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1 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
rdinario dagli studii dell’amena letteratura mi trasse ad occupazioni più serie, intesi tratto tratto decadermi dalla mente
e inchieste impreso avea ad effettuire : che anzi succrescendo sempre più alle nuove occupazioni l’affetto fin a guadagnars
si di sostituire a tal non molto interessante trattato un’altro parto più degno, ma non men vantaggioso alla vostra istruzi
degno, ma non men vantaggioso alla vostra istruzione nella età almen più provetta. Assordato però dale vostre reiterate pr
etti maiorum gentium seguiti da sufficiente sviluppo per intelligenza più chiara ? Tanto il libro puntualmente vi offre. Ce
e vi offre. Cercaste ritratti consimili delle divinità astratte almen più famose da annotazioni soltanto illustrati ? Quest
o stesso troverete esattamente descritto. Voleste in fine un trattato più pratico, che teoretico di poesia toscana, che vi
a la estenzione corrisponde appuntino alle mire, protesto di non aver più che bramare, perche soddisfatto appieno de’voti.
volendo io (benchè colla possibile brevità) trattar de’principali, e più interessanti punti della Mitologia, dalla definiz
i leggieri non si efformerà da colui, che di questa scienza esaminerà più posatamente i vantaggi. Ed in vero da qual’altro
iù posatamente i vantaggi. Ed in vero da qual’altro fonte attinsero i più rinomati artefici di ogni tempo le idee più belle
l’altro fonte attinsero i più rinomati artefici di ogni tempo le idee più belle, onde effigiare le più magnifiche opere att
rinomati artefici di ogni tempo le idee più belle, onde effigiare le più magnifiche opere atte a rapir chi si sia con lusi
di natura darsi al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed a quante creature più ferivano gli sguardi ogni ossequio, ogni culto, e
vute ; anzi sorpassando gli altri in tal sorte di follia, mille altri più stolti, ed insensati Dei inventarono, che quivi c
esse passioni dell’uomo deificate, come la Invidia ecc. Questa era la più generale divisione delle gentili Divinità, e ques
spresso, altro non è, che parlar soltanto degli Dei di I classe degni più degli altri inferiori di maggior considerazione,
promesse fatte al fratello Titano di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole delle parole di suo padre, dover cioè
però dopo tal divisione una lunga tranquillità nel suo Regno, perche più guerre a lui mosse lo tennero disturbato non poco
nnero disturbato non poco, ed afflitto. Qui però parlerò soldi due le più principali, e del pari le più adatte a far conosc
afflitto. Qui però parlerò soldi due le più principali, e del pari le più adatte a far conoscere chi propriamente il terrib
ttentato li confinò, e rinchiuse. L’altra battaglia della prima ancor più terribile, e fiera, cui dovè far fronte Giove fu
e azioni. Quantunque però per queste superbe vittorie gloriosa sempre più sfavillasse la maestà del gran Giove ; pur essa o
con special culto adorato, o da qualche sua azione, che fra le altre più singolarmente brillava. Io però penso riferire i
che fra le altre più singolarmente brillava. Io però penso riferire i più rimarchevoli. Dagli Assirii, e da Babilonosi chia
rduto, e fatica inutile investigarle ; mentre avendo molti immaginati più cose, sempre però dubbiose per ragion di folte te
vano a boschi, prati, fonti, monti, e mare ; pur tuttavolta perche da più recenti poeti venne egli riconosciuto pel mare, e
rono, che quella parte, che per propria virtù prodotto avesse la cosa più vantaggiosa goderebbe della pretesa facoltà. Acce
rni un odio crudele, crucciato gli tirò fiero calcio, e dal cielo per più non mirarlo barbaramente lo spinse. Precipitoso d
a egli naturalmente inclinato ; onde somministrare a quei buoni amici più valevoli mezzi a procacciarsi il necessario ad un
ei buoni amici più valevoli mezzi a procacciarsi il necessario ad una più comoda vita. Fissò quivi a tal uopo ampia fucina,
chè in sua vece ebbe però il piacere d’impalmare Venere fra le Dee la più bella, la quale per altro niente rapita di suo ma
er oscitanza di Elettrione posto per guardia, fece delle reità sue la più aspra vendetta, qual perpetuo monumento delle sue
ere però poco avvenenti disgustando gli Dei nella circostanza appunto più bella di pascersi dell’immortale lor Nettare, la
i difetti ; la favola non però amante sempre delle sue rappresentanze più vive tutto al naturale ne ha espressato il ritrat
lo alla dritta sua mano, colla tenaglia nella sinistra, e quel, che è più bello, svisato, e storpio ad ampi i suoi fianchi,
sua figura derogava non poco alla sua maestà. Suoi tempii, e feste. Più tempii in suo onore godevasi Vulcano. Due però fu
. Più tempii in suo onore godevasi Vulcano. Due però furono in Roma i più rinomati, il primo viene ascritto a Romolo fatto
i affari. Molte similmente furono le feste istituite in suo onore, le più considerabili però furono le cosi dette Lampadoph
te, con legge, che colui, cui correndo smorzavasi la fiaccola, dritto più non avea alla corsa, e colui, che ceduto aveva al
i stragge, e di ruina, Autor di pianto per qualunque stato, Che l’uom più fiero a piedi suoi s’inchina. Dal mondo sol per l
, cosi attempatamente giustificò la sua causa, che per giudizio della più sana parte di quei giudici ne venne onorevolmente
valli nati da Borea, e da Erinni, detti il Terrore, e lo Spavento, da più mostri cinto per corteggio, con furie svolazzanti
morta testuggine trovata sul Nilo valse ad efformar una lira non mai più per l’addietro veduta, detta perciò da latini Tes
ridente a Nettuno, i dardi ad Apollo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece di abborrire le sue infantili leggi
gierezze vieppiù si diede a confirmarle, commettendo un furto, in cui più rilusse l’astuzia. Sue prodezze. Mentre Apollo g
emendo pertanto d’essere scoverto trattosi a lui innanzi gli esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto, nè di ciò c
mento, e sembianza sconosciuto gli si fè d’innanzi promettendogli una più ampia mercede, se svelato gli avesse il temerario
sdegno, ed in segno di pace amorosamente si strinsero, cosi, e molto più vale a risvegliare con quel suo caduceo nel cuor
abbandonati sensi di fraterno amore, e conchiudere quindi fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza, di concordia
ggiravasi negli affari, ed intrighi, e perciò in mezzo alle occasioni più belle, non abbia ancor commesse le sue galanterie
ione, e sviluppo Sogliono le disavventure assai spesso inseguire i più rinomati Eroi, e miriam sovente, che chi per qual
di questo gran Nume. Egli sebbene fra il sodalizio degli Dei uno de’ più rinomati si era per cagion del suo vasto singolar
e Apollo cioè, e Diana ; quale isola poi per favore del nato Nume non più fù errante com’era, ma restò ferma del tutto, ed
esso la sponta del Lemeo fosse stata un giorno raggiunta, si contentò più tosto di perdere l’antica sua essenza coll’essere
arimenti a provare nel corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò più tosto abbandonarsi nel seno del mare, che nelle b
dovea pel padre un bel motivo d’allegrezza, fu per lui la cagione del più aspro dolore. Imperocchè alla vista d’Ippolito re
pode coverto dalla pelle del Serpente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Luglio celebravan
suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offerivansi fra gli animali più specialmente il toro, il porco, e l’ariete. C
rimar quantunque Dea. Dichiarazione e sviluppo Felice al certo più delle altre Deita sarebbe stata Giunone, se la sv
rsaglio dello stesso vertiginoso suo genio. E che altro invero bramar più poteva per esser felice ? Chi fù Giunone. Figlia
e di Opi, e Sorella per conseguenza dello stesso Giove, anzi con esso più avvinta mercè i ligami di nozze, divenuta perciò
ando ogni decoro non s’ arrossiva di commettere atti di umiliazione i più denigranti. E che in vero non fece per vendicarsi
olo, di promettergli in sposa Deiopea fra le quattordici sue Ninfe la più bella ; purchè questi mosso a compassione de’ suo
uesta onor d’ agricoltura Dichiarazione e sviluppo La Dea, cui più fosse obbligata la società degl’uomini per benefi
di Ascalafo, cangiato perciò in civetta, non poteva da quel luogo mai più partire, e nel seno ritornare dalla afflitta sua
cosi invero sarebbe avvenuto, se il sovrano consiglio degli Dei mosso più da motivi di affetto per la madre, che di giustiz
però potè ottenerne l’intento ; onde egli di sua voracità non potendo più tollerar la molestia, divorandosi le sue medesime
itolo di riconoscenza dovuta a suoi larghi favori ; due però furono i più solenni. Il primo fù detto mistero Eleusino de El
virtù, Divinità spreg evole non è ; Anzi che i n lei non può cercarsi più . Di fiori ha un serto, che il gran Giove diè Ad e
la quando assisesi lassù ; Lei promette a donzelle alta mercè, Perchè più bella, e la più antica fù. Il suo rito scordarsi
si lassù ; Lei promette a donzelle alta mercè, Perchè più bella, e la più antica fù. Il suo rito scordarsi omai non può, E
l Verginità. Dichirazione, e sviluppo Se presso i popoli anche più barbari fù sempre tenuta in gran conto la vergini
adre la facoltà le concesse di chiedergli con libertà quanto le fosse più in grato, essa la ben nata ogni altro dono fastos
gir dalle consumatrici fiamme della cara sua Troja, tra gl’altri suoi più cari dei penati, che seco divotamente si trasse,
verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o di madre, se
la loro castità era il massimo de’ delitti, e punivasi colla morte la più spietata, ed a tempi di Tarquinio Prisco erano vi
uso ne’ pensieri, tutto conturbato negli affetti non vide altro mezzo più espediente per ovviare il futuro suo scorno, che
la madre nella testa del padre, quivi fissò per ben tre mesi con modo più nobile la sua dimora. Annoiato impertanto dell’in
dell’insueto gravame l’ignorante Giove, e ravvisando crescere sempre più con suo maggior dolore il gran peso, per man di V
endette. Gonfia impertanto questa Dea dell’amor di se stessa, e molto più superba per la vittoria ottenuta contro il compet
colpi di navicella per man della Dea accigliata ; sichè non potendone più soffrire l’acerbità avrebbe a se stessa tolta la
ta cangiata in ragno, nella qual condizione tessendo perpetuamente la più spregievole tela incessantemente il fio paga di s
E che altro fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiace di
quello di Pallade dal nome di un gigante da essa ucciso, oppure come più plausibile sembra dal brandir della lancia nelle
raria. Suo ritratto. L’atteggiamento, in cui pingevasi questa Dea ha più il terribile delle battaglie, che la piacevolezza
gl’amori, m’ingegno o col velo della modestia nascondere alcuni fatti più seducenti, o con castigate parole esporre il più
condere alcuni fatti più seducenti, o con castigate parole esporre il più essenziale. Dappoichè se per essa un di rompendo
ar per marito, che il deforme storpiato Vulcano, pel quale sebbene di più figli fù madre ; pure perchè mal contenta del suo
la diversità delle nazioni effigiata venne tal Dea. Questo però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di por
nta. Ebbe il nome di Apaturia, ossia ingannatrice, e qual cosa invero più inganna, che l’amore, quale lusingando i sensi ne
dirono sacrificare umane vittime in suo onore. Con maniere inoltre le più strane credevano le donzelle gentili specialmente
le, che a turpe meretricio erano totalmente rivolte, come quelle, che più da vicino ne sapeveno imitare le operazioni, ed i
di ristoro qualche occasione, o periglio pel suo candore obbligò alla più stretta, e perfetta Verginità in modo, che accort
dardo la lingua della infelice figlia di Dedalione Chione senza farle più articolar parola ? La temerità che ebbe di attacc
pulit, et meritam tra fixit arundine linguam. Sebbeno la occupazione più ordinaria di questa Dea fosse stata la caccia, co
ciel tramandava i suoi benefici influssi, e co’suoi raggi nella notte più sensibili dissipando le tenebre guida si rende, d
suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effigie di questa Dea ha più del boschereccio, che del Divino. Pingesi ordinar
Euripide, le primizie di tutti i frutti della terra. Il costume però più praticato fù l’offerirsi uua bianca cerva in suo
a Dianae Nunc quoque pro nulla Virgine cerva cadit. Il tempio poi il più celebre fu l’Efesino fabbricato da popoli tutti d
bilitò a tale segno, che fra le Città della Ionia, dopo Mileto, fu la più gloriosa, e potente Città : Quis enim hominum es
reso dallo stolto disegno di rendere immortale il suo nome ; e benchè più volte fosse stato quindi rialzato, come testifica
rne la forza. Quindi è, che domandato un dì Talete qual cosa fosse la più insuperabile nel mondo, tosto rispose, come abbia
regunt homines  ; ma il dispotico sibbene degli stessi Dei : onde in più luoghi i poeti ci descrivono le loro querele, non
sì chiaro si scorge per la moltiplicità delle opinioni. A mio credere più plausibile sembra il parere di chi afferma, che l
in vero se questo mal inteso effetto ha menato ne’tempi posteriori, e più illuminati alcuni miseri in diversi errori, fin a
a cum caeco rapiantur omnia casu, Mentimur regnare Iovem. qual nodo più inestrigabile riuscir non dovea per gl’uomini di
e tal’inevitabile fato. E par, che il ritratto istesso, che ne fecero più da vicino ci scnopra il loro ideato. E che altro
sigli Fer la moglie tremar, ma i suoi furori Furo ingannati, e generò più figli. Perduto in Ciel il trono, e i primi onori
agricoltori. Dichirazione, e sviluppo Chi fù Saturno. Il nume più ammirabile perchè padre de’tre più gloriosi Dei d
iluppo Chi fù Saturno. Il nume più ammirabile perchè padre de’tre più gloriosi Dei dir si dovrebbe certamente Saturno.
vantaggio. Imperocchè il torbido suo umore di giorno in giorno sempre più ingelosendo il suo figlio Giove, fù la cagione, p
coglienze Saturno si diede ben presto a mostrare al suo benefattore i più vivi segni della sua gratitudine. Con arte affatt
populos in pace regebant (1) Suo ritratto. La sua immagine però ha più dell’orribile, che del di lettevole. Rappresentas
quando il sacro olivo innalza, e afferra. Ê cagion, che il mortal di più non gema. Accoppia in lui due ben contrarii affet
in tutti i petti. Or dà contento, ed or la doglia amara, Ma grande è più fra due contrarii oggetti, E di pace il piacer da
ria ; quali ottime qualità ammirando i sudditi spettatori per un Nume più tosto, che per loro Re lo canonizzarono benchè an
diversi Dei, che finse la delirante Gentilità Nume non avvi al mondo più infausto, benchè benigno all’aspetto rassembri, q
quelle pene, che seminato aveva nel Cielo, non avrebbero al certo mai più acquistata la antica lor pace. Chi fù Genio. In t
In terra poi disceso questo velenoso germoglio di Venere radice assai più micidiale, ed infetta chi mai spiegar potrà le ta
ori. La sola esposizione del Nume Monarca con poche circostanze a lui più da presso appartenenti sarà per me unicamente l’o
e chiavi della morte in scgno, che nessun del suo regno disserrar mai più poteva quella porta, per cui ebbe una volta in qu
Hoc opus, hic labor est. Virg. Æneid. 6. Suoi sacrificii. Il timore più tosto, che l’affetto sembra aver spinti i mortali
ne scese. La forza delle cingenti sue fiamme pria ancor d’avvicinarsi più d’appresso ingeneri la incinta Semele, e se Mercu
i generoso portossi co’vinti, che sembrò averli conquistati con animo più tosto di giovarli, che di recarli alcun male. Su
chiunque ardiva vilipenderlo, ma geloso de’suoi dritti ne prendeva la più cruda vendetta. I frutti di sua collera speriment
ta comunemente Magna Dea, per esporre con ben purgata penna quanto di più magnifico, e singolare in più libri in suo onore
esporre con ben purgata penna quanto di più magnifico, e singolare in più libri in suo onore registrato si legge, e descrit
essere stata ella l’avventurata madre della maggior parte degli Dei i più gloriosi, che abbia veduto l’olimpo, detta perciò
l’averli maternamente enudriti co’ dolci frutti delle sue beneficenze più care, questo forma per essa la gloria più bella d
rutti delle sue beneficenze più care, questo forma per essa la gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomi
care, questo forma per essa la gloria più bella del suo essere, ed il più ammirabile encomio delle sue qualità. I rari preg
zze non fosse stata’già vinta, come non ligare al suo carro animali i più indomiti per natura, ed ammanziti sol per portent
le spalle correvano quasi frenetici per le strade fra il trambusto di più suoni, altri quai buffoni con salti, e strani con
impiega Contro l’abisso, che discioglie, e lega, E spesso avvolge in più fatal ruina. Perchè prigion la sua beltà divina E
e, e sviluppo Sogliono le sventure spesso spesso assaltare il cuor più gentile, onde gloriarsi d’un più nobil trionfo. Q
ture spesso spesso assaltare il cuor più gentile, onde gloriarsi d’un più nobil trionfo. Questo appunto accadde alla Dea, d
Imperitat furiis, et dictat iura Megera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto di questa Dea. Il pi
. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto di questa Dea. Il più speciale è da dirsi quello, che ottenne nella Sic
nudriva per essa, che il giuramento dato in suo nome non solo era il più solenne, ma il più inviolabile ancora, sicche la
che il giuramento dato in suo nome non solo era il più solenne, ma il più inviolabile ancora, sicche la sola morte, che val
figlie, onde così pel ministero degli occhi facendo passare al cuore più senibilmente le loro imagini vistose risvegliasse
ibilmente le loro imagini vistose risvegliasse negli animi di tutti i più affettuosi sensi per esse, acciò rapiti in tal gu
si però come siasi proseguendo io le stolte loro tracce pingerò nella più aggiustata divisa insiem colle principali virtù a
he da ciascuno odiata Se stessa a palesar giammai non resta, Costante più , quanto è di più sprezzata. Che del par lieta in
iata Se stessa a palesar giammai non resta, Costante più, quanto è di più sprezzata. Che del par lieta in calma, ed in temp
tutto è venerata, Che accende al cor d’ogni piacer la face, E quanto più si asconde è più bramata. Di ben, di guadio fonte
, Che accende al cor d’ogni piacer la face, E quanto più si asconde è più bramata. Di ben, di guadio fonte almo, e verace,
gentil suo genio nel carattere appunto di questo uccello, che sempre più sollecito vive nell’allevare i suoi figli. Or se
more Condannando del mondo i rei costumi. E per mostrar d’amor l’opra più bella Al vecchio, che per fame è fatto un gelo In
, ed indeficiente ruscello atto a dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo di sua beneficenza, e
e preme la destra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa più abbondante di latte sogliono le madri allevare i
erchè con questa più abbondante di latte sogliono le madri allevare i più cari figliuoli. Lacnde qual sostegno de’miseri in
de’miseri in Atene, ed in Roma venne con singular onore riguardata, e più tempii s’innalzarono in suo onore. Bella virtù !
o a un punto accorre, Nè alla sua voce si può forza opporre, E quanto più si cela è più ostinata. Porta due trombe il regno
ccorre, Nè alla sua voce si può forza opporre, E quanto più si cela è più ostinata. Porta due trombe il regno, il tron, l’i
nte porta, ed è precoce Il suo favor, che se al mortal mai sfugge Non più ritorna, e l’uomo invan si strugge Nel pentimento
bianza, Ecco l’Occasïon, che l’uomo invano Che torni a voti suoi tien più speranza. Annotazioni Secondo la iconologi
e ella la speranza di colui, che incauto la lasciò scappare. Assai dì più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso ve
occasioni, che presentansi atte a promuovere i suoi vantaggi, e molto più quelli dello spirito, che unicamente importano, r
cco il Rimorso al cor verace inferno. Annotazioni Il carnefice più crudo, che dilacera l’uomo veramente è il rimorso
utto lo sdegno e le furie. Da questa strana sua indole ammaestrata la più sana parte de’ Gentili si tenevano da essa non so
a una donzella, Cui dalla bocca spunta un serpe alato, Tanto terribil più , quant’è più bella. Da essa un Uomo ignuto è tras
a, Cui dalla bocca spunta un serpe alato, Tanto terribil più, quant’è più bella. Da essa un Uomo ignuto è trascinato. Alza
perchè è suo proprio vestire col manto della compassione per ottenere più facilmente l’intento lo sventurato calunniatore,
la, Ma se mai verità la pugna, e grama Fugge atterrita, e allor non è più quella. Annotazioni. Molto espressive sonò
i, e mal accorti barbaramente seduce. E qual figura in vera di questa più espressiva per indicar la rea qualità de’ fraudol
Sonetto Tremenda donna di fatal colore Con chioma agguernita di più serpenti, Colla bocca spumante, e guai ardenti, S
I. Esta’. Sonetto M atrona eccelsa di sembiante acceso Di più spighe diverse coronata, Di lumi ardenti, e in tu
diverse a lui d’intorno Alzan le voci, e ognun l’ama e l’onora Ei fa più breve, ma più dolce il giorno. Il mondo tutto la
d’intorno Alzan le voci, e ognun l’ama e l’onora Ei fa più breve, ma più dolce il giorno. Il mondo tutto la sua possa ador
o Troppo fra folli sogni io deliria ; Su prendiamo un camin dell’ uom più degno Lungi greche follie tacete omai. E se sotto
. E se sotto un’oscuro, e denso velo Giace la verità sempre nascosta, Più bello è il Sole allorche irraggia il cielo Senzac
Che gli solleva, anzi incoraccia il core, Che fra perigli suoi parve più bella, Perche figlia gentil del crëatore. Essa qu
mori. Finchè arrivata a incomprensibile ara Fece apparir le sue virtù più note, Ivi appari la forza sua più chiara Fatto vi
ibile ara Fece apparir le sue virtù più note, Ivi appari la forza sua più chiara Fatto vittima un Dïo, e Sacerdote. Ivi le
cun comprese, Ivi fù l’uom di maggior gloria degno. Ivi l’alme si fer più ardite, e pronte, Ivi da esempio tal sprezzar la
; Anzi esponendo all’armi il petto ignudo Vide ammanzir l’orgoglio il più feroce. Addio favole, e sogni, addio chimere Altr
ii astretti, Cangiati i sensi, ed il parlar deriso, Farsi innocenti i più mordaci affetti, E impallidir d’ogni superbo il v
chità di sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all’ opinar di più scrittori compose ben sei cantici per piangere il
dall’offeso suo Dio indulgenza, e perdono può essere di tal verità il più luminoso attestato. E da chi altro poi, se non da
a Giuditta par che altro mezzo non riconobbero, onde svegliare sempre più sensi di tenerezza, ed affetto nel cuore del gran
imare i sassi, commuovere le selve, ammanzire le fiere, e quel, che è più abbatter finanche le stesse deità infernali ? Svo
i ammireranno le bravure dell’ammirabil possa di quest’arte. Per essa più popoli spogliati gli antichi loro selvaggi costum
oro selvaggi costumi furono felicemente tradotti ad un tenore di vita più civilizzata, e più culta. Per essa asseguirono la
i furono felicemente tradotti ad un tenore di vita più civilizzata, e più culta. Per essa asseguirono la loro subblimità i
suol dare anche corpo all’ombra, vita al nulla al soglio siede delle più alte magnificenze o chi forse all’esistenza mai n
i ecclissi nel cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, dove è più nella eloquenza la grazia, la persuasiva ne’ perg
ersi, ma adattatissimi componimenti in esempio (della qual cosa assai più importante le altrui poetiche istituzioni son man
ben adatta maniera di proporre l’argomento del poema ; onde è che da più scrittori il proemio poetico dicesi con stretto l
ollo, ed alle Muse. Ma diamo omai un’ occhiata alla narrazione. 2. Il più sollecito impegno di chi s’accinge a comporre un
do all’azion principale quegli avventurati lineamenti, che la rendono più lumeggiante, e più viva, presentano co’loro risal
pale quegli avventurati lineamenti, che la rendono più lumeggiante, e più viva, presentano co’loro risalti delle belle scen
e la parsimonia, e l’ analogia in tal punto scorgiam prese in mira da più classici autori nei loro incomparabili poemi. Se
orno all’azione principale qualunque siasi episodio aver mai non deve più luogo. 3. L’ultima parte di un poema è finalmente
re. Or qual forza ingegnosa sarà sufficiente a ciò fare ? Le sentenze più grandiose, i colpi più inaspettati quelli soltant
nosa sarà sufficiente a ciò fare ? Le sentenze più grandiose, i colpi più inaspettati quelli soltanto si sono, che valgono
parer di tutt’ i maestri di quest’ arte é la lettura delle opere dei più celebrati autori. Quivi in vero incontransi le pi
ra delle opere dei più celebrati autori. Quivi in vero incontransi le più vere forme poetiche, quivi le ripetizioni le più
vero incontransi le più vere forme poetiche, quivi le ripetizioni le più graziose ; quivi gli epiteti i più seducenti, qui
poetiche, quivi le ripetizioni le più graziose ; quivi gli epiteti i più seducenti, quivi le descrizioni le più parlanti,
graziose ; quivi gli epiteti i più seducenti, quivi le descrizioni le più parlanti, quivi le comparazioni le più robuste, q
centi, quivi le descrizioni le più parlanti, quivi le comparazioni le più robuste, quivi in somma rattrovansi i più desider
i, quivi le comparazioni le più robuste, quivi in somma rattrovansi i più desiderabili ornamenti in una varietà la piuchè d
ffragii. Diasi ognuno dunque alla lettura, che incomparabilmente vale più di quanti precetti potrebbonsi mai dare, ad esemp
hiudere un tal capitolo un ben ragionato motivo mi spinge ad avvertir più cose. 1. Abbiano sempre in mira i dilettanti in q
corti autori hanno incontrate cattive accoglienze, ed un esito sempre più sventurato ; anzi non solamente al soggetto è da
ico suo impegno deve raggirarsi nel saper restringere in poche parole più sensi con chiarezza, ed armonia. Un tal parlare p
Un tal parlare perchè spiritoso, e vivo suggerendo all’ immaginazione più di quel, che esprime fà dolce violenza allo spiri
fa il Sol del melico emisfero Pietro Metastasio ? Egli con copia non più di seimila voci ha espresso tanto, ed ha toccato
o dabbene teme della colpa, non già della pena, che non meritò ? Qual più nobil modo di lodare senza adulazione, e di desta
or a te lo guida Tanto Signor di tua virtù si fida. Venga inoltre il più eloquente Purista, e colla stessa felicità racchi
ia la vanità, e misura se stessa, dicendo nello stesso luogo citato. Più tenero, più caro Nome, che quel di padre Per me n
, e misura se stessa, dicendo nello stesso luogo citato. Più tenero, più caro Nome, che quel di padre Per me non v’è, Ma m
ar. Gli perde amici Chi gli vanta compagni, e non si trova. Follia la più fatale, Che potessi scordar d’ esser mortale O f
al parere di tutt’ i conoscitori dell’arte non può mai darsi esempio più celebre, e pruova più illustre dell’ingegno creat
conoscitori dell’arte non può mai darsi esempio più celebre, e pruova più illustre dell’ingegno creato. Creont. Scegliest
di ritmo regolato, ma allungavano, ed accorciavano le strofe secondo più li riusciva commodo per spiegare quelle immagini
più li riusciva commodo per spiegare quelle immagini che il lor genio più , o meno focoso li suggeriva alla mente. Gli stess
Isai fan conoscere l’imperfetto ritmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e di figure, che di misure, e cadenze
dal celebre professor di elequenza in Padova Melchiorre Cesarotti in più ampie forme manifestano la descritta verità. Coll
conosciuti in quest’arte. Quindi per dar io un poetico saggio quanto più possibil fia compiuto, parlero pria divisatamente
so di quattro sillabe vuol la cesura sulla terza. Può farsi rimare in più modi, ma il più tsitato è il seguente. Egeo, ch
llabe vuol la cesura sulla terza. Può farsi rimare in più modi, ma il più tsitato è il seguente. Egeo, che si congeda dal
inflessione della voce cade sulla quarta sua sillaba. Con esso perchè più esteso può facilmente formarsi qualche lavoro. In
gine. D’incendio funesto Ognuno le gemme Già Roma si strugge, Le più preziose La speme sen fugge Cou più scelte cose
gemme Già Roma si strugge, Le più preziose La speme sen fugge Cou più scelte cose Più gioia non v’è. Gettando vi va.
i strugge, Le più preziose La speme sen fugge Cou più scelte cose Più gioia non v’è. Gettando vi va. Al ciel si ricor
vi va. Al ciel si ricorre Ma cresce la fiamma Con alma disposta ; Più avvampa, e divora Ma oscura risposta Ciascun re
a ; Più avvampa, e divora Ma oscura risposta Ciascun resta allora Più affanno le diè. Con misero cor. L’oracolo disse
ra Più affanno le diè. Con misero cor. L’oracolo disse Sol Curzio più saggio Con voce ben chiara L’oracolo intende
l Curzio più saggio Con voce ben chiara L’oracolo intende La cosa più cara Salute gli rende Al fuoco si da. Nè prezza
i monta a cavallo L’oracolo è chiaro Dell’armi sue cinto, Il dono più caro L’orrore é gia vinto Si deve gettar. Da pr
o intendete Invitto si slancia Con anima ardita Nel foco sotterra Più cara è la vita L’incendio si serra Qui deesi la
Più cara è la vita L’incendio si serra Qui deesi lasciar. Non ha più poter. Il senario inoltre dicesi doppio qualor
E l’armi gli bagna ; Intrepido unisce Qual rio si stende Le forze più estreme, Per vasta campagna E corre alla pugna.
ed ottonario. Il metro settenario non senza ragione suol dirsi il più facile, ed il più praticabile come quello, che co
Il metro settenario non senza ragione suol dirsi il più facile, ed il più praticabile come quello, che costa di versi, che
dissimo alla poesia sì estemporanea, che meditata, e perciò mirasi il più usitato. Dicesi Ottonario perche abbraccia versi
Quasi chiuso in denso velo, S’ode appien la stanca nave, Non appar più raggio in cielo, Ed il peso suo più grave Che s
ppien la stanca nave, Non appar più raggio in cielo, Ed il peso suo più grave Che speranza può recar. Traboccar nel mar
Ecco getta ognuno all’ onde Fatta tumida è già l’onda, La sua merce più gradita Senza porto, e senza sponda Quanto può
nave E il nocchiero, che condusse Fiero il mar, che in se gorgoglia Più tesor da estranee sponde Or dell’albero la spog
ditirambo, in cui fa maggior pompa, sempre per altro adattabile assai più al boscareccio, che al serio. Esso costa di otto
lora assidermi Potrò trovar nell’anima Presso il ruscello limpido Più la quiete stabile Col gorgogliar suo flebile Se
ed esule I boschi mi discacciono, Fatto a me stesso in odio Non han più ombra gli albori Gemo nel duol terribile. Perch
erba, ed il nome, è uno di quelli, che al dir del Crescimbeni, sono i più spiritosi, e leggiadri in Toscano. Esso è adattis
specialmente dalle diverse composizioni del Palermitano Balducci ; il più comune però abbraccia due sdruccioli, e due sette
rcito E i suoi compagni providi Verso quel suol s’appressa. Non son più che trecento. Minaccia di distruggere, In quel
l perno, non solamente nel rispettivo lor senso ; ma quel, che era il più forte nelle sue individuali parole. D’un tal comp
repitava irato il vento Chè la greggia tanto amata Il ruscel non ha più varco Dal torrente vien portata. Reso fiume in
to, Lasso me ! Che far degg’io ? L’alta quercia ancor traballa, Chi più regge il viver mio ? Che dal vento è svelta a u
va La tomba in contemplar Dove giunta si stà Pace non può trovar, Più derelitta. E il duol crescea Spesso i marmi ab
Sò, che strano parrà Par, che a morire amor Ma niun m’imiterà Di più l’invoglia. Sarò primiera. Dice : ah Numi perch
e parla a questo sen Il cener contemplò Mi chiama a morte, Nel duol più greve E in mezzo a tal martir L’nrna torna a ba
è trattata, benchè per altro adattata sia ad ogni argomento, e molto più a lamentevoli obietti. La coutinuata sua armonìa
ntevoli obietti. La coutinuata sua armonìa mentre mostra quanto ha di più grande, e più bello la poesia, manifesta del pari
i. La coutinuata sua armonìa mentre mostra quanto ha di più grande, e più bello la poesia, manifesta del pari quanto ha la
nde, e più bello la poesia, manifesta del pari quanto ha la stessa di più labborioso, e difficile. Il solo udire il terribi
ta avea la gioia Ripete in abbandon Andromaca d’Ettor Lassa non son più sposa, Piange a l’aspro tenor E madre più non s
aca d’Ettor Lassa non son più sposa, Piange a l’aspro tenor E madre più non son. Le toglie Ulisse il figlio, Parte dell
te mura Essa è un funesto don Stassi tramorta al suol Lassa non son più sposa, Sul pesto corpicciuol E madre più non so
orta al suol Lassa non son più sposa, Sul pesto corpicciuol E madre più non son Lo guarda, e non fa moto Perchè figlio
morir dovesti ? Sol replica affannosa Perchè da questo petto Nel più dolente suon Viver si reo bevesti ? Lassa non s
o petto Nel più dolente suon Viver si reo bevesti ? Lassa non sou più sposa, Perchè figlio, perchè E madre più non so
bevesti ? Lassa non sou più sposa, Perchè figlio, perchè E madre più non son. Io non morii per te ? Ecco di già perd
Ecco di già perduta Povero sangue mio L’ultima mia speranza, Che più soffrir degg’io Non hò chi più m’aiuta In sorte
gue mio L’ultima mia speranza, Che più soffrir degg’io Non hò chi più m’aiuta In sorte sì dogliosa Che va la mia cost
stanza ? Nulla è di Giove il tuon Che ne sarà di me ! Lassa non son più sposa, Il figlio mio dov’è ? E madre più non so
sarà di me ! Lassa non son più sposa, Il figlio mio dov’è ? E madre più non son. Cap. XIV. Del novenario, e decas
otte del Novenario, la vera delizia dell’armonia poetica, ed il mezzo più facile, onde esprimere concetti di qualunque natu
iù facile, onde esprimere concetti di qualunque natura si siano nella più bella, e grandiosa maniera, merita per ogni rappo
o nel sen le vibrò. Cap. XV. Della terza rima. Il metro, che più generale campeggia nella poesia si è appunto la t
il Bruni le loro epistole eroiche ; in questo sono state tradotte da più autori le epistole eroiche di Ovidio, e in questo
spoglie del Curiazio ucciso dal fratello. In mezzo a lieto stuol di più guerrieri Ritorna Orazio di tutt’armi cinto, E ca
o l’ode, e palesar procura A consoli il vicino aspro cordoglio, Bruto più di ciascun geme in perigli Perchè son congiurati
sser Genitor fui Cittadino. Cap. XVIII. Dell’ottava Il metro più nobile, che vantar possa l’italica poesia, ed il
tava Il metro più nobile, che vantar possa l’italica poesia, ed il più adatto del pari a descrivere in vaghe forme le pi
lica poesia, ed il più adatto del pari a descrivere in vaghe forme le più grandiose idee è l’Ottava rima del Boccaccio. Que
correre, offre cogli due ultimi reciprocamente obbligati la occasione più bella di poter con forte sentenza, quasi con colp
del primo, la Gerusalemme liberata del secondo sono in questo metro i più perfetti poemi della poetica favella. Vero è che
ria a consumarsi nella lettura de’classici, e nell’esercizio di altri più facili metri, e poi con avvedutezza a discendere
: Romani è vano uu tal dolore Quanto feci per voi ciascun rammenti, E più che morte il suo rossor paventi. Cedere i prigion
lioso un così tristo esempio ; Perchè il roman soldato allora infesto Più non sarà temendo il proprio scempio Nè giovarvi p
on abbia le altre due compagne, trovasi giunto alle Sirti senza poter più nè avvanzarsi, nè dare indietro. Un tal metro per
topi, delle rane, e dei gambari. Fin d’allora l’ode pastorale avvanzò più di credito, e Teocrito trasse per essa non pochi
per essa non pochi onori, e ricchezze in Sicilia. Mancò l’Italia per più secoli della vera pastorale di Esiodo, e sebbene
ir dal suolo, E l’olezzo al color confonde, e mesce, Spiega l’augello più sicuro il volo, Mentre l’ombra ne’boschi avvanza,
, Mentre l’ombra ne’boschi avvanza, e cresce. Già sorride la campagna Più la gregge non si lagna, E corre in fretta A pasco
i italiani. In esso si distinsero il Petrarca, l’Ariosto, il Tasso, e più da vicino il chiarissimo Senatore Vincenzio da Fi
ento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè più di venti strofe composte di sette, otto, e più ve
non meno di cinque, nè più di venti strofe composte di sette, otto, e più versi Endecasillabi, e Settenarii da rimarsi a ge
osì fini la vita ? Dov’è il gran difensor de’sventurati ? Chi ne darà più aita ? Ma perchè invidiar l’alta sua sorte ? Egli
e temere, dovendo in quest’ultimo de’miei capitoli trattar dell’opera più bella, più grande, ed insiem più difficoltosa del
ovendo in quest’ultimo de’miei capitoli trattar dell’opera più bella, più grande, ed insiem più difficoltosa dell’arte poet
de’miei capitoli trattar dell’opera più bella, più grande, ed insiem più difficoltosa dell’arte poetica, tradotta da Prove
un di nel culto seno della bella Italia, del Sonetto io dissi. Questo più nobil patro però dell’umano ingegno ad onta del s
one, è divenuta omai la facoltà de’ Giabbattini, non che delle stesse più vili feminuccie ; mentre esser ragionevole non v’
se una canzone de veneti Gondolieri è caduto iu potere degl’ingegni i più che dozzinali ; ne mente vi è per limitata che si
omento) degna sempre di riflessione in tutte le composizioni, e molto più in questa, che di tutte è la più nobile mi spinge
ne in tutte le composizioni, e molto più in questa, che di tutte è la più nobile mi spinge per un momento almeno a trattarl
il cuore, e cagiona una forte sorpresa. Leggansi in vero i Sonetti de più celebri compositori, e si vedrà, che questa parte
punto hà formato il principale loro scopo. Può darsi in vero chiusura più bella o di questa del Petrarca. « Poco manco che
atenati i Sonetti, questa però ciò non ostante ne’ nostri giorni è la più usita ta. Venendo poi alla pratica, sebbene potre
sita ta. Venendo poi alla pratica, sebbene potrei addurre per norma i più belli Sonetti, che sotto un tal triplice divisato
il punisce Del padre fatta già terribil scherno E quant’ella empi a è più , più par, che ardisce Tremò a tal’ opra il gran p
nisce Del padre fatta già terribil scherno E quant’ella empi a è più, più par, che ardisce Tremò a tal’ opra il gran pianet
maschera gran cosa esser non può, Perchè va confondendo il meno, e il più , E fa dir facilmente il si, e il nò. Abbia dunque
i strana. Sarei stata la sovrana Sopra il cespo in faccia al rio ; Se più apriva il seno oh Dio, Se la destra era più umana
spo in faccia al rio ; Se più apriva il seno oh Dio, Se la destra era più umana Or perduta hò la bellezza, Non son più la v
oh Dio, Se la destra era più umana Or perduta hò la bellezza, Non son più la verginella, Più non trovo in me vaghezza. Se l
a era più umana Or perduta hò la bellezza, Non son più la verginella, Più non trovo in me vaghezza. Se la mano men rubella
Se la mano men rubella Non mi usava tanta asprezza Tutta schiusa era più bella Oltre le tre divisate specie di Sonetti, m
i ec. ma lasciando da parte queste stentate freddure, di due soltanto più necessarii a sapersi farò brevemente parola. Ques
oci adoperate nella proposta. Della quale seconda maniera perchè oggi più comunemente praticata eccone dopo la proposta l’
Passiam dell’ ozio il tempo alla capanna Quando il raggio del Sol non più ci affanna, E dei campi più dolce è allor l’aspet
alla capanna Quando il raggio del Sol non più ci affanna, E dei campi più dolce è allor l’aspetto. Sul limitar tengo un erb
o l’aspetto. Dopo gli affar mi pince andarne al letto, Nè di zampogna più toccar la canna ; Che lo stravizzo non mi vince,
sichè in vece di quattordici versi ne avrà un tal Sonetto quattro di più , non però sgarbatamente aggiunti, ma convenevolme
ernita, e abbandonata ; Se la mia gloria cade or calpestata Che serve più indugiar, corriamo a morte ; Hai vinto, hai vinto
rtago cader veggio le porte, Veggo la reggia oppressa, e desolata Che più ti resta donna sventurata Senza tron, senza regno
racce, e le norme siegue del Sonetto in generale. Suole questo per lo più darsi agli Estemporanei ; non saprei però se più
Suole questo per lo più darsi agli Estemporanei ; non saprei però se più per scandagliarne le bravure, o per facilitarne v
o la diversità delle lingue, avvegnachè investa accidentali caratteri più , o meno vistosi secondo le maggiori, o minori bel
l 3. Finalmente tratterò della varietà delle strofe, delle quali ogni più ordinario componimento si efforma, esempliflcando
la sola cognizione di quelli, che entrono nella costruzione de’versi più comunemente praticati, di essi soli perciò passo
dus. Cap. II. Del verso e delle differenti Quell’aggregato di più piedi, che costituisce quell’armoniaca tessitura,
negligere maxumum interdum est lucrum. Ter. Ad. I Dimetri soli perche più brevi hanno conservata per metà l’antichià di lor
solo Spondee con ben innesto si frappone ; ne’ Trimetri però, e molto più nei Tetrametri indifferentemente si è fatto cader
am sidera vertice. Or. lib. 1. Od. 1. III. L’ Innominato primo, che è più lungo dell’ Asclepiadeo per quattro sillabe costa
er altro coll’aver ricevuto un valore equivalente al primo è da dissi più felice del detto Titolato. Cap. III. Della
vapor, umbra, Quae dum videntur excidunt. II. La seconda, che vedesi più campeggiare in Orazio, perche la più bella, costa
unt. II. La seconda, che vedesi più campeggiare in Orazio, perche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una
e la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e di un Alcaico minore, come Divina vir
e fovet in gremio benignus. Ecco in corti termini descritti tutti i più praticati metri della poesia latina. La cognizion
i, et laboriosa mortalitate, come pensa Plinio, non si fecero beffe i più saggi Pagani ? Soc. Cic. Luc. Sen. Callim. Aperta
ei ? Basta per tutti ascoltar le derisioni, che degli Egiziani Dei in più luoghi fa Giovenale, e soprattutto nella Sat. XV.
si può conchiudere la sola idolatria riguardante il culto degli Eroi più distinti, tra perchè la idolatria è assai più rim
nte il culto degli Eroi più distinti, tra perchè la idolatria è assai più rimota dell’epoca di Nino. Læt. Lib. 2 de fals. R
iù rimota dell’epoca di Nino. Læt. Lib. 2 de fals. Rel. (3). Sebbene più ragionevole sembrato mi sia in tal guisa con altr
ppetito sensitivo non merita il nome di uome, ma di bestia, cui sol è più connaturale, e propria una tal passione ! Suoi no
l suo nome chiamati Tritoni. Egli in premio dcl suo mestiere, e molto più in rapporto al legnaggio godeva ancora in prefere
e facondia nel dire chi fra tutti i banditori del vangelo fù di Paolo più sublime per la cognizione delle cose celesti ? Ch
Paolo più sublime per la cognizione delle cose celesti ? Chi di esso più eloquente nel perorare ? L’attesta la stessa cont
resterà ognuno sufficientemente convinto a riflettère le sue gesta in più luoghi de’ libri S. registrate. Suoi nomi. Suoi f
nell’ esser decantati, e descritti. Quindi Iddio per rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, n
vansi da gentili, soprattutto in tempo di notte, non sò se per onorar più raccolti i loro Dei, o per attendere più sfrontat
notte, non sò se per onorar più raccolti i loro Dei, o per attendere più sfrontati ad ogni sorta di oscenità degne per alt
uamur. Quali sacrificii pieni di abominazioni riprende, e condanna in più luoghi Iddio nelle scritture, e specialmente nell
nerazione del Verbo Eterno dal Padre, fabbricarono i Poeti, al dir di più dotti Scrittori, la prodigiosa nascita di Minerva
udarne in bando prese a dire, che Minerva si compiaceva di tre bestie più villane, del Serpente cioè, della Civetta, e del
a dalla forza delle sue passioni. Le sue prostituzioni con Anchise in più Scrittori, e soprattutto in Virgilio, troppo son
miui Dei tui. E qual abominazione in vero potrebbe pensarsi di questa più nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo imperatore
esse dal seminare, non curasse l’altro le opportune medicine ; quanto più insano dunque dir non si dovrebbe chi commosso pe
o facevalo morire ; ma l’oracolo per eludere l’inganno con invenzione più fina disse : l’uccello è come ti piace. Così, e n
 ; ma di essa si servissero di sicura guida negli affari. E qual cosa più vantaggiosa all’uomo, che la prudenza apportatric
na sua felicità ? Conobbe tal verità il gran macedone Filippo, che in più circostanze dimostrò più gloriarsi della prudenza
tal verità il gran macedone Filippo, che in più circostanze dimostrò più gloriarsi della prudenza, di cui servivasi a conc
llo vulnere sanus abit. Chi fù Plutone. Suo ritratto. (1). Tra le più belle pitture, che rappresentano Plutone la più l
tratto. (1). Tra le più belle pitture, che rappresentano Plutone la più luminosa a mio credere è quella, che colla divina
quindi soggiunse. Orrida maestà nel fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il rende Rosseggian gl’occhi, e di veneno
o, e nato appena Va prigionier fra le tenaci fasce. Adulto poichè non più latte il pasce Sotto rigida sferza i giorni mena 
on più latte il pasce Sotto rigida sferza i giorni mena : Indi in età più fosca, che serena Tra fortuna, ed amor more, e ri
tavansi dalle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi di diversa specie senza alcuna legge al sol
composizioni riuscirebbe nauseante, e basso. Di esso per altro, come più analogo a tale intrapresa si son servito molti tr
aestri dell’arte per la intelligenza dei versi due soltanto perchè le più evvie, e degne perciò da osservarsi qui sotto io
Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
2 (1897) Mitologia classica illustrata
à di favole e racconti intorno agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti di loro stirpe; i quali racconti, propaga
, allargati via via con nuove aggiunte e trasformazioni, divennero il più prezioso patrimonio di que’ popoli, e come il tes
opolo, accoglieva da ogni parte mutazioni od aggiunte, che alteravano più o meno i primitivi lineamenti. Ma non è men vero
i racconti presero la loro forma definitiva per opera dei poeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità for
e dei posteri divinizzati. Tale ipotesi ripetuta anche in tempi a noi più vicini, prese, appunto dal suo autore, il nome di
spuntar dall’ Oriente, egli abbandona la bella Aurora, cui non potrà più rivedere se non quando sarà giunto al termine del
ggende; essendo naturale che gli abitanti dei luoghi alpestri, per lo più cacciatori e pastori, concepissero le divinità lo
sa efficacissima di evoluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in più altri per effetto di polionimia. Più nomi o epite
, il moltiplicarsi di un mito in più altri per effetto di polionimia. Più nomi o epiteti, usati poeticamente a designare un
an cura le cerimonie del culto e gli uffici di chi vi attendeva. Solo più tardi, allorchè i Romani vennero in diretto conta
l divino importava che le qualità umane fossero per loro innalzate al più alto grado di eccellenza; quindi il corpo degli D
alto grado di eccellenza; quindi il corpo degli Dei era pensato come più grande, più bello, più maestoso dell’ umano; qual
di eccellenza; quindi il corpo degli Dei era pensato come più grande, più bello, più maestoso dell’ umano; qualche volta gi
za; quindi il corpo degli Dei era pensato come più grande, più bello, più maestoso dell’ umano; qualche volta gigantesco, o
aglia, occupava uno spazio di sette plettri o 700 piedi (Il. 21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza
bisogno di esser presente, tutte le azioni degli uomini in qualunque più riposto angolo della terra. Ancora essi van sogge
ilmente. Riguardo alla moralità attribuita agli Dei, qui si manifesta più che mai il concetto antropomorfico; giacchè sebbe
vindici d’ ogni umana scelleratezza, non eran però liberi da passioni più o men disordinate, e spesso ci vengono rappresent
a. I Titani erano dodici, sei maschi e sei femmine, e venivano per lo più accoppiati a due a due. Le coppie più notevoli er
sei femmine, e venivano per lo più accoppiati a due a due. Le coppie più notevoli erano: Oceano, il gran fiume che circond
Rea (Rhea), che sarebbero un ringiovanimento dalla coppia Urano-Gea, più tardi interpretati come il tempo (Kronos confuso
agli Dei pur mo’ nati si attribuiscono gesta e rapporti che non hanno più evidente connessione co significato primitivo. Ra
al padre. Niuno dei maggiori aveva l’ ardire di ciò fare, ma sorto il più giovane, Crono, attaccò con violenza il padre, lo
liberandoli dai ceppi a cui li aveva condannati Urano. La guerra durò più di dieci anni, e ne fu teatro la fertile Tessagli
appunto era stata scelta a teatro di questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i segni di antiche rivoluzioni geologic
uel momento la signoria di Zeus durò incontrastata, e niun avversario più sorse a turbar la quiete dall’ Olimpo. 5. Qual Di
che ripetere le cose imparate dai Greci, anzi la Gigantomachia, come più popolare, fece pressochè dimenticare la Titanomac
a, quando gli presentò una pietra in luogo del neonato Zeus. Assai più frequente, sia nei poeti sia negli artisti, il ri
sta o quella scena della Gigantomachia. Si noti che mentre nei lavori più antichi, i Giganti non hanno figura diversa dagli
degli uomini. Le Divinità si distinsero in maggiori e minori. Per lo più si annoveravano a dodici le maggiori, comprendend
n manto di nembi, scuotendo il quale n’ uscivano procelle e tempeste, più tardi creduto la pelle della capra Amaltea cinta
i uomini, Zeus, come dio supremo, doveva essere naturalmente la fonte più alta di divine rivelazioni. In vario modo credeva
Efesto (Hephaistos, Vulcano). Tra le donne mortali amate da Zeus, la più celebre è Semele, figlia di Cadmo il re Tebano, c
ne località acquistarono importanza maggiore dell’ altre; di tutte la più antica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro
nella Grecia continentale sia in Creta e in altre isole. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto di Zeus divenne la cit
bbe dai Tarquinii l’ onore di un celebre tempio sul monte Capitolino. Più tardi al culto di Giove si uni quello di Giunone
la letteratura e nell’ arte. Cenni del Dio supremo e rappresentazioni più o meno compiute della sua figura è naturale che r
capo di lui ondeggiano le chiome divine, e il grande Olimpo ne trema. Più materiale è l’ immagine che ci dà lo stesso poeta
irar su voi insiem colla terra e col mare, e legar indi la corda alla più alta rupe dell’ Olimpo, sì che tutto l’ universo
Olimpo, sì che tutto l’ universo rimarrebbe penzoloni; tanto io sono più forte degli Dei e degli uomini ». In senso elevat
ade, e inni speciali composero Terpandro, Alcmano, Simonide, Pindaro. Più di tutti celebrò le lodi del Dio ottimo e sapient
le lodi del Dio ottimo e sapientissimo il tragico Eschilo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momen
lo, talchè si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filosofia si valse di
si più dire egli rappresenti la fede greca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filosofia si valse di questo conc
rischi tempi, facendo di Zeus l’ anima dell’ universo e ornandolo dei più contrari attributi: così presso gli Stoici e gli
templi dedicati a questa divinità in tutta la Grecia. Ma il monumento più grandioso e degno di ammirazione era la statua fa
idia parve non abbastanza interessante; si desiderava un’ espressione più spirituale e si cercava ottener cui con maggior f
i con maggior finitezza di particolari. Un notevole esempio di questo più recente ideale è il busto marmoreo del Museo Pio
à della donna che serba costante fede al marito trovava in lei la sua più alta espressione. Quindi essa era considerata com
ettrice del matrimonio, anche il culto naturalmente si allargò sempre più . Da tempo antichissimo era essa venerata in Beozi
n), edificato verso il 423 av. C. tra Argo e Micene. Ivi trovavasi la più bella e preziosa statua della Dea, fatta da Polic
reziosa statua della Dea, fatta da Policleto di Sicione, artista poco più giovane di Fidia, statua crisoelefantina, in oro
res, Dio, come vedremo, della guerra brutale, essa ispira i movimenti più ragionevoli e i più accorti stratagemmi di guerra
mo, della guerra brutale, essa ispira i movimenti più ragionevoli e i più accorti stratagemmi di guerra. Omero ce la descri
città, stato); essa favorisce la coltura, inventa per l’ uomo le cose più utili alla vita, l’ aratro, il telaio, ecc., e in
el mare, avendone Zeus assegnata la signoria a chi le facesse il dono più utile. Ora Posidone le aveva donato il cavallo, m
lle tre Divinità, Atena Polias, Posidone e Pandroso. Il Partenone, il più grande fra gli edifizi dell’ Acropoli ateniese, i
e la statua della dea posta in fondo alla cella; statua di cui diremo più sotto. La venerazione delle genti Attiche per Ate
erchè cominciavano il 19 del mese, che era il 5º giorno dagli Idi. La più solenne era la festa del Marzo a cui prendevan pa
lla Dea nell’ arte del ricamo fu da lei punita e mutata in ragno. Ben più numerose le rappresentazioni relative a Minerva n
resentazioni relative a Minerva nei monumenti figurati. Fin dai tempi più antichi, prima che si usassero statue di bronzo o
e atteggiamento guerriero. Tali immagini si vestivano con paludamenti più o men ricchi e si conservavano con religiosa vene
nemici esterni, e li chiamavano Palladii, favoleggiando anche per lo più che fossero venuti giù dal cielo. È noto che i Tr
, ed appariva visibile fin dal promontorio Sunio. — Questi capolavori più non esistono; ma dell’ Atena Parteno abbiamo dell
a statuetta alta un metro, trovata nel 1880 ad Atene. Altre risentono più o meno dell’ influenza dell’ opera fidiana, ad es
io. La fig. 13 è riproduzione di una statua del Museo Capitolino; non più l’ elmo attico tondo, ma l’ elmo corinzio, l’ egi
genda di Oreste offre un bellissimo esempio. E poichè tra le cose che più calmano lo spirito e gli infondono una tranquilla
ll’ età mitica, come Orfeo e Lino, furono detti suoi figliuoli. Ma la più grande importanza presso tutte le stirpi greche e
. Ma la più grande importanza presso tutte le stirpi greche e fino ai più tardi tempi l’ acquistò Apollo per l’ attribuitog
olofone, un altro presso Mileto, altri nella Troade, nella Licia e in più luoghi del continente ellenico; ma il più celebre
la Troade, nella Licia e in più luoghi del continente ellenico; ma il più celebre senza contrasto era l’ oracolo di Delfo.
ccasione d’ una grave epidemia. E da allora si estese il culto sempre più . Al tempo della guerra annibalica, e precisamente
in onore d’ Apollo (ludi Apollinares) a imitazione dei giochi pitici. Più tardi un vero slancio ebbe il culto Apollineo per
compagna la direzione della mano » ( Gentile, p. 130-1). Ma la statua più celebre d’ Apollo è il così detto Apollo di Belve
avere il Dio vittorioso8. I simboli di Apollo sono per lo più l’ arco e le saette, riferentisi al dio solare ch
trice della giustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di Leto (Lato
nome di Ortia (Orthia), veniva placata in antico con sacrifici umani; più tardi quando questi furono aboliti, a Sparta si c
iamata Diana Nemorensis; un altro sul monte Algido presso Tuscolo; ma più celebre di tutti fu il tempio eretto da Servio Tu
cio in onor di Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con Artemide, il culto di
ra ricordano Artemide e le leggende che vi si riferiscono. Ma le lodi più belle, più sentite di Diana furono scritte dai La
o Artemide e le leggende che vi si riferiscono. Ma le lodi più belle, più sentite di Diana furono scritte dai Latini. Il 34
salutata « signora dei monti, delle verdeggianti selve, delle strade più riposte e dei fragorosi torrenti »; da lei si ric
Orazio ha tra le sue odi degl’ inni a Diana; dove però essa è per lo più congiunta con Apollo e anche con Latona, come nel
nei rapporti guerreschi, Ares compiacevasi della guerra nel suo lato più brutale, come strage e spargimento di sangue. Sec
stesso Zeus lo aveva in odio. Egli, secondo canta Omero, non d’ altro più compiacevasi che del selvaggio grido di guerra; a
a bellicosa Roma, Marte divenne dio guerriero, e diventò anche il dio più ragguardevole dello stato, dopo Giove. Numa istit
punto ai Salii, che erano dodici di numero, persone appartenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel mes
i Cesare. 4. L’ Iliade e l’ Odissea son l’ opere dove s’ incontra una più viva rappresentazione del dio Ares. V’ è ben tra
ci un inno dove Ares è invocato come un dio che pugna per cause della più alta importanza, è chiamato protettore dell’ Olim
vi è rappresentato in atto di riposo dopo la battaglia, ed ha aspetto più dolce del consueto; sotto il destro ginocchio sch
sviluppo dell’ arte e della civiltà. Non farà meraviglia che fin dai più antichi tempi questo elemento fosse divinizzato,
noto, chiamavano questo dio Vulcano (Vulcanus), o secondo una grafia più antica, Volcanus, o anche Mulcibero (Mulciber), c
n età matura e nella pienezza delle sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien conto del difetto di esser zoppo; la
cizia, benefici entrambi all’ umanità, Apollo rappresentante del lato più alto dell’ intelligenza, Ermes del senno e della
tutto il messaggiero degli Dei e l’ esecutore dei loro ordini. Veloce più del vento, co’ suoi alati calzari narravasi che p
rlo a subita partenza da Cartagine. Già abbiamo ricordato l’ incarico più difficile datogli da Zeus di uccidere Argo dai ce
uno era il manico, gli altri due si raccoglievano in nodo sul primo; più tardi si trasformò in una bacchetta, con due serp
brava una festa agli idi di Maggio in onor di lui e della madre Maia. Più tardi Mercurio si identificò con Ermes, ma si avv
si figurava come un uomo nel pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di figurarlo nel fiore del
. 25 riproduce l’ intiera restaurazione, e la fig. 24 ne presenta con più precisione la testa. Il Dio, raffigurato in piene
a riassumersi. Come sposo di Afrodite or si nomina Ares, ora Efesto; più spesso il secondo, torse perchè non mancava di at
sentenza da lui Paride pronunziata, allorquando dovendo scegliere la più bella delle tre dee, Afrodite, Era ed Atena, avev
ice e di Afesibea. Era questa leggenda d’ origine asiatica, e sebbene più volte e in più modi trattata e ampliata dai poeti
ea. Era questa leggenda d’ origine asiatica, e sebbene più volte e in più modi trattata e ampliata dai poeti greci, nondime
orientale, prese possesso primamente delle grandi isole dell’ Egeo, e più di Cipro che si diceva la culla della Dea, e in C
Dea, e in Cipro specialmente delle città di Pafo e Amatunte che erano più in rapporto col Fenici. Da Cipro questo culto si
ammolce, quindi la dea che accarezza l’ uomo e ne seconda le voglie; più tardi si identificò Murcia a Murtea, e si pensò a
ibet) di venisse dea dei morti; spesso nell’ antica mitologia la vita più rigogliosa è messa in qualche rapporto colla mort
e, e anche qui può dirsi che gli estremi si toccano. — A queste forme più antiche del culto latino di Venere se n’ aggiunse
to nel settembre del 708 di R. (46 av. C.). Il culto si diffuse anche più per tutta Italia al tempo dell’ impero, e furono
così bella e cara agli uomini ispirarono molti antichi poeti, sicchè più volte ne toccarono nelle loro opere. Oltre l’ inn
ofi Parmenide ed Empedocle, dopo loro i tragici Eschilo ed Euripide e più altri. Bellissima l’ invocazione a Venus Genetrix
fu presa a rappresentare dagli artisti antichi, offrendo un tema dei più attraenti la perfetta bellezza femminile congiunt
tema dei più attraenti la perfetta bellezza femminile congiunta colla più squisita grazia. Da principio si soleva rappresen
ene, opera dello scultore Calamide, contemporaneo di Fidia. La scuola più giovane preferì rappresentare Venere in tutta la
ccia, è sempre un gran bel lavoro, in cui tu non sai se debba ammirar più l’ espressione stupenda della testa o la incantev
amiglia; venerata insieme cogli Dei Penati, del quali riparleremo. Ma più di tutto la Vesta dei Romani fu oggetto di venera
Romani fu oggetto di venerazione come dea protettrice dello Stato. Il più antico tempio di lei, che si credeva fondato da N
dovevano restar trent’ anni addette al servizio divino mantenendo la più illibata castità; dopo potevano tornare alla vita
vinità, doveva essere preceduta da una preghiera a Giano. Tra i fatti più notevoli della vita pubblica era l’ uscita di un
no per sacri a Giano quegli archi che erano nelle vie o nei crocicchi più frequentati e avevano due o più porte. Questi era
i che erano nelle vie o nei crocicchi più frequentati e avevano due o più porte. Questi erano sempre adorni colla statua de
ù porte. Questi erano sempre adorni colla statua del Dio. Tra essi il più antico e il più importante era quelle situato su
erano sempre adorni colla statua del Dio. Tra essi il più antico e il più importante era quelle situato su quella frequenta
questa sia stata un’ invenzione degli artisti romani; anzi i Greci in più casi avevano ricorso a una simile immagine, per e
e cose Greche. Dapprima si foggiavano le due faccie barbute entrambe; più tardi si usò anche accoppiare una faccia barbuta
sore e ornato delle spoglie Sannitiche e del primo orologio a sole. —  Più tardi Quirino venne a confondersi con Romolo, il
ovesse di notte tornare a oriente per rinascere il giorno successivo; più tardi si favoleggiò ch’ egli durante la notte nav
le; egli è colui che tutto vede e ascolta; colla sua luce penetra nei più segreti luoghi, discopre quel che è nascosto e ca
Arcadia, sul monte Taigeto tra la Laconia e la Messenia, in Elide, e più di tutto nell’ isola di Rodi, dove si celebrava c
articolari, vivacità di colorito, armonia di verso. L’ arte statuaria più volte ricorse alla figura del Sole e del suo carr
ol lungo abito proprio del cocchiere, e la testa coronata di raggi. —  Più che mai a Rodi si vedevano statue del Sole. Celeb
a da un terremoto. — Anche la caduta di Fetonte trovasi rappresentata più volte nei bassorilievi, specialmente di sarcofagi
erra in forma di rugiada. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe, non più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, co
dalle dita rosee, dal manto d’ oro, è descritta spesso dai poeti, ma più come fenomeno nattirale che come dea. Tale ad es.
la cui comparsa annunziava la stagione canicolare, ossia la stagione più calda dell’ anno. 3. Anche la costellazione delle
Son sette stelle in tutto, le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia, quella che a Zeu
in tutto, le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia, quella che a Zeus diede un figlio
e i quattro venti principali erano detti figli di Eos e di Astreo. Il più temuto era Borea od Aquilone, il vento nord, il c
e Dio benefico. — Infine Euro, detto anche Vulturnus, vento di est, o più precisamente di sud-est, spirava solitamente al s
llo Pegaso, detta perciò la fonte del cavallo, Ippucrene, addita vasi più su, verso la cima del monte. Anche il monte Parna
nelle opere d’ arti, specialmente nelle pitture vascolari. Nei tempi più antichi compaiono sempre come un coro; solo più t
vascolari. Nei tempi più antichi compaiono sempre come un coro; solo più tardi a ognuna delle nove Muse (giacchè nove è il
ro; solo più tardi a ognuna delle nove Muse (giacchè nove è il numero più frequente, ma non mancano località e leggende in
natura sì nei costumi e nella vita degli uomini. Secondo la leggenda più comune, eran tre di numero, e si chiamavano Aglai
dine. Musica, eloquenza, poesia, arti dalle Cariti ricevevano la loro più alta consecrazione, e da loro pure derivavano la
Muse, in compagnia delle quali solevano cantare e danzare; ma per lo più eran dette formare il corteo di Afrodite. 2. Pres
i; talvolta anche con strumenti musicali o con dadi da giuoco; per lo più si figuravano con mani e braccia a vicenda grazio
Il gruppo delle tre Grazie in grazioso abbraccio unite, fu riprodotto più volte e in più atteggiamenti diversi; n’ è esempi
tre Grazie in grazioso abbraccio unite, fu riprodotto più volte e in più atteggiamenti diversi; n’ è esempio, sebbene molt
o sviluppo dell’ estate e la fruttificazione dell’ autunno; ma i nomi più comunemente accolti eran quelli dati da Esiodo, E
lendo in questa forma di leggenda il concetto morale di queste Deità. Più tardi, nell’ età ellenistica e romana, identifica
tà. Più tardi, nell’ età ellenistica e romana, identificandosi sempre più le Ore colle stagioni dell’ anno, se ne portò il
l Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i più bei monumenti eretti dalla dinastia dei Flavii. 3
in intima relazione con Pallade Atena, che dopo Zeus rappresentava la più alta potenza; infatti Atena stessa era venerata d
la Vittoria senz’ ali, così immaginata coll’ idea che non potesse mai più abbandonare Atene). In genere poi Niche divenne f
a porta Collina; altri ne istituì Cesare dopo la vittoria di Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua di bronzo erett
ni che la volevano rimuovere. 3. L’ arte greca e romana soleva per lo più rappresentare la Vittoria alata con un ramo di pa
do, penetra anche nelle profondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvolta d
restare i loro servigi ai membri maschi della famiglia e agli ospiti. Più tardi, assunto Ganimede all’ ufficio di coppiere
sunto in cielo, reso immortale e adibito all’ ufficio che s’ è detto. Più tardi si favoleggiò che Giove avesse mandato l’ a
in aquila, per rapire egli stesso l’ amato garzone. 2. I poeti greci più volte ricordano il mito di Ganimede, segnatamente
ve si trasformi in aquila per rapire l’ amato giovane. L’ arte antica più volte trattò questo terna. Celebre era il gruppo
ppur Zeus può sottrarsi; con che si veniva a indicar l’ amore come la più forte e temibile potenza della natura. — Come Dio
spia ogni quattr’ anni avevano luogo feste, le Erotidie, che erano le più importanti della Beozia, con certami ginnastici e
e personificazioni allegoriche e non furono oggetto di vero culto. Il più notevole è l’ ultimo che si diceva figlio di Afro
. La natura dei sentimenti d’ amore non poteva essere significata con più grazia. 3. Presso i Romani il dio d’ Amore chiama
Dio, e persino i filosofi ricamarono intorno al mito di Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il Simposio di Plat
oro più belle teorie; basti ricordare il Simposio di Platone. Fino ai più tardi tempi della poesia e dell’ arte ellenistica
re ed ella rimane colla sua desolazione. Allora cominciano per lei le più crudeli ansie; cerca invano per tutta la terra il
i Dei; lo sdegno di Venere non è ancora ammansito, ella la obbliga ai più duri servigi, che la povera Psiche non sarebbe in
el secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue di tutta l’ antichità. L’ imperatore
atue o statuette d’ Eros esistono ancora, di scalpello antico. Tra le più notevoli è il torso che si trova nella Galleria d
o rappresentava come un bel giovane, qualchevolta alato come Eros, ma più grande e più serio. Suo attributo cos tante la fi
va come un bel giovane, qualchevolta alato come Eros, ma più grande e più serio. Suo attributo cos tante la fiaccola nuzial
ithyia) era presso i Greci la Dea del parto. Nell’ Iliade si parla di più Ilizie, e son dette figlie di Era, e rappresentan
izie, e son dette figlie di Era, e rappresentano le doglie del parto. Più comunemente Ilizia figura come una sola, e vien m
. Asclepio divenne così benefattore dell’ umanità; ma volle anche far più del dover suo, volle anche risuscitare un morto;
2. Asclepio era oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il sito più celebre era Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un
one. Si curavano con atti chirurgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la recitazione di formole magiche e co
Esculapio, aiutata dalla superstizione e dai pregiudizi, durò fino ai più tardi tempi del Paganesimo, e ancor nelle età già
ziona solo una Moira, ma già Esiodo espone nella Teogonia la leggenda più comune, secondo la quale le Moire erano tre, figl
, Nona e Decuma, dette così dagli ultimi mesi della gestazione; a cui più tardi se n’ aggiunse una terza, Morta come dea de
nell’ Attica, dove la si diceva figlia dell’ Oceano e madre di Elena; più Nemesi, in figura di demoni alati, si veneravano
si. 2. Tiche (Tyche), la dea della buona fortuna, secondo la leggenda più comune, era figlia dell’ Oceano e di Teti (Tethys
festa annua che ricorreva il 24 Giugno. Questo culto si estese sempre più in seguito e la Fortuna fu onorata con più epitet
sto culto si estese sempre più in seguito e la Fortuna fu onorata con più epiteti, o riferentisi alla vita pubblica, come F
rappresentazione della Fortuna. Varii attributi le si assegnavano; il più importante era un timone che la contraddistinguev
mare. I. L’ Oceano e la sua stirpe. 1. Nella teogonia greca, il più antico Dio dell’ acque era l’ Oceano. Egli con Te
o dell’ acque era l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la coppia più antica di Titani, come già si disse (pag. 11), e
ore e un culto esteso a molte località; primo di tutti l’ Acheloo, il più grande dei fiumi greci, detto perciò il re dei fi
nforme alla natura dell’ elemento loro, avevano il dono di mutarsi in più guise, e per solito avevano anche la virtù della
di uomini, colla barba fluente e due piccole corna in fronte; per lo più appoggiati a un’ urna da cui esce abbondevole cor
Nereidi, o figlie di Nereo, e dell’ Oceanina Doride erano, secondo i più antichi, cinquanta di numero, secondo leggende po
un oracolo aveva predetto che il figlio nato da lei sarebbe divenuto più grande del padre. Sia ricordata anche la bianca G
veniva in arte rappresentato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o di tridende. Più frequenti le
vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o di tridende. Più frequenti le rappresentazioni delle Nereidi, e co
te ne’ monumenti figurati, sopratutto nelle pitture vascolari. Per lo più son poste a cavallo di delfini e tritoni e altri
formando gruppi diversi, in diversi atteggiamenti. Un marmo, forse il più importante, che rappresenta una Nereide su un cav
la tempesta. In Esiodo se ne nominano due, Aello e Ocipete (Ocypete), più comunemente se ne noverano tre o anche più. Il vi
Aello e Ocipete (Ocypete), più comunemente se ne noverano tre o anche più . Il virgiliano: Virginei volucrum vultus, foedis
ni Pie ’ con artigli e pennuto il gran ventre, 34 costituiscono la più viva pittura poetica di questi esseri mostruosi.
dei Ciclope Polifemo. III. Posidone-Nettuno. 1. La personalità più spiccata nel regno delle acque, il vero Dio e re
ano per fondatore un figlio di Posidone; si raccoutava avesse egli in più luoghi gareggiato con altre divinità per la signo
atrii lidi senza ringraziarlo. Il suo culto era sparso largamente, ma più fioriva nelle terre delle coste e nelle isole. Ne
oni del Peloponneso, fra cui l’ Arcadia. Tra le città della costa, la più celebre pel culto di Posidone era Corinto; in ono
. Per questo rapporto fra il Dio del mare e il cavallo, là dove erano più in pregio i cavalli, ivi il Dio era più venerato;
e e il cavallo, là dove erano più in pregio i cavalli, ivi il Dio era più venerato; quindi negli stadi gli si erigevano alt
pino, o per il suo color verde cupo somigliante al color del mare, o più probabilmente per l’ utilità sua nella fabbricazi
rtanza. Quando poi si identificò Nettuno con Posidone, la qualità che più venne a essere rilevata si fu quella di Dio dei c
e moglie Venilia, cui Virgilio fa madre di Turno re dei Rutuli. 4. La più bella rappresentazione poetica del potere di Nett
n insieme di maestà e di forza; si dava però al volto una espressione più seria, senza quell’ amico sorriso che indica la b
i costanti il tridente e il delfino o qualche altro mostro marino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella c
el Museo Laterano di Roma; corrisponde al tipo che prevalse nei tempi più recenti dell’ arte antica. IV. Anfitrite.
si compiace circondarsi di delfini, cani e altri mostri marini. Solo più tardi venne messa in costante rapporto con Posido
orpo, e in forma di pesce dalla coda biforcuta nella parte inferiore; più tardi vi s’ aggiunse anche il petto e le zampe an
’ opere poetiche dell’ antichità ricorrono assai di frequente, per lo più non si menziona Posidone senza accennare un numer
la aiutò e Carmentis le offrì ospitalità; ond’ ella poi non si mosse più da Roma. 3. La favola d’ Ino molto piacque ai poe
caso della madre sventurata e la felice sorte toccatale di poi, onde più volte la illustrarono; Euripide ne fe’ una traged
Rodi nel Poema degli Argonauti, ma si fè servire il mito a onorare i più rinomati artisti della parola e del canto; così S
erano ammessi solo gli iniziati, e che contribui a mantenere un’ idea più elevata del divino in mezzo alle grossolanità del
uella detta Paganalia in Gennaio, celebrata in ogni pagus o gruppo di più villaggi, con solenni preghiere a Tellus e Ceres
preghiere a Tellus e Ceres per la prosperità della campagna. 3. Già i più antichi poeti, Omero, Esiodo fanno cenno di di Ge
raffigurante Gea in atto di presentare suo figlio Erittonio ad Atena. Più tardi si rappresentava come una donna distesa al
icato nel 563/191 poco lungi da quello di Apollo Palatino, tempio che più volte fu distrutto e ricostruito, tra gli altri d
va tibia mentis 42 . Le rappresentazioni figurate sono rare; tra le più . note è quella che si riferisce all’ introduzione
ostante di questa Divinità. III. Dioniso-Bacco. 1. Uno fra i più importanti Dei terrestri fu pei Greci antichi Dio
antichi Dioniso. Era il dio del vino e della viticoltura, ma in senso più generale rappresentava quell’ energia della natur
a agli uomini a lavorar la terra, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e più li
a, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e più lieta. — Una bella leggenda, adat
ittà, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e più lieta. — Una bella leggenda, adatta a far vedere
Zeus ed ebbe accorciata la vita, come in Omero si narra, ovvero, come più tardi si favoleggiava, impazzì e colla propria ac
ido per veder se ancor si scorgeva la nave di Teseo, levo al cielo le più strazianti querele, ma tutto fu inutile. Or ecco,
divorarono, ma Era ne portò il cuore a Zeus, e questi lo inghiotti, e più tardi diè alla luce un altro Dioniso, il Tebano,
e e nell’ Asia Minore; celebravasi con leste rumorose ed orgiastiche, più o meno selvaggiamente secondo i luoghi e l’ indol
meno selvaggiamente secondo i luoghi e l’ indole della gente. Per lo più le feste avevau luogo ogni due anni (secondo il c
la primavera per gli Ateniesi e si celebrava con grande pompa. Durava più giorni e attirava una grande folla dai paesi vici
e romoroso ed orgiastico che il culto di Dioniso ebbe in Grecia. Solo più tardi, per l’ influenza greca s’ introdussoro in
a noi giunti contengono rappresentazioni figurate di Dioniso. L’ arte più antica soleva presentarlo con aspetto maestoso se
ì detto Sardanapalo in Vaticano (fig. 55), un bel saggio di tal tipo. Più tardi si prese a dare alla figura di Dioniso un a
con una folta chioma, tutta a riccioli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul corp
coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia di Dioniso, per lo più leoni e pantere; oltre queste erano sacri a quest
oro. Tra le figure che appaiono nelle leggende bacchiche, la più frequentemente riprodotta dagli artisti era Arian
immaginate come belle e graziose donzelle, che si dicevano abitare nè più ameni boschetti, alle fonti dei ruscelli, nell’ o
l’ ombrose foreste montane, nell’ isole deserte, in genere nei luoghi più belli e dove la natura è più rigogliosa. Quivi pa
ell’ isole deserte, in genere nei luoghi più belli e dove la natura è più rigogliosa. Quivi passavano la vita deliziosament
, abitatrici dei monti, delle valli, dei burroni. Se ne distinguevano più famiglie secondo i luoghi, come le Idee in Creta,
le Peliadi sul monte Pelio, le Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personifi
perne di lei; ond’ essa, consumata dal dolore, si ridusse a non esser più altro che voce. Ma Narciso fu punito da Afrodite,
acqua, dove lo spirito della natura sembrava manifestarsi nelle forme più mirabili della sua attività. In certi punti si er
vivavano colla presenza delle ninfe. Le leggenda di Dafni è ricordata più d’ una volta da Teocrito ne’ suoi idillii, e diè
ica spesso rappresentò ninfe, in figura di graziose fanciulle, per lo più leggermente vestite, e ornate di flori e corone.
