini dal vostro intervento dipende, e se v’ è a
v’ è alcun savio, alcuno bello, alcuno illustre, è da voi; e neanche
gli
Dei senza le sante Cariti non possono attendere a
tico rilievo del Museo Chiaramonti in Vaticano; appresso si ridussero
gli
abiti a leggeri veli, e infine verso l’ età di Sc
anno essere a loro tempo i flori e i frutti, in genere regolano tutti
gli
esseri portandoli a compimento nel tempo adatto.
e son esse come Temi protettrici dell’ ordine morale nei rapporti tra
gli
uomini, ed ogni cosa nobile, bella e buona è post
la personificazione del potere irresistibile e vittorioso di Zeus, e
gli
è difatti inseparabile compagna nelle lotte contr
esimo, difesa con zelo dai sostenitori della morente religione contro
gli
attacchi dei Cristiani che la volevano rimuovere.
col piè destro al suolo; le belle forme del corpo si disegnano sotto
gli
svolazzi delle vesti; v’ è movimento ardito e leg
rescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura)
gli
diede questo fratello perchè giocasse con lui; d’
to, che tiranneggiava Dei ed uomini, e compiacevasi a stuzzicar tutti
gli
esseri in mille guise, come appare specialmente d
sie; cerca invano per tutta la terra il perduto bene; invano supplica
gli
Dei; lo sdegno di Venere non è ancora ammansito,
, perchè Amore ottenne da Giove che Psiche fosse accolta in cielo tra
gli
immortali, dove essa vive eternamente con lui con
giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Specialmente si segnalarono
gli
scultori Scopa e Prassitele; del primo era celebr
on l’ arco e le freccie; talora anche la fiaccola accesa. Tra i flori
gli
era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coro
che essendo stata Coronide, per colpe sue, condannata a morire sotto
gli
strali di Artemide prima che avesse dato alla luc
la madre; poi lo affidò al centauro Chirone che lo allevo sul Pelio e
gli
insegnò a sanar tutti i mali. Asclepio divenne co
fizi farlo addormentare; allora in sogno doveva apparirgli il Dio che
gli
suggeriva il rimedio al suo male. 3. Presso i Rom
no ai più tardi tempi del Paganesimo, e ancor nelle età già cristiane
gli
ultimi difensori della morente religione contrapp
o, talvolta anche un cane, alla cui lingua come a quella del serpente
gli
antichi attribui vano virtù di guarire. Molte sta
el tempo; molte esistono anche ora, sparse nei Musei d’ Europa; anche
gli
scavi fatti, non è molto, a Epidauro e ad Atene,
) Le Moire-Parche. 1. Era una persuasione comune e radicata presso
gli
antichi, che l’ umana vita fosse soggetta al dest
e in uno de’ suoi poemetti scherzosi, volgendo la parola ad un amico,
gli
dice: Nunc audax cave sis, precesque nostras, Or
ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra
gli
altri i templi di Preneste e di Anzio. Il primo t
di Orazio alla Fortuna d’ Anzio, dove la loda come pronta a esaltare
gli
umili e deprimere i superbi, la dice invocata si
ttà è così importante ed ha un fondo così oscuro e impenetrabile, che
gli
antichi sentirono il bisogno di affidarlo ad altr
da un Dio speciale; questi Dei speciali i Greci li chiamavan Demoni,
gli
Italici Genii; e così popolaron di Dei le case, l
i, si credeva che i fiumi avessero tutti origine dal gran mare da cui
gli
antichi immaginavano circondata la terra, e che s
simo il Tevere, detto Divus o Pater Tiberinus, al quale i pontefici e
gli
auguri rivolgevano annue preghiere per la salvezz
malesca, parte umana. Specialmente è freguente la forma di toro, onde
gli
epiteti dati ai fiumi di tauromorfi dai Greci e t
riformis volvitur Aufidus , ecc.). Anche quando hanno figura d’ uomo,
gli
si apponevano due corna sulla fronte, ad es., Ovi
1. Nereo rappresentava il lato bello, piacevole e benefico del mare;
gli
antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pi
e abitava nel fondo del mare in una scintillante spelonca. Come tutti
gli
Dei delle acque, aveva Nereo il dono di predire l
Taumante. Il secondo figlio del Ponto è Taumante, che rappresenta
gli
aspetti meravigliosi del mare, e specialmente que
o (Ketos) rappresentava il mare come patria di questi mostri. Da essi
gli
antichi Mitologi dissero nati parecchi mostri, sp
o che distruggeva i raccolti e uccideva uomini, finchè per ammansirlo
gli
si dovette dare in pasto la figlia del re, Esione
in pregio i cavalli, ivi il Dio era più venerato; quindi negli stadi
gli
si erigevano altari, ed egli era ritenuto come il
izi. — Oltre il cavallo, anche il delfino era sacro a Posidone, e tra
gli
alberi il pino, o per il suo color verde cupo som
rini, ed è dipinta nell’ Odissea come colei che spinge le onde contro
gli
scogli e si compiace circondarsi di delfini, cani
e Teti, e purificatosi di tutte le debolezze umane, venne assunto tra
gli
Dei marini. D’ allora in poi fu venerato comò pro
per non lasciarsi ammaliare dalle lusinghe delle Sirene dovè turarsi
gli
orecchi con cera e farsi legare al fondo della na
e in primavera? È dunque naturale che, indotti da queste riflessioni,
gli
antichi abbiano creata tutta una serie di divinit
lla forma di culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui erano ammessi solo
gli
iniziati, e che contribui a mantenere un’ idea pi
, e di poi con essi congiunta avesse dato a luce i Titani, i Ciclopi,
gli
Ecatonchiri, ed alcune deità marine, già s’ è det
gnò meglio nella mente dei Greci la figura di Gea come madre di tutti
gli
esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri,
mis. In alcuni luoghi della Grecia Gea ottenne uno special culto, tra
gli
altri in Atene dov’ era venerata specialmente com
di feste e cerimonie speciali. 2. Alla greca Gea corrispondeva presso
gli
Italici la dea Tellus. Anch’ essa era considerata
Apollo Palatino, tempio che più volte fu distrutto e ricostruito, tra
gli
altri da Augusto. Anche in Roma i sacerdoti di Ci
a a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per
gli
uomini, e a lei si riferivano tutti i benefici de
innamora e la fa sua sposa, ottenendole da Zeus l’ immortalità. Ella
gli
fu d’ allora in poi compagna fedele nelle sue per
ompagno delle Grazie e di Afrodite, medico del corpo e dell’ anima, e
gli
si attribuiva altresi l’ arte del divinare. Onde
ebano, mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero
gli
uomini, e di qui la lotta tra il bene e il male n
otte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne e fanciulle (giacchè
gli
uomini erauo esclusi), dette Menadi o Tiadi (Thyi
o le Dionisie cittadine, erano la principal festa della primavera per
gli
Ateniesi e si celebrava con grande pompa. Durava
La danza dei Satiri dicevasi con vocabolo speciale: sicinnide. Verso
gli
uomini, il popolo riteneva i Satiri piuttosto ost
tiri piuttosto ostili che amici; si dice va assalissero d’ improvviso
gli
armenti e uccidessero le bestie, perseguitassero
ama); nel quale sotto la maschera di Satiri venivano messi in parodia
gli
Dei ed Eroi celebrati dall’ Epopea e dalla Traged
a condizione che il vincitore potesse fare dell’ altro tutto quel che
gli
talentasse, fu vinto; e allora Apollo lo legò a u
immensamente arricchito. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra
gli
uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido
ane che ei vole va mangiare e l’ acqua che voleva bere. Pregò Dioniso
gli
ritogliesse il triste dono, e Dioniso consentì in
un grau piacere, specialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti
gli
Dei rallegrati di Pane, derivavano gli antichi il
l qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivavano
gli
antichi il suo nome (pan=tutto); laddove in verit
danzando le lodi degli Dei, e l’ eco rispondeva di valle in valle, e
gli
uomini rimanevano attoniti all’ udire queste divi
alle peregrinazioni bacchiche; si diceva che nella spedizione contro
gli
Indiani molto aveva giovato diffondendo il timor
dalla figura mezzo umana mezzo caprina, i quali dicevasi molestassero
gli
uomini con chiassi strani, incubi, cattivi sogni;
e; giacchè indotti dal significato della voce Pan, che val « tutto »,
gli
Orfici ne fecero un Dio tutto, creatore e signore
guerra persiana. Raccontavasi che quando l’ oste nemico avvicinavasi,
gli
ambasciatori mandati da Atene a Sparta per chiede
ali che solitamente si offrivano a Pane erano vacche, capre e pecore;
gli
si porgevano anche offerte di miele, latte e most
no anche offerte di miele, latte e mosto. 3. Un antico inno che è tra
gli
Omerici, il 19o, è un bel monumento in onore di P
lle scuole filosofiche; uno ne scrisse il poeta Arato; un altro è tra
gli
inni Orfici. Anche non è infrequente la menzione
il suo piè caprino. Talvolta piegandosi a mezzo, riguarda sorridendo
gli
scherzi dell’ irta coda e stendendo la mano sulla
di degli uomini, in vantaggio dei quali fa crescere le piante e anche
gli
armenti; protettore dei pastori e dei cacciatori,
iena di frutti; nella destra un coltello da giardiniere. Spesso anche
gli
si dava un cane per compagno. c) Fauno e Fauna
la gente, e dicevasi che di notte penetrasse nelle case e tormentasse
gli
uomini o con cattivi sogni o con apparizioni pati
, scherzano i greggi sul campo erboso, tutto è in festa il villaggio,
gli
agnelli fatti audaci non temono l’ avvicinarsi de
cinarsi de’ lupi, i contadini premono in liete danze quella terra che
gli
altri giorni scavano con tanta fatica. I Fauni in
Priapo era diversa secondochè si poneva nei giardini a difesa contro
gli
uccelli e i ladri, ovvero era destinata ad un cul
del Colle Capitolino. A lui s’ attribuiva il merito d’ aver raccolto
gli
uomini in sedi fisse e regnato su loro per lungo
9 Dicembre, particolarmente dedicato alla dea Opi (Opalia), nel quale
gli
schiavi godevano piena libertà, si vestivano degl
feste in di lui onore, e ripetendo in forma poetica la preghiera che
gli
si innalzava, viene così a rilevare assai bene il
sì era naturale s’ attribuisse a Demetra il merito di aver incivilito
gli
uomini e di averli ridotti dalla condizione di ro
etazione, figlia della terra che comparisce in primavera ad allegrare
gli
uomini e d’ inverno sparisce? Si confronti il mit
nè pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tra le sue braccia
gli
soffiava sopra, e nottetempo, celandosi allo sgua
mister o, cioè di culto segreto, a cui non potevan premier parte che
gli
iniziati. Si esigevano certe condizioni di morali
zione, senza cui non si poteva prender parte alle feste maggiori. Tra
gli
iniziati poi v’ eran dei gradi; giacchè da sempli
iniziati la felicità d’ oltretomba, dalla quale si dicevano preclusi
gli
altri mortali. I segreti della congregazione eran
re. Questa forma di religione segreta, nella quale penetrarono presto
gli
elementi orfici, trasse a sè le più elette intell
i Greci, era Cerere pei Romani, come Dea delle biade antichissima fra
gli
Italici, ma molto presto confusa colla greca Deme
divenisse simbolo dell’ imrnortalità dell’ anima. Giacchè sembra che
gli
iniziati ai misteri Eleusini, scostandosi dalle i
diosa è quasi sempre la morte, era detto Ades il più odiato fra tutti
gli
Dei. — Ma oltre questo aspetto truce e terribile,
utrono e crescon le piante? E donde si ricavan le ricchezze minerali,
gli
ori, gli argenti, ecc. se non di sotterra? Non de
crescon le piante? E donde si ricavan le ricchezze minerali, gli ori,
gli
argenti, ecc. se non di sotterra? Non deve essere
so Dio dell’ ombre avesse un pubblico culto in Grecia; qualche tempio
gli
fu eretto in unione con Persefone e Demetra, ad e
omuni, e in far ciò si batteva colle mani in terra. In sacrifizio non
gli
si offerivano che bestie nere e si torceva lo sgu
c. ma non indugiano a deseriverlo. La statuaria quando lo rappresentò
gli
assegnò un’ espressione di volto severa ed arcign
osidone. XIII. L’ Inferno. 1. Giova qui ricordare rimmagine che
gli
autichi si eran formata del mondo infernale. Ma p
la forma di un disco; tantoche allorquando scoppio aspra contesa tra
gli
Dei presso Troia, come si descrive nel 20º canto,
cchiero Caronte, un vecchio bianco per antico pelo, severo il volto e
gli
occhi di bragia. Perciò i Greci usavano mettere i
eri Leto sulla via di Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi
gli
rodono di continuo il fegato, che di continuo rin
all’ inferno; son l’ ombre che evocate dal sacrifizio fatto da Ulisse
gli
passano davanti ed egli le interroga. Una vera de
varii gruppi di esseri infernali. XIV. Le Erinni-Furie. 1. Tra
gli
Dei che han sede in inferno, son da annoverare le
urina avesse nulla a che fare colle Erinni greche, ignoriamo, sebbene
gli
antichi la identificassero. 4. Un’ immagine delle
e credere che rimanesse sotterra; di qui la collocazione di Ecate fra
gli
Dei infernali. Quel che di arcano è proprio della
cogli epiteti trivia triforme, tricipite, conforme all’ immagine che
gli
antichi se ne formavano, con tre teste o un corpo
corno trasparente, uscivano i sogni veri e di facile spiegazione. Tra
gli
Dei de’ sogni s’ annoveravano Morfeo, che dicevas
e le quali si ripongono per l’ uso della famiglia. Penati eran dunque
gli
Dei protettori del nutrimento della famiglia, e d
dove la famiglia conveniva pei pasti quotidiani e dove erano ricevuti
gli
ospiti. Sul focolare sole va tenersi acceso conti
nendo loro avanti dei cibi come per far partecipare alla comune mensa
gli
spiriti protettori della cucina casalinga. — Nè s
rtati da Enea in Italia. In onor di essi il Pontefice Massimo offriva
gli
stessi sacrifizi che nelle singole case si faceva
entia; mentre l’ anime dei tristi si dicevan larvae o le lemures. Che
gli
antichi credessero alla presenza fra di loro dell
. Anche in altre occasioni si credeva che le ombre s’ aggirassero tra
gli
uomini, come ad es. quando un cadavere rimaneva i
lularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel prologo, e
gli
fa raccontare la storia d’ un certo tesoro nascos
a chiara idea dei rapporti che si supponevano tra il Lare domestico e
gli
abitatori della casa. — La statuaria soleva rappr
rovata a Roma, può darcene chiara idea. 4. Oltre i Lari domestici,
gli
antichi veneravano altre specie di Lari, genii lo
era tra i tempi storicamente noti e i misteriosi principii, ma ancora
gli
abitanti di innumerevoli regioni, città, borgate,
i esseri privilegiati che erano immaginati come qualcosa di mezzo tra
gli
Dei Olimpici e gli uomini mortali. Niuna meravigl
ti che erano immaginati come qualcosa di mezzo tra gli Dei Olimpici e
gli
uomini mortali. Niuna meraviglia dunque che la Mi
Eroi ed uomini non si credeva ci fosse differenza di natura, essendo
gli
uni e gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi
omini non si credeva ci fosse differenza di natura, essendo gli uni e
gli
altri soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supp
erenza di natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla morte; ma
gli
Eroi erano supposti più forti, più abili, più cor
bili, più coraggiosi e resistenti ai pericoli che non sogliono essere
gli
uomini. E non già che si annoverassero tra gli Er
he non sogliono essere gli uomini. E non già che si annoverassero tra
gli
Eroi tutti i primi uomini, ma solo i più forti de
piante. Di questi leggendari Eroi si possono distinguere tre classi;
gli
uni possono ben essere stati uomini veri, di cui
sse di nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso di Ercole. Si chiede: erano
gli
Eroi dagli antichi venerati in guisa da essere og
ntorno a questo punto; le più antiche son quelle cho tacevano sorgere
gli
uomini dalla madre terra, come dalla madre terra
uomini dalla madre terra, come dalla madre terra sorgono lo piante e
gli
animali. Si dicevano autoctoni i primi uomini ven
ri diversamente secondo i luoghi; nei luoghi montagnosi si diceva che
gli
uomini fossero nati dagli alberi e dalle roccie;
inati di un serpente (l’ animale sacro più d’ ogni altro alla terra);
gli
abitanti dei luoghi lacustri dicevano i loro prog
rometeo si sostitui una dea Prometea, ossia la Cura, e si fecero così
gli
uomini creature della Preoccupazione e dell’ affa
o di piena felicità e in intimità di conversare e di mensa cogli Dei,
gli
altri narrando invece che si trovano da principio
na rupe nei monti della Scizia e ordinando che ogni giorno un’ aquila
gli
rodesse il fegato (sede d’ ogni mala cupidigia) c
. E un altro riflesso dell’ idea che col progredire della cultura tra
gli
uomini sorsero e si diffusero mali pria sconosciu
dirato per il rapimento del fuoco, non lo volle riprendere e privarne
gli
uomini, ma fè loro un altro dono che doveva esser
ò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna;
gli
Dei andarono a gara per adornarla delle più grazi
umane. Dicevasi che in origine vi fosse stata un’ età d’ oro, in cui
gli
uomini vivevano in piena felicità, godendo dei fr
miscela di mali; non si sapeva che fosse vecchiezza; dopo lunghi anni
gli
uomini rimanevano come assorti nel sonno, e quest
e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durante la quale
gli
uomini erano inferiori ai precedenti per forza di
recondia hanno abbandonato la terra lasciandovi in lor vece le frodi,
gli
inganni, l’ avarizia e la violenza. — Tale la ser
Tra le leggende tessale più antiche e a cui più spesso s’ ispirarono
gli
artisti, va annoverata quella della lotta tra i L
volevan significare la lotta degli uomini inciviliti (nel nostro caso
gli
Ateniesi condotti da Teseo) contro la brutalità f
come pastore. In questo tempo strinsero tra loro un’ intima amicizia;
gli
armenti di Admeto prosperavano in maniera meravig
ua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di nome, figura fra
gli
eroi greci a Troia, e si la notare specialmente p
Cadmo dovè servire per otto anni ad Ares. Passato questo tempo, Ares
gli
perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia
per otto anni ad Ares. Passato questo tempo, Ares gli perdonò e anzi
gli
diede in moglie Armonia figlia di lui e di Afrodi
Atteone fu venerato in Beozia e lo si invocava per protezione contro
gli
effetti disastrosi del sole canicolare. Forse Att
e per la sorte toccata a quella gioventù bella e infelice. Varii sono
gli
atteggiamenti; un giovane giace morto; un altro s
o ordinate nell’ interno del tempio ovvero disposte separatamente fra
gli
intercolunnii di un portico, è questione che si è
i intercolunnii di un portico, è questione che si è molto agitata tra
gli
archeologi e gli eruditi, ma non è ancora stata r
i un portico, è questione che si è molto agitata tra gli archeologi e
gli
eruditi, ma non è ancora stata risolta in modo de
lo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadagno fra
gli
uomini; allusione probabilmente al cupido commerc
andosi della trascuratezza della moglie e tanto seppe fare e dire che
gli
fu consentito di tornare in vita per castigar la
azione di Corinto fra due mari che senza posa ondeggiando ne sferzano
gli
scogli e i monti dall’ una e dall’ altra parte, r
amo in relazione con Posidone Ippio. È ricordato per la disgrazia che
gli
toccò nei giochi funebri che ebbero luogo a Iolco
di Potnia presso Tebe; e la disgrazia fu che i cavalli suoi infuriati
gli
guadagnaron la mano e ne fecero strazio; simbolo
e vincendole superò anche questo pericolo. Infine al ritorno, Jobate
gli
tese un’ imboscata deciso di farla finita con lui
oroso e così evidentemente protetto dagli Dei, si riconciliò con lui,
gli
diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano d
o, sacerdotessa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza,
gli
sguardi di Zeus che se ne innamorò. Di che accort
asse dal vigile e oculato custode. Ermes riuscì ad addormentare tutti
gli
occhi di Argo, e netta gli recise la testa dal bu
ustode. Ermes riuscì ad addormentare tutti gli occhi di Argo, e netta
gli
recise la testa dal busto, onde l’ epiteto ch’ ei
ora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao quale discendente di Io,
gli
cedette il regno. La leggenda attribuisce molto m
he ricordato come capostipite della seguente stirpe argiva, a cui tra
gli
altri appartennero gli eroi Perseo ed Eracle. Le
tipite della seguente stirpe argiva, a cui tra gli altri appartennero
gli
eroi Perseo ed Eracle. Le Danaidi sono ancora ric
senza fondo. Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che
gli
elementi più antichi fossero d’ origine argiva e
figliuola, Antea o Stenebea, in moglie, e lo rimandò a Tirinto, dove
gli
fè costruire da operai licii una forte cittadella
con lei genero Perseo, che Omero dice il più ragguardevole fra tutti
gli
uomini. Quando Acrisio venne a saper questo, tutt
osì al destino vaticinatogli. Ma che cosa può l’ umana astuzia contro
gli
eterni decreti degli Dei? La cassetta si diresse
dicello, pensò affidargli una pericolosa avventura per liberarsene, e
gli
diè ordine di portargli la testa della terribile
vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di tutti
gli
eroi. Da loro venne informato di quel ch’ era uop
be trovati presso certe Ninfe abitanti in un cotal segreto luogo, che
gli
sarebbe stato rivelato dalle Graie, le tre sorell
a addormentate. Subito s’ accinse a troncar la testa a Medusa secondo
gli
ammaestramenti avuti da Atena. Siccome lo sguardo
gliuoli natigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra
gli
altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu
tuono? Sicchè tu hai qui una rappresentazione della grande lotta fra
gli
elementi naturali. Infine il disco con cui Perseo
Calidonio, di cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta contro
gli
Afaridi loro cugini. La cagione di questa contesa
, e i modelli di ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni di guerra
gli
Spartani portavano spesso con sè un simbolo dei D
ua e là dei luoghi ricordanti le loro vicende, ma un inno intiero fra
gli
Omerici è in lode loro, e ivi già si rammentano l
e. VI. Attica. a) Cecrope. Gli abitanti dell’ Attica, come
gli
altri Greci, si ritenevano nati nel suolo o autoc
gnificato naturalistico del mito di Cecrope si riferisce il fatto che
gli
attribuivano tre figliuole, Erse, Aglauros e Pand
o, Ovidio nel sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra
gli
episodi più belli di tutta l’ opera. Anche divers
elebre e come a dire l’ Eracle dell’ Attica, è da ricordare prima chi
gli
fu madre. Essendo Egeo senza figli ed essendosi r
o Egeo senza figli ed essendosi rivolto all’ oracolo di Delfo, questi
gli
rispose in maniera ch’ ei non capiva; onde recoss
ntro il Minotauro a Creta. Il re cretese Minosse, indispettito perchè
gli
Ateniesi e i Megaresi avevano a tradimento ucciso
e fu occasion di morte, come già si raccontò, al re Niso; vinse anche
gli
Ateniesi e impose loro un grave tributo: ogni nov
a passione verso Teseo; e questo fu la salvezza di lui perche Ariadne
gli
die’ un gomitolo di filo col quale egli potè pene
regioni dell’ Attica, e istituì la festa delle Panatenee a cui tutti
gli
Attici prendevano parte. — Delle altre imprese di
’ un bianco toro; appunto in Gortina di Creta si credeva pascolassero
gli
armenti del sole; Asterio poi a cui i figli di Eu
n Pasifae, figlia di Elio (altra personificazione della luna); da cui
gli
nacquero Catreo, suo successore nel governo, Deuc
confermare il suo diritto al trono, un giorno Minosse pregò Posidone
gli
inviasse dai profondi abissi del mare un toro che
inosse n’ ebbe conferma nel diritto al trono, ma la bellezza del toro
gli
suggeri la malvagia idea di appropriarselo e sacr
fatti consegnare per tributo dalle genti vinte in guerra. Come anche
gli
Ateniesi fossero stati sottoposti a questo tribut
morti nell’ Averno. Dei figli di Minosse, Catreo, come già si disse,
gli
succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di
giorno in cui Alcmena doveva dare alla luce i due gemelli, detto ira
gli
Dei che sarebbe nato allora allora il più forte d
forte di lui. Non contenta di ciò, quando Eracle aveva otto mesi, Era
gli
mando contro due serpenti perchè lo avvolgessero
o nell’ arti musiche; anzi accoppò colla lira il suo maestro Lino che
gli
aveva inflitto un castigo. In punizione, Anfitrio
la guerra morì Anfitrione. Creonte grato ad Eracle di tanta vittoria,
gli
diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fe
o ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e
gli
Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo
cle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei
gli
fecero dono di splendide armi. — A questo punto E
va, lo cacciò entro la sua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi
gli
tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come
ua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, che
gli
servi di vestimento, come la testa gli serviva di
a. Poi gli tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa
gli
serviva di elmo. b) L’ Idra di Lerna. Era un gros
Giacchè strada tacendo essendosi fermato presso il centauro Folo, che
gli
diè a mangiare carni arrostite, ed avendo per ber
ere aperto il vaso del vino che era comune a tutti i Centauri, questi
gli
si avventarono contro; ma egli li respinse e part
Eracle ucciso il mostro, liberò la infelice fanciulla. Laomedonte che
gli
aveva promesso, se ciò facesse, i cavalli avuti d
oci bestie, a cui Diomede, re dei Bistoni in Tracia, gettava in pasto
gli
stranieri che capitavano nelle sue rive. Eracle v
tasia popolare. Comunemente si fa viaggiare Eracle traverso la Libia;
gli
si fa piantare le colonne da lui denominate sullo
, puntò contro lui i suoi strali, onde Elios ammirato di tanto ardire
gli
lasciò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a for
a del gregge di Gerione, se ne impossessò. Senonchè Gerione avvertito
gli
corse dietro ed impegnò lotta con lui, ma fu vint
l sonno e lo tenue stretto fintantochè n’ ebbe la notizia, che la via
gli
sarebbe stata rivelata da Prometeo incatenato sul
e giunse così al Caucaso dove libero Prometeo uccidendo 1’ aquila che
gli
rodeva il fegato. Descrittagli da Prometeo la via
momento tremò la terra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi
gli
diè il permesso di portare con sè il tricipite Ce
con una folia di particolari, e vennero introdotti a combattere anche
gli
Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in
lia di Eneo re degli Etoli e sorella di Meleagro e Tideo. Molti erano
gli
aspiranti, ma uno solo osò contrastare ad Eracle,
suo amico Ceice in Trachine ai piedi del monte Oeta. Cammin facendo,
gli
capitò l’ avventura del centauro Nesso. Dovendosi
lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e
gli
fe’ pagar il fio di tanta audacia. Egli pur moren
non si poteva più. Nella rabbia del dolore afferrò il messo Lico che
gli
aveva portata la veste e lo scaraventò nel mare,
nfine Peante padre di Filottete o Filottete stesso che passava di là,
gli
rese questo servizio, in compenso di che egli a l
storici e allegorici. Le spedizioni contro i Driopi, contro i Pitii,
gli
Ippocoontidi son fatti storici in fondo, apparten
che altro può essere se non una forza benefica la quale lotta contro
gli
ostacoli della natura, a benefizio degli uomini?
