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1 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
ferite. S’accese l’ Eroe di furore, vibrò un dardo contro il Dragone, lo uccise, e per comando di Pallade ne seminò i dent
ta scagliata contro di lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo stesso, e lo privò di vita. A tale vista insorser
contro di lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo stesso, e lo privò di vita. A tale vista insorsero tutti gli a
lo, intese, che non ne avrebbe alcuno, e che in vece un di lui nipote lo ucciderebbe. Per impedire la veriocazione del fun
ontanarlo da se. Sotto pretesto quindi d’acquistarsi immortale gloria lo spedì a troncare il capo alla Gorgone Medusa. Il
Plutone, per le ali a’ piedi, e l’arma, datagli da Mercurio(5), e per lo scudo, che Pallade aveagli somministrato, e che r
ato di deridere le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero con Nettuno, e lo pregarono di vendicarle. Il Dio del mare mandò un
cque contro di lei l’anzidetta bestia. Ei piombò su quel mostro, e sì lo trafisse coll’asta, che gli tolse intieramente la
sperimento con altre verghe, egualmente tenere e fresche, osservarono lo stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere di f
li predetto. Avvenne, che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uccise. Perseo ne concepì ta
che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uccise. Perseo ne concepì tal’estremo dolore, che
di Filaco(1), un figlio, sparse voce, che quello appena nato mori ; e lo fece secretamente trasferire sul monte Pelio appr
ui educazione, gl’insegnò molte scienze, e spezialmente la medicina : lo che gli acquistò il nome di Giasone(c). Alcuni la
ricolosissima, promettendogli, che qualora fosse ritornato da quella, lo avrebbe collocato sul trono, che gli appatteneva.
la via di uscire senza pericolo dal luogo, ove si trovavano. Giasone lo ricompensò, regalandogli un bellissimo tripode di
lo ricompensò, regalandogli un bellissimo tripode di rame. Il Tritone lo ripose in un tempio, a lui consecrato, e predisse
crato, e predisse a Giasone, che quando alcuno de’ di lui discendenti lo avrebbe tolto, si sarebbono fabbricate cento citt
to Lago. Allorchè gli Argonauti erano per proseguire il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro d
ino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fosse loro di sic
de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lido di Colco (a) (21). Eeta lo inseguì, nè Giasone avrebbe potuto salvarsi da lu
al dire di Apollonio da Asteroclea(b), o da Eurilite, come riferisce lo Scoliaste del predetto Apollonio ; e dopo d’averl
i raccogliere quelle, e ’l dolore, che a vista del funesto spettacolo lo avrebbono sorpreso, ritardassero la rapidità del
regò Medea, che ridonasse al vecchio padre l’età giovanile (d) (23) : lo che avvenne. Pelia, quantunque avesse eseguito Gi
uello di aver ringiovinito Esone. Quelle la supplicarono di procurare lo stesso bene anche al loro vecchio padre. Medea pr
tte le mandre si cercasse uno de’ più attempati e smunti arieti. Come lo ebbe dinanzi a se, lo scannò, e poi la immerse in
sse uno de’ più attempati e smunti arieti. Come lo ebbe dinanzi a se, lo scannò, e poi la immerse in una caldaja, in cui e
 : Pelia grondava di sangue, quando Medea gli recise inoltre la gola, lo tuffò in acqua bollente, ed ivi lo lasciò, finchè
Medea gli recise inoltre la gola, lo tuffò in acqua bollente, ed ivi lo lasciò, finchè venne dal fuoco intieramente consu
itirossi in, Corinto. Pare, che Giasone finalmenre dovesse conseguire lo scettro, che gli apparteneva ; ma vi si oppose al
i destò nell’animo d’Euristeo sentimenti di gelosia riguardo a lui, e lo mise nel timore d’esserne detronizzato. Quel Sovr
i, e lo mise nel timore d’esserne detronizzato. Quel Sovrano pertanto lo obbligò ad imprese superiori alla capacità ordina
Ercole abbia impegnato Ecate a far comparire quel leone, e che Iride lo abbia portato sul monte Ofelta, dove il primo gio
ta, dove il primo giorno divorò un pastore, detto Apesanto. Erasi per lo innanzi inutilmente adoperato il ferro e il fuoco
perchè la pelle n’era impenetrabile. Lo incalzò quindi in guisa, che lo ridusse entro la sua caverna, la quale aveva due
sì celebre ospite, voleva immolare una vittima a di lui onore. Ercole lo persuase di differirne il sacrifizio al suo ritor
io al suo ritorno, e gli promise d’offerirlo egli a Giove Salvatore : lo che eseguì. Sonovi alcuni, i quali pretendono, ch
one spedì in ajuto del feroce animale un Cancro ; ma l’Eroe ben tosto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò
’Erimanto, il quale furiosamente desolava tutti que’ dintorni. L’Eroe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì
quale egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi compagni. Ercole lo onorò con magnifici funerali sopra una montagna,
ove solevano ritirarsi, e colle frecce li uccise(a). Mnasea appresso lo Scoliaste d’ Apollonio dice, ch’ Ercole mise a mo
Ercole ciò fece, perchè élleno avevano negato l’ospizio a lui, mentre lo avevano accordato ad altri(b). Minos, re di Creta
ci, e desolava i dintorni di Maratona. Euristeo intimò ad Ercole, che lo uccidesse. L’Eroe nol fece, perchè anche quello e
L’Eroe nol fece, perchè anche quello era dedicato a’ Numi, e in vece lo portò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di M
tiope, la condusse via prigioniera, e la diede in moglie a Teseo, che lo aveva accompagnato in quella spedizione(d) (9). P
promise in ricompensa la decima parte di tutti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ Eroe quanto gli si
rita, ch’ Ercole aveva ricevuto, in quella circostanza gli si aprì, e lo ammalò. Volea egli fare la pace co’Molioni, ma qu
l Disco ; chi fosse capace d’attignere maggior quantità d’acqua entro lo spazio d’un certo tempo ; chi avrebbe mangiato pi
te. Ministro della crudeltà di Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò di vita, ne uccise il Dragone, e il Cane, e
le quali abitavano appresso il fiume Eridano in una spelonca. Elleno lo inviarono a Nereo, da cui ne venne istruito. L’ E
sì egli fece(16) ; e vuolsi, che dopo d’aver eseguito ciò che doveva, lo abbia anche ricondotto nell’ Inferno(b). Molte al
se Teodamante, t marciò con alcuni soldati contro l’ Eroe ; ma questi lo uccise, e seco condusse via il predetto di lui fi
cui compariva più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria, e sì lo
va più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria, e sì lo tenne, finch
n’accorse, di nuovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria, e sì lo tenne, finchè lo strangolò(b) (20). Alcuni aggiun
ovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria, e sì lo tenne, finchè lo strangolò(b) (20). Alcuni aggiungono, che Ercole
ise i pirati, restituì le giovani al loro padre, e mise a morte anche lo stesso Busiride(b). Altri in altro modo raccontan
ieri, schiacciando la loro testa colla sua. Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). Eono, figlio di Licinnio, frate
Eono scagliò contro di quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo caricarono di percosse. Ercole prese a difenderlo
gava i passeggieri a mietere o a misurare le di lui biade ; e dopochè lo aveano fatto, eddeva loro la testa. Gli fu condot
i trasferito appresso Desameno, re d’ Olena, città d’ Acaja, il quale lo accolse molto amichevolmente, non solo perchè ne
l quale lo accolse molto amichevolmente, non solo perchè ne conosceva lo straordinario valore, ma anche perchè avea bisogn
Centauro Eurizione voleva sposare per forza. Ercole attaccò colui, e lo fece morire(c). Ercole, andando a combattere le A
uo viaggio, arrivò in Misia, dove combattè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in di lui luogo
chiudeva l’ingresso dell’antro, s’avventò contro Caco, e colla clava lo uccise(b). Altri pretendono, che sia stata Caca,
la guerra a’Beozj, comandati da Ercole, fu vinto da questo Eroe, che lo fece squarciare da due cavalli. Ercole pure non v
ese pure contro, di lui il suo arco. Il Sole ammirò tanto coraggio, e lo regalò d’una tazza d’oro. Ercole lottò ne’Giuochi
re delle Muse, perchè riusci eccellentemente in varie scienze. Seneca lo annovera tra gli uomini sapienti : Eliano lo enco
in varie scienze. Seneca lo annovera tra gli uomini sapienti : Eliano lo encomia, come Filosofo morale. Da Chirone apprese
e, per cui ne fu tenuto qual Dio, e si confuse con Mercurio. Teocrito lo disse l’uomo universale. Insegnò le Belle-Lettere
o universale. Insegnò le Belle-Lettere ad Evandro ; e perciò i Romani lo riconobbero come uno de’loro fondatori. Fu buon d
sottomessi i popoli più coll’ eloquenza, che colle armi : e come tale lo onoravano sotto il nome d’Ogmio. Fu poeta e music
stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con alcuno. Sognò di nuovo lo stesso, e neppure allora parlò. Per la terza volt
per indicare, che i travagli, da lui intrapresi per causa di Giunone, lo rendettero glorioso (c). Ercole ebbe molte mogli.
ole la mente, e mentre stava egli per offerire un sacrifizio a Giove, lo rendette furibondo. Partì dall’ altare, si trasfe
di mente ; ma Ercole, pensando, che quegli fosse Euristeo, coll’ arco lo inseguì. Fu rinchiuso in una stanza, ed ei ne spe
e ad Ercole, ricorse all’ artifizio di tramutarsi in serpente. L’Eroe lo afferrò pel collo, sì fortemente lo strinse, che
di tramutarsi in serpente. L’Eroe lo afferrò pel collo, sì fortemente lo strinse, che gia era per soffocarlo. Acheloo, ves
noò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò uno de’ corni, dielo svelse, e lo atterrò. Le Najadi, figlie dello stesso Ar heloo,
rò. Le Najadi, figlie dello stesso Ar heloo, raccolsero quel corno, e lo riempirono di frutta e fiori odorosi (a). Dejanir
be, sua patria. Giunto alle rive dell’ Eveno, fiume dell’ Etolia(25), lo trovò cresciuto assai più dell’ usato, e pericolo
are d’arco, e prometteva di dare in moglie la predetta sua figlia chi lo avesse superato. Ercole vi riuscì, e colui no vol
so Deifobo, figlio d’Ippolito, re d’Amicle, e quegli senza difficoltà lo sottomise alle ceremonie dell’espiazione. Gli Dei
li Dei però, giudicando che Ercole non fosse stato abbastanza punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberars
er eseguire la predizione dell’ Oracolo, Mercurio per ordine di Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, fi
ell’ Oracolo, Mercurio per ordine di Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie
, acquistato sopia di Ercole, gli tolse la clava e la pelle di leone, lo vestì in abito donnesco ; e postagli in mano una
o dagli abiti, s’accostò più d’appresso ad Ercole. Questi, destatosi, lo lanciò nel mezzo della grotta. Onfale pel sussuro
l fuoco venefico, da cui internamente veniva cruciato, ma il dolore e lo spasimo superando alla fine la di lui tolleranza,
o d’una spelonca. Allora sciolo improvvisamente il freno alla rabbia, lo lanciò in mare, dove fu cangiato in iscoglio (b).
pressochè innumerabili gli onori, che questo Eroe ricevette. I Greci lo venerarono come uno de’ loro maggiori Dei (d). Eg
i popoli della Grecia gl’ inalzarono tempj e altari (b). Gli Ateniesi lo onorarono coll’ Enisterie, ossia colle Feste del
ngo tempo stette dubbioso sul partito, cui doveva appigliarsi. Ercole lo voleva fuggiasco, e le leggi dalla di lui patria
isione, corse alla foresta, vi trovò il toro estremamente affaticato, lo afferrò per un piede, lo trasse all’ altare coman
a, vi trovò il toro estremamente affaticato, lo afferrò per un piede, lo trasse all’ altare comandato, ed ivi lo immolò. E
ato, lo afferrò per un piede, lo trasse all’ altare comandato, ed ivi lo immolò. Egli inoltre mediante la protezione d’Erc
Ercole restò liberato dalla fiamma d’amore, di cui ardeva per Cigno : lo che talmente avvilì l’oggetto da prima cotanto am
ò, ch’eravi sottoposto. Fu allora, che la virtù e la gloria di Ercole lo animarono piucchè mai ad illustri azioni, e l’amm
ideva i passeggieri(b). Colui voleva arrestare anche Teseo, ma questi lo uccise, e portò sempre con se quella clava, come
tra molte canne e altre piante selvaggie, perchè temeva d’incontrare lo stesso fine di lui. Teseo, il quale già sospettav
ona, luogo vicino a Corinto, e v’uccise un cinghiale, ch’era divenuto lo spavento di quel Territorio(c). Assicurò il cammi
eusi(e), trattava i passeggieri, come il predetto Scini(f) (5). Teseo lo uccise, e vi sostituì sul trono Ippotoonte(6), na
riduceva alla misura del medesimo colle più crudeli stirature. Teseo lo fece morire del medesimo supplizio(a). Egli poi a
Mentre Teseo appressava le labbra alla tazza fatale, il padre di lui lo riconobbe, e strappatogli il bicchiere di mano, i
vidia degli Ateniesi e de’ Megaresi, che coloro gli tesero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Minos stava sacrificand
calato dall’ alto, cercò inconsolabile il caro figlio ; e trovatolo, lo seppellì sotto le arene. Riprese poscia il volo v
fice, ma poi, temendo il furore di Minos, che glielo aveva ricercato, lo soffocò in un bagno(b). Dicono, che le figlie di
dell’anzidetto mostro. Pausania poi soggiunge aver altri preteso, che lo abbia ajutato Diana, cui perciò Teseo eresse un t
del Labirinto anche gli altri, che erano stati spediti ad incontrare lo stesso funesto fine(14). Egli rapì inoltre le due
in particolare delle fave. Mise il tutto a cuocere in una pentola, e lo mangiò co’suoi compagni. Ciò fu imitato anche in
’alto d’Atene, detta Acropoli, dove l’impaziente suo amore pel figlio lo aveva condotto, stava osservando, se la nave di T
li Ateniesi per consolarnelo esaltarono Egeo al grado di Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e diedero il nome
ò la fronte a colui, il quale cadde tutto asperso di sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, che i Lapiti gli tagl
seo ; ma questi, lanciando contro di lui un grosso tronco di quercia, lo lasciò semivivo. Lo stesso Eroe assalì poscia Bia
ivo. Lo stesso Eroe assalì poscia Bianore ; gli stritolò le tempia, e lo uccise. La medesima cosa fece a Nedimno, a Liceto
istrappare dalle radici un annoso pino ; ma non potendo sveller. Io, lo scosse di tal fatta ; che cadde alla fine, dove i
ope, e re di quell’ Isola, preso da invilia di sì grande personaggio, lo precipitò dall’ alto d’una rupe(a). Gli Ateniesi
sto da Ercole sul trono del predetto Laomedonte, suo padre, ne ampliò lo Stato per mezzo di varie conquiste, e ne accrebbe
pliò lo Stato per mezzo di varie conquiste, e ne accrebbe la gloria e lo splendore. Riparò le fortificazioni della Capital
Arrivato prima il giovane Trojano a Sparta, Menelao, che ivi regnava, lo accolse con dimostrazioni di singolare benevolenz
e la sua città in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, ma Écuba(31) lo consigliò di rititarsi piuttosto all’altare di Gi
Polite, figlio di Priamo. Il re Trojano a tale vista non potè frenare lo sdegno, rimproverò il Greco, come colui, che spie
o, vibrò contro Pirro un dardo, il quale però appena giunse a toccare lo scudo di lui. Il Greco allora si scagliò sopra l’
ui. Il Greco allora si scagliò sopra l’infelice vecchio, con una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la s
se pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la spada nel di lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara. Aceorsero i Greci
o durato fatica ad alzarla da terra ; ed egli solo con tutta facilità lo fece, e la gettò contro quella porta, che ne rima
eo, e re di Budia(h). Vinse e disarmò Leito, figlio d’ Alettrione ; e lo avrebbe inche ucciso, se non fosse accorso in di
mani con lui. Priamo ed Ecuba, tremanti per la vita del loro figlio, lo scongiuravano di rientrare in città ; ma nè le pr
là. Venne finalmente Achille colla picca alla mano. Ettore, appenachè lo vide, sorpreso da grande terroce, si diede precip
o da grande terroce, si diede precipitosamente alla fugà(a). Il Greco lo insegui sino alle sorgenti del fiume Scamandro. A
cirono inutili Achille all’opposto vibrò contro di Ettore la picca, e lo stese a terra morto. Disonorò poi la sua vittoria
e crudeltà. Non contento d’aver insultato agli ultimi respiri di lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo strascinò
to agli ultimi respiri di lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo strascinò col volto nella polvere intorno le mura
e’cani e degli avoltoi (b). Priamo allora, gettatosi a’ piedi di lui, lo supplicò che volesse rendergli il morto figlio ;
o ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. I fratelli, e gli amici
de venisse divorato dalle fiere. La madre però n’ebbe pietà, e invece lo fece allevare secretamente nella Frigia da’ Pasto
ori a lui ricorrevano per decidere le loro questioni(d). Giove stesso lo costituì giudice delle tre Dee, Giunone, Minerva,
il quale era scritto : si dia alla più bella . Tutte le Dee da prima lo pretendevano, ma il contrasto finalmente si ridus
entarsi co’ suoi più valorosi nemici. Come poi vide andargli incontro lo stesso Menelao, fu sorpreso da tale spavento, che
o Menelao. Era già per cadere sotto i colpi di, quello, quando Venere lo trasportò in Troja(c). Ritornato al campo, ferì M
per tradimento, come più diffusamente narreremo. Filottete finalmense lo ferì, ed egli però si fece trasferire appresso En
cui erano noti varj secreti di medicina. La Pastorella impiegò tutto lo studio per guarirlo ; ma ogni rimedio fu inutile,
lo prese cura di lui ; e dopo averlo fornito di straordinario valore, lo fece comparire un’altra volta alla testa de’ suoi
finalmente stava per soccombere, quando Nettuno ad istanza di Venere lo tolse dal pericolo(d). Enea uccise Afareo, uno de
eo(f). Sotto le mura di Troja si azzuffò con Demoleo, Greco Capitano, lo spoglio dell’enorme corazza, e la regalò a Mneste
singolare valore(g). Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apoll
alle, e col figlinolo, Ascanio(4), a mano uscì di città(5). Le fiamme lo rispettarono, e per non nuocere a lui, che aveva
. Udì inoltre un grido lamentevole di Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva di trattenersi in quelle terre. Polido
luogo della sua antica origine era l’Italia. Anchise si rammentò, che lo stesso eragli stato predetto anche da Cassandra.
raccontare le sue disavventure, si senti ardere d’amore per lui(12), lo ristorò di tutte le perdite fatte nella procella,
ore per lui(12), lo ristorò di tutte le perdite fatte nella procella, lo trattò a lauto banchetto, e con generose offerte,
Trojano però si mantenne sempre costante nell’ubbidire al Destino che lo chiamava in Italia. Allora la Regina si abbandonò
tito Enea da que’ lidi, i contratj venti ad istanza sempre di Giunoue lo trasferirono un’altra volta in Drepani(14). Acess
l fiume Criniso, e di Egesta, donna Trojana, con tutta la benevolenza lo accolse. Enea vi celebrò allora l’anniversario di
dogli il ramo d’oro, di cui altrove abbiamo parlato, gli comandò, che lo svellesse dal tronco(17), giacchè con esso alla m
ulle pelli delle sacrificate vittime, udì in sogno una voce, la quale lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui un
’acconsentì ; e diede anzi a conoscere ch’Enea, com’egli sperava, era lo straniero illustre, a lui predetto dagli Oracoli.
erra(a). Il Genio del Tevere non ostante comparve in sogno ad Enea, e lo accertò che quello era il paese, nel quale i Numi
mase ferito ; e la Dea, sua madre, con certa erba quasi in un istante lo risanò. Il contrasto per ultimo si decise solamen
icio, il di lui corpo non fu trovato ; e però si credette, che Venere lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva di quel fi
, il quale per timore di dispiacere a Tieste non volle accoglierlo, e lo spedì ad Eneo, re d’Etolia. Questi amichevolmente
e accoglierlo, e lo spedì ad Eneo, re d’Etolia. Questi amichevolmente lo ricevette, e si dichiarò di lui protettore. Poco
Agapenore, figlio d’Anceo e re d’Arcadia (a) (2). Tra gli altri, che lo seguirono, i più rinomati sono Schedio, Ialmeno,
gare le vele alla volta della nemica città ; ma una calma nojosissima lo andava tenendo invece sulle ancore nel porto d’Au
aniche, perchè di queste n’erano chiuse le aperture. La moglie allora lo assalì ; e assistita dall’anzidetto Egisto, con u
o assalì ; e assistita dall’anzidetto Egisto, con un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece perire nel
etto Egisto, con un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece perire nel banchetto, che gl’imbandì, tostoc
sò di compiacernelo : anzi al rifiuto v’aggiunse anche le ingiurie, e lo fece allontanare dalla sua presenza. Crise chiese
secondo la quale si asseriva, ch’eglino erano figliuoli di Plistene, lo Scoliaste d’Omero (b) e lo Scoliaste d’Euripide (
va, ch’eglino erano figliuoli di Plistene, lo Scoliaste d’Omero (b) e lo Scoliaste d’Euripide (c) soggiungono, che essi er
eci. Elettra, figlia dello stesso Agamenonne, dopo la morte del padre lo avea nascosto sotterra con molto oro nella Focide
costo sotterra con molto oro nella Focide. Gli abitanti di quel luogo lo trovarono, e avendo raccolto per se l’oro, lascia
i quel luogo lo trovarono, e avendo raccolto per se l’oro, lasciarono lo scettro a que’di Cheronea. Questi popoli lo tenne
per se l’oro, lasciarono lo scettro a que’di Cheronea. Questi popoli lo tennero come una Divinità, gli offerirono sacrifi
se dei prodigi. Crearono un Sacerdote, che ne presiedesse al culto, e lo tenesse in propria casa per tutto il tempo del su
he il mentovato scettro era stato lavoro di Vulcano ; che questo Nume lo avea regalato a Giove, che Giove ne fece un dono
none, chiamata Anasibia (a). Appresso di quello Elettra, sua sorella, lo fece secretamente trasferire per sottratlo al fur
mente trasferire per sottratlo al furore di sua madre, che altrimenti lo avrebbe ucciso, come ne avea fatto morire il padr
a lei pure immerse un pugnale nel seno (c). I Greci per tale delitto lo aveano condannato a morte ; ed egli, per evitare
che Oreste e Pilade. Toante, avvertito di ciò, voleva inseguirli ; ma lo trattenne Minerva, la quale gl’indicò essere il t
ti alle mani, il Trojano era per soccombere, quando Venere nuovamente lo tolse dal combattimento(a). Allora Minerva per or
dallo stesso Laodoco, scoccò un dardo contro Menelao, e leggiermente lo ferì. Tanta perfidia divenne sorgente di nuove os
na prospera navigazione. Per tutto quel tempo i venti sempre contrarj lo aveano quà e là trasportato. Finalmente lo spinse
po i venti sempre contrarj lo aveano quà e là trasportato. Finalmente lo spinsero in Egitto, ove regnava allora Polibo. Qu
. Finalmente lo spinsero in Egitto, ove regnava allora Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento, di due tripodi, e
pere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla sua patria. Ella lo avvertì, che per farlo parlare, conveniva sorpren
robusti suoi compagni, entrò di buon mattino nella grotta di Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quando cangiava
ontà degli Dei intorno alla sua partenza. Sì orrida barbarie talmente lo rendetre odioso a tutto l’Egitto, che fu costrett
ebbe anche il nome di Pitisoo, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani di sua moglie, quando c
re tutto quel ch’era in lui di mortale(a) (1). Tetide poco tempo dopo lo tuffò nella Palude Stigia, affinchè egli diveniss
del di lui corpo furono tali, trattone il calcagno, per cui la madre lo tenne, mentre lo’immerse nelle predette acque(b).
i di Achille fu affidata al Centauro Chirone. Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di altre best
io di Rodi solevano apprestargli tale nutrimento(c) ; ed esse secondo lo Scoliaste dello stesso Apollonio furono Cariclo e
a, e quella moglie di Chirone. Cresciuto il giovane nell’età, Chirone lo addestrò agli esercizj i più laboriosi del corpo,
l’età, Chirone lo addestrò agli esercizj i più laboriosi del corpo, e lo erudì nella medicina e nella musica(d). Allora qu
arebbe perito, se fosse intervenuto a quella spedizione, secretamente lo fece passare in abito femminile appresso Licomede
Asio, non indicò il luogo, ov’egli stava nascosto. Era pur difficile lo scuoprirlo sotto quelle mentite vesti. Il sagace
uolo di Tetide ; e informatolo del motivo, per cui erasi colà recato, lo condusse seco al Greco campo(a). Desolata Tetide
consecrare quella di Achille allo Sperchio, fiume della Tessaglia, se lo stesso dopo quella guerra si fosse felicemente re
a ferita, quando Telefo venne finalmente instruito dall’ Oracolo, che lo avrebbe potuto risanare soltanto quell’arma stess
acolo, che lo avrebbe potuto risanare soltanto quell’arma stessa, che lo avea colpito. Il re pertanto si riconciliò con Ac
, e seco loro marciò contro i Trojani(a). Claudiano dice, che Achille lo guari con un’erba, detta poi dal nome di lui Achi
a, sgridò la di lui debolezza sì aspramente, che Achille con un pugno lo uccise(9). Achille mise pure a morte Calcone, nat
epida fronte gli stava dinanzi. Il ferro d’Achille traforava l’elmo e lo scudo di Cicno, ma nol offendeva. Intollerante il
e di vedere vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora con esso, ed ora col manico della s
lito e depresso non bastò ad Achille ; ma mentre quegli fuggiva, egli lo inseguì ; e raggiuntolo, gli premette le viscere
e la fuga. Diomede e Nestore biasimavano sì vergognosa risoluzione, e lo esortavano a cercare piuttosto ogni mezzo per pla
usciva vittorioso. La morte finalmente di Patroclo soffocò in Achille lo sdegno, che nutriva contro Agamennone ; si riconc
zza, voleva per forza farsela sua. Ne venne impedito da Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossessars
sse, e la ingojasse(d). Achille sorprese Licaone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio di Gieso
figlio di Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da di là Licaone
ne pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da di là Licaone fuggì, e ritorn
di Achille, sirgettò a’piedi di lui, ptomettendogli trecento buoi, se lo avesse lasciato in vita ; ma il figlio di Peleo n
glie nel di lu campo un pomo. Eranvi scritti due versi, co’quali ella lo avvertiva, che ancor per poco avesse sofferenza,
e quegli abitanti, che morivano di sete, non molto dopo gli aprirono lo porte della loro città(a). Una cosa quasi del par
l fine d’Achille. La maggior parte però di loro asserisce, che Paride lo privò di vita. Allorchè Priamo andò a ricercare a
a statua del Nume, scoccò uno strale contro di Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte del piede, la quale non era
a a passare. Ulisse, al vedere il proprio figlio, torse tosto altrove lo strumento, e in tale guisa scuoprì da se l’ingann
dati, e gl’indicava la grossa somma di danaro, di cui per tale motivo lo regalava. Nello stesso tempo fece nascondere il p
, parte ne massacrarono, e parte ne misero in fuga. Privarono di vita lo stesso Reso, che dormiva, e ne condussero via i c
e al Greco campo Filottete(8), che adirato contro i Greci, perchè ivi lo aveano abbandonaro, non voleva più far ritorno a
usasse molta forza per farli ritornare alle navi. Una terza procella lo spinse in Sicilia. Là con dodici de’suoi entrò ne
arone, figlio d’Evanteo, e sommo sacerdote d’Apollo in Ismara, perchè lo avea reso esente dal sacco nel tempo dell’irruzio
me un albero di nave. Egli ne avea tagliato un pezzo ; e appuntitolo, lo avea indurito al fuoco. Tostochè il sonno s’impad
Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lui compagni lo eccitarono a pregare Nettuno, suo padre, che lo s
sta i di lui compagni lo eccitarono a pregare Nettuno, suo padre, che lo soccorresse. Non molto dopo il Ciclope, altamente
endevano nelle navi. Il Ciclope allora all’udire Ulisse, che da lungi lo beffeggiava, svelse una cima di monte ; e rabbios
. Queglino, credendo che nell’anzidetto otre vi si trovasse dell’oro, lo aprirono. Ne uscirono tosto con furore e veemenza
ti i suoi compagni alla loro primiera figura(12). La Maga prontamente lo fece, strinse innoltre seco lui amicizia, e per u
rontamente lo fece, strinse innoltre seco lui amicizia, e per un anno lo trattenne appresso di se. Ulisse durante questo t
no. Prima però che partisse, Circe, come abbiamo detto anche altrove, lo consigliò di discendere nell’Inferno a consultare
il quale per singolare favore di Proserpina conservava anche colaggiù lo spirito profetico(a). Il Greco Eroe, offerte prim
ordinò che niun riguardo si avesse a lui, quando avesse ricercato che lo sciogliessero. In tal modo evitò anche quel peric
ch’era divenuta Dea del mare, non potè, senza impietosirsi, rimirare lo stato deplorabile, a cui il Greco era ridotto. El
ue giorni e due notti ; e poscia Minerva mandò un vento propizio, che lo trasportò al paese de’Feaci, i quali abitavano l’
di favori qualsivoglia straniero. Appenachè Ulisse v’arrivò, il sonno lo prese, e si addormentò sulla riva d’un fiume. La
e presentatosi alla medesima, le espose la trista sua sventura. Ella lo consolò, e assicurollo, che niente gli sarebbe ma
ssere ricondotto alla sua patria. Alcinoo, prendendo Ulisse per mano, lo fece sorgere, e sedere. Ordinò al suo coppiere, P
. e narrò la lunga serie de’suoi disastri(a). Quel re nel dì seguente lo trattò a magnifico banchetto, in cui Demodoco tra
i stessi Feaci fu trasferito in Itaca(c) (17). Neppure uno vi fu, che lo riconoscesse, poichè Minerva, i aveva cangiato il
sastri cercato, inutilmente il suo genitore. Parlò egli col padre, nè lo riconobbe, finchè Minerva toccò con verga d’oro U
hè credeva che fosse un Nume. Disingannato finalmente, narrò al padre lo stato deplorobile, in cui i Nobili del paese avea
e appresso di loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una panchetta nell’ultima diritta sp
insultò ad Ulisse, e amendue vennero alle mani. Ulisse al primo colpo lo stese a terra, tutto coperto di sangue(c). Penelo
praticare con ogni straniero. La vecchia Euriclea, nutrice d’ Ulisse, lo fece ; e fu allora, che lo riconobbe da certa cic
o. La vecchia Euriclea, nutrice d’ Ulisse, lo fece ; e fu allora, che lo riconobbe da certa cicatrice, rimastagli da una f
i riuscirvi, ma sempre in vano. Ulisse prese allora anch’egli l’arco, lo tese, e vinse nel giuoco(a). Allora si spogliò l’
tese, e vinse nel giuoco(a). Allora si spogliò l’ Eroe de’cenci, che lo cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e
la testa de’suoi si fece a respingernelo, e Telegono senza conoscerlo lo trafisse con una lancia(e). Ditti Cretese disse,
l’ingresso a Telegono(a). Ulisse si ricordò allora di un Oracolo, che lo aveva avvertito di guardarsi da un suo figliuolo.
rsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle sapere chi era quello, che lo aveva ferito, e morì tralle di lui braccia. Teleg
per sottrarsi agli ostili insulti. Un tale fatto destò contro di lui lo sdegno degli uomini, e perfino degli Dei. Ulisse
a schivato il periglio, l’anzidetto Nume percosse allora col tridente lo scoglio, su cui Ajace erasi rifugiato ; e metà di
giato ; e metà di quello cadendo in mare, seco vi trasse anche lui, e lo fece perire(a). Virgilio dice, che Minerva lo col
vi trasse anche lui, e lo fece perire(a). Virgilio dice, che Minerva lo colpì con un fulmine, e che fattolo rapire da un
lo colpì con un fulmine, e che fattolo rapire da un turbine in aria, lo attaccò ad uno scoglio(b). Nè contenta di tale ve
be il bramato figlio. Così avvenne ; e come nacque il bumbino, Ercole lo fasciò eolla pelle dell’ucciso I eone di Nemea lo
il bumbino, Ercole lo fasciò eolla pelle dell’ucciso I eone di Nemea lo che rendette il fanciullo invulnerabile in tutto
i parliamo, esperimento gli effetti fatali della presunzione. Gli Dei lo punnodo colla pazzia, e dopo d’averlo fatto servi
lla pazzia, e dopo d’averlo fatto servire di trastullo a’suoi nemici, lo fecero anche cadere vittima delle proprie mani. E
tolto a’ Trojani, minacciò d’uccidere que’ Capitani dell’ armata, che lo avevano in vece dato ad Ulisse ; ma Ajace il dì s
mento del Cesto, li vinceva tutti, e mettevali a cruda morte. Polluce lo superò, e uccise. I due fratelli, de’ quali parli
ole, e sempre battute da’ flutti del mare, si conservavano immobili : lo che risguardavasi come un perpetuo prodigio(b). A
d’ Alicarnasso(a) Polluce poi ebbe anche un tempio, dedicato a lui a lo appresso la città di Terapne nella Laconia. A lui
utti quelli, che gliela ricercavano in moglie, propose di darla a chi lo avesse oltrepassato, mentre egli correva sopra un
Chi aspirava al possesso d’Ippodamia, doveva precederne il padre, che lo inseguiva con un’asta alla mano(d) (3). Pelope fe
per insultare alla giovine. Pelope, tostochè ne venne in cognizioner, lo precipitò appresso il Promontorio Geresto nel mar
ippo. Il fine di Pelope fu, che il padae suo, come già abbiamo detto, lo fece in pezzi, e poi ne imbandì le membra in un c
’di Elea consideravano Pelope tanto superiore agli altri Eroi, quanto lo era Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole
a una fossa, e che i Magistrati si recavano nel medesimo luogo a fare lo stesso sacrifizio prima d’entrare in carica(c). S
lfico avea predetto a Lajo, che il figliuolo, il qualegli nascerebbe, lo avrebbe ucciso. Il Genitore, spaventato dal vatic
rribile attentato, consegnò il figlio appena nato ad un pastore, onde lo togliesse da’viv nti. Ma colai, divenuto pietoso
pastore, di nome Forba, per là passando, odisse le grida del bambino, lo staccasse dall’albero, e veggendolo bello assai,
rida del bambino, lo staccasse dall’albero, e veggendolo bello assai, lo portasse alla moglie di Polibo, re di Corinto, de
, e Merope da Pisandro(d) e da Seneca(e). Questa, ch’era senza prole, lo ricevette come un dono, fattole dagli Dei, gli si
ole, lo ricevette come un dono, fattole dagli Dei, gli si affezionò ; lo fece allevare non altrimenti che se fosse stato s
. Consultò l’Oracolo per sapere, qual’era il suo padre, e ne udì, che lo avrebbe trovato nella Focide. Intraprese quindi i
i erano rimasti vittime della crudeltà della Sfiuge. Edipo finalmente lo spiegò colle tre diverse età dell’uomo, giacchè q
fece subito le più diligenti perquisizioni, e dal Pastore stesso, che lo avea salvato sul monte Citerone, seppe ch’egli er
ni Ateniesi, sorpresi di vedervelo, vollero a forza discacciarnelo, e lo avrebbono per questo motivo ucciso, se Antigona c
etositi. Allora Edipo fu trasferito in Atene, dove Teseo cortesemente lo accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di piet
lo, ch’era costume d’imporsi a’ morti. La terra finalmente si aprì, e lo accolse nel suo seno(a) (6). Eteocle e Polinic
altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu qu
o anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro di se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un rogo,
o, che mentre con tutta fortezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone,
zione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spaz
a Grecia(g). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per
dono. Non potendo poi trovare appresso Fegeo l’opportuno rimedio, che lo liberasse dal furore, ond’era oppresso, per consi
Un velenoso serpe intanto si attortigliò al collo del fanciulletto, e lo soffocò. Coloro, afflitti per tale disavventura,
desse la corona al suo fratello, Polinice. Eteocle, anzichè aderirvi, lo provocò, a singolare tenzone. Tideo sempre vi rim
ada, per cui quegli dovea ritornarsene in Argo, cinquanta armati, che lo privassero di vita. Capi di coloro furono Meone,
e per disarmarlo, ma quegli, avvalorato dal desiderio della vendetta, lo trafisse col suo ferro, e amendue spirarono sul c
va nobilissimo sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anzidette figliuole. I Tebahi qu
fossero sepolti gli Argivi, rimasti morti in quella guerra, e perfino lo stesso Polinice, come quello che n’era stato il p
li animali(b). Anche Antigona, di lui sorella, era uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due vennero sorprese nel pieto
sepolta viva. Fu allora, che Ismene, sua sorella, corse ad incontrare lo stesso supplizio, accusandosi complice di quel su
esta Divinità calcati, per avvertire, che ne’consigli si deve deporre lo sdegno, perchè questo accieca la mente ; e devesi
esi schivare altresì la velocità, perchè il consiglio precipitato per lo più è dannoso. Accortezza. L’ Accortezza è
no : qualità, che si devono trovare nell’uomo accorto, affinchè niuno lo abbia mai a sorprendere d’improvviso. Economia
il bene. L’ Emulazione punge altresì in certa guisa chi la coltiva, e lo incita a procurarsi il bene, che negli altri ravv
si il bene, che negli altri ravvisa : del che n’è viva espressione sì lo sprone, che il fascetto di spine, di cui n’è ella
ono. Arse di nuovo ; e Attilio fece voto di ristabilirlo, e Germanico lo consacrò(a). La Speranza comparisce in veste verd
n Olimpia. Roma celebrava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era di ristabilire l’unione tra
tro i patrizj. Avendolo un incendio rovinato, Liviamoglie di Augusto, lo ristabilì, e Tiberio lo consacrò. Manlio Pretore
un incendio rovinato, Liviamoglie di Augusto, lo ristabilì, e Tiberio lo consacrò. Manlio Pretore nella rupe Tarpea eresse
ono dagli Antichi venerate o come Deità, o come simboli di quelle. Ce lo testificano anche moltissimi antichi Monumenti, l
he il simbolo il più ordinario della Concordia. Pace. La Pace è lo stato di tranquillità e di buona armonia tra’ pop
 ; altri dicono da Vespasiano. Gl’Imperatori, Tito e Domiziano, molto lo arricchirono. Questo ultimo Imperatore vi traspor
ndi uniti insieme simboleggiano la Pace, di cui è proprio il cangiare lo sdegno in placidezza. Gli Ateniesi poi la rappres
: ciò indica, che l’amicizia serbasi la stessa anche dopo morte, come lo era durante la vita(a). Fede. La Fede è la
ramente tale. Dimostrasi questa Divinità cogli occhi fissi in terra : lo che indica l’interna cognizione, che si forma l’u
ode, dagli amatori di queste ne ritraggono poi doviziose ricompense : lo che esprimesi dal cornucopio, versato sopra i pov
Vizio dipingesi giovane, perchè è questa l’età, che più d’ogni altra lo coltiva. Tiene nella destra una maschera, perchè
empre florido Imeto. Ella, comparsa più serena o colorita del solito, lo rapì, e fece ogni sforzo per induslo ad amarla. M
corrispose mai alle ricerche di colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira, lo rimproverò bruscamente della sua ingratitudine, e
fatta dell’ ira, lo rimproverò bruscamente della sua ingratitudine, e lo rimandò alla sua sposa col presagirgli un tardo e
malnato capriccio, si mosse per abbracciarla. Procride, che non ancor lo avea riconosciuto, lo rigettò con ira e con prote
mosse per abbracciarla. Procride, che non ancor lo avea riconosciuto, lo rigettò con ira e con proteste, ch’ ella ad uno s
eisse il rincreseimento, che le cagiona, va la rimembranza della sua, lo strinse al seno, e ritornò a vivere seco lui in d
igliò Cefalo il consueto esercizio, niente accorgendosi, che da lungi lo seguiva la sposa. Grondante alfine di sudore si s
sposa. Grondante alfine di sudore si sdrajò all’ ombra e invitò come lo scorso dì l’aura gradevole a rinfrescarlo. Al pro
ero con istrepito, gli fecero credere, che fosse qualche fora. Scoccò lo strale verso il luogò, ove la frasca avea fatto r
risa di sangue. La alzò di terra, la abbracciò, ne impedì alla meglio lo sgorgo del sangue ; e proruppe in dirottissime la
. S’ abbandonò la misera nelle di lui braccia, e non molto dopo esalò lo spirito(a). V è chi dice che Procride erasi ritir
l’animale in tale guisa le orecchie per non udire la voce di chi a se lo chiama, mette in vista la proprietà della Disobbe
Questo Vizio sta inoltre colla mano alta, mostrando il dito indice : lo che dichiara la tenacità, con cui l’Arrogante col
ladri. E’ pallido, perchè vive in continuo timore d’essere scoperto : lo che esprimesi anche dalle orechie di Lepre ; anim
bevuto, intorbida il restante dell’ acqua, onde altri non ne bevano : lo che suole operare anche il Maligno. Crudeltà
vrebbe essere eguale con tutti. Ella guarda verso la parte sinistra : lo che significa, che il Parziale non ha l’animo ret
to, nè rivoglie la mente al vero ; ma soltanto favorisce a ciò, a cui lo trasporta la cieca passione. La Parzialità finalm
i coltiva questo vizio, il cangiare volto parole e azioni, secondochè lo ricerca il genlo di coloro, co’ quali conversa. I
to attissimo ad accendere col vento il fuoco, e ad ammorzare i lumi : lo che si conforma coll’ adulatore, il quale o accen
i de’ tempi ; ed è quindi simbolo dell’ Adulazione, che adopera tutto lo studio nel cangiarsi secondo il genio altrui. La
fetti, che dagli Adulatori vengono dissimulati. Il Cane accarezza chi lo cioa, nè ha riguardo a distinzione di meriti : an
e di meriti : anzi talvolta morde chi nol merita, e quello stesso che lo cibava, se avviene, ch’egli tralascii di farlo An
rano geniali, e accarezzano chi li benefica, ma poi inveiscono contro lo stesso benefattore, se da questo non vengono più
, se ne rattrista e affligge. Con ambe le mani si squarcia il petto : lo che esprime il sommo dolore, indivisibile compagn
sa, agitando sempre con affanni il cuore umano, in cui nacque, alfine lo consuma. L’Invidia ha dall’ altra parte il Pavone
quanto che è nemico de’proprj parti, per timore, che essi, crescendo, lo uguaglino in bellezza. Detrazione. La Detra
nero, perchè la mento dell’ Accidioso è occupata da tale torpore, che lo rende insensato. Il pesce poi testè nominato è di
L’Ozio è inazione in chi dovrebbe operare. Giace in oscura caverna : lo che dà ad intendere che l’Ozioso conduce vita abb
ello Sconoscente : egli non rade volte danneggia queglino stessi, che lo hanno beneficato. diffidenza. La diffidenza
to sospeso pe’ capelli dalla Fortuna, per notare, che il Giuoco è per lo più fondato sulla sorte. Viene finalmente da quel
à. La Felicità è godimento di que’ beni, che onestamente allettano lo spirito. Questa Divinità fu da’ Greci denominata
a della Felicità, e ne commise il lavoro ad Archesilao ; ma soggiunge lo stesso Scrittore, che ambedue moritono, primachè
gere un tempio a questa Dea dinanzi la Curia Ostilia ; ma la morte ne lo impedì. Il disegno però di lui fu verificato da L
avi, davano loro un pileo, con cui si cuoprissero il capo, mentre per lo innanzi dovevano averlo sempre nudo. Ella stringe
egge l’ Universo. Talvolta tiene un piede sulla prora d’un naviglio : lo che dà a conoscere, che questa Dea esercita il su
dicavano, che niente vi fosse di più necessario in un Governo, quanto lo inspirare a’ cattivi il timore del castigo. In un
inione poi di altri è, che tale Costellazione sia la giovenca, di cui lo ne prese le sembianze, quando Giove volle celasla
dice. Egli decise a favore di Giove. Giunone in quello stesso istante lo privò della Iuce degli occhic per quesso egli si
onte d’Ippocrene insieme con Cariclo, di lui madre. Cariclo, continua lo stesso Scrittore, desolata per l’anzidetto castig
e, con cui poteva camminare sicuro, come se avesse avuto gli occhi, e lo rendette peritissimo nell’ Ornitomanzia, ossia ne
; che questi sposò Danae, e spedì Perseo appresso Polidette, affinchè lo educasse(f). (4). Alcuni dicono, che Ditti era f
ò dietro a quella un grosso legno, che percosse in vece Elettrione, e lo distese a terra morto (b). (13). Gorgofone fu la
re dallo stesso suo padre, che, essendo rimasto invasato dalle Furie, lo credette un leone(l). A’ figli di Nefale spettava
tale però fosse la pelle di quell’ animale, non outti fragli Antichi lo accordano. Simonide, citato dallo Scoliaste d’ Ap
nte sulla facoltà, che avesse il detto montone, di parlate, non tutti lo dicono i Mitologi : anzi essa si crede un’ invenz
e un’ invenzione posteriore all’ altra della pelle d’oro. Vuolsi, che lo stesso animale abbia servito a Frisso e ad Elle p
ntone acquistò la favella, manifestò a Frisso la perfida trama d’Ino, lo consigliò a fuggirsene con Elle, e si esibì di tr
iove il soprannome di Lafistio da lafistin, fuggire ; e da quel tempo lo stesso Nume fu risguardato come il Dio tutelare d
a Marte(a). Dopo tutto ciò Frisso terminò i suoi giorni, perchè Eeta lo fece morire per impadronirsi de’ di lui tesori(b)
impadronirsi de’ di lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che gli Dei lo collocarono tragli Astri(c). Notisi per ultimo, c
doveasi eseguire per determinazione dello stesso padre, Atamante. Ve lo avevano indotto ; dìcono essi, le artifiziose pet
ulcano, onde mostrarsi grato al Sole, padre del medesimo Eeta, perchè lo aveva accolto nel suo cocchio, quando ritornava d
i Giganti in Flegra, campo della Tracia intorno a Pallene, come vuole lo Scolaste dello stesso Apollonio. Potrebbe però qu
ato dalle gocce di sangue, cadute dalla testa dì Tifone, quando Giove lo colpì col fulmine sul Caucaso. Igino lo dice semp
testa dì Tifone, quando Giove lo colpì col fulmine sul Caucaso. Igino lo dice semplicemente nato da Tifone. Valerio Flacco
o lo dice semplicemente nato da Tifone. Valerio Flacco soggiunge, che lo stesso Dragone si alimentava con sacrifizj(c). Al
i denti, affinchè si seminassero da Giasone, mentre Cadnio avea fattò lo stesso di alcuni altri degli stessi(d). (a). De
Cotal nave fu la prima a vedersi di figura lunga, mentre i Greci per lo innanzi aveano avuto sempre notonde le tro navi(b
o gli scogli, i quali si trovavano sott’ acqua. Irs quella spedizione lo seguì pure il di lui fratello, Ida(a). (12). Lo
parleremo altrove. Fu da alcuni creduto, che l’Orfeo Argonauta fosse lo stesso che l’Autore del Poema sull’ Argonautica,
se stesso ; ma non è questo ormai più il giudizio degli Eruditi, che lo riferiscono ad un Autore posteriore, come può ved
Apollonio Rodio, era figlio d’ Apollo e della Ninfa Cirene. Orfeo poi lo vuole figlio di Abante, e quindi discendente da E
iovane l’urna di mano. Si avanzò per ripigliarla, e il peso del corpo lo trasse nel fiume, dove si annegò. Fingono i Poeti
le foreste e montagne circonvicine. Scorse poscia tutta la Misia per lo stesso oggetto, nè più pensò a far ritorno agli A
e fuori della veste il pugnale per trafiggersi il seno. Leucippe, che lo riconobbe, gli strappò dalle mani il ferale strom
idua la località, e solo dice Absirto ucciso in nave (a). Ovidio pure lo fa ucciso in nave per la mano istessa di Medea ;
a). Ovidio pure lo fa ucciso in nave per la mano istessa di Medea ; e lo stesso Poeta soggiunge, che ne furono poscia spar
li li presentasse a Creusa ; e che per questa ragione que’ di Corinto lo lapidarono (c). (c). Euripid. in Med. (d). P
pollod. l. I., Hyg. fab. 24. 25. (26). Medea trovò Ercole furibondo, lo risanò co’ suoi rimedj, ma non ne ottenne alcuna
lla se ne accorgesse, la medesima, avvedutasene poi, da se con impeto lo rigettasse, e se ne spargesse quindi pel Cielo il
e non ostante gli sforzi, che quello faceva per iscappargli di mano, lo tenne sempre fermo con sorprendente robustezza, f
stezza, finchè la bestia gli lasciò quella porzione di piede, per cui lo aveva afferrato. Dicesi anche, che questo Atleta
que figura : ciò per altro nol potè salvare dalla clava d’Ercolé, che lo uccise, mentr’erasi trasformato in mosca(a). (b)
uello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e morì. I di lui compagni lo trasportarono in un’Isola del mare Ionio, ove dop
un’Isola del mare Ionio, ove dopo d’avergli fatti magnifici funerali, lo seppellirono(h). (a). Nat. Com. Mythol. l. 7.
glie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia di Dardano, la quale lo persuase d’arcecare i figli, avuti da Cleopatra.
er ponirlo di sì ingiusta barbarie, non solamente fecero che le Arpie lo molestassero, come abbiamo esposto, ma inoltre pr
rogo, destinato ad abbruciare il corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arco e delle sue frecce(d) (b).
Romani ne inalzarono un altro alla medesima Divinità, ed eglino pure lo rispettarono come un Iuogo d’asilò(a). Quello ste
a. Egli dopo la morte di suo padre fu quasi sempre infelice. Euristeo lo perseguitò in tutte le Corti, ov’erasi ritirato.
cadia, il quale alla testa di alquante truppe marciò contro di lui, e lo uccise(a). (35). Licinnio, figlio d’Elettrione,
nanzi ad esso tutto il cibo. Finchè il leone divorava quel pasto, che lo andava ubbriacando, Fillio gl’introdusse nella go
gl’introdusse nella gola il braccio, ravvolto nella propria veste, e lo soffocò. Se ne caricò poscia le spalle, e portoll
toi, se ne cuoprì il corpo, e si coricò sul terreno. Gli avoltoi, che lo credettero morto, calarono sopra di lui ; ed egli
onnida per l’ educazione, che diede a Teseo, meritò, che gli Ateniesi lo risguardassero come uno de’ Semidei. Gli sacrific
te ebbe per padre Nettuno. La di lui madre, per occultare la nascita, lo espose, tostochè lo partorì, in una foresta, dopo
ttuno. La di lui madre, per occultare la nascita, lo espose, tostochè lo partorì, in una foresta, dopo d’averlo coperto d’
. Il pastore, che cercava quell’ animale, si abbattè nel fanciullo, e lo portò a Cercione. Questi riconobbe l’ abito di Al
è altri pastori, avendo giudicato, ch’ egli fosse protetto dagli Dei, lo allevarono, e gl’ imposero il nome d’ Ippotoonte
manquante] ch’ proteggeva i rari ingegni, sostenne Perdice in aria, e lo cangiò in uccello(a). Dedalo, per sottrarsi al su
gli occhi aporti, a disgiungerne, e a distaccarne le mani dal corpò : lo che fece dire, che le statue di lui erato animate
attò le due ali alle spalle, e si librò nell’ aria, che perfettamente lo sostenne. Altrettanto fece al figliuolo, e lo ins
aria, che perfettamente lo sostenne. Altrettanto fece al figliuolo, e lo instruì d’ attenersi alla via di mezzo, affinchè
quella corona da Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la quale, per av
tuno. Minos, per farsi beffe di lui, trasse dal dito un anello d’oro, lo gettò nel’ mare, e soggiunse all’ Eroe, che se vo
oi senza porgere preci a Nettuno si lanciò nel mare. Alquanti Delfini lo accolsero ; e lo condussero alle Nereidi. Queste
preci a Nettuno si lanciò nel mare. Alquanti Delfini lo accolsero ; e lo condussero alle Nereidi. Queste Ninfe gli restitu
ata in uomo invulnerabile. Al tempo delle nozze di Piritoo i Centauri lo affogarono vivo sotto il peso de’ grandi alberi,
ri, che gettarono sopra di lui. Nettuno si ricordò d’ averlo amato, e lo trasformò in uccello. Così Ovidio(b) ; Virgilio p
Sacrario d’ Imene, donde preso un candelabro, e soll vatolo in alto, lo diede nelle tempia a Celadonte, uno de’ Lapiti. I
che più non si riconobbe. Belate di Pella, rotto un piede di tavola, lo scaricò sulla testa dell’ uccisore, che sputò san
Frattanto Reto, abbrancato il tizzone, che per rito ardeva sull’ ara, lo tirò nelle tempia a Caraso. S’incenerirono i di l
to. Fastoso il Centauro d’aver messi a morte i due Lapiti, mihacciavi lo stesso a Driante ; ma colpito nel collo da una pe
vivere. Era in fuga anche Greneo, il quale, voltatosi a guardare chi lo incalzava, rimase gravemente ferito fra l’uno e l
a Teseo, precipitò in vece addosso a Crantore, sculiere di Pelso, che lo aveva ricevuto in ostaggio dal debellato Amintore
re, sepolto sotto quel tronco, scoccò contro Demoleonte un’ asta, che lo fece perire. Lo stesso Peleo stese sul suolo Fleg
sterminato alla mano vecise quel Fonolenide sì nerboruto, che appena lo avrebbono mosso due paja di buoi. Volèva Feocomet
Nestore, sotto i colpi della di lui spada vi lasciò la vica. Appresso lo stesso Nestore incontrarono il medesimo fine Cton
nto. L’esempio fu di stimolo agli altri, perchè eglino pure facessero lo stesso. Schiacciato Ceneo da sì sterminato peso,
oco tempo. Moltro però di questo ne trascorse, senzachè la giovine nè lo avesse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di lu
a notizia di lui. Ovidio fa, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimprovera della sua indifferenza, e procura di r
villaggi più oscuri. Là s’invaghì della Ninfa Sterope, ma ella sempre lo fuggiva. Avvenne finalmente, che la giovine, corr
e ad angustia sì acerba, e da uno scoglio si precipitò nel mare. Teti lo trasformò nell’uccello acquaticò, detto Smergo(a)
questa introdusse Menelao ed Ulisse, ove Deisobo dormiva, e queglino lo privarono di vita(d). (4). Antifo uccise Leuco ;
i della di lui città. Divenuto schiavo di Pirro, figliuolo d’Achille, lo consigliò a non ritornarsene per mare alla patria
so Eleno, il quale, trovandosi secolui alla caccia, senza avvedersene lo uccise. Eleno ebbe da Andromaca un figlio, di nom
Priamo, per sottrarre Polidoro a’pericoli, che minacciava la guerra, lo avea spedito appresso Polinnestore, re della Trac
olidoro non da Ecuba, ma da Laotoe figlia d’Alte, re de’ Lelegi(c), e lo fa cadere morto per mano d’Achille(d). (7). Virg
ilo, non avendo voluto corrispondere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato di vita nel tempio d’Apollo
ortigliati a’loro corpi de’serpenti, che’loro lambivano le orecchie : lo che conferi a tutti due il dono di presagire il f
te a Paride L’enorme perfidia, dimostrata nel rapire la moglie di chi lo avea enorato della sua ospitalità. Soggiumse, che
minciò a battere le penne, e spinse altre innumerabili faville a fare lo stesso. Per tre giorni si aggirarono intorno al r
l corpo. Il rimanente sussistette lungo tempo dopo, e sempre rendette lo stesso suono. Credesi finalmente, che Mennone ren
(25) Pireme secondo Ditti Cretese rimase ucciso da Diomede(h). Omero lo fa cadere sotto Patroclo (i). (26). Rigmo spirò
ddosso, e col braccio delle compagne, chiamate in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fro
Ulisse stesso sia stasto l’autore della di lei morte ; e vuolsi, che lo stesso Eroe, arrivato in Sicilia, sia rimasto cos
l mezzo, con cui avrebbe potuto rendere la moglie sua feconda. Quegli lo consigliò d’introdurre un coltello in una certa q
osato Laodamia, figlia d’ Acasto. Ella dimostrò grande dolore, quando lo vide partire per l’assedio di Troja, perche dal d
aodamia poi, intesa la morte di Protesilao, fece fare una statua, che lo rassomigliava, e sempre la tenne appresso di so.
spiratto il tempo prescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial nel Regno di Plutone(b). Altri soggiungono
, sia stato sommerso da Tritone ne’ flutti. Enea ne trovò il corpo, e lo sappellì in un monte dell’ Italia, che acquistò i
iction. Mytbol. (6). Astianatte era ancor fanciullo, quando i Greci lo cercavano a morte, affinchè non avesse a vendicar
rte di suo padre, e a rifabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose nel sepolcro di Ettore ; ma Ulisse seppe
a lo nascose nel sepolcro di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo precipitò dall’ alto di una torre Trojana(b). Eur
idone, vibrò inavvertentemente un dardo contro il predetto. Eurito, e lo privò di vita. Per tale motivo fu costretto ad al
da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re di lolco, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allora, che Astidamia, moglie di que
polita, s’invaghì di Peleo ; e non veggendosene corrisposta, sdegnata lo accusò appresso il marito di falso delitto. Acast
itto. Acasto sotto pretesto di voler seco lui esercitarsi alla caccia lo trasse sul monte Pelio, e quivi come lo, vide agg
o lui esercitarsi alla caccia lo trasse sul monte Pelio, e quivi come lo , vide aggravato del sonno, gli nascose la spada,
o, e quivi come lo, vide aggravato del sonno, gli nascose la spada, e lo abbandonò. Erano accorsi i Centauri per metterlo
ntauri per metterlo a morte, ma Chirone gli trovò la nascosta arma, e lo liberò dal pericolo. Altri dicono, che Acasto, do
ricolo. Altri dicono, che Acasto, dopo d’averlo spogliato dello armi, lo abbia esposto sull’anzidetto monte, affinchè foss
ole fortunate, ove avrebbe veduto Achille deificato, e donde ella poi lo avrebbe trasferito nel palagio di Nereo per esser
leva prenderla in moglie. Nol fece poi, perchè Proteo (o Prometeo(d)) lo avvertì, che chiunque fosse nato da colei, sarebb
he bagna la Tessaglia. Là Peleo andava a trovarla ; ed ella, tostochè lo vedeva, celava le proprie sembianze sotto quelle
Paride, cosicchè questi, trovatolo vicino ad Elena, s’accese d’ira, e lo uccise(b). (b). Id. Ihid. (c). Hom. Iliad. 3
ì ad Enone, che Paride si faceva portare appresso di lei, affinchè ne lo guarisse della ricevuta ferita, fu da lei rimanda
sacro agli Dei Lari. Questa ceremonia chiamavasi Anfidromia. Essa per lo più si praticava nel quinto giorno dopo la nascit
romaca a Pirro, figlio di Achille (c). Altri soggiungono, che i Greci lo lasciarono uscire liberamente da Troja, perchè eg
Frigia annovera anche Ucalegonte (a). Omero poi (b) e Virgilio (c) ce lo descrivono come un vecchio Capitano, che, per l’e
cania, i di cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso, di nuovo lo gettarono in mare. Gli Dei, per punire tanta inum
i. Pigmalione sorprese il di lei marito, mentre questi sacrificava, e lo uccise per impossessarsi delle di lui ricchezze.
ella morte di alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sepolcro, lo cuoprivano di flori, frutta, e vivande, e si dedi
dre, Entello, famoso Atleta, disputò il premio del Cesto a Darete ; e lo avrebbe anche ucciso, se Enea nol avesse assistit
e, e dell’Erebo (d). Teodonzio, Autore Greco, citato da Bocaccio (e), lo riconosce come il più antico degli Dei, e gli dà
rrasca, che stette per naufragare. Fece allora voto a Nettuno, che se lo avesse salvato dall’imuninense pericolo, gli avre
seno di quello. Altri asseriscono, che nol fece, perchè il popolo ne lo impedì. Comunque sia, certo è, che tutti i di lui
Comunque sia, certo è, che tutti i di lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono dalla città, e lo costrinsero a ritir
ti i di lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono dalla città, e lo costrinsero a ritirarsi sulle spiaggie della Gran
). Patroclo nacque da’Stenele, e da Menezio, figlio d’Attore, per cui lo stesso Patroclo fu soprannominato Attoride(b). No
retto a trasferirsi appresso Peleo, suo parente, e re di Ftia. Quegli lo fece allevare da Chirone insieme col suo figliuol
midoni, prima guidati da Achille, si avventò contro i Trojani. Eglino lo credettero Achille stesso, si spaventarono, e si
Trojano, quando finalmente l’anzidetto Nume, savvolto in densa nube, lo battè frale spalle. Una vertigine tosto sorprese
o battè frale spalle. Una vertigine tosto sorprese il Greco Capitano, lo invase il terrore, le forze gli mancarono, gli ca
to, tentò di abbatterlo, ma non vi riuscì. Iusque Ettore, e coll’asta lo uccise(a). Dopo la di lui morte nacque contesa pe
lie, voleva anche recider gli il capo ; ma Ajace, figlio di Telamone, lo mise in fuga, e trasportò il corpo dell’estinto n
e’più illustri giovani Trojani(a). Ma Patroclo comparve ad Achille, e lo pregò di sollecitare i suoi funerali, onde potess
onde potesse aver ingresso anch’egli negli Elisj. Achille prontamente lo fece : scannò molte vittime intorno al di lui rog
endoveloti al pati degli uccelli, portavano da per tutto il terrore e lo spavento di Marte(d). Nel giuoco del disco allora
orno al buon esito dell’assedio di Troja, ed Ulisse perciò fortemente lo percosse(b). Ebbe finalmente l’ardire d’insultare
e anche Achille, come più diffusamente vedremo, e quegli con un pugno lo privò di vita(c). (15). Le figliuole di Anio ebb
ndeva meglio di lui il volo o il linguaggio degli uccelli. Agamennone lo condusse seco, affinchè facesse i sacrifizj, e de
ti anni di stenti e sudori, quanti erano stati gli uccelli divorati : lo che, conte vedemmo, si verificò. Terminato ch’ebb
). Id. Iliad. l. 5. (20). Deicoonte era compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i figliuoli di Priamo, poichè da
a : che anzi gli stessi serpenti si avventarono pure contro di lui, e lo tormentarono in guisa di fargli mettere disperate
cro cavallo, a Ballade offerto. Quindi non attendendo a’detti di lui, lo trasferirono nella loro città. A ciò fare aveali
ottrasse alla morte, fuggendo. Impietositi i Trojani a tale discorso, lo sciolsero da’ lacci, e gli’ ricercarono con oual
no eretto in vece del rapito simulacro quel Cavallo ; e che sì grande lo aveano formato, acciocchè i Trojani non potessero
bambino. Per celare poi l’obbrobriosa nascita di quello, comandò, che lo stesso fosse esposto nelle selve. Un certo pastor
o, comandò, che lo stesso fosse esposto nelle selve. Un certo pastore lo raccolse, e lo fece allattare da una capra. E sic
lo stesso fosse esposto nelle selve. Un certo pastore lo raccolse, e lo fece allattare da una capra. E siccome tal’animal
ne Oreste, facendolo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il quale lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’ El
reopago da Tindaro, padre di Clitennestra (e). V’è chi soggiunge, che lo abbia fatto Erigona, figlia d’Egisto e di Clitenn
eo fa sopravvivere. Macaone ad Euripilo(e). I sudditi di questo, come lo viddero morto, rimasero presi da sì veemente dolo
e fu impedita, altri dicono, dal popolo, altri, da Peleo. Temendo poi lo sdegno del marito, voleva uccidersi, quando Orest
quasi tutti quegli abitatori. Eaco si rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo
inio. Terminata la preghiera, un lampo e un ruono di prospero augurio lo empirono di coraggio, e accrebbero fiducia a’suoi
arlo. Teutrante promise la propria corona ed Auge in matrimonio a chi lo avesse liberato da quel nemico. Telefo alla testa
to da quel nemico. Telefo alla testa de’ Misj trionfò d’Ida, ed anche lo uccise. Salà quindi sol trono, ed era altresì per
ciampò e cadde a terra. Achille subito si avventò contro di lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a ritirarsi co
ille subito si avventò contro di lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a ritirarsi colle sue truppe(b). (f). J
i. Il figlio non durò fatica nel riuscirvi. Se ne accorse il padre, e lo caricò di maledizioni. Fenice si ritirò nella Fti
ò di maledizioni. Fenice si ritirò nella Ftiotide appresso Peleo, che lo ricolraò di ricchezze, gli affidò l’educazione d’
colraò di ricchezze, gli affidò l’educazione d’Achille, suo figlio, e lo deputò a comandare a moltissimo popolo, e spezial
ofman. Lex. Univ. (11). Tene fu gettato dal padre in mare. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di
. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo morte lo
ortarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo morte lo venerarono come
i abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo morte lo venerarono come un Nume. L’anzidetta Isola poi da
bri, celebrati da Achille a Patroclo(a). Mennone, come abbiamo detto, lo uccise. Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cader
Mennone, come abbiamo detto, lo uccise. Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cadere per mano di Ettore, figlio di Priamo(b)
detti Penelopi, ella abbia acquistato il nome di Penelope, mentre per lo innanzi aveva quello di Arne(b). (d). Declaustr
, Nauplio fece accendere sul morte Cafareo un fuoco ; trasse appresso lo stesso le Greche navi, le quali credettero d’acco
a caccia. In tala modo si unì alla giovine, e la ebbe in isposa. Ella lo amava teneramente, e allorchè egli si disponeva a
ea percosso la terra, e gli aprì una piaga sì puzzolente, che i Greci lo abbandonarono, come dicemmo, nell’Isola di Lenno(
roilo, ucciso da Achille(d). Macaone, figlio di Esculspio, finalmente lo guarì(a). Filottate subito dopo si segnalò con va
ersene colà, finchè Enea, passando colla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo naviglio, e seco lo trasferì in
lla sua flotta per quell’ Isola, lo raccolse nel suo naviglio, e seco lo trasferì in Italia(d). (11). Fileta appresso Par
l. 17. (c). Id. Odyss. l. 18. (20). Penelope, benchè sia stata per lo spazio di venti anni divisa da Ulisse, tuttavia c
stava per partire da di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo naviglio ; e il giovin
gli lo pregò di riceverlo nel suo naviglio ; e il giovine Principe ne lo soddisfece. Arrivati in Itaca, l’ Indovino vide v
e fu dopo di lui il più valoroso difensore della sua patria(a). Omero lo dipinge come il più saggio ed eloquente tra’ Troj
ti. Egli, giuocando con Folo, suo fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla sua isola, e lo con
ndo con Folo, suo fratello, ma nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla sua isola, e lo condannò ad un perp
nato da diversa madre, lo uccise. Eaco lo scacciò dalla sua isola, e lo condannò ad un perpetuo esilio. Il giovanetto mon
quale Diodoro Siciliano chiama Glauce ; ed essendo morto senza figli, lo lasciò erede del trono, perchè col mezzo di lui e
cioè vinciture per eccellenza. L’Eroe, acciecato da tale adulazione, lo ricolmò d’elogi, e per ricompensare il di lui val
che si applicavano alla Filosofia, e che bramavano di udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquistò il nome di Acade
risteo, e moglie d’Atreo, e la rendette madre di due figliuoli. Atreo lo allontanò dal Regno, ma dopo qualche tempo lo ric
di due figliuoli. Atreo lo allontanò dal Regno, ma dopo qualche tempo lo richiamò a se, fingendo di voler riconciliarsi co
iante eccesso, e ad imitazione di Atreo uccise il proprio fratello, e lo diede a mangiare a Climeno, perchè questi, dopo d
esti, dopo d’averle accordato Alastore in isposo, se n’era pentito, e lo avea privato di vita(f). Non è da confondersi la
uolo, Eurippo. Megareo promise il regno e la sua figliuola a chiunque lo avesse liberato da quell’animale. Alcatoo uccise
i Troja un certo pescatore della città d’Eretria, chiamato Demarmeno, lo raccolse nella rete. Sorpreso dalla straordinaria
accolse nella rete. Sorpreso dalla straordinaria grandezza di quello, lo nascose sotto la sabbia, ne segnò la situazione,
in traccia del medesimo, e si recò all’isola di Rodi. Quegli abitanti lo giudicarono un nemico, corsero tutti alle armi pe
più a lungo tra’ viventi. La terra in quel momento stesso si aprì, e lo racchiuse nel suo seno(a). (b). Nat. Cem. Mytho
ire. Altri dicono ch’essa sia stata mandata da Bacco, perchè i Tebani lo aveano disprezzato. Tutta la più forte gioventù d
che quegli ne abbia avuto alcun figliuolo, perchè Giocasta, appenachè lo sposò, Io riconobbe per suo figlio, ed ella tosto
denti, e poi, sazio in certa sa guisa della già presa vendetta, esalò lo spirito(a). Lasciò un figlio, di nome Diomede. An
io di Licìa, e figlio di’ Elcaone, vibiò un dardo contro Diomede, che lo ferì iu una spalla. Il figlìo di Tideo, furibondo
to il titolo di Epibaterio, ossia del buon ritoruo, perchò questo Dio lo avea salvato dalla burrasca, che fece perire molt
o, figlio di Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia uomo : lo ché gli avvenne, per aver ferito Venere, quando q
altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu qu
o anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro di se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un rogo,
o, che mentre con tutta fortezza combatteva, la terra siasi aperta, e lo abbia ingojato vivo col suo carro, e con Batone,
zione, ed era annoverato tra’ principali della Grecia(g). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spaz
a Grecia(g). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per
dono. Non potendo poi trovare appresso Fegeo l’opportuno rimedio, che lo liberasse dal furore, ond’era oppresso, per consi
si applicato a’ Iavori campestri. La dura e laboriosa vita, che menò, lo ridusse molto atto alla caccia, e al maneggio del
ia(d). (6). Partenopeo fu figliuolo di Meleagro e di Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Menalippe ; ed altri
va nobilissimo sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anzidette figliuole. I Tebahi qu
onte non rimase lungo tempo impunita. Teseo gli dichiarò la guerra, e lo lasciò ucciso sul campo(b). (a). Joh. Jacob. Ho
2 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
antica sapienza e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo di parlar figurato, che poi negl’idio
Metamorfosi lib. I.) Uno Dio, pensarono i pagani, cambiò l’aspetto e lo stato di questa materia inerte ; ne trasse l’eter
quale restò sospesa la terra circondata dall’ acqua ; e questo Dio fu lo stesso Caos, divenuto, secondo la favola, potenza
e necessità che tutto governa nel mondo ; e gli altri Dei, come anche lo stesso Giove, andavano a consultarlo, ma senza po
l nostro globo ; aveva sul capo un diadema stellato, e nell’ una mano lo scettro simbolo del supremo potere, nell’ altra u
lettile da patibolo, per significare che il cattivo destino è per chi lo merita, e che il male par necessario solamente pe
del Giorno passava per una divinità antica quanto il Destino. I poeti lo chiamano anche Urano (45), e suppongono che sposa
ò che facessero uso delle proprie forze ; laonde Saturno assalì Celo, lo vinse, e si conquistò il dominio del mondo. Chi n
hè era fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza di Cibele, Titano lo cedè al minore, a condizione che questi non allev
vedere esclusi dal trono i Titani suoi figli, mosse guerra a Saturno, lo vinse, e lo imprigionò con Cibele in angusto carc
si dal trono i Titani suoi figli, mosse guerra a Saturno, lo vinse, e lo imprigionò con Cibele in angusto carcere ; ma poi
ebbe usurpato il regno, appena fu libero, gli mosse guerra ; ma Giove lo vinse ; e temendo che il padre usasse un’ altra v
sse un’ altra volta a suo danno della libertà che gli avea procurata, lo discacciò dal Cielo. 32. Saturno, perduto il ciel
a, e divenuto re del Lazio, accolse amorevolmente l’ esule Nume, e se lo fece compagno nel supremo potere. 33. Saturno, pe
premo potere. 33. Saturno, per gratitudine dell’ ospitalità generosa, lo dotò di così raro intelletto e di tanta prudenza,
re sottoposte a perire. La mente umana tende a più alto fine ; laonde lo stesso poeta nel Trionfo della Divinità : Da poi
sotto quello di Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità con lo stesso nome di Vesta : una, detta anche Terra e m
(25), presiedeva al fuoco, perchè il calore feconda la terra ; od era lo stesso fuoco secondo il significato di quel nome.