Dei ed Eroi celebrati dall’ Epopea e dalla Tragedia, rilevando i fati più comici delle loro leggende o quelli che più facil
ragedia, rilevando i fati più comici delle loro leggende o quelli che più facilmente si potevano volgere a riso. Il Ciclope
ro altresi nella età alessandrina, per es., da Timone di Fliunte, non più in verità per rappresentarli ma semplicemente per
iri sia dai Greci sia dai Latini; questi ultimi li designavano per lo più coll’ epiteto « capripedi » alludendo ai piedi di
mia, qualunque scena bacchica importava un certo numero di Satiri ne’ più svariati atteggiamenti. Un antico erano rappresen
cie per opera della giovane scuola attica, prevalse un tipo di Satiri più giovani e più belli. Ora si raffiguravano come oc
della giovane scuola attica, prevalse un tipo di Satiri più giovani e più belli. Ora si raffiguravano come occupati in eser
so bambino e lo allevò e divenne poi fedele compagno de’ suoi viaggi. Più tardi lo si immaginò come un vecchio dal naso rin
ri eran genii dei boschi e dei monti, i Sileni, di cui parlano per lo più le leggende asiatiche, erano genii dell’ acqua ch
chito. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze
ui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e questa passione l
e e degli animali e il diluvio di Deucalione e il furto di Prometeo e più altre leggende della Mitologia. — I racconti di M
de della Mitologia. — I racconti di Marsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma poetica da Ovidio, il quale discorre
nella statua del Louvre qui riprodotta alla fig. 63. L’ altro tipo è più frequente e allora il Sileno, come altre figure d
e dell’ Arcadia e da altre popolazioni dedite alla pastorizia, ma che più tardi fu riconosciuto da tutta la nazione ellenic
lamento armonioso che usciva da esse suggeri al Dio l’ idea di unire più canne digradanti e formarne così uno strumeuto mu
con ogni maniera di voci strane e rumori inaspettati. Di qui si formò più tardi la leggenda, che Pane avesse molto aiutato
ta, i Titani erano stati invasi da un così grande terrore da non osar più continuare la pugna. Come tutti i genii dei bosch
a Gran Madre, dolce cura delle Cariti. Inni a Pane si scrissero anche più tardi, seguendo il nuovo concetto delle scuole fi
li intorno intorno. Nell’ arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei migliori t
arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’ arte greca Pane
salvo che s’ aggiungevano le corna nascenti ai due lati della fronte. Più tardi lo si figurò con corna più sviluppate, lung
a nascenti ai due lati della fronte. Più tardi lo si figurò con corna più sviluppate, lunga barba e piedi caprini. Esempio
ompagno. c) Fauno e Fauna. 1. Affine a Silvano è Fauno, uno dei più antichi e popolari Dei d’ Italia. Più tardi fu id
fine a Silvano è Fauno, uno dei più antichi e popolari Dei d’ Italia. Più tardi fu identificato con Pane e fatto venire in
omini. 2. Fauno era oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo più lo si onorava nell’ aperta campagna o in caverne
II. Priapo. Era il Dio della generazione, e in genere il Dio della più rigogliosa fertilità in tutta la Natura. In origi
dei Romani; e prima ricordiamo la coppia Saturno e Opi, che è tra le più antiche e popolari in Italia. Saturno era il dio
onava a ogni sorta di scherzi e si permetteva ogni licenza. Il giorno più bello della festa era il 19 Dicembre, particolarm
hiunque si presentasse nelle loro case, e andavano a gara per usare i più splendidi trattamenti ai loro ospiti. S’ aggiunge
giochi del Circo. Insomma era tutta una festa di gioia per la città e più specialmente per le classi diseredate. 3. Nella l
almente per le classi diseredate. 3. Nella letteratura Saturno figura più come il padre di Giove da lui cacciato dal trono
e in autunno maturano. Gli si attribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerrier
api e l’ agricoltura. Poi anche il florire della giovinezza e l’ età più gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza, era s
i epiteti « grande, veneranda, canuta, longeva » ecc. ma chi ne parla più a lungo è Ovidio nel quarto dei Fasti ove spiega
e l’ abbia rappresentata. X. Demetra-Cerere. 1. Ed eccoci alla più grande delle divinità greco-italiche riferentisi
le sacre leggende che si connettono col nome di questa Dea, nessuna è più conosciuta e più importante per capire il culto d
che si connettono col nome di questa Dea, nessuna è più conosciuta e più importante per capire il culto di lei, che il rat
nine sollazzavasi in un verde prato ed era tutta intenta a cogliere i più bei flori; in un momento ch’ ella erasi scostata
n sapeva che cosa fosse accaduto. Poichè vide ch’ ella non rispondeva più alla sua chiamata, e nessuno sapeva darle notizie
gustato il melograno, simbolo d’ amore, datogli da Ades e non poteva più tornare definitivamente alla madre. Finalmente si
ofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la regina stessa sentivasi inclin
e l’ agricoltura diffoudeva pure un migliore assetto della società, e più civili ordinamenti. Non però da tutti tu accolto
ntazioni mimiche dei fatti relativi a Demetra e Persefone; il momento più splendido della festa era la grande processione c
per la connessione di Demetra colle divinità ctoniche, prese fin dai più antichi tempi la forma di mister o, cioè di culto
semplici misti (mystae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su di tutti era il ierofante o sacerdote supre
a, nella quale penetrarono presto gli elementi orfici, trasse a sè le più elette intelligenze, e il tempio di Eleusi divenn
alvolta un giovenco, e le si offrivano frutta e favi col miele. 4. La più bella e antica rappresentazione letteraria di Dem
ico a questa Divinità, inno di grande interesse perche rappresenta le più antiche tradizioni del culto eleusinio in una red
à del tutto compiuta. L’ Elena d’ Euripide invece riflette tradizioni più recenti, secondo le quali Demetra e Rea erano ins
nni orfici ove del ratto di Proserpina si parla secondo le tradizioni più recenti. Del resto in molti altri autori si trova
ha una fiaccola e una scatola chiusa, la così detta cista mistica. La più antica statua che ancor oggi si possiede, è quell
Eleusi, rappresentante Trittolemo tra le due dee (fig. 66). A un tipo più recente, del 4º secolo, appartiene la bella Demet
ione di quella forza indefettibile della natura, per cui ogni anno la più ricca vegetazione ricomparisce a’ nostri occlii,
standosi dalle idee popolari, circa le ombre de’ morti, apprendessero più sane dottrine intorno alla vita d’ oltre tomba, a
ammettendo che il morire non sia altro che un rinascere dell’ anima a più lieta esistenza, supposto sempre che l’ uomo si r
ome regina dell’ erebo, sia come graziosa figlia di Demetra, ma molto più nelle pitture vascolari e nelle scene a rilievo c
opera, anzi un elmo lo rende invisibile (donde il suo nome); ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra nel
pena fosse scoccata l’ ora sua, per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi quest’ ufficio di psicopompo fu assegnato a
lidegmone. E perchè odiosa è quasi sempre la morte, era detto Ades il più odiato fra tutti gli Dei. — Ma oltre questo aspet
s’ avverta che tale immagine non è sempre stata la stessa. Nell’ età più antica rappresentata dall’ Iliade d’ Omero, l’ in
sse agli occhi dei mortali e degli immortali l’ odiato suo soggiorno. Più tardi invece, nell’ età dell’ Odissea, si colloca
e a poco a poco venne formandosi quell’ immagine dell’ Inferno che è più comunemente nota. Era uno spazio largo e tenebros
e di dolore) e lo Stige (fiume dell’ odio). Quest’ ultimo avvolgevasi più volte intorno all’ Inferno, e non si poteva passa
antiche circa le pene riservate ad alcuni famosi malfattori. Di cui i più noti erano Tizio (Tityos), Tantalo, Sisifo (Sisyp
and’ egli fa l’ atto di bere, e di aver pendenti davanti agli occhi i più saporiti frutti della terra ebe si ritirano appen
per coglierli. Sisifo, re di Corinto, che colla sua astuta malvagità più volte ha destato l’ ira degli Dei, si ha avuto qu
i ed egli le interroga. Una vera descrizione dell’ Inferno comparisce più tardi; lasciando i minori, noi ricorderemo solo l
fu mutilato dal figlio Crono, sicchè il primo delitto di sangue nella più antica famiglia divina si supponeva avesse genera
ce dell’ omicidio), e Megera (l’ odiosa). Furono i poeri tragici elle più contribuirono a svolgere il concetto delle Erinni
to con implacabile severità si mettono alle calcagna dei colpevole, e più non l’ abbandonano; la loro presenza colla faccia
hiarano d’ una sinistra luce i passi di lui, e il tormento suo non ha più line se non quando egli impazzisce e muore. — Sen
Deità infernali avevano un doppio aspetto, uno terribile, e l’ altro più mite e quasi benevolo, così anche le Erinni renue
o sacri i trivii e i crocicchi, ed ella stessa era denominata Trivia. Più tardi, per opera degli Orfici, si modifico il con
o in mare se non fosse stato soccorso da sua madre, la notte. — Ma la più bella descrizione del Sonno e della sua casa legg
nos. Col tempo si modifico questo tipo della morte, prevalendo sempre più l’ idea di raffigurarla come un bel giovane, come
provviste annue a questo necessarie. Tale il concetto primitivo; chè più tardi Dei Penati erano in genere Dei della casa,
olari in questa parte rimasero sempre un po’ indeterminate; ma per lo più appariscono in numero di due. Santuario degli Dei
ta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’ oggiunga che nel punto più riposto del tempio si conservavano le immagini di
ati e Lari vennero onorati alla rinfusa come Dei domestici. Nei tempi più antichi ogni casa aveva un unico Lare, il così de
fermassero a raccogliere quelle fave. Allora il capofamiglia ripeteva più volte un’ altra formola con cui invitava le ombre
ontrapposto ai Lari privati. Anche è da notare che si accentuò sempre più la tendenza a identificare i Lari con le anime di
vivente ancora Augusto, il suo genio fu detto il Lare pubblico. Tanto più crebbe questa tendenza nell’ età imperiale, esten
e Orfeo, Abramo, Cristo, Apollonio di Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi di Grecia e di Roma, come V
ria e magnificasse i progenitori della sua stirpe considerandoli come più che uomini. Se si rifletta che non solo si sentiv
i mortali. Niuna meraviglia dunque che la Mitologia Eroica sia ancora più ricca della teologica. 2. Come tra Dei e Genii si
o gli uni e gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supposti più forti, più abili, più coraggiosi e resistenti ai
gli altri soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supposti più forti, più abili, più coraggiosi e resistenti ai pericoli ch
soggetti alla morte; ma gli Eroi erano supposti più forti, più abili, più coraggiosi e resistenti ai pericoli che non sogli
già che si annoverassero tra gli Eroi tutti i primi uomini, ma solo i più forti delle età preistoriche, quelli che si rende
fatti di arme straordinarii, tali da attestare doti fisiche e morali più che umane. Costoro erano creduti e detti figli de
ia magnificandola, ma questi son certo il numero minore; altri, molto più numerosi, sono una semplice creazione della fanta
degli Eroi, come si parlava di una religione dei morti; pero non mai più di tanto, salvo per quelli che per essere stati d
igine della stirpe umana? Diverse leggende intorno a questo punto; le più antiche son quelle cho tacevano sorgere gli uomin
si fecero sorgere dai denti seminati di un serpente (l’ animale sacro più d’ ogni altro alla terra); gli abitanti dei luogh
co, con Danae Perseo e via dicendo. Una terza opinione, relativamente più recente, immaginò i prischi uomini formati da qua
ffuse la leggenda che spiegava così la formazione della umana stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di G
e Atena avrebbe spirato in essi il soffio della vita, l’ anima. Ancor più tardi a Prometeo si sostitui una dea Prometea, os
gli Dei. — Tra le leggende relative agli inizi dell’ umana cultura la più nota e anche la più bella è la leggenda di Promet
ggende relative agli inizi dell’ umana cultura la più nota e anche la più bella è la leggenda di Prometeo. Dal Titano Giape
na bella figura di donna; gli Dei andarono a gara per adornarla delle più graziose attrattive, Afrodite le diè il fascino d
col simbolo di una farfalla posta da Atena sulla testa della figura. Più vivace era la leggenda di Prometeo rapitore del f
el fuoco, la punizione di Prometeo, e la sua liberazione. Sebbene noi più non abbiamo che la seconda tragedia, il Prometeo
delle umane età leggesi in molti autori, diversamente riferito, e con più o meno compiuta enumerazione; qui ricordiamo solt
. Tessaglia. a) Lapiti e Centauri. 1. Tra le leggende tessale più antiche e a cui più spesso s’ ispirarono gli arti
Lapiti e Centauri. 1. Tra le leggende tessale più antiche e a cui più spesso s’ ispirarono gli artisti, va annoverata q
violenza la sposa; ciò dà luogo a una zuffa che diventa a mano a mano più fiera, infin che i Centauri completamente sconfit
ille, cui egli avrebbe ammaestrato nella medicina e nella ginnastica. Più tardi lo si fece educatore anche di altri e altri
terribile zuffa, entrando in molti particolari di nomi e di fatti. —  Più numerose sono le rappresentazioni figurate di que
ntazioni figurate di questo mito. E qui si avverta che mentre l’ arte più antica rappresentava i Centauri colla faccia d’ u
i di cavallo, si cominciò ai tempi di Fidia a immaginare quella forma più bella che poi venne universalmente adottata, la q
ono due Centauri in marino scuro del Museo Capitolino, l’ uno di tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere di due celebr
arino scuro del Museo Capitolino, l’ uno di tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere di due celebri scultori, Aristea e
specialmente per la bellezza de’ suoi cavalli; Apollo stesso li aveva più volte abbeverati alla celebre fonte Iperea presso
volte abbeverati alla celebre fonte Iperea presso Fere. 2. Admeto fu più volte argomento di lavori poetici in Grecia; ma i
. 2. Admeto fu più volte argomento di lavori poetici in Grecia; ma il più bel monumento innalzato a celebrare la fortuna di
oica sposa; il suo distacco dal marito e dai figli non potrebbe esser più commovente; sopraggiunge Eracle, chè tal leggenda
II. Beozia e Tebe. a) Cadmo. 1. Tra le leggende tebane la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era co
seguitala, ove si fermò, ivi fondò la città detta da lui Cadmea, che più tardi fu Tebe. Ma una pericolosa avventura ivi at
ano, venerato dai Tebani come l’ ordinatore loro e il promotore della più antica cultura in Beozia. 2. Il mito di Cadmo, ol
di Penteo; e già s’ è toccata anche la sorte toccata al figlio della più vecchia Autonoe, cioè Atteone, mutato in cerva e
o Antiope non solo viveva come schiava in casa dello zio, ma subiva i più duri maltrattamenti per opera di Dirce moglie di
ile d’ animo, cultore della musica e della poesia, proraotore di ogni più fina arte. Si mostrò questa differenza anche nell
ra appunto attribuita al loro governo. Zeto stesso portava a spalle i più pesanti massi, più forte di qualsiasi manovale; m
ta al loro governo. Zeto stesso portava a spalle i più pesanti massi, più forte di qualsiasi manovale; ma Anfione al suono
a madre fortunatissima. Ma da questa felicità dovevano piombare nella più crudele delle sventure. Niobe insuperbitasi della
monte Sipilo in Frigia, dove ancor non cessa di versar lagrime. — Non più felice ne’ suoi rapporti domestici fu Zeto. Egli
lo, presso i tragici Iti (Itys). Gelosa di Antiope che n’ aveva tanti più , concepì il malvagio disegno di uccidere nottetem
ntre Antiope raggiante di gioia per la vendetta che si compie è posta più dietro. Sul davanti un piccolo Dio montanino cont
ia delle linee; il raggruppamento delle figure in forma piramidale dà più vivacità all’ azione e insiem soddisfa l’ occhio
ifo, figlio del tessalo Eolo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadagno fra gli uomini; allusione proba
lizia riuscì a legare la morte stessa con si stretti nodi che nessuno più moriva, onde dovette ricorrere Ares per liberarla
nare in vita per castigar la moglie; ma una volta vivo egli non volle più scendere all’ altro mondo e morì poi ben più tard
olta vivo egli non volle più scendere all’ altro mondo e morì poi ben più tardi di morte naturale. Per tutte queste ghermin
nsare al sole che dopo aver raggiunto al solstizio d’ estate il punto più alto che esso può toccare del cielo, si volge e r
Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una delle più trattate dai greci scultori. Le solevano rapprese
nti fanciulle, somiglianti ad Artemide o alle sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre di bipenne e di sc
esila, per desiderio di quei d’ Efeso, fecero a gara chi scolpisse la più bella Amazone. Vinse Policleto con una statua di
el Vaticano e altri altrove. IV. Argo. a) Io. 1. La più illustre famiglia Argiva si volera discendesse da
aco, propriamente il Dio del fiume omonimo, che era il corso d’ acqua più importante della regione. Di Inaco si diceva figl
n celebre di lui era Io, la cui storia antichissima fornì argomento a più e diversi racconti di poeti e mitografi. Eccola i
odo il mito nel suo insieme già leggesi in Esiodo; poi ne fè cenno in più tragedie Eschilo, e, dopo molti altri, Ovidio ne
ie Eschilo, e, dopo molti altri, Ovidio ne trasse argomento a uno de’ più commoventi episodi delle Metamorfosi (libro I, 58
Metamorfosi (libro I, 582-750). Anche le arti del disegno trattarono più volte questo soggetto; gemme, monete, pitture vas
Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gli elementi più antichi fossero d’ origine argiva e che solo più
ere che gli elementi più antichi fossero d’ origine argiva e che solo più tardi si sieno escogitate quelle parti della favo
’ oro, e così fè sua Danae e con lei genero Perseo, che Omero dice il più ragguardevole fra tutti gli uomini. Quando Acrisi
al ritorno, dierono occasione a molte altre invenzioni e leggende. La più celebre è la avventura relativa ad Andromeda. Era
a di umiltà e di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno dei più bei canti di Simonide 49. A tacer d’ altri, sia a
etope del tempio di Selinunte, rappresentante l’ uccisione di Medusa. Più tardi si moltiplicarono simili rappresentazioni;
tano due momenti nella storia di questa rappresentazione artistica. I più antichi si ingegnavano di dare alla testa di Medu
Rondanini a Roma. V. Laconia e Messenia. I Dioscuri. 1. Le più antiche leggende delle provincie meridionali del
degli altri due. Tindareo e Icario si ritenevano come i fondatori del più antico stato in Laconia; e poi favoleggiavasi che
camente Polycleuces) e delle due celebri donne Clitennestra ed Elena. Più tardi Tindareo fu restituito per opera d’ Ercole
e anche Clitennestra erano figli di Tindareo, detti perciò Tindaridi. Più tardi si fecero Castore e Polluce figli di Zeus e
si fecero Castore e Polluce figli di Zeus e però si dissero Dioscuri; più tardi ancora Castore si disse mortale e figlio di
to di grande venerazione non solo in Isparta ma in tutta la Grecia, e più tardi anche in Italia. Si consideravano come divi
nvitato anche il poeta, ecco giungono al palazzo due giovani di forme più che umane, sparsi di polvere e grondanti di sudor
tti quelli che con lui si trovavano. E siccome que’ giovani non furon più visti alla porta, tutti capirono che eran essi i
montato da una stella. I colossi di Monte Cavallo a Roma, sono tra le più celebri statue antiche di Dioscuri; veramente non
ivano l’ origine loro e i primi inizii della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche di Cecrope, come di Cadmo, si fa
ominciamento della dominazione ionica. La leggenda attica posteriore, più complicata dell’ antica, conosceva anche un secon
l sesto e nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli di tutta l’ opera. Anche diverse pitture va
c) Teseo. 1. La tarda tradizione attica, rinnovando i nomi dei più antichi re, faceva il secondo Eretteo padre oltre
ttica menzionati come una corporazione d’ artefici. 2. Venendo a dire più particolarmente di Teseo, l’ eroe più celebre e c
d’ artefici. 2. Venendo a dire più particolarmente di Teseo, l’ eroe più celebre e come a dire l’ Eracle dell’ Attica, è d
padre incontestato signore di Atene. Qui è da collocare la spedizione più pericolosa e più importante, che è quella contro
o signore di Atene. Qui è da collocare la spedizione più pericolosa e più importante, che è quella contro il Minotauro a Cr
a virtù di ritenere come incollati quelli che si posavan su. Teseo fu più tardi liberato per opera di Eracle come si vedrà.
fonte, suo figlio natogli da Fedra, riuscì a ottenere la successione. Più tardi le ossa di Teseo furono, per ordine dell’ o
attasse d’ una figura storica in tutti i suoi particolari, scrisse in più tardi tempi Plutarco. Tra i Latini ricordiamo Cat
lla leggenda di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto di corpo e più vivace d’ aspetto, le note
In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto di corpo e più vivace d’ aspetto, le note che contraddistinguono
s’ avvicina a si leggiadro animale e prima con qualche timore poi con più confidenza scherza con lui; egli posa il fianco s
governo, Deucalione, Glauco e Androgeo e alcune figliuole, di cui le più celebri furono Arianna (Ariadne) e Fedra. Minosse
aie, precipitò in quel mare che da lui ebbe il nome di Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giunse a Cuma e di là in
in quel mare che da lui ebbe il nome di Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giunse a Cuma e di là in Sicilia, dov’
a una complicazione grandissima. Noi dobbiamo limitarci ad esporre le più importanti, disponendole secondo i momenti princi
nezza di Eracle. — Questa parte del racconto è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle era detto discendente di Perseo
più in Beozia. Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena,
ce i due gemelli, detto ira gli Dei che sarebbe nato allora allora il più forte dei Persidi, il quale sarebbe stato signore
r soggetti pel decreto di Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte di lui. Non contenta di ciò, quando Eracle
che di Eracle. — Enumeriamo qui le dodici fatiche secondo la leggenda più comune, avvertendo, che alle fatiche prescritte d
tò con un sonaglio di bronzo datogli da Atena, si che non comparirono più . Secondo la leggenda degli Argonauti, fuggirono a
to, ma quando seppe che la fatica era imposta da Euristeo, non voleva più dare ad Eracle il pattuito compenso. Allora Eracl
Cteato sorpresero in una gola quest’ esercito e lo sconfissero. Tanto più inviperito Eracle uccise i Molionidi a Cleone d’
Atlante, una volta che si senti libero dal peso del mondo, non voleva più sottostarvi, e dicendo che avrebbe portato egli s
i pomi ad Euristeo, tento lasciar Eracle nell’ imbarazzo. Ma questi, più scaltro di lui, lo pregò riassumesse il peso tant
cento teste che li custodiva. n) La cattura di Cerbero fu l’ ultima e più grave fatica prescritta da Euristeo ad Eracle. Ai
to figlio di Eurito, lo precipitò giù dalle mura di Tirinto e uccise. Più tardi si favoleggiava che Ifito fosse amico di Er
con lei visse felicemente qualche tempo e n’ ebbe il figliuolo Illo. Più tardi si recò con Deianira dal suo amico Ceice in
invano, s’ era così appiccicata alla carne che levarla non si poteva più . Nella rabbia del dolore afferrò il messo Lico ch
Ebe, da cui ebbe due figli, Alexiare e Aniceto. 2. Tali sono i tratti più caratteristici della complicata leggenda di Eracl
inchiudeva un profondo contenuto morale, Eracle divenne simbolo della più sublime forza morale che lotta contro le difficol
rbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Più di tutti va menzionato qui Paniasi d’ Alicarnasso
ta piena di gioie e di riso, o quella della virtù che da altra donna, più severa nell’ aspetto, gli vien additata, aspra a
ibile fonte di argomenti. Quando si rappresentava Ercole solo, per lo più si cercava rendere l’ immagine di una forza strao
fatto in origine per un santuario della città di Alizia in Acarnania, più tardi trasportato a Roma. — Tra le statue di Erco
una copia od imitazione di qualche statua di Lisippo. Artisticamente più importante, sebbene giunto a noi in condizioni tr
e rimangono solo il torace e le cosce; ma questa reliquia è una delle più belle cose pervenuteci dall’ antichità, tanta è l
tese. Fra le imprese accessorie dette Parerga, quella che s’ incontra più di frequente è la lotta col centauri; ve ne son g
ri monumenti dove si raffigurano i rapporti di Ercole e di Onfale, il più importante e bello è il gruppo marmoreo del Museo
sta belva faceva danni d’ ogni maniera; la gente spaventata non aveva più tranquillità se non nelle città fortificate. Cacc
tificate. Cacciarla non era impresa da soli; quindi Meleagro invitò i più valorosi ed eroici guerrieri d’ allora a prenderv
ferì la bestia fu quello della bella Atalanta. La lotta si fa sempre più aspra, e per alcuni fatale; Anceo spintosi troppo
Meleagro ferì la belva mortalmente e allora fu facile agli altri con più colpi finirla. Il premio della vittoria, cioè la
masero pienamente sconfitti; senonchè l’ eroe etolo non doveva tornar più dal campo di battaglia; la crudele erinni, che av
lo fe’ morire. Tale è la leggenda come si legge giù nell’ Iliade. Ma più tardi si invento un’ altra storiella per spiegare
o al mito primitivo dei motivi umani e morali per rendere il racconto più interessante; e coll’ andar del tempo si fecero e
o tipo, per crearvi intorno altre opere d’ arte. Già Frinico, uno dei più antichi poeti drammatici elaboro pel teatro la le
poi la ripresero Sofocle ed Euripide svolgendo specialmente la parte più patetica, cioè l’ amore di Meleagro per Atalanta
teo, suo fratello. Questi ebbe da Tiro figliuola di un terzo fratello più giovane, Salmoneo, tre figli, di cui il maggiore
al nome del suo costruttore chiamò Argo, e chiamati a raccolta quanti più potè eroi d’ allora, salpò alla volta del Ponto E
presero parte alla spedizione, molta varietà di tradizioni. Nei tempi più antichi si nominavano solo eroi della stirpe de’
uanti erano i remi della nave che li trasportava. Secondo la leggenda più comune, gli Argonauti salpati da Iolco toccaron t
farmaco magico atto a difenderlo contro il fuoco dei tori e a dargli più che umana forza. Così Giasone superò tutti gli os
ta col pretesto che Giasone aveva ricevuto aiuto da Medea, non voleva più cedere il vello. Allora Giasone si decise a rapir
addosso. 2. La leggenda degli Argonauti è una di quelle che offrirono più copiosi materiali alla letteratura e all’ arte. C
ed Ismene; almeno secondo la leggenda posteriore, perchè nei racconti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio
i regnare in Tebe alternatamente un anno ciascuno. Ma Eteocle che era più vecchio, (alcuni fan più vecchio Polinice) non vo
tamente un anno ciascuno. Ma Eteocle che era più vecchio, (alcuni fan più vecchio Polinice) non volle a suo tempo cedere il
nipote di Adrasto, Partenopeo fratello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di Meleagro e di Atalanta, infine
ia Egialeo, ma fu morto egli stesso da Alcmeone. I Tebani non potendo più difendere la città, fuggirono notte tempo e ripar
nte e pestilenziale. IV. Il ciclo Troiano. Eccoci all’ ultimo e più importante ciclo di leggende eroiche, qual’ è que
a sua stirpe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiut
ua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte del suo dominio. Più tardi prese parte alla caccia del cinghiale di Ca
asta di effetti miracolosi. Da queste nozze nacque unico Achille, il più grande e forte degli eroi greci. Che Teti dopo av
rande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Troia, sebbene in conf
ia. Da una figlia di Teucro, Dardano ebbe un figliuolo, Erittonio, il più ricco degli uomini; e da costui nacque Troo che d
Ecuba (Hecabe) generò una numerosa famiglia. Il figlio maggiore e il più celebre fu Ettore, il gran guerriero, campione de
Cassandra la profetessa di sventura, Eleno, augure e vate; ultimo, il più giovane, Troilo, che morì per man d’ Achille. 2.
ntesa intorno ad una mela su cui si trovava quest’ iscrizione: « alla più bella ». Le tre dee presenti, Era, Atena ed Afrod
rometteva signoria e ricchezza, Atena sapienza e fama, ed Afrodite la più bella donna del mondo. Egli assegnò il pomo ad Af
uto, si preparò alla guerra; e gli fu facile ottenere l’ adesione dei più ragguardevoli principi greci, perchè Tindareo ai
t’ armata fu scelto Agamennone re d’ Argo che da solo aveva allestito più di cento navi. Senonchè avendo Agamennone ucciso
l fetore della ferita, si deliberò di lasciarlo nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere perchè era d
e Cicno (Cycnos) il re di Colone nella Troade figlio di Posidone, che più validamente si oppose a’ Greci e uccise infatti m
mente notevole, se non si ricordi l’ uccisione per man d’ Achille del più giovane dei figli di Priamo, Troilo, e la condann
nato di questo procedere si appartò fra i suoi, rifiutando di prender più oltre parte alla guerra. I Troiani, saputo ciò, p
ntroversia per l’ armi d’ Achille. Chi doveva portare l’ armatura dei più grande degli eroi? Aiace il maggiore, sia come cu
si uccise. — E così sparito dalla scena anche Aiace, rimase Ulisse il più valente dei campioni greci. Bisognava giocar d’ a
l’ agguato che doveva aver per effetto la caduta di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di que
; anzi un fatto accaduto allora a questo Laocoonte li confermò sempre più . Mentre stava compiendo un sacrifizio a Posidone
di giungere alla loro patria, e alcuni anche in patria abbiano patito più o men gravi sventure. Tragica tra le altre la sor
’ avvenire ma anche l’ infelicità di non essere mai creduta, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia,
narrò parlando delle Erinni venerate d’ allora in poi come Eumenidi. Più lieta fu la sorte toccata a Menelao che se ne tor
a il padre nol volle accogliere accusandolo di non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata di nuov
e ivi fondò una nuova Salamina, ove si stanziò co’ suoi. Ma la serie più interessante di avventure capitò ad Ulisse, secon
si del loto, e n’ ebbero impressione così piacevole, che non volevano più tornare in patria. Ulisse dovette ricorrere alla
ormiva, per curiosità slacciarono l’ otre; d’ un tratto n’ uscirono i più gagliardi venti, e le navi sbattute dalla tempest
nza; se ne invaghì; voleva farlo suo sposo e indurlo a non abbandonar più quella terra. Ma troppo poteva in Ulisse l’ amor
figlio Ascanio e le sacre immagini dei Penati troiani. Non molestato più dai Greci, anzi secondo alcuni lasciato libero pe
nei primi libri una magistrale descrizione della caduta di Troia, la più viva e la più bella che a noi sia giunta dall’ an
ri una magistrale descrizione della caduta di Troia, la più viva e la più bella che a noi sia giunta dall’ antichità. S’ ag
tti i poeti tragici latini, da Livio Andronico a Seneca dedicarono la più gran parte delle loro opere ad argomenti troiani.
sia riuscito bene questo ristauro e che questo braccio dovesse essere più piegato verso la testa. La fig. 88 riproduce ques
pietà e sgomento. E il padre nel mezzo, preso fra le spire dove sono più vigorose e tenaci, invano colla sinistra comprime
le strette di quelle viscide e gelide spire. E di quel dolore è tanto più viva l’ impressione quanto si vede che il corpo c
te d’ Apollo, fa contrasto coll’ atteggiamento del corpo affranto dal più terribile dolore, e questo contrasto dà grande be
e accoglienza a un giovine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste nel momen
Greci, Eleno e Cassandra dalla parte de’ Troiani. Di tutti costoro il più celebre fu Tiresia, sovrano nell’ arte di osserva
i dell’ antichità intendeva il linguaggio degli uccelli e conosceva i più riposti arcani della natura, e perciò fu sempre i
il quale divenne il fondatore dell’ oracolo di Mallo in Cilicia. 3. I più celebri poeti dell’ età eroica furono Orfeo, Lino
ralmente di elaborazione ben posteriore. 4. Fra gli artisti mitici il più celebre è Dedalo, del quale abbia in già detto un
elle vicende dolorose serbate ai superstiti. — Fra i poeti Orfeo è il più celebrato; i lirici, come Pindaro, Stesicoro, Ibi
tto il soccorritore, e soggetta a noi è la potenza dell’ erbe ». 8. Più minuti particolari in Gentile, op. cit., p. 179 e
a sul mondo tutto ». 19. En. 8, 589: « La stella Lucifero, a Venere più dell’ altre stelle caramente diletta. » 20. Ca
mente diletta. » 20. Carm. I, 3, 15: « la rabbia del vento di sud, più ch’ ogni altro arbitro e sovrano del mare Adriati
llide e smorte, Per lunga fame attenuate e asciutte, Orribili a veder più che la morte. L’ alaccie grandi avean, deformi e
apponesse la violenza di furioso leone. » 47. Georg. III, 266: … Più che ogni altro in ver delle cavalle Passa i segni
3 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
atti inseguire, e perciò condusse seco come in ostaggio per qualunque più tristo evento il suo piccolo fratello Absirto ; e
tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricominciano gli atroci fatti e l
vendetta fu paga la furibonda Medea, ma uccise anche i figli, potendo più in lei l’odio contro Giasone che l’amore di madre
re della vita di questo Eroe. Giasone colpito cru- delmente nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo
affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più si racconta che la trista fine. Si narra che la n
di essa arrestavasi ripensando ai dì che furono, quando egli duce dei più degni Eroi, varcava su quella incogniti mari. Ma
divini che solevano prodigarsi agli altri Eroi. Invece fu onorata ben più la stessa nave, che i poeti asserirono assunta in
stesse dell’ Arcipelago greco, per quanto vicine tra loro, non che le più distanti negli altri mari, non avrebbero potuto e
rono per ricuperarlo. I poeti per altro prescelgono sempre quel che è più maraviglioso, ancorchè sia men vero, e vi aggiung
dall’antico tragico latino, sembra così vera e naturale che apparisce più favoloso il racconto storicamente vero della mara
bellito il racconto della spedizione degli Argonauti, nessuna divenne più popolare di quella del fiero carattere di Medea.
la perdita della tragedia di Ovidio intitolata Medea, perchè tutti i più celebri scrittori latini ne parlano con tante lod
da far credere che fosse un capo lavoro dell’arte tragica76 ; e tanto più è da lamentare una tal perdita in quanto che ness
guerre son tutt’altro che civili nel senso morale, essendo invece le più incivili e immorali di tutte, e segno manifesto d
78, così per la discordia si dissolve e dileguasi79. Furon pertanto i più grandi benefattori della umanità coloro che primi
i erano Orfeo ed Anfione, la cui esistenza appartiene ai tempi eroici più remoti. Essi sono da annoverarsi tra i Semidei, a
o chi di loro due esistesse prima, comincierò da Anfione, del quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figlio di
ifica il potere della poesia e della musica sugli animi delle persone più rozze e dure per attirarle a un genere di vita pi
nimi delle persone più rozze e dure per attirarle a un genere di vita più umano e sociale. A questo fine e con questo stess
sso che fu marito di Niobe, come dice Ovidio81, egli ebbe a provar la più crudele sventura domestica, quella cioè di perder
ove discese essendo egli in prima vita. Narrano i poeti, e tra questi più splendidamente di tutti Virgilio, che Orfeo nel g
i molti Eroi di questo nome (Cicerone ne conta 6 e Varrone 43) fu il più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle
Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio di Giove, per render più credibili, secondo le idee di quei tempi, le sue
ere poetico dell’eroismo greco, avendogli attribuito i Greci tutte le più straordinarie e mirabili prove, in premio delle q
hiamata l’Idra femmina, costellazione boreale adorna di 52 stelle, la più grande e lucente delle quali fu detta e dicesi an
stazioni come il cinghiale di Calidonia. Ercole da sè solo compiè una più ardua impresa che ucciderlo, perchè lo prese vivo
ea, come diremo. 6ª Fatica : Le Amazzoni Le Donne antiche eran più fiere delle moderne. Oltre quelle che nell’isola
etimologie ; ma il lettore non si spaventi : io riporterò soltanto la più comune e adottata generalmente, che fa derivare l
uel che raccontano di queste guerriere i Mitologi, che cioè per esser più spedite a tirar d’arco, si tagliavano o bruciavan
a scoperta dell’America, e fu dato il nome di fiume delle Amazzoni al più gran fiume di quel nuovo continente e del mondo,
gantesca e di forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavas
i Mitologi, pose in questo stretto due colonne coll’ iscrizione : Non più oltre. Fu creduto che fosse questo un avvertiment
foce stretta, « Ov ’Ercole segnò li suoi riguardi, « Acciocchè l’uom più oltre non si metta. » Perciò poco più oltre, fin
oi riguardi, « Acciocchè l’uom più oltre non si metta. » Perciò poco più oltre, fino al tempo di Colombo, si azzardarono g
ta fatica doveva compiersi nell’Inferno ; ed Ercole vi si accinse ben più volentieri che alle altre, perchè trattavasi di l
a cercar Teseo, lo staccò dallo scoglio e lo condusse via con sè. Di più si trascinò dietro il cane infernale fino alla su
e di giunta o di soprappiù ; delle quali converrà almeno accennare le più note e famose. Combattè Ercole spontaneamente col
iglio di Nettuno e della Terra ; e benchè l’Eroe Tebano lo abbattesse più volte, quegli appena steso sul terreno risorgeva
no lo abbattesse più volte, quegli appena steso sul terreno risorgeva più forte di prima a combattere : la madre Terra rend
regni sono armati, come era armata Roma, e come sono i Svizzeri, sono più difficili a vincere quanto più ti appressi a loro
ata Roma, e come sono i Svizzeri, sono più difficili a vincere quanto più ti appressi a loro ; perchè questi corpi possono
ere quanto più ti appressi a loro ; perchè questi corpi possono avere più forze a resistere ad uno impeto che non possono a
imora, « E com’albero in nave si levò. » (Inf., xxxi,v. 142.) Tra i più famosi masnadieri e assassini che Ercole uccise è
e perciò fu dato a questo mostro per antonomasia, ad indicare cioè il più gran malvagio che sia mai esistito. I poeti dicon
ò in appresso in Roma sino agli ultimi tempi del Paganesimo. Tutte le più minute particolarità di tale avvenimento furono a
le loggie dell’Orgagna in Firenze, scultura di Gio. Bologna. Di altra più tremenda e famosa pugna de’Centauri converrà parl
le perchè non gli furono da quel re spergiuro osservati i patti, sarà più a proposito ragionare nel racconto dei re di Troi
sti qui l’avere accennate queste imprese che in appresso racconteremo più a lungo. È tempo ormai che Ercole abbia un poco d
vè morire. Dovè combattere per Deianira col Dio del fiume Acheloo, il più gran fiume della Grecia, e perciò da Omero chiama
giganti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e di più gli ruppe un corno, onor della fronte degli Dei d
stoRe e Polluce L’ origine mitologica di Càstore e Pollùce è delle più strane e incredibili : ciò non ostante, o forse a
rane e incredibili : ciò non ostante, o forse appunto perciò, è delle più famigerate presso gli Antichi. Storicamente Casto
o vi fossero Polluce ed Elena, e nell’altro Castore e Clitennestra. I più antichi affermarono che Polluce ed Elena, nati da
causa di quella guerra, come vedremo97. Castore e Polluce diedero il più grande e celebre esempio di amor fraterno. Erano
le condussero via entrambe senza incontrare verun ostacolo. L’impresa più utile che fecero a vantaggio della umanità fu di
muoversi in giro « L’oricrinite stelle di Santermo 99. Dante parla più volte della costellazione dei Gemelli nella Divin
lume conduce100 « Tu vedresti il Zodiaco rubecchio « Ancora all’Orse più stretto rotare, « Se non uscisse fuor del cammin
piente legislatore di quel popolo. Nella sua vita pubblica appartiene più alla Storia che alla Mitologia ; ed all’opposto n
he alla Mitologia ; ed all’opposto nella vita privata, o di famiglia, più alla Mitologia che alla Storia. La Cronologia gre
ro, parola composta dei nomi di Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu detto che questo mostro era carnivoro e pascev
e. Gli Antichi rammentano quattro labirinti : 1° quello di Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’isola di Creta f
2° questo dell’isola di Creta fatto a somiglianza di quello, ma molto più piccolo ; 3° il labirinto dei Cabiri nell’isola d
sse un ipogeo come le catacombe dei primi Cristiani : degli altri 3 è più difficile indovinare lo scopo o l’uso. Quello di
103, e diedero questo epiteto anche ad alcune Divinità, non che alle più straordinarie opere d’arte. Anche l’Ariosto chiam
ce agli Ateniesi non tanto per la causa che la fece sorgere, quanto e più ancora per gli straordinarii effetti che ne deriv
verità istorica, essendo tutto il rimanente da riporsi tra le favole. Più volte prima d’ora abbiamo avuto occasione di ramm
tar questo Eroe : i suoi concittadini lo hanno introdotto in tutte le più celebri imprese di quei tempi, nella caccia del c
madre avrebber voluto che egli andasse ad Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì di viaggiar
ber voluto che egli andasse ad Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì di viaggiar per terra de
i incominciano i suoi fatti eroici ; dei quali accenneremo soltanto i più straordinarii che si distinguono per qualche sing
a prendere ospizio in casa sua, li legava in un letto, e poi se eran più lunghi di quello tagliava loro le gambe che sopra
lunghi di quello tagliava loro le gambe che sopravanzavano, e se eran più corti li faceva giungere alla misura di quel lett
razione in tutti gli spettatori col suo avvenente e nobile aspetto, e più per la destrezza e il valore con cui superò i più
e nobile aspetto, e più per la destrezza e il valore con cui superò i più famosi competitori ; e a tutti dispiacque, e più
ore con cui superò i più famosi competitori ; e a tutti dispiacque, e più che agli altri ad Arianna figlia di Minosse, che
ei stessi del Paganesimo avevano difetti e vizii, come abbiamo notato più volte, non è sperabile di trovar perfetti i Semid
a non tutto gli andò a seconda, come vedremo. E parlando in prima dei più celebri fatti felicemente da lui compiuti, rammen
Sicilia. Questo tiranno propose un premio a chi inventasse un nuovo e più tormentoso genere di supplizio ; e un tal Perillo
en meritata dall’iniquo artefice che si fece ministro di crudeltà del più efferato tiranno. Ecco come Dante riferisce quest
na tal simpatia, che, deposte le armi, si abbracciarono e divennero i più fidi amici dell’antichità. Senza citare i poeti,
del pranzo, essendo riscaldati dal vino, manifestarono la loro natura più bestiale che umana, tentando di rapire la sposa e
o feriti113. Non v’era però fra questi il Centauro Chirone, che fu il più umano e il più sapiente e dotto, non solo fra i C
n v’era però fra questi il Centauro Chirone, che fu il più umano e il più sapiente e dotto, non solo fra i Centauri (il che
o vanno a mille a mille « Saettando qual’anima si svelle « Del sangue più che sua colpa sortille. » Anche nelle Belle Art
presentati i Centuari secondo le descrizioni mitologiche ; ed uno dei più celebrati è quello di Giovan Bologna sotto le Log
a Teseo e Piritoo si trova nell’essersi aiutati scambievolmente nelle più strane e perigliose imprese che o all’uno o all’a
se imprese che o all’uno o all’altro venisse in idea di tentare. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di P
o all’altro venisse in idea di tentare. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di Piritoo di andare all’Inf
opo la morte dell’invasore Menesteo, i figli di Teseo, tra i quali il più noto chiamavasi Demofoonte, ricuperarono il regno
della origine mirabilissima di Tebe, di cui altra non havvene che sia più maravigliosa : sappiamo inoltre che da madre Teba
amante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Ercole, il più forte e il più famigerato degli antichi Eroi. Ora
be era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Ercole, il più forte e il più famigerato degli antichi Eroi. Ora sono da raccon
dire dallo Stato l’uccisore di Laio. Edipo si diè premura di farne le più minute investigazioni ; e dalle circostanze del t
to re degli Argiesi ne sposò la figlia Argia, e così impegnò anche di più quel re, divenuto suo suocero, ad aiutarlo a ricu
o e la discordia per impadronirsi del regno ; e divenne tosto uno dei più esecrati tiranni. E per primo atto inumano proibì
 ; e il tiranno condannolle entrambe a morte, stimando così di render più sicuro il possesso del trono per la sua dinastia.
egno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per altro di dichiara
ciò da quello di Polinice, la causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per altro di dichiarar la guerra ad
iuttosto l’Antropofago : infatti invece di conciliare, inasprì sempre più , perchè non solo altercò, ma diede di piglio alla
mura di Tebe. Ebbe da Deifile un figlio che fu il famoso Diomede, il più valoroso, dopo Achille, fra tutti i capitani grec
le : « O Capaneo, in ciò che non s’ammorza « La tua superbia, se’ tu più punito : « Nullo martirio, fuor che la tua rabbia
loro connubio era nato un figlio di nome Stènelo, che fu poi uno dei più valorosi guerrieri all’assedio di Troia. Orazio l
andò al Tartaro ma agli Elisii, e che in Grecia aveva un Oracolo dei più celebrati e rendeva responsi dei più veridici. Ma
e in Grecia aveva un Oracolo dei più celebrati e rendeva responsi dei più veridici. Ma Dante che non credeva concessa all’u
i del Vento era insuperabile), o di essere uccisi se perdevano. E già più d’uno aveva inesorabilmente pagato colla vita il
Peloponneso. Da Ippodamia ebbe sei figli che tutti divennero re, ma i più noti per fama infame furono Atreo e Tieste. L’ini
perfidia impareggiabile di questi due mostruosi fratelli furono rese più orribili dalle amplificazioni degli antichi pœti.
propria moglie fosse segretamente d’accordo con Tieste, uccise i due più giovani figli, Tantalo e Plistene, e ne imbandì l
il che fa supporre che sì orrendo e ributtante spettacolo fosse dato più volte sui teatri romani ; e Cicerone nel De Offic
i valore armati. Così raccontano i pœti, i quali erano in quell’epoca più arditi di Darwin e compagni Antropologi a far der
e pure de’ suoi due celebri figli Aiace Telamonio e Teucro, parleremo più opportunamente in appresso. Ora convien dire di P
esta fu Teti ninfa marina, dalla quale doveva nascere un figlio molto più illustre e potente del padre. Questo decreto del
ordo convennero di unirla in matrimonio con quel mortale che ne fosse più degno per bontà di animo e per parentela coi Numi
escelto fu Peleo, ottimo principe e nipote di Giove. Furono queste le più splendide nozze che fossero mai celebrate sulla T
do dall’alto sulla mensa un aureo pomo colla iscrizione : Si dia alla più bella. Ed ecco subito eccitata la gara e l’invidi
pastore che senza prevenzione alcuna dichiarasse qual Dea gli paresse più bella. Tre sole Dee si ostinarono nelle loro pret
ausa vinta ; cioè Giunone le maggiori ricchezze del mondo, Minerva la più gran sapienza e Venere la più bella donna per mog
aggiori ricchezze del mondo, Minerva la più gran sapienza e Venere la più bella donna per moglie. Il pastore consegnò l’aur
cui questa città è passata ai posteri, consacrata all’immortalità dai più sublimi pœti, non era il solo nè il primo che ess
gia dei re Troiani quale Omero fa dirla da Enea ad Achille : « Ma se più brami di mia stirpe udire « Al mondo chiara, prim
polo le Idèe falde cuopriva. « Di Dardano fu nato il re d’ogni altro«  Più opulente Erittonio……. « ……. D’Erittonio nacque « 
i Ilo ed Assaraco « E il deiforme Ganimede, al tutto « De’mortali il più bello, e dagli Dei « Rapito in cielo, perchè foss
glio di Vulcano. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice soltanto il più opulento di ogni altro re. Da Erittonio nacque Tr
. Omero preferisce il vocabolo Ilion ; ma gli altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i diversi nomi di Troia : sol
ella città ed anche il territorio. Questa distinzione che riconoscesi più d’una volta nelle espressioni di Virgilio fu adot
citate di sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto alla parte più alta e più fortificata della città, ov’era anche
sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto alla parte più alta e più fortificata della città, ov’era anche il palazzo
u l’unico figlio di Ilo e il penultimo re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i suoi predecesso
medesima Dopo che Venere ebbe riportato pel giudizio di Paride il più splendido trionfo nel vanto della bellezza sopra
ntener la promessafatta al giudice, di procurargli cioè per moglie la più bella donna del mondo. Ma la più bella donna che
e, di procurargli cioè per moglie la più bella donna del mondo. Ma la più bella donna che allor vivesse era la spartana Ele
sposto da bambino nelle selve, e per tale lo riconobbero senza pensar più al sogno di Ecuba e all’interpretazione di quello
ltre, per non andar senza dote al suo nuovo marito, portò via tutti i più preziosi tesori della corte spartana. Menelao, ch
ò vendetta e l’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone, di lui più potente e più ardito, rappresentò a tutti i princ
’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone, di lui più potente e più ardito, rappresentò a tutti i principi greci l’of
propria figlia Ifigenía, e la immolò difatti, secondo che scrivono i più , e tra questi anche Dante, che rammentando nel Ca
hio ; ma aveva un gran numero di figli esercitati tutti nelle armi, e più valente degli altri Ettore, il più rispettabile E
gli esercitati tutti nelle armi, e più valente degli altri Ettore, il più rispettabile Eroe dell’antichità, poichè a lui no
anni si riducono a pochi : la noia e la stanchezza divenivano sempre più generali ed intollerabili ; e perciò inventarono
lungo e lento assedio di Troia avvennero intorno alle mura di essa le più memorabili battaglie, che furono narrate maravigl
atti ivi narrati si estende, secondo i computi degli eruditi, tutt’al più a 51 giorno. Anche chi non abbia prima d’ora lett
e da soma. Finchè durò il Paganesimo, tutti i popoli antichi, anche i più civili, e gli stessi Romani, consideravano gli sc
ltra schiava in compenso, diversamente toglierebbe a forza quella che più gli piacesse a qualunque degli altri capitani, fo
non era trattenuto dalle eloquenti esortazioni del vecchio Nestore, e più ancora dalla Dea Minerva, che « Gli venne a terg
ì di uccidere il re dei re. Obbedì Achille, ma giurò per altro di non più combatter per esso. E ritiratosi nelle sue navi c
esero coraggio ad assaltare i Greci, ed in pochi giorni furon date le più straordinarie e famose battaglie che sieno mai st
veste poetica : diverrebbero monotone narrandole in prosa, ora tanto più che le armi da fuoco hanno resa inutile la straor
fuoco hanno resa inutile la straordinaria forza del braccio, e che il più debole artigliere col suo cannone è più potente e
a forza del braccio, e che il più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille e di Diomede c
accio, e che il più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille e di Diomede colle spade e c
eranno parte o per gli uni o per gli altri combattenti 132. Il fatto più strano che si possa immaginare si è che Venere e
nfitte dei Greci ; e per quanto Agamennone gli offrisse per mezzo dei più illustri personaggi della sua armata, oltre la re
tri personaggi della sua armata, oltre la restituzione di Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie figlie in isposa
iagure umane 133. » Parrebbe che dopo la morte di Ettore, che era il più formidabil guerriero Troiano, e sopravvivendo tut
delle precedenti battaglie e per le gravi ferite che avevano tocche i più dei capitani di ambe le parti, vi fosse, senza bi
o opra di Vulcano, impareggiabili per tempra e per lavoro. Rimasero i più ostinati a contrastarsele Aiace Telamonio ed Ulis
ro i più ostinati a contrastarsele Aiace Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più valente di consiglio
rsele Aiace Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più valente di consiglio. In pubblico parlamento espo
cavallo contenesse molti armati (dicono trecento), e questi fossero i più prodi guerrieri capitanati dall’accortissimo Ulis
già partito sulle navi e ritiratosi dietro l’isola di Tènedo, venti e più miglia distante. Nè mancò fra i Troiani chi propo
he empirebbero un volume, e conviene almeno accennarne i principali e più famigerati. L’episodio di Laocoonte fu reso celeb
e i Troiani a portare in Troia il cavallo di legno, oltre al farne la più eloquente narrazione Virgilio, ne parla anche Dan
are il cavallo, venne così ad essere atterrato dai Troiani stessi. Ma più che all’insidia del cavallo di legno è probabile
li scrittori greci per non menomare il merito dei loro Eroi nascosero più che poterono il tradimento, talchè a noi di quel
capitolo a parte. Fra gli episodii però dell’eccidio di Troia uno dei più lagrimevoli è quello della morte del vecchio re P
della morte del vecchio re Priamo, che dopo aver veduti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte dei
del vecchio re Priamo, che dopo aver veduti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte dei suoi sudditi
alla mitologica invenzione, la interpretò al tempo stesso secondo le più comuni leggi dell’umana natura, che cioè Ecuba, o
li e tante fatiche, ora finalmente lieti della vittoria e paghi della più tremenda e memorabil vendetta. Le prede non eran
no con le proprie navi ed i proprii sudditi superstiti senza dipender più dagli altrui consigli o deliberazioni. Agamennon
colo Astianatte rimasto solo in quella tomba, e si tratteneva con lui più che poteva per fargli compagnia ed avvertirlo del
incipali guerrieri. E incominciando dal re dei re, troviamo che a lui più funesto che agli altri fu il ritorno in patria. N
ù funesto che agli altri fu il ritorno in patria. Nel tempo della sua più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figlio d
a tradimento da Egisto, e Cassandra da Clitennestra, non chè tutti i più fidi compagni di Agamennone ivi presenti, dagli s
reste figlio di Agamennone e di Clitennestra ; ma la sorella Elettra, più assennata e pietosa della madre, lo aveva segreta
po in preda ai rimorsi, sempre accompagnato dal fidissimo Pilade, che più e più volte espose la propria vita per salvar que
preda ai rimorsi, sempre accompagnato dal fidissimo Pilade, che più e più volte espose la propria vita per salvar quella de
sta sino in Egitto ; e di là tornati a Sparta vissero insieme in pace più anni. Ma Elena, morto che fu Menelao, essendo odi
per conquista. Quindi sposò Lanassa nipote di Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però di quest’eroe fu poco glorios
formarono la dinastia detta dei Pirridi o Eàcidi 138, fra i quali il più celebre è quel Pirro re di Epiro che venne in Ita
Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Mennone. Diomede, il più prode guerriero dopo Achille, arrivò salvo in Arg
nipote di Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero che parla più volte con gran lode del valore di Idomeneo, quant
e ; ma dopo la tempesta che avea divisa la flotta greca nessuno seppe più nulla di Ulisse. V’ era però speranza che egli vi
po fosse stato chi sa quante volte agli antipodi e ritornato, e fatta più e più volte la circumnavigazione del nostro globo
se stato chi sa quante volte agli antipodi e ritornato, e fatta più e più volte la circumnavigazione del nostro globo. Inve
o sappiamo che Ulisse, come gli fa dire anche Dante, stette con Circe più d’un anno là presso Gaeta « Prima che sì Enea l
sì Enea la nominasse ; » e poi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più di sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè res
spazio, determiniamo i luoghi che, secondo Omero, egli toccò, e dove più o meno si trattenne, e poi noteremo i più mirabil
o Omero, egli toccò, e dove più o meno si trattenne, e poi noteremo i più mirabili casi ai quali trovossi esposto. Lasciate
i là comodamente in Itaca su di una nave dei Feaci stessi. Tra i casi più straordinari e mirabili avvenuti ad Ulisse in que
tenevam le ciglia, « Una morte temendone vicina, « Sei de’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio.
Trad. di Pindemonte). Da questa descrizione, che è una delle quattro più maravigliose rammentate da Orazio nella Poetica,
ese di far l’enumerazione di tutti, ma soltanto di citarne alcuni dei più straordinarii e mirabili a conferma della sua tes
ativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi poste in opera tutte le sue più mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto del
riscono che egli fu ucciso prima di giungervi, ed altri che non tornò più in patria e perì insieme co’ suoi compagni in una
a forza e l’astuzia, e sceglie per protagonisti dei suoi due poemi il più forte e il più astuto dei personaggi della guerra
uzia, e sceglie per protagonisti dei suoi due poemi il più forte e il più astuto dei personaggi della guerra di Troia, e gi
li giustamente osserva), « Ma poichè frode è dell’uom proprio male «  Più spiace a Dio ; » dovè esser perciò assai meno in
e Ulisse tra i rei del fuoco furo col Conte Guido da Montefeltro, il più grande ingannatore del Medio Evo. Di Achille dice
a sua fine (molto diversa da quella che narra Omero), affinchè sembri più vera ; ed è questa : che Ulisse volle passar le c
ndare in cerca di nuove regioni nell’Oceano atlantico ; e, quel che è più notabile, tenne presso a poco la stessa direzione
ssa direzione di Colombo, 2600 anni prima di lui, ma piegando un poco più al sud ; e dopo 5 mesi lunari aveva già passata l
a linea, ossia l’equatore, quando vide in distanza una montagna bruna più alta di quante mai ne avesse vedute, e da quella
che potesse stare a fronte di Achille. Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome di Enea e degno di poema e d’ist
n questi viaggi impiegò sette anni, essendosi però fermato a lungo in più luoghi. T. Livio per altro dice soltanto che Enea
esta entrando « Per di frondi velare i sacri altari, « Mentre de’suoi più teneri e più verdi « Arbusti or questo or quel di
« Per di frondi velare i sacri altari, « Mentre de’suoi più teneri e più verdi « Arbusti or questo or quel diramo e svelgo
un altro ne divelsi ; « Ed altro sangue usciane : onde confuso « Vie più rimasi ; e nel mio cor diversi « Pensier volgend
Il diro annunzio. Ritentando ancora, « Vengo al terzo virgulto, e con più forza « Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo appu
Uomini fummo, ed or sem fatti sterpi ; « Ben dovrebb’esser la tua man più pia, « Se state fossim’ anime di serpi. « Come d’
ne che facea fabbricare la città di Cartagine. Secondo i Cronologisti più accreditati, Didone viveva tre secoli dopo la gue
ma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantavansi discesi molti dei più nobili ed illustri Romani. Didone, chiamata altr
il nome, che tuttora conservano, da qualcuno dei compagni di Enea. I più notabili sono il capo Misèno 151 e la città di Ga
ati già tutti, amaro pianto « Ed alte strida insieme ne gittaro ; « E più degli altri Enea. » Qui il poeta fa una lunga de
Ulisse : « ……………… Quando « Mi dipartii da Circe, che sottrasse « Me più d’un anno là presso a Gaeta. « Prima che sì Enea
uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni sensibili più o meno evidenti. E siccome la volontà e l’intenzi
conosciuti falsi e bugiardi. La Divinazione esisteva in Oriente dalla più remota antichità, e principalmente nell’India e n
d aggiunge poi che quel vocabolo di superstizione ebbe in appresso un più esteso significato, riferibile a tutte le stolte
accennata la distinzione che facevano non solo i filosofi ma ancora i più celebri antichi romani fra religione e superstizi
onsiderati come i profeti dei Pagani, basterà parlare di qualcuno dei più celebri dell’Epoca eroica. Tra i quali ha maggior
e viveva ai tempi della guerra dei sette Prodi. Di lui si raccontano più mirabili fatti che di qualunque altro indovino. B
sse le maschili penne. » La qual favola significa che egli conosceva più d’ogni altro i pregi e i difetti delle persone di
o a decidere una questione insorta fra Giove e Giunone, se cioè fosse più felice la condizione dell’uomo o della donna ; e
o o della donna ; e poichè egli diede ragione a Giove, che cioè fosse più felice la donna, Giunone per dispetto lo acciecò,
que vi discendeva diveniva poi tanto serio e mesto che non rideva mai più finchè vivesse. Perciò di un uomo malinconico e c
enso palese o supposto di questi libri si regolavano spesso in Roma i più alti affari di Stato ; e si ricorreva talvolta a
erdotesse di Apollo, nessuno avrebbe potuto assicurarlo, e si credeva più facilmente l’inesplicabile maraviglioso che il di
dei sacerdoti pagani. Molte erano le Sibille rammentate dagli Antichi più pel luogo della loro nascita che pel nome loro o
ieci soltanto furon riconosciute e registrate come tali da Varrone il più celebre erudito del Paganesimo ; e sono le seguen
e il fagiano di Marziale ; poichè chiamano Fagiano del Fasi la specie più comune che si conserva e moltiplica nelle fagiani
meno per riacquistare le forze illanguidite dalla vecchiezza, e viver più a lungo. Disgraziatamente la Storia ci fa sapere
a prolungare quella dei vecchi a cui s’infondeva) fu posto in pratica più volte per alcuni principi e potenti della Terra.
o temperare quam indulgere maluisset. » — E Ovidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre sue Opere, e di talun
nte altre sue Opere, e di talune confessa ancora i difetti, parla poi più volte con gran convinzione e sicurezza del suo va
entata da Machiavelli ne’suoi Discorsi, e poi nello stesso secolo xvi più estesamente e con metodo scientifico dimostrata d
o sperato (perchè l’esecranda fame dell’oro chiude il cuore a tutti i più nobili e delicati sentimenti), si gettò in mare,
Arte poet., v. 391…..) 84. Sebbene Ercole sia celebrato da tutti i più antichi poeti, incominciando da Omero che accenna
da questa parte la stella Espero, ed ultima Esperia la Spagna, perchè più lontana dalla stessa parte. 89. « Che giova n
i Ercole. 95. Vedasi la canzone di Fulvio Testiintitolata : La virtù più che la nobiltà fa l’uomo ragguardevole. 96. « Ca
del Purgatorio, ove dice : « …..Nella vacca entrò Pasife ; » e poco più oltre aggiunge : « Che s’imbestiò nelle imbestia
sæpibus ova, « Antiquique memor, metuit sublimia, casus. » 106. A più forte ragione può applicarsi ai fatti mitologici
Procuste il Sonetto, perchè dev’essere di soli quattordici versi, nè più nè meno ; e notando le difficoltà di chiuder bene
anto il Ciel destina « L’opra scabrosa ; o per lung’uso ed arte « Via più la mano e più l’ingegno affina. » 108. Con que
estina « L’opra scabrosa ; o per lung’uso ed arte « Via più la mano e più l’ingegno affina. » 108. Con queste ultime par
n queste ultime parole sembrerebbe che Plutarco lodasse e dichiarasse più giusta di tutte la pena del taglione. Notino pera
eci (non inconsiderati) « Come fu Jefte alla sua prima mancia ; « Cui più si convenia dicer : Mal feci, « Che, servando, fa
due appellattivi Romani e Quirites il primo aveva una significazione più estesa, riferibile non solo alle relazioni intern
otrebbe in italiano chiamarsi Ulissea ; ma nella nostra lingua per lo più si seguono i Latini e non si fa altro che tradurl
darsi che lo avesse interpretato come gli faceva comodo ; ma forse è più probabile che nelle copie di Virgilio vedute da D
i essa era figlia e la sua malaugurata predilezione per Enea : « Che più non arse la figlia di Belo, « Noiando ed a Sicheo
iresia finchè non ebbe ribattuto li due serpenti con la verga era non più maschio, ma femmina. Perciò usa il pronome di gen
a insieme con quella di David : Teste David cum Sybilla. 164. Tra le più celebri pitture delle Sibille basterà citare quel
4 (1880) Lezioni di mitologia
gli Artisti queste Lezioni, di guisa che non possiam ricercarvi quel più peregrino sapere, quella più squisita dottrina, c
di guisa che non possiam ricercarvi quel più peregrino sapere, quella più squisita dottrina, che in tali studj addimandasi
orosi filologi Alemanni, fosse degna della pubblica luce. Altri studj più cari me lo vietano ora; nondimeno gli son riconos
ella gioventù fosse entrato l’amore di questi studj io avrei fatto di più  » 2. Veramente unanime fu l’ammirazione per le ve
ebbe sorgere, insieme colle voci di alta riconoscenza per lui, frutto più copioso di nobili ed efficaci opere, onde l’Itali
osi Varrone, nei quali si contengono imprese che argomento furono dei più celebrati antichi poemi. Il lungo viaggio degli A
’oro conquistato da Giasone, che, soccorso da Giunone, dal coraggio e più dall’amore, vinse tanti pericoli, somministrerà m
r delle memorie antiche. » di quello che colla divina Iliade dettò i più sublimi concetti a Fidia, a Zeusi, a Polignoto e
, e mille altre divinità della Morale, che nel segreto del loro cuore più che i falsi numi adorate furono dai filosofi dell
furono dai filosofi dell’antichità, che meno di noi le nominavano, ma più n’erano fedeli ai venerati precetti. Vorrei nel p
mitare l’architetto, che colla facciata dell’edifizio ne raccomanda i più segreti divisamenti, e costringe a percorrerlo l’
ortale, dagli abissi si alzò sino al cielo, sentiva farsi maggiore, e più terribili nasceano dalle mani animose le immagini
aggior grado di calore divennero volatili; quelle che in loro avevano più terra, furono rettili ed animali terrestri; quell
rio, lo difendono da tanto rimprovero, asserendo che di Dìo ebbe idee più giuste di ogni altro pagano. Orazio, infatti, lo
logia degli Dei. Nel principio era il Caos, indi la Terra, l’Amore il più bello fra i numi immortali. Il Caos generò l’Èreb
sua amica. Giova ridirne i versi: « Qual dagli antri marini L’astro più caro a Venere Coi rugiadosi crini Fra le fuggenti
Terra col Tartaro, volendo vendicare i Titani, e generò l’ultimo e il più terribile dei suoi figli. Tifone, dalle di cui sp
e pure da Semele Bacco, ed Ercole da Alcmena. Vulcano sposò Aglaia la più giovane delle Grazie. Bacco si congiunse all’abba
parlava, e lodar gli accorti detti I benefici numi, e guerra il core Più che innanzi chiedeva, e guerra a gara Moveano tut
la voce al ciel stellato arriva E della zuffa l’ululato; e Giove Non più contiene l’ira sua. D’eterno Vigor ridonda l’anim
a tutti i luoghi destinati al culto di qualche nume. Si dividevano in più parti i templi: la prima dicevasi vestibolo, dove
quali era affidata la tutela delle città, collocando la loro sede nel più elevato sito, sembravano signoreggiarle. In mezzo
erano volti all’oriente, poiché ninno omaggio riputavano agli eterni più caro della luce, primogenita degli esseri ed anim
i numi. Infatti, al dir di Giovenale, qual’ostia non merita di vivere più del colpevole? La viva acqua dei fiumi purgar dov
fizj assistevano certi ministri detti lignitori, perché l’omettere la più piccola diligenza credevasi esser principio d’inf
ra pecora gravida sgozzavano a Brimo, dea severa e terribile, che nel più profondo della notte, quando « Del sonno il pere
nta il volto, Quasi rosa tra fior, Briseide bella. Il cignal sacro da più funi avvolto Tenea Taltibio; Agamennón s’accosta,
ro quell’onore « Che solo in terra avanzo è della morte? » Nulla di più santo presso gli antichi che le tombe: onde Tibul
nsigne pira, e vi ardevano le cose che nella vita loro erano state le più care, le armi, i destrieri e (oh barbarie:) gli u
tessi, che fatti schiavi avevano le vicende instabili della guerra. I più stretti congiunti (ministero pietoso e tristo ad
to ad un tempo) rivolgendo le faci indietro, accendevano il rogo. Che più : Fra le consorti, nell’Oriente, quando il cadaver
Tutto additava fra i primi uomini la semplicità dei loro costumi, che più ancora si manifestava nel modo d’o norare gl’immo
composti; e piacque ogni forma, quantunque si osservasse di costruire più alti quelli ch’esser sacri doveano a Giove e agli
più alti quelli ch’esser sacri doveano a Giove e agli altri celesti, più bassi tenendo i destinati agli Dei della terra. D
one dei mortali reputava che così avvicinandosi al cielo, giungessero più rapidamente innanzi agli Dei i voti e i sospiri.