er nome Caco, abitante in una grotta dell’ Aventino presso il Tevere,
gli
tolse via alcuni buoi, e per la coda, affinchè le
affine lo vinse ed uccise. Poi per gratitudine a suo padre Giove che
gli
aveva fatto scoprir il furto, eresse nel luogo de
ir il furto, eresse nel luogo della zuffa un altare in di lui onore e
gli
sacrificò uno dei buoi ricuperati. Evandro ed i s
d Ercole per ringraziamento. In nome d’ Ercole giuravano specialmente
gli
uomini, come le donne preferibilmente in quello d
ella del piacere che da una donna apparsagli, tutta vezzi e lusinghe,
gli
vien descritta piena di gioie e di riso, o quella
o, o quella della virtù che da altra donna, più severa nell’ aspetto,
gli
vien additata, aspra a percorrersi ma apportatric
omo retto e costante ne’ suoi propositi, cui nè i torbidi politici nè
gli
accidenti naturali abbattono e sfibrano (Od. 3, 3
, 3, 10); e lo ricorda pure come esempio dell’ invidia che perseguita
gli
uomini generosi mentre che son vivi, e non li las
o e toroso su un corpo da gigante, tutto carne e muscoli. Sopra tutti
gli
altri ottenne celebrità per rappresentazioni di q
o e pensoso, e l’ occhio s’ affisa in terra come in fuggevole visione
gli
appaiano le fatiche passate e le future. Secondo
al cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e
gli
era moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone
orosi ed eroici guerrieri d’ allora a prendervi parte; ci vennero tra
gli
altri i Dioscuri Castore e Polluce, Teseo e l’ am
eleagro. Il quale indignato di questo li uccise. Ne nacque guerra tra
gli
Etoli e i Cureti di Pleurone. Da principio quei d
presto la loro città cinta d’ assedio dai nemici. In questa distretta
gli
anziani e i sacerdoti di Calidone si volgono a Me
Una bella rappresentazione figurata della caccia Calidonea ammiravano
gli
antichi sul frontone orientale del tempio di Aten
o atto a liberare la patria dai mali ond’ era angustiata, divenne per
gli
eroi della stirpe di Eolo il compito principale.
o ospite affidandogli qualche pericolosa avventura. Dichiarò pertanto
gli
avrebbe ceduto volentieri la signoria di Iolco, a
poi si crebbe via via il numero degli Argonauti, annoverandovi tutti
gli
eroi della generazione immediatamente anteriore a
prediletto Ila (Hylas) che le ninfe fontane avevano rapito. In tutto
gli
Argonauti si facevano salire a cinquanta, cioè ta
i remi della nave che li trasportava. Secondo la leggenda più comune,
gli
Argonauti salpati da Iolco toccaron terra prima a
o lagrime scaturiva la fonte Cleite. Lasciato poi Eracle nella Misia,
gli
Argonauti proseguirono il viaggio e giunsero in B
tavan quelle terre, ciò che fu fatto dai Boreadi, consentì a istruire
gli
Argonauti intorno al resto del loro viaggio; spec
he ben difficilmente una nave poteva passarvi di mezzo. Così istruiti
gli
Argonauti riuscirono felicemente nell’ impresa, e
al paese delle Amazoni, poi all’ isola Aretias o di Marte dove erano
gli
uccelli Stinfalii che Eracle aveva fatto fuggire
to di terreno seminando nei solchi denti di drago e combattesse tutti
gli
uomini armati che ne sarebbero nati, Medea che er
co dei tori e a dargli più che umana forza. Così Giasone superò tutti
gli
ostacoli, e quando dai denti di drago seminati ba
uita dagli Argonauti nel ritorno, vi sono dati molto diversi. Secondo
gli
uni tornarono per la stessa via di prima; secondo
ta, nel lago Tritonide e nel mare Mediterraneo; secondo altri ancora,
gli
Argonauti risalendo il fiume Istro o Danubio sare
e lasciare anche Atene. Giasone trovò la morte sotto la nave Argo che
gli
si sfracellò addosso. 2. La leggenda degli Argona
hetto qualche parola lanciata al suo indirizzo da un giovane corinzio
gli
gettò nell’ anima il sospetto sulla sua origine.
a madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si appicca, Edipo si cava
gli
occhi. Non contenti di ciò i Tebani l’ obbligaron
asilo della terra Attica. Tale la fine di Edipo secondo Sofocle; che
gli
epici antichi in altro modo narravano la morte de
lla grotta già abitata dal drago di Ares; allora tutto a rovescio per
gli
assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio
e ed Eteocle venuti a singolar tenzone si ammazzarono l’ un l’ altro;
gli
altri eroi o ebbero morte o si diedero alla fuga;
di Ennio, la Peribea di Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone,
gli
Epigoni e altre di Azzio, poi ancora l’ Edipo e l
re tomba. Figli di Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadendo
gli
effetti delle colpe paterne, furono perseguitati
pe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi
gli
riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiuto di un un
Peleo si recò a Ftia in Tessaglia, dove lo accolse il re Euritio che
gli
diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’
ivi solo, persuaso che i Centauri avrebbero fatto scempio di lui. Ma
gli
Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono
bero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e
gli
mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravig
meravigliosa potenza; colla quale egli potè respingere trionfalmente
gli
assalti dei Centauri. Dopo di che tornato a Iolco
scuri, uccise Acasto e Astidamia. In ricompensa poi della sua castità
gli
diedero in moglie una formosissima Nereide, Tetid
ale occasione si celebrarono nozze splendidissime, a cui assistettero
gli
Dei stessi; e Posidone donò a Peleo i cavalli Xan
patria in Salamina, ove il re Cicreo (Cychreus), figlio di Posidone,
gli
diè in isposa la figlia Glauce e dopo morte gli l
, figlio di Posidone, gli diè in isposa la figlia Glauce e dopo morte
gli
lasciò il regno. Telamone poi, morta la prima mog
ebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra
gli
eroi greci a Troia, sebbene in confronto dello sv
o, e ivi fondò la città di Ilio o Troia. Fondata la città, pregò Zeus
gli
mandasse un segno visibile della sua grazia; il d
le allevato. Le tre Dee gareggiavano in promesse al loro giudice. Era
gli
prometteva signoria e ricchezza, Atena sapienza e
i fratelli di Elena, i Dioscuri, essendo occupati nella guerra contro
gli
Afaridi, essa fuggi con Paride e se ne venne a Tr
di poi la restituzione; avutone un rifiuto, si preparò alla guerra; e
gli
fu facile ottenere l’ adesione dei più ragguardev
vviene la celebre contesa tra Achille e Agamennone. Passando a Crise,
gli
Achei avevano fatta schiava la figlia di Crise, s
ciò, presero ardire e con valorose sortite principiarono a tormentare
gli
Achei; e Zeus, pregato da Tetide la madre di Achi
bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di quell’ immenso cavallo,
gli
altri bruciarono il campo vicino alle navi e fing
ucciso da Neottolemo che aveva già pure ucciso Polite di lui figlio;
gli
altri guerrieri troiani morirono combattendo, ben
infedele donna avrebbela uccisa, se l’ incanto della sua bellezza non
gli
avesse nel momento decisivo fatto cader l’ arme d
e n’ era uscito, e uccise non solo Egisto, ma anche sua madre. Questo
gli
tirò addosso la persecuzione delle Erinni le qual
re. Questo gli tirò addosso la persecuzione delle Erinni le quali non
gli
davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva
a di Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò che la moglie non
gli
era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etoli
quello pestò l’ unico occhio del gigante e l’ acciecò. Il giorno dopo
gli
riuscì di fuggire col compagni, uscendo questi da
da qualche Dio. Eolo accolse Ulisse con cortesia, e quando il congedò
gli
fe’ un dono assai prezioso, cioè gli die’ un otre
on cortesia, e quando il congedò gli fe’ un dono assai prezioso, cioè
gli
die’ un otre con racchiusi dentro tutti i venti v
cì Ulisse a fuggire da questo paese; le altre s’ erano fracassate tra
gli
scogli. f) Dopo, pervenne nell’ isola di Eea, dov
merii. Ivi offerti i dovuti sacrifici e fatti i prescritti scongiuri,
gli
compariscono su dalle caligini profonde dell’ Ade
molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticlea che
gli
dà desiderate notizie del padre Laerte, della mog
el padre Laerte, della moglie Penelope e del figlio Telemaco. Tiresia
gli
rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo
os. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la quale
gli
diede avvisi e consigli per il rimanente del viag
rdava coll’ animo pieno di desiderio nella direzione d’ Itaca. Alfine
gli
Dei si mossero a compassione di tanto dolore, e Z
dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto pieno di sdegno contro lui
gli
sconquassa la zattera e lo abbandona nell’ acque.
sa a compassione, non lo avesse confortato e avvoltolo d’ un velo non
gli
avesse dato forza di resistere a nuoto. Dopo due
a Ulisse era stato sbarcato dai Feaci nell’ Isola. Quando fu sveglio,
gli
comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di que
ale divenne anche eroe italico. Mentre Troia ardeva ancora, egli fece
gli
ultimi sforzi per bravamente difenderla, ma poi v
a venuto Teucro uno del re di Troia. Ma i Penati comparsigli in sogno
gli
additarono l’ Italia come la patria de’ suoi magg
ndolo spinto nel mar Ionio, capitò anzitutto nelle isole Strofadi ove
gli
toccò l’ avventura delle fameliche Arpie che gli
e isole Strofadi ove gli toccò l’ avventura delle fameliche Arpie che
gli
insozzarono la mensa. Poco appresso venne a Butro
te di Turno e il trionfo di Enea. Il quale, poichè anche Latino morì,
gli
successe nel governo e fondò nuova città che dal
o di Trifiodoro, il ratto d’ Elena di Colluto Licopolitano, in ultimo
gli
Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo
va e la più bella che a noi sia giunta dall’ antichità. S’ aggiungano
gli
ultimi libri delle Metamorfosi d’ Ovidio, che can
lente strette del rettile che lo comprime al destro fianco del padre,
gli
attorce le parti superiori delle braccia, e di so
ia in basso una gamba dei figli di sinistra, mentre l’ altro serpente
gli
arronciglia il braccio destro, ma non così che al
orose e tenaci, invano colla sinistra comprime il collo del serpe che
gli
si avventa con rabbioso morso al fianco; sotto qu
ontratti i muscoli, la fronte e le ciglia corrugate, quasi annebbiati
gli
occhi; la bocca s’ apre a mandar non un grido, ma
ti mitici. 1. Agli eroi del braccio e della guerra fanno riscontro
gli
eroi dell’ intelligenza e dell’ arte, giacchè anc
a in Corinto. — Ogni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra
gli
Argonauti c’ era Mopso figlio di Ampico, tessalo;
i volgesse indietro a guardar la sposa, che se avesse fatto ciò, essa
gli
sarebbe stata inesorabilmente ritolta. Lieto intr
dò errante per le montagne della Tracia a dare sfogo al suo dolore, e
gli
avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno
col suo nome eran naturalmente di elaborazione ben posteriore. 4. Fra
gli
artisti mitici il più celebre è Dedalo, del quale
pel suo peso istesso; invece a forza temperata (dalla prudenza) anche
gli
Dei danno incremento; giacchè gli Dei hanno in od
za temperata (dalla prudenza) anche gli Dei danno incremento; giacchè
gli
Dei hanno in odio quelle violenza che rende l’ uo
e). Comuni son fra noi sempre le trombe di guerra, in comune risuonan
gli
squilli di esse trombe, e attaccati i cavalli al
n gli squilli di esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo io
gli
accampamenti di lui. » 11. « Già Venere Citerea
co dal rosseggiante oriente la vigile Aurora apri le purpuree porte e
gli
atrii pieni di rose ». 18. Metam. 13, 622: « An
so volgean, lo stame a mano a mano Agguagliando col dente, onde in su
gli
aridi Labruzzi rimaneano i morseggiati Lanosi bio
o che sa leggere ed educare i poeti. » 41. « … aveste condiscendenti
gli
Dei, e vedeste le membra vostre biondeggiar d’ im
come ognun sa, della natura per insinuare destramente alla gioventù,
gli
elementi delle scienze, e dell’ amena letteratura
è l’ esposizione delle favole, che intorno a’ loro Dii ed Eroi hanno
gli
antichi immaginato. La cognizione di questo è tro
inato. La cognizione di questo è troppo necessaria per bene intendere
gli
scrittori, e singolarmente i poeti, che ad esse a
ti, che ad esse alludono sì di frequente. Nè men necessaria è a tutti
gli
studiosi delle belle arti, giacche le favole tant
acconciamente aver luogo. Parte prima. Degli Dei. Molti furono
gli
Dei presso i Greci, ma assai più presso i Romani,
reci, ma assai più presso i Romani, che oltre ad avere adottali tutti
gli
Dei della Grecia, e molti pur dell’ Egitto, e del
ne contavano di loro proprii, e particolari. Dodici anticamente erano
gli
Dei maggiori, detti Dii maiorum gentium, e Consen
ti furono Dii minorum gentium, e Semones, quasi Semihomines, ed erano
gli
Dei campestri, e quelli, che presedevano alle var
o il Mare. Poi unita ad Urano partorì il fiume Oceano padre di tutti
gli
altri, indi Ceo, Orco, Iperione, Giapeto, Tea, Re
ceano congiunto a Teti generò il Pilo, l’ Alfeo, l’ Eridano con tutti
gli
altri’ fiumi, e le Naiadi Ninfe dei fonti e de’ f
edesimo Esiodo, nascondeva sotterra tutti i figli, che Gea o la Terra
gli
partoriva, e loro non permettea di uscire alla lu
esa, e posto dalla madre in agguato, allorchè Urano a lei accostossi,
gli
recise le parti virili, e dietro se le gittò. Dal
, prese il partito d’ inghiottire di mano in mano tutti i maschi, che
gli
nascevan da Rea. Questa di ciò oltremodo dolente
liberato, e rimesso nel regno da Giove, il quale vinse Titano coi fi
gli
; che avendo però Saturno compreso dover un giorno
più rinomato, così a lui solo venne attribuito anche quello, che non
gli
apparteneva. Nato egli dunque in Creta da Rea, ch
e Briareo; cui per consiglio di Gea sciolse da’ lacci, in cui tirano
gli
aveva avvolti. I Titani vennero soggiogati e prof
ista, per quel che accennano alcuni Mitologi, armaronsi non solamente
gli
Dei, ma ancora le Dee, e per quello che dicono al
be, Marte, Ilitia e Vulcano. Da molte altre e donne e ninfe, secondo
gli
altri Mitologi, ebbe egli poscia altri figli. Da
Olimpo), coi fulmini in mano, e coll’ aquila a’ piedi, che i fulmini
gli
ministrava, è che quindi chiamavasi l’ augel mini
in Epiro nel bosco di Dodona a lui sacro, le querce stesse rendesser
gli
oracoli. La vittima, che a Giove offerivasi nei s
ampogna e col tocco del caduceo, e poscia ucciso. Giunone allora pose
gli
occhi di Argo nella coda del pavone uccello a lei
vedremo. A Pallade o Minerva tra le piante era dedicato l’ ulivo, tra
gli
animali la civetta; a proposito di che narra Ovid
imi di metallo una rete invisibile, nella quale colse i due amanti, e
gli
espose alla derisione di tutti i Dei: di che Mart
re le carni. Sulla fine del convito chiedendo Tereo che il figlio Iti
gli
fosse condotto, uscì Filomela improvvisa dalle vi
ti anni, fu egli secondo la favole portato in cielo, e annoverato fra
gli
Dei Indigeti sotto al nome di Quirino. Figlio di
Cicopli Sterope, Brente, ed Arge, secondo Esiodo, o Piracmone secondo
gli
altri, a fabbricare nelle fornaci di Lenno, nell’
leo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invitati tutti
gli
Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato
or quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra
gli
uccelli il cigno; il passero, e specialmente la c
upidine. Gli altri poeti comunemente contondono Cupidine con Amore, e
gli
danno per madre Venere, e per padre chi il Cielo,
i essergli figlio richiese di poter reggerne il carro. Questi che già
gli
aveva promesso con giuramento qualunque cosa gli
arro. Questi che già gli aveva promesso con giuramento qualunque cosa
gli
avesse chiesto, dopo aver cercato per ogni modo d
co tenendo un anno n’ ebbe secondo Esiodo, Agrio, e Latino, e secondo
gli
altri poeti Telegono. Come portatore del giorno i
nerazione fu il sole presso di tutti i Gentili, e spezialmente presso
gli
Orientali. In Roma ne’ sacrifici a lui immolavasi
llo a dileggiare il fanciullo Cupido, che osasse di trattar l’ arco e
gli
strali. Questi irritato, per dar prova del valor
isavventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che
gli
era carissimo, volle ei medesimo per dolore ammaz
di creduto che Esculapio medesimo assunto avesse quelle, sembianze, e
gli
s’ innalzarono templi, in cui rappresentavasi con
asi con un bastone in mano, al quale era un serpente attorciglialo; e
gli
s’ istituirono sacrifici, ne’ quali a lui offeriv
treciò allorchè preso da grave malattia era Admeto vicino a morte, ei
gli
ottenne dalle Parche il poterne campare, se altri
ogna, o quegli la lira; ed avendolo vinto, in pena del suo ardimento’
gli
trasse la pelle, e dalle lagrime di Ini mescolate
olo. Ma alla decisione di questo si oppose il re Mida, per cui Apollo
gli
fece crescere le orecchie d’ asino. Ingegnossi eg
si bagnino in mare. Diana stessa era creduta castissima, e malamente
gli
amori della Luna con Endimione a lei vengono attr
i Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da essa coll’ acqua, che
gli
gettò contro cangiato in cervo, e divorato poscia
da due serpenti, colla quale dice Omero, eh egli chiamava il sonno su
gli
occhi de’ mortali, o il fugava a suo talento, e c
ra pietra. Mentre Apollo guardava lungo il fiume Aufriso in Tessaglia
gli
armenti di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacch
a lungo il fiume Aufriso in Tessaglia gli armenti di Admeto, Mercurio
gli
rubò alcune vacche, ed essendo in ciò stato scope
ndolo Apollo, se non restituiva le vacche, Mercurio nell’ alio stesso
gli
rubò la faretra, sicchè Apollo per la stravaganza
che dalla sua bocca uscissero catene d’ oro, che dolcemente legavano
gli
ascoltanti. Per ultimo a lui venne attribuita ezi
e, ed a lei venne attribuita l’ invenzione dell’ agricoltura, per cui
gli
uomini, che si pascevan prima di ghiande, incomin
n prima di ghiande, incominciaron a pascersi di frumento. Ebbe quindi
gli
epiteti mammosa e di alma, perchè tutti per certo
di adorare il fuoco e conservarlo gelosamente era antichissimo presso
gli
Orientali, e in Italia vuolsi portato da Enea; se
e, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo stesso e della Terra. Fra
gli
Dei terrestri prima a dover nominarsi è Pale Dea
oma scomposta, e una falce di legno in mano per allontanare i ladri e
gli
uccelli. In Lamsaco città della Misia aveva egli
veva egli il culto primario. Era tenuto come il più lascivo fra tutti
gli
Dei. La ninfa Loto da lui fuggendo fu trasformata
oi, che essendosi il bosco fortuitamente incendiato, e volendo perciò
gli
abitanti recare altrove il simulacro della Dea, e
iante. Aveva però un tempio a piè del monte Soratte, ove dicevasi che
gli
uomini dello spirito di lei invasi camminassero i
essendo egli ricorso alla madre Cirene, questa il guidò a Proteo, che
gli
scoperse la cagione della morte delle api; ed all
alle ville, i secondi alle case; ma spesso prendevansi promiscuamente
gli
uni pergli altri. Intorno ai Lari è stato favoleg
aveva prima tagliata la lingua in pena di avere manifestato a Giunone
gli
amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno
La Dea Ossilagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto
gli
auspici di cui i maschi al nono giorno dopo la na
, perchè le puerpere non molestasse. Strenua dicessi la Dea che rende
gli
nomini valorosi; Agenoria e Stimula quella che gl
i la Dea che rende gli nomini valorosi; Agenoria e Stimula quella che
gli
spinge ad agire; Agonio quel che presiede alle az
a; Fellonia quella che Scaccia i nemici; Fessonia quella che alleggia
gli
stanchi; Vigilia quella che accompagna i viaggiat
or gl’ Indigeti, cioè, quegli uomini che per le loro azioni meritaron
gli
onori divini. Tra questi oltre Esculapio, e Romol
pestosi o delle procelle fu da Esiodo detto Tifone marito di Echidna;
gli
altri venti ei fece nascere da Astreo e dall’ Aur
Sogni suoi figli. Morfeo figlio e ministro del Sonno era quello, che
gli
nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro de
inistro del Sonno era quello, che gli nomini addormentava, spruzzando
gli
occhi loro delle acque di Lete con fior di papave
a il Tartaro; e i più famosi condannati erari laggiù i Titani, Tifeo,
gli
Aloidi, Tizio, Flegia, Issione, Tantalo, Sisifo e
rato suo corpo nove iugeri di terreno, e le viscere sempre rinascenti
gli
erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di M
sa osò aspirare a Giunone. Giove da essa avvertitone, per farne prova
gli
te comparire sotto alla sembianza di Giunone una
tormento della fame, e della sete, ponendolo in mezzo alle acque, che
gli
giungono fino al mento, ma che gli fuggon eli sot
ponendolo in mezzo alle acque, che gli giungono fino al mento, ma che
gli
fuggon eli sotto quand’ ei si abbassa per beverne
schiacciava, secondo Lattanzio, col peso di enorme sasso quelli, che
gli
cadeano tra le mani. Fu ucciso da Teseo, e condan
erse la frode togliendo il grasso, e per punire non solo Prometeo, ma
gli
altri uomini ancora, tolse il fuoco, e lo seppell
nsiglio di Prometeo che detto aveagli di rigettare qualunque presente
gli
venisse da Giove; ed avendo Pandora aperto il vas
in scarabeo. Capo II. Di Ercole. Il più celebre fra i Semidei e
gli
Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena mogli
ntorni di Nemea o Cleone; ed avendogli colle mani squarciata la gola,
gli
trasse la pelle, e n’ andò poi sempre coperto per
allo prestatigli da Minerva mise in fuga sul lago Stinfalo in Arcadia
gli
sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e
falo in Arcadia gli sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e
gli
ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e
l becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e poscia
gli
uccise. 6. Sconfisse in riva al Termodonte fiume
ume della Cappadocia le Amazoni, che la signoreggiavano sole, esclusi
gli
uomini, ed erano così dette, perchè recideansi la
arco; e fatta prigioniera Ippolita loro regina, la diede a Teseo, che
gli
era stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le
attè Gerione figlio di Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e
gli
tolse le vacche custodite dal cane Orto nato da T
sue spalle il cielo. 12. Per ordine di Euristeo scese all’ inferno e
gli
condusse incatenato il, cane Cerbero nato parimen
atterrato ei sorgeva sempre più vigoroso, levollo in aria, e il petto
gli
strinse colle sue braccia sì fattamente, che il s
e Telegono e Poligono figli di Proteo fortissimi atleti costringevano
gli
ospiti a lottar seco, e vinti gli uccidevano; Erc
teo fortissimi atleti costringevano gli ospiti a lottar seco, e vinti
gli
uccidevano; Ercole con lor provandosi li superò,
ul Palatino, per gratitudine di aver purgalo il paese da quel ladrone
gli
eresse un’ ara, che in grande onore fu poi ancora
gato poscia i cavalli della razza di quei del Sole, che in ricompensa
gli
avea promessi, Ercole espugnò Troia, uccise il pe
’ ala, e quagli cadendo fece col peso del proprio corpo che la saetta
gli
penetrasse nel fianco e l’ uccidesse. Altri vogli
i Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Deianira fatta gelosa
gli
mandò per mezzo del giovine Licia la veste tinta
ari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutti
gli
altri pur con Fineo medesimo. Tornato con Androme
Giobate ammirando il valore di lui, non solo con esso pacificossi, ma
gli
diede pure Achemene sua figlia dalla quale Beller
do per l’ ottenuta fecondità delle campagne solenni sacrificj a tutti
gli
Dei, dimenticò di offerirne a Diana, di che essa
ruoso cignale. Per combatter questo mostro invitar si dovettero tutti
gli
Eroi più famosi, fra i quali Apollodoro annovera,
irne in ricompensa il capo e la pelle; e opponendosi a ciò fieramente
gli
Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise.
