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1 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
e il vizio, e a spargervi in vece il seme delle più nobili virtù ; ma quali e quanti non sono poi i racconti dalla Mitologia
poi i racconti dalla Mitologia medesima offerti agli occhi nostri, i quali direttamente ne combattono e impediscono il brama
le o si mostrino corrette riguardo alle licenziose espressioni, colle quali sino a’ giorni nostri vennero esposte, o sieno de
a funesta degli errori dello spirito umano. Furonvi altresì alcuni, i quali co’ frequenti equivoci della Fenicia lingua cerca
ggiunge Heyne) che far si possa delle Favole, è quella di presentarle quali furono, seguendone la traccia e le alterazioni da
ti il primiero oggetto dell’ Idolatria. Si passò quindi a riconoscere quali Divinità anche gli Elementi. Finalmente quanto, p
icato in Atene un tempio. Adottarono questo culto anche i Romani, da’ quali i predetti Numi furono chiamati Dei maggiori, opp
ero istituite le Feste Consenzie, così dette dal consenso di molti, i quali si facevano ad anorare questi Dei, uniti insieme.
, ossia Locali, e Indigeti. Indigeti però si dicevano anche quelli, i quali , essendo nati uomini, erano stati poi divinizzati
di Varrone erano quelli, che da’ Sabini si trasferirono in Roma, e a’ quali il re Tazio eresse dei tempj(b). Altri sotto tal
dei tempj(b). Altri sotto tal nome riconoscono le nove Divinità, alle quali Giove accordò il privilegio di scagliare il fulmi
e degli Dei, dice che dal Caos(1) uscitono l’Erebo(2) e la Notte, da’ quali si produssero Urano e Titea, che i Latini chiamar
produssero Urano e Titea, che i Latini chiamarono Cielo e Terra, e i quali generarono molti figliuoli, e tra questi i primi
figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). Tra’ figliuoli di Saturno, i quali incontrarono la trista sorte, si numerano Nettuno
e(10), e si rifugiò appresso Giano(c) (11), re degli Aborigini(12), i quali abitavano quella parte d’ Italià, che poi si deno
Giano altresì instituì in onore di questo Nume le Feste Saturnali, le quali poi continuarono appresso i Romani. Le medesime d
ma tempj e culto singolarissimo. Orribili furono i sacrifizj(21), co’ quali per molti anni l’onorò l’Italica superstizione. U
altra Divinità. Cibele quindi si appellò anche Tellure e Vesta(1), i quali nomi corrispondono a quello di Terra(b). Come Ves
l’ Egitto(11). Iside aveva certi Sacerdoti, che si diceano Isiaci, i quali menavano una vita assai austera : non facevano us
pure in molte città della Grecia solenni Feste, chiamate Isie, nelle quali si portavano in giro vasi pieni d’orzo e di grano
à principio erano solamente dieci, quante sono le dita della mano, le quali da’ Greci si dicono dattili ; Idei dal monte Ida
cadeva in malattia si affidava dal Sommo Pontefice a gravi Matrone le quali ambivano di averne la cura(b). Le Ve stali finalm
ttò le Feste, solite a celebrarsi nella Frigia, e dette Megalesie, le quali consistevano in giuochi dinanzi al tempio della s
e la maniera di seminare le biade per sostituirle alle ghiande, delle quali fino allora si erano cibati gli uomini(b) (2). Qu
hirlan, dati di fiori, e cantando inni. Venivano dietro giovenche, le quali s’introducevano nel tempio, e successivamente vi
a Cerere ; si facevano libazioni con due vasi pieni di vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Oriente, e l’altro da qu
esse Feste furono di due sorta, maggiori e minori. Le maggiori, delle quali abbiamo fin’ ora parlato, s’instituirono in onore
della stessa Dea e di Proserpina certi Giuochi(14) detti Demetrj, ne’ quali il vincitore riportava una corona d’ orzo (c). Il
predette donne portavano sulla testa sino ad Eleusi alcuni libri, ne’ quali stovano scritte certe leggi per ricordare quelle,
ri, ne’ quali stovano scritte certe leggi per ricordare quelle, delle quali ne fu inventrice Cerere. Le medesime donne innolt
tracciava della figlia. Elleno finalmente facevano de’ sacrifizj, ne’ quali osservavano il più rigoroso silenzio (c). Le Proe
ste fu denominata Proerosia (d). Le Talisie erano Feste Greche, nelle quali gli agricoltori offrivano alla Dea e a Bacco le p
imizie delle frutta della terra (e) (16). Le Paganali erano Feste, le quali si celebravano dagli abitanti delle campagne. Que
ammatico Ateniese, soggiunge, che altre due figliuole di Melisseo, le quali furono Adrastea e Ida, attesero a pascerlo col la
da Epimeteo eda Pandora, poichè l’uno e l’altra erano stati i soli, i quali si fossero serbati senza colpa (f). Giove poi per
i v’aggiunsero sempre qualche ornamento fino a’ tempi d’ Adriano, ne’ quali fu ridotto a tutta perfezione. Il medesimo tempio
a Giove Ideo (a). Eleuterio, ossia Liberatore, fu detto da’ Greci, i quali pure gli dedicarono le Feste Eleuterie, chiamate
a’ Greci, essendone comandante Pausania Spartano, sopra i Persiani, i quali sotto Mardonio vi perdettero trecento mila uomini
Giove armato di una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni, ne’ quali era permesso interrogare l’Oracolo, sospendevasi
culto particolare, e gl’instituirono annue Feste, dette Itomee, nelle quali i Musici tra loro gareggiavano (b). Dicesi che Ar
ti quattro giorni si denominarono Ferie Latine(g). Tra’varj nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello di Giove era
ele, se le rapi mediante la celebrazione de’ Giuochi Consnali(17), a’ quali molte di quelle erano concorse (a). I predetti po
palude, venivano da lui cangiati in lupi, e a que’medesimi di loro, i quali dopo nove anni nello stesso modo la ripassavano,
lenose agli spergiuri (e). Fu detto Atabirio da’ Rodiani, l’isola de’ quali anticamente si denominava Atabiria (f). Colà avea
ominava Atabiria (f). Colà avea Giove un tempio con tori di bronzo, i quali co’ loro muggiti predicevano le sventure (g). Tra
onore si celebrarono fuori della città d’Atene le Feste Diasie, nelle quali si facevano solenni conviti e sacrifizj. L’oggett
gli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza,
Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj let
in cibò ; ma quella corse appresso i piedi delle sresse Divinità, le quali chiesero, che fosse lasciata in vita. Alzatisi di
io e crudele re d’Arcadia Costui faceva morire tutti gli stranicri, i quali giungevano ne’ di lui Stati. Giove sotto la figur
hici ; perciò Pitecuse si dissero le Isole presso alla Sicilia, nelle quali coloro abitavano (a). Prometeo, figlio di Giapeto
esco sì do loroso stato Prometeo se ne stette per trenta anni, dopo i quali Ercole uccise con una saccta l’avoltojo, ministro
zidetta giovins (b). Nacquero a questo Nume moltissimi figliuoli tra’ quali si nominano Zagreo(32), Arcade(33), le Ore(34), i
ejove, ossia piccolo Giove (b). Varie ragioni vengono addotte, per le quali l’Aquila era sacta a Giove(39). Primo perchè ques
lazione vicina all’ Orsa maggiore (a). Bacco. Furonvi molti, à quali venne imposto il nome di Bacco. Quegli però, di c
poi affidato alle Ninse di Nisa, dette Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali , per sottrarlo alle persecuzioni di Giunone, lo n
ato sette figlie di Atlante, re della Mauritania, dette le Iadi, e le quali erano Eudora, Ambrosia, Pasitoe, Coronide, Plesau
in Trezene, v’ aveano due altari, sacri agli Dei Infernali, l’uno de’ quali mascondeva l’ apertura, per cui Bacco avea ricond
este si facevano di notte solamente dalle matrone e dalle vergini, le quali si abbandonavano allora ad ogni eccesso di frenes
i celebravano in Roma le Feste, dette perciò Liberali, al tempo delle quali si mangiava in pubblico, e ciascuno aveva la libe
ò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di lui Sacerdotesse, delle quali quanto prima parleremo, si dissero Eleleidi(e). B
di lui madre, Semele (e). Sabazio, da’ Sabi, gente della Tracia, da’ quali era in particolar modo onorato (f). Sabazj si app
tari, formati come ceppi di vite, e coronati anch’ essi d’ellera, su’ quali abbruciavano incenso ed altri aromi. L’uso delle
Nume(a). Le predette racchiudevano le primizie di tutte le frutta, le quali si consecravano al Nume(b). La statua di Bacco er
allo predette Feste. Esse, dicono, duravano tre giorni, nel primo de’ quali si celebrava un convito, nel secondo si sacrifica
In tutti i borghi della città si esponevano anfore piene di vino, le quali servivano per i passeggieri. Da tali Feste Bacco
lvolta era anche d’oro. Andavasi parimenti in giro sopra i carri, da’ quali si motteggiavano i passeggieri. L’ ultimo giorno
. Le Agrionie o Agranie o Agrianie erano parimenti Feste notturne, le quali si solennizzavano dalle donne Greche, coronate d’
iie si solemizzavano dagli Eleesi, popoli del Pelopouneso, durante le quali credevasi, che Bacco onorasse della sua presenza
, saltar con un solo piede sopra l’otre. V’è chi crede, che coloro, i quali celebravano questa Festa, accompagnassero il loto
cerdotesse di Bacco si chiamarono Baccani,(a), Tiadi(b), Menadi(c), i quali nomi indicano il furore, a cui elleno si abbandon
sacrificatore prediceva l’avvenire. Pausania aggiunge, che coloro, i quali invocavano colà il Nume, venivano in sogno avvert
sia tutte occhi, perchè intorno al câpo ne avea cento ; una parte de’ quali sempre vegliava, mentre l’ altra domiva. Ovunque
sto titolo si solennizzavano le Feste, dette Gamelie, nel tempo delle quali si contraevano le nozze in maggior quantità, perc
ualo o Februla o Februata, perchè presiedeva alle purificazioni, alle quali si sottomettevano le donne dopo il parto (c). Alt
o e felice parto. Dicesi che da ciò ne sia derivato, che le donne, le quali desideravano di aver prole, si sottomettessero a’
a Festa dello stesso nome si solennizzava in Pellene con giuochi, ne’ quali davasi per premio al vincitore una veste preziosa
o in Lanuvio, città d’ Italia nel Lazio, e due altri in Roma, uno de’ quali si fabbricò da C. Cornelio. Dicono, che i Consoli
e nel tempio. Dopo tal fatto i Samj celebrarono le Feste Tonee, nelle quali ogni anno portavano la medesima statua sulle rive
una ficaja selvaggia, detta caprifice, diedero un segno a’ Romani, i quali v’ accorsero, e fecero strage de’ nemici. Il Sena
enominò Conservatrice, perchè di cinque cerve colle corna d’oro, alle quali Diana dava la caccia nelle pianure della Tessagli
ne. Cento buoi inghirlandati precedevano pel sacrifizio, le carni de’ quali si di stribuivano poi in gran parte agli assisten
na nell’Aventino. A questo avvenimento si consultarono gl’Indovini, i quali risposero, che le Dame Romane doveano placare la
Avea ivi un tempio magnifico, che Didone aveva ornato di pitture, le quali rappresentavano i principali avvenimenti dell’ult
. Era questa la di lei ambasciatrice (b) (26). Tralle altre Ninfe, le quali da Virgilio (c) dicesi essere quattordici, si nom
ì ; e apertasi una profonda voragine, si fece strada agli abissi, ne’ quali giuntovi, la prese in moglie(a) (23). Plutone pre
acciocchè invitassero i popoli agli stessi Giuochi, come a quelli, i quali eglino non aveano mai veduto, o non orano mai più
anche Strabone(f). A Plutone non s’immolavano che vittime nere, delle quali si spargeva il sangue nelle fosse, come se quello
ta, e lo cangiò in fiore, che porta espresse le due lettere A. I., le quali indicano il sospiro, mandato da Giacinto nell’ésa
no, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di figure sul frontespizio, le quali davano grato suono. Tutti questi tempj non furono
pio (c). In esso v’aveano cinque Ministri, detti Osii, ossia santi, i quali assistevano agl’Indovini, e sacrificavano con lor
Proferiva finalmente per intervalli alcune mal articolate parole, le quali da’Sacerdoti si raccoglievano e si riducevano in
li a ritornarsene nelle loro città. Ciò piacque alle due Divinità, le quali perciò si restituirono in Egialea. In memoria del
Pito, e ogni anno si celebravano cerre feste, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella di far usoire
far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e di giovani, i quali andassero in certa guisa cercando e chiamando Apo
di cavalli, e di navi (e). Uccidevasi allora un buc per le mosche, le quali sazie di quel sangue volavano via, nè più vi rito
da soldati, in un campo. Si alzavano nove tende, sotto ciascuna delle quali nove cittadini, scelti da tre differenti Tribù, s
altri cinqué cittadini, presi da tutte le Tribù, e detti Carneati, i quali presiedevano a ali Feste per quattro anni continu
te parimenti Teosenie. In esse si facevano dei Giuochi, il premio de’ quali secondo Pausania era un vaso intagliato(e), ovver
e o tre vergini, accompagnate da cento giovani di grande coraggio, le quali portavano quelle offerte. Fecero poi passare i do
a Luna. Intorno di essi due ponevasi un gran numero di plù piccoli, i quali rappresentavano le Stelle. Allo stesso ramo eranv
primo dì s’impiegava tutto nel preparare le primizie della terra, le quali si portavano in giro ; nell’ altro si purificavan
di chi ne avea assai più. Se ne querelò Latona con Diana e Apollo, i quali ben presto la vendicarono. Amendue quelle Divinit
corne altri pretendono(a), vanno pascendosi delle di lui viscere, le quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare
eggi ; e il corvo, perchè questo Nume presiedeva anche agli augurj, i quali spezialmente si traevano dal volo e dal canto di
teone figlio di Melisso, e soggiunge ch’egli fu lacerato da coloro, i quali celebravano le Orgie di Bacco (b). Diodoro di Sic
dispensarsene. Scrisse sopra un bellissimo pomo due versi, leggendo i quali Cidippe era per giurare d’unirsi seco lui in matr
, a cagione della severità, con cui puniva quelle delle sue Ninfe, le quali non custodivano la verginità (c). E’ stata detta
(f). Come tale la onoravano anche i Focesi colle Feste Elafebolie, le quali consistevano nel sacrificarle dei cervi, e le qua
te Elafebolie, le quali consistevano nel sacrificarle dei cervi, e le quali poi passarono appresso quasi tutti i popoli della
Diana ebbe in Atene ogni anno delle Feste, appellate Munichie, nelle quali le si offerivano delle focacce (d). Ebbe il nome
motivo de’ trivj, ossia delle strade che si dividevano in tre, sulle quali si riponeva il di lei simulacro (c). Si chiamò Fe
ve ogni anno le celebravano Feste, chiamate Triclarie, al tempo delle quali le venivano offerti in sacrifizio un fanciullo e
ravano in Atene sacrifizj e feste, chiamate Ecatesie, nel tempo delle quali i ricchi imbandivano conviti, e i poveri correvan
le stesse Feste con conviti e giuochi (e). Le Lafrie erano feste, le quali si facevano in Patra, città del Peloponneso nell’
polata Calidone, diede a’ Patresi una parte di quelle spoglie, tralle quali eravi la statua di Diana, chiamata da’ Calidonj L
Efesie s’instituirono da que’ di Efeso, la principale ceremonia delle quali consisteva nell’ubbriacarsi, e nel passare la not
mpio, a differenza di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il tempio
va cento venti sette colonne di maravigliosa lunghezza e bellezza, le quali erano state erette da altrettanti Re (c). Serse,
rgilio racconta, che nel predetto tempio eranvi cento altari, sopra i quali fumava un perpetuo incenso. La venerazione, che s
nd’egli volesse cedere Cipro a’Romani. Sonovi poi alcuni Scrìttori, i quali dicono, che la città e il tempio di Pafo, dedicat
trovavasi in Orcomeno, città della Boozia, e in cui le Grazie, delle quali quanto prima parleremo, si bagnavano(h). Dalla vo
Promontorio(d). Nel tempio di Venere Coliade v’erano delle statue, le quali rappresentavano certe Deità, dette Genetillidi, p
evero fece porre ad una statua della stessa Dea due grosse pietre, le quali erano state donate all’Imperatrice, sua moglie. V
finalmente dal mezzo di quelle comparve quantità di rupi ardenti, le quali , unitesi insieme, presero la forma d’Isola. I Rod
gli Arcadi gli furono institnite le Feste Ippocrazie, nel tempo delle quali i cavalli non venivano assoggettati ad alcuna fat
ste(a). Nettuno per vendicarsi d’Inaco e degli iltritra gli Argivi, i quali avevano giudicato, che il paese d’Argo appartenes
lie d’Attore, aveva pronunziato contro coloro della stessa Nazione, i quali fossero intervenuti a que’Giuochi(b). Vi furono i
nuti a que’Giuochi(b). Vi furono in seguito ammessi anche i Romani, i quali li celebrarono con molta magnificenza. Eglino olt
I soli cittadini liberi v’intervenivano, e n’erano esclusi i servi, i quali si dicevano monofagi, ossia che mangiavano soli.
a stata appellata Pallade, da che uccise Pallante, uno de’ Giganti, i quali aveano mosso guerra a Giove(d). Le nutrici di que
si conferma dalle due medaglie, indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull’altra
egoa nell’Arcadia. In quello si conservavano dei capelli di Medusa, i quali Minerva aveva donato a Cefeo, figlio d’Aleo, per
ovani di questa città oclebravano le Feste, chiamate Calciecie, nelle quali intervenivano tutti armati per sacrificare a Mine
anvi nel teatro varj combattimenti di Gladiatori(b). Sonovi alcuni, i quali riferiscono che le Matrone allora si mandavano re
d’Atene, e da una figlia di Atteo, antico abitatore dell’Attica, e le quali servivano a Minerva in qualità di sacerdotesse(9)
cagione delle danze, che facevano i di lui Sacerdoti, detti Salj, de’ quali quanto prima favelleremo(c). Il nome Arete vuol d
ome da certi piccoli scudi, incavati a forma di conca da due parti, i quali si chiamavano ancili. In Roma cadde dal Cielo uno
a spada, che tenevano nella sinistra. Cantavano anche certi Inni, ne’ quali celebravano pure il nome del predetto Mamutio, co
are più pronto il loro servigio (b). Le Armilustri erano Feste, nelle quali i Romani, coronati d’alloro, e a cielo scoperto s
di Giunone e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno de’ quali era figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo
liva il ferro, e ogni altra cosa(d). Ei lo faceva in certe fucine, le quali si trovavano in Lenno, nelle caverne del monte Et
, e Ceculo(4). In onore di Vulcano oltre le Feste Lampadeforie, della quali si parlò, si celebravano dagli Ateniesi le Calcie
predetto metallo(c). Questo Nume ebbe molti tempj, il più antico de’ quali fu quello in Mena, città d’ Egitto. Esso era molt
figliuoli, delle fontane, e de’ fiumi.(e). Anche questi furono tenuti quali Divinità, ed ebbero tempj, altari, statue, e sacr
ra un’ urna, co’ capelli bagnati, e col capo coronato di canne, delle quali ne tengono talvolta alcune anche in mano. Oceano
istò il nome di Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, colle quali era impresso nelle monete ; o perchè avea la prer
si aggiunsero in Roma. Quivi egli ebbe un tempio di dodici porte, le quali in tempo di guerra stavano aperte ; e cessata que
reciprocamente si spedivano doni di buon augurio, detti Strene(a), i quali da prima consistevano in semplici frutta della te
zzodì(e) ; l’altro, perchè egli dipingevasi con chiavi in mano, delle quali era stato il primo inventore(f). (15). Le Feste,
vano agli altri in dono dei sigilli, ossia delle piccole sculture, le quali pure si chiamavano Sigillarie. Dicono, ch’ Ercole
proprio, nè guadagnavano per se cosa alcuna. Tutto era de’padroni, i quali però talvolta rilasciavano loro una porzione de’r
fiori. Nel fine del pranzo si ungevano il capo d’unguenti odorosi, i quali giudicavano opportuni a preservare da’tristi effe
erbe e piante, svelte colle radici, colle foglie, e colle frutta, le quali venivano consumate dal fuoco(d). Il sale pure off
in tre classi, in Demoniaci, ossia in invasati da fatidici Spiriti, i quali o dettavano loro le risposte, oppure parlavano da
ti spiriti non abitavano, ma solamente li dirigevano : in Estatici, i quali prima per qualche tempo, e talora anche per qualc
Aruspici. I primi, detti anche Avispici, erano propriamente quelli, i quali presag ivano il futuro dal canto o dal volo degli
e detto lituo, per disegnare nel Cielo quattro parti, ciascuna delle quali chi mavano tempio. Ciò fatto, esaminavano, quali
arti, ciascuna delle quali chi mavano tempio. Ciò fatto, esaminavano, quali uccelli, e da qual parte vi comparivano. I segni
ste bene spesso si asserivano essere tali per malizia de’Sacerdoti, i quali ne ritraevano il loro utile, giacchè venivano all
a sposa (b). Questo nome si estese altresì a indicare certe Deità, le quali si credevano presiedere alle acque, e generalment
denominate quelle Ninfe, che presiedevano a’ fonti e a’ fiumi(o), da’ quali presero anche il nome di Potamidi(p). Tra queste
no per compassione le cangiò in altrettante Isole, dette Echinadi, le quali si trovano nel mare Ionio(c). Forse in onore dell
o ad alcune parti della terra. Quindi Oreadi si nominavano quelle, le quali erano nate, o dimoravano ne’ monti(f). Omero le c
isse ad esse l’obblazione del mele, spremendosi questo da’ fiori, de’ quali elleno erano amantissimo(g). (b). Nat. Com. Myt
ce chiamarla, era di nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i quali abitavano al di sopra della Palestina, la denomin
o delitto. Neppure era lecito il levare da di là se non gli alberi, i quali si credeva che attraessero il fulmine. In tali bo
lei fece sì, che Tarquinio consultasse gli Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente l’anzidetta somma di danaro. Qu
soli aveano il diritto di leggere e interpretare i medesimi libri, i quali erano una spezie di Oracolo, cui Roma spesso cons
quale portava il nome di Libri Sibillini, alcuni ve ne sieno stati, i quali comprendessero varie predizioni riguardo a Cristo
i abbia fatti perire Driante al tempo delle nozze di Piritoo(a), dell quali parletemo altrove. Comuncue ciò sia, Atalanta imp
nome di Ferefatta ebbe in Cizico certe Feste, detto Ferefattie, nelle quali le si sacrificava una nera giovenca (l). (c). O
iuoli di Disaule, fratello di Celeo, ch’eglino sieno stati quelli ; i quali avvertirono Cerere del ratto di sua figlia, e che
esimi, che ad essi si assegnarono perfino Sacerdoti e Ministri (b), i quali con religioso rito li cibassero (c), sugli altari
). I Giuochi, chiamati, da’ Greci Agoni, erano pubblici spettacoli, i quali appartenevano alla Religione. Per lo più si celeb
nni e Canti in onore degli Dei. Vi s’introdussero poscia i Poemi, ne’ quali si descrivevano le gesta de’ Numi e degli Eroi. C
spettacolo. Ad essa pure concorrevano gli Eroi e i Principi stessi, i quali non meno ambivano la gloria di riportarvi il prem
eva, o cadeva morto (d). La Lotta finalmente si faceva pure da due, i quali si sforzavano di suambievolmente atterrarsi. Chi
alatino (f). Dalla voce Circo presero il nome i Giuochi Circensi, de’ quali parleremo altrove. L’Anfiteatro e l’Arena erano p
remo altrove. L’Anfiteatro e l’Arena erano propriamente i luoghi, ne’ quali si esercitavano i Gladiatori (g). L’uno e l’altra
’altra erano uno spazio di terreno, circondato di gradini e sedili, i quali andavano alzandosi in guisa, che gli spettatori d
chiamò anche Cavea, ossia recinto destinato a contenero le fiere, le quali ne’ pubblici spettacoli combattevano le une contr
che battendo poscia con una mano la terra, ne usciroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui era di ta
ntimani da’ Latini(e) : Briareo avea innoltre cinquanta bocche, dalle quali mandava fuoco(f). Alcuni poi sotto il nome di Bri
o punirono coll’esilio(d). Taurostene d’Egina atterrò tutti coloro, i quali seco lui lottavano, e un fantasma sotto le di lui
e Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi incisi certi segni, di cui se ne consultav
ate connote, si gettavano in un’urna, e se n’estraevano alcune, delle quali se ne indagava poi l’interpretazione. Eravi final
Eglino lo invocavano co’sacrifizj, onde sterminasse quegl’insetti, i quali colla loro moltitudine solevano produrre una grav
lebrarono con maggiore magnificenza dagli stessi Imperatori Romani, i quali vi portavano i simulacri degli Dei e le immagini
scrisse le ceremonie. Le Feste furono dette Terminali, al tempo delle quali s’inghirlandavano i confini delle campagne, si fa
gli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con somma diligenza,
Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj let
Divinità si celebrarono le Feste, dette Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro. Il primo di
e da Temi. Sembra, che Pausania non ne abbia riconosciuto che due, le quali denominò Tallote e Carpo. La prima di esse presie
(c). (35). Riguardo ai due fratelli Palici, detti anche Palisci, e i quali si chiamavano Ate e Cario, narrasi, che la loro m
Esso serviva anche d’asilo agli schiavi, oppressi da’loro padroni, i quali non osavano mai di violare il giuramento, fatto n
rientrata. Ella ha alcune sorelle, chiamate Liti, ossia Preghiere, le quali cercano sempre d’andarle d’appresso per impedire
enione dice, che da Giove e da Elettra nacquero Giasione e Dardano, i quali furono chiamati Cabiti (f). Erá celebre il tempio
(g). Queste Divinità ebbero eziandio delle Feste, dette Cabirie, e le quali vennero prima celebrate nelle Isole di Samotracia
piume. Egli v’aggiunge, che non minore n’è il numero delle lingue, le quali non tacciono mai, e delle orecchie, che stanno se
soggiungono, che le Jadi erano Ninfe di Dodona, città dell’ Epiro, le quali perciò si denominarono Dodonidi, e vennero da Gio
e fossero solennità notturne, con cui si onorava Giove Sabazio, nelle quali si usava un serpente d’oro dal petto sino all’est
ò scritto esservi state al di là del monte Atlante certe Isole, nelle quali di notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito
i(b). Sotto il nome di Satiri si riconoscevano anche certi Spiriti, i quali prendevano la figura umana, ed erano pure compagn
e volte per ciascun anno ne’boschi e ne’prati le Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con li
e di Silvani riconoscevano certi altri Spiriti, detti anche Incubi, i quali solevano entrare di notte nelle case, si posavan
minato in lingua parimenti Greca titiro (d), erano i Satiri stessi, i quali , divenuti vecchi, acquistavano il nome di Sileni(
Imperatrici divinizzate vi rilevano varie figure di queste Tense, le quali si sa, ch’erano molto usate anche da’ Romani nell
ana (e). Comunemente però dicesi, che l’Esperidi aveano degli orti, i quali producevano delle frutta, chiamate Pomi d’oro, o
ampode gettò nel fiume Clitorio in Arcadia i residui dell’erbe, delle quali erasi servito per guarire le Pretidi (c). Dopo ta
lampode liberò pure dalla predetta malattia tutte le donne d’Argo, le quali erano divenute per causa di quella sì furibonde,
degnatasi, non pensò tosto che alla vendetta. Correvano i giorni, ne’ quali le Matrone di quella città celebravano le Orgie d
nalmente le Dee Prema, Pertunda (i), e gli Dei Imene, e Talassio, de’ quali due ultimi parleremo altrove. (d). Cant. de Rom
ravvolto in pelli d’animali, lo presentò a Giove e agli altri Dei, i quali non poterono trattenere le risa (n). Comparve Pan
barba, con due corna d’irco alla testa, e co’ piedi di capra (b), pe’ quali fu soprannominato Egipane (c). Luciano gli dà ino
dal Pino, agitato dal vento Borea, altro non fosseche le lagrime, le quali si versavano dallo stesso vento per la perdita de
ostituito un irco (d). Dicesi finalmente, che in luogo de’ pastori, i quali celebravano le Lupercali, Romolo abbia instituito
gnif. (d). Id. Ibid. (18). Molte altre erano le ceremonie, colle quali si celebrava appresso gli antichi Greci e Romani
enza gemma (l). Le nozze si celebravano per tre giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la sposa nella di lei c
ivarono il nome di Ecatombe da’ cento piedi di venticinque animali, i quali solamente si sacrificavano. Altri vollero, che il
a tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che di quelli, i quali intervenivano al sacrifizio (a). (a). Potter. A
iterone, è fama, che ispirassero gli abitanti di que’ dintorni (b), i quali però furono chiamati Ninfolepti (c). L’antro poi
a lui(e). Due sorta ne riconobbero gli antichi Pagani : altri veri, i quali cioè annunziavano cose reali ; ed altri falsi, ch
Dei e degli uomìni. Scelto giudice tra Minerva, Nettuno, e Vulcano, i quali contendevano chi di loro avesse prodotto il migli
i della Grecia veneravano Brizo, come la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella città off
i fossero le medesime che le Nemese, Dee vendicatrici de’ delitti, le quali aveano un tempio sul monte Pago nell’ Eolide pres
, e osservavasi un tispettoso silenzio nel tempo di que’ sacrifizj, a quali non potevano assistere che i Sacerdoti. Il fuoco,
, latte, e acqua. Nella Grecia altresì ebbero le Furie molti tempj, i quali erano altrettanti asili Gli Areopagiti tenevano l
i di tal fatta. In tutte due non aveano che un occhio e un dente, de’ quali vicendevolmente si servivano(f). Alcuni hanno det
n un bosco sacro(c). (11). Gli Dei Mani erano Divinità Infernali, le quali si aggiravano intorno a’ sepolcri, e vegliavano a
oni, e in quelle de’ cattivi. Le prime si appellavano anche Lari, de’ quali parleremo ; le secondo in pena de’ loro delitti a
o Larve, Lemuri, Empuse, e Spettri(f). Nell’ incertezza poi di sapere quali anime appartenessero alla prima spezie, e quali a
ertezza poi di sapere quali anime appartenessero alla prima spezie, e quali all’ altra, esse si denominavano colla voce gener
va anche alla Dea Muta. Una vecchia maga in mezzo a molte giovani, le quali osservavano un profondo silenzio, offeriva il sac
n dietro, gettando al di sopra della sua testa delle fave nere, delle quali ne teneva anche in bocca, e ripetendo nove volte
tti vasi si risguardava come opportuno a mettere in fuga le ombre, le quali amavano il silenzio(a). (12). L’Acheronte, dicon
i, nacque da Cerere senza padre. La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di sterminare i di lei figliuogli, lo p
i aveano ricevoti gli onori della sepoltura. Credevasi, che coloro, i quali ne rimanevano privi, andassero errando per cento
rvavano rigorosamente quello di seppellire i morti. A quelli poi, de’ quali non si potevano avere le ceneri, si alzava un sep
e, e supponevasi, che le rapide acque dello stesso fossero fiamme, le quali da ogni lato circondassero il Tartaro(d). (17).