stodia del fuoco di Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser g
avano le feste di Cibele con immenso tumulto, mischiando a’ loro urli lo strepito dei tamburi, percotendo gli scudi con le
suo ministero per isposare la ninfa Sangaride (sangarius in latino è lo stesso che frigio) ; e la Dea per punirlo della s
isperazione, che era sul punto di uccidersi ; quand’ella impietosita, lo trasformò in pino, e volle a sè consacrato quell’
ato quell’ albero. Atùzo, in greco, vuol dire io spavento, essendochè lo sciagurato spinto da soverchio affanno a levarsi
chezze. 53. Plutone (313), re dell’ inferno, era brutto e nero (Dante lo dipinge rabbioso, con enfiate labbia, e lo chiama
, era brutto e nero (Dante lo dipinge rabbioso, con enfiate labbia, e lo chiama maledetto lupo, qual si conviene al nume d
cuni chicchi di melagrana, ed Ascalafo figliuolo dell’Acheronte (218) lo riferì a Giove. Laonde Cerere sdegnata gettò in f
i che offesa la Dea gli scaraventò in faccia il resto della pappa ; e lo converse in tarantola. Invero non istà bene ai fa
erimonie poteva divulgare in che modo fossero eseguite ; sicchè tanto lo svelarne che l’udirne il segreto era sacrilegio.
e là con fiaccole accese chiamando ad alta voce Proserpina. 61. Per lo più la vittima sacrificata a Cerere fu una scrofa
agliare parecchi alberi in un bosco a lei consacrato ; sicchè ella ne lo punì col tormento d’insaziabile voracità : Se l’
Così trasformata, il padre la vendeva e la rivendeva per vivere ; ma lo strattagemma non bastò alla voracità sempre maggi
tto dal telo Celestïal, giacer dall’altra parte, Grave alla terra per lo mortal gelo ;18 Dante, Inf., c. XII. e Tifone
zioso potere, così la pena di Prometeo appariva ordinata da Giove. Ma lo stesso rigeneratore a veva presagito che alfine l
no inoltre Ottimo Massimo, e Sancus o Sanctus, che secondo alcuni era lo stesso che Pistius, altra sua denominazione. Lo i
e di Giove ; e Varrone ed Eusebio li fanno ascendere sino a trecento, lo che viene spiegato dall’uso che la maggior parte
giovinetto era a caccia sul monte Ida nell’Asia minore. Taluni invece lo fanno precedere ad Ebe in quest’ufficio, e dicono
rasmutò Argo in quest’uccello dotato solamente di esterna bellezza, e lo prese a proteggere qual simbolo della sua vanità
e più spesso è rappresentata sopra un carro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e
a si crudelmente, e che devastava i campi della Tessaglia. Lo assalì, lo trafisse con le sue frecce divine, e lo uccise ;
i della Tessaglia. Lo assalì, lo trafisse con le sue frecce divine, e lo uccise ; e la pelle del mostro servì poi a ricopr
no fabbricato la folgore ; laonde Giove, per punirlo di tanto ardire, lo scacciò dal cielo, e lo privò della divinità per
 ; laonde Giove, per punirlo di tanto ardire, lo scacciò dal cielo, e lo privò della divinità per molti anni. 102. Allora
ero ad inseguire Apollo per vendicar su lui la morte del figliuolo, e lo ridussero a ricovrarsi nella Troade, ove s’imbatt
lacaron Giove, che gli rese la divinità con tutti i suoi privilegj, e lo destinò a diffondere la luce sull’universo. Per t
e così la propria nobiltà vilipesa ; ed Apollo, benchè sulle prime ne lo dissuadesse, fu poi tanto debole da acconsentirvi
ruina dell’universo, scagliò la folgore contro il figlio di Apollo, e lo precipitò nell’Eridano, fiume d’Italia, oggi chia
di Fetonte, si afflissero tanto della sua morte, che per quattro mesi lo piansero sulle sponde dell’Eridano, e gli Dei le
d’offrire il treppiede all’uomo più savio di tutta la Grecia. Allora lo recarono al filosofo Talete, il quale, oltre al s
o è che Biante ebbe la modestia d’inviare il treppiede a Pittaco, che lo spedì a Cleobulo, e questi a Periandro, tutti fil
ripode fu passato così dalle mani dei sette savi, tornò a Talete, che lo depositò nel tempio d’Apollo consacrandolo al ser
o inventate impressero nel loro animo i precetti della morale. Quindi lo adorarono particolarmente quale Dio della poesia,
eriorità, si pose a dileggiare Apollo ; ed ei, legatolo ad un albero, lo trasse vivo dalla vagina delle membra sue. (Dante
i sapeva se fosse maggiore la ricchezza o l’ignoranza. Questa infatti lo indusse a decretar la vittoria a Pane suo favorit
palese, comunque esser possa accompagnata dal potere e nascosta sotto lo splendore di ricchi arredi. 128. Quando Bacco (14
cchi arredi. 128. Quando Bacco (146) andò in Frigia, Sileno (150) che lo accompagnava si fermò a una fonte ove Mida aveva
ni contadini vi trovarono Sileno ubriaco, e dopo averlo inghirlandato lo condussero a Mida che lo accolse con magnificenza
Sileno ubriaco, e dopo averlo inghirlandato lo condussero a Mida che lo accolse con magnificenza regale. Bacco volendo ri
gorda, Per la qual sempre convien che si rida, Dante, Purg., c. XX. lo consigliò a tuffarsi nel fiume Pattolo che irriga
rità vera e durevole, mentrechè rinchiuse nello scrigno impoveriscono lo stesso possessore. Molte son poi le metamorfosi c
va con grande affetto un bel cervo ; quand’ecco che inavvertentemente lo uccide, e ne rimane sì addolorato da perdere a po
uando è adorato come sole impugna un gallo, ha la raggiera e percorre lo Zodiaco (676) sopra un carro tirato da quattro ca
era vuoto dalla parte destra per poter salire al fanale. Un terremoto lo fece cadere non molto tempo dopo la sua erezione,
rimase in terra dall’anno 222 av. G. C. tinchè l’imperator Vespasiano lo fece rimetter su 69 anni dopo G. C. Ma nel 667 Ro
e il nome dal principe del quale conteneva le ceneri ; e ancora diamo lo stesso nome ai sepolcrali monumenti. Era circonda
eguale magnificenza ; ma fu poi saccheggiato da Nerone ; e gli Sciti lo arsero nuovamente verso l’anno 260 dopo G. C. 144
; ma Giove si tolse con sè il bambino del quale Semele era incinta, e lo custodì fino al momento della sua nascita ; e que
di Nisa (altri danno questo nome alla nutrice di Bacco) dove Mercurio lo recò in fasce alle figliuole d’Allante (359) ; e
ra così radicato, che le Baccanti furibonde aggredirono il principe e lo sbranarono. 156. Le Mineidi, ossia le figlie di M
il quale piantò la vite, e insegnò agli uomini a fare il vino. Molti lo confondono con Nembrod, perchè i loro nomi in gre
l Mar Rosso. I quali paralleli attestano che se Mosè e Bacco non sono lo stesso uomo, furono almeno ambedue utili all’univ
venti ovunque il corso Volga, o sopra la terra o sopra ’l mare Va per lo ciel rapidamente a volo. Virgilio, Encide, lib.
era logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentavano con una catena d’oro pendente dal
a all’osservanza della buona fede tra i mercatanti ; era figurato per lo più con una borsa nell’una mano, un ramo d’olivo
cce ad Apollo (96), la spada a Marte (255), il cinto a Venere (170) e lo scettro a Giove (28) ; ma questa è una bizzarra a
ebbe l’accortezza di farli camminare all’ indietro perchè le orme non lo scoprissero ; ma fu inutile ; il Nume conobbe l’a
e di questo audace furto, e Mercurio col regalo della vacca più bella lo indusse a tacere. Poi finse di ritirarsi, e torna
a venalità prima per nascondere il furto indi per tradire il segreto, lo mutò in pietra di paragone, la qual pietra è adop
u luogo della sua nascita ; ebbe nome Ermète, cioè interprete, quando lo consideravano preposto alle ambascerie ed ai nego
mercati ; Vialis, perchè tutelava le vie o le strade, ove sorgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il sopr
di pietra quadrata, ed aveva il soprannome di Quadratus ; finalmente lo dissero Triceps (triplice o trino) per gli uffiej
one, intento sempre a far bella la verità e profittevole la finzione, lo fa nascere da Poro Dio dell’ abbondanza unitosi i
a lui. Saffo (177), celebre e soavissima e sventurata poetessa greca, lo fa nascere dal Cielo e dalla Terra per significar
za dei quali i materiali desiderj sarebbero inetti e turpi ; Simonide lo salutò figlio di Marte e di Venere, ovvero della
Alighieri, non contento che l’amor suo fosse santo ed unico in terra, lo pose nel cielo, ed inspirato da esso a quel canto
nora Le Dee serbino al mondo. Foscolo, Le Grazie. Sono dipinte per lo più nude e sempre vagamente insieme abbracciate p
caccia. Non faceva che abbandonarsi a questo esercizio, benchè Venere lo scongiurasse a non esporsi a tanti pericoli contr
gli della Dea colpi un cignale sul monte Libano ; ma la belva furiosa lo inseguì e lo fece in pezzi, prima che Venere foss
colpi un cignale sul monte Libano ; ma la belva furiosa lo inseguì e lo fece in pezzi, prima che Venere fosse in tempo a
marlo o vendicarmi. » Si accosta di più ; e, « Dei immortali ! come ! lo stesso Amore è il mio amante ! Ed è questo il mos
iche, Psiche ! cos’ hai tu fatto ? Invano ella tenta di rattenerlo, e lo scongiura ; ma una voce debole e lontana susurra
e da Pito o Suada, Dea, della persuasione e sua fida compagna. Ma per lo più la rappresentarono assisa con Cupido in un ca
ll’altra, perchè talora il solo culto delle forme addormenta e snerva lo spirito. Ma quando apparisce sotto la figura di v
devano sul candido collo pendendo fino a terra. Le vergini chiedevano lo sposo, e le spose i figli ; supplicavano Venere d
la madre, per liberarlo dalla voracità (allegorica) di Saturno (28), lo celò tra i pastori d’Arcadia, e in luogo del bamb
ell’universo, Nettuno ebbe l’impero del mare e delle isole ; quindi è lo Dio delle acque. 187. Poichè fu scoperto complice
ppe imitare con la voce e co’gesti ogni specie di persone ; e v’è chi lo paragona agl’incantatori egiziani, i quali coi lo
no immagine di quelle seducenti delizie terrene che rapiscono l’uomo, lo distraggono dai suoi doveri, e lo spingono a lacr
lizie terrene che rapiscono l’uomo, lo distraggono dai suoi doveri, e lo spingono a lacrimevol ruina tostochè si è lasciat
ssi cagionati, allorchè separarono la Sicilia dall’Italia ed apersero lo stretto di Gibilterra :39 ……..Ivi in un antro i
Allora l’ Oceano e Teti (192) gli tolsero quanto aveva di mortale, e lo fecero « consorte in mar degli altri Dei » (Dante
apo il regio diadema, ed è coronato di piante marine ; comparisce per lo più col tridente in mano ; sta ritto sulle acque
argento, nuotavano in folla intorno al carro. 209. Il Tridente, ossia lo scettro a tre punte, indica il triplice potere at
onde salse. 212. Il cavallo segnatamente è sacro a Nettuno, perch’ei lo fece apparire di sotto terra percotendola col tri
ipali fiumi dell’Inferno erano l’Acheronte, il Cocito, il Flegetonte, lo Stige, l’Erebo e il Lete. Dante impara da Virgili
e più non si dismonta.51 Fanno Cocito ; e qual sia quello stagno, Tu lo vedrai ; però qui non si conta. Ma la mitologia
l’acqua ai Giganti (65) allorchè mossero guerra a Giove (63). I poeti lo figurano vecchio riposantesi sopra un’ urna nera 
il padre dei Numi, grato a tanto zelo, la ricolmò di doni. Volle che lo Stige diventasse il vincolo sacro delle promesse
e avessero violato i giuramenti fatti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dovevano tenere una mano stesa sull
(Loc. cit.) Ogni ombra dovea pagargli il passo con una moneta ; per lo che i Greci e i Romani ponevano un obolo nella bo
quelle che accennavano di volerne uscire. Raccontano che Ercole (364) lo incatenò e se lo tirò dietro fino sulla terra, al
avano di volerne uscire. Raccontano che Ercole (364) lo incatenò e se lo tirò dietro fino sulla terra, allorchè liberò dal
hè liberò dall’inferno Alceste sposa d’Admeto (102) ; che Orfeo (469) lo addormentò col suono della sua lira, quando scese
le dettasse. Come presidente dei giudici infernali, aveva in una mano lo scettro e nell’altra l’urna fatale contenente il
e Cencreo re di quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figlia, e lo destinò a suo successore. Morta Glauca sposò Peri
sue virtù, tra le quali si distinguevano la giustizia e la frugalità, lo fecero adorare dai propri sudditi, e gli antichi
mpre sanguigne erano ora nere, ora bianche ; nere quando le accendeva lo sdegno, ed allora le chiamavano Nemesie (furiose)
e il timido tergo, E trema il cor sotto l’infido usbergo. CORO. Odi lo strepito Del ferreo piede, Gli atroci sibili Del
del tempio delle Furie, uno spaventoso delirio ne occupava i sensi, e lo faceva passare in un istante dal furore alla disp
bellezza, nè gioventù, nè amicizia, nè amore ; quelle sventurate non lo hanno mai conosciuto ! Ognuna poi aveva il suo no
Aurora ; ma questo non farebbe componimento a nostro proposito. Però lo faremo come disopra, e volto verso la notte ponen
sonno, un giovine di tutta bellezza, perchè bellissimo e placidissimo lo fanno, ignudo secondo alcuni, e secondo alcuni al
’l letto un liquor liquido, per denotare l’oblivione, ancorchè altri lo facciano pieno di frutti. In una mano abbia la ve
Morfeo è chiamato da Ovidio, artefice e fingitore di figure ; e però lo farei in atto di figurare maschere di variati mos
avesse parte di fiera, di uccello, di serpente, come Ovidio medesimo lo descrive. Fantaso vogliono che si trasmuti in div
o anche sotto il nome d’ incubo o di fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembianza di scimmia accovacciata ; e ques
, Diis Manibus, come per raccomandare a loro la tutela dell’urna. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle
sassinando i passeggieri che s’imbattevano in lui ; sicchè Giove (63) lo punì precipitandolo nell’inferno, e condannandolo
a i sacrosanti onori. Folle ! che con le fiaccole e co’ bronzi, E con lo scalpitar de’ suoi ronzini, I tuoni, i nembi e i’
Apollo, dette fuoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perpetuo ti
figlia Dia ; ed esso gl’involò i suoi cavalli. Issione, dissimulando lo sdegno, chiamò a sè il suocero, e lo fece morire.
i cavalli. Issione, dissimulando lo sdegno, chiamò a sè il suocero, e lo fece morire. Questo delitto svegliò universale or
razio, Giove (63), credendolo pentito, gli aprì un asilo nel cielo, e lo fe’ sedere alla mensa degli Dei. Spesso il colpev
ne si diportò tanto male da cortigiano col padre dei Numi, che questi lo fulminò nel Tartaro (216), dove Mercurio (160) eb
olere offendere nell’onore Latona (99) ; ma Apollo (96) e Diana (137) lo uccisero con le frecce, e lo mandarono a patire n
tona (99) ; ma Apollo (96) e Diana (137) lo uccisero con le frecce, e lo mandarono a patire nel Tartaro (215), dove … ha
cor d’intorno Gli picchia e rode ; e perchè sempre il pasca, Non mai lo scema, si che’l pasto eterno Ed eterna pur sia la
si che’l pasto eterno Ed eterna pur sia la pena sua ; Che fatto a chi lo scempia esca e ricetto, Del suo proprio martir s’
passione pel suo figlioletto Pelope che menava con lui vita stentata, lo condusse in cielo per ministrare il néttare agli
nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una di esse, Ipermestra, salvò lo sposo Linceo. Giove (63) punì le scellerate fanci
Agesilaos, per significare ch’egli trae a sè tutti i popoli. I Latini lo soprannominarono Februas, dal verbo Februare, far
e nel secondo mese dell’anno, che serba sempre il nome di Febbraio, e lo chiamarono anche Summanus, o sovrano dei Mani (24
lio di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma taluni scrissero che Giunone lo generò da sè sola battendo con un piede la terra
ci per Marte a paragone di quello dei Romani, i quali, come ognun sa, lo tenevano per protettore del loro impero, e per pa
r protettore del loro impero, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma di una lancia confitta in t
hiamati ancilia, uno dei quali (mescolato tra gli altri, perchè niuno lo involasse) credevano che fosse caduto dal cielo ;
i Giunone (85) ; ma nacque così deforme, che il padre vergognandosene lo afferrò per un piede, e lo scagliò fuor del cielo
così deforme, che il padre vergognandosene lo afferrò per un piede, e lo scagliò fuor del cielo, quasi fosse stata sua col
a non riportò alla fine che una gamba rotta ! Gli abitanti di Lenno59 lo raccolsero e n’ebber cura ; ma e’n’andò poi sempr
me più deforme toccò la più bella tra le Dee ; e chi sa che Giove non lo facesse per ammonirla a non invanirsi della sua b
sse per ammonirla a non invanirsi della sua bellezza ! 272. La favola lo dichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo n
irsi della sua bellezza ! 272. La favola lo dichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo nell’arte di fondere e di lavo
onte ; ma non pertanto seppero fabbricare a Plutone (213) un elmo che lo fece diventare invincibile, a Nettuno (185) il tr
mo (polyphemos, celeberrimo, gr.) fu il più celebre tra’Ciclopi. Enea lo vide (come finge Virgilio) nell’isola di Sicilia,
opi. Enea lo vide (come finge Virgilio) nell’isola di Sicilia, e così lo descrive a Didone : Sembrato mi sarebbe un alto
ei numi ; e Melpomene armata di pugnale empie di terrore la scena con lo spettacolo dei delitti dei grandi, delle scellera
anni alla società che si lascia adescare dalle false bellezze. Quindi lo stesso poeta vorrebbe che fossero indicati i vizi
ia di biasimo nei coturni. Alla fine le sue continue ed insipide baje lo resero insopportabile a tutti, e fu espulso dal c
va nè tempio, nè sacerdoti, nè sacrifizj di vittime. I suoi adoratori lo invocavano e prima e dopo il pasto, e andavano in
che cantavano e ballavano al suono di varii istrumenti. 286. I poeti lo dipingono giovine, ben pasciuto, rubicondo, con b
dal padre degli Dei che Esculapio fosse accolto nel cielo, dove egli lo trasformò in un astro chiamato Ofio o Serpentario
cune specie di rettili, o dalla lunga vitalità di questi animali, per lo che i ciarlatani hanno usato fino ai nostri tempi
tto sotto forma d’animali al tempo della guerra dei Giganti. 295. Per lo più il suo aspetto è deforme, poichè ha la faccia
i, che soli possono bastare ai bisogni dell’uomo. 298. Narra Pausania lo storico che allorquando i Galli invasero la Greci
Romani, e protettori dei boschi, fu creduto figlio di Fauno, e taluni lo confusero con Pane. I poeti e i pittori lo diping
figlio di Fauno, e taluni lo confusero con Pane. I poeti e i pittori lo dipingono cornuto ; dal mezzo in giù gli fanno le
i non neghi Tepidi soli e temperata pioggia. (B. Baldi, Egloga.) Per lo più è rappresentato a modo del dio Termine (308),
zzo di un pratello amenissimo, posto innanzi alla bocca della grotta, lo teneva col suo nutrimento sempre erboso, e per lo
bocca della grotta, lo teneva col suo nutrimento sempre erboso, e per lo più tempo fiorito ; d’intorno vi pendevano secchj
ste, poichè non poteva esser tagliato un albero prima che i sacerdoti lo dichiarassero abbandonato dalle ninfe. Le Napee (
di esse, chiamata Melissa, trovato nella cavità di un albero un favo, lo fece assaggiare alle compagne, che tutte liete di
infa Eco, figlia dell’Aria e della Terra ; essendochè meritato avendo lo sdegno di Giunone (85), fu da lei condannata a ri
o sul margine d’una fonte, e lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde, lo accese di sì folle amore di sè medesimo, che dive
edesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei ebbero pietà di Narciso, e lo cangiarono in quel fiore che porta il suo nome. 3
per allusione alla fedeltà di questo animale, e quelle dei Penati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lanci
se si possono erroneamente chiamar fortuna le inaspettate ricchezze, lo dicano quei tanti ai quali sono state causa di ro
enza e versi sublimi ne ragiona Dante nel VII dell’ Inferno : Colui, lo cui saper tutto trascende67 Fece li cieli, e diè
’ senni umani :70 Perchè una gente impera e l’altra langue, Seguendo lo giudicio di costei, Che è occulto come in erba l’
i favori della fortuna e del potere. 334. Nemesi ha la fronte serena, lo sguardo severo e il contegno franco ; ma facilmen
ruina : Lieve ed alta dal suolo ella sul capo De’ mortali cammina, e lo perturba ; E a ben altri pur nocque. Anche allo s
rimo ad alzarle in Roma un tempio sul monte Aventino ; ma un incendio lo distrusse, e Pollione lo fece rifabbricare con ma
n tempio sul monte Aventino ; ma un incendio lo distrusse, e Pollione lo fece rifabbricare con maggiore sontuosità, colloc
Abitò un tempo nel cielo, ma Giove ne la bandì, perchè metteva sempre lo scompiglio tra i Numi. 344. Indispettita per non
a, che nel fiero aspetto e nel portamento della persona, ben palesava lo sdegno e la rabbia ch’ ella chiudeva nel cuore. P
che nasce, e che ella per prevenirlo si cacci dentro nella camera per lo finestrone che si è detto. La sua forma sia di un
i in portamento altero Il franco piè sicura e baldanzosa ; Sereno era lo sguardo, e insiem severo ; E stava sulla fronte m
, 2°. I Greci onoravano di culto divino anche l’Amicizia, che davvero lo meritava, e la chiamavano la Divinità delle grand
a, perchè una volta che abbiam cominciato ad amare, il non amar più è lo stesso che non vivere. Sulla fronte della Dea si
tra estate, e del quale godiamo nel nostro inverno. Felici coloro che lo posseggono anche prematuro ! La statua dell’Amici
teto non volesse indicare la vecchiezza della Fedeltà incanutita. Per lo più le giace a’piedi un cane bianco, simbolo che
nacque Perseo. 354. Acrisio, scoperta l’esistenza del temuto nipote, lo fece esporre con sua madre in preda alle onde in
356. Il giovinetto eroe accettò impavido la proposta ; ma gli Dei che lo proteggevano vollero aiutarlo. Minerva gli prestò
hio, Mercurio le sue ali e la spada adamantina, e Plutone un elmo che lo faceva divenire invisibile. 357. Le Gorgoni erano
va ad uccidere o ad impietrire gli uomini. « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso » dice Virgilio a Dante nel IX dell’I
a il giardino delle Esperidi, e n’era estremamente geloso. Un oracolo lo aveva ammonito a star guardingo contro un figliuo
olendo far mostra di destrezza nel giuoco del disco, colpì Acrisio, e lo stese morto. Così rimase avverato l’oracolo. Fu t
e e d’Argo alzarono gloriosi monumenti alla sua memoria, e Giove (63) lo pose in cielo tra le costellazioni settentrionali
ove (63), che amava Alcmena, volle pigliarsi special cura d’Ercole, e lo adottò per figliuolo. 365. Giunone (85), sempre g
to, si apparecchiò a perseguitare Ercole, forzando Giove a giurar per lo Stige che il primo nato de’due fanciulli dovrebbe
, sendo ivi presente Anfitrione e la madre Alcmena, in cui si scorgea lo spavento. E se questa non fu la medesima tavola,
e dicesi che coll’andar del tempo andarono ad assalire Eurisleo e che lo uccisero per vendicare le persecuzioni sofferte d
vano le armi perchè la sua pelle era impenetrabile, potè agguantarlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia,
nel monte Erimanto, devastava tutta la campagna circonvicina : Ercole lo agguantò vivo, e lo trasse ad Euristeo, che al pr
devastava tutta la campagna circonvicina : Ercole lo agguantò vivo, e lo trasse ad Euristeo, che al primo vederselo in fac
ce ch’ei li nutrisse di carne umana. Ercole corse ad assalir Diomede, lo vinse, e lo dette a sbranare ai proprj cavalli. P
nutrisse di carne umana. Ercole corse ad assalir Diomede, lo vinse, e lo dette a sbranare ai proprj cavalli. Poi condusse
vi con la carne umana ; e sotto le forme di quest’orribile mostro per lo più vogliono denotare la tirannide sostenuta dall
pe muri ed armi ; Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza : Si cominciò lo mio duca75 a parlarmi, Ed accennolle che venisse
e, perchè il figliuolo d’Alcmena strettolo fra le robuste sue braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’inferno tra’Centa
d’Alcmena strettolo fra le robuste sue braccia lo soffocò. Dante che lo trova all’inferno tra’Centauri nel cerchio dei vi
gue fece spesse volte laco. Non va co’suoi fratei per un cammino, Per lo furar frodolente ch’ei fece Del grande armento, c
ttraversavano le sabbie della Libia. Ercole, offeso da questo mostro, lo assalì, e lo atterrò tre volte ; ma invano, poich
le sabbie della Libia. Ercole, offeso da questo mostro, lo assalì, e lo atterrò tre volte ; ma invano, poichè la Terra su
ei la toccava gli rendeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il prode lo alzò di peso, e lo soffocò tra le sue braccia. 38
endeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il prode lo alzò di peso, e lo soffocò tra le sue braccia. 387. 1 Pimmei erano u
0) andò a lui debitore della libertà, poichè gli spezzò le catene che lo tenevano avvinto sul monte Caucaso. 390. Essendo
opa, l’altra Abila in Affrica. Così, la favola immagina, restò aperto lo stretto di Gibilterra. Quelle montagne furono det
acabile Dea ; chè anzi inasprita l’ira da nuova gelosia, Giunone (85) lo dette in preda a un furor cieco e sì tremendo, ch
auro aveva la cattiva intenzione di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Id
che il violento fuoco del veleno gli serpeggiò per tutte le membra, e lo dette in preda a sì acerbi dolori, che divenutone
e in preda a sì acerbi dolori, che divenutone furioso, afferrò Lica e lo scaraventò nel mare, dove fu cangiato in iscoglio
d’ Atene, e per madre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo di Trezene nell’ Argolide. Fu par
i Nettuno, gettò in mare il suo anello, poi si tuffò nelle onde, e ne lo ritrasse unitamente ad una corona che Anfitrite (
norme pietra ; e le raccomandò, qualora partorisse un maschio, di non lo inviare a lui se non quando fosse tanto robusto d
a un banchetto ; ma quando Teseo era per ingoiare il veleno, il padre lo riconobbe alla spada che cingeva al fianco ; e sc
elissimo assassino, desolava l’ Attica, spogliando i viandanti. Teseo lo uccise, e bruciò le sue ossa, facendone un sacrif
dove assaliva i viaggiatori. Teseo, nel recarsi da Trezene a Corinto, lo uccise, e ne prese la clava, che d’ allora in poi
essero combattere, e vincendoli gli uccideva ; ma Teseo superò lui, e lo punì dell’ abuso che faceva della sua forza. 414.
di Minosse II re di Creta aveva messo al mondo questo mostro, e il re lo teneva chiuso nel laberinto dell’ isola di Creta.
la sua invenzione, poichè caduto in sospetto di infedeltà, Minosse ve lo fece rinchiudere col figlio Icaro e col Minotauro
he sulle prime gli dette asilo, indotto poi dalle minacce di Minosse, lo fece perire soffocato in una stufa. 424. Dedalo e
ma e del compasso. Per queste scoperte ottenne tanta riputazione, che lo zio, divenutone geloso, lo precipitò dalla sommit
te scoperte ottenne tanta riputazione, che lo zio, divenutone geloso, lo precipitò dalla sommità della cittadella di Miner
tà della cittadella di Minerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo rattenne per aria, e lo trasformò in pernice. Per
inerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo rattenne per aria, e lo trasformò in pernice. Per togliere a Dedalo l’ od
ione indegnissima, possiamo supporre che anche Acalo, volendo emulare lo zio in qualche ardito sperimento meccanico, ne ri
racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva di misurarsi con lui, e lo sfidò al paragone. Teseo accettò l’ invito ; ma q
a regina Antiope o Ippolita (375) fatta sua prigioniera. Da essa ebbe lo sventurato Ippolito (435). 433. I due amici, debe
437. Il padre, ingannato dalla malvagia donna, bandì il figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno (185) che gli
narra che Esculapio (289) rese la vita ad Ippolito, e che Diana (137) lo coperse d’ una nube per farlo evadere dall’ infer
osso da gelosia per la fama dell’ eroe, o istigatovi da’ suoi nemici, lo fece assalire a tradimento e dirupare dalla cima
Ebbero poi a comune la gloria di liberar l’ Arcipelago dai pirati che lo infestavano ; e per questo beneficio meritarono d
eno d’ afflizione per la morte del fratello, scongiurò Giove affinchè lo facesse immortale come lui ; ma questo voto non p
la legge che secondo essi governava i moti di quei corpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono rappresentati in due giovani
ll’ aiuto di questo maraviglioso ariete, e potè con esso attraversare lo stretto che separa l’ Europa dall’ Asia. Ma Elle,
sennato contro di lei, le svelse dalle braccia il fanciullo Learco, e lo uccise. La madre disperata s’ annegò con l’ altro
erano per ucciderlo, quando l’ ariete che aveva il dono della parola, lo svegliò, e gli fece noto il pericolo imminente. A
d Aeta re della Colchide, vi consacrò al dio Marte il Vello d’ oro, e lo appese ad un albero, in mezzo ad un bosco dedicat
ron detti coloro che vi salirono sopra. Giasone fu eletto capitano, e lo accompagnarono Admeto, Teseo, Castore e Polluce,
ascello comparso sulle onde. Giasone, dopo l’ impresa della Colchide, lo consacrò a Nettuno nel golfo di Corinto. Tutti qu
infedeltà spinse al furore la malvagia donna, la quale, dissimulando lo sdegno, perseguitò la rivale, e fu causa della su
a di Preto (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito di una
o ; ma Stenobea, moglie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito di una pretesa cospirazione ordi
o di lui. 463. Preto, non volendo violare i diritti dell’ ospitalità, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re di quel
di cortese raccomandazione. 464. Jobate, com’ era uso in quel tempo, lo accolse benignamente, e gli fece passare in festa
di soldati debellò i Solimi, le Amazzoni ed i Licii. Alla fine il re lo mise all’ impegno di combattere la Chimera, spera
l corpo di capra, e dall’ enorme gola mandava fuoco e fiamme. I poeti lo dicono nato dal gigante Tifone (69) e da Echidna
protezion degli Dei, gli dette in moglie la sua figliuola Filonoe, e lo dichiarò suo successore. Stenobea tormentata dai
seo ; ma Giove fece pungere da un insetto il piede del destriero, che lo precipitò sulla terra, e così l’ eroe fu punito d
a lira, inspirata da tanto dolore, commosse le divinità infernali ; e lo stesso Nume del Tartaro impietosito gli concesse
chiamarlo alle dolcezze della vita ; ma egli, spregiandole, ne eccitò lo sdegno ; sicchè, mentre un giorno celebravano le
o celebravano le feste di Bacco (153), divenute furibonde, assalirono lo sventurato Orfeo, e lo gettaron nell’ Ebro, dove
di Bacco (153), divenute furibonde, assalirono lo sventurato Orfeo, e lo gettaron nell’ Ebro, dove travolto nelle onde fac
ua spoglia ; ma ne era vietato l’accesso alle donne. Quindi suo padre lo cangiò in cigno ; e la celebre sua lira fu colloc
ndustrioso amava Euridice (470) ; ma ella, fedele ad Orfeo (466), non lo curò ; ed il giorno stesso delle sue nozze, volen
agraria e di pastorizia. Alla fine si stabilì nella Tracia, ove Bacco lo iniziò nei misteri delle Orgie. Dopo la sua morte
a l’onoraron di culto e di tempio ; e soprattutto i pastori siciliani lo tennero per loro Dio. In Sicilia acquistò celebri
tori siciliani lo tennero per loro Dio. In Sicilia acquistò celebrità lo squisito miele del monte Ibla. Arione. 4
lce suono teneva dietro alla nave, guizza a raccorlo sul suo dosso, e lo reca fino al capo Tenaro in Laconia, di dove Ario
amico dell’uomo, e sensibile alle dolcezze dell’armonia. Gli antichi lo avevano in tanta venerazione, che, se per avventu
ne, che, se per avventura ne incappava taluno nelle loro reti, subito lo rimettevano in mare per non violare i diritti del
uriosamente tra loro, dimodochè cinque soli ne sopravvissero, ed essi lo aiutarono nella costruzione della città. 488. Tro
el re di Corinto, ritrovò a caso questo bambino sul monte Citerone, e lo ricoverò nella sua capanna. 493. La regina di Cor
nto, avuta questa notizia, volle vederlo ; e siccome non aveva figli, lo adottò per suo, e lo fece regalmente educare. 494
izia, volle vederlo ; e siccome non aveva figli, lo adottò per suo, e lo fece regalmente educare. 494. Divenuto grande, e
Focide. 495. Appunto questa sua premura di fuggire i decreti del Fato lo trasse ad offendere il padre senza conoscerlo. 49
a sera ? » La Sfinge poi era destinata a perire appena avesse trovato lo scioglitore del suo enimma. 499. Edipo, mosso dal
e si accecò con le proprie mani. I figliuoli, più scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfuggito co
interdetto ai profani, edipo fu condotto ad Atene, ove Teseo (409) lo ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di G
, dichiarò che non avrebbe accordato la mano d’Ippodamia se non a chi lo avesse vinto nella corsa dei carri. I perdenti do
o perire di sua mano. L’amante poteva correre il primo, ma il re, che lo inseguiva con una lunghissima lancia ; era tratto
aggini la terra. 515. Tieste offese Atreo nell’onore, e dovè fuggirne lo sdegno ; ma ingannato da una falsa riconciliazion
cavallo nella città, atterrando parte delle mura perch’ei passasse, e lo collocarono alla porta del tempio di Minerva (262
protezione di Venere (170) che, per sottrarlo ai colpi del vincitore, lo ravvolse in una nube (cioè a dire che il codardo
itorno fu tradito dalla moglie, ed ucciso nella propria reggia ; indi lo scellerato seduttore sposò Clitennestra, ed usurp
era per compiersi il sacrifizio, Ifigenia sacerdotessa e sua sorella lo riconobbe, e trovò modo di sottrarlo alla morte.
ola d’ Egina e giudice dell’inferno (229). Sua madre, che teneramente lo amava, andò ad immergerlo nelle acque dello Stige
ramente lo amava, andò ad immergerlo nelle acque dello Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale
o Stige (221), e lo rese invulnerabile fuorchè nel calcagno pel quale lo teneva sospeso. Quindi gli dette per precettore i
precettore il centauro Chirone (430), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e di tigre, dal ch
ione funesta, vestì il giovinetto in abiti da donna, e mentre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte di Licomed
giovinetto in abiti da donna, e mentre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte di Licomede re di Sciro, dove po
lte intorno alle mura di Troja e alla tomba di Patroclo (593), finchè lo rese alle lacrime dello sventurato Priamo, che da
’Achille. Così volevano i fati ; nè valsero i consigli di Chirone che lo aveva ammonito di non lasciarsi vincere da molle
e che quella freccia fosse stata diretta dallo stesso Apollo. I Greci lo tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino alle
are a piangere sulla sua spoglia. Anche le nove Muse (274) amaramente lo piansero, e l’oracolo di Dodona (82) gli decretò
allora diciotto anni. 544. La smania di vendicare la morte del padre lo rese uno dei più tremendi nemici dei Trojani : eg
lo rese uno dei più tremendi nemici dei Trojani : egli stesso uccise lo sventurato Priamo (587), fece precipitare dall’ a
r quelle frecce costrinse i Greci a ricorrere di nuovo a Filottete, e lo condussero all’assedio di Troja. 548. Appena giun
a sarebbe caduta più presto. Era ancora molto eloquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che di sua bocca usciéno Più
ci d’eloquenza i rivi. 555. Apollo (96) in premio della sua saviezza lo fece vivere trecento anni, ossia tre età d’ uomo,
ede sulla spiaggia nemica. Quindi nessuno de’suoi compagni, e nemmeno lo stesso Achille (536) osavano abbandonare le loro
esto principe ritornava a Creta, carico delle spoglie troiane, quando lo colse una tempesta violentissima, e lo ridusse ag
delle spoglie troiane, quando lo colse una tempesta violentissima, e lo ridusse agli estremi. Allora, per sottrarsi al pe
empesta, e il re approdò felicemente nel porto, ove il figliuolo, che lo aspettava, fu il primo a comparirgli davanti… Lo
raverso Piantarsi ; e al suon de’brandi, onde intronato Avea l’elmo e lo scudo, i vincitori Impaurir col grido, e rincalza
fatti il fanciullo, ed Ercole, avvolgendolo entro la pelle del leone, lo rese invulnerabile, eccettone il luogo dove quest
poi a legare il cadavere d’Ettore al carro d’Achille, allorchè questi lo trascinò intorno alle mura di Troja (540). 564. D
rima ebbe proferito queste parole, che Nettuno (185) sdegnato, franse lo scoglio col suo tridente, e lo fece sprofondare n
le, che Nettuno (185) sdegnato, franse lo scoglio col suo tridente, e lo fece sprofondare nei flutti. Ulisse. 568.
russero col valore e con le armi. Sicchè Omero, quanto alla prudenza, lo paragona allo stesso Giove (63). Ecco i più segna
femminili nell’isola di Sciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio di Troja. 2° Con l’aiuto di
n po’ di ruggine della lancia d’Achille, ne compose un medicamento, e lo mandò a Telefo, che essendone guarito, si pose pe
572. Essendo stato per lungo tempo in balia delle tempeste, i venti lo spinsero alfine sulla terra dei Ciclopi (272) in
ove Polifemo, figliuolo di Nettuno (185), e il più possente fra loro, lo rinchiuse nella propria caverna con tutti i suoi
esperta nella magia, usò tutto il potere de’ suoi incantesimi contro lo scaltro re d’Itaca e contro i suoi compagni, perc
2 576. Dipoi scese all’ inferno, trattovi dal desiderio di conoscere lo stato dell’anima dopo la morte del corpo, e per c
indovino Tiresia (660), dal quale, nell’udire le nuove disgrazie che lo minacciavano, seppe ancora il miserando fine che
di Malta) soggetta all’ impero della Ninfa Calisso. 578. Questa Dea lo accolse benignamente, lo trattenne per sette anni
impero della Ninfa Calisso. 578. Questa Dea lo accolse benignamente, lo trattenne per sette anni nella sua isola, e gli p
e (63) ordinando a Calisso di non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò andar via sopra una fragile zatta. A gran
Nausica impietosita chiama le sue compagne, e le invita a soccorrere lo straniero : « Giove, ella disse, ci manda i pover
trò alle loro ginocchia aspettando con umiltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con fraterna benevolenza, e lo fa sedere ;
umiltà il suo destino. Alcinoo lo rialza con fraterna benevolenza, e lo fa sedere ; i servi apparecchiano una tavola e la
all’ospite ch’ei farà allestire uno dei suoi migliori navigli perchè lo conduca ad Itaca. Ulisse corrispose a tante corte
delle sue avventure, e svegliò tenerezza e stima in tutti quelli che lo ascoltarono. La nave era pronta, ed ei v’ascese l
era pronta, ed ei v’ascese lieto di grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò col più tenero addio, ed i suoi occhi s
ssenza di venti anni. 579. Siccome parecchi principi suoi vicini, che lo credevano morto, erano andati a farla da padroni
poterne fare anch’ egli l’ esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo volse contro gli amanti di Penelope, e ad uno ad
quand’ ecco arrivar Telegono suo figliuolo per visitarlo. Le guardie lo respingevano come un incognito, e nacque scompigl
l figliuolo restò ucciso da una sua freccia avvelenata. Ma Dante, che lo trova all’Inferno nella bolgia dei frodolenti, fa
Marocco, e l’isola de’ Sardi, E l’altre che quel mare intorno bagna. lo e i compagni eravam vecchi e tardi, Quando venimm
, il quale, per vendicarsi d’esserne stato tratto all’esercito greco, lo accusò d’avere segrete corrispondenze coi nemici.
riamo (587) ; tantochè i suoi stessi soldati gli si levarono contro e lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran
nne trojane che la seguivano in schiavitù, ed avventate segli addosso lo accecarono, e spensero la sua prole. 590. Le guar
l suo nemico, Ecuba e Priamo tremano pei giorni del loro figliuolo, e lo scongiurano a non combattere ; ma egli deliberato
llo, Toltone sole le bell’armi, intatto A’tuoi. Tu giura in mio favor lo stesso. Achille non vuol parlare d’accordi, perc
chille, il quale con la sua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al suo cocchio : …
ua ferisce a morte il nemico nel collo. Indi lo spoglia delle armi, e lo lega al suo cocchio : ……. Sul carro indi salito
e lieto Va di padre e di madre, alteramente Dalla mensa il ributta, e lo percote, E villano gli grida : Sciagurato, Esci,
hille per riscattarlo. Omero dice che Mercurio, in sembianze mortali, lo accompagnò, l’aiutò a passare non visto davanti a
ozzando La tremenda baciò destra omicida Che di tanti suoi figli orbo lo fece… Achille stupì a quella vista, e Il suppl
ono. In questo punto ei forse Da’ potenti vicini assedïato Non ha chi lo soccorra, e all’imminente Periglio il tolga. Nond
o, mentre le ancelle, per ordine suo lavavano il cadavere d’Ettore, e lo involgevano in candidi lini per restituirlo al pa
così Andromaca sua madre, per sottrarlo alla persecuzione dei nemici, lo aveva nascosto nella tomba del marito. Ma la tene
zione non si avverasse, appena nato il bambino, ordinò a un servo che lo facesse perire ; ma colui, mosso dalle preghiere
che lo facesse perire ; ma colui, mosso dalle preghiere della madre, lo dette ad allevare a certi pastori del monte Ida.
ra Venere (170), Minerva (262) e Giunone (85). 599. Giove, per finire lo scandalo, mandò le tre Dee sul monte Ida ad esser
usse in Grecia ; ed ella gli annunziò la trista ventura a che il fato lo riserbava (531) ; ma secondo il solito non le fu
chi del cavallo il suo giavellotto, e udissi tosto il cupo rimbombo e lo strepito delle armi dei soldati rinchiusi. 606. M
i altari Sorge ferito, se del maglio appieno Non cade il colpo, ed ei lo sbatte e sfugge. I fieri draghi alfin dai corpi e
di Polidoro, d’Atenodoro e d’Agesandro, celebri artefici di Rodi che lo scolpirono tutto d’un pezzo.118 Nella galleria di
oso nelle battaglie ; e secondo Omero, Ettore (591) solo fra’ Trojani lo superava. 609. Nella notte dell’eccidio di Tro
di Giunone (85), incorse, per causa sua, in una furiosa tempesta che lo gettò sulle coste dell’Affrica, dove fu accolto i
vorevole da Venere. Così un compagno di Enea, Ilioneo, narra a Didone lo scopo e il travaglio dei viaggi dei Trojani : Un
tino re del Lazio, il quale, avvertitone dall’oracolo, favorevolmente lo accolse, e gli promise in moglie Lavinia sua figl
iglia. Ma Turno re dei Rutuli che pretendeva la mano della fanciulla, lo aggredì per sostenere le sue pretese. I Rutuli fu
questa Dea per punirlo facesse sbucare dalla terra uno scorpione che lo ferì a morte colla sua puntura. Fatto sta che Dia
dere un tizzone che le Parche avevan messo nel fuoco mentre sua madre lo partoriva ; sicchè Altea, per prolungare i giorni
è Altea, per prolungare i giorni al figliuolo, si tolse quel tizzone, lo spense, e lo tenne custodito con grandissima cura
prolungare i giorni al figliuolo, si tolse quel tizzone, lo spense, e lo tenne custodito con grandissima cura ; ma ad ogni
o spense, e lo tenne custodito con grandissima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno di Diana (137) cagionò la morte di Meleagr
recipitosa, che perdette il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò, e lo intrise di sangue. Giuntovi poco dop
he perdette il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò, e lo intrise di sangue. Giuntovi poco dopo Piramo, che
bbia le orme dell’animale, e che tremava per Tisbe, scoperse il velo, lo riconobbe, e persuaso che l’infelice fosse stata
a non più vedersi. Nonostante Leandro ogni sera attraversava a nuoto lo stretto per abboccarsi con colei che ormai gli er
il mare divenne così tempestoso che l’esporvisi a nuoto sarebbe stato lo stesso che andare incontro alla morte. Leandro pe
vita uscio. E venne serva la città di Baco,129 Questa gran tempo per lo mondo gio. Suso in Italia bella giace un laco App
che ’ntorno erano sparti, S’accolsero a quel luogo, ch’era forte Per lo pantan che avea da tutte parti. Fèr la città sovr
donne ; ma Giunone, che era di contrario parere, se l’ebbe a male, e lo acciecò. Giove per consolarlo fecelo diventare un
unesto vaticinio, poichè Giove (63) per punirlo della sua presunzione lo fulminò, e la terra inghiottì lui ed il suo carro
al suo luogotenente Galba che aveva settantatrè anni, e che gli tolse lo scettro e la vita. Alessandro prima della sua spe
evuta, la posero sul capo del loro padre ; e prendendolo sulle spalle lo condussero in trionfo in mezzo agli innumerabili
frustarla ; sicchè alla fine una volta la statua gli cadde addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adornavano il crine di A
visto mettersi sulle spalle un toro di quattro anni, correr con esso lo stadio senza ripigliar fiato, ucciderlo con un pu
re, e qua e là scorrendo riceveva molte ingiurie ed oltraggi, e niuno lo volea ricevere. Arrivato che fu al luogo ove sede
appellavano Panatenea. « Sbeffavano gli Attici un vecchio, e come se lo volesser ricevere, lo chiamavano, e venuto che e
. « Sbeffavano gli Attici un vecchio, e come se lo volesser ricevere, lo chiamavano, e venuto che era lo scacciavano. Pas
hio, e come se lo volesser ricevere, lo chiamavano, e venuto che era lo scacciavano. Passato ch’e’ fu dinanzi a tutti gli
n presto innanzi di tutti, siccome da prima, a sè di nuovo rivolgendo lo stridore degli applausi. Ma pure il vicino cursor
endo la moltitudine sospesa ; e solo udivasi il fischio de’ flagelli, lo stridore delle rote, e il fremer delle voci, insi
o agli applausi, ch’empivano il cielo, collo scoppiare in larghi giri lo stridente flagello. Ecco però che, a turbare così
ggiadro coturno involto al piede candido ed ignudo. Una cerulea veste lo ricopriva sino al ginocchio, annodata con fascia
i, passò sotto il braccio di lui, e quindi, rivolgendosi rapidamente, lo prese di dietro ai fianchi. Quegli però, scotendo
di lui piede a sè traendo, e nel tempo istesso spingendogli il petto, lo costrinse a vacillare, ed alla fine a cadere. Pur
n piedi : perchè il cadente avversario, colla speranza di sostenersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone vincitore : qu
L’asse spezzò ; precipitò dal carro ; Fra le briglie s’avvolse, e per lo circo Dileguaronsi rapidi i cavalli. Mandâr le ge
ero pesto, insanguinato, Tal che nessun più degli amici suoi Ravvisar lo potea. Tosto arso a lui Fu il rogo ; e chiuso il
riete, il Toro, i Gemelli, il Cancro, il Leone, la Vergine, la Libra, lo Scorpione, il Sagittario, il Capricorno, l’ Aquar
il segno dell’ Ariete, condottiero del minuto bestiame, annunzierebbe lo spuntar dell’erba e l’uscita dei greggi ai pascol
cui si trasformò Giove per rapire Europa (483). Il Nume riconoscente lo pose tra le costellazioni ; ma v’è chi dice piutt
contro Ercole, mentr’egli combatteva l’idra di Lerna (371). L’animale lo morse in un piede, ma Ercole lo uccise, e Giunone
teva l’idra di Lerna (371). L’animale lo morse in un piede, ma Ercole lo uccise, e Giunone lo pose in cielo. 681. Ognun ve
(371). L’animale lo morse in un piede, ma Ercole lo uccise, e Giunone lo pose in cielo. 681. Ognun vede come dal Leone sia
sotto la figura di Centauro (430) in atto di scagliare una freccia ; lo che potrebbe anche denotare la violenza del fredd
si vive con l’amico estinto, E l’estinto con noi, se pia la terra Che lo raccolse infante e lo nutriva, Nel suo grembo mat
tinto, E l’estinto con noi, se pia la terra Che lo raccolse infante e lo nutriva, Nel suo grembo materno ultimo asilo Por
elago l’Aurora il croceo velo, Mori la vampa sul consunto rogo, E per lo tracio mar, che rabbuffato Muggia, tornaro alle l
e ciò dicendo, il primo Del suo mirto materno il crin si cinse. Elimo lo segui, seguillo Alete ; Un di verd’anni, e l’altr
fuoco, e parte a l’acque, E parte intorno al freddo corpo intenti Chi lo spogliò, chi lo lavò, chi l’unse. Poichè fu piant
l’acque, E parte intorno al freddo corpo intenti Chi lo spogliò, chi lo lavò, chi l’unse. Poichè fu pianto, in una ricca
ovo potere, allorchè Oro figlio d’ Osiride mise in piedi un esercito, lo battè e gli tolse il trono usurpato. Così Oro sue
, benchè dovesse poi soccombere per la prepotenza dei Titani (30) che lo sconfissero e l’uccisero ; ma Iside lo richiamò i
prepotenza dei Titani (30) che lo sconfissero e l’uccisero ; ma Iside lo richiamò in vita, lo fece immortale, e gl’insegnò
(30) che lo sconfissero e l’uccisero ; ma Iside lo richiamò in vita, lo fece immortale, e gl’insegnò la medicina e l’arte
lattante. Questo bue veniva nutrito per quaranta giorni a Nilopoli, e lo custodivano le donne che sole avevano il diritto
ti e da immensa folla di popolo. Condottolo nel santuario d’ Osiride, lo collocavano davanti a due stalle coperte d’oro, e
ni Api doveva vivere un certo numero d’anni, dopo i quali i sacerdoti lo conducevano sulle sponde del Nilo, e con solennis
va le offerte ; ma suo rifiutarle passava per cattivo augurio. Talora lo consultavano accostando un orecchio alla sua gola
oma il culto di Serapide l’anno 146 dell’èra cristiana ; ma il Senato lo abolì per la troppa licenza delle sue feste. 706.
lla sinistra, e nella destra un piccolo trono con sopra il berretto e lo scettro d’ Osiride ; anch’essa ha i leoni a’piedi
le Gallie e nelle estreme parti della Germania, ove era adorata sotto lo stesso nome. A Roma le feste d’Iside erano accomp
o di morte. 709. Ma in questo culto degli animali non seguivano tutti lo stesso uso. Dove era adorato il coccodrillo e dov
tempo ritto sopra tre piedi, tenendo sempre alzato il quarto. Quando lo poserà sulla terra, la farà sprofondare nell’abis
vano sotto emblemi diversi, cioè, sotto la figura d’una querce quando lo scongiuravano a comunicare la sua sapienza alle a
ggetto della venerazione dei Galli. Era essa il loro tempio, ed anche lo stesso Nume, poichè, come dicemmo parlando di Teu
rso ebbe vita, da lui si conserva. Ma come ei non l’hanno veduto mai, lo riguardano qual Dio sconosciuto. Per ordine suo v
ghi inaccessibili. Da lui furon creati i primi abitanti, che qual Dio lo adorarono fino alla venuta di Pasciacamac che più
e avea precedute, ed un sacerdote, tenendo in mano l’idolo anzidetto, lo presentava loro dicendo : Ecco il vostro Dio. Ca
nche Grande Spirito e Kici-Manitù, è il principio del bene ; la Madre lo è del male. Creato l’universo, il Grande Spirito
roveremo bene spesso congiunti in matrimonio i fratelli e le sorelle, lo madri e i figli, o due del medesimo sesso, o via
enza ce. Quindi non abbiamo esitato a notare le opinioni, o piuttesto lo capressieni di vari autori, ancorchè possan parer
e della vita Eumolpo si riceociliò con Tegirio che, non avendo prole, lo fece crede del regno di Tracia verse l’anno 1 100
, dei qnali erane immagine. Il noviziato durava almeno un anne, e per lo più cinque, spirati i quali erano ammessi all’aut
ntevoli spettri e mostruose figure ; il rimbembo del tuone accresceva lo spavento nell’animo dell’iniziato. Infine, dopo a
una parto della moderna America, dovo i molti vulcani aempre accesi o lo tracco assai più numaroso dei grandissimi vulcani
esuvio ? La rimanente descrizione di quosta guarra chiaramente indica lo scendere della lava, il tremar della terra, i lam
il tremar della terra, i lampi, i macigni scagliati in alto, e infine lo sprofondaro del monte. Quindi le due catastrofi n
li furono il gastigo del fuoco da Prometeo rubato (70,71). Il fuoco è lo atrumento delle arti. Sotto l’invenzione del fuoc
io rèsogli da Trofonio nell’erigergli il tempio, rispose a coloro che lo conaultavano, che implorassero l’aiuto del loro c
i componevano le risposte. 25. Taluni supponevano che avesse passato lo strelto che unisce il mar Nero alla Propontide o
’altare d’Apollo a Delo pasaava per una delle msrsviglie del mondo, e lo credevano eretto da lui atesso quando era fanciul
mondo, e lo credevano eretto da lui atesso quando era fanciullo, con lo corna delle capre uccise de Diana sul monle Cinto
pre uccise de Diana sul monle Cinto. Non vi sacrificavano animali, nè lo contsminsvaoo mai col sangue delle vittime. Quest
odo che il salto fosse meno pericoloso, tendendo ingegnosamente sotto lo scoglio alcune reti che rettenevano la caduta a f
ore commovimento dell’acqua ; cosicché a dì nostri i nocchieri varcan lo stretto di Messina senza pericolo ; oppure vi son
i secondo le opere loro. Se il morto aveva violato le leggi del pæse, lo gettavano senza onori in un baratro chiamato Tart
aratro chiamato Tartaro ; se aveva condotta onesta vita, un nocchiero lo trasferiva oltre il lago in uu prato ameno, abbel
banli. 54. Virgilio. 55. Dietro il carro della Morte. 56. I Romani lo chiamarono Gradivo in tempo di guerra, o Quirino
iuramento, e dicevano : Me Dius Fidius sottintendendo adjuvet : « Che lo dio Fidio mi sia propizio ! » 75. Virgilio a Dan
rgonauti l’ introduzione in Europa dell’ uccello fagiano ; c pare che lo trovassero sulle sponde del Faso, di dove, dopo a
de del Faso, di dove, dopo aver risalito questo fiume della Colchide, lo recaroco nella lor patria. 90. Potrebbe esser ve
toso, e che tra volla Del vomero la piaga avea sentito. Molti aratori lo venian solcando, E sotto il giogo in quesla parte
Molti aratori lo venian solcando, E sotto il giogo in quesla parte a lo qualla Stimolaado I giovenehl. E coma al capo Gin
danze di pastori e greggi e capanne ; e per tulto l’ oro, l’argento e lo stagno davano ai varj oggetti forma e colore ; e
suocero prese questo ritratto che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodami
o ritratto che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodamia, fuori di sè dal
el Palazzo di Tilo. Sul principiare del secolo XVI un certo de Frédis lo trovò in una volta solterranea, e lo vendè a papa
el secolo XVI un certo de Frédis lo trovò in una volta solterranea, e lo vendè a papa Giulio II. Ora si ammira nel Museo d
o dell’ oracolo, si attribuiva a colpa della ignoranza degli uomini ; lo stesso avviene della interpretazione dei sogni pe
fa la terra girando intorno al sole nel periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le sembianze di Vacca.
3 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
roposito in un’ opera fatta per darci le idee precise della favola, e lo sarebbero sempre più, senz’aver prima formato un
 : imperciocchè giunti quelli ad una certa età, si rivoltarono contro lo stesso loro padre, ad eccezione di Oceano. Ma Ura
ano : egli dunque reclamò l’imperio : ma Saturno non volle cederlo, e lo ritenne per se. Si venne pertanto ad un aggiustam
avergli Urano presagito stando presso a morte, che uno de’ suoi figli lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto come avea ess
Giunone ; affidò il primo alle Ninfe Ida, e Adrastèa dette Melisse, e lo raccomandò ai Cureti, o sieno Coribanti, Sacerdot
tuto pacificamente vivere fra gli uomini, se il suo genio torbido non lo avesse indotto ad unirsi nuovamente con i Titani
vola di Saturno : una delle più chiare, e facili a spiegarsi. I Greci lo chiamarono Cronos, cioè il tempo, ed era naturale
eci lo chiamarono Cronos, cioè il tempo, ed era naturale, che i poeti lo facessero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suo
i grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il rumore, lo spavento, e lo sdegno. Il
i fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il rumore, lo spavento, e lo sdegno. Il suo regno però non fu s
to, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il rumore, lo spavento, e lo sdegno. Il suo regno però non fu sempre tranquill
abile, quanto tutti gli altri presi insieme, per nome Tifèo. La terra lo cacciò dal suo seno per vendicare la morte de’ su
; ma Giove più coraggioso abbattè col suo fulmine sì potente nemico : lo rovesciò, e restituì la pace all’Olimpo. In segui
tà. Omero, che ci ha data fra i poeti un’idea più nobile di Giove, ce lo dipinge accigliato, colla fronte coverta da nuvol
si avvertivano i Romani di sacrificare una troja gravida per placare lo sdegno degli Dei. Il sacrifizio fu adempito, e ce
Vulcano nacque sì brutto, e scontraffatto, che avendone Giove rossore lo fece precipitare dal Cielo sulla terra con un cal
ò questo maltrattamento di suo padre, ma non perdonò a sua madre, che lo aveva dato alla luce così storpio, e mal fatto, e
ccamente vestita, assisa sopra di un carro tirato da pavoni, portando lo scettro in mano, ed un pavone al suo fianco. C
consagrata a questa Dea, che gli comunicò una fame sì terribile, che lo ridusse a consumare tutt’i suoi averi per soddisf
use, ed il Dio della poesia, onde vien invocato dai poeti ; come pure lo è della musica, dell’eloquenza, della medicina, e
e la vita ad Ippolito figlio di Tesèo. Un potere così grande ingelosì lo stesso Giove, che con un fulmine troncò i giorni
ì lo stesso Giove, che con un fulmine troncò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi nel Cielo sotto l’aspetto di una costel
tale ingiuria, privò Apollo per qualche tempo della qualità divina, e lo cacciò dall’Olimpo. Il più amabile, il più saggio
r colà per giunta un mostro orribile per accrescere la desolazione, e lo spavento. In sì fiera traversìa fu consultato l’O
furiato Ercole per tale indegnità, assediò Troja, e preso Laomedonte, lo ammazzò. Volle in seguito, che Telamone figliuolo
Il Re degli Dei mosso a compassione diede di piglio al suo fulmine, e lo scagliò contro Fetonte, con averlo fatto precipit
orticato. Le Ninfe si dilettavano delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe
Aristèo, e nipote di Cadmo. Sdegnato la Dea per l’involontario fallo, lo cangiò in cervo. L’infelice Attèone volle darsi a
i suoi cani, che sotto tale aspetto nol riconobbero, l’inseguirono, e lo fecero in brani. Ella castigò altresì le Ninfe, c
aveva una grande influenza nell’impero di Plutone, di là il trasse, e lo nascose in una grotta del monte Latmos nella Cari
sfarsene : ma ella per sottrarlo allo sdegno del Sovrano dell’Olimpo, lo nascose ne’ boschi, ove succhiò il latte delle be
luogo di delizie, ove la trattenne per molto tempo, senza che costei lo avesse conosciuto. Venere afflitta per vedere il
à detto, che Vulcano1 nacque talmente brutto, che Giove con un calcio lo fece cadere dal Cielo. Il nume bambino si rotolò
ell’aria, e sarebbe senza dubbio morto, se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle di loro bracc
con una gamba più corta dell’altra, e con un martello alla mano, per lo più assiso innanzi alla sua incudine. Vulcano ad
i poeti latini : ma1 i Greci, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio di Giove, e di Giunone. Marte è rap
rra : i suoi cavalli nati da Borea, ed Erìnni chiamansi il Terrore, e lo Spavento. Parecchi mostri sono effigiati sulla di
. Parecchi mostri sono effigiati sulla di lui carrozza : il Furore, e lo Sdegno formano l’ornamento del suo elmo : la Fama
a : il Furore, e lo Sdegno formano l’ornamento del suo elmo : la Fama lo precede da lontano, ed il Terrore gli sta d’accan
a Destra s’apre il sentiero innanzi al Nume, E in fuga va la Tema, e lo spavento : Intrepido il Valor gli siede accanto,
mattino ; al mezzo giorno inventò la lira, e la sera aveva gia rubato lo scettro a Giove, il martello a Vulcano, il triden
adagno svelò ciò, che sapeva : allora Mercurio diedesi a conoscere, e lo trasformò in pietra di paragone : pietra che ha l
esedeva ai giuochi, alle adunanze, ascoltava i pubblici indovini, che lo consultavano, e dava ad essi le risposte. Era il
ivi racchiuse il bambino. Quando nel trasse, il diede a Mercurio, che lo consegnò a Niso. Questi lo educò nelle caverne de
uando nel trasse, il diede a Mercurio, che lo consegnò a Niso. Questi lo educò nelle caverne del Monte Nisa nell’Arabia. L
lle dette Jadi, e facendo presso di se restare il giocoso Sileno, che lo seguiva sopra un asinello, sul cui dorso talvolta
Re, ed alle sue Menadi, o siano Baccanti un sì fatto furore, che esse lo ammazzarono senza conoscerlo. Licurgo Re della Tr
che si affollavano per passare. L’orrida sua ciera bastava a destare lo spavento. La sua barba era bianca, ed arricciata 
egno. Come l’oracolo avea predetto, che uno de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nasco
che loro suggeriva la fantasia riscaldata, o a misura che il bisogno lo richiedeva. Divinità Campestri. Pane. Pa
i i suoi giorni in ubbriacarsi, piacendogli assai il buon vino. Bacco lo amava moltissimo, e lo portò seco al conquisto de
iacarsi, piacendogli assai il buon vino. Bacco lo amava moltissimo, e lo portò seco al conquisto delle Indie. Un giorno, c
uo asinello si fermò presso di un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe, bramando di averlo per un poco nella Corte
a modo suo, e si ubbriacò secondo il solito suo costume. Mida allora lo fece trasportare alla sua Reggia, e lo trattò cos
olito suo costume. Mida allora lo fece trasportare alla sua Reggia, e lo trattò così bene, che Sileno ritornato presso di
o alle ricchezze, se Bacco da lui nuovamente chiamato in soccorso non lo avesse consigliato di andare a lavarsi le mani ne
le tenere canzoni, atteso il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo di una grotta, ove egli eras
o Sileno aveva loro promesso alcuni versi che mai non diede, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e gli tinsero il v
della ninfa Liriope. Era questi insensibile verso tutte le ninfe, che lo amavano. Eco fu egualmente che le altre sfortunat
e si senti al momento la voglia di tuffarsi nelle onde. I Dei marini lo accolsero, e lo ascrissero alla loro classe. E
omento la voglia di tuffarsi nelle onde. I Dei marini lo accolsero, e lo ascrissero alla loro classe. Eolo Dio dei vent
ene dall’Occidente. Fra’ venti è questi il più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono uno de’ compagni di Amore.
nte. Fra’ venti è questi il più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovent
lo invocano, e lo credono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un bel garzone colle ali di
di Ecate, o sia della Notte era altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi era stata una ninfa bellissima amata da G
lle forbici. Sorde ai prieghi dei mortali seguivano il loro lavoro, e lo interrompevano all’ora stabilita dal Destino.
a Fortuna, al dir di Cicerone, è un nome vano ; e si potrebbe credere lo avesse l’antichità inventato per evitare l’occasi
atini avevano ascritto anch’essi il silenzio nel numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma di una donna che chiamarono
o. L’origine di Momo non sembra conveniente al suo carattere, giacchè lo fanno figlio del Sonno, e della Notte. Il suo far
e Grazie. Le Grazie eran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed assistevano al suo abbíglia
no semplici allegorie. I poeti, i pittori, gli scultori lor danno per lo più tali attributi per aggiungere naturalezza, e
col corno dell’abbondanza con frutta di ogni specie, e fiori : ma per lo più vedesi appoggiata ad un’ancora. La Virtù,
ordinaria grandezza coverto di occhi, e di orecchi, la cui voce imita lo scroscio del tuono : i piedi poggiano in terra, e
tassene rinchiuso in una grotta. Egli è vestito di un abito che tutto lo circonda ; i suoi capelli, e la barba bianca sono
ordia detta puranche Erinni. Il suo volto era livido, e tetro : torvo lo sguardo, e la bocca spumante. Giove l’aveva scacc
be stato il suo supplizio, se Ercole che si trovò di là passando, non lo avesse liberato. Non contento Giove di tale vende
ovi soldati che si scannarono fra di loro, restandone soli cinque che lo ajutarono alla fabbrica della famosa Tebe. Cadmo
ante la guerra Trojana) era figliuolo di Glauco re di Corinto : Giove lo aveva sottoposto a Preto re d’Argo. Come aveva un
diede orecchio all’accusa, ma per non violare il diritto delle genti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Licia con or
la scorta degli Dei protettori dell’innocenza, e della virtù. Giobate lo accolse con gioja, e nove giorni durarono le fest
osi giri inestrigabili. Ivi Minosse fece rinchiudere il Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella di lui disgra
suo valore. Passando pel territorio di Epidauro, uccise Perifeto che lo aveva sfidato a battersi seco. Di là traversando
ati, che poscia si raddrizzavano collo squarcio de’ loro corpi. Teseo lo fece morire nella stessa guisa. Passando per le f
uesta per altro gloriosa impresa, se Arianna figliuola di Minosse non lo avesse consigliato di attaccare un filo all’entra
Alla fama del valore di questo Eroe, Piritoo volle farne la pruova, e lo sfidò a singolar tenzone. Nel punto però di azzuf
iti diedero di piglio alle armi, e Teseo non si fece pregare per fare lo stesso. In ricompensa Piritoo contribuì al ratto
fatte sciogliere le catene di Cerbero, si avventò questi a Piritoo, e lo strangolò. Teseo fu preso vivo, e condannato a re
trasformatosi in cigno perseguitato da un’aquila. Questa principessa lo accolse nel seno, e ritrovandosi incinta dopo nov
e cura che entrambi si presero di purgar l’Arcipelago dai corsari che lo infestavano, furono riguardati quai Numi da’ mari
a insoffribile perchè, diviso da Castore. Quindi supplicò Giove o che lo avesse privato della vita, o avesse divisa la sua
ffettuarsi nel breve corso di un giorno. L’impresa avrebbe sgomentato lo stesso Ercole : e Giasone ci avrebbe perduta la v
ida figlia avvezza ad ogni delitto, preso Absirto suo fratello minore lo trucidò, spargendo le membra lungo la strada che
saggi del suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva riserbati lo sdegno di Giunone, che noi in un fiato accennerem
e gittava fiamme dalle narici desolava l’isola di Creta. Nettuno colà lo aveva spiccato perchè Minosse non gli aveva sagri
costrinse Cerbero per la prima volta a vedere la luce, ed incatenato lo trascinò sulla terra. Finalmente conquistò i pomi
ed ossa umane. Ercole andò a fargli una visita, gli diede addosso, e lo stramazzò più volte ; ma come figlio della Terra
a nuove forze Antèo sempre che la toccava ; del che avvedutosi Ercole lo tenne sospeso in aria finchè spirò l’ultimo fiato
ità di Admeto era presso a troncare i suoi giorni, quando Alceste che lo amava alla follìa, si offrì di morire per lui. Fu
gli avrebbe nel passaggio del fiume involato la sposa, se Ercole non lo avesse arrestato con una freceia avvelenata. Ques
isogno delle frecce che ivi erano rinchiuse per poter prendere Troja, lo fecero mancare al giuramento. Egli intanto credet
la terra, in quel luogo ove stavano le ceneri di Ercole : ma gli Dei lo punirono egualmente che se avesse colla viva voce
a divenne insanabile. L’infezione, ed il fetore era tale, che i Greci lo lasciarono nell’isola di Lenno, ove menò un vita
tempo istesso, ed aveva il dono della lingua, calmò la sua collera, e lo persuase a venire ancor egli a Troja. Partì dunqu
ine di Plutone, e sparì per la seconda fiata Euridice. Questa perdita lo afflisse in modo, che giurò di fuggire per sempre
prezzo, che avendolo incontrato mentre celebravano le feste di Bacco, lo fecero in pezzi, e ne dispersero le membra, che p
in un deserto. Ma questi in vece di abbandonarlo alle bestie feroci, lo legò ad un albero per un piede. Per tal ragione i
gonfio. Forba guardiano degli armenti di Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de’ suoi vagiti lo s
re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de’ suoi vagiti lo staccò dall’albero, e lo presentò al re, che lo f
trovò, e mosso a compassione de’ suoi vagiti lo staccò dall’albero, e lo presentò al re, che lo fece educare con attenzion
sione de’ suoi vagiti lo staccò dall’albero, e lo presentò al re, che lo fece educare con attenzione, adottandolo anche pe
e rifuggissi ad Argo, dopo avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa.