l’imperatori romani nel numero degli Dei, ebbero ancor essi altari, e più dei numi, non perchè tutti gli credessero ascritt
ti al concilio dei celesti, ma perchè gli schiavi temerono mai sempre più i tiranni che la divinità. Esiste ancora in Narbo
rei il catalogo di questi sacri utensili, se in queste cose la vista, più di ogni descrizione, non ammaestrasse; onde per v
utarco ha lasciato scritto, non vietò così barbaro costume. Volete di più ? Udite come Cicerone rimprovera ai Galli questo c
, e con il proprio sangue. Infelice fanciul, bagni il tuo regno. Ahi: più del padre il tuo volto deforme Non ritiene le nob
iulla Frigia intanto chinò la mesta faccia. Che l’ultimo rossor facea più bella, Come più dolce del morente sole E il raggi
anto chinò la mesta faccia. Che l’ultimo rossor facea più bella, Come più dolce del morente sole E il raggio, allor che la
di Teutate e d’Eso orribile, sui quali palpitavano vittime umane. Che più : a Venere stessa uomini sacrificavano i Cerasti;
nesi i propri figli offerivano, il fiore della gioventù; e quel che é più terribile, doveano assistere al sacrifizio le mad
ella man feroce, D’afferrar Polissena; ed essa grida: Achivi, onde io più non ho patria, alcuno Non sia tra voi che d’appre
le Che prima al re titol di padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più cari Fu condotta all’aitar tutta tremante: Non pe
ncitori e sicuri, e nel ritorno Per me baciate la felice terra Ch’ io più non devo riveder. padre, Dammi gli ultimi baci, e
cote, un Dio. Racine, Ifigenia. Racconto d’Ulisse. A Grecia intera più funesto giorno Non sorse mai. Già sopra il campo
uest’ uso, e chi non scorge che l’origine di esso nelle tenebre della più remota antichità sta nascosa? Osserva Winkelman,
elman, che coloro i quali trattano del nascer di un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a poche relazioni di rassomig
estra. Per evitare questo errore sarò contento di osservare che nelle più antiche statue egizie non erano separate nè le ga
otivo la prigionia sofferse. Nè fuggì la pena pure Alcibiade, potente più eh’ a privato non convenivasi; poiché, appena par
i, come vi ho dimostrato. La notte, propria delle selve, spaventò dai più remoti tempi l’ignavo timore dei mortali, che vi
patria dei sommi fu sempre di dubbi e di contrasto argomento. Creta, più d’ogni altra greca città, questo vanto si arroga;
ento; e ninna certamente gli antichi immaginarono nutrice del Tonante più degna. Secondo alcuni erano così le cure divise:
to era il niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le donava Forme più care di bellezze eterne Il nume: del canestro all
urneo il lin custode Empie qual vela un venticello. Appare La vergine più snella, e parte mostra Del bianco seno, ed ai lib
ndo tanti ‘dubbj e tanta diversità di opinioni, vi parlerò dei templi più famosi di Giove e dei nomi diversi che l’evento,
tenne; il terzo di amore supremo per la libertà, che attestò essergli più cara della vita, perchè udita la disfatta degli A
ndra: Ippodamia con la madre, e mille altri mitologici argomenti. Nel più eminente luogo del trono, sulla testa del simulac
de, E conosce i suoi furti e la sua fede. Noi ritrovando in cielo, è più che certa, Che sian contro di sé fraudi ed offese
e d’Atlante Commette che contr’Argo ir s’apparecchi: E perchè non sia più sì vigilante, Vegga di tor la luce a tanti specch
a’ piedi ed alla testa. Lasciata l’alta region celeste, Nella parte più bassa se ne venne, Dove giunto, mutò sembiante e
hiar sempre solevi Perpetuo sonno or t’addormenta e tura; E ‘1 dì che più d’ognun chiaro vedevi. Una infelice e tetra notte
e, Dal morto capo quei cent’ occhi svelle, E fa le penne al suo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda Del suo pa
gelosa moglie il petto, Per l’acque giura del tartareo regno, Che mai più non avrà di lei sospetto, E tenga il giuramento S
i toglie commiato: L’occhio suo come pria picciol ritorna, Il volto è più che mai giocondo e grato E tornata che fu l’umana
, che fan cinque dita; La man già si disnoda e già s’arrende, E torna più che mai sciolta e spedita. Tosto si leva e in alt
su due pie tutta la vita: Mutata tutta in un punto si vede; E quanto più le par, men ella crede. Volea parlar per veder s
scorgere mentre io, adempiendo al mio scopo, vi tesso il catalogo dei più famosi cognomi dati al figlio di Saturno. Padre,
tricismo. Nè deve passarsi sotto silenzio Giove Vimineo, che diede, o più probabilmente ebbe nome da un colle di Roma, dove
minato Ideo, Ditteo. Egioco, secondo alcuni, si disse dai turbini, ma più comunemente dall’egida che Omero descrive, e che
dalla città di Ermonto. Con Belo fu confuso dagli Assiri, benché sia più probabile che sotto questo nome anticamente adora
e bellezze di cui ridonda possano in altra lingua trasportarsi. « Il più bel simulacro di Giove che ne abbia, come si espr
quasi in attudine di concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i più bei monumenti di Roma, e ne fu disotterrata una c
cettro su cui posava il cuculo, ministro della frode amorosa. I figli più illustri della diva sono Marte, Vulcano ed Ebe: i
morosa. I figli più illustri della diva sono Marte, Vulcano ed Ebe: i più oscuri, Arge, lUitia e le Preghiere. A ninna fra
innocenti, e nelle intere nazioni presso le quali erano nati. Ercole, più felice, quantunque esercitato in mille imprese da
i Giove non trovava mezzi di placarla. Citerone, re dei Plateensi, il più astuto dei mortali, persuase al dio di fabbricare
l dio di fabbricare un simulacro di legno, e dopo averlo ornato delle più splendide spoglie collocarlo sopra un carro, spar
donne si disputavano la palma per la celerità maggiore nel corso. Le più provette fra queste potevano ancora nell’olimpico
’aria (che reputavasi dagli antichi lo stesso che Giunone) sentono il più piccolo cangiamento: il secondo, perchè nacque, a
la vigilia dei cento lumi coi quali custodiva la misera Io. Una delle più grandi disavventure di Giunone fu l’essere sospes
igiavasi furono diversi, secondo i luoghi, gli attributi ed i nomi. I più comuni avrete nella descrizione della Giunone del
ò farne al giusto comprendere tutto il merito. E certamente una delle più perfette statue vestite, che ci rimanga dell’anti
ura ce la fan riconoscere facilmente per Giunone, così ci resta molto più sensibile la perdita delle braccia, nelle quali i
i mostra una fisonomia affatto ideale, che non combina coli’ immagini più sicure di quell’Augusta, e che lo stile stesso de
Augusta, e che lo stile stesso della scultura reclama un secolo assai più remoto. Certamente se si considera lo stile della
e di pieghe uniformi, solita osservarsi nei monumenti di quello stile più antico che noi chia miamo etrusco. Questi caratte
a maggior perfezione, conservava ancora qualche traccia della maniera più antica che l’avea preceduta, come appunto nelle p
si ravvisano talvolta i vestigi delle maniere usate nelle scuole dei più abili quattrocentisti. Nè meno che per la scultur
le donne greche, chiamate στεφαναι, e coronœ dai Latini. Il nome però più particolare di queste si fatte, che sorgono verso
zzo e vanno decrescendo nei lati, ci è stato conservato da Polluce, e più precisamente da Eustazio, che così lo descrive. —
anch’esso è largo nel mezzo, o nella parte che resta sopra la fronte, più stretto e sottile verso le estremità, per le qual
ezzo ascoste traspaiono a vicenda Celesti forme: tenera Amistade, Che più che in sé vive in altrui; l’ignudo Non fucato Can
dono. Con questo a Giuno ella ritorna; e, prendi, Disse, ecco ciò che più t’è d’uopo: il collo Tu ne circonda, e checché br
ni impose a Giunone. Lo scopo della presente Lezione è di parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali fa la
iana pur competesse, fu chiamata per diverse ragioni, fra le quali la più comune è perchè delle donne nei dolori del parto
le statue dei numi, favella Diodoro. Eccovi tessuta la serie dei nomi più illustri. Ragionar degli altri sarebbe inutile e
« Queste sottili interpretazioni non ci danno si curamente l’idea dei più antichi artefici, i quali la velarono come matron
e; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, perchè nel nostro simulacro e
bino rappresentato nel nostro marmo; non solo perchè dovea esserle il più diletto, siccome quello che, secondo la Mitologia
novelle: io fuggo, e già mi segue, Mi raggiunge; io contrasto, ei fu più forte; Che dato avea della rapina il dritto Al la
i giovenchi ad Apollo, che rimase maravigliato del sottile inganno, e più dell’accennato istrumento, che celermente percoss
ri di questa divinità favellerò nella seguente Lezione, giacché, come più volte ho notato, a que sti si deve la diversità d
aggero dei numi, ma dubito che il nostro marmo alluda a qualche fatto più conveniente all’età in cui si esprime Mercurio. O
l’antichità diede all’astuto figlìo di Maia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il quale da Cill
, il quale da Cillene, monte di Arcadia e patria del nume, secondo la più comune opinione deriva. L’alato Cillenio lo chiam
ella lira da Apollo, che la cura gli affidò degli armenti. I mitologi più recenti aggiungono che col potere di questo l’ire
rpenti, onde vi furono uniti per significare la concordia degli animi più efferati. Jamblico, che col velo dell’allegoria a
tro ritrovati dei quali fé’ ricca l’umana gente; e al parer di altri, più probabile, dalla figura della statua di lui Erme
e per ben due secoli ebbe dal volgo degli eruditi e dei professori. I più esperti uomini d’ ambedue le accennate classi s’e
sarvi Teseo, altri fra i quali il celebre Mengs, un Ercole imberbe, i più finalmente, dietro l’autorità di Winkelmann, un M
e della testa nè finalmente la fisonomia, ch’è nel nostro marmo assai più divina. L’opinione che lo crede un Meleagro, benc
armo assai più divina. L’opinione che lo crede un Meleagro, benché la più seguita, è la meno probabile delle tre: non ha fo
ratti del sembiante totalmente diversi e nella j^resente statua assai più sublimi; disconviene l’abitudine delle membra mol
statua assai più sublimi; disconviene l’abitudine delle membra molto più robusta e per così dire atletica, di quella che s
run vestigio. Io non ho mai dubitato di ravvisare Mercurio in uno dei più bei simulacri dell’antichità e dell’idolatria, A
elle sue moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i segni di Mercurio più comuni; l’ali, il petaso, il caduceo, la borsa. N
orsa. Non sono però questi simboli tanto suoi proprii che senza uno o più di questi non s’incontrino immagini di Mercurio;
aduceo, poteva essere nell’antico, giacché sono mancanti le mani. Che più ? per ridurre la congettura a dimostrazione si chi
llo gravissimo del confronto riconosciuto dagli eruditi come il mezzo più certo per decifrare simili ambiguità. Che se alcu
ustezza con tanta eleganza. Nessuna è stata immaginata o eseguita con più ardire, o si consideri il serpeggiamento della fi
statua, che l’intelligente Pussino non ha prese sopra altro marmo le più belle proporzioni della figura. E il numero delle
egnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato rivestito di più preziosa materia. » Ode di Orazio sopra Mercuri
i cento lumi Unica notte. Lezione decimaquinta. Apollo. Fra i più chiari figli di Giove, Apollo si distingue, il si
ché dio, soggiacque a molte sventure: onde veruno dei numi fu di esso più compassionevole, avendo fatto degli umani mali es
itissimo della medicina, trovato il mezzo di sottrarre i mortali alla più terribile delle dee, alla Morte. Sdegnato Giove p
a dello spergiuro Laomedonte. Nè la pattuita mercede segui la fatica: più generoso del re dell’acque, non fece piangere Apo
Ma Clizia, quantunque nell’amore avesse scusa il suo fallo, non gustò più la dolcezza dei baci divini. Invano per nove gior
non solo colla memoria che ce ne hanno lasciata nei loro scritti, ma più colle repliche e copie eccellenti, delle quali er
siamo sicuri di ravvisare il celebre Saurottono, lavoro di bronzo dei più rinomati dello spesse volte lodato Prassitele, di
trisciante lucertola: ella desidera di morire per le tue mani. — Poco più c’insegna questo epigramma di ciò che il nome ste
ra, sono menzionati nel distico. La descrizione che ce ne dà Plinio è più accurata, e servì per far riconoscere in simile s
sitele, anzi una copia alquanto minore, perchè le altre in marmo sono più grandi, ed alcune, fra le quali la nostra e quell
, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Villa Borghese, di più elegante lavoro. » Inno di Callimaco. Come si s
canta il poeta i certi dardi E il divin plettro del Licoreo nume. Nè più Teti nel mare ulula Achille, Quando, Io Pean, Io
la Achille, Quando, Io Pean, Io Pean rimbomba: Le lacrime sospende, e più non apre La mesta bocca in miserabil atto Niobe,
ro Tien pur la lira, la faretra e Tarco, I coturni e la fibbia. E chi più ricco E dello dio? Per me Delfo lo dica : Decoro
ono molte tradizioni, e tutte diverse, intorno alla città di Delfo, e più ve n’ha ancora sull’oracolo di Apollo, perchè dic
ri, inventò il verso esametro per quest’ uso. Non ostante, l’opinione più probabile e più seguitata è che Apollo ha sempre
erso esametro per quest’ uso. Non ostante, l’opinione più probabile e più seguitata è che Apollo ha sempre avuto delle donn
amministra la giustizia, sorprende per la sua gran dezza: ma ciò che più vi si ammira è un pavimento di rame che per tutto
o. Spiritare di Corinto n’è stato l’architetto. « Si vuole clie nella più remota antichità Parnaso avesse in questo luogo u
o Piti, che regnando diede il suo cognome alla terra. « Ma l’opinione più comune è che Apollo vi.uccidesse un uomo colle fr
sia, nella quale il premio concedevasi a colui, che avesse cantato i) più bell’inno in onor del nume. Nella prima celebrazi
della città, e molte strade vi fanno capo. « Annovererò hrevemente i più considerevoli monumenti consacrati al dio. Lascia
orie riportate ai giuochi pitici, due al pentatlo, una alla corsa. ma più illustre ancora pel suo combattimento navale cont
, e tutti gli eroi discendenti da Ercole, e da Perseo d’Ercole ancora più antico. « Succede il presente dei Tarentini, che
llo della stessa materia, appartiene agli Arcadi di Mantinea. Un poco più lontano vi è Apollo ed Ercole che disputano un tr
lao, che era un poco lontano dalla nave, ed Anfialo ne tende un altro più vicino. Sotto i piedi di Anfialo v’è un fanciullo
di Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale era distinta c
pregiudicassero alla bellezza dell’opera, giacché Polignoto è uno dei più famosi antichi pittori). — « Presso Eleno sta Meg
iori i beni del timor. Fingete Che pera alcun dei figli miei: saranno Più che due sempre su: l’allor strappate Al crine, e
. Esulta, o fera Vincitrice, trionfa: e perchè dissi Vincitrice? a me più misera resta Che a te felice: dopo tante morti An
guance meste, E nell’immagin sua nulla è di vivo. Fredda è la lingua: più non scorre il sangue Nelle vene: non pie muove nè
ali Polignoto celebrò Delfo, ma pensando che veruna lode per Apollo è più grande che il simulacro di lui, detto di Belveder
figlio di Giove geloso di un uomo mortale? Tutti questi soggetti son più nobili e più degni d’esser immaginati che la mort
ove geloso di un uomo mortale? Tutti questi soggetti son più nobili e più degni d’esser immaginati che la morte di un retti
olti, che danno idea della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης
lo Callimaco quando ha detto che stillavano la panacea sembra essersi più avvicinato alla sublime idea dell’artefice. Lo sd
osamente misto di agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede il più bello e il più attivo degli Dei, senza la morbide
di agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede il più bello e il più attivo degli Dei, senza la morbidezza di Bacco, e
rarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi ha di più sorprendente nei pezzi dei più insigni della grec
a sull’astrazione di ciò, che vi ha di più sorprendente nei pezzi dei più insigni della greca scultura, non è però conferma
tti osservati nella figura, riconosciuta d’altra parte per ciò che di più bello esista nell’arte. « L’opinione falsa che fo
ll’arte. « L’opinione falsa che fosse marmo di Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’era ignoto nel secolo dei g
ltura. « Verificato pertanto che sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento di di tutto il discorso
mente equidistante dagli omeri. Questa terza difficoltà può incontrar più d’una risposta. E per lasciare la generale che nu
er la religion de’ popoli, o per altre curiose avventure si rendevano più interessanti. Si è fatta commem orazione assai in
o poi trasportati ad Anzo dove fu scoperta questa insigne scultura. «  Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo di
sta statua l’Apollo di marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le più belle opere di quello scultore, senza additare il
Adriano che frequentavano quel soggiorno. « Questa statua, una delle più maravigliose, rappresentava l’Apollo Alessicaco,
ordinarie bellezze. Eccola: « La statua dell’Apollo di Belvedere è il più sublime ideale dell’arte, fra tutte le opere anti
supera tutti gli altri simulacri del dio, quanto l’Apollo di Omero è più grande degli altri descritti dai susseguenti poet
isogno dell’arte medesima, che guidasse la mia mano anche nei primi e più sensibili tratti, che n’ho abbozzati. Depongo per
n potersi supporre opera di Ca. lamide un lavoro sì perfetto, dove la più severa bellezza è unita a tutte le grazie immagin
e conservava qualche cosa della durezza e della magrezza delle scuole più antiche. Quindi non è lontano dal credere che lo
che lo scultore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche di Calamide, correggendone i difetti, agg
cLiNi. Lez. di Mit. ecc. 30 stro compatimento, ho tradotto, quanto il più bello dei numi fosse nel suo primo amore sventura
raccia, che appena il vel nasconde, Quel ch’è celato col desio figura Più bello. Ma la ninfa emula il vento Nella celere fu
Marito il suon degli animosi carmi: Certo è il mio strale, ma del mio più certo Fu quello onde ho piagato il core. Il mondo
Ahimè non vince Un’erba amor: per me vane son l’arti Utili a tutti. —  Più narrar volea. Ma fugge il nume e l’imperfetta voc
ti. — Più narrar volea. Ma fugge il nume e l’imperfetta voce Dafne, e più bella ancor si mostra: i venti Svelan le bianche
solleva il crin, che torna Indietro, e sua beltà la fuga accresce. Nè più il giovine iddio perder sostiene Le sprezzate lus
n la vergine tal: rende paura Celer la ninfa, e la speranza Febo, Che più veloce la seguia: gli dava Ali l’amore; già il fu
i nomi coi quali l’antichità lo distinse. Così il primo favella: « La più sublime idea della giovinezza virile ideale si sc
a virile ideale si scorge principalmente in Apollo, che riputavasi il più bello fra i numi. Nelle sue figure si ravvisano i
ndo però che tanta beltà si trovi in tutte le statue di Apollo. « La più bella testa del nume, dopo la celebre di Belveder
steneva. « Tale è la capigliatura di una figura muliebre in una delle più belle pitture dell’Ercolano, la quale presso ad u
teste, a cui pure affatto si assomiglia nella fìsonomia, e sono tanto più scusabili quanto le mentovate teste erano loro ig
ci questo senso bisognava dargli dei capelli di questo colore come al più bello dei giovini, poiché questi generalmente son
u i palchi d’Italia e di Grecia a contrastare la palma coi professori più rinomati di queste arti, e a compiacersi di ripor
inomati di queste arti, e a compiacersi di riportarla come di uno dei più gloriosi suoi fasti. Ci narra Svetonio che volle
e greche e latine si conservano tuttora con tale impronta, e. ciò che più singolarmente fa al nostro proposito si è che la
nza nelle belle arti, non abbia scelto fra i simulacri di Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè servisse di emb
arti, non abbia scelto fra i simulacri di Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè servisse di emblema del citared
inferirne che questa che abbiamo presente fosse presso gli antichi la più bella figura che offrisse Apollo in abito di Cita
ivano questi coronati di lauro. Osserva Luciano a tal proposito che i più poveri si contentavano dell’alloro naturala, ment
osito che i più poveri si contentavano dell’alloro naturala, mentre i più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate di s
della corona, che corrisponde alla fronte, soleva adornare le lauree più preziose, come lo dimostrano molte medaglie, fra
li antichi scrittori. La fascia, o zona, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordinarie: era questa un altro
o, pende dagli omeri del nume per una specie di armacollo. Tali cetre più grandi, che così per comodo si sospendevano, veng
mulacro a rappresentare Nerone, che mostrava una somma emulazione coi più famosi sonatori di cetra, e nei pubblici certami
arsi al libero giudizio de’ Presidenti dei giuochi per aver motivo di più compiacersi della vittoria. Quel corpo rettangola
elle che trattano di Apollo, è destinata a tesservi la serie dei nomi più illustri coi quali l’antichità distinse il più he
ervi la serie dei nomi più illustri coi quali l’antichità distinse il più hello se non il più grande dei numi. Pulio fu det
mi più illustri coi quali l’antichità distinse il più hello se non il più grande dei numi. Pulio fu detto, perchè autore ai
gna discordia sulle cause per le quali Febo si nomina: l’opinione che più al vero si avvicina è quella che derivar fa quest
dio, che simboleggia il Sole « Il ministro maggior della natura. » Più incerta ancora è la ragione per cui Licio fu dett
uomo tu sei, rinchiesta Non è mortale. Ahi stolto: i numi stessi, E i più superbi, sull’ardente carro Non oserian posarsi,
mi. Quello che brami: ch’io giurai di Stige L’inviolabil acque: ah tu più saggio Sii nei tuoi voti: — Avea Febo compiti I s
: il resto, o figlio. Alla fortuna raccomando: io bramo Che sia di te più savia: a me si vieta Libertà di dimore, e già la
ai voti, Che si faccia non sa: del ciel gran parte A tergo stassi, e più davanti: i lumi All’occaso rivolge, e all’oriente
os antico teme il mondo. Atlante L’ardente globo sulle stanche spalle Più non sostiene. Per l’empireo ancora Non tremi Giov
ndo Cicerone, nel libro che intorno alla natura degli Dei ha scritto, più furono le Diane. Una nata di Giove e di Proserpin
acque in Ortigia la prima, in Delo il secondo. Contuttociò l’opinione più comune è ch’ambedue questi numi vedessero la luce
Ch’in cielo, in terra e nell’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme, E per le selve di fere e di mostri Vai cac
seguendo il mio costume, vi narrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana questa tavola ci presen
ima delicatezza; quindi il celebre Winkelmann meritamente la stimò la più bella fra le figure non succinte della figlia di
ondata la fronte l’Urania colossale del Palazzo Farnese, e quel che è più osservabile questa nostra Diana, Omero stesso, ch
una delle sommità del Parnaso. La nostra Diana si rende con ciò tanto più singolare, non avendo col jiume tebano alcuna cog
o rappresentavano i cacciatori. Simili mantelli che nascondono per lo più una sola mano, si veggono soltanto in qualche fig
detto volgarmente Cipolla. In questo si trovano lavorate molte delle più antiche e più belle statue greche. Diana succinta
ente Cipolla. In questo si trovano lavorate molte delle più antiche e più belle statue greche. Diana succinta. « L’abito su
Mitilene, e tanto simile è quella figura alla presente statua in ogni più minuta particolarità, che non può dubitarsi che n
caccia Torneremo di nuovo. Apre la terra Di Febo il raggio, e lo star più si vieta: Tregua alle reti. — Obbediente ai detti
accia, e sciolgon due L’impaccio dei coturni ai pie veloci, E Crocale più dotta in un sol nodo Raccoglie i crini per lo col
o danno: Or ti lice narrar che senza velo Mi vedesti se il puoi: — nè più minaccia. Giunge alla fronte di vivace cervo Le c
Nel rio vicino le mutate forme: Me infelice: gridar volea: non forma Più la lingua parole: un strido è voce, Il pianto sco
lampo col latrato accenna Ai compagni la preda: accorron tutti Rapidi più del vento, Ileo feroce, E Lelape, e Teronte, Agre
il buon Mercurio riceve le tue armi. Apollo la tua caccia. Ma non ha più questo premio da che il fiero Alcide è venuto nel
u vuoi stare seduta presso Apollo. « Ma quall’ isola, qual monte a te più piacque qual città, qual porto? Quale delle ninfe
agli altri si canti. Dolica, una delle Cicladi, fra l’isole ti fu la più cara; Perga di Panfilia tra le città; Taigeto fra
a. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate di questa di vinità le geste più illustri. Ora conviene parlare delle maniere coll
elmann si esprime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di questa divinità. Gli angoli della bo
za anziché ricavata dal naturale: pure bellissimi ne sono i piedi, nè più ben fatti si veggono nelle più belle greche figur
e: pure bellissimi ne sono i piedi, nè più ben fatti si veggono nelle più belle greche figure. I capelli vengonle sulla fro
scia di color d’oro, sopra alla quale sta immediatamente altra fascia più larga di color rossigno, sparsa di fiori bianchi
, che apparteneva alla sepolta città di Pompeia. « Generalmente Diana più che ogni altra delle dee maggiori ha la figura e
evole occupazione, e quale appunto si conviene ad una dea, che per lo più rappresentasi in atto di correre; cioè diretto or
ti, o fregia che le furono dati nei tempi posteriori. La sua figura è più svelta, ed ha membra più pieghevoli che Giunone e
o dati nei tempi posteriori. La sua figura è più svelta, ed ha membra più pieghevoli che Giunone e Pallade; cosicché Diana
sa, presso Omero, fra tutte le sue belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che una corta veste, la quale non le oltre
nella Villa Borghese in Roma. Le sue Oreadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe ali di aquila, com
nferiore è formata di foglie, e che tiene un’ asce nelle sue mani: la più cognita fra queste si chiamava Figalia. » Non so
uamma gli ricopre il corpo. Serpe feroce ed indomabil toro Colla coda più volte il mar misura. Freme la riva al suo muggito
e generali notizie intorno ai templi vi diedi, promisi ancora che dei più famosi derivata avrei dagli scrittori la descrizi
giate. Ci vien riferito da Dionigi il Geografo che ve ne ha uno molto più antico fabbricato dalle medesime Amazzoni, il qua
pieno di ricchezze quanto era il primo, e vi si vedevano l’opere dei più famosi scultori. Era quasi tutto l’altare di mano
nne in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più di 36 di larghezza, e che vi si contavano 127 col
contavano 127 colonne tilte 60 piedi. Era questo tempio un asilo dei più celebri, il quale, secondo l’autore da me citato,
ella terra etnea Stava, e mite dicean Cocalo d’armi Prodigo ai mesti. Più non dava Atene Lamentabil tributo: era Teseo Lode
e, ed arse, E felice, esclamò, colui che degno Di tue nozze farai: nè più concesse Il loco ed il pudor. Dell’alta gara Prem
he le piogge unisce. Qui violento i suoi nemici incontra Il cinghial, più di folgore veloce, Che vien da nube che squarciat
i figli, Non stelle ancora eh’ il nocchiero implora. Su due destrieri più che neve bianchi Ivano, e d’ambo dalla man vibrat
e alla belva strisciò l’orecchia: il sangue Sul nero vello rosseggiò: più lieto Meleagro di lei fu certo: il primo Il sangu
Ovidio , Metamorf., lib. viii. Lezione vigesimaquarta. Dei nomi più famosi di Diana. Diana, onde non esser minore
e del fratello, chiese a Giove molti nomi e li ottenne. Favellerò dei più famosi, perchè influirono sulla maniera colla qua
da uno dei Titani nata. Partenia sì disse dall’ amor della castità, o più propabilmente da Partenio monte di Arcadia, atto
dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio presso gli Spartani, ove nei più remoti tempi si sacrificavano vittime umane. Licu
li antichi essere presa indifferentemente per la stessa natura, tanto più che da lei alcuni filosofi derivavano persino il
ò su d’esso effigiati, forniti di ali, e perciò collocati nella parte più sublime, sembrano aquile, grifi e simili mostruos
veggono sulle spalle e sulle braccia della dea: ma quello che v’è di più osservabile è il suo petto e la sua collana. Pend
tramezzata da ghiande, sotto un festone di varie frutta, denotanti il più antico cibo degli uomini. Il resto del petto è co
te de’ monumenti son le Stinfalidi diversamente espresse, sarà sempre più credibile che sien sirene. « Enumerati così i var
anza al gran tempio di Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la più stupenda, al dire di parecchi autori; costui moss
l’arco, Or le saette: e può vera chiamarsi Guerriera di Diana: a lei più cara Non fu veruna fra l’eletta schiera, Che sul
, dovute alla vanità delle nazioni, alla mala fede degli scrittori, e più ancora a quella mistura di diverse opinioni or po
è alle fraterne morti aggiunse Fallante figlio della Terra. Nei petti più sicuri poneva terrore lo scudo della dea, che nel
ssai delle azioni e degli attributi della dea. Passiamo a trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nelle q
la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza naturale lavorata nel più antico stile greco rappresenta Pallade con la sua
di Troia, perchè a quest’epoca non si era ancora scoperta la maniera più comoda di porre delle strisce nella parte interio
annodati a molta distanza del capo i quali poscia sotto il legame or più or men presso pendono in lunghi ricci paralleli.
lluce spiegando questa voce con quest’ altra (grec), non ce ne dà una più chiara idea: ma probabilmente quest’epiteto indic
mentovato scrittore. E anche vesimile che l’aver questa dea i capelli più lunghi dell’altre sia il solo fondamento, per cui
roprietà, reflettevano che questo appunto è il colore degli occhi de’ più feroci e guerrieri animali, e per ciò l’attribuiv
anto feroci. In fatti la dea del sapere non poteva stare in compagnia più propria che quella delle Belle Arti, e il parto d
valore e del sapere ad un tempo, ne sortì molti, ed io ne riporterò i più famosi. Omero continuamente chiama Minerva dagli
, od Equestre, fu detta perchè la prima inventò il cocchio con evento più felice della tibia, giacché favoleggiarono che do
a l’artefice avea rappresentato un gallo, o perchè degli uccelli è il più coraggioso, ovvero come simbolo della vigilanza n
l (grec) o striscia di cuoio, per cui si porta van gli scudi in tempi più vetusti appesi al collo. « La statua di Pallade c
anciulle: ma quella onde é coperta la nostra figura. oltre il vedersi più grandiosa e ricca delle altre, che in qualche rar
hi al fanciullo: muto muto sta, E le ginocchia gii configge il duolo; Più non gli detta la confusa mente Parole, e sembra e
eterna voluttà degli Dei, degli uomini, delle belve, favoleggiarono i più fra gli antichi che nascesse dal sangue della dis
po immortale pongono una vaga corona, e nell’orecchie traforate l’oro più fino, e l’oricalco; il collo, il bianco petto con
e dalle nere palpebre. Fin qui Omero: ma Cicerone lasciò scritto che più furono le Veneri adorate dagli antichi, nate da g
sto, pensa che di Saturno ed Evenirne Venere fosse figlia. L’opinione più comune si è quella che alla spuma del mare fecond
o della figura e delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco; collane di va
proprio errore coll’esempio di altri beati: illustre figlio ed ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma gli fé’ seve
razione di amore, come da molti antichi scrittori si rileva. Si trova più raramente come un fiore, che sembra essere il gig
ioni e l’Ore) è la sola che si rappresenti ignuda, e per essere stata più frequentemente delle altre in varie età effigiata
ella aurora, e par che senta quell’ età in cui le membra prendono una più compiuta forma, e comincia il seno a sollevarsi.
scorgesi dall’epigrafe. Queste due statue la rappresentano in un’ età più matura, e più grandi sono che la Venere dei Medic
epigrafe. Queste due statue la rappresentano in un’ età più matura, e più grandi sono che la Venere dei Medici. Le belle fo
i che rappresentano il rapimento di Proserpina, e singolarmente nella più bella delle due urne esistenti nel Palazzo Barber
ello Adon: piangon gli Amori, Accompagnando il fiero mio lamento. Che più in panni vermigli, o Vener, giaci? Sorgi, infelic
, e in sua magione Stannosi indarno i pargoletti Amori. Teco perì, nè più possiede incanto Olà sì pieno di grazia il mio be
ose, E le lagrime anemoli si fanno. Io piango Adone, ecc. Non sparger più per selve i tuoi lamenti, Citerea; è bello e fatt
ie ogni sua face; La nuzial ghirlanda a terra sparse. Non Imeneo, non più Imeneo si canta. Ma l’ai, l’ai sol risonar si sen
llarsi il pianto. Idillio, XXIII. Lezione vigesimottava. Cognomi più illustri di Venere. La presente Lezione è dest
La presente Lezione è destinata a tesservi colla serie dei cognomi più illustri di Venere l’altre maniere di effigiarla
el provenire da lei tutte le cose. Lascerò ai grammatisi il disputare più a lungo, contentandomi dell’autorità di tant’ uom
nte da un epigramma di Antipatro nella greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla di
« Non tanto l’aria del volto e le graziose fattezze convenienti alla più bella di tutte le dee; non tanto la gentil positu
statua, superiore al resto delle membra, benché non mai disgiunte, e più la simiglianza di un’altra testa meravigliosa nel
le, anzi è posto fuor di dubbio dalle medaglie, sicuro deposito delle più recondite erudizieni. Due medaglioni greci imperi
in Asia, e per cui il fanatismo degli antichi giunse agli eccessi i. più stravaganti. La perfezione di quest’ opera avea i
ue, simbolo delle quali è l’idria, hanno a Venere una relazione anche più stretta, per esser ella nata dalle acque, cioè da
le fu aggiunta la palma allusiva al suo epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si scorge. Se la favola di Virgilio, il
ventura di aver seco lui il nome comune, giacché al dire di Cicerone, più furono i Vulcani oltre il mentovato. Il primo dal
tato sciogliere le incudini, con le quali era Giunone legata, come la più litigiosa delle divinità, che mal soffrendo la no
fuori di questione. Questo utile ritrovato attribuiscono a Prometeo, più antico del dio, secondo lo Scoliaste di Sofocle,
o parco, Cresce, o s’allenta, e venti fochi accende Diversamente: in più fornaci immerse Di fulgid’oro e di forbito argent
e a suo piacer l’informa. E pria le cure del gran mastro alletta Non più visto lavor d’immenso scudo Di tempra impenetrabi
lletta Non più visto lavor d’immenso scudo Di tempra impenetrabile, e più d’arte Che di materia prezioso: il cinge D’oro fi
ato giro; Cinque pur d’oro sovrapposte falde Ne fanno il corpo; ma ‘1 più nobil fregio È quel che tutto lo figura e veste D
dell’opra E ristoro di lena: essi d’un sorso La si votan giocondi, e più giocondi Ricomincian la gara: ognun s’affretta Ug
ei tesori di Cerere poc’oltre Altro campo biondeggia, e vi stan sopra Più mietitori coll’adunche falci. Ai spessi colpi le
anelanti sposi In cui fame non dorme apprestan mensa Men lauta sì, ma più gioconda e cara. Di là non lungi lussurreggia e b
pano, ed a prova In bei canestri d’intessuti vinchi Portano il frutto più che mei soave: Mentre in mezzo un garzon lieve to
ula, e pur latrando alterna Alle fere, al pastor pavido il guardo. Ma più vago spettacolo giocondo Offre amena valletta, ov
corre e s’avvoltola. Ecco poi d’improvviso il cerchio fendesi, Ed in più gruppi il coro sblazzevole S’aggira e mesce, e si
o profonde dottrine, sia contrarie l’esperienza. Non ebbe, secondo la più comune opinione, Marte alcuna legittima moglie, e
do? Frena la collera che t’ inspira la morte del figliuolo. Anche dei più prodi di lui hanno già morsa la polvere, o la mor
fido, gli disse, fra tutti gli Dei che abitano 1’ Olimpo tu mi sei il più odioso. Tu non provi altro piacere che quello del
la passata Lezione, risero dell’incauta trama di Vulcano. Nettuno, il più severo, pregò istantemente lo zoppo fabbro a sleg
Dio comune fu detto; e fra i diversi motivi di questa appellazione il più probabile è quello di Servio, che lo vuole deriva
la prigionia fattagli soffrire dai figli di Aloeo, o alla maniera dei più antichi Greci che aveano costume di effigiarlo co
iene, non trovasi certamente fra tutti i lavori degli antichi. Le due più belle figure di questo dio. soqo una statua seden
rpina, eterno dolore della madre, e regina delrinferno. Non vi è cosa più potente di un esempio illustre, onde la colpa ne’
asse il suo nome, si chiamò Drepano dalla falce di Saturno, come è la più comune opinione, o da quelle che Cerere fé’ fabbr
a di montone, animale che le sacrificavano. Ma il porco era l’offerta più comune, e comandata nei sacrifizii ordinarli, mis
acrime chiuso il fonte stagna Oocito, e muta d’Acheronte è l’onda. Nè più coll’infìammate onde flagella Flegetonte la riva.
rbo Giove Reca i miei cenni. E chi ti die tal dritto, dei fratelli il più crudel? Non tolse La rea fortuna a me col ciel le
A Cerere fioriva unica e cara Figlia (altra prole le negò Lucina) Ma più d’ogni altra madre era superba: Del numero così c
e e variare dei simboli l’uso. Questo s’introdusse col tempo, e nella più remota antichità Cerere non ebbe tutti questi att
on furono che informi pietre, legni, come quelle di tutte le divinità più famose. Questa forma fu conservata a Cerere sotto
nti hanno aggiunto a questa favola circostanze, che non la rendono nè più facile, nè più ingegnosa. Gli storici che dell’al
nto a questa favola circostanze, che non la rendono nè più facile, nè più ingegnosa. Gli storici che dell’allegoria scrisse
he dell’allegoria scrissero, hanno dato a questo racconto il senso il più semplice ed il più vero. Petellide di Cnosso assi
crissero, hanno dato a questo racconto il senso il più semplice ed il più vero. Petellide di Cnosso assicurava che Pluto eb
ale indica la consumazione dalla terra del nostro corpo, che conserva più lungamente le ossa dall’avorio significfite. Conv
ci segni dello Zodiaco, lo che si riferisce alle relazioni immaginate più tardi fra la favola di Proserpina ed il sistema a
ò le gote: e volse indietro i lumi Dicendo: Salve, o sospirata terra, Più cara a me del cielo; io del mio sangue La gioia e
e leggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e di simboli più di ogni altra dea. La presente Lezione è destinat
nete sì alla madre che alla figlia, delle due testé mentovate dee, la più sublime bellezza: e diffìcilmente si troveranno a
blime bellezza: e diffìcilmente si troveranno ancora pel conio monete più belle di alcune siracusane rappresentanti una tes
le potete rilevare da Visconti nelle seguenti descrizioni. « Uno dei più bei monumenti delle arti degli antichi nelle drap
strana quella di Paolo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra le più insigni statue di Roma, l’appellò Crispina, quant
ggiori della religione delle genti. « Siccome il suo culto fu uno dei più universali, e per le campagne, della cultura dell
uito un coro, cantarono un inno alla dea. Secondo Cicerone, niente di più divino diede Atene di questi misteri, pei quali d
ndenti assicuravano il segreto di ciò che si faceva nel sacrario. Che più ? vi erano arcani, che dai Sacerdoti i più intimi
si faceva nel sacrario. Che più? vi erano arcani, che dai Sacerdoti i più intimi erano solo conosciuti, e conveniva aspetta
ingua era necessario per l’iniziazione. Quindi imponevasi il silenzio più religioso sul rito dei misteri che si leggevano i
’ Antonino il filosofo. Nè dimenticherò lo Scita Anacarsi, reso ancor più famoso dall’ opera di Barthélemy, che combina il
era che gl’iniziati obbligati si credevano all’ esercizio della virtù più severa. Cicerone dice che non solo erano causa d
e toccato con profana curiosità i misteri di Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti, dice in una sua Ode: Io viete
sen ceruleo pei rosati alunni Fiammeggia: il Sole nell’età primiera È più clemente: alla sorella il capo Segnan picciole co
olla voce e grida: Adesso Gite, sorelle, che sul biondo suolo L’astro più caro a me sparge dal crine Le feconde rugiade: —
da Adriano. Eccovi date, con quella brevità che si poteva, le notizie più importanti intorno ad un soggetto tanto rammentat
a la percossa orrenda Loro insegna a soffrire il Sole, e vanno Rapidi più che rovinoso fiume; Vincon del Parto la saetta, i
Non stimar che ti sia rapito: abbiam o Altre stelle, altro sol, luce più pura Saravvi, e stupirai gli Elisi campi Ed i bea
upirai gli Elisi campi Ed i beati abitatori, e prole, Aurea dimora, e più felice etade. Ciò che i numi mertaro una sol volt
felice etade. Ciò che i numi mertaro una sol volta Sempre tenghiamo, più fecondi prati Con Zeffiro migliore educan fiori E
e fato i tuoi detti saranno. — Sì disse e i lieti corridori esorta, E più mite all’averne entra. D’intorno L’anime gli si
a mensa. Rompe il silenzio dell’antica notte Un insolito canto, e son più rari Li orrori eterni; non l’incerte sorti Agita
non pianti Odi, e sospese son le pene inferne. Il Tartaro respira, e più non alza Issione la rota, e non si toglie L’invid
toria riportata sui Giganti, Giove diede a Vesta la scelta di ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime libazioni, o
sta negligenza con cure e con inquietudini da non dirsi. Non potevano più accenderlo con altro fuoco: bisognava, dice Pluta
E nei lari fiorir gli orni infecondi. Sorgea di tutto il bosco a lei più caro Un lauro, ed eran le pudiche frondi Ombra gr
spontanei dalle chiome, e bagna I fissi lumi involontario pianto! Che più ? dei bossi tuoi se tento il suono Dan gemito fera
affo da Venere e dal Cielo, e Simonide finalmente, secondo l’opinione più seguitata, da Venere e Marte. Platone definisce l
i e soavi, Fatto signore e dio da gente vana. » E Properzio, uno dei più grandi poeti antichi, spiegò con molta accortezza
mente egli ha perduto le sue penne, poiché dal mio cuore non è volato più mai. » E prezzo dell’opera adesso il favellare d
può mai esser letto abbastanza dagli artisti, poiché gran parte delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è nel
zia era l’Amore singolarmente venerato. La sua statua, come nei tempi più antichi, era una pietra informe non mai adoprata.
Fortuna, probabilmente per significare che in amore la fortuna giova più della bellezza. L’Amore è stato rappresentato sot
rappresentato sotto forme varie all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto di Stosch, che l’off
è a cavallo sopra un leone, per indicare ch’egli doma ancora i cuori più feroci. La lucertola ai pie d’Amore dormente è in
ro monumento, che rappresentava lo stesso soggetto, ma che non esiste più , la Notte era effigiata nella figura di una donna
sicuro è, che la moltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di questo nume; ed io la crederei
agine dell’Amore scolpito da Prassitele a Parlo; e quell’altra in età più fanciullesca, che si ammira in Campidoglio, nel P
ti andranno. Or ella è teco, e dell’antico affanno. Che ricompensa un più propizio Fato, Dolce memoria suona Per l’Olimpo b
a giovinetta intanto Gli avidi orecchi a tue menzogne apriva; Nè vide più nell’amator celato, Che spoglie anguine ed omicid
Psiche, ad aprir la chiusa urna fatale? Là dell’ira immortale Era il più orribil pegno: Ed ecco un vapor nero Uscia la car
e, e pietate il prese: Sentì l’antica fiamma, Ed obliò le offese, E a più beata sorte La conservò da morte. E volgea ratto
orni. Vi ha pure tre templi. Il primo sacro alla Notte, e degli altri più venerato. Nel secondo si adora l’Apatia. Nel terz
dello stesso Nume, che erano parte di quella preziosa raccolta delle più belle statue del mondo. Io non voglio defraudarvi
all’uso donnesco; quello del Capitolino, oltre l’ali alle tempie, ha più agli omeri due altre ali di farfalla che lo adorn
n gli può competere quell’acconciatura di capo, che pur ci offrono le più sicure immagini dell’Erebo e della Notte. « Un’ a
o da Fulvio Orsino, che si custodisce a Firenze nella Galleria. « Con più ragione l’attribuiamo ora a Morfeo, e per l’unifo
emblemi ad esprimere la sua possanza e i suoi pregi. « Il primo, e il più raro, è il ghiro, animai sonnacchioso, e preso an
sensi, poiché presso gli antichi naturalisti opinione era invalsa che più vegeto e pingue apparisse il gentile animale dopo
ana, che per virtù del Sonno sembrò libera da’ lacci della materia, e più capace di conversar colle sostanze spirituali e d
e. Io congetturo che l’immagine di questo rettile vi sia aggiunta con più mistero. « In Olimpia la statua dell’ indovino Tr
oter ritrarre dai sogni. La congettura pur ora proposta mi è sembrata più verisimile dopo la considerazione d’altre antiche
dìmento del futuro sia stato dalle rozze nazioni attribuito al alcune più che ad altre specie di viventi, dovrà attribuirsi
quei cangiamenti dell’atmosfera, che alcuni delicati animali sentono più facilmente dell’uomo, e perciò sembra che li pres
mbrarono alla fantasia sitibonda dell’avvenire altrettanti presagi. «  Più comune della precedente è l’immagine del Sonno in
n siano però mai altra cosa se non che genii del Sonno, tratti a quel più tristo significato per un eufemismo del linguaggi
dei disegnatori che han ricopiate le cose antiche. Questa corporatura più pingue e nutrita non è però tale oltre quelle che
tile, in cui le figure si rappresentano; ed in fatti le lor forme son più rotonde a misura che i genii vengono avvicinati a
, una all’ altra sovrapposte, nè tali sono in quelle del Sonno in età più adulta.» Descrizione della Casa Del Sonno. Si apr
eggian col ver vegga Alcione; Giuno lo vuol. — Sì detto, Iride parte: Più del sopore tollerar la forza Non potea: pel segna
Museo Clementine, e così viene illustrato da Visconti. «Uno dei pezzi più singolari per la rarità e per l’erudizione è la p
. «Ma per tornare al nostro marmo dirò che é l’unica statua, e forse, più generalmente parlando, l’unica immagine di questa
pode, ingegnosamente da lui spiegata per Biante Prieneo: lo che tanto più si rende verisimile quanto è certo dall’annessa e
bba appartenere alla figura superiore, l’inferiore all’ incontro alla più bassa, secondo l’ ordine eh’ è evidente nelle res
ndo, Esiodo, fu figliuola del Cielo e della Terra, ed il consenso dei più fra i Mitologi la fa madre dei primi fra gli Dei,
lla gran madre, che così Cibele era chiamata. Deve Tebe a Pindaro, il più grande fra i lirici poeti, i principii della reli
verso l’imboccatura del Tevere. Narrano che non poteva essere spinta più innanzi, e che Quinta Claudia donna d’illustre fa
ad orazione. Diffìcilmente si trova senza l’accompagnamento di uno o più leoni, emblema favorito della sovranità presso i
tra il timpano, mentre lo percote colla destra armata di un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno di quegli ossi,
sulla coscia, ovvero sul bracciale del trono. Questo ultimo modo è il più frequente, come il più dignitoso, e probabilmente
l bracciale del trono. Questo ultimo modo è il più frequente, come il più dignitoso, e probabilmente da Fidia prescelto. In
dei mentovati versi che ha fatta con impareggiabile felicità uno dei più grandi letterati d’Italia, il dottissimo abate La
Io giovin fui, anzi testé pur era, Io delle scuole il fior, io fui il più bello Onor della lottante agile schiera. Io conco
sto quel meschinello sbigottito, A lui si stringe addosso, Ond’egli a più non posso Fugge, già fuor di mente, e si rinselva
surdità contro i maestri dell’Evangelo. Ati, secondo essi, è il sole: più probabile, ma non certo è che questa invenzione s
olato conducevasi il toro, e altra vittima se v’era annessa (e per lo più un montone, delle volte ancora un caprone) ed ivi
, or della Terra, ora di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella di Esiodo che ne attribuisce l’or
e Dell’altre genti. L’assalir gli Ausonii, L’inondaro i Sicanii, onde più volte Questa che pria Saturnia era nomata, Ha con
mento del sangue umano. Presso i Cartaginesi veniva in questa maniera più particolarmente onorato, e questo culto empio e b
prima nobiltà dugento giovani per essere sacrificati, e ve ne furono più di trecento altri, i quali, sentendosi colpevoli,
a quattro cinque. Siccome è parte delle costumanze romane, ne parlerò più a lungo nell’esporvi l’istoria di quella nazione.
ntesimaquarta. Dei Ciclopi e dei Dattili. Il signor Fréret uno dei più dotti uomini della Francia ha raccolte sui Ciclop
e, senza alcuna cognizione nè delle leggi della società, nè dell’arti più necessarie. Polifemo figlio di Nettuno è loro cap
avorare i metalli relativamente ai Greci, perchè quest’arte era molto più antica nell’Oriente: come una specie di medici e
Sesostri nell’Asia minore e nella Tracia. Questo avvenimento, uno dei più considerabili dell’antica istoria, influì molto s
ia, perchè i Dattili che la portarono erano Frigi, secondo l’opinione più comune. Egli è vero che alcuni autori li facevano
crudel cantava: O Galatea, perchè chi ti ama aborri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida di agnella, e più l
atea, perchè chi ti ama aborri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida di agnella, e più lasciva Di vitelletta,
orri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida di agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva acerba Aspra d
di agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva acerba Aspra di più , ten vieni allor eh’ un sonno Dolce mi prende, e
to avrai; Lascia che il mare col ceruleo flutto Flagelli il lido, che più lieta notte Avrai nell’antro mio. Lauri vi sono,
mi dolgo: Punto bene di me ti disse, e magro, Sottil mi vede ogni dì più . Se dico Che capo e piedi gran pena mi cruccia On
er canestri Tu volessi e cercar tenere frondi Per r agnelletto, assai più senno avresti: Mungi agnella presente: e perchè s
gui Chi ti fugge? altra Galatea potrai Trovarti, e forse d’essa ancor più bella. Nella notte scherzar molte fanciulle Chied
i, non erano nomi di popoli o di famiglie, ma semplici epiteti. Dalla più leggera attenzione su ciò che significava la paro
li situati all’ oriente del fiume Acheloo. La parola Cureti presa nel più semplice significato suona uomini nel fiore degli
gl’inventori della danza armata: e così erano chiamati perchè erano i più giovani fra i sacerdoti incumbenzati di questo uf
chiama Cabiri alcuni Dei Egiziani che dicevansi figli di Vulcano, la più antica divinità dell’Egitto. Nella Grecia si dava
L’ orrenda maestà nel fiero aspetto lo manifesta pel re dell’ombre, e più lo distingue il Cerbero che gli posa ai piedi, po
. Gli angui che gli avvincono il triplice collo non sono omessi nelle più eleganti descrizioni che a noi sono pervenute. « 
che a noi sono pervenute. « Quello che nel nostro simulacro interessa più di ogni altra cosa lo sguardo del sagace conoscit
ificata Alessandria; che incominciò appunto da questa epoca ad essere più conosciuto Serapide, e che il suo culto divenne p
a epoca ad essere più conosciuto Serapide, e che il suo culto divenne più divulgato da che il primo dei Tolomei fece, a mot
, di cui si riguardarono questi numi come dispensatori, simbolo tanto più conveniente al Giove Plutone, Giove Dite, Giove R
ntemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiquaria che le arti, e il celebre conte Cay
nne ch’ebbero commercio con Ercole fu quella che partorì un figlio il più somigliante al padre. Ifidemea ebbe grandi onori
l padre. Ifidemea ebbe grandi onori dai Carli della città di Milasso. Più alto due compagni di Ulisse, Peremede ed Euriloco
rte Gefalo sposò Glimene figlia di Minia e n’ebbe Ifìclo. In un piano più da lungi si vede Megara tebana. Ercole privato de
stito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e Piritoo sta
ervivano per variare la posizione delle gambe, e per dare un appoggio più solido alle loro statue. Questa bacchetta nella m
al disopra di Achille: sono tutti senza barba, Agamennone eccettuato. Più alto è il giovin Foco: le sue forme hanno un’aria
mano sinistra. lasco che gli è accanto, e che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello dal dito di Foco: qu
di Foco per provare l’ antichità degli anelli. Si vede che dai tempi più remoti le pietre erano incise, o portavano almeno
el l’istoria e nella religione, avevano nell’antichità un effetto che più non sussiste. Al di sopra di Tamiri è Marsia sedu
di morte la maggior disgrazia, perchè gli privava della sepoltura. I più grandi artisti sono stati e saranno sempre costre
un arco scitico, e che ha le spalle coperte da una pelle di leopardo. Più in alto vi sono due donne che portano dell’acqua
ad ambedue, la quale nota che queste donne sono fra le non iniziate. Più alto si vede Callisto figlia di Licaone, la ninfa
inito di bellissimi soggetti, dei quali Tesecuzione riescirebbe tanto più gradevole, quanto per la maggior parte non sono s
atiche di Religione, quanto gli dei sono maggiori degli eroi. Un poco più basso vedesi Tantalo in mezzo ai tormenti descrit
più basso vedesi Tantalo in mezzo ai tormenti descritti da Omero. Di più vi ha uno scoglio che minaccia schiacciarlo, e lo
o di questo scoglio. Tale è la descrizione che dà Pausania di uno dei più celebri dipinti, stupore della Grecia intera; ma
re di cerulei serpi; Cessò il latrato nell’aperte gole Di Cerbero, nè più moveva il vento La rota Issionea. Vinto ogni caso
ti in pace, Immensa notte mi circonda, io vado Ed a te tendo, ahi non più tua, le palme: — Vacillante sì disse, e sparve, e
e lievi, E lui fra l’ombre brancolante invano, E che molto volea dir, più non vide. E gli vietava traghettar Caronte L’oppo
ste notizie nei libri comuni di Mitologia, che spesse volte ingannano più di quello che illuminino gli artisti, onde vi eso
ile sovente portano alle tempie. Altre sono senz’ali, contro quel che più comunemente veder fanno le opere etrusche nelle q
alate comparir le Furie afferma Winkelmann con troppa franchezza. Di più , ad un’altra osservazione del medesimo fa guerra,
re, che vien loro assegnato, non altro denota che pluralità, onde sul più antico teatro greco comparivano cori di Furie fin
sania nel suo Viaggio nell’Attica. Venere Celeste, secondo esso, è la più antica, e la Fortuna è la più potente. Ma comunem
ica. Venere Celeste, secondo esso, è la più antica, e la Fortuna è la più potente. Ma comunemente i loro nomi sono Atropo,
he vien da (grec), filare, pensa al presente. Quindi Cloto, ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al
Lachesi filava tutti gli avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più matura di tutte, tagliava colle forbici il filo.
ri fanno scrivere le Parche sotto la dettatura di Plutone. L’opinione più comune è che il Fato, il quale comandava a Giove,
a assegna un’aria feroce, gran denti, mani adunche; insomma sembianze più terribili di una fiera, per additare il terribile
ma D’arbore antico, o di frondoso pioppo, Tal io tremava, o se tremar più puossi, E tu senza sospetto ebro dormivi, Perchè
avi abbracciar, e quinci e quindi Le tue movendo addormentate braccia Più volte fosti per ferirle al ferro. Che tra pietà e
attributi di questa dea non mi permise d’ inserirvi le altre notizie più adattate all’opportunità del presente argomento.
a le sacrificò una sterile giovenca. Ma passando a cognizioni per voi più importanti, vi ripeterò con Winkelmann che le cit
studiate di dare sulle loro monete, sia a Cerere che a Proserpina, la più sublime bellezza: e difficilmente si troveranno a
lime bellezza: e difficilmente si troveranno ancora pel conio, monete più belle di alcune siracusane, rappresentanti una te
vvisarono di vedere in quelle monete l’effigie della Ninfa Aretusa. I più grandi artisti, sopra tutto il celebre Prassitele
i segni dello Zodiaco, lo che fa allusione alle relazioni, immaginate più tardi, tra la favola di Proserpina e il sistema a
er altre vie, per altri porti Verrai a piaggia, non qui: per passare, Più lieve legno convien che ti porti. E il Duca a lui
non ti crucciare; Vuoisi cosi colà, dove si puote Ciò che si vuole, e più non dimandare. Quinci fur quete le lanose gote Al
fra tutti gli uomini si credevano esenti dal tributo per esser vicini più d’ogni altro popolo al regno dell’ombre. Tre, com
to stimato degno di tanto uffizio. Focilide lo celebra come l’uomo il più temperante: certamente giustissimi furono sempre
scrupolose, delle quali questa dea si occupa per discoprire i segreti più nascosi; ed è sotto questo punto di vista eh’ Esi
zione di un argomento interessante e sicuro, acquista egli allora una più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimentica
e nella quiete del sepolcro. « La misura del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli, col quale non so
estro, col quale espone appunto la lunghezza del cubito, è il simbolo più costante, onde argomentò Spanhemio, che a questo
quale combina coir indubitate figure di Nemesi, e fra le altre colle più certe che sono in un medaglione del re di Francia
a caratteristica, nel tempo stesso che lo facesse apparir verisimile. Più naturale azione e più adattata per quella necessa
tempo stesso che lo facesse apparir verisimile. Più naturale azione e più adattata per quella necessaria mossa del braccio
e medaglie, dalla combinazione di tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal quale esposizione di
o da’ suoi tempi aveva saputo effigiare la greca scultura, salita dal più bello della natura umana all’ideale della divina,
stato di rischiarare i dubbi, che non seppero dileguare in Pausania i più colti Attici di quel borgo: tanto la servitù dei
dicare o la Libia, o l’Arabia, confusa spesso coU’Etiopia, patria dei più ricchi balsami, e dei più ambiti dall’antico luss
bia, confusa spesso coU’Etiopia, patria dei più ricchi balsami, e dei più ambiti dall’antico lusso muliebre. La corona d’or
ra attenzione, onde udite da Ovidio, che ho tradotto, come Dedalo, il più antico degli Artisti, fuggisse con Icaro suo mal
rdine dispone, E adatta in prima le minori penne; Segue alla lunga la più hreve, e credi Che quasi colle cresca; in questa
atrio nome, Occupa l’acqua che da lui si chiama. Ma il padre, ahi non più padre I alto gridava: Icaro, dove sei; Icaro, in
: e certamente molti fortunati divennero spargendolo; ed il trono, la più splendida, ma la men vera fra le sorti umane, fu
se molto ella possa negli avvenimenti di quaggiù, e se qualche volta, più che al coraggio ed al sapere, a lei debbano i pot
Grutero, che venne presa da alcuni per l’Aurora. Nessuna cosa fu però più particolare alla Fortuna della ruota, essendo que
ona murale, le ali, la cornucopia, la nave, il ramo di ulivo; bisogna più lodarne la buona intenzione ed i voti che concepi
imperatori cristiani in avvenire credendo la Vittoria un simbolo non più superstizioso, durarono un pezzo a effigiarla nel
rtuna si assomigliava principalmente a una Vittoria. L’unirono per lo più però con la Croce, o altri segni, per levarle ogn
to il silenzio di quei padri della Mitologia su tal proposito ad idee più giuste di quelle che si ebbero nell’età susseguen
riori mitologi hanno investita la Fortuna. « E presso Omero quel Fato più forte della volontà di Giove non é molto consenta
ata di tanti dii? « Io per me non credo dovermi allontanare dal senso più naturale e più certo di quel vocabolo, quando ved
i? « Io per me non credo dovermi allontanare dal senso più naturale e più certo di quel vocabolo, quando vedo che i monumen
somiglia quasi alle torri dalle quali si vede coronata la Fortuna in più monumenti, e che gli ottenero forse da Pindaro il
per undici secoli dell’Impero romano, fu quella altresì che riscosse più lungo culto fra le deità del Paganesimo, non esse
on perciò è priva del suo trofeo, quantunque da alcuni possa credersi più adattato alla Vittoria terrestre, come inventato
po, se una statuetta simile, trovata posteriormente e in questa parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitu
mmirabil prove S’aggiunse ai Numi, e si fé gloria a Giove. Circondare più volte I miei genj reali Di Roma i gran natali; E
uterpe, Talìa. Le Muse così sovente invocate dai poeti, secondo la più antica Mitologia, erano figlie di Celo, come Satu
lo, come Saturno e i primi degli Dei. Ma l’opinione meno inveterata e più seguita è che fossero figlie di Mnemosine e di Gi
mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichità di rivederne una più completa e più conservata qual è la presente.
usingavano gli amatori dell’antichità di rivederne una più completa e più conservata qual è la presente. Clio. « Nel
pugillari. Perciò l’altrove lodato sarcofago Capitolino, monumento il più bello fra quanti prima delle nostre statue ci pre
i tempi passati, ed è la depositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genuino di questa voce, in che è con
ti, ed è la depositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genuino di questa voce, in che è con preferenza a
e pieghe e mancante d’elasticità. Infatti fu questa pianta la materia più comune dei volumi ancora presso i Greci, dacché l
vede in piedi presso Calliope che ha i pugillari. La Storia nel piano più basso in atto di sacrificare ha un simile distint
ma che ha la cetra. Così parimente tra quelle della Yilla Mattei sarà più verisimilmente Clio la musa col volume scolpita i
imo a proposito di rammentare questi monumenti delle Muse, che sono i più cogniti, perchè ne restino sempre più confermati
onumenti delle Muse, che sono i più cogniti, perchè ne restino sempre più confermati e costanti gli uffìcii, gli attributi
sull’orlo superiore della tunica in mezzo al petto. Simili ornamenti più sono proprii di una musa teatrale qual’era Euterp
perfettamente simile che vi è rimasta. Queste repliche servono sempre più ad avvalorare il sospetto che fosser copie d’insi
ace Talia, inventrice di quel ramo dell’arte scenica, che se non è il più utile, è di sicuro il più generalmente gustato. T
uel ramo dell’arte scenica, che se non è il più utile, è di sicuro il più generalmente gustato. Talia i comici scherzi e i
erzando punge. « II bastone ricurvo è proprio degli attori antichi, e più conviene a Talia, ch’è ancora presidente agli stu
la quale può alludere la sua verga. Siccome però la Commedia è il suo più rinomato esercizio, così il suo più distinto attr
Siccome però la Commedia è il suo più rinomato esercizio, così il suo più distinto attributo è la maschera comica, dalla qu
on borchie, fra le quali le due prime, che restano su gli omeri, sono più grandi. Ha una sopraveste bizzarramente involta,
ia che la maschera di Ercole, la cui clava suole esser il suo simbolo più comune nella maggior parte dei monumenti. Qui per
si comprendesse qual genere di personaggi e d’azioni formasse il suo più opportuno argomento. Le chiome sparse rappresenta
le vendemmie videro nascere in questo spettacolo una delle invenzioni più nobili dello spirito umano, e i rustici furono i
aste d’Apollonio e quello dell’lntologia le attribuiscono l’ode; e il più volte lodato epigramma dà la Tragedia ad Euterpe,
l Palazzo Farnese alla Lungara, la qual replica serve a provar sempre più la celebrità degli originali di queste Muse. La n
riportati sul braccio manco: ora l’è stato riposto sulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma
irò che nell’Apoteosi di Omero Melpomene è la figura muliebre velata, più vicina a Giove a cui rivolge il volto: la contras
sta come nella stessa scultura: è rappresentata la Tragedia nel piano più basso della composizione dove è 1’ epigrafe greca
a ed ornamento del capo, ed altissimi coturni alle piante. Quello che più fa al nostro proposito è che appoggia il piede so
sovra un sasso nella stessa guisa della nostra statua, lo che sempre più ci assicura che r artefice non ha usata di questa
ran fascia di cui è adorna. Tersicore. « Due sono, secondo la più comune opinione, le Muse della lirica poesia, il
i originali di queste figure delle Muse, che eran forse, come abbiamo più volte notato, quelle scolpite da Filisco, ed ammi
ato di seguire l’epigramma di Callimaco, già da noi osservato come il più lontano dalle comuni opinioni. Noi però dalla Lir
o quelle di Erato dovea rappresentarsi la decima musa di Mitilene, la più celebrata maestra delle nostre canzoni.» Udite d
si è sparsa intorno una lieve polvere, che gli mostra meno belli, ma più veri. Anfìarao, armato tutta la persona, ha lasci
amennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli alberi più grandi si taglierebbero. Se noi riguardassimo ciò
state con gran compassione rappresentate; ma in questa pittura ancor più ne vedrete. Guardate dunque: le fiaccole sono min
perchè ciò successe di notte: i nappi ove il vino spumava risplendono più che il fuoco, essendo d’oro: le tavole erano tutt
sguardo furioso, crollando la testa scapigliata, con un braccio reso più fermo e più terribile dal furore: dove la misera,
ioso, crollando la testa scapigliata, con un braccio reso più fermo e più terribile dal furore: dove la misera, tutta delic
a. Polinnia. « Non vi ha dubbio che questa statua, una delle più eleganti e conservate della collezione, e che non
la memoria. Questo attributo materno è restato, fra le altre germane, più particolarmente appropriato alla nostra Musa, com
loro silenzio, e rappresentare di tutto il cielo poetico le avventure più dilettevoli. Che questa sorta di danze fosse dire
da un velo. « Consideriamo ora la nostra Musa ne’ restanti monumenti più accreditati che ci offrono queste Dee dell’Arti;
i che ci offrono queste Dee dell’Arti; nel sarcofago Capitolino ninna più convenientemente potrà dirsi Polinnia che la quin
del Campidoglio. La particolarità di esser involta nel manto è ancor più chiaramente indicata nel bassorilievo Colonna. « 
anto è ancor più chiaramente indicata nel bassorilievo Colonna. « Che più ? in simile attitudine esistono ancora due statue,
lla Panfili, e nella Melpomene del sarcofago Capitolino, e quel che è più decisivo, nella Musa colossale eh’ era già nel co
glia giacciono distesi i corpi dei capitani, grandi invero e membruti più che il comune degli uomini: ma Capaneo è pari a u
nuto rosso. Amore slega Andromeda, dipìnto secondo l’uso coll’ali, ma più robusto ch’esser non suole. Egli è dipinto quasi
é piacevole e gentile per esser di una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la sua beltà. Perchè di delicatezza el
nere sull’imprese onde l’ isterica è composta, e che formano la parte più amena e più interessante dei nostri studii. Ura
prese onde l’ isterica è composta, e che formano la parte più amena e più interessante dei nostri studii. Urania sedente.
e del tutto insieme, aveano le teste incassate e amovibili, di lavoro più elegante e gentile, come apparisce dalle tre che
esecuzione, capricciosa e gentile nel paneggiamento, perfetta in ogni più piccola e men significante sua parte, che non pos
nata la cucitura, e che il drappo della metà inferiore è notabilmente più grosso della superiore, essendo quest’ultimo rapp
a tonaca dal mezzo in su è trasparente, sia fatta dal mezzo in giù di più grosso drappo non per altra ragione che per quell
un’altezza non comune, e pari quasi a quella dei coturni tragici dei più lodati monumenti. Benché possa perciò competere a
roi e le fantasie dei poeti. Queste e simili fredde allegorie non son più degne di presentarsi alla buona critica del secol
o il tenero Euripide, che stava componendo dei versi: e così forse il più privilegiato allievo di Calliope reggendo i pugil
he possa scriversi cosa la qual meriti di esser letta, nessun simbolo più adattato di questo potrà darsi a Calliope, che è
o cantarli o rappresentarli, possono distinguersi con altri segni che più decisamente le determinino, come la lira, la cetr
nguerla da Clio, che ha pure in quelli intonachi lo stesso attributo. Più avvedutamente r artefice delle nostre Muse, o sec
utamente r artefice delle nostre Muse, o secondo l’uso che osserviamo più comune nei monumenti, per non confondere colla mu
ha dato un utile insegnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più di riflessione e di ponderazione richiegga lo scr
glia considerata da chiunque ama le belle arti: essendo questo il lor più sublime grado di scolpire l’anima e di rappresent
o dei pugillari è stato attribuito a Calliope in tutti i bassirilievi più nobili delle Muse: li ha la seconda Musa del prim
abbiamo già notato aver confusi gli antiquarii, e che dissente dalle più ricevute opinioni. « Per farmi meglio comprendere
sse Antiloco voi potete averlo rilevato da Omero, quando lo vedete il più giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo
nti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in obbligo di sacrificare più che l’artista? Disputata è pure l’origine di ques
co antichissimo poeta loro dà in genitori Egle ed il Sole: r opinione più comune le vuol nate da Venere e da Bacco. Discord
ella Persuasione, fu annoverata da Pausania fra le Grazie, ed Egle la più giovine di tutte fu data in moglie a Vulcano. Con
a un ramo di mirto. Bupalo pure le fé’ vestite a Smirne, e quel che è più , furono nell’Odea così dipinte dal primo pittore
e lo mostra l’uso singolare di collocare le Grazie in mezzo ai Satiri più sozzi, dei quali i simulacri, qualche volta voti,
lla sinistra l’arco e le freccie, perchè la sinistra che fa il male è più lenta, e la benefattrice che dà la sanità è più p
stra che fa il male è più lenta, e la benefattrice che dà la sanità è più pronta dell’altra. Crisippo così ragiona nel libr
ioni, che può trarre la morale da queste dee, ragionerò di quello che più v’ interessa, cioè degli antichi monumenti nei qu
scultura. come pensa Visconti, in Siena le rappresenta. Ma il gruppo più bello e più conservato delle Grazie è quello del
ome pensa Visconti, in Siena le rappresenta. Ma il gruppo più bello e più conservato delle Grazie è quello del Palazzo Rusp
li. Non è nuovo il rappresentare i mortali negli Dei, e sapete che il più scellerato fra gì’ imperatori romani fu ritratto
simile a quello di Vulcano. Questa è probabilmente Aglaia o Egle, la più giovine delle Grazie, che, come vi ho accennato,
Mennone: ma non hanno armi perchè si propongono di fare l’esequie del più grande fra loro, che ha ricevuto un colpo d’asta
figlio contrista il Sole, e prega la Notte che si affretti di venire più presto del solito per arrestare l’esercito, onde
— Lezione cinquantesimasesta. Esculapio. Esculapìo, secondo la più comune opinione, fu figliuolo di Apollo e di Coro
asi il sepolcro di Esculapio, i giuochi ogni cinque anni, ma i templi più famosi del nume erano in Pergamo e in Tetrapoli.
e gli diedero per nutrice Trigone, forse per essere il cibo del grano più salubre di tutti; e per moglie Epione, che second
Era tutta questa comitiva di Dei fatta molte volte insieme, quando in più , quando in minor numero, secondo la superstizione
i mali. E perchè in questa si ringiovanisce, e nel tempo stesso siamo più deboli, gli antichi hanno dato a questo nume l’ab
i hanno dato a questo nume l’abito mentovato, proprio presso loro dei più teneri giovinetti, ed atto a difenderli dal rigor
ia è in piedi, il padre siede: questa diversità rende il nostro assai più pregevole, poiché lo possiamo credere una copia d
possiamo credere una copia di quello descrittoci da Pausania, come il più illustre fra tutti i simulacri di Esculapio. Dice
e il più illustre fra tutti i simulacri di Esculapio. Dice egli: — Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacri di Escul
ruppo, nel tempo stesso che lo dimostra una copia, ne persuade sempre più la provenienza accennata. Le teste sono antiche,
à. « Ad Esculapio è stata adattata una testa con barba essendo per lo più barbato questo nume nei monumenti, cominciando da
il fare un dio autore della colpa. Ma perchè l’umana mente si diletta più del maraviglioso che del vero, la storia cede all
egnate al poema di Nonno, da cui estrarrò quello che per voi vi ha di più interessante. Non vi è nulla di più necessario pe
rarrò quello che per voi vi ha di più interessante. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere quale idea gli a
lio soddisfare che Visconti nella seguente illustrazione di una delle più belle statue che rappresentino il dio del Vino.
cose troppo note e comuni: basta il riflettere che questo forse è il più costante degli attributi bacchici, poiché il figl
ità dai mitologi attribuitagh, ma sempre con lunghe treccie, e per lo più così sparse intorno al collo, agli omeri, al pett
ituazione, il rilievo, e la rotondità dei fianchi. Non vi ha nulla di più proprio di Bacco: o provenisse ciò dall’uso e dal
espressioni non dipingono la nostra statua, non saprei immaginare un più evidente rapporto. « Vero è però che come differ
islatore. Da ciò dee ripetersi tanta varietà di rappresentarlo, tanto più che gli statuarii han voluto esprimere in un sol
lla mano. « Taluno ha creduto rilevarvi il difetto che una coscia sia più sottile dell’altra: se si fossero conservate le g
pi cose grida, E sparge le paure, onde fremente Sta fra l’orror delle più basse nubi Non Dea del Ciel nè dell’Averno: i pri
olla vista. Alfine Lascian le case, e i talami infelici Non riveggono più : nel cielo aperto Stanno ammassate, e di dolore h
à del tuono Arse Semele: piange Autonoe il figlio Cervo. Di loro, ahi più misera: uccise L’unico figlio Agave. Esul d’Atene
ue Della tua stirpe. A me la rabbia antica Rendi: che di furor specie più cruda Ho, la saviezza. Fa che un’altra volta Fors
: prenditi o Bacco: è sangue Del figlio mio: Pel mio delitto io vissi Più di lui: ma fedele a questo pianto Gl’inalzerò la
Marte, o piuttosto l’Invidia sotto la sua forma, io non posso restar più in cielo per vedervi trasportata tutta la razza d
di Atamante e d’ Ino che ho tradotto da Ovidio n’ è un esempio ancor più tremendo. Innanzi di passare alla descrizione del
per darlo in deposito a Rea, a Cibele, che ne prende cura. Dalla sua più tenera giovinezza la dea gì’ insegna a montar sop
acco inspirano affetto. Il dio si volge verso lui, e gli dice le cose più lusinghiere: lo interroga sulla sua nascita, e fi
tutto: finisce per chiederlo a Giove, e sollecita questa grazia colle più vive istanze. Qui il poeta ci fa la descrizione d
o, la di cui morte ha preparata la felicità dei mortali. Dà gli elogi più pomposi all’eccellenza del nuovo arbusto e a quel
l cielo, dove le Muse la celebreranno. Ma Bacco esce dal seno materno più rilucente di una stella, mentre che la fiamma, se
i una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siria. L’edere
ine, perchè consideravano ambidue questi vegetabili come il ritrovato più utile pel genere umano. Iride dunque vola da Rea,
h’ io vegga una tazza di questa deliziosa bevanda, ed io non piangerò più . Questo passo non si accorda con la dignità degli
eo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi più bella di Giunone. Nettuno per vendicar la sorella
on mirava, e teme Del suo liberator di sé scordata: Sospira, e il cor più che le membra pende: Ruina alfin col lacerato cor
to pone neir esercito di Bacco. Lo dio minaccia il fiume, che diviene più furioso. Bacco gli arde il suo letto. L’Oceano se
ali scannati all’ intorno, e questo corpo morto in mezzo alle fiamme, più grande dell’ordinario, questa donna che si getta
bbe gli stessi onori ed uffici che Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di morire sopra il
si dirige verso le fiamme riccamente vestita, onde il sacrifìcio sia più caro agli Dei. Non rivolge indietro lo sguardo, m
e la loro fiamma sia destinata a così nobile uso, poiché qual vittima più degna di una moglie che s’ immola per amor del ma
aseconda. Continuano le avventure di Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più di tutti s’inoltrano contro gl’Indiani. Il poeta
salto. Faleno si misura con Deriade, e cade morto. Corimbaso, uno dei più valenti guerrieri degl’Indiani, si distingue sopr
. Incontanente il giovine Imeneo guarito saetta Melaneo, e non lascia più Bacco. Vi è pur la descrizione della zuffa eccita
ici dell’ armata indiana. La tremenda s’irrita delle fortune di Bacco più della stessa Giunone, che a lei si rivolge con un
idue avevano scommesso trastulli fanciulleschi onde fossero premio al più bravo, ed il poeta ne fa una piacevole descrizion
no, scocca contro esso un dardo potente, che lo accende dell’amore il più ardente per la bella Calcomedia, che finge di ama
la notte per andare in traccia di Bacco fra le selve. Il fiero Morreo più non pensa alla guerra. Sosroùoo’ato dall’ amore a
mie grida ripetendo il suono, Sola piangeva il tuo misero padre. Non più togliendo dall’ombrosa selva La verga pastoral ve
egge pascendo Col tuo consorte. Sian vedove l’acque, Sterile Torto, e più la vite aborri, Cagion di morte al genitore, e pi
glio dell’orto Irrigar ritornando i primi fiori, Ma s’egli è morto, e più viti non pianta. Io morir voglio al par di lui. —
bor stesso Che sorge accanto alla paterna tomba La furiosa ascese: al più robusto Ramo il cinto stringeva, indi circonda La
a l’ istoria di Bacco, per accrescere la vostra attenzione io passo a più importante argomento, cioè alle maniere nelle qua
ffigiava con essa nella mano, come si rileva da Euripide che dice: Di più lo vedrai sulle delfiche rupi saltante con le fac
gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde di notte per lo più , perchè le tenebre portano venerazione. In un cam
rà osservare nel bel cammeo riportato dal mentovato Buonarroti. Tanto più che come si cava dall’ osservare alcuni passi d’
ano esser cucite ad una per una, non attaccate ai rami. Poiché per lo più , senza che vi fosse altro ferro di sotto e dentro
i presso il Tempio. Per comodo dei trasporti si facevano le statue di più pezzi, e comunemente di due, quelle (cred’io) che
dei palazzi e di ville particolari, per potersi a loro piacimento con più facilità trasferire. Si crede comunemente che tal
quella beltà che incantò i Tirreni non disgiunta dalla robustezza del più antico dei conquistatori. La testa è coronata di
go ov’ era in uso, che Polluce crede la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che
uerce e la smilace furono fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente di lui e di tutto il coro ò l’ellera e
io col darne a Bacco il soprannome di porta ferule. Alle gambe per lo più ha coturni, calzatura dei tragici, essendo egli i
ragedie di Eschilo presso Aristofane nelle Rane è devoluto a lui. Che più ? sul sepolcro di Sofocle fu posta la statua di Ba
a la statua di Bacco. I Pani, come rileva il dottissimo Lanzi, furono più compagni di Bacco in guerra che compagni deirOrgi
il resultato reso evidente dal criterio del mentovato Lanzi, uno dei più grandi antiquarii dei nostri tempi. I Satiri eran
ad uso Di cavalli, scorrea la coda in giuso. » I Sileni, secondo il più comune sistema greco, non sono di una genia diver
te notizie pellegrine. Fuor dei vasi è raro vederli moltiplicati; e i più moderni artefici pare che non conoscessero se non
dipinsero, e in barbaro latino in alquanti di essi scrissero, furono più antichi che non la favola di questi numi uniti al
l’indizi dicendo: Nel Fauno l’artista diretto dal poeta dovea mettere più del capro, nel Satiro più del cavallo, e la coda
o l’artista diretto dal poeta dovea mettere più del capro, nel Satiro più del cavallo, e la coda cavallina è più piena molt
tere più del capro, nel Satiro più del cavallo, e la coda cavallina è più piena molto e sfilata della caprigna. Il volto ne
olto nel Satiro è d’incerta e varia iisonomia. Quello del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che di lieto e d
to e di semplice, come nei villanelli un riso innocente, qual piacque più volte a Correggio d’imitare nelle sue pitture: du
ile e virile età, ma solo in matura o senile si rappresentassero, non più Fauni, ma Sileni voglionsi nominare. Alcuni per m
i i caratteri individuali di vari numi di simil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e
suto, una statura bassa e corpulenta. Riconoscevano in Pane una delle più antiche divinità d’Arcadia e dei pastori, in Sile
sici sono conformi ne’ due accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoc
nelle regioni dei Perrebi dopo averne scacciati gli abitanti. I nomi più illustri dei Centauri sono: Chirone, Menico, Polo
ad Ercole, ad Esculapio, con far condurre ancora i loro carri sacri: più frequentemente però nelle medaglie, nelle gioie e
rba, spontaneamente porgendo la fronte volontaria al giogo, ed avendo più assai dei Satiri desiderio del dolce vino, mezzo
i le nozze di Bacco, le rive e il paese intorno a quel fiume rendesse più fertili e feconde dei nobilissimi vini detti Bibl
se prese dai libri antichi non ancora a tempo suo perduti, adduce una più stretta attenenza dei Centauri con Bacco: poiché
i citati cammei sono quattro, due maschi e due femmine, le quali come più deboli, secondo la regola dei Circensi avrebbono
entauresse sulle spalle alcune pelli consuete a’ Baccanti, che per lo più erano le nebridi, le quali propriamente erano que
overa ancora le pelli di capra e quella della pantera, imitata per lo più però e tessuta, perchè, come nota il Salmasio, le
ò non ostante pur sono le loro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compa
le mani, s’avanza il nume oppresso dalla crapula, e vacillante, a cui più che il tirso che gli crolla nella destra, è soste
ento sonoro composto di due verghette rotonde di metallo da una parte più sottili che dall’altra dove terminano come in un
terano, ed è una prova novella del merito del suo originale, che è il più giovane dei due famosi Centauri del Museo Capitol
a qualche maggior risentimento di forme e certe decisioni di contorni più segnate perchè potessero distinguersi nell’oscuri
acean mansuefare, non sono ovvii nei vasi d’Italia, ove tra i cori di più trasporto la stessa scompigliatura dei cappelli d
ritti i primi, dicendo, scorrevano in qua e in là con mente -furiosa, più particolarmente dice dei secondi, celebravano osc
a Orgie, e a tanti simboli che in esse si racchiudevano, e che per la più parte sappiamo da Clemente Alessandrino. Tali era
ua il vino alla compagnia di Bacco, perchè non nocesse, ma vi è altra più plausibile ragione per inserirvele. Le Naiadi son
a si rincontreranno le Naiadi nutrici di Bacco, dette anco Nereidi, e più comunemente Nisee. Secondo i creduti Omero, Orfeo
otorio in mano, levasi di terra dipinta in un vaso della Galleria. Le più celebri fra loro sono Ippa, Nisa e Bacca. Udite d
le sentiamo ricordate da vetusti scrittori e alcuna pur ne sussiste. Più raro è l’esempio di are bislunghe, ma non è unico
uente negli antichi marmi che sicuramente ne rappresenta alcuna delle più ammirate ne’ secoli dell’arte greca. La sua belle
ido al confronto di tanti monumenti, i quali cimostran Bacco espresso più volte in una simil figura. Il Bellori che lo chia
chè non sia ritrosa all’opera del capraio. « Là sovra un’ara alquanto più alta vedesi eretto il simulacro d’Ercole altro nu
atti dal dio di Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar servigio in più monumenti: uno col tirso e l’altro colla ferula e
enus vita conviva recedis? Lezione sessantesimasettima. Monumenti più celebri rappresentanti di Bacco. Vi ho esposto
. Non mi resta adesso che a darvi le altre illustrazioni delle statue più commendate, e dei bassirilievi più celebri, onde
e altre illustrazioni delle statue più commendate, e dei bassirilievi più celebri, onde quando i vostri studii ve li presen
sommi scrittori dell’antichità, che dettarono agli artefici antichi i più sublimi concetti. Interrogato Fidia, dopo aver fa
solea attribuirsi, e che vedesi ripetuto su di tanti ermi. I capelli più della barba acconciamente distribuiti gli cadono
e disposta. Immaginò per tal motivo che spettasse il simulacro ad un più antico e sobrio Sardanapalo rammentatoci da Snida
arci un Bacco barbato, ma per tale confermanla quelle circostanze che più debbono rilevarsi nel simulacro proposto. La sua
pure a noi per determinarci contro l’epigrafe, quantunque antica, sui più forti ed evidenti. E se il soggetto della nostra
eriore di molto alla scultura: la duplicità del a non è conforme alla più esatta ortografia, e le forme della C, dell’A, de
esempio in monumenti prima dell’Era Cristiana, ne hanno infinitamente più dopo i tempi degli Antonini. Quindi la buona crit
r i motivi che abbiano indotto in errore gli antichi espositori delle più antiche rappresentanze. Sembra che tal sorta di g
alla figura di quei tanti bassirilievi perfettamente somiglia. Tanto più facile era 1’ equivoco, quanto la statua di Sarda
o d’ un Baccante ubriaco lo comprova. E siccome in espressione per lo più voluttuosa solcano esser tali figure di Bacco: la
a conservazione, il suo stile possono farlo considerare, come uno dei più rari monumenti di simil genere che ne’ Musei si c
era, e ciò sì per le sue relazioni col nume che nasce, sì per l’altre più cognite colle deità seguenti, che abbastanza vien
o e Baccanti. « Niun genere di soggetti nei monumenti di antiche arti più sovente s’ incontra di quello che le favole, le f
sacrosanti, le allusioni alle sue cerimonie si riguardassero come la più conveniente dec orazione dei sepolcri, e quasi un
ciente chiarezza. A tali immagini appunto di Bacco alludeva Plinio, e più apertamente Solino quando paragonavano all’ arred
ozze e concitate danze, onde saltanti furono cognominati dai poeti, e più mobili di tutti gli animali, quasi da senno furon
gli eroi. Il nostro Fauno, secondo il precetto o il costume dei balli più vetusti, non salta con le mani vuote, ma reca del
e i movimenti usati nelle sacre cerimonie, che presso i Greci eran la più parte liete e ridenti, dierono principio all’arte
onde questi silvestri semidei circondano frequentemente la chioma; nè più molle serto si conveniva all’irta lor fronte però
l serpe in cui si pretese trasformato per amor di lei Giove Ammone. «  Più al caso parrebbemi di far ricerca perchè la nostr
ostra statua sia senz* urna, consueto attributo delle Ninfe, e perchè più vestita dell’altre statue giacenti. Quantunque le
glie di un soggetto mitologico dovea rappresentarsi qualche ritratto. Più decisivo al mio credere per confermar questa opin
à e le parti che risaltano e sono quasi isolate, il resto del corpo è più basso che non sarebbe nel vero, e trattato quasi
agnano una pantera già mansuefatta. « Lo stile del bassorilievo è del più ordinario, l’invenzione per altro delle figure vi
tre anni in onore di Bacco, altre solennità Dionisiache, ma una delle più famose favole fra quelle che alla storia apparten
così accenna la musica non trascurata mai nella letizia degli Imenei. Più curioso e singolare è il carro di Bacco: è tratto
furiosa mania, non saprei deciderlo. La prima supposizione però è la più verisimile, come fondata sulla favola stessa, che
tera, parte striscia i pie sul suolo e cammina, dovea esser una delle più vaghe e bizzarre nell’originale; ma nella copia n
vo, che studiata e corretta non possa divenir degna di qualunque nome più grande che illustrasse a quegli aurei secoli le B
ici vi sono illustrati. La strada che dobbiamo calcare diviene adesso più dilettevole. Il primo soggetto della Mitologia st
vello d’oro. Il viaggio degli Eroi offre mille soggetti al pittore, e più ne presentano l’amore, gl’incantesimi, i delitti
o bassorilievo compensa largamente il difetto del suo artifizio. E il più evidente monumento della stretta unione che ricon
espressione sì vera, le cui parti sì belle che può estimarsi uno dei più eccellenti ohe sian mai stati eseguiti in tal gen
to i clamorosi Evoè. Il tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade sull’omero, ed accre
uto in tante urne o arche marmoree destinate ai sepolcri, vediamo qui più attamente adoperato alla condizione di uno di que
edii rustici e delle antiche ville, che contrastavano colle fabbriche più grandiose delle città. « Le dieci figure maggiori
nzatori che possiamo ravvisarvi con sicurezza copie ed imitazioni dei più ammirati un tempo ed or perduti originali. I cinq
sta indietro in alcuna, in tutte all’ondeggiamento delle vesti, si fa più sensibile. La prima i cimbali, la terza i timpani
ci danno argomento di quel furore da cui comprese le Menadi rendeansi più forti delle più forti belve, onde sì vantarono in
to di quel furore da cui comprese le Menadi rendeansi più forti delle più forti belve, onde sì vantarono in un epigramma gr
accanali contro l’intenzione degl’istitutori, che il men licenzioso e più ordinario costume: perchè in diversi tempi e in l
ersi tempi e in luoghi diversi diversamente solennizzati, prestassero più libero campo alla lor fantasia; o perchè finalmen
ui monti per sacro costume si celebravano. Fauno Bambino. « Uno dei più bei putti che abbia saputo l’arte ritrarre, è cer
ì i pregi opportì, perchè non perdono mai di vista il prototipo della più scelta natura. L’ azione del putto è tutta pròpri
bia impresso tai parole: Ogni fiera di te meno è crudele; Ognun di te più mi saria fedele. Vien sopra un carro d’ellera e d
tato chi ha lodata la Mitologia Storica, conosciutala in parte, assai più della Teologica; giudicheranno i lettori. 4. Dar
, dove Winkelman crede che il culto egizio si esercitasse. Quello che più , secondo il medesimo, comprova questa idea, sono
o tale anche il celebre Canova, da cui gli fu commendato come uno dei più reputati avanzi dell’antica scultura. 19. I cotu
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
bbero esser dette favole fisiche. Infatti i primi popoli che doverono più spesso essere spettatori delle rivoluzioni natura
arono la torre di Babele, o le grandi eruzioni vulcaniche anticamente più frequenti, e per le quali preso aspetto diverso l
tica sapienza e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo di parlar figurato, che poi negl’idioti d
se furon le prime ad essere inventate, possono dirsi fisiche. 15. La più comune opinione fa nascere questa Mitologia e que
ascendere a trentamila il numero degli Dei. Gli antichi annoveravano più di trecento Giovi, ed almeno quaranta Ercoli ; pe
ma poi Giove da buon figliuolo venne a capo di liberarli ambedue. Il più celebre tra i Titani fu Giapeto, che i Greci tene
o per padre del genere umano ; od almeno non riconoscevano altro uomo più antico di lui ; sicchè nè le loro istorie nè le l
i ad essere abitati e inciviliti : ed i suoi figliuoli hanno lasciato più fama del padre. Poiché, oltre a Prometeo (70, 71)
r le lor vivande, Mangiavan corne, more, fraghe, ghiande. Febo sempre più lieto il suo viaggio Facea, girando la superna sf
o, Segui il secondo secol dell’argento, Men buon del primo, del terzo più degno ; Chè fu quel viver lieto in parte spento,
core, Non v’era falsità, non v’era inganno ; Come fu nella quarta età più dura Che dal ferro pigliò nome e natura. Età del
tria e linguaggio, L’invita seco a cena, e poi l’ uccide. Il cittadin più cortese che saggio Alberga con amor persone infid
e e deserto, Pria che veder che il tutto si consumi Ultima andò fra i più beati Numi. 35. I Romani onorarono Giano con
viver mio, nel quale Stamane era un fanciullo, ed or son vecchio. Chè più d’un giorno è la vita mortale, Nubilo, breve, fre
otete il vostro fallo. Non aspettate che la morte scocchi, Come fa la più parte : chè per certo Infinita è la schiera degli
ndissime, sono pur sempre sottoposte a perire. La mente umana tende a più alto fine ; laonde lo stesso poeta nel Trionfo de
i ; E di chiaror dolcissimo consola Con quel lume le notti ; e a qual più s’ apre Modesto fiore a decorar la terra Molte ti
lita la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e di
gli grazia, purchè asserisse che l’incontro era stato casuale ; e nei più serj negozj la loro semplice affermativa aveva fo
dia del fuoco di Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida
rano ; sicchè gli antichi l’ adorarono quale Dea dell’ agricoltura, e più specialmente delle messi e dei cereali. 52. Cerer
re, E quinci e quindi avea le luci intente, Correndo a quei ch’ avean più bel colore. Quest’ era il maggior fin della sua m
mmati cavalli instiga e fiede. Chiama la mesta vergine in quel corso, Più d’ ogni altra la madre in suo soccorso. Anguill
se un tempio in onor suo, il qual tempio d’Eleusi diventò poi uno dei più famosi della Grecia pei misteri Eleusini e per le
usa rigorosamente ai profani ; e tra le greche solennità fu questa la più celebre e la più misteriosa. Perciò tali feste fu
ai profani ; e tra le greche solennità fu questa la più celebre e la più misteriosa. Perciò tali feste furon dette misteri
elle savie leggi da essa date ai mortali. Erano celebrate dalle donne più distinte, le quali parecchi giorni prima dovevano
là con fiaccole accese chiamando ad alta voce Proserpina. 61. Per lo più la vittima sacrificata a Cerere fu una scrofa gra
tremendi nemici, chiamò in soccorso gli altri Dei, ma tutti temevano più di lui, e si rifugiarono nell’Egitto ove stettero
72), e saettati con tutta la sua possa i Giganti, restò vittorioso. I più terribili tra’suoi nemici in questa così detta pu
gna di Flegra (valle della Tessaglia) furono Encelado, che lanciava i più grandi massi contro l’Olimpo ; Briareo che aveva
he arrivava con la testa al cielo, e che per sè solo, al dir d’Omero, più degli altri Giganti insieme uniti, sgomentava gli
del Caro.19 70. Giove, mantenutosi l’impero del mondo e non avendo più nemici da temere, s’occupò della formazione dell’
significa lupo. 79. Giove ha parecchi nomi negli autori profani, e i più comuni son questi : Lucezio o Diespiter, ossia di
lino dall’essere adorato sul Campidoglio. Il soprannome piu celebre e più usitato fu quello d’Olimpico dall’abitar ch’ei fa
’ariete, le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più sono di sentimento che questo Giove Ammone altro
teneva il primo posto tra le divinità, così il suo culto fu sempre il più solenne ed il più diffuso tanto in Europa che in
sto tra le divinità, così il suo culto fu sempre il più solenne ed il più diffuso tanto in Europa che in Asia. Il suo tempi
solenne ed il più diffuso tanto in Europa che in Asia. Il suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la mirabile sta
eggono le Virtù, ed ai piedi ha l’aquila a lui consacrata, siccome il più forle ed il più coraggioso tra i volatili ; talvo
ed ai piedi ha l’aquila a lui consacrata, siccome il più forle ed il più coraggioso tra i volatili ; talvolta l’aquila è a
lla celeste assemblea, ella n’ebbe tanta vergogna che non s’arrischiò più a comparirvi. Allora Giove dette l’ufficio di cop
se a proteggere qual simbolo della sua vanità regale. 90. Giunone vie più sdeguata contro Io la consegnò alle Furie (232),
lie d’Osiride (696). 91. Quindi la repudiata moglie di Giove non ebbe più ritegno alle vendette, alla gelosia, all’orgoglio
no dai primi tempi fosse opinione che la fatica e l’industria valgano più di tutto a ripopolare i paesi devastati. I nuovi
re a nostro talento la vezzosa messaggera di Giunone. 94. Giunone più spesso è rappresentata sopra un carro tirato da d
melagrana venivano offerti a Giunone dai sacerdoti ; e le immolavano più comunemente un’agnella. Fu adorata anche in Egitt
nventò la lira ; e per essere utile agli abitanti, si studiò di farne più miti i costumi con le dolcezze della musica, simb
iammare, gr.) 111. Secondo la favola Apollo ebbe parecchi figli, ed i più celebri sono l’Aurora, Fetonte, le Eliadi e Lino.