opponendosi a ciò fieramente gli Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato
gli
uccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua
o, secondo molti, di Cibele, che per vendicarsene li mutò in lioni, e
gli
attaccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di
e l’ enimma da alcuno fosse disciolto. Presentossi Edipo, e la Sfinge
gli
domandò qual fosse l’ animale, che avea quattro p
ebe, e Giocasta in isposa, cui non sospettò essergli madre, e da essa
gli
nacquero i due gemelli Eteocle e Polinice, e le d
al vedersi tutto ad un tempo reo di parricidio e d’ incesto; si Cavò
gli
occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta
dal numero degli assalitori, ad essi valorosamente opponendosi tutti
gli
uccise eccetto Meone, cui rimandò ad Eteocle per
iocchè avendo Creonte, il quale prese il governo di Tebe, vietato che
gli
Argivi si seppellissero, fu ucciso da Teseo; e Al
fuoco dalla bocca e dalle nari. Per questa spedizione Giasone invitò
gli
Eroi più famosi, che allor vivessero. Argo figlio
de il suo nome; Tifi ne fu il piloto; i compagni di Giasone furon tra
gli
altri il sudetto Chirone i due fratelli Castore e
ma perduto Ila nella Misia, ivi poi si rimase per ricercarlo. Giunti
gli
Argonauti all’ isola di Lenno trovaronla abitata
donne: perocchè esse, onde vivere in lor balìa, uccisi avevano tutti
gli
uomini. La regina Issipile però la quale meno inu
’ ebbe due figli Toante ed Euneo. Seguendo il loro viaggio arrivarono
gli
Argonauti in Tracia, dove istruiti furono dal re
i in Tracia, dove istruiti furono dal re Fineo del modo onde superare
gli
scogli Cianei o Simplegati, che urtandosi fra di
a; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti. In pena di ciò
gli
Dei acciecaron lui stesso, e ad infestarlo mandar
Cadmo, che ad Eeta erano stati mandati da Pallade e Marte, e vincere
gli
uomini che ne sarebbero nati; per ultimo uccidere
be l’ arte d’ innammorare Medea figlia di Eeta, la quale essendo maga
gli
fornì l’ erbe incantate, onde domare i tori e add
accoglierle ritardato venisse nel suo inseguimento. Risalita la nave,
gli
Argonauti, per non ripassare gli scogli Gianei, e
suo inseguimento. Risalita la nave, gli Argonauti, per non ripassare
gli
scogli Gianei, entrarono; secondo alcuni, nelle f
chille, che l’ uno da Alcimede, come abbiam detto, l’ altro da Tetide
gli
furon dati ad allevare. Fu anche dottissimo in me
saette di Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a caso il ferì
gli
creò tal dolore, che desiderò di morire e fu tras
Sagittario: le quali cose mentre la figlia Ociroe, ch’ era indovina,
gli
stava vaticinando, fu al dir di Ovidio tramutata
nferno per riacquistarla. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire
gli
Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a
a. Seppe infatti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che
gli
permisero di ricondurla, a patto però di non volg
Inferno non fosse uscito, mai la sua impazienza il tradì, ed Euridice
gli
fu ritolta. Allora andò egli solitario i pe’ bosc
ontro di loro, e giunto prima a Sitone ottenne coll’ oro che la città
gli
fosse venduta da Arne figlia del re, che fu quind
in lodola, e Niso in avvoltoio che ognor l’ insegue. Vinti alla fine
gli
Ateniesi, Minosse impose loro la cruda condizione
, Minosse impose loro la cruda condizione, che ogni sette anni spedir
gli
dovessero tratti a sorte sette giovani e sette do
unque vi era introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi
gli
amori di Pasifae inchiedendola in una vacca di le
di fuggendo a volo. Ma il giovin Icaro di quel volo invaghito, contro
gli
avvertimenti del padre, volle levarsi troppo alto
troppo alto, sicchè squagliatasi al calor del Sole la cera, le penne
gli
caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino a
orinto il gigante Sine, che piegando due pini a terra ed attaccandovi
gli
uomini, col rilasciare i piai faceva gli uomini i
pini a terra ed attaccandovi gli uomini, col rilasciare i piai faceva
gli
uomini in quarti; presso Megara Scirone, che appo
sso ad Ermonia il gigante Damaste detto Procuste, che faceva stendere
gli
ospiti sul proprio letto, e tagliava loro le gamb
che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava di seppellire
gli
Argivi morti in quella guerra; e avendo accompagn
polito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e di Leda; ma questa
gli
fu prontamente ritolta da Castore e Polluce di le
del sasso, e gettata la tazza abbracciò Teseo’ come suo figlio. Erano
gli
Ateniesi per l’ uccisione di Androgeo figlio di M
ssi, come abbiam detto, alla barbara condizione, che ogni anno mandar
gli
dovessero tratti a sorte sette giovani e sette do
funebri nell’ istmo di Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono
gli
ultimi anni della sua vita. Erasi questa d’ inces
e voluto fai forza. Teseo irritalo, e memore della promessa che fatta
gli
avea Nettuno di appagarlo in qualunque cosa gli a
la promessa che fatta gli avea Nettuno di appagarlo in qualunque cosa
gli
avesse chiesto, il pregò a volere in quella occas
preferenza. Concorso in Troia a’ pubblici giuochi, ei vinse non pure
gli
altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era
cò di sottrarsene simulandosi pazzo; ma Palamede per fame esperimento
gli
pose dinanzi a’ buoi, co’ quali arava, il piccol
il primo, il quale fosse sceso sul lido di Troia, sarebbe perito. Ciò
gli
altri ricusando, Protesilao balzò coraggioso dall
olse allora questi ad Agamennone con aspre ingiurie e già la mano pur
gli
era corsa alla spada, ma fu da Pallade trattenuto
uscì a portarlo nel campo de’ Greci, che fattigli i funerali solenni,
gli
alzarono un gran monumento sul promontorio Sigeo.
entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero
gli
altri poi di partire abbandonando l’ assedio di T
ò pur Salamina. Diomede, secondo Omero, in una battaglia, nella quale
gli
Dei medesimi vollero prender parte, ferito avea M
femo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di divorar
gli
altri ancora, se non che Ulisse, prima ubbriacato
tri ancora, se non che Ulisse, prima ubbriacatolo con vi no generoso,
gli
trasse poscia, mentre dormiva, con un palo infoca
della Sicilia, venne egli all’ isola Eolia, ossia a Lipari, dove Eolo
gli
diede chiusi tutti i venti in un otre eccetto Zef
storo uomini selvaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali
gli
fracassaron con una grandine di sassi undici navi
a, ossia al promontorio Circeo, ora Monte Circello, ove la maga Circe
gli
cangiò in, porci la metà de’ compagni; ma egli co
a del compagno Elpenore, che caduto dal letto nell’ Isola Eea, mentre
gli
altri partivano era Timaslo insepolto; poi da Tir
o stretto di Messina fra Scilla e Cariddi, ove Scilla colle sei teste
gli
tolse e divorò sei compagni. Approdato alla spiag
a Scherla, ora Corfù, isola de’ Feaci, Nettuno con una fiera tempesta
gli
sciolse la zatta e ne disperse i legni, sicchè Ul
padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si manifestò, e presi seco
gli
opportuni concerti, condotto da Eumeo alla città,
mero, doveva quindi Ulisse andar con un remo sopra la spalla fin dove
gli
fosse detto che quello era un ventilabro, e fatto
all’ estremo dell’ Adriatico fondò la città di Padova, e discacciati
gli
Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti
enere si prese sulle spalle il vecchio suo padre Anchise, che portava
gli
Dei Penati, e guidando a mano il figlio Ascanio,
rne l’ altare, vide da essi gocciolar sangue, e udì una voce la quale
gli
annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio di P
quale dissimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi
gli
cavò gli occhi, ed essendo poi stata perciò lapid
ssimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi gli cavò
gli
occhi, ed essendo poi stata perciò lapidata dai T
mea. Ma sopravvenuta una fiera pestilenza, apparvero di notte ad Enea
gli
Dei Penati, avvisandolo che la terra indicata da
Troia con trenta candidi figli. In questo giro alle radici dell’ Etna
gli
si presentò il greco Achemenide, cui Virgilio fìn
to de’ remi inseguì a piedi le navi per lungo tratto di mare, che non
gli
oltrepassava il ginocchio. Approdò finalmente nel
esto però non è che un’ invenzione di Virgilio, poichè Didone secondo
gli
storici visse trecento anni dopo di Enea e si ucc
rio procacciarsi il ramo d’ oro da presentarsi a Proserpina, e questo
gli
fu mostrato dalle colombe di Venere. Intanto Mise
edi, ove stavano i bambini, i condannati a ingiusta morte, i suicidi,
gli
amanti, fra quali era Didone che fuggì da lui dis
rano i colpevoli, prese a destra la via de’ campi Elisi, ove additate
gli
furono, da Anchise le anime di quelli che dovevan
padre, era venuto in Italia a stabilirsi sul colle Palatino. Evandro
gli
diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi
a uccise Mezenzio e Lauso figlio di lui, e Giunone temendo per Turno,
gli
presentò una falsa immagine di Enea, cui egli ins
i nel fiume Numico spogliasse la natura mortale, e fosse in cielo fra
gli
Dei Indigeti annoverato. Lasciò nel Lazio suo suc
e sotto al regno di Giove l’ età dell’ argento, in cui egli costrinse
gli
uomini a coltivare il terreno per trarne la neces
per trarne la necessaria sussistenza. Succede l’ età del rame in cui
gli
uomini cominciarono a farsi guerra tra loro. Segu
ella femmina. Giunone di ciò irrirata l’ accieca, e Giove in compenso
gli
dà la previsione del futuro. Interrogato Tiresia
a Caria abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega
gli
Dei di non esserne mai disgiunta. Questi uniscono
morte d’ icario, a cui egli avea insegnato a coltivare la vigna; che
gli
uccisori furono quindi cercati e messi a morte; c
mille cose da lui ottenuto, pretende pure di aver un toro che Fillio
gli
ricusa; per dispetto si getta da una rupe, ed è c
ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche
gli
chiede di avere altrettanti uomini, Giove gli can
an quantità di formiche gli chiede di avere altrettanti uomini, Giove
gli
cangia quelle formiche in uomini, che per ciò ven
s’ innamora di Cauno suo fratello gemello, e quest’ amore incestuoso
gli
manifesta. Cauno fugge inorridito abbandonando la
ale in sasso. Parte I. Capo VIII. I Cerasti, che a Venere sagrificano
gli
ospiti, sono da lei convertiti in tori. Parte I.
cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I. Capo XIII. Apollo
gli
fa sorgere l’ orecchie d’ asino. Parte I. Capo X.
vitata a domandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno di arena,
gli
chiede di poter vivere tanti anni, quante sono le
atria di Turno dopo la morte di lui è incendiata da Enea, e n’ escono
gli
uccelli chiamati a idea. Venere impetra da Giove,
andosi nel fiume Numico spogli la natura mortale e sia annoverato fra
gli
Bei. Parte II. Capo XIII. Vertunno per vincer Pom
senato ed il popolò domanda di esser escludo da Roma, ed in compenso
gli
viene assegnato quanto terreno può cinger di un s
ti della terra, e non più. A poco a poco incominciaronsi ad effigiare
gli
Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di c
e. Ne’ sacrifici oltre a frutti della terra incominciaronsi a offerir
gli
animali; e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, im
io, e dalla maniera con cui ardeva da! crepitare, dal fumo, traevansi
gli
auguri. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e mol
ta Calabria. A’ conviti che celebravansi dopo i sacrifici presedevano
gli
Epuloni, che prima furon tre soli, poi cinque, se
i Aruspici erari quelli che osservavano le interiora della vittima; e
gli
Aruspici si dissero istituiti da Tagete Etrusco,
ntari del cuore, e degli occhi, delle ciglia, il sonar degli orecchi,
gli
starnuti, le parole e rumori uditi a caso e impro
alla astrologia e alla divinazione introdotta prima presso i Caldei e
gli
Egiziani, e propagata poscia nelle altre parli de
arsi erano in mille luoghi, e che avidamente si consultavano in tutti
gli
affari importanti. I più famosi tra questi erano:
n Egitto traevasi dall’ accertar ch’ ei faceva o rifiutare quello che
gli
si dava a mangiare. L’ oracolo di Venere in Afric
ente. Per cento altre maniere, che troppo lungo sarebbe l’ annoverare
gli
oracoli si rendevano in altri luoghi. Fra le donn
agarle., ella gettò tre libri sul fuoco, domanda lo stesso prezzo per
gli
altri sei; che al secondo rifiuto ne gittò sul fu
er delitti commessi, o in occasione di pubbliche calamità per placare
gli
Dei, o all’ apparir di prodigi straordinari per a
mal augurio o per prepararsi a qualche impresa importante, onde avere
gli
Dei favorevoli, o per iniziarsi a’ misteri. L’ es
bblici giuochi. Fra questi i più famosi giuochi nella Grecia erano 1.