none. Il Padre poi de’ Numi li cangiò in due montagne, ciascuna delle quali conservò il loro nome(b). Flegia incendiò il temp
liva, nè le donne vi partorivano(b). Si sa inoltre, che i Persiani, ì quali avevano devastato tutte le Isole della Grecia, gi
lcun danno(c). (e). Nat. Com. Mythol. l. 4. (3). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre di Apo
si desse al più sapiente. Fu offerto ad uno di que’sette Sapienti, i quali fiorivano nella Grecia, ma quegli non volle accet
di miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi di paglia, sopra i quali i pastori al suono di varj stromenti saltavano pe
a memoria, Branchidi si denominarono i Sacerdoti e i Popoli, presso i quali si davano questi Oracoli(f). (d). Saturn. l. 1.
a tre celebri Scultori, che ciascuno di loro formasse tre statue, le quali rappresentassero le tre accennate Muse ; che queg
nove fanciulle, istruite in tutte le Arti relative alla Musica, e le quali perciò si denominassero le nove Muse(b). Eccone i
rono Castalie(d). Ipprocrenidi(e), Aganippidi(f) da’fiumi, appresso i quali se ne stavano, e de’quali pure si parlerà. Si chi
o Diluvio(g). Il monte Parnasso si divideva in due punte, l’una delle quali chiamavasi Titoreo, e l’altra Jampeo(a). Dicesi c
(a). Dicesi che Pireneo, re della Focide, incontratosi colle Muse, le quali facevano ritorno al Parnasso, le invitò a ritirar
o Coricie cette Ninfe, che ivi soggiornavano(e), e le Muse pure, alle quali esso era consecrato(f). (35). L’Elicona era mont
ne da Diana (a). Orione lasciò due figliuole, Menippe, e Metioche, le quali Diana allevò, e Venere e Minerva arricchirono de’
non se ne libererebbono se non col sacrifizio di due Principesse, le quali avessero tratta la loro origine dagli Dei. Le fig
ani, e che da quelle ceneri si sieno prodotti due giovani coronati, i quali poi vennero cangiati in astri (c). (a). Job. Ja
nella Bassa Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali era di ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cill
ne invaghirono, e la rendettero madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi di Chione destò in Dedali
io della Medicina. Al moribondo si recicideva una parte de’capegli, i quali come primizie si offerivano in sacrifizio a Pluto
esposte. Quì notiamo, che non si usò mai di abbruciare i fanciulli, i quali non ancor aveano oltrepassato il quarantesimo gio
inava coll’Epule, chiamate anche Silicernj. Questi erano banchetti, i quali consistevano in offerte di fave, lattuca, pane, o
eremonie, con cui Priapo veniva adorato, orano simili a quelle, colle quali Atene venerava il sozzo Dio, Conisalo : anzi è op
Roma riconobbe altresì come presidi agli sponsali altre due Deità, le quali si denominavano Volumno, e Volumna ; e le invocac
o matrimonio (b). (9). Le Grazie erano anch’esse Divinità, oltre le quali i Poeti niente immaginarono di più leggiadro e be
elasia, e Comasia ; ma queste forse non furono che tre giovinette, le quali per la vivacità del loro spirito, e per la loro b
rcadia presso Figalia un tempio, e certe Feste, dette Eurinomie, e le quali consistevano in pubblici e privati conviti(f). Le
gemme preziose. Essa non vi trovò alcuno, ma solo udì certe voci, le quali la eccitarono a trattenervisi, ed era servita da
cruciarla. Venere poscia le commise di sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano superiori alle di lei forze. Un invisi
aus. in Corinth. (3). Anfitrite fu anche detta Venilia e Salacia, i quali due nomi esprimevano il flusso e riflusso del mar
nava nel mare Egeo, circondato dalle sue figlie, chiamate Nereidi, le quali lo divertivano col canto e colle danze(c). Notisi
l suo sdegno colla misera Scilla, e co’veleni infettò le acque, nelle quali colei soleva lavarsi. La giovine appena vi si tuf
ti (d). Anche Omero le diede dodici piedi e sei teste, ciascuna delle quali aveva tre ordini di denti spaventevoli (a). Si ag
perfino le navi più lontane (b). Notisi eziandio, che le acque, nelle quali erasi immersa Scilla, secondo altri vennero infet
Lisidice, figlia di Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui furono delle Tafie. Sposò una
ne, eccettuati però i Venti favorevoli, cioè Noto, Borea, e Zefiro, i quali a detta cello stesso Poeta nacquero dagli stessi
arono a certe Dce, ch’eglino chiamavano Prassidici, sull’altare delle quali giuravano nelle più gravi circostanze. Il Meutsio
i lei onore si celebrarono altresì le Feste Plinterie, al tempo delle quali , si lavava la statua di Minerva, e il tempio di q
lino, che non aveano solennizzate le altre, chiamate Fornacali, delle quali parleremo (c). (a). Calep. Sept. Ling. (b).
giudici(i). In faccia di questi v’erano due sedie d’argento, sopra le quali l’ accusatore e il leo si assidevano. L’una chiam
lla (b). A lato del medesimo Tribunale v’ erano due colonne, sopra le quali stavano scolpite le leggi, che dirigevano i giudi
veneravano anche Laterano, e Fornace. L’uno presiedeva a’ focolari, i quali anticamente erano formati di mattoni, detti da’ L
pilio instituì in onore di Fornace le Feste Fornacali, al tempo delle quali in onore della Dea si lasciava consumare della fa
Da Marte e Venere nacquero il Pallore e il Timore(c), Divinità, alle quali ordinariamente si sacrificavano un cane e una pec
2 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
alia bellissima, di molti valorosi Personaggi ebbi assai a lodarmi, i quali , come volle la bontà di Dio, di me presero cura p
na la mia fatica. Gli antichi Greci e Romani lasciarono opere, sulle quali il tempo non istenderà mai il velo della obblivio
e, delle ineumbenze e del carattere degli Dei de’ Gentili o Pagani, i quali follemente credevano, non uno, ma innumerevoli es
ρανιοι, ολιμπιοι, αθανατοι) ; de’ Terrestri (κθονιοι, επικθονιοι), a’ quali si riducono i Marini (θαλασσιοι), gli Eroi (ηρωες
a moglie di Satùrno avea anche partorito Nettùno, e poscia Plutòne, i quali furono nello stesso modo alla crudeltà del padre
i di Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figliuoli di Noè, i quali dopo il diluvio si divisero la terra abitabile, c
ci qualche gran bene ; come figliuoli della terra diciamo coloro, de’ quali ignoriamo i genitori. Quindi la regione che posci
zione dell’uomo in poi, diedero ad esse il nome di varii metalli, de’ quali la maggiore o minore preziosità facesse rilevare
erbare solenne memoria nelle feste Saturnali (Κρονια, Saturnalia), le quali erano immagine dell’aurea età di Satùrno, e si ce
embali e di timpani, a’quali i Coribanti accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti di un cerchio di legno, a cui
ta grandissima, celebrandosi il lettisternio ed i giuochi Megalèsi, i quali malamente si confondono co’ giuochi detti grandi
a ; ed i Frigii l’appresero dagli antichi Caldei e Persiani, presso i quali il fuoco era in grandissima venerazione. Enèa lo
o e colla Terra sul modo di nasconderlo alla crudeltà del genitore. I quali aprirono alla figliuola quel che per decreto del
che Melissèo, re di Creta, ebbe due figliuole, Amaltèa e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte di capra e con mele. Or
apra e con mele. Or questa capra avea due curvi bellissimi corni, de’ quali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo averlo o
uole che Veiovis significhi Giove fanciullo e senza que’ fulmini, de’ quali ebbe ad armarsi per debellare i Giganti ; sebbene
o sia Destino, ne’ cui libri ei ne leggeva gl’immutabili decreti, a’ quali non poteasi in modo alcuno opporre, e però dal Co
 ; di che questi adirato tosto il fulminò. Dice Vegezio, che coloro i quali nell’assedio delle città adoperano le scale, sono
o antichissimo nella Beozia, e però chiamossi fatidica. Or gli Dei, i quali , lasciata la terra, erano ritornati in cielo, nep
di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i quali , nudriti dalla Terra, di nove anni erano già alti
tremuoto. Il che ha dovuto avere origine da’ versi di Omero (2), ne’ quali dice che Tifeo giace sepolto in Arimis (εν Αριμοι
bustezza e ferocia, che insolentivano contra gli Dei e gli uomini, a’ quali , per dinotarne la forza, gli antichi diedero corp
(3), furono i giganti che una qualche empia generazione di uomini, i quali negando l’esistenza degli Dei, fecero dire che vo
, di Epimeteo ; tutti e due per pietà fra gli altri uomini insigni. I quali vedendo l’uman genere distrutto tutto quanto dall
diluvio si rapporta il fatto di Filemone e Bauci, due vecchi sposi, i quali , coltivando un campicello, menavan la vita in lie
rtar seco per compagno, da niuno furono accolti che da que’ vecchi, i quali , ponendo in moto tutta la poca lor masserizia ed
nelle altre eminenze inferiori, le abitazioni degli altri Numi, dalle quali andavano a consiglio nella stellata magione di Gi
o a bitavano due sorelle di stranissima natura, Pefredo ed Enio, alle quali aggiungono la terza Dino, chiamate Gree (γραιαι d
io da lei oltraggiato, que’ vaghissimi crini trasformò in serpenti, i quali avean virtù d’impietrire chiunque la riguardasse.
ell’adusto suolo le gocciole del sangue di quel reciso teschio, dalle quali , come da velenosa semenza, pullullarono que’ fera
di sua bellezza, avea detto di superar le Nereidi in leggiadria ; le quali , in pena di tanta baldanza, legarono la figliuola
varsi le mani, nascose fra certe piante marine il capo di Medùsa ; le quali tosto si convertirono in pietra, ed il sangue che
e che ne grondava, le tinse di un bel rosso. Questi sono i coralli, i quali , stando nel mare, se escono all’aria aperta, s’in
so Eroe con grandissima festa impalmò nella loro reggia medesima. Da’ quali nacque Perse che diede il nome alla Persia. Cassi
o colla sua spada ; e per consiglio di Minerva ne seminò i denti, da’ quali nacquero uomini armati, che si chiamarono sparti
rmati, che si chiamarono sparti (σπαρτος, satus, a σπειρω, sero), de’ quali venuti a pugna fra loro rimasero non più che cinq
ro), de’ quali venuti a pugna fra loro rimasero non più che cinque, i quali aiutarono Cadmo nella fabbrica di Tebe. Così Apol
oscia Minèrva gl’impone di seminare i denti dell’ucciso serpente, da’ quali sorge tosto mirabile schiera di armati guerrie ri
rse la venuta di Cadmo mosse grandi discordie civili fra loro, per le quali perirono non pochi uomini ; e di que’ che nel pae
Grazie. Da lei ebbe Ino, Semele, Agave ed Autonoe ; le sventure delle quali sì conte nelle favole vinsero per modo l’animo de
a, perchè con questo nome chiamasi il bue nella lingua de’ Fenicii, i quali a questo animale il primo luogo davano fra le cos
fondissima del monte Ida per ricevere nuove leggi, la giustizia delle quali fece si che i poeti lo ponessero per giudice dell
geo, il ben duro tributo di dare ogni anno sette nobili giovanetti, i quali tratti a sorte spedir si doveano a Creta per esse
laberinto di Creta fu una spelonca con moltissimi ravvolgimenti, ne’ quali l’arte ebbe pure la sua parte. XV. Continuazio
aver anima e vita, percui i Greci dedalce chiamavano le macchine, le quali per se stesse si muovono senza che ne apparisca l
damanto lasciò Creta e pose sua sede nelle isole del Mediterraneo, le quali volentieri a lui si soggettavano per averle liber
atti celebrare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra gli altri eroi riportarono la palma Castore n
Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi di S. Elmo o di S. Nicola. I quali , se appariscono tutti e due, indicano buon tempo 
morti. Eustazio in questa favola vede la costellazione de’ Gemini, i quali essendo sotterra, sembran morti ; e paion vivi, q
stelle che formano le due Orse, dette per ciò i gemini Trioni(2) ; le quali dicono i poeti che non mai tramontano e non cangi
la madre chiamò Egina(1), ond’ebbe origine il popolo de’ Mirmidoni, i quali avendo seguito Peleo, fig. di Eaco, che fuggiva d
le sue virtù, dal buon genitore fu più amato degli altri fratelli, i quali n’ebbero invidia, e mentre un giorno giuoca vano,
la figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato di cento occhi, de’ quali due alla volta per dormire si chiudevano, mentre
ichi(1). Erittonio(2) trovò i cocchi a quattro cavalli (quadrigae), i quali per altro prima di lui erano in uso presso gli Eg
uni chiamano Eolie, ed alcuni, Vulcanie, da Vulcano, loro re ; fra le quali le principali sono Lipari, e Strongoli (στρογγυλο
il loro Dio. Alcuni dicono che gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo di essi prevedevano quali
isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo di essi prevedevano quali venti per tre giorni dovessero spirare(2). Da ciò
in quella città era una selva tutta di querce consacrate a Giove, le quali con umana voce rendevano gli oracoli, che i Selli
finalmente dicono che a Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l’altra
e nobile impresa ; ma Strabone ne vuole autori i popoli di Etolia, i quali edificarono Olimpia e celebrarono la prima Olimpi
pazio di cinque anni, o meglio, di quattro anni compiuti, trascorsi i quali doveansi celebrare i giuochi olimpici, ed il nome
o nel fare sì nobile statua, rispose che quei versì dell’ Iliade, ne’ quali il poeta descrive Giove che col muovere delle sop
i, ch’erano la lotta, il disco, il salto, la corsa ed il pugilato ; i quali presi insieme costituivano il pancrazio o pentall
ino, in cui gareggiavano e suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornat
ri ; il che forse ha dato luogo alla coronazione de’poeti laureati, i quali erano in tanto onore nell’Italia e nella Germania
pingesi colle corna, che forse dinotano la forza de’raggi del sole, i quali sono cocentissimi nella Libia. Ebe si dipinge col
sul monte Albano le ferie latine, istituite da Tarquinio Superbo, le quali duravano quattro giorni, e vi assistevano i conso
essa fanciulla fu dalla madre Rea consegnata all’ Oceano ed a Teti, i quali con grande amorevolezza la nutrirono ; forse perc
pochi esempi. L’Emo ed il Rodope furon due monti della Tessaglia, de’ quali si favoleggia ch’erano in quella regione un frate
ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella di tal nome, i quali sì forte si amavano, che, per un tal vezzo di sto
iunone trasformata in grù ; e da ciò l’odio fra le grù ed i pigmei, i quali ogni anno vengono con quegli uccelli a fierissimo
ot vuole che la favola de’Pigmei sia nata dal costume degli Etiopi, i quali metter soleano piccoli uomini di paglia, o Pigmei
ca di questi rettili. E Cinira, re di Cipro, ebbe delle figliuole, le quali , perchè ardirono preferirsi a Giunone, furono can
cuba, fig. di Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuoli, de’ quali i più conosciuti furono Ettore, Deifobo, Polidoro
turno. Fece adunque che Peleo, suo nipote, sposasse quella Dea ; alle quali nozze furon invitati gli Dei e le Dee tutte, salv
nto navi di Greci Eroi, a vendicare l’oltraggiato onore di Menelao, i quali fermato aveano in lor cuore di non ritornare, se
utosi una volta Giove, dice Omero(5), degli artifizii di Giunone, pe’ quali i Greci mettevano in rotta i Troiani, garrisce la
che all’aria soprasta. Or per significare che la terra ed il mare, i quali occupano un luogo inferiore, sono all’aria uniti,
insana. Quindi la dipingono calva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra di una ruota, e l’altro, s
si finge zoppo, allorchè da Giove è mandato ad arricchire alcuni, pe’ quali giunge sì tardi che spesso li trova invecchiati ;
ampidoglio si venerava, come da’ medaglioni di Adriano apparisce, ne’ quali si rappresentano le tre divinità Capitoline. Giun
la di Saturno. Iuno Unxia, dall’antico costume de’ Romani, presso a’ quali la sposa novella ungeva l’imposta della porta, qu
in Olimpia, ove ogni anno si facevano de’ giuochi in di lei onore, a’ quali soprintendevano sedici donne, e schiere di donzel
ad Olimpia era descritto il fatto de’ due fratelli Cleobi e Bitone, i quali , vedendo che la madre Cidippe andava al tempio su
favolosa di Minerva. Cicerone(1) conta sino a cinque Minerve, le quali ordinariamente si confondono dagli antichi poeti.
più veramente volevano dirci i poeti, che le scienze e le arti, alle quali Minerva presiede, non sono già un ritrovato dell’
tri si alzarono, sotto la speciale protezione della nostra Dea. Fra i quali vuolsi ricordare il giovane Telemaco, al quale la
scagliò, chè il suo non valeva a distruggere la flotta de’ Greci, de’ quali tutte le calamità sofferte nel ritorno alle lor p
soffio celeste ch’è l’anima(4). Quindi nell’uomo tutte le cose, nelle quali più chiaro si scorge vigore d’intelletto ed un no
llodoro, a tempo di Cecrope, usavan gli Dei scegliere le città, nelle quali volevan essere in più special modo venerati. Nett
erval, e davasi prima delle feste di Minerva dette Quinquatria, nelle quali gli scolari non andavano alle scuole, ed i maestr
e. Apollo stesso difende la causa di Oreste ; si raccolgono i voti, i quali ritrovati uguali, Minerva diede il suo suffragio
giti davano il loro suffragio con alcune pietruzze bianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una di rame, chiamata di
esero i poeti le micidiali esalazioni della terra dopo il diluvio, le quali Apollo, cioè il Sole, uccise, o sia dissipò e dis
a voglia, ma indarno ; e Fetonte prese le redini di que’ destrieri, i quali mal sapendo governare, ora troppo avvicinandosi a
no convertite in alni o sia ontani, o in pioppi ; dalla corteccia de’ quali alberi grondano delle gocciole che paion lagrime,
alvo che Bacco, il quale per ciò spinse contro di lui le Baccanti, le quali crudelmente il fecero in pezzi e ne gettarono il
masi la lira. Orfeo fu uno degli Argonauti ; ed instituì le orgie, le quali da lui si dicono Orfiche. In Orfeo scorgiamo espr
presentava l’armonia de’pianeti. Dicevano i Tracî che gli usignuoli i quali nidificavano presso la tomba di lui, facevano un
risteo, Apollo il diede ad allevare alle Ninfe di que’ luoghi ; dalle quali avendo egli appreso a coagulare il latte ed a far
uattro tori e di altrettante giovenche ; dalle putrefatte viscere de’ quali animali, dopo nove giorni, vide con grata maravig
racia e cantore sì nobile che osò gareggiare nel canto colle Muse, le quali , vintolo, della lira il privarono e degli occhi.
Allora Latona sul monte Cinto forte si lamentò con Apollo e Diana, i quali non furon tardi alla vendetta. Era vicino a Tebe
ed il turcasso ; si ode da lungi lo strepito degli scossi strali, de’ quali come uno ne vibra dal tremendo arco, tosto agli a
agli animali si attacca micidiale contagio, e poscia agli uomini, de’ quali continuamente ardenti roghi bruciano i miserandi
i poeti, per avere Giove il primo ritrovato le scienze e le arti, le quali senz’assidua meditazione e diligente coltura dell
n continue guerre, si disse da’ Poeti che tramò insidie alle Muse, le quali per ciò si dipingono anche colle ali. Ma sopra tu
Pella, in Macedonia ; e da Evippe, di Peonia, ebbe nove figliuole, le quali , della cognizione di molte scienze ed arti dotate
isperar perdono. Alcuni vogliono che Piero ebbe nove figliuolo, alle quali diede il nome delle Muse. Forse sotto il simbolo
volle significare l’audacia di tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali , simile a quella delle piche, è il vero tormento
ice Strabone, per quegli antri ombrosi, soggiorno delle Ninfe ; fra i quali l’antro Coricio più d’ogni altro vasto e bellissi
lla custodia di quel fonte stava un dragone di strana grandezza ; de’ quali ritroviamo moltissimi nelle vecchie favole, desti
e. Antiope, già incita, partorì Anfione e Zeto sul monte Citerone ; i quali , da un pastore educati, riconobbero poscia la lor
sacri boschetti vi eran fontane e ruscelli di mele, da cui i Poeti, i quali si assomigliavano alle api, succhiavan la soavità
in altro luogo chiama Ascrei i fonti d’Ippocrene, di Aganippe, ec. a’ quali beono i poeti maggiori, tutto al contrario di lui
a ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le quali se facevano un certo strepito, era felice augurio
terra, mandò due aquile, una dall’oriente, l’altra dall’occidente, le quali , andando con volo eguale, fermaronsi a Delfo(4).
diedero opera ancora Agamede e Trofonio, fig. dello stesso Apollo. I quali , finita la grand’opera, dimandarono al Nume un gu
ice che i tripodi erano mense nel tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sacerdotesse di quel nume profetavano. E Plini
maneggiar l’arco, questo Nume sdegnato colle sue frecce l’uccise. Le quali cose dissero i poeti, perchè alle volte il calore
nomi di Arciero, di Ecaergo, o che colpisce da lungi, e più altri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono gli
costrutta di corna di capra che Diana ucciso avea sul monte Cinto, le quali erano assai ingegnosamente dispote ed intrecciate
sorge dall’oceano su di un cocchio a due cavalli, Lampo e Fetonte, i quali apportano agli uomini la luce. Tibullo(3) chiama
Mennone uscì gran numero di uccelli, detti Mennonidi (Memnonides), i quali ogni anno dall’ Etiopia si recavano al sepolcro d
one di una fiorente avvenenza che ornava le fresche sue guance, sulle quali non mai spuntò anche picciola lanugine. Or si sa
ωτηρες, αλεξικακοι, αποπομπαιοι, cioè gli Dei Averrunci de’ Latini, i quali averruncabant, cioè tenevan lontana la peste, la
che fu così detto, perchè allogavasi nelle botteghe de’ librai, fra’ quali dice Orazio(1) che i Sosii erano i principali.