speranza di riacquistare la perduta tranquillità. Fegèa re del paese lo accolse, e gli diede per moglie Alfesibea sua fig
di offendere. Giove volle punire tale empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il p
era salito il primo di tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo contrario era il modello della dolcezza. Ella non
e. Spiacque alla Dea una tale decisione, e per vendicarsi di Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo compensò di tant
isione, e per vendicarsi di Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo compensò di tanta perdita conpermettergli di pote
one a morte, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella
. Con un fulmine Giove incenerì Tantalo : indi ordinò a Mercurio, che lo avesse confinato in un lago dell’inferno, incaten
a figliuola chiamata Ippodamia, che voleva maritare a condizione, che lo sposo dovesse superare al corso i suoi cavalli, c
endetta, mandò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista di quella
e questi vendicato abbastanza, e ringraziò gli Dei. Egisto ben presto lo disingannò con dargli la morte, e con far salire
tennestra vedutasi libera dopo la morto di Agamennone sposò Egisto, e lo fece montar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe
ebbe stato parimente vittima di sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse celato, ed indi fatto partire per la Focid
congedo da Strofio insieme col caro suo Pilade. Elettra segretamente lo fece entrare in Micene, e sparse dei falsi rumori
to, Oreste fu assalito dalle Furie, che malgrado tante espiazioni non lo lasciarono giammai fino a che non liberò sua sore
suoi armenti sul monte Ida, colà confinato da Ecuba senza che Priamo lo sapesse, giacchè gli era stato predetto, mentre E
ruina della patria : quindi diede ordine ad Archelao, che appena nato lo facesse morire ; ma avendone compassione quest’uf
o facesse morire ; ma avendone compassione quest’uffiziale di Priamo, lo consegnò ad alcuni pastori. Alla fama della belle
. L’ingiuria fatta a Menelao pose in rivolta tutta la Grecia, e tutti lo assicurarono di secondare la sua vendetta. Furono
ebbe avuto giammai favorevole il vento, se prima non si fosse placato lo sdegno di Diana contro di Agamennone, che le avev
ipe : ma Teti sua madre sapendo che il figlio morirebbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome
edio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede re di Sciro
ti di mezzo questi ostacoli, sarebbe Troja caduta prima del tempo, se lo spirito di partito, e di divisione non fosse entr
e, che Venere inviluppò in una nuvola il guerriero da lei protetto, e lo ricondusse in città. I suoi fratelli, i parenti,
abbracciato il fanciullo, e la sposa volò di nuovo al campo, portando lo scompiglio nelle file de’ Greci. Discende Minerva
vascelli. Agamennone nuovamente parlò di levare l’assedio, ma Ulisse lo distolse. Mentre Giove dal Monte Ida proteggeva i
vedendo minacciata la flotta corse ad implorare l’ajuto di Achille : lo scongiurò a prendere le armi : ma tutto fu inutil
sse la sua morte per mano di Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogliò delle sue armi. Appena che giunse a notiz
le finalmente la vinse, e la trista rimembranza del suo amico perduto lo rendette inesorabile fino alla ferocia : negò all
casse all’afflitto padre. Il barbaro legò il cadavere al suo carro, e lo trascinò intorno le mura della città. Funesto spe
zione. Tutto questo non bastò a soddisfare la collera di Achille. Per lo spazio di nove giorni trascinò tre volte il matti
parte del suo corpo soggetta ad essere ferita, poichè Teti sua madre lo aveva tuffato nelle acque del fiume Stige per ren
iume Stige per renderlo invulnerabile : il solo tallone, per il quale lo teneva, non fu bagnato da quest’acque salutari. È
a menzione di tale favola : il suo Eroe sarebbe stato meno grande, se lo avesse dipinto fornito di un tal dono. I poeti ch
ubbidire, il figliuolo di Laerte si aveva già costruito un battello : lo ascende, e si dà tosto in balìa del mare. Per il
Ino di fresco ammessa fralle divinità del mare viene a soccorrerlo : lo consiglia di andare a nuoto nell’isola de’ Feaci,
isola de’ Feaci, dove ritroverà la sua salvezza : gli dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine di gittar
o da pertutto. La sola figliuola di Alcinoo non si sgomenta, che anzi lo aspetta. Ulisse la prega d’indicargli la strada c
o in qualità di uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buon re lo accoglie con quella bontà che forma il carattere
pericolosissima per le sue attrattive. Ella dopo averlo bene accolto, lo ha trattenuto per otto anni in quest’isola, impeg
to2, frutto che aveva la proprietà di far dimenticare la patria a chi lo mangiava. Ulisse usò l’accortezza di far legare s
va mezzi per salvarsi, tenne a bada il Ciclope con i suoi racconti, e lo ubbriacò con vino generoso, che aveva portato, e
llora del momento, Ulisse preso un forte bastone, che aveva aguzzato, lo ficcò nell’occhio di Polifemo, che al sentirsi fe
il suo nome). Credettero i Ciclopi, che avesse perduta la ragione, e lo lasciarono così. Trattavasi di uscire dalla grott
endo che in quell’otre si conservasse qualche sorta di vino prezioso, lo aprirono. All’istante scapparono fuori tutt’i ven
uesto nuovo disastro, strada facendo ricevè da Mercurio un’ erba, che lo garantiva dalle più funeste malìe. Ulisse al cove
delle Sirene, ed i rischi nel passaggio fra Scilla, e Cariddi. Circe lo aveva altresì avvertito a non toccare i bovi, che
nto si salvò con essersi abbracciato ad un albero della nave. Le onde lo portarono all’isola di Ogigia, come si è detto, d
giare l’arco di Ulisse. Tutt’i pretendenti sono radunati, non escluso lo stesso Telemaco, ma inutilmente si affaticano per
’arco, se non a forza degli ordini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una freccia, e la fa passare per dodici
oso nell’Iliade : ma fa grande comparsa nell’Eneide, dove Virgilio ce lo dipinge in qualità di un uomo pietoso, saggio, e
ele Acate s’incamina l’Eroe verso Cartagine, e coverto da un velo che lo rende invisibile, si approssima alla bella Didone
ente dormiva : dormiva parimente Enea. Ettore gli apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Greci, e di essere oramai
ma gli apparve l’ombra soltanto della sposa morta nell’incendio, che lo consiglia a fuggire, con predirgli ch’egli andere
riserbato quest’Eroe a più sublimi imprese, gli spedisce Mercurio che lo persuade ad abbandonare Cartagine. Docile Enea ag
preparare segretamente la flotta. Penetra Didone il di lui disegno : lo rimprovera, e si duole di sì barbaro tradimento.
di volere fare un sagrificio agli Dei dell’inferno, innalza un rogo : lo ascende, e si ammazza con quella spada medesima c
Nella seguente notte apparve in sogno ad Enea l’ombra di Anchise, che lo consigliò a lasciare in Trapani i vecchi, e le do
Gl’insinuò parimente di portarsi a Cuma per consultar la Sibilla, che lo avrebbe condotto all’inferno. Eseguì a puntino En
ar questa pianta. Finalmente colla scorta della Sibilla, passando per lo Lago di Averno, discende al soggiorno de’ morti :
eno delle vicine montagne : di là la Furia passò alla corte di Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de’ suoi sol
armi col nerbo de’ suoi soldati. I principi vicini prendono parimente lo armi contro Enea, il quale non ha in suo favore,
lla fuga le cadde un velo, che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise di sangue della sua gola. Sopraggiunto Pi
ina, avrebbe data la morte alla bambina, se per l’opposto un maschio, lo avrebbe allevato, perchè a suo tempo avrebbe potu
ti non fossero sovente insieme. Leandro ogni notte traversava a nuoto lo stretto alla vista di un fanale, ch’ Ero accendev
tare l’oracolo di Apollo a Claro. Alcione sua moglie, che teneramente lo amava, stavalo attendendo con impazienza, ma Giun
i fanno il loro nido nel mare, che sta in calma, durante il tempo che lo formano, e ne nascono i figli. L’Aurora. L’Au
divenne tanto debole, e scarno, che l’Aurora istessa per compassione lo cangiò in cicala. Deifobe. Deifobe figliuola
una forte inclinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, f
che si scagliava a colpo sicuro, e ritornava dopo fralle mani di chi lo aveva lanciato. Per parte sua Procri divenne egua
alche bestia feroce, scagliò il suo giavellotto. Un grido che si alzò lo fece avvedere dell’errore, avendo uccisa la propr
la lingua per impedirle di poter palesare la sua disgrazia. Continua lo scellerato il suo cammino, e reca a Progne l’annu
rella dalla prigione : indi con un pugnale trapassò suo figlio Iti, e lo diede a mangiare a Tereo in un solenne banchetto.
ta Progne al momento cangiata in rondinella, Filomela in usignuolo, e lo stesso Tereo in uno sparviero. Aristeo. Fu Ar
vata : indi passò nella Sicilia, e finalmente nella Tracia, ove Bacco lo volle per compagno delle sue fatiche. Morì sul mo
e di Venilia. Fu amato da Circe famosa maga, e figlia del Sole, e che lo vide mentre andava in cerca di erbe, e dalla mede
ato da Periandro re di Corinto. Un giorno mentre navigava, i marinari lo volevano buttare nel mare, per arricchirsi delle
’ delfini, che si erano accostati al naviglio per sentir la sua voce, lo prese sul dorso, e lo portò sano, e salvo alla ri
o accostati al naviglio per sentir la sua voce, lo prese sul dorso, e lo portò sano, e salvo alla riva. Periandro fece sev
Proemio. Pbbiamo finora come in un quadro abbozzato l’origine, lo scopo, lo sviluppo della Favola. Nel breve corso
. Pbbiamo finora come in un quadro abbozzato l’origine, lo scopo, lo sviluppo della Favola. Nel breve corso di poche p
e nel tempo istesso la lingua che parliamo ; così stranissimo sarebbe lo affaticarci ad indagare l’eccessiva capricciosa f
cchè quanto vi ha di grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tratto la sua origine, e c
ie Divinità. Egualmente interessante pregio dell’opera abbiam creduto lo aggiugnere qualche cosa riguardante le Deità comu
do le patrie memorie sparse quà, e là in tanti libri, e scrittori per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiam
Respiciens blande felix Eumelis adorat.   Dove la voce Eumelis vale lo stesso che Partenope. Noi lasciando da parte le p
hia città. Andò però quasi in disuso il nome di Napoli, ritenendo per lo più quello di Partenope fino a che Augusto, al di
lezza è tale, che Boccaccio allorchè recossi a Napoli, al momento che lo vidde, stupefatto esclamò : Minuit praesentia fam
eroe conosciutissimo per la sua elegante figura, e diverse virtù che lo adornavano, e fra queste in grado eminente quella
essario per l’agricoltura. Della varia figura di questo Nume, secondo lo stesso Macrobio, dee dirsi, che i Napoletani lo v
questo Nume, secondo lo stesso Macrobio, dee dirsi, che i Napoletani lo veneravano sotto l’aspetto di un vecchio, a diffe
sotto l’aspetto di un vecchio, a differenza delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un gi
mpo degli equinozj, e de’ solstizj. Trasportati i nostri Maggiori per lo studio dell’astrologia, come è noto, non dee reca
o tumulo detto σορος in cui fu riposto dopo morto, onde i Greci prima lo chiamarono Sorapis. Oltre di un tempio grandioso
erchè germana di Apollo, sì perchè erano trasportati i Napoletani per lo studio dell’astrologia. Di questa scienza erano t
faceva il solito tragitto, e fu creduto che un qualche grosso cetaceo lo avesse ingojato. X. Cerere. Fralle patr
ere si dee Cerere Attèa, o sia Attica. Il nostro Stazio a chiare note lo indica : Tuque Actèa Ceres, cursu cui semper anh
crizione scritta a caratteri cubitali nel frontespizio chiaramente ce lo addita : eccola qui tradotta : Tiberius Julius T
e sono le opinioni degli scrittori sull’influenza de’ Genj. Vi ha chi lo crede padre degli uomini, e Plutarco un Nume tute
ali allora che nascono, consigliandoli a non fidarsi della Fortuna, e lo chiama Δαιμονιον Demonio. Censorino lo crede un c
a non fidarsi della Fortuna, e lo chiama Δαιμονιον Demonio. Censorino lo crede un continuo assistente ed osservatore di tu
omincia dall’unione di Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo ritorno di Ulisse ad Itaca. Tutto questo periodo
paesi degl’Iperborei, le nozze del fiume Ebro, e la Teogonia. Credesi lo stesso autore di amuleti e talismani, e che avess
n potere piegare il destino, e salvar da morte il figlio Sarpedone, E lo stesso tuttochè voglia salvar Patroclo, pure perc
lmente la Necessità accoppiata al Fato, o sia Destino. Alla Necessità lo stesso Giove, al dire di Filemone, fu soggetto. V
tto Jovis anticamente da Latini, siccome Zevs dal fischio del fulmine lo dissero i Greci. Gli Ebrei chiamarono Iddio Jehov
per i tesori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e di bronzo per lo spazio di cinquecento anni ivi ammassati. Erostra
Quantunque tutt’i mitologi pingano Vulcano zoppo, le sue immagini non lo rappresentano così. Gli antichi scultori, e pitto
la Cicerone de nat. Deor. che trovò le leggi, e le lettere. Gli Egizj lo chiamarono Theut, onde forse i Greci ne formarono
1. Questa favola ci rappresenta la caduta degli uomini. Pandora è lo stesso che la Natura nello stato dell’innocenza.
ava sempre nel monte Caucaso. Egli fu l’inventore del fuoco, o perchè lo trovò nelle selci, o perchè radunò i raggi solari
arsi in dietro fino a che non fosse fuori di pericolo colla moglie, è lo stesso di quello che diede Plutone ad Orfèo. Gli
4 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
erano penetrati, ornavano il loro spirito, formavano il loro cuore, e lo guidavano alla pratica del bene. » Diremo loro
o così si esprime(1) : Se ’l miri fulminar nell’ arme avvolto, Marte lo stimi ; Amor, se scopre il volto. Che bell’effet
, onde nulla tralasciare che possa viemeglio facilitare ai giovanetti lo studio della Mitologia. NB. Nell’ indice per ord
ettuno e Plutone. Titano scoperta la frode, mosse guerra al fratello, lo vinse e lo fece prigione. Saturno fu liberato pos
utone. Titano scoperta la frode, mosse guerra al fratello, lo vinse e lo fece prigione. Saturno fu liberato poscia da Giov
iove restò vincitore e non contento della vittoria ottenuta sul padre lo scacciò anche dal cielo. Saturno si ricovrò in It
anche Nettuno e Plutone. Rea consegnò Giove ai Cureti o Coribanti che lo condussero in Creta ove fu allattato dalla capra
to in età e venuto in cognizione della sua nascita chiese che Saturno lo riconoscesse erede. Titano ignaro della condotta
ede. Titano ignaro della condotta di Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal trono e lo fece prigioniere. Da quel
a condotta di Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal trono e lo fece prigioniere. Da quel momento Giove cominciò
ominciò a dar segni del suo valore. Assalì Titano, liberò suo padre e lo rimise in trono. Ma informato Saturno dal Destino
irritato per l’ingratitudine del padre, gli mosse guerra apertamente, lo detronizzò, lo scacciò dal regno e l’obbligò a ri
ingratitudine del padre, gli mosse guerra apertamente, lo detronizzò, lo scacciò dal regno e l’obbligò a ricovrarsi nel La
la di Aquila per rapire Ganimede figlio di Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece di Ebe. Giove era la di
reò suo coppiere in vece di Ebe. Giove era la divinità dei pagani che lo riguardavano come il padrone assoluto di ogni cos
Esso era adorato sotto vari nomi da quasi tutte le nazioni. Gli Egizi lo chiamavano Giove Ammone. Gli altri nomi erano tra
i, ed essendo questi stato ucciso per ordine di Giove da Mercurio che lo avea indormentato prima col suono della zampogna
tuno ; e questi per compensare il delfino del servigio a lui renduto, lo collocò fra gli astri ove forma la costellazione
oia ; ed avendo Laomedonte negato il convenuto premio a Nettuno, esso lo punì mandandogli un mostro marino che devastò tut
città di Atene. Violò e cangiò Anemone in fontana. Si rappresenta per lo più in piedi sopra un carro in forma di conchigli
poteva avvicinarsi a tutto ciò che non avean seco portato. Non valeva lo scacciarle, esse ritornavan sempre. Giunone le ma
o di Apollo celebre nella medicina avendo risuscitato Ippolito, Giove lo fulminò, istigato a ciò fare da Plutone che vedev
rribili stragi. Placato in fine Giove ridonò la divinità ad Apollo e lo richiamò in cielo. Pretendono alcuni che durante
del quale si fece una corona. Zefiro giuocando con Giacinto al disco, lo uccise involontariamente, ed Apollo che amava Gia
o al disco, lo uccise involontariamente, ed Apollo che amava Giacinto lo cangiò in un fiore che porta il suo nome. Ciparis
arissimo, volle ammazzarsi, ma Apollo che l’amava prevenne il colpo e lo cangiò in cipresso. Vinse il temerario Marsia, fa
e lo cangiò in cipresso. Vinse il temerario Marsia, famoso satiro che lo sfidò a chi canterebbe meglio e per punirlo lo fe
sia, famoso satiro che lo sfidò a chi canterebbe meglio e per punirlo lo fece scorticar vivo ; e fece crescere le orecchie
l modo noto a tutti che Mida aveva le orecchie d’asino. Questo Mida è lo stesso di cui si parla nella storia di Bacco. Il
sto Mida è lo stesso di cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo sparviero, l’ulivo gli furono consagrati perchè i
ui vicini e sopra un carro condotto da quattro cavalli che percorrono lo zodiaco. Questo Dio è considerato soventi pel sol
ema per indicare che i piaceri d’Amore non hanno prezzo se non quando lo spirito sa valutarli. In altri si vede a fianco a
conservasse il segreto ; ma avendo mancato alle sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra di paragone. Minacciandolo Apoll
nell’atto stesso la faretra, sicchè Apollo per la stravaganza cangiò lo sdegno in riso. Essendo Mercurio espertissimo nel
o, chiese a Giove una gràzia ma senza dirgli quale. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chies
che Bacco, di cui era incinta Semele, non abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle sue coscie,
essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle sue coscie, ove lo tenne il resto dei nove mesi ; venuto poi il temp
e, le corna e le gambe di capro, ed il vecchio Sileno aio di lui, che lo seguiva seduto sopra d’un asino. Bacco ebbe molti
te sono le Baccanti. Le Ninfe che allevarono questo Dio, le donne che lo accompagnarono nella conquista delle Indie, furon
i Giunone. Nacque egli così deforme, che appena nato, i suoi genitori lo precipitarono dal cielo, e cadendo nell’isola di
principali erano Bronte, il quale fabbricava il fulminee, Sterope che lo teneva su l’incudine e Piracmone che lo batteva a
cava il fulminee, Sterope che lo teneva su l’incudine e Piracmone che lo batteva a colpi raddoppiati. Se ne conta però più
ille a richiesta di Tetide tra le quali distinguevasi particolarmente lo storiato scudo, su cui mille cose erano maestrevo
rimi uomini. Prometeo essendosi rifiutato a ricevere il vaso, Pandora lo presentò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed ave
ne con un martello e le tenaglie nelle mani. Gli Etruschi ed i Romani lo rappresentavano giovine ed imberbe. In Lenno avev
rche fatte da Cerere per rinvenire la figlia. Plutone soggiornava per lo più nell’inferno e desiderava morissero tutti i v
e fattone così il Dio delle ricchezze, sotto il nome di Pluto. Altri lo riconoscono nell’aria, perchè risguardavano l’ari
ini non conoscevano l’uso dei funerali, e che quel nuovo stabilimento lo rendette meritevole dello scettro dell’inferno. L
uerra contro di Giove. Le sue acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passavane senza speranza di ritorno. Si rappresen
punire l’orgoglio dei Titani, chiamò in soccorso tutti gl’immortali, lo Stige fu il primo che vi accorse con tutta quella
famiglia. Il supremo tra gli Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili che quando gli Dei
ssero le ombre. Questo mostro aveva il collo irto di serpenti. Ercole lo incatenò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e l
i serpenti. Ercole lo incatenò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono di Plutone ove si era r
andò a cercare Euridice. La Sibilla che conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e di papavero.
o l’emblema della dissoluzione che succede nel sepolcro ; e se Ercole lo vinse dopo aver incatenato la Morte, si è perchè
agnanime azioni di questo eroe, salvarono il nome di lui dall’oblio e lo rendettero immortale. Tra le divinità infernali s
ad esse attribuiti. Devesi nondimeno opporre a tali dolorose pitture lo spettacolo delle Parche intenerite che restituisc
etto che avevasi per esse che quasi non osavasi nominarle, nè fissare lo sguardo sopra i loro tempii. Ne avevano in molti
inquenti. Nei sacrifici che loro si offrivano impiegavasi il narciso, lo zafferano, il ginepro, il biancospino. Venian lor
ebo fiume d’Averno, da cui ebbe molti figli e che rappresentavasi per lo più in veste nera sparsa di stelle diceasi abittu
virtù e la scienza, il padre degli Dei, geloso delle persone dabbene, lo aveva accecato per togliergli il discernimento. S
tale misfatto, riunite le membra di Pelope col ministero delle Parche lo richiamò in vita ; e condannò Tantalo nell’Infern
endosi vendicare di suo suocero per un’ingiuria che ne aveva ricevuto lo fece morire in modo barbaro. Egli fu il primo che
olarlo della tristezza in cui tale sinistro accidente l’aveva immerso lo ricevette in cielo e lo ammise alla sua tavola ;
n cui tale sinistro accidente l’aveva immerso lo ricevette in cielo e lo ammise alla sua tavola ; e questo ingrato princip
Giunone osò dichiararle la propria passione. Giove da essa avvertito lo mise alla prova e convintosi della verità, preso
lo mise alla prova e convintosi della verità, preso da giusto sdegno lo percosse col fulmine e lo fece legare dalle Furie
intosi della verità, preso da giusto sdegno lo percosse col fulmine e lo fece legare dalle Furie nell’ Inferno ad una ruot
i Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra, perchè sua madre lo partorì sotto terra o in una caverna ove Giove l’
e di tutti i giganti. Esso era uno smisurato gigante ; Apollo e Diana lo uccisero a colpi di freccia per aver tentato di f
are il progetto di legare il supremo degli Dei. Giove in riconoscenza lo avrebbe scelto unitamente a Gige e Cotto, suoi fr
feriori. Gli autori antichi non sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Mercurio. Si ritiene
traordinari. Pane si rappresenta rosso in viso, colle corna in testa, lo stomaco coperto di peli, la parte inferiore del c
e di Nettuno chiamate foche o vitelli marini, è suo padre in compenso lo avea dotato del dono di predire l’avvenire, ma no
dre in compenso lo avea dotato del dono di predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi era forzato. Al pari delle altre
ettro ai suoi figli Tmolo e Telegone giganti crudelissimi, e fu tanto lo spavento che incusse loro, per, cui desistettero
tore che colle attrattive della sua eloquenza conduceva a suo talento lo spirito di chi l’ascoltava. Avvi chi ne fa un com
riteneva. Quando i venti gettarono Ulisse negli stati di Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per segno di benevol
n vento impetuoso che seguita la tempesta da lui suscitata. I moderni lo rappresentano con un giovine a lato che va con am
verna di Eolo in atto di asciugarsi le ali dopo la tempesta. Avvi chi lo personifica sotto la figura di un uomo alato, rob
dell’aria, si credette di poterne coi voti e colle offerte disarmare lo sdegno ; e il loro culto dall’oriente passò in Gr
e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di Venere, e tutti lo hanno destinato a presiedere alle nozze. Dicono a
, egli si travestì, e quantunque sconosciuto, pure l’aria sua amabile lo fece ricevere in quella devota compagnia. Alcuni
rata, e in memoria di un sì fortunato maritaggio, gli Ateniesi sempre lo invocarono nelle loro nozze sotto il nome d’Imene
e Vulcano, di Venere e Celo. Dicono alcuni che la Notte fece un uomo, lo covò sotto le sue nere ali, e ne fece nascere Amo
i sarebbe stato origine, volle obbligare Venere a disfarsene, ed essa lo allevò nascostamente in un bosco, dove succhiò il
e queste ali sono di colore azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte lo rappresentano in atto di saltare, ballare, giuoca
glia, che Venere tiene in equilibrio sopra un dito ; delle volte essa lo stringe al petto e tra le braccia ; ora è seduto
vi chi per Antero intende una divinità che guarisoe dall’amore. Altri lo fanno nascer dalla Notte e dall’Erebo, o dall’Inf
io del Sonno e della Notte era il Dio de’buffoni. Satirico per quanto lo si può essere, non aveva riguardi per alcuno, e g
rappresentava perciò in atto di levare la maschera da un volto. Altri lo dipingono con un bastone su la punta del quale st
stodire il secreto delle lettere. Si pretende da alcuni che sua madre lo desse alla luce prima del termine e che nascesse
attitudine fu interpretata dai Greci per comando del silenzio. Altri lo hanno creduto un filosofo che parlasse poco. Si r
inetto molto celebre per la sua bellezza, figlio di Laomedonte ; essa lo rapì, lo allevò e ne divonne moglie, da cui ebbe
lto celebre per la sua bellezza, figlio di Laomedonte ; essa lo rapì, lo allevò e ne divonne moglie, da cui ebbe due figli
itone, gli accordò di poter vivere lungamente, e divenuto vecchissimo lo converse in cicala. Dopo Titone sposò Cefalo, ave
osò Cefalo, avendolo prima rapito a Procri di lui moglie, colla quale lo mise in discordia per farsi amare ; ma non passò
endo egli uccisa inavvertentemente Procri mentre era a caccia, Aurora lo condusse in Siria ove lo aposò e n’ebbe Fetonte ;
entemente Procri mentre era a caccia, Aurora lo condusse in Siria ove lo aposò e n’ebbe Fetonte ; disgustata anebe di esso
o sia nato dal Caos, da altri si crede figlio della Notte, e che essa lo generasse senza il concorso di nessuna altra divi
uccise Coronide ed Ischi ; trasse però dal fianco di lei Esculapio e lo diede in cura al centauro Chirone, sul monte Titt
in Apollo che Giove sdegnato che tanto potere si arrogasse Esculapio, lo fulminò, eccitatovi anche da Plutone che vedeva d
l gallo erano a lui specialmente dedicati. Si vuole che Esculapio sia lo stesso che il Sole considerato sotto i benefici r
collocava a fianco dell’oratore, affinchè la vista di quell’immagine lo impegnasse a non espor nulla che alla giustizia e
na verga tinta di sangue, i capelli sparsi e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono in mezzo di una battagli
furore. Questa Dea è stata dipinta infuriata colla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto di slanciarsi dal suo c
i con ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, lo era maggiormente in Cappadocia, ove ella aveva mo
er accertarsi della sua nascita. Fetonte entrò nel palazzo del Sole e lo trovò seduto sul suo rilucente trono ed informato
sul suo rilucente trono ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza dire quale
essa si fosse. Il Sole in contrassegno del paterno affetto giurò per lo Stige di accordargli tutto quello che avesse chie
e chiesto e l’imprudente figlio richiese di condurre il suo carro per lo spazio di un giorno. Impegnato il padre con un ir
montagne. Spaventata la terra ricorse a Giove il quale per prevenire lo sconvolgimento dell’universo rimediò a tanto diso
i e dall’Oceano nacquero i più rinomati fiumi, come il Nilo, l’Alfeo, lo Strimone, il Meandro, il Danubio, il Fasi, l’Ache
eneo, l’Ermo, l’Eridano ossia il Po, il Ladone, l’Eveno, il Sangaro e lo Scamandro. Teti fu anche madre di tremila Niufe c
e spalle ed in balía de’ venti ondeggiavano. Teti da una mano portava lo scettro d’oro per comandare a’ flutti ; dall’ alt
sue mani lavorate. Ottenute che le ebbe le portò tosto ad Achille, e lo esortò a rinunciare al suo risentimento contro di
ava con tanto ardore la caccia che un giorno mentre cacciava un cervo lo inseguì sino alla riva del mare. Il cervo essendo
se. A quanto se n’è già detto aggiungneremo qualche altra notizia che lo risguarda. Egli visse verso l’ anno 1430 prima de
ficare molte città. La sua giustizia e l’ amore pe’ suoi sudditi, che lo risguardavano come il favorito degli Dei, gli fec
zo alle ombre, i cui processi hanno luogo alla presenza di lui. Altri lo figurano tenendo nelle mani ed agitando l’urna fa
città, mentre il padre era addormentato gli tagliò il fatal crine, e lo mandò a Minosse nella lusinga ch’ egli le sarebbe
lla quarta Teseo, uno dei giovani dannati ad essere preda del mostro, lo uccise, liberando così la patria sua da questo cr
tortuose. Si pretende che fosse un monumento dedicato al Sole. Altri lo han creduto un Panteone. Gli abitanti del paese
ovevano star sepolti nel loro cuore, nella stessa guisa che il mostro lo era nel labirinto, portavano talvolta il Minotaur
, il torno e la ruota del vasellaio. Dedalo ne ebbe tanta gelosia che lo precipitò dall’alto di una torre. Un’ azione tant
i Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro, alcuni dicono
vrarsi in Sicilia in quella parte ove regnava Cocalo. Questo principe lo accolse amichevolmente e ricusò di restituirlo al
a, mangiò di quest’erba e precipitossi tosto in mare. L’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva di mortale e l’ammise
tto questo nome che i navigatori solevano consultare. Vuolsi che Cirœ lo amasse, ma ch’egli fosse insensibile al di lei af
ua abilità un giorno si annegò, ed allora fu detto che gli Dei marini lo avevano del tutto ammesso nella loro compagnia.
tteneva in intrighi amorosi colle Ninfe di Giunone. Eco amò Narciso e lo seguì per qualche tempo senza farsi però vedere ;
elleno nate, o da Piero che alcuni danno loro per padre. Facevano per lo più dimora sui monti Parnaso, Elicona, Pindo, in
de, tra le piante la Palma ed il Lauro. Il caval Pegaso pascolava per lo più all’intorno e sopra i monti ove s’aggiravan l
era composta la piccola flotta di questo principe, come si vuole che lo provino i cinque loro nomi fenici. In tutte le li
le lettere dell’alfabeto e le scienze. Minerva domò il caval Pegaso, lo diede a Bellerofonte che servissene per combatter
ia Bellerofonte voluto servirsi del Pegaso per salire in cielo, Giove lo precitò in terra e pose l’alato cavallo tra gli a
cito dalla nave fuggì e non fu fermato se non se da Bellerofonte, che lo ferì ei pure e disparve. Le Ninfe, Galatea, Ar
e morivano, e non se ne potevano mai separare ; tali alberi erano per lo più le querce. Pretendesi da alcuni che non ne fo
, la più bella di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa, e lo supplicò di non offendere quell’albero, dicendogl
i tale preferenza, lanciò uno scoglio di enorme grossezza sopra Aci e lo schiacciò. Galatea gittossi in mare e si unì alle
sedotta da Giove trasformato in toro ; Asteria, che si dibatte contro lo stesso Dio cangiato in aquila ; Antiope soggiogat
vano una virtù sorprendente. Con uno di questi pomi la Discordia pose lo scompiglio fra le Doe. Col medesimo frutto Ippome
l’Eridano, onde sapere da loro ove fossero le Esperidi. Quelle Ninfe lo mandarono a Nereo, Nereo a Prometeo, il quale gl’
giardino è il firmamento ; i pomi d’oro, sono le stelle ; il drago è lo zodiaco il quale taglia l’equatore a angoli obliq
ce con lunga coda. Era egli il trombettiere del Dio del mare ; sempre lo precedeva, annunciando l’arrivo di lui col suono
he avevano da lui ricevuto, con nuove corde più fortemente all’albero lo raccomandassero. Tali precauzioni non riuscirono
ò fatto che le Sirene secondo i poeti vollero essere trasformate come lo furono per andare in cerca della loro compagna pe
gura di una donna il cui corpo era circondato di cani. Aggiungesi che lo strepito delle onde frangentesi contro le rocce d
e non si trovava precisamente in faccia di Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al Sud, prima di entrarvi, trova
, prima di entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla sinistra, e lo scoglio di Scilla a mano destra. In quel tempo in
. Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare chiamato Genio, e che lo accompagnava per tutta la vita. Secondo alcuni du
elosia di Giunone, non osò confessarsi madre di Ercole, e subito nato lo espose in mezzo di un campo. Minerva e Giunone vi
essa ne provò un violento dolore e lasciò colà il fanciullo. Minerva lo raccolse e lo portò in casa di Alcmena, come una
un violento dolore e lasciò colà il fanciullo. Minerva lo raccolse e lo portò in casa di Alcmena, come una nutrice cui l’
umento che trattavasi con l’archetto, e siccome Ercole stuonava, Lino lo riprese con qualche severità ; Ercole poco docile
potè sopportare la correzione, gli lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinar
e perchè quegli non gli die’ nulla, staccò uno de’ buoi dall’aratro, lo immolò agli Dei e lo mangiò. Dovea essere anche g
gli die’ nulla, staccò uno de’ buoi dall’aratro, lo immolò agli Dei e lo mangiò. Dovea essere anche gran bevitore, se si d
agli ordini di Euristeo. Giunoue per punirlo della sua disubbedienza lo colpì con tale delirio che uccise i propri figli
ndi consultò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli ordini di Euristeo, i
della fama di Ercole e temendo di essere un giorno balzato dal trono, lo perseguitò incessantemente ed ebbe cura di occupa
ia gli rifiutò il compenso malgrado il parere di Fileo suo figlio che lo consigliò a mantenere i patti, Ercole offeso dall
consigliò a mantenere i patti, Ercole offeso dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati di suo pa
suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava l’isola di Creta e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re
la mala sorte di cadere nelle sue mani. Ercole preso che ebbe Diomede lo fece divorare da quegli stessi cavalli, i quali c
Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re di Spagna benchè alcuni lo facessero dimorare in Grecia, altri nelle isole B
Nesso si preparava a fuggire con Deianira, scoccogli una freocia che lo costrinse a fermarsi. Sentendosi il Centauro vici
un istante, onde purificare ciò che v’era di mortale in Ercole. Giove lo innalzò al cielo e lo pose tra il numero de’ Semi
icare ciò che v’era di mortale in Ercole. Giove lo innalzò al cielo e lo pose tra il numero de’ Semidei. In Tebe ed in mol
a. La più bella di tutte le sue statue l’Ercole farnese ora in Napoli lo rappresenta in atto di riposarsi sopra la clava,
eo serbando verso del figlio l’odio che nutrito avea contro del padre lo scacciò dal regno insieme agli altri Eraclidi. Ri
madre e diede il fanciullo ai sacerdoti del tempio di Minerva perchè lo educassero. Perseo divenne grande e vigoroso e si
hè lo educassero. Perseo divenne grande e vigoroso e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era
ti fatta a forma di falce ; Plutone l’elmo che rendeva invisibile chi lo portava, e Pallade uno scudo che risplendeva ad u
rno rapiti i più bei frutti del suo giardino, gli negò l’ospitalità e lo scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlant
endosi misurare con Atlante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convertendolo nel monte dello stesso nome pr
tava con ogni sorta di violenze Danae, e per ultimo trasmutò in sasso lo stesso Acrisio che volevagli contrastare il passa
e ali e i talari, a Plutone il càsco, a Vulcano la spada ed a Pallade lo scudo ; e siccome aveva dei particolari doveri di
quest’ultima, le fece dono della testa di Medusa ch’essa non mise su lo scudo ma su l’egida. Sostengono altri che Perseo
ica per cui si dice che portava il cielo. Si narra da altri che Giove lo condannò veramente a sostenere colle sue spalle i
perchè non aveva voluto corrispondere alla criminosa di lei passione lo accusò al padre di aver attentato al di lei onore
inato per le rupi morì miseramente. Alle preghiere di Diana Esculapio lo risuscitò e questa Dea lo converse in istella. F
eramente. Alle preghiere di Diana Esculapio lo risuscitò e questa Dea lo converse in istella. Fedra punta da rimorso conf
giorni in una vita privata, ma il re Licomede geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe ove lo ave
geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto di fargli vedere le
go li divorò tutti. Cadmo per consiglio di Minerva attaccò il drago e lo uccise. Ne seminò indi i denti dai quali nacquero
mini che si uccisero immantinenti tra di loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe nel luogo
uali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenca di cui aveva parlato l’oraco
tro. Si accinsero prima di tutto a purgar l’Arcipelago dai pirati che lo infestavano, e furono perciò messi tra il numero
eri di Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in questa scienza lo perfezionarono, ch’egli è riguardato siocome il p
ccordi della sua cetra le Ninfe delle acque e delle foreste, dovunque lo seguivano per udirlo, e di averlo in isposo arden
o ed avrebbe riveduta la luce colla sua amata Euridice ; l’impazienza lo tradisce, egli si ferma ; si volge per vedere se
azienza lo tradisce, egli si ferma ; si volge per vedere se la moglie lo segue e nel momento stesso Euridice gli è tolta p
dell’insultante rifiuto. Trasportate di furore, in tempo delle Orgie, lo assalirono, lo ridussero in pezzi, ne dispersero
rifiuto. Trasportate di furore, in tempo delle Orgie, lo assalirono, lo ridussero in pezzi, ne dispersero le membra, e ge
ende che nell’eccesso del suo dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo
e un serpe voleva morderla nel momento che apriva la bocca, ma Apollo lo cangiò in rupe e lo lasciò nell’attitudine di un
rderla nel momento che apriva la bocca, ma Apollo lo cangiò in rupe e lo lasciò nell’attitudine di un serpe che sta per mo
e le corde di budella molto più armoniose, il Dio, divenutone geloso, lo uccise. Gli abitanti del monte Elicona prima di s
are alle Muse, facevano ogni anno l’anniversario di lui. Questo non è lo stesso Lino che insegnò la musica ad Ercole, il q
che insegnò la musica ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo aveva aspr
ale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo aveva aspramente rampognato, ed anche contraffatt
la morte, facendo tutti gli apparecchi pei funerali, mentre la madre lo portava segretamente sul monte Pelio ove il centa
di munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla corte di Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a
or della gioventù può solo intraprenderlo ; il suo dovere e la gloria lo invitano ; e Pelia giura per Giove dal quale hann
ide, famosa maga, divenisse amante di Giasone affinchè colla sua arte lo assistesse a superare tutti i pericoli cui si dov
ncantate e colla magica bevanda dategli da Medea addormenta il drago, lo uccide e l’aureo vello rapisce. I due amanti coi
Dei avevano comunicato la prerogativa di traversare l’aria, e Nefele lo aveva dato ai suoi figli per sottrarli all’orribi
uegli abitanti già disponeansi a farlo morire, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ p
o gli salì sul dorso, giunse a Colco, immolò l’ariete a Giove Frigio, lo spogliò della pelle, cui poscia appese ad un albe
elle, cui poscia appese ad un albero in un campo a Marte consacrato e lo diede in guardia a un drago il quale divorava tut
fortemente e gli promise che se voleva corrispondere a’suoi desiderii lo avrebbe posto sul trono del suo sposo ; ma avendo
ebbe posto sul trono del suo sposo ; ma avendolo trovato insensibile, lo accusò presso suo marito di aver voluto sedurla e
e, lo accusò presso suo marito di aver voluto sedurla e pretese ch’ei lo facesse morire ; giacchè è noto che niuno è più c
tò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla quale istruiva
Partì Bellerofonte e giunse felicemente su le rive del Xanto. Giobate lo ricevette con gioia, lo tenne soco per nove giorn
nse felicemente su le rive del Xanto. Giobate lo ricevette con gioia, lo tenne soco per nove giorni, ed in ciascun giorno
dò coraggioso ad assalire l’orribil mostro e l’uccise. Il re di Licia lo mandò poi a combattere contro i Solimi, popolo de
sta impresa, ma egli ritornò vittorioso. Dopo la sconfitta de’Solimi, lo mandò contro le Amazzoni, le quali avevano fatto
i lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli partecipò i crudeli or
elle paludi infestate da sérpenti. Bellerofonte fu forse il primo che lo rese abitabile, e di qui venne il suo finto comba
dicesi che quest’uccello cova su l’acqua e fra le canne. Gli antichi lo risguardavano come un simbolo di pace, di tranqui
formidabile di prima. Pallade afferrò il gigante in mezzo al corpo e lo portò al disopra della luna, ove egli spirò. Sett
Difatti Giano figlio di Creusa fu il primo a’ presentarsegli ed egli lo adottò. Essendo Giano cresciuto in età apprestò u
latere, nascondersi, perchè in quello se ne stava celato quando Giove lo perseguitava. Dall’aver associato Saturno al regn
notare che la regia potestà era divisa fra questi due principi, e che lo stato veniva dai consigli dell’uno e dell’altro g
tivare i campi e le vigne. In riconoscenza di tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degli Dei. Il regno di Giano fu
lora, più non dubitando che questi fosse colui indicato dall’oracolo, lo elessero per loro re, ed egli pose fine a tutte l
e Gordio aveva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente della fortezza. Il
tale enormità consegnò Edipo subito nato ad uno della sua corte acciò lo facesse perire, ma questi, fatto pietoso del figl
ua corte acciò lo facesse perire, ma questi, fatto pietoso del figlio lo attaccò solo pei piedi ad un albero. Fu là trovat
lla regina Merope, la quale ne prese cura e dalla gonfiezza dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto, udendo di non esser
l’oracolo gli predisse le disgrazie che a Laio erano state predette e lo avvisò di non ritornare nella sua patria per evit
oponeva un enimma ai passaggieri, e divorava tutti quelli i quali non lo sapevano sciogliere dopo di essersi offerti a far
osamente a farne ricerca, venne a scoprire, col mezzo del pastore che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore di La
violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo risguarda come un presagio della vicina sua morte
per il primo e terminato l’anno ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirarsi presso di Adrasto re degli
e suo fratello divenisse preda dei cani e degli avoltoi, segretamente lo seppellì. Creonte, essendone stato istrutto, ordi
n opra l’astuzia. Gli riuscì di sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un fragil asse,
Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori divini, ed i Greci lo ponevano tanto al dissopra degli altri eroi, quan
hè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo
ippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo associò al suo governo e morendo gli lasciò la co
ue figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso intrigo di suo fratello, lo bandì dalla corte, ma non credendosi abbastanza v
edendosi abbastanza vendicato finse di volersi riconciliare con lui e lo richiamò. Per meglio suggellare la riconciliazion
iamo a fin di prevenire una tale disavventura, appena Paride fu nato, lo consegnò ad uno de’suoi schiavi, chiamato Archela
i sì rara prudenza e di sì grande equità dotato, che i vicini pastori lo prendevano come arbitro delle loro questioni. Spo
iunone si abbigliò poscia nel modo più magnifico che le fu possibile, lo stesso fecero pur anche Minerva e Venere ; e ques
e alla forza dell’amor paterno, malgrado le predizioni degl’indovini, lo ricevette e diedegli il posto che gli conveniva.
mmiste erano delle armi, vedendo Achille a queste subito appigliarsi, lo riconobbe e l’indusse a seco partire. Si è già pa
ferito fecesi portare sul monte Ida presso la moglie Enone, acciocchè lo guarisse, avendo essa perfetta cognizione della m
l’uccise, indi attaccatone il corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo strascinò intorno le mura di Troia, nè si arrese
se in isposa la figlia di lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una f
lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile c
ai Troiani che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci onde placare lo sdegno di Pallade irritata per la violazione del
, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò, dopo l’incendio di Troia partì cogli E
u anch’egli accusato da alcuni come traditor della patria. Omero però lo dipinge come uno de’ migliori suoi difensori, e f
con Achille poi con Diomede, sebbene all’uno ed all’altro inferiore, lo fa salvato nel primo caso da Nettuno nel secondo
gesandro di Rodi, tre eccellenti maestri dell’arte, i quali d’accordo lo scarpellarono da un sol ceppo di marmo. Esso fu r
dagli antichi Oracoli le risposte che gli Dei davano agli uomini ; e lo stesso nome davasi pure al luogo in cui per bocca
zzo ; per il che essa ne gettò tre nel fuoco in sua presenza e chiese lo stesso prezzo per quelli che rimanevano. Essendol
ie di oracolo permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo era quello di Delfo dai Greci. Molti altri Libri
mire : da una parte i Greci, fin dalla prima giovinezza acquistavano lo spirito marziale e con ciò rendevansi atti a tutt
5 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
Intesa al bene ed alla gloria Della patria italiana Tenne compagno lo studio delle dottrine scientifiche E protesse l’
esse della maggior luce possibile all’intelligenza di coloro che, per lo studio delle antichità pagane, si faranno a consu
rre, piuttosto che un’altra. Fisicamente parlando, la facoltà visiva, lo sguardo, la pupilla, l’occhio infine, vuole la su
sia il corpo ; fra il concetto dell’idea e l’attuazione di essa ; fra lo spirito e la materia ; fra il fine ed i mezzi. Se
el passo da noi riportato. A questo proposito, e sempre a raggiungere lo scopo della maggior lucidità, diremo brevemente c
ella natura bruta, colla natura umana ; tutte le nefande immagini che lo studio della Mitologia ci rivela innestate nel cu
re di scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, da tutto infine lo scibile umano, servendoci di scrittori greci, lat
teraria dell’opera. Ciò per la prima parte di questo libro, ossia per lo insieme materiale e fisicame nte visibile di esso
più marcata e sensibile sarà l’esposizione di esso. Questo scopo noi lo abbiamo raggiunto mediante le numerose citazioni
si faranno a studiare questo popolo nella religione, la legislazione, lo stato, il commercio, le scienze e le arti.  ; ra
e altra volta furono destinati al culto delle divinità pagane, ed ora lo sono all’adorazione dei santi, delle vergini beat
caldei, Noè si cangia in Xisustro : trasfigurato per istrani racconti lo si ritrova nelle tradizioni Egiziane. Per gl’indi
axrata — Iao, in Cina, il primo re, dà cominciamento al suo regno con lo scolamento delle acque diluviane, che avean tocca
urità, schiaccia col fragile piede, la testa del serpe insidiatore, e lo costringe a precipitare nel baratro. Nello studio
hiude sotto il velame della enigma e dell’allegoria. A bene intendere lo scopo intellettuale di quest’opera ; a renderla m
ata maestà di quell’obbietto, che egli crede divino e soprannaturale, lo riverisce e lo adora, senza chieder dippiù. È que
uell’obbietto, che egli crede divino e soprannaturale, lo riverisce e lo adora, senza chieder dippiù. È questa una verità
eme di divinità simboliche, parenti, amiche, rivali come gli elementi lo sono fra loro. I poeti stessi dell’antichità si a
ntatto contro gli altri. Un esempio palpabile di quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatamente nel canto XXII della I
cchi della mente, orribili fatti : e siccome il Marchese di Condorcet lo scherniva, egli alzandosi disse : Voi, Condorcet,
 ! E al punto stesso un sasso enorme briccolato dalle baliste romane, lo colse e lo stritolò !… La storia sanguinosa della
to stesso un sasso enorme briccolato dalle baliste romane, lo colse e lo stritolò !… La storia sanguinosa della rivoluzion
ostdam40. La ragione condanna, forse, simili fantasticherie ; ma, noi lo ripetiamo anche una volta, nella citazione dei fa
he i miti religiosi appartengono alle più remote età del mondo, e che lo studio della Mitologia, ossia del ragionamento de
, e che lo studio della Mitologia, ossia del ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età, di una
ioni, e dell’oscuro significato dei miti della Favola ; tanto più che lo esame accurato, e lo studio paziente e minuto dei
ignificato dei miti della Favola ; tanto più che lo esame accurato, e lo studio paziente e minuto dei tempi favolosi, ci d
dell’impero mitologico, si fa mediatrice fra l’anima e il corpo, fra lo spirito e la materia, e dà vita a figure sensibil
il senso recondito e misterioso, ma invece di comunicarlo al popolo, lo invilupparono in dottrine arcane, servandolo come
Dunque il nostro intelletto ha la potenza Di comprendere il tempo, e lo misura Dalle cose che vede allegre e triste, Picc
nto di sogni, piovuti dal cielo in compagnia delle rose dell’aurora : lo so. Serbi l’età ghiacciata i suoi calcoli, a noi
lo e la terra ? Ah ! ella è pretensione codesta da far morire di riso lo stesso Dio del Riso, il vecchio Momo. F. D. Guerr
Ma le scienze ci fanno sapere che infiniti sono i mondi che popolano lo spazio, che il nostro globo, sebbene considerevol
 — I piombi di Venezia (Parte 1.° Cap.° 6.° pag.a 115) … migliorare lo spirito su questa terra è aprire all’anima cammin
turno, dette al marito onde la divorasse invece di Giove, quando ella lo partorì. Secondo il mito gli antichi vollero idea
endo fabbricato un flauto per Minerva, con le ossa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero alle sue
erta. Egli derise la Dea, e questa per punirlo della sua oltracotanza lo cangiò in lucertola. Si crede da molti storici ch
tica divinità dei Galli. È credenza di molti chiari scrittori che sia lo stesso che Apollo o il Sole, che i Cretesi chiama
figura essendo principalmente composta dalle lettere del nome Abraca lo stesso che Abracox o Abraxas che si credeva esser
del Tartaro. 25. Absirto. — Fratello di Medea. Questa terribile maga lo uccise e quindi ne lasciò le spoglie palpitanti
27. Acacalide. — Ninfa sposata da Apollo. Era anche conosciuta sotto lo stesso nome una figlia di Minos. 28. Acacesio. — 
la fontana : se il pezzo di legno non ritornava a galla, si ritornava lo scritto come spergiuro. 30. Acalo. — Detto anche
ore della lega e del compasso. Dedalo, suo zio, ne fu così geloso che lo precipitò dall’alto di una torre. Minerva però mo
lo precipitò dall’alto di una torre. Minerva però mossa a compassione lo cangiò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo
condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed alle belve. Ma il famos
Greci davano questo soprannome ad Apollo, che i Latini chiamavano con lo stesso significato Irtonsus, vale a dire che non
hissima capigliatura e senza barba. Però in Giovenale questo vocabolo lo troviamo adoperato come una designazione qualunqu
he questi si oppose vivamente, ed obbligò i compagni a lasciar libero lo sconosciuto. Bacco allora si fece subito riconosc
no essi s’abbatterono in Ercole che dormiva all’ombra di un albero, e lo insultarono : Ercole li legò per i piedi alla sua
e avendo una volta pieno un vaso di fiori per servirsene da origliere lo avesse riempiuto di paglia onde farlo più morbido
la sorte, poichè, Ercole afferratolo per le corna gliene strappò una, lo atterrò, e lo getto nel fiume Toa, detto da quel
hè, Ercole afferratolo per le corna gliene strappò una, lo atterrò, e lo getto nel fiume Toa, detto da quel tempo Acheolo.
iglio di Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tenerissima età, lo immerse tutto nelle acque del fiume Stige, per re
le acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile, ed egli infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel quale la ma
i infatto lo fu, meno che al tallone sinistro, pel quale la madre sua lo tenne al momento dell’immersione. Bambino ancora,
mbino ancora, Achille fu dato come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. S
tto Troja, e che senza di lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo inviò alla corte di Scio in abito da donna, e sot
api dell’esercito greco mandarono a lui in deputazione Ulisse, perchè lo persuadesse a ritornare. Ulisse, camuffatosi da m
ena vide le armi, non guardò nemmeno i ricchi gioielli. Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e di là innanzi alle mu
gì al gigante Polifemo che voleva ucciderlo, e fu salvato da Enea che lo accolse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio di Ege
siculo ucciso da Polifemo, e che Nettuno per compiacere Galatea, che lo aveva amato, cangiò in fiume. 69. Acisio V. Acili
Questo ciclope avendolo un giorno sorpreso fra le braccia di Galatea, lo schiacciò sotto una rupe : ma la ninfa madre dell
. — Soprannome dato a Bacco : dal significato che beve il vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nut
Passando per Lariffa egli incontrò in questa città Acrise suo avo, e lo riconobbe. Si preparava a lasciare questa città c
un giorno sorpresa Diana in un bagno, la Dea ne fu così irritata che lo cangiò in cervo e lo fece divorare dai suoi cani.
iana in un bagno, la Dea ne fu così irritata che lo cangiò in cervo e lo fece divorare dai suoi cani. Uno dei cavalli del
iderato, e Omero dà a questo eroe un carattere di ghiottoneria di cui lo scrittore Atenco parla con molta severità. 100. A
esto re che Apollo fu costretto a custodire gli armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi di Alceste
che Admeto avea avuto per lui, gl’insegnò il modo di aggiogare sotto lo stesso giogo le due belve. Apollo ottenne anche d
le era presso a morire, e nessuno si offriva per lui : quando Alceste lo fece generosamente : Admeto ne fu tanto dolente c
esse sofferte tante controversie, quante ne soffrì Admeto, ma gli Dei lo protessero sempre a causa delle sue grandi virtù.
si. Abbandonò per lui il soggiorno di Citera, d’Amatunta e di Pafo, e lo seguì innamorata e dolente nelle foreste del mont
o di tal preferenza avventò contro di Adone uno smisurato cignale che lo ridusse in brani. Venere allora lo cangiò in anem
di Adone uno smisurato cignale che lo ridusse in brani. Venere allora lo cangiò in anemone. Adone dopo la morte fu deifica
racconta che Adone lavasse nelle acque di questo fiume le ferite che lo fecero morire, e siccome quelle onde, in una cert
’Asia minore vicino Pergamo. Veniva anche detta Montana, ciò che vale lo stesso. 117. Adramech Anamelech. — Idolo degli Af
ella Sicilia, forse perchè in quell’isola v’era una città che portava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto
io di Creso, e ne fu tanto addolorato, che sebbene il padre del morto lo avesse perdonato, egli non potendo reggere al suo
uno dei figliuoli di Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che lo rese padre di Endimione. In Grecia fu venerato co
le cagione della caduta di Fetonte. Il cronista Claudiano attribuisce lo stesso nome ad uno dei cavalli di Plutone, facend
dopo la terra improvvisamente si spalancò sotto i piedi di Trofonio e lo inghiotti vivo. Dopo la sua morte la credulità po
vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli edificò la ci
etra detta Agdo. Egli fu il terrore degli uomini e degli Dei, i quali lo cangiarono in mandorlo che produceva un bellissim
animo di Ati tale sentimento di furore che da stesso si rese eunuco e lo stesso fece il re di Pessinunte. Colpito Agdisto
graulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta curio
iamati Aloidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano di Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea cons
all’assedio di Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superava in tutti gli esercizii del corpo. Però v
ro funesti ; poichè il calteo, o budriere che Ajace donò ad Ettore fu lo stesso col quale questo eroe venne legato pei pie
andosi nella Caria Ala il cavallo e Banda la vittoria. 225. Alahgaba, lo stesso che Eliogabalo V. Eliogabalo. 226. Alala s
una Dea. 235. Alburneo. — Dio riverito su di una montagna, che aveva lo stesso nome nella Lucania. 236. Alcatee erano cos
di Calliroe, la quale in seguito egli sposò dimenticando i legami che lo stringevano ad Arfinoe, e spingendo l’audacia fin
o il naufragio che Ulisse fece sulle rive di quell’isola, ove Alcinoo lo accolse con regale amorevolezza. …. Ameni e vagh
leva uccidere Ercole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi di freccia. Le sette figliuole del m
te di suo marito, e che gli Dei mossi a compassione cangiarono essa e lo sposo in quell’uccello conosciuto sotto il nome d
ccorse gli Dei in una disputa che questi ebbero contro Giove. Minerva lo gettò fuori il globo della luna, nella quale egli
i Troia. 269. Alessandro figlio di Priamo. I pastori che l’allevarono lo chiamarono Paride V. Paride. Vi fu anche un altro
due amanti da Vulcano, marito di Venere. — Marte per punire Aletrione lo cangiò in gallo. 274. Aletto V. Alectone. 275. Al
ò sdegnata contro il colpevole gli fece cader dalle mani la scure che lo ferì così sconciamente che Allirozio rimase uccis
o di pretendere fossero date loro Diana e Giunone. Giove allora mandò lo stesso Marte, Dio della guerra, a combatterli, ma
llora mandò lo stesso Marte, Dio della guerra, a combatterli, ma essi lo fecero prigioniero e lo tennero per lo spazio di
rte, Dio della guerra, a combatterli, ma essi lo fecero prigioniero e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso i
guerra, a combatterli, ma essi lo fecero prigioniero e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso in una gabbia di
mo, ne fu così addolorato che ne morì. Ma gli Dei mossi a compassione lo cangiarono in quell’erba conosciuta sotto il nome
e volte intorno alle mura di Troja, conservavasi illeso perchè Venere lo avea cosparso d’ambrosia. ………… Che notte e di so
stesso l’insulto che il satiro volea farle. 341. Ammone o Hammon. — È lo stesso che Giove, il quale veniva sotto questo no
entato in una sconcia positura, per effetto di ubbriachezza, la nuora lo vide e lo derise. Destatosi Cinira dal sonno fu d
una sconcia positura, per effetto di ubbriachezza, la nuora lo vide e lo derise. Destatosi Cinira dal sonno fu dal figliuo
fulmine contro Anassagora per punirlo della sua miscredenza, Pericle lo avesse salvato facendo che la folgore cadesse inv
a gli avea ispirato, ardi svelarle l’amor suo, ma la fiera giovanetta lo respinse crudelmente cacciandolo dalla sua presen
ler vedere la pompa funebre del disgraziato amatore ; ma appena gittò lo sguardo sul cadavere di quell’iufelice, il sangue
vendo osato vantarsi di tanto favore, ne fu punito da Giove, il quale lo fulminò senza però ucciderlo. Egli visse lunghiss
e le simpatie che si era guadagnate, non avesse voluto detronizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deser
atti Teseo si gettò nel mare, ove alcuni delfini, mandati da Nettuno, lo portarono sul dorso fino al palazzo d’Anfitrite,
iorno essendo Anfiareo a mensa coi capi dell’armata, i quali Polinice lo aveva obbligato a raggiungere, un’aquila si posò
Anfinomo. — Un altro dei pretendenti alla mano di Penelope. Telemaco lo uccise. …… da tergo Tra le spalle il feri con la
e la luna ; altri asseriscono essere Temi ; altri finalmente la ninfa lo , la quale viene anche scambiata di sovente con un
. Antandro. — Città della Frigia. Nel porto di essa, conosciuto sotto lo stesso nome, s’imbarcò Enea. 452. Antea. — Altrim
ellorofonte, ma avendo questi respinte le lascive voglie di lei, ella lo accusò al marito. …… d’Argo l’espulse Per cagion
gli un tempio di cranii umani. Ercole combattè il gigante e tre volte lo atterrò senza poterlo uccidere, perchè la Terra,
ppiava le forze ogni qual volta Anteo toccava il suolo. Ercole allora lo tenne sospeso in aria e lo strangolò. 458. Antero
olta Anteo toccava il suolo. Ercole allora lo tenne sospeso in aria e lo strangolò. 458. Antero. — Veniva venerato sutto q
a ad Iso tra le mamme il petto. Fiede di brando Antifo nella tempia E lo spiomba dal cocchio……… Omero Iliade — Libro XI t
no di coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, marito di questa, lo uccise in una festa. L’imperatore Adriano ebbe an
amico a nome Antinoo, giovane di maravigliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così caro che dopo la sua morte lo fece anno
gliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così caro che dopo la sua morte lo fece annoverare fra gli dei. 477. Antipate. — Re
così tutto l’onore del sacrifizio. 481. Anubi.  — Re degli Egizii che lo adoravano sotto la forma di un cane. Discorde è l
parlar Nettuno coi due Ajaci, sotto la figura dell’indovino Calcante, lo fa riconoscere da uno di essi. ……….. Agevolmente
dai suoi. Alle inattese parole, Xanto rivolse il capo per vedere chi lo seguisse, e Melanto allora gli immerse il brando
per rappresentare il dio Apis, prima di condurlo a Memfi veniva, per lo spazio di 40 giorni, segretamente nutrito da alcu
o da alcune donne a cui solo era permesso di avvicinare il dio, e che lo accostavano sempre quasi nude e con atti sconc ed
tizioso che gli Egizii avevano per il dio Apis, era quando il bue che lo rappresentava doveva morire, essendo la sua vita
in gran pompa e con tutte le cerimonie che la superstizione imponeva, lo guidavano sulle rive del Nilo, e quivi dopo averl
neva, lo guidavano sulle rive del Nilo, e quivi dopo averlo annegato, lo imbalsamavano seguendo alla lettera i numerosi ar
ma somma di danaro. L’ Egitto intero era in lutto come se fosse morto lo stesso Osiride, e tutte le città Egiziane, rimane
qricato i fulmini al padre degli Dei, il quale sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Durante questo esilio, egli si
a. 506. Aquilone. — Vento estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con l
te freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di serpente e i capelli lungh
ne appiccossi, e Minerva la cangiò in ragno. O folle Aracne si vedea lo te Già mezza ragna, trista in su gli stracci Dell
he pende al retto resuplno, e leve ; Dal picciol corpo il lin rende e lo stame, Ed incatena ancor l’antiche trame. Ovidi
ulto fu da alcuni cacciatori presentato a suo avolo Licaone, il quale lo ricevette molto benevolmente, ma poi fece uccider
e. — Figlio di Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la sua nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta di prezzemol
questa falsa credenza che Strabono combatte e nega nelle sue opere ; lo stesso Plinio racconta che le acque dell’ Aretusa
, che si annegò bagnandosi. Narra Properzio che il Re Agamennone, che lo aveva assai caro, fece fabbricare un tempio in su
e, che lo aveva assai caro, fece fabbricare un tempio in suo onore, e lo consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome d
avesse solcato le onde. Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta
o le onde. Questo nome gli viene dal suo costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, c
inquanta chiusi dal sonno. Giunone gli aflidò la custodia della ninfa lo , che Giove avea cangiata in giovenca. Ma Mercurio
mo del suo flauto, addormentò il guardiano e l’uccise. Giunone allora lo cangiò in paone. Argo avea nome il lucido pastor
Un altro Argo fu famoso architetto figlio di Polibio ; generalmente è lo stesso che inventò il naviglio che prese il suo n
no su di un vascello i marinai vollero ucciderlo per derubarlo, e già lo avevano legato per farlo morire ; quand’egli chie
to si gettò in mare e fu salvato da quegli animali che sul loro dorso lo portarono a terra. Arione fu ospitato da Periandr
quel pastore che trovò Esculapio fanciullo allorchè la madre Coronide lo aveva abbandonato su di una montagna presso la ci
o nella città di Naupata, da un nipote di Ercole per nome Ippote, che lo avea creduto una spia dei nemici. Appena morto Ar
ce disperata non appena giunta in Argo uccise il suo minor fratello e lo apprestò in orribile pasto a Climeneo ; ma non po
ce si tiene memoria come inventrice di un certo cantico a cui si dava lo stesso suo nome. 588. Arpedoforo. — Dalle due par
e sia più comunemente conosciuto. Che le Arpie vivessero in frotta ce lo asserisce Virgilio ripetendo nell’ Eneide che ess
ano in ferro dorato, rimanessero sospese in aria. Plinio racconta che lo splendido disegno di Dinocrete, rimase incompiuto
avevano fatta una divinità. Ariano ci rapporta che i Gadarii avevano lo stesso culto per le arti e per la povertà, la qua
ticeo. — Avendo disprezzato le feste di Bacco, questo dio per punirlo lo costrinse a bere una così sproporzionata quantità
Acca nell’offerta del sacrificio agli Dei. 603. Ascalafo. — La favola lo fa essere figlio del fiume Acheronte, e della not
velazione, che gli gettò sul volto dell’acqua del fiume Flegetonte, e lo cangiò in gufo, uccello che poi Minerva prese sot
o figlio di Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino lo condusse con sè nel Lazio, ove egli divenuto adul
di Asopo, questi volle vendicarsene e muover guerra a Giove, il quale lo cangiò in fiume. Era anche così nominato un altro
a Sponda si studia di sferrar d’ Achille Il frassino : tre volte egli lo scosse Colla robusta mano, e lui tre volte La for
dell’eroe Troiano, Bambin leggiadro come stella. Il padre Scamandrio lo nomava, il vulgo tutto Astianatte, perchè il padr
onde farlo morire ; ma le ricerche riuscirono vane, poichè Andromaca lo sottrasse con la fuga al pericolo, ricoverandosi
to degli astri veniva con particolare vocabolo chiamato Sabeismo vedi lo Studio preliminare che precede questo ristretto.
ne fino a recidersi le parti virili e si sarebbe ucciso se Cibele non lo avesse cangiato in pino. Presso altri scrittori A
erlo sorpreso fra le braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerdoti. Tu
la, è forse la barbara costumanza che imponeva ai sacerdoti di Cibele lo stesso supplizio, da essa imposto all’infido amat
vergognosa tresca che Eropa sua moglie aveva con suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e gli fece mangiare i suoi
si bagnavano e si mise a spiarle ; di che sdegnata fortemente la Dea lo cangiò in cervo Vede intanto l’irata cacciatrice
n terra. Ovidio. — Metamorf. Libro III trad. di Dell’ Anguillara. e lo fece divorare dai propri cani. Euripide narra che
cole che gli avrebbe ceduto la decima parte dei suoi bestiami, quando lo avesse aiutato a netture le sue stalle dalla gran
one di questo istrumento. 684. Aulone. — Figlio di Tlesimene. I Greci lo avevano in molta venerazione come un eroe. 685. A
glio di Laomedone, giovane principe celebre per la sua bellezza. Ella lo rapì, lo sposò e ne ebbe un figlio chiamato Menno
aomedone, giovane principe celebre per la sua bellezza. Ella lo rapì, lo sposò e ne ebbe un figlio chiamato Mennone. La pa
dando a caccia con Procride la uccise per inavvertenza. Allora Aurora lo condusse in Siria ove lo sposò e ne ebbe un figli
de la uccise per inavvertenza. Allora Aurora lo condusse in Siria ove lo sposò e ne ebbe un figlio. Ben presto però disgus
a ove lo sposò e ne ebbe un figlio. Ben presto però disgustata di lui lo abbandonò per amore di Orione che alla sua volta
ento estremamente caldo figlio di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eolo e di Aurora. 690. Autenom
ette al petto una mortale ferita dall’ombra di Aiace. Autoleone placò lo spettro del guerriero con sacrifizii ed offerte e
dre il mestiere di ladro col potere di prendere diverse forme. Sisifo lo scoprì e lo ingannò come faceva a tutti, ma Autol
ere di ladro col potere di prendere diverse forme. Sisifo lo scoprì e lo ingannò come faceva a tutti, ma Autolico restò su
e dei mitologi che sotto il nome di Baal si venerasse il sole. Alcuni lo han fatto figlio di Nettuno e della regina Lidia,
he Baal-Peor fosse il Priapo degli Arabi. 721. Baal-semen. — I Fenici lo ritenevano come il più grande dei loro Dei. Nella
ano così quelle donne, specie di seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono alla conquista delle Indie. Esse faceva
. — Denominazione che si dava agli antichi re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di quella c
incinta, di chiedere al divino suo amante di mostrarsi a lei in tutto lo splendore della sua gloria immortale ; ciò che el
ziata era incinta, estrasse il piccolo Bacco dalle viscere materne, e lo rinchiuse nella sua coscia diritta, ove lo tenne
o dalle viscere materne, e lo rinchiuse nella sua coscia diritta, ove lo tenne fino al termine dei nove mesi. L’infante c
tt’i suoi nemici, ed uscì sempre vincitore dai mortali pericoli a cui lo esponeva del continuo l’implacabile odio di Giuno
la conquista delle Indie. La favola dipinge questo dio con le corna e lo raffigura con un tirso fra le mani. Bacco fu alle
. MOSÈ nativo anch’egli d’ Egitto, ebbe similmente due madri, una che lo partori l’altra che lo adottò. Abbandonato nelle
d’ Egitto, ebbe similmente due madri, una che lo partori l’altra che lo adottò. Abbandonato nelle acque del Nilo, anch’eg
’egli il Mar Rosso e l’Arabia, percondurre il popolo degli Ebrei, che lo seguiva, alla Terra Promessa. A Mosè splendono su
. Il pover uomo si lasciò tentare, palesò il tutto, e Mercurio allora lo cangiò in pietra di paragone, la stessa che si ad
li fu insensibile. Antea punta da questa indifferenza, per vendicarsi lo accusò al marito come aver egli voluto attentare
violare il diritto delle genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con una lettera diretta a Lobate,
anendo, per valore e destrezza, vincitore di tutt’i pericoli ai quali lo si esponeva per vendetta. Finalmente provatasi la
e d’immensi tesori. Serse, al ritorno della funesta guerra di Grecia, lo demoli interamente senza rimanerne vestigie. Erod
, particolarmente venerata in una città dell’alto Egitto, che portava lo stesso nome. 784. Betannoni. — Soprannome dei Cor
a a quella dell’orsa maggiore presso il polo artico. Si crede che sia lo stesso che Icaro. Altri scrittori vogliono che si
ra le costellazioni. 817. Borea. — Vento del settentrione : la favola lo fa essere figlio di Astrea e di Eribeo. La tradiz
si. — Libro VI. trad. di Dell’Anguillara. Gli abitanti di Megalopoli lo avevano in grande venerazione e gli rendevano ono
uogo a lui consacrato morisse alcuno ; ma non è egualmente logico che lo stesso Iddio proibisse per sempre la nascita di u
arsi senz’aver nulla a tenere dai cani che li perseguistavano, poichè lo stesso Apollo, non appena i cervi erano enirati n
gran re, la giovinetta Briseide, sprezzato il nostro avviso, Ben io, lo sai, con molti e caldi preghi Ti sconfortai dall’
rtali Stessi onorato, e il premio gli rapisti De’suoi sudori, e ancor lo ti ritieni. Omero — Iliade Libro IX. trad. di V.