gli
Olimpici, che celebravansi in Olimpia città dell’
agliava coll’ arco al segno prefisso; 4. La lotta o il pancrazio, cui
gli
atleti nudi ed unti di olio cercavano di atterrar
XLVI Giasone e Medea Re della Colchide al tempo che vi giunsero
gli
Argonauti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo
e fecersi indovine ; « Fecer malìe con erbe e con imago. » Fra tutti
gli
Argonauti distinguevasi Giasone per avvenenza e p
lo sposo, di qual tempra ella fosse72. Quanto alla strada che tennero
gli
Argonauti per ritornare in Grecia, vi sono tre op
saperlo. Si accordano però i diversi Mitologi ad asserire che volendo
gli
Argonauti ritornare in Grecia per altri mari, fur
be non meno favolosa, se si perdessero i documenti storici. Rientrati
gli
Argonauti nei mari della Grecia accompagnarono Gi
oso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricominciano
gli
atroci fatti e le magiche frodi. È una invenzione
rasfuso nelle vene del vecchio Esone lo ringiovanisse,73 poichè tutti
gli
altri dicono che il padre di Giasone fosse stato
coi loro telescopii hanno contato 127 fulgidissime stelle. Per quanto
gli
Antichi si affaticassero a dire che Argo fu la pr
la prima di quella particolare ed egregia costruzione, ma non già che
gli
Argonauti fossero i primi navigatori. Le isole st
zza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti di pietra. Anzi
gli
scrittori filosofi che studiano le origini storic
aureo vello intendono un ricco tesoro trasportato nella Colchide, ove
gli
Argonauti andarono per ricuperarlo. I poeti per a
nto i più grandi benefattori della umanità coloro che primi indussero
gli
uomini selvaggi ad unirsi in sociale consorzio ;
dussero gli uomini selvaggi ad unirsi in sociale consorzio ; e perciò
gli
antichi li considerarono esseri soprannaturali, o
leoni : il che, secondo Orazio, significava che ei seppe distogliere
gli
uomini selvaggi e antropofagi dalle stragi e dall
ormentare i dannati per ascoltarlo, e Plutone e Proserpina inteneriti
gli
accordarono la grazia implorata di riprender la s
ice, si voltò a mirare ; ed allora Euridice diè un grido di dolore, e
gli
disse per sempre addio. Fu inutile correre per ra
te Rodope nella nativa Tracia, e rifiutò qualunque nuovo connubio che
gli
fosse offerto. Il che fu causa della sua fine fun
che dopo i soliti sutterfugii di molteplici trasformazioni finalmente
gli
disse di sacrificar quattro giovenche in espiazio
i vermi della putredine si cangino in api melliflue. Così bene spesso
gli
Antichi alle leggi naturali della creazione sosti
ese che si attribuiscono al greco Eroe son tante, perchè tanti furono
gli
eroi di questo nome, e ad un solo Ercole si ascri
più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti
gli
altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e
a lui sottoposto. Nato che ei fu ed essendo ancora in culla, Giunone
gli
mandò due grossi serpenti a strangolarlo ; ma il
fatto divenne tanto famigerato, che anche i pittori, e principalmente
gli
scultori si dilettarono di rappresentare Ercole i
ia di Giunone contro un bambino parve troppo atroce e crudele a tutti
gli
Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa fin
enza, e per illuder meglio, fattosi recare in cielo il piccolo Ercole
gli
diede del suo proprio latte, che però al pargolet
lta celeste, ove scorgesi tuttora una striscia biancastra, che perciò
gli
antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece d
rove, in premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra
gli
Dei nel Cielo. Il suo nome in greco fu Heracles,
reco vocabolo significante forza e per traslato virtù, come affermano
gli
etimologisti. La forza che Ercole manifestò sin d
musica. E dell’indole sua impetuosa ci tramandarono un tristo esempio
gli
Antichi, il solo che sia a disdoro di quest’eroe,
’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro di musica chiamato Lino,
gli
ruppe la testa colla lira 85. Giunto per altro al
gia ; 8ª il Toro Cretense ; 9ª il tiranno Diomede ; 10ª Gerione ; 11ª
gli
aurei pomi del giardino delle Esperidi ; 12ª il C
ndolo tra le sue braccia, uccise Ercole il Leone della selva Nemea, e
gli
tolse l’irsuto vello, che portò sempre in dosso p
dra derivando da un vocabolo che significa acqua è il nome che davano
gli
Antichi ai serpenti aquatici. I Naturalisti moder
uel terribile effetto ; e Giunone per impedirgli di compier l’impresa
gli
mandò un enorme Cancro a morderlo nelle gambe, af
a. » Perciò poco più oltre, fino al tempo di Colombo, si azzardarono
gli
uomini ad avanzarsi nell’Atlantico ; e l’iscrizio
te all’offesa di chi si accostasse. Ercole uccise il dragone, e presi
gli
aurei pomi, li portò ad Euristeo. 12ª Fatica :
ente contenti, che eressero ad Ercole un’ara appellata Massima ed ivi
gli
fecero sacrifizii come a un Nume. Questo culto pe
er divorata da un mostro marino, e alla vendetta di Ercole perchè non
gli
furono da quel re spergiuro osservati i patti, sa
eianira figlia di Oeneo re d’Etolia e sorella di Meleagro. I Mitologi
gli
attribuiscono molte altre mogli da lui sposate in
nti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e di più
gli
ruppe un corno, onor della fronte degli Dei dei f
e ad una delle costellazioni boreali che è composta di 128 stelle ; e
gli
Astronomi moderni, incominciando da Herschel, dic
iò non ostante, o forse appunto perciò, è delle più famigerate presso
gli
Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli
o, specialmente in pittura, con una stella sopra la fronte. Credevano
gli
Antichi che quando compariva questa costellazione
Cicerone nelle Tusculane e nei libri della Repubblica ; e quasi tutti
gli
scrittori antichi (tranne qualche autore drammati
allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove
gli
erano dati a divorare i condannati a morte. Era i
; e 4° quello di Chiusi, attribuito al re Porsena. Quest’ultimo, per
gli
avanzi che ancor ne restano, pare che fosse un ip
’aere a volo ; « E quei che avea vaghezza e senno poco, « Volle ch’io
gli
mostrassi l’arte, e solo « Perch’io nol feci Deda
ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui
gli
era stato maestro lo zio. Sin qui potrebbe il rac
i non tanto per la causa che la fece sorgere, quanto e più ancora per
gli
straordinarii effetti che ne derivarono. Androge
rinnovarsi ogni 9 anni finchè il Minotauro vivesse. Per ben due volte
gli
Ateniesi soddisfecero gemendo a questa orribile c
st’Eroe l’esser figlio di un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso,
gli
nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fos
le sue malìe (o vogliam dire raggiri) sull’animo del vecchio re Egeo,
gli
fe’nascere il sospetto che quello straniero voles
prender parte anch’egli a quei giuochi ; e destò ammirazione in tutti
gli
spettatori col suo avvenente e nobile aspetto, e
estrato dalla tua sorella, « Ma vassi per veder le vostre pene. » Se
gli
Dei stessi del Paganesimo avevano difetti e vizii
iamo notato più volte, non è sperabile di trovar perfetti i Semidei e
gli
Eroi mitologici. Teseo commise un atto di perfidi
i a regnare. Molte però furono le opere egregie di lui ; ma non tutto
gli
andò a seconda, come vedremo. E parlando in prima
o il toro un gran fuoco e così arroventando a poco a poco il metallo,
gli
urli e gli spasimi di chi v’era dentro tormentato
n gran fuoco e così arroventando a poco a poco il metallo, gli urli e
gli
spasimi di chi v’era dentro tormentato imitassero
n solo fra i Centauri (il che non sarebbe un gran vanto) ma fra tutti
gli
antichi Eroi ; e di lui dovremo parlare particola
utato in quella guerra. Da Ippolita (secondo alcuni chiamata Antiope)
gli
era nato un figlio a cui diede il nome di Ippolit
figlio a cui diede il nome di Ippolito. Dipoi rapì la bella Elena, ma
gli
fu ritolta da Castore e Polluce, come dicemmo. In
qual vista spaventati i suoi cavalli lo trascinarono furiosamente tra
gli
scogli ove miseramente perì. Altri Mitologi aggiu
eseo e riportarle con onore ad Atene. E allora, come dice Plutarco, «
gli
Ateniesi pieni di allegrezza le ricevettero con s
a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale
gli
rispose di non cercarne, perchè avrebbe ucciso il
quanto all’avverarsi della seconda parte della risposta dell’Oracolo,
gli
avvenimenti si complicano, e vi predomina l’inven
e toccato ad essa a morire. Edipo passò di là, e la Sfinge lo fermò e
gli
diede a indovinar quest’enigma : Qual è quell’ani
famiglia Tebana che abbiamo già raccontate. LIII I sette Prodi e
gli
Epìgoni Adrasto re degli Argiesi o Argivi ave
diligentissima cura senza farle mai uscir di città, perchè l’Oracolo
gli
aveva predetto (o egli l’aveva sognato), che sare
le parole dell’Oracolo si riferissero a questi due giovani Eroi, che
gli
avrebbero rapite le figlie sposandole e conducend
lle fortezze. Al suo ardire univa un insolente ed empio disprezzo per
gli
Dei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe
li solo a dispetto di Giove, i cui fulmini, a quanto egli diceva, non
gli
facevano maggior paura dei raggi del Sole sul mez
i facevano maggior paura dei raggi del Sole sul mezzogiorno. Ma Giove
gli
fece conoscer la differenza che v’era, fulminando
ta alle mura di Tebe, e precipitandolo nell’Inferno. Dante che aborre
gli
empi senza alcuna religione, e li chiama violenti
trebbe aver vendetta allegra. » A questo punto Dante fa che Virgilio
gli
rintuzzi severamente la sua impotente stizza con
dinario e mirabile, a quanto raccontano i pœti. Mentre egli osservava
gli
astri, per trame, come gli Astrologi, argomento d
o raccontano i pœti. Mentre egli osservava gli astri, per trame, come
gli
Astrologi, argomento di predizioni, gli si aperse
va gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento di predizioni,
gli
si aperse sotto i piedi la terra che lo inghiottì
ava un’impostura l’arte dell’Indovino, lo pone nell’Inferno con tutti
gli
altri pretesi Indovini antichi e moderni. Dice di
carni a Tieste stesso, e poi perchè sapesse qual cibo aveva mangiato
gli
fece portare in tavola i teschi delle due misere
ento. Di Atreo nacquero Agamennone e Menelao, e perciò furon chiamati
gli
Atridi. Degli Atridi si dovrà d’ora in poi parlar
di Troia. LV Gli Antenati di Achille Dopo esserci contristati
gli
occhi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli
esserci contristati gli occhi e ’l petto nel leggere e nell’intendere
gli
orrori degli Antenati di Agamennone e Menelao, ci
uell’epoca più arditi di Darwin e compagni Antropologi a far derivare
gli
uomini dalle bestie senza che alcuno li contraddi
na il popol tutto infermo, « Quando fu l’ær sì pien di malizia, « Che
gli
animali, infino al picciol vermo, « Cascaron tutt
seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella oscura valle « Languir
gli
spirti per diverse biche. » Eaco per la sua bon
one e Peleo. Telamone fu esiliato dal padre per avere ucciso, nel far
gli
esercizi ginnastici, un piccolo fratello chiamato
ai celebrate sulla Terra : al banchetto nuziale erano convitati tutti
gli
Dei e le Dee, esclusa soltanto la Discordia. Ma q
un semplice pastore che senza prevenzione alcuna dichiarasse qual Dea
gli
paresse più bella. Tre sole Dee si ostinarono nel
one a Schiro « Trafugò lui dormendo in le sue braccia, « Là onde poi
gli
Greci il dipartiro. » E poichè ora siamo giunti
compagni, « Tra’ quai conobbi ed Ettore ed Enea, « Cesare armato con
gli
occhi grifagni ; » poichè anche Giulio Cesare di
ome di Teucria dato alla città ed anche al territorio Troiano : tutti
gli
altri re per altro son quegli stessi rammentati d
iano Ilio) alla città stessa. Omero preferisce il vocabolo Ilion ; ma
gli
altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i
uro negò la pattuita mercede. Non Apollo e Nettuno soltanto, ma tutti
gli
Dei ne furono irritati, e mandarono una inondazio
lo, rispose che i Troiani per liberarsi da questi mali dovevano tutti
gli
anni esporre a un mostro marino una fanciulla di
na che dovea divorarla. In quell’anno stesso aveva Ercole abbandonato
gli
Argonauti sulle coste della Misia, come dicemmo,
di Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca, a patto però che
gli
desse in premio quelle polledre figlie del vento,
’orca, non volle mantener la promessa ; ed Ercole non stette a pregar
gli
Dei che punissero il re spergiuro e mancator di p
he dopo il suo riscatto fu chiamato Priamo. Questo vocabolo, secondo
gli
antichi etimologisti, significa riscattato : è du
derla che riacquistarla. Ma i Troiani non vollero rendere nè l’una nè
gli
altri. Ecco la vera causa della guerra di Troia,
o pentiti della promessa e indugiavano a bella posta, e mancavano fra
gli
altri quei due famosi Eroi che meritarono in appr
uri destini di Achille. All’eloquente invito di Ulisse s’infiammarono
gli
spiriti guerreschi del giovane Eroe, e ad una lun
Calcante dissero che per ottenere favorevoli i venti conveniva placar
gli
Dei con una vittima umana ; e tanto poteva le sup
il vento favorevole, e dopo il sacrifizio o d’Ifigenia o della cerva,
gli
Dei rimasero placati, i venti spirarono favorevol
Eroe dell’antichità, poichè a lui non si rimprovera alcun difetto, e
gli
si attribuiscono in sommo grado tutte le virtù pu
lle terre vicine, saccheggiavano le altre città e ne menavano schiavi
gli
abitanti ; e solo nel decimo anno tutti i loro sf
; nè i Troiani di abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò e
gli
avvenimenti di quei primi nove anni si riducono a
tinte nel sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in un piede, e
gli
cagionò una piaga così fetente, che i Greci nell’
per assicurarsi i fianchi e le spalle, prima d’investir Troia invase
gli
Stati limitrofi. Telefo vinto in battaglia fu cos
sta di Achille, le cui ferite erano insanabili. Consultato l’Oracolo,
gli
rispose che l’asta sola che lo aveva ferito potev
chè durò il Paganesimo, tutti i popoli antichi, anche i più civili, e
gli
stessi Romani, consideravano gli schiavi non come
opoli antichi, anche i più civili, e gli stessi Romani, consideravano
gli
schiavi non come persone, ma come cose. — Aveva A
schiava in compenso, diversamente toglierebbe a forza quella che più
gli
piacesse a qualunque degli altri capitani, foss’a
o simpatie o antipatie, come fanno i mortali, prenderanno parte o per
gli
uni o per gli altri combattenti 132. Il fatto pi
ntipatie, come fanno i mortali, prenderanno parte o per gli uni o per
gli
altri combattenti 132. Il fatto più strano che s
cure tende godeva delle sconfitte dei Greci ; e per quanto Agamennone
gli
offrisse per mezzo dei più illustri personaggi de
avano per irrompere nelle greche trincee. L’ottenne ; ma la sua pietà
gli
costò cara, perchè dopo aver dato prove di mirabi
e. Non voleva aspettare un sol giorno le nuove armi che la madre Teti
gli
fece far da Vulcano (poichè delle antiche, impres
lla sua tenda il vecchio re Priamo, che inginocchiatosi davanti a lui
gli
bacia piangendo quella mano che gli uccise il fig
che inginocchiatosi davanti a lui gli bacia piangendo quella mano che
gli
uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di ren
der seco qualche cibo e bevanda, pietosamente piange al suo pianto, e
gli
accorda il corpo del suo figlio senza alcun risca
e, obbliga Priamo a dormir quella notte nella sua tenda, e la mattina
gli
fa trovare imbalsamata la salma di Ettore in un f
salma di Ettore in un funebre carro coperto di un ricchissimo manto e
gli
assegna un drappello di Mirmidoni che lo accompag
quale chiudesi con le seguenti semplicissime parole : « Questi furo
gli
estremi onor renduti « Al domatore di cavalli Ett
tagliatogli quel tendine, che d’allora in poi fu chiamato di Achille,
gli
cagionò la morte. Dolenti i Greci di aver perduto
la morte. Dolenti i Greci di aver perduto il loro principal sostegno,
gli
resero onori divini, gli eressero un monumento su
di aver perduto il loro principal sostegno, gli resero onori divini,
gli
eressero un monumento sul promontorio Sigèo, e ch
anza : e presti « Pareano i fior quando n’usciro i frutti. » I Greci
gli
posero il soprannome di Neottòlemo, che significa
ollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli
gli
rendessero solennemente i funebri onori. Dal rogo
rlo a pezzi, sospettandovi dentro un inganno dei Greci ; e per quanto
gli
Antichi si sieno affaticati a scusar l’opposta de
Ecco in poche parole il tragico avvenimento della presa di Troia ; ma
gli
episodii son tanti che empirebbero un volume, e c
o in qualunque altro modo distruggere il cavallo di legno, e inoltre
gli
scagliò un dardo che rimase confitto nel fianco e
erno tra i fraudolenti, e fa che un altro dannato altercando con esso
gli
rimproveri le sue frodi, dicendogli : « Ma tu no
niti i traditori della patria, tra i quali trovò il Conte Ugolino. Ma
gli
scrittori greci per non menomare il merito dei lo
ea dunque sarà necessario parlare a lungo in un capitolo a parte. Fra
gli
episodii però dell’eccidio di Troia uno dei più l
e perduto la ragione e finito i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti
gli
altri e figli e parenti di ambo i sessi della fam
incomparabili sciagure di questa regia famiglia hanno sempre ispirato
gli
artisti antichi e i moderni a rappresentarle in t
vamente si divisero : Ulisse tornò indietro alle spiaggie di Troia, e
gli
altri si diressero verso la patria, ognuno con le
no alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio di Achille e
gli
altri capitani che non vollero partire con Menela
ole in uno dei superstiti della infelicissima famiglia di Priamo. Tra
gli
schiavi di Pirro v’era Andròmaca, vedova del famo
ue all’avvicinarsi della greca flotta fece accendere dei fuochi sopra
gli
scogli Cafarei (al sud-ovest dell’ Eubea) perchè
ovi naufragassero ; ma non vi perì che Aiace figlio di Oileo, e tutti
gli
altri si salvarono, con gran dispiacere di Naupli
campare dal naufragio ad onta degli Dei e dello stesso Nettuno. Tutti
gli
altri guerrieri che partirono dalla Troade o con
gino e figlio di Tieste continuando a nutrire l’odio del padre contro
gli
Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennon
di Achille, tornando in Grecia co’ suoi Mirmidoni, condusse seco tra
gli
altri schiavi Eleno figlio di Priamo e Andromaca
e invece in Italia nella Puglia, ove sposò la figlia del re Dauno che
gli
diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fo
che « …………. in Creta « Rimenò Idomeneo quanti compagni « Con la vita
gli
uscîr fuori dell’arme : « Un sol non ne inghiottì
I viaggi di Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamati ancora
gli
errori di Ulisse, perchè egli, come dice Omero, m
of. Ma non è da farne le maraviglie, quando sappiamo che Ulisse, come
gli
fa dire anche Dante, stette con Circe più d’un an
via : « Tal che oziosi nella ratta nave « Dalla cerulea prua giacean
gli
arnesi, « E noi tranquilli sedevam, la cura « Al
e bastato a quei tempi un anno per andare e tornare. Ristretti dunque
gli
errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tem
he disegnò lor tosto « Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, « Che
gli
fu cena ; gli altri due con fuga « Precipitosa gi
tosto « Morte barbara e orrenda. Uno afferronne, « Che gli fu cena ;
gli
altri due con fuga « Precipitosa gionsero alle na
Massi, che piovean d’alto, il mio naviglio « Lietamente schivò : m’a
gli
altri tutti « Colà restaro sfracellati e spersi.
e’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. Io
gli
occhi « Torsi, e li vidi che levati in alto « Bra
che lo fa parlare Omero : « Io pel naviglio su e giù movea, « Finchè
gli
sciolse la tempesta i fianchi « Della carena che
attenea, bramando sempre « Che rigettati dall’orrendo abisso « Fosser
gli
avanzi della nave. Al fine « Dopo un lungo desio
le viscere e del sangue « Della misera gente ; ed io l’ho visto « Con
gli
occhi miei, nel suo speco, rovescio « Stender le
li a cerco, e sbattergli e schizzarne « In fra quei tufi le midolle e
gli
ossi. « Vist’ ho quando le membra de’ meschini «
nemmo in terra saldo, « Parte con un gran palo al foco aguzzo « Sopra
gli
fummo ; e quel ch’unico avea « Di targa e di febe
i. » (Eneid., iii. Traduz. del Caro). Non è già che sien questi soli
gli
splendidi miracoli della poetica facoltà, o vogli
e, potè finalmente coll’aiuto del figlio e di alcuni suoi sudditi che
gli
erano rimasti fedeli, vendicarsi dei Proci uccide
adre Anticlèa era già morta prima del suo ritorno 141. Non tutti però
gli
antichi autori si accordano con Omero a dire che
erra di Troia, e giudicando soltanto dagli effetti, come soglion fare
gli
uomini politici, non attribuisce alcun demerito a
altrui contrista, » non poteva esser così indulgente come Omero per
gli
eccessi di Achille e di Ulisse. Ma…. (com’egli gi
sser perciò assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti
gli
eccessi di Achille dipendevano dall’impeto degli
crivemmo questi mostri nei Cap. XLV e XLVIII, ed accennammo che oltre
gli
antichi poeti ne avevan parlato anche Dante e l’A
uta per una verità istorica ed ebbe gran fama, perchè faceva risalire
gli
odii dei Cartaginesi contro i Romani sino allo st
nel descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa
gli
Umbri e gli Etrusci, e a Roma scende ; « Da Roma
ere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri e
gli
Etrusci, e a Roma scende ; « Da Roma ad Ostia ; e
cita di Romolo son molto scarsi di notizie, o vere o inventate, tanto
gli
storici quanto i poeti. Appena appena sono in gra
XIII Della Divinazione e della Superstizione in generale Avevano
gli
antichi Pagani un irrefrenabile desiderio di cono
che facilmente se ne potesse squarciare il velo. Ma appena vi furono
gli
stolti che ciò credetter possibile, si trovaron s
ossederne il privilegio o il segreto. Così nacquero ed ebbero credito
gli
Oracoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Orac
pretazione della volontà di essi. Quindi è fondata sulla credenza che
gli
Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le
trazione, dopo quanto abbiam detto parlando degli Oracoli, e dopo che
gli
Dei del Paganesimo furon riconosciuti falsi e bug
pretesa evocazione delle anime degli estinti. In Italia furono primi
gli
Etruschi a porla in pratica e ne divennero solenn
o la Magìa, l’Astrologìa, il sortilegio, l’interpretazione dei sogni,
gli
augùrii, o auspicii, gli aruspicii, la negromanzi
il sortilegio, l’interpretazione dei sogni, gli augùrii, o auspicii,
gli
aruspicii, la negromanzia, ecc. A queste e simili
superstite, dicendo « che tutti coloro i quali ogni giorno pregavano
gli
Dei e ad essi immolavano vittime per ottenere che
l primo a far questa distinzione, e che non solo i filosofi, ma anche
gli
antichi romani separarono la religione dalla supe
ne di qualunque genere o specie era una vera superstizione. Ma perchè
gli
scrupolosi politeisti di quel tempo non credesser
ita anche dall’Alighieri nel Canto xx dell’Inferno, ove Virgilio così
gli
dice : « Vedi Tiresia che mutò sembiante « Quand
felice la donna, Giunone per dispetto lo acciecò, e Giove in compenso
gli
concesse l’antiveggenza del futuro, o vogliam dir
Si perdea la sentenzia di Sibilla. » (Parad., xxxiii, v. 65). Anche
gli
scrittori ecclesiastici che composero polemiche e
che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, nè che
gli
Dei falsi e bugiardi potessero accordar loro virt
ammentata la grotta da Orazio in una delle sue Odi165. 71. Dicono
gli
scrittori antichi che alla foce del fiume Fasi v’
Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra
gli
altri temi di concorso anche il seguente Tema per
quella eroica), parlerò qui brevemente della principal maraviglia che
gli
Antichi raccontavano di Arione, vissuto sei in se
ssit habere novem. » Ma invece di sole nove stelle, come ne vedevano
gli
Antichi ad occhio nudo, se ne vedono diciannove c
mano inevitabile n’afferra « Gli avidi mostri insani, « E strangolati
gli
divelle in brani. » (Traduz. del Borghi.) 85.