nte può accomodarsi ad usi diversi, perchè a Delfo eranvi spade colle quali e s’immolavano le vittime e si dava la morte a’ m
a ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ loro magici carmi potevano far ca
divorarla ; il che accadeva nell’ecclissi di questo corpo celeste, le quali eran riputate come deliquii, cui esso era soggett
anze di una vecchia appellata Beroe, secondo il costume degl’Iddii, i quali , per ingannare i mortali, predevan la sembianza d
di Armonia, come Semele, e poscia raccomandato alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. Al dir di Plinio
viti. Quanto poi alle nutrici di Bacco si dee sapere che le stelle le quali sono nella costellazione del toro, si appellano l
lo stesso e condannano d’imperizia del greco linguaggio i Latini, da’ quali le Iadi si nominarono Suculae, porcellette, quasi
amore. Di che più esempii riferisce Luciano stesso e Plinio(2), fra’ quali quello di Arione è notissimo. Vuolsi pure(3) che
vasi di fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli di ellera, i quali , secondo Plutarco, hanno virtù d’inebbriare ; e s
di Mineo, fiume di Tessaglia, dette Leuconoe, Alcatoe, e Leucippe, le quali amando starsene fra le mura paterne ed attendere
paso, fig. di Leucippe, e che andarono ad unirsi alle Baccanti, dalle quali rigettate, furon in varii uccelli ed anche in pip
elle di saviezza, e di onestà, quale a donna ben nata si conviene, le quali , amando la fatica, aveano a gran vergogna metters
e biade e della vendemmia. Oltre a ciò istituirono certi giuochi, ne’ quali , in memoria della morte di Erigone, ad alcuni alb
agnato da Pan, da Trittolemo, da donne assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba di uomini velluti
evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ quali fu accolto come una divinità che porta seco non i
Non so perchè in esso il greco artefice abbia omesso le corna, delle quali costantemente son munite le altre di lui immagini
mico Anchise la trasformazione in colombe di quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la virtù di cangiare in frumento,
le dette Cistofore portavan le mistiche ceste o panieri di Bacco, nei quali , fra le altre cose misteriose, era una piramide,
Lamptero si celebravano alcune feste notturne dette Lampterie, nelle quali al suo tempio portavansi torce accese, e qua e là
ra per raccogliere dalla natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo di grazia potessero esprimere qu
, le cui bionde chiome son cinte della solita ghirlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio di un s
a sul capo(3). Alla mitra son posti alcuni fiori simili alle rose, le quali , secondo Ateneo, erano un rimedio efficace contro
perata nel corso. Ella ch’era velocissima, vinse molti concorrenti, i quali ebbero la pena di morte giusta la convenzione. Or
e con arte gettò nel meglio della corsa successivamente i tre pomi, i quali volendo la donzella raccogliere, con tal ritardo
ossedevano in Africa non lungi dal monte Atlante orti amenissimi, ne’ quali era l’albero de’ pomi d’oro consacrato a Venere ;
ze pel pernicioso odio di Giunone contro i Troiani, per la salute de’ quali ella supplica, e specialmente di Ascanio ; e Giun
va l’arco nella destra, e nella sinistra portava le tre Grazie, delle quali una teneva la lira, la seconda un flauto, e la te
vi è che sia vestita di più amabili circostanze che le Grazie, dalle quali tutte le altre prendono in prestito, per così dir
che spargon rose a piene mani (ροδα βρυουσι). Il più si rappresentano quali giovani donne belle e ridenti, vestite più con ga
u un nobile giovane di Atene, di cui fecero il dio delle nozze, nelle quali assai frequentemente s’invocava. Catullo stesso,
sa da certi della plebe, che di ciò avevano avuto commissione. Tra le quali si dice che, essendo stata presa una di eccelente
ndando molti che la rincontravano, a cui ella fosse menata ; coloro i quali la menavano, perchè non le fosse fatta violenza,
nca, affinchè lanno cominciasse sotto il patrocinio di que’ numi, da’ quali avea avuto origine la città di Roma ; per cui ne’
tutte le arti ed i mestieri erano sotto la protezione de’ Genii, de’ quali la pittura si serviva per rappresentare le arti m
l macinare, Sono sette e fanciulli di aspetto assai giulivo ed alati, quali appunto son descritti da Filostrato, il quale li
vi entravano la prima volta, e ciò in onore del Genio tutelare(4) ; i quali Genii spesso si rappresentavano sotto la forma di
rone, il quale(1) fa derivare la parola Mavors da due voci latine, le quali significano che travolge grandi cose (quia magna
ciò venne che al dio Marte fu assegnata la guerra e le battaglie. Le quali idee dall’Egitto passarono certamente ai Greci. M
ono certamente ai Greci. Ma qui è mestieri distinguere più Marti, de’ quali i Greci fecero un solo. Il primo fu il Belo degli
e. E lo stesso autore osserva che anche a Roma nobilissimi cittadini, quali erano i sacerdoti detti Salii, con molta gravità
nto, e che a stento salvossi coll’aiuto de’suoi veloci destrieri, de’ quali uno chiamavasi il timore (Pavor), e l’altro la pa
ore e la Paura, compagni esiziali del nume devastatore delle città, i quali nelle orride guerre le dense falangi de’ prodi ca
poscia veduto più in terra. La gioventù romana prestò fede a’Padri, i quali , essendogli stati più vicini, affermavano, quello
i Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il modo di allontanare quel male
perto di una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nell’atto di andare e di rito
sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassomigliavano que’ di Bellona. Tibullo
che quivi insegnò l’uso delle lettere ed i numeri agli Egiziani, da’ quali fu chiamato Thoth. Forse i Greci, avendo a disono
ale sul Cilleno, monte dell’Arcadia, gli partorì le Pleiadi(5). Delle quali Maia(6) vinceva le altre sorelle in bellezza, ed
uso degli ulivi, falsamente da’ Greci attribuito a Minerva ; tutte le quali cose essi han detto del loro Mercurio. L’Ermete e
somiglianza che fra il greco e l’egiziano Mercurio intercede, vedremo quali furono le incumbenze di questo nume il più affacc
or giù con tante sue ambasciate e mi abbliga a ben lunghi viaggi. Da’ quali appena ritornato, tutto ancora polveroso, debbo p
πη (p.m. verbi κλεπτο. occulo) da’ Greci e furtum da’ Latini ; per le quali voci prese in cattivo senso dissero che Mercurio
l’amichevole accordo ch’esser dee fra l’eloquenza e la filosofia ; le quali se vanno disgiunte, la prima non sarà che un vano
nazioni ; e che inventô alcune lettere greche dal volo delle gru, le quali imitano la forma di quelle lettere. Non fa quindi
vesse scelto questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli era nato. Perciò fu detta Χελυς (testudo) da
virtù, ed imbattutosi a caso, sul monte Citerone, con due serpenti, i quali fieramente fra loro battagliavano, ponendo in mez
(1) descrive Mercurio che conduce all’inferno le anime de’ Proci, de’ quali Ulisse avea fatto grandissima strage : Mercurio
forse simboleggia quelle occulte malizie e quelle coperte vie, per le quali questo nume conduce agl’illeciti guadagni. Teneva
ei domestici o che aveano cura della casa, a differenza dei Penati, i quali soprantendevano ad una città o ad un regno, e che
aturnali de’Romani, ed in esse i poveri erano serviti da’ ricchi, da’ quali prendevano a prestito gli abiti. L’erba mercurial
rcui chiamaron Dea la Terra, ch’è la donatrice di quelle cose, per le quali vivono essi e godono molte comodità. Per ciò pure
quella virtù divina che quivi aveano le esalazioni della Terra, dalle quali la Pizia investita dava gli oracoli. E qual virtù
E qual virtù, prosegue a dire, è più divina di quella esalazioni, le quali la mente muovono, e la rendono previdente del fut
ianco di una rupe, a cui si andava per cento vie e cento porte, dalle quali cento voci uscivano insieme, quando la Sibilla da
a , prendere nell’una e nell’altra mano certe paste di mele, senza le quali non potevasi entrare ; si mettevano in piedi nell
Apollodoro dice che la Terra, dopo i Centimani, procreò i Ciclopi, i quali aveano un sol occhio in mezzo alla fronte, che i
e Virgilio (3) chiama le vicinanze dell’Etna , campagne de Ciclopi. I quali erano intesi a pascolare gli armenti, abitavano n
ibero. Qui non dobbiamo omettere i Centimani Briareo, Gige e Cotto, i quali (1) di cento braccia e cinquanta teste forniti, sì
d i Lari ; e ciascun uomo, e forse ciascun luogo, il suo Genio. Delle quali maniere di numi qui brevemente discorreremo. I po
celebravano alle none di Dicembre alcune feste dette Faunalia, per le quali Orazio (1) ha scritto una bellissima ode ch’è una
re animali velocissimi che vivono sopra alcune montagne dell’India, i quali corrono ed a quattro piedi ed alla maniera degli
cembali. Il ch. Shaw(1) dice, quel monte essere abitato dai Cabili, i quali , pel soverchio calore del sole, il giorno vivono
e) de’ Greci. Ma Scaligero dice che la Satira ebbe nome da’ Satiri, i quali portavan piatti e cestellini ricolmi di ogni gene
delicati suoi piedi sfiorar sembrano appena le tenere erbette, sulle quali passeggia. Zaffiro la solleva e la regge in aria
el nome a Vesta, a Rea, ad Opi, a Cerere ed a Cibele, tutti nomi, co’ quali onoravano la Terra ; e negli occulti riti dei sac
gusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva lontani i ladri e gli uccelli (1), e perci
della Grecia che ha la sua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali , dolenti oltremodo di tanta perdita, furon subito
e tre isolette del mar Tirreno che Aristotele chiama delle Sirene. Le quali , intese ad ogni maniera di malvagi diletti, tirav
tifizii, ch’eran la dolce voce delle Sirene in linguaggio poetico ; i quali fra tanti sollazzi di quella corte perdevan la vi
servivano di preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a parte dei quali era mestieri sottoporsi a molte pruove e ad un no
tieri sottoporsi a molte pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del te
a, della creazione, de’ gastighi e de’ premii di un’altra vita ec ; i quali , per timore del popolo, si tenevano con tanta cur
r ciò si finse, perchè l’isola di Lenno, l’Etna e le Vulcanie, fra le quali è Lipari, son soggette a’tremuoti ed abbondano di
i fulmini di Giove, chiamati da’ poeti Bronte, Sterope e Piracmone. I quali furono i primi ad inventare l’arte di lavorare il
ette giorni dopo la sua nascita, apparvero ad Altea le tre Parche, le quali filavano lo stame fatale di quel fanciullo, e che
l lucro ricavato da certi tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio
ana, in una bella pittura, è seguita dalle Ninfe, sue compagne, dalle quali si distingue per la mezza luna, ond’ha fregiato i
Callimaco pone al servizio di Diana venti ninfe dette Annisiadi, le quali avean cura de’ calzari venatorii della Dea e de’
origine oscura ed ignobile, come quelli che discendevano da uomini, i quali , a guisa di fiere, viveano senza freno di leggi e
re che l’epoca degli Eroi della Grecia, ricca di memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un bel campo di dilettevoli c
ornata. La prima era la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle quali procurando di guadagnarlo colle promesse, Ercole
l’Arcadia, dagli uccelli di rapina che si pascevano di carne umana, i quali furon [dal nostro eroe colle saette uccisi, e dis
detta Deianira ; e nelle nozze di Piritoo fece strage de’ Centauri, i quali ubbriachi, avendo fatto insulti non leggieri a De
nte, al quale donato avea la faretra e le avvelenate saette, senza le quali , secondo l’oracolo, non potea Troia espugnarsi, e
o esercito e l’ obbligò a dar loro in matrimonio le sue figliuole, le quali per consiglio del padre nella prima notte delle n
i, Abante, il quale da Ocalea ebbe due gemelli, Preto ed Acrisio, de’ quali il primo fece tutti gli sforzi per ascendere sul
Argo, e Preto, Tirinto. Nacquero intanto a Preto molte figliuole, le quali sorprese da strana malattia e credendosi diventat
tempo stesso che Laio viaggiava per que’luoghi in cerca del figlio. I quali s’incontrarono nella Focide, ed insorta fra loro
ancora è la seconda intrapresa da’discendenti di que’ primi sette. I quali , essendosi uniti insieme, pensarono a vendicare l
(1) si chiama Tessalo. Celebri poi erano i cavalli della Tessaglia, i quali , di razza assai bella, eran pure ben maneggiati d
da que’popoli ; donde nacque per avventura la favola de’ Centauri, i quali aveano nella parte superiore del corpo la forma d
no, ove abitavano donne forti e bellicose simili alle Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie di Toante, da cui fur
tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani di Giove e di Giunone, de’ quali servivansi contro quelli che volevan punire ; anz
implegadi, ch’eran due scogli o isolette poco lontane dal Bosforo, le quali , per l’impeto de’venti urtandosi fra loro, impedi
rtasi Medea fece in pezzi Absirto e qua e là ne sparse le membra ; le quali il padre dolentissimo trattenendosi a raccogliere
dato a lobate, re della Licia e padre dì Stenobea, con lettere, nelle quali lo pregava di dar morte all’infelice giovane ; e
tempo ; fa parola delle leggi e della religione de’Greci ; riferisce quali fossero i condottieri della flotta, il loro carat
di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella delle Nereidi, nelle quali nozze fu dalla Discordia sulla mensa gittato il f
; perciocché travestitosi da mercante gli recò preziosi regali, fra i quali eranvi delle armi. Achille, seguendo il natural t
famosa gara fra’Greci per ottenerne le armi fabbricate da Vulcano, le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio di
e. Egli dallo stesso poeta(5) chiamasi l’assoluto signore de’fiumi, i quali pronti ubbidiscono alla sua voce. Col suo trident
rrenti e de’fiumi. Erodoto(2) riferisce una tradizione de’ Tessali, i quali affermavano che la valle per la quale scorre il f
, ha dovuto avere origine dall’opinione di alcuni antichi filosofi, i quali credevano che tutte le cose aveano avuto principi
hille si dice che il gran fiume Oceano chiudea l’orlo di esso ; dalle quali parole argomentano alcuni che quel gran poeta dov
per essa gettossi nel mare e fu convertito in uno de’marini Iddii, ai quali i marinari salvati dalle fortune di mare sciolgon
mma. La quale favola ha dovuto avere origine da’ poeti cosmogonici, i quali in versi cantavano l’origine delle cose, e poneva
era solita stare al rezzo in sul meriggio e lavarsi. Per la virtù de’ quali magici farmachi fu essa nella metà inferiore del
rma che gli Egiziani i primi han creduta l’immortalità dell’anima ; i quali sognarono, passare essa, dopo la morte, per molti
i posti all’estremità dell’Oceano, e coperti da tenebre eterne. Or di quali Cimmerii parla il greco poeta ? Sappiamo che i Ci
al cielo. Il Tartaro, secondo Esiodo (1), era il carcere de’Titani, i quali vinti furon precipitati in quel caliginoso luogo,
i gli altri poeti pongono nel regno di Plutone. Dice poi che coloro i quali saranno ritrovati mondi da ogni colpa passeranno
ati a ciascun uomo nel suo nascimento, uno buono e l’altro cattivo, i quali neppure i loro cadaveri abbandonavano, e questi d
questi distrutti, ne abitavano i sepolcri. Da ciò venne che coloro i quali avessero demolito o in altra guisa profanate le t
icano che in detta legge voglionsi intendere le anime dei morti, alle quali erano indirizzate le lettere D. M. che poneansi s
eva Cicerone (1), che, siccome spesso da’ poeti si raeconta, coloro i quali hanno qualche empia e scellerata azione commessa,
che assiso, con aureo scettro in mano, giudicava le anime de’morti, i quali , chi seduto e chi in piedi, stavano al suo tribun
o (1). Con questo principio possiamo spiegare l’opinione di coloro, i quali hanno preso Plutone per le ricchezze rinchiuse ne
il Cerbero accovacciato a’ suoi piedi, e d’appresso tre Arpie, per le quali forse intendono le tre Furie ; e dal sulfureo suo
a vita all’orco. Il che ebbe forse origine dal considerare gli uomini quali vittime destinate al Dio dell’inferno ; e si sa c
colar modo negl’incantesimi, come regina delle infernali Deità, colle quali le streghe aveano troppo stretto commercio ; ed a
ieri principalmente di grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le quali alle loro erbe univano i così detti carmi ed alcu
ministravano in gran copia erbe di efficacia e virtù incredibile ; le quali nascevano particolarmente in Colco, nell’Iberia,
le Parche possono più che tutt’i celesti numi. Esse erano tre, delle quali la prima presiedeva al principio, la seconda, all
3 (1880) Lezioni di mitologia
degno dei nuovi tempi, ch’egli potentemente valse a preparare, e da’ quali dovrebbe sorgere, insieme colle voci di alta rico
ineruditi. Percorsa che avremo l’istoria di questi vaneggiamenti coi quali l’umana ragione architettò l’universo, si renderà
giori, e minori. Sarà mia cura di non omettere veruno dei simboli coi quali questi Dei vengono rappresentati, e di combinare
che regna fra la Pittura e la Poesia. L’amenità di questi studj, nei quali desidero avervi compagni e non discepoli, diverrà
ogica Mitologia, giungeremo ai tempi che chiamò favolosi Varrone, nei quali si contengono imprese che argomento furono dei pi
ugli Dei dei barbari succederanno molte Lezioni sull’allegoria, delle quali non posso, quanto bisogna, raccomandarvi l’import
delle nostre ricerche: egli v’indicherà le figure allegoriche, delle quali negli scritti degli antichi si parla, e che tutto
la mente alla dignità dell’impresa, e agli scritti di quei grandi dei quali le idee possono farsi vostre; giacché i concetti
mortali di quei sommi intelletti che trionfano di tanti secoli, e dei quali la fama durerà quanto il mondo. Voi eccita la lod
iverso. Vi furono oltre a ciò alcuni animali privi di seotimento, dai quali furono prodotti altri dotati d’intelletto, che de
sopra la terra. Ecco le idee dei Fenicj sull’origine del mondo, nelle quali , quantunque la materia sia posta innanzi lo spiri
fu derivata da quella di Thoth, che fu pure agli Egiziani comune, dei quali Diodoro Siculo ne ha conservato le opinioni intor
la Terra altri figli, cioè i superbi Titani, Cotto, Briareo e Gige, i quali aveano cento mani e cinquanta teste. Teneva Cielo
i. Giove, essendo adulto, fu grato alla Terra, liberando i Ciclopi, i quali gli donarono il fulmine, per cui comanda agli Dei
quistar fama. Sarà mia cura descriverli quando parleremo degli Dei ai quali erano sacri. Gli Auguri rivolti all’oriente diseg
i nel genere ancora degli edifìzj significavano la natura dei numi ai quali erano dedicati, poiché per Giove, per Marte e per
ancora additasse la natura e 1’ ufficio degli Dei. Infatti, quelli ai quali era affidata la tutela delle città, collocando la
parlare dei sacrifizj, che divideremo, secondo il genere dei numi ai quali erano offerti, in celesti, marini ed infernali. S
marini ed infernali. Succederà a questi la descrizione di quelli coi quali gli antichi sancivano il giuramento, placavano le
ll’oriente. Serti composti colle frondi degli alberi cari agli Dei ai quali sacrificavasi, coronavano le vittime, gli altari,
ad Ercole il pioppo, e così a tutti gli altri Dei quegli alberi, dei quali cara era loro la tutela. Quindi ai sacrifizj assi
za pianto, nei sepolcri. E chi ardirà di riprendere questi tributi, i quali solo seguivano i miseri al caro lume della vita r
cciderle, e quindi dei sacrifizj umani praticati dagli antichi, fra i quali si distinguono quelli d’Ifigenia, d’Astianatte e
anii, se quadrata. Il sangue si accoglieva in vasi detti sfagbii, dei quali la figura si scorge nelle medaglie di Caligola e
ntre io adempio al mio scopo venendo a favellare di quei sacrifìzj, i quali vorrei per onore del genere umano che non fossero
amenti: « Cosa volete che vi sia di santo e di religioso per coloro i quali , se qualche volta dal terrore guidati, giudicano
Fuggiva la pietà dai crudeli altari di Teutate e d’Eso orribile, sui quali palpitavano vittime umane. Che più: a Venere stes
giunto; e quando un tiranno pericolava nella salute, gli schiavi, dei quali è gloria l’ubbidire, prevenivan volontarj la sovr
are lo riporta) sacrificavano i colpevoli, bruciandoli coi vimini dai quali erano avvolti, e quando i rei mancavano, stimando
mali si avvezzava alla crudeltà ed al sangue il core dei mortali ! Ma quali erano i riti che per celebrare queste empietà si
avano ve lo dirà Euripide, da cui ho tradotto quei versi immortali ai quali è consegnato il fato di Polissena e d’Ifigenia. A
lla più remota antichità sta nascosa? Osserva Winkelman, che coloro i quali trattano del nascer di un’arte, sogliono il più d
i conseguenze, e tessere di tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali una sola nazione di tutte l’altre è maestra. Per
to è a tutti) chiamavansi le pietre quadrangolari con una testa, alle quali , con profondo scherzo, paragona Giovenale gl’inet
ità reputavansi, che Dei erano dette. Nel giorno festivo dei numi, ai quali erano le statue dedicate, praticavano ornarle con
importanti, conviene, che de’ boschi sacri ancora favelli; l’uso dei quali è certo che ha preceduto quello dei templi, come
a, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di Augusto, e molti altri, dei quali la descrizione presso gli antichi si legge. Famos
vi saranno rammentati ancora i riti per tanta empietà osservati, dei quali si ragionò nella passata Lezione. Racconto del n
lui testimone famoso. Si oppongono alla gloria dei Cretesi mendaci, i quali additano pure il sepolcro di Giove, i Messenj, ch
che secondo Omero, sono la prima cura di lui. Domò altri giganti dei quali era capitano Tifone che si accamparono nei campi
e di Giove, poiché i semidei celebrati dai versi dei greci poeti, dai quali comincia l’istorica Mitologia, devono a queste co
e dei nomi diversi che l’evento, i luoghi e le persone gli diedero, i quali influirono tanto nelle varie maniere colle quali
rsone gli diedero, i quali influirono tanto nelle varie maniere colle quali fu dagli antichi rappresentato. Udite intanto com
cognomi di Giove. I nomi che diedero a Giove le nazioni, presso le quali fu adorato, sono di non lieve importanza nella Mi
a passata Lezione, contribuirono non poco sulle maniere diverse nelle quali fu rappresentato; in che’ gran parte ebbero ancor
nto sarà in mio potere, alleggerirò la noia di queste ricerche, nelle quali l’utilità difficilmente può mescolarsi col dilett
ersarli, parlerò pri ma delle gesta della dea, quindi dei simboli coi quali era rappresentata a tenore dei nomi e degli attri
Gran scusa alla collera di Giunone erano i continui furti di Giove; i quali sempre ingiustamente puniva nelle donne deluse, n
e donne deluse, nei figli innocenti, e nelle intere nazioni presso le quali erano nati. Ercole, più felice, quantunque eserci
abitanti di Elide fossero stabiliti per ogni quinto anno giuochi, nei quali le donne si disputavano la palma per la celerità
gi, dalla morte di Argo, cui fu inutile la vigilia dei cento lumi coi quali custodiva la misera Io. Una delle più grandi disa
ello che intorno a Giunone immaginato fa dai poeti e dai teologi, dai quali fu coll’aria confusa. I simboli co’ quali effigia
ai poeti e dai teologi, dai quali fu coll’aria confusa. I simboli co’ quali effigiavasi furono diversi, secondo i luoghi, gli
ne, così ci resta molto più sensibile la perdita delle braccia, nelle quali il greco artefice avrà gareggiato sicuramente con
sta sopra la fronte, più stretto e sottile verso le estremità, per le quali si lega dietro la testa. — La esatta descrizione
nte Lezione è di parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali fa la dea, a tenore di essi, rappresentata. Lucin
nome a Diana pur competesse, fu chiamata per diverse ragioni, fra le quali la più comune è perchè delle donne nei dolori del
pidoglio, o sull’Aventino. Certo è che ivi si conservano i libri, nei quali era opinione conservarsi il fato dell’impero roma
Campidoglio si venerava, come dai medaglioni d’Adriano apparisce; nei quali si rappresentano le tre divinità capitoline. Era
il simbolo; l’altro crede additarsi col velo che le ricchezze, delle quali Giunone è arbitra, si tengono studiosamente celat
etazioni non ci danno si curamente l’idea dei più antichi artefici, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa di
istoria del nume, dirò che adulto fu alleato a Giove nelle guerre, le quali ebbe dopo che Saturno fu balzato dal trono. Il fe
ndo scolpito nelle monete loro il tridente. Nonostante i Tragici, dai quali colle finzioni fu violata l’antica semplicità mit
Efialte, Polifemo, Pelasgo, Amico, Anteo, Albione e mille altri, dei quali la fama è men chiara. Non fu questo dio esente da
Nettuno favoleggiarono i poeti. Conviene adesso aggiungere i modi nei quali è rappresentato dai poeti e dai monumenti, ed i d
ente cavallo. Nell’ istmo di Corinto, ove celebravansi i giuochi, dei quali i vincitori vivono ancora nei versi’ dell’immenso
gna di Nettuno, ch’egli stringe nella sinistra. Benché le punte delle quali é armato, e donde il nome tridente deriva, sieno
o sarebbe 1’ annoverarli tutti. Aggiungerò alcune delle maniere nelle quali fu Mercurio rappresentato, e la descrizione di du
come più volte ho notato, a que sti si deve la diversità dei modi nei quali furono i numi ritratti. Udite intanto dal sopralo
o per altro di Mercurio, come ne fan fede molte antiche gemme, fra le quali una bellissima del Museo Strozzi, ed un’altra del
hiamato dagli antichi quando le sue statue erano situate nei Fori, ai quali presiedeva, non solo come nume della Eloquenza, m
ltre le colonne che adornavano la piazza pubblica e le statue, fra le quali un Lucio Vero giovine, maggiore del naturale, un’
, si sono scoperte due basi di gran mole con singolari iscrizioni, le quali dimostrano evidentemente che spettavano questi av
lo dissero pure gli antichi, secondo alcuni dai quattro ritrovati dei quali fé’ ricca l’umana gente; e al parer di altri, più
, onde presedesse alla sicurezza delle case allontanando i ladri, dai quali era venerato. Thot fu Mercurio nominato dagli Ale
de palma brandisce. » Eccovi ordita la serie dei diversi cognomi, coi quali fu dai Pagani distinto Mercurio, a cui come suo m
denominazione, Alcuni s’immaginavano di ravvisarvi Teseo, altri fra i quali il celebre Mengs, un Ercole imberbe, i più finalm
statua la serena avvenenza del volto, non ha però nè i lineamenti coi quali in altre antiche reliquie vien rappresentato, nò
rampognò il potente fanciullo perché usurpava quell’armi stesse, alle quali la difficil vittoria doveva sullo spazioso serpen
ata nei loro scritti, ma più colle repliche e copie eccellenti, delle quali erano piene le case e le ville de’ grandi, i luog
o minore, perchè le altre in marmo sono più grandi, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Villa Borghese, di più e
onasse, e Femonoe interprete di lui risposegli in versi esametri, dei quali è tale il senso: — Apollo scoccherà una freccia m
mpio di Delfo, tesse la storia delle imprese di quelle nazioni, dalle quali erano stati offerti. Io sopprimerò questa parte d
Belvedere. Voleva compiere la descrizione di quelle pitture colle quali Polignoto celebrò Delfo, ma pensando che veruna l
re neppur un momento di aprirvi il tesoro di quelle cognizioni, colle quali Winkelmann e Visconti illustrarono l’origine e le
iteti di χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης, chioma d’oro, e intonso, co’ quali l’hanno espressa i poeti; il solo Callimaco quand
sono restate ignote quasi 1500 statue del solo Lisippo, ognuna delle quali , secondo Plinio, poteva render l’autore illustre;
vanto di Latona, innanzi di tesservi il catalogo dei diversi nomi coi quali l’antichità lo distinse. Così il primo favella: «
dell’acconciatura dei capelli in amendue i sessi può scusare coloro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo
icare dal piccolo numero di pitture che sono giunte sino a noi, nelle quali questo dio è rappresentato. Noi troviamo in Plut
are le lauree più preziose, come lo dimostrano molte medaglie, fra le quali un medaglione di Commodo del Museo Carpegna ora i
di Apollo, è destinata a tesservi la serie dei nomi più illustri coi quali l’antichità distinse il più hello se non il più g
ste vinse quei popoli che invader volevano le fortunate contrade alle quali la mal cauta Cerere affidò la sua figlia. Delo cu
to di culto ai Greci presso Malea. Regna discordia sulle cause per le quali Febo si nomina: l’opinione che più al vero si avv
al quale la gravida Latona appoggiata, avea partoriti i due numi, ai quali poscia fu consacrata nel sito stesso una selva, o
i dicevano generate da Cerere e da Dionisio queste due divinità, alle quali Latona non era stata che una semplice nutrice. Qu
do videro gli orridi mostri simili ai gioghi delle montagne Ossee, ai quali sotto i cigli un solo occhio simile a vasto scudo
ltanto in qualche figura di Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali in bronzo, è presso di me e in altre immagini, ch
specie di stivaletti, ch’erano i coturni venatorii degli antichi, de’ quali doveva esser calzata l’immagine di Diana che le p
sulla riva dell’ Anauro da’ neri sassi, e piiì grandi dei tori, alle quali oro splendea dalle corna. Stupefatta così disse a
ontro gli stranieri, molte colpe avea commesse. Ahi miseri coloro nei quali scagli il tuo terribile sdegno: divora la peste i
cque qual città, qual porto? Quale delle ninfe amasti sopra le altre? quali eroine avesti per compagne? Dillo, dea, onde agli
inità le geste più illustri. Ora conviene parlare delle maniere colle quali Diana in diversi simulacri effigiata si vede. « 
scrittori la descrizione quando favellato avessi delle divinità, alle quali erano consacrati. Adempio all’obbligo della mia p
troviamo in oggi di un così celebre edifizio che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione nel viaggio di Spencer.