carnagione. Quanto all’abito, componendone pur di molti uno che paia più appropriato, s’ha da considerare che ella, come h
e, lib. X, trad. del Caro. Gli antichi credevano che il cigno, per Io più taciturno, all’avvicinarsi della morte alzasse un
Il vagheggiano s’ei visita all’alba Le lor ime correnti, desioso Di più freschi lavacri, onde rifulga Sovra le piume sue
taron l’oracolo, il quale ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più savio di tutta la Grecia. Allora lo recarono al f
l’astronomia, studiava profondamente la morale, e soleva dire essere più difficile d’ogni cosa il conoscer sè stesso. Ma T
cer sè stesso. Ma Talete mandò il treppiede a Biante ch’ei teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’
to che Clizia avea per Apollo, dicesi vòlto sempre al disco solare, o più veramente fiorisce d’estate quando il sole è nel
na bene in quei luoghi che sono ravvivati dalla sua presenza. Gl’inni più celebri che erano cantati in onor suo furon detti
na abbracciare il dito pollice del colosso, e un bastimento anche dei più grandi gli passava tra le gambe a vele spiegate.
e Grazie (175) che animano il genio e le belle arti. Roma possiede la più celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo d
inità, e i poeti la chiamavano triforme Dea e triplice Ecate. Il nome più comune poi fu quello di casta Diana, perchè aveva
tellazioni della grande e della piccola orsa. 141. Diana poi fu molto più crudele contro la sventurata Niobe (629) che in o
a l’Asia, con pitture, statue e bassorilievi che erano capolavori dei più celebri maestri. Le porte furon fatte di cipresso
ficavano un cane nero per non aver cattivi incontri nelle tenebre. In più solenni occasioni le facevano anche un sacrifizio
ea Sovra ogni dir gradita. Pindaro, Trad. del Borghi. 149. Dicono i più che Bacco fu allevato in vicinanza della città di
onomo, egregio musico e sveltissimo danzatore. 150. Sileno, chiamato più comunemente il balio di Bacco, apparisce sempre i
e ; la seconda nel mese di gennaio, quando erano recati a Roma i vini più squisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la
i a Roma i vini più squisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la più solenne, nel mese di febbraio ; dei quali Baccana
e Mosè passa analogia tanto maggiore che renderebbe la loro identità più verosimile. Egli è dunque probabile che quanto la
solo oggetto di ricordare una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli
ro brighe e degli affari relativi alla guerra e alla pace. Per essere più sollecito nell’eseguire gli ordini dei Numi aveva
nel corpo di quegli esseri, che per le loro inclinazioni s’accostano più alla nostra indole. Gl’Indiani, i Persiani e tutt
ll’osservanza della buona fede tra i mercatanti ; era figurato per lo più con una borsa nell’una mano, un ramo d’olivo e un
uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltre l’inc
omini a starne guardinghi, non già per proteggere quel malvagi, tanto più che vigilava anche la sicurezza delle strade pubb
quanto Venere. 166. L’immaginazione fecondissima dei Greci fa parere più strana, ma non meno evidente l’allegoria con altr
o testimone di questo audace furto, e Mercurio col regalo della vacca più bella lo indusse a tacere. Poi finse di ritirarsi
er metterli a prova. Un’altra metamorfosi operata da Mercurio, ma non più in occasione di furti, vien rammentata da Dante n
cati ; Vialis, perchè tutelava le vie o le strade, ove sorgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il sopranno
era ; ma Zeffiro ne la tolse, e la trasportò nell’ isola di Cipro. In più alto concetto fu tenuta dagli antichi la deità di
ra avea L’ austero nome : fra’ Celesti or gode Di cento troni ; e con più nomi ed are Le dan rito i mortali, e più le giova
gode Di cento troni ; e con più nomi ed are Le dan rito i mortali, e più le giova L’inno che bella Citerea la invoca. Tit
ntro i Giganti (65) ; e così la bellissima delle Dee ebbe a marito il più deforme di tutti i Numi. 172. I poeti la fanno ma
orme di tutti i Numi. 172. I poeti la fanno madre di molti figli, e i più celebri sono Cupido o l’Amore, Imene o Imeneo, le
etrarca. Lo stesso Petrarca nel Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e feconda di nuove idee : Quattro destrier
descrizione più ampia e feconda di nuove idee : Quattro destrier via più che neve bianchi : Sopr’ un carro di fuoco un gar
avi, Fatto signore e Dio da gente vana. Qual é morto da lui, qual con più gravi Leggi mena sua vita aspra ed acerba Sotto m
e in nulla ; e Alemeone di Zeffiro e di Flora, perchè nulla è che sia più gentile e innocente dei fiori e dell’aura di prim
appassiti della Mitologia, il seguente Sonetto del Parini è forse dei più leggiadri, perchè semplice e modesto : Fingi un’
sse Giove : Onde perpetue sempre e sempre nove Le tre doti celesti, E più lodate e più modeste ognora Le Dee serbino al mon
nde perpetue sempre e sempre nove Le tre doti celesti, E più lodate e più modeste ognora Le Dee serbino al mondo. Foscolo
a Le Dee serbino al mondo. Foscolo, Le Grazie. Sono dipinte per lo più nude e sempre vagamente insieme abbracciate per i
son le Grazie al core — Delle ingenue fanciulle, dice il Foscolo nel più volte ricordato suo carme alle Grazie. Chi vuol m
ra dalle opere del genio greco, legga quel carme. Una delle sue parti più belle è la descrizione del velo delle Grazie. Pin
o avere studiato lungo tempo la sua indole si accorse che la passione più dominante di Psiche era la curiosità, e fin da qu
sguardi ! Temeresti forse di dispiacermi ? Ah ! tu non sarai forse il più bello degli uomini ; e che importa ? tu sei il pi
non sarai forse il più bello degli uomini ; e che importa ? tu sei il più sensibile e il più generoso. Ebbene ! scopriti !
più bello degli uomini ; e che importa ? tu sei il più sensibile e il più generoso. Ebbene ! scopriti ! Ch’ io ti veda ; ch
ceglie una bella notte d’estate ; piglia le ali e le freccie ; va nel più bel punto di quell’ amena dimora, si stende sopra
i sguardi ; ed io saprò se debbo amarlo o vendicarmi. » Si accosta di più  ; e, « Dei immortali ! come ! lo stesso Amore è i
muto da me e dalle mie sorelle ? Ah ! è il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Amore
le ? Ah ! è il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Amore mi sceglie per sua sposa !….
acolo di Venere, e la Dea la condannò a sopportare gravi fatiche, una più penosa dell’altra. Ed ella, docile e rassegnata s
ua bellezza ; ma bada poi di non aprirla : tu non hai bisogno d’esser più bella. » Psiche obbedì anche a questo comando ; m
74). La gioia presiedè alla cerimonia del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta nè più felice unione di quella. Facile è
esiedè alla cerimonia del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta nè più felice unione di quella. Facile è discoprire gl’i
ti morali che in questa favola sono ingegnosamente riposti. Altri con più elevati intendimenti asserisce essere adombrata n
perfetta Ha la sua tela, e ti sorride in volto. Mortale nacque, e son più care in cielo Sue belle doti ; e se a noi canta o
a di Citera nel Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso, ov’era il suo più celebre tempio. Giace oltra, ove l’Egeo sospira
iace oltra, ove l’Egeo sospira e piagne, Un’isoletta delicata e molle Più ch’altra, che ’l sol scalde, o che ’l mar bagne.
come vedremo nel § seguente. 181. Gli antichi hanno rappresentato in più modi la Dea della bellezza. In Elide stava a sede
a Pito o Suada, Dea, della persuasione e sua fida compagna. Ma per lo più la rappresentarono assisa con Cupido in un carro
e, vince ogni umana lode, ogni maraviglia della natura. La sua statua più celebre, che ci sia pervenuta dall’antichità, è l
detta per aver appartenuto alla famiglia dei Medici, ed è ora uno dei più belli ornamenti della galleria pubblica di Firenz
ll’ agilità delle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto più fiori di sua madre. Venuti infatti alla prova, Am
o con le terse braccia, Promise, quando il re, pel nuovo imene Beato più , partia, gli assirj campi Devastando…. Foscolo,
a candidezza con una gran vela ondeggiante color di porpora ; cavalli più bianchi della neve tiravano questo carro circonda
. 189. Nettuno ebbe dal matrimonio con Anfitrite parecchi figli, ed i più noti sono i Tritoni e le Arpie (191). 190. I Trit
isole Strofadi rimpetto alla costa occidentale del Peloponneso, e le più note furono Aello, Ocipeta e Celeno. Quivi le b
ime mense, e di Finéo (362) Fu lor chiuso l’albergo ; altro di queste Più sozzo mostro, altra più dira peste Dalle tartaree
62) Fu lor chiuso l’albergo ; altro di queste Più sozzo mostro, altra più dira peste Dalle tartaree grotte unqua non venne.
a a riposarsi, e per carro una conchiglia di straordinaria bellezza e più candida dell’avorio ; e pareva che questo carro v
imenticare la famiglia e la patria ; sicchè poste rimpetto alla parte più bella d’Italia e sotto il clima più mite dell’ un
sicchè poste rimpetto alla parte più bella d’Italia e sotto il clima più mite dell’ universo, e celando negli scogli la mo
i incatenati in profonde caverne, e vegliava affinchè non accadessero più sconvolgimenti simili a quelli da essi cagionati,
fu cangiata in deità malefica, terrore e tormento dei nocchieri. Qual più viva immagine dei pericolosi scogli ? 203. Caridd
utti fuori con orribili muggiti. L’ingordigia può ella essere dipinta più vivamente ? Virgilio poi dà più ampia descrizione
L’ingordigia può ella essere dipinta più vivamente ? Virgilio poi dà più ampia descrizione d’ambedue questi nemici dei nav
il regio diadema, ed è coronato di piante marine ; comparisce per lo più col tridente in mano ; sta ritto sulle acque del
revole alla vicina epoca della nuova navigazione. 211. Le sue vittime più comuni erano il cavallo ed il toro bianco, ma gli
to ; Onde da’ Greci poi si disse Averno. (Eneid., lib. VI.) Ma assai più spaventoso è il sotterraneo limitare, ove Dante t
i Campi Elisi e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume di porpora
he sacerdoti erano in vita Castamente vissuti ; e quei veraci, E quei più ch’ han di qua parlato o scritto Cose degne di Fe
ro eletto, Salvo che il destro piede é terra cotta, E sta in su quel, più che in su l’altro eretto. Ciascuna parte, fuor ch
e Flegetonta ; Poi sen van giù per questa stretta doccia Infin là ove più non si dismonta.51 Fanno Cocito ; e qual sia que
Ma la mitologia degli antichi assegna a ciascuno di questi fiumi una più distinta origine, feconda anch’essa d’idee morali
sopra un’ urna nera ; dicono le sue acque esser capaci di consumare i più duri metalli, talchè niun vaso può contenerle ; e
bo degli Dei, ed il Néttare la lor comune bevanda. La prima era molto più dolce del miele, e spandeva deliziosa fragranza ;
ato sull’altare delle Eumenidi di dire la verità. 234. 2°. Ecate è la più formidabile tra le potenze infernali. Con membra
lori della vittoria (Esiodo). Talora assisteva ai consigli dei re ; e più spesso errando sulle pendici o nelle valli moltip
l nero annunziava una vita corta e sventurata, il bianco un’esistenza più lunga. Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva
le Furie le immolavano pècore nere. Anche di questa divinità immagina più compiuta pittura l’Annibal Caro : « Nell’opposit
dica esser madre. Mostri di cader col capo innanzi fitto in un’ ombra più folta, e ’l ciel d’intorno sia d’azzurro più cari
nanzi fitto in un’ ombra più folta, e ’l ciel d’intorno sia d’azzurro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro si
alcune di esse ai piedi. Icelo dicono che si trasforma esso stesso in più forme ; e questo figurerei per modo, che nel tutt
alsi, ed una di corno, donde escono i veri. E i veri, siano coloriti, più distinti, più lucidi e meglio fatti, i falsi conf
i corno, donde escono i veri. E i veri, siano coloriti, più distinti, più lucidi e meglio fatti, i falsi confusi, foschi, e
nche sotto il nome d’ incubo o di fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembianza di scimmia accovacciata ; e questo n
riposo ; mentre pei ricchi molli ed oziosi il culto del sonno era dei più importanti ; e spesso la invocata divinità si mos
o (223) e della Notte (238), e sorella del Sonno (240), è la divinità più inesorabile di tutte, sorda ai voti ed alle suppl
aspetta, Ho interrotti mille pensier vani. Or a voi, quand’ il viver più diletta, Drizzo ’l mio corso…. Ivi55 eran quei, c
iis Manibus, come per raccomandare a loro la tutela dell’urna. Per lo più immolavano pecore nere agli Dei-Mani ed alle Larv
ttava del Tasso : Orrida maestà nel fero aspetto Terrore accresce, e più superbo il rende : Rosseggian gli occhi, e di ve
iti si può inferire come specialmente l’agricoltura sia la prima e la più nobile origine della dovizia. E figurato vecchio
iare le altri disgrazie, a educar bene la sua famiglia, e viva sempre più lieto e sicuro quanto meno è pingue il suo scrign
n Ercole (364). Quindi i mitologi ne hanno segnalati parecchi ; ma il più celebre è quel de’Greci, al quale sono state attr
a principalmente adorata nella città di Troia ; ma il primo nome le è più comune per tutto il resto : « Minerva spira, e co
rbitri, e decretarono quest’onore a chi dei due avesse creata la cosa più utile per una città. Allora Nettuno, battendo la
lla musica. Le minori feste Panatenee erano celebrate ogni anno, e le più solenni ogni quinquennio. Quelle celebrate in Rom
arrivato in buon punto per farlo marito di Venere (170). Così al Nume più deforme toccò la più bella tra le Dee ; e chi sa
o per farlo marito di Venere (170). Così al Nume più deforme toccò la più bella tra le Dee ; e chi sa che Giove non lo face
rarca, Parte I, Son. XXVI.) Sterope, Bronte e Piragmone erano i suoi più assidui lavoranti. — Questi Ciclopi furono probab
un solo occhio. 273. Polifemo (polyphemos, celeberrimo, gr.) fu il più celebre tra’Ciclopi. Enea lo vide (come finge Vir
’orbo alleggeriva il duolo in parte. Egli prese ad amare la bella, e più che giglio nivea Galatea, figliuola di Nereo e di
, tragge soavi concenti dall’agreste zampogna ; ed Erato suonando con più leggiadria il liuto e la lira, accompagna i sospi
erra. Ma Polinnia …..alata Dea che molte Lire a un tempo percote, e più dell’altre Muse possiede orti celesti…. come dic
accendano l’animo de’ forti, e il loro grido sia « come vento che le più alte cime più percuote, » come folgore che atterr
nimo de’ forti, e il loro grido sia « come vento che le più alte cime più percuote, » come folgore che atterra gl’idoli del
lare la decenza pericolante tra la gioia dei biechieri. Ma coloro che più di tutti le venerarono furono i poeti, i quali us
quali usavano d’invocarle sul principio dei loro poemi, come valevoli più d’ogni altra divinità ad infiammare l’ingegno : «
e dimandi a dar l’amato alloro ec. Troppo lungo sarebbe il citare le più belle invocazioni dei sommi poeti dell’antico e d
per avventura bene impresse nell’intelletto quando sono vestite delle più dette fra le greche immagini. 280. Il fonte d’Ipp
go sarebbe il parlar di tutte, accenneremo soltanto quelle che paiono più opportune all’interpretazione dei classici e dei
va messo le corna davanti gli occhi affinchè l’animale potesse cozzar più dritto ; criticò l’uomo composto da Vulcano, pret
to fargli un finestrino in direzione del cuore per poterne scrutare i più segreti pensieri ; e la casa di Minerva gli parve
questo satirico Nume un grazioso sonetto moderno composto da uno dei più colti ed arguti ingegni del nostro tempo. Momo,
sotto forma d’animali al tempo della guerra dei Giganti. 295. Per lo più il suo aspetto è deforme, poichè ha la faccia sov
atiri e Silvano (302) prcposto alla tutela delle selve. 296. Pane era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni anno
Fauna dopo la morte del marito si segregò da tutti, e morì senza aver più parlato ad alcun uomo. I Latini divinizzarono que
dei boschi mostra in quanto onore fosser tenute le faccende agricole più confacenti alla moralità ed all’agiatezza del viv
amente le arti agricole, tuttavia i Fauni e i Silvani furono divinità più specialmente romane. In generale poi queste divin
all’esistenza di tanti invisibili testimoni delle loro azioni, erano più guardinghi e più solleciti nelle loro faccende, e
tanti invisibili testimoni delle loro azioni, erano più guardinghi e più solleciti nelle loro faccende, ed avevano forse u
i malvagi, così deve essere la miglior guida pei buoni. 306. I Satiri più vecchi eran chiamati Sileni ; e l’anziano tra di
on neghi Tepidi soli e temperata pioggia. (B. Baldi, Egloga.) Per lo più è rappresentato a modo del dio Termine (308), con
istituito il culto da Numa a fine di porre un freno, che fosse anche più efficace delle leggi, alla cupidigia dei limitrof
o stato. 309. Il dio Termine era onorato non solamente nei templi, ma più di tutto sui confini dei campi, ove il suo simula
rche di paglia ; ed i pastori un dopo l’altro saltavano la fiamma. Il più agile otteneva in premio comunemente una capretta
a o un agnello. La festa finiva con un banchetto nel quale il pastore più vecchio faceva una patetica invocazione alla Dea
vano leggiadre fanciulle correndo e ballando al suon delle trombe. La più snella otteneva in premio una corona di fiori. Ne
Doride, eran le ninfe del mare. La mitologia ne conta cinquanta, e le più distinte sono Teti (192) moglie di Peleo e madre
ca della grotta, lo teneva col suo nutrimento sempre erboso, e per lo più tempo fiorito ; d’intorno vi pendevano secchj, ci
latte, di frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano divise in più schiere, ed avevano vari nomi secondo la natura d
prima prima aura di Zeffiro Le frotte delle vaghe api prorompono, E più e più succedenti invide ronzano A far lunghi di s
prima aura di Zeffiro Le frotte delle vaghe api prorompono, E più e più succedenti invide ronzano A far lunghi di sé aere
o con le querci ; quindi ebbero anche il nome di Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi fu Teti, ed era tanto bell
(337) come il primogenito di questa ninfa fosse destinato a divenire più famoso del padre, non vollero altrimenti porre a
o andò a celare i vani sospiri ed a struggersi d’affanno per entro le più riposte parti dei boschi. Così di « quella vaga,
allusione alla fedeltà di questo animale, e quelle dei Penati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lancia pe
un grosso cane accovacciato a’piedi, risiedevano per entro i recessi più segreti della casa in una cappella detta Lararium
o ad ora, E per Priamo e per Troja assai s’è fatto. Se difendere omai più si potesse, Fôra per questa man difesa ancora. Ma
re, ergi altre mura ; Chè dopo lungo e travaglioso esiglio Le ergerai più di Troja altere e grandi. Detto ciò, dalle chiuse
esse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azioni ; e di più riconoscevano tutti un genio buono che gl’ induce
zioni umane, dice Mario Pagano. Al caso debbonsi tutti i ritrovamenti più utili alla vita. L’uomo vede ed osserva l’incontr
rossimo, la stima di sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone più pregevoli di quelli che sogliono essere chiesti a
iù pregevoli di quelli che sogliono essere chiesti alla cieca Dea. Ma più nobilmente e con sapienza e versi sublimi ne ragi
ature lieta Volve sua spera, e beata si gode. In Italia i suoi tempj più famosi erano ad Anzio, città del paese dei Volsci
li oggetti ; e portava lunghi cunei di ferro atti a dividere i legami più forti e più intimi. Ella stessa fu sottomessa all
e portava lunghi cunei di ferro atti a dividere i legami più forti e più intimi. Ella stessa fu sottomessa alle sue propri
o non fuggire, gr.), Ancaria (formidabile), e Ramnusia perchè il suo più celebre tempio fu situato sopra un’eminenza press
i, e la fece precipitare sopra la terra, giurando che non sarebbe mai più tornata nel cielo. Fin da quell’ epoca ella va pe
a le une ed a far punire gli altri ; se pure questa mutilazione non è più severo avvertimento ai giudici corruttibili. Spes
si nelle campagne ; ma poichè l’innocenza fu bandita anche dai luoghi più alpestri, non le rimase altro asilo che il cielo
olano il falso col vero : È questa Fama un mal, di cui null’ altro È più veloce, e com’ più va più cresce, E maggior forza
vero : È questa Fama un mal, di cui null’ altro È più veloce, e com’ più va più cresce, E maggior forza acquista. È da pri
È questa Fama un mal, di cui null’ altro È più veloce, e com’ più va più cresce, E maggior forza acquista. È da principio
; Vaga si che nè greca nè latina Riva mai vista non l’avea giammai Di più cara sembianza e pellegrina. Commossa al lampo d
il suo cuore, ondula sul petto agitato, e le ali a’ piedi ne rendono più ratta la fuga. Dietro a lei, con occhi smarriti,
re procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta di velo più sottile. Ella ha per compagna indivisibile la Dol
onna, e impugna con la sinistra un ramo di quercia. Il leone è il suo più comune attributo. La pace. 347. In ves
e, culto e statue in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra era il più grande ed il più sontuoso che fosse nella città ;
in Roma. Il suo tempio posto nella Via Sacra era il più grande ed il più sontuoso che fosse nella città ; fu cominciato da
ato farei alcune figurette di fanciulle l’una dietro all’altra, quali più chiare e quali meno, secondochè meno o più fosser
na dietro all’altra, quali più chiare e quali meno, secondochè meno o più fossero appresso al lume di essa Aurora, per sign
mani, gli Dei hanno tarpato le ali alla Vittoria : ella non può ormai più fuggire da noi. » La speranza. 349. Gli
e della favola. Ecco il principio di quel componimento : « Una donna più bella assai del Sole, E più lucente, e di maggior
cipio di quel componimento : « Una donna più bella assai del Sole, E più lucente, e di maggior etade, » Mandata fu sulla t
egli atti e semplicetta ; Ma cosa non mortai sembrava al volto, Tanto più vaga quanto più negletta ; E folgorando, quasi ac
licetta ; Ma cosa non mortai sembrava al volto, Tanto più vaga quanto più negletta ; E folgorando, quasi accese faci, Getta
nobil fierezza, Che i tardi suoi timidi amici sprezza. Era costei la più lucida Dea Del Ciel, la Verità : fiaccola ardente
a tomba, perchè una volta che abbiam cominciato ad amare, il non amar più è lo stesso che non vivere. Sulla fronte della De
o non volesse indicare la vecchiezza della Fedeltà incanutita. Per lo più le giace a’piedi un cane bianco, simbolo che le è
gegno straordinario avevano meritato onori divini, quali furono tra i più noti : Perseo, Ercole, Giasone, Teseo, Castore e
chio ed un solo dente che adoperavano a vicenda ; ma questo dente era più lungo delle zanne del cinghiale, ed uno sguardo s
vedessi, Nulla sarebbe del tornar mai suso » ossia, non si parlerebbe più di tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il v
re spaventata e fuori di sè. Già le serpi erano distese in terra, non più raccolte in giro, e le teste loro infrante scopri
ute cadenti e languide sul morire, gli occhi appannati, le squame non più vivaci per la porpora e per l’oro, nè più lucenti
hi appannati, le squame non più vivaci per la porpora e per l’oro, nè più lucenti nel moto, ma scolorite e livide. Sembrava
ccisero per vendicare le persecuzioni sofferte dal padre loro. Quindi più volte scacciati dal Peloponneso alfine vi ritorna
to di Giunone (85), aveva ordinato ad Ercole di affrontare i pericoli più imminenti, confidandosi che alla fine vi sarebbe
abbia somministrato a’poeti il concetto di simboleggiare in lui l’età più pericolosa della nostra vita ; quella cioè nella
ntagna è tale, Che sempre al cominciar di sotto è grave, E quanto uom più va su, e men fa male. Però quand’ella ti parrà so
elle paludi di Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un’Idra più terribile di quel leone. Questo nuovo mostro avea
ostro avea sette teste, e troncatagliene una, altre due ne spuntavano più tremende, a meno che non si mettesse il fuoco sul
mortali ne fossero le ferite. Così da ogni impresa uscia vittorioso e più forte e più temibile. Forse gli antichi vollero c
ossero le ferite. Così da ogni impresa uscia vittorioso e più forte e più temibile. Forse gli antichi vollero celebrare in
con la carne umana ; e sotto le forme di quest’orribile mostro per lo più vogliono denotare la tirannide sostenuta dall’ipo
l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.80 Con più color sommesse e soprapposte81 Non fer ma’in dra
alche maravigliosa prova del suo valore. Ci contenteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulcano (270), era
soffocò tra le sue braccia. 387. 1 Pimmei erano uomiciatti alti poco più d’una spanna, ma pieni appunto di sfacciatissima
, se non glielo avessero impedito gli amici. 392. Giunone (85) sempre più indispettita in veder Ercole trionfare di tutti i
, facendole credere che se Ercole volesse mai indossarla, non avrebbe più amato altra donna che lei. 396. La donna troppo c
emori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più celebri in Roma, era detto il Tempio del grand’ E
buto non era altro che di denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più odioso il nemico al quale dovevano pagarlo, se ne
e trovarne l’ uscita a chi vi fosse stato rinchiuso. 420. I Laberinli più celebri furon due : il primo in Egitto, fabbricat
’ egiziano, e destinato a dimora del Minotauro. 421. Dedalo, uno de’ più abili artefici della Grecia eroica, fu quello che
i li finsero mostri con volto e torace d’ uomo e corpo di cavallo. Il più celebre di tutti è Chirone, dotto non meno in med
legge che secondo essi governava i moti di quei corpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono rappresentati in due giovani di r
sso del Vello d’ oro. 88 451. Giasone, essendo nell’ età nella quale più ferve l’ amor di gloria, colse avidamente l’ occa
Vello d’ oro, divulgata per tutta Grecia, gli procacciò per seguaci i più scelti guerrieri che ambivano divider con lui l’
ina, onde giunsero in Tessaglia viaggiando in mezzo a molti rischi. I più dicono che questa spedizione ebbe luogo 60 anni p
lche gran rischio. 465. Allora Jobate eccitò il giovine valoroso alle più difficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pe
sua lira e della sua voce, che a sentirlo suonare o cantare, le belve più indomite diventavano mansuete, i fiumi arrestavan
allegoria per indicare i popoli dallo stato selvaggio ridotti a vita più civile con le persuasioni dell’eloquenza. 470. Or
nfernale. Quando Orfeo si vide ormai presso all’aperta luce, non potè più resistere alla brama di rivedere la diletta Eurid
e il petto. Qui Baccanti non son, ma ninfe a cui L’alma é gentile : e più d’ogni altro affetto È dolce il palpitare ai casi
grazia di poter suonare un’altra volta la lira, ed empì 1’aere della più commovente armonia ; ma veggendo con tutto ciò di
genitori ed al paese. 503. Allora inorridito di sè medesimo, non potè più sostenere la vista del sole, degli uomini, della
ini, della sua persona, e si accecò con le proprie mani. I figliuoli, più scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed eg
e sua figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci tramandarono il più commovente esempio della pietà filiale. Dopo aver
Mendicando la vita, affronti (ahi lassa !) Turpe rifiuto, o domandar più grave Della pietà fastosa, e tu (sul ciglio Tratt
, così egli condannò la figliuola a perpetuo celibato ; e, per sempre più allontanarne i pretendenti, dichiarò che non avre
a moderna Morea. 514. Questo principe ebbe molti figli, tra i quali i più noti furono Atreo e Tieste, nomi che rammentano a
fio dell’offesa. 516. Tieste ebbe a figliuolo un Egisto, che si rese più empio del padre suo per vendicarlo. A suo tempo i
possanza e splendore ; e tre secoli dopo il suo nascimento era già la più celebre città dell’universo.95 Ma sotto il regno
il Simoenta, unirono le loro acque per annegare Achille (536) uno dei più tremendi nemici dei Trojani ; e l’eroe sarebbe pe
e. Fra le sicure piume Salvo appena dal mar giura il nocchiero Di mai più non partir ; sente che l’onde Già di nuovo son ch
emo si ritrasse ne’ suoi alloggiamenti deliberato avendo di non voler più combattere. Questa sua ostinazione fu favorevole
di Patroclo per far ripigliare le armi ad Achille, dopo che era stato più di un anno senza combattere. Spinto allora da bru
anni. 544. La smania di vendicare la morte del padre lo rese uno dei più tremendi nemici dei Trojani : egli stesso uccise
are la tradita Ermione. Filottete. 546. Filottete fu uno dei più celebri eroi nell’esercito greco. Essendo stato a
a. All’ assedio di Troja si segnalò per tante prodezze, che passò pel più valoroso dell’ esercito dopo Achille (536) ed Aja
tale scompiglio nella casa di Diomede, che al suo ritorno non potendo più vivere in pace con Egiale sua moglie, dovè fuggir
e, essendochè quegli uccelli non temono le procelle, e dalla cima dei più aspri scogli si librano sulle onde agitate dai ve
che se avesse avuto nell’esercito dieci Nestori, Troia sarebbe caduta più presto. Era ancora molto eloquente, sicchè Omero
oquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che di sua bocca usciéno Più che miel dolci d’eloquenza i rivi. 555. Apollo (
dalla sua, e appena sbarcato fu ucciso da Ettore (591). 557. E tanto più era da valutare quest’azione, in quanto che Prote
i Cretesi inorriditi da tanta barbarie gliela impedirono ; nè vollero più servire ad un re tanto iniquo ; e l’obbligarono a
561. Ajace, figliuolo di Telamone (229), fu, dopo Achille (536), il più valoroso tra’ Greci, e com’ esso ardito, impetuos
rbine di dardi Ajace solo Fumar di sangue ; e ove diruto il muro Dava più varco a’ Teucri, ivi a traverso Piantarsi ; e al
rice. Deh qual giammai l’ uom può della natia Sua contrada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz. di Pindemonte.) 569. L
ero, quanto alla prudenza, lo paragona allo stesso Giove (63). Ecco i più segnalati servigi ch’ ei rese ai Greci : 1° Achil
opi (272) in Sicilia, dove Polifemo, figliuolo di Nettuno (185), e il più possente fra loro, lo rinchiuse nella propria cav
serbar fede a Penelope, sicchè Giove (63) ordinando a Calisso di non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò andar v
v’ascese lieto di grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò col più tenero addio, ed i suoi occhi seguirono per lungo
I, traduz. del Pindemonte.) Ed aggiunse che non potendo ormai opporsi più alla loro insistenza, per consiglio di Minerva (2
mi : (Canto XXVI). …………Quando Mi diparti’ da Circe, che sottrasse Me più d’un anno là presso a Gaeta, Prima che si Enea la
a foce stretta Ov’Ercole segnò li suoi riguardi,106 Acciocchè l’ uom più oltre non si metta : Da la man destra mi lasciai
Ettore, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba (589), era fra’Trojani il più prode. Dopo aver sostenuto con molta gloria varj
obbe Ettore, e freddo corsegli per l’ossa Un tremor, nè aspettarlo ei più sostenne ; Ma lasciale le porte, a fuggir diessi
…. Indi, ritornato animoso, si ferma incontro al nemico gridando : Più non fuggo, o Pelide. Intorno all’alte Iliache mur
del padre agli amici, e all’uno il saio, Tocca all’altro la veste. Il più pietoso Gli accosta alquanto il nappo, e il labbr
nuto la magione del duolo. E il vecchio padre, non potendo finalmente più sopportare il pensiero che il corpo del valoroso
. Ed io, Miserrimo ! io che a tanti e valorosi Figli fui padre, ahi ! più nol sono, e parmi Già di tutti esser privo… …………M
abbi pietade Di me : ricorda il padre tuo : deh ! pensa Ch’io mi sono più misero, io che soffro Disventura che mai altro m
dovino Calcante (529) avea predetto che, sopravvivendo, sarebbe stato più valoroso del padre, e ne avrebbe un giorno vendic
lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro sul quale era scritto, per la più bella. Ecco subito tutto l’Olimpo in iscompiglio 
ricchezza ; Minerva sapienza e virtù ; e Venere il possedimento della più bella donna del mondo. 600. Paride, che tanto era
e, che tanto era bello quanto vano, sedotto dalle carezze di Venere e più che altro dalla promessa, giudicò doversi dare a
erva (262), tennero per sacrilega l’azione di Laocoonte ; e ne furono più che mai persuasi, allorchè ……. due serpenti imma
carsi loro in ajuto, ne faceva spettacolo sì doloroso da vincere ogni più lacrimevol tragedia. 607. Questa catastrofe è rap
rimevol tragedia. 607. Questa catastrofe è rappresentata in una delle più belle sculture greche, divenuta ormai patrimonio
ojani lo superava. 609. Nella notte dell’eccidio di Troja dette le più alte prove del suo valore ; ma debole troppo per
cora poichè fu sceso nei Campi Elisi. 619. Orione era inoltre uno dei più belli uomini del suo tempo, ed aveva la statura s
trando da Giove che fosse posto nel cielo, ove forma la costellazione più rilucente di tutte le altre (676). Quando Orïon
621. Filemone, povero vecchiarello, aveva per moglie Bauci anche più vecchia di lui. Giove (63) e Mercurio (160) viagg
mplici mortali si trovarono villanamente negato l’alloggio di tutti i più ricchi possidenti d’un villaggio, e solamente que
da quest’azione, la madre implorò dalla Dea pe’suoi figliuoli il bene più grande che ai mortali possa essere accordato dal
al Cielo. Il giorno dopo addormentatisi nel tempio non si svegliarono più , quasichè per l’uomo fosse il supremo dei beni l’
fa, nella quale Meleagro, ferì a morte gli zii. 628. Altea, non dando più ascolto che al suo furore, si dimenticò d’esser m
il culto che le rendevano, argomentandosi di meritar tempio ed altari più giustamente di lei. 631. Latona commise ai suoi f
i cari figliuoli ; e tanta era la sua immobilità che pareva non desse più segno di vita ; infatti era cangiata in scoglio :
638. Ovidio narra che Filomela « mutò forma. Nell’uccel che a cantar più si diletta » (l’usignuolo), e che Progne diventò
rreva nelle lor vene. Le strinse la mano, v’impresse un bacio…. Non è più una statua. Ella può vederlo, può udirlo, scende
igmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore al suo ingegno della più bella e della più virtuosa delle mogli. Chi non v
sogno ; ed egli andò debitore al suo ingegno della più bella e della più virtuosa delle mogli. Chi non vede ingegnosamente
ssendo tanto agile al corso da non poter venire superata dagli uomini più veloci, dichiarò, per liberarsi da una folla impo
el vincitore. Così la fatalissima seduzione dell’oro vince talvolta i più forti proponimenti. 643. Poco tempo dopo, avendo
giovine assiro è divenuto celebre pel suo amore per Tisbe che era la più bella tra le giovanette di Babilonia. Dovevano gi
enuti a contesa, sciolsero queste nozze, e impedirono ai figliuoli di più vedersi. Gli amanti non poterono obbedire a quest
i genitori degli sposi, avuta querela fra loro, li costrinsero a non più vedersi. Nonostante Leandro ogni sera attraversav
ra il piu giusto fra gli uomini, e Pirra sua moglie, che era la donna più virtuosa, andarono illesi dall’esterminio, e la n
ed aveva molta parte nella teologia pagana. Gl’ indovini od impostori più celebri appo i Greci furono Tiresia, Anfiarao e C
magna Sovra Tiralli, ed ha nome Benaco.130 Per mille fonti, credo, e più si bagna, Tra Garda, e Val Camonica, e Pennino131
rnese133 Da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi, Ove la riva intorno più discese. Ivi convien che tutto quanto caschi Ciò
me giù pei verdi paschi. Tosto che l’acqua a correr mette co,134 Non più Benaco, ma Mincio si chiama Fino a Governo, dove
iudice d’una contesa insorta tra Giove (63) e Giunone (85) su chi sia più felice, o l’uomo o la donna. Vedi senno da Numi d
e a male, e lo acciecò. Giove per consolarlo fecelo diventare uno dei più grandi indovini del suo tempo, e ne prolungò la v
tempo, e ne prolungò la vita oltre cinque secoli. Diversamente, e con più gentile poetica finzione, è narrato da altri l’ a
crin discorrenti dal collo Coprian, siccome li moveano l’ aure. Ma né più salutò dalle natie Cime eliconie il cocchio aureo
memori, le lepri Gli trescavano attorno, e i capri e i cervi, Che non più il dardo suo dritto fischiava ; Però che la divin
coli. Voleva il fato ch’egli perisse dopo aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di
avano oracoli. Chi annovera tre, chi quattro, chi dieci Sibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia, di Sar
a non ebbero per la moltitudine la stessa autorità dei primi. 667. La più celebre tra le Sibille fu la Cumana che dicevano
porta il vento le disturba, E van per l’antro a volo, ella non prende Più di ricorle e d’accozzarle affanno : Onde molti de
mai incominciati senza offrire sacrificj. 670. Quelli della Grecia, i più celebri di tutti, erano di quattro specie : Olimp
la lotta ed il cesto. Una corona d’oleastro, che pe’ gloriosi valeva più d’un regno, era il premio ambito sopra ogni altra
quelli co’ quali Enea onora l’ ombra del padre Anchise. Ma chi brama più ampie notizie dei certami propriamente detti d’ O
Barthelemy, nel viaggio d’Anacarsi, dove sono anche notati alcuni de’ più celebri tra gli olimpici eroi. Noi non faremo che
a sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quello di prima. L’albero apertosi alla prima sco
lbero apertosi alla prima scossa, tosto si richiuse, nè l’atleta potè più cavarne le mani, e gli toccò ad esser pasto delle
a soffocato un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una mano un carro tirato da
ieca rabbia si racchiuse in core ! Esperta mano insegna La via d’onor più degna : Ma stolto è ben colui, Che ignora il call
propizio. Nullo a gran vanti ascende Senza travagli. E l’alma a cure più lodate inchina Che non all’ôr ; ma come Leva in a
Coll’avaro Pluton l’alma patteggia. 671. I giuochi Olimpici furono i più frequentati e i più celebri, e presero il nome da
alma patteggia. 671. I giuochi Olimpici furono i più frequentati e i più celebri, e presero il nome dalla città d’ Olimpia
iuttosto furono così detti, perchè sacri a Giove Olimpico. Pindaro in più luoghi e Strabone nel libro VIII, ne attribuiscon
no cinque giorni. Da questi giuochi trassero origine le Olimpiadi, il più antico e più celebre sistema cronologico del qual
rni. Da questi giuochi trassero origine le Olimpiadi, il più antico e più celebre sistema cronologico del quale si sieno va
o, o dalla città medesima o dal serpente Pitone, ucciso da Febo (99), più comunemente appellati si vogliono. Se ne attribui
deviaron fuori dello stadio, come già inutile fatica il trascorrerlo più oltre. La corsa de’ carri. Ma già nel med
uccinto, hanno sciolte all’aura molte bende, perchè, svolazzando, sia più grata la corsa e più festiva ; ma pure hanno il c
e all’aura molte bende, perchè, svolazzando, sia più grata la corsa e più festiva ; ma pure hanno il capo ricoperto di un e
colla voce e colla sferza, chini verso di loro alquanto, o per essere più facilmente intese le minacce, o per naturale ansi
ero del quale, volgendosi alquanto a tal vista, esorta palpitando vie più i suoi, chiamandoli a nome. Ma essi, animati dal
i dal vicino calpestio degli emuli veloci, colle orecchie lese, ognor più rapido stendevano il corso : ed i seguaci non men
tti, nascondendosi per vergogna ; ed i due caduti furono soccorsi da’ più prossimi spettatori. La lotta. Ecco che i
come infatti prorompeva la impazienza della moltitudine, chiamandolo più volte a nome. Quand’ecco si udì susurrare e cresc
mute a paro a paro Erano i gioghi, ed or questi ed or quegli Sporgea più innanzi de’ corsier col capo. Ma il misero garzon
puledre rattenute, Nel ritrassero pesto, insanguinato, Tal che nessun più degli amici suoi Ravvisar lo potea. Tosto arso a
spondenti. Le dodici costellazioni dello Zodiaco sono senza dubbio le più antiche. Or chi ne attribuisce l’invenzione agli
ano la fecondità dei bestiami e degli alberi fruttiferi, e secondo la più comune opinione sono i due Tindaridi, cioè Castor
quindi ci limiteremo a indicare quei passi di Omero e di Virgilio che più d’ogni altra descrizione son per noi opportuni. 6
ta era la venerazione pei morti appo i Greci che in un duello anche i più acerbi nemici ponevano per prima condizione di re
pianto, in una ricca bara Lo collocaro, e di purpuree vesti, De’suoi più noti e più graditi arnesi Gli feron fregi e mostr
una ricca bara Lo collocaro, e di purpuree vesti, De’suoi più noti e più graditi arnesi Gli feron fregi e mostre e monti i
ministero) Il gran feretro a gli omeri addossârsi : Altri, come è de’ più stretti congiunti Antica usanza, vôlti i volti in
iziane. 696. Osiride era uno dei maggiori Dei degli Egiziani e il più generalmente adorato. Lo facevano discendere da G
nifico tempio a Memfi, uno ad Alessandria ed un terzo a Canopo ; ma i più credono che sia la stessa cosa che Osiride. Erodo
osi di questo Dio son dello stesso tenore. 725. Gl’Indiani credono di più che Visnù debba subire una decima trasformazione,
iche. 726. Tra gli Dei, che i Galli onoravano di parzial culto, i più celebri erano Teutatète, Eso e Tanarete. 727. Te
vorevole questo Nume con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e il più sanguinoso. 732. Benchè Tanar
con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e il più sanguinoso. 732. Benchè Tanarete avesse il domini
adrona assoluta delle Gallie. 737. Le mogli dei Druidi si davano cura più specialmente dei sacrificii e delle altre cerimon
739. Odino, conquistatore e legislatore del Nord, fu il primo ed il più antico Nume della Scandinavia, ossia di quella po
Divinità americane. 744. Molte sono le mitologie americane : le più varie tra esse la peruviana, la messicana, e la c
itanti, che qual Dio lo adorarono fino alla venuta di Pasciacamac che più potente mutò in belve gli uomini da Scioun creati
per moglie e sorella la Luna, dai quali fu generato Manco-Capac, Dio più volgarmente noto, e gl’Incas loro dinastia reale.
ei qnali erane immagine. Il noviziato durava almeno un anne, e per lo più cinque, spirati i quali erano ammessi all’autopsi
moderna America, dovo i molti vulcani aempre accesi o lo tracco assai più numaroso dei grandissimi vulcani sponti attestano
iganti, suscitata da Tifeo per vendicara i Titani, e cho, sccoudo una più accurata investigazione cbbe per campo l’Italia,
non ravvisa in lai detti un vulcano allora sorto dalla terra, che per più bocche lanciava fiammo, e muggiva come talora udi
mi monti cruttanti fianima che parevano cadute dal cielo. 20. Alcuni più profondi investigatori dell’antichità riconoscono
l’umano ingegno e nei primordj delle arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Dal vaso di Pand
ei primordj delle arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Dal vaso di Pandora scaturirono il
nio fu tenuto per figliuolo d’Apollo, ed il suo antro diventò uno dei più celebri oracoli della Grecia. Vi scendevano per a
acesse la prova dopo Venere, ma non si sa con qoale esito. Millo anni più tardi Saffo, abbaudooata da Faone, si gettò dalla
nomo, o per isligazione dei sacerdoti, o per divozione alla regina, o più veramente per ragione di stato, asserì di averla
o. » 37. Buccina Tritonis è così chiamata dai naturalisti una dolle più grosse conchiglie marine. 38. L’Arpia Celeno fec
da attribuire ai terremoti, alle eruzioni vulcaniche, in anlico assai più frequenti. 40. Scilla ora ò città della Calabri
la medesima foce, dalla parte di Sicilia in faccia agli scogli, non è più temibile come quando, al narrar degli antichi, in
e l’origine di questa favola dei Campi Elisi sia egiziana ; poichè il più celebre sepolcreto di quel popolo era collocato o
50. Scende di roccia in roccia. 51. Fino al fondo dell’abisso donde più non si scende. 52. Mostruosa. 53. Oggidì Candia
esolava Io campagne dell’Etolia. Ercole vi fece alzare argini, e rese più uniforme il corso del fiume. La metamorfosi d’Ach
fatto rimane smentita dalle nuove teorie fisiche, in quanto che non è più a credersi che nelle alte regioni dell’ aria il s
asirilievi dello scudo d’ Achille nel e. XVIII dell’ Iliade è uno dei più notabili paasi di quel poema, e vorrebbe essere s
la morte di questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimentare di più il sno dolore fece faro un busto d’ avorio o di c
a nel Museo del Vaticano. 119. Questa favols è fondata sopra uno dei più calamitosi avvenimenti di Tebe. Regnando Anfionc,
va al mare a l’una rimpatto all’ altra, aono aeparate da un tratto di più d’un miglio. 122. Queslo rallo, al dire di Plato
e rocca da far fronte ai Bresciani e ai Bergamaschi là dove la riva è più bassa. 134. Mette capo, comincia. 135. Governo
ricorrevano agli oracoli nell’ accingersi alle grandi imprese, e nei più piccoli affari domestici, aia che si trattasse di
laro, a Delo ec. ; Esculapio a Epidauro ; Trofonio in Beozia, erano i più reputati ; ed ogni oracolo aveva un modo particol
nso o sull’ ambiguità di sentenze che potevano essere interpretate in più modi ; insomma erano imposture per ingannare il v
equilibrio con un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la sua più lontano di tutte, oltre il termine statuito. I Pu
udo di cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimente di cuoio a più doppi ec. 141. Faone (177 nola), amato da Saffo,
la terra girando intorno al sole nel periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le sembianze di Vacca.
6 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
are l’opera nostra, dando in questa Prefazione una spiega, per quanto più potremo concisa e limpida, del modo al quale ci s
o studioso questa opera storico-scientifico-letteraria. Penetrare nei più sconosciuti e remoti fatti dell’antichità ; studi
ella notte profonda dei secoli ; svolgere, con occhio osservatore, le più oscure notizie delle cronache ; raffrontare le tr
delle cronache ; raffrontare le tradizioni dei popoli antichi, colle più recenti notizie, scritte e dettate da chiari inge
tori, e soprattutto la gioventù studiosa e culta, quella che forma la più eletta parte della cittadinanza di una illustre m
un’idea chiara, netta, precisa, dello scopo che ci trasse a spendere più anni di penoso lavoro intorno a quest’opera. Fu q
puteremo largamente ricompensati della strenua fatica. Prima d’andar più oltre, esaminiamo la parte, diremo, materiale del
tto qualunque ; e l’intelligenza, quest’occhio dell’anima, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere, di sentir
dall’infinitamente grande, all’infinitamente piccolo, tutto ha il suo più solido fondamento, la sua essenza, il suo svilupp
’ispirazione, deve primieramente aver la sua base e il suo fondamento più solido, nell’ordine col quale viene cominciata e
posta ; ordine ed armenia che debbono essenzialmente regnare nel modo più completo, fra l’idea, che è l’anima, l’essenza an
er ordine alfabetico, con notizie, ragguagli e annotazioni, tolte dai più accreditali scrittori storici, cronisti e poeti,
iardi ; dev’essere un resoconto dei principali avvenimenti, dei fatti più importanti, compiutisi in quel periodo di tempo c
ideate personalità vissero ed agirono ; una nomenclatura, per quanto più si possa, fedele e letterale dei nomi di quei per
luoghi, i quali per la loro individuale importanza, richiedessero una più dettagliata illustrazione. Facemmo precedere il n
nnotazioni, onde i lettori si avessero una guida sicura, e per quanto più potemmo, dettagliata ed esplicita, dalla quale ve
tico, numerandoli progressivamente, e ciò solo nell’intento di render più agevoli le ricerche dello studioso, col marcare e
uei nomi, il numero d’ordine progressivo. Riguardo alle citazioni dei più rinomati scrittori antichi e moderni, di che noi
oni, onde esser certi, fino al convincimento, di non aver commesso il più lieve errore, la più leggiera omissione. Abbiamo
, fino al convincimento, di non aver commesso il più lieve errore, la più leggiera omissione. Abbiamo sovente riportati int
potesse sembrare affatto estranea al carattere della nostra opera, la più lieve relazione con l’opera eterna dello Alighier
e dei reprobi. Questa è stata, per non toccar delle altre, la ragione più convincente che in tutto il corso di questa opera
avuto i loro storici, i loro cronisti, i loro scrittori, i quali, chi più chi meno, ànno disseminata, con le loro opere ant
do o ampliando, secondo che ci è sembrato necessario, gli avvenimenti più importanti, i punti più salienti della pagana Mit
che ci è sembrato necessario, gli avvenimenti più importanti, i punti più salienti della pagana Mitologia. Ma se per poco l
sseci dalle cronache mitologiche. Ma appunto questa formava una delle più ardue difficoltà dell’opera nostra. Considerevole
loro irrecusabile testimonianza, i fatti, gli avvenimenti, i simboli più importanti della Mitologia pagana. In oltre in qu
eri fatti che ne componevano la storia, ma un insieme di quello che i più rinomati scrittori, e sopratutto i classici, ci h
ento qualunque, religioso, storico, o politico che sia, rimarrà tanto più indelebile nella mente, quanto più marcata e sens
o politico che sia, rimarrà tanto più indelebile nella mente, quanto più marcata e sensibile sarà l’esposizione di esso. Q
a primitiva e tradizionale, ma avranno anche agio di internarsi nelle più peregrine bellezze letterarie dei elassici, le qu
oro volta, saranno dal fatto stesso, di cui vengono in appoggio, rese più chiare, limpide ed indelebili, nell’animo del let
uon viso al nostro lavoro : noi non osiamo nè chiedere, nè sperare di più . Studio preliminare Sulla mitologia La sc
 — Il maggior poeta lirico della Grecia, secondo la testimonianza dei più rinomati scrittori. Nacque nella Beozia, quantunq
risto). Ma nessuna di queste date è certa, quantunque l’ultima sia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80°
avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. ad avere il sentime
più nobili della città di Tebe. ad avere il sentimento della cosa. Più tardi essi congiunsero la nozione del Mito a quel
o della cosa. Più tardi essi congiunsero la nozione del Mito a quella più generale di simbolo o altegoria, e ne fecero una
nnove città che si attribuiscono cotesta gloria ; ma le pretese della più parte, sono così poco avvalorate, e tanto sospett
Tutta l’antichità considerò unanimamente l’Iliade e l’Odissea come le più classiche opere della greca poesia, 10 11 C
issea come le più classiche opere della greca poesia, 10 11 Che più  ? l’erfino negli oscuri ed osceni saturnali di Ba
arole. Anche a traverso le folte e tristi nebble dell’eresie, che dai più remoti tempi funestarono il mondo cristiano, i si
i del detto periodo di tempo, seguirono, o meglio, conservarono uno o più dei diversi miti della religione da essi osteggia
eguendo questa dolorosa nomenclatura, noi potremmo giungere fino alle più recenti eresie, di che fu afflitta la maestà dell
stituito un libro, alla spada che brandiva il Dio della Guerra. Anche più presso a noi, e propriamente nella città di Messi
go adducam aquam diluxii super ierram — è similmente raccontato dalle più antiche tradizioni dell’ Oriente, le quali accenn
on lo scolamento delle acque diluviane, che avean tocca la cima delle più alte montagne. Se dunque i Miti bugiardi e le fal
le virtù d’un’epoca remota, oscura, confusa ; e questo studio è tanto più fecondo d’insegnamenti e di dottrine, per quanto
o studio è tanto più fecondo d’insegnamenti e di dottrine, per quanto più enigmatici sono i simboli o i miti, che ne compon
n diverse da quelle della storia, e sovente avviene che intere epoche più recenti, sono trasferite in seno dell’età favolos
stra traverso il prisma della simbolica allegoria, la quale apparisce più viva in tutto quel lungo elasso di tempo, in cui
enne alto e riverito il culto dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fr
e, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più essenzialmente umana ; non venne a redimere, col
simboli o miti atroci ed impuri, proprii di una religione che serviva più alle tristi passioni dell’uomo, che al principio
ormano l’anima del nostro lavoro. Codesta studiosa osservazione dovrà più accuratamente portarsi, dapprima, a spiegare la g
ente che adora ; e quanto questo è meno visibile ai suoi sensi, tanto più volentieri l’uomo gli attribuisce una forma imita
iche e liberali. I greci le coltivarono tutte, ed in tutte colsero le più nobili palme. Essi furono in certo modo, spinti a
verità : cooperandosi al progresso, perfezionando l’uomo ch’è l’opera più nobile del Creatore, e volgere al bello, al grand
gli altri. Un esempio palpabile di quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatamente nel canto XXII della Iliade, allorch
onemmo fin quì, emerge chiara la conseguenza che i miti sono la forma più saliente che assume la religione di un popolo, e
a sentirsi un demone nel seno. Nella Bibblia, e nelle opere sacre dei più celebri dottori della Chiesa Cattolica, occorrono
i e serii testimonii. Durante il banchetto, a cui prendevano parte le più chiare personalità dell’aristocrazia francese, Ca
o 47 l’illustre italiano, ha lasciato scritto che la « Mitologia è la più ricca forma della tradizione dell’umanità, e che
sciuto, constatato, innegabile che i miti religiosi appartengono alle più remote età del mondo, e che lo studio della Mitol
di un popolo, di un età, di una generazione, considerata sotto il suo più caratteristico aspetio morale e fisico, ossia tra
e tradizioni, e dell’oscuro significato dei miti della Favola ; tanto più che lo esame accurato, e lo studio paziente e min
nell’allegoria, in cui la cognizione dell’essere proprio, suppone una più matura riflessione. L’allegoria nel fatto esprime
mbolo attuato nell’istesso tempo dal pensiero e dal fatto, ed è tanto più prossimo al simbolo, quanto più è antico. All’inc
dal pensiero e dal fatto, ed è tanto più prossimo al simbolo, quanto più è antico. All’incontro tanto più esso si accosta
anto più prossimo al simbolo, quanto più è antico. All’incontro tanto più esso si accosta all’allegoria, quanto più apparti
antico. All’incontro tanto più esso si accosta all’allegoria, quanto più appartiene ad un epoca recente. Finalmente, ponen
pulsione, ma ne fecero un tutto vivente, animato, sensibile, e quanto più meravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti
eravigliosi apparvero loro gli astri, i planeti e gli elementi, tanto più facilmente essi li adorarono. E tanto ciò è vero
che il culto degli astri, detto con vocabolo proprio Sabeismo 48 è il più universale, come ci dimostrano le religioni dei F
ssolano, veniva man mano raffinandosi a misura che l’arte metteva una più armonica relazione fra il concetto dell’idea simb
ta e alla morte. Erano tre sorelle Gloto. Lachesi e Atropo. Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al
mo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia, tagliava, colle forbici, il filo, e cosi
qui, dando in questo Studio Preliminare un cenno storico, per quanto più potemmo ristretto e conciso della Mitologia, a no
a mostrarsi lucidamente ai lettori, e che questi non possono avere la più lieve incertezza o la minima oscurità su quanto n
tutto sotto un velame di misteri, di allegorie e di metafore. Quanto più un popolo è dotato d’immaginativa e di fervore re
o più un popolo è dotato d’immaginativa e di fervore religioso, tanto più ricca è la sua mitologia. Weber — Compendio di S
. Guerrazzi F. D. — Dall’Introduzione della Beatrice Cenci Benchè più non alberghi Nelle sue grotte Apollo, e tu soggio
dove si riflettono le immagini loro, e nel continuo passaggio le cose più strane si succedono senza dar tempo a compire un
are lo spirito su questa terra è aprire all’anima cammini incogniti e più vasti nell’infinito, e vale la pena di spendere l
l’âme. Lamartine — Des destinées de la poésie. La mitologia è la più ricca forma della tradizione dell’umanità : essa
i tutti i beni della terra dall’eterno sorriso e dalle tinte vive dei più ricchi colori : tiene nelle mani un corno rovesci
ni un corno rovesciato da cui escono a profusione i fiori e le frutta più belle. Essa si salvò con Saturno allorchè questi
nome Abraca lo stesso che Abracox o Abraxas che si credeva essere il più antico degli Dei, veniva ritenuta come un amleto
e vennero rinchiusi nel famoso Cavallo di legno. Al momento che ardea più accanita la carneficina, questo principe ebbe la
nche in Egitto v’era una regione conosciuta sotto tale denominazione. Più famosa però fu la città di questo nome in Sicilia
imulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed a
aja. — Contrada della Grecia posta al mezzogiorno della Macedonia, ma più particolarmente provincia del Peloponneso, al qua
per servirsene da origliere lo avesse riempiuto di paglia onde farlo più morbido e dormire più comodamente. 53. Acheolo. —
gliere lo avesse riempiuto di paglia onde farlo più morbido e dormire più comodamente. 53. Acheolo. — Figlio dell’ Oceano e
fu nuovamente vinto ; in seguito sotto le forme di toro, ma non ebbe più felice la sorte, poichè, Ercole afferratolo per l
ennone gli tolse una bella e giovane schiava detto Ippodamia, o anche più comunemente Briseide, dal padre Briseo. Achilleal
del Revillano, si rinchiuse nella sua tenda ; e giurò che non avrebbe più combattuto. ……..Il solo Premio vi manca che mi d
rola ; i Trojani furono sempre vincitori nei diversi combattimenti, e più volte respinsero i Greci fin sulle loro navi, ma
nquillara) 80. Acqua. — Di questo elemento fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di Mileto, e
delle più antiche deità del loro culto. Talete di Mileto, e con lui i più antichi filosofi riguardarono l’acqua come il pri
e rive di quel fiume. Si dava il soprannome di Acrea a diverse Dee, e più particolarmente a quelle che avevano dei tempî de
amantea. — Nutrice di Giove. È generalizzata credenza degli scrittori più rinomati della favola che sia la stessa Amaltea.
o e l’altro riuscirono nell’intento prefissosi, solamente Ercole fece più presto di Depreo, onde la vittoria fu a lui devol
o raso, battendosi il petto. In Alessandria la regina, ovvero la dama più nobile della città portava ella stessa una piccol
ava ella stessa una piccola statua di Adone, seguita da tutte le dame più rinomate per illustri natali, le quali portavano
arebbe andata soggetta alla corruzione. Questa favola che è una delle più stravaganti della mitologia pagana, era sufficien
aja. — Era questo il nome di una delle Grazie. 184. Aglao. — Nome del più povero degli Arcadi, che Apollo giudicò più felic
e. 184. Aglao. — Nome del più povero degli Arcadi, che Apollo giudicò più felice di Gige perchè viveva contento dei legumi
i delle dolcezze della loro unione, ardirono darsi il vanto di amarsi più perfettamente di Giove e Giunone. Gli Dei allora
e si resero in Grecia gli onori divini. 218. Aine o Aloe — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Aloo. Fu uno dei gig
 Conosciuto più comunemente sotto il nome di Aloo. Fu uno dei giganti più ricordati dalle cronache mitologiche, il quale sp
o articolo i fatti che sono menzionati da quelli scrittori che godono più credito. Oileo, re dei Locresi, ebbe un figlio a
di V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille, e dopo di lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli era vulnera
e forse taluno credere ovvia, è pure necessaria per intendere uno dei più bei passi di Ovidio Come ha cosi parlato, alza l
i che, nel traversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imp
nascosto per non andar alla guerra di Tebe. Alchmeone tormentato dai più crudeli rimorsi e perseguitato dalle Furie, a cau
trad. L., papi. Gli abitanti di Corcira, oggi Corfù, erano il popolo più voluttuoso di quel tempo, poichè arricchitisi col
o alternarsi di feste e baccanali di ogni maniera ove si contavano le più luride canzoni, di cui la più celebre è quella ch
ali di ogni maniera ove si contavano le più luride canzoni, di cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla presenza d
a Apollo e Diana a colpi di freccia. 298. Aloidi. — Nome di due fra i più formidabili e famosi giganti che imponendo montag
otto codesta allegoria della favola mitologica si rinchiude la verità più palpabile che sotto qualunque altro simbolo della
ugli omeri, per alludere alla prontezza con cui mette in esecuzione i più arditi disegni. 326. Ambrosia. — Questa parola in
326. Ambrosia. — Questa parola in greco significa immortate. Nulla è più confuso e oscuro presso gli scrittori e i poeti m
. di V. Monti. Il certo si è che la favola non poteva inventare cosa più divinamente poetica, dell’ambrosia e del nettare.
Ecco le sue parole testualmente tradotte : « L’Ambrosia è nove volte più dolce del miele : mangiando del miele si prova la
ad Apollo perchè al dire di Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricco e famoso tempio di tutto il Peloponneso. Pa
articolarmente venerato a Tebe, capitale dell’alto Egitto. I cronisti più accreditati raccontano che Bacco, smarrito in un
re. 346. Amontea. — Ninfa figlia di Nereo e di Dori. 347. Amore. — Il più bello degl’immortali. Fu fino dai primi giorni de
un Dio Selvaggio, o della plehe degli Dei ; Ma tra’grandi celesti il più possente Che fa spesso cader di mano a Marte La s
356. Amyeo. — Figlio di Nettuno e re dei Bebrici. Vi fu anche uno dei più famosi centauri compagno di Enea, che ebbe questo
Un giorno una delle sue schiave gli predisse ch’egli non avrebbe mai più bevuto il vino della sua vigna. Anceo derise la p
le quali essi trasportarono ancora i loro Penati, e quanto avevano di più prezioso. Finalmente Anchise morì in Sicilia, dov
on sarebbe mai libera dai suoi nemici, se non si fosse trovato fra le più illustri famiglie, taluno che avesse voluto immol
esse voluto detronizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deserte vie di Atene. Minos, volendo vendicare la
. 400. Andromaca. — Figlia d’Etione re di Tebe e moglie di Ettore, il più famoso eroe Troiano da cui ebbe un figlio che fu
e d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamarsi più bella di Giunone. Nettuno per vendicare la Dea, f
imbolo dell’anima. Presso quel popolo, la cui mitologia è ricca della più poetica fecondità d’immagini, Cupido, come dio de
di sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Giove. La credenza più generalizzata è che ella fosse una ninfa del fium
tro una credenza assai vaga. Antenore ebbe molti figliuoli, fra cui i più noti sono Achiloco, Alamanto, Laodoco, Acheolo e
in quel luogo la condussero presso la loro madre. 466. Anthiope. — La più famosa delle regine delle Amazzoni. Ercole avendo
ento. 467. Anthoro o Antoreo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo
Anti-Dei. — Genii malefici che ingannavano gli uomini per mezzo delle più seducenti illusioni. 472. Antifo. — Uno dei figli
mi doti. ammirator tu padre. Sì, ne saresti al par di me ; tu stesso, Più assai di me, chi, sotto il crudo impero D’ Eteocl
di Laomedone. Avendo un giorno detto ad alta voce che essa era assai più bella di Giunone, la dea sdegnata la cangiò in ci
he lo adoravano sotto la forma di un cane. Discorde è la opinione dei più rinomati scrittori mitologici su tale personaggio
unto in quella Che si partiva, e me l’avvisa il core Che di battaglia più che mai bramoso Mi ferve in petto si che mani e p
nello studio preliminare di sopra accennato, noi abbiam detto essere, più che proprii del paganesimo, fusi in esso da simbo
che cantavano inni in sua lode. Ma l’occasione in cui si addimostrava più palesemente il culto superstizioso che gli Egizii
morto lo stesso Osiride, e tutte le città Egiziane, rimanevano nella più profonda mestizia finchè fosse comparso il novell
quale la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che era una delle s
o nume come dio delle Arti. Apollo ebbe molte amanti, fra le quali le più ricordate furono Leucotea, Dafne e Clitia. Lo spa
Giove e di Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la contrada più rinomata di tutta la Grecia per le favole a cui d
nio chiama similmeute con tal nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome di Anceo. 515. Arcadia.
sì denominato il primo sacerdote di Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed illustri famiglie. L’archigallo vesti
523. Arciteneno. — Nome col quale i poeti denotavano talvolta Apollo. Più comunemente si dava questo nome al centauro Chiro
elle della fontana Aretusa. Ei cerca e non si parte, perchè vede Che più lunge il mio piè stampa non forma, Ed io fra la f
andarono alla conquista del vello d’oro, sulla nave chiamata Argo. I più famosi furono : Castore, Polluce, Telamone, Orfeo
o il maggior lume. Felici fa di lei le proprie piume. Per contentarla più Bacco poi volse Far sempre il nome suo splender n
corse Ver dove Arturo fa la guardia all’ Orse. L’aurea corona al ciel più ognor si spinge E di lume maggior sè stessa infor
. Arimomanzia. — Vedi Axinomanzia. 571. Ario. — Fu il nome di uno dei più famosi centauri che combatterono i Lapidi. 572. A
chè sostenne con Minerva la disputa a chi di loro due avesse fatto il più ricco presente agli uomini. 573. Aristene. — Seco
Arpalice. — Nativa di Argo e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la più bella giovanetta della sua città. La tradizione m
a rappresentata la celebre Arpalice inforcando un cavallo che correva più rapido delle onde dell’ Ebro. In mezzo della sel
589. Arpie. — Giammai la vendetta degli Dei pensò, secondo la favola, più orrendi mostri di questi spaventevoli uccelli. Es
e Arpie erano in gran numero, sebbene il nome di sole sei o sette sia più comunemente conosciuto. Che le Arpie vivessero in
re ; Fanno lamenti in su gli alberi strani. Dante Inf. C. XIII. Le più famose Arpie furono Celeno nominata da Virgilio,
leno nominata da Virgilio, Iside, Aejo ed Ocipete, e finalmente Alope più comunemente conosciuta sotto il nome di Achelope.
terminata altezza su di alcuni pali dalla punta acutissima mori fra i più atroci tormenti. 593. Arsace. — Re dei Parti, Amm
dette Artemisie istituite in onore di lei. 597. Arteride. — Una delle più strane tradizioni della mitologia Egiziana raccon
i. Questi sacerdoti erano al numero di dodici, venivano scelti fra le più illustri e cospicue famiglie di Roma, e venivano
llara. Vi fu anche un altro Ascalafo, figlio di Marte che fu uno dei più rinomati guerrieri Greci, che assediarono Troia.
ene nella Beozia. Egli rese famoso il suo nome per aver condotto seco più di trenta navi. Dell’ Orcomèno Minïco gli eletti
e Giove trasformato in toro rapisse Europa. 628. Asterione. — Uno dei più rinomati Arganauti. Asterione fu anche il nome di
il nome di Ialmeno si distinse poi all’assedio di Troia come uno dei più famosi generali dell’armata Greca. Vi fu anche un
ci è assai discorde sull’essere i venti figli di Astreo ; molti fra i più accreditati fanno Eolo loro padre e re. 650. Astr
ante volte essi avessero saputo produrre ognuno del canto suo la cose più utile agli uomini. Nettuno allora con un colpo di
Palladio V. Palladio. 667. Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per
ontro un altro figlio di Giove egli ne fu così afflitto che non volle più vedere alcuno. Perseo si condusse da lui, ma non
ione. Comunemente si chiamano anche Esperidi o Pleiadi. 672. Atoso. —  Più comunemente Athos : montagna fra la Macedonia e l
vesse retrocesso dal suo corso quotidiano. È questo uno degli episodi più truci che ci ricordi la storia dei tempi favolosi
co un par di corna ; Il naso entra nel viso, e la narice Resta aperta più sotto, e ’l mento torna Dentro in se stesso, e in
arra che Atteone fosse divorato dai cani di Diana per essersi vantato più esperto di quella Dea nell’arte della caccia. Dio
a adorata la fortuna come dea del caso. 694. Automedone. — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Automedonte. Cosi si
r che è riguardato come il dio Priapo della mitologia Greca e Romana. Più comunemente veniva chiamato Belfegor. 718. Baal-G
Priapo degli Arabi. 721. Baal-semen. — I Fenici lo ritenevano come il più grande dei loro Dei. Nella lingua di quei popoli
profani, e torci, Montre a gradi sublimi, e trionfali Chiami i genii più vili, e più spilorci. Salvator Rosa. — Satira qu
torci, Montre a gradi sublimi, e trionfali Chiami i genii più vili, e più spilorci. Salvator Rosa. — Satira quinta. La
ne di questi sconci e sanguinosi misteri, e da quell’epoca non furono più celebrati i baccanali nè in Roma nè in alcuna par
la conquista delle Indie. Esse facevano sul loro cammino risuonare le più clamorose grida, cantando le vittorie del loro di
ano rintronar l’aria di grida assordanti, e poi si abbandonavano alle più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio di
tori non si accorda sulla favolosa tradizione di lui. Però l’opinione più comunemente accettata è la seguente. Giunone, sem
raggiosamente al fianco di suo padre e fu ritenuto dopo Giove come il più possente degli Dei. Bacco veniva rappresentato so
illara. Fra i molti animali che si sacrificavano a Bacco, quelli che più generalmente venivano immolati nei suoi sacrifizi
ettori un parallelo storico, che, secondo le opinioni di alcuni fra i più rinomati scrittori della Favola, come il Vossio,
l dire appunto, salvato dalle onde. Bacco passò il Mar Rosso seguito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini,
Cotitto, di cui si celebravano le cerimonie durante la notte, con le più luride oscenità. — V. Bali. 742. Baraico, detto a
gica racconta che Basilea sposò Iperione, suo fratello, che essa avea più caro degli altri, e ne ebbe due figli, un maschio
parola fosse il grido che si ripeteva nei baccanali. Però l’opinione più accreditata e più logica è che questo soprannome
rido che si ripeteva nei baccanali. Però l’opinione più accreditata e più logica è che questo soprannome fosse dato a Bacco
alore. 748. Bassaridi. — Si chiamavano così le sacerdotesse di Bacco, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Figlia di Tec
rio rubò ad Apollo. In premio del suo silenzio, Mercurio gli dette la più bella delle vacche derubate ; ma poi, non fidando
a e la cagion ne chiede, L’arbor vede ei che la sua donna asconde : E più ch’un mira e attende al fin che n’esce. Più vede
la sua donna asconde : E più ch’un mira e attende al fin che n’esce. Più vede che la selva abbonda e cresce. Vuol tosto qu
 — V. Belifama. 765. Bellegor. — V. Baal-Fegor. 766. Bellero. — Detto più comunemente Pireno. Fu fratello di Bellerofonte.
antichi Galli dell’Alvernia davano al dio Beleno, ed a cui facevano i più grandi sacrifizii e le più sontuose feste. 768. B
davano al dio Beleno, ed a cui facevano i più grandi sacrifizii e le più sontuose feste. 768. Bellona. — Sorella di Marte
di Pigmalione e d’Elissa, soprannominata Didone. Belo era del paro la più grande divinità dei Bibilonesi, i quali le innalz
e divinità dei Bibilonesi, i quali le innalzarono un tempio che fu il più ricco, sontuoso e magnifico di tutti i tempi del
consorte, montò in gran furore contro i sacerdoti, che non le avevano più solertemente custodite : ma un astronomo, chiamat
ere aveva un tempio : da ciò il soprannome di Biblosa a quella dea, e più comunemente quello di Biblia. 791. Bibratte. — An
801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosciuta sotto il nome di Teofane
a. Terminata la preghiera essi si addormentarono e non si svegliarono più , poichè la Dea avea loro nel sonno mandata la mor
ie delle acque senz’affondare. Di Dardano fu nato il re d’ogni altro Più opulente Erittonio. A lui tre mila Di teneri pule
i era permesso il recidere qualche albero era quando abbisognava dare più luce in qualche punto ove la troppo foltezza dell
quale venne deposta in un tempio fabbricato da Oreste. Ifigenia fu la più celebrata fra le sacerdotesse di questo tempio, o
imano. Di questo favoloso gigante dice il Monti : Un’ altra furia di più acerba faccia Che in Flegra già del cielo assalse
X. trad. di V. Monti. Achille allora, altamente sdegnato, non volle più combattere nelle file dei Greci contro i Troiani,
iacciar l’uva per estrarne il vino. 828. Brisida o Brasida. — Uno dei più valorosi capitani dei Lacedemoni. Dopo la sua mor
raico. 853. Busiride. — Figlio di Nettuno e di Lidia. Egli fu uno dei più crudeli sovrani dell’Egitto. Aveva per costume d’
gare così : Fontana del cavallo Pegaso , che al dire degli scrittori più rinomati della Favola, era il cavallo di cui si s
Fenicia vi erano delle Divinità dette Cabiri o Caberi ; ma l’opinione più valida e più generalmente ritenuta dagli scrittor
ano delle Divinità dette Cabiri o Caberi ; ma l’opinione più valida e più generalmente ritenuta dagli scrittori dell’antich
sorte dei suoi figli, ne ebbe in risposta che erano loro riserbate le più grandi sventure. Allora, afflitto e scoraggiato d
e fischia. ………….. Ecco a un tratto anco a lei fugge la forma, E non è più un serpente, ma son dui : E serpono ambedue fra l
piedi allora Di Testore il figliuol Calcante aizossi, De’veggenti il più saggio, a cui le cose Eran conte che fur, sono e
estino, che era quello di morire quando avesse ritrovato un individuo più abile di lui. 886. Calchee o Calcie — Feste in on
, secondo alcuni scrittori, e Ninfa del suo seguito secondo altri. La più antica e la più generalizzata opinione è che Call
scrittori, e Ninfa del suo seguito secondo altri. La più antica e la più generalizzata opinione è che Calligenie fosse uno
Feste in onore di Venere, nelle quali veniva conferito un premio alla più bella donna. Questo vocabolo Callistee deriva dal
— Gli Ateniesi ne avevano fatto una Divinità. Per altro gli scrittori più rinomati della Favola non fanno menzione di altar
a l’armata di Turno contro Enea. Fu celebre cacciatrice, e nessuno fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle arm
na in cui Giunone andava tutti gli anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri dame greche di andare in pellegrinaggio
esto animale era consacrato a Mercurio, per essere questi ritenuto il più astuto e vigilante degli Dei, appunto perchè la v
degli Dei, appunto perchè la vigilanza e la sagacità sono i caratteri più salienti della indole di quel quadrupede. Plinio
io se ne servì per punire Fineo. V. Fineo. 938. Canente. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Canenza, al dire di
nità a cui s’offeriva. 940. Canope. — Era questo il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I sacerdoti di es
l Dio Canope dichiarato vincitore, fu da quel giorno ritenuto come il più possente degli Dei. Egli però andò debitore della
otto questa allegorìa che questa materia prima era ravviluppata nelle più folte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo
adre del famoso Anchise, principe Trojano. 948. Capitolino. — Uno dei più conosciuti soprannomi di Giove, a cagione del cel
anto che, essendone morto uno, gli abitanti di Mendes dimostrarono il più vivo dolore. È ancora a notare che nella città di
vivo dolore. È ancora a notare che nella città di Mendes, le vittime più ordinarie dei sagrificii erano le pecore, e si av
re, i Cartaginesi, per rimediare all’errore commesso, scelsero fra le più nobili famiglie duecento giovanetti destinati al
glie duecento giovanetti destinati al sacrifizio ; e che ve ne furono più di trecento, che si offrirono volontariamente com
dell’ avvenire ; ma allorchè il Dio l’ebbe sodisfatta, essa non volle più tenere la sua parola, e Apollo, per vendicarsi, l
Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi. Che non solo o
tutto il mondo Di beltà donna a lei non era pare, Ma che non era viso più giocondo Fra le ninfe più nobili del mare. Ovidi
nna a lei non era pare, Ma che non era viso più giocondo Fra le ninfe più nobili del mare. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro
esto, al dire di Pausania, un altro dei nomi della fontana conosciute più comunemente con quello di Castalia. 990. Castalia
lla Colchide, per la conquista del vello d’oro, e si distinsero fra i più valorosi Argonauti. Al ritorno di quella spedizio
store, da cui non poteva vivere lontano. Essi furono annoverati fra i più grandi dei della Grecia, e furono loro innalzati
o. 1004. Caumaso. — Era il nome di un celebre centauro. Fra questi i più famosi furono : Grineo, Reto, Nesso, Arneo, Licid
rossastro ; il secondo accenna al tempo nel quale i raggi solari sono più luminosi ; Lampo dinota le ore del mezzogiorno, q
ondono con Cecopro di cui nell’articolo precedente. 1025. Cecropea. —  Più comunemente Cecropiana, era uno dei soprannomi di
iro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia assai più bella di Venere, la Dea per vendicarsi ispirò all
ngiato in uccello. Costui nacque in Tessaglia. E giunto all’ età sua più verde e bella, Per nome maschio il nominar Ceneo,
amo dei Centauri rassomigliava al nitrito di un cavallo. Fra tutti il più famoso ed il più celebre fu Chirone, precettore d
rassomigliava al nitrito di un cavallo. Fra tutti il più famoso ed il più celebre fu Chirone, precettore di Achille. (V. Ch
oli, che Giove cambiò in scimmie perchè essi si abbandonavano ad ogni più turpe deboscia. 1061. Cercopiteca. — Nome di una
sempre fui E quanto m’affatichi tutto l’anno Per provvedere i frutti più pregiati, Tanto agli onesti e più quanto agli ing
utto l’anno Per provvedere i frutti più pregiati, Tanto agli onesti e più quanto agli ingrati. Ovidio. — Metamorfosi, Libr
della terra, sottoposta al lavoro dell’ agricoltura. È questa la idea più generale che, seguendo la favola, si può dare su
eguendo la favola, si può dare su questa Dea, poichè tanto i cronisti più accreditati, i mitologi, quanto i poeti ; non si
hione fu così orgogliosa della sua bellezza, che osò vantarsi d’esser più bella di Diana, del che sdegnata la Dea, le forò
r lungo uso le virtù medicinali delle erbe e delle piante, divenne il più gran medico dei suoi tempi. Egli insegnò la medic
ssionatamente, e che si uccise in presenza di lei senza cagionarle la più leggiera emozione. 1089. Clamel. — Così venivano
on la quale per altro non bisogna punto confonderla. 1092. Cibelle. —  Più comunemente conosciuta sotto il nome di Cibele :
elo o Celo. — Figlio dell’aria e della terra. Egli è ritenuto come il più antico degli Dei. Fu detronizzato da suo figlio S
si accontentasse di volare radendo la terra, e facesse dell’elemento più contrario al fuoco la sua abitazione. Cigno fu fi
ntura, e da quel giorno il suo discorso ebbe gli ornamenti, le grazie più attraenti. — V. Cesto. 1134. Ciparisso. — Figlio
e il simbolo della tristezza, o perchè tagliato una volta non rinasce più , o perchè i suoi rami senza foglie hanno un aspet
lioni, la quale fu detta Cizzica o Cisia, e che poi divenne una delle più fiorenti città della Grecia. 1159. Cladea. — Fium
e dove il vascello si era così fortemente incastrato che non riusci a più centinaja di uomini di rimuoverlo. 1166. Clausio.
ine. Egli si salvò nascondendosi in un sepolcro, nel quale poi non fu più ritrovato. L’oracolo consultato su questo strano
Priamo, e figlio di Laomedone. 1190. Clito. — Così ebbe nome uno dei più rinomati centauri. 1191. Clizia. — Figlia dell’Oc
199. Cloreo. — Famoso indovino, sacerdote di Cibele. 1200. Cloridi. —  Più comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu
erchè essa aveva osato vantarsi di cantar meglio del primo, e d’esser più bella della seconda. Clori fu anche il nome di un
a legge inevitabile della morte. Questa credenza religiosa di uno dei più antichi popoli del mondo, è una prova dell’antich
li, ossia città dei Coccodrilli. Presso gli Ombiti, che era il popolo più superstizioso dell’Egitto, era ritenuto come un s
ltezza straordinaria e d’immense proporzioni. Ve ne erano diversi. Il più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colos
iglie del mondo, e che rappresentava Apollo, solo dio dei Rodiani. La più comune opinione è che codesta statua fosse alta s
; ma che avendo poi saputo essere Oreste reo di parricidio, non volle più ammetterlo alla sua tavola ; ma ordinò fosse serv
i Cortina, fosse adoperato per indicare il tripode stesso. L’opinione più fondata però sembra quella che attribuisce il nom
dorata nella Tracia. I misteri di questa dea erano considerati come i più infami. Al dire di Giovenale, le turpi libidini c
regia moglie Ti si prepara. Or de la tua diletta Creüsa, signor mio, più non ti doglia : Chè i Dolopi superbi, o i Mirmido
nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote di Apollo e padre di Astinomea, più comunemente conosciuta sotto il nome di Criseide.