bre scultore che visse all’epoca della sessantesima olimpiade. Egli è lo stesso ricordato nelle cronache per aver scolpito
za, avvalorata dall’opinione dei migliori scrittori, che Busiride sia lo stesso che Osiride ; e che il sanguinoso culto co
cò il fuoco ad un bosco consacrato a quel Dio, il quale, per punirlo, lo uccise a colpi di frecce. 858. Caballina. — Fonta
gue fece spesse volte laco. Non va co’suoi fratei per un cammino. Per lo furar frodolente ch’ei fece Del grande armento, c
degli uomini armati, dei quali solo cinque rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutarono ad edificare la città di Tebe, nel post
di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Semele, Ino, Autoneo e Agave. Avend
ti figliuoli. Il padre di lei, per impadronirsi dei tesori di Frisso, lo fece assassinare ; onde ella, temendo che l’istes
e sacerdoti. Bacco amò sfrenatamente Calicope ed un giorno il marito lo sorprese fra le braccia di lei ; ma Bacco placò l
n giorno il marito lo sorprese fra le braccia di lei ; ma Bacco placò lo sdegno del tradito consorte, facendolo re di Cipr
i cortesemente Ulisse, gettato su quelle sponde da una tempesta. Essa lo amò, e visse sette anni con lui ; ma, passato que
utare consiglio, intrapresero il lavoro ed in poco tempo disseccarono lo stagno. Ma ebbero presto a pentirsi della disobbe
o nome. 924. Camos. — Secondo il Vossio, il Dio Camos dei Moabiti era lo stesso che il Como dei Romani e dei Greci. Il re
niva così chiamata una delle Divinità dei Savizii. Si crede che fosse lo stesso che il Dio Marte della Mitologia Greca e R
o assai grosso contro Ercole, quando questi uccise l’Idra di Lerna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo schiacciò co
questi uccise l’Idra di Lerna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo schiacciò con un colpo di clava, e Giunone allora
iede ; ma Ercole lo schiacciò con un colpo di clava, e Giunone allora lo trasportò in cielo, allogandolo fra le costellazi
giorno a caccia fu ucciso inavvertentemente ; il fratello Eleno, che lo aveva assai caro, dette, in memoria dell’ucciso,
e irritato dalle atroci bestemmie che egli scagliava contro il cielo, lo incenerì con un colpo di fulmine. Di questo empio
per sottrarsi a lui si trasformò in becco, e Giove sotto questa forma lo mise fra i segni dello Zodiaco. È opinione di mol
a Dea Concordia. Questa parola deriva dal greco Κάρνα, Unione, perchè lo scopo principale della istituzione di quella fest
i Cartaginesi decimati da una grande pestilenza, pensarono di placare lo sdegno degli Dei, sacrificando a Saturno un gran
bottino ad Agamennone, al quale predisse che sua moglie Clitennestra lo avrebbe assassinato ; ma il re, come tutti gli al
lle contrade. Il re allora consultò l’oracolo per sapere come placare lo sdegno dei numi, e ne ebbe in risposta che il mos
ato sul cavallo Pegaso, pietrificò il mostruoso animale, mostrandogli lo scudo con la testa di Medusa, liberò Andromeda, e
midi. 1000. Catilo. — Figlio d’ Alcmeone. La tradizione mitologica ce lo addita come edificatore della città di Tibur, in
lladio, chè non si potrebbe mai perdere. E questa è la cagione perchè lo fecero fare cosi grande ; e se avvenisse che voi
to da alcuni pastori nelle fiamme senza esserne punto offeso, ciò che lo fece ritenere da tutti come figlio di Vulcano. 10
ercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi di lui, lo rapì, ma indarno, poichè egli non volle acconsent
oglie di lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò di vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procride, sua moglie che
ella fedeltà di sua moglie, le si presentò sotto un travestimento che lo rendeva irriconoscibile ; ed ebbe il dolore di ve
otea vivere lontao da lei. Al suo ritorno nella casa del marito, essa lo presentò di un giavellotto e di un cane che Minos
la fronte uno dei capelli della testa di Medusa, e con quel talismano lo rese invincibile. 1032. Cefiso. — Fiume della Foc
. Altri scrittori dicono che Ceix fosse amato da Aurora, e che questa lo avesse sposato. 1035. Celadone. — Uno di coloro c
ed i Centauri, questi vendendo ch’egli era in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta di alberi ed egli
iò che di Ceneo avvenne, E quasi ognun di noi giudizio diede. Che per lo troppo peso ch’ei sostenne, Fosse dell’ alma sua
o al nostro almo paese. Mentre quel mostro egli strascina, e tira Per lo mondo, cui splende il maggior lampo. E ’l can vuo
e s’adira. E per tre gole abbaia, e cerca scampo. La bava, che gli fa lo sdegno e l’ira, Del suo crudo veneno empie ogni c
nome complessivo di Dei Cerulei. 1068. Ceruso. — Dio del buon tempo : lo sichiamava così perchè vien sempre tardi. 1069. C
e che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’idra di Lerna (V. Ercole), lo fece così crudelmente soffrire, ch’egli desiderav
rire, ch’egli desiderava ardentemente la morte ; ma il nume suo padre lo aveva fatto immortale. Finalmente gli Dei mossi a
mortale. Finalmente gli Dei mossi a compassione delle sue sofferenze, lo trasportarono nel cielo, ove egli è raffigurato,
gli posti all’ingresso del ponte Eusino le le cui masse abbracciavano lo spazio di venti stadii. Le onde del mare, frangen
cusa. Avendo disprezzato i misteri di Bacco, questo Dio, per punirlo, lo colpì d’una tale ebbrezza che quasi demente fece
ati e rosi. Il piechiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente. lo stridor de’ ferri, Il fremere e ’l bollir de le s
Dei mossi a compassione cangiarono in penne i suoi bianchi capelli, e lo trasformarono in cigno. L’allegoria favolosa, seg
i contro il suo nemico, gli si spinse addosso e afferratolo alla gola lo strangolò : ma nel medesimo tempo che l’eroe vinc
, ad una figlia di Menofrone, chiamata Cillene : altri pretendono che lo abbia da una principessa di questo nome pronipote
aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere di Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la morte di lui, fond ò
rvo al quale era estremamente affezionato. Un giorno per inavvertenza lo ucoise, e ne fu così addolorato che volle darsi l
fu così addolorato che volle darsi la morte, ma Apollo mosso a pietà lo cangiò in cipresso. 1135. Cipfelide. — Nome patro
danzava nei misteri di Bacco, innanzi al simulacro di questo Dio, che lo cangiò in ellera. 1146. Cissotonie. — Feste grech
, movendo alla testa degli Argonauti per la conquista del vello d’oro lo uccise inavvertentemente. Da quel tempo il suo no
racconta che fu presso di lui che si ricoverò Dedalo, allorchè Minos lo perseguitava. Cocalo soddisfatto d’aver presso di
o di sè un uomo, che come Dedalo si era reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro di Minos, che veniva a dimandarglie
io. — Gli Egiziani avevano un culto particolare per questo animale, e lo ritenevano come sacro. Gli abitatori del lago Mer
tenevano come sacro. Gli abitatori del lago Meris e i popoli di Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo addomest
go Meris e i popoli di Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e gli or
ivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità di carne, al qual cib
i davano il nome di carni sacre. Quando il sacro animale moriva, essi lo imbalasamavano, lo deponevano in un urna espressa
carni sacre. Quando il sacro animale moriva, essi lo imbalasamavano, lo deponevano in un urna espressamente fabbricata, e
imbalasamavano, lo deponevano in un urna espressamente fabbricata, e lo seppellivano nei sotteranei del Laberinto, presso
e e non osavano cibarsi della loro carne, ritenendo che sarebbe stato lo stesso che cibarsi delle loro divinità. Anche pre
essa denominazione. 1239.Conso. — Dio dei consigli : si crede che sia lo stesso che Nettuno Ippio. 1240.Consuali. — Feste
un giorno trovatolo seduto vicino ad Elena, in un accesso di gelosia, lo uccise. Si ricorda anche di un altro Corito che f
fanciullo e l’affidò per farlo educare al centauro Chirone, il quale lo nomò Esculapio. Apollo si penti ben presto della
per punire il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cangiò di bianco in nero. Tempo fu già che amava
iade e la sua iniziazione agli avergognati misteri di Cotitto, quegli lo avesse fatto assassinare. 1273. Cotto. — Figliuol
ttenne dagli dei che la terra gli si fosse spalancata sotto i piedi e lo avesse allo istante inghiottito. 1280. Crau. — La
5. Creontide o Creonciade. — Figlio dell’Ercole di Megara : suo padre lo uccise in un momento di furore. 1286. Cresponte. 
quali s’inflammarono non appena Creusa se ne fu adornata, producendo lo stesso effetto che il fuoco nella scattola. È opi
avendo potuto ritrovarla pianse tanto che i numi mossi a compassione, lo cangiarono in flume, accordandogli il privilegio
ruciata ella stessa. 1307. Crisippo. — Figlio naturale di Pelopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie di Pelopo e ma
giorno questo fanciullo non regnasse in pregiudizio dei propri figli, lo trattò assai male ed istigò Atreo e Tieste, suoi
ider Crisippo di propria mano. Infatti armatasi del brando di Pelopo, lo trafisse lasciandogli l’arma omicida conficcata n
iuolo di Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili di carne umana, Giove lo fulminò. Vi fu anche un satiro a cui la favola at
che oltrepassavano la misura. La cronaca mitologica ricorda che Teseo lo fece morire, infliggendogli lo stesso supplizio.
a cronaca mitologica ricorda che Teseo lo fece morire, infliggendogli lo stesso supplizio. 1351. Damatera. — Presso i Grec
tico pelo, Gridando : Guai a voi, anime prave. Non isperate mai veder lo cielo. I’vegno per menarvi all’altra riva Nelle t
iere Danae alla conoscenza degli uomini, e sottrarsi così al fato che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere sua figlia i
l, ma vera dea Sembrava al viso, a’modi, e alla favella. Il padre per lo ben, che le volea. Saper cercò il destin della su
an fiume d’Europa. La cronaca mitologica ricorda che i Geti e i Traci lo venerarono particolarmente come una divinità. 135
rno a lui, impedivano che i suoi gridi fossero intesi da Saturno, che lo avrebbe divorato come gli altri suoi figli. 1364.
ua figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. Apollo, mosso a pietà, lo cangiò in falcone. 1373. Dedalo. — Nipote di Eret
da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiudere insieme a suo figlio Icaro, per
ori dell’aristocrazia romana portavano sulle loro spalle quel letto e lo deponevano nel centro dell’antica piazza del merc
. Delfilo. — Figlio di Stenelo. Fu intimo amico del famoso Capaneo, e lo segui all’assedio di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibi
opo la morte di Paride, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per riguadagnarsi le
o a precipitosa fuga, per rapirgli la sposa, gli tiro una freccia che lo ferì mortalmente. Nesso, sentendosi vicino a mort
ma a possedere l’oracolo famoso : poscia Tomi, figliuola della Terra, lo ebbe in costodia fino ai tempi del diluvio di Deu
nnanzi al re stesso gittò tre di quei volumi alle fiamme, pretendendo lo stesso prezzo per gli altri sei che rimanevano. I
illa bruciò altri tre dei suoi volumi, seguitando a pretendere sempre lo stesso prezzo per gli ultimi, e minacciando il re
Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, una tempesta lo gettò sulle coste della Tracia, ove fu accolto be
terra avesse creato il cielo. In seguito prese del fango infiammato, lo lanciò negli spazii dell’aria, e formò così il so
genio particolare, specie di spirito familgliare, i cui avvertimenti lo guidavano in tutte le sue azioni. 1416. Dendrofor
ani davano a Cecrope, forse per alludere alla tradizione favolosa che lo faceva metà uomo e metà serpente. La parola Difie
 ; e che egli nutriva di carne umana. Ercole per comando di Euristeo, lo uccise facendolo divorare dai suoi stessi cavalli
. Erano, secondo la tradizione favolosa, in numero di tre, ed avevano lo speciale incarico di tormentare coi rimorsi le an
luni scrittori dissero che Fidio fosse uno dei figli di Giove : altri lo hanno di sovente confuso con Ercole. 1483. Divall
i da Pirro. 1494. Dolore. — I pagani ne avevano fatto una divinità, e lo scrittore Igino lo fa essere figliuolo della Terr
olore. — I pagani ne avevano fatto una divinità, e lo scrittore Igino lo fa essere figliuolo della Terra e dell’Aria. 1495
. — V. Dorea. 1501. Dorielio. — Figlio naturale del re Priamo : Ajace lo uccise all’assedio di Troja. Vi fu anche un altro
i prediceva il futuro, era quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quando si rese padrone
i principi che vennero in soccorso di Eteocle contro Polinice : Diana lo uccise. 1511. Drimaco. — Brigante che alla testa
mitologi vogliono che gli abitanti di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo avessero adorato come un dio. È questa però una o
più solenni e misteriose. La religione celtica non proibiva ai Druidi lo stato matrimoniale, e quando essi avevano tolta i
Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che alla sua morte Plutone lo associò a Minosse ed a Rodomonte per giudicare le
orti. 1522. Eagro. — Così avea nome il marito della musa Polinia, che lo rese padre di Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio
detti Eani. 1524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno dei migliori
dette in moglie a Perseo e da questo connubio nacque Ecate. Teocrito lo Scoliaste, dice che Giove ebbe dai suoi amori con
izione favolosa ripete che Ulisse, onde liberarsi dai tetri sogni che lo conturbavano, facesse in Sicilia innalzare un tem
o ai Greci di offerire in Crisa una Ecatombe ad Apollo, onde placarne lo sdegno. 1534. Ecatombee. — Così avevano nome alcu
offrirono vittime volontarie, onde placare col loro sangue innocente lo sdegno degli dei. Appena i loro corpi furono, sec
iedi la sua protezione, ond’essere salvato dai guerrieri Trojani, che lo avevano sorpreso travestito nel loro campo, onde
Trojane, che l’avevano seguita, queste si avventarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba di sua p
tornato nella Sicilia, fece innalzare un altare nel tempio di Ecate e lo dedicò ad Ecuba ; credendo così liberarsi dai sog
e lo dedicò ad Ecuba ; credendo così liberarsi dai sogni funesti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio d
ngiurare i terribili destini che si legavano alla vita del fanciullo, lo consegnò ad uno dei suoi ufficiali, con ordine es
sso alla vista dell’innocente creatura, per non spargere quel sangue, lo legò per i piedi ad un albero ed ivi lo lasciò so
per non spargere quel sangue, lo legò per i piedi ad un albero ed ivi lo lasciò sospeso. Un pastore, passando per di là, a
tore, passando per di là, attratto dalle grida lamentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il qua
ndo per di là, attratto dalle grida lamentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese
i Corinto, il quale ne prese cura come di un suo proprio figliuolo, e lo chiamò Edipo, parola che significa dal piede gonf
liuolo, e lo chiamò Edipo, parola che significa dal piede gonfiato, e lo fece educare. Edipo, divenuto adulto, credendosi
a sua patria. Giunto nella Focide, ebbe querela con uno sconosciuto e lo uccise. Quello incognito era Laio, suo padre ! Se
do il pastore che aveva portato il fanciullo a Polibio, venne a Tebe, lo riconobbe e gli palesò la sua vera nascita. Edipo
isonore. Le due sorelle allora giurarono di vendicarsi, e concepirono lo spaventevole disegno di far mangiare a Politecno
ndareo, ove esse eransi rifugiate, e quivi impadronitosi, del suocero lo caricò di catene e così legato lo espose ai raggi
e quivi impadronitosi, del suocero lo caricò di catene e così legato lo espose ai raggi ardenti del sole ed alle morsicat
gliato di ogni ricchezza e poscia, sotto l’Imperatore Galieno, i Goti lo rovinarono quasi interamente, e finalmente fu dis
1565. Efestione. — Amico e confidente di Alessandro, il Macedone, che lo ebbe estremamente caro, e tanto che dopo la morte
po la morte di quello, avvenuta nella città di Ecbatana, l’imperadore lo fece annoverare fra le divinità. Coll’andar del t
dedicato per fino un oracolo. Luciano, nelle sue opere, asserisce che lo stesso Alessandro fu uno dei seguaci più caldi de
sformato in donna, e secondo la tradizione mitologica, restò tale per lo spazio di sette anni. Finalmente al cominciare de
anti tentarono di dara la scalata al cielo. Essi incatenarono Marte e lo tennero prigione per un anno e un mese, finchè Me
la corte di Pitteo, re di Trezene, famoso per la sua saggezza. Pitteo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso
he le maledizioni del cielo seguissero le orme di questa, le sventure lo assalirono di ripetuti e spietuti colpi. Androgen
ucciso il Minotauro, fece ritorno in patria sull’istesso vascello che lo avea ricondotto in Creta ; ma egli e i suoi compa
eseo, loro liberatore, annoverarono Egeo fra le divinità marittime, e lo dichiararono figlio di Nettuno. Molti accreditati
. Numa non è altro che la personificazione della legge fatta uomo ; è lo spirito legislatore umanato sotto la figura di un
altre contrade, finchè Giove ordinò a Minerva di combatterlo e questa lo uccise. La Terra, sdegnata per questa morte, part
to Pelopea, questa consegnò al figliuolo Egisto la spada del padre, e lo mandò alla Corte di Atreo, il quale prese a ben v
, indegnato contro Atreo per l’infame incarico che gli aveva affidato lo raggiunse a Micene e lo uccise. In seguito venuto
per l’infame incarico che gli aveva affidato lo raggiunse a Micene e lo uccise. In seguito venuto Egisto in grande amiciz
i Troja, quegli ritornò in patria, d’accordo con la colpevole moglie, lo assassinò, e tenne per lungo tempo schiava nella
di Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale bellezza di Elena lo innamorò perdutamente, ed essendo in egual modo c
era pronto pel sacrifizio, un’aquila rapì dall’altare il coltello, e lo lasciò cadere sulla testa d’una giovenca, la qual
na età così giovanile riuscì a salvare Oreste dalle mani dl Egisto, e lo inviò presso Strofio. …… oh ! ben sovvienmi : El
o, seguendo il quale Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfimaco ed altri — V. Ana
he i nativi dell’Attica ; pure si legge, in vari autori, che Anacarsi lo Scita, e Ippocrate, non che Ercole, Castore, Poll
e, a proposito del quale Metastasio ha scritto : Che vi sia, ciascun lo dice Dove sia nessun lo sa. Sorgeva in Eliopoli
Metastasio ha scritto : Che vi sia, ciascun lo dice Dove sia nessun lo sa. Sorgeva in Eliopoli un superbo e splendidiss
ate figurate nella vite fatta in pezzi. Oltre ai responsi che l’oraco lo di Eliopoli dava per iscritto, comunicava ancora
rsi in mare a cavallo del famoso ariete dal vello d’oro, e traversare lo stretto che divideva la Troade dalla Tracia e fug
di Minerva, fra le cui fiamme morì arsa la sacerdotessa Ellotide che lo aveva in custodia. Qualche tempo dopo una terribi
li un elmo che aveva la singolare proprietà di rendere invisibile chi lo portava. La tradizione mitologica ripete, che qua
egli trucidava tutti i viandanti che cadevano nelle sue mani. Ercole lo uccise e le contrade da lui liberate furono dette
l tuo ? In qual guisa ti perdi ? Esci, deh figlio, Esci : vien meco ; lo te ne prego » — Truce Lo guata il figlio, e minac
Vogliono alcuni che Giove rovesciasse su di Encelado, il monte Etna e lo seppellisse sotto di questo. I poeti da ciò finse
così si esprime, narrando il fatto a cui noi accenniamo, sebbene egli lo riporti chiamando Encelado, col nome di Tifeo ; e
o di Minerva. Altri pretende che egli fosse già in fuga e che Minerva lo arrestasse gettando l’isola di Sicilia innanzi ai
iove il quale, avendolo sorpreso un giorno fra le braccia di Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio di trent’anni. I
rpreso un giorno fra le braccia di Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio di trent’anni. In seguito, egli fu passion
suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della disgrazia di lui, lo accompagnò sempre, professandogli la più sentita
ni fu allevato dalle Driadi, ninfe alla cui custodia la dea sua madre lo aveva affidato. Ricondotto a Dardano nella casa p
e sviluppò in lui i buoni germi della semi-celestiale sua origine ; e lo addestrò in tutti quegli esercizii che allora for
a correva in uno scentro con l’inimico, un positivo pericolo, Nettuno lo ravvolgeva in una nube invisibile sottraendolo co
ll’isola di Creta, ma una violenta epidemia scoppiata in quell’isola, lo costrinse a riparare in Sicilia, ove egli e i suo
, ed avendogli in prosieguo di tempo fatta sposare sua figlia Lavinia lo dichiarò suo successore al trono. Sola d’un sang
o mi vuol, morto ch’io sia Rendi il mio corpo a’miei. Tu vincitore Ed lo son vinto. E già gli Ausoni tutti Mi ti veggiono
o — Eneide Libro XII. trad. di A. Caro. Enea regnò pacificamente per lo spazio di quattro anni, durante i quali sembrò ch
el fiume. La favola però dice che Venere, vedendolo coperto di ferite lo avesse trasportato nel cielo, dopo avere con mate
ausiliarii dei Trojani nel decenne assedio della loro città. Achille lo uccise sulle rive del fiume Xanto. 1688. Eno. — C
della mano della figlia, impose a questo matrimonio la condizione che lo sposo d’Ippodamia dovesse vincerlo nella corsa ;
Troja, andò a ritrovare Enone sul monte Ida, ma questa per vendicarsi lo scacciò dalla sua presenza. Però essendone perdut
scacciò dalla sua presenza. Però essendone perdutamente innammorata, lo segui da lungi, col fermo divisamento di guarirlo
i violenti esercizii dell’arte sua, allorchè la tracotanza di Darete, lo indusse a scendere nuovamente nell’arena, ove bra
ote, discendente della stirpe di Deucalione. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e dio dei venti e delle tem
ra e ’l ciclo, Lacerati da lor, confusi e sparsi Con essi andrian per lo gran vano a volo. Ma la possa maggior del Padre e
dava utili consigli ai navigatori. Da ciò la tradizione favolosa che lo fa dio delle tempeste, e padre di dodici figliuol
che fu figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo , la quale sotto le forme di giovenca, lo dette al
iglio di Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme di giovenca, lo dette alla luce sulle sponde del Nilo, dopo di av
onò l’Egitto per andare in traccia del figlio, e dopo molte ricerche, lo trovò in Siria presso la moglie del re Biblo. Epa
celebravano il secondo giorno delle nozze per consacrare la casa che lo sposo aveva scelto per domicilio. Lo stesso nome
e di Peonia. 1713. Epeuso. — Altro figliuolo di Endimione. La cronaca lo ricorda come un abilissimo operajo, e ripete ch’e
na, aveva il magnifico tempio ed oracolo celebre nell’antichità sotto lo stesso nome. La cronaca mitologica ricorda di un’
1728. Epifane. — Soprannome dato a Giove, e che aveva presso i greci lo stesso significato della parola latina Elicius, c
i assiso in una caverna fu sorpreso da un profondo sonno che durò per lo spazio di cinquantasette anni. Destato da un fort
. Ben presto la fama se ne sparse per tutta la grecia, i cui abitanti lo tennero come un favorito degli dei, e lo interrog
ta la grecia, i cui abitanti lo tennero come un favorito degli dei, e lo interrogarono come un oracolo. Essendo, in quel t
viandogli per mezzo di Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo rese padre di Pirra. Vedendo però Giove che ad al
do però Giove che ad altro non era riuscito che a far felice Epimeteo lo mutò in una scimmia. 1737. Epinicie. — Davasi que
Elei in memoria di ciò rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro, e lo chiamarono col nome di Epitragie, che significa p
inimicizie che le crudeltà di Corace avevano accese nei suoi sudditi, lo detronizzò, ed aggiunse in breve tempo ai suoi no
di un cavallo. Essi, allora, ritennero Ossilo come inviato dai numi e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non m
ento. L’Ercole greco non à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa c
ifendere la nazionalità, l’originalità di una creazione, che è quanto lo spirito inventivo dell’antica Grecia poetica, à p
estano, combatte i mostri, protegge i deboli, fertilizza il suolo con lo scolamento delle acque, e civilizzatore e guerrie
tradizionale tunica di pelle e della clava, attributi egiziani di cui lo si è voluto fregiare in prosieguo. L’inno Omerico
divinizzati dopo la morte, ai quali si dette, per la stessa ragione, lo stesso nome. La confusione che naturalmente dovea
rcole greco come figlio di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole è i
a. L’odio di Giunone, suscitandogli delle interminabili persecuzioni, lo costringe ad errare sulla terra e sul mare, per c
. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insieme ad Ificlo di cui già si t
scosto il fanciullo in un campo, dove fu raccolto da Minerva la quale lo rese alla madre. Secondo l’opinione di altri scri
onato nell’Olimpo, e profittando del sonno in cui era immersa Giunone lo depose sul seno di lei. Giunone al suo svegliarsi
itrione il quale, sebbene si accorgesse di non essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e gli insegnò l’arte di cond
stici e guerrieri. Come con lancia in resta, e il tergo ascoso Sotto lo scudo venir dessi a fronte, E sostener la punta d
oletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il quale fatto, r
ssoluto ; ma Anfitrione, temendo che l’indole irrascibile di lui, non lo avesse condotto a qualche male passo, lo inviò ne
dole irrascibile di lui, non lo avesse condotto a qualche male passo, lo inviò nelle campagne a custodire i suoi armenti.
doro gli dà un’ altezza di otto piedi cirea. Per contrario Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un corag
acolo gli rispose di dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni, di compiere i travagli che
sulla causa della follia di Ercole. Secondo Euripide, il delirio non lo colpì che al suo ritorno dai regni infernali. Fu
n avendone ottenuta risposta, avesse involato il sacro Tripode, e non lo avesse rimesso al suo posto che dietro un assolut
ando di Giove, per la qual cosa, (come vedremo in prosieguo) Mercurio lo avesse venduto ad Onfale. La generalità degli aut
da un sentimento di gelosia, per la gloria che Ercole si acquistava, lo avesse richiamato presso di sè ; e che Giove aves
mitologi, avvertiremo ancora che l’ordine delle dodici fatiche non è lo stesso presso tutti i cronisti della favola, che
te, mediante il soccorso e la protezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero d
senzialmente greco, è armato di armi greche come il casco, le frecce, lo scudo, la lancia e finalmente la corazza, opera d
dì combattere il leone Nemeo, mostro che desolava le campagne. Ercole lo combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città,
giorno, segnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo scopo, egli dovette deviare il corso dei due fium
orprendente. Minos colpito dalla straordinaria bellezza dell’animale, lo mandò nei suoi pascoli, sacrificandone un altro a
nos, rese feroce quell’animale. Ercole resosi in Creta, domò il toro, lo portò ad Euristeo e poscia gli rese la libertà. D
armenti. Ercole penetrò nella inaccessabile caverna del masnadiere, e lo strangolò fra le sue braccia V. Caco. …… Ei che
contenne il forte Alcide, Che d’un salto in quel baratro gittossi Per lo spiraglio, e là v’era, del fumo La nebbia e l’ond
euso, e’l foco Più roggio, a lui che’l vaporava indarno, S’addusse, e lo ghermi, gli fece un nodo De le sue braccia, e si
tese l’arco contro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro di cui si servi per a
ella contrada. Avendo in seguito ritrovato il perduto animale, Ercole lo condusse insieme agli altri verso il mare Ionio,
tro e l’uccise. Finalmente egli lottò col gigante Anico, e similmenie lo uccise, sollevandolo dalla terra, e togliendogli
e similmenie lo uccise, sollevandolo dalla terra, e togliendogli così lo strano privilegio che a lui accordava la Terra, s
fatiche, egli giunse a guidare quasi tutto l’armento ad Euristeo che lo sacrificò a Giunone. Tale è almeno il racconto ch
ticolari dell’ Ercole greco, è di essere un gran bevitore, per il che lo si vede uscir vincitore dalla lotta contro Lepreo
n bando, col quale prometteva la mano di sua figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, insieme ai suoi figli, nell’eserciz
e. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con Ifito figlio di Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in un momento
egli avesse con aperta forza. Perdonatò gi avria ; ma tradimento Non lo soffrono i numi. Sofocle — Le Trachinie — traged
di lui durante tre anni. Ercole si sottomise e allora fu che Mercurio lo vendette per tre talenti ad Onfale, regina di Lid
e, che volle gittarsi nelle fiamme del rogo di lei, ma gli astanti ne lo impedirono. Sbarcato in seguito all’isola Doliche
ida, il quale massacrava tutti coloro a cui dava l’ospitalità, Ercole lo uccise per un movimento di generosa indegnazione.
ebbe Tessalo. Nel combattimento Ercole fu gravemente ferito, ma Giove lo guarì istantaneamente. Dopo questa spedizione egl
ndo ucciso Ippocoone, Ercole si impadronì della città, di cui ritornò lo scettro al suo legittimo re Tintaro. Di là Ercole
mpadroni delle città dei Driopi, protesse Eginio contro i Lapidi, che lo aveano detronizzato, e avendo resa a questo princ
i demente. In eccesso di furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto di una roccia nel mare. …… posc
ardore. Ond’ei, poi che dell’idra il fatal tosco Le sue carni pascea. lo sventurato Lica, non rea del fallir tuo, sgridand
Ercole ricevette l’immortalità e si riconciliò con Giunone, la quale lo unì ad Ebe, da cui Ercole ebbe due sigli Alesiare
trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano appena poppante che strangola i dra
in riposo, conosciuta comunemente sotto il nome d’Ercole Farnese, ce lo presenta appoggiato sulla sua clava, avente nell’
ci hanno nei loro bassorilievi trasmessa l’apoteosi d’Ercole, in cui lo si vede ascendere al cielò accompagnato da Minerv
prendevano cura del bagno di Giunone. Nella città di Argo veniva dato lo stesso nome alle sacerdotesse che presiedevano al
o la favola fu figlio della Terra, e fu allevato da Minerva, la quale lo educò nel magnifico tempio ch’ella aveva in Atene
iglia diletta, gli edificarono un tempio nella cittadella di Atene, e lo annoverarono fra gli dei. Secondo Euripide, Erett
suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di Buta e di Venere, e atlet
mo di quella melodia, furono rappresentate le avventure di Erifane, e lo sventurato amore che l’aveva uccisa, sul fiore de
decise di partire per la guerra, non ostante l’inevitabile morte che lo aspettava, ma prima di allontanarsi, impose ad Al
 : era mestiero Combatterlo e domarlo ; ed io tre volte Lo combattei, lo vinsi, e lo spogliai D’armi e di vita ; Virgilio
ero Combatterlo e domarlo ; ed io tre volte Lo combattei, lo vinsi, e lo spogliai D’armi e di vita ; Virgilio — Eneide Li
amosa per il cignale che è conosciuto nella tradizione favolosa sotto lo stesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad E
e è conosciuto nella tradizione favolosa sotto lo stesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una d
ella tradizione favolosa sotto lo stesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fati
paese. Lucano chiama Cleopatra l’Erinni dell’Italia ; e Virgilio dice lo stesso ad Elena. Erinni era anche il nome che in
il nome che in Sicilia si dava a Cerere, a cui la tradizione favolosa lo attribuiva dal fatto seguente. È detto che allorq
rcole nella città senza ostacolo alcuno. Gli Eritrei per ricompensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire ne
ndosi che Erittonio aveva la parte inferiore come quella di un serpe, lo chiuse appena nato in un canestro e lo consegnò a
riore come quella di un serpe, lo chiuse appena nato in un canestro e lo consegnò ad Aglauro, perchè lo avesse abbandonato
lo chiuse appena nato in un canestro e lo consegnò ad Aglauro, perchè lo avesse abbandonato in un bosco. V. Aglauro. La fa
reco è Atene, e di Mercurio. Questa figura aveva da una parte l’elmo, lo scudo e le altre insegne di Minerva ; e dall’altr
molto divulgata, racconta che il delfino, sebbene Ermia fosse morto, lo riportasse alla riva, e che quivi morisse esso st
one, rappresentato come un guerriero coperto di ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio di Europa, il qu
lla torre ? ivi una lampa Guida al fervido amante Ero appendea ; Mira lo stretto de l’antica Abido Ondisonante, che l’amor
rsi all’amoroso ritrovo, ma finalmente non più reggendo all’ansia che lo divorava, nella settima notte egli si lanciò nell
tante, affannata, Ero vegliando La notte protraea ; venne l’aurora, E lo sposo non vide : intorno intorno Muta l’occhio vo
ma di cedere all’infame voglie del cognato, ma già innamorata di lui, lo avesse aiutato a derubare ad Atreo un montone, ch
l luogo. Allora il gran sacerdote attaccava i buoi al carro coperto e lo seguiva, solo, a piedi, e con atti di grande vene
te addolorato che si gettò dall’allo di uno scoglio nel mare, ma Teti lo cangiò in uccello prima che fosse caduto nelle on
a. I cronisti ed i poeti non sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e di Coronide, della reale
a morire, allorchè Apollo accorse per salvare suo figlio Esculapio e lo trasportò presso il centauro Chirone da cui poi a
essendoglisi avvicinato, si avvolse intorno al suo bastone. Esculapio lo uccise, ma all’istesso momento un altro serpente
rpente con una certa erba nella bocca si avvicinò al morto compagno e lo richiamò alla vita stropicciandogli sulla testa l
rgilio — Eneide — Libro VII. trad. di A. Caro. Però Giove stesso che lo aveva ucciso, sia per propria amicirazione, sia p
oleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi cedendo alle preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire gli
aro, ma poi cedendo alle preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire gli armenti di Admeto come s
he il nome di una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giove, lo rese padre di un fanciullo che fu chiamato Orcome
o. Divenuto adulto egli fondò nella Beozia una città conosciuta sotto lo stesso nome. ….. e quante entran ricchezze In Or
cerimonia in moltiplici e svariate occasioni. La speranza di placare lo sdegno di un qualche nume, il timore delle pubbli
n bosco sacro presso la città di Colona. Gli abitanti, sapendolo reo, lo costrinsero alle espiazioni, le quali consistevan
sato e tranquillo. Nell’età di rame gli uomini cominciarono a sentire lo stimolo delle passioni malvagie, e divennero vend
do così il governo dei regni celesti, finchè Giove suo figliuolo, non lo detronizza a sua volta, scacciandolo dal cielo. 1
e dei loro colpi ; ma l’eroico valore dei guerrieri greci fu vano per lo spazio di nove anni, mentre Ettore uscì sempre in
rideva propizia alle armi trojane, e profittando dell’inazione in cui lo sdegno contro Agamennone riteneva Achille, si ava
abbi rispetto, Singhiozzante sclamava, a questa, o figlio, Che calmò, lo ricorda. i tuoi vagiti. Rientra, Ettorre mio, fug
atore, non istargli a petto, Sciaurato ! Non io, s’egli l’uccide, Non lo darti potrò, caro germoglio Delle viscere mie. su
te, vacillare il proprio coraggio, e quella intrepida energia che non lo aveva mai abbandonato un solo istante per lo spaz
ntrepida energia che non lo aveva mai abbandonato un solo istante per lo spazio di dieci anni. Ciò bon ostante egli attac
col trascinarlo tante volte, così velocemente, intorno alle mura, non lo avesse ridotto in pezzi. ….. Ma del morto crop I
e si dava ad alcuni filosofi galli, la cui occupazione principale era lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. — Cos
morte del pilota Tifi ebbe l’incarico di timoniere. La tradizione ce lo presenta come figlio di Nettuno. 1873. Eufiro. — 
te e di Admeto. Fu uno dei capi greci che assediarono Troja. Omero ce lo addita come possessore delle due più belle cavall
a tradizione favolosa che Apollo, per liberare Oreste dalle furie che lo tormentavano dopo l’uccisione di sua madre Cliten
furie che lo tormentavano dopo l’uccisione di sua madre Clitennestra, lo avesse consigliato a recarsi in Atene, ad implora
Minerva  — Pol che tal beneficio a questa terra Per lor s’appresta, lo ne vo lieta ; e grata Sono alla dea Persuasion, c
nella sua infanzia, fu rubato da alcuni Pirati della Fenicia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono al
uni Pirati della Fenicia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono al re di quella contrada per nome Laert
contrada per nome Laerte padre di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla guardia delle sue greggi. Là si rivol
reidi. 1895. Euriale. — Figlia di Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome d
guerrieri trojani e celebre nella tradizione per il grande amore che lo legava a Niso, altro giovane guerriero, e che fu
duta più. In seguito di questa risposta, perduta l’unica speranza che lo teneva in vita, Orfeo si uccise di propria mano,
e che fu padre di Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Giove lo aveva amato, e questa fu la vera ragione dell’odi
statua, fu colpito di follia e divenne furioso. Per più tempo il male lo afflisse senza tregua ; ma poi cominciò ad avere
e Euripile, staccò dal carro di Nettuno uno degli aligeri destrieri e lo mandò innanzi agli Argonauti, ordinando loro di s
dioso di Ercole, e temendo di essere da questi detronizzato un giorno lo perseguitò continuamente. Ciò non ostante Euriste
07. Eurito. — Uno dei giganti che dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo di ramo di quercia. Eurito av
a una figlia per nome Jole, di cui aveva promesso la mano a colui che lo avesse vinto nell’esercizio della freccia. Inorgo
o della sua destrezza osò disfidare gli dei e allora Apollo irritato, lo uccise. 1908. Eurizione. — Detto anche Euritione.
Euritione. Il più crudele fra i ministri del tiranno Gerione. Ercole lo uccise insieme al suo spietato signore. Eurizione
e alcuni Lacedemoni che assistevano a quel banchetto. Questi sdegnati lo trascinarono fuori la sala e gli tagliarono il na
pi di Enea, che fosse a lui legato coi vincoli della parentela, e che lo aiutasse colle sue soldatesche. E non fia il sol
idi. 1920. Evemerione. — Dio della medicina presso i Sicioni, i quali lo invocavano ogni giorno all’ora del tramonto. Il s
dell’antichità, concordano nel considerare questo Fovio o Fabio come lo stipite dell’illustre famiglia dei Fabii in Roma.
iuoco di lui, insultando, per basso animo, alla dolorosa sventura che lo avea colpito ; ma sentendo poscia da Anite, che e
uce. Vi era anche un promontorio nell’isola di Chio, al quale si dava lo stesso nome, e di dove narra la tradizione mitolo
a nube un fantasma a cui dette la voce, le armi e la figura di Enea e lo presentò a Turno, il quale lo assali immantinenti
la voce, le armi e la figura di Enea e lo presentò a Turno, il quale lo assali immantinenti, ma il falso Enea si dette a
i immantinenti, ma il falso Enea si dette a precipitosa fuga, e Turno lo inseguì fino su di un vascello che si trovava nel
figura Forniò (cosa mirabile a vedere !) In sembianza d’Enea : d’Enea lo seudo. La corazza, il cimieto e l’armi tutte Gli
Era a la prora a pena Che Giunon ruppe il fune, e diede al legno Per lo travolto mare impeto e fuga. Virgilio — Eneide —
a sua straordinaria bellezza. I poeti della favola finsero che Venere lo avesse fatto così sorprendentemente belio, per ri
quel fatto. Peraltro Faone non fu con tutte le donne insensibile come lo fu con la disgraziata poetessa ; imperocchè la tr
maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di contro a que
sse uccisa, geloso dell’onore paterno. Le Furie impossessatesi di lui lo straziarono in modo che si precipitò nel fiume Ar
scendente di Eaco, abbandonasse Deidamia, presso alla quale, la madre lo aveva nascosto, per trarlo allo assedio di Troja 
ulla paternità di questo dio campestre della mitologia pagana. Taluni lo fanno figliuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri
Taluni lo fanno figliuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fann
vidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fanno successore al trono di suo padre. Soventi
ualche tempo presso quei popoli, i quali dopo averlo colmato di doni, lo fecero, sopra una loro nave, passare nell’isola d
ortazioni di Alcinoo, i Feacidi ne ebbero in risposta che per placare lo sdegno di Nettuno, bisognava offrirgli un sacrifi
edente. 1967. Febbraio — I pagani avevano personificato questo mese e lo dipingevano sotto la figura dì una donna vestita
lare, che presiedeva alle purificazioni ; e Servio pretende che fosse lo stesso che Plutone, al quale venivano anche offer
ibidinosa passione, accortosi del tranello, maledisse il figliuolo, e lo consacrò alle furie dell’inferno. ………l’ira fugge
nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse con ogni cortese amorevolezza e lo fece a
leo, padre di Achille, che lo accolse con ogni cortese amorevolezza e lo fece aio del proprio figlio. ………M’accolse Lietam
amai ; …… Omero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti. e tanto che lo accompagnò perfino all’assedio di Troja e fu uno
alle armi, Fenice, sempre fedele amico, per quanto invitto guerriero, lo seguitò in tutti i pericoli delle battaglie, ma e
dito dai Greci in traccia di Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accompagnò sottò le mura di Troia, e seguitò ad a
egli lo accompagnò sottò le mura di Troia, e seguitò ad avere per lui lo stesso paterno amore, e la stessa inalterabile am
— Secondo la tradizione, allorquando Prometeo rubò il fuoco dal cielo lo nascose in una ferula ed insegnò agli uomini a co
al fatto seguente. Fetonte avendo avuto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli che egli non era, come se ne
vivo dalle oltraggiose parole, se ne lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro di suo padre a
so la verità. Il giovanetto narrò al padre quanto gli era avvenuto, e lo supplicò a non negargli una grazia speciale che a
omandata. Il Sole, trasportato d’affetto pel figliuolo suo, giuro per lo Stige, che non gli avrebbe nulla negato, e allora
inacciava il creato, arrestò il giovanetto con un colpo di fulmine, e lo precipitò nell’Eridano. Si volge in prec pizio i
to che i parieggiani del tiranno Pisistrato, volendo che gli ateniesi lo avessero riconosciuto come loro re, avessero rive
r la perfezione colla quale suonava la lira, la tradizione mitologica lo fa figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri l
dizione mitologica lo fa figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri lo pongono nel numero degli Argonauti. 2008. File. —
icompensa dei suoi servigi. L’eroe sdegnato contro la slealtà del re, lo uccise e pose File al governo del regno. 2009. Fi
e sui loro passi. Ma gli eroici fratelli, ricusarono recisamente, per lo che furono dai Cirenesi che erano più forti, ucci
occhi. Ma Filira, vergognosa di più mostrarsi nella sua patria, dopo lo scandalo avvenuto, si rifuggi nelle montagne dei
pplicò notte e giorno gli dei, di toglierle la sua umana natura ; per lo che mossi a compassione i numi, la cangiarono in
te di lui. Ben presto però Demofoonte dovè fare ritorno in Atene, ove lo chiamavano le gravi cure del suo regno ; e onde c
iunto in Atene, dopo lunghe preghiere riuscì nell’intento, e Filomena lo seguì in Tracia onde vivere presso la diletta Pro
eri di lei, e le contumelie e gli oltraggi di che l’eroica giovanetta lo ricolmava, le fece tagliare la lingua e la lasciò
melli. Al dire di Plutarco quando Filonome li ebbe partoriti, temendo lo sdegno del padre suo, ebbe il coraggio di gettarl
l quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affetto col quale lo aveva avuto carissimo, gli lasciò in dono le sue
ov’ erano nascoste le frecce. Ma ben presto gli dei, sdegnati contro lo spergiuro, lo punirono con quelle istesse armi ch
coste le frecce. Ma ben presto gli dei, sdegnati contro lo spergiuro, lo punirono con quelle istesse armi ch’erano state c
o che i greci temendo che egli non, fosse stata causa d’infettazione, lo abbandonarono sull’ isola di Lemnos, vedendo nell
di Lemnos, vedendo nell’ accaduto un giusto castigo degli dei contro lo spergiuro. Questa di Lenno è la deserta riva, Da
uro. Questa di Lenno è la deserta riva, Da uman piè non calcata, ov’ lo glà tempo, …………ubbidiente Al comando de’ regi abb
ia. cui t’appresti, a rattener tuoi passi. Dunque orecchio mi porgi —  lo dopo tante Superate fatiche, e tanti affanni, Sta
imbarcò alla volta della Calabria in compagnia di alcuni Tessali, che lo avevano seguito da Troja, e aiutato da questi, fo
Borea e di Oritia, chiamata Cleobola, e secondo altri Cleopatra, che lo rese padre di due figliuoli Pandione e Plesippo.
he gli dei non soddisfatti del supplizio che avevano imposto a Fineo, lo dettero in preda alle arpie, le quali infettavano
uti accolti cortesemente da Fineo, in ricompensa delle sue larghezze, lo liberarono dalle arpie dando loro la caccia. Diod
degli eroi dell’ Attica, divinizzato dopo la morte. La tradizione ce lo presenta come quello che accolse in sua casa Cere
he bolle e frange……. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro. lo Stige, Noi ricidemmo il cerchio all’altra riva S
Però questo sacerdote fu abolito dopo la morte dell’ imperatore, che lo aveva creato e ciò a testimonianza dell’ odio e d
o universale. Egli andava sottomesso ad alcune leggi particolari, che lo distinguevano dagli altri sacerdoti. 2028. Flamin
Strumento musicale assai in uso presso i pagani, i quali generalmente lo fabbricavano dalla gamba di un asino, quando se n
trada che dal suo nome fu detta Flegiade. La tradizione mitologica ce lo presenta come figlio del dio Marte e di una giova
esse appiccato il fuoco al tempio di Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono nel Tartaro, dove Flegia è condanna
Or se’giunta, anima fella ! Flegiàs, Flegias, tu gridi a vòto, Disse lo mio signore, a questa volta : Più non ci avrai, s
o vigore presso i Sabini, molti anni prima della fondazione di Roma ; lo che ci dimostra che la dea Flora è una più antich
dimandare il solito oscenissimo spettacolo. Favonio amico di Catone, lo avverti del riguardo che avevano per lui i suoi c
di Erimanto, si fosse riposato nella casa del Centauro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offrì u
e alla ricevuta buona accoglienza, onorò Folo di splendidi funerali e lo seppelli sulla montagna che da lui prese il nome
masnadiere, assunse l’aspetto di un atleta e presentatosi alla lotta, lo accoppò con un pugno, liberando così quelle contr
ide, era al dire di Esiodo, figliuolo della Terra e del Mare. Atlante lo vinse in un combattimento ed egli per disperazion
ente alla cottura del pane. 2050. Foroneo. — La tradizione storica ce lo presenta come figlio d’ Inaco, re di Argo, e come
rso qualche tempo, Aete pensò d’ impadronirsi dei tesori di Frisso, e lo fece segretamente morire onde rendersene signore,
di Saturno, liberato da Giove, suo nipote, dalla prigione ove Saturno lo aveva rinchiuso per impadronirsi dei suoi regni,
o per impadronirsi dei suoi regni, per ricompensare il suo liberatore lo avesse presentato di un fulmine, facendolo così p
lla fabbricazione di essi i Ciclopi mischiavano le strisce di flamma, lo strepitoso rimbombo e i lampi terribili, coi qual
gli scrittori dell’ antichità, asserisce che la Giunone di Argo aveva lo stesso potere. Presso i pagani i luoghi dove era
uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava seppellirlo tal quale esso lo aveva lasciato. Faremo qui notare che questa anti
a dice che Prometeo fosse quello che rubò il fuoco sacro dal cielo, e lo dette in dono agli uomini. Diodoro, nelle sue cro
e, quasi a voler scongiurare, per mezzo di preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere di cui erano armate. In fatti
stragi, seguì come un fanciullo le traccie della bella creatura, che lo innamorava, ricercando continuamente di lei. E av
tula dà fuor l’ usato accento, Più tosto strepitoso, che soave ; E da lo stral d’ Amor piagato e punto, Col canto al dolce
inalmente Gallo un giovine amico e confidente del Dio Marte, il quale lo poneva a guardia della sua tenda, tutte le volte
marito di lei. Sdegnato Marte della poca solerzia del suo confidente, lo cangiò in quello animale che porta anche oggi lo
del suo confidente, lo cangiò in quello animale che porta anche oggi lo stesso nome, condannandolo a cantare tutte le vol
so dalla bellezza di questo giovanetto, si fosse cangiato in aquila e lo avesse rapito in cielo, ove lo mise nei dodici se
vanetto, si fosse cangiato in aquila e lo avesse rapito in cielo, ove lo mise nei dodici segni dello zodiaco, sotto la con
iglia in segno di alta mestizia, e dopo avere imbalsamato Il cadavere lo seppellivano con pompa. Presso il popolo egizio v
a. Secondo la tradizione Gelone si stabili nella Scizia Europea, e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome p
vi era un certo numero di statue, che ne riproduceva l’immagine. Però lo stesso citato scrittore, non dà sul conto delle d
mostruoso dragone che, vomitava flamme dalle sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò gli armenti di lui a
ne che, vomitava flamme dalle sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò gli armenti di lui ad EuristeoV. Er
o quest’ultimo figliuolo della dea Cerere ; aggiungendo che sua madre lo avesse preso in sua compagnia, allorquando andò p
inciarono il giuoco. Apollo essendo il primo a lanciare il suo disco, lo spinse così forte e con tanta destrezza, che quas
so la morte dell’amato giovanetto, volle eternare la memoria di lui e lo cangiò in quel fiore che porta anche oggli lo ste
are la memoria di lui e lo cangiò in quel fiore che porta anche oggli lo stesso nome. Infatti dal sangue del morto spuntò
unto il figliuolo che Creuse aveva avuto dai suoi amori con Apollo, e lo adottò. Giano divenuto adulto, dotato di un animo
ra di Giove ; e ripete che Giano accogliesse amorevolmente Saturno, e lo associasse al suo regno. Da ciò la prima interpre
te della reale ospitanza, avesse dotato Giano di una rara prudenza, e lo avesse rivestito del doppio donativo di ricordare
ta in moglie da un giovane per nome Ifi o Ifide che si cangiò in uomo lo stesso giorno delle nozze. — V. Ifi. Tra le fes
ni che mossero guerra a Giove, e dettero la scalata al cielo. Diodoro lo fa marito della ninfa Asia, e padre di un figliuo
i scrittori dell’antichità, che il Giapeto della mitologia pagana sia lo stesso che lafet, figliuolo di Noè. 2129. Giapi. 
i ricusò tutti gli altri splendidi donativi, di che l’amore di un dio lo faceva signore, e pregò solo Apollo d’insegnargli
ninfe Jonidi — V. jonidi. 2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e di Elettra, una delle nin
n segretezza confidò il piccolo Giasone alla madre Alcimeda, la quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure di C
rato ritiro ; mosse a consultare l’oracolo, onde sapere i destini che lo attendevano. La fatidica voce rispose che egli av
guì alla lettera quanto gli veniva imposto dalla volontà degli dei, e lo stesso giorno si mise in cammino per alla volta d
nte, se non che la perdita di una scarpa, caduta nel fiume mentr’egli lo traghettava sulle spalle della canuta portatrice.
detto a Pelia, che un principe discendente della stirpe degli Eolidi, lo avrebbe un giorno spogliato della mal conquistata
malmente che al suo ritorno dalla gloriosa spedizione della Colchide, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spe
asone era in quella età in cui si cerca avidamente la gloria ; in cui lo splendido fantasma della rinomanza, fa battere di
potuto sottrarre coi suoi incantesimi Giasone, ai molti pericoli che lo circondavano. Alcune altre cronache aggiungono an
oso ariete dal vello d’oro, alla cui custodia vegliava notte e giorno lo spaventevole dragone ; e appena giunto si accostò
parata da Medea stessa, e profittando del souno del terribile nemico, lo uccise, s’impadroni del prezioso vello, e quindi,
proprie figliuole del re, ad uccidere il genitore, persuadendole che lo avreb bero visto rinascere giovane e rigoglioso.
edia Atto I Scena III. Giunti a Corinto, vissero in quella città per lo spazio di dieci anni, secondo le cronache dell’an
lie, fece rivestire l’unico figliuolo cogli ornamenti reali, e poscia lo sacrificò su di un altare. Forse da questa tradiz
lio fino a far guerra agli dei ; e nell’intento di detronizzar Giove, lo assediarono fin nell’Olimpo, e dettero la scalata
iganti sarebbero stati invincibili, e che nessuno degli dei, compreso lo stesso Giove, avrebbe potuto mai sconfiggerli, se
nuto in ajuto del sommo Gione. Allora fu che Pallade Minerva, vedendo lo scompiglio ed il terrore che aveva invaso tutti g
re il sepolcro del gigante Anteo, e avendone fatto misurare il corpo, lo trovò di sessanta cubiti. Il Boccaccio nella sua
e. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo smisurato cadavere di un uomo, che aveva al dito
ro che potevano fare ostacolo ai suoi ambiziosi disegni ; fece morire lo stesso Candaule, suo sovrano, e giunse a rendersi
ancora Di Polinice ha svelto, e in men ch’io il dico, Nel proprio sen lo immerge ; e cade e spira. Alfieri — Antigone — T
finalmente Dione di Siracusa, combattendo contro il tiranno Dionigi, lo mise in completa rotta, sebbene la battaglia si f
si. 2161.Giove — Dio supremo della mitologia greca e romana, la quale lo riguardava come padrone e signore di tutte le cos
ti somiglia. MONTI — La Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Rea e di Saturno, aggiungendo che
itologica lo fa figliuolo di Rea e di Saturno, aggiungendo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza di tutti gli altr
l’univers. DEMOUSTIER — Lettre IV a Émilie sur la Mythologie. Esse lo allevarono facendolo nutrire del latte della capr
furono poi quasi tutti posti nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di
TINO. Il culto di Giove e i misteri, le cerimonie ed i sacrifizii che lo accompagnavano, erano sparsi universalmente come
ttoria ; ma che questo sacrifizio, cruento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tutti i suoi
rghe e quadrate ; seduto su di un trono, circondato di raggi in tutto lo splendore della sua divina maestà, e avente nella
ano delle particolari maniere di raffigurare Giove. Così i Lacedemoni lo raffiguravano con quattre orecchie, volendo dimos
, è ugualmente altissima la cifra dei nomi e dei soprannomi coi quali lo chiamavano i pagani. Di questi soprannomi moltiss
di un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere la origine di lui, lo dissero figliuolo dell’Etere, ovvero del Cielo, l
la origine di lui, lo dissero figliuolo dell’Etere, ovvero del Cielo, lo chiamarono Giove, e ne fecero la prima delle loro
origine rimonta ai tempi primitivi della creazione, e tanto che molti lo hanno confuso con Cam, figliuolo di Noè. Da quest
di Giove, il quale imperava sul cielo, sulla terra e sull’inferno. E lo stesso autore, a proposito d’una statua di Giove,
poteva mai penetrare nè la menzogna uè la calunnia. Secondo riferisce lo scrittore Diodoro, l’idea di questo giudizio dopo
il quale ne era in pari tempo la divinità tutelare. Secondo riferisce lo scrittore Ausonio, il mese di giugno veniva raffi
e non si dà come attributo a nessun’altra divinità. Anche il papero e lo sparviere erano gli uccelli a lei consacrati, ed
ronte avesse introdotto in Italia il culto delle dea Giunone e perciò lo designavano col soprannome di Giunonio. 2176. Giu
ubblici, presso i pagani, ebbe per motivo apparente la religione ; ma lo studio dell’antichità ci prova abbastanza chiaram
’intervallo, che i gagliardi muli I tardi lascian compulenti buoi, Se lo stesso noval fendano a un’ora. Succedè al corso l
dizione col dire che gli dei essendo beati ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume di mestizie e di dolore, c
re V. Castore e Polluce. Riguardo quest’ultima formola di giuramento, lo storico Aulo Gellio dire che questa fu introdotta
o che Enea incalzava da vicino Turno, montò sul carro del fratello, e lo sottrasse alla vista del suo nemico. Ma tutto ciò
presso a morte per anemia ; e che un famoso medico per nome Dracone, lo avesse ritornato alla sanità per mezzo di un suo
eo. Il più famoso personaggio a cui le tradizioni della favola, danno lo stesso nome di Glauco, fu un dio marino che alcun
i precipitò in mare ; ove al della tradizione, la dea Teti e l’Oceano lo misero nel numero delle divinità marine. In ordi
certo, Investigarne la cagione agogno ; Se per voler d’un nume, o per lo succo Dell’erbe il fatto nacque. Or qual virtute.
onò ; e si dette ad amarla con passione ; ma che Bacco per castigarlo lo avesse fatto legare ad un albero con alcuni sarme
ror come a giumente ; Per entro l’acque di Beota fonte Venere ad esse lo spirò nell’ora Che lasciarono andar l’irato dente
la loro città. Suo padre, al dire di Omero, al momento della partenza lo avea caldamente esortato a distinguersi nelle bat
e. Glauco fu ucciso in battaglia poco tempo dopo questo fatto, e Enea lo rivide all’inferno fra i più famosi guerrieri. Fi
adizione che un giorno, mentr’egli era ancora giovanissimo, suo padre lo vide accomodare con un pugno l’aratro, che si cra
nta forza, il vecchio genitore condusse Glauco ai giuochi olimpici, e lo fece iscrivere fra i combattenti la lotta. Però a
di vedere il nodo Gordiano, e persuaso che la predizione dell’oracolo lo riguardasse personalmente, fece molti tentativi p
non avessero da ciò tratto cattivi auspici per le battaglie avvenire, lo tagliò con un colpo di spada, compiendo così la p
i un carro. Allora riconoscendolo per l’uomo cui accennava l’oracolo, lo elessero re, ed egli pose fine a tutte le loro di
erano altro che dei terribili e mostruosi animali che uccidevano con lo sguardo. Il citato autore ripete che nella Lidia,
l’uomo sul quale s’arrestavano quegli sguardi fatali, immediatamente lo rendevano cadavere. La cronaca storico-favolosa,
lo rendevano cadavere. La cronaca storico-favolosa, a cui s’attiene lo stesso Ateneo, asserisce che alcuni soldati dell’
il ministro delle Gorgoni, mentre passava dall’una a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando di restituirlo alle s
ti, e dopo pochi giorni morì. A questa tradizione favolosa si attiene lo stesso Cicerone nella opera sull’antichità intito
embianze di un guerriero, in atto di marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Roma vi era un tempio dedicato a Marte
templi dedicati a Venere, dea della bellezza Cupido, dio dell’amore, lo erano comunemente anche alle Grazie. Così avveniv
a pure di quelli dedicati a Mercurio, volendo con ciò significare che lo stesso dio dell’eloquenza, avea bisogno dell’aiut
le Grazie, come quelle che presiedevano alle arti che ingentiliscono lo spirito. A cui d’arcanto la magion d’Amore Sorge
dava questo nome alla divinità che rappresentava il dio supremo : era lo stesso che il Giove dei greci e dei romani. 2218.
dino, il quale nelle credenze religiose di quei popoli, rappresentava lo stesso che il dio Marte presso i greci. 2220. Hig
liquefecero la cera per modo, che mancato ad un tratto l’appoggio che lo manteneva in equilibrio nel vuoto, egli precipitò
radizionale, i suoi natali su questa montagna, ove Venere, sua madre, lo dette alla luce. …:…. il valoroso Figliuol d’Auc
e della schiatta degli Eolidi, e per conseguenza, parente di Giasone, lo seguì nella Colchide per la famosa spedizione del
i quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello di Altea. Secondo lo scrittore Igino, Ideo fu ucciso da Meleagro suo n
ricevè una ferita, e morì poco dopo a causa di quella. Gli Argonanti lo onorarono di magnifici funerali. 2242. Idomeneo. 
n la forza delle armi che il padre dispietato compisse il suo voto, e lo scacciarono dai suoi stati e lo costrinsero a ric
re dispietato compisse il suo voto, e lo scacciarono dai suoi stati e lo costrinsero a ricoverarsi sulle spiagge della gra
lla vista terribile, volle darsi la morte, ma Stenelo, suo nipote, ne lo impedì promettendogli, per calmare il suo dolore
sposa ad Achille insieme ad altri ricchissimi donativi, onde placarne lo sdegno terribile. Ho di tre figlie nella reggia
sti cominciò dall’ordinare un gran numero di sacrifizii, onde placare lo sdegno della dea. Tolta così questa prima ragione
con la bella Astioca, sua consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo stesso di cui parlammo nell’articolo precedente ;
sse conficcato un largo coltello in un albero consacrato a Giove e ve lo avesse lasciato irruginire, e che dopo qualche te
o sacrificio, fosse dato di comune accordo dall’indovino Calcante con lo stesso Agamennone. Altri scrittori fanno particol
orrere allo indovino Calcante, onde additasse loro il modo di placare lo sdegno degli dei, e l’ira inesorabile di Nettuno.
a più miti sensi. Clitennestra stessa tenta ogni sforzo a raggiungere lo scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe
crificatore. Questi brandisce il ferro e dono avere invocato gli dei, lo configge nel seno verginale della vittima e tutti
tante al suolo Una cerva giacea di grande corpo E d’egregia figura, e lo cui sangue Tutta cosparsa avea l’ara del nume Eu
e ninfe del luogo, innamorate della stupenda bellezza del giovine Ila lo avessero rapito. Ercole intanto che lo aveva cari
penda bellezza del giovine Ila lo avessero rapito. Ercole intanto che lo aveva carissimo, discese sulla spiaggia per ricer
i della guerra, il piccolo Polidoro, prediletto fra i suoi figliuoli, lo mandò presso il genero Polinnestore ; il quale pe
il genero Polinnestore ; il quale però, secondo ripete la tradizione, lo fece uccidere dopo poco tempo e la sorella Iliona
re vi Troja edificatore della famosa cittadella — V. Ilio. La favola lo fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fr
— aveva sconvolta la ragione dell’eroe, che riconoscendo il figliuolo lo incaricò di portare alla madre le sue imprecazion
lle milizie ateniesi, impegnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte di Euristeo n
he s’egli restava vincitore, Atreo, re dei Pelopidi, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se era vinto, gli
giorno il fiume fu detto Imero. Plutarco il geografo, che riferisce lo stesso fatto, aggiunge che appena Imero si fu ann
sola, sulla sponda tutte le volte che gli echi circostanti ripetevano lo squillo di una tromba. Altre opinioni asseriscono
rlo a parte De’ sacri riti, nè spruzzar sovr’esso L’onda lustral : ma lo respingan tutti Da’ proprii lari : ei d’ogni dann
po. Chiaro il disse l’oracolo. Del nume Cosi le parti, e dell’estinto lo prendo : E il reo consacro, o (se più sono) i rei
che avea consumato il furto. Il poeta tacque per allora, ma essendosi lo stesso sogno ripetuto per tre notti di seguito, a
di penetrare negli arcani di quello e di squarciare il fitto velo che lo nasconde ai suoi occhi mortali. I primi popoli ch
 — I pagani ne avevano fatta una divinità, e la rappresentavano sotto lo aspetto di una donna tranquilla e sorridente ; da
mi. Vedi Fiumi Dell’Inferno. Plutone e sua moglie Proserpina, avevano lo impero assoluto del regno delle ombre, e Eaco, Mi
di far morire i suoi figliastri, e per raggiungere con più sicu rezza lo scopo crudele, profittò delle superstiziose crede
o, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo sdegno della sua terribile vendetta. A tale uopo,
é ’l guardo, Lividi sono i denti e rugginosi : Verdeggia il petto per lo fiele : aspersa Di veleno è la lingua : il riso m
iove allora per sottrarre la sua amata al furore della moglie, cangiò lo in una giovenca. ……….. Ma previsto Avea Giove il
vendo un giorno Mercurio sorpreso nel sonno l’incorruttibile custode, lo uccise. Però alla morte di lui, non diminuirono i
marito, ridonò ad Io la primitiva sua forma umana. Dopo qualche tempo lo dette alla luce un bambino, che fu chiamato Epafo
traversando il monte Emo calò nella Tracia. Giunta al golfo che porta lo stesso nome, lo passò come il mare e da questo pr
onte Emo calò nella Tracia. Giunta al golfo che porta lo stesso nome, lo passò come il mare e da questo prese il nome di B
Nilo. Eschilo, nella sua tragedia intitolata Prometeo legato, fa che lo giunga nella Scizia sulla rupe, ove egli era inca
o alla favolosa metamorfosi di Io in giovenca. Pausania riferisce che lo non fosse figliuola del fiume Inaco, come vuole l
del sole, e il movimento di rotazione degli altri corpi che occupano lo spazio ; marcò distintamente il periodo ed il rit
ll’ antichità, ci hanno tramandate su questo celebre uomo, inperocchè lo stesso Diodoro aggiunge, che Iperione avesse tolt
ne avesse tolta in moglie la stessa sua sorella chiamata Basilea, che lo rese padre di due figliuoli, un maschio ed una fe
nome Linceo, gli porse il mezzo di sottrarsi alla grave sciagura che lo minacciava. Danao intanto, sdegnato contro Iperne
a marina, la quale percosse Epito così violentemente negli occhi, che lo sciagurato fu cieco per tutta la vita. Ippio era
poneva, che la mano d’Ippodamia sarebbe conceduta a quel principe che lo avesse vinto nella corsa del carro ; sottoponendo
ito non l’avesse accusata al proprio consorte, pensò di prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella qua
ra avea lanciata contro d’Ippolito, maledisse il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale ave
e redini, nè più riconoscendo la voce, e la mano del proprio padrone, lo trascinarono nella loro corsa precipitosa per mod
tese al suo passaggio vociferare ripetute volte l’infame calunnia che lo colpiva, onde turbato profondamente nell’animo in
ornato presso di lei. Ipsipile fiduciosa nelle parole del suo amante, lo lasciò partire ; ma Giasone appena giunto nella C
presto le lagrime della sventurata sedotta ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli di cui lo avea re
a ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli di cui lo avea reso padre. Intanto però il destino non cess
to. — Al dire del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di una
ome la messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettr
ro Marte ; ma vi sono anche altro opinioni che dicono Irminsul essere lo stesso che il Mercurio Ermete dei greci. I sacerd
a età, assestò un tale colpo ad Iro, che gli fracassò una mascella, e lo stese al suolo coperto di sangue. 2330. Irpie. — 
tanze del monte Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva v
, la quale voleva che allorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece di ricevere una dote, come è
dal padre della sua futura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione lo traccheggiò sempre con belle parole e con larghe
ti, e fece le viste di volersi riaccomodare col suo futuro suocero, e lo invitò ad un banchetto. Deioneo di nulla sospetta
e divise il letto di lui. Sdegnato allora il principe contro Issione, lo scacciò ignominiosamente dai suoi stati. La tradi
he il padre degli dei, mosso a pietà d’Issione, abbandonato da tutti, lo avesse accolto nell’ Olimpo, concedendogli perfin
one, il quale disfogò sulla supposta dea l’ardenza della passione che lo inebbriava ; e poscia non ebbe ritegno di vantars
itò Issione nel fondo del Tartaro, dove Mercurio per suo ordine, legò lo sciagurato millantatore ad una ruota circondata d
le vestali, le quali conservavano l’ Itifallo fra gli oggetti sacri e lo avevano in grande venerazione. Itifallo era anche
morì sbranato da una leonessa. — V. Jadi. — Vi sono varii autori che lo chiamano anche Jade. 2359. Jacco. — Uno dei sopra
ando suo zio Ercole sposò Megara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo era suo costume. Dopo qualche
posare Megara a Jolao, il quale per la grande affezione che aveva per lo zio, accondiscese anche in ciò a fare il voler su
d’amore, abbandonò il proprio figliuolo in quella stessa grotta, ove lo aveva partorito ; ma per quel santo istinto della
Mercurio, recatosi alla grotta ove Creusa aveva lasciato il bambino, lo portò nel tempio di Diana. Quivi la sacerdotessa
pollo, concepì una passione quasi materna per l’abbandonato bambino e lo allevò con solerte e vigile affetto. Così Jone cr
i genitori, i quali restarono similmente ignoti alla sacerdotessa che lo aveva allevato. Fatto adulto, Jone si acquistò l’
e la loro fiducia ; per modo che, ad onta della sua età giovanissima, lo fecero depositario dei ricchissimi tesori del tem
soglia, s’incontrò nel giovanetto depositario dei tesori di quello, e lo chiamò col dolcissimo nome di figlio. Riflettendo
giovanetto era in esatta corrispondenza con la data del suo viaggio, lo riconobbe per figliuolo, e gl’ impose il nome di
la vista, Creusa levò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo suo figli
occhio della divinità sono palesi tutte le macchie dell’ anima, come lo specchio riflette e palesa tutti i pregi e i dife
da contro il piccolo Krisna il terribile serpente Kalinaga, ma Krisna lo uccide. Finalmente sottraendosi ancora per varii
giunge all’età della giovanezza, combatte mostri e giganti, e uccide lo stesso Kansa. L 2397. Labda. — Una delle fi
a Labda, vollero uccidere il fanciullo, onde sua madre per salvarlo, lo nascose in una misura di biada che i greci chiama
Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo, al dire di Plinio lo storico, non fosse che la centesima parte di quel
, sotto questo soprannome, e che era famoso per i ricchi donativi che lo adornavano. Questo tempio, dedicato a Giunone Lac
masnadiere, che per lung o tempo, desolò il paese di Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in memoria di questo fatt
esio e marito di una figliuola di Autolico, chiamata Anticha, che poi lo rese padre del famoso Ulisse. Al dire dello stori
ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanciarono su di lui, e lo strinsero nei loro innumeri attortigliamenti e in
ndosi su di esso di tutta la testa e della parte superiore del corpo, lo strinsero per modo che quasi lo soffocarono. Fina
ta e della parte superiore del corpo, lo strinsero per modo che quasi lo soffocarono. Finalmente coperto di bava velenosa,
dei che le avessero conceduto per sole tre ore di poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse tanto amaramente nel chi
sangue innocente di lei ricadde goccia a goccia sull’iniqua terra che lo aveva versato, e la guerra, la pestilenza, la ste
cadi. Laodice fu a parte di ogni buona e cattiva fortuna del padre, e lo seguì da per ogni dove, finchè caduta Troja, andò
edonte. — Figlio di Ilo e padre del famoso Priamo. Regnò in Troia per lo spazio di ventinove anni. Nei fasti dell’antichit
ole sdegnato saccheggiò la città, devastò tutta la contrada, e uccise lo stesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che g
e di Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia di suo nipote Ercole e lo ritenne presso di sè, per qualche tempo, nella ci
prole Sgravossi, della suocera a dispetto. Fama è però che per fuggir lo sdegno Di Giuno, la puerpera da Delo Pur si parti
ore, Latona per sottrarre Apollo alle crudeli persecuzioni di Tifone, lo nascose nell’isola di Chemnide, che sorgeva in me
otto il nome di Latona, riporteremo un avvenimento di cui fa menzione lo scrittore Ateneo, nelle sue cronache. Narra il ci
quali, al dire di Orazio, la invocavano onde essa coprisse di tenebre lo loro mariuolerie. …. poi l’aiuto implora A mezze
dolo il re trovato colà dove avea deciso di fabbricare la sua reggia, lo avesse consacrato ad Apollo Febo. Da ciò si vuole
costo in quella parte d’Italia, dove regnava Giano, allorquando Giove lo scacciò dal cielo. 2461. Leandro. — Amante di Ero
ne fece un dono a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla sua concubina. Con l’ andare del temp
tempo il re Minosse l’offrì in dono a Procri, il quale poi finalmente lo donò a Cefalo, per la famosa caccia della volpe d
ondo la tradizione mitologica cadde Vulcano, allorchè Giove suo padre lo precipitò dal cielo con un calcio. La cronaca fav
cipitò dal cielo con un calcio. La cronaca favolosa narra che i Lemni lo avessero ritenuto in aria, impedendogli così di f
occasioni, onde vendicarsi di Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale passato qualche
tesso non riusel a misurare la profondità di quelle acque. Finalmente lo stesso Pausania aggiunge che le onde del lago di
eri dette Lernee, nei quali si compivano tali mostruose oscenità, che lo stesso storico Pausania dice, non poterle divulga
nar sulla terra ad animare altri corpi ; ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni nel vuoto prima di esser ohi
, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo era quello di placare lo sdegno terribile degli dei. Consisteva il Lettist
ibillini. I due nomini preposti alla cura de’ sacrifizii attesero per lo spazio di otto giorni a placare col lettisternio,
ce, per modo che si dovè ricorrere ad altra divozione per raggiungere lo scopo desiderato ; e questa fu la istituzione dei
rra il neonato, e bisognava che il padre, o in sua assenza taluno che lo rappresentasse, lo avesse immediatamente preso fr
isognava che il padre, o in sua assenza taluno che lo rappresentasse, lo avesse immediatamente preso fra le sue braccia, l
pose che avrebbe dovuto recarsi nell’isola di Leuce, ove Aiace stesso lo avrebbe risanato del tutto. Infatti qualche tempo
di lei. Così almeno ripete la tradizione mitologica a cui si attiene lo stesso Pausania. 2486. Leucippidi. — Nome collett
crittori dell’antichità, abbiamo riportato l’avvenimento tal quale ce lo ripetono le cronache. 2488. Leucofrina. — Uno dei
sperse di nettare il bellissimo corpo della sua amata, e la terra che lo ricopriva ; dalla quale surse come per incanto, q
etta nativa di Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto di Liba, lo afferrarono e legatolo ad un albero, lo lapidaron
tanti del turpe atto di Liba, lo afferrarono e legatolo ad un albero, lo lapidarono. Ma ben presto ebbero a pentirsi d’ave
chità danno assai di sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani lo invocavano con questa appellazione, quando correv
i Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed amico di Ercole, che lo ebbe carissimo, e che non ostante lo fece morire,
compagno ed amico di Ercole, che lo ebbe carissimo, e che non ostante lo fece morire, infrangendone il corpo delicato cont
inari non osavano accostarsi, credendo, nella loro superstizione, che lo sfortunato Lica avesse conservato, anche dopo la
o, con più forte Impulso che di macchina guerriera, Al flutto Euboico lo arrandella in mezzo. Indurossi colui mentre solca
enno ; poscia fu riscattato con molti e preziosi doni da Eezione, che lo mandò nella città di Arisbo. A Licaone riuscì, do
di far ritorno a Troja, alla casa paterna ; ma il suo cattivo destino lo pose nuovamente in potere di Achille, appena undi
di V. Monti. ucciso da Ettore, duce supremo delle squadre trojane, lo raggiunse di nuovo, e fu inesorabile contro il mi
o il misero Licaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise di sua mano, immergendogli il brando fra l
brando fra la giuntura del collo ; e poi trascinandolo per un piede, lo scagliò nel mare. Strinse Achille la spada, e al
ul terreno Steso in lago di sangue. Allor d’un piede Presolo Achille, lo gittò nell’ onda. Omero — Iliade — Libro XXI. Tr
ca che Licaone sì rese celebre per la efferata sua barbarie, la quale lo spinse a far trucidare tutti gli stranieri che tr
a misera Antiope. Lico era anche il nome di un compagno di Ercole che lo seguì quando l’eroe combattè contro le Amazzoni,
te, calmato il primo timore si lasciò guidare dall’ animale, il quale lo trascinò nella foresta ove i ladri avean sepolto
olento il mal capitato eroe dall’ alto di una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del quale Teti mandò il figliuolo
e, e Licori corrispose per qualche tempo all’ affetto di lui ; ma poi lo abbandonò per darsi nelle braccia di Marc’ Antoni
. Licoro. — Figlio di Apollo e della ninfa Coricia. La cronaca antica lo ritiene come l’ edificatore della città di Licori
ve fu accolto da Teti. Però sdegnato Giove contro l’ empio sacrilego, lo colpì di cecità, e dopo qualche tempo lo fece mor
e contro l’ empio sacrilego, lo colpì di cecità, e dopo qualche tempo lo fece morire. ……. che lunghi giorni Nè pur non vi
se Con pungolo crudel gittaro i tirsi Tutte insieme, e fuggir : fuggì lo stesso Bacco, e nel mar s’ ascose, ove del fero M
lorquando Licurgo si presentò alla Pitia, che dava i responsi, questa lo chiamasse il diletto degli dei, e gli facesse ono
crupolosamente osservate le leggi di Licurgo. Raggiunto per tal modo, lo scopo desiderato, Licurgo fece sparger voce che,
e. 2533. Limira. — Fontana nella Licia, alla quale, secondo asserisce lo storico Plinio, si dava la strana prerogativa di
neo. — Detto più comunemente Linneo : soprannome del dio Bacco quando lo si riguardava come protettore dei laghi. Per altr
pernestra, la quale, ben diversamente dalle sue quarantanove sorelle, lo salvò dalla uccisione che Danao avea ordinato all
pi di pugnale ; ed avrebbe compiuto l’ infame attentato se la dea non lo avesse cangiato in quell’ animale, noto sotto il
invidia ; e sè medesmo Bramando largitor d’ un tanto dono. Ospite suo lo volle ; e lui col ferro Assalì, mentre grave era
pi, osò vantarsi di suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato, lo tolse di vita. Le tradizioni mitologiche ripetono
un giorno sgridato Ercole, perchè sbagliava di tuono, questi sdegnato lo percosse così violentemente coll’arco dello istru
sta Diogene Laerzio, fa di questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo mostra come autore di tre trattati ritenuti come
so gli Eliani. 2564. Luciniana. — Questo soprannome che sembra essere lo stesso che Lucina, veniva similmente dato dai pag
i ritenevano questo mese posto sotto la protezione di Giove, e perciò lo avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese
mata ; e vedendo le fasi sempre eguali, ed il suo corso costantemente lo stesso nell’ampia volta del firmamento, si convin
Luna, e di potere coi loro incantesimi farla discendere dal cielo ; e lo stesso storico Luciano ripete nelle sue opere, ch
si faranno a studiare questo popolo nella religione, la legislazione, lo stato, il commercio, le scienze e le arti. 4.