che considerar di passaggio il rapporto de’ moltiplici attributi dei quali è carico, colla divinità medesima, che n’ è il so
a della nostra figura ravvisiamo le traccie di simili rozzi idoli, a’ quali si andò a poco a poco ora aggiungendo il capo, or
riva e la difendeva. Si vedono in questo lavoro come tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra di q
ide, e questo favoloso natale attestavano le pugne scherzevoli con le quali dalle fanciulle celebrata era in quel loco la nas
e di bronzo. » Gli stessi versi detti Ortrii le si tributavano, e dei quali fa l’inventore Arione Metimneo, spiravano guerra,
amo a trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nelle quali era dagli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illus
. Essa ha generalmente i capelli annodati a molta distanza del capo i quali poscia sotto il legame or più or men presso pendo
i poeti loro davano sono consegnate ai diversi cognomi, il numero dei quali indicava di un nume la gloria e la possanza. Mine
udamento appellavasi ed insigniva i capitani, apparisce ancor doppia, quali appunto sono descritte dai poeti greci le clamidi
sesruente Inno, in cui si propone di cantare le lodi della dea, alle quali dà principio esaltando la cura e l’amore che port
ere all’ istessa legge destandole nel seno amore per gli uomini fra i quali il primo (secondo l’Inno Omerico) fu Anchise. Sim
iserbo ad un’altra volta, per trattenervi sulle diverse maniere nelle quali vien rappresentata, argomento di tanto interesse
n sì fatta maniera si vede solamente in due opere in marmo, una delle quali è il monumento circolare del Campidoglio, l’altro
tal guardo però è ben lontano da quei tratti indicanti lascivia, coi quali alcuni moderni artisti hanno creduto di caratteri
effigiarla che rilevar si possono dai monumenti e dagli scrittori, le quali la brevità prefissami mi vietò di comprendere nel
este v’ indicai nella passata Lezione come fosse da Fidia scolpita, e quali siano i fregi per riconoscerla nelle statue antic
uesti cognomi tre descrizioni di statue di Venere del Visconti, dalle quali quante cognizioni per ritrarre questa divinità po
i greci imperiali battuti in Guido, di Caracalla e Plautilla, uno dei quali è in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso
nde antichissimamente solca formarsi. Sebbene le acque, simbolo delle quali è l’idria, hanno a Venere una relazione anche più
ntura ascrive all’aver Vulcano tentato sciogliere le incudini, con le quali era Giunone legata, come la più litigiosa delle d
rar coi suoi compagni i Ciclopi, che qui hanno due occhi. I Fauni dai quali è accompagnato sopra un basso rilievo che apparte
fizii propri a questo dio erano le armi, i mobili presi ai nemici, ai quali si metteva fuoco, come fece Tarquinio Prisco dopo
comun suffragio assoluto. Omero narra varie cose intorno al nume, le quali è prezzo dell’opera il ridire, giacché della stor
anta nazione. Conviene adesso indagare nei monumenti le maniere nelle quali fu Marte rappresentato. Marte armato di una sferz
seo dementino, siano derivate le immagini di Marte barbato, una delle quali è il chiamato Pirro del Campidoglio. Ma Quirino V
. E facile d’immaginare dopo questa tradizione tutti gli epiteti, dei quali il nome di Cerere è accompagnato presso i poeti g
une medaglie si vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa di papavero. Il serpente che
er me omesso di trattare delle feste di lei e dei misteri Eleusini, i quali , sui teatri stessi rappresentati, non possono che
alla commessa figlia. Lezione trentesimaseconda. Dei simboli coi quali vien rappresentata Cerere. Altri simboli sui m
o un canestro ripieno di sementa. Dai lati erano due agricoltori, dei quali uno arava, l’altro seminava. Yi si attribuisce pu
emità un raggio coi sette pianeti. La dea tiene due cornucopie, delle quali escono due figure allegoriche. Stanno sulle bracc
nome di Febo. — Apollo fu dunque il quarto che rispose gli oracoli, i quali erano le sole leggi dei primi greci. In conseguen
tto se l’artista non avesse distinti coir iscrizione i personaggi, ai quali non ha dato nè espressione, nè attributi che poss
ai serpi il volo. Lezione trentesimaterza. Ancora dei simboli coi quali vien rappresentata Cerere. L’agricoltura e le
a ad arricchirne la serie già ordita, a favellarvi delle forme, colle quali gli antichi artefici effigiarono questa divinità
indi le credo foglie dello stelo del grano anziché di canna palustre, quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò
a che neir acconciatura della chioma, ben diversa nelle sembianze, le quali nella statua sono semplicissime e verisimilmente
convenire alla gran dea dei misteri eleusini, l’arcana segretezza dei quali può essere stata espressa dallo scultore nell’eff
lto fu uno dei più universali, e per le campagne, della cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle qu
la cultura delle quali era preside, e per le città, delle leggi delle quali era la prima dispositrice, finalmente per ogni lu
devesi delle mentovate feste l’instituzione. Il numero dei giorni nei quali , secondo Meursio, si celebravano, è incerto. Da A
io di Cerere per la rapita Proserpina, e i doni dell’agricoltura, dei quali fu la dea liberale in questa occasione al genere
ndo Cicerone, niente di più divino diede Atene di questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vita furono gli uomini mitig
. Nel numero degl’iniziati si annoverano molti illustri Romani, tra i quali giova il rammentare Siila, Attico, Augusto, Adria
do di notte con volto truce le fiaccole, intorno alla grandezza delle quali si gareggiava. Alludevano in ciò al lungo errar d
il Caos, quindi la larga Terra sede sicura di tutti gì’ immortali, i quali tengono i gioghi del nevoso Olimpo, e nei recessi
altro negli antichi ci condurrebbe a delle dispute metafisiche, dalle quali aborre lo scopo delle mie ricerche. Quali genitor
e consorte del Cielo stellato. Erodoto dice che presso gli Sciti, dai quali era sommamente onorata, reputa » vasi Giove il ma
ti, i Liei, i Frigi, i Romani, la posero col Cielo e cogli astri, dai quali cominciò la idolatria. Conviene adesso rintraccia
el suddetto globo sorger le quattro stagioni dell’anno nel giro delle quali conduce la Terra a maturità ogni semenza. Le stag
hiamavansi neutramente i tempi dell’anno, al contrario dei Greci, dai quali colla parola (grec) feminina erano significate. I
to del Palazzo Mattei, sul quale si veggono dodici piccoli Amori, dei quali il primo porta la clava di Ercole sulla spalla, e
ollero significare che spesso egli offre agli infelici dei sogni, coi quali l’immaginazione, stanca di vere sciagure, cerca u
a Giove; con che quel principe dei poeti volle indicarci che coloro i quali presiedono al destino degli uomini dovrebbero ess
mille erbe che producono il sonno fioriscono sotto le frondi, fra le quali volano solamente pipistrelli, nottole ed altri uc
quel filosofo. « Fra le molte immagini di questo placido nume, colle quali spesso compiacevasi l’antichità di rallegrar la t
sogliono a coppia vedersi scolpite attorno ai sepolcri, alcune delle quali hanno ancora l’epigrafe, perchè non si dubiti del
agini, mostra una assai scarsa lettura dei greci scrittori presso dei quali ha costantemente lo stesso significato. « La terz
erivasse dal crederlo autore dei terremoti come reputavano i fiumi, i quali nelle medaglie sono indicati colle fòrme di toro.
o nelle antiche gemme servite, come si suol dire, di ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in atto di stropicciare u
sia. E in Cibele tanto solenne lo stare a sedere che nelle monete, le quali come protettrice di Smirne la rappresentano in un
allo vittima usata nei riti sabazii, e parecchi minori uccelli, fra i quali suppor si può il falcone, scherzo della madre Ide
nell’animo degli uomini e con loro invecchiava. Pensano alcuni, fra i quali Platone, che Saturno non fuggisse, e che legge et
ovani per essere sacrificati, e ve ne furono più di trecento altri, i quali , sentendosi colpevoli, si ofi’rirono volontarii p
tto di queste feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel quali tutti gli uomini erano eguali; perciò i padroni s
lla Francia ha raccolte sui Ciclopi delle notizie dai Classici, delle quali mi prevarrò nella presente Lezione. Egli riflette
e che avevano tempio e sacrifizii a Corinto. Questi sono i Ciclopi ai quali un’antica tradizione, riportata da Strabene, attr
i volte, o grotte, con volte in forma di arcata. Acrisie e Prete, pei quali i Ciclopi lavorarono, devono aver vissuto dugento
Virgilio e Ovidio, hanno immaginato una quarta specie di Ciclopi, dei quali fanno dei fabbri che lavorano nell’Isola di Lipar
ilmente quelli che portano il nome di Cabiri su molte medaglie, nelle quali li vediamo rappresentati con attributi relativi a
ano all’ applicazione dei rimedi naturali certe formule magiche, alle quali si attribuiva la virtù di sopire i dolori, e anco
ione, e trentadue di larghezza. Era composto l’altare di ceneri sulle quali si manteneva un fuoco eterno. E perchè l’ardorè d
particolare, ragionando della madre degli Dei. Quanto ai Cabiri, sui quali si estendevano le fiflessioni del critico sopra l
a si dava questo nome ai figli dello stesso dio onorato in Lenno, dei quali il culto si era sparso non solo nell’isole vicine
da una mano un martello, dall’altra una tanaglia. Dopo i Ciclopi, ai quali la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrova
ancora esistenti, quantunque assai varie fossero le immagini sotto le quali gli antichi poeti e mitologi sei figurarono. Gli
omigli. Quindi comparisce in verisimile l’opinione di alcuni Padri, i quali supponendo al modio di Serapide un’origine egizia
ngono ad osservarsi alcune piante scolpite all’intorno del calato, le quali per non essere abbastanza distinte sono state ome
sieno che accennate, ci additano alberi glandiferi, la relazione dei quali a Plutone non è molto chiara. Ciò non ostante il
uo Viaggio nella Grecia parla incessantemente delle belle opere delle quali era ripiena, ma egli conosceva più 1’ antiquaria
ile col giorno, che si usa di spargere per illuminare gli oggetti dei quali l’Inferno è ripieno. La figura di quest’ombre dev
ezzi per farne sentire la leggerezza. Quanto all’ombre dei pesci, dei quali parla Pausania, Caylus sospetta che questo autore
la repudiò come una sposa disgraziata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è la figlia di Salmoneo seduta so
o sinistra, e nella diritta dei rami di salcio: gli alberi accanto ai quali siede, sembrano pioppi neri e salci, che secondo
uale Aiace è coperto, cade nel numero di quei minuti particolari, dai quali il genio dell’arte deve allontanare il pittore: m
e alla pittura moderna un numero infinito di bellissimi soggetti, dei quali Tesecuzione riescirebbe tanto più gradevole, quan
aestri. Conviene non ostante sapergli buon grado dei suoi viaggi, dei quali vi consiglio la letttura, onde possiate arricchir
, contro quel che più comunemente veder fanno le opere etrusche nelle quali sempre alate comparir le Furie afferma Winkelmann
ua di fonte perenne, e di versarla in vasi preparati a quest’uso, dei quali dovea cingere di pelle d’agnello nero gli orli ed
delitto. Ma generalmente però, osserva Winkelmann, che le Parche, le quali da Catullo vengonci descritte quali vecchie e sch
rva Winkelmann, che le Parche, le quali da Catullo vengonci descritte quali vecchie e schifose, con membra tremanti, grinze n
Anche le Furie, soggiunge il prelodato autore, vengono rappresentate quali avvenenti fanciulle, chiamate da Sofocle sempre v
ann le crede foglie dello stelo del grano, anziché di canna palustre, quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò
resenta con uno scettro alla mano, sedente in mezzo all’ ombre, dalle quali si trattan le cause alla sua presenza. Virgilio
o e tirato verso il viso, dà un’idea delle ricerche scrupolose, delle quali questa dea si occupa per discoprire i segreti più
a può avere avuto intenzione di rappresentare i favoriti di Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei beneficii di lei si
porre in mano il freno per imitare le due Nemesi di Smirne, una delle quali nella mano sinistra ha il freno, l’altra il ramo
lungi dall’ antico Foro Trajano, ci presenta tutti quei simboli, dei quali la vetusta superstizione caricò questo nume ignot
lzò con stridore acuto, qui gode di averlo deposto: — espressioni, le quali non ci offrono altrimenti che un’ immagine assai
erò di una figura molto comune, e che somiglia quasi alle torri dalle quali si vede coronata la Fortuna in più monumenti, e c
i che si ergevano sul campo di battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i templi, i portici, gli archi, i palagi si decor
cosi suole osservarsi in quei bassi rilievi e in quelle gemme, nelle quali la Vittoria sacrifica un toro, o presso all’antro
o monte. I loro attributi e le varie parti dell’umane cognizioni alle quali presiedono, hanno data materia di contrasto a div
e il disastroso sentiero della vita, sì alla cura dei vegetabili, dei quali è strettamente proprio il fiorire. E per ciò la d
a ai piedi in quel monumento son ben diversi dai coturni tragici, dei quali nello stesso marmo è calzata Melpomene: quantunqu
aticano, allude alla Commedia, con la cetra allegorica dei conviti, i quali avevano presso i Greci lo stesso nome colla nostr
tunica colle maniche sino a mezzo braccio strette con borchie, fra le quali le due prime, che restano su gli omeri, sono più
n vi è che il solo Capaneo che misuri con occhi arditi le mura, delle quali si ride perchè è facile di scalarle. Pure non 1’
più comune opinione, le Muse della lirica poesia, il distintivo delle quali suole essere assai attamente la cetra: una cioè q
, come vedremo in appresso. Restano due Muse senza simboli, una delle quali sarà Erato, l’altra Polinnia. Recheremo appresso
co, essendo d’oro: le tavole erano tutte coperte delle vivande, delle quali si nutrivano i principi eroi. Ma tutto è scompigl
le tenebre dell’antiche istorie e dei tempi mitici e favolosi, delle quali sono sempre oscurate queste remote avventure? Ino
ustrato dall’Orlandi, sono tre Muse, assistenti all’azione, una delle quali è precisamente la stessa figura da noi determinat
minata per Polinnia nel sarcofago Capitolino. Le altre due, una delle quali ha le tibie, T altra la lira, sono a mio credere
. Queste Muse sono qui collocate come simboli delle attrattive, colle quali Paride s’ insinuò nell’animo della sposa di Menel
li che rappresentano quelli che gli astronomi hanno segnati in cielo, quali appunto si veggono sul globo di Urania nella meda
maestrevole, non è perfezionato con egual diligenza. Son tali insomma quali possiamo figurarci delle belle copie di bellissim
ervi piuttosto i sandali Tirrenici, così appunto descritti da Polluce quali li veggiamo scolpiti. Aggiunge il mentovato autor
animavan l’autore a quei miglioramenti e a quelle mutazioni, senza le quali non avvien quasi mai che possa scriversi cosa la
convien solo l’esser recitata, non poteano darsi che i pugillari sui quali si compone, o il volume su cui si registra o si l
ipalmente nelle immagini delle Muse fornite di una greca epigrafe, le quali si ammirano fra le tante erudite reliquie dell’an
nno sepolta. Non è abbastanza lodare un pittore in quelle cose, nelle quali ancora un altro possa essere commendato. Infatti
co ancora vi sono innumerabili forme in che può esser ritratto, delle quali se alcuno arriva alla minima, ha fatto lo dio, po
e che dispensatrici sono anch’esse di tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in obbligo di sacrificare più che l’artis
abili divinità non abbisognano di alcuno ornamento, e che a coloro ai quali elleno sono state liberali dei loro doni basta la
so singolare di collocare le Grazie in mezzo ai Satiri più sozzi, dei quali i simulacri, qualche volta voti, contenevano ques
i simulacri, qualche volta voti, contenevano queste divinità senza le quali la bellezza perde le sue attrattive, la saviezza
nerò di quello che più v’ interessa, cioè degli antichi monumenti nei quali sono rappresentate. Le Grazie compagne di Venere
le tre Grazie scolpite in un bassorilievo Capitolino, •l’unione delle quali coi fonti e colle Naiadi, al cui onore è dedicato
chille, benché fosse di statura niente a lui minore. Infatti guardate quali immense membra sono stese per terra: che folta ch
dello dio, ed il centauro Chìrone lo educò nelle arti mediche, per le quali tanto celebrato divenne. Credesi che il primo a r
re, per alludere ai serpenti in varii templi di Esculapio nutriti, ai quali coloro che sacrificavano alla Salute avranno port
avano alla Salute avranno portati i cibi e le mole dei sacrifizii (le quali eran forse per questo chiamate generalmente Igia)
erpenti fatti per simbolo di quei due principali pianeti, il moto dei quali , siccome delle stelle tutte, veniva, al riferire
li vi furono Podalirio, Macaone, laso, Panacea, e la Salute stessa, i quali tutti, secondo scrive lo scoliaste di Aristofane,
, secondo scrive lo scoliaste di Aristofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida aggiunge Acesio Sanatare, di cui fa menzion
esce la spuma, ed ha gli occhi fìssati orribilmente negli oggetti dai quali è ingannato. Il collo gli si è ingrossato, le ven
a qui innanzi un mondo destinato a tanti mali, ed uomini, la vita dei quali è così breve e piena di pene. Invano, egli dice,
none. Ella rammenta a quest’ ultima le infedeltà del suo sposo, delle quali il cielo conserva ancora tutta l’istoria, da che
bili che consumeranno la madre. Fa rivelare all’ amante i pericoli ai quali si espone: termina finalmente coli’ accordarle ci
Ma nulla può mitigare il dolore di Bacco. Le Stagioni intanto, delle quali il poeta fa la descrizione, vanno alla reggia del
ve le dà lusinghiere speranze, e le addita le tavole di Armonia nelle quali sono scritti i destini dell’ universo dalla mano
n arbusto, s’inalza tortuosamente intorno alla vite, ed agli alberi i quali protegge colla sua ombra. Bacco prende il nuovo f
sul Monte Citerone: le danze, i cori delle Baccanti, e le rupi dalle quali scorre il vino, nettare dei mortali. Vedete l’ede
oeta descritta la passione dello dio, e l’umiltà delle preghiere alle quali discende. La segue per tutto: ma la crudele nega
luogo la città della Vittoria dopo la disfatta degl’Indiani, contro i quali riprende le armi di nuovo. Il diciassettesimo Can
e la descrizione del palazzo del re di Assiria, delle ricchezze delle quali fa pompa, e del convito che prepara. Vi si distin
pietra Deriade stesso. Il resto del canto passa in combattimenti, nei quali si distinguono Ali mede, i Ciclopi, e i Coribanti
Diosiniache, lib. xlvii. Lezione sessantesimaterza. Maniere nelle quali Bacco è effigiato. Dopo avervi in gran parte n
tenzione io passo a più importante argomento, cioè alle maniere nelle quali effigiato si vede nei monumenti avanzati all’ ign
i di questo albero. Fra le maniere rare di rappresentare Bacco, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella quale
di questi corni d’oro di trenta cubiti: e dei Centauri medesimi, dei quali parleremo, scrive Pindaro che si servivano dei co
ccanti con abito pacifico portano sotto i tirsi coperte le punte: — i quali luoghi fanno al Buonarroti congetturare che quell
ondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta velata di fronde di pampano. — Le quali aste erano co mimemente dai pittori dei tempi del
uripide chiama la ferula bene ornata di tirso. Che poi quest’aste, le quali si veggono nei marmi, e in altre anticaglie con q
mente i tirsi sacri a Bacco, par che si cavi dagli autori botanici, i quali assomigliano ai tirsi molte erbe, che chiamano ca
ri distintivi che gli antichi artefici davano alle statue del nume, e quali vi furono esposti dal medesimo autore nel primo r
o sopra una piccola asta dalla sinistra: la destra giace sui lombi, i quali s’inalzano e fanno alzare la parte posteriore per
cco. I Sileni, i Satiri, e i Fauni. Vi esporrò altre maniere nelle quali Bacco è rappresentato; quindi ai Pani, ai Satiri,
e sue coccole, perchè fra quelle foglie l’occultarono le Ninfe, dalle quali fu educato, e inol tre la benda, che copre parte
anche sacri, finissero in percotersi scambievolmente con bastoni, ai quali sostituì egli le ferule; talché, cangiate in perc
, somiglianti al cavallo solo nella coda e nelle orecchie acute, alle quali , se alcuna cosa si aggiunge d’ircino, par fosse p
vecchi Satiri, e vi consentono a maraviglia le pitture dei vasi, nei quali si distinguono dai Satiri non nella figura ma nel
leva da ciò l’enorme difi’erenza che correva fra i Satiri e i Pani; i quali se dovevano rappresentarsi, la prima cosa era il
piedi caprigni: il che facevasi con certi trampani detti grallae, dei quali servivansi i pantomimi. Solenni difficoltà hanno
cose mitologiche, lasciandone assai altre incerte e discordi: fra le quali è questa dei Fauni. Fauno non fu conosciuto dai G
o d’imitare nelle sue pitture: due tubercoli talvolta sotto il mento, quali nascono nel genere caprigno, e spesso simboli ada
igure, se vi accostate all’antico digiuni di queste cognizioni, delle quali vi scongiuro a sentir finalmente l’importanza. L’
volta con un principio di corna si veggono, ma le gambe e coscie dei quali sono tutte umane: che se questi, non in giovanile
omi, le imprese, quindi i loro attributi, e gli antichi monumenti nei quali vengono rappresentati. Issione figliuolo di Flegi
principio del Libro XIV delle Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi ho dato r estratto, gli annovera nell’esercito
endesse più fertili e feconde dei nobilissimi vini detti Biblini, pei quali fu celebre quell’isola, e che diedero occasione a
el primo dei citati cammei sono quattro, due maschi e due femmine, le quali come più deboli, secondo la regola dei Circensi a
i vuole che gli antichi chiamassero questi strumenti crepitacoli, dei quali fa menzione Ateneo; ma sembra piuttosto che fosse
i Coribanti, — Dal medesimo poeta poco dopo si vede che le tibie, le quali sono sonate dall’ altra Centauressa del mentovato
vi era un carro carico di uve, ch’erano pigiate da sessanta Satiri, i quali a suon di tibie cantavano versi della vendemmia.
lcune pelli consuete a’ Baccanti, che per lo più erano le nebridi, le quali propriamente erano quelle prese da cervi giovani,
el Borghesiano, e che manca affatto nei Centauri del Campidoglio, nei quali non mancava però l’orma del piccolo cavaliere. « 
imenti di capo, stralunamenti di occhi, vibramenti di tutto il corpo, quali si veggono negli uccelli detti coditremole sacri
XI degli Annali. Egli descrive Agrippina mentre celebra i Vinali, nei quali vedeasi la principessa col suo coro scorrere per
tume ordinario ergere are, che poco si sollevassero dal suolo, e alle quali perciò non convenisse il nome d’altare tratto dal
l suo sentimento abbastanza valido al confronto di tanti monumenti, i quali cimostran Bacco espresso più volte in una simil f
assai vaga forma, ove sono appoggiate due faci ardenti, al lume delle quali due genii della Morte bruciano una farfalla, simb
te agli sdeigni di colui che muta i regni, nell’interpetrazione delle quali ci saranno scorta i lumi del lodato Visconti, voi
tanto miracolo dell’arte, recitando questi divini versi di Omero, nei quali il nume è ritratto: Disse, ed i neri sopracigli
ata in una nicchia che veniva da quattro feminili statue sorretta, le quali a guisa di Cariatidi facevan le veci di colonne,
facilmente l’ avrebbero contrasegnato per Bacco. Gli antichi presso i quali erano in proverbio le cene, e il lusso di Sardana
, la sua clamide, i suoi calzari somigliano estremamente a quelli coi quali è stato rappresentato da Salpione nel bel vaso di
stra, e collo scettro nella sinistra. « Cerere, Proserpina e Bacco, i quali due ultimi dai Latini si dissero Libero e Libera,
vendo caprino orecchie, può dirsi un dei Mimalloni rustici Asiani, ai quali attribuisce siffatti suoni l’antica poesia. Un’al
, eh’ è simbolo di quelle oscure divinità dei luoghi dette Genii, dei quali sembrava agli antichi Etnici popolata tutta la te
tore. Nelle feste licee del dio Pan si usavano simili striscie, colle quali nelle licenze di quei giuochi percuotevano quelli
un carro a cui sono aggiunti invece delle pantere i centauri, uno dei quali dà fiato al corno, l’altro suona la cetra. Ambi i
Se costei sia Venere, i di cui amori con Bacco non sono ignoti, e dai quali nacque Priapo, se alcuna delle sue nutrici, o Nis
riapo, se alcuna delle sue nutrici, o Nisa Leucotea, alla prima delle quali come ninfa, alla seconda come deità del mare, giu
« I crotali d’Ercole mentovati nell’epigramma sono quegli stessi coi quali fugò quell’eroe gli uccelli Stinfalidi. Il comune
 Il bassorilievo rappresenta un carro tratto da due Centauri, uno dei quali solleva il tirso, l’altro sostiene sugli omeri un
cerca distrigarlo dall’avvolgimento delle vesti mal indossate, nelle quali è sul punto d’ inciampare. Son queste una tunica
operchio: le due teste di leone poste ad abbellimento di due fori pei quali potea scorrere il premuto licore dei grappoli: la
ità il ferro ignudo come nelle guerre Indiche ci vengono descritti, e quali ebbero il nome di aste-tirsi. « Le duplici tibie,
4 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
i nomi di quei personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei luoghi, i quali per la loro individuale importanza, richiedessero
logie ànno avuto i loro storici, i loro cronisti, i loro scrittori, i quali , chi più chi meno, ànno disseminata, con le loro
sovente riportata una classica citazione, un brano di altre opere, le quali venissero ad appoggiare, con la loro irrecusabile
biamo raggiunto mediante le numerose citazioni da noi riportate nelle quali gli studiosi apprenderanno non solo il fatto nell
i internarsi nelle più peregrine bellezze letterarie dei elassici, le quali , alla loro volta, saranno dal fatto stesso, di cu
unque ha sempre i suoi Mili, e i suoi Simboli, e le sue Allegorie, le quali tutte conservano l’impronta, il carattere, il tip
credenze. E così man mano noi potremmo citare cento altri esempii, i quali tutti verrebbero in appoggio delle nostre parole.
giorni, e nella nostra religione istessa, per mezzo dei monumenti, i quali resisterono all’opera devastatrice del tempo, e c
similmente raccontato dalle più antiche tradizioni dell’ Oriente, le quali accennano tutte e fan menzione di quel tremendo s
menti antichi e nuovi, fittizii e reali, immaginarii e positivi ; nei quali però domina ed impera costantemente il principio
rettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti, i quali giovarono immensamente allo sviluppo delle arti t
modo uno sviluppo maggiore alle allegor e religiose, per mezzo delle quali si attribuivano alle divinità del culto pagano, s
i, di avvenimenti, onde è tessuta la storia delle divinità pagane, le quali non dissimilmente dagli uomini stessi che le avev
ito che il Tempo è l’eterno e vorace consumatore di tutte le cose, le quali , avendo avuto un principio, debbono essenzialment
ome i simboli, la sua origine dalla fantasia inculta degli antichi, i quali non giungevano a spiegarsi taluni fatti. Per esem
una cattiva usanza quelle cose sogliono essere estimate non vere, le quali o sono insolite a udirsi. o difficili a vedere, o
per Minerva, con le ossa dei Pelopidi, egli lo rendesse ai Trojani, i quali credettero alle sue parole che confermavano esser
re era la venerazione che gli antichi Persiani avevano per l’acqua, i quali , secondo Erodoto, spingevano la loro superstizion
Adone, seguita da tutte le dame più rinomate per illustri natali, le quali portavano in giro dei piccoli canestri pieni di f
ofumi. Il corteggio veniva chiuso da un gran numero di altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti sovra uno di questi
— Sotto questo nome venivano di sovente additati Castore e Polluce, i quali si credeva presiedessero alla partenza dallo stec
’inspirare i poeti, e perciò questa fonte fu consagrata alle Muse, le quali furono anche conosciute sotto il nome di Aganipid
lla pietra detta Agdo. Egli fu il terrore degli uomini e degli Dei, i quali lo cangiarono in mandorlo che produceva un bellis
arthaone e padre di Tersite. Vi furono anche due altri Agrio, uno dei quali fu figlio d’Ulisse e della maga Circe. Agrio è an
rotezione di lui. Gli Ateniesi avevano ancora dei numi detti Agyei ai quali essi sacrificavano per allontanare le sventure, a
infedele, essa fe’credere ad Aloo suo marito, che i due figliuoli ai quali dette la luce e che furono chiamati Aloidi dal no
del popolano. Però l’anno seguente i Galli s’impadronirono di Roma, i quali per altro furono ben presto ricacciati dalla citt
e Anfiaroe erasi celato. Vedendo intanto che le prime espiazioni alle quali egli erasi sottoposto non andarono coronate di su
a dalla parola Alce che significa forza. Vi erano delle divinità alle quali si dava complessivamente il nome di Dei Alcidi. V
che significa sole. 285. Alilat. — Una delle divinità degli Arabi, i quali sotto questo nome adoravano la materia di tutte l
bbondanza nella mano sinistra, e affiancata da due fanciulli, uno dei quali porta un ramo di palma. 291. Allodola. — Sopranno
chiezza, andare egli stesso alla guerra, vi mandò i due giovanetti, i quali furono uccisi da Apollo e Diana a colpi di frecci
enti. Dalle ninfe Amadriadi dipendeva il destino di alcuni alberi coi quali esse nascevano e morivano. L’arcano legame che le
la loro riconoscenza a coloro che aveano risparmiato le piante nelle quali esse abitavano ; come facevano sentire il peso de
la quale aveva due fratelli noti sotto il nome di Leone e Dragone, i quali erano strettamente uniti con la loro sorella. Da
na figlia di Belo. 360. Anacee. — Feste in onore degli Dei Dioscuri i quali venivano anche detti Anaci dalla parola greca Λνα
fu da suo figlio Enea portato in braccio fino alle navi Greche, sulle quali essi trasportarono ancora i loro Penati, e quanto
ne affidò la custodia a dodici sacerdoti, espressamente istituiti ai quali fu dato il nome di Salii. Quando si portavano i d
bbe morto. Un giorno essendo Anfiareo a mensa coi capi dell’armata, i quali Polinice lo aveva obbligato a raggiungere, un’aqu
profondità del mare ; ma Nettuno la mandò a cercare da due delfini, i quali gliela portarono in una conchiglia di madreperla
. Libro XIII trad. di Dell’Anguillara. Fu padre di tre giovanette le quali avevano ricevuto da Bacco il dono di cangiare tut
italiana, erano gelosamente custodite alcune statue della fortuna, le quali , secondo la tradizione, si movevano e rispondevan
la propria tribù venivano ad Atene per essere ricevute alla festa, le quali non potevano essere accolte a far parte della cer
ove erano fabbricate due ricchissime e superbe stalle ; in una delle quali rimaneva sempre rinchiuso non facendolo uscire ch
o cerimoniale ; poscia faceanglisi magnifici e solenni esequie per le quali veniva profusa una larghissima somma di danaro. L
di udire trovavano la risposta di Apis. 494. Apobomie. — Feste nelle quali i sacrificii non venivano consumati sugli altari
o a questo nume come dio delle Arti. Apollo ebbe molte amanti, fra le quali le più ricordate furono Leucotea, Dafne e Clitia.