1312. Crocale. — Ninfa che fu riglia del fiume Ifmeno. 1313. Croco. —  Più comunemente conosciuto sotto il nome di Croto : f
foglie una corona, che poi porto sempre. Vi fu anche un’altra Dafne, più comunemente conosciuta sotto il nome di Artemisia
eozi ogni nove anni in onore di Apollo. Un giovane, appartenente alla più illustre famiglia della città, portava in giro un
iposava un globo di rame da cui ne pe ndevano sospesi molti altri, di più piccola dimensione. Nel primo veniva raffigurato
chiamavano Pelasgi, furono detti Danai o Danaidi. 1358. Danubio. — Il più gran fiume d’Europa. La cronaca mitologica ricord
ro in Asia, ove costrui una città detta dal suo nome Dardania, che fu più tardi la famosa Troja. 1360. Dardani o Dardanidi 
e. 1373. Dedalo. — Nipote di Ereteo, re d’Atene. Era ritenuto come il più abile artefice greco e famoso scultore ed archite
nte. Dedalo ebbe un nipote artefice, quanto lui abile e fors’anche di più , ch’egli, per gelosia di mestiere, fece assassina
cero la cera e lcaro precipitò da un’enorme altezza nel mare. Dedalo, più accorto dell’incauto figliuolo, giunse a salvamen
e sue stupende prove, E con tal premio Cocalo il ritiene, Che riveder più non si cura Atene. Ovidio.. — Metamorfosi. — Lib
e Dee Madri, rimonta ai primissimi tempi del paganesimo ed è stato il più diffuso ed universale. Queste divinità avevano ne
Spagnuoli : è questa almeno l’opinione generalmente riconosciuta dai più rinomati scrittori dell’antichità, ed appoggiata
V. to studio preliminare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente di tutti gli dei, sebbene il suo incontra
stino. I pagani riconoscevano diverse classi di numi, fra le quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri, gli Acquat
i Celesti, i Terrestri, gli Acquatici e gli Infernali. Erano inoltre più particolarmente adorati nelle diverse classi a cu
so proprio, non conviene che agli dei di prim’ordine, agli dei grandi più individualmente denomina ti, dii maiorum gentium 
ivi e proprio degli altri dei secondari, detti dii minorum gentium, e più particolarmente a quelli che non erano riconosciu
nte a quelli che non erano riconosciuti dei che per l’apoteosi. Fra i più antichi obbietti del culto idolatra bisogna annov
a, noi abbiamo dato un’idea generale delle pagane divinità, ci faremo più partitamente a parlare di tutte le differenti e n
ostellazioni, le comete e tutti gli esseri fisici. Dei animati. Più comunemente detti Semi Dei : vale a dire quei mor
ete che gli Egizii ed i Fenici, che sono i popoli riconosciuti come i più antichi del mondo, ne avessero dato il primo esem
i loro contemporanei, così Urano e Saturno furono considerati come le più antiche divinità deI paganesimo. Dopo la Deificaz
io si poneva alla sinistra di quel letto, mentre un gran numero delle più illustri e nobili dame, tutte vestite di bianco,
no ornamento, ne occupavano il lato destro. Trascorsi sette giorni, i più nobili signori dell’aristocrazia romana portavano
Mileto. Deione era anche il nome di un fratello di Circe, conosciuto più comunemente sotto il nome di Dedalione. 1387. Del
iù comunemente sotto il nome di Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito di Giunone, la quale la p
….. Appo me sono Sette e sette leggiadre ninfe e belle ; E di tutte più bella e più leggiadra È Dejopea — Costei vogl’io,
e sono Sette e sette leggiadre ninfe e belle ; E di tutte più bella e più leggiadra È Dejopea — Costei vogl’io, per merto D
stremamente superstizioso. Cicerone dice ch’egli non intraprendeva la più piccola azione della sua vita, senza aver consult
o, e che fosse vincitore ai giuochi olimpici. 1406. Demetera. — Detta più comunemente Demetra : soprannome che i Greci dava
e i libri sibillini furono ritenuti come sacri, e dati in custodia ai più cospicui ed illustri personaggi del patriziato ro
no loro di potente aiuto nei pericoli. Infine, secondo è credenza dei più dotti e accreditati filosofi dell’antichità, i de
ccio ad un suo amante, si precipitò in uno stagno, ove, non essendosi più ritrovato il suo corpo, fu creduto che fosse stat
è detta vena. Tenne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti di più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa, e no
enne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti di più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa, e non so come, Pres
zione di altri moiti noti sotto il nome di Deucalione : fra questi il più rinomato fu un figliuolo di Minosse, re di Creta.
che era ritenuto come una delle sette meraviglie del mondo, e come il più superbo monumento di simil genere, che fosse cono
i distinguevano pel gran numero dei sacrifizii ed offerte agli dei, e più ancora per la delicatezza delle cortesie che essi
cioè, il messaggiero di Giove e degli dei. 1435. Dictea. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle f
vano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci, e dalla sua più giovane sorella, a nome Anna, parti coi tesori de
conta Virgilio nell’Eneide, è una mera invenzione poetica. Enea visse più di 300 anni prima della fondazione di Cartagine,
Difie in greco significa : composto di due nature. 1447. Difolle. — E più comunemente Dipolie. Si dava codesto nome ad una
no altro non essere stato che una vilissima ciurmeria di saltibanchi, più , al certo, che non fosse l’idea informatrice di u
, rivelatore della divina maestà di una religione. 1455. Diocleide. —  Più comunemonte Dioclie. Si dava codesto nome ad una
Etiolia : fu figliuolo di Tideo e ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più valoroso fra i Greci. Lampi gli uscian da l’elmo
olio Simigliante del vivo astro d’autunno, Che lavato nel mar splende più bello, Tal mandava dal capo e dalle spalle Divin
lisse penetrò nella città di Troja, e ne tolse il Palladio che era la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran
si la legarono alla coda di un toro furioso, sicchè Dirce morì tra le più atroci torture. Al dire della cronaca Bacco vendi
ovanetta, che Minerva cangiò in pesce, avendo osato vantarsi d’essere più bella di lei. Non bisogna punto confonderla con l
a un pomo d’oro, su cui erano scritte queste semplici parole : « Alla più bella ». Minerva, venere e Giunone si disputarono
1479. Ditirambo. — Uno dei soprannomi di Bacco. Da principio si dava più particolarmente codesta denominazione ad una spec
a Divinazione si praticava in cento maniere diverse, ma fra queste le più notevoli erano quattro specie, nelle quali s’impi
atino, felice e bel parlatore, ma uomo sleale e vigliacco. Fu uno dei più accaniti nemici del re Turno. 1507. Dria. — Fu fi
cconta che egli stesso, stanco della sua vita di delitto, persuase il più povero dei suoi seguaci a consegnarlo alla giusti
n questo nome. Al pari dei loro mariti esse venivano circondate della più alta considerazione, ed avevano ingerenza nelle c
ri. Tenevano le loro scuole negli antri dei boschì, nel mistero delle più cupe foreste, all’ombra di quercie secolari ; e r
 ; e ricevevano coloro che li andavano a consultare, con le cerimonie più solenni e misteriose. La religione celtica non pr
ii suo incarico e fece Ganimede il coppiere degli dei. La dea che la più bella età governa. Nel nappo trasparente adamanti
à della Grecia e dello stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso era quello di Corinto, che avea il privile
lla Ecate sulla terra, onde far ricerca della rapita. L’opinione però più generalizzata fra gli scrittori della favola è ch
mis, appunto per alludere alla triplice denominazione di cui parlammo più sopra. Al dire di Servio, Ecate avea tre facce e
do di queste feste, che si celebravano in ogni novilunio, i cittadini più ragguardevoli davano, nelle principali strade del
, bisognò cercare un’ altra ragione meravigliosa degli ecclissi, e la più generalizzata fu questa. Si disse che le streghe
cclissi, essi ritenevano che questi fenomeni della natura fossero del più funesto presagio. 1548. Ecmone. — Uno dei figliuo
e di Priamo, re di Troja, che la rese madre di molti figli, fra cui i più famosi furono Ettore, Paride, Eleno, Polite, Poli
si orgogliosi dalla loro stessa felicità, osarono dire che si amavano più perfettamente di Giove e di Giunone. Irritati per
verse denominazioni come : Edulia, Edusi, e Edusa : di questi nomi il più usitato però è quello citato in margine. 1557. Ed
Amazzoni. Ma questa opinione è assai poco ritenuta in conto presso i più accreditati scrittori della favola. La città di E
l’ Asia minore. La costruzione di questo tempio costò molti milioni e più di duecento anni di lavoro, tanto che il celebre
onne, innalzatevi da altrettanti sovrani, e che erano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno di
opere valorose, volle eternare il suo nome coll’incendiare una delle più meravigliose opere dell’ingegno umano, e vi appic
io, che essi menarono nuovamente a termine dopo lunghissimi anni, con più magnificenza e ricchezza. Ma sembra che il destin
di alcune feste che si celebravano in onore di Vulcano. La cerimonia più saliente di esse consisteva nella corsa che tre g
elle sue opere, asserisce che lo stesso Alessandro fu uno dei seguaci più caldi della novella divinità. 1566. Efestrie. — V
dia. Essi avevano, secondo la tradizione, la strana, dote di crescere più cubiti ciascun anno, e d’ingrossarsi in proporzio
e visioni. 1569. Efidriadi. — Ninfe che presiedevano alle acque e che più comunemente venivano dette Idriadi, dalla parola
a al momento fatale, la vista della spada riaccese nell’animo di Egeo più miti ed umani sentimenti, e poscia, seguito il ri
e gli altri, sottostare alla comune fatalità. Egeo con le lagrime del più profondo dolore vide partire il figlio suo dilett
e vide partire il figlio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più calde preghiere di far cangiare le nere vele del
propizia alla sua brama di aver figliuoli. 1576. Egeone. — Conosciuto più comunemente sotto il nome Briareo, gigante figliu
e di questo servigio, gli rese la sua amicizia, dimenticando la parte più che attiva che Egeone o Briareo aveva avuto nella
, il quale finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affine di dare più autorità alle leggi che impose ai Romani. La trad
ella sua autorità. Coprivano quindi la fossa con una tavola forata in più punti e si gettava su di essa il sangue fumante d
erra, il quale vomitava fuoco e fiamme, e fumo denso e nerissimo. Per più tempo portò la desolazione nella Frigia, ed in al
ti dell’isola Egina, i quali furono prima detti Enoni o Enopii, e poi più conosciuti sotto la denominazione di Mirmidoni. V
rante il periodo delle guerre persiane, gli Egineti furono quelli che più si distinsero per aver fornito maggior numero di
lla fronte e la coda dietro le reni. Le tradizioni delle antichità, e più particolarmente quelle lasciateci da Plinio, fann
o di Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta in conto della più bella donna de’suoi tempi, la sedusse a forza di
noi altro non possiam fare, che attenerci alle opinioni degli autori più accreditati e additare alla gioventù studiosa, la
i cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più celebri delle quali furono Gergones, Efestina, Ti
sotto il nome di Danaidi. Danao però, ch’era tanto iniquo per quanto più era Egitto, acconsenti alle nozze, ma impose alle
uolo di Egitto V. Danaidi. È opinione generalizzata presso i cronisti più accreditati che Egitto regnasse trecento e sei an
Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di Nereo, fu una delle più belle fra le Naiadi. Allegra e spensierata, facev
nella celebrazione dei suoi misteri. 1619. Elena. — È questo uno dei più interessanti nomi della mitologia, avuto anche ri
ori, mitologi e cronisti d’ogni sfera, han descritto a loro talento i più dettagliati particolari di tali avvenimenti. Noi
ò ci atterremo alla stretta esposizione di quei fatti, che per essere più generalmente ripetuti dagli scrittori più rinomat
quei fatti, che per essere più generalmente ripetuti dagli scrittori più rinomati, sono ritenuti come veri e positivi. Ele
r. — Lib. VI trad. di Dell’Anguillara. Ebbe fama d’essere insieme la più bella e la più lasciva e corrotta donna dei suoi
ad. di Dell’Anguillara. Ebbe fama d’essere insieme la più bella e la più lasciva e corrotta donna dei suoi tempi. La belle
a rinomanza della sua divina bellezza, e tanto che ben quaranta fra i più rinomati principi della Grecia, dimandarono la su
a indusse assai facilmente ad abbandonare il consorte, a calpestare i più santi doveri d’una moglie ed a fuggir seco alla c
. Deifobo — Ma sebbene doppiamente legata alla famiglia di Priamo coi più santi vincoli del sangue, non si astenne dal segu
libro III. trad. di A. Caro Eleno fu tra i suoi fratelli quello che più sì distinse all’ assedio di Troja. Comandava la t
una felice navigazione. L’avverarsi di tutte queste liete profezie, e più ancora l’avere Eleno distolto Pirro da un viaggio
: altri che fosse figlio di Alceo e fratello di Anfitrione. Il parere più generalizzato è il primo, seguendo il quale Elett
i nomi : Macare, Atti, Ochimo, Cercaso, Triopo, Candale e Tenage, il più famoso fu quest’ultimo, il quale fu per gelosia u
e, il padre dei numi discendesse sulla terra. 1639. Eliconia. — Detta più comunemente Elicona : montagna della Beozia che s
era un oracolo i cui responsi venivano a chiedere gli abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte posta di contro all
ranei, rispose che non voleva fare il viaggio fino ad Eliopoli, tanto più che qualunque sarebbe stata la risposta dell’orac
e nessuna domanda ; ma non andò guari che fosse rimorso, fosse, com’è più probabile, imperio delle superstiziose credenze d
d altri finalmente nel centro della terra. Quest’ultima opinione è la più accreditata, e quella seguita dai più rinomati cr
rra. Quest’ultima opinione è la più accreditata, e quella seguita dai più rinomati cronisti della favola. Pindaro ed Esiodo
egli Elisi, avessero in premio della loro virtù sulla terra, tutte le più raffinate lascivie che il genio della voluttà pot
e, che da lei fu detto Ellesponto. 1648. Ellera. — Questa pianta, che più comunemente si chiama edera, era consacrata a Bac
. — Nome col quale s’indicavano le diverse contrade della Macedonia e più particolarmente la Tessaglia. 1660. Ematione. — F
do la cronaca favolosa aveva un sol piede, e si transformava sotto le più spaventevoli sembianze. Secondo Aristofane, nelle
al servizio di alcune loro particolari divinità. 1670. Encelado. — Il più formidabile fra i Titani che vollero dare la scal
il fulminato gigante ritenta onde volgersi su i fianchi, e che al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo cratere,
na, fu il Titano Tifeo ; e questa è la credenza seguita, come vedemmo più sopra dal nostro V. Monti. Seguendo l’opinione di
tempo della disgrazia di lui, lo accompagnò sempre, professandogli la più sentita gratitudine. 1675. Endovellico. — Gli abi
sua parte ; e ben presto egli fu ritenuto nelle file Trojane, uno dei più valorosi campioni, dopo Ettore ; ed invero egli c
assedio della Trojana città. Enea sostenne un particolare duello col più prode guerriero Greco, con Achille ; ed ebbe uno
ro. — Iliade — Lib. V trad. di V. Monti. Allorchè Patroclo, l’amico più caro di Achille, fu ucciso da Ettore, Enea fu que
rse le tracce del consorte Enea, il quale da quella notte non potette più averne notizia. Le cronache stesse che riportano
izia. Le cronache stesse che riportano il fatto doloroso, non tengono più parola della dispersa consorte di Enea. Forse sop
u quanto gli restava a fare, additò al principe trojano in modo forse più enigmatico ed oscuro del solito, la meta a cui do
costrinse a riparare in Sicilia, ove egli e i suoi Trojani ebbero le più affettuose e cordiali accoglienze da Aceste princ
erlo dal partire, disperata d’amore, si uccise. V. Didone. ….. e via più bello. Ma di beltà feroce e graziosa Le giva Enea
tava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogni altra famosa era da molti Eroi del Lazio e
a piè, che supplicando Mercè ti chieggio. E già Lavinia è tua. A che più contro un morto odio e tenzone ? Enea ferocemente
e i quali sembrò che il destino volesse finalmente accordargli giorni più riposati, ma ben presto i Rutoli, nei quali non e
Inferno — Canto I. ……. Capo e re nostro Era pur dianzi Enea, di cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più sagace Gu
nto I. ……. Capo e re nostro Era pur dianzi Enea, di cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più sagace Guerrier non f
……. Capo e re nostro Era pur dianzi Enea, di cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più sagace Guerrier non fu giammai
o Era pur dianzi Enea, di cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più sagace Guerrier non fu giammai. Virgilio — Eneid
come madre di Enialio. V. l’articolo precedente. 1680. Eniochia. — La più antica città di cui si abbia nozione nella geogra
omo. — Così aveva nome uno degli Auguri che era ritenuto come uno dei più sapienti dell’Asia. La tradizione ripete che egli
o. 1692. Enone. — Figlia del fiume Cebreno nella Frigia. Fu una delle più belle abitatrici del monte Ida. Apollo se ne inva
li essi si servivano come di letto. 1697. Enotro. — Così ebbe nome il più giovane dei figliuoli di Licaone, re d’Arcadia. E
tà chiamata Sicheliota di Entello. La cronaca narra, ch’egli aveva da più tempo rinunciato ai violenti esercizii dell’arte
rendo e fiero. Cadean le pugna a neuibi : e ver le tempie, Miravan la più parte : e s’eran vote Rombi facean per l’aria e f
congiunse Per nodo marital suore e fratelli, Che avean degli anni il più bel fior sul volto. Omero — Odissea Lib. X. trad
oglie di Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra gli uomini i più celebri di essi furono Podalisio e Macaone ; e fr
ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere alle più segrete cerimonie, cosa che non ottenevasi se non
etuoso che bastò una sola carica per decidere della vittoria. Sebbene più assai che alla protezione della dea, dovesse Quin
quanto lo spirito inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto di più grande e di più bello. D’altra parte, riportando
o inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto di più grande e di più bello. D’altra parte, riportando la studiosa atte
e al primo periodo della civilizzazione, il quale accetta con gioia i più duri lavori, e compie le imprese più ardue. Egli
ne, il quale accetta con gioia i più duri lavori, e compie le imprese più ardue. Egli purga la patria dai flagelli che la i
co che consacra la sua vita al bene dell’umanità ; e in pari tempo il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato di un
lla Grecia e dell’Asia minore. Giunone allora pacificata, non si cura più dell’eroe, il quale lasciando la sua spoglia mort
lo, Ercole si rese a Tirinto onde ricevere gli ordini di Euristeo. La più generale e la più ricevuta delle tradizioni antic
a Tirinto onde ricevere gli ordini di Euristeo. La più generale e la più ricevuta delle tradizioni antiche, è quella che e
le, passa per i dodici segni dello Zodiaco. Noi, seguendo la opinione più generalizzata dei mitologi, avvertiremo ancora ch
cui Ercole taglïo la sua terribile clava. Ci faremo ora, seguendo la più generalizzata delle tradizioni, a tener parola de
a, che Ercole dovette nettare in un sol giorno, segnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger lo scopo, egli
colpi di Ercole, il quale tolse in moglie la giovane Mnesimachea che più tardi aiutò Ercole a vendicarsi di Augia. Il toro
ttossi Per lo spiraglio, e là v’era, del fumo La nebbia e l’ondeggiar più deuso, e’l foco Più roggio, a lui che’l vaporava
lio, e là v’era, del fumo La nebbia e l’ondeggiar più deuso, e’l foco Più roggio, a lui che’l vaporava indarno, S’addusse,
Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole errò più tempo vagando in traccia di avesse voluto purific
to per comando dell’oracolo di Giove, e che la sua schiavitù non durò più di un anno. Comunque ciò sia il periodo passato d
edendo per tal modo all’oracolo al quale egli s’era rivolto nelle sue più crudeli sofferenze. Non vi fu alcuno che avesse v
rdandosi, quasi tutti, nello assegnare a quest’eroe fino ad ottanta e più figliuoli, avuti da un gran numero di mogli e di
io di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’oggetto delle sue più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi dato fine
iti che la tradizione gli aveva assegnato, ha lasciato alla posterità più monumenti di questo eroe, che di alcun altro pers
sce quasi nel simbolico neonato, strangolatore di due serpenti. Ma il più gran numero delle opere d’arte, ci dipinge Ercole
inazione avevano un tempio in Atene nelle circostanze dell’Areopago ; più comunemente si dicevano Erinni. — V. Erinni. 1784
o, visse una maga di questo nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei più splendidi episodii di un suo poema in cui fa pred
onoscendosi colpevole della morte di lui. 1806. Ermione. — Fu uno dei più antichi re della Germania, il quale dopo la morte
an cosa, e nulla è Sciro, e sola Tu ricca sei tra poverelle genti ; E più d’Achille è Menelao. Son queste Dell’odiarti le c
i Ero e Leandro. Avendo una tempesta sconvolte le onde del mare per più giorni, a Leandro su per sei notti, impossibile i
notti, impossibile il recarsi all’amoroso ritrovo, ma finalmente non più reggendo all’ansia che lo divorava, nella settima
corona Naucratite di Venere. — V. Naucratite. 1817. Erotidi. — Dette più comunemente Erotidie ; feste in onore di Cupido c
o propriamente detto, era il padre del dio Argentino perché il rame e più antico dello argento. Anche per l’oro vi era una
Apollo e di Coronide, della reale famiglia dei Lapidi. Le tradizioni più accreditate però raccontano, invece che Apollo av
La cui somma virtute Di te gloria sarà, d’altrui salute. Alma gentil, più che mai fosse in terra Accetta, salutifera e grad
ie per nome Epione (che significa calmante). Fra i suoi molti figli i più conosciuti sono Macaone, Podeliro, Alexenore, Ara
el suo popolo un serpente di bronzo la cui vista guariva dalla peste. Più tardi, nell’infanzia del cristianesimo vediamo ne
lade Minerva, forse perchè esse compievano i riti del loro culto, nel più profondo silenzio. 1830. Esimnete. — Da una statu
da cui ebbe sette figliuole conosciute sotto il nome di Atlantidi, e più comunemente di Esperidi — V. l’arlicolo precedent
rso degli astri, fu trasportato da un vento impetuoso, e non si seppe più novella di lui. Da ciò ha vita il simbolo mitolog
il simbolo mitologico che ha fatto dare il nome di Espero ad uno dei più brillanti pianeti. 1837. Espiatore. — Soprannome
il reo apparteneva alla classe patrizia, i re stessi ed i personaggi più considerevoli e cospicui, ne compirono assai di s
rano assoggettati a succhiare il sangue dell’ucciso, onde placare con più sicurezza le Furie. Non tutte le cerimonie espiat
tte con la stessa pompa, nè all’istesso modo, e la tradizione ricorda più di un nome illustre e famoso, che avesse espiato
lustre e famoso, che avesse espiato una qualche uccisione in modo ben più semplice, come per esempio, il lavarsi nell’acqua
ver purgare l’esercito dai delitti della militaire licenza. Una delle più solenni espiazioni che troviamo ripetuta in tutti
e viscere dal corpo della vittima. 1845. Eta. — Monte della Tessaglia più comunemente conosciuto nella tradizione favolosa
pili era posto su questa montagna. 1846. Età. — I cronisti ed i poeti più accreditati della favola, concordano tutti sulla
ersi. Finalmente nell’età di ferro, la malvagità dei mortali non ebbe più limite, e la terra ricoperta dalle tenebre del pe
o, vale a dire quando correva il periodo dell’età dell’oro, le guerre più fratricide, ed i delitti più atroci, insanguinaro
il periodo dell’età dell’oro, le guerre più fratricide, ed i delitti più atroci, insanguinarono la terra. Saturno stesso d
sere sacerdoti erano periti nell’arte degli Auguri. 1862. Ettore — Il più celebre fra i figliuoli di Priamo, re di Troja, e
Ettore — Il più celebre fra i figliuoli di Priamo, re di Troja, e il più valoroso dei guerrieri che spesero la propria vit
XV Trad. di V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre di Scamandrio più comunemente conosciuto sotto il nome di Astianatt
nni, mentre Ettore uscì sempre incolume dai replicati combattimenti e più di trenta fra i più famosi guerrieri greci periro
scì sempre incolume dai replicati combattimenti e più di trenta fra i più famosi guerrieri greci perirono per mano di lui,
piccola statua della dea Minerva ; forse a ricordare non esservi cosa più nobile di Minerva, nata armata dal cervello di Gi
i che assediarono Troja. Omero ce lo addita come possessore delle due più belle cavalle dell’esercito, che secondo la tradi
avea nome il figliuolo del re di Scio, isola del mare Egeo, che fu il più fedele seguace d’Ulisse. Narra la tradizione che
i era figlio del poeta Museo, e secondo altri di Orfeo. La tradizione più accreditata però, racconta di lui che, avendo con
a la violazione di questa legge. Si facevano in simili congiunture le più severe ricerche, per conoscere se qualche donna f
e soccorse il re di Colchide, Aete contro Perseo. 1896. Eurialo. — Il più bello fra i guerrieri trojani e celebre nella tra
fu causa della morte di entrambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l più leggiadro Che nel camp
morte di entrambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l più leggiadro Che nel campo troiano arme
rambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più hello, il più gaio e’l più leggiadro Che nel campo troiano arme vestisse : C
lla sua lira, la perdita irreparabile che aveva fatta, ma non potendo più a lungo sopportare l’amarezza ineffabile di quell
al tetro monarca delle ombre, e col suono della sua lira discese nei più profondi recessi del Tartaro, e vide i pallidi ab
o Sonno mi chiude I vacillanti lumi. Rimanti in pace, oimè, ch’io non più tua Da grande oscura notte circondata Rapir mi se
Lieve, nè lui ch’indarno l’ombra vana Giva abbracciando, e volea dir più cose, Vide dappoi, nè dal nocchier di Stige Fu la
ngandosi che ella l’avrebbe questa volta seguito per non abbandonarlo più mai, si rivolse a guardarla, ma Euridice era scom
e che Euridice era morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe riveduta più . In seguito di questa risposta, perduta l’unica s
nto con Eurimedonte quanto col figliuolo di lui. 1902. Eurinome. — La più bella fra le figliuole dell’ Oceano. Giove l’amò
ebbe guardata la statua, fu colpito di follia e divenne furioso. Per più tempo il male lo afflisse senza tregua ; ma poi c
e dell’oracolo, Euripile s’imbarcò nuovamente, e la sua nave girò per più giorni in balia dei venti, ma finalmente fu spint
na e disse che mediante una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sicura e sgombera di scogli. Giasone regalò allor
. Finalmente Euripile si chiamava un nipote di Ercole, che fu uno dei più valorosi alleati dei trojani. La tradizione ripet
mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più belli principi dei suoi tempi e comandava i Cetei
petto. Nella città di Ege in Acaja, essa aveva un tempio, che era il più antico della Grecia, e nel quale era adorata sott
llo irritato, lo uccise. 1908. Eurizione. — Detto anche Euritione. Il più crudele fra i ministri del tiranno Gerione. Ercol
ndevano gli onori funebri al morto re, e quivi, vestitasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale
e fossero unite per sempre alle ceneri dell’uomo che essa aveva amato più della vita. 1916. Evagora — Una delle cinquanta n
ocavano il fulmine per liberarsi da qualche nemico. Numa Pompilio, il più saggio re della Roma antica, evocò anch’egli di s
ella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed era di tutte la più solenne e la più frequentemente adoperata. L’uso
a per evocare le anime dei morti, ed era di tutte la più solenne e la più frequentemente adoperata. L’uso di questa evocazi
ente adoperata. L’uso di questa evocazione dei morti, risale ai tempi più remoti dell’ antichità. Gli autori profani riteng
e a parte. Immolerei nerissimo ariete, Che della greggia mia pasca il più bello, Fatte ai mani le preci, ambo afferrai Le v
e alla cignala madre del famoso cignale di Calidone, e che desolò per più tempo le circostanze del borgo di Crommione, uel
universo i loro delitti. È questa fama un mal, di cui null’ altro È più veloce ; e com’ più va, più cresce. E maggior for
itti. È questa fama un mal, di cui null’ altro È più veloce ; e com’ più va, più cresce. E maggior forza acquista. É da pr
questa fama un mal, di cui null’ altro È più veloce ; e com’ più va, più cresce. E maggior forza acquista. É da principio
alità di Troja. — Tutte le cronache mitologiche, nonchè gli scrittori più accreditati concordano sulla opinione che fra i g
i Lemnos. Onde riuscire nello intento desiderato fu inviato Ulisse il più scaltro dei greci, ed egli riusci nella impresa a
e, armato delle famose ed invincibili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte era quella che volev
fra tutte le altre del mondo conosciuto dagli antichi, che è cosiata più sangue. 1950. Fatidica — Ossia indovina dalla par
l dire di Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno, Il quale più sovente dei suoi compagni, prediceva l’avvenire,
uelle che hanno per sobbietto principale gli dei maggiori, e gli eroi più famosi dell’antichità, dei quali il sostrato stor
Secondo Lilio Giraldi, ch’è uno dei cronisti che si è addentrato nei più remoti recessi dell’antichità, era il Favore figl
rifizio di dodici tori, e promettere con giuramento che non avrebbero più nell’avvenire ricondotto alcun forestiere che fos
greco le parole φως τδ βιου significano : lume della vita. L’opinione più generale però è che Apollo si chiamasse Febo da F
do re di Roma, il quale li costituì al numero di venti, scelti fra le più cospicue e nobili famiglie di Roma. Le persone de
i romani un giuramento fatto per la dea Fedeltà, era ritenuto come il più sacro ed inviolabile. Numa fu il primo a costruir
per sottrarsi all’infamia, preferendo la morte al disonore. Una delle più antiche tradizioni della favola, aggiunge a quest
ero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti. Da quel tempo un’amicizia più che fraterna, legò il riconoscente animo di Fenic
iconoscente animo di Fenice, all’eroe giovanetto, dal quale non seppe più distaccarsi ; Son io divino Achille, io mi son q
oro. Vi erano differenti e moltiplici specie di Ferie, delle quali le più comunemente ripetute nelle cronache dell’antichit
ncore, Non v’era falsità, non v’era Inganno, Come fu nella quarta età più dura. Che dal Ferro pigliò nome e natura. Il ver,
anta, che per naturale conformazione, puo, ritenerlo acceso in sè per più giorni senza esserne divorata. Riferisce Diodoro,
e Diodoro, nelle sue cronache della favola, che Bacco, che fu uno dei più famosi legislatori dell’ antichità avesse proibit
o pronte Le voglie ad empir meglio il tuo desio : Chiedi pur quel che più t’aggrada e giova. Che di questo vedrai più certa
sio : Chiedi pur quel che più t’aggrada e giova. Che di questo vedrai più certa prova. Della proferta il giovinetto altiero
o all’arsa fronte, e mentre Vuol dir, trema e si move, e gir si lassa Più che star non solea, terrena e bassa. Ovidio — Me
 — Libro II trad. di Dell’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, era
le circonda. E toglie a loro il volto e le parole : Il pianto no, che più che main’abbonda L’arbor ch’or sol col lagrimar s
i dole : Beu ch’alfin perdon la forma dell’onda Le lagrime indurate a più d’un Sole Esse or son pioppi, ambre i disfatti lu
e trova l’infelice Le giunture indurate e le ginocchia, Nè come prima più seder le lice. Ovidio — Metamorfosi — Libro II t
e dell’età primitive, a somiglianza di quanto è avvenuto anche in età più recenti e civilizzate, il potere assoluto e dispo
lli, ricusarono recisamente, per lo che furono dai Cirenesi che erano più forti, uccisi dell’orribile morte. I Cartaginesi
iche — Libro III trad. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più mostrarsi nella sua patria, dopo lo scandalo avve
uale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli avesse ancora tardato a ritornar
i loro un truce fatto. Avendo Tereo, re di Tracia, sposato Progne, la più giovanetta delle due sorelle, questa che amava te
e, alla quale ebbe il coraggio di presentarsi, ed a cui affettando il più alto dolore, narrò come la diletta sorella Filome
to inatteso, la gentile ed affettuosa anima di Progne, fu colpita dal più profondo dolore, e tanto che passò lunghi giorni
rinchiusa Filomena, la liberò, la condusse seco, e la rinchiuse nelle più segrete camere del suo palazzo insieme al piccolo
anto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle sue più belle Metamorfosi. E mentre che per l’aria anch’
la cresta, e bieco mira, E mostra il cor non vendicato, e l’ira. Nel più propinquo bosco entra, e s’asconde, La Greca, che
orte i figli dell’amor suo. 2020. Filottete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il quale prima di
utte le città e le borgate dell’Egitto, il fiume Nilo che era uno dei più venerati numi della loro religione ; a motivo deg
a favola, e in completa contradizione a quanto asseriscono i cronisti più accreditati. 2025. Fiumi dello inferno. — I pagan
e, e riversa Per un fossato che da lei diriva. L’acqua era buia molto più che persa : E noi in compagnia dell’ onde bige. E
. il Cocito, Poi sen van giù per questa stretta doccia Infin là ove più non si dismonta : Fanno Cocito : Dante — Inferno
questi si componeva di tre sacerdoti o ministri Flamini, scelti fra i più cospicui personaggi del senato romano : l’altro e
iàs, Flegias, tu gridi a vòto, Disse lo mio signore, a questa volta : Più non ci avrai, se non passando tl loto. Quale colu
er sottrarsi alle persecuzioni di lui si dette a fuggire ; ma Zeffiro più leggiero di lei la raggiunse ben presto, la rapì,
della fondazione di Roma ; lo che ci dimostra che la dea Flora è una più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla
nendosi al suono di una tromba le pubbl che cortegiane e le meretrici più abbiette, le quali affatto nude davano al popolo
le meretrici più abbiette, le quali affatto nude davano al popolo il più abbominevole spettacolo. Narra la cronaca, che es
o delle continue dissenzioni dei suoi figliuoli, vide nell’ accaduto, più un perfido assassinio, che una dolorosa combinazi
le divinità del paganesimo, la Fortuna fu quella che si ebbe il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero di t
rtuna fu quella che si ebbe il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero di templi e di altari. I greci scritt
alato, per significare, secondo il citato scrittore, che in amore val più la fortuna che l’ aspetto. Pindaro invece, fa del
o invece, fa della Fortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quello delle sue sorelle. Or dunque all
ulto della Fortuna divenne generale in tutta Roma, ove essa sola ebbe più templi, altari, statue, sacrifizi ed offerte, di
moltiplici, secondo i diversi bisogni di coloro che la invocavano. Il più famoso tempio della Fortuna, fu quello che le ven
uello che le venne fabbricato nella città di Preneste, il quale aveva più che di tempio, la forma e la configurazione di un
tine. O dea, che in Anzio a te diletta hai sede, Pronta a inalzare i più vili mortali E a cangiare i trionfi i più superbi
i sede, Pronta a inalzare i più vili mortali E a cangiare i trionfi i più superbi Nella lugubre pompa del sepolcro ; …………….
ità romane. 2054. Freccie di Apollo. — È opinione generalizzata fra i più rinomati scrittori e mitologi dell’antichità, che
i attendeva e li fece passare in Grecia. V. Élle. 2057. Fruttessea. —  Più comunemente Fruttifera e Fruttifea, divinità che
aro, Soavissima morte, Se così vuol la sorte. Egli è il morir con chi più a noi fu caro. Euripide — Le supplicanti — trage
la quale era esteso a tutti i popoli della terra. Essendo il fuoco il più nobile degli elementi, e quello che racchiude in
l più nobile degli elementi, e quello che racchiude in se l’ immagine più fedele del Sole, così tutte le nazioni si accorda
sì tutte le nazioni si accordarono nel venerarlo. I Caldei che sono i più antichi fra i primitivi popoli della terra, e que
na città, perchè ivi si adorava il Fuoco. In Persia si spingeva anche più oltre l’ adorazione del fuoco. In questa contrada
ofumi d’ ogni maniera, la qual cosa era ritenuta dai persiani come il più alto privilegio della nobiltà. Allorquando un re
a queste terribili divinità, di cui la tradizione mitologica ci fa il più spaventoso ritratto. Discorde ed oltre ogni crede
atto. Discorde ed oltre ogni credere contradittoria è la opinione dei più accreditati scrittori e poeti antichi, sulla pate
iori, e specialmente di narcisi, credendosi che questo fosse il fiore più ad esse gradito. Nella contrada di Acaja, e propr
sciuta sotto la denominazione di Elagabalo. 2069. Gabia. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Gabina. Si venerava
remurosamente vicino alla vecchia, dicendole, con i controsegni della più viva gioia, che la sua padrona si era sgravata. A
ato scrittore, la via lattea era fiancheggiata dalle dimore degli dei più potenti. Una splendida via nel ciel riluce : Can
ipale offerta nei sacrifizii di quelle cerimonie. 2075. Galatea. — La più bella fra le cinquanta Nereidi. Più mobile dell’
e cerimonie. 2075. Galatea. — La più bella fra le cinquanta Nereidi. Più mobile dell’ onda, Più della luce bionda. Del Zef
tea. — La più bella fra le cinquanta Nereidi. Più mobile dell’ onda, Più della luce bionda. Del Zeffiro più snella, L’insi
a Nereidi. Più mobile dell’ onda, Più della luce bionda. Del Zeffiro più snella, L’insigne nome avea Onde nel mito ellenic
lenico Eterna è Galatea. Prati — Nuove poesie Vol : II — pag. 105. Più candida di candido ligustro, O Galatea, de’ prati
I — pag. 105. Più candida di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florita, Ed elevata più di nobil alno, Splendida
ida di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florita, Ed elevata più di nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnell
latea, de’ prati più florita, Ed elevata più di nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnelletto Morbida più, più liscia
ata più di nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnelletto Morbida più , più liscia di conchiglia Da’ flutti travagliata
iù di nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnelletto Morbida più, più liscia di conchiglia Da’ flutti travagliata senza
più liscia di conchiglia Da’ flutti travagliata senza posa : Gradita più che nell’ inverno il sole. E più che l’ ombra nel
tti travagliata senza posa : Gradita più che nell’ inverno il sole. E più che l’ ombra nella sferza estiva. Più gentil d’ o
iù che nell’ inverno il sole. E più che l’ ombra nella sferza estiva. Più gentil d’ ogni frutto, e più vistosa Di platano s
E più che l’ ombra nella sferza estiva. Più gentil d’ ogni frutto, e più vistosa Di platano sublime, più lucente Del ghiac
estiva. Più gentil d’ ogni frutto, e più vistosa Di platano sublime, più lucente Del ghiaccio, dolce più ch’ uva matura. D
to, e più vistosa Di platano sublime, più lucente Del ghiaccio, dolce più ch’ uva matura. Delle piume del cigno ancor più m
e Del ghiaccio, dolce più ch’ uva matura. Delle piume del cigno ancor più molle. E di rappreso latte ; e di fecondo Giardin
del cigno ancor più molle. E di rappreso latte ; e di fecondo Giardin più vaga. Ovidio — Metamorf : Libro XIII — Fav. VII.
nte preso della bellezza di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avido di sangue e di stragi, seguì come un fanciu
allato avea di perforata trave : La fistula dà fuor l’ usato accento, Più tosto strepitoso, che soave ; E da lo stral d’ Am
l figlio ; ed essi le risposero che il fanciullo sarebbe stato l’uomo più felice di tutta la Grecia. 2079. Galintia — Una d
ad. di G. B. Bianchi Generalmente i galli appartenevano alla classe più abbietta della plebe, e siccome rispondevano alle
re di Giunone, Nuziale dette Gamelie, durante le quali venivano fatti più matrimoni che in tutto il rimanente dell’ anno, r
più matrimoni che in tutto il rimanente dell’ anno, ritenendosi come più fortunato il connubio contratto in quel periodo d
. — Fiume delle Indie ritenuto da quegli abitanti come una delle loro più possenti divinità, e che essi adoravano con un cu
erano considerate dagl’ Indiani come sacre e si attribuiva loro ogni più segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Ganimede. — F
e ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre di diversi figli di cui i più famosi furono Pilunno e Giarba o Iarba, re dei Ge
V. Giarba. 2088. Gargaro. — Presso i pagani si dava questo nome alla più alta sommità del monte Ida, dove Giove aveva un t
a un tempio ed un altare a lui consacrati. Al dire di Omero, fu sulla più alta estremità del Gargaro, che Giove andò a posa
pa. Presso il popolo egizio veniva severamente punito e sottoposto ai più crudeli supplizi, colui che anche inavvedutamente
edutamente avesse cagionato la morte di un gatto. 2091. Ge. — Uno dei più antichi cronisti della favola per nome Sanconiato
proprio fratello Urano, che la rese madre di molti figliuoli, di cui più rinomati furono Saturno, Atlante e Batilo. 2092.G
cendenza d’Inaco. 2094. Gelasia. — Sebbene negli scritti dei mitologi più accreditati, nonchè dei cronisti dell’antichità,
chiamassero Gelasia Lecori e Comasia. Almeno con questi nomi vengono più comunemente indicate le tre Grazie. 2095. Gelone.
a Cerere. Però di tutte queste differenti e discorde opinioni, quella più generalmente seguita da tutti i poeti dell’antich
fermo che ogni uomo nascendo avesse avuto il suo genio tutelare ; nè più nè meno che i cristiani, i quali ritengono per po
dell’antichità ; cioè, che al tempo del paganesimo, dovevano esistere più numi e genii, che non uomini mortali ; quante vol
Era una specie di configurazione della Giunone Lucina. Il sacrifizio più comune che i romani offerivano a questa divinità,
’altra l’anno corrente. È questa una delle configurazioni allegoriche più spiccate dei tipi mitologici e del linguaggio fig
Tracia, narra la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più di un cubo di altezza e che fossero discacciati d
he solenne funzione. 2107. Gerione. — Secondo riferisce Esiodo, fu il più forte degli uomini e figliuolo di Calliroe e di C
si dava la denominazione di Gerontree. 2112. Ghianda. — Abbiamo dalle più antiche tradizioni della favola che i capi delle
e di ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivestiti di un guscio più solido, come le noci, le castagne, eccetera. Sare
accanti celebravano le orgie di quel dio. Questa almeno è la opinione più generalizzata degli scrittori della favola, sulla
braccia il giovanetto morente ; osservò la ferita ; v’applicò le erbe più salutifere ; lavò con l’acqua della fonte vicina
esso un doppio Ahi ! Voce che anche oggidì esprime il dolore. non è più sangue Quel che sparso pur ora, avea dipinto Il s
Fav V trad. del Cav. Ermolao Federico È questa almeno la tradizione più generalizzata e più nota sul giovanetto Giacinto,
Ermolao Federico È questa almeno la tradizione più generalizzata e più nota sul giovanetto Giacinto, ma non è la sola, i
 — Figlio della bella Astioche e del dio Marte. Fu uno degli eroi che più si distinse all’assedio di Troja, ove insieme ad
Nome di una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico fra i re dell’Italia ; era originario dell
ciò la prima interpretazione data ai due visi, coi quali si è fin dai più remoti tempi rappresentato Giano, per dinotare ch
n l’altra leggeva nell’avvenire. Numa Pompilio che fu il secondo e il più saggio dei re di Roma, fece innalzare un tempio a
e informe, Di volto e membra presi altra struttura. E nuove a un nume più decenti forme. Ritengo della già mista figura Un
romani celebravano il primo dell’anno, con tutti i contrassegni della più pazza allegria. Era loro costume offerire in quel
marito della ninfa Asia, e padre di un figliuolo per nome Vespero, o più comunemente Espero ; mentre Esiodo riferisce aver
Giapeto come capo della loro schiatta, e ritenevano non esservi cosa più antica di lui. Da ciò l’uso tradizionale, presso
da l’amor suo, la cetra e l’arco E ’I vaticinio, e qual de l’arti sue Più gli aggradasse, a sua scella gli offerse. Ei che
quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure di Chirone, il più saggio uomo dei suoi tempi. Questi prese cura del
baldo e giovanile, condiscese facilmente alla volontà di Pelia, tanto più che questi gli promise formalmente che al suo rit
r lo spazio di dieci anni, secondo le cronache dell’antichità : nella più perfetta concordia, ma al compiere di questo peri
ortavano il nome. 2144. Gleroglifici. — Così furono chiamati fino dai più remoti tempi dell’antichità quei segni o caratter
pire diverse figure di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e più sovente ancora delle differenti membra del corpo
ifferenti membra del corpo umano. Queste ultime anzi furono le figure più sovente ripetute dai Gieroglifici, non solo per l
si, come persona raccolta nei suoi pensieri. Sulle mura dei templi, e più segnatamente sulla facciata principale, venivano
tutto quanto avveniva durante le cerimonie dei sacrifizi ; notando le più leggiere congiunture, come le cose più gravi. La
nie dei sacrifizi ; notando le più leggiere congiunture, come le cose più gravi. La parola Gieromanzia deriva da due vocabo
ne nel fondo del Tarlaro e seppellendone altri sotto il monte Etna. I più famosi fra i Giganti furono : Encelado — V. Encel
ra i Giganti furono : Encelado — V. Encelado — Anteo, Noi procedemmo più avanti allotta E venimmo ad Anteo, che ben cinq’a
reo Esperienza avesser gli occhi miel. ………….. Quel che tu vuol veder, più là è molto. Ed è legato e fatto come questo, Salv
uol veder, più là è molto. Ed è legato e fatto come questo, Salvo che più feroce par nel volto. Dante — Inferno — Canto XX
ed il terribile Tifeo che valse egli solo, al dire di Omero a portar più terrore fra gl’immortali, di quello che non faces
i i suoi formidabili compagni riuniti insieme. E narra che Tifeo dal più profondo Della terra sorgendo, alto terrore A’cel
re di Babelle, la quale può benissimo essere considerata come l’opera più stolta dell’umana superbia, e la cui primitiva tr
nome di Giganti, le cronache della favola e gli scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno continua menzione di uomi
ndo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e che era la più grande da essi adoperata. Al dire del cronista Fl
are novellamente l’oracolo, onde chiedergli se ci fosse al mondo uomo più felice di lui, al che l’oracolo rispose che un ce
felice di lui, al che l’oracolo rispose che un certo Aglao era assai più fortunato. Plinio, nella sua storia Naturale, dic
ti, in cui gli atleti che vi prendevano parte, erano nudi, per essere più liberi nei movimenti del corpo. Da principio i gi
pugillato. Fra tutti questi esercizii la corsa era quella ritenuta in più considerazione ; sopratutto se fatta a cavallo o
gone — Tragedia trad. di F. Bellotti. Secondo Euripide invece, ella più forte del destino sopravvive al suo dolore ; rest
rni fortunati e dei disgraziati ; additandoci in quello, come uno dei più infelici giorni, il quinto di ogni mese. Al dire
vi facea far le grida. DANTE — Inforno — Canto XIV. Giove, diventato più adulto, si accompagnò con Meti, ossia la Prudenza
come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona e di
non venivano svenate vittime umane, bruciava del continuo l’ incenso più prezioso. Al dire di Pausania, il solo Licaone, f
e al muovere del suo capo divino, tremasse il mondo. egli dal seggio Più sublime, appoggiato in sull’eburneo Scettro, del
IDIO — Metamorf : Libro I Fav. V. Trad. del Cav. ERMOLAO FEDERICO. I più accreditati mitologi, seguendo sempre la configur
ti innalzati dei templi o consacrate delle are. I nomi e i soprannomi più generalmente dati a Giove erano : Padre degli dei
otente, Invincibile ecc. Come pure dei suoi innumerevoli soprannomi i più generalmente usati anche dagli scrittori dell’ant
rsamente di quello che han fatto i poeti. Infatti secondo le opinioni più solide e generalmente adottate presso i primi, Gi
etto puramente storico e filosofico, asseriscono che vi fossero stati più di un Giove. Secondo l’ opinione del cennato scri
adia quello che primo portò un simile nome. Infatti presso i cronisti più accreditati, è generale l’opinione che il primo d
quello di Jehova, cioè : Dio. 2166. Giudici dell’Inferno — Scrivono i più rinomati cronisti e storici dell’ antichità, fra
oti Fabii, dei Quintilliani e dei Giuliani. 2172. Giulio — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Ascanio, fu figliuol
a causa delle virtù della sorella. 2174. Giunone — È questa una delle più importanti personalità della mitologia pagana. In
ella insopportabile gelosia di lei ; di cui fan fede tutti i cronisti più accreditati dell’antichità, i quali riferiscono a
ologi asseriscono che Giunone, sebbene divorata dalla gelosia, avesse più d’una volta contracambiato i tradimenti del marit
to aggiudicarle il pomo d’oro su cui la Discordia avea scritto : Alla più bella — V. Giudizio di Paride — Nè a ciò solo si
iamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più estesi e solenni di tutto il paganesimo, sparso e
i in cui era adorata, ed altri moltissimi da qualche suo attributo. I più comuni fra i soprannomi di Giunone erano : Aerea,
eran sempre dedicati a qualche dio in particolare e talvolta anche a più d’uno di essi insieme. Vi sono anzi varì cronisti
cizi, amore alle cose militari e marziali ; ed i giovani si rendevano più disposti, più svelti, e robusti, essendo continua
le cose militari e marziali ; ed i giovani si rendevano più disposti, più svelti, e robusti, essendo continuamente occupati
e talvolta anche di Diana. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava più propriamente il nome di giuochi scenici, consiste
I pagani avevano moltiplici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella di giurare per Giove Pietra — D
lla inorridita alle colpe degli uomini, si ritrasse nel ciclo nè fece più ritorno sopra la terra. 2179. Giuturna — Sorella
odesto nome ; e noi verremo qui appresso partitamente menzionando dei più importanti. Glauco avea nome uno dei figliuoli d’
figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Andropeo. Il più famoso personaggio a cui le tradizioni della favo
ssero fecondate dagli stalloni all’uopo nudriti, credendo di renderle più veloci alla corsa. Venere allora, sdegnata contro
e battaglie pel suo valore, ingiungendogli di vincere in generosità i più celebri eroi, onde onorare degnamente l’illustre
 ; abbracciò Glauco con effusione d’affetto ; e giurò che non avrebbe più combattuto contro di lui. Però non potendo fare e
glia poco tempo dopo questo fatto, e Enea lo rivide all’inferno fra i più famosi guerrieri. Finalmente Glauco avea nome un
o di Dimilo, discendente di quello stesso dio marino, di cui parlammo più sopra. Egli si rese celebre nei fasti del paganes
anesimo, per la sua destrezza e per la sua forza ; cosa che gli valse più volte gli onori del premio nei giuochi Ginnici. N
cide — Lib. VI. trad. di A. Caro. Il cronista Diodoro, che è uno dei più accreditati scrittori dell’antichità, ripete che
le quali avevano la prerogativa di correre così velocemente, come il più rapido uccello nell’aria. Annone cercò d’impadron
le e di Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; ma l’opinione più generalmente adottata è che le tre Grazie fossero
sero figliuole di Bacco e di Venere. Secondo questa ultima asserzione più divulgata, le Grazie avevano nome Talia, Egle ed
la dea della Persuasione, volendo per tal modo indicarci che il mezzo più efficace a persuadere è quello di piacere. Al dir
e Grazie ; e questo consisteva nel raffigurarle sempre circondate dei più brutti e lurudi satiri ; e sovente le statue ed i
n fisico ributtante allo sguardo, può nascondere un’anima ricca delle più amabili virtù. Estesissimo era, come dicemmo, il
recia e della Tracia, vi erano dei templi consacrati alle Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di E
a gratitudine e della riconoscenza. Gli Ateniesi, che erano il popolo più incivilito di tutta la Grecia antica, avendo socc
, i quali davano a questi favolosi animali, un senso allegorico molto più elevato ed importante. Infatti presso gli egizian
aquila, unite insieme nel corpo del Grifone, esprimevano il concetto più alto della divinità, vera forza della terra e del
H 2210. Hada. — I babilonesi davano questa appellazione alla loro più alta dea : la stessa che i greci chiamano Giunone
ca idea di quello che è il Gesù Cristo dei cristiani : vale a dire la più alta intelligenza umana, che si offre ostia espia
il nome di Heriafadur, che significa padre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle cre
r e di Freja, dea dell’Amore. La tradizione aggiunge che Hnossa fosse più bella della stessa madre, e che aveva in sè tanto
ande statua di pietra, la quale veniva circondata da altre 360 statue più piccole, ognuna delle quali era consacrata ad un
el vecchio, arrestò i cavalli e disse alla moglie che non reggendogli più oltre il core di vedere così addolorato il padre
caro scuole, S’ajuta invan per non cader nell’onde : L’aure con l’ali più prender non puole, E cade, e chiama il padre, e ’
rgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne dell’Ellesponto. Secondo le cronach
ripetuta fra gli scrittori dell’antichità, che il nome d’Idea si dava più particolarmente ad una divinità protettrice e mad
a. — Figlia dell’Oceano e madre della famosa Medea. Idia fu una delle più belle donne dei suoi tempi. 2241. Idmone. — Celeb
’assedio di Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si distinse in più di un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo va
a istantaneamente la morte. Le cronache ripetono che l’Idra fece, per più tempo orrende stragi di uomini e di animali, nell
tre figlie nella reggia il flore, Crisotemi, Laòdice, Iflanassa, Qual più d’essa il talenta a sposa ei prenda Senza dotarla
 ; avessero mostrato un sacrilego disprezzo per la dea, proclamandosi più belle di Giunone stessa ; la quale, sdegnata cont
andare del tempo divenne infatti padre di varii figliuoli, fra cui il più celebre fu il famoso Protesilao, che fu il primo
ono che questo Ificlo ebbe un figliuolo per nome Iolao che fu uno dei più fedeli amici di Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo
iunto Ifide in elà di 13 anni fu dal padre destinato in consorte alla più bella giovanetta di Festo, chiamata Giante, e non
torno presso il marito, la buona madre si accorse che Ifide camminava più spedito ; che il colorito del suo volto, lasciand
lasciando quella tinta rosea propria della donna, acquistava un tono più bruno e maschile ; vide che le si accorciarono i
stata la natura maschile. Dalle guance fugge La candidezza, e un che più forte appare : E il volto istesso più severo è fa
e fugge La candidezza, e un che più forte appare : E il volto istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più bre
iù forte appare : E il volto istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più breve. Più di vigor che a femmina s’
re : E il volto istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più breve. Più di vigor che a femmina s’addica In te
olto istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più breve. Più di vigor che a femmina s’addica In te si manifest
o l’opinione seguita dal Racine, nella sua Iphigénie, che è una delle più belle tragedie del teatro tragico francese ; e do
le risoluzione ; sorgevano ostacoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile era quella di sottrarre Ifigenia,
o ; implorar grazia dal padre, e porre tutto in opera onde piegarlo a più miti sensi. Clitennestra stessa tenta ogni sforzo
a figlia il destino inesorabile ; ma finalmente inabile a lottar sola più lungo tempo, e convinta in certo modo dalle ragio
prodigio : il vibrar della ferita Distintamente ognun l’udi : nessuno Più la vergine vide. Inalza un grido Il sacerdote, e
ato le are della superstizione religiosa dei soldati. L’opinione però più generalmente adottata si è che minacciato Agamenn
erva bianca. Ifigenia in Tauride, è un’altra tragedia di Euripide, il più illustre fra i tragici greci. Il soggetto di ques
il carico di provvedersi di acqua per la navigazione. Ila però non fu più rinvenuto dai suoi compagni, i quali ritennero ch
coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con sè quanto aveva di più prezioso e se ne faceva offerta alla dea. Era alt
llegrezza. 2263. Iliade. — Il nome di questo classico poema, che è la più stupenda creazione epica della immortale intellig
donne facevono dei sacrifizi a questa dea, credendo così di liberarsi più presto. Le cronache dell’antichità ci ammaestrano
lla custodia di Ceice, re di Trachina. Narra la cronaca che trascorso più d’un anno senza che Ercole avesse fatto ritorno,
n vendicatore andò a turbarlo nel suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro presso di Epalio, ricorse a Teseo, re di A
mpagne di aventura di uccidere i corsari ; e postosi alla testa delle più coraggiose fra le rapite, uccise quelli che dormi
dre degli dei avea conceduto a quelle api la facoltà di fare il miele più squisito di tutte le altre. Da questo fatto si da
Acheronte. Esse venivano sovente confuse con le Furie e si chiamavano più particolarmente, come asserisce Servio, Lirœ o Im
me Cosi le parti, e dell’estinto lo prendo : E il reo consacro, o (se più sono) i rei Orribil vita a strascinar, da tutto E
ti. Presso i pagani varie erano le formole delle imprecazioni, ma le più terribili erano o quelle contro i violatori dei s
nato disseccò i tre fiumi. Inaco fu padre di varii figliuoli di cui i più ricordati sono Foraneo ed Io. 2277. Inarima. — Pi
, combattuta sulle rive del fiume Numico, il corpo di lui non si potè più rinvenire, perchè Venere, madre dell’eroe, loavea
one. — Detta anche divinazione. Dallo studio continuo ed accurato dei più rinomati scrittori e cronisti dell’antichità paga
mili a quelli già compiutisi negli anni trascorsi : e ciò dovea tanto più facilmente accadere presso quei popoli, che profe
culto di religione pieno a ribocco di superstiziose credenze : tanto più poi perchè l’uomo per sua natura preoccupato semp
quali osarono di formarne una scienza fondata su regole e su precetti più o meno strani, e di legarla alla religione, onde
eno scrutata l’origine. Presso i pagani, la divinazione si esercitava più generalmente dai sacerdoti Lupercali, dagli Augur
remo qui che quattro erano, presso i pagani, le specie di divinazioni più in uso ; alle quali, si dava il nome proprio di,
o ed un bue, forse per indicare che l’indulgenza ammanzisce gli animi più brutali. 2284. Inferno. — Questa parola veniva ad
gliuoli, pensò di far morire i suoi figliastri, e per raggiungere con più sicu rezza lo scopo crudele, profittò delle super
’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezze, che la superstizione facea commet
circa le sorti della battaglia. « Come, rispose Annibale, presterete più fede agli intestini d’un bue, che all’ esperienza
e allegorie, alla parte storica, diremo attenendoci alle opinioni dei più chiari scrittori dell’antichità, che Io, sacerdot
orgeva un magnifico tempio, a lui dedicato, e dove gli si facevano le più ricche offerte. Finalmente gl’ Iperborei riteneva
e della luna, e dei maggiori pianeti. Diodoro, dando una spiegazione più logica a codesta allegoria della favola, dice che
buiva a quel dio, l’arte di domare i cavalli. Scrive Pausania, che il più antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva di là da M
evole, per quanto turpe era il suo amore. Essendo egli possessore dei più veloci cavalli della sua contrada, promulgò un ba
avalleria nemica fu quasi interamente distrutta. 2310. Ippolita. — La più celebre fra le regine delle Amazzoni. Ercole la d
, spaventarono siffattamente i destrieri che indocili alle redini, nè più riconoscendo la voce, e la mano del proprio padro
ronie rupi ne impedia. E ascondea l’istmo e d’Esculapio il sasso, Poi più e più gontiandosi, e shuffando Multa schiuma dint
rupi ne impedia. E ascondea l’istmo e d’Esculapio il sasso, Poi più e più gontiandosi, e shuffando Multa schiuma dintorno,
corpo. Ma i freni. Le putedre mordendo, a furia slanciansi. Nè senton più nè del nocchier la mano, Nè le briglie, nè il car
rra e che al dire del citato scrittore, i greci dettero alle loro due più antiche divinità. La parola Ipsisto deriva dalie
forse i fenici ritenevano il dio Ipsisto come il padre degli dei ; nè più nè meno che i romani ed i greci ritenevano il lor
ali trasparenti di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quello di tagliare alle donne mori
cui nome significa in greco ammirare per dimostrare che non c’ è cosa più mirabile dell’arcobaleno, formato dalla ripercuss
la ninfa Siringa, di cui parleremo a suo tempo. 2328. Irminsul. — La più antica e la più famosa divinità del culto religio
a, di cui parleremo a suo tempo. 2328. Irminsul. — La più antica e la più famosa divinità del culto religioso dei popoli sa
i consacravano al culto religioso d’ Irminsul, venivano scelti fra le più illustri e considerate famiglie della nazione. Il
o scelti fra le più illustri e considerate famiglie della nazione. Il più famoso tempio che le cronache ci additano come er
povertà, da cui i suoi concittadini trassero argomento al proverbio : Più povero d’Iro. Il suo vero nome era Arneo, ma sicc
Isiaca. — Sotto il nome di favola Isiaca, additavano i pagani uno dei più considerevoli monumenti dell’antichità, il quale
o congetture, i loro ragionamenti, non riescono che ad avviluppare di più dense tenebre il già impenetrabile significato di
ache di mangiar carne salata e di bere vino assoluto onde conservarsi più caste : portavano finalmente il capo completament
alla origine della dea Iside ; ma tutti convengono con l’essere ella più antica della Io dei greci. Secondo Plutarco, Isid
nacque, era già gravida di un figlio. Iside ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivendo fra loro nel più perfett
de ed Osiride regnarono per più tempo in Egitto, vivendo fra loro nel più perfetto accordo fraterno, e dedicandosi a civili
crò tutta al benessere dei suoi sudditi governando l’Egitto finchè il più grande dei suoi figli, chiamato Oro, non ebbe rag
mi, coi quali veniva sovente indicata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale era quella di Dea Universale,
pubblici furono perfino controsegnati col nome di Iside. L’attributo più usuale che veniva assegnato ad Iside, era il sist
umento vuoto nel mezzo con un lungo manico, che ha la parte superiore più larga dell’ inferiore, e che finisce in forma di
e della dea Iside, durante la celebrazione delle quali, si esigeva il più stretto silenzio da coloro, che prendevano parte
iorni, i sacerdoti, le Isiache, e tutti gl’ iniziati, commettevano le più orrende e turpi dissolutezze, e tanto che il sena
Meleta, e re dei Lapidi nella Tessaglia. Almeno è questa la opinione più generalizzata ; sebbene è assai discorde quella d
i di obbligo, tanto a Deioneo, quanto alla moglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua futura sposa, di adempi
ie dell’ espiazione. Ma ben presto il perverso Issione retribuì della più nera ingratitudine le larghezze dell’ospite suo,
hezze dell’ospite suo, del quale sedusse la moglie, intrattenendo per più tempo con essa, un’ infame tresca. Avvertito il p
un così straordinario benefizio fu pagato da una ingratitudine tanto più abbietta, per quanto audace, imperocchè Issione a
ella città. 2347. Isterie. — Feste in onore di Venere : il sacrifizio più usuale che si faceva alla dea nella celebrazione
giuochi. I giuochi istmici marcavano per i greci una data epoca ; nè più , nè meno che la celebrazione annuale dei giuochi
caccia, per la quale i Corinti facevan venire da lontane contrade, i più rari animali. I vincitori dei giuochi Istmici ven
fer loro dei preziosissimi donativi. Il poeta Pindaro, che è uno dei più leggiadri scrittori dell’antica letteratura greca
del paganesimo, l’isola d’Itaca è famosa come la patria di Ulisse, il più astuto dei greci. Omero l’ha resa per questa ragi
ebrosi misteri, ove sotto il manto della religione si commettevano le più turpi dissolutezze, e gli accoppiamenti bestiali
ria, che è la fonte della ricchezza. 2357. Iuga. — Uno dei soprannomi più generalmente dati a Giunone come protettrice dei
to il nome del terzo figliuolo del patriarca Noè ; ma non pochi fra i più accreditati mitologi, pretendono che il gigante J
iù accreditati mitologi, pretendono che il gigante Japeto, conosciuto più comunemente sotto il nome di Giapeto — V. Giapeto
so Deucalione, che ebbe dai suoi amori con Giove. 2369. Jola. — Detto più comunemente Jolante e talvolta anche Jolao, fu fi
r quel santo istinto della maternità, che parla potentemente al cuore più indurito, rinchiuse il neonato in un paniere avvo
ene, rappresentato da Kacimana, vi era Arimane genio meno potente, ma più astuto e maligno, a cui si dava talvolta anche il
luogo chiamato Tuat-Imbir, e che da quel giorno essi divennero i tre più grandi e famosi numi del culto religioso dei Tuat
me suo marito, ed il terzo come suo fratello. Però è a notare che, il più delle volte, questi tre grandi numi tenuti in tan
ti i nomi di due sacerdoti, i quali scrissero su foglie di albero, le più belle massime della religione di Budda, e i princ
esa per il vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una più grande nel mezzo, e due meno elevate a destra e a
la sola piramide grande del centro ; mentre si vuole che le altre due più piccole laterali siano state costruite da uno dei
nsidera sotto la sua ottava incarnazione, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la più pura di tutte. Krisn
a sua ottava incarnazione, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la più pura di tutte. Krisna-Visnù, second
ncarnazione, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la più pura di tutte. Krisna-Visnù, secondo la tradizion
mpi produrre la mano dell’uomo. Inarrivabile, e tale da superare ogni più ricca e fervida immaginativa, era il numero degli
Creta, fu costruito da Dedalo, sul modello di quello egiziano, ma in più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re di
ade ed a Cimone figlio di lui, che entrambi andarono annoverati fra i più grandi e valorosi capitani della Grecia. 2407. La
o veniva invocato come il dio tutelare dei fuggitivi. 2412. Lafria. —  Più comunemente detta Friclaria ; soprannome di Diana
ritenendo che in essi avessero stanza i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel quale essi
o di Tolosa, nel quale essi gettavano, come omaggio alla divinità, la più ricca parte del bottino tolto ai nemici, in monet
dimora due di questi volatili, sui quali gl’indigeni raccontavano le più strane cose. Il cennato scrittore aggiunge, che a
olta l’anno, e ardeva poi sempre, senza che vi fosse stato bisogno di più ritoccarla. Il cronista Solino asserisce un fatto
a altri meltissimi, degni anch’essi di fede e di considerazione tanto più che quanto asseriscono Pausania e Solino non ha a
un culto particolare, le cui oscenità vincono di gran lunga qualunque più sbrigliata immaginazione. 2426. Lampterie. — Fest
ro : Il gruppo in marmo del Laocoonte, scolpito da Fidia è una delle più stupende opere dell’arte greca. 2429. Laodamia. —
a camera della figlia e la fece mascondere, onde Laodamia non vedesse più quell’oggetto, che manteneva sempre vivo il dolor
accessi di frenesia, si lacerò da sè stesso le visceri, e morì fra i più atroci tormenti nel dodicesimo giorno dalla morte
e donne che così ebbero nome e che sono ricordate dagl’autori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennon
aro una figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la più avvenute delle reali fanciulle trojane. L’inclit
fanciulle trojane. L’inclita madre che a trovar sen gia Laodice, la più delle sue figlie Avvenente e gentil. Omero — Ili
di furore contro la madre spietata, invase tumultuoso ed iracondo le più riposte camere della reggia, e impadronitosi di L
i quei ripari che erano opera sua. Questa è almeno se non la sola, la più generalizzata tradizione che i cronisti dell’anti
ri le porte di Roma, sulle sponde del Tevere. 2440. Larenzia. — Detta più communemente Acca Laurenzia. V. queste voci. 2441
divinità tutelari ; sebbene le cronache dell’antichità ci rapportano più d’un esempio, in cui si vede che particolarmente
, spettri e lemuri — V. Lemuri. 2445. Lasio. — Così ebbe nome uno dei più famosi principi della Grecia. Egli aspirò insieme
focolari 2447. Latino. — Figlio di Fauno e della ninfa Marica, fu il più famoso dei re del Lazio. Kra Signore, Quando ciò
a bella rivale. Al suo divino volere il serpente Pitone uscendo dalle più cupe voragini della terra, spaventò siffattamente
ne intera. In considerazione d’esser stata Latona madre di due fra le più grandi divinità dell’ Olimpo, fu ella stessa anno
a fra le immortali, ebbe ben presto altari e templi, e tra questi, il più famoso fu quello che sorgeva nell’isola di Delo,
na della sua azione sagrilega, fosse condannato dagli dei a non poter più ridere per qualunque cosa gli fosse avvenuta. Add
, la statua di lei. Queste diverse cerimonie, si compivano sempre nel più alto silenzio. Una della porte di Roma veniva det
tava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogn’altra famosa, era da molti Eroi del Lazio,
ima umana ; sebbene avessero preteso dai cartaginesi che non avessero più sacrificato i propri figliuoli al loro dio Saturn
Comassia e Gelassia. Però questa opinione di qualche autore, non è la più generalizzata su queste tre famose dee dell’Olimp
so ed avesse dato alla luce Castore, Polluce ed Elena. 2466. Leena. —  Più comunemente conosciuta sotto il nome di Leona. Fu
codeste anime irrequiete. I romani credevano fermamente che il mezzo più efficace per allontanare i lemuri fosse quello di
acqua in un dato periodo di tempo ; e finalmente a chi avrebbe bevuto più vino. Ercole vinse sempre in tutti gli esercizii,
e dell’ eroe. Fra gli autori antichi però, quello che ci ha trasmesse più dettagliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania
ecipitosamente dall’ orribile scena, lasciando su quel luogo di morte più della metà dei suoi compagni. ….. I Lestrigoni l
ca, che essa insuperbita della propria bellezza, osò vantarsi d’esser più bella delle immortali : onde gli dei sdegnati la
vi chiama, acciò ch’ivi deposto Ogni ricordo, men de’ corpi schive, E più vaghè di vita un’ altra volta Tornin di sopra a r
sisteva il Lettisternio in un sontuoso e splendido banchetto, che per più giorni, in nome ed a spesa della repubbblica, si
a fondazione. Un rigido e pessimo inverno, seguito da un’estate ancor più cattiva ; una qualche epidemica influenza, fece m
orme quantità di bestiame, e siccome il flagello prendeva ogni giorno più consistenza, il senato decretò che si fossero int
doti Deuumviri, i quali furono in seguito sostituiti dagli Epuloni. I più illustri cittadini ritenevano come un onore esser
di pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, di cui riportammo più sopra una classica citazione, fa similmente menzi
ui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto di più mammelle, e col capo coronato da due vittorie. 24
d’assai quella della madre di lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle donne dei suoi tempi. ….. Leucotea prole D
icare un tempio circondato da un bosco sacro, e offerire ogni anno la più bella vergine del paese. I temessiani si sottomis
cerimonie fossero, al paro dei baccanali, un pretesto a commettere le più turpi dissolutezze, pure non bisogna confonderle
o che accompagnavano e seguivano la sconcia processione, cantavano le più licenziose canzoni e tenevano i più osceni propos
sconcia processione, cantavano le più licenziose canzoni e tenevano i più osceni propositi. Quando il carro era giunto sull
e col soprannome di Libero. 2503. Libertà. — Dea a cui i greci davano più propriamente il nome di Eleuteria. I romani però,
. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità era molto più celebre che in Grecia, ritenevano che la dea Libe
a, cioè l’Andare e il Venire, per alludere che essa poteva andare ove più le piaceva. Il berretto ricordava la costumanza d
imale che avesse avuto la forza di rovesciare una città, non badarono più oltre all’infausto presagio. Ma qualche tempo dop
l seno di una donna che pareva l’acqua scaturisse da due mammelle, nè più nè meno che il latte. Sul monte Libe trio, le Mus
nel vuoto, scagliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerriera la
da terra il leva, e poichè il volse Tre volte e quattro intorno, con più forte Impulso che di macchina guerriera, Al flutt
ai suoi popoli, che egli cercò d’incivilire. La città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia, fu edificata per suo o
hità su Licaone, primo re d’ Arcadia. Infatti Suida, uno dei cronisti più accreditati del paganesimo, racconta che Licaone
, sul punto di partorire, si fosse trasformata in lupa, per sottrarsi più facilmente alle persecuzioni di Giunone. V. Laton
o d’ oro l’ ospite traditore, e un giorno Licomede condusse Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla sua iso
o terribile della vendetta di Bacco. Licurgo è similmente il nome del più famoso legislatore della Lacedemonia, del quale l
loro osservare ciecamente le leggi che egli aveva dettate. I cronisti più accreditati del paganesimo, ripetono che, allorqu
e leggi che da allora in poi dovevano reggere il loro paese ; e tanto più essi si sottomisero a quelle, imperocchè un altro
imperocchè un altro oracolo avea loro promesso che Sparta sarebbe il più florido stato del mondo conosciuto, quante volte
ogo lontano e remotissimo, e da quel giorno gli spartani non intesero più a parlare di lui. È opinione di vari accreditati
536. Limnatidia. — Vedi l’ articolo precedente. 2537. Limneo. — Detto più comunemente Linneo : soprannome del dio Bacco qua
i fu nipote di Nettuno, e fu ucciso da Apollo, perchè essendo Lino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi di suon
e di vita. Le tradizioni mitologiche ripetono, che perfino le nazioni più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e ch
i quali spinti uno contro dell’altro, rendevano certo suono argentino più o meno chiaro, da cui i pagani pretendevano conos
re che parve talmente squisito ai compagni di Ulisse, che non vollero più , secondo riferisce la cronaca favolosa, abbandona
gli altri suoi seguaci, che poi gustarono di quel frutto, non vollero più ritornare nella propria patria, nè dar notizia di
estoso, con una tazza nella destra, ed una lancia nella sinistra ; ma più comunemente seduta, tenente col braccio sinistro
io al rispetto ed alla religiosa venerazione degli uomini. Ma come la più profonda superstizione non poteva esser divisa da
rendersela benignamente propizia. Il cronista Macrobio, che è uno dei più accreditati autori del paganesimo ; asserisce anz
; e finalmente i greci ed i romani, colla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la s
un oracolo a cui erano addette, come sacerdotesse, le fanciulle delle più cospicue famiglie dei Druidi. Innumerevoli sono p
e sopratutte quelle della Tessaglia, contrada del mondo antico ove la più cieca superstizione aveva un impero assoluto ed e
a il ritorno della luce. Finalmente il cronista Sparziano, già da noi più sopra citato, ripete a proposito del culto tribut
di G. B. Bianchi. 2570. Lupercale. — Secon do asseriscono i cronisti più accreditati dell’antichità, era questo il nome de
le Lupercali. V. l’articolo precedente. Questi sacerdoti che erano i più antichi del culto religioso dei romani, furono, s
 — Il maggior poeta lirico della Grecia, secondo la testimonianza dei più rinomati scrittori. Nacque nella Beozia, quantunq
risto). Ma nessuna di queste date è certa, quantunque l’ultima sia la più probahite. Verosimilmente Pindaro mori nell’ 80°
avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. 2. Pelasci. — Popo
vi di origine incerta, erranti, secondo l’opinione degli eruditi, dal più remoto oriente, fino ai paesi più occidentali del
condo l’opinione degli eruditi, dal più remoto oriente, fino ai paesi più occidentali del mondo antico, in tempi anteriori
o della loro razza, a nome Pelasgo. I Pelasgi, seguendo le tradizioni più accreditate ed i ricordi dei poeti, degli storici
nnove città che si attribuiscono cotesta gloria ; ma le pretese della più parte, sono così poco avvalorate, e tanto sospett
Tutta l’antichità considerò unanimamente l’Iliade e l’Odissea come le più classiche opere della greca poesia, 10. navano
resia di Simone il mago. 15. Menandro. — Sono questi i nomi dei due più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantun
poca in cui essi vissero. 16. Dositeo. — Sono questi i nomi dei due più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantun
ro e di Dositeo. 18. Nicolaiti. — Altri eretici che professavano le più oscene dottrine, vivendo in completo divorzio con
a, una setta che uni il culto di Gesù Cristo, a quello dei personaggi più famosi del Politeismo. 21. Cainiti. — Eretici c
ù famosi del Politeismo. 21. Cainiti. — Eretici che professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella di Caino, e
a punto nè poco in veder quivi la madre spaventata e fuori di sè ». E più appresso, concludendo, lo stesso autore narra : «
uo simulacro era ivi religiosamente conservato come quello di uno dei più antichi numi del paganesimo romano. 29. Caaba d
er ogni sorta di colpevoli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi da più musulmani, i quali lo tengono in cosi grande vene
iche e liberali. I greci le coltivarono tutte, ed in tutte colsero le più nobili palme. Essi furono in certo modo, spinti a
verità : cooperandosi al progresso, perfezionando l’uomo ch’è l’opera più nobile del Creatore, e volgere al bello, al grand
 2. parte 1. 33. Potremmo citare numerosi passi della Bibbia e dei più rinomati scrittori sacri, onde riportare citazion
o vivo. 36. Milton Giovanni. — Ritenuto dopo Shakspeare e Byron, il più gran poeta dell’ Inghilterra, l’immortale autore
ta e alla morte. Erano tre sorelle Gloto. Lachesi e Atropo. Gloto. là più giovane, teneva la conocchia, ossia presiedeva al
mo al mondo. Lachesi filava gli avvenimenti della vita : e Atropo, la più vecchia, tagliava, colle forbici, il filo, e cosi
7 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
conoscere le finzioni dei poeti, di scoprir loro le ricchezze che da più di tremila anni asconde questa perenne miniera di
pri figli ; che Giove non fu un figlio ingrato, nè un Dio mille volte più colpevole degli scellerati che fulminò dall’ Olim
ito s’accorgeranno che la trascuratezza di questo studio ha esposto i più eccellenti artisti a confondere il tutto con degl
. Or d’aspro gelò aquilonar percossa Dafne morì ; ne’ calami palustri Più non geme Siringa ; ed in quel tronco Cessò di Mir
zo aperta, Come rosa che al raggio mattutino Vereconda si schiude, in più desío Pungere i cuori ed allettar le menti. Vien,
ío Pungere i cuori ed allettar le menti. Vien, chè tutta per te fatta più viva Ti chiama la Natura. I laghi, i fiumi, Le fo
gono vendetta. E la chiede dal ciel la luna e il sole E le stelle non più rapite in giro Armonïoso, e per l’eterea vôlta Ca
non più rapite in giro Armonïoso, e per l’eterea vôlta Carolanti, non più mosse da Dive Intelligenze, ma dannate al freno D
i che furono divinizzati, come la Fortuna, la Mente, l’Onore, ecc. La più generale divisione poi che fucevasi una volta deg
classi di Dei Inferiori, Dei Superiori e Semidei come quello che è il più seguito, scostandoci nulladimeno qualche volta da
Urano e la Terra Urano e Vesta Prisca o la Terra sono gli Dei più antichi. Ad Urano si dà anche il nome di Cielo ;
o Dori, che generarono le Ninfe, tra le quali fu rinomata Galatea. I più celebri tra i figli di Urano e della Terra, sono
no dal Destino che Giove era nato per dar leggi all’universo, attentò più volte alla vita del figlio ; questi, irritato per
le stesse montagne da essi ammonticchiate. Dopo questa vittoria Giove più non pensò che agli amori ed ebbe un infinito nume
di Giove Capitolino fondato in Campidoglio dal re Tarquinio Prisco e più volte in seguito riedificato passava per il più s
re Tarquinio Prisco e più volte in seguito riedificato passava per il più sontuoso. Si è dato il nome di questo Dio ad un p
lta d’Italia, Giunone andò a ritrovar Eolo, e gli promise Deiopea, la più bella delle sue Ninfe, se faceva perire Enea coll
n cocchio tirato da’ pavoni. I filosofi che prendono Giove per l’aria più pura o l’etere, riguardano la sua sposa come l’ar
per l’aria più pura o l’etere, riguardano la sua sposa come l’aria la più ingombra di vapori e la più pesante da cui siam c
e, riguardano la sua sposa come l’aria la più ingombra di vapori e la più pesante da cui siam circondati. Si conosce un pia
i istituirono in onore di questa Dea una festa che si celebrava colla più grande magnificenza in Eleusi, ov’ ebber principi
bricata da Cecrope, e fu deciso che chi avesse fatto nascere una cosa più utile di un’altra avrebbe avuto quest’ onore. Per
rcuotendolo coll’asta ne usicì un ulivo ; ed avendo giudicato gli Dei più utile l’ulivo per essere il simbolo di pace, Mine
pra il quale una donna sedendo concepiva immediatamente ; e dicesi di più che al solo toccarlo bastasse ad una donna per di
do potuto essere corrisposto, ne trasse vendetta facendola sposare al più deforme degli Dei. Venere odiò il marito per la s
e. Venere aveva un cinto detto ceste che inspirava infallibilmente la più viva tenerezza. Giunone bramosa di piacere a Giov
gettato sulla mensa alle nozze di Teti e di Peleo, destinandolo alla più bella tra le Dee. Questa Dea presiedeva ai matrim
ata in Amatunta, in Lesbo, in Pafo, in Gnido, in Citera e in Cipro. E più famosi sono i templi che in questi paesi le si in
in onore di lei, le fecero dare una quantità di soprannomi. Quei che più comunemente le vengon attribuiti sono Citerea, Ci
, poichè in una sfida che questi ebbe con Venere a chi sapeva coglier più fiori, Peristera aiutando Venere la rese vittorio
o ornati da una corona di mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspira la più viva gioia, le siede su le labbra il sorriso ; e
  Pretendesi nondimeno che amasse il pastore Endimione, che scendesse più volte di notte dal cielo per venir a vederlo e ch
gelosia, non potendo soffrire che amasse la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee, era almeno più riservata.