Cade qui in acconcio il riferire com’egli interpretò che i principi e
gli
eroi antichi erano dati ad educare ed istruire (c
, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che era, come tutti
gli
altri Centauri, mezzo uomo e mezzo bestia. Ecco l
; nè fu considerato dopo la morte come un Indigete Dio, e perciò non
gli
furono resi onori divini. 142. Anche nel Canto
hi e non agli avari, e potrebbe darsi che lo avesse interpretato come
gli
faceva comodo ; ma forse è più probabile che nell
Tiresia diventò femmina, usa qui il pronome le, cioè a lei, invece di
gli
, cioè a lui, perchè Tiresia finchè non ebbe ribat
istesso i trasporti delle nazioni e del tempo, quando si deificavano
gli
stessi esistenti, innalzando loro tempii ed altar
in parte alle nostre promesse, non dandoue che un saggio, lasciando a
gli
altri ciò che non abbiamo saputo, o non abbiamo v
’costumi, nè il vederne sorgere tante contraddizioni valsero ad aprir
gli
occhi e presentar loro lo insano spettacolo di ta
o i bei sentimenti che spuntavano loro nel cuore, per non pagarla con
gli
strazii, con la cicuta, e così il politeismo sorg
ha per prime nozioni intuitive le creature, non ci può presentare che
gli
esistenti come prima genesi religiosa. Corre in f
ino a noi ha percorso due strade distinte, che si possono seguire con
gli
occhi nella vasta estensione de’paesi e dei secol
a terra, addivenne parvolo, ed allora, così un filosofo italiano(1) «
gli
errori susseguenti non furono i vagiti della infa
ascorrendo di tempo in tempo di errore in errore, e cogliendo in fine
gli
estremi, facendosi per ogni divieto, la Idea andò
uomo ; ora un padre colpito nella sua tenera posterità invoca in essa
gli
Dei del suo dolore ; ora il menzogniero artificio
, che noi abbitiamo — con le catene le nostre passioni — con le ombre
gli
uomini stessi abitatori del globo, e la figura de
fanno i pittori, che volendo dar forma a gl’intelligibili, quali sono
gli
errori, le virtù, la scienza, le passioni dell’an
i tutte le specie particolari a ciascun suo genere simiglianti : come
gli
Egizii tutti i loro ritrovati utili necessari al
vittoria alata con in mano una corona. Ancora con miti descrivevansi
gli
avvenimenti degli uomini. Così Pane, che era anco
alla plebe, e ciò da una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso
gli
antichi romani era vieto a’plebei impalmare le do
di toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non intendevasi di aver
gli
eroi Cretesi lasciati liberi i connubii a gli est
non intendevasi di aver gli eroi Cretesi lasciati liberi i connubii a
gli
estranei venuti in Creta con una nave detta Toro.
quali non pochi in istato ancora di selvaggi tengono come Iddii tutti
gli
obbietti, che sembrano loro inintelligibili ; e d
le cose, Iovis omnia plena, concetto tutto panteistico, da cui tragge
gli
esordii quello emanatismo, con cui ora va contami
ser l’etere, che si diffonde dappertutto. E questo modo di concepirsi
gli
Dei non più porgeva miti di narrazioni vere, ma f
i oscurò ancora di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volendo
gli
uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creava
di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volendo gli uomini con
gli
esempii degl’ Iddii, che si creavano nella loro m
e prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava di non andare
gli
Dei avversi a’loro voti, come credevano avversi a
questo che al concetto dell’ Ente sottentò quello degli esistenti, e
gli
esistenti furono deificati, e soprattutto coloro,
lla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie di mito, onde
gli
antichi eterodossi veneravano molt’Iddii. Il dott
i altri Iddii, che si vollero adulteri, presedere al furto, servire a
gli
uomini. Mitografia fisica — ed in questi Varrone
utti compiacendo lasciava i filosofi nell’ambizione di conversare con
gli
. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di tratte
Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con
gli
antenati, nel mantenere il senso in possessione d
. Lo istorico discoprendo il velo, cui vanno avvolti i miti, vi trova
gli
elementi e la iniziativa della storia antica de’
la terra » Cantate, così volto in italiano le sue parole(2), o Muse,
gli
Dei immortali, figli della terra e del cielo stel
alimentati dalle acque dell’oceano ». Del pari la sentivano i Fenici,
gli
Egizii ; e Sanconiatone credeva, esser le favole
o i diversi effetti di che volevano esser ella produttrice, e secondo
gli
esseri diversi da lei usciti, tutta sopra queste
non va soggetto a forma e ad immagini esteriori. Intanto i pittori e
gli
scultori volendola personificare e darne fuori un
cole etc. Filosofiche e sono quelle immaginate da’poeti a manifestare
gli
arcani della filosofia, come è il dirsi — l’ocean
finte a comunicare alcuni dettati per formare i costumi, e tali sono
gli
apologhi — Allegoriche, vale a dire che portano s
e dare, se a Giunone, a Minerva od a Venere, ei donollo a Venere, che
gli
prometteva la più bella donna del mondo : favola
il sole o l’aria. 20. Apollo — varie maniere, cui lo rappresentavano
gli
Egizii, onde si scopre non essere che il sole, ra
ere più tempo in interrogare i monumenti letterarii a noi rimasti fra
gli
avanzi e la polvere dell’antichità più remota, e
quelli, onde intender le favole nel vero loro significato. 12. Adorni
gli
antichi nostri padri di non volgare sapienza, vol
iplice ordine, celesti, mondani e di coloro, che procreano la mente e
gli
animi — Celesti, quegl’ Iddii, onde vanno procrea
unone, cioè l’aria, l’etere, le biade ; Diana, la caccia, dalla quale
gli
antichi e soprattutto i selvaggi campavano in mig
ab Iove principium — Iovis omnia plena ; perciocchè l’aere primo tra
gli
elementi è diffuso ancora per ogni recondito rece
in Argo con due occhi non dissimili a quelli, che la natura ha dato a
gli
uomini ; e con un terzo in mezzo alla fronte ; pe
mensa mole del mondo, e mescolarsi dappertutto, onde trassero origine
gli
uomini, i bestiami, gli uccelli, e tutta la famig
mescolarsi dappertutto, onde trassero origine gli uomini, i bestiami,
gli
uccelli, e tutta la famiglia de’pesci(2), volevan
ono i destini a’nascenti, o porta il nome di Carmente(3) ; presiede a
gli
avvenimenti fortuiti, e chiamasi Fortuna ; porge
timenti ; a lui il nome di Dea della gioventù, porgendo ai giovanetti
gli
esordii dell’età giovanile ; a lui il nome di For
dii dell’età giovanile ; a lui il nome di Fortuna Barbata, vestendo a
gli
adulti la barba di peli ; a lui il nome di Dio Gi
poichè il vino, di cui egli fu l’inventore, bevuto oltre misura, apre
gli
animi, e ne appalesa gli occulti sentimenti. Altr
li fu l’inventore, bevuto oltre misura, apre gli animi, e ne appalesa
gli
occulti sentimenti. Altri non pertanto dicono, ch
o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indicavasi
gli
ubbriachi andar vacillanti or da una parte, or da
. A lui si innalzavano simulacri per lo più nudi, volendosi esprimere
gli
animi degli ebrii andar del tutto aperti ed in nu
ge e riproduce. In un’inno che si vuole di Orfeo, tra le attribuzioni
gli
si dà il nome di padre degli Dei beati e degli uo
a, mancando a gl’antichi fiore d’ingegno, onde scoprire come dominare
gli
oceani e i mari ; od in fine, perchè lungo tempo
e nel fondo delle miniere, e nel seno della terra, hanno creduto, che
gli
antichi non intendessero con questo nume, che le
a il significato di ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e.
gli
si assegna lo imperio dello inferno, perchè solo
dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura di tutti
gli
altri elementi(1). Perciò i greci lo chiamavano α
e ritornano a lui, alla terra, e vengono sottoposte al suo imperio. E
gli
si pone lo scettro in mano, chè lo imperio del So
enerate. Altri ancora(2), facendosi più innanzi, dimostra, che presso
gli
Egizii Plutone era lo emblema del Sole d’inverno,
che vuole essere Iao, cioè lo spirito delle sfere, il più antico tra
gli
Dei, che porta il nome di Plutone nello inverno,
fu creduto il Dio delle divinazioni ; chè il Sole pone in luce tutti
gli
aspetti delle cose ; o, come vuole un mitologo(5)
perchè nel suo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi
gli
effetti di sua dimostrazione. Perciò da’ Greci fu
ca propria della luce solare. Questo solo basterebbe ad indicare come
gli
antichi immedesimassero il Dio Apollo con il Sole
instituiti i giuochi Pizii. Poichè Apollo va idenficato con il Sole,
gli
abitatori di Ieropoli quando volevanlo rappresent
arba, per indicare la emissione de’raggi del Sole in verso la terra —
gli
ponevano sul capo un canestro di oro, per signifi
onevano sul capo un canestro di oro, per significare la luce eterea —
gli
facevano stringere nella destra una lancia, e gli
re la luce eterea — gli facevano stringere nella destra una lancia, e
gli
ponevano su la fronte una immagine della vittoria
empi. Da ciò fu creduto come il precettore e l’antiste delle Muse ; e
gli
si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più
arta divinità, che fu Apollo, appreso per Dio della luce civile, onde
gli
eroi si dissero κλειτοι, chiari da’greci, da κλεο
deggia cangiata in lauro, perchè Apollo co’nomi delle prosapie eterna
gli
uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma
chioma i nobili ; e si legge tra le pene de’nobili appo i Persiani e
gli
Americani di spiccare uno o più capelli dalla lor
, che fondarono tale nazione, come certamente appo tutte le nazioni a
gli
schiavi si rade il capo. » 25. Mercvrio — Dio del
Mercurio percorre, come è noto dall’astronomia, per le vie del cielo,
gli
fè dare una tale attribuzione. 26. L’Agostino int
asi medius currens, perchè la parola o il discorso corre di mezzo fra
gli
uomini ; e si disse ερμης da’greci, posciachè ερμ
ortò il nome di nunzio, giacchè con il favellare si danno fuori tutti
gli
escogitati della mente » — E per questo egli era
chi tutti quei che mancano delle mani. 27. Co’miti dunque di Mercurio
gli
antichi non intendevano che il mirabile magistero
a quale ordinò il censo…. Da Mercurio de’Greci fu ritrovata la lira e
gli
fu data da Apollo, Dio della luce civile, ossia d
tro a questo sentimento della scuola stoica potrà dirsi non meno, che
gli
antichi si avessero creata questa divinità, onde
iacer con Venere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a
gli
sguardi di tutti — con questo mito, poicchè come
, lasciando al leggitore di appigliarsi a quelle interpetrazioni, che
gli
sembreranno non disviate dalla ragione, e riggett
gli sembreranno non disviate dalla ragione, e riggettare quelle, che
gli
parranno del tutto immaginarie ». I poeti teologi
mor nobile, che tanto ερος significa, che fu lo stesso che Imeneo : e
gli
eroi si dovettero dire in sentimento di signori d
iedi, che significavano tutta la santità del matrimonio ; in aria per
gli
auspicii, che abbisognavano alle nozze solenni. o
nominata, come vuole Tullio(1), a gerendis frugibus, dall’averporto a
gli
uomini le biade, scambiandole con le ghiande e co
Giove di riportarla con seco per sei mesi su la terra, lasciandola a
gli
amori di Plutone per altrettanto tempo alternativ
diversamente ancora lo interpetra Bacone. Per Proserpina, ei dice(3),
gli
antichi intesero quello spirito etereo, che si ra
in mente de’Greci per rappresentarsi un tipo di coloro, che radunando
gli
uomini in uno, prima dispersi nella gran selva de
tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una volta
gli
uomini nudriti del frutto di questo albero. Le si
assisa sopra un leone, ch’è la terra selvosa, che ridussero a coltura
gli
eroi…. detta gran madre degli Dei, e madre detta
neme di Dei : e le è consacrato il pino, segno della stabilità, onde
gli
autori de’popoli stando fermi nelle prime terre f
rrua importa forza, giudizio, e ben risponde al tipo che se ne fecero
gli
antichi, onde personificare la sapienza e la forz
ioè ammonire (4), ossia da’saggi consigli, che credevasi di porgere a
gli
uomini. Portava ancora il nome di Pallade, parola
ce della guerra, pugnando acremente per tutelare la giustizia. Da ciò
gli
antichi le attribuirono virilità e truculenza, qu
ibuirono virilità e truculenza, quali caratteristiche trasparivano da
gli
occhi suoi, dipingendoli di color glauco, come si
si scorge nelle fiere robustissime, quali sono il pardo ed il leone,
gli
occhi dei quali tinti di color glauco sono si viv
econdo la maniera di baciare tutta propria di essa — il mirto, poichè
gli
antichi si servivano di questa pianta per concili
irto, poichè gli antichi si servivano di questa pianta per conciliare
gli
amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cup
lentemente negli animi degli uomini. Gli pongono in una mano l’arco e
gli
strali, nell’altra una face, perciocchè l’amore è
l’atmosfera : da ciò vennero gl’influssi, che le furono attribuiti, e
gli
emblemi sotto i quali erano indicati, e gl’inni r
e il sole, ora lo fugge, ora si accosta allo Zodiaco, ora si unisce a
gli
altri segni celesti. 46. Si vuole che Diana vedut
così presso Orazio(8), la seguivano, e le Grazie quando scendevano a
gli
auspicati talami. Dalle spose, così Platone(9), s
accusato da Cleonte, uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta
gli
onori dovuti, e di averne turbato il riposo : non
ntro dell’universo, per farla rivolgere intorno al sole. Posciachè da
gli
antichi fu creduto rimanersi la terra sempre immo
la terra le si davano sembianze rotonde, e veniva collocata per mezzo
gli
omeri, per esprimersi la forma quasi rotonda dell
της μωσεως, ricerca, perchè si voleva di aver ricercato e insegnato a
gli
uomini cose sublimi, e che non sono alla intellig
— Varrone ne fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo
gli
abitatori di Sicione elevare un monumento di glor
per superiore bellezza meritassero l’approvazione di tutti. Operando
gli
scultori tutti e tre col portento dell’arte, tras
si dolcezza, di voce, il diletto della eloquenza, e lo ammaliar quasi
gli
anini, traendo dietro a sè gli affetti del cuore
o della eloquenza, e lo ammaliar quasi gli anini, traendo dietro a sè
gli
affetti del cuore umano. 54. Le Grazie — Tre di n
hi luoghi della Grecia se ne riconoscevano quattro, e solo due presso
gli
Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Gi
entisi a danza, per dinotare che mutua deve essere la munificenza tra
gli
uomini ; e mercè la gratitudine il beneficio debb
uccide Acheloo, che cangiossi prima in serpe. poscia in toro, quando
gli
fu strappato un corno, e raccolto dalle Naiadi, n
no, fu posta a cultura, e porta la iniziativa dello incivilimento tra
gli
uomini. Sotto l’altro aspetto poi non sfugge a co
isce tre corpi, quando essendogli mancate le frecce, invocando Giove,
gli
mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uc
izioso, che a nessuno veniva il destro di indebolirlo, onde la favola
gli
attribuiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menan
ti inondazioni portava il guasto alle campagne, e continue guerre tra
gli
Etoli stessi e gli Acarnani. Ercole alzando alte
ava il guasto alle campagne, e continue guerre tra gli Etoli stessi e
gli
Acarnani. Ercole alzando alte dighe a questo fium
el Sole, il quale trasfonde negli uomini la forza, che li raggiunge a
gli
Dei, ed egli improntava questo sentimento dalla s
detta Calliope, che vien dispinta come una cerva. V. Ercole disperde
gli
uccelli Stinfalidi, così detti dal lago, ove sole
ede delle loro crudeltà, uccidendo l’uno che soleva sacrificare tutti
gli
estranei, che giungevano nei suoi stati, e lascia
o da’sol chi uomini armati, per la contesa eroica della prima agraria
gli
Eroi escono dai loro fondi, per dire che essi son
o in Italia cangiasse e favella e maniera di vivere, o perchè desse a
gli
antichi abitatori del Lazio, incolti e fieri, con
el Lazio, ma esser considerato come un segno celeste, che rifulge tra
gli
astri, preceduti da lui nel loro cammino intorno
ente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così
gli
fa raccontare la sua istoria — Giù, Vate operoso,
endi da me stesso ciò, che desideri sapere. Caosse era il mio nome da
gli
antichi. Questo lucido aere, e questi tre corpi,
per vie sicure. Di letiforo sangue verrà rimescolato tutto l’orbe, se
gli
uomini infieriti non si rattengono dalla guerra.
Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le sue porte a
gli
Dei le preci dei supplicanti. Perciò sovente i si
sotto le sembianze di caprone. Era questa una simbolica escogitata da
gli
antichi, onde personificare la natura, tutto l’un
i diversi colori delle cose. Creduto custode degli orti e delle viti
gli
si poneva in mano una falce, gli si cingeva il se
duto custode degli orti e delle viti gli si poneva in mano una falce,
gli
si cingeva il seno di ogni specie di frutti, indi
uoni dagli antri e dalle voragini della terra, onde vengono atterriti
gli
armenti e le greggi, per indicare non pochi commo
osi (apo, da, theós, dio, gr.), deificazione ; cerimonia con la quale
gli
eroi, gl’ imperatori e i poeti eran collocati dop
’origine dell’ apoteosi risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono
gli
Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i G
risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani,
gli
Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima g
ca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani,
gli
Etiopi, i Greci e i Romani. Prima gli uomini ador
siri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. Prima
gli
uomini adorarono le cose materiali create da Dio,
on contento dei magnifici funerali pel suo amico Efestione, volle che
gli
fosser fatti onori divini ; laonde gli consacraro
suo amico Efestione, volle che gli fosser fatti onori divini ; laonde
gli
consacrarono feste, gli alzaron templi, gli offer
le che gli fosser fatti onori divini ; laonde gli consacrarono feste,
gli
alzaron templi, gli offersero sacrifizj, e giunse
tti onori divini ; laonde gli consacrarono feste, gli alzaron templi,
gli
offersero sacrifizj, e giunsero ad attribuirgli g
i degl’imperatori. — Ora in senso figurato si chiamano apoteosi anche
gli
onori straordinarj o gli elogi esagerati fatti a
in senso figurato si chiamano apoteosi anche gli onori straordinarj o
gli
elogi esagerati fatti a un vivente. II Ara o Alt
i popoli fecero i primi altari con piote erbose, e le alzavano sotto
gli
alberi coprendole di sacre palme ; quindi alle pi
acerdoti istituiti da Romolo, e destinati principalmente ad esaminare
gli
animali offerti in sacrifizio ed immolati agli De
1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e
gli
ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ;
ni e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine
gli
auguri traevan prognostici da molte altre combina
erimonie religiose. VI. Feste e Ferie. I giorni consacrati ad onorare
gli
Dei ed a ricreare il popolo eran detti feste. In
vallo, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e
gli
era vietato di veder lavorare la gente ; laonde q
nde quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare
gli
operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il
andando al supplizio, erano da lui incontrati per via. Egli benediva
gli
eserciti ; e portava in capo una berretta fatta c
cre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi,
gli
eserciti, i greggi, gl’ individui, le città, i te
schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e
gli
immolavano con imprecazioni contro il popolo nemi
i eadaveri. XII. Purificazione, atto religioso dei Pagani per onorare
gli
Dei, per espiare i delitti o per allontanare una
eva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio,
gli
faeeva portare al collo una filza di fichi, e non
a eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non
gli
permetteva d’ entrare nei templi se non che dopo
leta espiazione. XIII. Vittime, ostie, olocausti. Furon dette vittime
gli
animali destinati ai saerifizj. Ogni divinità ave
garritu avium, perchè principalmento dal canto degli uccelli traevano
gli
augurj. Questa impostura è di antichissima origin
ugurj. Questa impostura è di antichissima origine. Trovansi ricordati
gli
auguri uel Levitico perchè Mosè espressamenle li
lare. Da essi l’apprescro i Greci, e molto vi si distinsero in Italia
gli
Etruschi. In Roma furono prima tre auguri islitui
XXXII Gli Oracoli Quantunque
gli
Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esist
tri con qualche osservazione che sia ad essi comune. Fra tutti quanti
gli
Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senz
gine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti
gli
altri Oracoli di Apolló il più notabile era quell
st’ultimo storico autorevolissimo aggiunge che il sacerdote proferiva
gli
oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico d
roferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico di tutti
gli
Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello
ro Siculo e Q. Curzio. Anche i Romani ricorrevano talora a consultare
gli
Oracoli della Grecia ; e lo stesso T. Livio ne ad
quei sacri recinti. E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero
gli
Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi
fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri
gli
Etruschi ; e da essi li appresero i Romani che ne
ivati, come sappiamo anche dagli storici di Roma. Gli Oracoli e tutti
gli
altri modi di divinazione preindicati erano altre
mpi nostri, tanti secoli dopo che furon riconosciuti falsi e bugiardi
gli
stessi Dei a cui quegli oracoli erano attribuiti.