ia di questo doloroso avvenimento furono istituiti i giuochi Nemei, i quali si celebravano di tre in tre anni I vincitori ves
sce a cotesto personaggio la strana facoltà di avere cento occhi, dei quali cinquanta erano sempre aperti, e gli altri cinqua
rlo da quei mostri, ed infatti Zeto e Calaide, due degli Argonauti, i quali per esser figliuoli del vento Borea avevano le al
abitual residenza. 590. Arpocrate. — Divinità degli Egiziani presso i quali è ritenuto come figliuolo d’ Osiride e d’ Iside e
particolare e incredibile ; imperocchè il padre e la madre di lei, i quali erano stati concetti nello istesso alvo e nell’is
dopo la presa di Troia, dette gravemente a pensare di sè ai Greci, i quali vedevano in lui un giusto vendicatore dell’antica
i questa contrada fu detta Ausonia. 688. Auspicii. — Cerimonie con le quali si pretendeva scoprire la volontà dei Dei. Gli au
e. — Generale dei Crotoniati. Combattendo un giorno contro i Locri, i quali lasciavano sempre nel mezzo della loro armata un
ollo, ove ogni tre anni si celebravano delle feste in suo onore, alle quali si dava il nome di feste Aziache. Cesare Augusto,
o che l’immenso numero de’ suoi abitanti facevano nelle sue mura ; le quali ebbero duecento piedi d’altezza e cinquanta di la
accanali. — Feste o misteri che si celebravano in onore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di dissolutezze e di b
hiamavano così quelle donne, specie di seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono alla conquista delle Indie. Esse fac
Bacchiadi. — Denominazione che si dava agli antichi re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di q
ibertinaggio, aveva dei sacerdoti conosciuti sotto il nome di Bali, i quali si resero celebri per le loro infami dissolutezze
venale racconta che la loro turpe lussuria e gli esecrandi eccessi ai quali si abbandonavano, attirò loro la vendetta della s
er pregato nel tempio, gittavano la sorte con quattro dadi, sopra dei quali erano incise alcune figure e geroglifici, e poi c
o significa cantore. Il popolo aveva in grande venerazione i bardi, i quali erano solamente sottomessi ai Druidi. 745. Basile
rimo a pubblicare una raccolta preziosissima di queste iscrizioni, le quali inseguito vennero particolarmente illustrate da M
a nome Antea, detta anche Stenobea, gli fece delle proposizioni alle quali fu insensibile. Antea punta da questa indifferenz
orire. Gli furono inoltre suscitati contro una infinità di nemici dei quali egli trionfò sempre, rimanendo, per valore e dest
e, rimanendo, per valore e destrezza, vincitore di tutt’i pericoli ai quali lo si esponeva per vendetta. Finalmente provatasi
ta Didone. Belo era del paro la più grande divinità dei Bibilonesi, i quali le innalzarono un tempio che fu il più ricco, son
ci e dei Romani. 774. Bendidie. — Feste in onore di Diana Bendide, le quali avevano molta somiglianza coi baccanali. Venivano
llo e per mezzo di questa metamorfosi procurò a Dardano 12 poledri, i quali correvano con tanta velocità che sorpassavano un
, che comunemente si crede essere Giunone. 845. Buonie. — Feste nelle quali si sacrificavano un gran numero di buoi : venivan
la Favola diversi altri personaggi noti sotto il nome di Buteo, fra i quali un trojano, ucciso da Camillo, un sacerdote, un a
ri non riconoscono che tre Deità : Plutone, Proserpina e Cerere, alle quali si dava il nome complessivo di Dei Cabiri. Anche
Dante. — Inf. Cant. XXV. 870. Cadarmidi o Catarmi. — Sacrifizii nei quali s’immolavano vittime umane, onde ottenere dagli D
i, e, come per incanto, uscirono dalla terra degli uomini armati, dei quali solo cinque rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutaron
ro. 883. Calaide e Zete. — Fratelli, figliuoli di Borea e di Oritia i quali , fecero insieme agli Argonanti il viaggio della C
ri, essa fu riconosciuta, arrestata e condotta innanzi ai giudici ; i quali però le fecero grazia, ordinando da quel tempo co
Oceano e moglie di Crisaore, che la rese madre di due mostri, uno dei quali fu Gerione, famoso gigante a tre teste ; e l’altr
Crisaore e Echidna. 910. Callistee. — Feste in onore di Venere, nelle quali veniva conferito un premio alla più bella donna.
consagrato a Vulcano, si crescevano dei cani, ritenuti come sacri, i quali lasciavano che coloro che si avvicinavano al temp
le tre grazie Cariti ed istituirono in loro onore alcune feste, alle quali fu dato il nome di Carisie. 968. Caristie o Carit
gina Didone. V. Didone. 984. Cartaginesi. — Abitatori di Cartagine, i quali ereditarono dai Fenicii ii truce culto di Saturno
ro dice che la vittoria che Agatocle riportò sopra i Cartaginesi, dei quali fece grande strage, fu conseguenza della vendetta
e. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro IV. trad. di Dell’ Anguillara. Le quali sdegnate, pregarono Nettuno di vendicarle. Il Dio
e apparizioni erano l’effetto di un travestimento di due guerrieri, i quali apparivano durante la mischia vestiti alla manier
. — Soprannome dato a Giove, che gli veniva dai prodigi per mezzo dei quali si credeva che egli palesasse agli uomini la sua
a spese comuni nei boschi sacri, buon numero di cavalli bianchi, dai quali traevano le predizioni. Questi destrieri erano te
ndo la mitologia indiana, alcuni popoli sulle montagne delle Indie, i quali venivano così denominati perchè avevano la testa
96. Cloje. — Altre feste celebrate in Atene in onore di Cerere, nelle quali veniva a lei sacrificato un capro. Questa parola
di sette stelle. 1204. Cnef o Cnufi. — Dio supremo degli Egiziani, i quali credevano ch’egli avesse esistito prima della cre
secutore di lui. Vi sono per altro alcuni scrittori dell’antichità, i quali ripetano che se pure Cocalo avesse sottratto Deda
ie statue rappresentanti sè stesso e la sua famiglia, l’altezza delle quali giungeva a trenta cubiti. In Apollonia, città del
colossi, trovati nel perimetro della suddetta città d’Apollonia, dei quali due rappresentavano Giove, due Apollo, uno il Sol
se quella testa tutta insanguinata sotto alcune piante di corallo, le quali a quel contatto divennero pietrose e sanguigne. 1
dice che il dono inviato da Medea, consisteva in ornamenti muliebri i quali s’inflammarono non appena Creusa se ne fu adornat
mangiatori di lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle f
narra che facesse tirare per le gambe e per il collo, tutti coloro ai quali dava ospitalità, onde raggiungessero la misura di
rseo. 1356. Danaidi. — Così furono nominate le 50 figlie di Danao, le quali furono nello stesso giorno sposate da 50 loro cug
altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa di Saturno, e per
to in tratto. Al dire di Diodoro Siculo eran queste le ragioni per le quali il tempio d’Anguja divenne, con l’andare degli an
Dio, gli sostituirono altri esseri superiori alla specie umana, tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro er
era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, delle quali essi non esitarono a crearsi altrettante divinità
li è perciò che il numero di queste era prodigioso presso i pagani, i quali contavano fino a 30 mila numi, suddivisi in quatt
le del Destino. I pagani riconoscevano diverse classi di numi, fra le quali le più distinte erano i Celesti, i Terrestri, gli
. Si dava questo nome collettivo a quelle divinità, il culto delle quali era stabilito e riconosciuto dalla legge. Dei
do asserisce Varrone, erano annoverati in questa classe quei numi dei quali era noto il nome, le attribuzioni, e la storia.
dei tutti quelli della cui origine non si sapeva nulla di certo, e ai quali non si offerivano sacrifizii, nè si ergevano alta
dell’idolatria dei pagani, e tanto che vi sono non pochi scrittori i quali asseriscono che i primi abitatori della Grecia, q
esi ; e di questo numero furono quasi tutti gli imperatori romani, ai quali il senato comandava si rendessero dopo la morte g
tro le Amazzoni. Fece anche parte della spedizione degli Argonauti, i quali egli raggiunse nella città di Sinope. 1385. Dello
olare nell’istesso tempo dall’occidente e dall’oriente due aquile, le quali , dopo aver percorso un immenso spazio, si posaron
allo intorno, e attra se gran numero degli abitatori circonvicini, i quali , accostandosi, all’antro, sentirono anch’essi l’i
uro. — V. Minotauro. 1403. Delli. — Piccoli stagni o paludi presso le quali la tradizione favolosa narra che Taìia avesse dat
ito dalla perseveranza della sibilla, fece interrogare gli Auspici, i quali risposero che bisognava pagarle il prezzo che ess
ste fra Dio e gli uomini. I demonii erano divisi in varie classi alle quali appartenevano secondo la loro potenza. Al dire di
vestiti, di un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sensi, e dei quali era abitato tutto l’universo, essendovene nell’ar
delle cerimonie : e parole unite ad un editto del magistrato, per le quali dice, non esser costretti al giuramento nè le ver
e sacri. 1433. Diasie. — Feste in onore di Giove propizio, durante le quali si faceva dagli abitanti una famosa fiera a cui n
one fece tagliare in lunghe e sottili striscie una di dette pelli, le quali disegnarono sul terreno uno spazio abbastanza gra
divini. 1456. Dicclesìo. — Eroe venerato come un dio dai Megaresi, i quali in suo onore celebravano dei giuochi detti Diocle
condo la tradizione mitologica, egli possedeva dei cavalli furiosi, i quali mandavano flamme dalle nari ; e che egli nutriva
re diverse, ma fra queste le più notevoli erano quattro specie, nelle quali s’impiegava alcuno dei quattro principali element
na delle sue figliuole per nome Teba, di due meravigliose colombe, le quali avevano sorprendente prorogativa di parlare. Un g
co Δρἁϰου che significa perspicace, vigilante. Quei famosi draghi dai quali la favola fa custodire il giardino delle Esperidi
08. Driadi. — Ninfe che presiedevano ai boschi ed alle foreste, nelle quali dimoravano notte e giorno. Presso i pagani si cre
rante il primo mese Attico, chiamato per questo Hecacatombion e nelle quali si offeriva una Ecatombe. 1535. Ecatombe. — Dal c
imani. 1537. Ecatonfonie. — Presso i Messeni era costume che coloro i quali in guerra avessero ucciso cento nemici, dovessero
questa costumanza si dava il nome di Ecatonofle ad alcune feste nelle quali si faceva l’ Ecatombe per la suddetta ragione. Ri
Persiani. Sotto l’ Imperadore Alessio se n’impadronirono i Turchi, i quali la tennero schiava fino al 1206, epoca in cui pas
d’invidiosa mira pergl’imperadori greci e per i califfi maomettani, i quali , a forza di togliersela di mano l’un l’altro, fin
e veniva segnatamente ricordata nelle cerimonie dette Efestrie, nelle quali i Tebani facevano girare per la loro città la sta
. — Con questo nome erano conosciuti gli abitanti dell’isola Egina, i quali furono prima detti Enoni o Enopii, e poi più cono
Gli Egineti dopo essere stati governati da una lunga serie di re, dei quali solo pochi sono ricordati dalla tradizione mitolo
Gelosi però della grandezza degli Ateniesi, e stimolati dai Beozi, i quali anch’essi vedevano di male occhio la crescente pr
vise poi sempre, con mortale inimicizia gli Ateniesi e gli Egineti, i quali furono poi scacciati dalla loro isola, e vedendos
lasciateci da Plinio, fanno menzione di alcuni mostri della Libia, ai quali si dà propriamente il nome di Agipani e che al di
Da sua moglie Argifia e d’altre sue concubine — le più celebri delle quali furono Gergones, Efestina, Tiria, Caliante, Arabi
ia, Caliante, Arabia e Fusina ; ed altre — ed ebbe cinquanta figli, i quali tolsero in moglie le cinquanta figliuole di Danao
ttanta focaccie. Egone fu anche il nome di uno dei re degli Argiri, i quali quando mori l’ultimo degli Erachidi, che reggeva
ante proclamato re. Egone era similmente il nome di varii pastori dei quali per altro la tradizione mitologica non ricorda al
lebravasi in alcune feste a cui si dava cotesta appellazione, e nelle quali si offrivano ricchi sacrifizii a Giove ed a Miner
re di lui ; ma fu liberata dai suoi due fratelli Castore e Polluce, i quali la ricondussero a Sparta, ove essa dopo qualche t
nza la presenza di lui, così l’indovino Calcante ne avvisò i Greci, i quali , dietro il parere di Ulisse e degli altri capi de
di Enea in Italia. 1622. Eleos. — Divinità adorata dagli Ateniesi, i quali avevano, nella piazza maggiore della loro città,
oravano Giove e credevano che pronunziando alcune date parole, fra le quali veniva spesso ripetuto il nome di Elice, il padre
cciso in guerra, ed in Roma altro non ritornarono che le sue ossa, le quali secondo il suddetto scrittore, erano state figura
elmo. 1653. Elonoforie. — Si dava questo nome ad alcune feste, nelle quali i Greci portavano alcuni vasi di giunco, a cui es
i. — Pubblici giuochi celebrati con molta solennità dagli Ateniesi, i quali vi si recavano coi capelli intrecciati di nastri
questo. I poeti da ciò finsero che le eruzioni di questo vulcano, le quali scossero talvolta fino nelle visceri profonde, l’
o. Enea regnò pacificamente per lo spazio di quattro anni, durante i quali sembrò che il destino volesse finalmente accordar
nalmente accordargli giorni più riposati, ma ben presto i Rutoli, nei quali non era ancora sopito il rancore per la morte del
o d’Ippodamia dovesse vincerlo nella corsa ; aggiungendo che coloro i quali volevano accettare questa condizione, sarebbero s
i Pindaro nei loro scritti mitologici, furono fino a tredici coloro i quali restarono vittime della crudeltà del vincitore, i
esto era il nome di alcuni popoli selvaggi, orribilmente mostruosi, i quali avevano le orecchie grandissime, lunghe e pendent
le orecchie grandissime, lunghe e pendenti fino alle ginocchia, delle quali essi si servivano come di letto. 1697. Enotro. — 
i bene, veniva adorato particolarmente dagli abitatori di Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto il nome di Giove E
. — Si dava questo nome collettivo ai ministri del culto di Cerere, i quali , durante le funzioni sacre e le cerimonie di quel
lunio, si celebravano dei sagriflzii a cui si dava questo nome, e coi quali essi domandavano ai numi la prosperità dello stat
tre tentava di ucciderlo. Epopeo lasciò due figli avuti da Antiope ai quali dette il nome di Anfione e Zeto ; e fabbricò inol
l culto Eleusino vi erano pero delle cerimonie talmente occulte, alle quali non era concesso neanche all’Epopte di assistere,
Epuloni. — I romani avevano istituito un ordine di sacri ministri, i quali avevano l’incarico speciale di preparare il banch
pire delle numerose modificazioni imposte alle diverse tradizioni, le quali vanno tutte in un certo modo a concentrarsi sull’
oscere e ad adorare diversi altri eroi, divinizzati dopo la morte, ai quali si dette, per la stessa ragione, lo stesso nome.
ge talvolta la sua audacia fino a disfidare gli dei, alla volontà dei quali per altro egli si sottopone durante tutta la sua
terone, decimava gli armenti ch’ei custodiva, una grande porzione dei quali apparteneva al re Testio, le cui cinquanta figlie
i, a tener parola delle dodici fatiche di Ercole, il compimento delle quali valse all’eroe l’allegorica grandezza del mito, r
do in seguito nella Liguria egli combattè e vinse Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’e
la distruzione degli uccelli del lago Stinfalo os sia delle Arpie le quali con la loro prodigiosa quantità, oscuravano il so
prosieguo di tempo tolse i pomi d’oro dal giardino dell’ Esperidi, i quali erano custoditi da un terribile drago che vomitav
confusione surta fra le opinioni di molti scrittori dell’antichità, i quali hanno assai di sovente scambiato l’ Ercole greco
i Pilo, in cui ebbe a combattere Periclimene, Neleo ed i suoi figli i quali tutti caddero sotto i suoi colpi. Fu in questo co
orici ed allusivi a lui dati, dai differenti popoli dell’antichità, i quali soprannomi derivano quasi tutti, e fanno continua
ente alterato, sia pel contatto delle diverse tradizioni indigene, le quali sono quasi tutte identiche, sia per la confusione
rdegna, in Corsica, e perfino nella Gallia e nella Germania presso le quali ultime contrade degli eroi indigeni furono con be
nella città di Corinto, l’anniversario funebre dei figli di Medea, i quali , secondo la tradizione, furono sepolti nel tempio
arti e mestieri. Da ciò venivano dette Ergastine quelle giovanette le quali tessevano il peplo della dea, che si portava proc
ercurio. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto
mero degli eroi di cui fa menzione la mitologia greca e romana, nelle quali si trova assai di sovente ricordato che gli onori
che era una delle sette meraviglie del mondo. Vi sono alcuni autori i quali pretendono che il suo vero nome fosse Erotostrato
medaglie, coniate sotto il regno di diversi Imperadori Romani, sulle quali si vedono impresse tre dee aventi ognuna nella de
.Eseceste o Esserceto. — Re dei Focesi. Egli possedeva due anelli coi quali pretendeva di conoscere l’avvenire, percuotendoli
i scritti sull’antichità, confonde le Esperidi con le Atlantidi, alle quali dà per madre una donna, per nome Esperide, da cui
o i romani delle altre dette con vocabolo proprio lustrazioni, con le quali si redimevano gli eserciti dopo una guerra, e sop
lona. Gli abitanti, sapendolo reo, lo costrinsero alle espiazioni, le quali consistevano nella libazione dell’acqua di tre di
ternamente fiorite. Quest’età dell’oro è tolta dai libri di Mosè, dei quali i Greci e segnatamente gli Egizii dell’età primit
Per questa ragione, egli era riguardato come padre delle Grazie ; le quali anche perciò erano conosciute sotto il nome colle
faceva gettando nelle viscere del vulcano, ogni specie di vittime, le quali se venivano divorate dal fuoco si riteneva come p
rese madre di Teseo. Piteo per alcune particolari sue ragioni, delle quali la cronaca non fa parola, durante il tempo della
umeo, nella sua infanzia, fu rubato da alcuni Pirati della Fenicia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono
rasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un drappello di uomini, i quali si accingevano a sacrificare un giovanetto ed una
li principi dei suoi tempi e comandava i Cetei, popoli della Misia, i quali allorchè Euripile fu morto da Achille, si fecero
iute, e ciò gli valse la stima ed il rispetto dei popoli Aborigeni, i quali senza nominarlo re gli ubbidirono sempre ritenend
e dei popoli ch’egli avea beneficati. Vi sono anzi alcuni scrittori i quali pretendono che Evandro, fosse la stessa divinità
a Nereidi. 1920. Evemerione. — Dio della medicina presso i Sicioni, i quali lo invocavano ogni giorno all’ora del tramonto. I
In simili occasioni si cantavano alcuni inni propri all’evocazione, i quali venivano nella maggior parte attribuiti al poeta
ità era cessato, si cantavano degli altri inni, specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire di Plinio, gli Etr
mese di giugno si celebravano sul monie Celio, alcuni sacrifizii, nei quali si offeriva alla dea Carna del lardo e della fari
etti anche Luperci. In Roma essi erano divisi in due collegi, uno dei quali era detto dei Quintiliani, e l’altro dei Fabiani.
chiamavano alcune feste celebrate dai Greci in onore di Bacco, nelle quali si costumava inbandire numerose e ghiotte vivande
re in processione gran numero di pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevano la configurazione delle differenti membra
ja, andava collegata al compimento di alcune fatalità inesorabili, le quali dovevano restare compiute, a simiglianza del fato
che per la caduta di Troja fossero adoperate le frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filottete, che era sta
3. Faviani — Nome particolare che i romani davano a taluni giovani, i quali nei sacrifizii delle feste del dio Fauno, percorr
rincipale gli dei maggiori, e gli eroi più famosi dell’antichità, dei quali il sostrato storico ed informatore, è preso dal v
febbraio, alcune pubbliche cerimonie, in onore del dio Fauno, ed alle quali perciò si dava il nome di Faunali. Queste feste v
a propria virtù e fortezza, passò qualche tempo presso quei popoli, i quali dopo averlo colmato di doni, lo fecero, sopra una
h’egli abitante dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatto rivelazione, ed in cui
costumavano di onorare le anime dei morti con alcune cerimonie, alle quali si dava questo nome durante il mese di febbraio.
inità per trasmissione dai primitivi abitatori della Grecia, presso i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris
ectali — La istituzione di codesti ministri della religione pagana, i quali erano una specie di araldi d’arme, che intimavano
della favolosa Fenice si trova anche presso i Cinesi e gl’Indiani, i quali attribuiscono anch’essi ad un certo uccello, la s
icolari giorni dell’anno, che erano consacrati agli dei ; e durante i quali si facevano in loro onore feste, cerimonie e sacr
ie di lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie di Ferie, delle quali le più comunemente ripetute nelle cronache dell’a
e finalmente il loro periodo fu fissato a quattro giorni ; durante i quali non era permesso neanche di dichiarare la guerra.
are. Credevano i pagani, secondo che riferisce Strabone, che coloro i quali erano posseduti dallo spirito di questa dea cammi
, stabilito che si sarebbero scelte due persone di ciascuna città, le quali avessero dovuto partire contemporaneamente, facen
numento. Intanto Filomena gemeva in potere degli scherani di Tereo, i quali la custodivano con vigilante solerzia, e tanto ch
Iti, e dopo avergli tagliato la testa, ne fece cuocere le membra, le quali la sera ella stessa fece ser vire al banchetto ch
no le sue ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino di Tro
cce ; e ciò fece l’astuto greco onde riaccendere l’ardire dei suoi, i quali scorati dalia morte di Achille, disperavano omai
lizio che avevano imposto a Fineo, lo dettero in preda alle arpie, le quali infettavano tutto ciò che si apprestava sulla men
tabilire in quella città dei solenni sacrifizi a Bacco suo padre, nei quali si cantava un coro che fu per lungo tempo chiamat
n Grecia ed in tutto l’ Italia non vi erano che ben pochi templi, nei quali oltre al simulacro dei loro fiumi non vi fossero
s Rhenus ; il Paniso era una della principali divinità dei Messeni, i quali gli offerivano ogni anno pubblici e solenni sacri
o. — I pagani credevano che cinque fiumi scorressero nell’inferno, ai quali tanto i greci quanto i romani davano i seguenti n
nali il Periflegetonte e il lago d’Averno ; e tutte quelle acque alle quali essi attribuivano una qualche misteriosa e sinist
mani si erano riservato il diritto di creare dei sacerdoti Flamini, i quali in questa occasione prendevano oltre al nome dell
o. 2029. Flauto. — Strumento musicale assai in uso presso i pagani, i quali generalmente lo fabbricavano dalla gamba di un as
degli anni si unirono delle turpi oscenità degne novella Flora, e dei quali si prevaleva annulmente la spesa dalle sostanze c
risce che sotto il regno di Romolo furono istituiti questi giuochi, i quali al dire del cennato scrittore, furono soventi vol
di una tromba le pubbl che cortegiane e le meretrici più abbiette, le quali affatto nude davano al popolo il più abbominevole
una sua prima moglie due altri figliuoli chiamati Peleo e Telamone, i quali ad istigazione della matrigna erano in continua d
e feste che si celebravano in Roma il 15 aprile di ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome di Fordicidie. Durante la c
ll’ antichità, nonchè gran numero di monumenti e di bassorilievi, nei quali è rappresentata la Fortuna talvolta con un sole s
indi a meravigliarsi di un cosa esorbitante numero di appellativi dei quali i pìgani accompagnavano la veneratissima dea, qua
anza. 2053. Fraude. — Ben pochi sono gli scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzione di questa dea ; e solo Esiodo,
le strisce di flamma, lo strepitoso rimbombo e i lampi terribili, coi quali si rivelava la collera di Giove e che produceva u
e sono i più antichi fra i primitivi popoli della terra, e quelli coi quali ebbero dapprima relazione gli Ebrei, dettero il n
nella istessa idea collettiva tanto le Furie, quanto le Arpie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome prop
sulla Terra, ove esse straziavano coi rimorsi l’ anima degli empi, ai quali non lasciavano un istante di riposo, perseguitand
azio, nella Tebaide, ci descrive i rimorsi di Eteocle e Polinice, dei quali la furia Tesifone fu la inesorabile persecutrice.
ne che abitualmente si fa, fra i due nomi di Galassia e di Galizia, i quali sono del tutto differenti nella loro etimologia.
facendo risuonare tutta la spiaggia dei suol innammorati lamenti ; i quali si traducevano in una così aspra e rimbombante di
oti — Si dava codesto nome collettivo ad alcuni indovini Siciliani, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo d
delle vecchie, ritenute come altrettante incantatrici o streghe ; le quali davano la buona ventura e predicevano l’ avvenire
ia delle feste in onore di Giunone, Nuziale dette Gamelie, durante le quali venivano fatti più matrimoni che in tutto il rima
irlo a mensa come coppiere. Vi sono vari scrittori dell’ antichità, i quali asseriscono come vero un tal fatto, dicendo che T
un’altra specie d’incantesimo, praticato comunemente dagl’indovini, i quali rispondevano alle differenti interrogazioni che v
opinione però non è seguita da molti autori ; e vi sono anzi altri i quali danno a questo segno zodiacale diversa interpreta
ti altri numi del paganesimo, è discorde il parere degli scrittori, i quali però tutti si accordano nel convenire che geniali
vesse avuto il suo genio tutelare ; nè più nè meno che i cristiani, i quali ritengono per positiva e reale la guida celeste d
lla mitologia. 2109. Germani. — Antichissimi popoli della Germania, i quali al dire di Giulio Cesare nei suoi commentari, non
parola segnata in margine. Vi sono però alcuni mitologi e cronisti i quali distinguono Bacco da Giacco e fanno quest’ultimo
ssero due famiglie, una detta de’Giamidi, e l’altra dei Clitidi, alle quali era devoluto, per diritto ereditario, di servire
Io qui regnai finchè alla terra ignota Sendo la colpa ria. di numi, i quali Misti qua e là soffria, non restò vota. Ovidio 
e al suo regno. Da ciò la prima interpretazione data ai due visi, coi quali si è fin dai più remoti tempi rappresentato Giano
co, nelle sue Quistioni Romane, asserisce esser due le ragioni per le quali Giano veniva raffigurato con due facce. Una riten
avevano una porta e tre finestre sopra ognuna delle loro facciate, le quali indicavano le quattro stagioni dell’anno, mentre
utto cio valse a conciliargli le simpatie degli abitanti di Jolco, ai quali era già in odio il ferreo giogo dell’usurpatore.
ndotto in Lenno, dove essendo quell’isola governata da donne sole, le quali sprezzando l’imperio dei mariti gli avevano tutti
d’oro, avesse dovuto in un sol giorno, prima aggiogare i due tori, i quali avevano i piedi e le corna di bronzo, e che erano
quindi avesse dovuto in quei solchi seminare i denti di un drago, dai quali sarebbero nati altrettanti guerrieri, che bisogna
oggidì sotto il nome di Lipari, aveva codesto nome presso i pagani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse un
2141. Gieracuboschi. — Nome che si dava in Egitto a quei sacerdoti, i quali avevano l’incarico di nudrire gli sparvieri consa
disegnare sulla porta dell’abitazione di quello, varii Gieroglifici i quali formavano insieme la figura di un vecchio che ave
va ad alcune sacerdotesse similmente consacrati a Cibele od Ecate, le quali avevano i loro riti e le loro incombense pel serv
e presso gli egiziani. Taluni pretendono che fossero dei sacerdoti, i quali presiedevano alla spiega dei misteri religiosi, e
di far notare ai nostri lettori, che sehhene vi siano molti autori i quali , nelle loro opere, danno il nome collettivo di Ti
 — Canto. e scagliarono contro agli dei enormi massi di pietre, dei quali , secondo la tradizione mitologica, quelli che ric
a, si ridusse in polvere appena toccato, meno pochi denti, ognuno dei quali pesava circa cinque once. Da tutti questi numeros
do asserisce Plinio, ad alcuni antichi popoli della Scizia Europea, i quali dimoravano sulle sponde del fiume Tanai. Seguendo
l’indiani veniva dato codesto nome ad una corporazione di filosofi, i quali facevano professione di rinunciare a tutti i beni
ipo ; cerca di pacificare le ire furibonde di Eteocle e Polinice, dai quali ottiene una tregua ; ma poi, non essendo riuscita
, abbracciando in un ultimo amplesso di madre, quei corpi adorati nei quali durante la vita non aveva potuto far germogliare
sono combattute da vari antori antichi, fra cui Pausania ed Omero, i quali asseriscono che l’incesto di Giocasta, per essere
nostra opera noi ci siamo già avvalsi di numerosissime citazioni, le quali per esser tutte tolte ai classici serittori antic
alle domande. L’indovino rispose che tale era la volontà degli dei, i quali erano sdegnati contro i romani per aver questi, q
ratore ; ………………………… OMERO — Iliade — Libro XIV. trad. di V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti nel numero delle div
salmente come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona
Giove, è ugualmente altissima la cifra dei nomi e dei soprannomi coi quali lo chiamavano i pagani. Di questi soprannomi molt
i pagani. Di questi soprannomi moltissimi derivavano dai luoghi, nei quali veniva adorato ; molti altri dai popoli che ne in
ccupato dall’ aria. Vi sono varii scrittori, e fra questi Cicerone, i quali considerando il Giove pagano, sotto l’ aspetto pu
a istituiti i giuochi in onore di questa dea, della continuazione dei quali non fa menzione alcuno scrittore dell’antichità.