se la bella Aurora. Se non era più saggia delle altre Dee, era almeno più riservata. Andava continuamente alla caccia, e no
dalle sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma basse tutte più di lei almeno della testa. Diana detta anche Deli
e Delia e Cinzia dall’isola e dal monte ov’era nata aveva in Efeso il più magnifico tempio che si fosse mai veduto ed annov
tà di Atene. Violò e cangiò Anemone in fontana. Si rappresenta per lo più in piedi sopra un carro in forma di conchiglia ti
lli marini o tritoni con un tridente in mano. Vuolsi che abbia avuto più di cinquanta figli. Figlie di Nettuno e della Ter
oracoli. Delo, Delfo, Chiaro, Tenedo, Cirra e Patarno erano i loughi più famosi ove davansi tali oracoli. D’accordo con Di
mento che gli fosse data da Mercurio in cambio del famoso caduceo. Il più rinomato de’templi che gli fossero eretti fu quel
i predir l’avvenire gli affidò anche la cura d’illuminare il mondo Il più celebre monumento che ci resta dell’antichità è i
a mano distruttrice del tempo. Mercurio e Batto Mercurio Di più individui sotto questo nome si parla nella favola
urio Di più individui sotto questo nome si parla nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio di Giove e d
i. I due serpenti s’avviticchiarono ad essa in tal modo, che la parte più alta del corpo loro veniva a formare un arco. Mer
i dai diversi attributi di lui. Quello di Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai poeti, perchè era particolarment
o dopo Giove è forse quello, tra le Divinità, cui siano, stati eretti più monumenti e dedicati più voti. Il suo culto era m
lo, tra le Divinità, cui siano, stati eretti più monumenti e dedicati più voti. Il suo culto era molto esteso ; e particola
steso ; e particolarmente nelle città del Peloponneso in cui vi aveva più gran commercio s’innalzarono parecchi templi in o
parte de’ popoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo di imporre tributo ai v
lto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno che era stato preso da’ co
avizzo. Le sacerdotesse di Bacco s’indicavano sotto diversi nomi : le più note sono le Baccanti. Le Ninfe che allevarono qu
dine e Piracmone che lo batteva a colpi raddoppiati. Se ne conta però più d’un centinaio. Apollo li uccise tutti. A malgrad
si servì per cogliere Marte e Venero. Di tutte le opere di Vulcano la più maravigliosa fu la statua di Pandera che fu da lu
e fatte da Cerere per rinvenire la figlia. Plutone soggiornava per lo più nell’inferno e desiderava morissero tutti i viven
minava Giove infernale, Dite ed Orco ; benchè secondo alcuni Orco sia più propriamente il Dio del giuramento e punitore deg
isola di Egina, della quale fu re. Tutti e tre passarono pei sovrani più giusti de’loro tempi. La saggezza del loro govern
tà in cui si era goduta la maggior felicità. Là rinnovavansi ancora i più lusinghieri piaceri della vita. L’ombra d’Achille
l’oro, l’odio e tutte le vili passioni da cui sono agitati i mortali, più non alteravano la tranquillità degli abitatori de
cello, la cui sola vista faceva fremere gli Auguri e dava a temere le più gravi sciagure. Cocito risguardató da alcuni come
ircondava le caroeri de’colpevoli. Erano a questo fiume attribuite le più nocevoli qualità. Con l’acqua di questo fiume Cer
infernale era stato punito e mandato un esilio per un anno in uno de’ più oscuri e dei più orribili luoghi del Tartaro per
to punito e mandato un esilio per un anno in uno de’ più oscuri e dei più orribili luoghi del Tartaro per aver fatto passar
oscesi sotto questo nome una benefica deità, per la quale Giove aveva più riguardi che per qualunque altra divinità, poichè
lla morte ed erano riguardate siccome quelle che avevano un potere il più assoluto di tutte le altre. Padrone dispotiche de
stini. Dopo la morte di Achille versarono amare lagrime e non vollero più rimanere nel campo greco. Le Furie erano divinità
imorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le quali gettavanli nel più gran delirio, che sovente non cessava che colla l
rno. Molti furono tormentati in vita dalle Furie, ma non avvi esempio più strepitoso delle loro vendette di quello dell’inf
fiume d’Averno, da cui ebbe molti figli e che rappresentavasi per lo più in veste nera sparsa di stelle diceasi abittue l’
’Inferno colla Morte, col Sonno e coi Sogni suoi figli. La morte è la più implacabile tra le Dee. Se le sacrificava un gall
e tiene una borsa in mano. I poeti hanno conservato il nome di alcuni più celebri tra i condannati del Tartaro ed il genere
mangiare il propro figlio Pelope tagliato in pezzi. Vuolsi che Cerere più avida degli altri o distratta dall’affano che le
te, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo occupato l’
scere sempre rinascenti rose da due avoltoi. Annoverano i poeti tra i più celebri condannati del Tartaro anche i Giganti o
i del Tartaro anche i Giganti o Titani che mossero guerra a Giove, il più formidabile dei quali fu Tifone che da sè solo di
formidabile dei quali fu Tifone che da sè solo diede a fare agli Dei più assai che tutti gli altri giganti insieme. Poichè
rigine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Mercurio. Si ritiene però più comunemente che il Pane dei Greci fosse figlio di
sotto questo titolo viene considerato come figlio di Demogorgone, il più antico degli Dei che aveva per compagni il Tempo
vano tutti le foreste ed i monti. Le occupazioni dei Fauni avevano un più stretto rapporto coll’agricoltura. I loro lineame
no schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di essi più allegra. Si consacrava ad essi il pino ed il selv
atico ulivo. Si pretende che la voce dei Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome di Silvani era generico
esi che si debba a Numa l’invenzione di questa divinità come un freno più atto delle leggi a moderare l’avidità di invadere
ce credere al popolo un tal fatto per persuaderlo che non vi era cosa più sacra dei limiti de’ campi, ed era lecito l’uccid
, non era altro che un grido di gioia ripetuto nei maritaggi. L’Imene più generalmente conosciuto era un giovine ateniese d
ato ispirava i saggi. Cupido figlio di Marte e di Venere è quello che più comunemente si conosce ; esso presiedeva alla vol
o della cieca Dea. Egli è sempre dipinto con ali, perchè non c’è cosa più passeggiera della passione ch’esso inspira ; e qu
omo le criticò tutte e tre. Disse che le corna del toro dovean essere più vicine agli occhi o alle spalle, onde potesse per
omo una finestrella vicino al cuore, perchè se gli potesser leggere i più reconditi pensieri ; biasimò infine la casa per e
ei in un modo poco decente, ella n’ebbe tanta vergogna, che non volle più lasciarsi vedere. Giove diede il suo impiego a Ga
ia metaforicamente usata dai poeti di tutte le nazioni per indicare i più eccelenti liquori. Quando in Roma facevasi l’apot
accola accesa colla quale incendia un trofeo d’armi. Presso i Greci e più ancora presso i Romani fu dessa celebrata : le si
 : quello che Agrippina cominciò e Vespasiano terminò in Roma, era il più magnifico tempio di quella grande città. Tutti co
verga tinta di sangue, i capelli sparsi e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono in mezzo di una battaglia pe
ppena egli giunse sull’orizzonte, i cavalli del Sole non riconoscendo più la mano del loro signore, non obbedirono a quella
moglie di Pelco e madre di Achille. Da Teti e dall’Oceano nacquero i più rinomati fiumi, come il Nilo, l’Alfeo, lo Strimon
era una conca di maravigliosa figura e di una bianchezza dell’avorio più rilucente ; pareva che quel carro volasse sulla s
glie. Circondavan eglino il carro della Dea, tirato da cavalli marini più della neve bianchi, e che il salso flutto solcand
. Una gran vela di porpora ondeggiava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Ze
e acque, colla quale fu da quasi tutti i moderni confusa. Si disse la più bella fra le Ncreidi. Giove, Nettuno e Apollo vol
titi che era stabilito dal Destino che il figlio da essa nato sarebbe più grande e più possente del padre, gli Dei la cedet
stabilito dal Destino che il figlio da essa nato sarebbe più grande e più possente del padre, gli Dei la cedettero a Peleo.
ta Teti di avere un mortale per isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a guisa di un novello Proteo,
trinse finalmente a cedere. Le nozze si fecero sul monte Pelia, colla più grande magnificenza, e tutte le Deità celesti, in
r vacillare. A questa Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel più gran pericolo che gli sovrastasse nella guerra ch
sibilmente trovossi in alto mare, dove, rifinito di forze, nè potendo più lottare contro le onde, si annegò. Il suo corpo f
rire innanzi al suo tribunale, e sottomettendo l’intiera loro vita al più rigoroso esame. Si rimprovera a Minosse una manca
e padrone del mare. Questo principe avrebbe goduto la fama di uno de’ più grandi uomini ove non si fosse acquistato l’odio
ieno di boschi e di edifizi disposti in guisa che entrativi una volta più non se ne trovava l’uscita. Gli antichi fanno men
a l’uscita. Gli antichi fanno menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si
ntichi fanno menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone nel lago Mer
ne o Imetione, della famiglia di Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e vuolsi che fosse allie
tanto nera non poteva andar impunita in uno stato in cui per rendere più abbominevole l’omicidio si processavano perfino l
padre, si sciolsero pel calore del sole, e questo giovane non essendo più sostenuto cadde in quella parte del mar Egeo o Ar
re secondo alcuni, di Eurinome secondo altri e di Bacco e Venere come più generalmente si crede erano tre : Egle, Talia ed
, ma la liberalità pur anche, l’eloquenza, il senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presie
tite di velo, indi ignude. Si voleva così esprimere che non avvi cosa più gradita della semplice natura, e che se qualche v
i della gioventù. Si rappresentavano piccole e snelle perchè le forme più delicate sono anche le più seducenti. Il loro att
sentavano piccole e snelle perchè le forme più delicate sono anche le più seducenti. Il loro atteggiamento alla danza indic
ravità austera. Si tenevano per mano perchè le amabili qualità sono i più dolci legami della società. Non avevan oro nè fer
ei Zefiri, perchè una specie di abito succinto ed incolto piace assai più degli studiati ornamenti ; e nelle opere dello sp
pomene, Tersicore, Erato, Polinnia, Urania, e Calliope, tra quelle la più sapiente. Si fanno presiedere ciascuna a differen
eno nate, o da Piero che alcuni danno loro per padre. Facevano per lo più dimora sui monti Parnaso, Elicona, Pindo, in Grec
tra le piante la Palma ed il Lauro. Il caval Pegaso pascolava per lo più all’intorno e sopra i monti ove s’aggiravan le Mu
altra cosa che la brama che ha ogni essere creato di unirsi a ciò che più gli si addice. Urania non ispirava che dei casti
eva. A Citera vedesi un tempio di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre di tutti i tempii che ab
esi un tempio di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre di tutti i tempii che abbia Venere in tut
he a donna maritata contanto si addicono. Urania e Bacco erano le due più grandi divinità degli Arabi. Parlando della statu
nne ad esse aggiunto l’autunno ed il solstizio d’inverno ossia la sua più fredda parte, si crearono due nuove Ore, cui si d
tutte e tre e se ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una zanna del più forte cignale. Av
po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiome di serpenti, del
pra tutti i viandanti. Perseo le vinse e tagliò la testa a Medusa, la più eelebre per le sue disavventure, ma la sola che f
I luoghi consacrati alle Ninfe erano talvolta piccoli templi ; ma il più sovente erano antri naturali o espressamente scav
orivano, e non se ne potevano mai separare ; tali alberi erano per lo più le querce. Pretendesi da alcuni che non ne fosser
sito che un certo Parebio stava per abbattere una superba quercia, la più bella di tutta la provincia, quando gli apparve u
ella tua scure : rispetta un’Amadriade alla quale tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita ; all’ombra di queste f
vita ; all’ombra di queste foglie incontrasti la donna che ti rese il più felice fra i mariti e fra i padri ; tu allora ben
issarne il numero, passandovi la differenza da sette fino a tremila e più . Sarebbe quindi inutile il riportare i nomi dati
perciò se i poeti ne annoverano un sì prodigioso numero. Le Nereidi più celebri sono Anfitrite e Tetide. Sono chiamate le
s’immolava un agnello ed un porco, ma il toro era però l’animale che più comunemente a quelle divinità veniva immolato. Qu
ora lasciavasi che il sangue della vittima colasse in mare. Una delle più distinte tra le figlie di Nereo fu Galatea per la
ume la inseguì pei campi e pei monti, fino a che la Ninfa non potendo più reggere dalla stanchezza implorò il soccorso di D
la terra per dare passaggio a questa fontana la quale attraversando i più profondi antri sboccò nell’ isola d’Ortigia vicin
e e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi di porre sui loro altari de
e volte anche ne’ boschi, e nelle praterie sollazzavansi. Egle era la più bella delle Naiadi. I poeti indicano talvolta l’a
do altri figlie della Notte e di Cherecrate, o di Forco e di Ceto. La più comune opinione si è che fossero tre : Egle, Aret
menti o dei frutti di una grande rendita. Siccome erano belle e ancor più sagge, Busiride, re d’Egitto tratto dalla loro fa
fermarsi ad udirne i canti. Ne rimanevano essi incantati a tale, che più non pensavano al loro paese, obliavano di prender
rii, a norma dell’ordine che avevano da lui ricevuto, con nuove corde più fortemente all’albero lo raccomandassero. Tali pr
o per andare in cerca della loro compagna per cui erano animate dalla più viva amicizia. Avrebbero per caso i poeti avuto i
Sicilia. Quivi perirono le navi di Ulisse. Scilla era però alcun poco più verso il Nord-Est e non si trovava precisamente i
di cui si parla in questo Compendio è appunto il Tebano. Esso era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, er
la in questo Compendio è appunto il Tebano. Esso era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio di Gi
nde togliergli i mezzi di sturbare il suo regno ; gli comandò le cose più dure e malagevoli dette poi dai mitologi le dodic
e n’ebbe essa a provare dolori così grandi, che sembrava non dovesser più calmarsi. Ercole ferì anche Plutone in una spalla
a forza e valore. Ercole ebbe molte mogli e gran numero di amanti. Le più note sono Megara, Onfale, Iole, Epicasta, Parteno
lle e la carne. In tale stato mandava spaventevoli grida vomitando le più terribili imprecazioni contro la moglie ; vedendo
con l’arco e col turcasso ; ora barbuto e molte volte senza barba. La più bella di tutte le sue statue l’Ercole farnese ora
urarono a ragione sì i Romani che i Greci e dietro essi i moderni che più di un Ercole vi avesse come si è già detto e che
tanti Ercoli al figlio di Alcmena e di Giove che si rendette così il più celebre tra i Semidei. Insorse nondimeno un siste
Ercole e i dodici segni che trascorre il sole nello zodiaco è uno de’ più forti appoggi del sistema astronomico di Ercole c
i in oriente. Tali colonne e tali altari servono a convalidare sempre più il sistema che Ercole non fosse altro che il sole
ente esposto in vari estesi trattati di mitologia. Prometeo Il più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto
di scorrere egli medesimo le celesti regioni per scegliere quello che più gli fosse sembrato conveniente all’uomo che esso
, ove andò a fermarsi la piccola barca la quale portava Deucalione il più giusto degli uomini, e Pirra sua sposa la più vir
e portava Deucalione il più giusto degli uomini, e Pirra sua sposa la più virtuosa tra le donne, i soli che per essere gent
560 avanti l’era volgare. Perseo Perseo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Giove e
i diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei frutti del suo giardino, gli negò l’ospitalit
Cefeo padre di Andromeda e la madre di lei Cassiopea accolsero colla più grande gioia Perseo, che riconobbero pel liberato
’oracolo di guardarsi da un figlio di Giove, si decise a non ricevere più alcuno in casa sua. Perseo vi andò, come abbiam g
addolorato per l’ingiusta morte del figlio, non ebbe da quel momento più pace. Il ritorno di Teseo in patria fu prima fata
ngiato l’odio e l’invidia in ammirazione ed amore, si strinsero colla più ferma amicizia. Giovò assaissimo a Piritoo l’amic
icarono l’onore di Piritoo e fecero grandissima strage de’Centauri. I più rinomati tra i Centauri furono Cauma, Chirone, Eu
i colui da cui traevan la loro origine. I due fratelli legatisi colla più stretta amicizia, sì teneramente si amavano che u
cevasi apportator del bel tempo. Orfeo, Euridice Orfeo uno de’ più celebri e de’ più augusti personaggi dell’antichi
del bel tempo. Orfeo, Euridice Orfeo uno de’ più celebri e de’ più augusti personaggi dell’antichità fu legislatore,
on quelli la propria voce, che fin le cose insensibili allettava ; le più feroci belve accorrevano a quella soave melodia e
ei dovesse essere preparato a perderla per sempre e senza speranza di più riacquistarla, ove si fosse a lei rivolto per mir
lino. Ma per aver esso sostituite a queste le corde di budella molto più armoniose, il Dio, divenutone geloso, lo uccise.
e lo portava segretamente sul monte Pelio ove il centauro Chirone, il più saggio degli uomini del suo tempo, prese cura del
o, crudelmente trucidato nella Colchide e trasportarlo in Grecia ; di più aggiunge che Frisso costretto d’allontanarsi da T
endervi parte ed accompagnare Giasone. Ne scelse cinquantaquattro de’ più famosi. Ercole stesso si unì a loro, e concedette
ccome a quello cui per prossimità di parentela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro quella spedizione. Prima di scioglier
erata di vedersi tradita e abbandonata ricorse all’astuzia. Finse per più sicura vendetta di essere contenta ch’egli passas
a a fiamme con tutta la reggia. Nè paga di ciò Medea per isfogare vie più il suo furore uccise essa stessa colle proprie ma
La sua grotta, situata appiè del monte Pelio in Tessaglia, divenne la più famosa scuola di Grecia. Cefalo, Esculapio, Telam
motore dell’impresa ne fu riconosciuto il capo. Tra questi principi i più distinti erano Castore e Polluce, Telamone figlio
la morte di Frisso e di Elle e che il primo fu spedito a scegliere la più bella pecora delle mandre del re per offrirla in
a comperarne, avesse dato argomento a siffatta finzione. Hanno forse più ragione coloro che spiegano la favola del toson d
fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli era un bellissim
edurla e pretese ch’ei lo facesse morire ; giacchè è noto che niuno è più crudele di una donna il cui risentimento sia punt
poteva vederla senza amarla. Atalanta soggiornò per molti anni sulle più alte montagne d’Arcadia, e passava le notti in un
ttoria, voi ne dividiate meco l’onore e la preda. » Atalanta fu tanto più lusingata da questa distinzione, in quanto che i
talanta fu tanto più lusingata da questa distinzione, in quanto che i più illustri principi della Grecia, che intervennero
mise il dono della sua mano ad una condizione capace di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella era valentissima n
o comandato ad Ercole di batterlo, questi, a colpi di frecce, atterrò più volte il suo nemico ; ma tosto che Alcione toccav
lcione toccava la terra sua madre, prendeva nuove forze e si rialzava più formidabile di prima. Pallade afferrò il gigante
ro giungere Mida col padre e colla madre sopra di un carro, e allora, più non dubitando che questi fosse colui indicato dal
to da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente della fortezza. Il carro di Gordio aveva
iutarsi col bastone, onde qui pur dir si può che con tre piedi, e non più con due cammini. Così interpretò Edipo l’enimma,
, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre. Pres
tempo reo di parricidio e d’incesto, si cavò gli occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta presa egualmente da disp
iù la luce, mentre Giocasta presa egualmente da disperazione, sale al più eminente luogo del palazzo, vi attacca un laccio
prese le redini del governo per il primo e terminato l’anno ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirarsi p
pitani e gran parte delle sue genti dovè tornarsene scornato in Argo. Più che ad altri però fatale fu la guerra a’fratelli
simo che questo principe fosse vinto, in quanto che egli possedeva il più leggiero carro e i più rapidi cavalli di tutta la
e fosse vinto, in quanto che egli possedeva il più leggiero carro e i più rapidi cavalli di tutta la Grecia. Già tredici pr
lio che aveva avuto da una concubina per nome Astioche, non volle mai più permettere che comparissero alla sua presenza, di
di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed il più potente principe della Grecia, scelse la città di
tati. Invaghitosi della regina, gli riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua condotta, di concerto con es
miglia. Venne a lui affidata la cura di numerose mandre, che seppe in più occasioni difendere col suo coraggio dalle feroci
Sposò la ninfa Enone, figlia del fiume Lebreno, e visse con lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze di Te
unione, sino all’epoca delle nozze di Teti e di Peleo. L’azione che più d’ogni altro il rendette celebre, si è il suo giu
mensa degli Dei un pomo d’oro portante la segnente iscrizione : Alla più bella. Da principio non vi fu alcuna delle Dee la
e la gloria delle armi. Venere s’impegnò di renderlo possessore della più bella donna dell’universo. Giunone si abbigliò po
la più bella donna dell’universo. Giunone si abbigliò poscia nel modo più magnifico che le fu possibile, lo stesso fecero p
va potè pur essa ricusare. Sia che l’offerta di Venere fosse a Paride più gradita, sia ch’ei la trovasse delle altre due ef
ide più gradita, sia ch’ei la trovasse delle altre due effettivamente più bella, le aggiudicò il contrastato pomo siccome p
timento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di portare la più strepitosa vendetta sulla famiglia del loro giudi
pitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, che era riputata la più bella donna di quell’età, colse Paride l’occasion
che il primo al secondo voleva togliere, Achille s’astenne dal voler più prender parte a quella guerra, malgrado i consigl
era vulnerabile come si è già riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui imp
o di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a danno di Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo di legno. Fece
Epeo uno smisurato cavallo, entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero gli altri di partir
nella Eneide. L’avventura di Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pezzi di greca scultura che noi possediamo. Q
tino a Roma. Gli Omcoli, le Sibille, i Libri Sibillini, i Tempii più famosi, i Sacrifici, i Sacerdoti, gli Auguri, gli
a pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più sacra ed augusta. Per mezzo degli Oracoli credeva
oli, e prima sorgente d’ogni divinazione. Dopo gli oracoli di Giove i più celebri e più accreditati erano quelli cui presie
orgente d’ogni divinazione. Dopo gli oracoli di Giove i più celebri e più accreditati erano quelli cui presiedeva Apollo, f
uolo di lui, siccome quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato di tutti gli Dei, essendosene istrutto da
versato di tutti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso Giove. I più famosi tra gli Oracoli erano :     Sacrifizi
i morti. Apollo aveva un Oracolo anche a Claro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello
perfino il bue Api ebbe in Egitto un Oracolo. L’ambiguità era uno de’ più ordinari caratteri degli Oracoli e il duplice lor
a anche Amaltea e Demofila, l’Ellespontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella di Cuma ci
nque sia la procedenza di questi libri è però certo che nulla avvi di più celebre nella Storia romana quanto i Libbi Sibill
un sasso informe o da un troneo offrivansi i frutti della terra e non più . A poco a poco incominciaronsi a effigiare gli De
tempietti ne’ boschi a lor consacrati, finchè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcan
re a’frutti della terra incominciaronsi ad offerir gli animali, e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, immolavansi fin cento
vasi purificare i colpevoli non che i luoghi profanati. Ve n’erano di più specie, e ciascuna aveva le sue particolari cerim
i, ecc. ; ma nondimeno vi si abbandonavano soventi agli eccessi della più vergognosa crapula. Porremo fine a questo Compend
endevansi atti a tutti i militari esercizi ; e dall’altra si facevano più snelli e più robusti, essendo questi esercizi pro
i a tutti i militari esercizi ; e dall’altra si facevano più snelli e più robusti, essendo questi esercizi propri ad accres
ai pesante, che i giocatori si sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilato nel quale combattevasi ora
oesia, per le loro rappresentazioni non avevano luoghi particolari. I più famosi giuochi della Grecia erano : I.° I Giuochi
acevano dalle carceri o tane praticate al basso degli anfiteatri, e i più atroci e crudeli spettacoli dei combattimenti de’
ure. V. Terra. 6. Telmisi. V. Gordio. 386. Temi o Temide. 174. Tempii più famosi. 442. Teofane. V. Vello d’Oro. 364. Termin
stessa acconciandosi i capelli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella di Venere. 4. NB. Nell’ i
8 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
Appendice. Folli Dei sull’Olimpo sedenti Più la terra ricompra non sogna, E l’oscena vetusta m
e è in succinto la istoria degli errori della idolatria appo i popoli più noti dell’antichità ; istoria vie più tenebrosa p
i della idolatria appo i popoli più noti dell’antichità ; istoria vie più tenebrosa per la lontananza dei tempi ai quali ap
nsero un raffinamento di corruzione, di lusso e di crudeltà. Anche i più insigni personaggi che fecero sì splendido il tra
insigni o nell’armi o nelle lettere o nelle magistrature, non aveano più fede nessuna in quella moltitudine d’Iddii a cui
ui il popolo bruciava ancora gl’incensi ; e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non era altro ch
iava ancora gl’incensi ; e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non era altro che un brutale epic
o la superstizione. » Le metamorfosi d’Ovidio, che sono il monumento più completo a noi rimasto dalla mitologia pagana, pa
Dei ; per modo che si può argomentare, che le credenze del politeismo più non servissero ad altro che a lusingare quegl’int
elletti che non poteano persuadere. Cotesto poema dunque è insieme il più ingegnoso commentario del paganesimo ed il segnal
e è insieme il più ingegnoso commentario del paganesimo ed il segnale più chiaro della sua decadenza. Il solo Livio rimpian
ad auspicj negletti o mal compresi. Il campo era un tempio, e quanto più la vita guerriera teneva occupati i Romani, tanto
empio, e quanto più la vita guerriera teneva occupati i Romani, tanto più le credenze del politeismo signoreggiavano ne’lor
odusse l’apoteosi, colla quale vennero annoverati tra gli Dei anche i più scellerati mostri che sedettero sul trono imperia
che riputavano domestiche divinità, dovettero arder incensi anche ai più atroci tiranni ; e come sacrileghi e rei di lesa
uogo reso il culto pubblico meno crudele. Nelle Gallie e nell’Affrica più non si offrivano agli Dei vittime umane. La sola
i romane, conservava i suoi culti sanguinarj ; nè conosceva libazioni più grate agli Dei di quelle fatte col sangue dei pri
omi d’Angaria e di Velleda, deificate dalla superstizione de’Germani, più d’una volta avevano spaventato la fortuna di Roma
ano spaventato la fortuna di Roma. Il politeismo era ancora in fiore, più che altrove, nella Grecia, qualora se ne giudichi
conquista, nell’inerzia che la seguiva, il culto degli Dei pareva la più grande faccenda politica de’ Greci. I vecchi odj
d avea fatto grande avanzamento per cagione delle sventure del paese. Più non sorgevano tribune per gli oratori ; ma i sofi
e del paese. Più non sorgevano tribune per gli oratori ; ma i sofisti più liberamente poteano beffarsi del culto degli Dei.
ètte filosofiche tuttor fiorivano, ma l’epicurea e la cinica erano le più possenti e più popolari : e queste poneano in der
e tuttor fiorivano, ma l’epicurea e la cinica erano le più possenti e più popolari : e queste poneano in derisione ad un te
sua vasta biblioteca, con le sue scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, più popolosa, più feconda di vane dispute
biblioteca, con le sue scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, più popolosa, più feconda di vane dispute che non la
n le sue scuole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, più popolosa, più feconda di vane dispute che non la vera Atene ; m
are che la Persia, dai Greci chiamata barbara, avesse avuto nei tempi più remoti un culto più ragionevole e più puro del po
ai Greci chiamata barbara, avesse avuto nei tempi più remoti un culto più ragionevole e più puro del politeismo d’Europa. N
barbara, avesse avuto nei tempi più remoti un culto più ragionevole e più puro del politeismo d’Europa. Non ammetteva idoli
della loro patria una eroica resistenza. L’assedio di Gerusalemme fu più orrendo ancora che quello di Cartagine, e così ne
come nell’altro un vincitore, spesso generoso, fu lo stromento della più barbara distruzione. Singolar cosa ! l’eccidio di
fisticherie e delle immaginazioni orientali, dalle comunicazioni rese più facili fra i varj popoli, dal contrasto o dalla c
conservava tutto il suo potere : intieri popoli erano ingolfati nella più crassa ignoranza, e troppo erano istupiditi per p
brillava sulle insegne delle legioni ; ornava le nozze e i funerali. Più tardi insanguinò i circhi e i teatri : avea sopra
747. Allorchè il Cristianesimo apparve sulla terra, il genere umano più non vivea, per così dire, che pei sensi. Il culto
vivea, per così dire, che pei sensi. Il culto, simbolo vano, non era più da veruna credenza rafforzato, e conservavasi per
legami colle istituzioni dello Stato. Ma la religione in sè medesima più non ispirava nè fede nè riverenza. I sapienti ed
ultimo altra religione non eravi in fatto che la voluttà ; e le sette più severe nella loro origine, degenerate fra breve d
ad età ; le pubbliche piazze, le vie, le campagne, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di e
e non è lecito a voi, o presidenti dell’impero romano, che, quasi nel più alto e cospicuo soglio, anzi quasi nella cima ste
sembra che scusata sia, vien caricata e convinta ; poichè qual cosa è più di lungi dall’equità, quanto che gli uomini abbia
esto mai fosse un bene occulto, non essendo loro lecito di sospettare più rettamente e più da vicino scrutinare. Qui solo l
bene occulto, non essendo loro lecito di sospettare più rettamente e più da vicino scrutinare. Qui solo la curiosità umana
ragione d’odiare è palese, allora niente si diminuisca quest’odio, ma più s’accresca e si perseveri in esso, operandosi cos
lasciamo trucidare ? Se non che, secondo la dottrina nostra, si stima più lecito l’essere ucciso che l’uccidere. È stato in
ndo ; e quasi avreste cercato a chi comandare. Sarebbero a voi rimasi più nemici che cittadini. Di presente avete meno nemi
dell’umano errore…. Ma proseguite pure, buoni presidenti, che sarete più accetti appresso il popolo, se a lui sagrificate
rvendo per allettamento ad abbracciare la nostra religione, che tanto più germoglia, quanto più da voi si miete, essendo il
o ad abbracciare la nostra religione, che tanto più germoglia, quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani
dunanze, e da ogni santo commercio. Presiedono alcuni buoni uomini, i più vecchi,151 i quali non con prezzo alcuno, ma per
enchè voi siate poco uomini, perchè siete cattivi fratelli. Ma quanto più degnamente si chiamano e stimano fratelli coloro
, che importa a te del come io me ne serva ?155 Sembrano a me i fiori più vaghi, mentre son liberi o sciolti, e vaganti per
nsi ; e se l’Arabia si lamenta, sanno i Sabei che le loro merci hanno più spaccio presso di noi, e migliore, servendocene p
: Calano di giorno in giorno l’entrate de’templi. E chi omai vi getta più un quattrino di limosina ? Ma noi però non siamo
, e prenda la limosina ; essendo che frattanto la nostra misericordia più spende per le strade, che la vostra religione per
speranza di cambiamento nei principj morali. Il sapere non procedeva più oltre, ma s’immiseriva ; e le arti decadevano. La
i soldati eran corrotti del pari che tutto il resto dei cittadini ; e più in là sarebbero andati, se i Goti e i Germani non
dopo lunghe guerre civili, e dopo un generale sommovimento da durare più secoli, la stirpe umana si sarebbe ridotta a proc
re. Il pudore e l’umanità non si annoveravano fra le virtù. La classe più numerosa era schiava ; le società ondeggiavano co
tenti coperti di cenere e di cilicio, quando le leggi autorizzavano i più grandi delitti contro i costumi ; eroi della cari
uale. Anche umanamente parlando, il suo passaggio sopra la terra è il più grande avvenimento che avesse mai luogo fra gli u
9 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
si è pensato di escluderne non solo quanto riguardar poteva la parte più sublime di questa Scienza, e non ancora a portata
essero potuto, benchè in minima guisa, ledere le caste orecchie, e la più pura morale de’ giovani studiosi. Ecco dunque nuo
one dagl’Iddj ad essi presentato, e che i Poeti, ed i Savj colle cure più sollecite avevano custodito1. I dotti si sono a m
rintracciare la sorgente di tali invenzioni : essi hanno azzardato le più plausibili congetture con fabbricare altresì de’
a fatta per darci le idee precise della favola, e lo sarebbero sempre più , senz’aver prima formato un quadro delle idee sud
invenzioni a capriccio immaginate. Le favole delle antiche nazioni le più illuminate appartenenti alla religione, formavano
o i nostri giovani lettori, se Giove, Giunone, e tanti altri non sono più Dei per noi : se la scienza della favola si è per
ori dell’ultima perfezione usciti dallo scarpello, o dal pennello de’ più valenti artisti. La Mitologia se più non ha rappo
lo scarpello, o dal pennello de’ più valenti artisti. La Mitologia se più non ha rapporti colla Religione, ha però un tempi
ero, è Nettuno sdegnato, che mette le onde in sconquasso. L’eco non è più un suono che rimbomba nell’acre, è una Ninfa, che
mo immediatamente la numerazione degli Dei, che riscuotevano un culto più esteso, e perciò detti Dii magni, Dii Consentes,
n primo luogo il Destino, dobbiamoper questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli
ge immutabile, privandolo della Divinità. Il Caos. Il Caos 3 è il più antico fra gli Dei. Egli fu l’Autore della separa
dispartìo ; E il passo aperto, onde esalasse il foco, Se ne volò nel più sublime loco. ……………………………… Abbiamo quì rapportat
traduttore. Il Cielo. Urano (parola che significa il Cielo) è il più antico degli Dei. Egli era il figlio del Giorno,
ia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una delle più chiare, e facili a spiegarsi. I Greci lo chiamaro
mezza, e solidità della terra(2). Giove. Giove era il primo, e’ l più potente degli Dei. Al solo inarcare del suo sopra
rdanza di tale vittoria. Cadde finalmente in questa guerra Briarèo il più terribile tra i Giganti, che aveva cento braccia 
ero colà nell’Egitto sotto le sembianze di diversi animali ; ma Giove più coraggioso abbattè col suo fulmine sì potente nem
la potenza di Giove, volle questi occuparsi del governo del Mondo, e più ancora de’ suoi piaceri, ai quali si diede in pre
aceri, ai quali si diede in preda sì fattamente, che la sua maestà fu più degradata di quello, che sarebbe avvenuto ad un u
on avvilire la sua dignità. Omero, che ci ha data fra i poeti un’idea più nobile di Giove, ce lo dipinge accigliato, colla
di farlo, se non a condizione, che gli si darebbe in isposa Venere la più bella fralle Dee. Oltre di Argo aveva Giunone al
ere seppellita viva all’istante. Apollo. Apollo fra gli Dei è de’ più celebri. Egli è il capo delle Muse, ed il Dio del
ia. Talvolta questo Dio annuncia ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediam
divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la forma di un giovin
ere. L’artista servendosi del marmo di Carrara ignoto ai Greci, ma il più atto a potere felicemente eseguire il suo pensier
to a potere felicemente eseguire il suo pensiero, e dare all’opera la più viva espressione, gli ha data un’aria fra la fier
igò la Terra a giurare di non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più fece nascere dal limo lasciato dalle acque un orr
a mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di questo Dio era in Epidauro, dove i Sace
o per qualche tempo della qualità divina, e lo cacciò dall’Olimpo. Il più amabile, il più saggio fra gli Dei fu costretto,
mpo della qualità divina, e lo cacciò dall’Olimpo. Il più amabile, il più saggio fra gli Dei fu costretto, per non perir de
Sole Lampetusa, Lampezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pio
ciurmadori. Triplice Ecate talvolta perciò la chiamavano. Era ella di più la Dea della verginità, e de’ parti. Come nacque
ano. Callisto figliuola di Licaone fu amata da Giove, che per sedurla più facilmemte, prese l’aspetto di Diana istessa. La
nere fu maritata a Vulcano, dal quale ebbo molti figli ; fra questi i più rinomati sono Cupido, Priapo, Imeneo, Dio che sov
Enea. e le tre Grazie1. La sua bellezza era tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed a lei in concorso di Pallade
no cogliendo dei fiori in un boschetto : Amore vantossi di esser egli più sollecito in raccoglierli : ed agile saltellando
uove attrattive. Giunone una volta la chiese in prestito per comparir più bella al suo sposo. I luoghi dove si esercitava i
lati Amoretti. Sul nascere di Cupido ognuno prevedeva, che sarebbe il più tristo fra gli Dei. Giove voleva obbligar Venere
giganti figli della Terra, che avevano un occhio solo nella fronte. I più conosciuti erano Bronte, Sterope, e Piracmone. Vu
e la sua figura è poco vantaggiosamente espressa, cioè, con una gamba più corta dell’altra, e con un martello alla mano, pe
n una gamba più corta dell’altra, e con un martello alla mano, per lo più assiso innanzi alla sua incudine. Vulcano ad onta
o impiego sulla terra, ne aveva non pertanto un altro nel Cielo molto più decente, qual’era quello di porgere il nettare ag
nascente città di Atene. I Dei decisero, che chi de’ due rendesse un più utile servizio alla nuova città, avesse tal facol
che se ne avvide. Mercurio per timore di essere scoverto gli donò la più bella delle vacche, che aveva involate : ma non f
di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in part
abbiamo già osservato le principali vicende di Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile di quì rapportarle. Egli sp
i, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava immobil
glie. Questo Dio non era sicuramente bello : la sua reggia non era la più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrov
si, cioè per dinotare l’opposto. Il loro aspetto avrebbe sgomentato i più intrepidi : erano macilenti, scarne, con lunghe s
della natura reale, e della natura immaginaria. Il di loro potere era più , o meno esteso. Essi avrebbero potuto senza dubbi
to umano, le cosce irsute, ed i piedi di capra. Il flauto composto di più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire di
ù canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di sua vita. Amò questo Dio Siringa n
grazia ottenne : ma si accorse ben tosto di aver ottenuto un dono dei più funesti. Allorchè volle mangiare, il cibo che acc
parte superiore fino al principìo delle cosce era in forma umana ; il più apparteneva al cavallo. Si crede nata l’invenzion
Chirone figliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il più saggio ed istruito tra i centauri. Celebri furono
le altre sfortunata : fu tale il suo dolore, che si ritirò ne’ siti i più solitarj, ed ivi fu cangiata in rupe. Sopravisse
nome. Divinità del mare. L’Oceano, e Teti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Ur
i suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia nacque Achille il più celebre fra gli Eroi della favolosa antichità.
erne. Quattro erano i principali venti conosciuti dai poeti. Borea il più impetuoso partiva dal settentrione. Egli rapì Ori
l’Oriente ; e Zefiro che viene dall’Occidente. Fra’ venti è questi il più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono
ela l’avvenire. I loro nomi erano Cloto, Lachesi, ed Atropo. Cloto la più giovane presedeva al momento della nascita degli
n offrivano voti, nè fabbricavano templi a questa Divinità, perchè la più dura, ed implacabile. Il Sonno. È annoverato
ene. È rappresentata in diverse guise or come Furia, or con sembianze più dolci : talvolta porta un velo sulla testa per di
a grande penetrazione, per indicare che la giustizia scopre la verità più nascosta. È rappresentata assisa sopra una pietra
to Dio ebbe a ridirci qualche cosa. Le corna del toro dovevano essere più vicine agli occhi per potersi difendere a colpo s
razie. Le Grazie eran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed assistevano al suo abbígliament
accompagnata da una fisonomia parlante, ed atta a conquistare i cuori più duri. Divinità allegoriche. Oltre le tante
semplici allegorie. I poeti, i pittori, gli scultori lor danno per lo più tali attributi per aggiungere naturalezza, e viva
corno dell’abbondanza con frutta di ogni specie, e fiori : ma per lo più vedesi appoggiata ad un’ancora. La Virtù, e l’
rometeo figliuolo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la potenza
della guerra, e dei delitti. Finalmente nell’età di ferro non potendo più gli Dei tollerare la perversità degli uomini, Gio
cia, ed in tale occasione per ostentare il suo fasto voleva quanto di più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque il
iù raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò di andare in cerca
ariis nomina fecit aquis, Ovidio. Minosse fu padre di molti figli : i più conosciuti furono Androgèo, Fedra, ed Arianna. Il
uti adulti i due germani, si distinsero nel valore, Polluce riuscì il più bravo fra gli Atleti, avendo ucciso il terribile
isgrazia di cadere, e diede il nome di Ellesponto a quel mare. Frisso più fortunato guadagnò l’opposta riva, e continuando
ccidere un mostro, che stava alla guardia di sì prezioso deposito. Il più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi
e. Ercole andò a fargli una visita, gli diede addosso, e lo stramazzò più volte ; ma come figlio della Terra ripigliava nuo
e si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. Ella è stata il soggetto
figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed esperto capitano, e disfece più volte Eteocle ; incontrò non ostante la morte all
ggere nel libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figli di
ste trovò Pilade figlio di Strofio, ed alla parentela unì puranche la più stretta amicizia, che divenne celebre. Dopo qualc
di dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pilade gli diede i più veraci segui della sua sincera amicizia. Avendo f
chiamata gittò un pomo di oro nella sala del festino, col motto alla più bella. Ecco sorgere una briga fra Giunone, Minerv
re. Giunone gli promose degli onori : Minerva la saggezza : Venere la più bella donna ch’ esistesse. La lite fu decisa a fa
cia per ordine di suo padre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena la più bella tra le donne di que’ tempi : se ne invaghi,
dalla Dea degli amori ebbe la fortuna di piacerle. Egli tentò un volo più sublime. Menelao marito di Elena er’assente : la
comede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia sua figlia. Ulisse il più astuto, e prudente fra i Greci s’incaricò di cond
ll’isola di Lenno : riuscì anche ad Ulisse di condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era di po
re. Si destò allora un bisbiglio fra i capi dell’esercito. Achille il più risentito giunse a minacciare Agamennone, che vin
e amava alla follìa. Montato in furie Achille giurò di non combattere più per la Grecia, se prima non si fossero vendicati
suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una tenzone singolare col più forte de’ Greci. Tal dimanda sgomentò i più bravi
una tenzone singolare col più forte de’ Greci. Tal dimanda sgomentò i più bravi : il solo Menelao accettò la disfida : ma n
metallo, sette tripodi, altrettante donzelle di Lesbo, e quel ch’era più , la sua cara Briseide. Queste grandiose promesse,
nto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accostato ad uno de’ più belli, quando sopraggiunse arditamente Ajace, per
orte data a Sarpedone re della Licia, obbliò l’ordine del suo amico : più voleva inoltrarsi, ma Apollo si oppose ai suoi pr
che divenne preda delle fiamme : volle inoltre, che quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gittati nel
dendo la cerimonia con immolare dodici prigionieri Trojani scelti dai più valorosi, ed appartenenti alle famiglie più disti
onieri Trojani scelti dai più valorosi, ed appartenenti alle famiglie più distinte. Poichè il fuoco consumò tutto, furono r
ne padroni. Fine della vita di Achille. Achille morì per mano del più vigliacco de’ figliuoli di Priamo. Quest’Eroe div
guinose battaglie, e degli Eroi, che diedero pruove non equivoche del più sublime coraggio. Abbiamo osservato in persona di
gura di un uccello, come altresì perchè si sentì animato da una forza più che naturale. Intima pel dì vegnente un’assemblea
apparisce in sogno a Nausicae sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le sue noz
figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più , che le sue nozze erano vicine a celebrarsi. Appe
nuova burrasca è stato gittato sul lido de’ Feaci, dove ha trovato la più sincera ospitalità. Dopo tale racconto, si ritira
o, strada facendo ricevè da Mercurio un’ erba, che lo garantiva dalle più funeste malìe. Ulisse al coverto di ogni pericolo
Laerte, che piangeva la perdita di un figlio, che credeva di non mai più rivedere. Restituito Ulisse a suoi stati, vi stab
i legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero nel di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi fingendo di scioglier
legno è un’offerta fatta a Minerva prima di partire per placarla : di più li consiglia ad introdurre questo colosso nella c
scirne divenuti già sposi. Ma Giove, che aveva riserbato quest’Eroe a più sublimi imprese, gli spedisce Mercurio che lo per
generale il principio è in riguardo alla morale. Noi qui esporremo le più conosciute. Bauci, e Filemone. Giove, e Mercur
si ancor essa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio di Dian
lo scellerato il suo cammino, e reca a Progne l’annunzio che Filomela più non esiste. Quest’ultima era rinchiusa in una tor
r un corso di Mitologia elementare. Potranno i giovani lettori in età più matura consultare i fonti, gli originali delle fa
ertutto veggonsi de’ capi di opera della pittura, e scultura, e della più ricercata architettura, che malgrado il corso di
ove può ampiamente spaziarsi l’ingegno degli eruditi indagatori della più remota antichità. Nel nostro suolo per l’appunto
a della loro città : giacchè quanto vi ha di grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tra
è quanto vi ha di grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per lo più dalla Religione ha tratto la sua origine, e contr
sua origine, e contribuirono all’accrescimento della grandezza Romana più gli altari a Giove innalzati, che la potenza degl
le patrie memorie sparse quà, e là in tanti libri, e scrittori per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiamo pr
di. A tale proposito abbiamo procurato di scegliere quello che pareva più plausibile, avendo dovuto aggirarci tra l’oscurit
tra l’oscurità dei secoli con andar quasi a tentone. Potranno in età più matura i Giovani amatori della storia Patria cons
vivere, diede il nome alla nostra Città. Fra le altre così dette, la più celebre credesi figliuola di Eumelo re di Fera in
città. Andò però quasi in disuso il nome di Napoli, ritenendo per lo più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire d
giore. Altri, e fra questi il Pontano, gli assegnano un sito alquanto più lungi. Itaque sepulchrum ipsum indicio est Parthe
o scolpito nel collo del toro ne’ sacrifizj a Mitra, cioè, al Sole, e più l’antichissima iscrizione P. Maevivs Evtychvs A
a, Capua, ed in tutta la terra di Lavoro per essere questo animale il più utile e necessario per l’agricoltura. Della varia
di questo tempio famoso. Il circondario del tempio della luna era il più rispettabile di Napoli. Colà a sentimento dell’ac
e parole taciti mystae di Stazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio, ed altri, era la presente
o che l’altro, è da supporsi che adorassero cotali Deità fin da tempi più remoti. Oltre a ciò essendo questi Numi immediati
te si conservano, mercè le provvide cure del Re nostro Signore. Il di più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla lettur
elope che vendette ai Trojani. 1. Marco Terenzio Varrone riputato il più dotto dei Romani, fa ascendere fino a trentamila
. Noi trattiamo in questo luogo del Caos, e del Cielo, perchè erano i più antichi degli Dei ; sebbene non fossero compresi
si può dire, che noi abbiamo perduto molto in questa parte. Di essi i più celebri sono Sotero, Eleuterio, Olimpio, appresso
iare il suo nome. 1. Tullio nel terzo della natura degli Dei ammette più Veneri ; la prima figlia del Cielo, e del Giorno 
concepir Marte senza di Giove. 1. Marte porta molti soprannomi, la più parte relativi alle armi, Armigero, Bellicoso ec.
ma è la statua di bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico, e più espressiva di quella che si ammira nelle ville Ne
gendone duc ai tre rapportati da Diodoro, e da Filostrato. Di essi il più famoso è il figlio di Semele conosciuto sotto il
figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere più bella di Giunone. La Dea per punirla di tale vani
visato il suo padrone saltellando, e dimenando la coda. 1. Niente di più favoloso quanto l’incontro di Enea con Didone, ch
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ai a lodarmi, i quali, come volle la bontà di Dio, di me presero cura più che paterna. Or fra essi senza fallo l’E. V. R. è
commetto non leggier fallo, secondo lo stile de’ moderni, allungando più del dovere questa mia dedicatoria ; pure, se non
e, sulle quali il tempo non istenderà mai il velo della obblivione. E più di ogni altro i Poeti colla soavità de loro versi
’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spenta ogni speranza di mai più trapassarli. Or se questi sovrani ingegni vivrann
non è mica agevole ritrovare una Mitologia che insozzata non fosse o più o meno delle turpi leggende degli antichi Pagani.
o che quel libro può porsi senza timore alcuno anche nelle mani delle più modeste giovanette. Quella Mitologia però era vol
Satùrno per fondatore di lor nazione e che nelle vene de’lor primi e più antichi signori era un sangue proveniente dal vec
rurgia, ma nella medicina ancora, nell’astronomia, nella musica ed in più altre scienze valse moltissimo. Egli abitava un a
valse moltissimo. Egli abitava un antro del monte Pelio, ove educò i più insigni Eroi che furono a tempo della spedizione
ere padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più di dieci anni. Fu loro uffizio principale, veglia
per significare le città che sono come la corona della terra. Per lo più si rappresentava con un disco in mano ; attorniat
ria favolosa di Giove. L’antica Mitologia contava molti Giovi ; e più popoli si davano il vanto di aver veduto nascere
vanto di aver veduto nascere questo nume fra loro ; ma i Poeti per lo più danno a’ Cretesi un tant’onore. Quindi il Sannazz
i nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al trono di Giove che sempre valevasi
o, con un vero fulmine il cacciò nell’inferno. Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza di Giove, che Capanèo, di Arg
amato κοσμος, l’ordine per eccellenza. Or fra tutte le create cose la più bell’opera fu l’uomo, da’ Poeti creduto di origin
principio del XX. libro dell’Iliade pone la sede di Giove nella parte più alta dell’Olimpo ; e nelle altre eminenze inferio
i una serenità perpetua. Quindi significa il cielo stesso, o la parte più alta e risplendente del cielo, dov’è la sede di G
o il nettare alla mensa di Giove, Vulcano, Ebe e Ganimède (4) ; ma la più celebre fu la bellissima Ebo (Ηβη, Hebe), Dea del
figli, Ilo, Assaraco, E il deiforme Ganimede al tutto De’ mortali il più bello e degli Dei, Rapito in cielo, perchè fosse
o di essa era il capo della Gorgone, del quale tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli di Giove. Ma convien racconta
hi circondati da orride selve e da straripevoli burroni. Di queste la più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua m
e la riguardasse. E qui comincia la celebre favola di Perseo, uno de’ più grandi figliuoli di Giove. XI. Continuazione.
zze con Ippodamìa, principessa greca di famosa bellezza ; e per farle più splendide, ordinò che ciascuno degl’invitati face
atus, a σπειρω, sero), de’ quali venuti a pugna fra loro rimasero non più che cinque, i quali aiutarono Cadmo nella fabbric
per far cosa grata a’ studiosi giovanetti. Stanco ormai Cadmo (2) di più cercare la sorella Europa, ed esule dalla patria
ero. E questi cinque aiutarono Cadmo ad edificare la città di Tebe, o più veramente la cittadella che chiamò Cadmèa (Καδμει
ro Minos, Sarpedone e Radamanto. Non vi ha forse nome nella Mitologia più grande del nome di Minos, che regnò nell’isola di
lo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo e più altre sue famose avventure, come sa chiunque ha l
nati dalla stessa sua madre (1). nulladimeno essi son chiamati per lo più Dioscuri (Διοσκουροι, i. e. Διος κουροι, Iovis fi
dizione degli Argonauti, della quale era egli col fratello Castore la più bella parte. Approdali erano quegli eroi nella Be
di due giovani con un berretto o cappello, sul quale era una stella ; più spesso però nelle statue o veggonsi a cavallo o c
ueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà ; il secondo, di natura più salvatica, è chiamato duro e feroce da’ poeti (2)
sica. Or Callisto, per odio di Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne che i
scendere sotto al nostro orizzonte. E come Artofilace o Boote, perchè più vicino al polo, sembra procedere con più lentezza
e Artofilace o Boote, perchè più vicino al polo, sembra procedere con più lentezza, è chiamato ora tardo, ed ora pigro da’p
Mirmidoni. Eaco (Αιακος, Aeacus), altro figliuolo di Giove, fu il più giusto principe de’ tempi suoi, e perciò si annov
à degli alberi e negli antri. Eaco li raccolse e diede loro domicilio più sicuro ed agiato ; e da ciò la trasformazione del
di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue virtù, dal buon genitore fu più amato degli altri fratelli, i quali n’ebbero invi
tta quella regione. Dopo Dardano regnò Erittonio, che Omero chiama il più dovizioso de’ mortali, e cui pascevano nelle prat
i Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico di quanti ne avesse la Grecia, e che per m
che per molto tempo era anche il solo(2). Fu fondato da’ Pelasgi, il più antico popolo della Grecia ; o secondo Erodoto, d
all’Italia, dall’Asia, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo splendore di que’giu
be a dire che siccome l’acqua supera tutti gli elementi, e l’oro è da più di qualsivoglia preziosa cosa, così l’Olimpico ce
ticati, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più di quattro secoli dopo la guerra di Troia. Da que
elebrare i giuochi olimpici, ed il nome del vincitore denotava per lo più ciascuna Olimpiade. Da questo tempo nella storia
erò teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più elevato del Campidoglio, per significare la maggi
i si saliva dal foro romano per ben cento scaglioni, che ne rendevano più maestoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, e
e e corone tutte di oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le più rare opere di scoltura vi era il cane che lambisc
ra vibra il fulmine a tre punte, e simili altre maravigliose cose. Fu più volte consumato dal fuoco, e più volte rifatto ;
e simili altre maravigliose cose. Fu più volte consumato dal fuoco, e più volte rifatto ; e l’ultima, da Domiziano, il qual
tri(2). E giunsero questi giuochi a tanta rinomanza che i Romani, non più per lustri, ma per giuochi Capitolini computavano
rvato e men lungo che comunemente esser non suole, per tenerne l’arco più rilevato. Agl’intendenti però sembra malagevole d
maggiore vivacità e fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di lui e di formare i giganti con più terri
are Giove con espressione più degna di lui e di formare i giganti con più terribile aspetto, mentre essi si scontorcono, e
hiamò gli antichissimi uomini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite delle ghiande, di cui si cibavano prima che
e, la cacciò dal cielo e mandolla a conversare cogli uomini. Giove in più luoghi dell’ Iliade si chiama l’arbitro della gue
andò prima la guerra di Tebe, e poi quella di Troia. Percui le guerre più che i fulmini e le inondazioni, vengono da Giove
lla nostra Dea, la quale vi avea un gran simulacro ; e niuna cosa era più rispettata nella Grecia che i Sacerdoti di Giunon
a Giunone, furono cangiate ne’marmorei gradini, del suo tempio(1). Ma più conto è l’odio di questa Dea contro i Troiani per
g. di Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuoli, de’ quali i più conosciuti furono Ettore, Deifobo, Polidoro, Elen
endiava Troia. Siffatto sogno gettò Priamo e tutta la sua Corte nella più grande costernazione ; si corre all’oracolo di Ap
l pomo d’oro, nel quale era scritto : Pulchriori detur  : diasi alla più bella. Fu questo il segno di fiera contesa fra le
Paride sentenziò a favore di questa Dea ; e d’allora in poi Minerva e più la nostra Giunone giurarono odio eterno a Priamo
vigare alla volta dell’Italia per farvi risorgere una Troia novella e più potente ; prevede la grandezza della posterità di
lla memoria i ricevuti torti, ed al paragone di Pallade, la quale per più lieve cagione avea fulminato Aiace, si crede vili
, siam costretti a credere ch’essi vollero dipingercela come l’essere più infelice dell’universo. Nulladimeno della sua gra
io, Giunone dovea un dì prender Roma a proteggere ; e che quivi a lei più che ad ogni altro nume si sarebbero resi grandiss
ta è quella che li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deu
e, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentiere arcuato di più colori che in tempo di pioggia si vede nell’aria
da Taumante, che in greco significa ammirabile, perchè non vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di a
iunge sì tardi che spesso li trova invecchiati ; alato al contrario e più veloce degli uccelli, quando vuole abbandonare la
i dalle donne greche ; il quale come le fionde (σφενδονη, funda), era più alto nel mezzo o sopra la fronte, e si andava res
erso l’estremità laterali, dov’erano i nastri per legarsi. Giunone il più dipingesi collo scettro di oro, qual Regina del c
e vedesi nella bellissima Giunone del Museo Pio-Clementino, una delle più perfette statue vestite che l’antichità ci abbia
ha gli occhi di bue. Appresso i Greci gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1) avere gli occhi di Giunone vuol
azione. E per uso di esso dipinse un’Elena, che rappresentar dovea il più perfetto tipo della bellezza ; percui copiò da pi
presentar dovea il più perfetto tipo della bellezza ; percui copiò da più sembianti quel che ciascuno avea di più leggiadro
la bellezza ; percui copiò da più sembianti quel che ciascuno avea di più leggiadro e perfetto. Terminata l’opera, e conosc
i. Giunone avea al suo servigio quattordici bellissime Ninfe(1) ; ma più che di ogni altra, ella servivasi dell’opera d’Ir
ana, e con siffatte piante ornavano le sue immagini. La vittima a lei più spesso sacrificata era l’agnella ; le vacche non
all’uomo. Si addormentarono essi placidamente di un sonno, da cui mai più non si svegliarono ; con che significò la Dea, ni
appena del cervello di Giove, si mostrò nella Libia, che credevasi la più antica terra del mondo e più vicina al cielo, com
si mostrò nella Libia, che credevasi la più antica terra del mondo e più vicina al cielo, come argomentavano dal gran calo
la mente, si finse ch’ella era nata dal cervello di Giove. L’opinione più comune è che Minerva sia stata fig. di Cecrope, p
e ed alle armi soprantende, e ch’era uscita del capo di suo padre. Ma più veramente volevano dirci i poeti, che le scienze
za e maestà di Minerva. Aiace di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il quale de’ consigli di l
celeste ch’è l’anima(4). Quindi nell’uomo tutte le cose, nelle quali più chiaro si scorge vigore d’intelletto ed un non so
ope, usavan gli Dei scegliere le città, nelle quali volevan essere in più special modo venerati. Nettuno fu il primo a veni
Nettuno, e per Minerva, le donne. La quale vinse per un suffragio di più  ; e però Nettuno adirato coprì di acqua il paese
innalzare in Atene una statua a Minerva Salutare. L’arte della guerra più che ogni altra apparteneva a questa Dea. Esiodo f
n Ermopoli Iside si credeva la prima delle Muse, e Platone dice che i più antichi canti si attribuivano a quella Dea ; e si
e tu, Oreste, somministrate le pruove ed i testimoni. Io sceglierò i più sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affider
che quando una donna a qualche Dea far voleva un’offerta, niuna cosa più accetta e pregevole credeva poterle dare che un b
a ninfa vestite di peplo ; e Teocrito loda Cerere dal peplo. Omero in più luoghi descrive or Minerva, or Teti, ed ora Vener
eti, ed ora Venere ornate del loro peplo ; e chiama quello di Venere, più fulgido del fuoco. Allorchè facevasi a Minerva l’
o un arazzo ricamato, non è agevole a definirsi ; ma l’ultima cosa è più verisimile. In quell’arazzo erano istoriate le pi
ma l’ultima cosa è più verisimile. In quell’arazzo erano istoriate le più belle imprese di Pallade, e principalmente la pug
raccolta e legata con una stringa, la quale sotto la legatura scende più o meno sopra la schiena o pettinata solamente o i
he questo appunto, cioè il colore glauco, è il colore degli occhi de’ più feroci e guerrieri animali, e perciò l’attribuiva
fica che guarda bieco, o con volto minaccioso e terribile ; così pare più verisimile che Minerva Glaucopide voglia dire Min
zò de’tempii nella Samotracia. I suoi nepoti andarono a Troia e nella più riposta parte del tempio di Pallade ch’era nella
o nel tempio di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo, se non se alla più anziana delle Vestali. Apollo o il Sole
o. Questo nume in cielo si chiama Febo, ed Apollo, in terra, e perciò più spesso Febo vuol dire il sole ; e Virgilio chiama
e l’isola Ortigia, che chiamossi Delo (da δηλος, manifestus), come la più appariscente fra le Cicladi, nel cui mezzo è allo
dicono i poeti della eterna giovinezza di Apollo, che dipingevano co’ più dolci colori della bellezza, e che non mai per vo
nto. Il lavoro vinceva la materia, perchè Vulcano vi avea scolpito le più vaghe e mirabili cose della natura. Sopra un tron
o a morire(2). Quindi cantò bellamente l’ Ariosto : Terrà costui con più felice scettro La bella Terra che siede sul fiume
destrezza ; ma il vento Zeffiro, per fare qualche sua vendetta, spirò più gagliardo e spinse il disco a colpire il capo di
ro, un bel monile di gemme al collo ed altri ornamenti ne facevano il più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti, d
gnuoli i quali nidificavano presso la tomba di lui, facevano un canto più soave che altreve. Aristeo che fu cagione della m
inome con preziosi doni ad Apollo. Ma nella favola di Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una gloriosa spedizione, per
o Crine, fece un tempio in onor dt Apollo, per ciò detto Sininteo. Un più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra,
tte di Troia ; e questa incendiata, toccò in sorte ad Agamennone, cui più volte disse che guardato si fosse dalle insidie d
le nel canto. Filammone, fig. di Apollo e della ninfa Chione, uno de’ più antichi Musici(1), ed il primo che istituì i cori
li antri ombrosi, soggiorno delle Ninfe ; fra i quali l’antro Coricio più d’ogni altro vasto e bellissimo, sì leggiadrament
nasso. Dirce era fonte e fiume che bagnava Tebe, e da cui Pindaro, il più sublime allievo delle Muse, appellasi cigno Dirce
madre legarono Dirce alla coda di un indomito toro. La quale così per più tempo miseramente strascinata, fu per compassione
i Dei e degli Eroi celebrati da’poeti, li tramanda alla posterità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta di p
alla poesia epica. Da Ovidio(1) si chiama la prima del suo coro e la più grande delle Muse ; come Orazio(2) la nomina regi
grande delle Muse ; come Orazio(2) la nomina regina, ed Esiodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si rappresenta in forma
icco delle dovizie di tutt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ più pregevoli monumenti delle arti(5). Livio racconta
, e non trovandosi tant’ oro che bastasse ; le donne romane diedero i più cari ornamenti per giungere al determinato valore
e balze ed i dirupi facevan le veci di mura, sicchè non era certo, se più mirabile fosse la natura del luogo, o la maestà d
dare di uomini e forte suono di trombe, rintronando le rupi, si udiva più grande e quasi moltiplicato il rumoreggiare ; il
voce che Socrate dall’oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tutti gli uomini. Omero(2) riferisce,
a bietola, di argento, e la rapa di piombo(3). Nè a Delfo solo, ma in più altri luoghi erano celebri oracoli di Apollo. In
ebbe i soprannomi di Arciero, di Ecaergo, o che colpisce da lungi, e più altri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi rag
. Così il Chiabrera(1) : Febo s’infiamma, e rimenando il giorno, Vie più la terra incende. Ed il Boccaccio(2) : Siccome f
Nel Museo Borbonico vi è una statua di Apollo detta da Winckelmann la più bella fra le statue di questo nume ; e la sua tes
urea di Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa, la quale è la più sublime fra le opere antiche che sino a noi si so
ra tutti gli altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande di quelli descritti dagli altri poeti. Il
n cima a cui sembra con bella pompa dalle Grazie annodata ». Queste e più altre parole ; nell’estasi della sua ammirazione
iosamente misto di agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede il più bello, il più attivo degli Dei, senza la morbidez
o di agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede il più bello, il più attivo degli Dei, senza la morbidezza di Bacco, e
ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione di una fiorente avvenenza che or
orientali il sole per gli uomini, e la luna per le donne esprimono la più alta bellezza. I suoi lunghi crini erano i raggi
; αργυροτοξος, dall’arco di argento ; εκαεργος, il lungi saettante, e più altri simili. Apollo Augur, certus, cioè, infall
a un giovane di Tessaglia assai amato da Apollo. Quest’oracolo era il più veridico dopo quello di Delfo. Apollo Cinzio, Κυ
versi dati a questa Dea e lor ragione. Le vetuste teogonie per lo più distinguono la Luna, Ecate e Diana, facendone tre
he in cielo, in terra e nell’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme ; E nelle selve di fere e di mostri Vai cac
e splendore. II. Storia favolosa di questa Dea. La Luna era la più grande divinità del paganesimo dopo il Sole, perc
Mitologi chiamavasi madre degli uomini e degli Dei ; e reputavasi la più antica Divinità ; percui era adorata dalla più pa
Dei ; e reputavasi la più antica Divinità ; percui era adorata dalla più parte de’popoli antichi. Oltre non pochi altri fi
no ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi credevano sepolto nelle più dense tenebre, e che lo stesso Omero ripone oltre
il quinto di Niso e di Esione. Cicerone(5)finalmente dice che abbiamo più Dionisii ; il primo nato di Giove e di Proserpina
perchè non faccia menzione di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or di tanti Bacchi i poeti hann
iulletto Bacco fra le braccia. Della molle bellezza del suo sembiante più cose diremo nell’articolo iconologico. Una nave(3
fini ; percui questi pesci pongono all’uomo grandissimo amore. Di che più esempii riferisce Luciano stesso e Plinio(2), fra
’ Tirii. Fu sua delizia il canto a suon del flauto, per cui era fatto più per le danze e per le sollazzevoli occupazioni ch
chiama dispregiatore de’ Numi e specialmente di Bacco, ed il dipinge più stranamente furioso, anzi feroce, che non fa Euri
isteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola nel Citerone a far mal gove
i amando starsene fra le mura paterne ed attendere a’donneschi lavori più che impazzare colle altre ed aver parte a’disordi
, mentre i pastori con festose carole e con canti facevan quel giorno più lieto. Anche da Eneo, fig. di Partaone e marito d
modo di coltivarla ; che anzi il vino chiamò οινος dall’ospite ; ma è più verisimile che la favola sia nata dal nome di Ene
utta l’Asia seguito da un esercito, di cui non erasi mai veduto altro più strano. Era esso composto di uomini e di donne, t
ed inchinati alla ubbriachezza ; o perchè il vino addolcisce le menti più brutali e feroci. Quanto poi al tirso, leggiamo i
conica, e dinotava pure il gambo di qualunque frutice. Ma in un senso più ristretto vuol dire un’asta di legno o bastone at
υξ, nox.). I Tracii le introdussero nella Grecia, e si contano fra le più antiche orgie di Bacco. A questa specie di orgie
cose sacre. Le feste di Bacco si chiamavano Baccanali, Dionisiache, e più propriamente Orgie, dalla parola greca οργη, furo
cavriuiolo detta nebide ; e portavano in mano il tirso. Il loro grido più frequente era l’acclamazione evoè (gr. ευοι, lat.