i affatichino a citare centinaia di autori che avevano scritto contro
gli
Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso di
azione della volontà degli Dei287). Catone Uticense ai suoi amici che
gli
suggerivano (quand’egli era in Affrica armato con
contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, che
gli
Oracoli erano buoni per le donne, i fanciulli, e
donne, i fanciulli, e gl’ignoranti. Cominciarono dunque a screditarsi
gli
Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana,
poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti
gli
altri ; e inoltre il creder negli Dei e il suppor
del culto religioso che ne dipendeva. I primi Cristiani attribuirono
gli
Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che
l fatto storico, pur troppo vero e indubitabile, che per tanti secoli
gli
Oracoli avessero credito e fama non solo presso g
elli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti
gli
uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono
abile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili
gli
uomini destruttori delle religioni, dissipatori d
ra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono
gli
empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i
ità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti,
gli
ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. E ness
a umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti,
gli
oziosi, i vili e i da poco. E nessuno sarà mai sì
ræ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che
gli
Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della
d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e
gli
altri modi d’interpretazione della volontà degli
ttribuito a un Dio290). Finchè dunque i sacerdoti che facevan parlare
gli
Oracoli furon dotti e sapienti e amarono la liber
do dei potenti, e questa falsità si fu scoperta nei popoli, divennero
gli
uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine
Divinazione era immaginaria e insussistente, e Catone ad asserire che
gli
Oracoli eran buoni soltanto per le donne, i fanci
intendere al popolo romano che le sue prescrizioni religiose e civili
gli
erano suggerite dalla Dea Egeria : « Con aspri p
tilità, ebbero la loro origine dalla Idolatria.(2) Imperocchè perduta
gli
uomini a poco a poco la cognizione del vero Dio i
si al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed a quante creature più ferivano
gli
sguardi ogni ossequio, ogni culto, ed onore. Quin
heon, ove radunate vollero tutte le deità ricevute ; anzi sorpassando
gli
altri in tal sorte di follia, mille altri più sto
soprattutto nelle loro differenti preeminenze, e ne’gradi, pensarono
gli
occecati abitanti della terra in quattro classi d
ro classi differenti generalmente dipartirli. La 1 classe abbracciava
gli
Iddii superiori detti Maiorum Gentium, come quell
te del Regno, con inudita crudeltà divorava tutti i maschi figli, che
gli
partoriva Opi sua moglie, come divorato avrebbe s
’ orribili suoi fischi, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impauriti
gli
Dei sotto figura di diversi animali fuggirono in
te al lettore la libertà di seguire quelle opinioni, che maggiormente
gli
aggradono. Cap. II. Nettuno Sonetto
Porta il tridente per mostrar lo sdegno, E ogni mostro marino al piè
gli
appare. Il diadema rëal gli forma il segno Del va
ar lo sdegno, E ogni mostro marino al piè gli appare. Il diadema rëal
gli
forma il segno Del vasto impero, e fra conchigliè
sgrazie, alle quali fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo,
gli
siano servito di appoggio, e sgabello alle sue fo
uindi avvenne, che tanta bruttezza tollerar non potendo di buon genio
gli
stessi suoi genitori, e soprattutto Giove geloso
tà, subentrar facendo agl’ effetti paterni un odio crudele, crucciato
gli
tirò fiero calcio, e dal cielo per più non mirarl
r esalar quivi giunto l’ultimo suo affannoso respiro ; ma al ravvïsar
gli
abitanti di Lenno l’infausto fato, cui cadendo an
però si tenne nell’ eseguire ogni sua richiesta. Egli tutto sollecito
gli
fabbricava quei fulmini tremendi, de’ quali armat
l terror di chiunque osava far resistenza a suoi cenni. E chi in vero
gli
prestò braccio forte nelle sue antiche battaglie
i non si acconviene, ad eccezione del solo Erittonio, che comunemente
gli
viene attribuito. Del resto la favola hà sempre r
i coppiere degli Dei ; le sue maniere però poco avvenenti disgustando
gli
Dei nella circostanza appunto più bella di pascer
avuto quello nelle mani spinto dal furore della concepita sua collera
gli
diè fieramente la morte. Commosso per tal barbaro
presenza di tanti giudici, quanti appunto furono nella causa di Marte
gli
Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fier
stuzia. Sue prodezze. Mentre Apollo guardava lungo il fiume Anfrigio
gli
armenti del re Admeto da lui teneramente amato, q
ante Batto. Temendo pertanto d’essere scoverto trattosi a lui innanzi
gli
esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto
la fedeltà del pastore cambiando portamento, e sembianza sconosciuto
gli
si fè d’innanzi promettendogli una più ampia merc
gli si fè d’innanzi promettendogli una più ampia mercede, se svelato
gli
avesse il temerario ladro. Ingannato allora il me
ificarci la sua aurea eloquenza, e l’ammirabil energia nel commuovere
gli
ascoltatori, ed attirare a se i loro animi, quasi
e delle frodi è nominato Dio de’ ladri : perchè abile a conciliare si
gli
Dei, che gl’ uomini fra loro, ambasciator di pace
mati Eroi, e miriam sovente, che chi per qualche dono di natura infra
gli
altri singolarmente rifulge, egli suol divenire i
o arciero contro di quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte
gli
fè pagare ben presto il fio del suo nero attentat
poi tradito da lui nella convenuta mercede, con pestilenza ne attaccò
gli
stati, come per la causa istessa con inondazioni
te nel cielo chi mai creduto non avrebbe esser per lui terminati omai
gli
affanni ? Sue nuove sventure. Eppur non fù così,
si costui dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto
gli
aveva di non esser egli figlio di Apollo come si
tore a tal dimanda, ed imprese a distorglierlo con quelle parole, che
gli
mette in bocca Ovidio Magna petis Phoeton, et qu
ituata sul Tripode coverto dalla pelle del Serpente Pitone rendevansi
gli
oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Lug
i detti dal suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offerivansi fra
gli
animali più specialmente il toro, il porco, e l’a
ncudine ligò destramente a suoi piedi. A tal vista risero sulle prime
gli
Dei, ma quindi impietositi pronti corsero a prest
a occasione non pria stese le mani all’ opra, che la povera madre non
gli
avesse promessa, non ostante la sua deformità, la
t altrix. Sue disgrazie. Fù questa Dea fregiata di tanta beltà, che
gli
Dei stessi restarono sorpresi dalle sue fattezze
e abbondanti messe a lei intorno raggirandosi le prestano divotamente
gli
omaggi. Suoi nomi. Da questa efficie della Dea s
ni altro dono fastosamente sprezzando, con tutto calore sol in grazia
gli
chiese di potersi eternamente mantenere illibata
ti, e generò più figli. Perduto in Ciel il trono, e i primi onori Fra
gli
Arcadi salvossi da perigli, Donde piacque istruir
turno. La sua crudelià però nol fé riguardar per tale, nè mai ottener
gli
fece il bel titolo di padre degli Dei a lui per n
dre, e devirollo. Quello stesso però, che fece egli a suo padre fatto
gli
venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigl
al suo fratello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede,
gli
furono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocc
ssi al Re Giano, ed intenerito questi alle sue sventure nel suo regno
gli
permise non solo il soggiorno, ma consigliere alt
ttore i più vivi segni della sua gratitudine. Con arte affatto nuova,
gli
incivilizzò in modo i sudditi, gli benedisse in g
atitudine. Con arte affatto nuova, gli incivilizzò in modo i sudditi,
gli
benedisse in guisa la terra, che fra quelli ammir
liziava non poco del sangue umano, perciò non altra vittima che umana
gli
si doveva sacrificare sugli altari, ove in memori
unque offesa. Reciproci regali inviavansi affettuosamente gl’amici, e
gli
stessi servi ammessi alle mense de’loro padroni,
li la porta, per cui sol le umane preci potevano avere accesso presso
gli
Dei(1) Da ciò si intende perchè in tutti i sacrif
lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci
gli
apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderan
nno ferite ; le sue lusinglie gl’infonderanno veleno ; le sue carezze
gli
daranno la morte, e tutto odio alfin trovera quel
nvenzioni fantasticarono di tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e
gli
Elisii ; sul lor sito, ed ingresso ; su i diversi
o, e da Opi non altrimenti che Giove, e Nettuno suoi germani fratelli
gli
alti gloriosi natali, e caduto non molto dopo dal
e coronato Senza provar dolor scherza sovente Con due gran tigri, che
gli
sono allato. Conforto dell’afflitto, ed impotente
e presa la Dea nel venir ad esso Giove sotto foggie mortali in grazia
gli
chiese un favore, e per stige l’obbligò a serbarl
mosse Ella per dimostrar la sua fermezza La lunga barba a pelo a pel
gli
scosse. E pur perder dovette ogni fierezza, E rim
quivi divertirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere
gli
amati suoi oggetti, e variemente disporli in gras
llo stesso suo nome : onde così non avendo il marito con chi dividere
gli
affetti fosse ella sola del cuor di quello unicam
. Assai dì più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso velando
gli
occhi fa sì, che l’uomo non ri accorga della occa
e dimesso, Non osa alzarlo verso il ciel sereno, Ogni raggio del Sol
gli
par baleno, Mira gemendo in tutto il proprio ecce
i di quel mortale veleno, che serba appunto in un vaso, onde compiere
gli
angustiati suoi giorni troppo chiaro ci dimostra
mbolo è del bestial suo naturale, che laddove essa non può tormentare
gli
altri contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e
Che il suo deforme in ricco ammanto cele, Porta una benda in man, che
gli
occhi vela Ad ognun, cui favella assai melata. Le
nascosta sotto le divise della verità : e quella benda, con cui covre
gli
occhi de’creduli è il primo, e vero segnale del m
do. Molto gira, e ritenta iniqua impresa, Spesso s’inoltra, e simular
gli
lice, E solo il tempo i falli suoi palesa. Costei
veramente orrore. Del mantice ella la iniqua donna fa uso per muovere
gli
affetti allo sdegno ; del flagello si serve per a
morte bisogno non hà di spiègazione. L’universale suo impero su tutti
gli
esseri viventi, l’impreveduto suo arrivo, le tris
a gloria sua ne resta offesa Essa, che nel mortal sempre favella, Che
gli
solleva, anzi incoraccia il core, Che fra perigli
, E sotto l’umil manto ascose i figli. Ella fece spezzare i brandi, e
gli
archi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La g
iem superstizion vinse, e conquise, Dell’innocenza fù guida felice, E
gli
increduli rei depresse, e uccise. Nel sangue gius
. Si squarci pure il suol, apransi l’onde, Si sconvolghino i Cieli, e
gli
Elementi Religïon non manca, o si confonde Sicuro
ure dell’ammirabil possa di quest’arte. Per essa più popoli spogliati
gli
antichi loro selvaggi costumi furono felicemente
za le espressioni, quanto di energia le ripetizioni, quanto di grazia
gli
epiteti, quanto in somma contribuisce a pingere a
mentre per questo ufficio appunto essa richiede grand’ arte. In essa
gli
animi debbon ricevere le ultime scosse per abband
più vere forme poetiche, quivi le ripetizioni le più graziose ; quivi
gli
epiteti i più seducenti, quivi le descrizioni le
oni nel cuore atte ad attirarlo dove voglia chi parla. Ed ecco perchè
gli
Spartani fino a tal segno odiarono il lungo, ed e
mmi Dei Quanto imitar mi piace Abborrisco emular. Gli perde amici Chi
gli
vanta compagni, e non si trova. Follia la più fat
amo in fatti gl’istorici monumenti, e quivi senza dubbio vedremo, che
gli
Orientali, e quindi i Druvidi, i Bardi, gli Enoba
senza dubbio vedremo, che gli Orientali, e quindi i Druvidi, i Bardi,
gli
Enobardi, e finalmente i popoli della Scandinavia
gio Con voce ben chiara L’oracolo intende La cosa più cara Salute
gli
rende Al fuoco si da. Nè prezza l’orror. Esc
esto tronco ; altre volte poi il solo secondo rima col quarto e tutti
gli
altri restano liberi come. Epaminonda, che vinc
L’ardito Tebano Il sangue già scende, Di Sparta non teme E l’armi
gli
bagna ; Intrepido unisce Qual rio si stende L
boschi mi discacciono, Fatto a me stesso in odio Non han più ombra
gli
albori Gemo nel duol terribile. Perche son senz
co, poichè Pindaro poeta greco ne fu l’inventore. Esso è atto a tutti
gli
argomenti, e secondo la loro natura benchè prenda
e l’esempio. Telesilla disposta a combattere con altre donne contro
gli
assediatori Spartani. Mentre crudele assedio C
gliono, L’ardita Telesilla, Ed altra i dardi avventa E disarmando
gli
uomini Allor lo stuol femineo Tutte le donne ar
ando mai sempre però tutt’i plurali per tronchi, come i dolor, i can,
gli
uccel, ecc. mentre questo in tal metro suol esser
la perdita del suo. Promulga il re Zeleuco il gran decreto Che perda
gli
occhi, e cada in fier periglio Ognun, che trasgre
: Ahi sorte rea ! Cadde dunque Curiazio, e tu spietato Mirar potesti
gli
ultimi momenti Di chi tanto amò : ed or di orgogl
rio. Mentre invocava il labro pallidetto Il nome mio ? Sentir potesti
gli
ultimi sospiri, E l’interrotta, e tronca sua fave
ei versi eroici, de’ quali i primi quattro rimano alternativamente, e
gli
altri due immediatamente fra loro. Un tal metro è
to, ed in tutti conserva egualmente le sue bellezze. Consiglio perciò
gli
apprendenti della divina arte poetica ad esercita
rme le più grandiose idee è l’Ottava rima del Boccaccio. Questa mercè
gli
otto eroici, de’ quali costa, mentre co’ sei prim
bensì dell’ottava nel comporre quel bellissimo lavoro degno di tutti
gli
elogii, il lamento cioè di Maria a piè della Croc
col corno suo fortissimo Vien Melibeo, e con moïne, e zacchere Tanto
gli
fece, che sel seppe togliere, E sel condusse al s
tremo sciogliere Da un ladrone si astuto, e si terribile Che sà tutti
gli
istanti ardito cogliere. Or senti, e vedi se ti p
fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccorso, che l’arte appien
gli
diè. La maschera gran cosa esser non può, Perchè
ie di Sonetti, molti altri di diverse foggia ancor vi sarebbero, come
gli
acrostici, i bisdruccioli, i Bisticciati ec. ma l
sol col raggio non affanna M’occupa del mio ovil solo l’aspetto. Dopo
gli
affar mi pince andarne al letto, Nè di zampogna p
diit vigor Boet. lib. 1. VII. L’ Innominato terzo finalmente contiene
gli
ultimi quattro piedi dell’ Esametro, come : Aut E
la classe poi degli Endecasillabi si riducono i Faleuci, i Saffici, e
gli
Alcaici. I. I Faleuci detti così dal greco invent
avvenire ad un titolato, che combattuto da diversi sinistri accidenti
gli
resta per fine il solo titolo senza patrimonio. I
un tempio in onor del suo padre Belo, cui volle, che si tributassero
gli
stessi omaggi divini. Tal’opinione però non mi è
ci, ed attrattive, I luminosi tratti di sua beneficenza, e liberalità
gli
meritarono un tal nome. Suo ritratto. Suo culto.
r aere toto. Per questa ragione Demostene qualora imprese a deridere
gli
Ateniesi per la ricevuta ingiuria di audarne in b
soglio, con qual fondamento dimostrar si potrebbe quanto con Saturno
gli
avvenne ? Sue imprese. Suo ritratto. (1). Qui vo
messo da Plutone ossia Adioneo re di Epiro stante che la madre negata
gli
aveva tal figlia per sposa ; ma come poi è da spi
lice allor che nasce In questa valle di miserie piena Pria che al sol
gli
occhi al pianto, e nato appena Va prigionier fra
limità devesi in esso singolarmente impiegare. Un tal verso serve per
gli
argomenti sublimi tragici, funebri, ma se si vole
essere ad arbitrio Daflili o Spondei il quarto è un Dattilo forzoso,
gli
ultimi tre sono Trochei anch’essi forzosi. Il Tri
ua decadenza. Il solo Livio rimpiangeva la pietà dei primi Romani per
gli
antichi loro Dei, ma questa pietà confondevasi al
’imperatori introdusse l’apoteosi, colla quale vennero annoverati tra
gli
Dei anche i più scellerati mostri che sedettero s
ammesso il culto degli avi, ma non avevano pubblicamente deificato nè
gli
Scipioni, nè i Camilli, e restringevano il loro c
o per cagione delle sventure del paese. Più non sorgevano tribune per
gli
oratori ; ma i sofisti più liberamente poteano be
il culto romano, le filosofie orientali erano riunite e confuse come
gli
strati del fango che il Nilo straripato ammucchia
del bene e del male. Ci rimane a parlare di quel popolo nato a mutar
gli
altri tutti, mentre egli solo dovea durare immuta
e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo di Ciro
gli
Ebrei s’erano qua e là dispersi nella Siria, nell
rio. Contavansi tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e
gli
Essenj ; ma nel mentre che i Romani vennero a cin
tutte parti, o, a dir meglio, si maturava per un grande mutamento. Ma
gli
uomini non avean forza da ciò. Essi commentavano
in nome dell’umanità, della giustizia, dell’eguaglianza primitiva tra
gli
uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti gli
lianza primitiva tra gli uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti
gli
schiavi e gli oppressi, che è quanto dire l’unive
va tra gli uomini, ben presto trasse intorno a sè tutti gli schiavi e
gli
oppressi, che è quanto dire l’universo. Nulla di
ostacoli s’opponevano alla promulgazione d’un nuovo culto ! In tutti
gli
angoli dell’universo, qualche antico rito, qualch
vaga mitologia, alla comoda licenza della morale filosofica, a tutti
gli
adescamenti delle arti e dei piaceri, oppone le p
entre, sapendo d’esser peregrina in terra, non ignora che ritrova fra
gli
estranei facilmente i nemici ; ma essendole noto
e convinta ; poichè qual cosa è più di lungi dall’equità, quanto che
gli
uomini abbiano in odio ciò che non sanno se in fa
dall’odiare, ma dal sapere perchè si deve odiare ? Onde, essendo che
gli
uomini odiano senza che ad essi noto sia che cosa
e. Qui solo la curiosità umana s’impigrisce : amano d’ignorare mentre
gli
altri godono di sapere. Non vogliono informarsi,
sa, perchè questa setta molti tira al suo partito, mentre quanti sono
gli
scellerati, quanti quelli che dal retto sentiero
accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. Finalmente
gli
uomini cattivi si affaticano di nascondersi, e s’
noi siamo colpevoli, perchè non ci trattate da pari nostri, cioè come
gli
altri colpevoli ? Al delitto istesso conviene l’i
to istesso conviene l’istesso trattamento. Noi siamo creduti rei come
gli
altri : ma essi o della propria bocca, o di merce
ne e degli armati ? Son forse in maggior numero i Mauri, i Marcomani,
gli
stessi Parti, o l’altre genti qualunque siano, pu
isole, i castelli, tutti i luoghi di vostra dipendenza, le congreghe,
gli
eserciti stessi, le tribù e le decurie, il palazz
mentre in un giorno del mese ciascuno vi pone qualche danaro, quanto
gli
piace, o se gli piace, o quando ei può ; poichè n
orno del mese ciascuno vi pone qualche danaro, quanto gli piace, o se
gli
piace, o quando ei può ; poichè niuno è costretto
abbiamo un volere e un cuor solo, non abbiam difficoltà ad accomunare
gli
averi, laonde tra noi tutto è indiviso fuori che
ajutiamo anche i mendichi, non per la vanagloria di renderci schiavi
gli
uomini liberi, come appresso di voi succede, arro
ol darsi querela. In danno di chi ci aduniamo mai ? Congregati, siamo
gli
stessi che siamo disuniti, ed in comune siamo gli
? Congregati, siamo gli stessi che siamo disuniti, ed in comune siamo
gli
stessi che soli : nessuno da noi s’offende, nessu
ni, senza botteghe, senza officine, senza alberghi e mercati, e senza
gli
altri commerci bisognevoli. Navighiamo anche noi
iore, servendocene per dar sepoltura ai Cristiani, non per affumicare
gli
Dei.156 Certo voi dite : Calano di giorno in gior
to de una spaventevole dissoluzione. Forse che si sarebbero sollevati
gli
schiavi ? Ma essi eran perversi al pari dei loro
i cittadini ; e più in là sarebbero andati, se i Goti e i Germani non
gli
avessero arruolati. Tutto quello che puossi conge
o sopra la terra è il più grande avvenimento che avesse mai luogo fra
gli
uomini, poichè la faccia del mondo cominciò a rin
ti i poeti, incluso Dante, ne parlano o vi alludono. Cinquanta furono
gli
Eroi che vi presero parte, alcuni dei quali eran
netta Elle cadde nel mare e vi annegò ; e per questo fatto mitologico
gli
Antichi diedero a quello stretto il nome di Elles
ben servito, per appenderne come voto l’aureo vello maraviglioso. Ma
gli
Dei ricompensarono essi quel povero animale, tras
ecisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma
gli
Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio
tata dagli uomini, e celebrata perciò con lodi interminabili da tutti
gli
antichi. La nave fu chiamata Argo, e quindi Argon
li da tutti gli antichi. La nave fu chiamata Argo, e quindi Argonauti
gli
Eroi che navigarono in quella. Se le fosse dato q
arrestarmi a quisquilie filologiche. All’invito di Giasone accorsero
gli
Eroi da tutte le parti della Grecia, alcuni dei q
ui si raccontano fatti straordinarii e maravigliosi, degni di poema ;
gli
altri Eroi vi rappresentan soltanto una parte mol
mpegnò a riconquistare il vello d’oro che ap parteneva alla Grecia, e
gli
promise di restituirgli il regno al suo ritorno,
aggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti
gli
altri Eroi costituivano la ciurma che eroicamente
e, e mangiava per cinquanta, bevendo ancora in proporzione ; e perciò
gli
avevan messo il soprannome di Panfago, che vuol d
. » Dopo questo episodio, poco cavalleresco a dir vero, proseguirono
gli
Argonauti il loro viaggio. Troppo lungo e monoton
verso i proprii figli, e vi fu aggiunta pur anco la cecità. Approdati
gli
Argonauti nella Tracia o bene accolti da Fineo, v
riversare i vasi ; « E molta feccia il ventre lor dispensa, « Tal che
gli
è forza d’otturare i nasi, « Che non si può patir
Arpie : « Avuto avea quel re ferma speranza « Nel duca, che l’ Arpie
gli
discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar gli
l duca, che l’ Arpie gli discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar
gli
avanza, « Sospira e geme e disperato stassi. « Vi
Non abbiano a fuggir fuor della terra. « Prende la briglia e salta su
gli
arcioni « Dell’Ippogrifo ed il bel corno afferra
ette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti
gli
altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fi
tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fineo ebbero
gli
Argonauti notizie e consigli sul miglior modo di
a doversi così spesso fermare a far nuove provvisioni da bocca. Tutti
gli
altri incidenti che avvennero avanti che gli Argo
vvisioni da bocca. Tutti gli altri incidenti che avvennero avanti che
gli
Argonauti giungessero nella Colchide sono di liev
li solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia
gli
stessi Eroi suoi compagni. Ecco perchè d’ora in a
soggiorno dei buoni dopo la morte, e il Tartaro, dei malvagi. Secondo
gli
antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel
on essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più
gli
Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto c
dulità dei pagani, tempii ed altari, offrivansi incensi e voti. Tutti
gli
altri mortali, per quanto buoni e giusti e pii an
r quanto buoni e giusti e pii andavano ai Campi Elisii, soggiorno che
gli
Antichi, con tutta la loro vigorosa fantasia, non
si ad ardere nel rogo del defunto o seppellivansi nella stessa tomba,
gli
schiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali o
omba, gli schiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali oggetti che
gli
furono più cari in vita, non dubitando che per ta
sa monotonia dell’altra vita anche negli Elisii, come la descrivevano
gli
Antichi, fu un poco interrotta colla invenzione d
cere e nell’ombra « Del mortal velo, alle bellezze eterne « Non ergon
gli
occhi. Ed oltre a ciò, morendo, « Perchè sien fuo
iziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto
gli
agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e
a ; dalle membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne « Dal capo
gli
salia di polve un nembo262). » (Odissea, xi.) Di
andì loro le membra del suo figlio Pelope da lui stesso ucciso. Tutti
gli
Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad ecc
e imbandigione, e mangiò una spalla di Pelope. Si aggiunge ancora che
gli
Dei resero la vita al figlio di Tantalo ricòmpone
ba pena « Tantalo in piedi entro un argenteo lago, « La cui bell’onda
gli
toccava il mento. « Sitibondo mostravasi, e una s
perciò la sua pena durerà eternamente. Orazio assomigliava a Tantalo
gli
avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee
nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che
gli
pendea sulla testa. Virgilio aggiunge che Flegia
a me voi che mirate « La pena mia : non violate il giusto, « Riverite
gli
Dei »268. Ma questa predica è inutile nell’Infe
Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodolenti, e più dolor
gli
assale. « De’violenti il primo cerchio è tutto :
con la quale dimostra che usura offende la divina bontade ; e perciò
gli
usurieri son condannati alle pene dell’Inferno. E
on condannati alle pene dell’Inferno. Egli finge che sia Virgilio che
gli
dà tale spiegazione da lui richiesta : « Filosof
bri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che
gli
mancasse lo spazio per cacciarvi tanti storici pe
. Di alcuni di quei dannati che Dante non rammentò raccolsero i nomi
gli
Scienziati per formarvi certe particolari denomin
ma Antropomorfismo il politeismo greco e romano, perchè, dic’ egli, «
gli
Dei della natura presero forma e natura umana. 2
diamo sovente il comune proverbio, che è solo Iddio senza difetti. Ma
gli
antichi Pagani ammettevano nei loro Dei non solo
fetti, ma pur anco azioni talmente nefande che sarebbero punibili tra
gli
uomini nella civil società. Distruggevano dunque
i Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o
gli
era dato immeritamente il titolo di Ottimo. Nel n
l titolo di Ottimo. Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qualità che
gli
erano attribuite, per le quali veniva ad esser l’
forma umana ; e il secondo modellava e plasmava, parimente in creta,
gli
animali bruti. Sin qui il racconto par. vera isto
che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere di crear
gli
uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar
l mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che di notte
gli
rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena
delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare
gli
uomini ; ma invece di protestare con parole o con
pimeteo perchè l’aprisse. Ma per quanto piena di pregi fosse Pandora,
gli
Dei non avevan pensato a renderla immune dalla cu