no per cadere per terra, e dall’unione delle differenti lettere sulle quali essi andavano a cadere, si cavava il presagio del
o — Scrivono i più rinomati cronisti e storici dell’ antichità, fra i quali Platone, che esisteva un’antichissima legge, la q
creò i due suoi figliuoli, Eaco e Radamanto, giudici dell’Inferno, i quali sotto la presidenza di Minosse, dovevano giudicar
 ; di cui fan fede tutti i cronisti più accreditati dell’antichità, i quali riferiscono a centinaja gli esempi di avvaloramen
aggiungono questi ultimi due, ai figli di Giunone, ve ne sono molti i quali allegorizzano con simbolica configurazione la nas
ed i romani aveva reso sacri questa specie di pubblici spettacoli, i quali eran sempre dedicati a qualche dio in particolare
ù d’uno di essi insieme. Vi sono anzi varì cronisti dell’antichità, i quali asseriscono che in Roma il senato avesse promulga
di questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava più propriamente il nome di giuochi sceni
di Temi ; sebbene vi sono varii scrittori e cronisti dell’antichità i quali asseriscono che in Roma la dea chiamata Temi era
lo avesse fatto legare ad un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città
ltro che un povero lavoratore, ricco solo d’un pajo di buoi ; uno dei quali gli serviva per tirare il carro, e l’altro per ar
e i Telmissi, specie di sacerdoti, dotti nell’arte d’indovinare, e ai quali , secondo asserisce il cronista Arriano, l’arte de
. Aveva sulla testa una massa folta e pesante di lunghissimi crini, i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivan
si, fosse penetrato fino alla loro dimora ; ove trovò alcune donne le quali avevano la prerogativa di correre così velocement
tendono essere le Gorgoni una razza di cavalle allevate dai Fenici, i quali avevano un loro capo per nome Perseo. Queste eran
Perseo. Queste erano le donne coperte di peli di cui parla Plinio, le quali generavano senza la partecipazione dell’uomo, fec
non crano che la personificazione mitologica delle onde del mare, le quali biancheggiano di spuma, appena si muovono. 2199.
pli, e are, e feste come ne avevano le tre Grazie ; perchè i beni dei quali si supponevano le dispensatrice, erano desiderate
oli dell’antichità ve ne erano per altro alcuni, come i Lacedemoni, i quali non riconoscevano che due sole Grazie chiamate Fa
rata da gran numero di medaglie e di bassorilievi dell’antichità, nei quali , se pure ve ne ha qualcuno che ci presenta le Gra
E ciò deve ritenersi anche per i templi consacrati alle nove Muse, le quali dovevano avere stretta correlazione con le Grazie
simboli della mitologia pagana. Per esempio, le orecchia tese con le quali si distinguevano i Grifoni, alludevano all’attenz
imitiva dei Grifoni, ma la ereditarono dalle credenze degli egizii, i quali davano a questi favolosi animali, un senso allego
fu eseguita anche nella città di Delfo, dalle giovanette Ateniesi, le quali la danzavano intorno all’altare di Apollo, nel gi
o azzurro : e Siva tutto bianco. Vi sono varie cronache indiche nelle quali Har-Heri viene anche chiamato Sankare-Narajana. 2
an ad un mortaio e ad un pestello, ch’essi ritengono come sacri e dei quali si servono per infrangere il legno dell’albero Hu
quale veniva circondata da altre 360 statue più piccole, ognuna delle quali era consacrata ad un giorno dell’anno. Hobal veni
2225. Ibi. — Uccello tenuto in grande venerezione dagli egiziani, i quali punivano di morte chiunque ne avesse anche involo
o in nna data epoca dell’anno, alcune pubbliche e solenni feste, alle quali si dava cotesto nome. Le cerimonie ibristiche, fu
dar del tempo insegnò l’istessa arte ad alcuni pastori dell’Attica, i quali appena ebbero fatto il vino ne bevettero in così
va il potere di cangiarsi in tutte le forme che voleva assume re alle quali somigliava con una perfezione incredibile. Da cio
nguinolenti del dio del mare. Fra gli autori antichi ve ne ha molti i quali pretendono che il sacrificio fosse consumato ; e
, nelle sue avventure di Telemaco. Vi sono per altro alcuni autori, i quali asseriscono che il popolo di Creta impedisse con
i s’attiene il cennato scrittore, dice che l’Idra avea sette teste le quali avevano la spaventevole prerogativa di rinascere
ulla riva del mare, entrambe furono rapite da alcuni corsari traci, i quali giuocarono a sorte chi avrebbe dovuto possedere l
della Troade mandarono una mano di esploratorl, comandati da Ila, ai quali dettero anche il carico di provvedersi di acqua p
er la navigazione. Ila però non fu più rinvenuto dai suoi compagni, i quali ritennero ch’egli si fosse annegato in qualche to
onore di Cibele, detta anche Magna Mater, alcune pubbliche feste alle quali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo alle m
one, una scienza arcana e misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono di formarne una scienza fondata su regole
erdoti Lupercali, dagli Auguri, dagli Astrologhi, e dagli Indovini, i quali gettavano le sorti, esaminavano le visceri ancora
ro erano, presso i pagani, le specie di divinazioni più in uso ; alle quali , si dava il nome proprio di, Aeromanzia, quante v
gromanzia ecc. ecc. e un altro infinito numero di denominazioni delle quali han fatto menzione quasi tutti gli autori antichi
à assegnavano tutti, alcuni dati luoghi come passaggi particolari dai quali , si andava all’inferno ; così la caverna di Tenar
e appena ella giunse in Italia suscitò contro di essa le Baccanti le quali un giorno circondandola e riempiendo l’aria, seco
di grida assordanti, colpirono Ino di durissime battiture ; sotto le quali la sventurata sarebbe morta per certo, se non si
ù forti mattezze, che la superstizione facea commettere ai pagani ; i quali credevano fermamente che gli dei cangiassero le v
estavano fede a codesti superstiziosi raggiri dei sacerdoti pagani, i quali si avvalevano dell’ignoranza del popolo, come han
olare, col quale, venivano indicati certi servienti degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare gli oracoli e di
È a notare per altro che non sono pochi gli autori dell’antichità, i quali attestano l’esistenza positiva degli Ippocentauri
Ippolito fosse stato preservato dalla morte per volere degli dei, dai quali fosse stato ammesso in cielo fra le castellazioni
sacerdoti, avesse mandata la pestilenza nel campo degli Eraclidi ; i quali interrogarono l’oracolo onde far cessare il fiage
lei volle farla morire, senonchè Adrasto e quei forestieri argivi, ai quali avea mostrato la via, presero la difesa di lei e
stese al suolo coperto di sangue. 2330. Irpie. — Famiglie romane, le quali , al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa
e rendeva fertilissima la terra egiziana. Moltiplici sono i nomi, coi quali veniva sovente indicata la dea Iside, ma l’appell
Iside passò dall’ Egitto nelle Gallie ; e vi sono varii scrittori, i quali pretendono che la stessa città di Parigi, avesse
rimonie sacre in onore della dea Iside, durante la celebrazione delle quali , si esigeva il più stretto silenzio da coloro, ch
i Roma 696, proibì rigorosamente la celebrazione delle feste Isie, le quali non furono che 200 anni dopo rimesse in pieno vig
di Erodoto, così aveano nome taluni popoli vicini degli Iperborei, i quali non aveano che un occhio solo. Il citato scrittor
Corinto ritenevano come sacra la celebrazione dei giuochi istmici, i quali venivano eseguiti con la maggiore magnificenza og
generalmente si appendeva al collo dei fanciulli e delle vestali, le quali conservavano l’ Itifallo fra gli oggetti sacri e
’ombra degli altari, affatto ignaro di chi fossero i suoi genitori, i quali restarono similmente ignoti alla sacerdotessa che
e l’alta costernazione che una simile notizia sparse negli astanti, i quali rimasero indecisi e perplessi su quanto sarebbe s
lettivo di Ionie. 2374. Jonidi. — Nome collettivo di alcune ninfe, le quali , secondo Pausania, abitavano nella città di Eracl
upremo, come capo di tutti i Kamis. I templi di queste divinità, alle quali , con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia, sono
a statua ha 4 braccia, due al diritto, e due al sinistro lato ; delle quali però, una destra ed una sinistra, sono levate in
onvergono tutte le tradizioni e le cronache mitologiche irlandesi, le quali parlano tutte di tre donne che prendono possesso
d Anna. — Presso i giapponesi, sono questi i nomi di due sacerdoti, i quali scrissero su foglie di albero, le più belle massi
chità pagane, che i Kers fossero degl’enti immaginarî e fantastici, i quali rappresentavano le cause immediate sia violenti,
li storici, per aver fatto costruire le famose piramidi d’ Egitto, le quali andarono considerate come una delle maraviglie de
ione delle piramidi, fossero adoperati non meno di 360 mila operai, i quali lavorassero 23 anni. Plinio asserisce, che una so
ltra, distanti due miglia dal gran Cairo. Vi sono alcuni cronisti, i quali attribuiscono al re Kopto la costruzione della so
predizione a lui fatta da alcuni Muni ispirati, specie d’indovini, i quali gli avevano profetizzato che un giorno, egli avre
e di guardie : l’assordante strepito di gran numero di strumenti, sui quali si batteva per ordine della regina, stordisce i m
rdine della regina, stordisce i ministri del suo dispietato furore, i quali si lasciano rapire dalle mani il perseguitato bam
raviglioso edifizio conteneva dodici immense sale coperte ; sei delle quali guardano il lato del mezzogiorno, e le altre sei
, il laberinto egiziano comprendeva non meno di tremila camere, delle quali mille e cinquecento erano sotterranee, e le altre
vi era un immenso, un enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si era forzati di passare e ripassare, girando e
dicemmo, fra le maraviglie del mondo antico, ve ne sono altri due, i quali sebbene assai meno famosi, pure vengono ricordati
contrada della Caria, perchè invece dello scettro e dei fulmini, coi quali abitualmente veniva raffigurato il padre degli de
ad Onfale sua ; amante. Questa principessa la legò ai re di Lidia, i quali la portarono invece di scettro, fino al tempo in
ndaule, ultimo re di quella contrada non cadde in potere dei Carii, i quali in ringraziamento della vittoria, innalzarono a G
o, da lungo tempo, fissato la loro dimora due di questi volatili, sui quali gl’indigeni raccontavano le più strane cose. Il c
a stesso, dice che Lamia ed Aussesia erano due giovanette cretesi, le quali nel tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii
e Solino non ha altra base che l’attestazione dei sacerdoti pagani, i quali alimentavano segretamente quelle lampadi, onde ma
a che ripetere quanto veniva attestato da quegli istessi sacerdoti, i quali avean troppo personale interesse ad alimentare la
2420. Lampadaforie. — Così avevano nome alcune pubbliche feste nelle quali si adoperavano le lampadi per le cerimonie dei sa
ostumanza i romani l’avevano ereditata dagli antichi sabini, presso i quali la lancia era il simbolo della guerra. 2428. Laoc
Nereide, riuseì per poco tempo a sottrarsi al furore degli Epiroti, i quali in una rivoluzione avevano uccisi tutti i compone
in memoria di due giovanette cretesi, chiamate Lamia ed Aussesia, le quali morirono lapidate. V. Lamia ed Aussesia. 2436. La
e chiamavano Lari le anime dei buoni, e Lemori quelle dei cattivi, le quali per altro venivano anch’esse onorate con certe sa
culto particolare, è mestieri primieramente nominare gli Egiziani, i quali delle sei grandi e solenni feste che celebravano
a commettevano in questa occasione. 2453. Laverna. — Dea dei ladri, i quali , al dire di Orazio, la invocavano onde essa copri
i cronisti si trova sovente combattuta da altri chiarissimi autori, i quali pretendono che le uova partorite da Leda fossero
e, non volle Euristeo ammettere nel numero delle dodici fatiche, alle quali il destino avea sottoposto Ercole, anche l’ uccis
n onore di Bacco e di Cerere alcune feste o misteri dette Lernee, nei quali si compivano tali mostruose oscenità, che lo stes
ffriva di ogni vivanda alle diverse statue di quei numi, in onore de’ quali si faceva il Lettisternio. Nel tempio ove la ceri
dinamento di tutta la cerimonia fu affidato ai sacerdoti Deuumviri, i quali furono in seguito sostituiti dagli Epuloni. I più
nome deriva da una costumanza generalizzata presso tutti i pagani, i quali , appena una donna aveva partorito, posavano sulla
davano più propriamente il nome di Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità era molto più celebre
, quelli che contenevano le predizioni delle Sibille, la custodia dei quali era affidata in Roma ad un collegio di sacerdoti
, codesta tradizione era tenuta in gran concetto presso gli arcadi, i quali in tutto ciò non vedevano nulla di esagerato. Al
torio. Licee similmente erano delle feste celebrate in Arcadia, delle quali si voleva fosse stato istitutore quello stesso re
di molto ai Lupercali di Roma, si seguivano alcuni combattimenti, nei quali il vincitore, riceveva in premio un’ armatura di
orgevano due colonne, su cui erano due aquile dorate ; e innanzi alle quali si compivano i sacrifizi con gran mistero. Liceo
e. — Altro soprannome di Diana, come dea protettrice dei pescatori, i quali in suo onore celebravano una festa detta dal suo
. — Divinazione che si faceva per mezzo di molti anelli di metallo, i quali spinti uno contro dell’altro, rendevano certo suo
ossi gran copia di armi, si tra i corpi morti, si ancora in campo, le quali il console disse, che le dava e consacrava alla d
gli dei planetarii adorati da quasi tutti i popoli dell’antichità, i quali , meravigliati alla vista di questi due splendori
i attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutrice di Romolo e Remo, i quali bambini suggevano il latte della belva, scherzava
codesta festa, fossero derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittarono di quella congiuntura per fare il
ll’articolo seguente. 2574. Lustrazioni. — Cerimonie espiatorie colle quali i romani credevano di purificare una città o una
il nome dell’ente supremo del sistema religioso degli Indù. presso i quali è un oggetto non solo di adorazione. ma anche di
ncipii e di opinioni, professate da alcuni filosofi mal convertiti, i quali pretesero accomodare i dogmi cristiani, al sistem
colpevoli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi da più musulmani, i quali lo tengono in cosi grande venerazione che conside
rettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti, i quali giovarono immensamente allo sviluppo delle arti t
5 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
trovano, a nostro credere, che convengano ai giovani e la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni
la magnificenza dell’universo, penetrati dalle leggi ammirabili sulle quali si aggirano il mondo fisico e morale, colpiti al
e della Terra Nereo e Doride o Dori, che generarono le Ninfe, tra le quali fu rinomata Galatea. I più celebri tra i figli di
particolarmente onorata. Aveva molti nomi tratti dalle cagioni per le quali le si sacrificava. I poeti rappresentano Giunone
in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri di lei chiamati Eleusini, ai quali chi iniziavasi era tenuto a rigoroso segreto, cui
un magnifico tempio, e celebravano delle feste in onore di lei, alle quali intervenivano degli spettatori da tutte le parti
e, nella quale colse gli amanti e li espose alla vista degli Dei, dai quali Vulcano fu beffeggiato e deriso. Si rappresenta q
nome. Si pretende che abbia avuto un infinito numero di amanti per le quali si cambiò sotto mille forme. Nella divisione fatt
a, della medicina e delle arti. Viveva in mezzo delle nove Muse delle quali si fece capo ed abitava con esse i monti Parnaso,
lo   Il primo uso che Apollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu di mettere a morte il serpen
a, e colà depose il suo segreto. Poco dopo vi crebbero delle canne le quali agitate dal vento ripetevano le parole del barbie
e Mercurio imbattutosi un giorno in due serpenti sul monte Citerone i quali combattevano insieme, gettò loro in mezzo per sep
irtù di volgere arene d’oro. Bacco ebbe molti figli da Arianna, tra i quali si conta Ceranao, Tauropoli, Evanto, Toante, Epon
tta profonda assistito da Teti ed Eurinome figlie dell’Oceano, per le quali si occupò a fare dei pendenti, degli anelli, dei
le armi impenetrabili fatte per Achille a richiesta di Tetide tra le quali distinguevasi particolarmente lo storiato scudo,
Le ombre erano obbligate a bevere delle sue acque, la proprietà delle quali consisteva nel far obliare il passato. Coloro che
li tormentavano con rimorsi dilanianti e con visioni spaventevoli, le quali gettavanli nel più gran delirio, che sovente non
i Giganti o Titani che mossero guerra a Giove, il più formidabile dei quali fu Tifone che da sè solo diede a fare agli Dei pi
umo di sabina e di zolfo ; poscia offrivansi dei sacrifizi alla Dea i quali consistevano in latte, in vino cotto e in miglio.
figura di teste gonfiate. Si attribuiscono ad Eolo dodici figli, dei quali sei maschi e sei femmine che si maritarono gli un
mano, mentre coll’altra sparge delle rose, per indicare che i fiori i quali abbelliscono la terra, vanno debitori della loro
ologi due specie di decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai quali dipendevano gli stessi Dei : gli altri che poteva
divinità sotto il nome di Nemese figlie dell’Erebo e della Notte, le quali da altri sono prese per le Eumenidi. Una era il P
rsi su questo clemento agli agguati che gli avevano tesi i Titani, co quali era in allora in guerra ; oppure prendendo questa
erzando, sollevavano i flutti : dopo questi venivano alcuni Tritoni i quali suonavano la tromba con ricurve conchiglie. Circo
era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito la spingevano. Eolo librato in mez
edificio per quanto si narra conteneva tremila appartamenti, metà dei quali erano sotto terra, e dodici palazzi in un ricinto
la che le vele della nave sulla quale egli salì per salvarsi, e delle quali Icaro non seppe far uso. Dedalo andò a ricovrarsi
eligiosi ed onesti. In faccia agli Areopagiti eranvi due pietre sulle quali sedevano l’accusatore e l’accusato. Allato ai gui
idici vedevansi due colonne su cui erano scolpite le leggi, dietro le quali essi proferivano i loro giudizj. Questo tribunale
ai poeti. Asseriscono alcuni che le Gorgoni erano donne guerriere le quali abitavano la Libia presso il lago Tritonide ; che
donne. Pretendono altri che le Gorgoni fossero vere bestie feroci le quali collo sguardo petrificavano gli uomini, e raccont
e vicine isole hanno alcuni scoperto il nome dei vascelli di carico i quali commerciavano sulle coste dell’Africa, ove traffi
lmente ; quindi le cinque figlie di Forco erano i cinque vascelli de’ quali era composta la piccola flotta di questo principe
Fu dato in fine il nome di Ninfe non solo a molte illustri dame delle quali apprendevasi qualche avventura, ma eziandio fino
elle Driadi. Il destino delle Amadriadi dipendeva da certi alberi coi quali esse nascevano e morivano, e non se ne potevano m
on mancò alla promessa. Molti fatti citansi a un dipresso consimili i quali provano che gli antichi erano persuasi che la vit
inità, molto adattate ad allontanare dalle piantagioni quei danni, ai quali erano esposie Le Ninfe delle acque dividevansi i
portanti in mano una conchiglia. Erano loro offerti dei sacrifici, i quali talvolta consistevano in capre e in agnelli immol
dei frutti, ma non erano se non se campestri divinità il culto delle quali non si estendeva sino alle città. Erano chiamate
ste e mandava in un medesimo istante cento fischi diversi. I pomi sui quali esso teneva sempre gli occhi aperti avevano una v
tagioni sono d’ordinario simboleggiate per mezzo di alati fanciulli i quali hanno degli attributi particolari ad ogni Stagion
va pei grani quando cominciavano a gonfiare le spiche, la polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo era in tute
ti era alla guerra di Tebe. Giove aveva giurato che dei due bambini i quali doveano nascere da Alcmena e secondo alcuni da Al
avano i figli maschi ed allevavano con molta cura le fanciulle ; alle quali recidevano la mammella destra, onde non fossero i
e distrutte da Ercole. 7.° Purgò le stalle di Augia re dell’Elide, le quali contenevano tremila buoi e che non erano state pu
e preso che ebbe Diomede lo fece divorare da quegli stessi cavalli, i quali condusse poscia ad Euristeo e non li lasciò in li
che quel punto fosse la fine del mondo, vi eresse due colonne, su le quali trovossi in addietro scritto non plus ultra. Ogn
ue altari vedevansi nelle Indie in onore del medesimo Ercole eretti i quali segnavano il termine dei suoi viaggi in oriente.
econdo alcuni mitologi, rinacquero da sè stessi dall’umida terra, tra quali citasi il serpente Pitone, che fu poi ucciso da A
na e secondo alcuni alle due guerre di Tebe. Rapì alcune donne fra le quali Elena, Arianna e Fedra, ma le restituiva quando n
ti per questi successi insultarono i Lapiti popoli della Tessaglia, i quali vedendoli ritirarsi con un’estrema sveltezza dopo
o di Minerva attaccò il drago e lo uccise. Ne seminò indi i denti dai quali nacquero degli uomini che si uccisero immantinent
gli uomini che si uccisero immantinenti tra di loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe nel lu
rdere. Quella testa fu tenuta in grande venerazione presso i Lesbi, i quali come un oracolo la consultavano. La lira d’Orfeo
l monte Citerone, ov’ella diede in luce due gemelli Anfione e Zeto, i quali furono allevati dal pastore che aveva dato ospita
rce aveva fatto subire alla loro madre radunarono delle truppe, colle quali s’insignorirono della città di Tebe, uccisero Lic
tempo, prese cura della sua educazione e gl’insegnò le scienze delle quali egli medesimo faceva professione, e specialemente
are il suo amante. Le condizioni prescritte da Eete a Giasone e colle quali acconsentiva di rimettergli il vello d’oro, erano
e prima di tutto doveva mettere il giogo ai tori, opera di Vulcano, i quali avevano e piedi e corna di bronzo e vomitavano vo
un campo consacrato a Marte, per seminarvi i denti di un dragone dai quali dovevano nascere degli uomini armati, ch’egli era
pprodarono all’isola di Lenno che trovarono abitata da sole donne, le quali per vivere in loro balìa, avevano uccisi tutti gl
Celeno figlie di Taumante e di Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lordavano le vivande di Fineo sulla tavola, per c
e dell’Arriège ove la polvere d’oro si raccoglie con simili tosoni, i quali essendone ben ripieni, possono essere riguardati
o genero : aspettò fino allora in grazia del costume di que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe stata un indizio di i
torioso. Dopo la sconfitta de’Solimi, lo mandò contro le Amazzoni, le quali avevano fatto un’irruzione nella Frigia e negli a
mostro invitò Oeneo tutti i giovani principi del paese alla testa dei quali pose Meleagro e questa spedizione è celebre nell’
isola del mar Egeo secondo la maggior parte de’ mitologi, alcuni dei quali la fanno figlia di Iaso o Iasio. Il suo nome è ce
una folta foresta. Abitavano in vicinanza due Centauri, Neo e Reco, i quali avendola veduta risolvettero di farle violenza. L
o portò al disopra della luna, ove egli spirò. Sette fanciulle, delle quali egli era padre, furono talmente afflitte, che pre
viglia corse a consultare i Telmisi, dotti nell’arte d’indovinare, ai quali , secondo si riferisce, questa scienza era tanto n
ne, ove proponeva un enimma ai passaggieri, e divorava tutti quelli i quali non lo sapevano sciogliere dopo di essersi offert
l fiore de’suoi eserciti sotto la guida di sette illustri capitani, i quali erano Adrasto medesimo, Polinice, Tideo, Ippomedo
ene figlio di Atreo ; che la rese madre di Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non siano reputati figli di Atreo, se
dicare la morte del loro avo. Tindaro accordò loro delle truppe colle quali assalirono e vinsero Tieste, che trattarono con u
egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di portare la più strepitosa vendet
o nascosti e aperse l’uscita a quelli che stavan dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti nel sonno, a ferro e
Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tre eccellenti maestri dell’arte, i quali d’accordo lo scarpellarono da un sol ceppo di mar
tempo in un giorno d’ogni mese, il Dio pronunciava i suoi Oracoli, i quali non si rendevano tutti nella stessa maniera : qui
mani certe donne ch’essi dicevano invase di spirito profetico ed alle quali attribuivano la cognizione del futuro. Convengono
isco, o al Superbo secondo alcuni e gli offrì nove volumi diversi pei quali chiese 300 monete d’oro. Il re la scacciò con dis
uinio maravigliato da tale ostinazione, mandò a cercare gli auguri, i quali consigliarono ch’egli dovesse pagare pei tre rima
Questo numero fu successivamente portato a dieci e poi a quindici, i quali pigliarono il nome di quindecimviri. In origine q
cimviri. In origine questi sacerdoti non incombevano che alle cure le quali esigeva quel sacro deposito, poscia vi fu aggiunt
à e le campagne ; finalmente, allorchè eransi osservati dei prodigi i quali minacciassero qualche grande sventura, mai non si
i ma non avvi che i versi creduti della Sibilla Cumana il segreto dei quali sia stato sempre religiosamente conservato. Nel 3
a lor consacrati, finchè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, que
lle case dei grandi. Allora furono chiamati Parassiti gli adulatori i quali , per procurarsi una piacevole sussistenza, la del
iamavansi Ambarvali. I Feciali erano sacerdoti o ufficiali pubblici i quali presso i Romani annunciavano i trattati, la pace,
dalla repubblica, e ad essi venivan dirette le lagnanze dei popoli, i quali pretendevano d’essere stati lesi dai Romani ; e s
erimonie religiose dei gentili bisogna annoverare le Espiazioni colle quali pretendevasi purificare i colpevoli non che i luo
istmo di Corinto. In questi giuochi che facevansi con tanta pompa, ai quali non solo da tutta la Grecia, ma da tutte le parti
pre in gran pregio. Non meno famosi dei greci sono i Giuochi Romani i quali furono portati a un punto di grandezza e di magni
nsero anche i sanguinosi spettacoli dei combattimenti delle fiere, le quali uscir si facevano dalle carceri o tane praticate
6 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
Eroi, chiamati anche Semidei o Semoni, si di evano quegli uomini, de’ quali era stata illustre la nascita, o nobili le azioni
e su quelle arene, che fecondate produssero gran copia di serpenti, i quali da di là si propagarono anche nelle altre parti d
i possedeva degli orti, preziosi pegli alberi, le foglie e frutta de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re di accoglierlo
i furoho Teseo, Peleo, Telamone, Calai e Zete, Castore e Polluce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione di Tif
nti. Medea gli credette, e tosto gli diede certe erbe, coll’uso delle quali ei potesse riuscire nella propostasi impresa. Il
ero, come altri dicono, Temi avea decretato, che dei due fanciulli, i quali doveano nascere, l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò d
o strepito si fece sentire, e molti altri prodigi allora avvennero, i quali presagirono la gloria, ch’egli era per acquistars
e, avvenne, che le medesime si cangiarono in un ammasso di stelle, le quali formano nel Cielo una zona, chiamata Via lattea (
eriori alla capacità ordinaria degli uomini, affinchè egli perisse le quali imprese furono denominate le Fatiche d’Ercole (d)
nate le Fatiche d’Ercole (d). Tralle molte Fatiche di questo Eroe, le quali sieno degne di memoria, dodici principalmente se
d’offerirlo egli a Giove Salvatore : lo che eseguì. Sonovi alcuni, i quali pretendono, che Ercole abbia ricevuto la clava da
compagnia Jolao, non volle annoverare questo travaglio tra quelli, a’ quali avea stabilito d’assoggettarlo (c). Ercole inoltr
fficienti a contenerveli. Fu costretto a lasciarli nelle campagne, le quali perciò divennero infruttuose. Ercole fu incaricat
dalla Ninfa Calliroe, era tricorporeo. Per custodi de’suoi armenti, i quali erano di rara bellezza, avea un Dragone di sette
. Non sapendo egli, dove quelli si trovavano, ne ricercò le Ninfe, le quali abitavano appresso il fiume Eridano in una spelon
i venne assalito da un infinito numero di Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due soli piedi di altezza, ed erano sempr
no due soli piedi di altezza, ed erano sempre in guerra colle gru, le quali spesso li rapivano(d). Antonino Liberale(e) e Ovi
o due de’ di lui compagni(c). Albione e Borgione erano due giganti, i quali avevano tratta la loro origine da Nettuno. Ercole
lcano, era un mostro di smisurata grandezza, e avea tre bocche, dalle quali mandava fuoco. Abitava in una caverna sul monte A
. Conobbe la botanica, e arricchì il suo paese di molte piante, delle quali esso mancava. Fu idraulico e geometra pratico : s
antro, gettando quattro dadi, scolpiti nelle faccie di figure, dalle quali si rilevavano le risposte del Nume (d). Era stata
rcole per la sua eccessiva voracità si appellò Polifago, e Adefago, i quali nomi significano granmangiatore (b) (22). Ei mang
. Nessuna delle femmine Eritree volle farlo, e certe donne Tracie, le quali , benchè fossero nate libere, tuttavia servivano a
ntrati, li attaccò, e tagliò loro il naso, le orecchie, e le mani, le quali poi sospose al collo di ciascuno. Quindi egli pre
re contro i Cercopi, popoli vicini agli Stati della predetta Regina i quali costringevano gli ospiti a lavorare le loro vigne
e, gl’impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce, le quali dal Fato si riserbavano all’esterminio de’ Trojan
ia di pietra preziosa (f). Il Fabretti rapporta due Iscrizioni, dalle quali apparisce, ch’ Ercole appresso gli Antichi si ris
perpetuo. Finalmente eranvi colà due colonne d’oro e di bronzo, sulle quali si vedevano espresse le mentovate Fatiche d’Ercol
gli offerì un sacrifizio. L’Eroe gli fece vedere in sogno due tori, i quali , dopo d’aver lungo tempo contrastato tra loro per
nquanta figliuoli di Pallante, suo fratello, detti però Pallantidi, i quali aspiravano alla corona d’ Ateno. Pitteo quindi pu
sto dissipata colla morte dello stesso Pallante, e de’figli di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo. La uccision
i salvi alla patria. Eglino quindi instituirono le Feste Delie, nelle quali ogni cinque anni recavasi un numero di Ateniesi,
irne di nuove. Radunò in città tutti gli abitanti de’Borghi vicini, i quali sino a quel tempo aveano condotto una vita selvag
te(8). Priamo ebbe pure dalle medesima moglie varie figliuole, tralle quali spezialmente si nominano Ilione, Polissena(9), Cr
glia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle sue nozze, le quali si celebrarono sul monte Pelio. La sola Eride, de
ire sulla spiaggia agli Dei un sacrifizio, vide che gli arboscelli, i quali andava svellendo per ornarne l’altare, stillavano
i della sua famiglia s’abbattè nell’ombra d’Anchise da cui apprese in quali terre avrebbe regnato, e quali sanguinose battagl
nell’ombra d’Anchise da cui apprese in quali terre avrebbe regnato, e quali sanguinose battaglie avrebbe dovuto per tale moti
collegarono con Enea anche i Tirreni sotto la condotta di Tarconte, i quali si erano ribellati contre Mezenzio, loro re, a mo
i molte città, tributarie a Priamo, e nell’espugnarne varie altre, le quali aveano preso le armi in difesa di lui. Finalmente
pigliò le primiere sembianze, e diede a Menelao quelle notizie, delle quali era ricercato(a). Erodoto riferisce, che Menelao
l seno(e). Achille moltre s’impadronì di dodici città nemiche, tralle quali si conta, Moncia. Sembrava da prima impossibile a
o, onde non intervenire a quella guerra. Tralle varie stravaganze, le quali fece allora, dicesi che abbia preso a lavorare l’
allorchè volle rimettersi alla sua patria. Ei corse molti rischi, ne’ quali diede sempre memorabili saggi di sommo coraggio e
inerva mandò un vento propizio, che lo trasportò al paese de’Feaci, i quali abitavano l’Isola di Corcira(a). Quì signoreggiav
diritta spalla. Se ne querelò Ulisse appresso gli altri convitati, i quali biasimarono l’azione di Antimoo(b). Frattanto sop
na un tempio, una statua d’ebano, e certe Feste, dette Ajanzie, nelle quali , per ricordare il di lui invitto valore, ornavasi
evali a cruda morte. Polluce lo superò, e uccise. I due fratelli, de’ quali parliamo, ritornati dalla conquista del Vello d’o
quella città avesse a sofferire alcun danno dalle numerose truppe, le quali aveano condotto contro la medesima(f) (5). Eglino
a Laconia, rappresentarono questi Gemelli in due statue di bronzo, le quali , benchè fossero piccole, e sempre battute da’ flu
umo Dittatore fece voto, che se avesse potuto trionfare de’ Latini, i quali si erano ribellati per ristabilire i Tarquinj sul
’ gladiatori. I Magistrati, accompagnati da quelli tra’ loro figli, i quali si avvicinavano alla pubertà, e seguili da numero
i celebravano alla tomba di Pelope certe Feste, dette Emacurie, nelle quali i giovani si flagellavano, finchè aspergevano que
fu abbruciato sopra un rogo, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania
r tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e agli altri Dei, i nomi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano poi sull
a combattere col fratello, Polinice(d). Dopo varj combattimenti, ne’ quali i due eserciti nemici perdettero molta gente, Ete
nella sinistra una face. Davansi a questa Dea anche due faccie, colle quali dimostravasi, che le azioni di lei sono dirette d
aestrata dall’esperienza, conosce meglio, che qualsivoglia altra età, quali azioni si deono operare. La veste di lui è lunga,
atto ad esprimere l’animo invitto del forte, che respinge i danni, i quali potrebbono essergli recati. Nel mezzo di quello s
. E’in abito succinto, colle braccia ignude, e colle ali a’piedi : le quali cose tutte sono indizio della velocità, con cui l
bilancia nella destra, e con una spada nella sinistra : simboli, co’ quali si fa intendere, che questa Deità pesa in certa g
ato da’ discendenti d’Ercole, e che non fosse permesso alle donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il toccare la Statu
gni altra cosa piace ed alletta. Tiene colla destra le tre Grazie, le quali hanno le mani intrecciate a guisa di chi danza. E
e di chi primo li fece. La Beneficenza comparisce anche colle ali, le quali ammaestrano, che chi vuole esercitare questa virt
a. Stringe il Cornucopio, indizio dell’abbondanza delle ricchezze, le quali sono necessarie per dimostrarsi liberale. Conc
celebrava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al p
testificano anche moltissimi antichi Monumenti, la maggior parte de’ quali altro non ci esibisce agli occhi, che teste e man
r cui tali si manifestano, agli occhi altrui i sentimenti dell’animo, quali essi internamente sono. Colla destra tiene una ca
rona d’oro, per far conoscere, ch’ella niente cura le grandezze, alle quali potrebbe aspirare. Empietà. L’Empietà è viz
Empietà. L’Empietà è vizio, che inveisce contro le cose più sacre, quali sono la religione, la patria, i parenti. L’aspett
della mano : il qual atto suole essere il segno, che danno coloro, i quali prendono la risoluzione di vendicarsi. A canto de
do ora preghiere lusinghevoli, ed ora promesse di larga mercede, alle quali la giovane finalmente cedette. Cefalo allora si d
zzo a buja notte, perchè il ladro odia la luce, ed ama le tenebre, le quali favoriscono alle sue disonorate azioni. Stringe l
discendeva nel ventre. Il colore poi di ruggine indica, che coloro, i quali si lasciano dominare da questo vizio, facilmente
volto parole e azioni, secondochè lo ricerca il genlo di coloro, co’ quali conversa. Il mantice è stromento attissimo ad acc
e una veste. In quello si genera il Tarlo, in questa la Tignuola : i quali animali logorano poi la cosa stessa, da cui ebber
Incostanza. L’ Incostanza è instabilità ne’ detti, o ne’ fatti, i quali dovrebbono essere sempre gli stessi. Questo Vizio
ostanza, è di colore turchino, che rassomiglia alle onde del mare, le quali pure talora sono in calma, e tal’ altra in furore
appariscono gli amatori di questo Vizio. Porta con se varie reti, le quali indicano le insidie, che da molti Giuocatori si t
e sostanze altrui. Colla destra tiene alquante carte da giuoco, nelle quali fissa attentamente gli occhi. E’ tenuto sospeso p
e la spiga sono indizj dell’abbondanza, e il caduceo della pace : le quali cose principalmente producono la felicità de’ pop
zio di fertile raccolta ; e il ricamo ad oro simboleggia le biade, le quali , come sono ingiallite, sono an he ridotte a matur
nge un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de’ quali cadono sulla terra. Nobiltà. La Nobiltà è l
onsultare le Sorti. Nel Campidoglio v’ aveano due Statue, l’una delle quali rappresentava la Buona Fortuna, e l’altra il Buon
i cosa. Il trovarsi tralle tenebre indica i varj pensieri, intorno a’ quali ravvolgesi la mente del Dubbioso. Il bastone e la
so. Il bastone e la face significano l’esperienza e la ragione, colle quali dee consultare chitrovasi in dubbio. Timore.