e con in mano un cornucopia ed una falce. 13. Gnostici, professanti lo Gnosticismo. — Questa parola che significa scienz
ivi la madre spaventata e fuori di sè ». E più appresso, concludendo, lo stesso autore narra : « Scorgevasi appunto Tiresi
oli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi da più musulmani, i quali lo tengono in cosi grande venerazione che consideran
dirette, tratte tanto da quella. che da questi ; ma non consentendoci lo spazio una lunga ed esatta esposizione di essi, r
. Vulcano. — Era nato deforme e perciò suo padre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull’isola di Len
6 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
Eroi più celebri vengono indicati, e degli altri ancora con Note per lo più si fa parola ; nella terza finalmente trattas
ve ne sono, il di cui principalissimo oggetto è quello di costituire lo spirito virtuoso ; la Mitologia al certo, facendo
aniera d’insegnare e studiare le Belle--Lettare ; ed è questo appunto lo scopo spezialissimo, a cui tende quest Opera. Ved
alcuni, i quali co’ frequenti equivoci della Fenicia lingua cercarono lo scioglimento d’ogni Favoloso racconto ; altri si
strane, che manifeste. Il volerne rintracciare la spiegazione sarebbe lo steaso, che voler costituirsi interprete de’ sogn
ia stato l’autore. Certo è, che l’Idolatria è quasi così antica, come lo è il mondo ; ed è parimenti fuori di ogni dubbio,
taro(6), ne facesse pagare il fio al loro snaturato genitore. Saturno lo fece perire. L’impeto del mondo passò allora appr
mondo passò allora appresso di lui, di Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne il solo Saturno a patto, che non lasciass
itea riguardo al suo Destino(8) aveva udito, che uno de’ proprj figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). Tra’ figliuoli di
ergli insidie. Non vi riuscì, perchè il figlio, essendosene avveduto, lo rinchiuse nel Tartaro. Saturno seppe fuggirsene(1
ò la maniera di vivere, e di coltivare le campagne. Giano in ricambio lo associò al suo regno : e per indicare ciò, volle
estramente fece credere al marito di aver partorito un bambino. Ligdo lo chiamò Ifide ; e scorsi tredici anni, gli destinò
l suono di timpani e altri musicali stromenti orribilmente urlavano : lo che avveniva al tempo delle loro Feste. Eglino ve
i Ati(a). Era stato questi un bellissimo pastore della Frigia. Cibele lo avea poi stabilito preside a’ suoi sacrifizj, a p
; dalla quale ebbe Lido, che diede il nome alla Lidia, e Tirreno, che lo diede a’ Tirreni(b) (15). La Dea ne prese vendett
istette. Ati voleva allora per disperazione darsi la morte, ma Cibele lo convertì in Pino(16), albero che fu poscia a lei
i fece a motteggiarla di soverchia ingordigia. Se ne offese la Dea, e lo cangiò in lucertola(f). Altri dicono, che Metanir
di lui figliuolo, Trittolemo(5) ; e volendo renderlo immortale, il dì lo nutriva del suo latte, e lo nascondeva la notte s
(5) ; e volendo renderlo immortale, il dì lo nutriva del suo latte, e lo nascondeva la notte sotto il fuoco. Ne venne inte
alati(7), onde potesse indicare a tutti gli uomini la maniera di fare lo stesso(c). Trittolemo, scorse le Provincie dell’
ermò nella Scizia, dominata dal barbaro Linco. Costui, appenachè vide lo straniero, e ne intese il nome e il motivo della
ch’egli fosse autore di sì bel dono ; ma tuttavia, fingendo amicizia, lo accolse appresso di se, per trucidarlo poi, qualo
essere stata accolta da Fitale, uno de’ primi abitanti dell’ Attica, lo regalò della pianta, detta fico, la quale era sta
o restò per lungo tempo attonita la dolente madre, ma rasserenato poi lo spirito, volò di nuovo all’ Olimpo, e ricorse a’
llavano Misti, ed Efori ; ovvero Epopti, ossia ispettori, quelli, che lo erano alle maggiori (b). I primi stavano solament
. Così avvenne : la Fame volò di notte a spargere il suo veleno sopra lo scellerato, mentre dormiva. Appenachè egli si des
arlo alla morte, che Saturno, come abbiamo esposto, gli avrebbe dato, lo spedì secretamente nell’ Isola di Creta, in un an
e convertita in una stella dello stesso nome (c). Altri vogliono, che lo abbia nut ito un’ aquila col nettare (d) (2). Alt
i avea sterminato i Titanl, avea prodotto gli anzidetti Giganti, onde lo scacciassero dal Cielo. Coloro, perriuscirvi più
udicando che il bue non avesse più a sopravvivere, di comune consenso lo sacrificavano (f). Altri dicono, che il predotto
i da un bue una focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdegnato lo uccise. Ciò era delitto per l’utilità de’ buoi. I
eo fu chiamato, perchè era creduto il suscitatore del tuono. I Latini lo chiamavano per questa ragione Tonante. Sotto ques
imo tra li Tessaglia e la Macedonia ; e però tenuto dagli Antichi per lo stesso Cielo(b). Giove sulla più alla pendice di
, che interpretati da di lui Ministri, servivano di risposta a chi ne lo consultava. Così Alessandro il Grande ottenne di
tuo (c). Giove Ammone quanto era venerato nella Libia, alttettanto ne lo era in Afite, città della Tracia, ove avea un mae
stocrato, assediava l’anzidetta città ; Giove gli apparve in sogno, e lo consigliò a desisterne. Così avvenne ; e ciò fu m
atino elicere, far venire, fu denominato Elicio, perchè Numa Pompilio lo fece discendere dal Cielo per apprenderne il modo
il nome d’Itomete, perchè si pretendeva, che le Ninfe, Itome e Neda, lo avessero nascosto nella fonte Clepsidra, la quale
trito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo scudo cotta di lei polle, e lo chiamò Egide. Da ciò anch’egli fu soprannominato
omiziano impose a Giove il nome di Conservatore, perchè credette, che lo avesse salvato nella sedizione dell’Imperatore Vi
enta erano sute gettate da Tarquinio Prisco(20). Tarquinio il Superbo lo ulcimò, e il Console Orazio Pulvillo ne fece la d
cato, davano un lauto banchetio al Senato. Alcuni poi pretendono, che lo dessero nello stesso tempio di Giove (b). In ques
b) (25). Que’ di Megara eressero un tempio senza tetto a questo Dio : lo che diede motivo di chiamarlo Conio, ossia Polver
tale presiedeva alla religione de’ contratti. Dionisio d’Alicarnasso lo confonde col Dio Fidio(27). Si chiamò Ospitale (c
farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì qu
ò un’ altra volta il fuoco sulla terra (d) (31). Altri dicono, che ne lo abbia preso per animare gli uomini, che aveva for
gere l’uomo, e renderlo infelice. Prometeo sprezzò il dono, e Pandora lo recò in vece ad Epimeteo, di lui fratello. Questi
gliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò in una pianta, la quale suole crescere lun
ici. Sotto questo aspetto Romolo gli consecrò un tempio, e Ovidio (a) lo denominò Vejove, ossia piccolo Giove (b). Varie r
ebbe a vedere un’ Aquila, che gliene presagì la futura vittoria (c) : lo che fece sì che l’effigie di un’ Aquila per voler
o venerato sotto il nome di Giove Conservatore. Ciò talmente promosse lo sdegno del Sommo Giove, che questi voleva con un
leva con un fulmine precipitarlo nel Tartaro ; ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume lo cangiasse invece in Aquila, gli af
mine precipitarlo nel Tartaro ; ma Apollo ottenne, che lo stesso Nume lo cangiasse invece in Aquila, gli affidasse la cust
ei. I Titani, e tra questi spezialmente Briareo, eccitato da Saturno, lo uccise, ed era anche per abbruciarne le interiora
sso allora, dopo d’avere conferita al predetto uccello l’immortalità, lo trasferì in Cielo, affinchè divenisse una Costell
anzi a Giunone. Piacque all’incauta Semele il maligno suggerimento, e lo eseguì. Giove, che prevedeva quanto era per riusc
, si armò del suo fulmine, e fece ritorno a Semele. Non appena costei lo vide, che ne rimase incenerita(2). Era allora gra
abbia avuto due madri, ma perchè Giove, rimasta incenerita Semele, se lo ripose, come abbiamo testè accennato, in una cosc
o Nisiadi (e), le quali, per sottrarlo alle persecuzioni di Giunone, lo nascosero ne’ loro antri, e lo alimentarono del p
ottrarlo alle persecuzioni di Giunone, lo nascosero ne’ loro antri, e lo alimentarono del proprio latte. Oppiano nomina co
, che Bacco fu educato dalle Ore (g). Luciano soggiunge, che Mercurio lo pottò alle Ninfe di Nisa(h). Altri sono di parere
he Mercurio lo pottò alle Ninfe di Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano allevato sette figlie di Atlante, re dell
le Indie. Intraprese questo viaggio per sottrarsi all’ odio, con cui lo perseguitava Giunone. Egli radunò moltitudine d’u
lla grande impresa. Opponevasi a’ suoi disegni il fiume Idaspe, ed ei lo disectò. Conquistate le Indie, vi fabbricò la cit
l primo, che insegnò agli uomini a spremere l’ uva per fare il vino : lo che significa il verbo brisare (b). Erafiote, dal
ono, che sia stato denominato Bromio dalla Ninfa, Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di
cono, che la voce Evio significa coraggio, o figlio, e che così Giove lo chiamò, quan de lo eccitava a sostenere il combat
vio significa coraggio, o figlio, e che così Giove lo chiamò, quan de lo eccitava a sostenere il combattimento, che da’ Gi
mali furono così dette dal nome Brumo, che secondo il Cantelio(f) era lo stesso che Bromio, e con cui gli antichi Romani s
contrasto con un particolare com-battimento. Timete, re d’ Atene, che lo risiutò, fu deposto, e venne eletto Melanto Messe
venne eletto Melanto Messenio, siglio di Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto di venire alle mani, M
iunse in Atene, mentre si celebravano le solennità di Bacco. Pendione lo invitò a banchettare seco lui ; ma temendo che gl
ano, corrando da tutte le parti in cerca di Bacco ; e non trovandolo, lo credevano ritirato appresso le Muse(e). Si poneva
onese. Le figlie di Minia, che uecisero Ippaso, figlio di Leucippe, e lo recarono sulla mensa furono con tutta la loro fam
, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno di vino. Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopra, studia
onsultò l’Oracolo di Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare lo sdegno di Bacco col sacrificargli per mano di Cor
o caro Icario, o Icaro(c), figlio di Ebalo, re degli Spartani. Questi lo accolse nella sua casa, e il Nume gl’insegnò l’ar
ole, Penelope ed Erigone, e una cagna, chiamata Mera, la quale sempre lo seguiva. Questa abbajando corse appresso Erigone,
Il castigo, che n’ebbe Licurgo, fu, che Giove alle preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire di tristezza(c).
e Licurgo, fu, che Giove alle preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire di tristezza(c). V’è chi dice, che Li
arebbono stati privati del vino, Anchè fosse rimasto in vita Licurgo, lo fecero fare a brani da’cavalli(a). Cianippo avea
ni da’cavalli(a). Cianippo avea disprezzato le Orgie di Bacco. Questi lo fece cadere in sì forte ubbriachezza, per cui egl
suoi concittadini, trasse ella stessa il padre pe’oapelli all’altare, lo scannò, e poi anch’ella s’uccise(b). Driope stava
la nave, cui Omero dà il nome di Medede(a), e Ovidio quello di Acete, lo riconobbe per un Nume, e si fece a pregarlo di ri
egarlo di ristorarli da’loro travagli marittimi, e di perdonare a chi lo avea ivi trasportato. Dittide ne interruppe le pr
orire. Stavasi per trucidarlo, quando da se si aprirono le porte, che lo racchiudevano, e si sciolsero le catene, che lo t
prirono le porte, che lo racchiudevano, e si sciolsero le catene, che lo tenevano avvinto(a). Euripide vuole, che anche Ba
opra un albero di un piccolo bosco(18). Agave tuttavia, di lui madre, lo osservò, e fu la prima ad avventarsegli furibonda
canti, udita la voce d’Agave, corsero anch’elleno addosso a Penteo, e lo fecero a brani(c). Avea intimato il sacro Ministr
cuculo si rifugiò appresso Ia Dea. Questa, veggendolo tutto tremante, lo cuoprì colla sua veste. Il Nume riprese allora le
ppo in buona armonia con Giove, e unita a Pallade e a Nettuno perfino lo caricò di catene. Il Gigante Briareo però sciolse
a conversando con una mortale(3). Giunone, sollecita sempre di Giove, lo andò cercando, nè potendolo trovare in alcun luog
e, e chiese, di qual armento e pastoro egli fosse. Giove rispose, che lo avea partorito la terra. Finse, la Dea di crederl
e conflitto con se medesimo, ma finalmente cedette l’animale. Giunone lo diede in custodia ad Argo, figlio di Arestore, de
li guârdasse, l’ animale eragli sempre presente. Nelle ore del giorno lo guidavi alle pasture, e nella notte lo teneva leg
presente. Nelle ore del giorno lo guidavi alle pasture, e nella notte lo teneva legato e rinchiuso. Venne finalmente il te
orse, e perseguitò le due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ il corpo di mele, e n
l marito, e si fece ad allontanare le mosche e gli altri insetti, che lo divoravano. Un’azione sì lodevole fu risguardata
inata Vico Giugario (c). Finalmente si disse Cinsia, perchè assisteva lo sposo a sciorte il cingolo alla sposa(d) (18). Mo
. Citerone, re di Platea nella Beozia, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua di legno, che l
aggia del mare, credettero, che volesse fuggirsene ; e per timore che lo facesse, la legarono con rami d’albero, finchè Ad
sta Dea, se ne volle trasportare altrove la statua ; ma che essendosi lo stesso bosco all’ improvviso coperto di foglie, l
sero per la città cantando un cantico composto de Livio Poeta. Mentro lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un
da cinque fiumi, e da un Iago : i fiumi si chiamano l’ Acheronte(12), lo Stige(13), il Cocito(14), il Lete(15) e ’l Fleget
i Romani gli sacrificavano nel mese di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Quietale, perchè nel di lui regno,
i Febe. Giunone sdegnata, perchè Giove amava la madre di questo Nume, lo scacciò dal Cielo, e fece giurare alla Terra, che
’uso dell’arco, e contro il mostro anzidetto scoccò tanti strali, che lo uccise, per vendicare la madre, che n’era stata s
prolungare al marito la vita, sacrificasse genetosamente la sua (g) : lo che le meritò da Omero il soprannome di Divina (h
ed essendo questo ricaduto con impeto sul capo di Giacinto, talmente lo colpì, che lo mise a morte. Apollo ne pianse l’am
esto ricaduto con impeto sul capo di Giacinto, talmente lo colpì, che lo mise a morte. Apollo ne pianse l’amara perdita, e
te lo colpì, che lo mise a morte. Apollo ne pianse l’amara perdita, e lo cangiò in fiore, che porta espresse le due letter
A. I., le quali indicano il sospiro, mandato da Giacinto nell’ésalare lo spirito (a). Dopo tal fatto Apollo si trasferì ne
e gli abitanti de’luoghi vicini, accorsi al prodigio, esperimentarono lo stesso effetto, ch’eglino cominciarono a parlare
cque del Castalio fonte, e masticava foglie d’alloro, raccolte presso lo stesso. Condotta poscia da’Sacerdoti scendeva sul
’Epiro, detto Ninfeo, perchè era conse, crato alle Ninfe. Quegli, che lo consultava, prendeva dell’incenso, e dopo d’aver
endeva dell’incenso, e dopo d’aver fatto le solite preghiere, gettava lo stesso incenso sul fuoco. Se era si per ottenere
le quali la principale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e di giovani, i quali
redette debitore ad Apollo, rinovò queste Feste : e mentro queste per lo innanzi si colebravano ogni tre anni solamente in
ancanza di questi fu poi introdotto il costume d’immolargli de’buoi : lo che da prima riputavasi nefando delitto(a). Le Ga
Ittino avea fabbricato ad Apollo un tempio sul monte Cotilio, perchè lo stesso Dio avea liberato quel luogo dalla peste(c
de’topi a desolare tutti i di lui giardini. Orde, pastore di quello, lo avvisò della commessa negligenza. Si ravvide il S
ppresso Colofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo era il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella f
sotterra. Un lupo prese pellembo della veste un sacerdote d’ Apollo ; lo condusse al luogo, ove stava riposto il furto ; e
uogo, ove stava riposto il furto ; e collo zampe smosse la terra, che lo tenea coperto(f). Il nome di Spondio, che deriva
). Ebbe il nome di Teosenio, ossia Dio dell’ ospitalità ; e come tale lo veneravano que’ di Pellene, città d’ Acaja. Eglin
era un vaso intagliato(e), ovvero una veste, detta clena, come vuole lo Scoliaste di Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un
tta venerazione, fabbricarono nelto stesso luogo un tempio al Nume, e lo denominarono Epidelio, ossia venuto da Delo (a).
ludere alla luce, the sparge per tutto il mondo, in quanto che egli è lo stesso che il Sole(b). Sotto questo aspetto ebbe
orare il Nume. Polemata, capo de’Beozj, vide in sogno un giovane, che lo regalava d’una intera armata, e comandavagli di c
Arge o Argea, perchè essa, correndo dietro ad un cervo, protestò che lo avrebbe raggiunto, quand’ anche il corso di lui f
inome, si appressò a Leucotoe ; che con alquante serve stava torcendo lo stame. Fece, che quelle si allontanassero, si man
i di Nisa(b), vi riuscì superiore. Egli appese Marsia ad un albero, o lo scorticò(c) (43). Niobe avea sposato Ansione Teba
itato da Apollodoro, dieci dell’uno e dell’altro sesso(f) ; e secondo lo stesso Apollodoro sette figli e sette figlie(g).
che Giove irritato da tale violenza, colpì il Gigante col fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(f). Comunemente però con Ap
ad insultarla, che colei implorò il soccorso d’ Apollo, e che questi lo uecise(g). Tizio nell’ Inferno è tormentato secon
l monte Tmolo. Suonò Pane il rusticale stromento, e il Nume pure fece lo stesso. Il giudizio stette in favore d’Apollo. Pi
i loro fanciulli, e li divorava. Il valoroso Corebo, Eroe d’Argolide, lo uccise. Non per questo cessò la collera del Nume,
e, che il giovine, avendo per giuoco scoccato uno strale, mortalmente lo ferì. Nel vederlo ridotto al fine della sua vita
e degli augurj, e il modo di conoscere l’attività delle piante, e che lo regalò di celeri frecce, e di un’armoniosissima c
ella diede il nome di Anio. Lo depose poscia sull’altare d’Apollo, e lo pregò di prenderne cura. Così fece il Nume(a). Ap
lo, ma avendo osservato un albero, carico di fichi, si fermò appresso lo stesso, finchè quelli si ridussero a maturità. Do
a fonte. Il Nume, per punirlo d’aver aggiunto al delitto la menzogna, lo condannò a sofferire la sete durante il tempo, in
di ciascheduna. Diana spruzzò di quell’acqua sul volto ad Atteone, e lo cangiò in cervo. Così trasformato s’incontrò ne’
giuramento. Lasciò poscia cadere il pomo a’ piedi della giovine, che lo raccolse, lesse i versi, e senz’avvedersene s’imp
loro una malattia, per cui poco tempo dopo moritono. Nè quì ebbe fine lo sdegno di Diana. Ella prese ad opprimere eziandio
sino alla spiaggia del mare. L’animale si gettò a nuoto, ed egli fece lo stesso, cosicchè si trovò senza accorgersi in alt
tro Idioma significa Luna. Tostochè un bambino era nato, la levatrice lo poneva sul terreno, e il padre poi, o altra perso
poneva sul terreno, e il padre poi, o altra persona in vece di lui ne lo alzava e abbracciava. Era sì necessario eseguire
divano conviti, e i poveri correvano a divorarli, e poi dicevano, che lo avea fatto Libitina (b). Anche i Stratonicesi al
perio del mondo. V’ andò egli. Il re Servio, avvertito del vaticinio, lo manifestò al Pontefice. Questi, per deludere il S
iente era minore nella magnificenza del primo (c). Gli Sciti di nuovo lo distrussero (d). Il tempio eretto a Diana nella C
a i quali fumava un perpetuo incenso. La venerazione, che si avea per lo stesso tempio, estendevasi anche a’sacerdoti del
iaceva la statua, e la trovò animata. Ciò fece sì, che mentr’egli per lo innanzi erasi dichlarato odiatore di donne, e nem
nte Aventino(a) (5). Plinio fa menzione del nome di Cloacina(b). Egli lo deriva dal verbo latino cluere, purificare, perch
ano ne’tesori, che vi si custodivano. Amilcare Cartaginese finalmente lo saccheggiò, e ne distribuì le ricchezze fra’suoi
Quelle Ninfe, al dire di questi ultimi Scrittori, ebbero cura di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono delle lagr
ti ultimi Scrittori, ebbero cura di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono delle lagrime, che sua madre andava spa
ese ad amarlo. E siccome erasi egli dedicato alla caccia, così la Dea lo ammoniva a non cimentarsi mai contro le feroci be
ro quella fiera, ma essa strappandosi col dente dalla pelle il ferro, lo svelse intriso di sangue, inseguì il cacciatore,
a pelle il ferro, lo svelse intriso di sangue, inseguì il cacciatore, lo afferrò, e lo stese sull’arena. Venere, sebbene l
ro, lo svelse intriso di sangue, inseguì il cacciatore, lo afferrò, e lo stese sull’arena. Venere, sebbene lontana, ricono
ecita, e alla vista d’Adone, già spirato, estremamente si afflisse, e lo convertì nel fiore, detto da alcuni rosa (a), e d
le rimise al giudizio della Ninfa Calliope ; e che questa decise, che lo avessero a possedere ciascheduna per la metà dell
guardò. Così se ne afflisse il Pastore, che morì di tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavia egli non cessava di
ino e odori, e la cingeva di fiori, e la baciava. Anasarete per altro lo sprezzava e derideva. Egli, stanco di tolerare pi
ie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio di Bacco, e poi lo fece passar
ei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamente nell’isola di Chio appr
quelle spine, per la quale puntura la rosa divenne rossa, mentre per lo innanzi era stata sempre bianca. Il mirto pure er
ata sempre bianca. Il mirto pure era grato a Venere, perchè nasce per lo più lungo le sponde del mare, dond’era nata la De
uolo di Saturno e di Cibele. Il di lui padre, dopo d’averlo mangiato, lo restituì poi, come abbiamo detto, alla luce, medi
zione più seguita, e citata da Pausania(a), la di lui madre, tostochè lo partorl, lo nascose tra’pastori dell’Arcadia, e f
guita, e citata da Pausania(a), la di lui madre, tostochè lo partorl, lo nascose tra’pastori dell’Arcadia, e fece credere
il mare da quattro giorni videsi coperto di fiamme, che estremamente lo agitavano, quando finalmente dal mezzo di quelle
avevano giudicato, che il paese d’Argo appartenesse a Giunone, mentre lo pretendeva egli, inondò la maggior parte del loro
lla Corsa, del Pugilato, della Musica, e della Poesia, v’introdussero lo spettacolo della caccia, in cui comparivano i più
o sopra un carro, strascinato da cavalli alati. Quell’Isola, continua lo stesso Scrittore, fu popolata da dieci figliuoli,
iori tempi in venerazione il tempio, là dedicato a quel Dio ; e tanto lo restò, che da Strabone e Pausania si sa aver serv
che questa, tostochè ne comparve gravida, fu da Giove ingojata ; che lo stesso Nume, poco tempo dopo sorpreso da gagliard
ia acquistato l’anzidetto nome, perchè offesa da Pallante, suo padre, lo scorticò, e della di lui pelle si fece uno scudo,
più magnifici tra tutti i sacri edifizj dell’antichità Pagana. Fidia lo adornò d’una statua d’oro e d’avorio, la quale er
Atene, avea a’piedi un grandissimo Dragone, come attesta Pausania, e lo dimostrano le due Medaglie, indicate presso l’Hai
tteo, figlio di Pandione I, e sesto re d’Atene. La terra, dice Omero, lo diede alla luce, e Minerva ebbe cura di allattarl
diede alla luce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia
i Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito da altri Poeti Latini, così lo fa nascere dalla sola Giunone : turbata questa De
ienza, e diede alla luce Marte (b). Questi fu allevato da Priapo, che lo addestrò nella danza e in altri esercizj del corp
iglio (a). Si denominò Turio dal greco verbo theo, essere in furore : lo che esprime l’impetuosità di lui ne’ combattiment
d’ Arcadia inalzarono sul monte Cresio un tempio al Nume ; e i Greci lo chiamarono Afneo dalla voce afenos, abbondanza (f
quella città, in cui si sarebbe conservato quello scudo. Lo stesso re lo frammischiò con altri undici, del tutto simili a
agli Aloidi, che tentavano di rapire le Dee, Giunone e Diana. Coloro lo fecero prigioniero, e per varj mesi lo tennero ri
e Dee, Giunone e Diana. Coloro lo fecero prigioniero, e per varj mesi lo tennero rinchiuso in una gabbia di bronzo. Non av
e, eccitò Diomede a combattere contro di Marte. Questo Dio, appenachè lo vide, tentò di ferirlo ; ma Minerva fece sì, che
rva fece sì, che Diomede invece ferì lui. Peone, il Medico degli Dei, lo risanò (b). Marte finalmente uccise Allirrozio, f
i Marte, ma solamente parla di due o tre delle di lui statue (d). Per lo contrario non fuvi luogo, in cui questo Nume sias
in cui questo Nume siasi tanto onorato, quanto in Roma, perchè questa lo risguardava come il padre di Remo e Romolo, e il
or, ossia senza padre (d). Comparve sino dal suo nascere deforme. Per lo che Giunone secondo Omero, vergognatasi d’averlo
r lo che Giunone secondo Omero, vergognatasi d’averlo dato alla luce, lo precipitò nel mare (e). Lo stesso Poeta poi in al
sso Poeta poi in altro luogo soggiunge, che fa Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perchè
impo(f). Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome di Tardipede, ossia tard
g). Ne presero cura di lui bambino que’ di Lenno(h). Omero vuole, che lo abbia educato Teti(a). Altri soggiungono, che lo
h). Omero vuole, che lo abbia educato Teti(a). Altri soggiungono, che lo abbiano fatto le scimie(b). Inoltre fu detto Igni
uoco, cui presiedeva(1), ammolliva il ferro, e ogni altra cosa(d). Ei lo faceva in certe fucine, le quali si trovavano in
motivo agli Dei di grande riso(g). Bacco finalmente ubbriacò Vulcano, lo ricondusse in Cielo, lo impegno a liberare la mad
e riso(g). Bacco finalmente ubbriacò Vulcano, lo ricondusse in Cielo, lo impegno a liberare la madre, e lo riconciliò seco
cò Vulcano, lo ricondusse in Cielo, lo impegno a liberare la madre, e lo riconciliò seco lei(h). Vulcano dopotal fatto cos
to al tempo di Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città, come lo erano que’ di Marte. Gli Auguri aveano giudicato,
con maltello nella destra, e con tanaglie nella sinistra(c). Albrico lo dipinse coll’aspetto di fabbro, deforme e zoppo,
di Esiodo(a) fu il principio di tutte le cose. Ovidio più chiaramente lo definisce per quel miscuglio rozzo e confuso di t
o(g). Apollonio gli dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi
e li sostenevano, si dissero Gladiatori da gladium, spada, di cui per lo più facevano uso. Quando l’offeso alzava il dito
. Osservava parimenti, se quella lasciavasi placidamente sacrificare ( lo che conoscevasi, traendo un coltello dalla di lei
. E’fama che ad erudirli in quell’arte il primo sia stato Tage. Festo lo fa figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Al
in una di tali circostanze ne fece seppellire o abbruciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi
gliare una cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza di lui tosto lo fece. Più nomi appresso i Romani si diedero agl’
detta offa. Se i Polli non imbeccavano frettolosi l’offerto cibo, se lo disperdevano colle ali, se fuggivano, tutto ciò s
ivinazione, la quale si faceva col fuoco, osservaudone il movimento e lo strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Pal
a rimasto appresso i Trojani ; e che Enea, essendose ne impossessato, lo abbia seco lui trasferito in Italia(c). Altri poi
Dei avvertito di restituire a’ Trojani il Palladio, e ch’ egli perciò lo abbia ceduto ad Enea, o ad uno de’ di lui amici,
i. Giove avea preso ad amarla. Ella ricusò di corrispondergli, e come lo vide avvicinarsele, si gettò nel Tebro. Il Nume v
re, ma poi dovette soccombere sotto la forza de’ Principi Titani, che lo misero a morte. Iside, avendo trovato il corpo de
e, avendo trovato il corpo del figlio nel Nilo, gli restituì la vita, lo rendette immortale, e gl’insegnò la medicina e l’
. 2. (e). Lacan. l. 8. (12). Iside, morto Osiride, per lungo tempo lo éercò, e avendolo finalmente trovato, fece seppel
edette da loro, che Osiride si fosse trasformato in quell’ animale, e lo chiamarono Apide (la qual voce dicesi significare
adorare un bue, candido la fronte, e nero il restante del corpo. Non lo lasciavano lungo tempo in vita ; e morto, lo pian
restante del corpo. Non lo lasciavano lungo tempo in vita ; e morto, lo piangevano inconsolabilmente, finchè ne trovavano
e si ripose uno di quelli nel seno, e partorì un fanciullo. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe
la denominavano Saba, e la facevano figlia di Beroso. Ella, continua lo stesso Storico, e quella stessa, che da alcuni si
me era Elissa. Dicono die vivesse prima dell’ ottantesima Olimpiade : lo che si accorda coll’ Epoca di Euripide(h). La Del
n mostro, nato secondo Esiodo dalla Chimera e dal cane Orto(a). Igino lo fa nascere da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giun
Giunone, nemica di Tebe, prese cura di allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dintorni di quella città sul colle Fic
iede tre pomi d’oro, colti in Tamaseno, campo dell’ Isola di Cipro, e lo instruì dell’ uso che far ne doveva. L’uno e l’al
o intanto al giovine di oltrepassarla. Atalanta, rinforzata la corsa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal tras
iguardo all’origine di Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo fanno figliuolo di Trochilo, gran Sacerdote d’Arg
sato una donna, da cui ebbe i due figli, Trittolemo ed Eubuleo. Altri lo fanno figlio dell’ Oceano, e della Terra (a). Che
o fanno figlio dell’ Oceano, e della Terra (a). Cherilo, Poeta Greco, lo fa nascere da Raros, Principe Ateniese, e da quel
a loro insegnato a coltivare la terra (c). Igino (d), e Lattanzio (e) lo chiamano figlio del re Eleusio : Secondo questo u
erano pubblici spettacoli, i quali appartenevano alla Religione. Per lo più si celebravano o per onorare i Numi e gli Ero
ro il premio, stabilito da Achille nell’ esercizio del Disco, Achille lo diede subito ad Agamennone (b). Queglino poi, che
lie. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’era uno solo, ma per lo più se ne contavano sette o nove. Questa carica s
, da loro sterminati(l). Vuolsi altresì da Filostrato, cu’ egli fosse lo stesso che Encelado(a). Intorno a Briareo Omero s
questo Gigante con tal nome era chiamato dagli Dei, mentre gli uomini lo chiamavano Egeone(b). Egli avea cinquanta teste,
tto il monte Etna(l). Egeone venne fulminato e sepolto da Giove sotto lo scesso monte(m). Minerva uccise Pallante(n). Ippo
i vapori di quella palude erano effetto del respirare, che vi faceva lo stesso Gigante : e quindi l’anzidetta palude da l
va lo stesso Gigante : e quindi l’anzidetta palude da loro chiamavasi lo spiraglio di Tifone(g). Virgilio vuole, che costu
no, per riportare il premio. Questi gli si avventò con gran furore, e lo strangolò. Arrichicne tuttavia, vicino a spirare,
oronato ne’ medesimi Giuochi, egli prese il padre suo salle spalle, e lo portò per le vie d’Olimpia in mezzo alla folla de
b). Cleomede, dell’Isola d’ Astipalea, lottando con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pugno. L’azione di lui
na siasi posto sulle spalle un toro di quattro anni, e che correndo ; lo abbia portato sino all’estremità della carriera,
tato sino all’estremità della carriera, senza mai respirare ; che poi lo abbia ucciso con un pugno, e solo nello stesso gi
; che poi lo abbia ucciso con un pugno, e solo nello stesso giorno se lo abbia mangiato(d). Questo Atleta portò altresì su
somma d’argento, ond’egli si dicesse del loro paese. I Cretesi, come lo seppero, lo punirono coll’esilio(d). Taurostene d
ento, ond’egli si dicesse del loro paese. I Cretesi, come lo seppero, lo punirono coll’esilio(d). Taurostene d’Egina atter
emente insultata. Avvenne, che quella cadde finalmente sopra colui, e lo schiacciò. I Tasj per eccitamento de’di lui figli
erti segni, di cui se ne consultava la spiegazione in alcune Tavole : lo che si chiamava Oleromanzia. In alcuni tempj cias
che appresso gli Egiziani si appellava Miagro o Miode o Acoro. Eglino lo invocavano co’sacrifizj, onde sterminasse quegl’i
tta corsa eravi quel la d’uomini, che correvano a piedi. Davasi anchè lo spettacolo del Pugilato, della Lotta, e della Nau
ettate nel fuoco (a). Allora tutti potevano avvicinarsi alla stessa : lo che non era permesso il restante dell’anno (b). P
ito da Apollo, mangiò certe erbe, per cui avvenne, che mentr’ella per lo innanzi era stata sempre sterile, divenne gravida
a predetta bevanda a tutti gli Dei (g) fuorchè a Giove, a cui secondo lo stesso Poeta la porgeva Ganimede (h). La Dea Ebe
Poeta soggiunge, che ne’medesimi sonovi mescolati i lampi terribili, lo strepito spaventoso, le striscie di fiamma, la co
o minore altezza era relativa alla condizione delle persone. I poveri lo aveano basso, i ricchi alto. Riposto il morto sul
glievano le ceneri e le ossa del morto, non consumate dal fuoco (c) : lo che si diceva Ossilegio. Le bagnavano con latte e
e Giove soltanto se ne avrebbe potuto accorgere. Così avvenne ; e ben lo comprovarono una grande tempesta, insorta con gag
edetto bambino nell’Olimpo, e che i Titani per eccitamento di Giunone lo fecero in pezzi (f). (33). La madre d’Arcade fu
mede fu rapito dagli Dei per costituirlo coppiere di Giove (e). Altri lo vogliono rapito da un’Aquila, mandata da Giove (f
era di buon presagio. Si prediceva il futuro anche dal modo, con cui lo stesso predava. Se i Principi sognavano di essern
pel dolore al marito, pregò Giove di cangiare lei pure in uccello, e lo ottenne (b). (a). Ovid. Fast. l. 3. (a). Gic
trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio di Rodi vuole
abbia raccolto Bacco dalle materne ceneri(f). Meleagro soggiunge, che lo fecero certe Ninfa(g). Finalmente Apollodoro dice
ltare a Giunone li nascita di Bacco, cangiò il bambino in capretto, e lo consegnò a Mercurio, affinchè lo portasse alle Ni
co, cangiò il bambino in capretto, e lo consegnò a Mercurio, affinchè lo portasse alle Ninfe del Monte Nissa(h). (c). Hu
Atlante certe Isole, nelle quali di notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di varj stromenti, mentre poi di giorno
mentre poi di giorno non vi si vedeva alcuno. Si credette, soggiunse lo stesso Scrittore, che tali Isole fossero abitate
e per ciascun anno ne’boschi e ne’prati le Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libaz
uì Acide, e svelta una porzione di monte, la scagliò contro di lui, e lo fece perire. Gli Dei cangiarono il Pastore stesso
he ritenne il di lui nome(b). Ritornando a Fauno, notiamo, che Servio lo confonde con Silvano(c). Anche questi da’ Romani
elve, a’pastori, e a’limiti delle campagne(d). Eliano(e), le Probo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e di u
ssi, che Silvano comparve alla luce mezzo uomo emezzo capra. Plutarco lo fa nascere da Valeria Tusculanaria(a). Virgilio l
zo capra. Plutarco lo fa nascere da Valeria Tusculanaria(a). Virgilio lo dice figlio di Pico(b). Fu soprannominato Littora
o molto celebre, nato da Mercurio o da Pane, e da una Ninfa(f). Nonno lo fa figlio della Terra. Dicesi, che sia nato in Ma
fiume della Lidia. Non vi si trovò allora Sileno, perchè alcuni Frigj lo aveano avvinto di corone, e condotto al loro Re,
r dieci giorni e altrettante notti. Poscia si trasferì nella Lidia, e lo rendette a Bacco, che in ricompensa permise a que
asse in oro tutto quel, che avrebbe toccato. Così avvenne ; ma quando lo stolto Sovrano credette d’essere giunto al colmo
ridotto in vece all’estremo della miseria. Pregò quindi Bacco, che ne lo liberasse. Il Nume lo mandò a lavarsi nelle acque
tremo della miseria. Pregò quindi Bacco, che ne lo liberasse. Il Nume lo mandò a lavarsi nelle acque del fiume Pattolo : d
icassero la morte d’ Icario, le loro figliuole avessero ad incontrare lo stesso fine di lei. L’ ottenne, poichè molte giov
o di sangue. Lo riconobbe, e credette divorata dalla fiera colei, che lo portava. Disperato risolse d’uccidersi, e fermato
iato col porporino. Sopraggiunse Tisbe ansiosa di raccontare a Piramo lo schivato pericolo Gelò d’orrore al vederlo agoniz
Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o di Sileto. Fu il primo,
teste e varie voci (h). Rapporto alla origine del medesimo Apollonio lo fa nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo
medesimo Apollonio lo fa nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vuole figlio di Ceto e di Forci (l) ; e Pisandro,
Forci (l) ; e Pisandro, citato dallo Scoliaste d’Apollonio, dice, che lo produsse la Terra. (d). Paus. in Corinth. (e)
aro costume era adottato da tutti i Greci, eccettochè da’ Tebani, che lo risguardavano come un delitto capitale (b). (a).
’atrocità del misfatto, e l’empietà del colpevole. Compito il lavoro, lo consegnò ad una delle custodi della prigione, e p
suo figlio, oui Progne considerando somiglievole a Tereo, ne disegnò lo scempio. Lo ferì nel petto ; nè fu sazia d’un sol
mela, la quale dopo d’avergli squarciata la gola, e troncato il capo, lo divise ancor palpitante in più pezzi, ponendone p
, affinchè la novella sposa permanesse nella casa del marito (b). Per lo stesso oggetto si venerava il Dio Domizio (c). Le
maritarsi (d). Il Dio Domiduco conduceva la sposa ad abitare appresso lo sposo (e). La Dea Virginiese presiedeva allo scio
ta campestre (b). Variano gli Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo fa nascere in Arcadia alle rive del fiume Ladone
a Etere, ossia da una Nereide (i). V’è finalmente chi dice, che Giove lo ebbe dalla Ninfa Eneide (l). Pausania poi riferis
d’Arcadia, e spezialmente Sinoe, presero cura della di lui infanzia : lo che gli acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo
e la fuga ; e che Mercurio dopo d’averlo ravvolto in pelli d’animali, lo presentò a Giove e agli altri Dei, i quali non po
ni di quella, ineguali fra di esse, ne formò l’anzidetto stromento, e lo appellò Siringa (f). A Pane si dà pure una corona
emma (l). Le nozze si celebravano per tre giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la sposa nella di lei casa
esse, o il marito non terminasse di abbruciarla in qualche sepolcro : lo che si risguardava come un presagio della vicina
sa. Non avendo essa buoi, che tirassero il suo carro, i due figliuoli lo strascinarono sino al tempio per quaranta cinque
e destava, facendosi ora fiera, ora volatile, ed ora serpente. I Numi lo chiamavano Icelonte(i). Questi ultimi tre Sogni s
sacrifizj e preghiere. Quindi dopochè Oreste per consiglio di Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, fu loro dato
’Abante, re degli Argivi. Quivi fu accusato di falso delitto appresso lo stesso Preto da Stenobea, o Antea,(d), di lui mog
e. Preto, che non voleva imbrattarsi le mani nel sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re di Licia, onde lo facesse peri
le mani nel sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re di Licia, onde lo facesse perire. Neppur quegli volle privarlo di v
cia, onde lo facesse perire. Neppur quegli volle privarlo di vita, ma lo mandò invece a combattere la Chimera. Bellerofont
o Pegaso, volò per l’aria, assalì quel mostro, e dopo lungo contrasto lo uccise(e). Jobate allora gli commise di guerreggi
rea e sensibile, vale a dire un corpo sottile, di cui n’era rivestito lo spirito, e che avea la figura del corpo umano. Qu
parole senza mai volgersi in dietro. Credevasi, che l’ombra, la quale lo seguiva, raccogliesse le fave senza essere veduta
emendo i Titani, i quali tentavano di sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca di Creta, e poi lo
i di lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca di Creta, e poi lo trasportò nell’ Inferno, dov’ egli divenne un fiu
a Stige, figlia d’Oceano, e moglie di Pallante o Pirante(c). Pausania lo fa nascere da Acheronte e dalla Terra(d). Apollod
to se stesso. Com’era assai avvenente, così molti giovani e fanciulle lo amavano. Egli però mostravasi insensibile, e ness
i accostò per dissetarsi. Vide, bevendo, l’immagine di se stesso, che lo innamorò ; e figurandosela un corpo reale, non s’
he Mercurio dovette ricondurvelo colla forza a Plutone ; e che questi lo condannò al meritato castigo(a). Questo consistet
tuono ; e da di là lanciava fiaccole accese a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo precipitò nel Tartar
iaccole accese a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo precipitò nel Tartaro(c). E quì notisi altresì, c
glio. Leggesi di un certo Annon Cartaginese, che coltivando anch’egli lo stesso pensiero, raccolse in un luogo oscuro molt
me rendette la di lui figliuola, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle sue frecce, e lo condanno nel Tartaro
la, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nume lo colpì colle sue frecce, e lo condanno nel Tartaro ad essere continuamente agit
palla destra ; e che gli altri Numi, conosciuta l’empietà di Tantalo, lo condannarono nell’ Inferno a provare fame e sete
o messo a morte dal padre, ma che nej dì del predetto convito Nettuno lo abbia rapito onde gli servisse di coppiere(d). E
(a) ; Eschilo soggiunge, che quegli ebbe per padre Antione ; Ferecide lo fa nascere da Pisione e da Etone ; ed altri da Ma
di quegli antichi tempi, molti doni al di lei padre, Dejoneo. Questi lo sollecitò più volte ad eseguire la già fatta prom
ra lauta mensa. V’invitò Dejoneo, ed essendovi questo intervenuto, ve lo fece miseramente perire. Tutti a vista di sì atro
erò ebbe pietà di lui, e dopo averlo purificato, e ricevuto in Cielo, lo ammise alla sua mensa cogli altri Dei. Issione pr
one. Questi al vederla diede subito segni d’affetto per essa. Il Nume lo colpì col, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incaten
rattasi di abbandonarli, spiega le ali, e rapidamente fugge da loro : lo che significa, che le ricchezze d’ordinario a gra
a portò, ove vide del fumo ; ma non trovandovi scintilla di fuoco, ne lo accese, riscaldò la raccolta acqua, la di ede a b
e. Fec’egli delle Feste per tre continui giorni, perchè gli Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordato la guarigio
e, e strinse d’assedio Admeto, appresso il quale si erano ritirate, e lo fece prigioniero. Alceste, di venuta moglie dello
alcuno più felice di lui. Udì, che Aglao di Psofide, città d’Arcadia, lo superava. Costui non possedeva che poche campagne
ra’varj tripodi di quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori di Mil
sta. Mercurio per eccitamento d’ Apollo ne trasse fuori il bambino, e lo trasferì in Delfo alla porta del di lui tempio. I
quale egli incontrerebbe, uscendo dal tempio. Zuto v’incontrò Jone, e lo tenne per quello, che gli era stato indicato. Cre
o, sparso in terra, e cadde morta. Si scuoprì il reo attentato, e chi lo aveva commesso. Jone alla testa de’ convitati chi
la amò molto il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia,
o Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli partorì Mennone
della vecchiaja, riusciva insopportabile la vita. L’Aurora finalmente lo cangiò in cicala(b). (28). Orfeo pretende, che C
la risparmio a suo marito, ch’era re de’ Sarmati, e per regnare sola lo avvelenò. A motivo poi della crudeltà, con cui re
lo del Sole. Faetonte se ne querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui padre, ed esortol
stò d’essergli padre : e affinchè non ne avesse più dubbio, giurò per lo Stige, the sarebbe per accordargli quanto mai gli
esso Cupido, ossia Amore, sotto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il med
se il capo, come più diffusamente vedremo(i). Esiodo poi pretende che lo stesso cavallo siasi detto Pegaso, perchè comparv
e falde del Parnasso. Pretendevano, che non solo le acque, ma perfino lo stesso strepito delle medesime cagionasse lo spir
olo le acque, ma perfino lo stesso strepito delle medesime cagionasse lo spirito fatidico(e). Questo fiume fu così denomin
flauto, giurò, che un deplorabile fine avrebbe incontrato colui, che lo avesse raccolto : lo che accadde a Marsia(h). Que
n deplorabile fine avrebbe incontrato colui, che lo avesse raccolto : lo che accadde a Marsia(h). Questi dopo morte fu pia
a a lui, che dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di
riuscì ; e temendo, che i suoi soldati ne ttaessero cattivo presagio, lo tagliò colla spada. Si credette allora avverato i
d’Apollo e di Psamate, figlia di Crotopo,-re d’Argo. Colei non appena lo partorì, che temendo l’ira del padre, lo nascose
-re d’Argo. Colei non appena lo partorì, che temendo l’ira del padre, lo nascose tra certi virgulti, dove i cani finalment
’ira del padre, lo nascose tra certi virgulti, dove i cani finalmente lo lacerarono(d). Non sono da confondersi i due anzi
rova del suo canto colle Muse ; ed essendone rimasto superato, le Dee lo privarono della vista, della voce, dello spirito
Le Ninfe delle acque e delle foreste, allettate dal canoro suo canto, lo seguivano da per tutto, e lo desideravano in ispo
foreste, allettate dal canoro suo canto, lo seguivano da per tutto, e lo desideravano in isposo. La sola Euridice, figlia
temendo, che la moglie nol seguisse, per accertarsene voltò indietro lo sguardo, e di nuovo la perdette. E perchè egli, t
Nume destò nelle sue Baccanti tale furore, ch’ elleno appresso l’Ebro lo fecero a brani, e per le campagne ne dispersero l
avvicinò in abito donnesco, e si fece credere figlia d’ Enomao. Dafne lo accolsè nel numero delle sue compagne, ed egli ni
lle vendi. l carsene, e le inspirò dell’amore per un orso. Come Diana lo seppe, eccitò ogni sorta di fiere a divorare la m
Tanagra, città della Beozia, appresso Enopeo o Enopione, o come altri lo chiamano, Ireo (c) o Irieo (d), nato da Nettuno e
superfizie i di lui omeri non si alzassero (a). Apollodoro finalmente lo fa figliuolo della Terra, e marito della Ninfa, S
lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli strappò gli occhi, e lo scacciò dal suo paese. Passò Orione in Lenno, e d
a giuocare secolui al disco (d). Altri soggiunsero, che la stessa Dea lo uccise co’ dardi, perchè volle fat violenza ad Op
oci, perchè dopo morte secondo l’opinione degli Antichi ciascurio per lo più si occupa in quegliesercizj, che amava sulla
tale afflizione, ch’egli disperato si precipitò dal Parnasso. Apollo lo cangiò nell’uccello, detto Sparviero(a). (a). O
uture, e fu risguardato come un uomo favorito dagli Dei. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo di Solone, e
enti, stando attorno al letto dell’ammalato, davangli l’ultimo addio, lo baciavano, e ne raccoglievano le ultime parole e
eci anticamente seppellivano nelle loro case(b) ; ne’tempi posteriori lo facevano fuori della città, nè in quelle tumulava
altri pubblici. I privati si comperavano dalle famiglie, ed erano per lo più formati ne’ campi e negli orti. I pubblici si
salubre l’aria della città, Augusto donô quel recinto a Mecenate, che lo convertì in ameni orti(f). Ed è probabile, che al
). Ogni sepolero avea la sua iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religio
mata. Egli non poteva trattenerri cella stessa, che passando di notte lo Stretto a nuoto. Erone teneva una face accesa sul
o il di lui corpo sulle rive di Sesto, dove Erone la mattina seguente lo riconobbe, e disperata si precipitò anch’ella nel
one, la quale oltremodo odiava Venere. Questa, veggendolo sì deforme, lo fece esporre sopra una montagna, vicina a Lampsac
perchè questo, ossendo rimastovinto da Priapo in una certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o Imeneo era fornito di
i altri, poscia celebrati, si ricordò sempre il nome d’Imene. I Poeti lo dichiararono Dio delle nozze, e gli tessero un’il
rarono Dio delle nozze, e gli tessero un’illustre genealogia. Gli uni lo dissero figliuolo di Bacco e di Venere, come abbi
vollero, che fosse nato da Calliope e da Apollo ; ed altri finalmente lo fecero discendere da Bacco e da Urania. Egli ha l
to(a). (10). Variano i Mitologi sulla genealogia di Cupido. Simonide lo vuole nato da Venere e da Marte ; Esiodo dal Caos
trattenervisi, ed era servita da invisibili Ninfe. In tempo di notte lo sposo recavasi a visitarla ; e come nasceva il dì
olui fosse un mostro, e voleva togliersi dal conceputo dubbio. Mentre lo sposo una notte dormiva, ella accese una fiaccola
Una goccia d’oglio cadde per accidente dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni di rincresciment
la quale oramai erale divenuta assai cara, fece all’improvviso morire lo sposo, e cangiò la sposa in mirto(a). (d). Nat.
avesse continuato a servire in qualità di schiavo, ovvero che Esione lo avesse riscattato con qualche dono. Colei offerì
pomi d’oro, de’quali pur ragioneremo(b). Questo figlio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, circondato dalle s
el mare Egeo, circondato dalle sue figlie, chiamate Nereidi, le quali lo divertivano col canto e colle danze(c). Notisi pe
co, fiera, albero, uccello, e serpente (i). Se poi alcuno tenacemente lo teneva legato, o usavagli altra violenza, egli al
e sott’acqua le Foche, ossia i Vitelli marini di Nettuno (a). V’è chi lo confonde cori Vertunno, Dio de’giardini, perchè a
lle onde. Lo accolsero gli Dei marini, e pregarono Oceano e Teti, che lo spogliassero di tutto ciò, ch’era mortale. Il di
zione dell’avvenire ; e dicevasi che Nereo, di cui abbiamo favellato, lo avesse costituito suo interprete (b). Que’d’Anted
sempre trasportata ad amare, si accese ben presto d’amore per lui, e lo eccirò ad amare piuttosto lei, che, come Dea e fi
i uffizio principale è quello di far cessare le procelle. Gli Antichi lo rappresentavano nella parte superiore del corpo s
poi la Dea de’fiori(g), e della quale abbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una delle Stagioni, e ne fa nascere Ca
, alzarono un tempio appresso il monte Tilfassio, in mezzo a’campi, e lo dedicarono a certe Dce, ch’eglino chiamavano Pras
. Non ne comprendeva la causa, e si studiava di superare col coraggio lo spasimo. Finalmente al languire che faceva a poco
serebbe, se alcuno avesse voluto immolarsi pel pubblico bene. Aglauro lo fece col precipitarsi dall’alto di una torre. Gli
li Atenieti, grati al sacrifizio, fattosi da Eretteo pel comune bene, lo annoverarono dopo morte tra gli Dei, e gli eresse
cavano tori e agnelli nel tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Scoliaste di Apollonio, ebbe anche un figlio, di
ngolare probità, testificò dopo la morte di Romolo al Senato, ch’egli lo avea veduto rivestito d’ una maestà divina, e in
una maestà divina, e in atto d’ ascendere al Cielo ; v’ aggiunse, che lo stesso Romolo gli predisse la futura grandezza de
e Nazioni (c). Il culto di Bellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta co
ano sacri a quella Dea. Ma la scure cadde di mano ad Allirrozio, e sì lo ferì, che perdette la vita(a). (d). l. 1. &
ò nel seno di sua madre, mentre questa stava appresso il fuoco. Altri lo dissero figlio del predetto Nume, perchè appena n
7 (1880) Lezioni di mitologia
ddimandasi dalla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scrisse a chiare note da sè medesimo
lla matura Filologia, dalla Critica odierna; ed egli ben lo sapeva, e lo scrisse a chiare note da sè medesimo. Tuttavia le
l’Autore meglio di qualunque lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi lo richiedeva di stampare il suo Corso; « Son grato
gi Alemanni, fosse degna della pubblica luce. Altri studj più cari me lo vietano ora; nondimeno gli son riconoscente della
tempo stesso ed amena; ed io, per quanto la povertà dell’ingegno mio lo concede, porrò ogni mia cura per allontanare tutt
cere fatali guerrieri; spirar fiamma i tori che tardano a riconoscere lo stesso tiranno di Coleo, e domato il terrore cust
Dei, il tenero addio di Andromaca ad lettore, che rimprovera a Paride lo sciagiure della patria e la sua viltà, e fìnalmen
elo da Erodoto descritto. Omorca, che signoreggiava l’universo, narra lo stesso, fu da Belo divisa in due parti: con una d
caos di folte tenebre ingombro. Ciò per molti secoli fu infinito: ma lo spirito s’innamorò dei suoi principj, si mi schiò
e questa misura fu Desiderio chiamata. Di qui cominciò l’universo: ma lo spirito mentovato non conobbe da verun altro la s
verun altro la sua produzione. Si unì finalmente col mot, o mud che è lo stesso del fango, e secondo altri una corruzione
igine del mondo, nelle quali, quantunque la materia sia posta innanzi lo spirito, pure sembra a questo data l’eternità e l
n ove da cui si schiudeva un altro iddio detto Phta, il quale forse è lo stesso che il Vulcano dei Greci. Il senso degli e
i i nomi degli Dei e confusa la loro genealogia. Altri, al contrario, lo difendono da tanto rimprovero, asserendo che di D
he di Dìo ebbe idee più giuste di ogni altro pagano. Orazio, infatti, lo chiama interprete degli Dei e correggitore dei gu
, come le querele, le dissensioni, i discorsi maligni ed ingannatori, lo scherno delle leggi, la doppiezza e il giuramento
memorabil vendetta. Stige giunse la prima sull’Olimpo coi suoi figli; lo che tanto piacque a Giove che doni ed onori le re
l’arme per cui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Tartaro profondo. Origine dal fulmi
e Vulcano. Nettuno ebbe da Anfitrite Tritone; Venere generò da Marte lo Spavento, il Timore, eterni compagni di questo di
move, E dall’Olimpo al cielo. Il fulmin vola Col baleno, col tuono, e lo circonda La sacra fiamma, dell’eterno braccio Ter
le fauci Del cignal trapassò: l’araldo il teschio Spiccò, roteilo, e lo scagliò nel mare Carco di tutti sopra sé raccolti
impeti affrena, e inviolato il rende Del cocchio ostile al trascinar; lo copre D’ intorno Apollo d’azzurrina nube Che gli
o la credula superstizione, disse, esser di tanto artificio solamente lo stesso nume capace. Alcune are erano solide, altr
E vasta fuga aperse all’alma. Il sangue Scorre in tiepidi rivi, e tu lo bevi Di Achille, ancor crudele, avida tomba: E gi
l’oracolo di Apollo. Lo stesso autore infama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope sua moglie
deli olocausti. A Mitra, a Serapi, a Marte, alla Luna, ad Iside, ch’è lo stesso presso gli Egiziani, propiziarono con uman
divinità si compiacque maggiormente di questi sacrifìzj che Diana, e lo mostreremo quando della di lei statua in Tauride
anguinosi. Questo rito crudele è da Lucano attestato, I Galli (Cesare lo riporta) sacrificavano i colpevoli, bruciandoli c
quali erano i riti che per celebrare queste empietà si osservavano ve lo dirà Euripide, da cui ho tradotto quei versi immo
orgi, E bevi il sangue: di donzella è sangue: La Grecia, il figlio te lo dona: a noi Concedi i venti, e delle tarde navi T
sacrifizio. Vi sarà in primo luogo noto che Timante nella pittura che lo rappresentava avendo tutte le immagini di mestizi
io , Della Natura ec. lib. i. Racconto del nunzio. Tutto dirò se non lo vieta il core. Che spavento e stupor tengono a ga
ornolle il crine, E nell’aureo canestro il ferro ignudo Pose. Achille lo prende, intorno all’ara Corse, e quindi esclamò:
li Dei. Giovenale, favellando del Giove di Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e non violato ancora dall’oro. M
tò dai più remoti tempi l’ignavo timore dei mortali, che vi adoravano lo stesso silenzio, e l’ombre di divinità ignota e t
ta Pur qui risposta i dubitati voti, E allor che il nume i fati apre, lo speco Mugge. Traendo del fratello i figli, Dalle
i pie mal fermi crolla La dubbia salma: alfìn sull’empio zio Cade, e lo bagna del comune sangue . Nè il tiranno cessò. St
che minaccian stanchi I timidi torelli: ahi: tale Atreo Era. Nasconde lo stancato ferro Nel tergo al pargoletto: ei cade,
Nelle passate Lezioni ho cercato, quanto la povertà dell’ingegno mio lo concedeva, di rendere vostre tutte quelle notìzie
cedeva, di rendere vostre tutte quelle notìzie, che preceder deggiono lo studio delle favole e la storia degli Dei, che co
le tenere membra del padre degli uomini e degli Dei, quando i Cureti lo sottrassero alla crudeltà di Saturno. E l’Arcadia
astea lusingava il sonno di Giove; le ninfe Melie, recandolo in seno, lo nutrivano del latte amalteo e del mèle dell’ape,
i converse. Giove, nonostante, trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove gli
ostante, trionfò del padre; gli tolse il trono, lo avvinse, e piombar lo fece nel Tartaro, dove gli die per custodi Cotto
ere gli stessi fulmini, onde fu vinto, dall’incude dei Ciclopi. Aveva lo stesso gigante già dato a Giove soccorso contro g
ra le segnalate imprese di Giove. Teocrito, ovvero altro greco poeta, lo dà descritto in un Idilio, con tanta grazia e sem
che fu sposa al nume Scotitor della terra: ella alla nuora Telefuessa lo donò: d’Europa Presente illustre alfin divenne: i
Europa Incolpata fermossi, a lei lambiva Il collo, e l’adescava: essa lo palpa Con la tenera mano, e dalla bocca Soavement
a Con la tenera mano, e dalla bocca Soavemente gli tergea la spuma, E lo baciava. Ei sì dolce muggia. Che del flauto Migdo
Oceano, che a mostruoso fato soggiacque, e quella pure di Temi, amore lo prese della sorella; nè la reverenza del sangue c
i umide e tremanti si pose sulle ginocchia della dea, che impietosita lo celò nella sua veste. Depose allora il mentito as
a Talia. Nè Giove nelle sue galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’ padre di Apollo e Biana, li due occhi del cie
di vero, é colla favola tanto confuso che é impresa ardita ed inutile lo sceverarlo, abbandonandosi alla licenza di conget
Etere, l’altro dal cielo: il terzo in Creta, figliuolo di Saturno. Ma lo stesso Cicerone mille altri ne nomina e tutte le
gli Ateniesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto del tempio è per lo meno di quattro stadj (cinquecento passi geometri
stia rara, che dagli affari pubblici e dalle cure del governo lontano lo tenne; il terzo di amore supremo per la libertà,
geva. Pisistrato gli die principio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re di Macedonia, Antioco Epi
pparco, lo continuarono. Perseo re di Macedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la gloria di compirlo e di consacrarl
nghezza di dugentotrenta. Bellissimo marmo tratto dal monte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta pendeva una Vittor
Sterope, e l’auriga Mirtillo coi fatati cavalli. Pelope, Ippodamia e lo scudiere tenevano la sinistra. Opera di Peonio er
’offenda o ti spaventa. Non temer, che quel dio vero e soprano, Ch’ha lo scettro del ciel, mai gliel consenta Quel dio, ch
braccia Per abbracciar il suo nuovo custode; Ma col piede bovin da se lo scaccia. Nò man può ritrovar onde l’annode. Preg
sser nel gregge Nascosta sotto a quel hovino manto, Appena in pie per lo dolor si regge; Raddoppia il duol, la pena, il gr
ra la parte superiore, coperta l’inferiore; nella sinistra ponevangli lo scettro, e nella destra l’aquila o la vittoria, c
ie a Giove, quattro glie ne attribuivano gli Spartani. Gli Eliopoliti lo effigiarono colla destra armata di sferza, a guis
eva Orazio dicendo: « Nè. la gran mano di Giove fulminante. » Tonante lo dissero gli Auguri; ed Augusto, dopo la guerra Ca
ridomaro re dei Galli. Perchè Giove fosse chiamato Statore Tito Livio lo insegna, riportando queste parole pronunziate da
; ed Aquilicia, ci accenna Tertulliano nell’Apologia, furono chiamate lo cerimonie instituitegli dalla superstizione fecon
i lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco della sua altezza lo cognominò la Beozia, ed Ascreo dal monte, sacro p
l futuro. Un equivoco della lingua fenicia, nella quale colomba suona lo stesso che sacerdotessa., ha la favola originata.
minato, e famoso tempio gli edificò Adriano. Sotto il nome di Aratrio lo adorarono i Fenici i. Ammone fu detto nell’Affric
e intorno al mio felice letto Giaceran l’armi: ma la quarta volta Odo lo squillo del vicino giorno Nunzio, e nel mare cado
ell’immortalità all’inimicizia famosa. Favoleggiarono gli antichi che lo sdegno di Giunone andasse tant’ oltre che fuggita
r la terra mutasse dei gigli già crocei il colore. Ercole adulto ferì lo stesso seno da cui fu nutrito, come Omero nel qui
ed il pavone; le prime perchè dell’aria (che reputavasi dagli antichi lo stesso che Giunone) sentono il più piccolo cangia
de braccia erano catena. Niuno degli Dei potè liberarla; solo Vulcano lo ardì: il padre lo precipitò dell’Olimpo, e dopo a
atena. Niuno degli Dei potè liberarla; solo Vulcano lo ardì: il padre lo precipitò dell’Olimpo, e dopo aver percorso vasto
unone furono quattordici ninfe, ma prevalevasi sopra tutte d’Iride, e lo accennò VirgiHo quando dalla dea, pietosa per la
hi c’insegnano facilmente ciò che dovea sostenere; la patera, cioè, e lo scettro, simboli consueti della regina degli Dei.
le, che non combina coli’ immagini più sicure di quell’Augusta, e che lo stile stesso della scultura reclama un secolo ass
ultura reclama un secolo assai più remoto. Certamente se si considera lo stile della testa, ci ravviseremo un non so che d
stato conservato da Polluce, e più precisamente da Eustazio, che così lo descrive. — Dicono gli antichi che la sfendone è
catena il forte. Placido e lento e con soave forza Nè certa men tocca lo spirto, e al core Scende e l’allaccia in dolce no
etti tuoi: qual nova Spezie di bello in te risplende, e tutto M’empie lo spirto e ‘1 cor: No dea, no donna Non fu giammai,
zia dicevanla quando diminuiva il sollecito pudore delle vergini, cui lo sposo, con mano ardita, scioglieva il cinto beato
nte. Insigne nella storia delle arti è il tempio che a Giunone, sotto lo stesso nome, sorgeva in Ardea, perchè accenna l’e
nia, e santo a tutti i popoli era il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò di marmi per ornar il tempio della Fortuna
razie e dall’Ore, di maravigiioso lavoro. Avea in una mano un pomo, e lo scettro nell’altra. Simile effìgie, nata dalla st
medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, perchè nel nostro sim
mente questo attributo, rimanendovi ora sul capo un piano rotondo che lo reggeva, oltre un foro quadrangolare in cui s’inn
gie di Giunone in simile atto, non avendo il bambino nessun segno che lo distingua pel figlio di Giove e di Alcmena, non s
mmea ha in braccio Marte bambino, ò questo un indizio per riconoscere lo stesso sosfo-etto nel nostro marmo: la tenerezza
d osservare che Giunone ebbe ancora il titolo di Natalis, ed allora è lo stesso che Lucina, ufficio che potrebbe simbolegg
ampo, Che vide gli ozi della gente prima. Come fui bella io noi dirò: lo vieta Il rossore che grazie accrebbe al volto, On
concedo a te l’arbitrio eterno, I divisi colori, io contar volli, Ne lo potei. La copia era maggiore Del numero. Ed allor
gli Olenii campi Sorge il fior tuo soccorso e tua vendetta. Disse chi lo recò: Steril giovenca Tocca, e madre sarà. Lodò l
vono l’onde sortite, sarà della presente Lezione argomento. A Saturno lo partorì Rea: ma il patto crudele che fermato il g
tuno l’arbitrio delle onde. Divenuto abitatore del nuovo regno, amore lo prese di Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio
to in cavallo; ed ebbe da varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedus
ondò coll’acque dalla vasta bocca vomitate. A questa, per allontanare lo sdegno del nume, fu offerta Esione, cara a Laomed
avvertono che effìgiavasi con neri capelli ed occhi cerulei. I poeti lo mostrarono assiso nudo sopra la conca col trident
, altri i vitelli marini. Gran schiera di Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia di sembianze. A destra
ni intorno Scorrendo lievemente, ovunque apparve Agguagliò il mare, e lo ripose in calma. » Eneide, libro I, v. 230 e se
elebre edifizio che sacro gli era in Tenedo, Tenedio fu detto. Elitio lo chiamarono in Lesbo ed in Eubea. Nè tacerò che Co
struita nel circo massimo, e si onorava col corso dei cavalli. Ippico lo chiamò la Grecia, sia che maestro lo reputassero
va col corso dei cavalli. Ippico lo chiamò la Grecia, sia che maestro lo reputassero di frenare i destrieri, o perchè dall
que dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofonio: il terzo dal Nilo; del quart
ve agli amplessi della madre, fra le tenebre care agli amanti, veniva lo dio signore del fulmine. Escito, incontrò presso
ratamente le canne, trapassò con queste il dorso dell’ucciso animale, lo circondò di bovina pelle, con accorto consiglio v
pei piedi nuovo riparo. Lo vide dall’ombroso Onchesto un vecchio, cui lo dio comandò il silenzio dicendo: vecchio, che sca
incudine e il martello; a Venere, che l’abbracciava, involò il cinto; lo scettro a Giove, e ne avrebbe rubato anche il ful
l’arte insegnò di rubare ad Autolieo avo di Ulisse. Dio dell’armento lo venerarono i pastori, perchè primo diede 1’ esemp
re dell’antichissimo inno in sua lode, narra che avendo egli involato lo stesso giorno che nacque i buoi di Apolline, per
dia dei feroci, o si allude ad una favola rammentata da Igino, che ha lo stesso significato. « Benché il simulacro non sia
ria del nume, secondo la più comune opinione deriva. L’alato Cillenio lo chiamò Virgilio che apportatore lo fa dei cenni d
opinione deriva. L’alato Cillenio lo chiamò Virgilio che apportatore lo fa dei cenni di Giove ad Enea immemore della Ital
venti ovunque il corso Volga, sopra la terra, o sopra il mare. Va per lo ciel rapidamente a volo. Indi prende la verga ond
il caduceo distingueva i legati di pace; e gli atleti nella palestra lo adoperavano forse perchè in questo costume format
celebre il tempio presso i Megalopolitani. Tetragono, cioè quadrato, lo dissero pure gli antichi, secondo alcuni dai quat
tà comune al cielo alla terra, all’inferno. Così scolpito gli antichi lo ponevano per indicare le strade, e verso di esse
da falcata, colla quale uccise Argo custode d’ Io sventurata. Strofeo lo dissero perchè presiedeva al giro delle merci, o
a’ Fenicii, Tentate dai Cartaginesi e dai Galli, che con umano sangue lo placavano onorandolo sopra ogni altro dio come na
r versi e per la pietà, gli avea consacrato. Pitagora soleva chiamare lo dio Questore delle anime, perchè alle beate sedi
essa gli era la tutela del gregge. Cammillo, cioè ministro degli Dei, lo dissero gli Etruschi con nome ai Beoti ancora com
oglie mortali, condottiero. Secondo alcuni l’Anubi de2:li Eo’iziani è lo stesso che Mercurio. Esaminerò la verità di quest
ali in altre antiche reliquie vien rappresentato, nò l’ornato; poiché lo sogliamo sedente vedere colla benda, nè finalment
la fisonomia, ch’è nel nostro marmo assai più divina. L’opinione che lo crede un Meleagro, benché la più seguita, è la me
lui secondo la minuta descrizione di Galeno, l’aria soave del volto e lo sguardo dolcemente penetrante; a lui la vigorosa
sato il piantato della statua, è tutto segnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato rivestito di più preziosa
terra, di Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio di Saturno lo partorì Latona con la sorella, emula illustre che
ca Alceste.     Nè la serviti: d’Apollo ebbe fine, poiché la povertà lo costrinse a dividere con Nettuno l’impresa di cos
attesta ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe, ch’egli deluse nelle sembianze
elli strali inevitabili, che dovevano un giorno trafiggere il Pitone, lo potremmo congetturare da questa statua. La nobilt
. La nobiltà delle forme e la bellezza ideale, colla quale l’artefice lo ha caratterizzato, ce la fanno conoscere per un n
Cenno; e per Taer dolcemente il cigno Canta. Apritevi, o porte, ecco lo dio Della danza e del canto: ai modi alterni Deh
batte. Apollo il coro onorerà se canta A senno suo: chi al par di lui lo puote. Che siede a destra del gran Giove, e vince
rco, I coturni e la fibbia. E chi più ricco E dello dio? Per me Delfo lo dica : Decoro è in lui di gioventude eterna, E ne
e insegnò cure, e di morte All’invitta ragione oppor dimora. E pastor lo dirò, che il vide assiso Pascer cavalli, e nel te
divenne allora molto celebre: ella fu la prima interprete del dio, e lo fé’ parlare pure per la prima volta in versi esam
dibile che il tempio di Apollo in Delfo fosse di rame, ma che Vulcano lo fabbricasse; il che non credo, come repugna che v
olari. Porse il popolo preghiere al nume perchè in tanto pericolo non lo abbandonasse, e Femonoe interprete di lui rispose
Apollo scoccherà una freccia mortale contro il bandito del Parnaso, e lo distenderà ai suoi piedi. Macchiato di un sangue
, si prefissero di saccheggiarlo. Una parte dell’armata di Serse ebbe lo stesso scopo. I Focesi per le istigazioni dei lor
ero padroni del sacro deposito, ch’era conservato in questo tempio, e lo possederono lungamente. Quindi i Galli vennero al
uno per quelli che accompagnavano col flauto, l’altro per quelli che lo sonavano. Allora s’istituì a Delfo gli stessi giu
di Preto, come Capaneo nato da Ipponoo, ed Eteocto da Isi; finalmente lo stesso Polinice ed Ippomedonte, nato da una sorel
no sta Megete col braccio fasciato nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge nel suo poema sul sacco di Troia, poiché
non avrebbe potuto sapere tutte queste circostanze. Egli rappresenta lo stesso Licomede ferito in due altre parti alla te
no intorno del funereo letto Con sparse chiome le sorelle meste. Fere lo strale una fra queste; cade, E muor baciando la f
ato il figlio di Latona quando è sdegnato e ha ritratto nel suo volto lo sdegno; ma in quel modo che non ne altera la soav
a osservare un mostro che strisci sul suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle sue freccie, l’ azione di aver saetta
gli Augusti. Non dee far maraviglia dunque che tante insigni sculture lo adornassero, come l’ApoUine di Vaticano, e la cel
o di cui ha per la prima volta piegato il suo arco, e coll’agil piede lo ha raggiunto e trafìtto. Il suo sguardo, sollevat
e al di là della sua vittoria. Siede nelle sue labbra il disprezzo, e lo sdegno che in sé racchiude gli dilata alquanto le
occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mostrar suole allorché lo circondano le muse e lo accarezzano. Fra tutti i
i quella dolcezza, che mostrar suole allorché lo circondano le muse e lo accarezzano. Fra tutti i rimastici simulacri del
grezza delle scuole più antiche. Quindi non è lontano dal credere che lo scultore dell’Apollo abbia imitata questa statua
mbo gli sceglie, e col primiero Apollo Fere, e Dafne con l’altro. Ama lo dio; La ninfa ancor d’amante aborre il nome; Sol
uso Dente: dubita l’altra, e al vano morso Quasi presa si toglie. Era lo dio Con la vergine tal: rende paura Celer la ninf
veloce la seguia: gli dava Ali l’amore; già il fugace tergo Preme, e lo sparso crine agita, e Dafne Impallidisce stanca,
nnanzi di tesservi il catalogo dei diversi nomi coi quali l’antichità lo distinse. Così il primo favella: « La più sublime
l’Apollo del Belvedere), ci ha rappresentato r artefice la possanza e lo sdegno di questo nume: in quello che ora spieghia
dall’estro, nelle labbra semiaperte al canto, nell’abito teatrale che lo copre sino a’ piedi, nella cetra che tien sospesa
l fanatico trasporto di Nerone pel suono della cetra e pel canto, che lo fece discendere sino a comparire su i palchi d’It
corrisponde alla fronte, soleva adornare le lauree più preziose, come lo dimostrano molte medaglie, fra le quali un medagl
la stessa cosa che il peplo dei Greci). Questa danno ad Apollo quando lo descrivono come poeta, o come cantore, onde Prope
to significare la ricchezza di questo abito di Apollo colla gemma che lo guarnisce sul petto. La clamide che gli sta sospe
la estremità inferiore della cetra, era detto Magade dagli antichi, e lo troviamo descritto in Esichio qual lo veggiamo ra
a detto Magade dagli antichi, e lo troviamo descritto in Esichio qual lo veggiamo rappresentato. Serviva per chiudere un v
o strale. Vinci, R-oma, pel nume. Antonio fugge: L’acque Jonie portar lo scettro infranto. Cesar stupito dall’Idalia stell
icio fu detto; e Pausania si contradice, perchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di Pandione, e nel Viagg
è autore è della luce primogenita degli esseri e dell’universo, Latoo lo dissero per Latona madre di lui, e frequenti esem
, le opere di Eufranore, che primeggia fra gli antichi pittori. Pitio lo dissero dalla morte del serpente Pitone, che le m
i Delo, e divise questo nome colla sorella. Didimeo, perchè credevasi lo stesso che il Sole, il quale con doppio lume fa h
arrasio s’onorava Apollo in Arcadia; Agieo fu detto dalle vie, e così lo nomina Orazio in un’Ode, di cui vi ho letta la tr
ui vi ho letta la traduzione. 14 Patareo da Patara città della Licia lo dissero, onde il Lirico mentovato cantò: « Delio
da Castalia, che tiene i gioghi e la selva nobile di Licia. » Amicleo lo nomarono ancora da Amicla, luogo nell’agro sparta
o, Questo mio carro, e chi maggior di Giove? Arduo è il primo cammin: lo vince appena Il recente vis^or d’Eto e Piroo: Alt
e l’arco Emonio, e l’ampia bocca Di lion fero, le curvate braccia De lo scorpione, del vicino cancro La diversa minaccia.