tre nature (τριφυης) ; o alle feste trieteriche. Questa cesta per lo più si vede mezzo aperta e pare che n’esca un serpent
io acceso Di quel Sol che in ciel vedete, E rimase avvinto e preso Di più grappoli alla rete. Ed in Ovidio(1) abbiamo che
he vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote, il q
attato in modo assai strano, e fra’ Centauri ed i Lapiti si accese la più sanguinosa pugna del mondo, che Ovidio(5) descriv
arti del disegno fecero a gara per raccogliere dalla natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo d
o fecero a gara per raccogliere dalla natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo di grazia potesse
veste lunga, colla barba, e giacente, come rappresentavasi il primo e più antico Bacco, secondo Diodoro Siculo. Sidonio Apo
nci, per indicare forse che la forza del vino doma ed ammansisce ogni più indomita natura. « Bacco, dice Millin, è rapprese
na pantera a’ piedi, il quale animale significa che il vino doma ogni più feroce natura(4). Nel Museo Romano(5) vedesi un b
a legge alcuna ; ma Laso, maestro di Pindaro, le ridusse ad una forma più regolare. In esse, volendosi in certo modo imitar
ni hanno che opporre. Da’ poeti ditirambici nacque il proverbio, aver più poco senno di un poeta ditirambico, per dinotare
utte le cose. II. Storia favolosa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili, era la dea della be
iluca. Dalla schiuma del mare adunque, dice Esiodo, nacque Venere, la più bella delle Dee, presso all’isola di Cipro, e por
raviglia di tutt’i numi. Giove volendo dare un compenso a Vulcano, il più deforme degli Dei, dell’ingiuria fattagli, quando
mitazione, ne hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Venere
anno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Venere non era altro
culto di quella dea. Essi dovettero in prima fermarsi a Cipro ch’è la più vicina alle coste della Siria, ed il culto di lei
piede in Italia e fondarvi il destinato impero ; Venere, per rendere più sicura la dimora del figliuolo in Cartagine, chè
, rende il mare tranquillo, ed Enea, dopo la dipartita da Cartagine e più altre avventure, scioglie le vele alla volta dell
imposto a Venere ed a Giunone di venire ad amichevole concordia e non più brigarsi de’ fatti degli uomini, Venere rinnova l
del Cielo ; ma comunemente si dice nato da Venere e da Marte. Per lo più si rappresenta qual fanciullo cieco, o cogli occh
Eufrosine, amante degl’ inni, e Talia, amica de’ carmi, figliuole del più potente de’ numi. Il fin qui detto dimostra che n
umero delle Divinità degli antichi alcuna non vi è che sia vestita di più amabili circostanze che le Grazie, dalle quali tu
e ogni altro è inutile, cioè, il dono di piacere. Perciò esse avevano più che tutte le altre Dee un gran numero di adorator
Vedi, caro Senocrate, di sacrificare alle Grazie ». Queste Dee per lo più si dipingevano nude e discinte, per significare c
creonte dice di loro che spargon rose a piene mani (ροδα βρυουσι). Il più si rappresentano quali giovani donne belle e ride
Il più si rappresentano quali giovani donne belle e ridenti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate di fiori
che le Grazie e Suada ornarono Pandora di aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori di primavera. Presso Omero le Ore sono
Romani chiamavan Talasio o Talasso, giovane romano, il quale sposò la più bella Sabina ed ebbe felicissimo matrimonio. Quin
el buon costume, e s’invocava il suo nome nelle nozze. « Alcune delle più belle Sabine rapite dalla romana gioventù, come d
empio assai frequentato. Il tempio poi eretto a Citera era tenuto pel più antico di quanti ne avea questa Dea nella Grecia 
spuma del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella
ua non solo di tutte le altre opere di quell’insigne statuario era la più bella, ma che in tutto il mondo non se ne vedea l
di Paride ». E finalmente sull’Erice, monte della Sicilia, fu uno de’ più ricchi tempii di Venere, che vuolsi edificato ins
unone. La Venere Vittoriosa (victrix) è adorna di un simile serto. La più bella statua di questa Dea, ma senza braccia e ch
oncorso de’ forestieri. Questa statua ch’era di marmo pentelico, è la più maravigliosa di quante ne vanta l’antichità. Luci
ta Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle statue di questa maniera. Invece del deifin
di quell’inimitabile pittore fu riposta la gloria maggiore. « L’opera più celebre, dice Carlo Dati, di questo artefice insi
degl’industri pennelli alzarsi dalle onde la bella figlia del mare, e più lucente del sole con folgoranti pupille accender
esimi di Coo, della quale fece la testa e la sommità del petto, e non più , e credesi che avrebbe vantaggiato la prima, ma l
tea meglio perfezionarsi che chiaramente mostrando non potersi passar più oltre da ingegno umano. » Fu in grande stima, dic
io di Venere Urania, non lungi da quello di Apollo. Questa Dea(1) il più si dipingeva a guisa di bellissima donzella che s
Adone accompagnato da’ suoi cani ; ora con Cupido e colle Grazie ; ma più spesso come uscente del mare sopra di una conchig
tella ciprigna chiamossi dall’ Ariosto il pianeta di Venere : Fra le più adorne non parea men bella, Che sia tra l’altre l
nciullo viverebbe sino a che non avesse veduto se stesso. Si risero i più del pronostico, che il fatto dimostrò vero ; pero
l’Egitto passarono certamente ai Greci. Ma qui è mestieri distinguere più Marti, de’ quali i Greci fecero un solo. Il primo
esi, dalla quale fu con accorto artifizio liberato da Mercurio. Nè fu più felice in un combattimento ch’ebbe a sostenere co
Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per volontà di Giunone(4), più risorse la contesa fra’ numi che tenevano pe’ Gre
ambi per mano della Dea distesi vergognosamente al suolo. Ma certo fu più ontoso per Marte il fatto di Diomede. Incoraggiav
), e, già prevalendo Ettore coll’aiuto di quel nume, Diomede, dopo le più mirabili pruove, era costretto a retrocedere, qua
ice Mad. Dacier, la quale è tutta dolcezza, tranquillità e pace, odia più di ogni altra cosa le sregolate e brutali passion
. Caro. Oltre a ciò gli epiteti che a lui si danno da’ poeti, sono i più atti a farcene conoscere il carattere. Omero ed E
ti interamente della vista della persona di lui ; nè fu poscia veduto più in terra. La gioventù romana prestò fede a’Padri,
ra. La gioventù romana prestò fede a’Padri, i quali, essendogli stati più vicini, affermavano, quello essere stato rapito e
arte in quelle contrade. Gli antichi Latini(2), prima che fosse Roma, più di ogni altro nume il veneravano ; e ciò per l’in
Romolo, ma perchè così dicevasi da’ popoli del Lazio. Quello poi ch’è più celebre nel culto di Marte è il sacerdozio de’ Sa
i chiamavano salisubsuli, voce forse foggiata dal poeta per esprimere più vivamente la sua idea. Livio(4) dice che Numa sta
che a colui che lo vincesse nella corsa del carro. Avea egli cavalli più veloci del vento ; e perciò tredici o diciassette
a vigilanza, col volto infocato, qualche volta colla barba, ma per lo più senza di essa ; sopra un cocchio tratto da cavall
lo. Spesso si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Mar
no Marte nell’atto di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la più grande idea di questo nume. Gli Spartani rapprese
ed anche con un mantello sulle spalle ; qualche volta barbuto, ma il più delle volte senza barba. VIII. Epiteti princip
devastatore delle mura, τειχεσιπλης ; e delle città, πτολιπορθος ; e più altri epiteti degni del nume della guerra. Anche
quanto poi all’origine della voce Mercurius, pare doversi trarre co’ più dalle merci (a mercibus), perchè era il nume che
curio intercede, vedremo quali furono le incumbenze di questo nume il più affaccendato di quanti mai vi ebbero Iddii nel ci
a in un dialogo di Luciano, dicendo che non v’era fra’ celesti aleuno più infelice di lui, (εν ουρανω θεος αθλιωτερος) per
1). La madre di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di essere più bella di Diana ; percui questa dea in una caccia
iede la prima idea della lira, che facevasi di tartaruga. Essa per lo più avea sette corde ; ed Ovidio (5) finge che Mercur
quasi sempre adoperato come messaggiero di pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e discordie. Con quella verga adu
colle ali a’ piedi, forse perchè il pianeta di Mercurio credevasi il più veloce fra tutti gli altri pianeti. Queste ali si
come un giovinetto di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle
elta corporatura, e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle statue di Mercurio è quella del Museo Pio-C
trovasi il cane, forse perchè fra tutti gli animali esso si reputa il più accorto e sagace. VI. Principali epiteti di Me
Romani e da quasi tutti gli antichi popoli ; percui si annovera fra i più celebri e vetusti Dei del gentilesimo. E ciò nacq
ne ; e finalmente, quando il resto della natura ci abbandona , allora più che mai qual madre affettuosa ci accoglie e ricuo
. Da Omero chiamasi alma Tellure genitrice, e madre degli Dei ; ed il più degli antichi credevano che l’uomo fosse fatto di
la Pizia investita dava gli oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più divina di quella esalazioni, le quali la mente mu
ella Dea Tellure vicino ad Olimpia. E qui è mestieri osservare che la più parte degli antichi oracoli erano collocati in lu
e, i paesi di scoscese montagne, e però piene di caverne, abbondavano più degli altri di oracoli. Tale era la Beozia, che,
ori. Secondo Esiodo (1) essi erano divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fu
Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di tremila anni, dimostrano la prima immagine ed
ava. Ma per sua mala ventura provocò anche Ercole, il quale l’atterrò più volte, ma invano, perchè la Terra, sua madre, gli
i l’arco ed il turcasso ch’egli ha gettato via nella zuffa per essere più libero. Qui non dobbiamo omettere i Centimani Bri
to, formato di varie cannucce con certa proporzione disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il qual
quello ad una canna (μονοκαλαμος), che ritrovò Mercurio ; l’altro di più cannucce formalo (πολυκαλαμος), di cui fu invento
Ed al dir di Ovidio (4), in fistola fu trasformata Siringa, una delle più belle Naiadi che abitavano un monte vicino a Nona
uomini l’idea della fistola e della sampogna, la quale (6) essendo la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio
) essendo la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio
eziandio la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più antica ; e per esser riputata la musica nobilissi
er Faunus. Ovid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico
si facevan sacrificii in ogni anno ; alle volte era uno stipite ; ma più appresso fu dìpinta con testa umana, ma senza bra
se che dettò loro le leggi (3). Di tutt’i luoghi della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale era t
ra Cerere, guarda per tutto e pure all’amico fonte di Ciane, la quale più lingua non avea da dire alla madre che cosa fosse
di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu altra più amica de’ boschi e della caccia. Mi dicevano bell
emo continuasse il suo viaggio. Il bue riputato era dagli antichi (1) più degli altri animali addetti all’agricoltura ; ed
devasi ministro di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astri più splendidi. Dal bue venne il nome di Buzige, Ateni
e celebravasi ogni anno nel tempo, in cui trebbiavasi il grano. Ma la più celebre era quella de’ misteri Eleusini, appellat
empio e non già nel santuario. Or non vi era in tutta la Grecia festa più celebre de’ grandi Misteri Eleusini da Cerere ste
sotto il venerando nome di misteri nascondevano quei ciechi Pagani le più colpevoli scelleratezze. VIII. Erisittone – Me
uto da Nettuno il privilegio di potere cangiar forma, si fece vendere più volte per soddisfare a’ bisogni del padre, il qua
vallo con due fiaccole in mano. Negli antichi monumenti figuravasi il più come una donna robusta, coronata di spighe, biond
in compenso del discacciamento dal cielo, tolse in moglie Venere, la più bella fra le Dee, o Aglaia, una delle Grazie, sec
, si fingono fabbricati da Vulcano e da’ Ciclopi, ed anche quelle de’ più illustri eroi. Esso diede ad Ercole la corazza d’
me opere di arte. Ma di tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più famosa è lo scudo di Achille descritto con arte m
l’opera e fabbrica uno scudo, di cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezzo di poesia che ci abbia conservata la gr
lito con una mazza. Allorchè Diomede, coll’aiuto di Pallade, fece le più mirabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sac
damente addormentossi. Allora Caco, invaghito di que’ buoi e scelti i più belli, ed attesochè le pedate avrebbero potuto mo
omolo, ch’era fuori della città, e nel quale si trattavano gli affari più rilevanti della repubblica. Fra gli animali poi e
era tre Diane : la prima, fig. di Giove e di Proserpina ; la seconda, più conosciuta, che nacque da Giove terzo e da Latona
di Dedalione, chiamata da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sdegnata la ucci
are da tanto flagello quelle contrade, Meleagro, già divenuto uno dei più valorosi eroi della Grecia, invita il fiore de’ g
e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo, padre di Achille ; ed oltre più altri la quanto bella, altrettanto valorosa Atala
 ; ma Diana ne allontanò il colpo ; nè quello di Castore e Polluce fu più felice. Lo strale che dovea ucciderlo, fu lanciat
o. Ma nella Tauride, paese della Scizia, pareva che Diana fosse stata più avida di sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii
ta e per essersi vantato che Diana stessa non avrebbe tirato un colpo più sicuro. Or eletto egli supremo duce de’ Greci con
si strinse un’amicizia si grande, che cresciuta coll’età fu una delle più famose amicizie della Grecia. Oreste intanto già
i continuo le grida della madre uccisa. I greci poeti non poteano con più vivi colori porre avanti gli occhi del popolo lo
o il soggetto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di Dian
mondo (2). In quella città adunque era il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed il più ricco che mai vi fosse stato
città adunque era il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed il più ricco che mai vi fosse stato sulla terra, noverat
e tutta l’Asia concorse ad ornarlo ed arricchirlo con quanto avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel mar
icchirlo con quanto avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e l
eti tanto al sole che alla luna assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono di Argento. In un’antic
i Troia ed arriva sino alla fondazione del regno di Sicione, forse il più antico degli altri tutti. Si osservi in fine che
κη, robustezza. Varrone annovera molti Ercoli, e Cicerone sei ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e di Alc
Enorme era la grandezza di quel mostro che avea sette teste, ed anche più , secondo alcuni. Dice Igino che il veleno di ques
al monte Caucaso. Virgilio(1) dice che Ercole uccise quel toro ; ma i più vogliono ch’ei lo portò vivo ad Euristeo. Tolse i
’eroe. Or dopo qualche tempo accadde che Deianira per conciliarsi vie più l’amore dello sposo, gli mandò per Lica, di lui s
porta qualche volta sopra un braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella di tutte le statue di questo eroe è l’Ercol
u fabbricata da Cecrope che primo diede divini onori a Giove ; e dopo più altri re salì sul trono Pandione, padre di Progne
a E trova il nido voto Successore di Pandione fu Eretteo, stimato il più possente principe di que’tempi ; per cui Borea, r
nissero della stessa lunghezza, ovvero tagliando loro i piedi, s’eran più lunghi. E finalmente essendogli riuscito di allac
te duci chiamaronsi i sette prodi contro Tebe (οι επτα επι Θηβας). Ma più famosa ancora è la seconda intrapresa da’discende
one. Ma nella storia favolosa ed eroica de’ Tessali non vi ha impresa più memoranda della spedizione degli Argonauti. Esone
o), perchè là giunti i due volanti eroi, fu loro disdetto da Giove di più inseguirle e quindi dovettero tornare indietro. A
o di troia. Ecco, dice Banier, un avvenimento che senza fallo è il più celebre de’ tempi favolosi ed eroici ; e che nel
di Paride ed il rapimento di Elena ; ora rimane a dire quel che tocca più da vicino la greca celebratissima spedizione cont
greca celebratissima spedizione contra l’infelice città di Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è qu
come una mera finzione, ma piuttosto come una copiosa raccolta delle più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque disti
 ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe di tutta la Grecia e che fu elet
istoria. Quindi è che il poema di Omero merita di esser tenuto per la più antica storia della Grecia, di cui i primi tempi
di Acasto, ottenne dagli Dei di poter parlare coll’estinto sposo non più che tre ore. Ma dopo siffatto tempo ricondotto Pr
Pelide, dal padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella delle Nereidi, nelle quali nozze fu dalla D
iolide, andò cogli altri duci alla guerra di Troia. Di lui non vi era più forte e prode guerriero, siechè da Omero chiamasi
re misura, si ritira sopra le navi con tutta la sua gente e ricusa di più combattere pe’ Greci. Noi dobbiamo a quest’ira fa
ci. Noi dobbiamo a quest’ira famosa, dice uno scrittore, l’Iliade, il più antico ed il più ingegnoso de’poemi conosciuti. A
a quest’ira famosa, dice uno scrittore, l’Iliade, il più antico ed il più ingegnoso de’poemi conosciuti. Achille si rinchiu
to sì caro che l’amicizia di Patroclo e di Achille si annovera fra le più conte della Grecia. Egli disonorò la vittoria col
o non vi restò che il solo nome(1) ; nome che ha reso immortali i due più insigni poeti che abbia mai veduto il mondo, Omer
atremare la terra ; e perchè dopo Giove, Nettuno era il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa
« Egli ha fatto tre passi, dice il poeta, ed al quarto giunge sino a’ più lontani lidi. Dal seno delle profonde lor grotte
h’era simbolo della pace. Per tutto ciò Nettuno è stato uno degli Dei più onorati del paganesimo ; ed Erodoto asserisce ch’
e venne la notizia da’ popoli della Libia che il riguardavano come la più grande loro divinità. Nella Grecia, in Italia e s
ettuno. E con siffatti nomi invocavansi nelle tempeste dal naviganti. Più antico dello stesso Nettuno era Nereo, fig. del P
buita a Proteo ed a Glauco da altri poeti. Secondo Apollodoro, il suo più ordinario soggiorno era il mare Egeo, ove lietame
n alcuni antichi monumenti. Esse finalmente si rappresentavano per lo più a foggia di donzelle avvenenti, co’capelli intrec
intrecciati di perle, sopra delfini e cavalli marini, portando per lo più in una mano il tridente di Nettuno, e nell’altra,
luvio di Deucalione, Proteo guidava il suo gregge sopra le cime delle più alte montagne. V. Iconologia di Nettuno. N
one di Nettuno è alquanto diversa da quella di Giove, avendo la barba più increspata, ed essendovi una considerevole differ
nchiglia, tirato da cavalli marini, e col tridente in mano. Una delle più belle statue di questo nume in piedi è quella del
li magici farmachi fu essa nella metà inferiore del corpo cangiata in più rabbiosi cani marini che orribilmente latravano.
. Si diceva pure Ταρταρος, il Tartaro, pel quale intendevano il luogo più profondo dell’inferno, immaginato da’ poeti nel c
ell’inferno. Fu chiamato Orco da ορκος, giuramento, perchè non vi era più santo ed invidiabile giuramento che quando giurav
e magnifiche che fecero dire a Diodoro Siculo che gli Egiziani aveano più cura de’sepolcri de’morti che de’palagi de’vivi.
alo in mezzo all’acqua che fugge e che quando è già presso al labbro, più avviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’emp
a, ed altri nel centro della terra accanto al tartaro ; ma l’opinione più comune li pone in alcune isole dell’Oceano dette
avendo il capo inghirlandato di mirto. Meglio però Virgilio (2) e con più lodevole filosofia ci pone avanti gli occhi la fe
etti e donzelle, ma magnanimi eroi, di sangue divino e nati in secoli più felici, vivono tranquilla e beata vita, e gli stu
ra il felice soggiorno de’ buoni o i Campi Elisii. IV. Descrizione più particolare di alcuni luoghi dell’ Inferno. P
cata l’ombra della consorte Euridice. Ma l’Averno di Virgilio ch’è il più celebrato da’ poeti, è quello della nostra Campan
lutonii ; che in quella contrada erano i Cimmerii e le lor grotte ; e più altre simili cose. Ma che poi, per ordine dell’im
che loro offre. In alcuni siti ha 180 piedi di profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso e lugubre, col quale cel
l’altra, la celebre grotta della Sibilla Cumana. Infine non vi è cosa più pittoresca che l’aspetto di questo lago che gli a
ed il Flegetonte ; e lo Stige, per essere assai torbido e limaccioso più ad una palude rassomiglia che ad un fiume. Il Coc
re la loro riposta sapienza ; e che quanto poteano vantare i Greci di più ammirabile, tutto l’aveano attinto da’loro sacerd
i Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel modo stesso che i due prim
seppellire i morti e di rendere loro gli altri funebri onori. Ma pare più conveniente il dire ch’egli fu riguardato come Di
i immortali. Ed Omero ha detto che Plutone fra tutte le divinità è la più formidabile a’mortali. Properzio il chiama padre
per base i fenomeni celesti. E veramente Esiodo nella Teogonia per lo più chiama gli Dei figliuoli dello stellato cielo ; e
), e ciò per una sua proprietà, che una volta reciso, non rinasce mai più , simbolo della vita umana che quando giunge al su
ta umana che quando giunge al suo tramonto, non vi è speranza che mai più risorga. Nella Grecia era generale l’uso di ornar
gli Dei tutti e lo stesso Giove ubbidiscono, e che le Parche possono più che tutt’i celesti numi. Esse erano tre, delle qu
bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della più risplendente e lucida porpora. Baticlete sulla ba
vacca nera e sterile(1), in segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa Dea era il papavero, come l’e
11 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
ressochè tutte a rinovazioni e progressi andar soggette ; onde sempre più raffinate comparveto e degne d’ammirazione ; non
e fosse da risguardarsi come a tale grado di perfezione ridotta ; che più non abbisognasse di lavoro alcuno. Tale per certo
re l’uomo erudito ; e capace di ravvisare molti preziosi avanzi della più rimota Antichità. Di fatti se nell’ applicarsi a
e suole guidare agevolmente il nostro intelletto all’acquisto di ogni più sublime e difficile cognizione ; questa esattezza
terrompere il filo della lettura, si ragiona ; nella seconda gli Eroi più celebri vengono indicati, e degli altri ancora co
oi più celebri vengono indicati, e degli altri ancora con Note per lo più si fa parola ; nella terza finalmente trattasi de
mo a svellere dal cuore il vizio, e a spargervi in vece il seme delle più nobili virtù ; ma quali e quanti non sono poi i r
Il Fisico col mezzo dell’allegoria ebbe a vedervi indicati gli arcani più sublimi della Natura ; il Politico vi ritrovò le
icati gli arcani più sublimi della Natura ; il Politico vi ritrovò le più raffinate direzioni de’ Governi ; chi vi riconobb
finate direzioni de’ Governi ; chi vi riconobbe espressi i lumi della più pura Morale, e chi l’Istoria funesta degli errori
inari. L’Uomo volontariamente divenuto cieco di mente in mezzo a’ più evidenti lumi della naturale ragione, ed empiamen
ei cadde, che non isdegnò di ammettere con apertissima contraddizione più Nature Divine, nè ebbe in orrore di tributare all
contraddizione più Nature Divine, nè ebbe in orrore di tributare alle più vili creature quel culto, che soltanto dovea al C
mero de’ falsi Numi ascendeva a trenta mila ; e Plinio soggiunge, che più Dei si adoravano da’ Gentili, di quel che uomini
paese determinato e senza particolare culto, tuttavia in certi luoghi più spezialmente si onoravano. Gli altri poi non eran
le loro esimie gesta meritarono di essere annoverati tra gli Dei(d). Più verisimile però sembra ad Arnobio, che i Romani,
omaggio versò sugli altari di lui sangue umano ; e i padri stessi col più feroce furote si videro talvolta guidare all’ ara
de(b). Come tale si teneva per moglie d’ Osiride(10), e per una delle più grandi Divinità dell’ Egitto. Da Iside e da Osiri
uo connazionale, la quale fralle giovani di Festo si decantava per la più bella. Teletusa, conoscendo l’ impossibilità di t
tale sposalizio, usò ogni studio per trarlo in lungo ; ma non potendo più differirlo, si recò colla figlia all’altare d’ Is
so. Uscì finalmente la madre dal tempio. La seguì la figlia con passo più franco del consueto, e s’ avvide ch’ era divenuta
tterrò la quercia ; a cui era affissa la vita di Sangaride ; e questa più non esistette. Ati voleva allora per disperazione
redetto a’ Romani, che il loro Imperio sarebbesi conservato, e sempre più accresciuto, qualora avessero potuto trasferire a
o si arrestò alle foci del Tevere, nè v’era forza sufficiente a farlo più oltre avànzare. Finalmente Claudia, una delle Ves
oli avevano altresì dichiarato, che Cibele fosse ricevuta in Roma dal più onesto cittadino. Tale fu riputato Scipione Nasic
scuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa di ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a loro capriccio, ed an
apriccio, ed anche liberamente usavano delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste era quello di ott
mari girasse Cerere prima di ritornarsene in Sicilia. Non le restava più luogo ad esplorare nell’ Universo ; sicchè abband
. L’ avea veduta Ascalafo, partorito ad Acheronte da Orfne, una delle più celebri Ninfe dell’ Averno. Colui palesò il fatto
cidente (c) ; finalmente si andava con gran pompa da Atene ad Eleusi, più volte fermandosi, cantando inni, e sacrificando (
ano l’ interno, e loro dopo un anno si concedeva di poter conoscere i più occulti riti e ceremonie di tali Solennità. L’ini
quale non deponevano, se non quando era divenuta lacera, nè si poteva più usare (e). Altri poi dicono, che la stessa veste
dettò al genete umano. Queste Feste per quattro giorni si facevano in più città della Grecia, e con maggior pompa d’ogni al
bianco, ed erano obbligate a vivere tre o cinque giorni innanzi nella più esatta continenza. Unito ad esse eravi anche un S
a. Elleno finalmente facevano de’ sacrifizj, ne’ quali osservavano il più rigoroso silenzio (c). Le Proerosie o Prerosie, c
ora questo ed ora quell’ aspetto per alimentare il padre suo, sempre più affamato. Si scuoprì alfine l’artifizio, nè più v
il padre suo, sempre più affamato. Si scuoprì alfine l’artifizio, nè più vi fu chi comperasse Metra. Erisittone allora dis
zidetti Giganti, onde lo scacciassero dal Cielo. Coloro, perriuscirvi più facilmente, posero uno sopra l’altro i tre monti,
gli avea fatto conseguire in moglie Ippodamia, figlia di Enomao, come più diffusamente vedremo. Altri vogliono che sieno st
a condannavano ad essere spezzata, e giudicando che il bue non avesse più a sopravvivere, di comune consenso lo sacrificava
mine Diale. Questa dignità s’instituì da Numa Pompilio (b), ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato,
va piede nella’ di lui casa, o si gettava a’ di lui piedi, non andava più soggetto la meritato supplizio. Non era permesso
che ciò facevano ; ed altri dalle beneficenze, ch’ egli conferiva. I più celebri sono questi : Padre, Re, Statore, Erigdup
nia ; e però tenuto dagli Antichi per lo stesso Cielo(b). Giove sulla più alla pendice di quel monte radunava sovente a con
. Gli Ateniesi fabbricarono a Giove Olimpicò nella Città d’Olimpia il più magnifico tempio, che fu chiamato il Trono di Gio
, che quella si sarebbe chiusa, qualora vi si fossero gettate le cose più preziose del paese, v’ avea gettato gran parte de
ze, ma inutilmente. Ancuro allora, avvisandosi non poter esservi cosa più preziosa della vita dell’ uomo, diede un addio al
Strabone dice, che questo Oracolo fu instituito da’ Pelasgi, popoli i più antichi, che abitarono la Grecia (b). Altri soggi
avea la forma di navicella. Questo Nume ivi avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle di ariete gli cuopri
rsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere alle di lui istanze, uccise un ariete,
ò sia, certo è, che non v’ebbe Oracolo, cui si facesse rispondere con più solennità, quanto quello di Giove Ammone, ma i su
itto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche in Roma
presentò amendue le pelli al Nume, affinchè si scegliesse quella, che più gli piaceva. Scelse Giove la pelle piena delle os
i(35), o i, tre Cabiri(36). Giove rappresentasi in varie guise, ma la più comune è sotto la figura di maestoso personaggio,
ea ricondotto Semele sulla terra(b). Tralle altre gesta poi di lui la più celebre è la sua conquista dell’ Arcadia e della
omi. L’uso delle Ceste mistiche(10) in queste Feste era solenne assai più che in quelle di qualunque altro Nume(a). Le pred
no, di Demofconte, re d’ Atene. Oreste, avendo ucciso sua madre, come più diffusamente vedremo, per purgarsi del suo delitt
e, e se ne invocava la protezione. Finalmente sulla cima degli alberi più alti e più vicini alle stesse vigne attaccavano c
invocava la protezione. Finalmente sulla cima degli alberi più alti e più vicini alle stesse vigne attaccavano certe figuri
n tempio in Bassata, borgo della Lidia(a). Tra’ Sacerdoti di Bacco il più famoso fu Coreso. Questi divenne tale per l’amore
o, fu condotta la Principessa all’altare ; ma Coreso, accesosi allora più d’affetto che di vendetta, rivolse contro di se m
pure sacra a Bacco una quantità di vasi, atti a contenere il vino. I più famosi però erano i Colatoi Vinarj(a). Questi era
comando di Giove, giovane Jerace svegliò Argo. Mercurio, non potendo più allora verificare di nascosto il suo furto, uccis
ndetta, sì furibonda dette la gioventa, che questa prese a correre in più parti della terra, finchè si precipitò alla fine
posero di gareggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse per compire più presto la sua opera, avesse a ricevere dall’ altr
none fece perire Sida, perchè anche questa erasi millantata di essere più bella di lei. Benchè Giunone non sia quasi mai vi
uali si contraevano le nozze in maggior quantità, perchè si credevano più felici (c). Fu detta Curite (d) o Quirite, perchè
ricorsero le donnè Sabine, perchè dopo il loro rapimento non potevano più partorire. Un augure sacrificò un becco. Colla pe
empre una forte resistenza. Citerone, re di Platea nella Beozia, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse u
cipali città, della Grecia preparavano una statua di legno, adoma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel giorno della Festa una
dette Callistie, perchè elleno disputavano della loro bellezza, e la più avvenente riportava una palma (c). Giunone diping
colà confinate. Uscì quindi dalla sua Reggia per visitare le viscere più profonde della Sicilia. Quivi lungo le rive del l
oglie(a) (23). Plutone prese altresì ad amare perdutaniente Leuce, la più bella delle Oceanidi. Rapì anche quella, e la con
sommo Dio de Mani (e), sotto il qual nome s’intendevano i morti, come più diffusamente vedremo in altro luogo. A Plutone Su
come a quelli, i quali eglino non aveano mai veduto, o non orano mai più per vederli. Per tre giorni si celebravano con og
uello avesse dovuto penetrare fino nel regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dice Diodoro Siculo(h), era il toro. Q
e del di lui Regno sono talmente custodite, che chi v’ entra, non può più uscirne(b). Egli finalmente viene tirato in un ca
elo. Avvenne poi, che Giove fulminò Esculapio, figlio d’Apollo, conte più diffusamente vedremo altrove ; e Apollo per vende
i di nuovo all’Olimpo, e fu venerato come una Divinità (e). Il tempio più famoso, che gli si fabbricò, fu quello di Delfo (
in versi. Il violento entusiasmo costava gran fatica alla Pitonessa ; più giorni eranle necessarj a riaversene ; e bene spe
quel tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle donne doveano avere più di cinquanta anni(b). Tralle medesime sono celebr
rame. Questa semplicità non durò lungo tempo, e vi si sostituirono i più preziosi metalli. Gige, re della Lidia, fu il pri
loro patria da’Pisistratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato proposto d
un buc per le mosche, le quali sazie di quel sangue volavano via, nè più vi ritornavano(a). Augusto dopo la vittoria, che
di Primavera sino all’ apparire delle Plejadi. Per testificare sempre più la loro venerazione al Nume, gli spedivano ogni a
e una pianta d’incenso. La maligna Clizia poi dovette pagarne il fio. Più non la degnò Febo de’suoi sguardi, e fino da quel
condo lo stesso Apollodoro sette figli e sette figlie(g). Questa è la più comune opinione. Siffatta copiosa prole tendette
stata colei, non dovea essere posta a confronto di chi ne avea assai più . Se ne querelò Latona con Diana e Apollo, i quali
consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiunse, che prende
ollo, come Dio della Musica, abbia avuti molti figliuoli, tra’quali i più rinomati sono Lino, nativo della città di Tebe ne
lto si distinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana spruzzò di quell’acqua
che colui ne sia stato così punito, perchè ebbe la vanità di credersi più abile di Diana nell’arte della caccia (c) (2). Nè
a di Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi più bella di lei. L’infelice per tale ferita morì (b)
che quando facevasi qualche promessa nel tempio di Diana, non v’avea più maniera di dispensarsene. Scrisse sopra un bellis
quello un castigo del trascurato giuramento, e per non esperimentarlo più a lungo sposò Aconzio (a). Melanippo, figlio di M
un tempio di Diana la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a lei col più stretto vincolo di cordiale amore : e perchè egli
fanciulla. Per un secolo si rinovò ogni anno questo sacrifizio (b). I più cari a Diana furono Endimione, figlio di Calice e
al vederlo fuggì, e il Nume non cessò d’inseguirla. Ella, non potendo più reggersi, implorò la protezione di Diana. Questa
ri certi sacrifizj al tempio di Diana, e divenute gravide, nè potendo più usare della loro consueta cintura, la consecravan
liberazione del predetto Oreste e d’ Ifigenia, della quale si parlerà più diffusamente altrove. La ceremonia consisteva nel
telli, coronati di fiorì, e pieni di rarj doni, e tra questi eranvi i più belli lavori, formati coll’ago. Ciò facevano per
ata sotto il nome di Ortia, sì aspramente fla’ gellavano con verghe i più nobili giovinetti, che questi sempre si ritraevan
che la predetta Sacerdotessa, non potendo sostenerlo, comandava, che più fortemente si flagellasse. Tanta barbarie finalme
(a). Ecate oltre gl’ indicati tempj n’ebbe molti altri. Tre furono i più famosi, erecti a lei sotto il nome di Diana : l’u
ellezza, le quali erano state erette da altrettanti Re (c). Serse, il più fiero nemico de’ Greci, e il quale avea incenerit
tirato da bianchi servi (f). Venere. ALcuni Antichi parlano di più Veneri. Platone ne riconobbe due, Venere Urania,
ricercò in isposa ; ma finalmente fu data in matrimonio a Vulcano, il più brutto di tutti gli Dei(g). Venere fu particolarm
e d’Idalia(b) ; in Citera, Isola dell’Arcipelago, dov’eravi il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città di Cari
Patercolo, e moglie di Fulvio Flacco, come quella, ch’era la donna la più pudica di Roma(f). Venere Verticordia al tempo di
ne avea pure sopra un monte presso Napoli. In esso eravi la statua la più bella di questa Dea, che si fosse fatta da Prassi
rj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro era per formare la più bella Venere. Quella d’ Alcamene secondo il gìudi
città vennero celebrate in onore di questa Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri erano quelle dell’ Isola di Cipro, introd
, ossia la Festa della partenza, quando vedevano, che sulle loro rive più non comparivano le colombe. Pensavano, che Venere
dell’ Africa Venere e le colombe ; guidate da una porporina, e molto più bella delle altre, se ne ritornavano in Erice(a).
re assoggettata a tale cangiamento ; perchè si vantò d’aver i capelli più belli della steasa Dea(c). Altri soggiungono che
è Cencride, madre di lei, si milantava d’avere in Mirra una figliuola più avvenente della stessa Venere(d). Altri finalment
e lungo tempo. Parve alla Ninfa, che Selinno scemasse in bellezza, nè più il guardò. Così se ne afflisse il Pastore, che mo
Anasarete per altro lo sprezzava e derideva. Egli, stanco di tolerare più a lungo siffatto martirio, attaccò una fune alla
a Licurgo, figlio di Pronace, e re di Nemea (c). Tra gli ustelli il più caro a Venere fu la colomba. Dicesi, che la Dea a
. Il di lei figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori di sua madre. Venere prese a gareggiare sec
sempre bianca. Il mirto pure era grato a Venere, perchè nasce per lo più lungo le sponde del mare, dond’era nata la Dea ;
nte una bevanda, che gli fu data da Meti. Secondo un’altra tradizione più seguita, e citata da Pausania(a), la di lui madre
. Nettuno amò anche Pirene, figlia d’Ebalo, o del fiume Acheloo, come più comunemente si crede, e la rendette madre di Lech
madre di Leche e di Cencreo(5). Molti figliuoli nacquero a Nettuno. I più rinomati sono Nereo(6), Proteo(7), Glauco(8), Anc
esia, v’introdussero lo spettacolo della caccia, in cui comparivano i più rari animali. Questi giuochi servivano d’epoca a’
Solone si fissò a cento dramme. I Romani v’assegnarone de’doni ancor più ricchi. Tre volte si cantava in lode del vincitor
sola Atlantica un magnifico tempio, ove l’oro, l’argento, e gli altri più preziosi metalli d’ogni parte vi risplendevano. A
(e) (1). Moltissimi altri nomi furono dati a Minerva, e tra questi i più noti sono Alea, Boarmia, Partenia, Ergane, Scirad
o da un portico, sostenuto da molte colonne, e si poteva dire uno de’ più magnifici tra tutti i sacri edifizj dell’antichit
isgustarono i simboli, espressi da Aracne nel suo arazzo ; nè potendo più frenare la collera, si avventò contro Aracne, e l
o Poliade. Il tempio, che Minerva Poliade aveva in Trezene, era della più remota antichità, e fabbricato sopra una rupe. Vi
he quella delle due anzidette Deità, la quale avesse prodotto la cosa più utile alla mentovata città, la avrebbe anche dato
uenti si solennizzavano con ogni genere di giuochi ; il quinto era il più festivo, e si faceva in quello per la città una m
ricamo, d’oro, senza maniche, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili di questa e delle altre Divinità(a) (7
(11). Una figlia di Coroneo, Principe della Focide, era richiesta da più personaggi in moglie. Lo stesso Nettuno se n’era
in moglie. Lo stesso Nettuno se n’era invaghito, e in varj modi avea più volte procurato di conciliarsi il di lei affetto.
inoltre trattavano allora a convito i servi per eccitarli a prestare più pronto il loro servigio (b). Le Armilustri erano
arte, erano il lupo a cagione della sua ferocia ; il cavallo, come il più bellicoso tra tutti gli animali ; la pica e l’avo
r varj mesi lo tennero rinchiuso in una gabbia di bronzo. Non avrebbe più riacquistata la libertà, se la bel Eribea, matrig
arte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di Filippo, era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la sta
tre in opera il predetto metallo(c). Questo Nume ebbe molti tempj, il più antico de’ quali fu quello in Mena, città d’ Egit
Il Caos al dire di Esiodo(a) fu il principio di tutte le cose. Ovidio più chiaramente lo definisce per quel miscuglio rozzo
condo alcuni due occhi, e tre secondo altri(m). Gli altri Ciclopi poi più rinomati furono Arge, Bronte, Sterope(n), Piracmo
e insigne(p). (6). I Poeti ci descrivono il Tartaro come il luogo il più profondo dell’ Inferno, e ricolmo d’atrocissimi t
i sostenevano, si dissero Gladiatori da gladium, spada, di cui per lo più facevano uso. Quando l’offeso alzava il dito e ab
dagl’ Italiani Occasione. Questa però non presiedeva che al tempo il più conveniente a fare qualche cosa. Rappresentasi co
rima egli una tazza di vino puro, indi ne faceva gustare agli astanti più vicini all’altare, e finalmente ne versava il res
poteasi conseguire dal lume ordinario della natura. Niente v’ebbe di più opportuno, quanto gli Oracoli, per alimentare la
li Oracoli pero non tutti si riputarono egualmente veridici, e solo i più antichi per più lungo tempo si mantennero in gran
non tutti si riputarono egualmente veridici, e solo i più antichi per più lungo tempo si mantennero in grande riputazione.
inquieto intorno all’avvenire, cercò in tutti i tempi di penetrarne i più profondi secreti. Fu quindi trovata la Divinazion
a cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza di lui tosto lo fece. Più nomi appresso i Romani si diedero agl’ Indovini,
evano un Collegio di tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio d’età n’era il capo, echiamavasi il Maest
o augurio ; se poi correvano rapidamente a sfamarsi, ciò prometteva i più fortunati eventi. Nè quì si restringevano tutte l
vano all’osservazione de’fulmini, si dicevano Fulguratori, ed erano i più stimati di tutti(a). Solevano parimenti gli Augur
anti viscere all’Aruspice, onde vi facesse le sue osservazioni. Colla più accurata attenzione si esaminava, se le viscere e
e leggi contro i professori di essa, e benche il tempo n’abbia sempre più manifestato l’inganno, con tutto ciò qualche sent
umi(o), da’ quali presero anche il nome di Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a), figlia del Sole e di Neera(b).
he furono quattro, l’Eritrea, la Samia, la Sardica, e l’Egizia(d). Il più comune parere però e quello di Varrone, il quale
oi accadeva, che il vento all’aprirsi della porta le dispergesse ; nè più ella le rimetteva nell’ ordine primiero donde nas
il silenzio e l’oscurità di que’ recinti fossero opportuni a rendere più rispettabili gli esercizj di Religione. Ivi s’inn
lle foreste, nè altro piacere coltivava che quello della caccia sulle più alte montagne dell’ Arcadia. Giunsero colà i due
pomene videsi non molto dopo perdente, gettò fuori di strada e quanto più lungi potè uno de’ pomi, ricevuti da Venere. Avid
l pigliare anche quello : ond’è che rimase alle spalle d’Ippomene, nè più gli contrastò il trionfo. Ippomene sconoscente ob
erpenti, detti anche Dragoni, si tennero da’ Gentili tragli animali i più sacri e misteriosi. Vennero spesse volte stabilit
ano pubblici spettacoli, i quali appartenevano alla Religione. Per lo più si celebravano o per onorare i Numi e gli Eroi, o
gere i costumi dell’ animo (f). Quasi tutti erano dedicati ad una o a più Divinità, e quindi non s’intraprendevano senza pr
Tragedia e la Commedia. Finalmente per rendere questi Giuochi ancora più dilettevoli, si premisoro le danse ed altri spett
l’altro, e sempre correndo (f). La Corsa poi sopra i carri formava il più brillante spettacolo. Ad essa pure concorrevano g
teva nell’ alzarsi con tutto impeto in aria per trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco era una palla di figu
rchè formata di ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lungi di una determinata meta (b). Qu
di ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lungi di una determinata meta (b). Queglino, che
pure da due, i quali si sforzavano di suambievolmente atterrarsi. Chi più vi resisteva, n’era premiato (e). Sì la Lotta, ch
. Il numero loro non era fisso. Talvolta ve n’era uno solo, ma per lo più se ne contavano sette o nove. Questa carica si ri
penti (m) ; e però furono soprannominati Serpentipedi (n). I nomi de’ più noti sono Abseo, Aloeo, gli Aloidi(a), Almopso, M
atrimonio(f). Di Polibote leggesi, che mentr’egli toccava co’piedi il più profondo del mare, la superfizie di questo appena
se solo tutte le vivande, che doveano servire per nove convitati(e). Più volte conseguì il premio in tali Giuochi Acusilao
la città di Taso, fu quello tra tutti gli Atleti, che abbia riportato più corone a’ Giuochi pubblici. Egli in età di nove a
tatlo. Lasciò un figlio dello stesso suo nome, il quale pure conseguì più corone a’ medesimi Giuochi. Demarato altresì vi s
che siffatto esercizio. Al suo ritorno volle riprenderlo, nè si trovò più capace. Ne concepì tale rincrescimento, che essen
imprecazioni contro chi avesse spergiurato. Costui era considerato il più grande empio ; e si credeva che venisse sorpreso
riconosciuto come il protettore dei confini delle campagne, e come il più potente a frenarne tra gli uomini le usurpazioni.
o uffizio, cadde in terra in un modo. indecente. Il Nume non la volle più al suo servigio (f). Omero pretende ch’ella abbia
i il di lei tempio era inviolabile asilo pegl’infelici. Ogni anno per più giorni vi si celebravano a di lei onore delle Fes
uoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè era permesso di più averli ad uso profano (b). Niuno, senza divenire
lo aveano basso, i ricchi alto. Riposto il morto sul Rogo, il parente più prossimo v’appiccava il fuoco. Vi si gettavano ad
rente più prossimo v’appiccava il fuoco. Vi si gettavano ad ardere le più ricche vesti del defonto, e le di lui armi, se er
itto dell’ospitalità era sì sacro, che l’uccisione d’un ospite era il più orrendo misfatto (e). L’ospitalità anche in Roma
di prima ; ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia ; e che v’inalzò un alt
bianze della predetta Dea la rendette madre d’Arcade, Diana non volle più averla tralle sue Ninfe, e Giunone la trasformò i
il giuramento, fatto nello stesso tempio, di trattarli per l’avvenire più dolcemente (e). Nel medesimo luogo eravi inoltre
ese pe’capelli, la precipitò dall’Olimpo, e giurò, che non vi sarebbe più rientrata. Ella ha alcune sorelle, chiamate Liti,
almente, che la Fama vola sempre di notte, e che digiorno siede sulle più alte torri, spaventando le grandi città con trist
e di Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e di Proserpina, assai più antico, che il Bacco, nato da Semele(a). Altri at
e a Bacco, che in ricompensa permise a quel re di chiedergli ciò, che più gli fosse piaciuto. Mida ricercò, che si cangiass
alle in cima al coperchio. Altre si vedevano co’manichi, onde fossero più portatili. Donato ci lasciò scritto, che tali Ces
rescevano in sì grande moltitudine, ch’erano costrette a procacciarsi più vasti terreni. Elleno nel trasferirsi da uno all’
Tisbe, eguali ambedue d’età, e di chiarezza di sangue. Era Piramo il più bello e gentile fra tutti i giovani, e Tisbe la p
ue. Era Piramo il più bello e gentile fra tutti i giovani, e Tisbe la più leggiadra e amabile di quante fanciulle mai vanta
i alla tana inciampò in quello, e Io fece in mille pezzi. Piramo, che più tardi era partito da casa, all’appressarsi colà,
ì le vene, e spirò. Le more del Gelfo fin d’allora non riacquistarono più la primiera bianchezza (a). (a). Ovid. Metam. l
squarciata la gola, e troncato il capo, lo divise ancor palpitante in più pezzi, ponendone parte a bollire in una caldaja,
l’esercizio della caccia. Accesi di lei erano i Fauni, e i Satiri, ma più d’ogni altro n’andava Pane smanioso e frenetico.
fratelli con tutta l’altra gioventù, gettate via le vesti, per essere più spediti alla corsa, li inseguirono, e ricuperaron
) ; e che Giulio Cesare, al di cui tempo le anzidette Feste non erano più in uso, avendole rinovate, v’abbia anche aggiunto
a avea cura, che quello uscisse dal seno della madre nella maniera la più naturale (e). Antevorta fu anche detta Prosa ; ed
aver offerto un sacrifizio, si addormentarono nello stesso tempio, nè più si svegliarono, poichè Giunone avea loro mandata
iorno di tutte le anime. Dal che s’inferisce, che l’uomo anche tra le più dense tenebro del Paganesimo conservò sempre nel
Ha la barba bianca, perchè d’ordinario esercita il suo dominio assai più sopra i vecchi, che sopra i giovani. Sca sdrajata
spighe ha una messe, frondi una selva, e arene il lido del mare(g). I più noti sono Momo, Monfeo, Fantaso, e Fobetore. Il p
ettuno, perchè quello non aveva le corna davanti gli occhi per ferire più sicuramente(b), o alle spalle per vibrare dei col
hi per ferire più sicuramente(b), o alle spalle per vibrare dei colpi più forti(c). Rìputò finalmente degno di riprensione
avea aperto un piccolo foto, per il quale si avesse potuto scorgere i più segreti pensìcri(d). Morfeo poi possedeva l’arte
eghiere. Quindi dopochè Oreste per consiglio di Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, fu loro dato il nome di Eum
ostro orribilissimo, detto Idra, e nato da Tifone e da Eschidna. Avea più teste : alcuni gliene numerano sette, altri nove,
ombra. A tal segno crebbe il delirio di lui, che finalmente sul fiore più fresco degli anni suoi morì d’acerbo dolore : Fu
Inferno(c). (19). Tra gli scellerati, che si trovano nel Tartaro, i più famosi sono Sisifo, figlio d’Eolo ; Salmoneo, pri
te alle preghiere di Plutone fu obbligato a liberarnela, perchè niuno più discendeva nell’ Inferno. Pausania dice, che Sisi
to il permesso di venire per pochi giorni in questo mondo, non voleva più ritornarsene nell’altro ; che Mercurio dovette ri
tichi tempi, molti doni al di lei padre, Dejoneo. Questi lo sollecitò più volte ad eseguire la già fatta promessa ; ma Issi
seramente perire. Tutti a vista di sì atroce delitto inorridirono, nè più v’era chi volesse accogliere quel crudele Monarca
che Giove vi discendesse a dettargliele (a). È perchè Minos, come il più vecchio degli altri anzidetti Giudici ha la premi
re quelle acque. Latona chiese agli Dei, che coloro non uscissero mai più da quella palude. Non andò a vuoto l’imprecazione
era sempre verdeggiante. I Poeti la decantarono come il soggiorno il più ameno dell’Universo per la freschezza e purità de
e la giovine in isposa. Dicesi inoltre, che, fatto Pelia morire, come più diffusamente vedremo, dalle sue figlie, Acasto, l
in ricchezze, consultò l’Oracolo di Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di lui. Udì, che Aglao di Psofide, città d
alla Pitonessa. Questa rispose, che il tripode mentovato si desse al più sapiente. Fu offerto ad uno di que’sette Sapienti
nnoverato tra gli Dei(e). Diede anch’egli degli Oracoli, che furono i più celebri dopo quelli di Delfo. A nobilitarne viepp
di lui comparsa, protestò d’essergli padre : e affinchè non ne avesse più dubbio, giurò per lo Stige, the sarebbe per accor
id. l. 4. (32). Mimnermo riconobbe le Muse come figlie del Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie di Memn
o Cupido, ossia Amore, sotto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il medesim
on moltissime ghirlande d’alloro nella sinistra, e nella destra i tre più famosi Poemi Epici, l’Iliade, l’Odissea, e l’Enei
Tessaglia. Vinsero le Muse, e non ostante le Pieridi, divenute sempre più orgogliose e ardite, presero ad insultare quelle
i Medusa, sgorgato sul terreno, quando Perseo le recise il capo, come più diffusamente vedremo(i). Esiodo poi pretende che
cqua mellata, che avea il sapore del vino(c). (34). Il Parnasso è il più alto di tutti i montì della Focide(d). Da prima c
rmiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di quello era attac
agliò colla spada. Si credette allora avverato il vaticinio : e tanto più , perchè ciò venne çonfermato la notte stessa da t
ima di sacrificare alle Muse. Egli fu compianto perfino dalle nazioni più barbare. Omero finalmente disse, che Vulcano sull
ione era della città di Metinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore di cetra a’ suoi tempi. Dopo
il corso de’ rapidissimi fiumi, rendeva placidi i venti, ammansava le più feroci belve, e si traeva dietro a udirlo gli ucc
biscia. Questa la punse col velenoso dente nello stesso piede, e sul più verde degli anni suoi la fece morire. Altri dicon
orte d’Euridice, uccisero tutte le Api di Aristeo, e che questi assai più ne ottenne, dopochè per consiglio di Proteo sàcri
enne da Giove fulminato nella Tracia, perchè rivelò a gente profana i più secreti Misterj. Dicesi eziandio, che il capo e l
V’ è altresì chi narra, che Orfeo dopo la morte di Euridice non siasi più unito in matrimonio con altre donne, e che da’ al
riferito, fu fatta morire da Giunone, perchè erasì vantata di essere più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto in età, si r
oche, le quali Diana allevò, e Venere e Minerva arricchirono de’ loro più preziosi doni. Avvenne, che la Beozia si trovò af
, perchè dopo morte secondo l’opinione degli Antichi ciascurio per lo più si occupa in quegliesercizj, che amava sulla terr
eci e de’Romani, giacchè gli uni e gli altri furono le due Nazioni le più religiose ed esatto nel rendere gli ultimi doveri
portavasi sul feretro da’più stretti parenti, e anche da’personaggi i più illustri della città, se era di grado distinto. P
pra certi letti, o sopra lunghe aste i ritratti degli avi. A renderne più splendida la pompa, eranvi fiaccole e trombe, se
illustre, esso veniva trasferito nel Foro, ov’erano i rostri, e ivi i più intimi propinqui ne recitavano l’elogio. Lo stess
ri pubblici. I privati si comperavano dalle famiglie, ed erano per lo più formati ne’ campi e negli orti. I pubblici si des
Ogni sepolero avea la sua iscrizione, detta da’Greci Epitafio. Per lo più l’intitolazione era agli Dei Mani. La religione d
una bacchatta per impaurice gli uccelli (a). Que’di Lampoaco erano i più dedicatial culto di questo Dio. Le teste, ch’egli
i Romani rapirono le Sabine, alcuni di loro destinarono in moglie la più bella di quelle a Talassio, giovine adorno non me
ano anch’esse Divinità, oltre le quali i Poeti niente immaginarono di più leggiadro e bello. Gli Spartani ne riconobbero du
ate Cariti. Al tempo di quelle Feste si danzava tutta la notte, e chi più resisteva alla fatica e al sonno, riportava in pr
he Psiche non si sperasse d’avere in isposo un mortale, ma bensì uno, più maligno della vipera, e più terribile d’ogni altr
avere in isposo un mortale, ma bensì uno, più maligno della vipera, e più terribile d’ogni altro Nume. La giovine fu situat
Tristezza e la Solitudine, affinchè l’una e l’altra avessero a sempre più cruciarla. Venere poscia le commise di sottop ors
n vapore sì pessimo, che la immerse in profondo sonno. Non si sarebbe più destata ; se Cupido colla punta d’una freccia non
ui, prese Esione, la stabilì in moglie a Telamone, re di Salamina, il più caro de’suoi seguaci, e fece prigioniero anche Po
i d’oro, de’quali pur ragioneremo(b). Questo figlio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, circondato dalle sue f
to si sentì trasportare dal desiderio di cangiare natura. Non potendo più starsene fermo in quel luogo, si tuffò nelle onde
e lo eccirò ad amare piuttosto lei, che, come Dea e figlia del Sole, più meritamente poteva divenire l’oggetto della di lu
e ogni collo di talelunghezza, che poteva trarre a se perfino le navi più lontane (b). Notisi eziandio, che le acque, nelle
regno, pregandolo, che volesse vendicare la sua morte col combattere più fortemente contro Epopeo. Lico colla forza tolse
eglino chiamavano Prassidici, sull’altare delle quali giuravano nelle più gravi circostanze. Il Meutsio pretende, ch’elleno
j d’Etolia. Meleagro, figliuolo dell’anzidetto Eneo e di Altea, colla più scelta gioventù si accinse a far argine a tanta r
alle catene, e parte a rintracciare le orme, impresse dal mostro. Dal più profondo della valle, sottoposta alla selva, il C
ge e Dejanira. La prima fu maritata con Andremone, e la seconda, come più diffusamente vedremo, con Ercole. Morta Altea, En
te le Nazioni (c). Il culto di Bellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta
nuta come una delle principali Divinità, e i di lei Sacerdoti erano i più considerati dopo i Re (d). (c). Truc. 2. 6. (d
to d’ottimi costumi. Tale Magistrato era severissimo, ed osservava la più rigida equità. Egli puniva i più gravi delitti, p
ato era severissimo, ed osservava la più rigida equità. Egli puniva i più gravi delitti, presiedeva all’ osservanza della R
12 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
lla tentazione di avvicinarsi a loro per udirle meglio, e non pensava più alla trista fine inevitabile che lo attendeva. Da
dello stoico e del moralista, lasciando quella effeminata, e per lui più abituale, dell’epicureo225, chiama Sirena anche l
pesci227. Da sì lieve causa e somiglianza, che doveva sembrare anche più grande alla robusta e sbrigliata immaginazione de
rce, fu cangiata in un orribile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una muta di cani latranti. Cariddi p
he pericolo v’era anticamente, o perchè il vortice e i flutti fossero più impetuosi, o per la imperizia degli antichi navig
a degli antichi navigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi di pericoli non se ne parla nemmeno
sero che fossero animali carnivori che divorassero gli uomini e tanto più volentieri le donne ; e credettero che talvolta u
re vicine facessero stragi e devastazioni. Tali ci furon descritte le più terribili Orche dagli antichi poeti, quella cioè
opria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli animali viventi, non è vero che sia
atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetr
ti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. I
i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la Balena con tutta
. Queste e simili notizie sulle Balene non potevano averle non solo i più antichi mitologi greci e latini, ma non le avevan
elle Balene, e dopo la scoperta dell’ America dovessero saperne molto più degli Antichi, continuarono non ostante ad imitar
le invenzioni e nelle descrizioni di immaginarii mostri marini. Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile f
con dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « C
a maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce gro
l’àncora attaccolle « E nel palato e nella lingua molle. « Sì che nè più si puon calar di sopra, « Nè alzar di sotto le ma
o, se non salta. « Messo il puntello, e fattosi sicuro « Che’l mostro più serrar non può la bocca, « Stringe la spada, e pe
tretta « Da quella forza che ogni forza eccede, « Da quella forza che più in una scossa « Tira, ch’in dieci un argano far p
si. « Orlando al lito trasse il pesce orrendo, « Col qual non bisognò più affaticarsi ; « Che pel travaglio e per l’avuta p
ze ? Monsignor Forteguerri mise pegno d’inventarle, come egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto
r Forteguerri mise pegno d’inventarle, come egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e gli riusc
aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non
i234. Infatti l’uomo ha saputo ridurre l’elefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri
l’elefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di la
i 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di 100 mila chilogrammi ; e così dimostrar coi fa
ronunziano come se si scrivesse Sciglio. 229. Orazio annovera tra le più belle e mirabili descrizioni di Omero, (chiamando
e turgidum et « Infames scopulos Acroceraunia ? » Che direbbe ora di più , sapendo le ardite e pericolosissime spedizioni n
’ella d’elefanti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente «  Più giusta e più discreta la ne tiene ; « Chè dove l’
nti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « Più giusta e più discreta la ne tiene ; « Chè dove l’argomento del
13 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
li fa menzione spezialmente l’ Istoria Greca, è pressochè infinito. I più celebri sono Cadmo, Perseo, Giasone, Ercole, Tese
tali e tanti disastri sorpresero la di lui famiglia, ch’egli non potè più reggere all’ eccedente dolore(6). Autrice di que’
Il cimento scabroso non atterrì il magnanimo giovine, e fatto questi più coraggioso ancona per l’elmo, ricevuto da Plutone
da Micala, famosa Maga della Tessaglia, la quale co’ suoi incantesimi più volte avea fatto discendere la Luna sulla terra(b
a). Non intraprese poi solo l’eroica azione, ma cinquanta quattro de’ più illustri personaggi della Grecia si unirono seco
ve, detta Argo(8) dal nome di quello, che avoala fabbricata(c) (9). I più famosi tra quelli furoho Teseo, Peleo, Telamone,
da Giasone. Questi, appenachè ne venne in cognizione, diede segni del più vivo dolore, e volle espiarsi con sacrifizj, fatt
e colei avviavasi verso un antico altare, cretto ad Ecate nella parte più occulta di un bosco. L’età, la condizione, e sopr
è avesse voluto sposarla. Giasone alle promesse di nozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea gli credette, e tosto g
po l’altro caddero sul terreno estinti. Apollonio di Rodi, per sempre più rendere glorioso il nome di Giasone, dice, ch’egl
meglio accertarnele, fece che in tutte le mandre si cercasse uno de’ più attempati e smunti arieti. Come lo ebbe dinanzi a
ano (b), secondo Cicerone sei (c), e secondo Varrone quaranta tre. Il più celebre fu l’Ercole, nato in Tebe da Giove e da A
di lui valore, e preso nello stesso tempo dallo spavento, nol ammise più in città, e si formò un nascondiglio sotterra, pe
ntità d’acqua entro lo spazio d’un certo tempo ; chi avrebbe mangiato più presto un toro d’un determinato peso ; e chi più
chi avrebbe mangiato più presto un toro d’un determinato peso ; e chi più avrebbe bevuto. Ercole in tutti questi esercizj v
(18), perchè si erano adoperati, onde gli Argonauti non accogliessero più nella loro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Il
i a lottare con lui, e poi li soffocava. Provocò Ercole alla lotta, e più volte ne rimase atterrato ; ma qualora toccava la
re, questa sempre gli somministrava forze maggiori, per cui compariva più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuov
Egitto, e figlio di Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il più crudele di tutti i Principi Egiziani(a). Costui a
Plutarco. I Galli erano persuasi, ch’egli avesse sottomessi i popoli più coll’ eloquenza, che colle armi : e come tale lo
rco Flaminio, ov’ erano onorate anche le Muse. Quel tempio fu uno de’ più frequentati spezialmente da’letterati (b). Esso v
na sola notte rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche di più . Una sola di quelle ricusò d’unirsi ad Ercole, pe
le rive dell’ Eveno, fiume dell’ Etolia(25), lo trovò cresciuto assai più dell’ usato, e pericoloso a tragittarsi. Quanto e
uò a cercare, e trovò l’altro letto. Ingannato dagli abiti, s’accostò più d’appresso ad Ercole. Questi, destatosi, lo lanci
quella Reggia sotto l’educazione di un certo Connida(1), e fino dalla più tenera età diede non dubbie prove di sommo coragg
irtù(c)Incontrò poscia nell’ Istmo di Corinto un altro gigante, assai più forte e formidabile del primo, chiamato Scini(d),
Procruste (7), faceva coricare i viandanti sopra un letto : se erano più lunghi di quello, ne tagliava la parte che soprav
rano più lunghi di quello, ne tagliava la parte che sopravanzava ; se più corti, ve li riduceva alla misura del medesimo co
vanzava ; se più corti, ve li riduceva alla misura del medesimo colle più crudeli stirature. Teseo lo fece morire del medes
ornita del concertato contrassegno. Vide la nave senza di quello ; nè più dubitando, che il figlio fosse già perito, disper
ltro, che invece d’azzuffarsi si abbracciarono, strinsero fra loro la più tenera amicizia, e giurarono di porgersi scambiev
scluso suscitò orribile contrasto tra’Lapiti e i Centauri. Eurito, il più feroce di tutti i Centauri, riscaldato soverchiam
i la stessa violenza alle altre donne, che loro venivano alle mani, o più piacevano. Vi rimasero morti molti Lapiti, che si
fatta all’ amico, e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la turba de’ Centauri, ne uccise molti, e r
ttare l’ arco, ad Ippaso, di lunga barba, a Rifeo, che oltrepassava i più alti alberi, e a Tereo, assuefatto a predare orsi
e tane della Tessaglia. Non sofferì Demoleonte, che Teseo progredisse più oltre negli avvenimenti felici del suo combattere
alzò un tempio, che divenne asilo a’ servi, e a tutti coloro, che da’ più potenti venivano perseguitati : e ciò in memoria
ecisette figli (f), o diecinove, come racconta Omero (g). Dî questi i più conosciuti sono Paride, Ettore, Ipponoo, Pammione
eche, venne da molti difeso, Tra quelli, che accorsero ad ajutarlo, i più famosi sono Mennone, figlio di Titane, e dell’ Au
re fosse vissuto(a). Egli divenne il terrore de’ Greci, e comparve il più forte e valoroso di tutti i suoi concittadini (b)
oe trovò alla porta del Greco campo una pietra sì grande, che due de’ più robusti uomini avrebbono durato fatica ad alzarla
ell’adunanza un pomo d’oro, sopra il quale era scritto : si dia alla più bella . Tutte le Dee da prima lo pretendevano, ma
idette tre Divinità. Era difficile il decidere quale di loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto giudice della questio
a gloria delle armi ; e Venere s’impegnò di renderlo possessore della più bella donna, che vi fosse stata al mondo. Paride
riuscito vano il di lui ricorso(b). Paride volle cimentarsi co’ suoi più valorosi nemici. Come poi vide andargli incontro
Dicest pure, che abbia dato la morte ad Achille per tradimento, come più diffusamente narreremo. Filottete finalmense lo f
lo trattò a lauto banchetto, e con generose offerte, e perfino colle più dolenti lagrime tentò di trattenerlo appresso di
burrasca, mentre fuggiva dalle persecuzioni di Pigmalione(d) (24). Il più fedele compagno, ch’ebbe Enea, si chiamava Acate(
ritirarsi appresso l’altare di Giunone. Il vincitore non inferocì di più contro il vinto, e solo si contentò di esiliarlo
te Agamenonne padrone degli Stati d’Argo (c). Agamenonne, divenuto il più possente tra’Greci Principi, stabilì la città di
io d’Anceo e re d’Arcadia (a) (2). Tra gli altri, che lo seguirono, i più rinomati sono Schedio, Ialmeno, Teucro(3), Euripi
principali dell’armata eccitatono Agamenonne a farlo, e Achille parlò più vivamente d’ogni altro. Quegli da prima si mostrò
do che quello potesse andare smarrito, gliene manifestò il contenuto. Più non vi volle, onde avessero a riconoscersi. e sub
to avvenuto per volere degli Dei (a). Oreste dopo di ciò non si sentì più cruciato dalle Furie ; ritornò nella Grecia ; spo
te erano per azzuffarsi. Paride, come abbiamo esposto, avea sfidato i più valorosi della Greca Nazione ; ma poi al solo ved
ntrò di buon mattino nella grotta di Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quando cangiava di figura ; cossicchè col
e. Cresciuto il giovane nell’età, Chirone lo addestrò agli esercizj i più laboriosi del corpo, e lo erudì nella medicina e
rmi di ogni sorta. Tutte le giovani si scelsero le galanti merci, che più loro piacevano. Il solo Achille, sdegnando perfin
ina delle Amazoni, la quale era di valore sì grande, che uguagliava i più celebri combattenti ; e che alla testa di numeros
osa tenzone Achille si ritirò dal campo, e stette quasì un anno senza più combattere, perchè Agamennone, costretto da lui a
ese quella città, e ne uccise il predetto Monarca(a). Il non trovarsi più Achille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che gl
a rapita giovine, di colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la più bella delle figliuole d’Agamennone. Achille non o
ille non ostante si mantenne inalterabile nella determinazione di non più trattare le armi a favore della sua nazione(b). I
lle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato uno de’di lui più cari compagni(14). Gli s’inalzò un magnifico Maus
adirato contro i Greci, perchè ivi lo aveano abbandonaro, non voleva più far ritorno a loro(h) (9). Ulisse fu di tutti i G
n voleva più far ritorno a loro(h) (9). Ulisse fu di tutti i Greci il più perseguitato dall’avverso Destino, allorchè volle
vvertirne il padre. Questi se ne querelò con Giove, e minacciò di non più apparire sulla terra, qualora fosse rimasto impun
a. Uccise Anfio, figlio di Selago ; Acamante, figlio d’ Eussoro, e il più prode de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno di Sarpedo
ittà della Messenia nel Peloponneso, uniti fra loro co’ vincoli della più stretta amicizia, meritarono, che Castore e Pollu
Santo(b) : e Igino la denomina Dione, figlia di Atlante(c). L’impresa più gloriosa per Pelope fu quella d’aversi guadagnato
uno mangiava delle carni della vittima, immolata a Pelope, non poteva più entrare nel tempio di Giove(d). Finalmente nel Pe
inchè non si fosse punito l’uccisore di Lajo. Edipo ne fece subito le più diligenti perquisizioni, e dal Pastore stesso, ch
sso, n’era stato l’uccisore. Inorridì, il re a tale racconto, e molto più quando intese, che Giocasta era sua madre(c). E p
cro all’Eumenidi, il di cui ingresso era vietato a tutti i profani, e più ancora a’ delinquenti, perseguitati dalla celeste
a, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a
tessa volle guidarli alla fonte Langia, poco discosta ; e per esserne più sollecita, depose il bambino sull’erba. Un veleno
ciascuna delle sette porte di Tebe. Eccocle del pari distribuì i suoi più valorosi guerrieri in guisa, che da ogni parte po
ro odio. La fiamma del rogo, sopra cui vennero riposti, si divise, nè più si riunì(a) Morti Eteocle e Polinice, non per q
unziato, che la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida s
mando ; e strangolandosi colle proprie mani, finì di vivere nella sua più brillante gioventù(c) (11). Istoria mitologic
ilare di volto, perchè essa non invecchia mai, ma anzi cresce sempre più , si rinvigorisce, e diviene il migliore ornamento
giacchè nel silenzio della notte il riflesso della mente suol’essere più perspicace e vigoroso. Il Consiglio finalmente di
schivare altresì la velocità, perchè il consiglio precipitato per lo più è dannoso. Accortezza. L’ Accortezza è pron
che può soprastare, ma si sa inoltre distinguere e impiegare i mezzi più opportuni, onde giungere a qualche lodevole inten
alla veemenza delle onde, e regge per lungo tempo sotto il peso delle più grandi moli. Questa Dea impugna nel sinistro brac
Gli Egiziani dicevano ch’ella se ne stava sopra la Luna per osservare più facilmente le azioni di quaggiù(b). A Nemesi altr
o alla stessa Dea Pudicizia sotto il nome di Plebea ; eccitò le donne più considerabili del popolo a concorrervi ; e le eso
d’Ercole, e che non fosse permesso alle donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il toccare la Statua di quella Dea(b
la Beneficenza un aspetto di singolare bellezza, perchè il benefizio più d’ogni altra cosa piace ed alletta. Tiene colla d
re questa virtù, dee farlo con prontezza, onde l’azione di lui riesca più gradita a quello, a di cui favore viene fatta. Qu
sta Dea è bianco, perchè tal colore, essendo considerato tra tutti il più semplice, è opportuno ad insegnare, che questa Vi
di qualche grazia ricevuta, unite insieme, erano anche il simbolo il più ordinario della Concordia. Pace. La Pace è
ne sopra i Persiani, come vuole Plutarco. I Romani poi le eressero il più grande è magnifico tempio, che vi fosse tra loro.
ziano, molto lo arricchirono. Questo ultimo Imperatore vi trasportò i più preziosi vasi, e i più belli ornamenti del tempio
irono. Questo ultimo Imperatore vi trasportò i più preziosi vasi, e i più belli ornamenti del tempio di Gerusalemme(a). Que
a per dimostrare la loro interna allegrezza. E perchè niente v’è, che più rallegri, quanto la pubblica pace, la quale porta
a, perchè taletà, essendo di maggior venerazione, ne trae d’ordinario più giovevole effetto dalla riprensione. La medesima
. Amicizia. L’Amicizia è amore vicendevole, che nasce tra due o più persone in conseguenza delle virtù che in esse si
che si stabilivano. Il giuramento, che per Lei si faceva, era uno de’ più inviolabili. Numa Pompilio la considerò come la c
a uno de’ più inviolabili. Numa Pompilio la considerò come la cosa la più santa. Egli fu il primo ad ergerle un tempio, e a
tiene colla destra una chiave, simbolo della secretezza, la quale il più delle volte deesi osservare da questa virtù. Qual
e’ proprj meriti. Ha in mano una palla, perchè siccome questa, quanto più è percossa in terra, tanto più s’inalza ; così l’
a palla, perchè siccome questa, quanto più è percossa in terra, tanto più s’inalza ; così l’Umiltà viene esaltata a misura
pirare. Empietà. L’Empietà è vizio, che inveisce contro le cose più sacre, quali sono la religione, la patria, i pare
ale guisa produce il dissipamento delle facoltà, la distruzione delle più rieche famiglie, e perfino la rovina delle più po
, la distruzione delle più rieche famiglie, e perfino la rovina delle più potenti città : questo è il significato del malte
ia azione. Questo Vizio dipingesi giovane, perchè è questa l’età, che più d’ogni altra lo coltiva. Tiene nella destra una m
, come dicemmo, sposò Procride. Uniti questi due sposi da un amore il più tenero viveano contenti e felici, quando la gelos
le reti a’ cervi alle falde del sempre florido Imeto. Ella, comparsa più serena o colorita del solito, lo rapì, e fece ogn
angeva ; ma non ne fece caso, e continuò a chiamare l’aura con parole più dolci. In quel momento alcune frondi, cadute dà u
ano l’assidua cura, che ha il Geloso, d’osservare ogni atto, anche il più indifferente, della persona, cui egli ama. V’ è i
a Vanagloria è ostentazione della propria eccellenza, affine d’essere più degli altri onorato. Le due corna, che la Vanaglo
ria vita. Ha il ventre simile a quello dell’ idropico. A questo tanto più s’accresce la sete, quanto più beve ; non altrime
quello dell’ idropico. A questo tanto più s’accresce la sete, quanto più beve ; non altrimenti l’Avarizia cresce in chi la
era tanto goloso, che desiderava d’avere il collo di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo gli discendeva ne
poi inveiscono contro lo stesso benefattore, se da questo non vengono più favoriti. Loquacità. La Loquacità è il sove
rie lingue. Le Cicale, quando cominciano a farsi sentire, non cessano più dal loro tediosissimo canto, che risveglia l’idea
rte desiderio di vendicarsi. Ella è giovine, perchè questa è l’età la più facile ad aditarsi. E’cieca, perchè questo Vizio
ppure l’uno e l’altro decidono della perdita e del guadagno tra due o più persone. Si figura coronato di foglie di zucca, e
sospeso pe’ capelli dalla Fortuna, per notare, che il Giuoco è per lo più fondato sulla sorte. Viene finalmente da quella a
di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de’ quali cadono
Fortuna poi col decorso degli anni divenne in quella città la Dea la più onorata, giacchè essa sola ebbe più tempj, che tu
divenne in quella città la Dea la più onorata, giacchè essa sola ebbe più tempj, che tutte le altre Divinità unite insieme
ù tempj, che tutte le altre Divinità unite insieme (b). Tra quelli il più rinomato fu il tempio, erettale in Preneste, citt
a profumi e incensi. Elleno inoltre si spogliavano de’ loro ornamenti più preziosi, e supplicavano la Fortuna d’occultare a
il tribunale degli Efori, perchè giudicavano, che niente vi fosse di più necessario in un Governo, quanto lo inspirare a’
he tra Giove e Ginnone insorse giocoso contrasto, se amore si facesse più sentire dalla donna, che dall’uomo. Tiresia, perc
erogativa di presagire il futuro, e gli concesse una vita sette volte più lunga, che quella degli altri uomini. Altri dicon
anche dopo morte ottenne da Proserpina il privilegio di conoscere il più rimoto avvenire. Quindi Circe appresso Omero comm
dere nell’Inferno per consultare questo Incovino(c). Tiresia ebbe per più secoll un famoso Oracolo nella città di Orcomena,
ra di lui, senzachè Saturno se ne accorgesse. Il loro culto si estese più d’ogni altro. Anguia, città della Licia, eresse a
dare la morte a que’ doe giovinetti, si mandò il primo a scegliere la più bella pecora tralle gteggi del re col pretesto d’
ltimo da alcuni si denominò Citoro, Cisissoro da altri, e da Igino in più luoghi Cilindro. Epimenide a’ predetti figli di F
la nave, e dicendola prima riguardo all’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e di mole di quante erans
esume, che, essendo vietato in quel tempo che nessuna nate contenesse più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso
ello Scrittore per tale rappresenta se stesso ; ma non è questo ormai più il giudizio degli Eruditi, che lo riferiscono ad
circonvicine. Scorse poscia tutta la Misia per lo stesso oggetto, nè più pensò a far ritorno agli Argonauti(d). (16). Ech
ncò la gola alle ceraste ; schiantò i macigni, e svese dalla terra le più robuste guercie ; fece, che crollassero i monti,
fman. Lex. Univ. (22). L’uccisione di Absirto è forse uno de’ punti più controversi nella Mitologia. V’ ha chi affatto la
a a’ piedi del monte Olimpo. Là Polidamante inerme uccise uno di que’ più grandi e furiosi animali. Egli un’ altra volta pr
endo esperimentare la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più forti della sua Guardia, e Polidamante li uccise
famiglia di Pandione aveva contro di Tereo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole urbanità verso il padre di colei, acc
nel mare Ionio. Là Iride per comando di Giove vietò loro d’inseguirle più oltre. I due predetti fratelli aveano prestato ta
io, ma poco disposto a ricompensarnelo, gli propose, un’altra impresa più difficile dell’anzidetta. Essa consisteva nel pre
tutte le genti. Questi era considerato tale, perchè era l’artefice il più eccellente della Grecia. Prima di lui le statue e
la natura. Si fece ad unìre penne con pene con tale simmetria, che le più corte e più piccole alle più grandi e più lunghe
i fece ad unìre penne con pene con tale simmetria, che le più corte e più piccole alle più grandi e più lunghe succedevano.
enne con pene con tale simmetria, che le più corte e più piccole alle più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò con fi
con tale simmetria, che le più corte e più piccole alle più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò con filo quelle di
arriera del tutto nuova, abbandonò il padre, e sollevossi arditamente più in alto. Si avvicinò al Sole, e i raggi di quello
data al Minotauro, ma distribuita in qualità di schiavi a quelli, che più si erano distinti ne’ Giuochi funebri, ch’ egli a
itta, e Peribea. (15). Al nascere del Sole Arianna si destò, nè vide più Teseo. Corse quà e là in traccia di lui nè v’ inc
è v’ incontrò che orride solitudini. Giunse finalmente a scoprire dal più alto di uno scoglio il fuggitivo naviglio. Voleva
vogliò parecchi personaggi delle sue nozze. Cenide però ritirossi ne’ più remoti lidi della Tessaglia. Là incontrò il genio
o de’ Lapiti. Il maschino cadde, e morì sì deformato e malconcio, che più non si riconobbe. Belate di Pella, rotto un piede
e Driante, stese Corito al suolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero di complessione e di età. Afflitto Evagro
anche il bellissimo Centauro Cillaro, che aveva in moglie Ilonome, la più vezzosa delle femmine, che abitavano nelle forest
ata. In tale circostanza Feocomete, le di cui membra erano copette da più pelli di Leoni, con un tronco sterminato alla man
mma distinzione, e ne divenne amante. Dopo alcuni mesi, passati nella più tenera e vicendevole cotrispondenza, Demofoonte,
padre suo n’era stato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo, non più si ricordava di lei. Fillide alfine disperata s’i
n Troad. (c). Apollod. l. 3. (2). Esaco passò a cimorare ne’monti più solitarj, e ne’villaggi più oscuri. Là s’invaghì
 3. (2). Esaco passò a cimorare ne’monti più solitarj, e ne’villaggi più oscuri. Là s’invaghì della Ninfa Sterope, ma ella
che la morse ed uccise. Esaco, irritato contro quell’animale, e assai più con’ se medesimo per aver dato causa a tale morte
a a chi la consultava(b). Eleno, preso da’Greci, indicò loro i luoghi più opportuni per impadronirsi della di lui città. Di
, chiamata Ilione. Polinnestore, come udì l’eccidio di Troja, violò i più sacri diritti dell’ospitalità, e fece gettare Pol
, siasi precipitata dall’alto di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è fama, ch
umatezza. Sì belle doti le ottennero da Apollo il dono di conoscore i più secreti arcani dell’avvenire. Cassandra con tutto
mo. La donna diede un’occhiata torbida e fiera e quello spergiuto, nè più frenando la bile, gli piombò addosso, e col bracc
che tante sospirava. Ella vi riuscì, poichè i Greci la lapidarono(b). Più comunemente però si crede, che Ulisse stesso sia
elle ora d’uccello, ora d’albero, ed ora di tigre. Peleo, non sapendo più come guadagnarsela, offerì un sacrifizio agli Dei
venerarono poi indistintamente anche gli altri Numi(e). Il loro sito più ordinario nelle case era dietro la porta, o intom
ro agli Dei Lari. Questa ceremonia chiamavasi Anfidromia. Essa per lo più si praticava nel quinto giorno dopo la nascita de
ad essi alzarono tempj, e instituirono varie Feste(h). Tra queste le più celebri erano le Lararie, dette anche Compitali,
rarie, dette anche Compitali, dalla voce Latina compitum, luogo, dove più strade concorrono, e dove quelle stesse Feste si
o, chiamato anche Acerba (g), e Sicarba (h), figlio di Flistene, e il più picco sacerdote di Ercole, chè si trovasse tra tu
adorata come Dea (e). (14). Giunone offerì in matrimonio ad Eolo la più bella tralle sue quattordici Ninfe, di nome Dejop
Teodonzio, Autore Greco, citato da Bocaccio (e), lo riconosce come il più antico degli Dei, e gli dà per compagni l’Eternit
ano all’anzidetto altare, così restavano sorpresi dallo spavento, che più non ubbidivano nè alla voce, nè alla mano di chi
eme col suo figliuole, Achille. Da ciò ne nacque tra i due giovani la più sincera e costante amicizia(c). Nel tempo della s
zione contro Troja Patroclo condusse seco dieci vascelli(d). L’azione più memorabile, ch’egli allora operò, è questa : Achi
, come piu diffusamente esporremo, aveagli tolto Briseide, non voleva più combattere. Prese Patroclo le di lui armi, eccett
i immobili colla testa pendente verso terra, e che non abbiano voluto più marciare ad onta degli sforzi di Automedonte, che
intorno al di lui rogo ; vi gottò nel mezzo di quello quattro de’suoi più belli cavalli, e due de’migliori cani, che teneva
e loro promise anche de’sacrifizj, onde col loro soffio consumassero più presto quanto sul rogo ardeva ; tre volte strasei
iscimo si segnalò anche Polipete, figlio di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sotto di lui, e tra gli altri Ast
e morì di languidezza. La terra, in cui avea dimorato, non produceva più alcun frutto. Gli abitanti della medesima consult
Era appuntito nel capo, e coperto di pochissimi capelli. Egli fece i più mordaci rimbrotti ad Agamenone intorno al buon es
percosse(b). Ebbe finalmente l’ardire d’insultare anche Achille, come più diffusamente vedremo, e quegli con un pugno lo pr
così si fece. Epeo fabbricò il cavallo, e dentro vi si rinchiusero i più valorosi del Greco esercito(a). Tra quelli si nor
ne rimase scandalezzata ; e quanto avvenne dipoi, la confermò sempre più ne’suoi giudizj. Mentre Laocoonte stava sacrifica
, e lo tormentarono in guisa di fargli mettere disperate grida. Tanto più dunque i Trojani giudicarono Laocoonte sacrilego
llo. Rispose, che i suoi, dopochè rapirono il Palladio, non godettero più favorevole sorte nelle loro imprese ; che per con
, eretto in Arsinoe, città del suo regno. Il di seguente non si trovò più quella chioma. Conone, celebre Astronomo di Samo,
ate per non aver potuto vincere Ulisse, si precipitarono nel mare, nè più furono udite. Così si verificò l’Oracolo, il qual
, per placare Nettuno, gi immolò dodici scelti tori, e promise di non più prestare soccorso ad alcun straniero(f). (18). E
stessa notte, in cui venne al mondo anche Ettore, e fu dopo di lui il più valoroso difensore della sua patria(a). Omero lo
più valoroso difensore della sua patria(a). Omero lo dipinge come il più saggio ed eloquente tra’ Trojani(b). Molti Greci
giustificarsi del commesso omicidio. Eaco nuovamente gl’intimò di non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, che se vol
ella città. Ercole, non potendo sofferire, che un altro fosse stimato più valoroso di lui, voleva sacrificarlo alla propria
so allora da estremo cordoglio, supplicò gli Dei, che nol lasciassero più a lungo tra’ viventi. La terra in quel momento st
ata mandata da Bacco, perchè i Tebani lo aveano disprezzato. Tutta la più forte gioventù del paese concorse a sterminare qu
Diomede. Anche questi al tempo della guerra Trojana fu considerato il più valoroso guerriero dopo Achille e Ajace Telamonio
e, una delle Arpie, e dal vento Zefiro. I medesimi erano immortali, e più rapidi del vento. Il terzo ; quantunque fosse mor
a, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rupe, a
esercizio ginnastico(c). Policlete, soprannominato Policalco, videsi più volte coronato in tali Giuochi, come Io era stato
unziato, che la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida s
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ole, degli Arcieri e della Medicina Due erano i nomi principali che più comunemente si davano a questo Dio, cioè Apollo e
a precisa intelligenza delle poetiche frasi, che Apollo è considerato più generalmente come il vero e proprio nome, e che F
ciò li divido in due gruppi, riunendo tra loro quegli uffici che sono più affini ; e fo centro del 1° gruppo il Dio del Sol
Apollo come il Dio del Sole, chi è che non l’abbia veduto dipinto da più o men valenti pittori come un giovane imberbe di
equinozii sieno precisamente dodici, non sono però ragguagliatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ;
notte essendo sempre uguali di numero dovevano necessariamente esser più lunghe o più corte, secondo le diverse stagioni.