tigo. In un combattimento, che sosteneva Tullo Ostilio, gli Albani, i quali prima si erano dichiarati per lui, gli rivolsero
crito avesse notato perfino il nome di alcuni volatili, il sangue de’ quali , mescolato insisme, dava vita a un serpente ; e q
celebrarono in Tebe, nella Brozia, certe Feste, dette Efestrie, nelle quali si cuoptiva la di lui statua con veste muliebre ;
a col cornucopio. V’è chi per Dee Madri intende le balie di Giove, le quali presero cura di lui, senzachè Saturno se ne accor
offerto(b). Il re Sisifo pure le instituì le feste, chiamate Inoe, le quali consistevano in giuochi e sacrifizj. Il medesimo
teso de’ campi Flegrei della Campania, per l’amenità ed eccelenza de’ quali dice Polibio essere verisimile aver fra loro cont
). La stessa nave fu anche detta Peliaca, perchè gli altri legni, eo’ quali era stata costruita, furono tagliati sul monte Pe
a sua generalità da Apollonio(l), e da altre ben fondate autorità, le quali danno a’ Fenicj prima assai dell’ Epoca degli Arg
sai utile, perchè faceva schivare i banchi di sabbia, o gli scogli, i quali si trovavano sott’ acqua. Irs quella spedizione l
erchè sonza di lui non avrebbono poluto oltrepassare le Sirene, delle quali parleremo altrove. Fu da alcuni creduto, che l’Or
ta a guisa d’ornamento tre lune, forse in memoria delle tre notti, le quali senza alcuna interruzione di giorno avvennero, qu
ordinaria. Numerosi Leoni eranvi nella palte montuosa della Tracia, i quali infestavano particolamente la pianura, situata a’
. Mithol. (11). Ificlo fu sepolto nell’ Elide appresso i Feneati, i quali onorarono pure il di lui sepolcro, come quello di
aucaso(c). (18). Calai e Zete liberarono il re Fineo dalle Arpie, le quali ora infettavano, ora rapivano le vivande della di
di lui mensa. Eglino, armati di frecce, e coll’ajuto delle ali, colle quali erano nati, le spinsero sino alle due Isole Plote
rasse dagli Ateniesi per espiare la morte d’ Icario e di Erigone, de’ quali abbiamo gia parlato(d). (a). Plut. in Vit. Thes
colui restasse impunito ; e quindi pigliate le corna di un cervo, le quali erano state appese ad un pino da un Cacciatore in
mbattimento. Colpiti però costoro alle spalle da Driante, molti, tra’ quali Areo, Imbreo, Eurinomo ; e Licida, finirono di vi
ti le alzarono una tomba, su cui nacquero degli alberi, le foglie dei quali in certa stagione dell’anno comparivano umide, co
ova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia stato uno di quelli, i quali tradirono la loro patria ((b)). Altri dichiatano
se e condusse schiavi al suo campo Antifo, il di lui fratello, Iso, i quali custodivano le greggi del loro padre sul monte Id
prerogativa di Cassandra di profetizzare. Dicono, ch’ella ed Eleno, i quali erano gemelli, furono portati qualche tempo dopo
egarono pure co’ Trojani altri due figliuoli dello stesso Pilemene, i quali si denominavano Mestle e Antifo. Questi condusser
, che niente d’inganno sospertava, seguito da’ soli suoi figliuoli, i quali erano ancor in tenera eta, traese Ecuba in duogo
ide, si attaccò la cintura al collo, e si strangolò. Sonovi alcuni, i quali narrano diversamente il fatto ; come Paride, dico
l’estate, e la Minavera (b). Notisi per ultimo, che gli Dei Penati, i quali Enea sottrasse all’incendio di Trojà, erano due i
iò ad allontanarsi dalla sua patria, e a trasportare seco i tesori, i quali erano nascosti in certo luogo, che le manifestò.
o fu costretto a ritirarsi sul monte Aventino. Furonvi pure aleuni, i quali dissero, che Anna Perenna altro non era che la Lu
li erasi recato all’assedio di Troja con due cavalle di Fersziade, le quali Apollo aveva allevato sul monte Pierio, e, le qua
di Fersziade, le quali Apollo aveva allevato sul monte Pierio, e, le quali , ersendoveloti al pati degli uccelli, portavano d
ti feti portasse in seno una porca, quando fosse per partorire, e con quali segni ; egli per timore d’ingannarsi non proferi
dotessa di Diana, cosicchè toccava ad essa l’iniziare i forestieri, i quali soleansi sacrificare a quella Dea(e). Sonovi degl
leansi sacrificare a quella Dea(e). Sonovi degli antichi Scrittori, i quali asseriscono, che Ifigenia al momento, che dovea e
. Nell’ Elettra di Sofocle Oreste e Pilade si fanno credere Focesi, i quali non solo annunziano la morte di Oreste, ma fingon
la venerarono come una Divinità(d). Ella ebbe Feste, dette Elenie, le quali si celebravano dalle vergini, sedenti sopra mule,
ui, indispettita di aver dovuto sposare un mortale. Furonvi alcuni, i quali dissero, che Tetide soleva gettare in acqua bolle
come un Eroe, e gli s’instituirono certe Feste, dette Neottolemee, le quali si celebravano ogni anno con molta pompa(d). (b)
). Id. Iliad. l. 2. (4). I Mirmidoni erano popoli della Ftiotide, i quali avevano avuno origine nell’Isola Egina. L’odio di
edesima giravano in lunga schiera moltissime formiche, clascuna delle quali portava in bocca un granello di frumento. Nell’os
rimasto in Arcadia, e divenuto grande, consultò l’Oracolo per sapere, quali fossero i di lui genitori. L’Oracolo gli comandò,
Com. Mythol. l. 9. (b). Hard. Stor. Poct. (1). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Sisifo, figliuolo di Eolo, pochi gio
i lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una delle Danaidi, le quali , per essere nipoti di Belo, furono dette anche Be
morte Cafareo un fuoco ; trasse appresso lo stesso le Greche navi, le quali credettero d’accostarsi ad un porto ; ed ivi face
Da di là traevano a se colla soavità del loro canto i passeggieri, i quali poi vi naufragavano(g). Secondo Tzetze l’una di e
ride, celebre Indovino ed Augure, allorchè Giove mandò due Aquile, le quali , volando con gran romore sul capo di coloro, pres
a gli amanti di Penelope(b). Così pure replicò, quando vide coloro, i quali , sedendo a mensa, ridevano sì eccessivamente, che
x. Univ (b). Dict. Cret. l. 5., Cedren. in Annal. (4). Quelli, i quali dicono, che Ajace sia stato trovato morto nella s
e facevano nell’ Attica. Le ombrose selve, che ivi si trovavano, e le quali erano opportune agli studj, fecero sì, che nel me
ilito di alzare al Dio Marte un tempio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze di sua figlia, aveano per
che il corpo di Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneati, i quali gli rendettero gli onori della sepoltura, e gli f
e del pranzo gli, presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse di quali cibi erasi sino allora pasciuto(d). Dicono i Poet
quell’osso, e qual’uso doveva farne. S’incontrò in alcuni d’ Elea, i quali si erano colà recati per ricercare allo stesso Nu
ò a consultare l’Oracolo sopra il destino delle due sue figliuole, le quali si chiamavano Argia e Deifile. Ne ricevette in ri
disprezzo dell’anzidetta Dea, ed eglino furono cangiati in uccelli, i quali nello stesso tempo presero a volare intorno il lo
fu abbruciato sopra un rogo, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania
r tre giorni, e sacrificare ad Anfiarao, e agli altri Dei, i nomi de’ quali erano scritti sull’ara. Eglino dormivano poi sull
7 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
’ uso cui è diretto, ed il divideremo in due parti, nella prima delle quali parleremo degl’ Iddii, nella seconda degli Eroi,
anch’ essi annoverati fra gl’ lddii sotto il nome di Indigetes, tra’ quali Enea, Quirino e Romolo, ed altri. Finalmente divi
avevano in mezzo alla fronte, poi Coito, Gige, e Briareo, ciascun de’ quali aveva cinquanta teste, e cento braccia. Ponto o
utti gli altri’ fiumi, e le Naiadi Ninfe dei fonti e de’ fiumi tra le quali Stige decimo ramo del fiume Oceano, che scorre gi
nta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste di dragò; dalle quali tulle vomitava fuoco. Ei mosse guerra a Giove; ma
o sedusse Leda moglie di Tindaro, che partorì due uova, dall’ uno de’ quali nacque Polluce ed Elena, dall’ altro Castore e Cl
Romolo) recati per la città con canti in lode di Marte (sul fine de’ quali pur nominavasi Mamurio, com’ egli a Numa aveva ch
le arme impenetrabili fatte per Achille a richiesta di Tetide, tra le quali spezialmente distinguevasi lo storiato scudo, su
a seconda. Nelle nozze di Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invitati tutti gli Dei, eccetto la Discord
, e placata Venere in cielo si fecero con lieta pompa le nozze, dalle quali nacque la Voluttà. Psiche suol essere effigiata q
tella in fronte, e una fiaccola in mano ed accompagnata da altri Geni quali in atto di versar la rugiada, e quali di sparger
o ed accompagnata da altri Geni quali in atto di versar la rugiada, e quali di sparger gigli e rose. Il Sole, che molti poeti
le era un serpente attorciglialo; e gli s’ istituirono sacrifici, ne’ quali a lui offerivansi capri o galline. Il serpente, e
in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri di lei chiamati Eleusini, a’ quali chi iniziavasi era tenuto à rigoroso segreto, cui
gli onori divini. Tra questi oltre Esculapio, e Romolo o Quirino, de’ quali abbiam detto, ed Ercole, Castore, Polluce ed Enea
ino, de’ quali abbiam detto, ed Ercole, Castore, Polluce ed Enea, dei quali diremo appresso, dee ricordarsi Carmento madre di
Nettuno da Ifimedia moglie di Aloeo ebbe due figli Oto, ed Efialte, i quali a nove anni essendo cresciuti all’ altezza di tre
i flutti vengono al lido, e l’ altra Salacia per cui si ritirano; le quali Dee furono poi anche nominate in appresso, la pri
Degli Dei stranieri. Oltre agli Dei fin qui rammentati, alcuni de’ quali particolari erano a’ Romani, altri comuni a’ Roma
sono le principali imprese, a cui Ercole fu da Euristeo obbligalo, le quali perciò comunemente son dette le dodici fatiche di
loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia di sassi, co’ quali li mise in fuga, e il luogo ebbe poscia il nome d
r questo mostro invitar si dovettero tutti gli Eroi più famosi, fra i quali Apollodoro annovera, oltre a Meleagro, Driante fi
e d’ Alcmena, Anfiarao figlio d’ Oileo, Atalanta figlia di Scheneo, a quali Ovidio aggiunge Adrasto Re di Argo, Laerte padre
a distruggersi fra di foro, nè altri rimasero fuori di cinque soli: i quali però bastaron ad aiutarlo nella edificazion di Te
ve tempo anchi’ ei ne fu discaccialo. Mancavano a Tebe le mura, delle quali Cadmo e i suoi successori Polidoro e Labdaco non
e ricoveratasi sopra il monte Citerone, ivi partorì Anfione e Zeto, i quali cresciuti in età ucciser Lieo, s’ impadroniron di
fiore de’ suoi eserciti sotto la guida di sette illustri capitani, i quali erano Adrasto medesimo, Pollinice, Tideo, Ippomed
furon poi da Acarnone e Anfotero figli di Alcmeone, e di Calliroe, i quali essa ottenne, che ancor fanciulli giugnessero imm
stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali arti istruì Giasone ed Achille, che l’ uno da Alc
rire e fu trasportato in cielo nella costellazione del Sagittario: le quali cose mentre la figlia Ociroe, ch’ era indovina, g
uce erasi reso celebre nella lotta e bel combattimento de’ cesti, co’ quali uccise Amico, tenuto prima invincibile, Castore s
i cui fabbricò il laberinto, luogo d’ intralciatissime strade, per le quali chiunque vi era introdotto più non trovava l’ usc
penne, le unì con cera, e ne formò due ali a se, ed al figlio, colle quali deluse i custodi fuggendo a volo. Ma il giovin Ic
so. Ebbe esso da Ippodamia due figli, Atreo e Trieste, il secondo de’ quali sorpreso con Erope moglie di Atreo se ne fuggi; m
e la faccia. Figli di Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tin
ocurarono di trarre al lor partito tutti i principi della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio di Peleo re di El
sculapio; Protesilao figlio d’ Ificlo; Filottete figlio di Peante; ai quali , dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figli
o, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re di una parte della Trac
pazzo; ma Palamede per fame esperimento gli pose dinanzi a’ buoi, co’ quali arava, il piccol figlio Telemaco, e vedendo la pr
presentatosi in abito da mercatante con vari ornamenti donneschi, a’ quali frammiste eran delle armi, vedendo Achille a ques
ede, incominciò egli a mandar tal fatore dalla ferita, che i Greci, i quali seco preso l’ aveano, perchè egli solo trattar sa
nascosti, e aperse l’ uscita a que’ che stavano dentro il cavallo, i quali assalendo i Troiani sepolti nel sonno, a ferro e
ano costoro uomini selvaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici
iconosciuto, e così potesse più agevolmente far vendetta de’ Proci, i quali pretendendo forzar Penelope di lui moglie a sposa
i, condotto da Eumeo alla città, si pose a mendicare fra i Proci, dai quali sofferse pazientemente insulti di ogni maniera. A
i bambini, i condannati a ingiusta morte, i suicidi, gli amanti, fra quali era Didone che fuggì da lui dispettosa, e i guerr
fra quali era Didone che fuggì da lui dispettosa, e i guerrieri fra’ quali conobbe Deifobo ed altri Troiani e Greci; quindi
di trarre al suo partito quanti potè de’ principi dell’ Italia, fra i quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacci
con una schiara di Arcadi, e il consigliò di ricorrere a’ Tirreni, i quali , espulso Mezenzio, aspettavano secondo l’ oracolo
riceve da Venere tre pomi d’ oro colti in Cipro nel campo Tamaseno, i quali gettati l’ uno dopo l’ altro mentre Atalanta si f
I. Scilla è cangiata in mostro. Parte I Capo XVII. I Cercopi, due de’ quali erano Candulo ed Atlante, per le loro frodi sono
i lor consecrati, finchè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, que
llocato su di una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali allorchè la Pitia era inebriata, pronunziava dell
nsa. Questi promise che data l’ avrebbe dopo otto giorni, al fine dei quali i due fratelli furono trovati morti. Pausania dic
pecie di dadi, su cui erano scrìtti de’ Caratteri, il significato dei quali cercavasi nelle tavole a ciò fatte espressamente.
re, e di predire il futuro, famose furono le Sibille, il numero delle quali è vario presso i vati autori. Varrone ne annovera
glio sotto alla guardia de’ Quindecemviri fino ai tempi di Silla, ne’ quali da un incendio rimasero consumati. Frequenti eran
imasero consumati. Frequenti erano presso i Gentili le espiazioni, le quali facevansi o per delitti commessi, o in occasione
nsero ancor i sanguinosi spettacoli de’ combattimenti delle fiere, le quali uscir si facevano dalle carceri o tane praticate
8 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
fossero stati in origine uomini distinti dagli altri, considerati poi quali cuti soprannaturali per azioni egregie o pessime,
, o le grandi eruzioni vulcaniche anticamente più frequenti, e per le quali preso aspetto diverso la superficie di vaste regi
ca il credere che le stelle inviate da Giove splendessero sulla terra quali occhi del cielo per rammentare agli uomini che tu
potenze secondarie, agitatrici dell’ aria, dell’ acqua, del fuoco. Le quali manifestandosi in principio con grandissimi sconv
Occidente, fu accolta dai Greci, abbellita e trasmessa ai Romani ; i quali in un tempio chiamato il Panteon adunarono tutte
a seconda era quella degli Dei subalterni o inferiori (Dii minimi), i quali presiedevano ai campi, alle foreste, ai fiumi, al
. Ma le età successive travagliate da nuovi bisogni, per sodisfare ai quali nacquero le faticose arti, furono denominate dall
. Ma questi decreti si riferiscono solamente alle glorie terrene, le quali , ancorchè grandissime, sono pur sempre sottoposte
i stati e dei regni. Bellissimi sono i concetti, stupendi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro di Vesta nel su
da essa date ai mortali. Erano celebrate dalle donne più distinte, le quali parecchi giorni prima dovevano purificarsi, asten
ssa a Pelio, ed Olimpo ad Ossa, tutte montagne della Grecia, di sulle quali s’argomentarono dar la scalata al cielo, avventan
, e quivi un avvoltoio gli doveva eternamente divorare le viscere, le quali , rinascendo sempre, erano cagione di continuo mar
non sono che le arti e le cose tutte giovevoli all’uomo, il trovar le quali è effetto della fortuna. Sicchè sotto la favola d
querce della dodonea foresta una quantità prodigiosa di formiche, le quali presero tosto figura umana. Da ciò possiamo veder
tina. 114. Dal rogo di Memnone volaron fuori gli uccelli memnonidi, i quali si separarono in due branchi, e si combatterono c
agano.) — Questa favola poi è opportuna lezione a quei presuntuosi, i quali vantando la grandezza degli avi senza saperne imi
, della musica e delle belle arti. Fu maestro delle Muse (274) con le quali abitava il Parnaso, l’Elicona in Beozia, ed il Pi
va via. Con l’andar del tempo crebbero in quel luogo alcune canne, le quali nell’esser mosse dal vento ripetevano le parole d
aurea lira di sette corde, emblema dei sette pianeti allor noti e dei quali esso regolava la celeste armonia ; quella stessa
te d’ Italia ; e la terza, la più solenne, nel mese di febbraio ; dei quali Baccanali conserviamo anche noi la memoria nelle
versò a piedi asciutti ; il secondo fece altrettanto sul Mar Rosso. I quali paralleli attestano che se Mosè e Bacco non sono
gli eruditi. Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli di Libero, Dionisio, Leneo, Bromio, Iacco.