o non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò, ed uccise l’avvoltoio che
gli
rodeva il fegato : il che vuol significare che la
vuol significare che la forza d’animo, ossia la costanza, vince tutti
gli
ostacoli, e che gli utili effetti finali fanno di
la forza d’animo, ossia la costanza, vince tutti gli ostacoli, e che
gli
utili effetti finali fanno dimenticare le pene so
to, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale
gli
portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali. È
spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano
gli
uomini e gli Stati85). Se Giove in questo mito, s
d improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e
gli
Stati85). Se Giove in questo mito, sì riguardo a
lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e
gli
uomini stessi non ebbero a lodarsene e a crescerg
o Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè
gli
parve brutto e deforme : per la qual caduta il mi
evol razza di Dei diremo soltanto che avendo i Mitologi ammessi anche
gli
Dei malefici, eran questi di certo peggiori dei S
E perciò son rammentati quasi sempre scherzevolmente dai poeti, e per
gli
aneddoti che se ne raccontano rappresentati come
i bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e
gli
altri quattro col solo distintivo di due piccole
le corna che spuntano loro sulla fronte di mezzo ai capelli. Talvolta
gli
scultori pongono le figure dei Satiri per cariati
; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente,
gli
fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernir
di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire
gli
Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una
, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma
gli
fa dire tante freddure che sono una miseria e uno
guisa di nome collettivo la Fauna per indicare complessivamente tutti
gli
animali che vivono in una data regione, nel modo
già compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. Opportunamente
gli
era data per moglie la Dea Pomona protettrice dei
ione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e
gli
attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e
no l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e
gli
uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che ra
guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. Ma
gli
aneddoti sconci ed abietti che raccontano di lui
uracchio agli uccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa
gli
piantarono una canna con stracci in balìa del ven
nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affermano
gli
archeologi, ove ora esiste la chiesa di Ara Coeli
rappolo d’uva matura ; il quale un Satirino d’allegrissima vista, che
gli
sta dai piè, si va a poco a poco, e quasi téma ch
ntucca « Sentiva io là ov’el sentìa la piaga « Della giustizia che si
gli
pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vive
pretò canere fata ossia presagire : quindi si disse che Fauno rendeva
gli
oracoli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7
ntì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie
gli
convenne rapirla, e poi contentarsi che ella stes
fianchi in giù ; e ai piedi aveva il tricipite Can Cerbero. Tal volta
gli
si poneva a lato Proserpina, sua moglie per forza
Lucifero242. La parola Orco fu adoprata dai poeti romanzeschi, e tra
gli
altri anche dall’Ariosto, per significare un most
felicità e la sventura ; il color d’oro e di porpora, le ricchezze e
gli
onori, ecc. E dovendo le Parche far questo lavorì
ero chiamarsi piuttosto ministre del Fato che del re dell’Inferno. Ma
gli
Antichi considerando che esse troncavano lo stame
malvagi nel Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare in vita
gli
scellerati che avevano commesso i più gravi e nef
o « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young, era per
gli
Antichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo e della
oli e Fantasia i più strani e fantastici 249. Non soltanto Ovidio tra
gli
antichi e l’Ariosto tra i moderni hanno fatto bel
barba unta e atra « E ’l ventre largo e unghiate le mani ; « Graffia
gli
spirti, li scuoia e li squatra. » Dei tre Giudic
e. » Come già Dio delle ricchezze presiede al cerchio ove son puniti
gli
avari e i prodighi ; ma Dante e Virgilio mostrano
oè quando dovrà parlarsene nel corso regolare della Mitologia. Anche
gli
scienziati adottarono alcune denominazioni deriva
Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti
gli
Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspet
r notizia d’esso, « Che andargli, sì che lo veggiate, appresso. « Non
gli
può comparir quanto sia lungo, « Sì smisuratament
lasciò nè il seno voto : « Un suo capace zaino empissene anco, « Che
gli
pendea, come a pastor, dal fianco. » E per inten
l’ Odissea, basta legger la seguente ottava : « L’umana carne meglio
gli
sapeva ; « E prima il fa veder ch’all’antro arriv
ribuisce alle Parche il presagio dei futuri eventi, si chiaman fatali
gli
stami che esse filano, e si aggiunge che nessun D
ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che di e notte fila « Non
gli
avea tratta ancora la conocchia, « Che Cloto impo
ugiardo, ma giudica secondo giustizia ; e la sua lunghissima coda non
gli
offusca l’intelletto, nè lo rende un animale irra
ve, il Fato, agli inesorabili decreti del quale eran sottoposti tutti
gli
Dei, attribuivansi al Fato tutte le irregolarità
dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggiunge che tutti
gli
Dei possedevan palagi « ……che fabbricati « A cia
essere zoppo da un piede è appena accennato. E per farne distinguere
gli
ufficii, gli pongono in mano un martello e presso
da un piede è appena accennato. E per farne distinguere gli ufficii,
gli
pongono in mano un martello e presso a lui un’inc
i per cui furono eseguiti : qui basterà soltanto accennarne due, cioè
gli
automi ed i fulmini. Chi ha veduto qualche autom
he automa in azione189, o almeno conosce storicamente il meccanismo e
gli
effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosi
e e l’effetto ! Perciò in oggi si stimano, e sono veramente più utili
gli
automi che lavorano più e meglio degli uomini e r
cucire, ecc. Inoltre per bellezza e comodo si moltiplicheranno sempre
gli
orologi ; e si può asserire che anche i girarrost
nare e giuocare. Parlando poi della formazione dei fulmini, dei quali
gli
Antichi attribuirono la costruzione meccanica a V
oi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enumera
gli
elementi o materie prime di cui li componevano :
alcun dotto dell’antichità o del medio evo poteva saperlo. Avevano sì
gli
antichi osservato l’elettricità che si sviluppa c
o come Dio del fuoco193 e del fabbrile ingegno. Il nome di Efesto che
gli
davano i Greci non fu adottato dai poeti latini,
mbustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto
gli
astronomi moderni colle loro analisi spettroscopi
a composte presso a poco degli stessi elementi. Quanto poi a quel che
gli
Antichi chiamavan fuoco del fulmine (ignea vis),
ocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti
gli
altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutt
che più precisamente con vocabolo derivato dal latino : semovente. Se
gli
automi rappresentano esseri della specie umana e
arattere proprio della falsa religione del Politeismo il moltiplicare
gli
Dei, come nei falsi sistemi di governo si moltipl
o unico Genio sarebbe troppo occupato a provvedere da sè solo a tutti
gli
esseri della creazione ; e perciò immaginarono ch
i si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra
gli
antichi Germani ; e che non si fosse del tutto di
il cristianesimo, per opera dei Manichei, seguaci di Manete ; ma dove
gli
antichi pel domma dei due principii avevano fabbr
lica e privata. ………………………… « Non v’è forse sistema di teologia presso
gli
antichi, sia che si parli degli Orientali, o dei
nel linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Omero troviamo che
gli
stessi Dei davansi tra loro per onorificenza ques
istotele, il maestro di color che sanno, come lo chiama Dante, divise
gli
Immortali in Dei e in Dèmoni ; e i mortali in Ero
ì parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra
gli
Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretar
dei Greci : eran molto diversi i vocaboli per la loro etimologia, ma
gli
esseri per quelli significati nulla differivano s
io ; ed ambedue questi nomi servirono nel Cristianesimo a significare
gli
spiriti infernali, ossia gli Angeli ribelli disca
ervirono nel Cristianesimo a significare gli spiriti infernali, ossia
gli
Angeli ribelli discacciati dal Cielo e condannati
atteri che potrebbero convenire anche ad un Angelo : « Da chi lo feo
gli
fu dat’anco « Quel santo precettor, quell’alma gu
ide filosofo socratico asserisce che ognuno ha due Genii che spingono
gli
uomini, l’uno al bene e l’altro al male. 272. Ma
275. Cicerone nel libro i, De Divinatione, nomina anche Antipatro tra
gli
scrittori che avevan riferito molte cose mirabili
del Canto v. « Che abominevol peste, che Megera « È venuta a turbar
gli
umani petti ? « Che si sente il marito e la mogli
i geniali letti ; « E non di pianto sol, ma alcuna volta « Di sangue
gli
ha bagnati l’ira stolta. » 280. Il Vocabolari
acuto, ossia appuntate dalla parte superiore, e due lunghissime corna
gli
torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre sue m
nnaturale, il Dio Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per
gli
uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ra
io Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che
gli
furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui n
o attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche
gli
storici e i filosofi. Il nome di questo Dio in gr
ilosofi. Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e
gli
antichi Mitologi basandosi sul significato di que
e troppo minutamente e sottilmente il mito del Dio Pane, dichiara che
gli
Antichi lasciarono in dubbio la generazione di qu
he le corna significano i raggi del Sole e la Luna crescente, i velli
gli
alberi e i virgulti del nostro suolo, e i solidi
itratto del Dio Pane, che ho delineato in principio, i distintivi che
gli
si davano perchè non si confondesse con altre inf
a sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato
gli
Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne sol
che cioè Mercurio per addormentare Argo non solo suonasse la lira, ma
gli
raccontasse pur anco la favola di Pane e Siringa
non son paurose, » diceva Dante nella Divina Commedia ; ma non tutti
gli
uomini e non sempre possono ragionare freddamente
al tempo della battaglia di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e
gli
suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che
vano saccheggiare quel ricchissimo tempio, ecc. È però da notarsi che
gli
aneddoti riferibili alle voci miracolose del Dio
azion della vita si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti
gli
uomini, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quin
ad posteros, quam fidei. E nella Prefazione osserva che generalmente
gli
Antichi spacciavano molte favole anche in mezzo a
volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con
gli
uomini, convien premettere qualche osservazione s
enti la fame e la sete. Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche
gli
Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè er
uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi,
gli
Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, c
quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di mano in mano che
gli
uomini peggiorarono. Da queste idee poetiche nacq
le, poichè non meno la storia che la comune esperienza dimostrano che
gli
uomini e i popoli possono correggersi dei loro vi
o di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti
gli
uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutt
abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. In quelle feste
gli
schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro
po qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra
gli
Dei maggiori, ma destinato soltanto a presiedere
è il Dio del moto ; e finalmente come il mediatore dei mortali presso
gli
altri Dei. Ecco uno dei molti casi mitologici in
invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi. Quattro faccie poi
gli
avranno servito anche meglio pel disimpegno di tu
alla storia romana. A Giano facevansi libazioni e preghiere prima che
gli
altri Dei, per ottenere da lui facile accesso a q
pedere ? (e curtis significa circoncisi). Conoscevano dunque i Romani
gli
usi e le pratiche religiose degli Ebrei. Non è no
è noto però che ne sapessero o studiassero la lingua ; ma è certo che
gli
Ebrei dimoranti in Roma dovevano necessariamente
Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e di Nerone,
gli
uomini fossero sempre peggiorati, a che sarebbe o
amo da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum. 38. Ovidio nei Fasti
gli
fa dire : « Et jus vertendi cardinis omne meum e
ancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali
gli
uscì di mano, incendiò la reggia Tebana e uccise
liatori ; e trovò facilmente adoratori devoti e ferventi non solo fra
gli
uomini, ma ancor fra le donne. Accompagnato da un
igliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera
gli
ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il r
stimata dagli Antichi un. sedativo ai calori ed ai fumi del vino ; e
gli
animali feroci significavano il furore e la bruta
ansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui
gli
eccessi giunsero anticamente tant’oltre in Roma c
nte e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo,
gli
fu data in premio dal Nume la facoltà di sceglier
ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco
gli
ordinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti a
Alighieri nel Canto xx del Purgatorio, in quel cerchio ove son puniti
gli
avari : « E la miseria dell’avaro Mida « Che seg
che si rida. » Ma non meno risibile divenne Mida, allorquando Apollo
gli
fece crescere le orecchie d’asino per aver giudic
mico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più filosofi naturali che
gli
altri. Imperocchè poco vale il piantare e il colt
ggi calorifici e chimici. Testimoni i Germani, i Batavi, i Britanni e
gli
Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, be
ervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206. Tutti seppero e sanno, e
gli
antichi e i moderni, o storicamente o per pratica
probabile spiegazione. Quasi tutti i poeti lodano il vino ; ed anche
gli
astemii se ne fingono amantissimi : vale a dire a
o amantissimi : vale a dire adottano e celebrano, come è uso dei più,
gli
errori e le fantasie popolari predominanti. Il vi
nsuitur fæmori, maternaque tempora complet. 197. Tu puer œternus,
gli
dice Orazio invocandolo. 198. Che la parola cor
isus, tune pauper cornua sumit. » (Ovid., i, 239.) « Or venut’è chi
gli
ha spezzato il corno « Di tant’orgoglio. » (Orl
XXVI Nettuno re del mare e
gli
altri Dei marini Gli Antichi non conoscevano ne
ani i quali avevan popolato di Dei il Cielo e la Terra personificando
gli
oggetti creati e i fenomeni naturali, avesser fat
Tirreno, » che si svegli omai ; ma il Tirreno e l’Arno, non men che
gli
altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più di
azza della Signoria di Firenze215). Ma tutte presentano presso a poco
gli
stessi emblemi o distintivi ; il più caratteristi
cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti
gli
Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio
ggiante o corrodente all’intorno, e sta ad indicare i flutti marini e
gli
effetti di essi sui lidi : etimologicamente è un
arte delle roccie del nostro globo all’azione dell’acqua ; Nettuniani
gli
stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i
rsi divennero la Dea Leucotoe e il Dio Palemone. Ora è da notarsi che
gli
Antichi fecero presiedere Leucotoe (chiamata dai
o in mare. Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito
gli
fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sol
, « Che il fe consorto in mar cogli altri Dei »223. Proteo, secondo
gli
antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Tet
dere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più
gli
piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua stranezza,
ma legato, ed era costretto a rispondere veracemente alle domande che
gli
erano fatte. Questo mito racchiude molte importan
i verità e molti utili insegnamenti. Proteo che si trasforma in tutti
gli
esseri, ossia corpi dei tre regni della Natura, r
ormazioni tardasse a riprender la sua prima figura, così conviene che
gli
studiosi non si stanchino dal proseguir lungament
anto non aveva bisogno di valersi della mitologica trasformazione ; e
gli
bastava soltanto l’esempio del furore di Atamante
me dannate di cui allora voleva parlare. Ma nel i Canto del Paradiso,
gli
fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco s
? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti
gli
Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di G
Erme e Mercurio e dagli attributi che per essi indicavansi, dedussero
gli
Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. P
utissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto di valersene per ingannare
gli
altri. Non già che egli, come Dio, avesse bisogno
oso. E perciò dicono che Mercurio ancor fanciullo rubò le giovenche e
gli
strali ad Apollo, e poi il cinto a Venere, il tri
curio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio di Giove e di tutti
gli
Dei dovendo Mercurio far molti viaggi in Terrà e
e umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti
gli
oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è
sociale. Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che
gli
usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a s
fficace e gradito potere dell’eloquenza ; e come a Dio della medesima
gli
si offrivano le lingue degli animali. Siccome la
’adopra per iscender più facilmente dall’orecchio al cuore157, perciò
gli
Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo
ostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti
gli
altri pianeti primarii il suo movimento di rivolu
eva dovuta al Dio Mercurio la scoperta delle qualità maravigliose che
gli
Antichi attribuivano a questo genere di piante. L
e. Mercuriali si chiamavano dai Latini non solo i mercanti, ma anche
gli
uomini dotti, perchè Mercurio era pure il Dio del
ischerzo, sottintendendosi perciò che poi restituiva ai proprietarii
gli
oggetti rubati. Ma i devoti del furto anzichè di
liberata la partenza dell’Angelo mandato da Dio a Goffredo : « Così
gli
disse ; e Gabriel s’accinse « Veloce ad eseguir l
Dea era figlia di Dione. 164. Orazio si annovera da sè stesso tra
gli
uomini mercuriali, ossia tra i dotti, nell’Ode 17
vuole indicare esclusivamente il Sole106). Molti e molto diversi sono
gli
uffici attribuiti a questo Dio ; e perciò li divi
carro rappresentano le Ore del giorno ; le quali sebbene soltanto per
gli
equinozii sieno precisamente dodici, non sono per
iatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e per
gli
antichi Romani v’era inoltre una ragione speciale
te ed arroventandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando
gli
alberi e gli animali e prosciugando i fiumi, i la
tandola, ora scendendo vicino alla terra, ed abbruciando gli alberi e
gli
animali e prosciugando i fiumi, i laghi ed i mari
ancora nel Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Tellure per
gli
spaventevoli effetti cagionati ne’suoi tre regni
è ben naturale che fossero da tutti celebrate ; ma pur anco i poeti e
gli
artisti cristiani, come abbiamo osservato di sopr
sostituendovi quello di Copernico117, ciò non ostante anche i poeti e
gli
artisti posteriori a Copernico, a Galileo, a Kepl
llibile arciero, ed ecco perchè rappresentasi spesso con l’arco e con
gli
strali ; e noi abbiamo veduto nel N° XIII che egl
e che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e
gli
ripeteva, come dicono i mitologi greci, le greche
o saette 119), prosciugando gl’impaludati terreni, venne ad uccidere
gli
animali mostruosi e nocivi che vi erano nati. Anc
à medicamentose in molti prodotti dei tre regni della Natura. Inoltre
gli
attribuirono un figlio che fu il più valente medi
quella città fu trasportata solennemente la statua del Nume a Roma, e
gli
fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allo
che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra
gli
assiomi generali il seguente : « Si tibi deficia
, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti
gli
altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). Il nome
e Massimo per la sua potenza » 59. Era detto ancora Ospitale, perchè
gli
Antichi attribuirono a Giove l’invenzione e la pr
ospitalità ; Tonante perchè era creduto signore del fulmine. In Roma
gli
furono eretti diversi tempii sotto i nomi di Giov
di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti
gli
altri Dei superiori62. La dignità e maestà di Gio
a sinistra, e ai piedi l’aquila ministra del fulmine, vale a dire che
gli
portava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero
icina una fontana per dissetarsi. Il tempio che Bacco per gratitudine
gli
eresse in quell’oasi fu perciò detto di Giove Amm
mpio parleremo in un capitolo a parte, spiegando in che consistessero
gli
Oracoli dei Pagani. I paleontologi hanno dato il
ordinario ingegno del nostro Giovan Battista Vico66. Si unirono anche
gli
astronomi antichi a rendere onore a Giove dando i
eta che apparisce ed è maggiore degli altri veri e proprii pianeti, e
gli
dedicarono quel giorno della settimana che tuttor
padre, ossia il Dio che giova, poichè il nome di padre davasi a tutti
gli
Dei benefici. Inoltre la voce padre è termine di
Vedendosi l’alta cima del monte Olimpo spesso cinta di nubi, dicevano
gli
Antichi che ve le stendesse Giove, allorquando vi
he ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se
gli
Stoici vogliono che significhi la serie eterna de
Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se
gli
storici pongono Argo fra le più antiche città del
e Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà di cangiar
gli
uomini in pietra. L’impresa di ucciderla sarebbe
sempre seco e se ne servì utilmente per far diventar di sasso chi più
gli
piacque, come vedremo. Intanto sarà bene notare c
’assalto. » E non era un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso
gli
disse tosto : « Volgiti indietro, e tien lo viso
rebbe del tornar mai suso. » Quanto poi alle belle arti sappiamo che
gli
antichi rappresentavano la testa di Medusa nell’E
a nell’usbergo della Dea Minerva ; e Cicerone rimprovera a Verre, tra
gli
altri delitti e sacrilegii, di avere involato una
olla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania
gli
fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale
n quel monte della Mauritania che tuttora chiamasi Atlante, del quale
gli
antichi favoleggiavano che sostenesse il Cielo, e
sue imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva. Il caval Pegaso
gli
sopravvisse e passò in potere di un altro eroe, c
nti pioggie ordinarie circa la metà dell’ agosto e del novembre tutti
gli
anni, si osserva partirsi di verso la costellazio
glia, « E chi a finestre e chi fuor nella via, « Tener levati al ciel
gli
occhi e le ciglia, « Come l’ecclisse o la cometa
geniti, o in diis agentes, cioè generati sulla Terra, o ascritti fra
gli
Dei. E per quanto possa questo vocabolo sembrare
ei popoli. E quanto alla sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra
gli
altri i fondatori delle religioni e delle città.
tarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti
gli
ordini sociali il predominio della forza in tutto
iasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con
gli
error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritor
suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero
gli
eroi più antichi di quelli che presero parte atti
ci aiuteranno diverse celebri imprese a cui intervennero quasi tutti
gli
Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si
Troia. Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti
gli
Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son
oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti
gli
Eroi, non devesi calcolare la loro media e la lor
è terra genitus. Altri lo derivano da Aer, e fanno così corrisponder
gli
Eroi ai Genii dell’aria, che nel Medio Evo furon
. 46. Vedasi l’epigramma del Giusti, che ha per titolo : Il Poeta e
gli
Eroi da poltrona.
rovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece
gli
disse di fabbricare una città ove incontrasse una
per implorarli favorevoli alla nuova città che dovea fabbricare. Per
gli
usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi c
agni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi
gli
altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo t
se. Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorgente,
gli
presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma appa
l castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e
gli
suggerì di prendere i denti di quel serpente da l
giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma anche
gli
storici narrano molte triste vicende ; di alcune
quanto poi ai guerrieri nati dai denti del serpente ucciso da Cadmo,
gli
Antichi ci hanno trasmesso anche il nome di quei
he la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso
gli
antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perf
are il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo,
gli
storici non sanno dire nulla di più nè di diverso
presso il lito « Nel qual si fece Europa dolce carco. » 58. Anche
gli
altri nobili greci pretendevano di esser discesi
degli Dei ha in capo il diadema ; il suo volto è maestoso ; ha grandi
gli
occhi, bianche le braccia93), lunga la veste matr
voriva sì e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come
gli
Argivi, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro
, col suono e con un soporifero fece completamente addormentare Argo,
gli
chiuse tutti i cento occhi, e poi gli tagliò la t
ompletamente addormentare Argo, gli chiuse tutti i cento occhi, e poi
gli
tagliò la testa e liberò la vacca. Giunone non po
la vacca. Giunone non potendo risuscitarlo (tanta potenza non avevano
gli
Dei pagani), si contentò di trasformarlo in pavon
rano culto, come osservammo pur anco nella guerra dei Giganti, quando
gli
Dei che ebber paura si trasformarono in bestie. G
ebber paura si trasformarono in bestie. Gli Egiziani perciò adoravan
gli
Dei sotto la figura di quelle bestie nelle quali
go : « Ognuno era pennuto di sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e e
gli
occhi d’Argo « Se fosser vivi, sarebber cotali.