o sempre uguali di numero dovevano necessariamente esser più lunghe o più corte, secondo le diverse stagioni. I poeti non d
so il raggio vibrando e neghittoso. » (Canto ii, 70.) E pochi versi più sotto lo stesso poeta aggiunge : « E compito del
e. Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentem
ignificare i crepuscoli e le aurore boreali, ebbe poca fortuna ; nè i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la stimaro
orso dell’anno percorreva una strada (detta dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo
fecero ritratti maravigliosi e ispirati, fra i quali meritamente è il più celebre quello dell’Aurora di Guido Reni in Roma.
vidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. Assomiglia nel Canto
e giusto. » Queste splendide invenzioni mitologiche, abbellite dalla più splendida poesia greca e latina, hanno sopravviss
e abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro. Che più  ? Quantunque la scienza astronomica ponesse la sc
tre regni della Natura. Inoltre gli attribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque un
e ad Esculapio l’esercizio dell’arte medica, lo fulminò per contentar più pienamente il suo fratello Plutone. Consentì per
che richiede per ciascuna persona, ma utilissima sempre anche ne’suoi più generali principii, perchè persuadono a schivare
ranza121. Nella invenzione di queste tre Divinità che presiedono alla più felice conservazione degli esseri umani, troviamo
a il principio generale delle forze della natura, che sono il primo e più sicuro fondamento della conservazione della salut
he all’arte salutare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più felice e la più durevole conservazione della salu
tare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più felice e la più durevole conservazione della salute. E per indica
vorrebbe dire orientale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti di questo stesso vocabolo come agg
serviti di questo stesso vocabolo come aggettivo poetico, invece del più comune, cioè orientale. Così il Tasso ha scritto 
ritto : « Sorgeva il nuovo sol dai lidi eoi « Parte già fuor, ma ’l più nell’onde chiuso. » I poeti minori poi non finis
i quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più di trenta miglia intorno aggira), « O stupenda op
o il re dei fiumi, sottinteso però dell’Italia, di cui è realmente il più gran fiume. 114. L’ambra è detta in greco elect
Altrove però la chiama Galassia come i poeti greci. I latini per lo più la dicono via lattea, come Ovidio nel 1° delle Me
ra dell’ Igiene, che questo ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Sa
15 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
un confuso e mutilato ammasso di mitologiche idee. Pare quindi molto più adattato all’ intendimento, ed al profitto degli
, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce alla mobile fantasia loro più facile a ritenersi, ne eccita e sostiene la curio
ersi, ne eccita e sostiene la curiosità per modo, che vi si applicano più seriamente. Ora questo è quel metodo appunto, che
te prima. Degli Dei. Molti furono gli Dei presso i Greci, ma assai più presso i Romani, che oltre ad avere adottali tutt
la discordia, l’ invidia, la Frode, il Furore, ed altri siffatti. La più generale divisione che facevasi degl’ Iddii era i
e da Gea, che doveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiot
terzo nato in Creta, e figlio di Saturno. Ma come quest’ ultimo fu il più rinomato, così a lui solo venne attribuito anche
n sembianza di Itone si oppose coraggiosamente a Reto uno de’ giganti più forni debili, e come Giove animavaio gridando ev
un bianco bue. Molti tempii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato n
i Giove Capitolino fondato nel Campidoglio dal re Tarquinio Prisco, e più volte in seguito riedificato. Un altro nel Campid
ne si accennano: la prima che fu detta moglie di vulcano; e madre del più antico Apollo; la seconda figlia del Nilo, ed ado
Fu deciso che dato l’ avrebbe chi avesse fatto uscir di terra la cosa più utile alla città; Nettuno percossoli terreno col
ola coll’ asta ne fè spuntare un ulivo; ed essendosi questo giudicato più utile, Minerva diede alla città il proprio nome,
uesta gettato sulla mensa un pomo di oro colla iscrizione: Diasi alla più bella, nacque contesa fra Giunone, Pallade, e Ven
tte la guidò al letto del padre come un’ ignota amante. Stato con lei più notti, mentre Cencreide occupata nelle feste di C
a, perchè in una sfida ch’ egli ebbe con Venere a chi sapesse coglier più fiori, Peristera aiutando Venere la rese vittorio
llo. La Luna, che comunemente confondesi con Diana, fu anch’ essa dai più antichi poeti interamente da lei distinta. Dicon
iove e di Latona, venuto secondo alcuni dagli Iperborei, ma secondo i più nato in Delo; il quarto nato in Arcadia, e sopran
l’ Arcadi Nomione, perchè da esso dicevano di aver avuto le leggi. Il più celebre presso i poeti fu il terzo, a cui pur ven
. Ben vedasi presso molti confusa sovente Diana colla Luna, sebbene i più antichi l’ abbiano interamente distinta. Era Dian
fu da Apollo a mezz’ aria cangiato in uno sparviero. Egual vendetta e più terribile fece ella contro di Niobe figlia di Tan
o Tot, che dicesi aver loro insegnalo le lettere, e date le leggi. Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Gio
usando della facoltà che Nettuno le avea concesso. Così seguitò ella più volte cangiandosi ora in cavallo, ora in bue, ora
lie del Cielo, e madre di Saturno; ma da’ posteriori mitologi e poeti più comunemente venne considerata come, moglie di Sat
enuto Pane figlio di Mercurio; sebbene alcuni per esso abbiano inteso più generalmente il Dio Pan, che significa tutto, e r
co città della Misia aveva egli il culto primario. Era tenuto come il più lascivo fra tutti gli Dei. La ninfa Loto da lui f
, come dice Orazio, l’ uno bianco e l’ altro nero. I Geni delle donne più comunemente erano detti Giunoni. Dal Genio e da u
Achille, che Proteo avea innanzi predetto a Tetide che sarebbe stato più forte del padre. Avendo Peleo in appresso ucciso
utone fratello di Giove e di Nettuno, a cui nella divisione accennata più addietro toccò il regno dell’ Inferno, veniva pur
Giove infernale, e Dite, od Orco; sebbene, Orco da Esiodo è chiamato più propriamente il Dio del giuramento, e punitore de
ni godean vita beata, e prendevano diletto di quelle occupazioni, che più aveano amate qui in terra. Il luogo della pena er
iù aveano amate qui in terra. Il luogo della pena era il Tartaro; e i più famosi condannati erari laggiù i Titani, Tifeo, g
e insepolto; e che uscito dall’ Inferno con questo pretesto non volle più ritornarvi, finche da Mercurio non vi fu trailo a
di bue; Anubi, che figuravasi colla testa di cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri stesso e con Api; ed Arpocr
ccennando i principali. Capo I. Di Prometeo, e di Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto
nasso, cangiato dalle Ninfe in scarabeo. Capo II. Di Ercole. Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio
occupato nella guerra contro de’ Tafii e da’ Teleboi, e’ per istarsi più lungamente con lei triplicò il corso della notte.
tornato Giunone all’ antico sdegno, ordinò ad Euristeo di esporlo a’ più gravi pericoli onde alla fine perisse. Dodici son
questi lasciò sulla terra, nacque l’ aconito. Oltre le qui accennate, più altre imprese di Ercole si raccontano; ma egli è
ne numera fino a quarantaquattro, e che le loro azioni, per renderle più prodigiose, oltre all’ essere abbellite coll’ fav
ellite coll’ favole, sien pure state ad un solo attribuite. Una delle più celebri tra queste imprese fu quella di unire l’
ove Ercole per monumento piantò due colonne, su cui era scritto: Non più oltre. Lottò con Anteo figlio della Terra, e vegg
Anteo figlio della Terra, e veggendo che atterrato ei sorgeva sempre più vigoroso, levollo in aria, e il petto gli strinse
, Ercole inconsolabile l’ andò cercando per tutte quelle contrade, nè più si curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figl
nale. Per combatter questo mostro invitar si dovettero tutti gli Eroi più famosi, fra i quali Apollodoro annovera, oltre a
de avere notizia dov’ ella fosse; ma ebbe in risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece una città nel luog
non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre. Pre
tempo reo di parricidio e d’ incesto; si Cavò gli occhi per non veder più la luce, mentre Giocasta egualmente inorridita si
o per ciascheduno: ma Eteocle, prese le redini del governo, ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ricoverarsi
itani e gran parte delle sue genti dovette tornarse scornato in Argo. Più che a tutt’ altri però fattale fu quella guerra a
lla bocca e dalle nari. Per questa spedizione Giasone invitò gli Eroi più famosi, che allor vivessero. Argo figlio di Alett
ceso di Glauce figlia del re Creonte, di che Medea irritata finse per più sicura vendetta di esser contenta ch’ egli passas
a fiamme con tutta la reggia. Ne paga di ciò Medea, per isfogare vie più il suo furore scannò atrocemente sotto agli occhi
pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere; di che indispettite le madri de’
o d’ intralciatissime strade, per le quali chiunque vi era introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amo
giato l’ odio e l’ invidia in ammirazione ed amore si strinsero colla più ferma amicizia. Giovò sommamente a Piritoo l’ ami
ddolorato per l’ ingiusta morte del figlio, dai quel momento non ebbe più pace, finchè scacciato pure da Atene ricoverossi
a prima promettevagli il regno, la seconda la sapienza, e la terza la più bella delle donne, ei diede a Venere la preferenz
ure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sdegnato contro
pitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, ch’ era riputata la più bella donna di quell’ età, colse Paride l’ occasi
gamennone ed Achille, per cui questi lungo tempo si astenne dal voler più prender parte a quella guerra. Cagion della lite
rise sacerdote di Apollo per riscattare la figlia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome di Criseide, la quale n
nto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i consigli di N
i di Achille, cui Tetide aveva posto in mezzo, perchè fossero date al più degno; su di che non sapendo i Greci decidere, ch
e, chiesero a’ Troiani prigionieri quale dei due avesse a Troia fatto più danno, e avendo questi risposto Ulisse, le armi a
rodottosi in Troia, spiò quanto era là dentro, e nè portò a’ Greci la più esalta contezza. Altra volta colà entrato insieme
ser di notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratagemma di Ulisse più a Troia fatale fu in appresso l’ invenzione del c
Epeo uno smisurato cavallo, entro cui si rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero gli altri poi di partire
lisse dopo la rovina di Troia. Superbi i Greci della loro vittoria più non pensarono che a ridursi alle case loro; ma po
ra, e Menelao sbattuto dalla tempesta fino in Egitto, già si è eletto più addietro. Pirro giunse in Tessaglia guidando seco
i poeti giunse felicemente al termine di tre età. Quegli invece, che più avversità ebbe a soffrir nel ritorno, fu Ulisse,
tto il ventre de’ montoni che ivi erano ed egli aggrappatosi sotto al più grande, ne uscirono tutti nell’ atto che Polifemo
ionò coll’ anima della madre Anticrea, con quelle delle antiche donne più illustri; tenne discorso con Agamennone e con Ach
rrando per dieci giorni, finchè arrivò all’ isola Ogigia, creduta dai più l’ isola Gaulos, ora Gozo vicino a Malta, ove la
pietra. Perchè in Itaca non fosse Ulisse riconosciuto, e così potesse più agevolmente far vendetta de’ Proci, i quali prete
etamente la notte cui Pallade, trattenendo do l’ aurora rendette pure più lunga, andò il mattino seguente in villa a far un
le Troiane insinuò alle altre di dar fuoco alle navi, onde non essere più costrette ad esporsi a’ rischi del mare, e quattr
Giove nelle sue tresche amorose ne aveva avuto per pena di non poter più che ripetere le ultime parole altrui. Essendosi p
d è cangiata in fonte. Nell’ Etruria un aratore profondando l’ aratro più addentro del solito solleva una zolla pesante, cu
sasso informe o da’ un tronco offerivansi 1 frutti della terra, e non più . A poco a poco incominciaronsi ad effigiare gli D
zi tempietti ne’ boschi lor consecrati, finchè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcan
tre a frutti della terra incominciaronsi a offerir gli animali; e ne’ più solenni, chiamati ecatombe, immola varisi fin cen
ossa zolla di terra, cui sollevò un agricoltore profondando l’ aratro più ; del consueto. I sacerdoti Arvali erari quelli ch
mente dicevansi auguri, altri dal canto e dal volo degli uccelli, che più propriamente si chiamavano auspici, altri dal man
i, e che avidamente si consultavano in tutti gli affari importanti. I più famosi tra questi erano: 1. L’ oracolo di Dodona
uali allorchè la Pitia era inebriata, pronunziava delle parole per lo più oscure o confuse, che raccoglievansi da’ Sacerdot
o aggiunto la Sardica nativa di Sardi nella Libia. Presso i Romani la più famosa era la Sibilla Cumana, la quale si disse c
te per ordinario accompagnate eran da’ pubblici giuochi. Fra questi i più famosi giuochi nella Grecia erano 1. gli Olimpici
zi, ed una di pino ne’ quarti: ma i vincitori erano poi celebrati da’ più insigni poeti, come appare dalle odi di Pindaro,
sai pesante, che i giocatori sforzavansi di gettare, quanto potessero più lontano; 3. il giavellotto che lanciavasi colla m
ti di duro cuojo guerniti spesso di ferro e di piombo. Questi giuochi più tardi introdotti furono ancor da’ Romani, che tea
acevano dalle carceri o tane praticate al basso degli anfiteatri, e i più atroci e crudeli spettacoli de’ combattimenti de’
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
o sorge o quando cade il die » in mezzo olle onde dove non apparisce più terra alcuna e null’altro vedesi che Cielo ed acq
estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di tutti i più grandi fiumi. Cominciarono dunque dal divinizzare
e di Vesta Prisca o di Cibele. L’Oceano fu dunque considerato come il più antico degli Dei marini, perchè era il mare stess
più antico degli Dei marini, perchè era il mare stesso, come Urano il più antico degli Dei celesti, perchè era lo stesso Ci
o e l’Arno, non men che gli altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più di trecento anni !212 Abbiamo detto altra volta
ndo altri poeti, è d’oro. Ma quantunque l’Oceano sia venerato come il più antico Dio marino, non ha peraltro l’impero assol
tue di questo Dio si vedono in molte fonti pubbliche e private ; e la più celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bolo
ome opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piaz
a tutte presentano presso a poco gli stessi emblemi o distintivi ; il più caratteristico dei quali è il tridente, che consi
uerra punica poco lo consideravano ed adoravano come Dio del mare, ma più generalmente, a tempo di Romolo, come Dio del con
se il matrimonio può convenire in generale a qualunque privato, tanto più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto
eo un sì orribil delitto. Gli astronomi diedero il nome di Nettuno al più lontano pianeta del nostro sistema solare, precon
ri zotici Eumei alle mandre suine. Forse i Tritoni avran saputo trame più dolci suoni ; ma, comunque ciò fosse, questo stru
le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqu
più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqua, perchè per lo più queste Ninfe nuotano nelle onde e tra i flutti co
idi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato dai poeti, i quali annoverano f
molto piaciuto questo nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito c
saggio consiglio l’affidar la protezione dei naviganti e le due cose più da loro desiderate, cioè la calma del mare ed il
del mare ed il ritorno in porto, a due Divinità che avevan provato le più terribili procelle di questo mare infido della vi
di questo mare infido della vita222. Di Glauco poi raccontano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e
eppe valersi Dante come di similitudine per dare idea di uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti. La favola è que
proposito di citar l’esempio di Glauco per offrirci qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto (
costituito in sì umile ufficio attribuirono una prerogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di
revedere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua strane
quello di legarlo ; ed egli allora prendeva successivamente tutte le più strane forme, ma finalmente ritornava in quella p
o verso : « Non ignara mali, miseris succurrere disco. » 223. La più vera e naturale spiegazione delle mirabili Metamo
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
sa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltan
più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto che furono i più grandi benefattori della umanità. A questi novell
icava il Pelide. Io pria torrei « Servir bifolco per mercede, a cui «  Più scarso il cibo difendesse i giorni, « Che del Mon
produceva la noia, e faceva rimpianger la vita mortale e preferire la più meschina condizione di questa. La prescienza del
, e principalmente di quei luoghi e di quelle persone che resero loro più cara e gioconda la terrena esistenza. Aggiunsero
ndo in quelle stesse arti ovvero occupazioni che erano state per loro più gradite in questo252. Per tal credenza, presso al
chiavi, i cavalli, i cani ed anche i materiali oggetti che gli furono più cari in vita, non dubitando che per tal via andas
anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritor
hiama, acciò ch’ivi deposto « Ogni ricordo, men de’ corpi schive, « E più vaghe di vita un’altra volta « Tornin di sopra a
celeberrima esposizione di principii filosofici e religiosi, che è la più bella e sublime di quante ce ne son pervenute dai
a Caronte fu bonariamente creduta una indubitabile verità nei secoli più rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi
tezza della sede che erale destinata. La qual credenza religiosa rese più pii i superstiti ai mortali avanzi degli estinti.
elle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle beatitudini dell’ Eli
do ideato diversi generi straordinarii di pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati. E qui ne faremo una breve rass
gli salia di polve un nembo262). » (Odissea, xi.) Di Tantalo è anche più straordinaria la colpa non meno che la pena. Tant
ivazioni sono spontanee e non forzate come quelle di Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’assomigliarvi i miser
rcati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più vili per saziar la fame che li tormenta. Dicesi a
n vano ciò che non possono ottenere. Costoro nell’eccesso opposto son più ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono
sse »269. (Virgilio, Eneide, vi.) Delle Danaidi o Belidi è alquanto più lungo il racconto. Esse erano precisamente 50, tu
frode altrui contrista. « Ma perchè frode è dell’uom proprio male, «  Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodole
o male, « Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodolenti, e più dolor gli assale. « De’violenti il primo cerchio
stizia la sua mente sia un così splendido riflesso e la sua parola il più eloquente interprete. Non tutti i dannati celebri
ti anni a Crotone, passò a Metaponto ed ivi morì ; e dopo la morte fu più ancora ammirato che in vita, poichè la sua casa f
gran credito ; è passato in quasi tutte le lingue europee traversando più di 30 secoli, ed è rimasto sempre un termine usit
e uno sprone, un pecoro e un legacciolo delle calze non son niente di più nobile della spalla di Pelope e neppure della spa
tque sub alto « Pectore ; nec fibris requies datur ulla renatis. » E più brevemente Tibullo nell’ Elegia iii del lib. i :
3ª.) Ovidio nel x delle Metamorfosi riassume brevemente le pene dei più celebri dannati del Paganesimo in questi versi :
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
ur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di regnar nell
mai a visitare i Campi Elisii, o invitasse alla sua reggia alcuno dei più illustri eroi che vi soggiornavano ; e sui malvag
l pari degli altri Dei sottoposto al Fato, ed anche al suo maggiore e più potente fratello Giove. Si accorsero i mitologi d
l mondo240, (come è naturale, e pur troppo vero), ma pur anco l’altro più odioso attributo di affrettare la discesa degli u
o e le vicende nel capitolo di Cerere sua madre. Allora non compariva più come l’avvenente e delicata Ninfa che sceglieva f
sto era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e di più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai gust
ta ai gusti del marito, e li secondasse attirando nei regni infernali più gente che potesse ; e perciò si trova chiamata da
fu chiamato frequentemente Orco e Dite dagli antichi poeti. Dante usò più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, de
biade e di un ricco agricoltore Giasione, per indicare che le vere e più sicure ricchezze derivano dall’agricoltura. In fa
li, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi i
cupato a traghettar le anime dei morti (specialmente nei giorni delle più micidiali battaglie), dall’ una all’ altra riva d
erciò alla classe dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel ragionare dei secoli eroici, che sono
aventare e perseguitare in vita gli scellerati che avevano commesso i più gravi e nefandi misfatti. In tal modo venivano i
versi generi di sogni ; poichè Morfeo produceva nei dormienti i sogni più regolari sotto forme conosciute e naturali ; Fobe
me conosciute e naturali ; Fobetore i sogni spaventevoli e Fantasia i più strani e fantastici 249. Non soltanto Ovidio tra
e col remo qualunque si adagia. » Ha soltanto di buono che non esige più l’obolo per traghettar le anime all’altra riva, e
d in appresso avendone scoperti tanti altri (che sinora sono giunti a più di 130), hanno saccheggiato la Mitologia e adotta
noltre ad una specie di vipere. 240. « Colà donde si niega « Che più ritorni alcun, » disse il Parini traducendo esat
Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspettiamo, in gran p
« Poco il veder lui cieco ne conforta, « Quando fiutando sol, par che più faccia, « Ch’altri non fa ch’abbia odorato e lume
e piume. « Corron chi qua chi là, ma poco lece « Da lui fuggir veloce più che ’l Noto. « Di quaranta persone, appena diece
elle denominazioni delle Furie. 245. Anche i poeti latini trovarono più poetiche le Parche che il Fato ; e assegnarono ad
ciascuno e compila. » (Purg., xxi, 25.) « E quando Lachesis non ha più lino, « Solvesi dalla carne, ed in virtute « Seco
a del Genio di rendere accette e gradite a tutta la poster ita le sue più strane fantasie. 251. Talvolta nelle poesie it
ta nelle poesie italiane si trova usato il nome di Plutone, secondo i più antichi mitologi. Se ne può citare a conferma anc
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
gli uomini illustri della storia antica e della moderna, come pure ai più straordinarii personaggi d’invenzione della fanta
a poter esser comprensivo degli altri due sopraddetti, si estende dai più antichi e famosi personaggi ai più moderni e ridi
ri due sopraddetti, si estende dai più antichi e famosi personaggi ai più moderni e ridicoli Eroi da poltrona proverbiati d
biati dal Giusti46. Varcati questi sterpi filologici, avanziamoci in più aperta e vasta campagna e in più spirabil aere, e
ti sterpi filologici, avanziamoci in più aperta e vasta campagna e in più spirabil aere, e diamo uno sguardo fugace alla re
i estende sino alle serene regioni della Storia. I tempi eroici anche più dei mitologici formarono il soggetto delle medita
anche più dei mitologici formarono il soggetto delle meditazioni dei più grandi filosofi e pubblicisti (e basti rammentar
il Vico e Mario Pagano), perchè vi si trovano le origini storiche dei più celebri popoli antichi, frammiste a racconti favo
li bisogna distinguerle e sceverarle. A quest’epoca si riferiscono le più straordinarie imprese condotte a termine colla fo
liberar la Terra dai mostri e dai tiranni, e sgombrar così la via dai più grandi ostacoli all’incivilimento dei popoli. E q
della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. Nel Medio E
soltanto spiegazioni al racconto dei molteplici fatti particolari che più ne abbisognano ; ma ho voluto premetter questi br
struzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca pi
i la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel ne
n critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella
ati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giova
che eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi
e a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l
rate dai Mitologi, dobbiamo ragionevolmente indurne che fossero anche più antichi del tempo in cui avvennero quelle, e già
ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa
e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troi
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
XXXII Gli Oracoli Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esistessero molti
significato facilmente s’intende dal contesto delle diverse frasi. I più noti e celebri Oracoli eran quelli di alcune dell
suna ebbe oracoli ; e piuttosto preferirono i Pagani di attribuirli a più d’uno degli Eroi o Semidei, come per esempio ad E
lapio, a Trofonio, ad Ercole, ad Amfiarao, ecc. Sommati giungeranno a più di quaranta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo
o credo che invece basterà descriverne tre o quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qual
osservazione che sia ad essi comune. Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello
alizzato, e reso indipendente e sacro. Il governo era aristocratico o più veramente oligarchico, dipendendo con assoluta au
devoto che ne avesse ottenuto dai sacerdoti il permesso. Nella parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una
one della loro fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Co
e che il sacerdote proferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo
poco frequentato appena che acquistò fama quello di Delfo, che era il più centrale della Grecia e rendeva responsi in un mo
o, che era il più centrale della Grecia e rendeva responsi in un modo più solenne e soddisfacente. Quanto all’origine del t
recia ; e lo stesso T. Livio ne adduce diversi esempi, tra i quali il più celebre è quello, già da noi registrato, dei figl
uzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica Rom
ra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non se
gnoranti, ma anche presso i dotti e sapienti. E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di tratt
di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di trattenermi. Che i più celebri Oracoli abbiano avuto origine nei tempi p
nei tempi preistorici è asserito non solo dai mitologi, ma da tutti i più antichi scrittori. I mitologi dicono (come notamm
selvaggia e brutale e condurli a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel che di Orfeo dice Orazio ne
oncetto si trovano d’accordo mitologi, poeti, storici e filosofi. Che più  ? Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza
lle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare
toria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Grecia289). Le più belle massime antiche morali e filosofiche eran c
tiche morali e filosofiche eran credute responsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile di tutte, espressa con queste
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
in senso lato sia riferibile a tutte le religioni pagane, è per altro più specialmente applicabile a quella dei Greci e dei
da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica
dio della Mitologia greca e romana sarà utile sempre, ed anche sempre più necessario, quanto maggiori progressi verranno a
e intendere un libro di poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro lingua
un libro di poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro linguaggio le immag
eologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mito
servarsi peraltro che nè Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più strani, oscuri o assurdi miti dei Greci e dei Lat
vece hanno preferito e trascelto quelli soltanto che racchiudevano le più belle immagini e i più chiari e notabili simboli
trascelto quelli soltanto che racchiudevano le più belle immagini e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza. L
li è necessaria a qualunque italiano desideri accostarsi « ……….. ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. »
tratti dalle migliori traduzioni italiane, e registro in nota alcune più speciali citazioni di erudizione linguistica e le
vi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e più alla portata della comune intelligen
lla cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e più alla portata della comune intelligenza. E poichè
ata della comune intelligenza. E poichè in questa classe si trovano i più degl’italiani e quasi tutte le donne italiane, ho
ssa riuscire accetto al maggior numero dei lettori. In compenso delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla illus
o libro troverà, che quasi tutte le scienze, dall’astronomia che è la più antica, alla geologia che è la più moderna, hanno
scienze, dall’astronomia che è la più antica, alla geologia che è la più moderna, hanno tratte dai vocaboli mitologici mol
cognizione della Mitologia. E poichè oggidì è riconosciuto e voluto, più che dai programmi governativi, dalla sana opinion
pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee
ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
razione, e come se fossero una sola guerra. Anzi poichè la seconda fu più terribile e più decisiva della prima, e da quella
se fossero una sola guerra. Anzi poichè la seconda fu più terribile e più decisiva della prima, e da quella in poi non cors
iù terribile e più decisiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove, fu più celebrata la G
rima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove, fu più celebrata la Gigantomachia ; e della guerra dei T
antar la guerra dei Giganti, e non dei Titani ; ma distratto da altre più facili poesie, e impedito poi dall’esilio non pot
nto dimostra che egli cantò dei Giganti e non dei Titani. Anche Dante più tosto che i Titani rammenta i Giganti che fer pau
esso fu soltanto un invasore fortunato che fece valere il diritto del più forte (jus datum sceleri) come vera e propria rag
diritto fosse degli Dei che rimasero vincitori, mentre in questa era più veramente dei Titani che furono vinti. Erano infa
i questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vide alcuno di quelli più mostruosi. Eran tutti però molto alti e grossi, t
fronti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più di venticinque braccia, ossia circa quattordici m
te non accenna di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e più grossi, come per esempio il gigante
a di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran molto più lunghi e più grossi, come per esempio il gigante Tizio che si
prossima antica città di questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei,
tere con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ; e tutto al più con quattro, secondo altri poeti, e tra questi an
nferno. Questa vittoria di Giove fu rammentata e celebrata da tutti i più illustri poeti antichi e moderni. Lo stesso Dante
i i più illustri poeti antichi e moderni. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’o
ù illustri poeti antichi e moderni. Lo stesso Dante la rammenta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportu
atta e della punizione dei Giganti, molte e strane vicende. Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata,
ielo « Di tuoni empie, di pomici e di fumo77). » Ed è questo uno dei più evidenti esempi a dimostrazione del modo con cui
ella Teogonia. » 68. Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e
E qui assumendo il tuono cattedratico proseguirebbe : « È il solfo il più comune fra i mineralizzatori di diversi metalli,
oppo lunga ; e se volete saperla, studiate la chimica, e vi troverete più maraviglie e metamorfosi, visibili e palpabili, c
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
dio delle principali idee religiose, politiche e scientifiche dei due più celebri popoli dell’Europa che fenno le antiche l
trani. » I loro filosofi per altro furono i primi a ridurle al. loro più vero significato, sceverandole dalle fantasmagori
tudiarsi la loro Mitologia. Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi
Natura degli Dei, sul Fato e sulla Divinazione furon considerati dai più scrupolosi Pagani siccome contrarii alla religion
primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. Andando su queste tr
se più spesso di quei della Bibbia. Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di m
i della Bibbia. Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologich
ne avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente interpretazio
ell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente interpretazione dei miti a
ienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto
erfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitol
onevano, cioè il Fuoco ossia la Luce, l’Aria, l’Acqua e la Terra. Che più  ? anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza del
ustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colom
di cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo personificate le più grandi leggi fisiche e le più notabili idee della
a prima Parte troviamo personificate le più grandi leggi fisiche e le più notabili idee della vita morale e sociale, proced
endo alla seconda Parte vi troveremo l’applicazione di quelle ai casi più speciali ed anche individuali. Nella terza poi ve
civiltà e della loro storia nazionale. Passata quest’epoca, che è la più poetica e che ha dato origine e materia ai più ce
quest’epoca, che è la più poetica e che ha dato origine e materia ai più celebri poemi epici, si continua la personificazi
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
re strani e irrazionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di Giunone. Ma poichè amm
Giunone. Ma poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decre
è maggiormente diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi pregi nella
rarissimi pregi nella Metallurgia. A Vulcano infatti attribuivansi i più mirabili lavori in metallo, dal carro e dalla reg
o in mano un martello e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. Molti sono i lavori di
vori e operazioni proprie soltanto degli esseri animati (e quel che è più , mirabile anche delle persone che ragionano ed ha
ita, come si racconta, da costruire una colomba volante. Altri automi più semplici, e non di umana forma, ma non meno mirab
tto il fine e l’effetto ! Perciò in oggi si stimano, e sono veramente più utili gli automi che lavorano più e meglio degli
n oggi si stimano, e sono veramente più utili gli automi che lavorano più e meglio degli uomini e risparmiano loro la fatic
gli orologi ; e si può asserire che anche i girarrosti a macchina son più utili degli automi di animali nuotanti e volanti,
truzione meccanica a Vulcano, tanto i mitologi quanto i poeti dissero più spropositi che parole, perchè non avevano veruna
marono per secoli e secoli a questa prima osservazione, e non andaron più oltre191, lasciando ai moderni, e specialmente ag
rni, e specialmente agli italiani, (Galvani e Volta), la gloria delle più grandi scoperte e delle più utili applicazioni de
liani, (Galvani e Volta), la gloria delle più grandi scoperte e delle più utili applicazioni della elettricità 192. Così la
ndo essi che risulta egualmente da combustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli astronomi mo
bo ; e che le stelle non sono che altrettanti Soli generalmente molto più grandi del nostro, ma composte presso a poco degl
d era considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutti feroci ed antropofagi. Abitava
ei Ciclopi. Se ne trovano principalmente in Grecia e in Italia ; e le più antiche sono per lo più attribuite ai Pelasgi. In
o principalmente in Grecia e in Italia ; e le più antiche sono per lo più attribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il nome
le greche che significano spontaneo movimento, o come direbbesi anche più precisamente con vocabolo derivato dal latino : s
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
i ; e che perciò v’era bisogno che fossero sottoposti a qualche altra più potente divinità che li raffrenasse ; diversament
già quella dell’Asia Minore situata fra la Troade e l’Ionia, e detta più anticamente la Misia, ma corrisponde al gruppo de
puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poeti
ibuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantunque nella stessa regione
giunse « Per nodo marital suore e fratelli, « Che avean degli anni il più bel fior sul volto. « Costoro ciascun dì siedon t
i Titani, e dell’Aurora ; e quelle loro genealogie furono accolte dai più . Si eran provati pur anco ad inventare che i Vent
ribuire ai Venti distinte personalità e porle in azione. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea
tinte personalità e porle in azione. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e di Zeffiro, narran
cui dovremo parlare nella spedizione degli Argonauti. La spiegazione più semplice e più naturale del ratto di Orizia è, se
rlare nella spedizione degli Argonauti. La spiegazione più semplice e più naturale del ratto di Orizia è, secondo Platone,
cui inevitabilmente incappano sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò Eolo ed i Venti figurano molt
E siccome i nomi che diedero i Greci e i Latini ai Venti sono per lo più adottati anche dai poeti italiani, e inoltre ne d
ttissima essendo e timida la loro navigazione, perchè andavano per lo più costeggiando, e poco si azzardavano in alto mare.
nte i poeti, nominano l’un per l’altro quei Venti che spirano tra lor più vicini, ossia usano i loro diversi nomi come sino
sinonimi Borea ed Aquilone ; Austro e Noto ; Zeffiro e Favonio, ecc. Più esatto di tutti è Dante, perchè più scienziato, e
e Noto ; Zeffiro e Favonio, ecc. Più esatto di tutti è Dante, perchè più scienziato, e inoltre impareggiabile anche in ast
e affermare che i 7 celesti candelabri ardenti non li spengerebbero i più opposti e gagliardi venti, egli dice « Che son s
i dice « Che son sicuri d’Aquilone e d’Austro, » nominando i venti più opposti e più procellosi. E finalmente terminerò
son sicuri d’Aquilone e d’Austro, » nominando i venti più opposti e più procellosi. E finalmente terminerò col rammentare
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
o poi lasciò scritto che Venere nacque dalla schiuma del mare. Questa più strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza
strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza della prima che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il gr
ome di Afrodite, che significa appunto nata dalla schiuma. Alcuni dei più fantastici mitologi e poeti aggiungono, che le ac
la Bellezza è figlia del Cielo, e che nel globo terraqueo manifestasi più che altrove sul mare. Ma ambedue queste origini c
con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere
l necessario complemento della Bellezza e dell’Amore. Anzi i filosofi più sapienti aggiunsero che le Grazie dovevano interv
gane ed allo stesso Giove furono attribuiti difetti e vizii, a Venere più che mai. Cominciarono a dire che questa Dea, per
i vi aggiunsero che per voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più era zoppo e tutto affumi
oler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’
inventare aneddoti scandalosi su questo tema, che spesso deturpano le più belle poesie dei classici antichi. Perciò Ugo Fos
endea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi di più sana mente avean dovuto immaginare un’altra Vener
rnarsene quando si presentò a Paride che doveva decidere chi fosse la più bella tra le Dee. Oltre Cupido, Imene e le tre Gr
ità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più invidiabile degli imenei la bella e vivacissima P
i dolori, gli starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modificazioni più o meno morbose o moleste del nostro corpo. Psich
uo fratello Cupido, con volto serio e riflessivo, perchè non v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ;
on volto serio e riflessivo, perchè non v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ; con una face ardente
Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose. La rosa erale sacra perchè per bellezza e f
ghiale. A Venere fu dedicato il venerdì ; e di Venere ebbe il nome il più bello e rilucente dei pianeti primarii, « Lo bel
27 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
Italiani, operosi e temperati a un tempo di un mistico contemplativo, più eloquentemente che non ha saputo fare ogni altro
ti interpetrare non poca parte della Mitologia, e quanto in essa è di più interessante, non essendo il rimanente, che o ver
po dovizioso delle opere di loro, e per impromettere a questo dettato più lunga erudizione, e per più copiosamente interpet
loro, e per impromettere a questo dettato più lunga erudizione, e per più copiosamente interpetrarlo. Perciò non ci cade du
è il carattere della verità, abbraccia la Chiesa cattolica nel senso più esteso della parola, cioè la società divina ed in
ilosofia in non pochi luoghi di Europa : un Giove che dicevano essere più alto della cima de’monti, onde Platone disse esse
che si diffonde dappertutto. E questo modo di concepirsi gli Dei non più porgeva miti di narrazioni vere, ma fittizie, imm
oso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più deboli, rimanevano ad oppugnare ancora le sorti,
danze e conviti, in somma con la imitazione de’vizi de’loro maggiori, più che le anime degli antenati, poste tra i numi, o
politico il raffinamento di un saggio governo ; il filosofo la parte più bella della morale. Altri riponendo un’allegoria
egorie cosmico-fisiche. E Giamblico portando in mezzo le autorità dei più saggi sacerdoti Egizii, vuole che la religione e
a Discordia fece cadere in mezzo al convito degli Dei, per darsi alla più bella delle Dee, quando da Giove scelto Paride pe
ne, a Minerva od a Venere, ei donollo a Venere, che gli prometteva la più bella donna del mondo : favola mista di allegoria
lo, Mercvrio, Marte, Vvlcano, Bacco, Ciclopi. 11. Senza voler perdere più tempo in interrogare i monumenti letterarii a noi
i letterarii a noi rimasti fra gli avanzi e la polvere dell’antichità più remota, e discoprire le cagioni produttrici del p
suo esercito nelle Indie dalla pestilenza, Bacco menollo in un luogo più salubre detto femur, coscia, e così immaginossi l
r da una parte, or da un’altra. A lui si innalzavano simulacri per lo più nudi, volendosi esprimere gli animi degli ebrii a
assegna lo imperio dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura di tutti gli altri elementi(1). Perciò i g
Altri poi lo ricercano nell’aria, e vogliono esser l’aere densissimo più vicino alla terra. Il più saggio tra tutti i roma
ll’aria, e vogliono esser l’aere densissimo più vicino alla terra. Il più saggio tra tutti i romani, lo immenso Varrone, in
terra, ove tutte le cose vengono generate. Altri ancora(2), facendosi più innanzi, dimostra, che presso gli Egizii Plutone
; e di Macrobio che vuole essere Iao, cioè lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, che porta il nome di Plutone
tiste delle Muse ; e gli si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più vocale e più candido di questo. 22. Tutta la Grec
use ; e gli si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più vocale e più candido di questo. 22. Tutta la Grecia celebrava
a le pene de’nobili appo i Persiani e gli Americani di spiccare uno o più capelli dalla loro chioma : e forse quindi disser
ffinchè i simulacri di lui con l’addizione delle pietre addivenissero più appariscenti. 28. Lo immenso scrittore della Scie
ppo nel moto del suo vampo. A Vulcano si dava per consorte Venere, la più bella infra le Dive ; perciocchè le arti, di cui
delle Opere della Natura (1), e qui lo ripetiamo per dare ad esso una più estesa interpetrazione. È desso un trastato tutto
de’semi, e Plutone il sole, che in tempo d’inverno percorre le parti più remote del mondo, onde vogliono di venire da lui
o, in concreto dissero capo… In cotale favola i filosofi ficcarono la più sublime delle loro meditazioni metafisiche, che l
one ad essi attribuiva. Venere anticamente chiamata Calisto, ossia la più bella, Venere che con tanta pompa esce dal grembo
ελπη canto, indicavasi lo insinuarsi de’melodiosi concenti per le vie più secrete del cuore. Per tersicore dal verbo τερπω
ano che una simbolica ed una allegoria, con cui si voleva esprimere i più preziosi beni, tutti i più puri piaceri, che l’uo
a allegoria, con cui si voleva esprimere i più preziosi beni, tutti i più puri piaceri, che l’uomo deve promettersi ne’suoi
, de’quali hanno provato la munificenza. Si rappresentavano nella età più fresca di giovinezza, per indicarsi, che la ricor
, e con questo volevasi esprimere, che le amabili qualità sono i nodi più dolci della famiglia umana, od ancora, che l’uomo
o la terra con alternative piede — nude per indicarsi che nulla torna più gradevole della semplice natura — moventisi a dan
a farle, nè forza umana a compierle, onde si disse di esservene stato più di uno ; se pur con più ragione non si voglia dir
a compierle, onde si disse di esservene stato più di uno ; se pur con più ragione non si voglia dire, che a questo parto de
dire, che a questo parto della immaginazione si attribuirono tutte le più grandiose azioni eseguite di tempo in tempo da ta
iti di altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendogli di recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con nuovi sussid
quando il Sole nel Solstizio estivo entrava nel segno del Leone, meta più sublime del suo corso. 63. A rafforzare quanto fi
ata al sistema planetario, onde questo Nume sconosciuto dai Greci, il più antico Genio, che si a stato consacrato da’ Roman
ammonticchiamento, andarono ad occupare nuove sedi : in alto la luce, più vicino a questa l’aere, in mezzo la terra ed il m
rgine ancora, sperando di sorgere queste mie brevi parole ad altri di più alta intellettiva e di miglior fortuna di incitam
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
iglia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli storici pongono Argo fra le più antiche città della Grecia, trovano la conferma d
e di Forco divinità marina, e perciò le chiamavano ancora le Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà di ca
rtò sempre seco e se ne servì utilmente per far diventar di sasso chi più gli piacque, come vedremo. Intanto sarà bene nota
tentissimi aiuti, il Pegaso e il teschio di Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo
venne Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arm
rchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e poten
da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nereidi. Nel tempo che l’Orca avanzav
a non potendo pervenire ad uccidere il mostro colla spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio di
paura di Arianna di poter essere divorata da quel piccolo mostro poco più grosso di un granchio. Si crede opera degli scola
riche dei popoli antichi nella Mitologia. Infatti la Cronologia greca più comunemente seguita, ed anche adottata dallo stes
ua Storia Universale), pone Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più di 1900 anni avanti l’era volgare ; e perciò alme
to più di 1900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico di Mosè. Perseo poi è considerato come con
delle Odi Pitie e Ovidio nelle Elegie e nelle Metamorfosi, e inoltre più e diversi poeti italiani. Vi si aggiungono altres
nea di bronzo come luogo della reclusione di Danae. Ma ai poeti parve più bella e più poetica la torre. 49. « Gorgonis
o come luogo della reclusione di Danae. Ma ai poeti parve più bella e più poetica la torre. 49. « Gorgonis os pulcherri
il vero), « Quell’era un negromante, e facea spesso « Quel varco, or più da lungi, or più da presso. « Volando talor s’alz
l’era un negromante, e facea spesso « Quel varco, or più da lungi, or più da presso. « Volando talor s’alza nelle stelle « 
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
uori dell’ordine naturale, che perciò appunto si dicono prodigiose, e più veramente favolose. Sulla nascita di Bacco venner
piaceva il vino, e che ne istillò il gusto al suo allievo, cosa molto più facile che istillare il gusto delle belle lettere
ta regione. Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in te
o il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed emble
, poichè ne formavano il verbo bacchari che significa infuriare, e in più mite accezione abbandonarsi a smodata allegria. I
vata e riprodotta sino a noi nel nostro carnevale, che in altri tempi più antichi dicevasi ancora carnasciale 199. Nel cort
, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno di questi, benchè più raramente, nei poeti italiani. Convien qui rammen
ta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’
gozzoviglia. In questo senso l’usò anche il Petrarca in uno dei suoi più celebri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo i
Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più filosofi naturali che gli altri.
o fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più filosofi naturali che gli altri. Imperocchè poco
a vite cola. » Lo stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un c
so « Di quel Sol che in Ciel vedete, « E rimase avvinto e preso « Di più grappoli alla rete. » Ma la chimica soltanto col
i per mezzo della luce, del calorico e della elettricità può darne la più razionale e probabile spiegazione. Quasi tutti i
ingono amantissimi : vale a dire adottano e celebrano, come è uso dei più , gli errori e le fantasie popolari predominanti.
rna in senso figurato, tanto in latino quanto in italiano, significhi più comunemente superbia e oltracotanza, si può dedur
» 203. Il crotalo era uno stromento a percussione, composto per lo più di due pezzi concavi di metallo (ferro o bronzo),
sembra preferibile agli altri due vipistrello e pipistrello, perchè è più simile al latino vespertilio, di cui ci dà l’etim
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
o in greco e l’altro in latino64 ; e sul duce o principal personaggio più e diverse tragedie antiche e moderne ; ed inoltre
chiamano questa costellazione l’animal di Frisso ; e Dante l’appella più volte antonomasticamente il Montone, siccome il p
e Dante l’appella più volte antonomasticamente il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre di quanti
lla più volte antonomasticamente il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre di quanti montoni sieno
onomasticamente il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre di quanti montoni sieno esistiti giammai
lto secondaria ; ma appunto per questo vi è maggiore unità e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone era fi
a ; ma appunto per questo vi è maggiore unità e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio di Esone
ovare le loro provvisioni da bocca, perchè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe, era anche il più gran divor
chè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe, era anche il più gran divoratore, e mangiava per cinquanta, bevend
otono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son comuni alla maggior parte dei viaggi marittim
un episodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e rammentato più d’una volta dall’Alighieri, cioè la liberazione d
e e smorte, « Per lunga fame attenuate e asciutte, « Orribili a veder più che la morte. « L’alacce grandi avean, deformi e
hi del suo poema, narra la liberazione del Senàpo dalle Arpie in modo più maraviglioso di quello dei poeti classici greci e
va ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè di cibo nè d’altro hanno più cura. « Subito il paladin dietro lor sprona ; « V
o albergo ricondotta, « E già sin di Cocito in su la proda « Scesa, e più là, dove quel suon non s’oda. » E così l’Ariosto
o e non volle seguitare il viaggio. Per quanto cercasse, non lo trovò più  ; e fu detto dai poeti che le Ninfe Naiadi avevan
der la compagnia del loro carissimo Panfago, perchè poteron procedere più speditamente, alleggerita di quel grave peso la n
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
udeltà ed alla barbarie univasi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli non era un Dio, sarebbe tocca
i di questo animale con quelli di quel re bestiale, primo modello dei più efferati tiranni. Giove tornato in Cielo radunò i
mini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che umana. Mise in discussione soltanto se per me
per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria ma
l monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopolare il mondo. L’oracolo rispo
anto biblica, ma pur anco mitologica, ossia affermata nelle diverse e più opposte religioni e credenze ; e vi si aggiunge l
te e dimostra il gran cataclisma del diluvio. In geologia si parla di più d’uno di questi cataclismi dei tempi preistorici 
onevasi nemmeno che potesse esistere, ha fatto e va tuttodì facendo i più mirabili progressi, e risolve i più ardui problem
, ha fatto e va tuttodì facendo i più mirabili progressi, e risolve i più ardui problemi dei tempi preistorici, non già int
i più ardui problemi dei tempi preistorici, non già interpetrando le più o meno antiche tradizioni, le più o meno veridich
eistorici, non già interpetrando le più o meno antiche tradizioni, le più o meno veridiche cronache o istorie, ma studiando
rancese roche, in inglese rock e in tedesco felsart. 89. Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i te
o caratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostandosi più alle materie o roccie sedimentarie. Finalmente ch
trasformate. Questa denominazione fu proposta da sir Carlo Lyell, il più celebre dei geologi inglesi. Infatti, secondo la
. Infatti, secondo la teoria di Hutton, adottata generalmente come la più probabile, dice il geologo Strafforello, i materi
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
ocìnio, come avvenne difatti. Giove, il supremo degli Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o g
profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò. Fra i più celebri si annoverano Prometeo ed Epimeteo, di cu
ora incomincia la favola. Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, ra
ometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli i
ritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamar
ntro che la speranza82). In tutto questo racconto mitico Giove non fa più la figura del Dio che giova, del Dio benefico, ma
idioso, maligno e malefico. Questo è l’ordito della favola, secondo i più  ; ma poi vi si fanno sopra tanti ricami e intorno
Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui
i esso significa le traversie e le persecuzioni immeritate che per lo più si ricevono dai grandi inventori invece del merit
e cose 84), diceva Virgilio ; e in oggi spingendosi le scienze sempre più arditamente e con prospero successo a far mirabil
ca l’opposto, cioè improvvido o incauto, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dot
to, sì riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei su
poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giun
parve brutto e deforme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
gl’individui, o vogliam dire i singoli prodotti naturali. E a render più facile il còmpito di chi vuole imparar la Mitolog
la loro potenza. Abbiamo notato nel principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, p
li Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per
e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per gli altri Dei che
ulio o Stercuzio, così detto perchè aveva inventato il modo di render più fertili i terreni col fimo o concime. Plinio asse
umentati da quell’epoca al tempo in cui scriveva S. Agostino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libert
o adorati dai Simoniaci, e dichiarando che questi Dei son cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il comput
cento7 ? » Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo st
ntarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati. 1. Quindi ebbero origine i lib
o almeno una volta tutta la Divina Commedia sa bene che vi si trovano più e diversi latinismi, o vogliam dire parole di for
orate per adorate, che è una licenza poetica chiamata aferesi. 8. I più dotti commentatori di Dante, e tra essi anche il
 : « per quanti idoli adorassero i pagani, voi ne adorate cento volte più , che vi fate idolo ogni moneta d’oro e d’argento.
la Lupa, « Che mai non empie la bramosa voglia, « E dopo il pasto ha più fame che pria. »
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
anime dei buoni235. Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed Enea
lici e de’beati « Giunsero alfine. È questa una campagna « Con un aer più largo, e con la terra « Che d’un lume di porpora
a e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raffrenar coll’imper
Omero e negli altri poeti greci le idee su tal proposito furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità
rista « Circonda ognor pernizïosa notte. » (Trad. di Pindemonte). La più bella fabbrica dell’Inferno è quella che Dante ha
erchio che si trova, poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali, vanno gradata
che e le proporzioni matematiche in modo così esatto e preciso, che i più dotti commentatori della Divina Commedia dalle in
che pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capaci
rficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cubi, vi possono st
enti chimici sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e
tinto in dieci valli il fondo. « Quale, dove per guardia delle mura «  Più e più fossi cingon li castelli, « La parte dov’ei
in dieci valli il fondo. « Quale, dove per guardia delle mura « Più e più fossi cingon li castelli, « La parte dov’ei son r
esuita, nel suo libro intitolato Il Sole : io ne citai le espressioni più chiare e precise nella Cosmografia al cap. xxiii.
ise nella Cosmografia al cap. xxiii. Quando si trova un gesuita tra i più zelanti antesignani di una ipotesi scientifica, a
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di co
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno di essi p
ggendo il titolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che pure è conosciuto comunemen
umi, il re del Cielo, il padre degli uomini e degli Dei. E questo Dio più potente di Giove era il Fato. Il Fato 14, detto a
elle umane vicende. Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo di Fato o Destino sia comune e frequent
r don che Dio per sua larghezza « Fesse creando, e alla sua bontate «  Più conformato, e quel ch’ei più apprezza « Fu della
za « Fesse creando, e alla sua bontate « Più conformato, e quel ch’ei più apprezza « Fu della volontà la libertate, « Di cu
ione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destinate a produrre certi determinati effe
te il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cic
empii e adoratori, tanto in Grecia quanto in Italia, e in Roma stessa più che altrove. Rappresentavasi come una donna stant
Inferno da Virgilio poeta pagano, e perciò quella dipintura ha tinte più proprie del paganesimo che del cristianesimo. Ma
lamentano pietosamente della inesorabilità del Destino come qualunque più misero mortale. 14. La parola Fato deriva dal v
l Lotto, ove per altro, se l’aritmetica non falla, è cento mila volte più probabile perdere che guadagnare.
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
er frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse di s
ppresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel rappresentare i Satiri non seguono servilment
resso a poco alla forma ordinaria degli uomini ; ma però con fattezze più proprie della razza etiopica o malese, che della
tterati chiamano Satira un componimento che ha per oggetto la censura più o meno mordace degli altrui detti o fatti14. Sil
detti o fatti14. Sileni dicevansi i Satiri quand’eran vecchi ; e il più celebre di questi è quel Sileno che fu Aio e comp
uralisti per altro sin dal tempo di Linneo pare che li considerassero più bestie che uomini, poichè usarono a guisa di nome
nell’ottobre quasi in ringraziamento della già compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. Opportunamente gli era da
a, e fiori spuntano sul terreno ov’ella posa le piante. Di mezzo alle più graziose fantasie poetiche degli antichi Mitologi
almente questo Dio, che peggio non avrebbero fatto nè detto contro il più vil dei mortali23. Un Nume di origine romana, e s
lle della cacciata dei re24. Così solennizzavano contemporaneamente i più preziosi diritti del cittadino, la proprietà e la
taliani, putirebbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più semplice e più dell’uso comune pelle tigrata. Ma
bbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più semplice e più dell’uso comune pelle tigrata. Ma il verbo pilucc
ed aveva un tempio in Roma sotto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella
le stesse Feste nel libro 2° dei Fasti. Ne riporto alcuni distici dei più notabili per chi studia il latino, o come grata r
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
aggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazioni.
rati come rappresentanti altrettante divinità. Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa
i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia di u
ò che raramente trovasi rammentata e rappresentata come Dea, e per lo più confondesi coll’ Abbondanza di tutte le cose natu
losofico. Così Dante nel descrivere i Giganti, che ora fortunatamente più non esistono, dice : « Natura certo, quando lasc
e. » Non di rado significa ancora il complesso delle cose create. Ma più frequentemente per Natura s’intende l’essenza deg
è naturale ; naturalmente ; per natura, o di natura sua e simili. Di più nella lingua italiana, oltre il verbo naturare ch
usi e significati della parola Natura e suoi derivati, credo che sia più utile per la studiosa gioventù, che una eruditiss
i che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che si
ù d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo s
essa Genealogia Deorum del Boccaccio (che raccolse tutte le diverse e più disparate opinioni degli autori antichi), molte d
i gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci d
fici e le imprese degli altri loro omonimi. Questo compenso preso dai più celebri poeti latini, e adottato dai poeti italia
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
gli spiriti, come poi si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra gli antichi Germani ; e che non s
si Dei davansi tra loro per onorificenza questo titolo. Perciò sembra più di tutte probabile la interpretazione della parol
todèmoni e in cacodèmoni, cioè in buoni e in cattivi spiriti. Anche i più celebri filosofi della Grecia, anzi del mondo, ci
e poi di Socrate sull’esistenza dei Dèmoni o Genii non potrebbe esser più manifesta ; sapendosi da’suoi stessi discepoli Pl
i ; ma per altro hanno quasi sempre qualche distintivo, perchè per lo più tengono nelle mani la patera o il cornucopia. Cos
i pagani furono ammessi anche nell’arte cristiana, e si vedono per lo più nei monumenti sepolcrali in atto mesto e colla fa
ero i Genii delle città e dei diversi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto
del Manzoni, e del Giusti, in cui trovasi usato il vocabolo Genio in più e diversi significati ; e confinerò qualche prosa
nfinerò qualche prosaica osservazione filologica in una nota, essendo più che persuaso, convinto, che la poesia è più gener
gica in una nota, essendo più che persuaso, convinto, che la poesia è più generalmente gradita che non la filologia. Il Cec
intitolato : La Bellezza dell’Universo, usa la parola Genio nel senso più generale : « Ferve d’alme sì grandi e non indarn
sue impareggiabili poesie usa molte volte il termine Genio, e per lo più nel significato d’ingegno straordinario e inventi
figlia è di natura, « E in parte ha forma della madre, in parte « Di più alto esemplar rende figura ; ecc. » (A Gino Capp
o in questi termini : « Di una persona eccellente nella sua arte o in più discipline si ode dire spessissimo : È un genio. 
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
XXI Minerva Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita di Miner
ove. Se null’altro avessero aggiunto, era questa, com’è veramente, la più bella e sapiente allegoria, significando essa che
gi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor di testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mandò a chiamare Prometeo, o
cretò che avrebbe questo privilegio quel Nume che producesse una cosa più utile al genere umano. Gli altri Dei lasciarono l
nerva. Quegli fece nascere il cavallo e questa l’olivo ; e fu stimato più utile l’uso dell’olio che quello del cavallo. Min
ella sapienza inventarono le scienze e le arti, e divennero il popolo più civile165 e ingegnoso che sia mai esistito166. L’
n si compiono senza il favore di quella. Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente questa
ella salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa
esta statua era chiamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la s
ne, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avan
ron sì civili. » (Purg., vi, 139). 166. Tanto è vero che qualunque più illustre città moderna non ambisce un maggior tit
a Firenze di esser detta l’Atene d’Italia, dopo che sorsero in essa i più grandi scrittori, che il suo dialetto meritò di d
anco quello delle scienze e delle arti. 167. Tra questi periodici il più accreditato e diffuso è l’Ateneo inglese che si p
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
b. iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono neppure i più strani ed assurdi miti della greca mitologia inve
do la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abbastanza forte contro le pros
religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo scopo altamente sociale per cui fu istituita
sociale per cui fu istituita. In Roma insiem coi vizii penetrarono le più strane idee religiose contrarie affatto alla buon
consesso qualunque mortale benchè scellerato ed empio, come furono i più degli Imperatori romani. Contemporaneamente a qu
si tutti i sacerdozii del Politeismo, incluso quello delle Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furo
esimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeism
al termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentil
iteismo e di gentilesimo 169. Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti di morale univa la principal massi
, e perciò favoriva e comandava l’abolizione della schiavitù, anche i più rozzi ed ostinati contadini cominciarono ad appre
ni, perchè il vocabolo gentili ha due altri diversi significati : uno più usato e comune invece di cortesi ; e l’altro lega
ndicare le persone della stessa famiglia, la quale in latino dicevasi più comunemente gens, mentre familia significava anch
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
no degli alberi. Perciò il loro numero non potrebbero dirlo nemmeno i più valenti Geografi, in quanto che non sono stati a
ppresentate come giovinette ingenue, semplicemente vestite, e tutt’al più ornate di fiorellini campestri come le pastorelle
chè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. Molte di quelle Ninfe a cu
a in acconcio di far parola di qualche altra che non troverebbe luogo più opportuno altrove. Tra le quali son da rammentars
enuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’una volta a questa favola, come, per esempio, n
tea è molto rammentata, specialmente dai poeti latini, come una delle più belle Ninfe ; e dicono che se ne fosse invaghito
o gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degli Uf
verso e in prosa la parola Ninfe anche in argomento religioso. Tanto più dunque, concluderemo, in soggetti profani. Infatt
oi al Ninfale del pioppo (N. populea) assegnarono anche un altro nome più familiare e comune, tratto parimente dalla Mitolo
olar costruzione architettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle
ta il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più doviziosi cittadini, ove, oltre le acque scorrent
possedeva. Questo corno fu detto in latino cornucopia, e in italiano più comunemente il corno dell’abbondanza, come signif
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
Se i Mitologi ed i poeti inventarono le Divinità delle fonti, tanto più è presumibile che non avranno mancato d’immaginar
scondesse il suo capo in ignote terre26 ; e per quanto i Geografi e i più arditi viaggiatori si sieno affaticati a cercarlo
a far capolino tra i monti dell’Abissinia e si ritiri sempre un poco più in là. Il Padre Tebro poi, ossia il fiume Tevere,
alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due co
Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle sue rive, o che sono pa
di lui Deianira in isposa. E di questa pugna dovremo parlare altrove più a lungo. I fiumi poi della Troade eran piccini, m
agli strali d’Apollo ! Oh foss’io morto « Sotto i colpi d’Ettorre, il più gagliardo « Che qui si crebbe ! Avria rapito un f
i sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti
so due nomi dati all’istesso oggetto o alla medesima persona. Il nome più antico è attribuito dal poeta al linguaggio degli
nome più antico è attribuito dal poeta al linguaggio degli Dei, e il più moderno a quello degli uomini. Nel caso di cui si
o degli uomini. Nel caso di cui si parla nel testo il Xanto è il nome più antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’o
i si parla nel testo il Xanto è il nome più antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
ei dizionari etimologici delle lingue dotte e in quelli enciclopedici più moderni9. Bacone da Verulamio, che nel suo libro
one che soglion dare delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più specialmente delle corna, dei velli e degli zocco
sti tre distintivi non sarà inutile dar la spiegazione, perchè riesce più concludente. Infatti, essendo il Dio Pane conside
io ; e, com’è suo stile di esser concisissimo e presentare al lettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, p
esser concisissimo e presentare al lettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, poichè con una sola similitu
assonnaro « Gli occhi spietati, udendo di Siringa, « Gli occhi a cui più vegghiar costò sì caro ; « Come pittor che con es
gio diadema a Cesare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più volte nelle sue opere, e specialmente nelle filip
le, dopo avere asserito che il Dio Pane soggiornando nelle solitudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da que
si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti gli uomini, chi più , chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come imm
i, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa di qualunque altra vana paura la supersti
rsam Naturam sub persona Panis diligentissime descripserunt. » E poco più oltre aggiunge : « Pan (ut et nomen ipsum etiam s
« Di Orazio sol contra Toscana tutta » dichiara che questo fatto era più famoso che credibile : « Rem ausus plus famae hab
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
ione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elementi del Caos. Er
chi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elementi del Caos. Erravano dunque m
ini e di tenerle soggette ; e con false immagini e miracolose, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pas
ggette ; e con false immagini e miracolose, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pascevano di vane illu
e benigna, » per rimuoverli dalla vita selvaggia e vincolarli in un più umano consorzio. Così, trovando il terreno prepar
dell’Universo, e primo d’ogni altro il Cielo, che perciò fu detto il più antico degli Dei. Personificato il Cielo, ossia c
. Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò lo stipite della celes
, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciut
erschel nel 1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al centro del loro sistema planetario avev
a planetario avevano dato il nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè di Saturno
o quello del padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
e opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre es
icella dell’aura divina 27). Questa per verità apparisce una opinione più filosofica e biblica28) che mitologica. Di altre
condiglio, perchè vi si era nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30. I più credono che fiorisse l’età dell’oro in quel tempo
fficacia ? E riguardo al morale, ognun sa che vi sono uomini e popoli più o meno malvagi, ma non è cangiata o guasta l’uman
quisquilie letterarie, saria meglio impiegarlo « ….. in qualche atto più degno « O di mano o d’ingegno, » come suggerisce
egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di
o della Repubblica. Davasi, come si dà tuttora, il nome di Saturno al più distante dei pianeti visibili ad occhio nudo37),
ima di tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e li rese così più sicuri del loro nutrimento al cessare dell’età de
rtali presso gli altri Dei. Ecco uno dei molti casi mitologici in cui più e diversi attributi ed uffici si riunivano in uno
va chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e per poco
antichi scrittori latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola di questi Giani, che corrispondevano
suo figlio nel De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa eran più bravi di qualunque filosofo per saper far denari
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
Cielo in Terra per farla servire alle loro male arti. Orazio rammenta più volte (ma ironicamente, perchè non vi credeva) qu
fu sempre un terreno fertilissimo da allignarvi e crescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia di tutti i tempi lo
rmani regolavano le loro imprese secondo le fasi lunari ; e stimavano più propizia per loro la luna nuova 139. In Roma v’er
iato in una costellazione detta Arctophylax, cioè custode dell’Orsa : più comunemente però si chiama Boote, ossia il bifolc
vicinissima a quelle, e di certo non si scosta mai da quel posto. Una più terribile punizione inflisse Diana al cacciatore
ntico paganesimo. Il volgo però vi presta va pienissima fede, e tanto più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei
e da questa Dea eran poi ben volentieri divorate dai poveri. In tempi più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tu
itolo di Lucina dato anticamente a Giunone (come dicemmo nel N. XV) è più confacente a Diana, perchè Lucina, come dice Cice
iana, perchè Lucina, come dice Cicerone, deriva a lucendo, ed appella più propriamente alla Luna145. Diana aveva in Efeso u
in cielo, in terra e nell’ inferno mostri « L’alta bellezza tua sotto più forme. » 136. Orazio nell’ Ode 5 del lib. v,
ellezione di Boote, perchè è vicina al polo, « …..dove le stelle son più tarde, « Siccome ruota più presto allo stelo. » (
è vicina al polo, « …..dove le stelle son più tarde, « Siccome ruota più presto allo stelo. » (Dante, Purg., viii, 86.)
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
sissima l’andare ad assaltarlo là dentro. Perciò il re invitò tutti i più coraggiosi e prodi giovani della Grecia a prender
a caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro. Accorsero all’invito i più distinti eroi che vivessero in quel tempo : alcun
i eroi che vivessero in quel tempo : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre più importanti e mi
 : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre più importanti e mirabili imprese, come Giasone che f
ri eroi intervenuti a questa caccia, dei quali non si conoscono fatti più celebri di questo, ne diremo qui brevemente quant
di questo, ne diremo qui brevemente quanto è necessario a sapersi. I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e d
na donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell
l destino della vita di Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, ch
o che già ardeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care e più preziose. Ma quando seppe che Meleagro
rdeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care e più preziose. Ma quando seppe che Meleagro aveva ucci
rrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantal
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
tte loro, derivati dai luoghi ov’esse abitavano ; i quali termini son più usati dai poeti greci e latini che dagl’italiani.
altro Ugo Foscolo ne ha intredotto, nel suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello
r canto i deserti e l’armonia « Vince di mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli ap
l’armonia « Vince di mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli appellativi delle Muse
Canto i della Gerusalemme liberata. « Sai che là corre il mondo ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. »
glie di Pierio re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi più valenti di loro ; ma furono facilmente vinte, e i
e nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di Apollo, che in un modo più tremendo (e diremo ancora crudele) fece scorticar
iove, e non potendo vendicarsi contro di esso, perchè era suo padre e più potente, uccise i Ciclopi che fabbricavano i fulm
sa e trionfale, « Onor d’imperatori e di poeti. » Dante stesso parla più volte del legno diletto ad Apollo, della fronda P
l cervio gli occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bionde. » Più tristi effetti ebbe per Apollo la morte del giovi
al benedetto vaso (all’Arca) « Trescando alzato l’umile Salmista, « E più e men che re era in quel caso. » (Purg., x, 64.)
i di Parnaso, vuol significare che ha bisogno di tutte le forze della più sublime poesia. 129. Neppure i poeti latini del
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
se adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero «
. La Divinità non ebbe mai in alcuna lingua un nome etimologicamente più bello, poichè anche più della giustizia e della c
mai in alcuna lingua un nome etimologicamente più bello, poichè anche più della giustizia e della clemenza è bella la benef
Dei superiori62. La dignità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più sommi con espressioni veramente subl
62. La dignità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più sommi con espressioni veramente sublimi. Virgilio
utto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar d
uale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di
cialmente i Francesi, corno di Ammone. Ecco un’altra scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di
di adottare nel linguaggio scientifico i termini della Mitologia. La più bella e sublime immagine della potenza di Giove,
è divenuto in oggi tanto comune e familiare, che anche i giornalisti più prosaici fanno lusso e spreco dell’espressione mi
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
attortigliati due serpenti ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essend
iva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevano di più caro e prezioso. E perciò dicono che Mercurio anc
ra l’armonia del linguaggio, ma sì la coltiva e l’adopra per iscender più facilmente dall’orecchio al cuore157, perciò gli
e protettore della mercatura e dei guadagni161. Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi col
nvidiosi, ci narra che ei vide « Il livido color della petraia, » e più oltre « ………ombre con manti Al color della pietra
. Dagli astronomi fu dato pensatamente il nome di Mercurio al pianeta più vicino al centro del nostro sistema planetario, p
ravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere di piante. La più comune dicesi volgarmente Marcorella, che è una c
ma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè
si nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè sta in atto di
etra di paragone chiamasi Lydius lapis, perchè queste pietre trovansi più comunemente nella Lidia ; e per la stessa ragione
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
re in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Mass
o ; e la parità dei voti fu tenuta per favorevole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto di Minerva
i astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occhio nudo, che resta più della Terra lontano dal centro del nostro sistema
lo circondi. Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’or
stremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più ques
arte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte
nomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti al
gettivo bellus, a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più comunemente di comodo e utile. Era comunissimo il
del medesimo di rinforzar la fibra, e il sangue. In Chimica si dicono più comunemente e semplicemente sostanze ferruginose,
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
a Dea ha dunque due bellissimi nomi nelle lingue dotte, ed inoltre il più alto rango fra le Dee, essendo essa sorella e mog
sconciamente e destò l’ilarità degli Dei, e d’allora in poi non volle più servirli a mensa ; e Giove le sostituì un coppier
cano che furono Dei superiori si dovrà parlare separatamente. Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita d
di questa Dea. Favoriva sì e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come gli Argivi, i Samii, i Cartaginesi ;
cuzioni di sua moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia di Inaco, sospettò di qu
« Perciò non pioggia, non grando, non neve, « Non rugiada, non brina più su cade « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; «
imo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientifico. Nei poeti più eleganti, invece di Iride, trovasi anche Iri, che
ei poeti più eleganti, invece di Iride, trovasi anche Iri, che è voce più simile al nome greco e latino, e perciò preferita
tologia qualunque affezione morbosa di quella membrana dell’occhio, e più specialmente l’infiammazionè della medesima. Per
53 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
ri sul significato di alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più specialmente relativi alle cerimonie religiose no
irono le pietre, ed alle rozze pietre i mattoni, il marmo e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurat
tizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite. Tanto è ver
sussista più la religione che le aveva consentite. Tanto è vero che è più facile perpetuare dieci errori o dieci pregiudizi
l riposo ed ai sacrifizj in onor degli Dei. Le ferie latine furono le più solenni. Tarquinio il superbo le istituì per assu
uì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispe
inari, con parole cabalistiche e cerimonie misteriose. La divisero in più rami, come astrologia giudiziaria, sortilegio, in
j. Ogni divinità aveva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima era dato solamente agli
In Roma furono prima tre auguri islituiti da Romolo ; poi quattro, e più  ; Silla no creò fin quindici, per accrescere appo
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
, come a suo luogo vedremo. Di Cibele per altro convien parlare molto più a lungo. Comincieremo dal notarne i diversi nomi
rne i diversi nomi e l’etimologia dei medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di
ora Cibebe, e fanno derivar questo nome da cubo, ossia dado, che è la più salda e stabile figura geometrica, essendo uguale
Ostia ; l’accolse e le dedicò un tempio Scipione Nasica, giudicato il più sant’uomo di Roma ; la portarono sulle spalle le
chiamavano Galli, Coribanti, Cureti e Dattili : i primi due nomi son più comuni e più frequentamente usati. Eran detti Gal
alli, Coribanti, Cureti e Dattili : i primi due nomi son più comuni e più frequentamente usati. Eran detti Galli, perchè in
si udissero in Cielo le grida dei figli di lei. In Roma conservarono più comunemente questo nome di Galli ; e poichè facev
significa la Terra ; e da quella voce latina son derivate in chimica più e diverse denominazioni scientifiche, come per se
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
LXIX Di alcune Divinità più proprie del culto romano A render più completa
LXIX Di alcune Divinità più proprie del culto romano A render più completa la spiegazione della classica Mitologia,
lassica Mitologia, accennerò brevemente alcune feste che celebravansi più specialmente in Roma che altrove. Nel mese di Gen
e descritte da Ovidio nel libro i dei Fasti si mantennero in Roma per più di mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir
Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dall’esservi più volte ripetuta la parola Mamurio si credè che que
ì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato da molti dei più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto
perta, ma soltanto ha dimostrato con qualche altro documento esser la più vera l’asserzione di Plinio168. 168. Noterò ino
notizie date dal dotto autore tedesco non discordano punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma ne
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
tri poeti. Dante stesso fa dire a Virgilio esservi « ……. chi creda «  Più volte il mondo in caos converso, » cioè ritornat
i suoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ;
oderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè dispera
e reali della natura. Da questi studi scientifici traggono in oggi le più belle immagini quei pochi eletti che hanno intell
certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè
iminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei feno
e, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali. Dante più degli altri poeti ci rivela un simil concetto in
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
e a quel che essi ne credevano e ce ne lasciarono scritto ; e tutt’al più deducendone quelle illazioni che ne derivano razi
areggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli
atroni : quindi per tale ufficio poteva scegliersi qualunque Nume dei più noti e celebri. Riguardo poi all’ etimologia del
ui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci di
vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei er
; quindi il comun verbo penetrare significa lo spingersi addentro nei più riposti recessi dei luoghi o dei pensieri. In qu
amo veduto altrove, i domestici Lari. Sappiamo poi che nelle case dei più ricchi politeisti romani v’era il Larario, ossia
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
esto un altro motivo di credere che il sistema da me prescelto sia il più opportuno a spiegare i miti dei Greci e dei Roman
gli esseri della Natura, le esistenze create166 ; e in un significato più ristretto si riferisce particolarmente alla deifi
icolarmente alla deificazione degli uomini dopo la morte167. Il culto più antico di cui si trovi memoria negli scrittori fu
endidamente dipinti con stile impareggiabile dai Greci e dai Romani i più celebri e graziosi miti di cui non perirà mai la
Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale. 166. Tertulliano infatt
i uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale. 166. Tertulliano infatti la defini
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
cuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi 
di uomini armati che si misero subito a combattere fra loro, finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque sopravvissuti l
tico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato a
co le diverse caste degli Indiani. Ma poichè in oggi non si ammettono più le origini mitologiche e miracolose, quindi il Gi
nte da Simonide, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere que
ggere il vocabolo alfabeto adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
razione, ossia formazione del mondo. Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato cur
formazione del mondo. Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di saper
ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle var
r altro si è creduto e si crede generalmente che sotto la forma delle più strane invenzioni miracolose si nascondessero ele
plendide e bellissime immagini e in uno stile impareggiabile dai loro più sublimi poeti, e in appresso accolti e adottati n
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
suo da una violenta inondazione ; un altro simile si vede nella parte più elevata di Tivoli. Se poco hanno avuto da inventa
am detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano
i e all’adempimento dei loro voti. Il numero delle Vestali non fu mai più di sette. Si prendevano da famiglie illustri, o a
i di lutto, detti nefasti, ossia infausti. Ebbero luogo pur troppo, e più d’una volta ; ed anche in Tito Livio ne troviamo
incipesca non deve recar maraviglia che ben poche vi rinunziassero in più matura età, e che fosse stimato di cattivo auguri
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
e darebbe una prova della sua innocenza se riuscisse vittorioso54. La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella
lla costellazione che porta il suo nome, come dicemmo. La spiegazione più plausibile che suol darsi della Chimera è questa 
di essere un mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del quale soggiornassero i leoni, a mezza co
tutte le cose favolose ond’ è piena la Mitologia, questa è stimata la più favolosa di tutte, appunto per lo stranissimo acc
lammis separat angue leam. » 56. Non ci vuol molto a immaginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni g
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
i esso era composto si divisero ; e divisi che furono, il fuoco, come più leggiero degli altri tre, salì più in alto e venn
divisi che furono, il fuoco, come più leggiero degli altri tre, salì più in alto e venne a formare il Sole, la Luna e le S
perione. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. Anzi Dante considera
n qualche palude ed anche in qualche fiume, non però nel mare. Tra le più celebri tuttora esistenti si citano quelle del Mi
i fiori e legumi. In Francia e in Svizzera ve n’erano una volta molte più che al presente. Anche in Italia se ne vedono alc
64 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
ustrazioni poetiche dei fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, oss
valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscon
La descrizione delle favole assurde, strane, spesso immorali, per lo più oscure, che sovrabbondavano nella falsa credenza
inchè rimane disgiunta affatto dalla storia dei tempi antichi, a poco più può servire che ad agevolare l’intelligenza dei C
65 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
tto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più gradevole e più istruttiva, mentre la divisione i
Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più gradevole e più istruttiva, mentre la divisione in paragrafi somm
ù istruttiva, mentre la divisione in paragrafi somministra le dimande più opportune, e risparmia le ripetizioni, additando
ccitando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile. È n
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
fica che l’ambizione del regno fa porre in non cale e violare anche i più stretti vincoli del sangue22. Cibele dipoi, per s
valse nella religione dei Greci e dei Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialment
ligione dei Greci e dei Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialmente degli Egizia
Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialmente degli Egiziani, come abbiamo altrove
67 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
no, fondatori dei Trojani. — 1582. Cecrope, fondatore dei Greci, e più specialmente degli Ateniesi. — 1579. Meone, ca
piosa materia alle favole mitologiche. 1328. Fondazione di Corinto. Più antichi re di Corinto sono Efira sorella d’Inaco,
pidi il Peloponneso. 1182-1120. Emigrazioni di colonie greche nelle più lontane parti d’Europa, d’Asia e d’Affrica. 100
 » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche). 900. Fiorisce Esiodo,164 il più valente degli imitatori d’Omero, autore della Teo
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
sotto terra e sei mesi sopra terra. Dopo aver notato questi miti sarà più facile riconoscere le immagini sculte o dipinte d
, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei
a buccia strema « Erisiton si fosse fatto secco « Per digiunar quando più n’ebbe tema. » E il Giusti, nella Scritta, ramme
consulto Caio deve pronunziarsi Gaio. 51. Ripeterò in questo scritto più d’una volta che senza la cognizione della Mitolog
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
appiamo che esistevano in Roma sino dai primi secoli della Repubblica più e diversi tempii dedicati alla Pietà, alla Fede,
militare, all’Onore, alla Vittoria ed alla Salute pubblica, cioè alla più felice conservazione dello Stato. Anche alla Dea
va anche apparire agli occhi del mondo uomo santo e pio per ingannare più facilmente il prossimo suo. Non è noto però che l
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
e che non furono inventate dai Romani stessi, converrebbe dire che le più di esse fossero straniere, fatte poche eccezioni
litica del mondo antico e costituirono l’ultima e al tempo istesso la più potente monarchia prima che sorgesse il Cristiane
nche Tito Livio nel lib. i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fanno sapere che l’ara consacrata ad
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
e egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche di più  : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la
l Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto sig
72 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
7. K Kici-Manitu, 744. L Laberinto, 419 ; — quali erano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parche, 235. Lad
aviglie (le) del Mondo, 135. Sfinge, mostro, 497. Sibille, 665 ; — le più celebri, 667. Sibillini (libri), 666. Sicheo, mar
73 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
statore del mondo, senza che pensasse mai a deificare alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza lo
74 (1838) The Mythology of Ancient Greece and Italy (2e éd.) pp. -516
Lib. i. 15. Sorgeva il novo sol dai lidi Eoi, Parte già fuor, ma 'l più ne l’onde chiuso. 117. Ἀψόῤῥοοѕ, Il. xviii. 39
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