aso rivolge, e all’oriente: Stupido per timor non lascia il freno, Nè lo ritiene. Non conosce il nome Dei destrieri del So
e delle selve ed onore degli astri, perchè, come dai poeti appare era lo stesso che la luna, quantunque a quest’ultima l’a
che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire di Pausania, era lo stesso che l’Iside degli Egiziani. Checché ne sia
mile a vasto scudo fiammeQ:oriava luce spaventosa. Nè meno le atterrì lo strepito delle incudini sonanti, il vento dei man
mnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa di quella voce lo insegna. Credemnum non è altro, anche secondo Eus
e del Winkelmann, dà il credemno ad Andromaca, nuzial dono di Venere; lo dà a Penelope, come abbian sopra notato, e Coluto
atro rappresentavano i cacciatori. Simili mantelli che nascondono per lo più una sola mano, si veggono soltanto in qualche
o nella stessa guisa avvolta nel manto. Non mi sembra d’errare quando lo credo Alcide, che presso ad Onfale o presso a Jol
roposta caccia Torneremo di nuovo. Apre la terra Di Febo il raggio, e lo star più si vieta: Tregua alle reti. — Obbediente
pie veloci, E Crocale più dotta in un sol nodo Raccoglie i crini per lo collo sparsi. Benché laccio veruri non le reprima
preda infiamma, Fra rupi e tane, fra scoscesi sassi E dove non è via lo segue: ei fugge Pei luoghi istessi ove inseguì le
ennero in Arcadia, che possiede ancora i denti della belva. Nè Ileo e lo stolto Reco, benché nemici, possono vituperarla n
lano, così Winkelmann si esprime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di questa divinità. Gli
inkelmann si esprime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di questa divinità. Gli angoli dell
del suo sesso, sembra ignorarle. Non. ha però umile e piegato a terra lo sguardo, come Pallade, ma libero, franco, giovial
iacevole occupazione, e quale appunto si conviene ad una dea, che per lo più rappresentasi in atto di correre; cioè dirett
tessa, presso Omero, fra tutte le sue belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che una corta veste, la quale non le o
al timor: già l’asse Cigolando si frange, e volar mira In mille parti lo spezzato carro Ippolito sicuro, e cade avvinto Ei
non lascia Che sfigurato corpo: orrido oggetto Ove trionfa degli Dei lo sdegno, E appena tu conosceresti, o padre. Raci
venne in appresso, poiché, secondo Plinio, tutta 1’ Asia concorse per lo spazio di dugento ventanni, o come dice altrove,
esso pelli di montone colla lor lana. Aveva (Questo tempio, continua lo stesso autore, 425 piedi di lunghezza e 200 di la
re che il tetto del tempio fosse di tavole di cedro, conforme avverte lo stesso autore; ma non so se vorremo prestar fede
el principio si dee. Solo a Diana Freddo rimase l’obliato altare. Può lo sdegno sui numi ancora: Inulta Io non sarò se ino
nate a una madre: a tanta impresa Mancan le mani: meritò la morte, Io lo confesso, eppur ch’egli è mio figlio Sento: dunqu
ncitore crudele, e re superbo? Voi poca polve e nude ombre sarete: Io lo vedrò? pera, l’iniquo pera, E tragga nella sua ru
di due volte, oppur la madre Aggiungi, crudo, alle fraterne tombe. Ah lo voglio, e noi posso: e che far deggio? Dei fratel
biga II silenzio sedea tuo fido auriga. » Ecate fu da molti reputata lo stesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo di di
stema dei Gentili riguardo a questo antichissimo simulacro, cioè, che lo consideravano come un simbolo della natura. Così
ella Grecia e dell’Asia qualche influenza, non dubiterò di ravvisarvi lo stile egiziano di rappresentare come fasciate le
solito aggiungersi intorno al volto delle deità. L’orlo rilevato che lo termina, dimostra abbastanza che non è un velo; e
disposto. Può questo ancora essere il simbolo del disco lunare, come lo è sovente nelle antichità dell’ Egitto, e il nome
e evangeliche predicate da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere. Una somiglianza di q
stolici, e perchè è troppo aderente al nostro argomento. Ho detto che lo credo piuttosto il sa cello della dea che il gran
n era Diana, in mille segni Leggea l’ingiuria del virgineo fiore. Ben lo vider le ninfe. Avea la luna Nove giri compiti, a
unse Fallante figlio della Terra. Nei petti più sicuri poneva terrore lo scudo della dea, che nel fine della presente Lezi
portare per schiarire un passo di Snida. Nel combattimento si voltava lo scudo in maniera che copriva il braccio sinistro,
dei quadri dai bagni di Tito conservati alla biblioteca del Vaticano lo provano: l’uno e l’altro colore possono indicare
le scevra di ogni debolezza di sesso, in guisa che sembra aver domato lo stesso amoreIndi è che gli occhi di Pallade servo
esti chiamavanle pupille, cioè fancilline, e quelli (grec), che suona lo stesso. Ha gli occhi meglio tondeggianti e meno a
eno aperti di Giunone; non solleva la testa orgogliosa, ed ha modesto lo sguardo, come chi tranquillamente medita. Tale pe
i quasi tutto il mondo allora conosciuto, ed ha, siccome Pallade aver lo suole, il capo armato d’elmo. Deggio qui però oss
Veha in Lucania, ove ha un elmo alato, tiene bene aperti gli occhi e lo sguardo, o mira orizzontalmente, o tende all’alto
tessa del mostro piuttosto che la sua immagine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che nel tempio
ella tunica. Quando la dea andava in guerra, nell’allacciarsi l’egida lo lasciava cadere sulle soglie paterne, ma nella no
padre immago, Arme arme intuona, e dalle spalle al suolo Lascia cader lo storiato peplo Dell’ingegnosa mano opra ammiranda
iedeva all’arte della lana, della gloria della quale era gelosa, come lo indica la favola di Aracne mutata in ragno per av
dice aver veduta Pausania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di questo modo di rappresentarla
. « L’attitudine di questa figura (così il Visconti) che tien posato lo scudo a terra, gentilmente reggendolo colla manca
anta diletta a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo stile di questa statua non sia eccellente, pure c
nde colla riferita descrizione della parma. Che poi tale si fin gesse lo scudo di Pollade apparisce da Plinio, che lo chia
he poi tale si fin gesse lo scudo di Pollade apparisce da Plinio, che lo chiama parma al libro xxvi. Gli scudi argolici de
greche monete dei Mamertini. La dea ha le sue solite insegne, l’elmo, lo scudo argolieo, che a lei forse si dava perchè le
consueto cimiero, che invece le si è fatto reggere colla destra, come lo regge nel bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed
. Reca di poi la ragione perchè col di lei simulacro s’immerga ancora lo scudo di Diomede. Indi propone alcuni riti e prec
i Diomede. Indi propone alcuni riti e precetti di cerimonie, affinchè lo fanciulle in tal giorno anniversario non tocchino
e l’albor caro Mira sparso di sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso nido. Ma di Minerva il cor pietà percosse,
dormirono nelle loro caverne. Arrivata alla capanna dell’eroe Anchise lo vide, che in disparte dagli altri suonava la cetr
valcioni sopra un ariete: ma il soprannome di Epitragia che significa lo stesso, sembra appartenere a Venere eh’ è assisa
inistro, non è taciuto dagli antichi; anzi è illustrato da Festo, che lo appella spinther, e lo spiega: genere di braccial
dagli antichi; anzi è illustrato da Festo, che lo appella spinther, e lo spiega: genere di braccialetto che le donne sogli
sito ancor oggi detto Prato bagnato, forse dall’acque e dai bagni che lo rendevano anticamente delizioso. Presso della med
sotterrata una base antica con lettere greche che significano: Bupalo lo fece. Per quanto però sia verisimile che questa b
ta; Ch’ei pur non vuole, e Proserpina il tiene Legato sì, che mai non lo discioglie. Pon fine, o Citerea, al tuo lamento.
hè (grec) in greco si chiama l’accennato animale. Venere Versicordia, lo stesso che (grec) dei Grccì, adoravano i creduli
o di Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione di alcuni che fosse lo stesso che la dea Siria, quantunque Luciano creda
grazioso l’epigramma che su questo simulacro si legge in Ausonio, che lo tradusse dal arreco. Eccone il senso: Pallade vid
uesta dea in parecchie altre sculture. Il petto, in parte discoperto, lo abbiamo considerato come proprio dell’ effigie di
ueva era con infamia escluso dal corso. Se alcuno era superato da chi lo seguiva, per legge del giuoco era costretto a dar
utile ritrovato attribuiscono a Prometeo, più antico del dio, secondo lo Scoliaste di Sofocle, e ch’ebbe con esso ara com
ati e rosi. Il picchiar de l’incudi e de’ martelli Ch’entro si sente, lo strider de’ ferri, Il fremere e il bollir delle s
un tempo un soffio Moltiforme, pieghevole, che a norma Della man che lo regge o pieno, o parco, Cresce, o s’allenta, e ve
artel, che cala Con grossi colpi: il docile metallo Cede alla man che lo governa, e ‘1 segna D’orme diverse, e a suo piace
oste falde Ne fanno il corpo; ma ‘1 più nobil fregio È quel che tutto lo figura e veste Di sculti gruppi e svariate forme
ietre chetamente assisi Libran fatti e risposte: alfin sorgendo Alzan lo scettro, e stendono a vicenda La mano al voto: og
giano, le viti Regge un lungo filar d’olmi d’argento. Siepe di stagno lo ripara, e fosca Di ceruleo metal fossa lo cinge.
d’argento. Siepe di stagno lo ripara, e fosca Di ceruleo metal fossa lo cinge. Guida colà solo un sentier, per quello Ven
tetti, Tranquilli alberghi d’innocenza e gioia. Per vaghezza maggior lo sporto artefice Un coro figurò vario girevole Sim
gloria di esser padre del dio della guerra. Tero, che in greco suona lo stesso che la ferocia, gli fu nutrice, e presso b
ul quale auriga, siede Bellona con sanguinoso flagello. I cavalli che lo trasportano, prendendo il nome dall’ effetto che
sonno, e lasciò sorprendere da Vulcano i due amanti. Sdegnato il dio lo converse in un uccello del suo nome, giacché Alet
rse in un uccello del suo nome, giacché Alettrione in greco significa lo stesso che gallo, e porta ancora la pena della su
gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene di bronzo legato lo tennero per tredici mesi, e perito forse sarebbe
ventura non fosse stato fatto accorto Mercurio, che con le arti usate lo tolse di furto. Ascalafo figliuolo di Marte, che
accendere nell’animo di Giove terribile furore se la dea Minerva non lo avesse ra:?2:iunto. Gli trasse l’elmo, lo scudo e
urore se la dea Minerva non lo avesse ra:?2:iunto. Gli trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza
a data a Minerva stessa, onde la dea suscitò Diomede a pugnare contro lo stesso dio della guerra. Appena lo ebbe Marte ved
a suscitò Diomede a pugnare contro lo stesso dio della guerra. Appena lo ebbe Marte veduto che la lunga asta contro gli di
le guerre. — Pure, essendo suo figlio, ordinò al medico degli Dei che lo sanasse. Peone pose sulla sua ferita un balsamo e
che lo sanasse. Peone pose sulla sua ferita un balsamo eccellente che lo risanò senza, fatica; che nulla è di mortale in u
’incauta trama di Vulcano. Nettuno, il più severo, pregò istantemente lo zoppo fabbro a slegare Marte promettendogli in su
otivi di questa appellazione il più probabile è quello di Servio, che lo vuole derivato perchè nelle guerre or l’ una or l
quasi per allontanare i nemici. Fu detto Enialio da Enio, la quale è lo stesso che Bellona, ed è del nume sorella, come a
suoi figli il Terrore e la Fuga. Una sola figura del Palazzo Borghesi lo mostra con un anello alla gamba, alludendo forse
harba: del che pur ci fa fede un antico scrittore. Ma un Marte, qual lo vorrebbe il signor Vatelet, di cui ogni minima fi
episodio della Tebaide, il quale è pieno di bellissime immagini, come lo concedono le mie forze. Vide i principi: della T
o per la caccia nell’Arcadia scoperse l’antro custode di tanto pegno, lo indicò a Giove che mandò le Parche a Cerere perch
ichi, volendo indicare che l’oro toglie la luce dell’intelletto a chi lo possiede, a chi lo cerca. Abitò Cerere in Corcira
are che l’oro toglie la luce dell’intelletto a chi lo possiede, a chi lo cerca. Abitò Cerere in Corcira, o Corfù, la quale
ella nutrice. Scorse il padre fra le tenebre in agguato, che la donna lo nascondeva fra le fiamme; gridò, e Cerere irata a
avuta un’origine quasi comune, perchè l’invenzione dell’una necessitò lo stabilimento dell’altra. Quindi è che gli antichi
isce all’agricoltura a questa divinità, e ai suoi primi allievi. Così lo staccio non poteva essere a meno che consacrato n
staccio non poteva essere a meno che consacrato non le fosse; infatti lo porta sopra molti monumenti. Differiva poco dalla
cielo Si unirà coll’abisso, e tìan confuse Tenebre e luce. — Sì parlò lo dio. Mercurio gli astri occupa già; l’ascolta Gio
e. Una rappresenta questo insetto ai suoi piedi, l’altra al suo carro lo aggiunge. I galli piacevano a Cerere, ed uno si m
tita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba nell’altra, lo che accennava i mal graditi abbracciamenti di Net
iziana, perchè poco da Iside differisce, o sia per accennare che deve lo stabilimento della sua religione alle colonie egi
la fatica sussistenza migliore. Ammirando Cerere il ritrovato di lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costellazioni so
ussistenza migliore. Ammirando Cerere il ritrovato di lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costellazioni sotto il nome
fargli disprezzare, se è savio, i doni della Fortuna. Questa dea era lo stesso che Cerere, secondo Dione Crisostomo. Infa
si vede in due gemme del Museo Stosciano. E mi si conceda di portare lo stesso giudizio sulla rappresentazione dello stes
tesso soggetto sotto il quale si vedono i dodici segni dello Zodiaco, lo che si riferisce alle relazioni immaginate più ta
mpani frenare, e tacque il coro; II coribante non picchiò la spada, E lo scudo ammutì. La chioma orrenda I leoni chinar, b
Augurio non inteso: e già nasceva Fadre Oceano sull’estrema tela; Ma lo stridor delle tenaci porte Le dive le additò. Las
te celebrare un sacrifizio detto ^V7f/t« coli’ oggetto di allontanare lo sdegno della dea, se per caso nelle cerimonie ave
ome all’aura lievi L’error permette: il certo arco è disteso: Ozii ha lo strale, e dietro al tergo suona La pendente faret
per la figlia rapita. Soggiungevano: Lo tolsi dalla cesta mistica, e lo trasferii nel calato, o paniere. Quindi lo bevvi
lsi dalla cesta mistica, e lo trasferii nel calato, o paniere. Quindi lo bevvi in un piccolo bicchiere chiamato catulisco.
emonace e Socrate l’omisero. Quanto vaglia l’autorità di quest’ultimo lo sa chiunque ama la virtù, e non cerca di scemarle
Attico, Augusto, Adriano, Marc’ Antonino il filosofo. Nè dimenticherò lo Scita Anacarsi, reso ancor più famoso dall’ opera
proscritto dagli Ateniesi Diagora Melio, e preposto un talento a chi lo uccidesse, due a chi vivo lo conduceva. Ed Eschil
agora Melio, e preposto un talento a chi lo uccidesse, due a chi vivo lo conduceva. Ed Eschilo, padre della Tragedia, cors
se travi, e sciolga meco fragile legno pel mare. — E a tanto arrivava lo scrupolo del rigoroso silenzio, che cogli Dei ste
per forme e per onor, potea Con gli strali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo portasse: arte felice, Emula di natura, a l
si marita all’olmo. Non lungi è un lago, che i Sicani Pergo Chiamar: lo cinge colle frondi il bosco. La vista ammette nel
ri portò primo ]a luce dell’istorica congettura, non osa determinarne lo spazio, quantunque semhri propendere pei nove gio
di Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con error manifesto lo rappresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Te
ervice è Dite: Moversi tenta, e cogli stanchi serpi L’asse trattiene: lo zulfureo tergo Segnano l’orme del fumante giro. C
coi monumenti degli artisti, colle descrizioni dei poeti, per quanto lo concedeva la tenuità delle mie forze e la vastità
to. Numa Pompilio fece fabbricare in Roma un tempio alla dea Vesta, e lo fece costruire quasi in forma di un globo, non gi
o, nel mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano di Vesta. Pure lo stesso nei Problemi, indagando la ragione perchè
loro fosse dato per la somiglianza che avevano colla Terra, reputata lo stesso che Vesta. Questa differenza rende maggior
Roma era aperto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel giorno stesso gli uomini n
ti nutrì, da questi lacci Salva la figlia tua: rendimi il sole; O se lo vieta il fato, ah vieni almeno Vieni a vedere il
rrotte. Perì l’opra divina, il ragno audace Con sacrilego fìl supplìa lo stame! Non piange il danno, nella cara tela Impri
rra e l’Amore. Per favellarvi delle altre divinità minori io terrò lo stesso ordine che Esiodo, il quale nella sua Teog
ntichi ci condurrebbe a delle dispute metafisiche, dalle quali aborre lo scopo delle mie ricerche. Quali genitori dia la f
scritto, fra gli Dei terrestri ed infernali, ed ebbe molti nomi come lo stesso scrittore nel Prometeo attesta. Pausania
terribile, ma sono i quattro corsieri del Sole; eglino hanno divorato lo spazio, i loro piedi percotono l’aria, ed allonta
e dell’uno e dell’altro nome. Esiodo non gli attribuisce genitori, ma lo fa succedere al Caos ed alla Terra. Secondo Cicer
ere; il terzo nato dalla Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos
Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terra. Acusilao
d un fra tanti osava Vietar la colpa e trattener la scure. Il Tessalo lo mira e: prendi, esclama, Premio della pietosa ani
iscende il censo avito, E le sue membra a lacerar col morso Necessità lo strinse, e col suo corpo II misero la vita e scem
tributi d’Amore: « Chiunque fu che primo dipinse Amore fanciullo non lo giudichi maraviglioso artista: « Egli primo conob
n beni periscono: « E non invano gli diede Tali veloci, ed errar fece lo dio negli umani cuori: poiché or qua, or là siamo
arravano che loro fu tolto da Cajo imperatore dei Romani, che Claudio lo rimandò, ed ultimamente fu di nuovo rubato da Ner
tto fu commesso di notte. Sopra un altro monumento, che rappresentava lo stesso soggetto, ma che non esiste più, la Notte
che non manca nè di verità, nè di morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe ravvisare pel figlio di Venere compagno d
terno di Guido. Quel che sicuro è, che la moltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di quest
D’asprezza colme: o notti acerbe e dure! » Alato, come avete udito, lo hanno figurato i poeti, perchè con prestezza tutt
olore, e non sempre serpeggia fra le lacrime dell’infelice. Ma s’egli lo ricopre colle sue penne può disprezzare la servit
fumo in aere od in acqua la schiuma. » Quindi è che fratello di Lete lo disse con ragione Orfeo, che chiamò pure quiete d
ve sarebbe perito, se la Notte domatrice degli uomini e degli Dei non lo avesse salvato. Non vi è istoria nè favola veruna
Collegio Clementine in Roma. Un’ urna della Villa Panfìli ci presenta lo stesso genio addormentato coli’ ali ripiegate, e
re l’ali alle tempie, ha più agli omeri due altre ali di farfalla che lo adornano ancora nel Museo Matteiano. « Queste min
ibuirne a questo Nume dell’altre, che niuno forse avrebbe pensato che lo rappresentassero. «  La prima è la testa barbata
ignificato del ramarro, che vedesi scolpito a’ piedi del putto? Forse lo stesso che quel del ghiro per l’apparente sua son
scarsa lettura dei greci scrittori presso dei quali ha costantemente lo stesso significato. « La terza osservazione rigua
zo all’antro Sorge di ebano un letto, e nero velo Lo copre. Qui giace lo dio: le membra Il languor gli discioglie: i vani
avaglio le ripari: i sogni Che gareggian col ver vegga Alcione; Giuno lo vuol. — Sì detto, Iride parte: Più del sopore tol
di Ascra gli assegna per fratelli. Celo sposò col tempo la Terra, che lo fé’ padre d’insigne moltitudine di figli. Questi
econdo alcuni, di Febo istesso. « Lodevole è l’interpretazione che fa lo Scott sì della spelonca da lui riconosciuta per l
ata ad un tripode, ingegnosamente da lui spiegata per Biante Prieneo: lo che tanto più si rende verisimile quanto è certo
dall’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultore di tal monument
delle due figure debba appropriarsi ciascuna iscrizione. Il Cupero e lo Scott credono la figura inferiore quella della Me
atti, secondo Servio, l’orecchio è sacro alla Memoria, come la fronte lo è al Genio: quindi elegantemente Virgilio: Apollo
ella sovranità presso i monarchi dell’Asia. E in Cibele tanto solenne lo stare a sedere che nelle monete, le quali come pr
monumenti figurati la dea ora regge colla sinistra il timpano, mentre lo percote colla destra armata di un plettro a più s
lle medaglie ove quattro leoni attaccati al suo cocchio or lentamente lo tirano, ora a pieno salto si sollevano. Vi è anco
costume. Tanto è il potere della superstizione: In altro luogo Ovidio lo canta converso in pino. Pretendono altri che Cibe
etendono altri che Cibele innamorata punisse in lui l’infedeltà e non lo spergiuro. Che che ne sia, Ati è celebre nella Mi
tanto benemerito delle Belle Arti per la sua Storia Pittorica, quanto lo è dell’ Antiquaria pel suo Saggio sulla lingua et
ene Pel soverchio ronzare, Senza cibo gustare Dannosi a riposare. Per lo languore Onde vacilla il pie Pigro sopore Ad esse
velo Coi robusti corsier piedisonanti, Veloce il sonno dalle luci de lo Svegliato Ati sen va. La diva moglie Pasitea fret
sere ivi erettto. Il secondo impiegavasi per cercare a suon di trombe lo smarrito Ati. Il terzo rappresentava la consacrat
e astinenza. Il quarto si passava in gioia e scherzi festivi, placato lo sdegno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali
tavolato conducevasi il toro, e altra vittima se v’era annessa (e per lo più un montone, delle volte ancora un caprone) ed
quei fori piombasse come pioggia addosso al devoto, e da capo a piedi lo tingesse. Rimosso indi il cadavere dissanguato de
rche. Ora di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella
e ciò non sopportando, ordì pei consigli materni insidie contro Celo, lo incatenò, gli fece quell’oltraggio ch’egli poi so
allora per moglie Opi, o Rea, sorella; ed avendo udito che un figlio lo avrebbe cacciato dal trono, stabilì di uccidergli
ni, fra i quali Platone, che Saturno non fuggisse, e che legge eterna lo tenesse con Oiapeto fratello di lui, come piace a
to altri, i quali, sentendosi colpevoli, si ofi’rirono volontarii per lo sacrifizio. A questo, scrive Plutarco, che il suo
ettavano nel Tevere, delle figure loro rassomiglianti, e con ciò levò lo scrupolo che poteva nascere da questo cangiamento
’arti più necessarie. Polifemo figlio di Nettuno è loro capo, e porta lo stesso nome che uno degli eroi dell’Iliade. Non v
rno, ma il poeta tragico dimenticava che eglino erano immortali. Così lo Scoliaste osserva che secondo Ferecidè, Apollo no
erdoti avevano la reputazione di guarire le morsicature dei serpenti: lo che eglino facevano probabilmente applicandovi l’
e suppongono che eglino aveano passato dalla Frigia in questa isola e lo sbaglio di quelli che s’allontanano in questo pun
: e ciò soave e grato È fra i mortali. Ma trovarlo è pena, Tu il sai, lo penso, delle medich’arti Perito, e caro delle mus
bette, Ed ei cantando Galatea, sul lido Sedea fin dall’aurora: in lui lo strale Della potente che su Cipro impera Fisso si
iso, il bianco giglio A te recando ed il papaver molle: Quei fiorisce lo estate, e questi il verno, Perchè tutto portare i
incatesimi. I Dattili Idei portarono nella Grecia il culto di Giove e lo stabilirono, secondo Pausania, in Olimpia: costru
o affidata l’educazione di Nettuno, e chiamati furono figli del mare: lo che mostra la loro perizia nella navigazione. Nè
i loro scudi con ferri come baionette. La danza dei Coribanti era per lo contrario accompagnata da movimenti quasi convuls
aginazione di Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci, quanto lo è quella di Michelangiolo fra noi. Nella seguente
n si trova in alcuna parte con uno scettro a due denti come ì moderni lo rappresentano, ma con uno scettro, che Pindaro ch
che al latino dite si riferisce. L’ orrenda maestà nel fiero aspetto lo manifesta pel re dell’ombre, e più lo distingue i
rrenda maestà nel fiero aspetto lo manifesta pel re dell’ombre, e più lo distingue il Cerbero che gli posa ai piedi, porti
esse la signoria al nume dei regni sotterranei, o infernali, che vale lo stesso. Forse per una simile ragione fu creduto P
e. « Quello che nel nostro simulacro interessa più di ogni altra cosa lo sguardo del sagace conoscitore, è la perfetta som
elle sue immagini. Difatti Dionisio il geografo, ch’era Alessandrino, lo riconosce pel gran Giove di Sinope ; e nelle mone
bevande erano veleni preparati per l’empio: ora Pausania indovina che lo scritto suppliva all’ espressione della pittura:
sso si vede un uomo seduto, che fa una corda col giunco: è Ocno, come lo mostra l’iscrizione; vicino ad esso è un’asina ch
avrebbe egli dato a questo principe questo bastone di comando, perchè lo scettro, che ne era il segno naturale, qui perdev
na fu fatto uccidere da Peleo. lasco vuol veder questo anello, e Foco lo lascia prendere come pegno dell’amicizia antica.
ileo guarda il loro giuoco. Si vede che ha naufragato dalla spuma che lo copre: Polignoto ha qui riuniti tutti i nemici di
e di campagna, e sembra invitare Pentesilea ad avvicinarsegli. Questa lo guarda, ma dal suo volto si vede che lo disprezza
lea ad avvicinarsegli. Questa lo guarda, ma dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta nelle sembianze di una giov
ritti da Omero. Di più vi ha uno scoglio che minaccia schiacciarlo, e lo tiene in continuo spavento. Omero non dà altri to
non dà altri tormenti a Tantalo che una sete ardente, e una fame che lo divora. Ma Pausania osserva che Polignoto ha segu
Vinto ogni caso, Tornava il vate a riveder le stelle: Retro Euridice lo seguia. La rese Proserpina a tal patto. Incauto a
ere di Giove, ma di. Giove truce ed iracondo, quale Seneca tragico ce lo accenna. Winkelmann attribuisce a Plutone la chio
nn; ma ha la chioma legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle pitture del sepolcro dei Na
rsi altrettante dee che i Latini dissero Furie, ed i Greci Erinni per lo stesso motivo, giacché loro si attribuiva il furo
alle, mentre qui una delle figure alate n’è priva, e l’altra senz’ali lo porta. Sarà piuttosto una specie di legami destin
o suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva predetto che un suo genero lo avrebbe ucciso. Costretto dalla fortuna della gue
e mano Prendo il pugnale (e non t’ascondo il vero) E ben tre volte io lo ripresi, ed egli Dalla man feminil tre volte cadd
l tre volte cadde. Ma spinta pur dalle minaccie altere Del padre mio, lo scelerato ferro Di novo prendo, ed arditetta il f
avranno un giorno Generi strani e peregrini amanti? Ma presuppongo, e lo confermo vero. Che fosser degni di morir: che abb
n fondo del basso rilievo sono espressi i dodici segni dello Zodiaco, lo che fa allusione alle relazioni, immaginate più t
ntico pelo. Gridando: Guai a voi, anime prave: Non isperate mai veder lo cielo: l’ vegno per menarvi all’altra riva, Nelle
come udiste da Pausania nella descrizione del quadro di lui, vecchio lo ritrasse. Questo dio stimavasi crudele; e davanti
sero di regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di Creta, e non figl
di Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vuole discepolo di Giove, e dice che in quest’iso
che gli fu ospite liberale. Ma le di lui figlie ingannate da Dedalo, lo uccisero gettando all’improvviso acqua bollente n
iuolo di Giove e giudice all’Inferno. L’avventura di Niso giustissimo lo dimostra. Regnava questi in Nisa città vicina ad
e a lui spettava di giudicare delle cose che erano dubbie. Omero ce lo presenta con uno scettro alla mano, sedente in me
prudenza ed amore del giusto stimato degno di tanto uffizio. Focilide lo celebra come l’uomo il più temperante: certamente
e giudici dell’inferno, e fu anch’esso figliuolo di Giove. Al Tonante lo partorì Egina figlia di Asopo, dopo essere stata
vì per far credere che fosse un fiume infernale, nè poco vi contribuì lo stesso nome, che significa soffocazione, urlament
llante, a cui generò l’Idra: ebbe da Acheronte la Vittoria, la Forza, lo Zelo, che militarono con Giove contro i Titani, o
a, ha pensato ingegnosamente di dare al braccio stesso un’ azione che lo fissasse nella positura caratteristica, nel tempo
e che lo fissasse nella positura caratteristica, nel tempo stesso che lo facesse apparir verisimile. Più naturale azione e
e a Maratona, venne quel marmo in mano dello scultore Agoracrito, che lo prescelse ad efiSgiare una Venere, soggetto che v
. Non fu strano il cangiamento, nè assai difficile, non avendo ancora lo scalpello di Prassitele osato di rappresentar nud
ii della nostra religione, e fede ne fanno i seguenti versi: «Colui, lo cui saver tutto trascende. Fece li cieli, e die l
de’ senni umani: Perchè una gente impera, e l’altra langue. Seguendo lo giudicio di costei, Che è occulto come in erba l’
farsi con tanta velocità quanto si volge una ruota. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, compose di molti simboli la su
l simulacro però posto nel senato fu occasione di scandalo, posciachè lo stesso imperatore, dandogli il significato della
Fortuna si assomigliava principalmente a una Vittoria. L’unirono per lo più però con la Croce, o altri segni, per levarle
timo. E noto che gli antichi staccavano il timone dai loro navigli, e lo sospendevano al fumo nell’avvicinarsi dell’autunn
iodoro e Plutarco, che le attribuiscono gli elogi e la poesia eroica, lo derivano da (grec) che dicon significare gloria e
tono a’ Greci i Latini Orazio, Ausonio, Petronio, Afranio: quantunque lo scoliaste di Apollonio le attribuisca le Matemat
presi dal Kirkero per fiaccole, ed è nel piano superiore. Il Cupero e lo Schott la ravvisano per tale: quello soltanto che
zzo, ed ha il solito distintivo delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli altri espositori di quel monumento,
, con la cetra allegorica dei conviti, i quali avevano presso i Greci lo stesso nome colla nostra Musa, e che perciò dovev
in fatti, sono d’accordo su ciò la maggior parte degli antichi. Pure lo scoliaste d’Apollonio e quello dell’lntologia le
oggia il piede sovra un sasso nella stessa guisa della nostra statua, lo che sempre più ci assicura che r artefice non ha
amante o filosofessa; giacché la Filosofia era, secondo gli antichi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni han dedotto
ni, poiché di sonno hanno bisogno quelli che interrogano l’oracolo, e lo stesso sonno è dipinto con faccia tranquilla, ed
ando da Troia, fu ricevuto da Clitennestra Agamennone, cosi ebro, che lo stesso Egisto non ha temuto di osare tanto delitt
itennestra poi, coir insidia del peplo chiuso circondando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli
verse maniere scritto, ci offra differenti etimologie, vi ha pure chi lo deriva dal molto ricordarsi delle passate cose, c
ne. — Quell’epiteto grati alle donne, mostra con quanta ragione abbia lo scultore di quel bel bassorilievo rappresentata E
erizzasse, determinandola al tempo stesso per una delle muse di Pindo lo star seduta come le altre sovra un sasso. Quello
proprio di una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica di Pallade, lo è maggiormente perchè presiede alle Scienze; ed è
nacides dai Greci, e sta colla destra alzata, che reggeva anticamente lo stilo, non so se disposta a segnare sulla cera le
di simili tavolette, che, colla facilità che offrivano di cancellare lo scritto, animavan l’autore a quei miglioramenti e
, il poema, per distinguerla da Clio, che ha pure in quelli intonachi lo stesso attributo. Più avvedutamente r artefice de
mostrando loro quanto più di riflessione e di ponderazione richiegga lo scrivere ciò che in versi si vuole esporre che ci
a. « Nè solo ha espresso ciò nel dare alla sua Calliope i pugillari e lo stilo, ma l’ ha indicato nell’aria attenta e pens
sumerle tutte, e distinguere in ciascuna le diverse Muse. « Il Begero lo ha tentato, ma non ha seguito altra scorta che qu
dalle più ricevute opinioni. « Per farmi meglio comprendere, seguito lo stesso ordine in cui sono disposte nel rame del T
hi monumenti effigiarsi. La sesta moneta ci dà evidentemente Talia, e lo dimostra l’aratro eh’ è nell’area, emblema dell’A
are nel settimo tipo Melpomene, Euterpe detta dal Begero, la quale ha lo scettro dietro la testa nell’area del dritto, che
uò esser ritratto, delle quali se alcuno arriva alla minima, ha fatto lo dio, poiché i corimbi tessuti in serto sono indiz
accanti si servono di cimbali, nè i Satiri di tibie presentemente che lo stesso Pane frena il suo saltare perchè non turbi
e Achille amasse Antiloco voi potete averlo rilevato da Omero, quando lo vedete il più giovane di tutti i Greci, e pensate
a sua divina presenza: quanto al figlio di Tideo una libertà generosa lo esprime. Voi ben discernerete ancora Aiace di Tel
l’è recisa dopo la morte di Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostrerà, la sua grande ‘ statura e i suoi rasi c
e gli antichi moralizzavano su queste divinità, come fra l’altre cose lo mostra l’uso singolare di collocare le Grazie in
olta e trasparente. Vogliono alcuni che una dia il benefìzio, l’altra lo riceva, la terza lo renda. Pensano altri che vi s
Vogliono alcuni che una dia il benefìzio, l’altra lo riceva, la terza lo renda. Pensano altri che vi siano tre generi di b
o? Perchè un benefìzio passando per diverse mani ritorna sempre a chi lo dà, e perchè tutta la sua bontà se ne perde se è
delle Grazie, perchè così sono quelli che fanno il bene e quelli che lo ricevono. Giovani, perchè non deve invecchiare ma
a terra e le mani alzate. I due Numi si riconoscono ai loro simboli; lo scultore, perchè non sembrasse preghiera ciò eh’
ontro 1 Troiani (perchè savio e modesto risparmiava allora gli Dei, e lo incorraggiva allora col suo scettro) ma adesso ch
scettro) ma adesso ch’egli è oltraggiato, impugna il suo tridente, e lo scoglio che Aiace sostiene sarà scosso onde cada
rcito, onde ella possa togliersi il corpo col consenso di Giove. Ecco lo trasporta già: essendo la premura che si dà espre
ni malat tia. Trigone fu la nutrice dello dio, ed il centauro Chìrone lo educò nelle arti mediche, per le quali tanto cele
la Salute era ancor dato il serpente per l’attenenza con Esculapio: e lo facevano in atto di dargli da mangiare, per allud
one, laso, Panacea, e la Salute stessa, i quali tutti, secondo scrive lo scoliaste di Aristofane, son presi dal sanare; a’
e siede: questa diversità rende il nostro assai più pregevole, poiché lo possiamo credere una copia di quello descrittoci
o superiore alla mediocre esecuzione del gruppo, nel tempo stesso che lo dimostra una copia, ne persuade sempre più la pro
nità. « Ad Esculapio è stata adattata una testa con barba essendo per lo più barbato questo nume nei monumenti, cominciand
a biga terribile per saccheggiar la casa del vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile di persuaderlo con gli ogget
iride, coli’ oggetto di lusingare la greca ambizione. Cadmo, ripiglia lo storico, profittando della simiglianza che un fan
lita da Orfeo, e perdonar si deve all’antichità questo errore, poiché lo deve ai versi di tanto poeta. Ed il sentimento de
nudità dai mitologi attribuitagh, ma sempre con lunghe treccie, e per lo più così sparse intorno al collo, agli omeri, al
rno al collo, agli omeri, al petto. Coi ricci pendenti di qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia di teste sicuramen
sta, benché propria del soggetto, non apparteneva a quel gruppo, come lo indica il differente lavoro dei capelli che pendo
gesso della testa sul gesso del nostro torso corrispondono cosi bene lo stile, gì’ incisi delle treccie, le proporzioni,
Bacco, come la corona di pampini, e la fascia che stringe la fronte, lo provano. Ma un’altra prova non meno certa del sog
sere rappresentato di forme feminili. Quindi un latino epigramma così lo descrive: « E trae il tenero Bacco la forma di un
in altro monumento così bene espresso queir epiteto feminiforme, che lo scrittore della Natura degli Dei credeva essere u
rto antico. Dei Celesti mirò sorger le ascose Risse il Tonante, e per lo nuovo regno Scosse il silenzio dell’eterea pace.
te e giorno Lo Dio; su Lenno minando suona: Un grido scosse la città: lo trova Prono sopra uno scoglio; aiuto e pianto Off
bor sulla cima assiso La madre, qual lion tremendo, il figlio Che con lo dio combatte, e lui mostrava Alle Baccanti del fu
lve Si rivolge, traeva: altra gli svelle La destra in atto di pregar: lo tira Per l’altra mano Autouoe a se, la madre Erra
a: Mira il lion eh’ io riconosco; ah spesso Sulle ginocchia mie lieta lo pose Armonia, e quindi le porgeva il petto. Spett
rizione. Egli scelse il quinto, che renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nettare, afiinc
l quinto, che renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nettare, afiinchè Bacco facesse salir
ha avuto i suoi primi favori. Dopo molte dimando la persuade che, se lo crede Giove, lo inviti a venire da lei in tutto l
primi favori. Dopo molte dimando la persuade che, se lo crede Giove, lo inviti a venire da lei in tutto lo splendore dell
a persuade che, se lo crede Giove, lo inviti a venire da lei in tutto lo splendore della sua gloria, ed armato del suo ful
tuo beato alunno. — Una rupe sovrasta al mare, incava L’ime sue parti lo spumante flutto: Nell’aperto Ocean sorge la front
il giovine Bacco, finché il parto arrivasse al suo termine, e non ve lo tolse che per darlo alla luce. Nell’istante di qu
cioè di toro e di serpente. Quindi il poeta ci dipinge Mercurio, che lo porta a traverso dell’aria per confidarlo alle ni
fetto. Il dio si volge verso lui, e gli dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla sua nascita, e finisce per dire,
lusinghiere: lo interroga sulla sua nascita, e finisce per dire, che lo conosce e sa che è figlio del Sole e della Luna.
re dei teneri rimproveri da Bacco, che tutti i pericoli gli dimostra: lo avverte sopratutto di guardarsi dalle corna del t
: toglie dei giunchi del fiume per farne una frusta, e cinge di fiori lo corna dell’animale. In questa positura sfida la L
sfida la Luna, della quale il carro è dai bovi condotto. Que sta dea lo punisce della sua insolenza, mandando un assillo
. Egli bagna di lacrime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre di rose e di gigli. Versa nelle piaghe l’am
. Ampelo, quantunque morto, era tanto bello come quando viveva. Bacco lo contempla, ed esprime il suo dolore: minaccia del
lberi i quali protegge colla sua ombra. Bacco prende il nuovo frutto, lo spreme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore
’edera e dalla vite. Non danzò mai al suono delle tibie: tutto questo lo poneva ad ira. Ah fu ben stoltezza il non avere i
i vestiti, che rappresentavano il cielo e le stelle. Con questo treno lo dio lascia il soggiorno di Cibele, e s’ incammina
ge le sue preghiere, e scocca una freccia sul misero amante. Le ninfe lo piangono, ed Amore giura di vendicarlo, sottomett
. La segue per tutto: ma la crudele nega soddisfare i suoi desiderii, lo minaccia, e s’ invola alla sua persecuzione. Bacc
la resiste ai suoi sforzi: egli si misura collo stesso Bacco. Il nume lo respinge vigorosamente, e Oronte dopo essersi tra
ppresenta Stafilo e Botri che sopra un carro vanno davanti a Bacco, e lo invitano ad accettare l’ospitalità, ed è dipinta
brezza: in seguito vanno a dormire come Bacco. Lo dio ha un sogno che lo sveglia, s’arma, chiama i suoi Satiri: Stafilo e
quanto ei s’ erge dal profondo flutto, Tanto in su Perseo vola, onde lo stanco Mostro per lo sicuro eter delude, E gii pe
l profondo flutto, Tanto in su Perseo vola, onde lo stanco Mostro per lo sicuro eter delude, E gii percote la contraria fa
gli appartamenti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, colle sembianze di C
seguito a trovar Bacco, e prende per ingannarlo la forma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di amicizia Licurg
igne per tutto, e minaccia Nereo e Bacco. L’Arabia soccorre Licurgo e lo libera onde porlo fra gì’ immortali, e sacrificar
divinità marine, gli sono liberali d’ ogni cura, mentre che i Satiri lo cercano e lo piangono sopra la terra. Scolmo fina
ine, gli sono liberali d’ ogni cura, mentre che i Satiri lo cercano e lo piangono sopra la terra. Scolmo finalmente viene
e stelle. L’araldo ritorna, e gli arreca la risposta di Deriade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l’Oriente. Deriade
eguente Minerva sotto le forme di Oronte appare in sogno a Deriade, e lo muove a combattere con Bacco. — Tu dormi, Deriade
o subito, e nascondersi nelle onde. Era egli un dio quando un mortale lo pose in fuga?—  Terminate queste parole, Minerva
Deriade pieno di un’orgogliosa fiducia dispone i suoi Indiani contro lo dio, e loro rivolge un discorso pieno di disprezz
è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e gli amici di Capaneo lo seppelliscono in Argo, essendo stato ucciso da Gi
stita, onde il sacrifìcio sia più caro agli Dei. Non rivolge indietro lo sguardo, ma sembra in atto di chiamare il suo mar
i soldati di Bacco armati del solo tirso battono gì’ Indiani. Deriade lo riprende vivamente, e n’accusa la vile paura. Mor
hanno i nomi coll’Iadi comune. Giunone sostiene Deriade, e terribile lo rende agli occhi di Bacco che prende la fuga: Min
e terribile lo rende agli occhi di Bacco che prende la fuga: Minerva lo richiama al combattimento, e gii rimprovera la su
i dalla diva. Iride va a trovar Morfeo, e nelle sembianze della Notte lo persuade a vincere colla sua quiete gli occhi del
la sorte di suo padre. Venere commossa, invia Aglae a Cupido, ed essa lo trova sulle sommità dell’Olimpo. Aveva accanto il
, ed il fan cìullo vola verso la reggia di sua madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espone il motivo dei suoi timori p
mente lo abbraccia. Gli espone il motivo dei suoi timori per Bacco, e lo persuade a prender parte nella sua causa dello di
dia, vergine saggia che presentemente è neir armata delle Baccanti, e lo invita a innamorare di essa Morreo tremendo. Amor
arma contro l’eroe indiano, scocca contro esso un dardo potente, che lo accende dell’amore il più ardente per la bella Ca
piri che Morreo manda dal petto affannoso, ci pone davanti agli occhi lo spettacolo che offre il cielo nella notte. Yi si
ella forma di Satiro, dei favori della sua amante. La ninfa terribile lo fugge, e vuole precipitarsi nel mare piuttosto ch
e il nuovo liquore, ed insegnandogli il modo di coltivare la vite che lo produce. Icaro fece parte del segreto e del liquo
pparve in sogno alla figlia, che disperata andò in traccia del padre: lo trovò alfine, e disperata s’impiccò all’albero vi
custodito il corpo della fanciulla, e mostratolo a dei pellegrini che lo seppeUirono, morì sul sepolcro della padrona. Gio
ture scoperte ad Ercolano. Un’ iscrizione pubblicata poco dopo gli dà lo stesso abito per indicare il colore del vino. La
sso abito per indicare il colore del vino. La Base della Villa Albani lo rappresenta completamente armato com’ egli era ne
e con Buonarroti che questa figura rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdegno di Licurgo, si nascose nel mare presso Tet
Teti, come avete udito nel darvi l’estratto del poema di Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola di Samo si vede l
asso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno
a una fiaccola in mano per far lume a Cerere che cerca Proserpina. Ma lo dio si effigiava con essa nella mano, come si ril
iava con essa nella mano, come si rileva da Euripide che dice: Di più lo vedrai sulle delfiche rupi saltante con le faci.
lo che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la face. E Libanio, descriv
ii, mostra che aveva una face. Si adopravano queste, non tanto perchè lo credessero una medesima cosa che il sole, come vi
se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde di notte per lo più, perchè le tenebre portano venerazione. In un
nfinite volte menzione dell’ellera del tirso, onde sovente con figura lo chiamavano ellera: se noi vogliamo che la sia que
vevano esser cucite ad una per una, non attaccate ai rami. Poiché per lo più, senza che vi fosse altro ferro di sotto e de
alla divinità. Nè del nume bacchico è privo il fonte, come quello che lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così a
incontro come ad un amico e pare che aspetti qualche cosa da lui. Noi lo descriveremo col discorso come è dipinto. — Ripos
ti dall’amore che vi siede. Egli crede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello stesso modo nel quale è guardata.
quale è guardata. Molte cose avrebbero potuto dirsi della chioma, se lo avessimo incontrato quando era a caccia, poiché i
to la pieghi fino alla parte destra, che guardi i suoi fianchi, e che lo lanci come levandosi da terra, appoggiato tutto s
benda, che copre parte del capo, e la mitra che vela tutto. Luciano lo deride, quasi la cuffia fosse nel guerreggiare il
fizio col darne a Bacco il soprannome di porta ferule. Alle gambe per lo più ha coturni, calzatura dei tragici, essendo eg
o Sileno, che avendo avuto coda a’ lombi, tutta la sua posterità ebbe lo stesso segno. Col tempo si disser Sileni i vecchi
o è d’incerta e varia iisonomia. Quello del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che di lieto e di semplice, c
giacché si studiano di far corrispondere a diversi nomi diverse idee; lo che alla chiarezza di queste molto contribuisce.
amo negli autori che ne discorrono. E dove alcuni di questi ultimi ce lo danno per un vecchio ubbriaco e ridicolo, altri c
uesti ultimi ce lo danno per un vecchio ubbriaco e ridicolo, altri ce lo descrivono per un savio così lontano dall’impostu
Dimandava questi istantemente l’adempimento della promessa, la quale lo sleale Issione non volendo mantenere, invitò il g
berare. Trovò Eineo la morte nella casa del perfido genero, che cader lo fece in una fossa di carboni accesi, alla quale a
ssere del suo atroce misfatto espiato. Giove mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente nel cielo, lo mise a
e mosso dal suo pentimento lo espiò, raccolse liberalmente nel cielo, lo mise a parte dei suoi segreti. Issione divenuto f
re del Tonante violata la moglie; ma questi stanco di esser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruo
e la madre degli Dei, e introduce un Centauro che s’ off’re a portare lo stesso Bacco: E il Centauro, che ha l’ispida ed o
semplicità di vivere, per bicchiere, come a lungo fa vedere Ateneo, e lo testifica Plinio dei popoli settentrionali: e inc
e Centauresse sulle spalle alcune pelli consuete a’ Baccanti, che per lo più erano le nebridi, le quali propriamente erano
annovera ancora le pelli di capra e quella della pantera, imitata per lo più però e tessuta, perchè, come nota il Salmasio
ciò non ostante pur sono le loro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in c
nella destra, è sostegno un Fauno fanciullo che l’abbraccia, e quasi lo trae. Involto dagli omeri al piede in una palla,
ha il capo inchinato sugli omeri e coronato di edera. Una Centauressa lo segue, e i crotali, istrumento sonoro composto di
mente Alessandrino. Tali erano il talo, la palla, il troco, la pigna, lo specchio, i pomi, la trottola, le lane, a cui s’a
si per titolo dell’ Idilio di Teocrito Lene, o le Baccanti, e tenendo lo stesso rito delle pelli, del tirso, dei capelli s
nei vasi al vestito seminato di stelle, quale nella cista Kircheriana lo ha Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegn
è quello cui servono i Fauni con tanto rispetto. « Fulvio Orsino, che lo chiamò Sileno, non avrebbe potuto addur prova a c
imostran Bacco espresso più volte in una simil figura. Il Bellori che lo chiamò Trimalcione, trascurò al suo solito di oss
i. Interrogato Fidia, dopo aver fatto la statua di Giove Olimpico, se lo dio stesso si fosse degnato di manifestarsegli, a
to considerato dagli eruditi con critica sufficiente. Winkelmann, che lo ha pubblicato il primo, non ha bastantemente, a m
discerne il mento sbarbato. Nè può abbracciarsi il sentimento di chi lo volle un ritratto di Platone. Oltre le ragioni ri
e il soggetto della nostra statua è certamente un Bacco barbato, come lo provano tanti simili e non equivoci monumenti, l’
me lo provano tanti simili e non equivoci monumenti, l’iscrizione che lo vuol Sardanapalo, quantunque antica non sarà genu
gure Bacchiche, come la bella statua di bronzo d’ un Baccante ubriaco lo comprova. E siccome in espressione per lo più vol
onzo d’ un Baccante ubriaco lo comprova. E siccome in espressione per lo più voluttuosa solcano esser tali figure di Bacco
fonderla coir immagine dì Sardanapalo, che per quel gesto era nota, e lo scriverne il nome sull’orlo del pallio allontanan
è però grandiosa e nobile, qual si conviene ad un dio, e la fìsonomia lo mostra capace di grandi idee. Può dirsi veramente
a lui s’ inchina alcun poco Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto di una pelle di capriolo detta nebride
atua di questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra mano lo scettro, ed è tutta involta in un elegante panneg
è la seconda dea, che non avendo nessun particolar distintivo, sendo lo scettro che regge colla sinistra fregio comune d’
o al destro fianco. D’ un simil serto è cinto il giovin Baccante, che lo sostiene, e Mete dall’altra parte scuote un timpa
al suono della cetra gli affetti del Nume: e poeta e filosofo qual ce lo additava Virgilio, adopra la musicale armonia per
coltre era proprio a significare, come che avessero poi strettamente lo stesso nome due diversi generi di abbigliamenti d
isivo al mio credere per confermar questa opinione è il partito, onde lo scultore ha condotto il rilievo della figura, la
e le striscie di cuoio che stringe nella manca trattengono alcun poco lo sguardo dell’ osservatore. Nelle feste licee del
so, rappresentato in questo fanciullo, e sì le altre sue immagini, sì lo stato di ubbriachezza in cui Bacco si presenta me
sue immagini, sì lo stato di ubbriachezza in cui Bacco si presenta me lo fanno congetturare. Il nume è coricato su d’un ca
ondo il costume de’ banchetti. La donna che presso al cocchio par che lo guardi con af fetto, è forse Nisa, la sua nutrice
po come l’Indiano sull’elefante, ed un giovine seminudo. Una Baccante lo stimola col suo tirso. Altri portano canestri di
. Ercole siede alla destra di Bacco quantunque nume inferiore, perchè lo scultore, seguendo l’esempio dei vetusti Greci re
dei boschi e delle fontane, come la compagnia di veri Satiri e Fauni lo fa arguire. « La Baccante di questo bel bassorili
attere, giacché la piccola coda, che se gli attorce sotto le reni, ce lo indica un Fauno fanciullo. « Sembrerà strano, cre
crin s’appiglia; e mentre sì l’attizzano. Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. 1. Lettera al Professore Francesco
i Numerio intorno al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito di Dio era portato sopra l’acque, narra c
8 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
istinguevasi Giasone per avvenenza e per regale aspetto ; e Dante che lo pose nell’ Inferno come ingannatore di femmine, n
promise di sposarla e di condurla seco ad esser regina in Grecia, se lo aiutava colle arti sue ad impadronirsi del vello
ia per cui passar doveva suo padre, affinchè questo ferale spettacolo lo ritardasse, arrestandolo a rendere alla salma del
aveva sperato di essersi tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello
he Medea col sugo di certe erbe trasfuso nelle vene del vecchio Esone lo ringiovanisse,73 poichè tutti gli altri dicono ch
vrebbe sposato Glauca figlia del re, e ripudiato Medea. Questa appena lo seppe, corse a Corinto coi figli ; e trovando che
o e corrosa dalle intemperie, cadde una trave sulla testa dell’Eroe e lo uccise. E forse per questa fine ingloriosa non eb
anto potente il suo canto accompagnato dal suono della sua cetra, che lo stesso Can Cerbero ne rimase ammaliato, e le Furi
i alla superficie della terra. Orfeo promise e si avviò ; ed Euridice lo seguiva. Ma quando furon vicini allo sbocco dell’
rno delle feste di Bacco quelle regioni, trovarono Orfeo, e furibonde lo fecero a brani. Il capo di lui ruotolando giù per
la morte della loro compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così lo privarono delle sue rendite. Nè allora esistevano
egli fosse figlio di Giove e di Alcmena v’è da aspettarsi che Giunone lo perseguiterà. Infatti si racconta che questa Dea
iede del suo proprio latte, che però al pargoletto Eroe non piacque e lo lasciò cadere nella volta celeste, ove scorgesi t
elle. Galassia la chiamavano i Greci in lor linguaggio, che significa lo stesso che Via lattea nel nostro ; e col greco no
ersecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza di ortografia lo dissero Hercules che noi traduciamo per Ercole. C
ri latini, che riporto in nota86 : il titolo delle medesime ne indica lo scopo, cioè : 1ª il Leon Nemeo ; 2ª l’Idra di Ler
vano gli Antichi ai serpenti aquatici. I Naturalisti moderni, invece, lo hanno dato ai polipi di acqua dolce, assomigliand
rcole fu costretto a chiamare in aiuto il suo servo o amico Jolao che lo schermisse dalle offese di uno dei due nemici, in
Ercole da sè solo compiè una più ardua impresa che ucciderlo, perchè lo prese vivo e lo portò ad Euristeo, che soltanto a
lo compiè una più ardua impresa che ucciderlo, perchè lo prese vivo e lo portò ad Euristeo, che soltanto a vederlo ebbe a
da un Toro furioso mandato da Nettuno ai danni di quel popolo. Se poi lo prendesse vivo o lo uccidesse, Mythologi certant,
andato da Nettuno ai danni di quel popolo. Se poi lo prendesse vivo o lo uccidesse, Mythologi certant, et adhuc sub judice
i strani cavalli carnivori, ed egli andò a far visita a quel tiranno, lo prese gentilmente per la vita e lo diede a divora
andò a far visita a quel tiranno, lo prese gentilmente per la vita e lo diede a divorare ai suoi cavalli stessi ; dei qua
dar, come Diomede, la carni umane in cibo alle sue giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di tutte le mandre, varcando
rese una catena e incatenò il Cerbero ; e andò quindi a cercar Teseo, lo staccò dallo scoglio e lo condusse via con sè. Di
il Cerbero ; e andò quindi a cercar Teseo, lo staccò dallo scoglio e lo condusse via con sè. Di più si trascinò dietro il
fino alla superficie della Terra per farlo vedere ad Euristeo, e poi lo lasciò libero che se ne ritornasse all’Inferno. I
ion seguir chi li tira ; ma l’irresistibil forza del braccio d’Ercole lo trascinava suo malgrado, facendogli rimaner pelat
igante Antéo figlio di Nettuno e della Terra ; e benchè l’Eroe Tebano lo abbattesse più volte, quegli appena steso sul ter
e : la madre Terra rendevagli novelle forze. Di che accortosi Ercole, lo sollevò per aria e lo soffocò tra le sue braccia.
devagli novelle forze. Di che accortosi Ercole, lo sollevò per aria e lo soffocò tra le sue braccia. Di questa favola dà l
eo re di Libia assaltato da Ercole Egizio fu insuperabile, mentre che lo aspettò dentro a’confini del suo regno ; ma come
el suo regno ; ma come e’ se ne discostò per astuzia di Ercole, perdè lo Stato e la vita. E ne deduce questo politico inse
escritte da Virgilio e da Ovidio ; e Dante che vide Caco nell’Inferno lo fa rammentar concisamente da Virgilio stesso :
fece spesse volte laco. « Non va co’suoi fratei per un cammino, « Per lo furar frodolente ch’ei fece « Del grande armento,
l’ebbe in groppa tentò di rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel san
che impaurito erasi nascosto dietro una rupe, credè ch’ei fosse reo ; lo afferrò per un piede e roteandolo come una fionda
h’ei fosse reo ; lo afferrò per un piede e roteandolo come una fionda lo scagliò tre miglia lontano nel mare, ove fu cangi
nella seguente terzina del C. xxvii del Paradiso : « E la virtù che lo sguardo m’indulse, « Del bel nido di Leda mi dive
i anche di carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli erano dati a
acombe dei primi Cristiani : degli altri 3 è più difficile indovinare lo scopo o l’uso. Quello di Creta fu costruito per o
104. » Alcuni Mitologi attribuiscono a Dedalo un grave delitto a cui lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato
er divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli era stato maestro lo zio. Sin qui potrebbe il racconto esser considera
invenzioni favolose splendidamente narrate dai loro egregii scrittori lo resero famoso non meno dell’Eroe Tebano106. Lo st
bbiamo avuto occasione di rammentar questo Eroe : i suoi concittadini lo hanno introdotto in tutte le più celebri imprese
se figlio di un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno, e così lo fecero appartenere al numero dei Semidei. Per alt
essa dovea consegnare al figlio quando fosse adulto ; al qual segnale lo avrebbe riconosciuto per suo. Questo figlio fu ch
rsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quella clava la portò sempre come
za farsi conoscere, aspettava l’occasione che il re Egeo da sè stesso lo riconoscesse per figlio. Era giunta da qualche te
spetto che quello straniero volesse impadronirsi del regno ; e quindi lo persuase a toglierlo insidiosamente di vita avvel
osto, gittò a terra tutte le imbandite vivande, ed abbracciando Teseo lo dichiarò suo figlio. Medea prestamente fuggì e an
compiuti, rammenteremo che egli prese vivo il cinghiale di Maratona e lo sacrificò ad Apollo ; combattè una seconda volta
l’invenzione, e per provare se faceva effetto vi fece chiuder dentro lo stesso inventore Perillo. E ciò fu dritto, come d
to encomiar Teseo pel suo valore, e non stimandosi inferiore ad esso, lo sfidò a singolar combattimento : ma appena i due
l’Inferno per rapir Proserpina moglie di Plutone ; e Teseo ciecamente lo secondò. Ma, come dicemmo parlando di Ercole, Pir
rima che Fedra, deposto il madrignal talento, come direbbe l’Alfieri, lo vedesse di buon occhio ; ma poi sembrandole alter
ltero e scortese, cangiata in odio e femminile stizza la benevolenza, lo calunniò con tal sopraffina malignità, che Teseo
go la spiaggia del mare ; per la qual vista spaventati i suoi cavalli lo trascinarono furiosamente tra gli scogli ove mise
o immediatamente nella reggia, fu esposto in un lontano bosco, perchè lo divorassero le fiere, ed appeso per un piede a un
invece di una fiera crudele passò prima di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò alla sua capanna e lo tenne come
na fiera crudele passò prima di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò alla sua capanna e lo tenne come suo figlio
di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò alla sua capanna e lo tenne come suo figlio, chiamandolo Edipo, che sig
etta di una solinga campagna venne a questione col cocchiere di lui e lo uccise : e poichè Laio voleva difendere o vendica
nna. Essa fermava i passeggieri e proponeva loro un enigma ; e se non lo indovinavano li strangolava ; il nome stesso di S
gma, sarebbe toccato ad essa a morire. Edipo passò di là, e la Sfinge lo fermò e gli diede a indovinar quest’enigma : Qual
i acciecò ; e lasciato il regno ai suoi figli perchè alternativamente lo governassero un anno a vicenda, andò ramingando p
ie ; ed ogni scrittore li modificò o alterò secondo la sua fantasia e lo scenico effetto che ne sperava : tutti però si ac
ci affretteremo a parlar di questo, tacendo delle inutili stragi che lo precedettero, e riserbandoci in ultimo a dar noti
azione della risposta dell’oracolo (o del sogno che fosse), che tanto lo aveva tenuto in sospetto e timore per le sue figl
ima dannata sfidava il supremo dei Numi, dicendo che quantunque Giove lo sættasse di tutta sua forza, « Non ne potrebbe a
he fu poi uno dei più valorosi guerrieri all’assedio di Troia. Orazio lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. Poche ed incerte n
nelus sciens. Poche ed incerte notizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto, ed altri figlio di A
erire, lasciò detto al figlio Alcmeone, che appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura di Tebe e
gi, argomento di predizioni, gli si aperse sotto i piedi la terra che lo inghiottì, e vivo precipitò nel regno delle Ombre
re il futuro, e che perciò stimava un’impostura l’arte dell’Indovino, lo pone nell’Inferno con tutti gli altri pretesi Ind
nano i pœti antichi pio e scellerato ad un tempo118 ; e Dante esprime lo stesso concetto in una similitudine del Canto iv
del Purgatorio rammentò « Come Alcmeone a sua madre fe’caro « Parer lo sventurato adornamento. » E a questo adornamento
lla, il cognato e il nipote ; senza contare le sventure dei sudditi e lo sperpero delle forze del regno, volle imprendere
premio (fosse anche la metà del regno) a Mìrtilo cocchiere diEnomao, lo indusse a toglier dall’asse il ferro che riteneva
ma fingendosi irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni di lui, lo fece gittar nel mare. Per altro nell’ amministraz
abile tuffandolo nelle acque del fiume Stige ; ma poichè nel tuffarlo lo teneva sospeso per un piede, rimase vulnerabile s
esser bagnato da quelle acque infernali. Dipoi, fanciulletto ancora, lo consegnò al Centauro Chirone perchè lo istruisse
i. Dipoi, fanciulletto ancora, lo consegnò al Centauro Chirone perchè lo istruisse in tutte le arti necessarie ai Principi
eidamia figlia del re Licomede. Ivi rimase Achille finchè i Greci non lo scuoprirono. Dante rammenta questo fatto in una s
i anni abitante e possidente di terreni nella regione asiatica presso lo stretto dei Dardanelli, reclamò la priorità di ta
ioni e la diversa estensione della città in quelle diverse epoche. Ma lo stesso Cantù nella sua Storia Universale non ha p
icorrere alle antiche tradizioni non bene accertate, io preferirò per lo scopo del mio racconto mitologico le splendide as
e di Atene che fu figlio di Vulcano. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice soltanto il più opulento di ogni altro re. D
ssa. Omero preferisce il vocabolo Ilion ; ma gli altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i diversi nomi di Troia :
nitore di Enea, come fa dire Omero da Enea stesso ; quindi Assàraco è lo stipite della stirpe e della discendenza di Enea,
parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i suoi predecessori ; ma lo rappresentano con caratteristiche poco favorevoli
ò tanto che venne in uggia a sè stesso, e desiderò di morire. Gli Dei lo cangiarono in cicala, trasformazione a bella post
stato causa della rovina della patria. Perciò appena nato i genitori lo fecero esporre in un bosco, perchè perisse di dis
egli era il loro fratello esposto da bambino nelle selve, e per tale lo riconobbero senza pensar più al sogno di Ecuba e
gati. Ecco perchè egli è chiamato dagli Antichi re dei re, e da Dante lo Gran Duca dei Greci. Fu risoluto che il luogo di
e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca scuoprì la finzione di lui e lo indusse a seguirlo. Ulisse poi si diede ad invest
una vittima umana ; e tanto poteva le superstizione a quei tempi, che lo stesso Agamennone re dei re consentì ad immolare
n diversi punti di quelle schierato l’esercito troiano, o ad impedire lo sbarco, o a far costar cara l’invasione. Nessuno
so nel discorso che ei riferisce come fatto da Socrate ai giudici che lo condannarono 129. Fu un infame delitto di Ulisse
arlo, in quanto che Omero non ne parla, e perciò appunto Cicerone non lo crede, e stima invece che sia questa una invenzio
e gli cagionò una piaga così fetente, che i Greci nell’andare a Troia lo abbandonarono solo nell’isola di Lenno. In appres
ll’isola di Lenno. In appresso però avendo bisogno di quelle freccie, lo andarono a riprendere e lo fecero curare dai medi
sso però avendo bisogno di quelle freccie, lo andarono a riprendere e lo fecero curare dai medici dell’armata Macaone e Po
e dai medici dell’armata Macaone e Podalirio, figli di Esculapio, che lo guarirono. 3ª Fatalità. — Doveva divenire amico u
ano insanabili. Consultato l’Oracolo, gli rispose che l’asta sola che lo aveva ferito poteva sanarlo. Dovè dunque, se voll
ero alla sprovvista i custodi della fortezza e rapirono il Palladio e lo portarono nel campo greco. Questo fatto straordin
lla che più gli piacesse a qualunque degli altri capitani, foss’anche lo stesso tremendissimo Achille. Seguì allora una ta
umero dei morti e dei feriti in grandi proporzioni, e per conseguenza lo scoraggiamento dei superstiti ed illesi. Si notò
di Achille, e sorse vivissimo in tutti i cuori il desiderio di lui : lo stesso Agamennone si pentì di averlo insultato. E
Ulisse e Agamennòn ; » si presentò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli co
i render la salma ai parenti e al sepolcro ; con impeto irrefrenabile lo investì, lo ferì, lo abbattè, l’uccise ; e spogli
salma ai parenti e al sepolcro ; con impeto irrefrenabile lo investì, lo ferì, lo abbattè, l’uccise ; e spogliatolo delle
parenti e al sepolcro ; con impeto irrefrenabile lo investì, lo ferì, lo abbattè, l’uccise ; e spogliatolo delle armi e le
l’uccise ; e spogliatolo delle armi e legatigli i piedi al suo carro, lo trascinò per tre volte nella polvere intorno alle
lla polvere intorno alle mura di Troia ; e poi tornato alle sue tende lo trascinò altre volte intorno al cadavere di Patro
nti a lui gli bacia piangendo quella mano che gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di rendergli il corpo di Etto
e commosso e diventa un altr’uomo ; fa alzare da terra il vecchio re, lo vuol seco a mensa, lo costringe a prender seco qu
n altr’uomo ; fa alzare da terra il vecchio re, lo vuol seco a mensa, lo costringe a prender seco qualche cibo e bevanda,
o di un ricchissimo manto e gli assegna un drappello di Mirmidoni che lo accompagnino sino a Troia. Colla descrizione dei
a, e per trattarne andò nel tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì nel calcagno, sola parte del suo corpo in cu
i come quelli di una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo che lo spirito di Mènnone animando quella statua tramand
e. Omero nel libro viii dell’Odissea, parlando del cavallo di legno, lo chiama « ……………. l’edifizio « Del gran cavallo ch
i non solo rispettarono come un voto sacro a Minerva quel cavallo, ma lo trasportarono nella loro fortezza, abbandonandosi
nelo ed Ulisse, « Acamante e Toante e Macaone « E Pirro e Menelao con lo scaltrito « Fabbricator di quest’inganno, Epeo. »
conto è da far maravigliare tutti i moderni Ingegneri e Meccanici, se lo credessero vero. Non ostante non sarà male il sen
alia, ove fondò Padova. Che anche Dante avesse di lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il nome di Antenòra a que
altamente encomiato come il pio Enea nel poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha detto di lui : « Ch’ei fu dell’a
lle Sabine), ha dimostrato che non è inutile neppure ai giorni nostri lo studio dei Classici e della Mitologia. In quel gr
olto da qualunque vincolo di subordinazione al comandante supremo ; e lo stesso Menelao che sempre era stato così concorde
rampollo di quell’eroe. La madre al primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro di Ettore fuori d
Pirro se ne accorse, e salito nella tomba ov’era nascosto il bambino, lo afferrò per un piede e lo scagliò lontano nella s
ito nella tomba ov’era nascosto il bambino, lo afferrò per un piede e lo scagliò lontano nella sottoposta campagna ove mor
lo lontano da sè, mentre l’infelice madre inginocchiata ai piè di lui lo supplica indarno per la salvezza del figlio136.