Taumante ; e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire
gli
ordini di Giunone passasse per quella splendida v
(C. xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano
gli
umidi vapori della terra, nè perciò producevansi
Campi Elisii, luogo di beatitudine per le anime dei buoni235. Siccome
gli
Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi
nque le regioni infernali secondo che le hanno immaginate e descritte
gli
Antichi, è necessario non solo per intendere i cl
intendere i classici greci e latini, ma altresì gl’italiani, e sopra
gli
altri Dante, che in questo è superiore a tutti gl
’italiani, e sopra gli altri Dante, che in questo è superiore a tutti
gli
antichi e ai moderni. I Pagani sapevano molte vie
era considerato come un Dio fluviatile, e per le sue acque giuravano
gli
Dei, e il loro giuramento era inviolabile : onori
poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti
gli
altri, i quali, vanno gradatamente decrescendo fi
i luoghi stiano precisamente come la Mitologia e Dante raccontano ; e
gli
nasce facilmente (se non è stupido) la ledevole c
izio scientifico, e adotta l’ipotesi molto accreditata che la Terra e
gli
altri pianeti fossero in origine stati parte dell
terra, ma nelle Isole Fortunate, che ora si chiamano Le Canarie ; ma
gli
Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non
ponticelli ; « Così da imo della roccia scogli « Movien, che recidean
gli
argini e i fossi « Infino al pozzo, che i tronca
poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti
gli
Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos significa
a e confusione di tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secondo
gli
antichi, non erano più di quattro, cioè : terra,
i. Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti
gli
Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era
, ossia presenza del sole sull’orizzonte, esser non vi poteva, finchè
gli
elementi eran confusi e misti. Infatti dice espre
to (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che
gli
antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasf
formò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i). Par dunque che
gli
Antichi ammettessero la generazione spontanea deg
ionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos
gli
stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i
Sembra che voglia dire a chi ha orecchi da intendere : Vedete ! anche
gli
Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti di
ge potrà seguirmi senza temer fatica o disagio ; anzi anche il salire
gli
parrà tanto leggiero « Come a seconda giù l’anda
e adorati da tutte le antiche nazioni. La seconda classe comprendeva
gli
Dei inferiori o terrestri 6 ; la terza era quella
ta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti
gli
attributi di quelle che anticamente erano distint
inte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che
gli
antichi filosofi consideravano la Natura come il
, cioè la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno ; e
gli
stessi nomi assegnarono ancora ai giorni della se
iori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti
gli
anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attrib
a a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti
gli
Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Am
io, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti
gli
uffici e le imprese degli altri loro omonimi. Que
a 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti
gli
esseri organici ed inorganici della creazione, co
ti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche
gli
studii speciali riferibili a questa. 11. Nelle P
polo, ingegnoso sì ma zotico anzichè no : sacrifica alle Grazie. Così
gli
antichi mitologi aprirono un vastissimo campo all
sua singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in isposa da tutti
gli
Dei ; e questo è naturale e probabilissimo, e non
didissimo adornando, « Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti
gli
antichi mitologi di più sana mente avean dovuto i
apparenza benchè maligno in effetto, colle ali d’oro, e d’oro l’arco,
gli
strali e la faretra ; e si aggiunge dai poeti ch’
a stessa che non sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori,
gli
starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modific
on sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnuti,
gli
sbadigli, ecc., ma soltanto modificazioni più o m
li sposi ; e nella sinistra le auree catene a significare i vincoli e
gli
obblighi del matrimonio, catene, d’oro ma catene
in cui v’era sempre Imene con le catene, per rima obbligata, a unire
gli
sposi. Da questa mitologica frivolezza non si è a
piacevolezza, ecc. » Quindi l’espressione familiare comunissima : non
gli
si avviene. 185. Lo stesso Ugo Foscolo alludendo
do cristallo negli spazii del cielo. Anzi potrebbe dirsi che avessero
gli
Antichi quasi indovinate le moderne ipotesi astro
disposto al fantastico e al maraviglioso, personificarono quasi tutti
gli
oggetti e i fenomeni dell’Universo, e primo d’ogn
l’ambrosia, bevanda e cibo degli Dei17, i matrimoni e le figliolanze,
gli
amori e gli odii, le cortesie e le audaci imprese
bevanda e cibo degli Dei17, i matrimoni e le figliolanze, gli amori e
gli
odii, le cortesie e le audaci imprese, le vendett
ternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che
gli
fosse piaciuto abdicare in favore di essi. Creden
nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitando così
gli
antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al c
uesto pianeta è un’ara sormontata da viva fiamma, convien dedurne che
gli
astronomi abbiano inteso di rappresentar Vesta gi
udditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno
gli
stessi diritti alla successione nei beni paterni
XXXVIII Gli Dei Penati e
gli
Dei Lari Se dovessimo prendere ad esaminare le
o romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia
gli
Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’inten
l’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre
gli
comanda che cerchi loro altre terre, erga altre m
chise, li chiama patrii Penati 33. E per viaggio, allorchè questi Dei
gli
compariscono in sogno, li appella Frigii Penati 3
imostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero
gli
Dei protettori di Troia e della Troade. Vero è ch
aco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale
gli
Dei protettori della sua città e del suo regno, q
ome avvenga che talvolta in qualche Classico latino si annoverano tra
gli
Dei Penati taluni degli Dei superiori o maggiori,
privati vantaggi della social convivenza. Perciò, oltre al distinguer
gli
Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la ques
no dell’anno si lasciasse trascorrere inerte senza adempiere pur anco
gli
obblighi del proprio stato. Il dì 11 dello stess
inno saliare. Vèiove significa Giove piccolo, ossia bambino, secondo
gli
etimologisti latini e lo stesso Ovidio. Perciò qu
onoscono le attribuzioni dal significato stesso del loro nome ; e tra
gli
altri abbiamo rammentato il Dio Robigo. Nel mese
ol dir chiuso), perchè a quei riti e in quel tempio non erano ammessi
gli
uomini. La Storia Romana ci narra che essendovisi
iunone è di origine latina : deriva a monendo (dall’avvertire) perchè
gli
antichi Romani dicevano che questa Dea li aveva a
i, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti
gli
anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giug
. Cicerone e Plauto rammentano questo Dio Summano, ma non ne spiegano
gli
attributi : Plinio nel libro ii, cap. 52 della su
ivaleggiano coi Paleontologi a ricostruire con frammenti fossilizzati
gli
esseri preistorici, si sono impossessati di quest
spesso vi si univa contemporaneamente anche il ballo, e non solo fra
gli
idolatri, ma pur anco nel popolo eletto 123. Non
a all’intelletto affinchè le elabori e le faccia fruttificare. Perciò
gli
Antichi avevano in proverbio che tanto sappiamo q
secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono
gli
appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicon
ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto
gli
egregi poeti adorano e invocano le Muse con entus
osare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e datasi a fuggire pregando
gli
Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata
chità ; e così vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio
gli
occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bio
la Tebaide del poeta Stazio in quello stesso significato che talvolta
gli
si dà in italiano. « Tempus erit, quum laurigero
io latino comunissimo e verissimo. 133. Dante invocando Apollo così
gli
dice : « Venir vedra’ mi al tuo diletto legno, «
cesi ancora, Napoli, che significa città nuova. Scelsero egregiamente
gli
Antichi per soggiorno delle Sirene un clima incan
le cui specie son tuttora esistenti, convien notare primieramente che
gli
Antichi davano loro il nome generale di Orche ; e
tasia. Perciò supposero che fossero animali carnivori che divorassero
gli
uomini e tanto più volentieri le donne ; e credet
o piangendo, « E le Nereidi coi capelli sparsi, « Glauci e Tritoni, o
gli
altri, non sappiendo « Dove, chi qua, chi là van
egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e
gli
riuscì soltanto di presentarci, goffamente deline
a città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che
gli
abitanti pronunziano come se si scrivesse Sciglio
a. 232. Orazio faceva tante maraviglie e mostrava quasi orrore che
gli
uomini avessero osato affidarsi con fragil barca
a invenzione ariostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre
gli
riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con t
questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine di tempo comparvero
gli
ultimi nella scena politica del mondo antico e co
ati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava
gli
fosse suggerito dalla Ninfa Egeria. La base adunq
o conquistato l’Egitto, poche e sconnesse notizie ci hanno tramandato
gli
scrittori di ambedue quelle nazioni relativamente
ticismo e l’interpretazione dei geroglifici, ma pur anco le piramidi,
gli
obelischi, l’istmo, le oasi, il delta, le bocche
pi e movimenti. I Romani adoravano Iside sotto la forma di donna ; ma
gli
Egiziani sotto quella di vacca, perchè credevano
a, si fossero trasformati essa in vacca ed Osiride in bove o toro. Nè
gli
Egiziani si contentavano di adorare queste due Di
io. Trovasi anche rammentato dagli scrittori latini il Dio Anùbi, che
gli
Egiziani dicevano esser figlio di Osiride, e lo r
e fonti, tanto più è presumibile che non avranno mancato d’immaginare
gli
Dei dei Fiumi. E quanto ai nomi li presero dalla
fiume. Modernamente, per indicar meglio qual Fiume sia rappresentato,
gli
si pone appresso, o nella sinistra, uno scudetto
che tenta « Uguagliarsi agli Dei. Ben io t’affermo « Che nè bellezza
gli
varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di
tale un monte « Di ghiaia immenso e di pattume intorno « Gli verserò,
gli
ammasserò, che l’ossa « Gli Achei raccorne non po
? » (Eleg., I, 7ª, v. 23.) 27. Parlata del Tevere ad Enea, quando
gli
comparve in sogno : « O sate gente Deûm, trojana
dalla terra gorgogliando ; e quelle aperture del terreno son chiamate
gli
occhi della Guadiana. 31. E da notarsi che in Om
vigabile diverso dal Xanto. I moderni Geografi, non che i Letterati e
gli
Archeologi, per quanto abbiano visitato e studiat
pote, fonda nel 1883 il regno d’Arcadia. Indi emigra in Tessaglia con
gli
Arcadi, detti Pelasgi.159 — Sparto o Sparton
1416. Aristeo insegna ai Greci a far coagulare il latte, coltivare
gli
ulivi, raccogliere le Api negli alveari e cavarne
e forse precederono la stessa Grecia nella coltura ; e principalmente
gli
Etruschi. — La guerra degli Dei contro Tifeo (nel
e in singolar tenzone. — I sette prodi o Capitani davanti a Tebe, e
gli
Epigoni. 1316. Teseo re d’Atene. — 1300. Fond
e figlio di Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise,
gli
abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di
aduta di Troja. Vedi la favola e l’Odissea d’Omero. 1190. I Dorii e
gli
Etolii, condotti dagli Eraclidi o discendenti d’E
) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette
gli
occhi. » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche). 90
X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè
gli
antichi politeisti ebbero personificato e deifica
doravansi i prodotti stessi naturali come se fossero Dei, e in quella
gli
esseri soprannaturali a cui se ne attribuiva l’in
te considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e
gli
storici filosofi, che gli uomini solivaghi e noma
nche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che
gli
uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori
, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi,
gli
stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi
oserpina restasse 6 mesi dell’anno col marito Plutone nell’inferno, e
gli
altri 6 mesi colla madre sulla terra54. Tutta que
ifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con
gli
orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quan
possesso del celeste regno. Veramente le guerre contro Giove, secondo
gli
antichi mitologi, furono due : quella dei Titani
mpassione la dea Tellùre, ossia la Terra, che irritata contro Giove e
gli
altri Dei, così spietatamente crudeli, generò dal
li istigò a vendicare i Titani, a impadronirsi del Cielo e cacciarne
gli
usurpatori tiranni. Ed ecco l’origine e la causa
struzione del Gius Costituito, ossia dell’ordine sociale di fatto ; e
gli
antichi la considerarono come una lotta del princ
hiamata Pallène. Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti
gli
Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Gi
ricovrarono quasi tutti in Egitto. Ecco, ci dicono i mitologi, perchè
gli
Egiziani adoravano come Dei tante bestie, ed anch
è questo uno dei più evidenti esempi a dimostrazione del modo con cui
gli
Antichi trasformavano in racconti mitologici la d
era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di Bellerofonte, che
gli
fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo
di Bellerofonte, e cangiato il sospetto in ammirazione e benevolenza,
gli
diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorel
e a tollerare la prosperità che prima l’avversità. Credendo che nulla
gli
fosse impossibile, montato sul caval Pegaso, lo s
e, montato sul caval Pegaso, lo spinse verso il Cielo, presumendo che
gli
Dei dovessero accoglierlo nel loro consesso ed al
questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono
gli
equivalenti neppure in latino, cioè il verbo chim
atteri, e perchè fu trovata presso Arezzo. Potrà bene aver pregio per
gli
Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non rec
tico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e
gli
altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon
asso, il Monti e il Foscolo. È da osservarsi peraltro che nè Dante nè
gli
altri poeti nostri adottarono i più strani, oscur
reci e latini riporto nel testo, per chi non conosce le lingue dotte,
gli
opportuni esempi tratti dalle migliori traduzioni
ue non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per
gli
studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebb
utili soltanto a chi è valente nelle lingue greca e latina. Per tutti
gli
altri che son principianti o. privi affatto della
nativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar disgiunti
gli
stùdii letterarii dagli scientifici, nè questi da
vano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè credevano che
gli
fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la q
a protettrice, la quale in quelle pugne in cui prendevano parte anche
gli
Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempr
u chiamato perciò Areopago. Seì di quei giudici condannarono Marte, e
gli
altri sei lo assolsero ; e la parità dei voti fu
stesso nome nelle lingue affini alla latina. Di Marte diedero il nome
gli
astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occh
, o ad una densa atmosfera che lo circondi. Dante aveva osservato che
gli
astri riflettono una luce più rossa quando si ved
nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti
gli
altri. Avendo egli presenti alla mente queste oss
tello maggiore Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che
gli
nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. Il qual f
e anche i più stretti vincoli del sangue22. Cibele dipoi, per salvare
gli
altri figli maschi che nacquero in appresso, li m
reta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che
gli
fece presentare invece di ciascun neonato. Saturn
oviamo rappresentate, e quasi storicamente narrate come avvengono tra
gli
uomini, la maggior parte delle vicende politiche
nie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e di morti, perchè
gli
Dei degli Antichi, come le Fate del medio evo25)
significa deificazione, e consiste nel considerare e adorare come Dei
gli
esseri della Natura, le esistenze create166 ; e i
siani adoravano come loro Nume supremo il Sole ; e Ovidio ci dice che
gli
sacrificavano il cavallo per offrire una veloce v
i Feticismo, benchè meno goffo, non meno però materiale (poichè anche
gli
astri son composti di materia cosmica), se ben pr
ia cosmica), se ben presto non fosse invalsa l’idea e la credenza che
gli
astri fossero regolati e diretti nel vero o nell’
l feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e
gli
uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una re
stere vera civiltà. Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti
gli
ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abba
rimar non fur lor pianti. « E mentre che di là per me si stette, « Io
gli
sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare
le Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono
gli
abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi,
enne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che
gli
altri due di politeismo e di gentilesimo 169. Ma
santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tutti
gli
uomini sono eguali, e perciò favoriva e comandava
erale delle Divinità del Paganesimo (vedi il N. III) fu accennato che
gli
Dei di 2° ordine eran detti Inferiori o Terrestri
itato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per
gli
Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è ac
aduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per
gli
altri Dei che furon detti e considerati Inferiori
di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche
gli
Dei stranieri, e poi per mezzo della cerimonia de
ù remoti Antenati. 1. Quindi ebbero origine i libri di polemica fra
gli
scrittori delle due opposte religioni. 2. Molti
o Principi sotto la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero
gli
Stati Uniti di America e l’Impero Germanico ; men
ommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto
gli
stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suo
produrre certi determinati effetti ; e poichè la Necessità costringe
gli
uomini a fare o soffrire, perciò fu-creduta una D
erenda ope, dal recar soccorso. In greco era chiamata Tiche, ed aveva
gli
stessi attributi della Fortuna dei Latini. E poic
ormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti
gli
altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si la
costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi
gli
abitanti. Aggiungono che nacque gara fra gli Dei
ope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. Aggiungono che nacque gara fra
gli
Dei per darle il nome ; e Giove per troncar le qu
Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e
gli
altri greci scrittori depositavano i loro componi
bitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra
gli
esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto x
« O folle Aragne, sì vedeva io te, « Già mezza aragna, trista in su
gli
stracci « Dell’opera che mal per te si fe ! » Qu
tutti i popoli idolatri ; e Cesare rammenta nei suoi Commentarii, che
gli
antichi Germani regolavano le loro imprese second
etto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la Dea
gli
gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in c
di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea faccia orrore. E
gli
uffici che le si assegnavano eran pur essi fantas
olare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra
gli
altri ufficii di questa Dea ivi enumerati non è a
o per ricchezza, sebbene fosse impossibile rifare dello stesso pregio
gli
oggetti d’arte che erano periti nell’incendio. Qu
tesse Vestali, lo deduciamo dallo stesso Tito Livio, non che da tutti
gli
altri storici e poeti latini, i quali concordemen
lice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato
gli
storici romani sulla importanza del culto di Vest
è fu considerata una determinazione infausta per la Vestale. I voti e
gli
obblighi che riguardavano l’interesse pubblico er
el loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e
gli
atti di molta importanza e segretezza non solo da
omani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù
gli
stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assur
dri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e
gli
antichi precetti religiosi riportati da Cicerone
ioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno
gli
antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione c
fiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati
gli
artisti a rappresentarle in scultura e in pittura
se più care e più preziose. Ma quando seppe che Meleagro aveva ucciso
gli
zii, all’amor materno cominciò a prevalere la pie
vrebbe cercato di porvi rimedio ; chè ella sola il poteva. Quelli che
gli
apprestavano i suoi affettuosi compagni furono af
izzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio,
gli
desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla g
ra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio
gli
disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « S
bio e l’incertezza predominano sempre. Ma comunque credessero formati
gli
Astri, non seppero immaginare come potessero muov
le. Considerarono come un pianeta anche il Sole : e così colla Luna e
gli
altri 5 pianeti visibili ad occhio nùdo ne annove
neti che ne prendono il nome fossero situati e girassero, secondo che
gli
Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo
ti splendori da lui veduti nell’Empireo, esclama : « O Elios, che sì
gli
addobbi !98) » Quanto poi al globo lunare sappia
o ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno. » Ma
gli
attribuisce un genere di vita più patriarcale, e
il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e
gli
assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantu
ssegnati nella così detta Rosa dei Venti ; e la ragione è questa, che
gli
Antichi stessi furono incerti nel determinare da
Borea, Cirico o Iapige e Cauro o Coro. È da notarsi però che talvolta
gli
Autori e specialmente i poeti, nominano l’un per
uale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia
gli
uomini più grandi e più sommi. La più evidente in
i, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche
gli
elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia
to fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì che hanno sì gran credito
gli
studii preistorici sugli uomini primitivi dell’et
estre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti
gli
oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse
ni a fortificar le città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano
gli
Antichi, che era il simbolo dei venti che spirano
di ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano, battevano
gli
scudi e i tamburi, e si percuotevano fra loro con
o, 433 ; — liberata dai fratelli, 434 ; — divien moglie di Menelao, e
gli
vien rapita da Paride, 528, 601 ; — è resa a Mene
1 ; — combatte Fineo, 362 ; — ristabilisce Acrisio sul trono, 363 ; —
gli
toglie la vita, e fonda Micene, 363. Pesci, segno
tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse, 275. Tantalo. Oltraggia
gli
Dei, 250 ; — suo gastigo, 251. Taranete, divinità
a, 65-69. Titano. Sua nascita, 26 ; — cede l’impero a Saturno, 27 ; —
gli
dichiara la guerra, 30. Titea o la Terra. Vedi Ve
i fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e
gli
egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolt
egnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole
gli
altri miei libri, vorranno accogliere e proporre
, descrivendo le anime beate che egli vide nel globo lunare, dice che
gli
eran sembrate immagini riflesse dall’ acque nitid
. Tanto più dunque, concluderemo, in soggetti profani. Infatti, anche
gli
Scienziati trovarono da far nuove applicazioni de
tornato in Cielo radunò il consiglio degli Dei Superiori, narrò tutti
gli
orribili delitti degli uomini, e si mostrò risolu
lare dell’illustre geologo professor Igino Cocchi sul modo di contare
gli
anni in geologia.
obabile. Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare
gli
enigmi degli antichi, va in oggi a poco a poco ce
do per dimande e per risposte. » — Il racconto non interrotto, dicono
gli
Autori di questo Corso, offre all’ alunno una let
endo poi come acquietare il popolo che ricercava il suo re guerriero,
gli
fecero credere per mezzo di Procolo che fosse ass
30. Prometeo, 70, 71. Ercole, 364—401. Perseo, 353—363. Giasone e
gli
Argonauti, 448—460. Castore e Polluce, 441—447.
s vers de Métastase : Se si adorano in terra e perche sono Placabili
gli
dei ; d’ogn’ altro il fato Nume il piu grande : e
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