r egli vi prestò fede ; e quindi non potè schivare la trista fine che lo attendeva nella sua propria reggia. L’iniquo Egis
nnestra ; ma la sorella Elettra, più assennata e pietosa della madre, lo aveva segretamente posto in salvo nella corte di
Ermione promessa sposa di Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uccise. I suoi figli e discendenti si mantennero
mpasse è prezzo dell’opera udirlo raccontare a lui stesso secondo che lo fa parlare Omero : « Io pel naviglio su e giù mo
ini (V. il N° XXIII) ho detto ancora delle Sirene, ed ho riferito che lo stesso Dante trovò il modo d’inserire nella Divin
ra ; ed è questa : che Ulisse volle passar le colonne d’Ercole, ossia lo stretto di Gibilterra, per andare in cerca di nuo
l quale derivò Roma che fu poi dominatrice del Mondo. Quindi Virgilio lo scelse per protagonista nel suo poema epico intit
to. » Ma poichè noi troviamo ad un tempo in Enea l’Eroe mitologico e lo stipite del fondatore di Roma, l’ufficio del Mito
i Roma, l’ufficio del Mitologo è compiuto dove di Enea s’impadronisce lo Storico per narrar di lui ciò che crede conforme
mesi sul monte Ida per costruir le navi e per raccoglier compagni che lo seguissero nella sua emigrazione, non potè averne
r mi scosse « Le membra tutte, e di paura il sangue « Mi si rapprese. lo le cagioni ascose « Di ciò cercando, un altro ne
itentando ancora, « Vengo al terzo virgulto, e con più forza « Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo appunto, « E lo scuoto
, e con più forza « Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo appunto, « E lo scuoto e lo sbarbo (il dico o il taccio ?) « Un s
forza « Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo appunto, « E lo scuoto e lo sbarbo (il dico o il taccio ?) « Un sospiroso e l
ci han fatto selva. » Che Polidoro fosse figlio di Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista fine di q
o sotterraneo viaggio son descritte brevemente le Regioni infernali e lo Stato delle anime dopo la morte secondo la religi
i Rutuli, pretendente e, secondo alcuni, promesso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua mo
rità istorica è quasi sempre frammisto il maraviglioso mitologico ; e lo stesso Tito Livio (come abbiamo osservato anche a
one a Giove, che cioè fosse più felice la donna, Giunone per dispetto lo acciecò, e Giove in compenso gli concesse l’antiv
ria. Credevasi inoltre che anche dopo la morte egli avesse conservato lo spirito profetico ; e Ulissè, secondo Omero, andò
he intorno erano sparti « S’accolsero a quel luogo ch’era forte « Per lo pantan che avea da tutte parti. « Fer la città so
ciò chiamati Phasiani.Marziale, in un epigramma intitolato Phasianus, lo fa dire a questo volatile : « Argiva primum sum
e delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome di Tomi lo aveva il territorio anche prima che vi fosse fabb
suo temperare quam indulgere maluisset. » — E Ovidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre sue Opere, e di t
, colmo di ricchezze acquistate col canto e col suono, i marinari che lo riconducevano a Metimna sua patria nell’isola di
nti), si gettò in mare, ove un delfino, attirato dalla dolce armonia, lo salvò portandolo sul dorso sino alla costa del Pe
arlano anche Erodoto e Cicerone, non che i poeti : tra i quali Ovidio lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti, e chiude
: Mal feci, « Che, servando, far peggio ; e così stolto Ritrovar puoi lo gran duca de’Greci, Onde pianse Ifigenia il suo b
a potrebbe in italiano chiamarsi Ulissea ; ma nella nostra lingua per lo più si seguono i Latini e non si fa altro che tra
l detto virgiliano ai prodighi e non agli avari, e potrebbe darsi che lo avesse interpretato come gli faceva comodo ; ma f
9 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
erdusi al bene dell’ intelletto, scambiando il sopraintelligibile per lo intelligibile, l’Ente per lo esistente. I Miti de
to, scambiando il sopraintelligibile per lo intelligibile, l’Ente per lo esistente. I Miti degl’ Iddii, immaginazione di u
vaggio, ma invece adulto, educato nella scuola di Dio, onde potè aver lo intuito della Idea, da cui nacque la vera religio
tifica Mitografia. Il volgo ignaro piegovvi spontaneo l’orecchio ; nè lo scorgerli insussistenti alla intellettiva, nè il
gere tante contraddizioni valsero ad aprir gli occhi e presentar loro lo insano spettacolo di tante fole e smentirle e rig
e si fonda sul mistero assioma rivelato e razionale della creazione e lo conserva in tutta la sua purezza. La seconda, che
a intermedia divinizza la natura ed umanizza Dio, e ondeggia così tra lo antropomorfismo e l’apoteosi. La prima ch’è unica
sieme la parte istorica alla intellettiva, è d’uopo far meglio vedere lo sdrucciolo di non poca parte dell’umana famiglia
ati taluni, incominciare dallo stato selvaggio e barbaro ; perciocchè lo incivilimento ha bisogno di alcuni elementi che l
rbaro ; perciocchè lo incivilimento ha bisogno di alcuni elementi che lo producono. E dall’altra parte quando l’uomo fosse
on furono i vagiti della infanzia, ma il farnetico della infermità, e lo svariare della vecchiezza ». Si divise la umana f
e caste ieratiche offre nuova esca alla credulità de’ popoli ; infine lo stesso linguaggio mitico perdendo di tempo in tem
enigmi colato verità importanti — Questo concetto di Pausania è quale lo richiede la esposizione di questo argomento. Inve
on sempre questo si intese co’miti e con le favole, ma la ignoranza e lo smodare per ogni estremo fè ad essi cambiare sign
come un’immenso corpo animato, cui donarono il nome di Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuono volesse dir lor
conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di
uomini, il culto civile, le dovizie dell’agricoltura, del commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scope
l’altro da’principi e da sacerdoti. Da questa esposizione di Scevola lo immenso Varrone, come abbiamo dallo stesso Agosti
ed empii, ed introdussero nel mondo una divinità corporale, che tutto lo informasse, quale anima grande un corpo vastissim
ole, che hanno per obbietto il mondo visibile e le forze motrici, che lo governano. Da queste nozioni di Macrobio può dirs
iamarsi la favola di Leucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori lo incenso ; o quella di Clizia mutata in elitropio.
legoria, perchè con il convito qui s’intende la celeste facoltà, cioè lo spirito e la mente degli Dei — con il pomo di oro
di Giove, ricordato da Pausania, a tre occhi, e che voleva intendere lo scultore in così immaginarlo 14. Giove preso per
zze della terra, od il sole o l’aria. 20. Apollo — varie maniere, cui lo rappresentavano gli Egizii, onde si scopre non es
enti, di cui si credeva esser composte le sostanze delle cose ; altri lo animano, come Giunone, cioè l’aria, l’etere, le b
’armonia, Venere il bello, che sorge dall’unità e dall’ordine ; altri lo conservano, lo tutelano, come Marte, Pallade, Ves
e il bello, che sorge dall’unità e dall’ordine ; altri lo conservano, lo tutelano, come Marte, Pallade, Vesta, che si rapp
a iuvando, ossia da’beneficii, che credevasi versare a larga mano per lo universo, veniva rappresentato da tutta l’antichi
da tutta l’antichità in atto di fulminare, e credevasi a un tempo che lo slancio da’ baleni, ed il fragore de’tuoni non fo
slancio da’ baleni, ed il fragore de’tuoni non fossero che i cenni e lo stesso favellar di Giove. In questo noi troviamo
pi dell’aere, è infine il produttore del tuono ? E per questo i Greci lo chiamavano Διος, onde i latini dissero sub diu a
erciocchè oltre la idea dello scultore, da cui fu fatto, per indicare lo impero di Dio sul triplice regno della creazione,
ola pitagorica — essere un Dio diffuso dappertutto, per le terre, per lo mare, e per l’alto cielo(1) ; e dallo stesso poet
irabile per questo argomento è uno squarcio dall’ Agostino, ed io qui lo trascrivo, voltandolo in italiano con una libera
e stelle ; nelle divinazioni Apollo ; nelle merci Mercurio ; in Giano lo iniziatore ; ne’termini il contrassegnatore de’co
ve esser il Sole immagine di Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stesso Sole nella sua materia essere Giove, e la
2). 16. A Giove si dava per figlio il dio Bacco. Fu creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo da
dal seno di sua madre Semele, che restò morta in veder Giove in tutto lo splendore di sua grandezza, quando non ancora era
i or da una parte, or da un’altra. A lui si innalzavano simulacri per lo più nudi, volendosi esprimere gli animi degli ebr
l tumulto degl’ubbriachi. Al suo cocchio si aggiogavano pardi e pardi lo seguivano, per dimostrare non esservi uomini sì f
come tanti lacci. 18. Nettvno — Creduto come Dio del mare, Tullio(2) lo vuole così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va
o di ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e. gli si assegna lo imperio dello inferno, perchè solo la terra è una
una materia più oscura di tutti gli altri elementi(1). Perciò i greci lo chiamavano αδης, invisible, o perchè per sè stess
a lui, alla terra, e vengono sottoposte al suo imperio. E gli si pone lo scettro in mano, chè lo imperio del Sole si diste
gono sottoposte al suo imperio. E gli si pone lo scettro in mano, chè lo imperio del Sole si distende su la terra. Altri p
o in mano, chè lo imperio del Sole si distende su la terra. Altri poi lo ricercano nell’aria, e vogliono esser l’aere dens
e densissimo più vicino alla terra. Il più saggio tra tutti i romani, lo immenso Varrone, intende per Plutone l’aria, che
), facendosi più innanzi, dimostra, che presso gli Egizii Plutone era lo emblema del Sole d’inverno, o del giro del Sole p
osciuto e nascoto emisfero ; e di Macrobio che vuole essere Iao, cioè lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, c
o, cioè dal mandar di lontano sino a noi la luce del sole. Gli Egizii lo rappresentavano ora sotto il simbolo di un’occhio
el verbo latere nascondere, si volle significare, che prima di uscire lo imperio divino creatore della luce, le tenebre si
a di stagione in stagione variamente declinando nella sua comparsa su lo emisfero ; o come teneva in mente Cornificio, per
uò dirsi a cagione della obbliquità dell’apparente corso del sole per lo Zodiaco. A lui it concento della musica, onde fu
e per via di una putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè di una effervescenza, che ricoprendo
sso con un folto addensar di caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma poscia estenuate col sa
crittore della Scienza Nuova, senza indentificare Apollo con il sole, lo prende per la luce-civile, ossia per la nobiltà d
mezzo, cioè che Mercurio sta sempre in aria tra il cielo, la terra e lo inferno, carattere proprio di un messaggiero dal
epubbliche eroiche i nobili comandavano le leggi... Talchè la lira fu lo unisone delle corde o forze de’padri, onde si com
rossastro, caratteristiche per la divinità che ne immaginarono, onde lo dissero Dio della guerra. A Marte era sacro l’avo
mpiono col fuoco. 31. Gli Stoici ammettendo un’aria diffusa per tutto lo universo, dicevano di esser ella un fuoco sottile
a di lei nulla avrebbe vita, ed in fine dallo impero, che ha su tutto lo universo. Volendo porre mente a questi concetti d
dell’aria. Da questo del pari fu indotto, quando il genio delle arti lo inspirava, il signor Albano, a rappresentar l’ari
, e perciò generati con amor nobile, che tanto ερος significa, che fu lo stesso che Imeneo : e gli eroi si dovettero dire
ne legate le mani, la quale poi appo tutte le nazioni s’ingentili con lo anello per dimostrare la soggezione delle mogli a
simbolica tutta propria dell’agricoltura. Col carro si voleva indicar lo aratro, cui coltivasi la terra — con Trittolemo,
nella nostra opera della istoria delle Opere della Natura (1), e qui lo ripetiamo per dare ad esso una più estesa interpe
vogliono di venire da lui rapita Proserpina «  E diversamente ancora lo interpetra Bacone. Per Proserpina, ei dice(3), gl
a gran selva della terra, fondarono città e borgate, e fecero nascere lo incivilimento ove prima non’era che fierezza ed u
presso un tamburo per raffigurare il globo della terra. A questo mito lo scrittore della Scienza Nuova porge una diversa i
si rappresenta con in mano un’asta in atto di vibrarla. I greci, dice lo scrittore della Scienza Nuova (5), immaginarono l
di ordine civile come restò per eccellenza a’latini ordo per senato ; lo che forse diede motivo a’filosofi di crederla ide
e ben si scorge da un frammento delle Commedie di Alesside, e noi qui lo riproduciamo secondo la nostra istessa versione d
una fiaccola, che infiamma ed accende, ingenerisce e strugge. I greci lo chiamavano desiderabile ; poichè l’amore ha sempr
on cui volevasi indicare come questo pianeta, ora siegue il sole, ora lo fugge, ora si accosta allo Zodiaco, ora si unisce
fe, l’abbia cambiato in cervo, lasciandolo sbranare da’suoi cani, che lo seguivano. È questa una narrazione tutta istorica
e, di cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspetto di tre corpi congiunti in un solo a tre f
ignoto, nè il presente nè il passato, e che nulla allegrava di tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il melodioso
tà in età, di secolo in secolo. Per Melpomene μελπη canto, indicavasi lo insinuarsi de’melodiosi concenti per le vie più s
he può interpetrarsi dolcezza, di voce, il diletto della eloquenza, e lo ammaliar quasi gli anini, traendo dietro a sè gli
onde dimostrare essere Giano un segno celeste. 69. Altre ragioni per lo stesso argomento — da altri si vuole essere il mo
aver morto un terribile Leone, che shuffando fiamme dalla bocca desse lo incendio alla selva Nemea. Era questo un mito, cu
ri, di nero per esprimere la gran selva della terra, cui fu appiccato lo incendio, per mettersi a coltura — di verde per i
oro, mentre a tutto altro intendevano. Ed il Gange, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi di
cce, invocando Giove, gli mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i bovi di lui per farne dono
Con Gerione intendersi il fulmine, cui fu dato tal nome per indicarsi lo strepito, che seco porta il fulmine istesso — col
e, incenerire — co’bovi toltigli esprimersi il rombo, che siegue dopo lo slancio del fulmine squarciando i campi dell’aere
recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con nuovi sussidii, ivi lo fece perire. « Ercole, ecco come interpetra quest
sidii, ivi lo fece perire. « Ercole, ecco come interpetra questo mito lo scrittore della Scienza Nuova.(2), carattere degl
arattere dei famoli ammutinati, ed innalzandolo in cielo.… il vince e lo annoda a terra ; di che restò un giuoco ai greci
h’è il nodo erculeo, col quale Ercole fondò le nazioni eroiche, e per lo quale da’plebei si pagava agli eroi la decima di
so, pianta delle repubbliche aristocratiche, onde i plebei romani per lo censo di Servio Tullio furono nexi dei nobili ; e
i romani per lo censo di Servio Tullio furono nexi dei nobili ; e per lo giuramento che narra Tacito, darsi da’ Germani an
sforzava cacciare il terrore nel cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di tanto che stava per soffocarlo, quando
le un corno il porsi in un solo letto le due correnti del fiume — con lo addivenire il corno strappato il corno dell’abbon
pani e di grappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora il Parco, o lo animale di Erimante. IIII. Ercole raggiunge nel c
e questo pessare è fissato al levar de’tre uccelli della via Lattea, lo Avoltoio, il Cigno, e l’ Aquila, che si dissero e
e pianure di Maratona. Combatte inoltre contro questo toro, ed uccide lo avoltoio, che divorava il fegato a Prometeo — ris
di Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Peneo o di Alfeo, e lo uccide negandogli la promessa ricompensa — rispon
ro, che fu morto da lui stesso al guado di un fiume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso di su
orto da lui stesso al guado di un fiume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso di sua vita — ris
i Giano innanzi tra un torrente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la sua
ano che un solo ammasso ; e quando la discordanza degli elementi, che lo componevano, ebbe fine, disciolte le parti di que
poichè non è sì grande la nota della mia confusa figura, in me sembra lo stesso ciò che è d’avanti e ciò ch’è di dietro. E
me tra voi il portinalo sedendo presso le prime soglie del tetto vede lo entrare, e lo uscire. cosi lo portinaio del Cielo
portinalo sedendo presso le prime soglie del tetto vede lo entrare, e lo uscire. cosi lo portinaio del Cielo gardo l’Orien
o presso le prime soglie del tetto vede lo entrare, e lo uscire. cosi lo portinaio del Cielo gardo l’Oriente e l’Occidente
le di Macrobio — Sonovi, ei dice(1), taluni, che vogliono esser Giano lo stesso che il sole e Diana, e che rappresentasi b
per questo i Fenici, volendo porgere un immagine sensibile di Giano, lo rappresentavano sotto le fattezze di un dragone,
admo promise largo prezzo a chi avrebbe morto siffatta Sfinge — Edipo lo uccise. 70. Pane — Pane era una divinità boschere
10 (1897) Mitologia classica illustrata
quel che si dice o si narra intorno a un soggetto qualsiasi. In fondo lo stesso significato ha la voce leggenda, e si parl
leggende; essendo naturale che gli abitanti dei luoghi alpestri, per lo più cacciatori e pastori, concepissero le divinit
ccia. I Titani erano dodici, sei maschi e sei femmine, e venivano per lo più accoppiati a due a due. Le coppie più notevol
fare, ma sorto il più giovane, Crono, attaccò con violenza il padre, lo domò, lo mutilò e l’ obbligò a rinunziare in suo
sorto il più giovane, Crono, attaccò con violenza il padre, lo domò, lo mutilò e l’ obbligò a rinunziare in suo favore al
a, Era, Ades e Posidone; ma quando nacque l’ ultimo figlio, Zeus, Rea lo nascose, e invece di esso porse al padre, involta
i drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e di forza meravigliosa, lo indusse a muover contro Zeus per rovesciarlo dal
greche era stato onorato come Dio della maturità, dell’ abbondanza e lo si rappresentava con in mano un coltello a falce,
i e degli uomini. Le Divinità si distinsero in maggiori e minori. Per lo più si annoveravano a dodici le maggiori, compren
i. Poichè il giuramento molto contribuisce a mantener l’ ordine, egli lo custodisce come Zeus Horkios (deus Fidius presso
custodisce come Zeus Horkios (deus Fidius presso i Romani), e punisce lo spergiuro. Il sacro dovere dell’ ospitalità è pur
e, e il grande Olimpo ne trema. Più materiale è l’ immagine che ci dà lo stesso poeta della forza di Zeus mettendogli in b
to a larghe pieghe fluenti sino ai piedi; nella mano sinistra reggeva lo scettro sormontato dall’ aquila; nella destra una
e ricciuta, il largo petto, indizio di forza; costanti attributi sono lo scettro del potere, il fulmine, l’ aquila, la pat
ti, grandi occhi, alta e nobile fronte. Le si attribuisce solitamente lo scettro e il diadema, come simbolo della regal po
ome dea guerresca, Atena porta oltre le solite armi, l’ elmo, l’ asta lo scudo, anche l’ egida col Gorgoneo. È l’ egida st
ad Atena, ebbe i capelli cangiati in serpi, il corpo fatto squamoso, lo sguardo reso si terribile, da impietrare chi la r
rse Ovidio nel terzo de’ Fasti ricordando le feste dei Quinquatrus; e lo stesso poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ u
o i nemici esterni, e li chiamavano Palladii, favoleggiando anche per lo più che fossero venuti giù dal cielo. È noto che
di Vesta i Romani, credendolo appunto il Palladio troiano, e Cicerone lo chiama in un’ orazione: pignus nostrae salutis a
lia si raccogliesse nella tranquillità del tempio a deporre l’ asta e lo scudo, quando la Vittoria vola a porgerle corona.
ttoria vola a porgerle corona. Il serpente accovacciato fra i piedi e lo scudo è simbolo di Erittonio, mitico re dell’ Att
aturale che Apollo pugnasse contro i tenebrosi nemici; la leggenda ce lo rappresenta fin da giovinetto in lotta contro il
egli uomini, quegli che allontana i mali, il medico; onde la leggenda lo fe’ padre di Asclepio o Esculapio e lo identificò
i, il medico; onde la leggenda lo fe’ padre di Asclepio o Esculapio e lo identificò con Peone il medico degli Dei. E non s
ste offre un bellissimo esempio. E poichè tra le cose che più calmano lo spirito e gli infondono una tranquilla pace è la
che nei primi secoli del Cristianesimo, e ancora Giuliano l’ Apostata lo consultò. 3. Il culto di Apollo era diffusissimo
eo. 4. L’ Apollo della mitologia romana non è una deità italica, ma è lo stesso Apollo greco, molto per tempo accolto nel
ei nella pianta di lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Così lo fa parlare di sè stesso: ………………………….… mihi Delph
stra armata d’ una punta, mira una lucertola che striscia sul tronco; lo sguardo accompagna la direzione della mano » ( Ge
ra avere il Dio vittorioso8. I simboli di Apollo sono per lo più l’ arco e le saette, riferentisi al dio solar
acciatori che con lei vogliono gareggiare; e ne provo, fra gli altri, lo sdegno Orione che ucciso dalle sue freccie fu tra
ui prenda vaghezza di contemplare le nude forme della bagnante; niuno lo salverebbe dalla sua ira. Ben sel seppe il caccia
tettrice della giustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di Leto (
che Orazio ha tra le sue odi degl’ inni a Diana; dove però essa è per lo più congiunta con Apollo e anche con Latona, come
a, avido di disordine e di lotta, Ares era detestato dagli altri Dei; lo stesso Zeus lo aveva in odio. Egli, secondo canta
ordine e di lotta, Ares era detestato dagli altri Dei; lo stesso Zeus lo aveva in odio. Egli, secondo canta Omero, non d’
ondeggiante, alto vibrando la sua lancia, colla sinistra imbracciando lo scudo, scorreva pel campo di battaglia seminando
o (Enyo), dea della strage in guerra, e Dimo e Fobo, cioè il Timore e lo Spavento; anche Eris, la contesa, erane inseparab
nnessione con questo carattere selvaggio di Ares, son le leggende che lo fan padre del brigante Cicno (Kyknos) il quale, a
vrebbe durato l’ impero di Roma. Numa, riconosciuto quello scudo come lo scudo di Marte, a meglio conservarlo, ne fece fab
la lavorazione dei metalli, ond’ esso è condizione indispensabile per lo sviluppo dell’ arte e della civiltà. Non farà mer
fiamma. Narravasi poi che Era, vergognandosi della bruttezza di lui, lo aveva gettato dal cielo giù nel mare; ma che le O
idi Eurinome (Eurynome) e Tetide (Thetis) ebbero compassione di lui e lo accolsero e custodirono per nove anni in una prof
o, e infine era caduto nell’ isola di Lenno; i cui abitanti, i Sintii lo curarono finchè fu guarito. In questi racconti de
opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamennone, l’ arm
i Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamennone, l’ armatura d’ Achille, ec
esse inventato la lavorazione dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti ed operai
Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande officina dove lo si sentiva co’ suoi Ciclopi a batter colpi e atti
va sia l’ origine dell’ incendio e l’ opera distruttrice di esso, sia lo spegnimento. Onde si ponevan le case sotto la sua
sul terzo consolato di Onorio (v. 191), si compiacquero a descrivere lo stridente lavorio dell’ officina di Vulcano, lo s
iacquero a descrivere lo stridente lavorio dell’ officina di Vulcano, lo scorrer del bronzo fuso e dell’ oro nelle forme,
o in età matura e nella pienezza delle sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien conto del difetto di esser zoppo;
que vestito leviter apparet claudicatio non deformis ‌ 12. Del resto lo si figurava in berretta e abito da operaio (exomi
ta di Cillene per obbligare Ermes a restituire il mal tolto. Ermes fa lo gnorri e ricisamente nega il fatto; onde Apollo a
. Ermes fa lo gnorri e ricisamente nega il fatto; onde Apollo a forza lo dove condurre davanti il trono di Zeus, lasciando
tra i valenti? e abilissimo lanciator di dischi e pugilatore? Quindi lo si credeva fondatore degli stadi e de’ ginnasi, i
Zeus coll’ ali ai piedi e sul petaso e in mano il caduceo. In origine lo si figurava come un uomo nel pieno vigore delle s
concetto, quello della forza d’ amore che penetra tutto l’ universo e lo feconda. In Oriente, e precisamente in Fenicia, q
ze. Quest’ ultima appartiene alla giovane scuola attica fiorita verso lo scorcio del secondo secolo av. C. Fu per qualche
ettuavano. Nè solo era Estia la protettrice della famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa era per gl
simpulum (specie di chicchera con lungo manico usata nei sacrifizi), lo scettro. È anche da notare che l’ indice della ma
to tempio di lui, per indicare che il Dio era uscito coll’ esercito e lo accompagnava colla sua protezione. Analogamente o
ne leggende locali gli davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo facevan padre di Fontus, venerato sui Gianicolo,
era naturalmente il sole; di qui il dio Elio (Helios). Gli antichi se lo figuravano come un bel giovane cogli occhi lucent
, e così tornasse al paese degli Etiopi dove il carro e i cavalli già lo attendevano. È assai nota la leggenda di Fetonte
pitato Fetonte, che inflammato precipito nell’ Eridano, dove le ninfe lo seppellirono, e le sorelle, le tre Eliadi, Egle,
seppellirono, e le sorelle, le tre Eliadi, Egle, Lampezia, e Faetusa lo piansero finchè furono convertite in pioppi e le
ascondono la loro viva luce; pensiero imitato da Orazio, ove paragona lo splendore della famiglia Giulia alla luna che bri
re »; altri ricordando che dai Latini eran dette Suculae, porcellini, lo connettevano col nome che significa « porco »; e
ana, gli dava diritto alla gratitudine degli Ateniesi; i quali perciò lo onorarono con un tempietto e un altare a lui dedi
us, vento d’ est, il Lips o Africus, vento di sud-ovest o libeccio, e lo Schiron o Iapyx od Onchesmites, vento di ovest-no
le Muse, in compagnia delle quali solevano cantare e danzare; ma per lo più eran dette formare il corteo di Afrodite. 2.
irti; talvolta anche con strumenti musicali o con dadi da giuoco; per lo più si figuravano con mani e braccia a vicenda gr
io (Thallo), Auso (Auxo) e Carpo, ossia la fioritura della primavera, lo sviluppo dell’ estate e la fruttificazione dell’
tiani che la volevano rimuovere. 3. L’ arte greca e romana soleva per lo più rappresentare la Vittoria alata con un ramo d
mondo, penetra anche nelle profondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvol
resso i Greci l’ affezione e l’ amiciziatra giovani ed uomini; quindi lo si venerava nei Ginnasi insieme con Ermes ed Erac
a invano per tutta la terra il perduto bene; invano supplica gli Dei; lo sdegno di Venere non è ancora ammansito, ella la
la fiaccola accesa. Tra i flori gli era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coronato di rose. Imeneo, personif
o col ritornello « O Hymenaee Hymen, o Hymen Hymenaee. » La statuaria lo rappresentava come un bel giovane, qualchevolta a
alvare il bambino ancor vivo e farlo uscire dal seno della madre; poi lo affidò al centauro Chirone che lo allevo sul Peli
lo uscire dal seno della madre; poi lo affidò al centauro Chirone che lo allevo sul Pelio e gli insegnò a sanar tutti i ma
; allora Zeus adirato per questo sconvolgimento dell’ ordine naturale lo fulminò; e Apollo alla sua volta, per vendicare i
era infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito di Asclepio, e lo fa, come suole, bellamente intrecciando auree sen
Dio: Baculum tenens agreste sinistra 26 e in atto di Caesariem lo ngae dextra deducere barbae 27 . L’ arte statua
la filatrice, la sorte, e l’ inflessibile; la prima occupata a filar lo stame della vita di ognuno, la seconda rappresent
ura di uomini, colla barba fluente e due piccole corna in fronte; per lo più appoggiati a un’ urna da cui esce abbondevole
esentava il lato bello, piacevole e benefico del mare; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pieno di senno e
ire. Non sempre, a dir vero, offriva volontieri l’ opera sua a chi ne lo richiedeva; quando Eracle nel suo viaggio ai giar
eo veniva in arte rappresentato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o di tridende. Più frequent
dotte ne’ monumenti figurati, sopratutto nelle pitture vascolari. Per lo più son poste a cavallo di delfini e tritoni e al
eci; sopratutto la gente di mare, commerciauti, navigatori, pescatori lo avevano per patrono e non intraprendevano viaggi
ell’ opere poetiche dell’ antichità ricorrono assai di frequente, per lo più non si menziona Posidone senza accennare un n
stui un giovane Frigio di così eccezionale bellezza che la Gran Madre lo volle per isposo. Dapprincipio egli corrispondeva
nfedele, e voleva spo sarsi colla figlia del re di Pessinunte. Allora lo colpi la vendetta dell’ adirata Dea. Giacchè quan
re Atti; finalmente si fingeva trovarlo o si trovava un’ immagine che lo rappresentava, e allora i Coribanti si abbandonav
che non era ancor nato, e perchè non aveva raggiunto la maturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo t
e perchè non aveva raggiunto la maturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo tempo; di qui dicevasi che
to un doppio nascimento. Zeus poi consegnò il neonato ad Ermes perchè lo portasse alle ninfe di Nisa che s’ incaricavano d
a vedere quanto fosse terribile la sua vendetta contro quelli che non lo riconoscevano e tentavano impedire le sue feste o
evato, onde il Dio stesso non potè salvarsi che saltando in mare dove lo accolse Tetide; ma Licurgo fu accecato da Zeus ed
leggenda d’ un Bacco Indiano o conquistatore dell’ Oriente. Già prima lo si era fatto peregrinare fin nella Persia, nella
egli destinato al dominio supremo del mondo, i Titani aizzati da Era, lo presero fanciullo e tagliarono a pezzi e divoraro
arono a pezzi e divorarono, ma Era ne portò il cuore a Zeus, e questi lo inghiotti, e più tardi diè alla luce un altro Dio
ù o meno selvaggiamente secondo i luoghi e l’ indole della gente. Per lo più le feste avevau luogo ogni due anni (secondo
-Marzo) e duravano tre giorni; nel primo festeggiavasi la svinatura o lo spillare il nuovo vino che allora aveva finito di
dussoro in Rorna le cerimonie misteriose e immorali dei Baccanali, ma lo Stato non le riconobbe anzi cercò impedirle o alm
iso con una folta chioma, tutta a riccioli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul
una coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia di Dioniso, per lo più leoni e pantere; oltre queste erano sacri a q
n sacre le caverne, le grotte, dove si sentiva scorrer l’ acqua, dove lo spirito della natura sembrava manifestarsi nelle
antica spesso rappresentò ninfe, in figura di graziose fanciulle, per lo più leggermente vestite, e ornate di flori e coro
Satiri sia dai Greci sia dai Latini; questi ultimi li designavano per lo più coll’ epiteto « capripedi » alludendo ai pied
comune leggenda, un vecchio Satiro che ebbe in cura Dioniso bambino e lo allevò e divenne poi fedele compagno de’ suoi via
e lo allevò e divenne poi fedele compagno de’ suoi viaggi. Più tardi lo si immaginò come un vecchio dal naso rincagnato,
atiri eran genii dei boschi e dei monti, i Sileni, di cui parlano per lo più le leggende asiatiche, erano genii dell’ acqu
dell’ altro tutto quel che gli talentasse, fu vinto; e allora Apollo lo legò a un albero e lo scorticò. — Mida era il fon
l che gli talentasse, fu vinto; e allora Apollo lo legò a un albero e lo scorticò. — Mida era il fondatore mitico del regn
era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e questa passione lo portò a commettere una grande sciocchezza. Un gio
rcorreva in Frigia ed era capitato in un giardino del re Mida; questi lo accolse benignamente, e dopo dieci giorni di banc
sti lo accolse benignamente, e dopo dieci giorni di banchetti e feste lo accompagnò nei campi di Lidia e lo restituì al gi
dieci giorni di banchetti e feste lo accompagnò nei campi di Lidia e lo restituì al giovinetto Bacco. Di che lieto il Dio
vennero aurifere. — Un’ altra leggenda relativa a Mida era quella che lo faceva arbitro in una contesa musicale tra Pane e
ra che il poeta fa di lui ebbro e immerso nel sonno, è vivissima; poi lo descrive mentre canta, e i Fauni e le fiere stess
nga barba e col corpo tutto peloso. La madre rimase spaventata quando lo vide, ma il padre presolo e avvoltolo in pelli di
ata quando lo vide, ma il padre presolo e avvoltolo in pelli di lepre lo portò all’ Olimpo per farlo vedere agli altri Dei
sse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al
venerato specialmente dai pastori, dai cacciatori, dai pescatori che lo avevano per loro protettore. Le cime delle montag
lla Terza Pitia ricordano una poesia perduta di Pindaro a Pane in cui lo si invocava come signore dell’ Arcadia, custode d
s’ aggiungevano le corna nascenti ai due lati della fronte. Più tardi lo si figurò con corna più sviluppate, lunga barba e
, tra altri Dei della campagna, come Pane, Priapo e le ninfe. In arte lo rappresentavano come un vecchio con una corona di
i uomini. 2. Fauno era oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo più lo si onorava nell’ aperta campagna o in cave
i. 2. Fauno era oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo più lo si onorava nell’ aperta campagna o in caverne o i
retore urbano. Vi si facevano preghiere e sacrifizi a favore di tutto lo Stato, e i maschi ne erano severamente esclusi. 3
ia. Saturno era il dio della seminagione (a sationibus); ma in genere lo si considerava come il fondatore e il protettore
frequentata tra il Foro, il Velabro e il Circo Massimo. Perciò alcuni lo dicevano d’ origine Etrusca. Un’ altra Cappella d
a rilevare assai bene il concetto di questo Dio; ma non sappiamo che lo si immaginasse in una particolar figura, nè che l
sparisce? Si confronti il mito di Adone amato da Venere, mito che ha lo stesso significato. Un’ altra leggenda çonnessa c
sceva così presto come fosse Dio, senza gustare latte nè pane. La Dea lo ungeva d’ ambrosia e tenendolo tra le sue braccia
li soffiava sopra, e nottetempo, celandosi allo sguardo dei genitori, lo mette va nel fuoco per purificarlo. Una volta Met
nel fuoco. Die’ in acuto grido temendo per Demofoonte. La Dea allora lo toglie dal fuoco, ma con dolci rimproveri lascia
le in mano, e così entravano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore di migliaia di faci. Un’ altra festa, m
ino a che, alla fine del quarto secolo dell e. v., Teodosio il grande lo fe’ chiudere. 3. Quello che era Demetra per i Gre
sterioso; egli è un re occulto e che occultamente opera, anzi un elmo lo rende invisibile (donde il suo nome); ma tanto pi
erali, gli ori, gli argenti, ecc. se non di sotterra? Non deve essere lo stesso Dio sotterraneo il signore di tutte quelle
ovincia dell’ Elide, presso cui scorreva un fiume chiamato Acheronte; lo stesso a Ermione città dell’ Argolide. Ma lo si i
iume chiamato Acheronte; lo stesso a Ermione città dell’ Argolide. Ma lo si invocava abbastanza di spesso nelle preghiere
rra. In sacrifizio non gli si offerivano che bestie nere e si torceva lo sguardo dalla vittima nell’ atto d’ immolarla. De
isegno tolsero a descriverla o rappresentarla. I poeti greci e romani lo ricordano di sfuggita, con epiteti come imus tyr
s ( Ovidio) ecc. ma non indugiano a deseriverlo. La statuaria quando lo rappresentò gli assegnò un’ espressione di volto
che trovasi nella Villa Borghese a Roma. Gli si poneva in mano anche lo scettro e una cornucopia. Il bidente che si vede
riflegetonte (torrente di fuoco), l’ Acheronte (corrente di dolore) e lo Stige (fiume dell’ odio). Quest’ ultimo avvolgeva
nella più antica famiglia divina si supponeva avesse generato subito lo spirito della vendetta e della punizione. Altri a
a Delfo fu protetto da Apollo, il quale dopo molti riti di espiazione lo mandò ad Atene perche là fosse giudicato dal cele
celebre tribunale dell’ Areopago presieduto dalla dea Atena. Anche là lo seguirono le Erinni sitibonde di sangue; ma chius
— L’ arte, com’ è da aspettarsi, si attenne pure a questo tipo. E già lo scultore Alcamene aveva figurato così un’ Ecate d
popolari in questa parte rimasero sempre un po’ indeterminate; ma per lo più appariscono in numero di due. Santuario degli
anche a scopi religiosi. Il focolare, com’ è noto, era nell’ atrium, lo spazio maggiore della casa romana, dove la famigl
ina casalinga. — Nè solamente ogni casa aveva i suoi Penati, ma anche lo Stato, considerato dagli antichi come una grande
e del Lar familiaris si trova nell’ Aulularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel prologo, e gli fa raccont
oro egli non ha rivelato l’ esistenza al padre di Euclione perchè non lo onorava abbastanza, ma l’ ha fatto ritrovare ad E
sorgere gli uomini dalla madre terra, come dalla madre terra sorgono lo piante e gli animali. Si dicevano autoctoni i pri
ogni mala cupidigia) che di notte sempre rinasceva. Alla fine Eracle lo liberò dalle catene dopo avere ucciso con una fre
, è il mito di Pandora. Zeus, adirato per il rapimento del fuoco, non lo volle riprendere e privarne gli uomini, ma fè lor
egli avrebbe ammaestrato nella medicina e nella ginnastica. Più tardi lo si fece educatore anche di altri e altri esseri m
a; gli armenti di Admeto prosperavano in maniera meravigliosa; Apollo lo aiutò anche ad ottenere in moglie la bella Alcest
ire, le indusse a promettere che giunta l’ ultima ora di Admeto, esse lo avrebbero lasciato in vita purchè si trovasse un’
atore e guerriero. Dopo la sua morte, Atteone fu venerato in Beozia e lo si invocava per protezione contro gli effetti dis
a che prenunziano la metamorfosi, si difende da due de’ suoi cani che lo hanno assalito. c) Antiope e i suoi figli,
vvicinatosi a lei in forma di Satiro e sentendosi madre, per sfuggire lo sdegno paterno, recossi a Sicione, dove il re Epo
in Rodi, al tempo d’ Augusto venne in possesso di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme di Car
tradizione, Sisifo, figlio del tessalo Eolo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadagno fra gli uomini
o significato. Piuttosto il Sisifo che rotola un masso su pel monte e lo vede dalla cima precipitare in fondo, fa pensare
onte. Propriamente Glauco non era che un epiteto del mare, e in fatto lo troviamo in relazione con Posidone Ippio. È ricor
lendo Bellerofonte, nuovo Giuseppe, cedere alle lusinghe di lei, ella lo accusò al marito di aver tentato tradire i doveri
con una tavoletta suggellata, entrovi dei segni segreti per avvertire lo suocero che dovesse dar morte al latore. Bellerof
lerofonte diventa l’ eroe nazionale dei Licii. La prima impresa a cui lo mandò Jobate fu di combattere la Chimera, mostro
agli Dei, si riconciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano di una parte della Licia. Non molto p
o merito al re Danao, il quale avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno di Posidone, lo provvide di acqua, facendo
l quale avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno di Posidone, lo provvide di acqua, facendo scavare pozzi e canali
a figli di Egitto o Egiziadi vennero anch’ essi ad Argo e obbligarono lo zio a dar loro in mogli le sue cinquanta figliuol
ate. Questo diedegli la sua figliuola, Antea o Stenebea, in moglie, e lo rimandò a Tirinto, dove gli fè costruire da opera
la testa a Medusa secondo gli ammaestramenti avuti da Atena. Siccome lo sguardo di Medusa aveva la forza d’ impietrare ch
a, tagliò di netto colla falce avuta da Ermes il capo della Gorgone e lo ripose nella magica sacca. All’ inseguimento e al
i. Poi se ne tornò ad Argo, consegnato il capo di Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida sua per servirsene a terrore de’
ati, colla falce di cui si servi per uccidere Medusa e coll’ elmo che lo rendeva invisibile. Il suo aspetto in genere rico
scendenza di Leda; poi li celebrarono parecchi lirici, tra cui Saffo, lo spartano Alcmane, autore di un inno che era molto
rmentata dalla gelosia e uccisa per sbaglio da lui stesso mentre ella lo spiava. In Atene dopo la morte di Eretteo, second
lle strette per causa dei Pallantidi e di Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima di narrare le
città greche. — Teseo ebbe a maestro il virtuoso e saggio Pitteo, che lo istruì nell’ arti musiche e ginnastiche; e si dic
A sedici anni d’ età, Teseo portato dalla madre avanti a quel masso, lo sollevò facilmente, e da quel momento iniziò la s
a e pericolosa scrofa che infestava il bosco di Crominione. 4º Liberò lo stretto passo Scironico ai confini della Megaride
o a tradimento ucciso suo figlio Androgeo, o, secondo altra leggenda, lo avevano mandato contro il terribile toro di Marat
i Maratona, quello stesso che Eracle aveva portato con sè da Creta, e lo sacrificò ad Apollo Delfinio; 2º aiutò l’ amico s
tuari di Teseo; il frontone occidentale del tempio di Zeus in Olimpia lo aveva tra i combattenti contro i Centauri; lo ave
mpio di Zeus in Olimpia lo aveva tra i combattenti contro i Centauri; lo aveva pure la grande composizione del fregio che
182). b) Talo. 1. Tra le leggende Cretesi è ancor da menzionare lo strano mito di Talo, l’ uomo di bronzo, leggenda
llora che egli tento di impedire agli Argonauti reduci dalla Colchide lo sbarco nell’ isola; Medea colla sua astuzia riusc
teratura e nell’ arte. Lo ricorda Simonide dicendolo opera di Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani
antesimi di Medea muore nelle braccia dei Dioscuri. Le monete cretesi lo hanno sovente in figura di un giovane alato in at
ovinezza di Eracle. — Questa parte del racconto è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle era detto discendente di Pe
ando Eracle aveva otto mesi, Era gli mando contro due serpenti perchè lo avvolgessero nella culla e uccidessero; ma egli l
stro Lino che gli aveva inflitto un castigo. In punizione, Anfitrione lo mandò sul Citerone a pascolar greggi, e così rima
e Cleona. Eracle non potendo ferirlo nè colle freccie nè colla clava, lo cacciò entro la sua tana, e ivi lo soffocò tra le
o nè colle freccie nè colla clava, lo cacciò entro la sua tana, e ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, c
caia, dell’ Elide e dell’ Arcadia e guastava i campi di Psofi. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima del monte che era
uì e spinse sino alla cima del monte che era coperta di neve, e di là lo afferrò e s’ avviò per portario vivo ad Euristeo.
i Molionidi Eurito e Cteato sorpresero in una gola quest’ esercito e lo sconfissero. Tanto più inviperito Eracle uccise i
eggende cretesi. Avendolo Posidone messo in furore perchè Minosse non lo sacrificò come aveva promesso, e scorrendo il tor
a, la Gallia e l’ Italia e portò il gregge di Gerione ad Euristeo che lo sacrifîcò ad Era Argiva. — Tra i parerga connessi
pomi d’ oro, pur ignorando dove fosse la sede delle Esperidi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi, e di qui l’ occasi
Esperidi. Gli fu suggerito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorprese nel sonno e lo tenue stretto fintantochè
ito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorprese nel sonno e lo tenue stretto fintantochè n’ ebbe la notizia, che
tento lasciar Eracle nell’ imbarazzo. Ma questi, più scaltro di lui, lo pregò riassumesse il peso tanto almeno che egli s
riuscisse senz’ armi a domarlo. L’ eroe stringendo alla gola Cerbero, lo incatenò e trasse su alla luce del sole; e dopo a
trasse su alla luce del sole; e dopo averlo fatto vedere ad Euristeo, lo ricondusse di nuovo nell’ Inferno. Con questa fat
racle aspirava alla mano di Iole; venuto a gara con Eurito facilmente lo vinse; ma poi questi non voleva concedergli la fi
alia l’ eroe; e poco dopo avuto in suo potere Ifito figlio di Eurito, lo precipitò giù dalle mura di Tirinto e uccise. Più
e. Più tardi si favoleggiava che Ifito fosse amico di Eracle e questi lo avesse ucciso in un accesso di follia. In ogni mo
voleva far violenza nel tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo stesso Dio, con lui s’ accingeva temerariamente a
e, fratellastro di Tindareo, ed a lui aveva usurpato il regno. Eracle lo vinse e restituì la signoria a Tindareo. In quest
oratosi di lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio di tanta audacia. Eg
bia del dolore afferrò il messo Lico che gli aveva portata la veste e lo scaraventò nel mare, dove divenne uno scoglio. Eg
ui donò il suo areo e le sue freccie. Mentre il rogo ardeva, ecco fra lo scrosciar dei tuoni comparir una nuvola in cielo,
era particolarmente dedicato il Ginnasio Cinosarge. In secondo luogo lo si venero come salvatore e benefattore dell’ uman
ondo luogo lo si venero come salvatore e benefattore dell’ umanità, e lo si invocava per aiuto nelle difficili congiunture
tazze d’ argento. Era a lui sacro il quarto giorno d’ ogni mese; chè lo si riteneva per il suo giorno natalizio. 3. Latin
, il quale mosse contro Caco, e impegnata con lui aspra lotta, affine lo vinse ed uccise. Poi per gratitudine a suo padre
romana vide rappresentare e gustò, v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e di Giove dà luogo
tici nè gli accidenti naturali abbattono e sfibrano (Od. 3, 3, 10); e lo ricorda pure come esempio dell’ invidia che perse
auribile fonte di argomenti. Quando si rappresentava Ercole solo, per lo più si cercava rendere l’ immagine di una forza s
tti gli altri ottenne celebrità per rappresentazioni di questo genere lo scultore Lisippo, della giovane scuola Argiva, il
ralmente a Meleagro, ma egli, tutto preso dalla bellezza di Atalanta, lo cedette a lei, dicendo che spettava a chi primo a
stretta gli anziani e i sacerdoti di Calidone si volgono a Meleagro e lo pregano a riprender l’ armi, ma invano; lo prega
ne si volgono a Meleagro e lo pregano a riprender l’ armi, ma invano; lo prega pure il suo vecchio padre, invano; lo prega
ender l’ armi, ma invano; lo prega pure il suo vecchio padre, invano; lo pregano le sue sorelle e la madre istessa, ma Mel
rinni, che aveva udito la maledizione della madre, ne fe’ sua preda e lo fe’ morire. Tale è la leggenda come si legge giù
. Appena scomparse le Moire, Altea subito levò il tizzone dal fuoco e lo nascose. Così visse e crebbe Meleagro. Ma quando
iuntura per toglier di mezzo i figli del primo letto, cercava indurre lo sposo a uccidere Frisso, come per immolarlo a Gio
nella pazzia perseguitando Ino e i figli avuti da lei, prese Learco e lo scaraventò contro una rupe; scampò Ino coll’ altr
Giasone (Iason), affidandolo al centauro Chirone perchè segretamente lo educasse. Così crebbe Giasone nella caverna del c
iunto ai venti anni, mosse alla volta di Iolco coll’ idea di obbligar lo zio a dargli la signoria a cui aveva dritto. Per
ci, e Amico loro re. Ivi Polluce venuto a lotta di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso di Tracia ov’ era
addormentato col farmachi di Medea il vigile drago, prese il vello e lo portò sulla nave, seguito da Medea; e salparono s
dottiero delle genti mandate dal re a inseguire i fuggenti, e Giasone lo combattè ed uccise. Rispetto alla via seguita dag
a un pastore Corinzio, trovato sul Citerone quel bambino abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto, di nome Polibo
o, di due a mezzogiorno, di tre alla sera; chi non sapeva rispondere, lo uccideva buttandolo giù in un profondo burrone. A
a prendervi parte e aveva tentato sfuggire ai messi di Adrasto che ne lo sollecitavano; ma Polinice avendo subornato la mo
vano; ma Polinice avendo subornato la moglie di lui Erifile donandole lo splendido monile di Armonia (bello a vedere ma ne
 Edipo a Colono ». Finalmente anche Euripide trattò nelle « Fenicie » lo stesso terna trattato da Eschilo nei « Sette cont
o resogli, che in luogo di dargli metà del regno come aveva promesso, lo precipite in mare. Secondo alcuni, costui sarebbe
glio di Atreo, di nome Plistene, e allevatolo come suo, un bel giorno lo mandò a Micene perchè uccidesse Atreo. Scoperto e
ndetta contro il fratello. Si finse pronto a riconciliarsi con lui, e lo richiamò co’ suoi a Micene. Tieste fidando nelle
ettero abbandonare la patria. Peleo si recò a Ftia in Tessaglia, dove lo accolse il re Euritio che gli diè in moglie la su
colse il re Euritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte del suo dominio. Più ta
Omero la chiama Ippolita), moglie di Acasto, si invaghì di Peleo, ma lo trovò ritroso a’ suoi desideri e allora calunniol
’ una caccia, s’ era addormentato sul monte Pelio, e toltegli le armi lo lasciò ivi solo, persuaso che i Centauri avrebber
i greci. Che Teti dopo aver date alla luce Achille, abbia abbandonato lo sposo perchè egli la disturbò nel momento che nel
uella secondo la quale Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo nascose in casa di Licomed
Tetide per sottrarre suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo nascose in casa di Licomede in abiti donneschi, d
orta la prima moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracle, Telamone lo
catoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracle, Telamone lo accompagnò alla prima spedizione contro Troia; di
ilità nel lanciar dardi e per velocità, nella qual virtù solo Achille lo superava. Capitanava un esercito di Locri Opunzii
ardente amore per l’ ospite che alla bellezza delle forme aggiungeva lo splendore dell’ abbigliamento orientale. Essendo
Senonchè avendo Agamennone ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva di
ella ferita, si deliberò di lasciarlo nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere perchè era detto che
rincipali porte di Troia, mentre già egli stava per entrare in città, lo colpiva un dardo scagliato da Paride e diretto da
morte di tanto eroe; la madre Tetide e tutta la schiera delle Nereidi lo piansero per diciasette giorni e diciasette notti
annò inventando che era sfuggito alla persecuzione di Ulisse il quale lo aveva destinato vittima per un sacrifizio d’ espi
opo un viaggio non infelice, scampato anzi a una furiosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ Eubea, nella sua reggia d
rò addosso la persecuzione delle Erinni le quali non gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva. Dall’ oracolo
uando la sacerdotessa di Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratto della sta
Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratto della statua e tutti insieme fugg
rnava con Elena e i tesori del bottino di guerra. Una tempesta invero lo colse presso il promontorio Malea e questa lo sba
ra. Una tempesta invero lo colse presso il promontorio Malea e questa lo sbalzò colle sue navi in Creta e in Egitto, e dov
forza Cassandra che s’ era avvinghiata alla statua della Dea, questa lo puni facendolo naufragare presso il promontorio C
petto degli Dei; allora Posidone con un colpo del suo tridente spaccò lo scoglio e l’ empio sprofondò in mare. Diomede, do
titosi di là, stava girando il promontorio Malea, quando una tempesta lo colse e spinse in alto mare. Dopo nove giorni di
ora mosse da solo, e, aiutato da Ermes il quale diedegli un’ erba che lo proteggeva da ogni magia, indusse Circe a ridar a
nfine sollecitato dai compagni, Ulisse si decise alla partenza; Circe lo consigliò a navigare ancora verso occidente, di l
erte, della moglie Penelope e del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo rassicura
Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo rassicura dicendo raggiungerà la patria purchè ne
ungere a quella volta, ecco passa Posidone di ritorno dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto pieno di sdegno contro lui
e ancora tutto pieno di sdegno contro lui gli sconquassa la zattera e lo abbandona nell’ acque. Sarebbe stata finita per l
ta finita per lui, se la buona Ino Leucotea, mossa a compassione, non lo avesse confortato e avvoltolo d’ un velo non gli
heria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo re dei Feaci; la quale lo conduce al palazzo e lo raccomanda al padre. Ulis
ica, figlia di Alcinoo re dei Feaci; la quale lo conduce al palazzo e lo raccomanda al padre. Ulisse ebbe amichevole accog
la patria per recarsi a Troia; e dormiva in quel momento che i Feaci lo sbarcarono e deposero con tutti i suoi tesori sul
nell’ Isola. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua reggia
Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastore di porci E
anni felicemente nella sua patria. La tradizione posteriore ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di
aggiungano gli ultimi libri delle Metamorfosi d’ Ovidio, che cantano lo stesso tema; s’ aggiunga l’ Achilleide di Stazio;
a all’ età classica di questa scuola (terzo secolo av. C.; il Lessing lo giudicò del 1º sec. dell’ e. v.). « Ciascuna dell
li, è quasi levato su di terra dalle violente strette del rettile che lo comprime al destro fianco del padre, gli attorce
orce le parti superiori delle braccia, e di sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso morso, contro il quale tenta
corpo si incurva, si convelle nello strazio; i muscoli sono tesi per lo spasimo, le vene si fanno turgide sotto la cute,
ar non un grido, ma un sospiro, un gemito da moribondo. In quel volto lo spavento, l’ angoscia, il dolore, ma propriamente
mbra abbandonate ed inerti fa un efficace contrasto col guerriero che lo sostiene il quale è nel pieno vigore delle sue fo
tile accoglienza a un giovine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste nel m
nesorabilmente ritolta. Lieto intraprende egli il viaggio di ritorno; lo seguiva Euridice; ma a un certo punto egli non po
già comparisce con regali onori in Omero; e Pindaro nella prima Nemea lo chiama l’ esimio profeta dell’ altissimo Zeus, il
profeta dell’ altissimo Zeus, il profeta di verità; mentre i Tragici lo introdussero nei loro drammi, ad es. Euripide nel
deve compiere il suo dovere di separare i due amanti, ma si vede che lo fa a malincuore. Altri bassirilievi presentano un
i, chinato il pollice, In vorticoso giro il ben librato Fuso volgean, lo stame a mano a mano Agguagliando col dente, onde
11 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
i nel distender graziosi la mano ad accoglierlo, e nel piegar curiosi lo sguardo a percorrerlo possiate a ragion gloriarvi
, Tien l’impero nel Ciel, tutto decreta, E solo il Fato al suo piacer lo . muove. Regge il folgor funesto apportatore Di pe
ente machinava, con arte affatto nuova, e con forza del tutto inudita lo cacciò superbamente dal regno, quale co’suoi due
e una lunga tranquillità nel suo Regno, perche più guerre a lui mosse lo tennero disturbato non poco, ed afflitto. Qui per
o Il Dio Nettuno, che dà legge al mare, Porta il tridente per mostrar lo sdegno, E ogni mostro marino al piè gli appare. I
n presto di sbrigarsene col menar moglie. A tal’ effetto rivolse egli lo sguardo sulla vaga figlia di Doride chiamata Anfi
r troppo impudenti voglie, E ad onta di ciascun si fe’ marito. Venere lo tradi nelle sue soglie, E allor si fù del rìo vol
o gli tirò fiero calcio, e dal cielo per più non mirarlo barbaramente lo spinse. Precipitoso dopo mille giravolti a terra
ere il palazzo del Sole, la corona di Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo
collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Ettore, le armi di Enea, e mille altri c
ie, tirato da cavalli nati da Borea, e da Erinni, detti il Terrore, e lo Spavento, da più mostri cinto per corteggio, con
, ed un giorno ancor non compiuto di sua vita mortale giunse a rubare lo scettro a Giove, il martello a Vulcano, il triden
a riprendendo il Nume l’antico sembiante con virtù a se tutta propria lo trasformò in pietra (detta poi pietra di paragone
e al tocco di sua verga i due colubri duellanti deposero ad un tratto lo sdegno, ed in segno di pace amorosamente si strin
ia del fiume Peneo, la quale burlandosi de’suoi amori fin a tal segno lo spregiò, che benchè da lui dopo lungo cammino pre
oso nembo di frecce ; tale ingiuria però riputando Giove come propria lo privò, benchè a tempo, delle divine qualità, cacc
ora dall’ Olimpo. Infelice Apollo ! La dura necessità da Dio glorioso lo rese vil pastore degli armenti di Admete, e quest
eltà, che gli Dei stessi restarono sorpresi dalle sue fattezze ; anzi lo stesso fratello Giove preso dalle vaghe sue forme
il tipo di Cerere, benche presso diverse nazioni non fù costantemente lo stesso. Comparisce ella sù d’un altare in foggia
ella, e la più antica fù. Il suo rito scordarsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii di sua man do
ea. Fascele, e Delia perchè drizza l’orme Dell’uom col Dio di Delo, e lo ricrea : Questo è il poter della gran Dea triform
ssero ; ma nel seno della stessa sua necessità mal grado il suo rango lo lasciarono infelicemente a giacere : mitto quod c
enitura ; ma con mano audace ancora di uncinato ferro armata sorprese lo stesso suo padre, e devirollo. Quello stesso però
gione, per cui obliando questi tutti i dritti paterni con mano ardita lo rovesciò dal Trono, e lo cacciò via dall’ Olimpo.
uesti tutti i dritti paterni con mano ardita lo rovesciò dal Trono, e lo cacciò via dall’ Olimpo. Suoi viaggi. A tal infa
l suo regno gli permise non solo il soggiorno, ma consigliere altresì lo volle, e compagno sul trono. Pago allora di tali
sostiene, ed un grazioso bambino s’avvolge a suoi piedi. Altri perchè lo confondono col tempo gl’aggiungono sul dorso le a
Dichiarazione e sviluppo Chi fù Giano. Se è vero, come pur troppo lo è, che le opere di beneficenza, e di pietà assomi
ammirando i sudditi spettatori per un Nume più tosto, che per loro Re lo canonizzarono benchè ancor vivo. Suo ritratto. M
to sdegno del regnator dell’Olimpo l’amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove col latte di bestie feroc
escare da tal lusinghiera apparenza. Lo mirera fanciullo di senno, ma lo provera padre di vizii. Lo guardera cieco, ma lo
nciullo di senno, ma lo provera padre di vizii. Lo guardera cieco, ma lo sperimentera tutt’occhio a suoi danni. Lo vedrà i
sperimentera tutt’occhio a suoi danni. Lo vedrà ignudo, ma ben ricco lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi ab
ore, eccovi Bacco. Dichirazione, e sviluppo Chi fù Bacco. Che lo spirito della gelosia sia il fomento d’ogni fallo
unto non fosse alla perfezione richiesta. Trattolo quindi a suo tempo lo diè allo stesso benefattore Mercurio, il quale se
ndolo da alcune Ninfe figlie forse di Atlante presso la Città di Nisa lo fè da quelle con sollecito impogno allevare.(1)
fiori in quel campo, e mentre intento fermava in esse a vagheggiarle lo sguardo vide la bella Proserpina primeggiar fra t
enerata qual Dea non v’è chi o stoltamente l’ignori, o sfacciatamente lo neghi. Le ammirabili sue qualità, ed i prodigiosi
essa al dir di G. Cristo in S. Matt. 22. il cardine, ove poggia tutto lo spirituale edificio. Nudra dunque ognun nel cuore
dove essa non può tormentare gli altri contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e le furie. Da questa strana sua indole am
ire col manto della compassione per ottenere più facilmente l’intento lo sventurato calunniatore, il quale perciò sovente
’Averno ? Il viperino della sua chioma, il fiammeggiar de’suoi occhi, lo spumar de’suoi labri fan veramente orrore. Del ma
ma sempre bionda, e bella. Sul manco braccio tien la tortorella, Tien lo sguardo alle stelle intento, e fiso, Corre, ne pa
note a questi quattro Sonetti rappresentanti le stagioni dell’anno è lo stesso, a moi credere, che far un’ingiuria a legg
ro de’ Regni, la gloria de’ Monarchi, l’apologista de’ Conquistatori, lo splendor dell’ età. E tolgasi pure, o almeno si e
pinse a trattarla, esponendone però non solo teoricamente i precetti ( lo che meglio di me da molti maestri in quest’arte s
che se il canto è sagro lungi dal profanarlo con siffatte invocazioni lo decori con invocare Dio, Maria, i Ss. o quel S. i
ilettevole, e grato, che della poesia forma il principale obbietto, e lo scopo. L’altro pregio, che brillante non men, che
risalti delle belle scene, che colpiscono, e commuovono mirabilmente lo spirito. Tali fregi però non debbono nè con modi
de sciegliendo ognuno a suo genio, quall’ape ingegnosa, e trasmutando lo scelto in sua sostanza può abbellire i suoi poemi
dovunque si trovassero come uomo, piede ecc : le vocali poi, che non lo sono, come mas stoso glorioso ecc : si possono pr
glorioso ecc : si possono prendere per una, o due sillabe secondo che lo richiede l’armonia del verso. Facciano inoltre el
n buona parte la macchia. Cap. II Del verso Chiunque percorre lo studio della vita ; ed ama di godere un dominio s
potente, Non t’ignora sdegnato, E pur la speme D’averti difensor a te lo guida Tanto Signor di tua virtù si fida. Venga i
rso però in altro modo riguardato non è stato sempre nelle sue misure lo stesso presso tutte le nazioni ; ma vario assai,
è più esteso può facilmente formarsi qualche lavoro. In questo metro ( lo chè si avvera ancora degli altri consimili) la ri
a sen giace Con fischio mortale La man tiene al fianco, Al fianco lo coglie ; E mostrasi audace Ma par, che non sent
o in lido Contro l’istessa Atene Sotto altro nome ascosto Poi Serse lo destina, A mille affanni esposto L’estrema sua
le provò. Alfin di Persia il regge Si vede in un momento In corte lo raccoglie Ridotto a orrendo stato Cangia l’irat
esto verso quantunque a rima non soggetto, difficile però si è si per lo estemporaneo, che per lo scrivere. Dicesi sdrucci
ima non soggetto, difficile però si è si per lo estemporaneo, che per lo scrivere. Dicesi sdrucciolo, perchè le ultime due
ione è da mettersi sù sdruccioli, acciò non sembrino stentati, mentre lo sdrucciolo natural forma il suo pregio. Eccone in
da che il celebre Manzoni scrisse il quinto Maggio in tal ritmo esso lo scopo si è reso di tutta la gioventù studiosa. Ma
a Telesilla, Ed altra i dardi avventa E disarmando gli uomini Allor lo stuol femineo Tutte le donne armò. Fassi di se
ta la Grecia San bene che puote infemina Una novella legge, L’odio, lo sdeguo, e l’ire, Che il sesso imbelle, e debole
Più derelitta. E il duol crescea Spesso i marmi abbracciar Si che lo posso ancor Procura, e di sfogar Mi consiglia l
chè osservasi l’impero Dunque hai franto il mio decreto Chi obliare lo potrà Traditor dimmi perche ? Reo di morte allo
Corse altier, con lui pugnò, E l’esempio altrui donò, E l’uccise, e lo spogliò. Tutto il campo allor tremò Porta l’arm
on essendo presso i francesi si familiare la rima, come presso di noi lo è, quel ritmo, che in due versi di quattordici si
nsiere sviluppato ne’ tre antecedenti endecasillabi, questo si è, che lo rende assai difficile, e presso che impraticabile
re nel secondo verso la sentenza del quarto, conseguiranno facilmente lo scopo bramato. Eccomi alla norma. Orazia, che p
adatta ancora a materie giocose, come la Secchia rapita del Tassoni, lo scherno degli Dei del Bracciolini ec. Ma se la gr
n decidere Di qui si scacci, e se si ostina, e smania, E non si parte lo sapremo uccidere. Cap. XX. Della pastorale.
ita pastorale nel metro suddetto con sommo piacere degli spettatori ; lo che poi fù la occasione, per cui Omero, vecchio p
zzinali ; ne mente vi è per limitata che sia, che non ardisce calzare lo stretto ceturno di Melpomene, ed adagiarsi sull’
r mi pince andarne al letto, Nè di zampogna più toccar la canna ; Che lo stravizzo non mi vince, o inganna, E mi piace pos
 ; Hai vinto hai vinto mia perversa sorte ; Ma colui, che di me volle lo scherno Vedrà che puote il mio crudel furore, Avr
, Avrà il mio spirto per compagno eterno Quel crudel, che di me volle lo scherno. Fin che compagno del mio lungo errore Sc
e tracce, e le norme siegue del Sonetto in generale. Suole questo per lo più darsi agli Estemporanei ; non saprei però se
ra invece di dividere il pensiero all’ obietto insieme, ed alla rima, lo fissera unicamente a quello, ben sapendo, che non
ranno, Tiranno Vado a perir nella deserta arena, Arena Veggo di sorte lo spietato inganno ; Inganno Chè il Ciel contro di
so a far brevemente parola. Questi sono sei, tre di due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il Giambo, tre altri poi
la voce intera Christus per tal’accidente da Trocheo passa a Spondeo, lo che non sarebbe avvenuto se fosse seguita una voc
; ma nel quinto pretende onninamente il Dattilo, come nel sesto piede lo Spondeo, nè l’esempio di qualche Spondiaco, o Dat
rto qualche ricompensa, che perciò Nettuno per non sembrargli ingrato lo trasse dalle native onde, e lo menò al cielo in l
ciò Nettuno per non sembrargli ingrato lo trasse dalle native onde, e lo menò al cielo in luogo degno fra le cestellazioni
so oracolo di Apollo colpito anche esso restò muto, e di tal silenzio lo stosso Demonio rese la ragione dicendo : Me puer
). Il palladio, che conservavasi in questo tempio dicesi essere stato lo stesso Palladio di Troja, il quale sebbene fosse
mede di bel nuovo pervennc nelle mani del Trojano Enea, il quale seco lo tradusse in Italia, e dopo molte vicende cadde in
degl’ingannatori Sacerdoti di quel tempio, che percossolo con pietre lo fecero in pezzi : Cum intrasset Antiochus, apert
inazione in vero potrebbe pensarsi di questa più nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo imperatore l’infamia, e perciò con
irlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che quell’uccello era morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo, egli stringen
acolo diceva, che quell’uccello era morto egli lo lasciava volare, se lo diceva vivo, egli stringendolo facevalo morire ;
iscendenza di questo Dio hò creduto meglio seguire la opinione di chi lo vuole figlio di Creusa adottato però dal detto Si
lla sua Gerusalemme il Tasso, in cui dopo aver descritto di quel Nume lo scettro, la fronte, le corna così quindi soggiuns
on troppo plausibili argomenti tratti dalle reciproche loro relazioni lo dimostrò dietro alcuni pochi il dotto Monsignor H
cque, e chi non sà aver avuto parimenti Mosè due madri, la prima, che lo partori, e la seconda che l’adottò, e che sebbene
come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi di quella lo lascio ad essi a soggiungerlo. Leggasi sù tal pro
i qui sotto io annoto la Ectlissi, cioè, e la Sinalefo. La Ectlissi è lo struggimento della M con tutta la sua vocale in f
12 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
ù, un altro inconveniente pure in essi si ritrova, ed è che obbligato lo studente a leggere queste favole per salti, come
d è che obbligato lo studente a leggere queste favole per salti, come lo richiede un dizionario alfabetico, egli o per noi
spedirono a Litto in Greta: e poichè quivi ebbe partorito Giove, Gea lo raccolse, e il fece nutrire nascostamente in un p
a forza, giusta le predizioni di Urano e di Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse a rivomitare i figli, che aveva inghiot
Capra, ed egli della pelle di lei si valse per coprirsene il petto, e lo scudo, che quindi da aix aigos (capra) fu detto e
i occhi di Argo nella coda del pavone uccello a lei sacro, e tormentò lo , secondo Virgilio, coll’ estro o assillo insetto
nte sprezzata la beltà di Giunone; nel quarto le figlie di Cinira per lo stesso motivo trasformale da Giunone de gradi del
ida, per a cui intendesi egualmente e l’ usbergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima era propr
iglia di Marte, questi in vendetta l’ uccise. Sdegnato di ciò Nettuno lo citò innanzi all’ Areopago di Atene ove giudici f
none, alluder sogliono i poeti, e vi ebbe pure chi della sola Giunone lo volle figlio, come altri dissero di Marte. Nasque
chille a richiesta di Tetide, tra le quali spezialmente distinguevasi lo storiato scudo, su cui mille cose erano maestrevo
cignale, sotto alle sembianze di cui dissero alcuni che fosse ascoso lo stesso Marte; e Venere dopo averlo cangiato in an
e Venere dopo averlo cangiato in anemone, per lunga pezza amaramente lo pianse. Andava ella frequentemente accompagnata d
e queste udendo la felicità ch’ ella godeva, ma che non vedea giammai lo sposo, punte da invidia le fecer credere eh’ ei f
in riva. Pane l’ esortò a gire in traccia di Amore, promettendole che lo avrebbe placato; e nei lunghi viaggi che a tal fi
ersi in isposa. Avide di questo le sorelle una dopo l’ altra salirono lo scoglio, da cui Zefiro le avea portate al palagio
so veggendolo all’ amor suo, perchè costante verso di Procri, ad essa lo rimandò, dicendogli che se ne sarebbe pentito. Ce
eghiere della terra allor Giove fulminò il mal consigliato giovane, e lo precipitò nell’ Eridano, alle rive di cui le sore
era carissimo, volle ei medesimo per dolore ammazzarsi; ma Apollo che lo amava prevenne il colpo cangiandolo in cipresso.
iglio di Teseo. Sdegnato però Giove che tanto potere ei si arrogasse, lo fulminò e Apollo, che prese a farne vendetta col
ssi presso di Admeto re di Tessaglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo propose alla guardia delle sue greggi’ lungo il f
va che alcuno vi andasse; ma trasformatosi in atleta Apollo ben tosto lo atterrò, e l’ uccise. Era Apollo adorato principa
bò alcune vacche, ed essendo in ciò stato scoperto dal pastore Batto, lo cangiò in pietra di paragone. Minacciandolo Apoll
gli rubò la faretra, sicchè Apollo per la stravaganza finì a cangiare lo sdegno in riso e Mercurio fu poi tenuto Dio dei l
se il figlio vivo, e l’ ascose nella sua coscia, poi datolo alla luce lo fece allevare da Ino sorella di Semele sotto la c
ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compagne lo fece a brani. Licurgo re di Tracia che opporsi vo
e, la quale assalì Erisittone per modo, e così insaziabile divoratore lo rese, che consunte tutte le sue sostanze, vendett
te, dipingetesi come Pane, ma senza peli al mento ed al detto. Alcuni lo dissero figlio di Pico re dei Lazio, e padre dei
purgavansi, e loro imponevansi i nomi; Statilino o Statano dava loro lo stare in piedi; Fabulino ih favellare; Pavenza lo
l cielo; ma da lui fulminati furono poi sepolti nel Tartaro. Aggiugne lo stesso Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmo
e nel suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e ricco di doni lo fece da’ suoi trasportare in Itaca. Ovidio aggiu
Fauno e della ninfa Simetide. Ma avendolo Polifemo con lei sorpreso, lo schiacciò con’ un pezzo del monte Etna, ed ella p
i Learco e Melicerta due lioncini, prese Learco e raggiratolo in alto lo sbattè crudelmente sul suolo, indi si fece a inse
ni. Cloto tenea la rocca, Lachesi ne traeva e torceva il filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita di ciascuno era giunta
e dalla quale poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato col fulmine lo percosse, e lo fe poi dalle furie legare giù nell
poi nacquero i Centauri. Ma Giove sdegnato col fulmine lo percosse, e lo fe poi dalle furie legare giù nell’ Inferno ad un
di poter per brevi momenti tornare in vita, onde punire la moglie che lo lasciasse insepolto; e che uscito dall’ Inferno c
nire non solo Prometeo, ma gli altri uomini ancora, tolse il fuoco, e lo seppellì sotto terra. Ma Prometeo riuscì a trovar
o seppellì sotto terra. Ma Prometeo riuscì a trovarlo, ed agli uomini lo riportò in una cava ferula o sferza o come volgar
ngamente con lei triplicò il corso della notte. Poco dopo sopravvenne lo stesso Anfitrione, da cui Alcmena concepì Ificlo,
eano al Mediterraneo, separando i due monti Abila e Calpe, e formando lo stretto che or chiamasi di Gibilterra, ove Ercole
mbattendo sotto varie forme, da ultimo cangiossi in aquila. Ma Ercole lo ferì di saetta in un’ ala, e quagli cadendo fece
negato l’ ospizio, dal re Atlante, col presentargli il capo dì Medusa lo convertì nel monte dello stesso nome., il quale p
violarla. Preto non osando per ospitalità ucciderla in casa propria, lo spedì ad Ariobate o Giobate suo suocero nella Lib
e, in cui raccomandavagli di trovar mezzo, onde farlo perire. Giobate lo mandò prima, a guerreggiar contro i Solimi, indi
tro le Amazoni; ma essendo di queste guerre uscito sempre vittorioso, lo spedì per ultimo a combattere la Chimera, che inf
lla regina Merope la quale ne prese cura, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo di non esser
le, prese le redini del governo, ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ricoverarsi presso di Adrasto re degl
di nozze dai fratelli di lei Temeno ed Assieme fu trucidato; e questi lo furon poi da Acarnone e Anfotero figli di Alcmeon
gendo le persecuzioni della madrigna Ino, si argomentarono di passare lo stretto, che or chiamasi dei Dardanelli. Ma spave
n’ andò col montone a Coleo; dove sacrificollo a Giove (il quale poi lo trasportò in cielo nel segno dell’ ariete), e ne
di donna più il potè muovere; di che indispettite le madri de’ Ciconi lo fecero a brani, e il capo ne gettarono nel fiume
enti.), mosso da invidia precipitollo dalla rocca di Minerva, che poi lo cangiò in pernice. Rifugiatosi perciò Dedalo in C
desima, e con Fedra di lei sorella. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo stesso Dedalo col figlio Icaro nel labirinto, e c
e di Atreo se ne fuggi; ma Atreo covando il desiderio della vendetta, lo richiamò protestando il perdono, indi uccise i du
ò e Priamo stesso come suo figlio amorevolmente l’ accolse. Poco dopo lo spedì Priamo in Grecia con venti navi per ripeter
ammiste eran delle armi, vedendo Achille a queste subito appigliarsi, lo riconobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filot
nazione di Crisa città della Frigia era toccata ad Agamennone, questi lo ributtò bruscamente; per la qual cosa avendo Cris
l’ uccise, indi attaccatone il corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno alle mura di Troia, nè si arr
e in isposa la figlia di lui Polissena; ma nell’ atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio dì Apollo, Paride con una f
lo sposalizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove soltanto era vulnerabile,
a vulnerabile, perchè Tetide, appena nato per esso tenendolo, immerso lo aveva nel fiume Stige, e con ciò reso invulnerabi
ndue in agguato, lui ucciser di notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratagemma di Ulisse più a Troia fatale fu in ap
a Troiani, che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci, onde placar lo sdegno di Pallade irritata per la violazion del P
fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per opera di Nettuno sopra lo scoglio Gireo, ma poi vantandosi di aver saputo a
sotto al più grande, ne uscirono tutti nell’ atto che Polifemo, tolto lo smisurato macigno, che serviva di uscio alla grot
lbero della nave: schivò il mar burrascoso alle pietre erranti; passò lo stretto di Messina fra Scilla e Cariddi, ove Scil
ulos, ora Gozo vicino a Malta, ove la Ninfa Calipso figlia di Atlante lo tenne per sette anni, e tentò di farselo marito p
, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò: dopo l’ incendio di Troia partì cogli
ccusato da alcuni come traditor della patria. Omero però nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e l
però nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire alle mani prima con Achille, e poscia c
della Puglia, perchè erano abitati dai Greci, di non fidarsi a passar lo stretto troppo pericoloso fra Scilla e Cariddi, m
ato, ricorse al padre, il quale spedì Mercurio ad intimare ad Enea di lo sto partir per l’ Italia, ove chiamavalo il desti
avuto in sogno dal Padre le chiese a scender seco all’ Inferno. Essa lo avvertì esser prima necessario procacciarsi il ra
Enea ricevè intanto da Venere le armi fabbricate da Vulcano, fra cui lo scudo, ove erano effigiate le future imprese de’
ritorno, e il suo corpo è portato dalle onde verso il lido. La moglie lo scopre da lungi, e va per raggiungerlo in mare. G
no figlio di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro di esso lo strale di Paride. Parte II. Capo XI. Aiace propos
e quali allorchè la Pitia era inebriata, pronunziava delle parole per lo più oscure o confuse, che raccoglievansi da’ Sace
ole questi ricusato pagarle., ella gettò tre libri sul fuoco, domanda lo stesso prezzo per gli altri sei; che al secondo r
13 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ugas. Or sebbene io conosca che commetto non leggier fallo, secondo lo stile de’ moderni, allungando più del dovere ques
ersiani, presso i quali il fuoco era in grandissima venerazione. Enèa lo stabilì nella città di Lavinia, donde Ascanio il
ra, per significare le città che sono come la corona della terra. Per lo più si rappresentava con un disco in mano ; attor
il vanto di aver veduto nascere questo nume fra loro ; ma i Poeti per lo più danno a’ Cretesi un tant’onore. Quindi il San
del fiume Ladone ; ed in fasce avvoltolo, diello alla ninfa Neda, che lo portasse a Creta e quivi il nutricasse di nascost
era di farne uso. Il che mal sofferendo Giove, comandò a Mercurio che lo legasse al monte Caucaso, e che un’aquila, o un a
arte di fare le statue, si finse che avesse formato l’uomo di creta e lo avesse animato con fuoco tolto dal cielo. Quanta
empio, Filemone si avvide che Bauci si mutava in tiglio, e Bauci, che lo sposo diveniva una quercia ; e così si diedero l’
po della Gorgone. Diremo quindi che per egida i poeti intendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che di Pallade
za sì di Giove, che di Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo sdegno di Giove i poeti dicono ch’esso orribilmen
αιξ, αιγος, capra) era propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Giove e di Minerva ; e ques
; e postosi l’elmo di Plutòne (Orci galea) che rendeva invisibile chi lo portava, a volo recossi al luogo ove dimoravano l
le disperate lagrime delle compagne, per mare, tutta fuori di se per lo spavento, fu trasportata nell’isola di Creta. Pal
, alla quale dettò leggi di tanta sapienza, che credevasi averle date lo stesso Giove, col quale egli spacciava un’intima
er ricevere nuove leggi, la giustizia delle quali fece si che i poeti lo ponessero per giudice dell’inferno. Era forse un
dice, secondo altri, il quale dalla madre fu a lui affidato, affinchè lo ammaestrasse. Il giovinetto sì bene diede opera a
ì inventò la sega. Dedalo ne fu tocco da non lodevole invidia, percui lo precipitò dalla cittadella di Atene, spacciando p
e nati dalla stessa sua madre (1). nulladimeno essi son chiamati per lo più Dioscuri (Διοσκουροι, i. e. Διος κουροι, Iovi
ò egli provocare anche gli Argonauti ; percui fattosi avanti Polluce, lo vinse e gli diede la morte. Combatterono eziandio
n’era caduto al suolo. Se crediamo a Pindaro, Polluce pregò Giove che lo avesse fatto morire, perchè non volea vivere senz
il quale da lei prese il nome d’Ionio. Passò quindi nella Scizia per lo stretto di Costantinopoli, che da siffatto avveni
, Troiano. Omero gli dà dodici figliuoli ed altrettante figliuole ; e lo chiama caro agli Dei. Egli sedeva sulla vetta di
itto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo splendore di que’giuochi, che Pindaro(2) ebbe a d
la guerra di Troia. Da quest epoca si contano le Olimpiadi, che sono lo spazio di cinque anni, o meglio, di quattro anni
i celebrare i giuochi olimpici, ed il nome del vincitore denotava per lo più ciascuna Olimpiade. Da questo tempo nella sto
diluvio ; il mitico o ’favoloso, dal diluvio alla prima olimpiade ; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La cit
, riputavasi il custode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel
l’aquila, e tiene nella destra il fulmine trisulco, e nella sinistra, lo scettro. Giove si ravvisa principalmente agli occ
oghi dell’ Iliade si chiama l’arbitro della guerra fra gli uomini ; e lo Scoliaste riferisce che la terra aggravata dalla
ure de’ Troiani e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civi
ia, Venere schernendo Minerva, la punge con queste parole : L’asta e lo scudo è tuo, ma il pomo è mio . Or dopo qualche t
l titolo di regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Callimaco, lo scettro ed il diadema non bastavano a liberarla d
ggiore del naturale, opera di Prassitele, il quale fu il primo a dare lo sfendone a questa Dea. Era esso un ornamento del
ime nobiltà de’ lineamenti del volto. In un intonaco di Pompei, oltre lo sfendone, lo scettro ed il pavone, vi è pure un p
e’ lineamenti del volto. In un intonaco di Pompei, oltre lo sfendone, lo scettro ed il pavone, vi è pure un piccolo simula
e Vittorie di oro ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era di metallo, ma tessuto o lavorat
corona sul capo, tenendo nella sinistra una melagrana, e nella destra lo scettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente s
dal divin capo uscì una Vergine armata da capo a piedi, che scuoteva lo scudo ed agitava l’asta ; di età matura e belliss
i si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico era una statua che lo rappresentava sopra il suo trono con Minerva a la
e ; e però quando volle vendicarsi di Aiace, il dimandò a quel Nume e lo scagliò, chè il suo non valeva a distruggere la f
de scoglio sbattuto, e morì inghiottito dalle onde ; percui chiamossi lo scoglio di Aiace. Altro argomento della potenza d
e delle armi, i Greci già vicini a partire questo dono consacrano. Ma lo Scoliaste di Omero afferma che il cavallo Troiano
ltori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, il quale da Minerva chiamav
le navi. Minerva presedeva alla guerra ; ed Iside eziandio, tanto che lo scarafaggio che nella scrittura geroglifica signi
uella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo stesso di Minerva, sicchè chiamavasi città di Pal
tempio di Apollo a Delfo ed implora il soccorso di quel Nume. Apollo lo purifica, e dopo le solite abluzioni e gli offert
e mettersi sotto la protezione di Minerva, pregandola ch’ella stessa lo assolvesse. Oreste ubbidisce e giunge al tempio d
d altri, da Solone. VIII. Peplo. Panatenee. Erittonio. L’asta, lo scudo e l’elmo erano tanto proprii di Pallade, ch
na borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo di oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro. In un antico dipinto
ulivo. In una moneta de’ Magnesii vi è Minerva Pacifera, con l’elmo e lo scudo ; tiene la lancia ed un ramo di ulivo. I Gr
ch’è protettrice de’ poeti e della poesia. Ed alcuni critici, contra lo Spondano, vogliono che la Dea invocata nel primo
lso Palladio ; e che Enea avendo seco portato il vero in Italia, essi lo posero nel tempio di Vesta, affidandone la custod
eguiremo Cicerone, il quale dice che i Greci credevano, Apollo essere lo stesso Sole(1) ; e di essi parleremo in un solo a
ove giri circondava il Parnaso ; e Stazio(3) dice che uccisa occupava lo spazio di ben cento iugeri. Esso dava le risposte
lo colle sue saette, e confinandolo all’inferno, ove disteso occupava lo spazio di nove iugeri ; ed il fegato di lui, semp
i sorelle, dolenti del tristo fato di Fetonte, alla riva dell’Eridano lo piangevano continuamente, tanto che furono conver
uccise di saetta i Ciclopi, fabbricatori del fulmine ; per cui Giove lo spogliò della divinità e cacciollo dal cielo. Fu
colla propria lira, perchè, vedendolo di poca attitudine al canto, ne lo avea un di poca attitudine al canto, ne lo avea u
ca attitudine al canto, ne lo avea un di poca attitudine al canto, ne lo avea un dì aspramente rampognato. VI. Continu
ente adirato, coll’arco su gli omeri ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepito degli scossi strali, de’ quali come uno
ro, che il primo insegnò la musica. Pimpla, monte in Macedonia, forse lo stesso che il Pierio, ne’ confini della Tessaglia
a il nostro Apollo dalla moltiplice cognizione delle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egl
terra, e però la chiamavano l’ombelico di essa(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli At
fu dalle saette di Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupare lo spazio di ben nove iugeri collo smisurato suo cor
virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magica verga. E lo stesso sarebbe accaduto ad Ulisse, se Mercurio no
della consorte ; la quale non avendo pensato a pregare quel Nume che lo avesse reso libero anche dalla vecchiezza, il pov
’umana natura, ed il suo atteggiamento mostra la grandezza divina che lo investe. « Una primavera eterna, qual regnà ne’ b
diversi dati a questa Dea e lor ragione. Le vetuste teogonie per lo più distinguono la Luna, Ecate e Diana, facendone
erii che gli antichi credevano sepolto nelle più dense tenebre, e che lo stesso Omero ripone oltre i confini dell’ Oceano 
ole ed il gestire stesso degli uomini. Fobetore (a φοβος, timor) poi, lo stesso che Icelo, mandava i sogni paurosi e si ca
. Altri raccontano che Giove, per la sua giustizia e probità, accolto lo avesse in cielo ; ma che, avendo egli osato di ol
bene Servio(6) dice che viene da Bacca, ninfa che colla sorella Brome lo aveano educato. Dicevasi pure Iaccus dal greco ια
, e poscia raccomandato alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. Al dir di Plinio(2) molti ponevano l
ito avea Esone alla primiera gioventù, pregò quella famosa maga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e di f
ntù, pregò quella famosa maga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e di fatto per di lei opera tornarono a
a avea detto dal verbo greco υειν, piovere. Plinio e Gellio(2) dicono lo stesso e condannano d’imperizia del greco linguag
donne Tebane a fare una gran festa in onore di quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunque avesse ricusato di farla
nome di Osiride ; e da Virgilio e da Macrobio sappiamo che Bacco era lo stesso che il sole. Ed il vedere Bacco con due co
to la famosa spedizione delle Indie impresa dall’uno e dall’altro per lo stesso fine e col medesimo corteggio. E veramente
glio, come gli altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno di lei, si addormentò in una campagna, ove
’ India, e che i suoi seguaci portavano nelle feste di lui ; e perciò lo ritroviamo sì spesso in quasi tutte le rappresent
di tre nature (τριφυης) ; o alle feste trieteriche. Questa cesta per lo più si vede mezzo aperta e pare che n’esca un ser
anti con piacere mostravano a’forestieri il luogo, nel quale le ninfe lo aveano allevato, quegli abitanti, dice Millin, tr
la Tessaglia. Il centauro Euritione, avvinazzato fuor di misura, come lo erano gli altri commensali, commise a zioni molto
rappresentava stante in piedi ; ed Ateneo(5) riprende gli artisti che lo facevan giacente. Ma Pausania lo descrive con ves
d Ateneo(5) riprende gli artisti che lo facevan giacente. Ma Pausania lo descrive con veste lunga, colla barba, e giacente
dall’aureo corno. Ebone, nume adorato nella nostra Campania, creduto lo stesso che Bacco, o meglio il sole, che rappresen
di essere ucciso da Menelao ; ma Venere fatta accorta del pericolo «  lo ravvolse Di molta nebbia, e fra il soave olezzo
raccolte tutte le lusinghe e che avea la virtù di rendere amabile chi lo portava, tanto che Luciano dice che Mercurio invo
nze, gli dà la nuova ch’eran salve le navi e gli smarriti compagni, e lo rassicura con additargli non lontane le mura dell
conda ; ed il terzo, detto Antero, di Venere terza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. del Caos e della Terra ; altri, di Ve
e e del Cielo ; ma comunemente si dice nato da Venere e da Marte. Per lo più si rappresenta qual fanciullo cieco, o cogli
« Vedi, caro Senocrate, di sacrificare alle Grazie ». Queste Dee per lo più si dipingevano nude e discinte, per significa
orso di cittadini e di forestieri. Le antiche memorie, egli dice (2), lo dicono fondato dal re Aeria ; ma altri vogliono c
i dissero sì bei concetti, che in un certo modo superarono Apelle, ma lo resero illustre. Vedevasi per opera degl’industri
potersi passar più oltre da ingegno umano. » Fu in grande stima, dice lo stesso Dati, un Cupido coronato di rose fatto da
ardi nella sinistra ed a fianco due veltri. L’acqua chiamasi da Dante lo specchio di Narciso. Questa favola significa l’am
egli Osci significava Marte ; per cui la voce Mars de’Latini Latini è lo stesso Mamers degli Osci, tolta la sillaba me, co
Latini è lo stesso Mamers degli Osci, tolta la sillaba me, come dice lo Scaligero, il quale asserisce che le parole Mamer
a quel buono educatore il decimo delle spoglie consacrate a Marte. E lo stesso autore osserva che anche a Roma nobilissim
i. Or terminata la famosa lotta dello Scamandro con Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per volontà di Giunone(4),
tagli da Diomede. E con brusche ed acerbe parole ritenne pure Minerva lo impetuoso furore di Marte(2), allorchè, udito ave
Ercole si rappresentano del terribile Marte gli alipedi destrieri, e lo stesso Marte pernicioso e spogliatore, il quale c
o e siede sul cocchio, allato al quale sta il Terrore e la Paura, che lo Scoliaste di Eschilo chiama ministri o servi di M
da riva Il sanguinoso Marte, allor ch’entrando Ne la battaglia, o con lo scudo intuona, O fulmina con l’asta, e i suoi cav
terribile, spogliatore pernicioso e spezzatore di scudi. Omero spesso lo chiama impetuoso (θουρος Αρης), perchè l’impeto e
ndissimo strepito e romore di tuoni, e con sì folta nebbia e caligine lo circondò, che privò i circostanti interamente del
ssendo la figliuola pretesa da molti, non volle darla che a colui che lo vincesse nella corsa del carro. Avea egli cavalli
e di Bellona. Marte si rappresentava armato da capo a piedi, con lo scudo al braccio ed un gallo accanto, simbolo del
ella vigilanza, col volto infocato, qualche volta colla barba, ma per lo più senza di essa ; sopra un cocchio tratto da ca
. del Cielo o del Giorno ; il secondo, di Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e
usania, nacque sul monte Coricio di Arcadia, ed appena nato, le Ninfe lo lavarono in Tricrena, monte, ov ’erano tre fontan
nfelice di lui, (εν ουρανω θεος αθλιωτερος) per le tante faccende che lo rendevano stanco e distratto. Appena svegliato, e
o ritornava a casa con molto lucro, di ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresciuto
e diede la prima idea della lira, che facevasi di tartaruga. Essa per lo più avea sette corde ; ed Ovidio (5) finge che Me
ti, ovunque il corso Volga, o sopra la terra, o sopra il mare, Va per lo ciel rapidamente a volo. Indi prende la verga, on
è quasi sempre adoperato come messaggiero di pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e discordie. Con quella verga
e’ cadaveri, che avean chiusi in casa (1). Non s’intende però, perchè lo stesso poeta (2), parlando della morte di Didone,
dio da loro adorato sotto la figura di un bue, sino ad un luogo, ove lo consegnava ad una persona mascherata da Cerbero.
o, ov’era onorato con quel titolo, una statua, opera di Calamide, che lo rappresentava nell’attodi portare un montone sull
nge come un giovinetto di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più be
ia, Mercurio coll’elmo di Plutone sul capo che rendeva invisibile chi lo portava, uccise, pugnando, il gigante Ippolito ;
 ; per comando anche di Giove attaccò l’audace Issione alla ruota che lo tormenta nell’inferno(4) ; inchiodò Prometeo con
ffogò. Nel real Museo Borbonic vedesi un Ercole che, afferrato Anteo, lo stringe con un braccio pe’ fianchi, sollevandolo
stori, de’ cacciatori, e di tutti gli abitanti della campagna. Quindi lo dipingevano in modo da sembrare che partecipasse
un imperio della ragione, la quale volevasi infusa dal dio Pan, com’è lo spavento mandato, senza sapersene la cagione, neg
ali in varie forme di animali, allorchè si rifuggirono in Egitto, per lo spavento del crudele Tifone ; e che in grazia di
fiato, formato di varie cannucce con certa proporzione disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il
arlato di Pan, dio della natura e capo de’ rusticani Iddii, volgeremo lo sguardo a’ varii luoghi della Terra che vedransi
uno davano i piedi di capra. Alcuni vogliono ancora che Silvano fosse lo stesso che Pan ; ma Virgilio (1) manifestamente l
sacrati ; e sul monte Liceo presso ad un suo tempio era l’ippodromo e lo stadio, ove si celebravano in onore di Pan le fes
no il tronco di un picciolo cipresso ; e si sa che Virgilio (3) anche lo rappresenta con un giovane cipresso in mano. E sp
ri, o di grandi fiori, o di canne, e col cipresso in mano. Orazio (4) lo chiama orrido, per quella incolta e selvatica sem
scogli ed in cui erano dolci acque e sedili scavati nel vivo sasso. E lo stesso Omero(3) loro attribuisce e le selve, e le
ed altri meglio dal cangiarsi in molte e varie forme (6). Tibullo(1) lo pone nell’Olimpo, sebbene fosse nume campestre. I
dre in cielo, e sei altri nell’inferno con Plutone. Allora acchetossi lo sdegno di Cerere, e la terra, quasi lieta per l’a
o. E peggio gli sarebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro braccia raccolto. Nella qual
l’incudine e le tanaglie. Quel popolo(2) chiamava Vulcano il fuoco, e lo venerava qual nume ; e Sesostri gli edificò un te
rte. Ma di tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più famosa è lo scudo di Achille descritto con arte maravigliosa
po per vendicarla ; ma la madre Teti, uscita del mare per consolarlo, lo esorta a soprassedere, finchè gli porti una nuova
li porti una nuova armatura. Ella di fatto si presenta a Vulcano e ne lo prega istantemente. Il quale, fatte alla Dea molt
fatta da Virgilio sia mollo inferiore a quella del poeta greco. Anche lo scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera di V
geo ed Ideo ; nè il secondo avrebbe schivata la morte, se Vulcano non lo avesse cinto di nebbia e così sottratto al furor
etto iugombro tutto di cadaveri, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo ravvolge ne’ vortici delle sue onde e comincia no
ale riferisce che, secondo il sistema degli antichi Fisici, Giano era lo stesso che Apollo, o sia il Sole, e Jana, la stes
o la sua nascita, apparvero ad Altea le tre Parche, le quali filavano lo stame fatale di quel fanciullo, e che vaticinando
one. Il quale accolse il giovanetto principe con molta amorevolezza e lo fece educare con Pilade, suo figliuolo ; per cui
eti non poteano con più vivi colori porre avanti gli occhi del popolo lo stato spaventevole di un cuore tormentato da’rimo
la sua pelle durissima, Ercole con inudito valore, presolo pel collo, lo strozzò e vestissi della sua pelle. Furono per ci
irgilio(1) dice che Ercole uccise quel toro ; ma i più vogliono ch’ei lo portò vivo ad Euristeo. Tolse in ottavo luogo dal
il quale si trasformò prima in serpente, e poscia in toro ; ma Ercole lo vinse e gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo
ero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse con un gran tuono e lo portò in cielo, ov
li astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse con un gran tuono e lo portò in cielo, ove sposò Ebe, Dea della gioventù
o, re dell’Egitto ; e l’oracolo avea detto che uno de’generi di Danao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle in matrim
di quel tratto della Puglia da esso detto Daunia, da’nemici che forte lo stringevano di assedio, ne ottenne buona parte de
lla su di un fazzoletto scrisse con sottil ricamo il suo infortunio e lo mandò segretamente alla sorella, la quale vestita
lla, e per vendicarsi di tanta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo diede al padre in forma di vivanda, acciocchè il
e in età di poter sollevare quel sasso, col contrassegno della spada, lo avesse inviato da lui in Atene. E di fatto Etra p
re consegnato ad un pastore, acciocchè, foratigli i piedi, per quelli lo avesse sospeso ad un albero, perchè divenisse pre
ove Ercole, avendo con maggior forza che pratica piegato il suo remo, lo ruppe, e mentre che andava nel bosco per farsene
eti. Or giunti gli Argonauti alla corte di Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato dalla molestia di que’ mostri,
no lasciano volare avanti una colomba e non si cimentarono di passare lo stretto fintanto che non la videro salva fuori di
lobate, re della Licia e padre dì Stenobea, con lettere, nelle quali lo pregava di dar morte all’infelice giovane ; e da
i Omero quello ch’è storia e quello ch’è mera finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la quale era di
i Greci alla spiaggia della Troade fu loro gagliardemente contrastato lo sbarco da’ Troiani. L’oracolo avea predetto a’ Gr
egli diventò invulnerabile, salvo che nel calcagno pel quale la madre lo avea tenuto. Ella il diede poscia ad educare al c
o che Troia non potea espugnarsi senza il soccorso di Achille, Ulisse lo scoprì sotto le mentite spoglie femminili ; perci
avendo questi restituita al padre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo, in vece di essa per forza si pr
grandi azioni degli eroi. Nè le preghiere de’principi greci, continua lo stesso autore, nè le rimostranze di Fenice, suo a
nnone, fece ritorno al campo, fugò i Troiani e vendicò, coll’uccidere lo stesso Ettore, la morte del suo amico, il quale g
cipe troiano, fig. di Venere e di Anchise, tutti gli serittori romani lo dicono venuto in Italia, e lo fanno fondatore del
di Anchise, tutti gli serittori romani lo dicono venuto in Italia, e lo fanno fondatore del regno di Alba Longa. I Cesari
are, per una semplice mutazione delle prime lettere ; ma Cotta presso lo stesso autore deride siffatta etimologia, potendo
ridente del Dio del mare, dicono i poeti, tremò non solo la terra, ma lo stesso Plutone nella sua reggia, temendo che a qu
ostri marini intorno al suo cocchio si raccolgono. Si sa che Omero(1) lo rappresenta nell’atto che sorte dalle onde, facen
se imbriacò Polifemo, cantò leggiadramente : Lagrime di piropo, Onde lo scaltro Ulisse Spense l’unico ciglio All’immenso
uor di misura l’uccise, lanciando uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale, per opera di Galatea, fu can
figliuole dette Oceanidi, ovvero Oceanine, ch’erano tremila, secondo lo stesso Esiodo ; per cui da Catullo(2) vien detto
ivo della regina del mare. Spesso tiene uno scettro d’oro ; e secondo lo Spanheim, si suole anche rappresentare come una s
Achille, la quale con esse compiange l’infelice fato del figliuolo e lo consola della morte dell’amico Patroclo. Presso V
a in alcuni antichi monumenti. Esse finalmente si rappresentavano per lo più a foggia di donzelle avvenenti, co’capelli in
li intrecciati di perle, sopra delfini e cavalli marini, portando per lo più in una mano il tridente di Nettuno, e nell’al
illa. Questa voragine detta violenta da Tibullo, e non altrimenti che lo scoglio di Scilla, celebratissima nell’epopea gre
so dello stretto di Messina. Ed i latrati di Scilla non son altro che lo strepito ed il rumoreggiare delle onde che s’infr
ivinità venerata da’ Romani come il Dio del consiglio, credesi essere lo stesso che Nettuno Equestre, in onore del quale R
re essa, dopo la morte, per molti e varii corpi di animali, e ciò per lo spazio di ben tremila anni. Da che nacque la loro
in tutto l’anno conservano la loro verdura ; i pantani insalubri che lo circondano, sono stati cangiati in vigneti. Si os
erano limacciosi e lenti ; ma rapidi l’Acheronte ed il Flegetonte ; e lo Stige, per essere assai torbido e limaccioso più
(1), fiume limaccioso e che abbonda di canne, colla tarda sua onda, e lo Stige che con nove giri l’Erebo circonda, impedis
tri, intorno alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio di cento anni (3). Credevano pure i gentil
utone, ma non gli dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta
erbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del gigante Tifeo e di Echidna. Comunemen
celleratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Minos, col quale eg
da tutt’i poeti, percui il costituirono arbitro dell’inferno. Ovidio lo nomina gran legislatore, e giusto per eccellenza 
ente di Eolo, regnò a Corinto dopo che Medea se ne allontanò. I poeti lo collocano nell’inferno, condannato a dovere etern
ato a tal pena per aver rivelato agli uomini i segreti de’numi. Altri lo dicono insigne per la sua astuzia e pe’suoi ladro
stessa Giunone. In pena della quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro
la quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad
ve lo percosse di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota circondata di serpenti, che
e la natura della terra. Or è noto che dis significava ricco, ed era lo stesso che dives. Dicevasi pure Orco (Orcus), e S
invisibile. Chiamavasi pure Aidoneo (Αιδωνευς Hesiod.) che significa lo stesso. II. Storia favolosa di Plutone. Pl
nazione scavavano la terra nelle miniere che pareva, volessero trarne lo stesso Plutone. III. Continuazione. Mitologia
no per base i fenomeni celesti. E veramente Esiodo nella Teogonia per lo più chiama gli Dei figliuoli dello stellato cielo
erno, cioè il sole che al solstizio d’inverno passa sotto la terra, e lo sconosciuto e nascosto emisfero percorre, come si
ogliosi. Egli compariva sovente assiso sopra un trono di ebano ; così lo rappresentò in rilievo e circondato dalle Ore sul
ose di Plutone. Omero(2) racconta che Ercole osò ferire di saetta lo stesso Plutone alla porta del Tartaro, per cui di
bato a’ soli ricchi. Quindi Orazio afferma che di tutt’i beni nessuno lo seguirà alla tomba, salvo che il ferale cipresso
ell’inferno, pure vuolsi credere soggetta a quella delle Parche, come lo erano tutti gli altri celesti ed infernali Iddii.
non trovandone una nell’Olimpo, nè sulla terra, che accettar volesse lo scettro del tenebroso suo regno, irritato minacci
e il nome di Parche ; e Lattanzio afferma che al Fato gli Dei tutti e lo stesso Giove ubbidiscono, e che le Parche possono
ro la prima ordiva, la seconda tesseva, e la terza rompeva o tagliava lo stame della vita dell’uomo. Ma Albrico Filosofo d
di Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche era bellamen
figliuolo di Evandro, dice che le Parche gli posero le mani addosso e lo consacrarono alle armi di Evandro, cioè di Pallan
cadaveri de’Gladiatori uccisi. Sotera o Conservatrice, gr. ςωτειρϰ, lo stesso che sospita, soprannome dato a Proserpina
ta e nella Sicilia, forse alludendo al frumento che conserva l’uomo e lo libera dalla morte. Teogamia da θεος, Iddio, e γ
non si pubblichi senza un secondo permesso, che non si darà se prima lo stesso Regio Revisore non avrà attestato di aver
14 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ice, i seguenti discorsi cavati dalle opere di chiari scrittori. Così lo studio stesso dell’antica Mitologia non sarà ster
giavano ne’loro cuori, di cui formavano continuamente o la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non era men pi
e avessero mancato alla menoma delle cerimonie dell’apoteosi. Intanto lo scompiglio de’tempi, le frequenti rivoluzioni del
ne, e così nell’uno come nell’altro un vincitore, spesso generoso, fu lo stromento della più barbara distruzione. Singolar
 ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. Le sue feste erano lo spettacolo della folla ; esso frammettevasi a tut
(Al tempo dell’imperator Severo, essendo perseguitati i Cristiani per lo solo odio in che avevano i Gentili il nome cristi
che non sanno se in fatti merita l’odio loro ? Poichè dir si può che lo merita, quando la cagione di meritarlo è palese.
mentre scusa la poca equità, la condanna. Poichè tutti coloro che per lo passato odiarono, non sapendo ciò che fosse lo sc
è tutti coloro che per lo passato odiarono, non sapendo ciò che fosse lo scopo dell’odio loro, subito che abbandonarono l’
re ; però quel che non sanno giudicano alla cieca esser tale, che, se lo conoscessero, non lo potrebbero non odiare, dove
n sanno giudicano alla cieca esser tale, che, se lo conoscessero, non lo potrebbero non odiare, dove che, non trovando mot
gli scellerati, quanti quelli che dal retto sentiero traviano ! E chi lo nega ? Contuttociò quello che è veramente male, n
non si vergogna, alcuno non si pente, se non di non essere stato per lo passato Cristiano. Se è biasimato, si gloria ; se
ità, perchè il giudice non sia ingiusto. Solo si attende quello che è lo scopo del pubblico odio, cioè la confessione del
nito. Senza dubbio vi sareste atterriti per la vostra solitudine, per lo silenzio delle cose, per un certo stupore del mon
ministri suoi, per le potestà secolari, per la quiete delle cose, per lo ritardamento della fine del mondo.150 Ci uniamo p
piace, o se gli piace, o quando ei può ; poichè niuno è costretto, ma lo dà di proprio volere. E questi sono depositi di c
quelle adunanze si vende, se da me sarà bramato, con maggior libertà lo prenderò dalle proprie botteghe. Non compriamo in
. (Traduz, di Maria Selvaggia Borghini.) Qual sarebbe al presente lo stato della società se il cristianesimo non fosse
iliva tutte le basi morali. Gli antichi ammettevano l’infanticidio, e lo scioglimento del nodo nuziale, che non è, a dir v
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
ato già dagli Dei ad Atamante ; e montati a cavallo su quell’animale, lo spinsero in mare per farsi trasportar da esso fra
arsi trasportar da esso fra le onde sino alla Colchide. Ma nel passar lo stretto che ora dicesi dei Dardanelli la giovinet
llo di Frisso di traversar sull’ aureo montone nuotante l’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo str
nuotante l’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo stretto di Costantinopoli e tutta la maggior lung
mento ove desiderava, offrì loro in sacrifizio quel bravo montone che lo aveva sì ben servito, per appenderne come voto l’
montoni sieno esistiti giammai ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio di sette anni, usa questa perifrasi mitolo
be, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio marittimo che fece Frisso sulla gr
o zio il regno paterno. Pelia non osando di dargli un aperto rifiuto, lo seppe talmente allucinare colle idee della gloria
almente allucinare colle idee della gloria e dell’onor nazionale, che lo impegnò a riconquistare il vello d’oro che ap par
monotono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son comuni alla maggior parte dei viaggi mari
se solamente « Il Duca Astolfo, e la vivanda venne. « Ecco per l’aria lo stridor si sente, « Percosso intorno dall’orribil
nasi, « Che non si può patir la puzza immensa. « Astolfo, come l’ira lo sospinge, « Contra gl’ingordi augelli il ferro st
on può trovarsi al mondo un cor sì buono, « Che non possa fuggir come lo sente. « Rumor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono
a cercarlo e non volle seguitare il viaggio. Per quanto cercasse, non lo trovò più ; e fu detto dai poeti che le Ninfe Nai
ine ultimo della medesima, se Giasone non avesse trovato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale.
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
rdo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea
eva morire. Ecco l’origine mitologica delle frasi troncare o recidere lo stame vitale, il fil della vita, ecc. Inoltre per
le varie vicende della vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale di lane di diversi colori : il bianc
del re dell’Inferno. Ma gli Antichi considerando che esse troncavano lo stame vitale e crescevano il numero dei sudditi d
l nome di naulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel p
liano la parola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo numero parlando dello stato d
« Dolce de’mali oblio, calma e riposo « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young, era per gli Antichi un
cono a rappresentare il Sonno ed i Sogni secondo la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue V
rca, « Gridando : guai a voi, anime prave ! « Non isperate mai veder lo Cielo : « Io vengo per condurvi all’altra riva « 
lludere alla favola che Ercole incatenò il can Cerbero nell’Inferno e lo trascinò seco sino alla vista del Cielo. I natura
tro ; « Meglio è per fama aver notizia d’esso, « Che andargli, sì che lo veggiate, appresso. « Non gli può comparir quanto
orta « Che ’l bracco suol, quando entra in sulla traccia. « Tutti che lo veggiam, con faccia smorta « In fuga andiamo ove
trovarono più poetiche le Parche che il Fato ; e assegnarono ad esse lo stesso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente d
ue, Labosque, etc. » (Virg., Æneid., vi.) 248. Lo stesso Cicerone lo dimostra elegantissimamente nella Orazione pro Ro
iustizia ; e la sua lunghissima coda non gli offusca l’intelletto, nè lo rende un animale irragionevole e indegno di cotan
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
a generale dell’Oceano che cinge da tutte le parti la Terra, e perciò lo chiamavan circumvagus, ossia che gira all’intorno
l mare stesso, come Urano il più antico degli Dei celesti, perchè era lo stesso Cielo. Quindi non solo i poeti greci e i l
lo. Quindi non solo i poeti greci e i latini, ma pur anco gl’italiani lo invocano come un Nume. Anche il fiorentino poeta
si il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par di Giove, e pei grandi benefizii ch
rini attaccati di fronte. I Romani avanti la prima guerra punica poco lo consideravano ed adoravano come Dio del mare, ma
a nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella sua Storia, tra
segni del Zodiaco. Da questo matrimonio nacque il Dio Tritone che fu lo stipite delle diverse famiglie e tribù dei Triton
ce le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti
lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqua, perchè per lo più queste Ninfe nuotano nelle onde e tra i flutt
nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggettivo
. Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sollevato d
i vinxerat Ennosigœum. » 217. Luigi xiv diceva : l’Etat c’est moi ( lo Stato sono io), frase mitologica, com’ebbe doloro
m’ebbe dolorosamente a sperimentare Luigi xvi. 218. E perciò Ovidio lo appellò : « Tritona canorum. » (Nel ii lib. dell
e sparirono dal mondo, è che vi rimanessero annegati ; e Dante stesso lo ha detto parlando d’Ino e Melicerta : « E quella
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la guerra di Giove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la sconfitta e l’esilio di qu
ui immaginato e descritto ; e l’esempio del gran padre Alighier, come lo chiama l’ Alfieri, dà giustamente regola e norma
que non apparissero che per metà, cioè dai fianchi in su ; e Virgilio lo disingannò dicendogli : « Acciò che il fatto men
dal tèlo « Celestïal, giacer dall’altra parte, « Grave alla terra per lo mortal gelo. « Vedea Timbrèo76), vedea Pallade e
credibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili versi lo stesso Virgilio. Si riferisce ad Encelado seppell
a, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando che lo zolfo nasce e si forma nei sotterranei abissi dei
ell’aria circostante ai crateri. Non troverà nulla da opporre neppure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi,
u tradotto in versi da quel sommo ingegno del Leopardi. Il traduttore lo intitolò Titanomachia, aggiungendo ai suoi lettor
am, et cœlum subtexere fumo. » (Æneid., iii, 578.) 78. « Tu sei lo mio maestro e ’l[ILLISIBLE]mio autore : « Tu se’
one, dirà a sè stesso o a qualche chimico : Ma dunque se dite che v’è lo zolfo nativo, parrebbe che vi dovesse essere anch
se dite che v’è lo zolfo nativo, parrebbe che vi dovesse essere anche lo zolfo non nativo, ossia procurato con mezzi artif
ndustria dell’uomo ! — Mai si, mai si, risponderà qualunque chimico ; lo zolfo nativo è quello derivato dai vulcani, come
a chi volesse sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue molteplici combinazioni, soggiung
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
eta. Nell’Eneide parla divinamente nel suo linguaggio originale, come lo fa parlare Virgilio27. Virgilio inoltre si dà pr
ma furiosi. Omero ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia ved
a il Xanto incoraggiava il fratello Simoenta ; e poi quanto fu grande lo sgomento di Achille che disperatamente si lamenta
peratamente si lamentava, e pietosamente si raccomandava agli Dei che lo salvassero. Nel libro xxi dell’ Iliade (trad. del
ossa « Gli Achei raccorne non potran : cotanta « La belletta sarà che lo nasconda. « Fia questo il suo sepolcro, onde non
rpi estinti, « Con tempesta piombò sopra il Pelide. « ………………… « Levò lo sguardo al Cielo il generoso « Ed urlò : Giove pa
29. Virgilio che nelle sue Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice egli stesso al principio dell’ Egloga 6ª in
questo fatto mitologico, ma pur anco Strabone il geografo e Pausania lo storico lo registrano, e come fisicamente possibi
to mitologico, ma pur anco Strabone il geografo e Pausania lo storico lo registrano, e come fisicamente possibile, e come
. Nel caso di cui si parla nel testo il Xanto è il nome più antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vi
Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo Scamandro era un fiume navigabile diverso dal Xan
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
sofo, invoca non solo Apollo e le Muse, ma altresì l’alto ingegno che lo aiuti122. Abbiamo in proverbio anche in italiano
a memoria 125 ; e Dante aggiunge « ……….. che non fa scïenza « Senza lo ritenere, avere inteso. » Le Muse erano nove, ed
una corona d’ellera, e in mano l’epica tromba. Polinnia coll’alloro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato co
gal corona in capo, la maschera da tragedia in una mano, e nell’altra lo scettro o il pugnale, e calzata col tragico cotur
A Dante non sfuggì neppur questo mito ; anzi per la stessa ragion che lo mosse nella invocazione alle Muse a rammentare la
dre e più potente, uccise i Ciclopi che fabbricavano i fulmini. Giove lo punì esiliandolo dal Cielo per cento anni. Ridott
ece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subito lo imitarono, e dopo i poeti anche i generali trionf
istanti morì. Apollo dolentissimo, per sollievo della sua afflizione lo cangiò nel fiore che porta lo stesso nome del gio
simo, per sollievo della sua afflizione lo cangiò nel fiore che porta lo stesso nome del giovinetto134. Invenzione anche q
ndo la colpa della morte di esso ad Apollo, e perciò perseguitandolo, lo costrinsero a fuggire da quel soggiorno. Ei se ne
e ; Urania celeste. Anche il loro nome comune di Muse alcuni mitologi lo fanno derivare da un greco vocabolo che significa
ia tua possa in questi versi brevi. » 131. Vaticinari in latino è lo stesso che fata canere, frase usata anche da Oraz
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
olari battaglie. Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con l
preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come di
o che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio. Da Ares, greco nome di questo
nome tanto del borgo di Atene quanto del tribunale vi entrasse Marte, lo dice la Mitologia. Marte fu accusato da Nettuno d
ciò Areopago. Seì di quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei lo assolsero ; e la parità dei voti fu tenuta per fa
credevano tanto da lui prediletti e così esclusivamente protetti che lo intitolavano Marte Romano. Essendo la guerra il f
ce bene la guardia, quando egli andò a far visita a Venere, e il Sole lo scuoprì. Ecco perchè (dicon sul serio i poeti) il
l Dio Marte fu dedicato il martedì, del qual giorno conservasi ancora lo stesso nome nelle lingue affini alla latina. Di M
composto il pianeta, atte a rifletterlo, o ad una densa atmosfera che lo circondi. Dante aveva osservato che gli astri rif
 Giù nel ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir sì ratto, Che’
suol marino ; « Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir sì ratto, Che’l muover suo nessun volar
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
95 ; e sarebbe perito del pari il non ancor nato figlio, se Giove non lo salvava supplendo all’ incompleto sviluppo di ess
all’ incompleto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo consegnò alle figlie di Atlante perchè lo allevas
dolo vitale196. Dopo di che lo consegnò alle figlie di Atlante perchè lo allevassero. Il piccolo Bacco cresceva vivace ed
utto il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed e
r lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed emblemi di Bacco lo manifestano chiaramente come il Dio del vino e de
crin s’appiglia, e mentre sì l’aizzano, « Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. » Bacco aveva diversi altri nomi e tito
ndola sempre seco in continua festa ed allegria. Arianna (per chi non lo sapesse) significa molto piacente ; e Bacco a cui
propria madre Agave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contien
mitologi antichi confusero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembra
no il primitivo acido umore. Il regno di Bacco è finito dove Febo non lo favorisce colla forza dei suoi raggi calorifici e
e. » 203. Il crotalo era uno stromento a percussione, composto per lo più di due pezzi concavi di metallo (ferro o bron
rospera sono dal 30° al 50° di latitudine. 208. In questi limiti non lo disapprova neppure la Bibbia, dicendo : Vinum lœt
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
, o spiriti, o genii. Aristotele, il maestro di color che sanno, come lo chiama Dante, divise gli Immortali in Dei e in Dè
Ogni mortale alla sua nascita è affidato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della sua vita. » Cono
iani ; ma per altro hanno quasi sempre qualche distintivo, perchè per lo più tengono nelle mani la patera o il cornucopia.
tivi pagani furono ammessi anche nell’arte cristiana, e si vedono per lo più nei monumenti sepolcrali in atto mesto e coll
essero i Genii delle città e dei diversi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in
Genio ebbe un gran credito e un grande uso nella lingua latina279), e lo ha tuttora nelle lingue affini e derivate, e spec
ali caratteri che potrebbero convenire anche ad un Angelo : « Da chi lo feo gli fu dat’anco « Quel santo precettor, quell
ll’alma guida « Genio appellato, il qual come ministro « Della ragion lo sproni al bene oprare, « E dall’opere ingiuste il
metto satirico il Giorno, personifica il Piacere come un Genio e così lo descrive : « L’uniforme degli uomini sembianza «
lle sue impareggiabili poesie usa molte volte il termine Genio, e per lo più nel significato d’ingegno straordinario e inv
iù discipline si ode dire spessissimo : È un genio. » Lo dice infatti lo stesso Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi,
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
io vibrando e neghittoso. » (Canto ii, 70.) E pochi versi più sotto lo stesso poeta aggiunge : « E compito del dì la no
uenti : L’ariete, il toro, i gemelli, il cancro, la libra o bilancia, lo scorpione, il sagittario, il capricorno, l’aquari
on un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio di Giove e della Ninfa lo , già vacca e poi Dea, si trovò impegnato per fanc
brata da molti poeti e principalmente da Ovidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo di parlarne più volte
nemici. Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva, come dicon
itone nato dal fango della terra e dall’infezione dell’aría. È facile lo spiegar questa favola, se riflettiamo che il Sole
del figlio e della nipote di Apollo secondo la Mitologia. Esculapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci,
Apollo secondo la Mitologia. Esculapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci, era figlio di Apollo e della
otendo altrimenti impedire ad Esculapio l’esercizio dell’arte medica, lo fulminò per contentar più pienamente il suo frate
e che non sempre l’arte medica può ottenere quest’utile effetto che è lo scopo delle sue cure, fu aggiunto che Esculapio,
. » Altrove però la chiama Galassia come i poeti greci. I latini per lo più la dicono via lattea, come Ovidio nel 1° dell
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
a considerino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne
per le buone raccolte ottenute, erasi dimenticato di Diana ; ed essa lo punì mandando un mostruoso cinghiale a devastare
i Diana ; ed essa lo punì mandando un mostruoso cinghiale a devastare lo stato di lui. Non molto lungi dalla città v’era l
o che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta. Ciò dispiacque ai suoi zii, mal
corse a levar dal fuoco quel tizzo che già ardeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care e più pre
ar dal fuoco quel tizzo che già ardeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care e più preziose. Ma qu
e strazianti contrasti vinse finalmente l’ira, e preso il fatal ramo lo gettò tra le fiamme. Meleagro assente cominciò su
stinse allo spengersi dell’ ultima scintilla del tizzo fatale. Quando lo seppe la madre, agitata dal rimorso e divenuta fo
fiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non semb
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
mensa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli so
o o spirto o mente « O anima che sia dell’Universo ; « Che sparsa per lo tutto e per le parti « Di sì gran mole, di sè l’e
ta da Caronte all’altra riva, e non andare errando per 100 anni lungo lo Stige nella penosa incertezza della sede che eral
mmortali265), non poteva morire, nè perciò andare al Tartaro. Inoltre lo stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge
i sacrosanti onori. « Folle ! che con le fiaccole e co’bronzi « E con lo scalpitar de’suoi ronzini, « I tuoni, i nembi, i
iso da un genero suo nipote. Ma Belo coll’insistenza e colle ostilità lo costrinse a cedere ; e Danao allora per tentar di
in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. » Procede infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse cate
e, a chi la intende, « Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da sua
i introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo spazio per cacciarvi tanti storici personaggi del
avorio, essendo noi avvezzi a considerare come un distintivo d’ onore lo spron d’oro, il toson d’oro e la giarrettiera, pe
re della spalla di san Secondo. — A scanso di equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spalla di san Secondo, nel ling
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
li Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie a
tografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come
questi titoli. Fu chiamato anche Giove Pluvio 60 perchè i loro fisici lo considerarono come l’etere o l’aria, ove « ……… s
sentavasi con molta maestà seduto in trono, coi fulmini nella destra, lo scettro sormontato dalla statua della dea Vittori
Dante nel primo Canto del Paradiso invocando Apollo dio della poesia, lo chiama padre ; e il Tasso ad Erminia fuggente fra
. (Cic. pro Domo sua.) Perciò questo duplice titolo di Ottimo Massimo lo troviamo attribuito a Dio anche nella religion cr
mpiadi, divisione del tempo tutta particolare ai Greci e significante lo spazio di quattro anni. 64. Dice Ugo Foscolo ch
to e legato il Mondo, vedano che essi non vi restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fa
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
ser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual caduta divenne zoppo) lo ricevè essendo già adulto, e non da Giunone, ma d
eide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enume
che Virgilio enumera poeticamente i fenomeni fisici che accompagnano lo scoppio del fulmine ; ma non spiega in che consis
one di volicanus, s’intende che voglia significare l’agitarsi e quasi lo svolazzar della fiamma. Infatti è generalmente da
’appunto la favola fa cadere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte E
vano principalmente in Grecia e in Italia ; e le più antiche sono per lo più attribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il n
otare del pari che anche altre sostanze potevano acquistare, mediante lo strofinamento, la proprietà di attrarre. 192. Lo
se immortale il suo nome » (la pila di Volta). 193. Perciò Virgilio lo chiama Ignipotens (che ha potenza sul fuoco) : «
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
zarlo : quindi per dargli occupazione e allontanarlo dalla sua reggia lo eccitò, coll’allettamento della gloria che ne acq
oro armi divine, Marte la spada o scimitarra, Nettuno l’elmo, Minerva lo scudo e Mercurio i talari e il petaso. Così Perse
perchè Virgilio stesso gli disse tosto : « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso, « Chè se ‘l Gorgon si mostra e tu ‘l
ad uccidere il mostro colla spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio di Medusa. I genitori che
one fu causa del suo male, poichè Perseo, irritato di tale scortesia, lo raggiunse volando sul caval Pegaso mentre Atlante
mentre Atlante andava alla caccia, e mostrandogli la testa di Medusa lo trasformò in quel monte della Mauritania che tutt
ostringer Danae a sposarlo ; ed egli per toglier d’impaccio la madre, lo cangiò in una statua. All’avo Acrisio, che ancor
iò in una statua. All’avo Acrisio, che ancor viveva, perdonò, ed anzi lo rimise nel regno, uccidendo l’usurpatore Preto. M
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
evar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. Il qual fatto, inteso letteralmente, è pe
quell’oggetto informe potesse considerarsi un maschio o una femmina, lo divorò. Anche questa stranezza potrebbe spiegarsi
violazione dei patti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura p
atti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione. Quando
iuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regio
oi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutt
quello di ex-re padre del regnante, s’indispettì perchè il figlio non lo rimise sul trono, e quindi congiurò contro di lui
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
per udirle meglio, e non pensava più alla trista fine inevitabile che lo attendeva. Da circa 3000 anni quasi tutti i poeti
« Col venen dolce che piacendo ancide. « Ma così tosto al mal giunse lo empiastro, » in quanto che subito dopo soggiunge
ano quella immagine del vizio, ne mostrò a Dante la turpitudine, « E lo svegliò col puzzo che n’usciva. » Nè al divino A
o di Messina. L’antico volgo esagerò i pericoli che v’ erano a passar lo stretto fra Scilla e Cariddi ; e i poeti, incomin
eppure i poeti classici e i dotti del secolo di Augusto232, e neppure lo stesso Plinio il Naturalista che morì l’anno 79 d
opra, « La terra, ovunque si fa via, sospende, « Che subita ruina non lo cuopra, « Mentre mal cauto al suo lavoro intende.
dall’àncora depende. « E con quella ne vien notando in fretta « Verso lo scoglio, ove fermato il piede, « Tira l’àncora a
imilitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte di quei miseri ospiti che lo avevano preceduto. Fulminò allora la reggia ; e m
ceduto. Fulminò allora la reggia ; e mentre Licaone fuggiva atterrito lo trasformò in lupo. Questa trasformazione è fondat
uesto fatto mitologico, per quanto strano, trovò anche un pittore che lo ritraesse e disegnatori e incisori che lo riporta
trovò anche un pittore che lo ritraesse e disegnatori e incisori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi ne
, roccie vulcaniche, roccie plutoniche e roccie metamorfiche 89). Per lo scopo nostro, cioè in relazione al diluvio, basta
del fuoco e aveva le sue fucine sotto i monti ignivomi, come l’Etna, lo Stromboli ecc. detti perciò Vulcani. L’appellativ
ntenderà facilmente il significato generale di roccie metamorfiche, e lo tradurrà per trasformate. Questa denominazione fu
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
questo Nume come emblematica dei principali oggetti della creazione, lo considerarono come simbolo della Natura o dell’Un
o che non si accordavano i Mitologi ad assegnargli i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi d
oichè in quel giorno offrì Marc’Antonio il regio diadema a Cesare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più vol
tto più volte nelle sue opere, e specialmente nelle filippiche contro lo stesso Marc’Antonio. Dal nome del Dio Pane è deri
quanto mi ricordi, l’aggettivo pànico riferito a timore o romore, ma lo scrive con lettere greche, perchè greca è l’origi
al pari del nome Pan da cui deriva, e perchè quel celeberrimo oratore lo credeva un neologismo che non avesse ancora acqui
(quœ vere nihil aliud quam panicus terror est). 9. I Latini usarono lo stesso greco nome Pan, declinandolo anche alla gr
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
erno in Italia. Cinque fiumi scorrevano nelle regioni infernali, cioè lo Stige, l’ Acheronte, il Cocìto, il Flegetonte e i
esto il primo fiume che trovavasi nello scendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua
dei malvagi, e nel Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come lo spirito di vino o il petrolio) che sempre ardeva,
o chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tra questi lo stesso Michelangiolo, hanno potuto rappresentarla
centro. Oltre i quattro fiumi dell’Inferno Pagano, cioè l’Acheronte, lo Stige, il Flegetonte e il Cocìto si trovano nell’
o rovente, pieni di dannati. Tutte le opere d’arte (qual che si fosse lo maestro che le fece, come dice Dante), furono ese
tte le scienze da qualche tempo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto, di scuoprire cioè l’origi
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
il cinto a Venere, il tridente a Nettuno, la spada a Marte e perfino lo scettro a Giove. I poeti commentarono queste furb
ar male, poichè imitavano un Dio e si stimavano da lui protetti. Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro ingann
o col guscio di una testuggine adattandovi 7 corde158. I poeti latini lo chiamano anche lira e così a loro imitazione i po
ci lasciò scritto che i Galli adoravano principalmente questo Dio, e lo credevano inventore di tutte le arti, e protettor
ntrò per via il pastor Batto, al quale regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la sua fede prese
va e avea promesso di tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, lo rimproverò della sua perfidia e lo punì trasforma
a Mercurio, facendosi riconoscere, lo rimproverò della sua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietra nera che dic
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
i rinfarcia, « Tu hai l’arsura e ‘l capo che ti duole, « E per leccar lo specchio di Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorrest
emo che fu re dei Ciclopi ; ma vedendosi preferito il pastorello Aci, lo uccise gittandogli sopra dall’ alto di un monte u
il can. Bianchi, che fu segretario dell’Accademia della Crusca, così lo spiegò : Le virtù morali sono ninfe nella vita mo
er significare l’insetto nello stato intermedio fra quello di larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrarono così di
stavano nell’acqua, (il nome preciso di Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben presente) e si affrettarono a chiama
ersar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona che lo possedeva. Questo corno fu detto in latino cornuc
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
venzione o la creazione. Cerere figlia di Saturno e di Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e della Terra), era con
avesse insegnato l’agricoltura Trittolemo e neppur Cerere, ma invece lo stesso Saturno, padre di lei (come dicemmo parlan
ispettita gettò a costui sulla faccia l’acqua del fiume Flegetonte, e lo cangiò in gufo o barbagianni, uccello di cattivo
atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata c
rlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo ri
o anno di questo secolo. 50. Altri autori latini dicono che Ceres è lo stesso che Geres, a gerendis fructibus, perchè i
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
e ‘l cielo « Lacerati da lor, confusi e sparsi « Con essi andrian per lo gran vano a volo. « Ma la possa maggior del padre
attenere o spingere.40 » Questa regione o carcere dei Venti, secondo lo stesso poeta, « È nell’Eolia, di procelle e d’au
io. E siccome i nomi che diedero i Greci e i Latini ai Venti sono per lo più adottati anche dai poeti italiani, e inoltre
trettissima essendo e timida la loro navigazione, perchè andavano per lo più costeggiando, e poco si azzardavano in alto m
non plus ultra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora di Gibilterra) e dall’andar
punti cardinali e quindi suddividerlo, ne fecero la trisezione, ossia lo divisero in 3 : quindi è matematicamente impossib
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
i lembi estremi le stanno ricinti a mezzo la persona ; in una mano ha lo scettro e talvolta nell’altra una melagrana frutt
sono così splendidamente narrate dagli antichi, che i moderni poeti e lo stesso Dante non poterono tacerle. E di queste ci
erbandogli nelle penne l’immagine e il ricordo de’suoi cento occhi, e lo prescelse per l’animale a lei sacro. Non perdè di
iò la dea Iride dal nome del padre è detta poeticamente Taumanzia ; e lo stesso Alighieri con frase mitologica chiama figl
e di questo splendido fenomeno. Dal vederlo comparire dopo la pioggia lo chiamavano l’arco pluvio, come troviamo anche in
7. Aut pluvius describitur arcus. Hor. (Epist. ad Pis.) — Gli Inglesi lo chiamano egualmente rain-bow, arco della pioggia.
40 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
er lavorare la gente ; laonde quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendesse
anchetti sacri dei Romani in tempi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia t
spettacolo delle pubbliche calamità, ed a guarire il corpo ricreando lo spirito. Il primo lettisterno indicato dalla stor
teva purificare da sè del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli f
del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo
sua tiranuide. Le persone colto fomentavano, pei loro fini politici, lo superstizioni degli auguri, ma non vi preslavano
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
lla e sapiente, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente
e lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativa
to di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativamente mali
re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativamente malinconico e furibondo. Ne
ci comparisce un semplice mortale, quantunque ottimo re ; ma altrove lo troviamo rappresentato come portinaio della celes
mpre scrupolosi osservatori del giorno di sabato. È Orazio stesso che lo dice nella ix Satira del lib. i : Hodie tricesima
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
poste degli Oracoli282). Inoltre la parola Oracolo significa talvolta lo stesso che responso, e tal’altra il luogo sacro i
i Romani ricorrevano talora a consultare gli Oracoli della Grecia ; e lo stesso T. Livio ne adduce diversi esempi, tra i q
ana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destru
Dio che ti poteva predire il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo potesse ancora concedere. Di qui nascevano i temp
rimus vestrum, juvenes, osculum matri tulerit. » Bruto, come è noto, lo seppe meglio interpretare, e successe come primo
icare la loro effemminatezza e il loro poco valore. » 290. Cicerone lo interpreta egregiamente con queste parole : « Quu
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
ivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una
sposa l’altra sua figlia, che era sorella di Stenobea. Questa, quando lo seppe, agitata dall’invidia, dalla vergogna e dai
. Credendo che nulla gli fosse impossibile, montato sul caval Pegaso, lo spinse verso il Cielo, presumendo che gli Dei dov
molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sulla terra ; e così miserame
la Mitologia, questa è stimata la più favolosa di tutte, appunto per lo stranissimo accozzo animalesco ond’ è composto qu
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
o, e sordo agli umani lamenti ; ma appunto perchè inesorabile, nessun lo pregava o adorava, nè perciò ebbe mai tempii ed o
tte e sole furo e son dotate. » (Parad., v, 19.) E altrove trattando lo stesso argomento aveva detto con non minore eloqu
nerlo è in voi la potestate. « La nobile virtù Beatrice intende « Per lo libero arbitrio ; e però guarda « Che l’abbi a me
cante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò
tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò ge
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
i maggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazi
o composto dal nome del padre di quella data divinità. Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo,
gerò che raramente trovasi rammentata e rappresentata come Dea, e per lo più confondesi coll’ Abbondanza di tutte le cose
eta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici
utti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservate
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
i e girassero, secondo che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. III. Ora convien parla
no di nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. Anzi Da
li addobbi !98) » Quanto poi al globo lunare sappiamo che la Dea che lo dirigeva prima della nascita di Diana chiamavasi,
ntagna del Purgatorio. « Quand’io senti’ come cosa che cada « Tremar lo monte : onde mi prese un gielo « Qual prender suo
s’intrecciano facilmente. » Intorno alla formazione delle medesime, lo stesso autore soggiunge : « Sulle rive paludose d
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
attendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. Intanto una voce uscita dalla caverna don
, gli presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di qu
ra loro, finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque sopravvissuti lo aiutarono a fabbricare la città. Questa fu da pri
re una città simile alla famosa Tebe di Egitto, e che perciò le desse lo stesso nome ; ma se ne adducono due motivi divers
olir questi nomi per sostituirvi quello di grammaticario ? Diremo per lo meno che qui è davvero applicabile la massima att
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
rappresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel rappresentare i Satiri non seguono servil
nitosa per una divinità, qual fu l’invenzione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribu
ampsaco, città dell’Asia Minore presso l’Ellesponto, e perciò i poeti lo appellano Lampsaceno e Nume Ellespontiaco ; ed er
o : « Rarissimo e maravigliosissimo fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciott
i discorso e di stile in prosa e in verso. 14. Orazio satiro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire, ne
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade. Vero è che lo stesso poeta aggiunge che i Penati avevano specia
riori o maggiori, come Giove, Marte, Nettuno ecc. Vedemmo altrove che lo stesso Dante rammenta Marte come il primo patrono
sanctorum dei monoteisti ; quindi il comun verbo penetrare significa lo spingersi addentro nei più riposti recessi dei lu
ran tali tutti i Mitologi ed i poeti latini e pur anco gl’ Italiani : lo stesso Ugo Foscolo, peritissimo nelle lingue dott
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
rescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia di tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anticamente nel tempo
ava Diana colle sue Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in cervo, che nel fuggire fu raggiunto
 Di selva in selva, ratto mi trasformo ; « Ed ancor de’miei can fuggo lo stormo. » È facile peraltro l’intendere che qui
d Ecate la Dea Proserpina moglie di Plutone e regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante seguì tale opinione ; poichè nel far
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
uperiori soltanto, che la cognizione della Mitologia greca e romana è lo studio delle principali idee religiose, politiche
eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia la Luce, l’Aria,
dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
sero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva f
omponevasi, ma un Dio o una miglior natura. Qual fosse questo Dio non lo sa, poichè poco dopo soggiunge : qualunque degli
fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in mem
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
erciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò lo stipite della celeste dinastia, poteva a suo bene
a. » 20. Il Giusti parlando del cosi detto diritto di primogenitura lo chiama ironicamente il vero merito di nascer prim
beni paterni ; ma si conserva nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successi
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
l’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano ! » Per lo contrario nei migliori tempi della Repubblica non
era pubblico il culto ; e fu generale tra i Pagani il sentimento che lo ispirava. Nè già si contentavano essi di lasciare
o poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei se
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
alla lingua e alla letteratura italiana. E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già
tesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi. Dunque lo studio della Mitologia greca e romana sarà utile
o che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo studio della Mitologia non debba essere stimato a
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
e di esso significa le traversie e le persecuzioni immeritate che per lo più si ricevono dai grandi inventori invece del m
ggiungono però che la pena di Prometeo non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò, ed uccise l’avvoltoio che gli rodeva il f
a. Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
uso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. Nel Med
no strani di quelli dell’Odissea. Spiacemi che il mio umile assunto e lo scopo principale a cui è diretto questo lavoro m’
detto di sopra significare indes genitus cioè è terra genitus. Altri lo derivano da Aer, e fanno così corrisponder gli Er
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
tà, sin dalla sua fondazione, il Politeismo Troiano e Greco. Racconta lo stesso Tito Livio che i Troiani profughi dalla lo
o ed in alcuni punti della groppa. I sacerdoti Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era mor
ni il Dio Anùbi, che gli Egiziani dicevano esser figlio di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di cane e talvolta
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
o più a lungo tollerarlo, mandò a chiamare Prometeo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con
ea. Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa fanciulla robusta, perchè nacque
e maestoso, e quasi sempre armata, coll’elmo in testa, nella sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
Madonna Laura aveva sempre adoperato un linguaggio casto e verecondo, lo encomia meritamente e lo chiama con bella perifra
e adoperato un linguaggio casto e verecondo, lo encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce di Ca
Lo bel pianeta che ad amar conforta, » come con perifrasi mitologica lo contraddistinse Dante, alludendo agli attributi d
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
 ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasion
re ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro de
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
cato soltanto Romolo, ma per gherminella politica dopo che i Senatori lo ebbero segretamente ucciso ; i quali non sapendo
are alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza lo guidarono. Solamente dopo la proditoria uccisione
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
osse adorata in Alba e vi avesse un tempio e le sacerdotesse Vestali, lo deduciamo dallo stesso Tito Livio, non che da tut
tato da Enea in Italia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tenevano chiuso ed invisibile ad ogni occhio prof
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
ribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più v
do che questi Dei son cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone, poichè così rimprover
65 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
Rinchiude la figlia in una torre di metallo, 353 ; — perde il trono e lo riacquista per opera di Perseo, 363. Admeto, re d
ria, fontana, 486. Discordia, divinità allegorica, 343 ; — fa nascere lo scompiglio nell’Olimpo, 598. Divinità favolose de
, figlio d’Antiope e di Giove, 74. Zodiaco. Spiegazione dei segni che lo compongono, 676 e seg. Zoroastro, legislatore de
66 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
glio di Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi che tennero lo stato finché non furono cacciati dai Pelopidi.
Gli storici congetturano, con molto fondamento, che questo Menete sia lo stesso che Misraim, figlio di Cam. Altri pone il
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
popoli delle altre parti del mondo. Era giorno solenne e lieto, come lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come o
ifica Giove piccolo, ossia bambino, secondo gli etimologisti latini e lo stesso Ovidio. Perciò questo Dio è rappresentato
68 (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls
storted face.” Pope. Æ′gle [Ægle]. The fairest of the Naiads. Ael′ lo [Aello], the name of one of the Harpies. Æne′as
a. Afterward called Serapis, the greatest god of the Egyptians. Apol′ lo [Apollo]. This famous god, some time King of Arca
ned as being coal-black, with white legs and tail. See Cillaros. Cyl′ lo [Cyllo]. The name of one of Actæon’s hounds, whic
said, What monstrous ears sprout from King Midas’ head.” Ovid. Mi′ lo [Milo], a celebrated Croton athlete, who is said
69 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
to. La descrizione delle favole assurde, strane, spesso immorali, per lo più oscure, che sovrabbondavano nella falsa crede
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
soltanto ai sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia di preeminenza e predomin
71 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
, eccitando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile.
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
scialacquano « L’Apoteosi. « Dietro l’avello « Di Machiavello « Dorme lo scheletro « Di Stenterello. » (Il Mementomo.)
73 (1836) The new pantheon; or, an introduction to the mythology of the ancients
tial maid behold, With her dread Gorgon, blaze in clouds of gold. And lo ! the Gods with dreadful faces frown’d, And lower’
e Gorgons; Proteus, and Triton. Polyphemus. Scarce had he said; when lo ! th’ enormous swain, Huge Polyphemus, ’midst his
ing hearts we view’d The yawning dungeon and the tumbling flood When, lo , fierce Scylla stoop’d to seize her prey, Stretch
74 (1842) Heathen mythology
her mind; To her the Beauties and the Graces join, Around her person, lo ! the diamonds shine. To deck her brows the fair t
words she told: She lifts the coffer-lids that close his eyes, Where, lo ! two lamps, burnt out, in darkness lies.” Shaksp
t was too late to recede, and the poet was thrown into the deep. When lo ! the dolphins, attracted by the sweet tones which
Ulysses sought the realm of Pluto, among his many adventures. “When lo ! appeared along the dusky coasts, Thin, airy shoa
ho had sate watching, and waiting for the weary sun to go down; when, lo “Her turret torch was blazing high, Though risin
75 (1883) A Hand-Book of Mythology for the Use of Schools and Academies
the notice of Zeus. On remarking this, Hera, in her jealousy, changed lo into a white heifer, and set the hundred-eyed Arg
l of the peacock. Hera avenged herself by sending a gadfly to torment lo , who, in her madness, wandered through Europe and
. “This myth has received many embellishments, for the wanderings of lo became more extensive with the growth of geograph
76 (1898) Classic myths in english literature
madness hath undone Me! and, ah, wretched! thee, my Orpheus, too! For lo ! the cruel Fates recall me now; Chill slumbers pr
still unwounded game. Then, at last, a hunter’s cry there came, And, lo ! a hart that panted with the chase. Thereat her c
finding Ariadne. [Wall painting: Müller.] … Sweeping over the shore, lo , beautiful, blooming Iacchus334— Chorused of Saty
who also had loved the fair Hiordis, — he got his death-wound: — For lo , through the hedge of the warshafts a mighty man
And sitteth awhile on Greyfell on the marvellous thing to gaze: For lo , the side of Hindfell enwrapped by the fervent bl
eep — in armor cap-a-pie. So he draweth the helm from the head, and, lo , the brow snow-white, And the smooth unfurrowed c
see Venus. A′pis; see Egyptian Divinities; oracle of, Com. § 38. Apol′ lo , Phœbus, 4, 6; Ruskin on the sun-myth, 7, 17; A.
370, 379, 380, 388. Mi-la′nion (or Hippomenes), 164; see Com. 95. Mi′ lo ; see Melos. Mi′mas, Com. § 21. Miner′va (Athe′ne)
77 (1897) Stories of Long Ago in a New Dress
g upon the serpent, and in an instant would have wrung its neck, when lo ! it had vanished, and in its stead there stood a
78 (1900) Myths of old Greece in story and song
of the suitors of Penelope, 240. Aphrodi΄te, 110. (See Venus.) Apol΄ lo . Sometimes called Phoebus. Son of Jupiter, and tw
79 (1909) The myths of Greece and Rome
di′te. Same as Venus, Dione, &c, 82-108; significance, 364 A-pol′ lo . Same as Phœbus, Sol, Cynthius, Pytheus, and Heli
3. 154 Mi-la′ni-on. Same as Hippomenes; husband of Atalanta, 243 Mi′ lo . Island where statue of Venus was found, 108 Mi-
80 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
age, in order to draw down the vengeance of the people on Admeta. But lo  ! their ship became motionless when the sacred im
firmation of this theory, we are assured that in the dialect of Argos lo signified moon 1904 ; and in proof of the Egyptia
Sch. Il. ii. 103. «The poet,» he says, «knows nothing of the love of lo , and all about Argos was feigned by the later wri
81 (1860) Elements of Mythology, or, Classical Fables of the Greeks and the Romans
hes. He was represented as blind, to signify that wealth is dispensed lo the good and bad indifferently. Fortune was a go
82 (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes
1. Iliad, 293. Ili’oneus, 157. Ilion. See Troy. Indra, 426. Ino, 238. lo , 46. Iob’ates, 173. Iola’us, 200. I’ole, 94, 204.
83 (1855) Mythologie pittoresque ou méthodique universelle des faux dieux de tous les peuples anciens et modernes (5e éd.) pp. -549
urs furent très-nombreuses, avait eu, d’un commerce peu légitime avec lo , un fils nommé Epaphe. Junon, toujours jalouse d
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