nza della metempsicosi, e specialmente nella religione dei Bramini, i quali mantengono spedali per tutti gli animali malati,
condo quello che dice Cicerone, vi sono stati cinque Mercurj, uno dei quali probabilmente aveva ricevuto il dono dell’eloquen
arimente nati da lei il Riso, gli Scherzie i Piaceri, che appariscono quali genii o fanciulli alati. 173. Cupido o l’Amore, c
significare i sentimenti sublimi che debbono nobilitarlo, e senza dei quali i materiali desiderj sarebbero inetti e turpi ; S
posto tra gli Dei, ed ebbe tempio e culto e feste chiamate Adonie, le quali duravano otto giorni ; i primi quattro erano cons
e è l’emblema della modestia, della grazia e della dolcezza, senza le quali doti beltà non vale. 183. La colomba, il mirto e
meneo (174). Erano incoronate di rose, l’incarnato e il candore delle quali indicavano nel tempo stesso l’ardore e la purezza
Achille (536). 193. Oceano e Teti generarono Nereo e Dori o Doride, i quali sposatisi fra di loro ebbero per figliuoli quell’
iargli campo a scappare. Parrebbe questo un avvertimento per coloro i quali , studiando il vero, non debbono rimanere atterrit
specie di persone ; e v’è chi lo paragona agl’incantatori egiziani, i quali coi loro travestimenti ingannavano la moltitudine
anche e sei teste ; e una moltitudine di cani le uscivan dal corpo, i quali col continuo abbaiare atterrivano i passeggeri. L
ei pomi delle Esperidi (382). 205. Gli Alcioni sono uccelli marini, i quali fanno i loro nidi sulle onde anche in mezzo ai ri
a parte, fuor che l’oro, è rotta D’una fessura che lagrime goccia, Le quali accolte foran quella grotta. Lor corso in questa
l’oblio nell’altra. Era imposto alle ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la proprietà di far loro dimenticare il p
uesto mostro favoloso deriva forse da un antico uso degli Egiziani, i quali facevano custodire i sepolcri dai cani, affinchè
ve sposò Alcmena (74) vedova d’Anfitrione (364). Le sue virtù, tra le quali si distinguevano la giustizia e la frugalità, lo
llore e la Morte : in una parola ecco il rimorso co’ suoi tormenti a’ quali niun colpevole può sottrarsi : …. in un punto vi
rrischiavano a nominarle o ad alzare gli occhi verso i loro templi, i quali servivano d’inviolabile asilo ai colpevoli, suppo
le ; nell’altra una chiave e una tazza funebre, per le libazioni alle quali presicde. Questa triplice divinità esercita con t
zio di cento bovi. A Roma le venivan sacrificati di notte i cani, dei quali credevano che i lamentevoli latrati allontanasser
opolato il Tartaro d’ infinito numero di divinità allegoriche, tra le quali tengono il primo posto la Notte, il Sonno, i Sogn
volta con l’ ali, talvolta senza, con due facelle accese, l’una delle quali faremo che s’accenda a quella dell’Aurora ; e l’a
41. Il Sonno (240) aveva anch’esso i suoi figli, ed erano i Sogni dei quali due o tre si distinguevano tra gli altri, come Mo
e dei morti virtuosi ; le Larve o i genj malefici degli scellerati, i quali , essendo condannati ad errar sulla terra, apparis
o di notte con spaventosi aspetti (e gli spiriti, nell’ esistenza dei quali crede ancora il volgo ignorante, sono un resto di
mmai ; immagine degli ambiziosi e degl’invidiosi del merito altrui, i quali consumano la vita in continue fatiche eccedenti l
ominarono Februas, dal verbo Februare, far libazioni sulle tombe ; le quali cerimonie erano celebrate nel secondo mese dell’a
le fu il culto dei Greci per Marte a paragone di quello dei Romani, i quali , come ognun sa, lo tenevano per protettore del lo
o altrettanti piccoli scudi tutti compagni, chiamati ancilia, uno dei quali (mescolato tra gli altri, perchè niuno lo involas
biechieri. Ma coloro che più di tutti le venerarono furono i poeti, i quali usavano d’invocarle sul principio dei loro poemi,
i sentimenti, e trar frotto dalle morali verità in esse contenute, le quali verità restano per avventura bene impresse nell’i
o, poichè vi era compresa una moltitudine di divinità allegoriche, le quali , come la Verità, l’Invidia, il Furore, altro non
lli e galline. 293. Esculapio lasciò due figli, Macaone e Podaliro, i quali accompagnarono i Greci all’assedio di Troja, e vi
inuo, e la città di Lampsaco pareva uno spedale di matti. I vecchi, i quali avevano conservato un barlume di ragione, decreta
Vertunno sono divinità di origine etrusca, adottate poi dai Romani, i quali adoravano anche Feronia, altra ministra della Pri
le, per ottenerle propizie alla navigazione. I poeti le rappresentano quali vaghe fanciulle assise su cavalli marini, con in
fra gli eroi deificati ; ma spesso andavano ancora confusi coi primi, quali Dei del domestico focolare, ossia del luogo ove l
l’altro per aria ; in una mano ha un rasoio e nell’altra un velo ; i quali emblemi indicano che una volta perduta l’occasion
alvato la patria. Domiziano, dopo aver sofferto alcune disgrazie alle quali tennero dietro migliori eventi, dedicò un altare
nte chiamar fortuna le inaspettate ricchezze, lo dicano quei tanti ai quali sono state causa di rovina, o che per ottenerle h
a ritrovarsi nel mezzo alle sventure ed in compagnia dei malvagi, de’ quali alla fine accelera la ruina : Lieve ed alta dal
esti e dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del Nilo gli consacrava
al sole, Che s’accompagna volentier con ella, Cotal venia ; ed or di quali scole Verrà il maestro, che descriva appieno Quel
nè servitù. Belli sono quei versi del Monti nella Mascheroniana, coi quali allude alle vicende di Francia nel cadere del sec
sfondato farei alcune figurette di fanciulle l’una dietro all’altra, quali più chiare e quali meno, secondochè meno o più fo
une figurette di fanciulle l’una dietro all’altra, quali più chiare e quali meno, secondochè meno o più fossero appresso al l
ano valore e per ingegno straordinario avevano meritato onori divini, quali furono tra i più noti : Perseo, Ercole, Giasone,
o tutelare, e questi gli procacciò un leone e un cinghiale agevoli, i quali poterono facilmente condurre il carro d’Alceste,
6) le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (372), senza le quali , per voler del Fato, Troja non avrebbe potuto ess
d’ Italia, memori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali , tra’ più celebri in Roma, era detto il Tempio de
e l’ ingegno umano anche in quei tempi avesse fatto invenzioni, delle quali solamente oggi si onora. Non è raro incontrar le
dei Lapiti, sposando Ippodamia (511) invitò alle nozze i Centauri, i quali avvinazzati si abbandonarono a colpevoli insolenz
a, e si diede da sè stessa la morte. 439. Alla fine gli Ateniesi, sui quali Teseo era tornato a regnare, testimoni delle iniq
: Giasone doveva anzi tratto domar due tori, dono di Vulcano (270), i quali avevano piedi e corna di bronzo, e vomitavano fia
ndonato il padre fuggendo con Giasone. Le altre scelleraggini, tra le quali la uccisione dei proprj figliuoletti, furono fors
dai primi incivilitori del genere umano sopra quelli uomini rozzi, i quali dall’abitare sparsi pei boschi a guisa di belve,
che è la moderna Morea. 514. Questo principe ebbe molti figli, tra i quali i più noti furono Atreo e Tieste, nomi che rammen
omede, e offerse alle donzelle varie gioie ed arredi femminili, tra i quali aveva mischiato ad arte una spada, un elmo ed alt
nte in Sicilia sopra le coste dei Lestrigoni, ferocissimi popoli, dai quali poco mancò non fossero tutti divorati.101 575. U
narsi ; indi ponetegli accanto questo vaso d’essenza e le vesti delle quali ha bisogno. » Quando Ulisse tornò a lei rivestito
ed i vincitori dei Trojani perirono nelle onde, meno che pochi, tra i quali era Ulisse, causa principale di tanto danno. 586.
Libia in vetta d’ una montagna, dove continuò a spargere lacrime, le quali si vedevano sgorgare da una rupe marmorea. — Nell
nno 1532 ; e fu cagionato da un terremoto e da continue piogge per le quali il fiume Peneo sommerse quelle campagne. I ve
d’Atene, la condusse in Tracia, e ne ebbe due figli, Calai e Zete, i quali fecero il viaggio della Colchide con gli Argonaut
fanno al nostro proposito ; ma convien prima avvertire che a coloro i quali ebbero la presunzione di vaticinare il futuro, ch
Le Sibille. 665. Gli antichi chiamarono Sibille certe donne alle quali attribuivano la cognizione del futuro e il dono d
. 666. I Romani consultavano nelle grandi calamità questi libri, i quali , essendo una raccolta delle predizioni delle Sibi
prima della sua spedizione nell’Asia andò a Delfo in uno dei mesi nei quali l’Oracolo non dava risposta. La Pitia non voleva
i era bello per le greche città l’esser liete di viventi cittadini, i quali e gloria e vite ed onore collocavano interamente
a di Patroclo ; e Virgilio, nel libro V dell’ Eneide canta quelli co’ quali Enea onora l’ ombra del padre Anchise. Ma chi bra
giuochi Olimpici, condusse un giorno in Olimpia due suoi figliuoli, i quali concorsero, e meritarono la corona. Ma appena l’e
fu dinanzi a tutti gli altri, viene avanti a’ seggi dei Lacedemoni, i quali tutti rizzandosi in piè gli offeriscono luogo fra
sparse nelle Odi di Pindaro, e scelte nella traduzione del Borghi, le quali sentenze saranno intanto come una conclusione del
, trascorse avanti di lui. Risonò l’aria di lietissimi applausi ; dai quali punto, non meno che da desiderio della corona, co
ri, apparivano, disposti a nuovo spettacolo, sei carri ; ciascuno dei quali aveva al timone, di fronte, quattro corsieri, che
a, ebbe nel campo tutti gli onori funebri, ed inclusive i giuochi coi quali solevano celebrare la memoria degli eroi : ………….
n numero di malcontenti indiscreti e desiderosi di mutar padrone, coi quali ordì una congiura, e, invitato Osiride ad un banc
sacri degli Egiziani Api doveva vivere un certo numero d’anni, dopo i quali i sacerdoti lo conducevano sulle sponde del Nilo,
Egiziani istituirono annue feste in onore d’Osiride e d’Iside, nelle quali la cerimonia principale era l’apparizione del bue
10. L’origine di questo culto, secondo la favola, nasce dai tempi nei quali gli Dei perseguitati dai Titani, si rifugiarono n
Dio è celebre in specie per le sue nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d’assurdità e di stravaganze. Gl’Indiani
tète, Eso e Tanarete. 727. Teutatète era il supremo Dio dei Galli, i quali riconoscevano in esso il principio attivo, l’anim
Greci, vale a dire Mercurio (160), Minerva (262), Apollo (96), ec. ai quali assegnavano altri nomi ; serbando loro gli stessi
ed avevano fama di predire il futuro. Quindi i divoti le consultavano quali profetesse, ed i loro oracoli passavano per infal
rappresentante di Dio, e gli davano per moglie e sorella la Luna, dai quali fu generato Manco-Capac, Dio più volgarmente noto
i tutti i semi della terra impastati col sangue di molti fanciulli ai quali si era strappato il cuore. Il culto di queste div
e. Il noviziato durava almeno un anne, e per lo più cinque, spirati i quali erano ammessi all’autopsia (visiene intuitiva dei
o o Tifone ultimo dei suoi figli con cento teste e cento bocche dalle quali mandava fuoco. Non ò questa la terra cho manda fu
parole di Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti di suolo pei quali la Sicilia si staccò dal conlinente, l’Affrica da
tti per discendere dal sellimo nell’ottavo cerchio. 77. De’marmi sui quali passeggiavano i poeti. 78. Condusse alla riva.
n più modi ; insomma erano imposture per ingannare il volgo, o per le quali i potenti se la intendevano coi sacerdoti non tan
9 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
divisero da loro per andare a compiere altre illustri imprese, delle quali parleremo fra breve in altri capitoli. In questo
ili quelle tra cittadini della stessa città o dello stesso Stato ; le quali guerre son tutt’altro che civili nel senso morale
do le idee di quei tempi, le sue straordinarie e prodigiose gesta. Le quali generalmente si afferma che fossero 12, conosciut
i Greci tutte le più straordinarie e mirabili prove, in premio delle quali acquistossi l’immortalità e un seggio tra gli Dei
lte statue che di lui vedonsi ovunque. L’estinto Leone, non si sa per quali suoi meriti, fu cangiato nella costellazione che
tellazione boreale adorna di 52 stelle, la più grande e lucente delle quali fu detta e dicesi ancora il cuor dell’Idra. Gli A
costituirono in repubblica, troviamo ora un regno tutto di donne, le quali non solo avevano ucciso tutti li maschi loro, com
lmente per la vita e lo diede a divorare ai suoi cavalli stessi ; dei quali poi s’impadronì e li regalò ad Euristeo. 10ª F
patronimico di Espèridi che perciò significa le figlie di Espero ; le quali erano tre, chiamate Egle, Aretusa ed Esperetusa 8
arola composta parerga, cioè fatiche di giunta o di soprappiù ; delle quali converrà almeno accennare le più note e famose. C
lle, ma quasi tutte piccolissime, meno che due di prima grandezza, le quali perciò si scorgono benissimo anche ad occhio nudo
ente necessaria a quei tempi, è attribuita anche ad altri Eroi, tra i quali ai gemelli Castore e Polluce, come abbiamo già de
estavano quelle regioni. E qui incominciano i suoi fatti eroici ; dei quali accenneremo soltanto i più straordinarii che si d
qualche singolarità da quelli degli altri Eroi. Tra i masnadieri coi quali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, c
faceva celebrare in onor del suo estinto figlio Androgeo ; compiuti i quali , chiudevansi le Ateniesi vittime nel labirinto. T
sacrificò ad Apollo ; combattè una seconda volta colle Amazzoni colle quali aveva prima combattuto in compagnia d’Ercole ; e
o che facesse prodigii di valore, la vittoria restava ai Centauri ; i quali invece rimasero quasi tutti o uccisi o feriti113.
r altro dopo la morte dell’invasore Menesteo, i figli di Teseo, tra i quali il più noto chiamavasi Demofoonte, ricuperarono i
l fratel fu miso. » Il solo Creonte gioì della morte dei nipoti, dei quali aveva fomentato l’odio e la discordia per impadro
rgiesi o Argivi aveva soltanto due figlie di nome Argìa e Deifile, le quali teneva guardate con diligentissima cura senza far
ue dei principali personaggi del l’Iliade di Omero, a istigazione dei quali s’imprese e si condusse a termine la guerra di Tr
cire da un tronco di quercia una gran quantità di grosse formiche, le quali appena toccata terra divennero uomini tutti di fe
o uomini tutti di ferro e di valore armati. Così raccontano i pœti, i quali erano in quell’epoca più arditi di Darwin e compa
i Achille. Peleo dopo la morte di Eaco abbandonò (non si sa bene per quali motivi) l’isola di Egina, e seguìto dai Mirmidoni
ardano come autore della regia stirpe troiana124. E Dante nel narrare quali degli spiriti magni egli vide nel Limbo, comincia
tto però che gli desse in premio quelle polledre figlie del vento, le quali , come dice Omero, « Correan sul capo delle biond
di Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno dei quali dovrà parlarsi nel raccontare le estreme sventure
n son mai riusciti a far creder perdonabile la cecità dei Troiani ; i quali non solo rispettarono come un voto sacro a Minerv
isione dell’Inferno in cui son puniti i traditori della patria, tra i quali trovò il Conte Ugolino. Ma gli scrittori greci pe
te tra i forestieri che vi approdavano nel suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invece di Ifigenia fosse sacrificata u
Epiro, e formarono la dinastia detta dei Pirridi o Eàcidi 138, fra i quali il più celebre è quel Pirro re di Epiro che venne
e dove più o meno si trattenne, e poi noteremo i più mirabili casi ai quali trovossi esposto. Lasciate le spiagge troiane col
etici ; e qui aggiungo soltanto l’omerica narrazione dei pericoli nei quali incorsero, nel passarvi framezzo, e Ulisse e i su
della dinastia del fondatore di Roma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantavansi discesi molti dei più nobili ed illust
tica e ne divennero solenni maestri : da essi l’appresero i Romani, i quali la estesero e l’accreditarono maggiormente applic
e Cicerone la fa derivare da superstite, dicendo « che tutti coloro i quali ogni giorno pregavano gli Dei e ad essi immolavan
basterà parlare di qualcuno dei più celebri dell’Epoca eroica. Tra i quali ha maggior fama Tiresia, che era Tebano e viveva
della religione pagana parlano delle Sibille con molto riserbo ; alle quali attribuirono perfino alcune profezie sulla venuta
ul pavimento in niello o graffito dieci Sibille, sotto ciascuna delle quali è posta una iscrizione latina che accenna qual fo
to da una donna misteriosa, creduta una Sibilla, i libri sibillini. I quali poi furon tenuti in sì gran conto daì Romani che
chiamavansi le sacerdotesse del culto di Apollo nell’ Asia Minore, le quali a guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio
tile nel suo trattato De Jure Belli e nell’altro De Legationibus, coi quali trattati egli gettò le prime basi e delineò il ca
mpi storici parlano anche Erodoto e Cicerone, non che i poeti : tra i quali Ovidio lo racconta a lungo nel lib. ii dei Fasti,
pappagalli colle estremità delle ali colorate di rosso e di giallo, i quali vivono lungo le rive del fiume delle Amazzoni. In
è stata insegnata a’principi copertamente dagli antichi scrittori, i quali scrivono come Achille e molti altri di quelli pri
lla lingua latina vi sono i due vocaboli Urbs e Civitas, il primo dei quali significa propriamente il materiale della città,
n reggi tu, o sacra fame « Dell’oro, l’appetito dei mortali ? » Alle quali parole il can. Bianchi fa la seguente annotazione
10 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
scorso altro non è, che la esposizione di quelle favolose idee, delle quali imbevuti i Gentili lungi assai dal vero vivevano
gici, e lirici, se privi sono della cognizione di quelle favole, alle quali tali scrittori fanno ben spesso allegorie ? Come
pliando, e fregiando quanto aveva imparato tutto tramandò a’Romani, i quali quantunque eran non solo nelle armi, ma nel giudi
ori di maggior considerazione, non che delle astratte divinità, dalle quali oltre le istruzioni dell’intelletto anche il cuor
ie fù al riferir di Esiodo quella, che ei sostenne contro i Titani, i quali in forte lega congiurati con sfrontata ribellione
iove ; pur essa oscurata venne non poco da quelle infami azioni, alle quali con ardita licenza sfacciatamente si diede. Imper
, cioè della pugna, della lotta, del disco, del salto, e della corsa, quali cose tutte comprendevansi in tai celebratissimi g
ove. Gl’ animali poi da svenarsi in suo onore erano bianchi bovi, da’ quali credevasi esser egli unicamente rapito. Circa le
imavano le loro trombe con eco sonoro delle conche marine, innanzi a’ quali per rispetto del gran Nettuno si appianavano paci
e avventure di questo Dio, mentre pare, che le stesse disgrazie, alle quali fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo,
va egli soggetto, richiamando nel lor cuore quei sensi d’umanità, de’ quali spogliato si era il gran padre istesso, con bracc
no, e sollecito insegnarli i moltiplici usi del ferro, e del fuoco, a quali cose era egli naturalmente inclinato ; onde sommi
iesta. Egli tutto sollecito gli fabbricava quei fulmini tremendi, de’ quali armato il gran Giove rendevasi il terror di chiun
a ignis ; fù ancor contrasegnato con altri molti, e diversi nomi, de’ quali in corti termini accennerò i principali. Detto ve
Suoi nomi. Sotto diversi nomi, e forse tutti relativi alle armi, alle quali presedeva riconosciuto fù questo Nume. Ei chiamav
era possibile deputavasi una congrua vittima : quindi questi animali quali simboli di ferocia, e velocità ben s’acconvenivan
onduttiere delle anime, finalmente come ispettore delle strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però di mani, e
a comunemente salutata. Fù detta Argiva dal popolo Argivo, presso de’ quali in gran vigore era il suo culto. Fù chiamata Cing
a un atrio si formasse da servire di soggiorno a quelle vergini, alle quali con special modo premeva il dovere di onorare que
al mondo comparve questa Dea, troppo chiaro adombrò i rari pregi, de’ quali andava ella fastosa. Chi fù Minerva. Giove creden
randetta divenuta menarono al cielo ad esser vezzeggiata dagli Dei, i quali rapiti da tal prodigio di beltà concordamente la
suali diletti era da tutti generalmente riguardata. I luoghi però nei quali riceveva essa special culto, ed omaggio furono Gn
to distinto sotto il nome di Apollo, e penetrata quindi da dolori, da quali travagliata mirava sua madre nelle laboriose ore
altre verginelle, che la cura avevano del suo campestre equipaggio ; quali tutte affinchè ne’discorsi, e ne’tratti non le av
e propagò il culto, e ne magnificò con luminose cerimonie la gloria ; quali ottime qualità ammirando i sudditi spettatori per
mpre però pari nel numero, a distinzione delle celesti Divinità, alle quali in qualunque numero sacrificar si poteva. Cap
essi dalla lunghezza, e travagliati dalla oscurità fin dal principio, quali altri buoni effetti lice sperar dagli stessi in p
e, perchè in essa piuchè nelle altre apparir debbono quei colori, pei quali rendesi la poesia, qual veramente ella è, una par
i più al boscareccio, che al serio. Esso costa di otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’accento. Otto di questi versi
e campestri, e pastorali. Costa una tal sestina di sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo, il secondo col quarto, e
metro costa di tre versi endecasillabi accentati sull’ottava,(1) de’ quali il primo rima col terzo, ed il secondo fissa la r
d’un tal metro servissi per esporre i moltiplici diversi affetti, da quali tiranneggiato era il suo cuore. Per tal circostan
i. Esso costa di quatro versi, tre endecasillabi, ed un quinario, dei quali il primo rima col terzo, ed il secondo col quarto
croica, come la voce istessa l’addita, costa di sei versi eroici, de’ quali i primi quattro rimano alternativamente, e gli al
idee è l’Ottava rima del Boccaccio. Questa mercè gli otto eroici, de’ quali costa, mentre co’ sei primi alternativamente rima
essitura dell’Esiodica pastorale. Costa ogni stanza di otto versi, de quali i primi quattro sono eroici alternativamente rima
stria prescrivansi da primi conoscitori dell’ arte su tal punto, alle quali , perchè degne di esser lette, meditate, e ridotte
uesti sono il Sonetto in risposta, ed il Sonetto coll’ intercalare, a quali in fine aggiungerò una norma del Sonetto a rime o
specie. Nel 3. Finalmente tratterò della varietà delle strofe, delle quali ogni più ordinario componimento si efforma, esemp
scrivere le grandiose imprese degli Eroi, costa di tre sillabe, delle quali la sola prima è lunga, come Plurima, Ducere, Carm
si commodamente ridurre, agli Esametri cioè, a Giambici, ed a Lirici, quali tutti imprendo brevemente ad esporre. Articolo
monio. Imperocchè mentre un tal verso dai quattro piedi Anapesti, dei quali era composto improntò il suo nome, nel decadiment
ensiere con ciò rigettare la opinione di molti orientali Scrittori, i quali pretendono, che la idolatria sia nata nel seno de
lie (1). Perche questo mio libro è unicamente diretto a giovani, de’ quali la miglior parte almeno dovrà aver la fortuna d’
atori della Divinità, come un Faraone co’suoi nelle onde Eritree, de’ quali in Giobbe al 26 stà scritto : Ecce gigantes gemu
tal passione ! Suoi nomi. (1). Da questi ultimi speciosi titoli, co’ quali salutato veniva comunemente Giove possiam’ intend
eneficio istitui il nobil collegio de’ detti sacerdoti, alla cura de’ quali affidò questo scudo, e con esso altri ben molti d
mpre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno de’ quali per moltissimi lustri vivevano nell’Egitto, del t
radusse in Italia, e dopo molte vicende cadde in potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gran tempio di Num
i barbaro costume di sacrificare invalse non solo presso i Galli, de’ quali parla Tullio Orat. pro Font. ma benanche presso i
luppata giova qui descriverla. L’ Eptametro contiene sette piedi, de’ quali i tre primi possono essere ad arbitrio Daflili o
11 (1897) Mitologia classica illustrata
agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti di loro stirpe; i quali racconti, propagati per tradizione orale attraver
osì numerosa di leggende intorno ai propri Dei e Semidei, molte delle quali sono strane e contradditorie, bene spesso anche e
ani, poi fu ripresa e svolta dai Filologi olandesi del XVII secolo, i quali giudicarono che nei miti classici ancor si ritrov
i. — Un’altra dottrina è quella degli allegoristi o dei simbolisti, i quali si son dati a credere che i racconti fantastici i
lle greche corrispondenti; si farà un cenno separato di quelle per le quali non trovasi alcun riscontro. 6. La Mitologia si d
tre il Caos generava ancora l’ Erebo, le prime tenebre, e la Notte, i quali a lor volta ebbero figli in tutto diversi, l’ Etr
sia negli artisti, il ricordo delle lotte dei Titani e dei Giganti, i quali miti offrivano facile argomento a rappresentazion
n altro particolare. Poichè i fenomeni celesti eran creduti segni col quali la divinità si rivelava agli uomini, Zeus, come d
sero e moltiplicassero intorno a Zeus leggende antropomorfiche, nelle quali egli compariva come un uomo con tutte le debolezz
ucida tela diei di Lucrezio); oppure la cetra e la corona d’ alloro, quali ben s’ adattano al dio musicale, o infine il trip
tro qualche fresco corso d’ acqua, circondata dalle sue ninfe, tra le quali primeggia per l’ alta statura. Ma guai al malcapi
iale aveva in Tracia, abitata da genti rozze e dedite alla guerra, le quali lui veneravano come il sommo degli Dei. 3. Il Dio
abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni di lavoro i Cabiri, i quali in conseguenza corrispondevano ai Ciclopi dell’ E
gilatore? Quindi lo si credeva fondatore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi di imagini sue. Infine, come fac
e furono anche unite insieme le due grandi deità Venere e Roma, alle quali uno splendido tempio doppio fu eretto in Roma da
ce e concordia nella famiglia; venerata insieme cogli Dei Penati, del quali riparleremo. Ma più di tutto la Vesta dei Romani
a lui sacre. Forse in origine erano immagine dei giorni dell’ anno, i quali in antico erano ripartiti in 50 settimane di sett
e faville uscite dal rogo di Mennone negli uccelli detti Mennonidi, i quali appiccan battaglia col rostri e cogli adunchi art
nno, quand’ è la stagione del seminare. Son sette stelle in tutto, le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la
delle tempeste marine. Secondo una leggenda, erano cinque sorelle, le quali tanto piangevano per la morte di un loro fratello
guerra Persiana, gli dava diritto alla gratitudine degli Ateniesi; i quali perciò lo onorarono con un tempietto e un altare
ta degli Dei; e che allora Zeus genero con Mnemosine le nove Muse, le quali sanno cantare il presente, il passato e l’ avveni
veneravano certe ninfe fontane dette Camene o Casmene, Carmene, alle quali si attribuiva l’ arte del canto e del divinare. C
sso erano messe in relazione con Apollo e le Muse, in compagnia delle quali solevano cantare e danzare; ma per lo più eran de
piegate alzasi a volo tenendo afferrato il giovine cogli artigli, dai quali le carni sono protette per mezzo della clamide fl
re Esculapio come un uomo in età matura, barbuto, e con tratti nobili quali si convenivano a un generoso benefattore dell’ um
, Taumante, Forchi e Cheto; altrettanti aspetti diversi del mare, dei quali diremo partitamente. a) Nereo e le Nereidi.
belle e graziose ninfe del mare, amiche dei naviganti, a sollazzo dei quali folleggiavano rumorosamente sull’ onde od anche l
esseri che vive sulle onde, tra i mostri marini e le Nereidi, tra le quali si compiacciono di folleggiare, mentre dan di fia
e’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti di Creta), i quali forniti di timballi e concavi dischi metallici e
nte e perseguitato. Di qui i molti miti riferentisi a questo Dio, nei quali , a dir vero, agli elementi greci s’ intrecciarono
ta tiaso (thiasus), danzando e abbandonandosi a movimenti incomposti, quali suggeriva la sovreccitazione da cui erano invasat
tenerla nascosta, scavo in terra una fossa e mormorò dentro di quella quali orecchie avesse visto al suo padrone; poi rigetto
Panischi, genii dei boschi, dalla figura mezzo umana mezzo caprina, i quali dicevasi molestassero gli uomini con chiassi stra
come il nome stesso dice; amico quindi degli uomini, in vantaggio dei quali fa crescere le piante e anche gli armenti; protet
i, della campagna, del bestiame; venerato specialrnente dai pastori i quali riconoscevano in lui il fecondatore del gregge e
e venne che fossero chiamati anche versi faunii o saturnii quelli nei quali si diceva che essi significassero le loro predizi
m o monte Palatino, sede in origine di una tribù di pastori latini, i quali formarono il primo nucleo della città di Roma. A
Elena d’ Euripide invece riflette tradizioni più recenti, secondo le quali Demetra e Rea erano insieme confuse in un’ unica
rno, son da annoverare le terribili Erinni, le dee della vendetta, le quali avevano il compito di perseguitare chi s’ era res
, le ben pensanti, e Semne, Venerande, vennero onorate dagli Ateniesi quali Dee benefattrici, terribili bensì contro i colpev
ielo, della terra e del mare, e venne confusa con altre dee mistiche, quali Demetra, Persefone e Cibele. 2. Templi speciali a
enta in battaglia era rappresentata dalle Cere, divinità terribili le quali si compiacevano di aggirarsi pel campo di battagl
connette con penus, che è la raccolta di quelle provvigioni annue le quali si ripongono per l’ uso della famiglia. Penati er
hi, i rurali, della campagna, i praestites, protettori della città, i quali si figuravan vestiti di pelle di cane e accompagn
case private; Alessandro Severo aveva in casa due lararii, in uno dei quali oltre la statua di alcuni imperatori divinizzati
eppur rimasti vivi nelle leggende popolari e così ridotti a eroi. Dei quali ultimi, Divinità fatte eroi, avvenne poi anche ta
Così fu salvata dal naufragio la sola coppia di Deucalione e Pirra. I quali poi chiedendo grazia agli Dei, per ripopolar la t
le feste per le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e di Ippodamia, alle quali i principali fra i Centauri erano stati invitati.
ad Alcamene; se ne sono scoperti di recente importanti frammenti, dai quali si è potuto ristabilire con probabilità l’ ordine
resto spuntar fuori dalla terra tutta una falange d’ uomini armati, i quali cominciano a lottar furiosamente fra di loro e fe
ovò nelle solitudini del Citerone i suoi due figli omai cresciuti, ai quali , dopo riconosciuta, raccontò le sue sciagure e li
formavano Stato da sè, senza uomini, dedite ad esercizi di guerra; le quali , secondo la leggenda, solevano recidersi la mamme
e scorrente), una figlia del Nilo, due figliuoli, Egitto e Danao, dei quali il primo fu padre di cinquanta maschi, il secondo
ore, celebre come fondatore delle gare equestri in onor d’ Era, nelle quali premio ai vincitori era non una corona ma uno scu
into. Or questo Preto ebbe tre figliuole, dette perciò Pretidi, delle quali favoleggiavasi, che insuperbitesi per la loro bel
o dalle Graie, le tre sorelle delle Gorgoni, Enio, Pefredo e Dino, le quali dalla nascita non avevano avuto che un occhio e u
r aver essi, i Dioscuri, rapite le figlie di Leucippo re Messenia, le quali già erano fidanzate ai figli di Afareo; or si par
e durante l’ infuriar della tempesta. Quelle fiaramelle elettriche le quali in occasione di forti temporali vedonsi sulla cim
ni di forme più che umane, sparsi di polvere e grondanti di sudore; i quali per mezzo d’ un servo chiaman luori Simonide come
Egeo si trovò alle strette per causa dei Pallantidi e di Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima d
cle come Dio, avevan luogo ogni quattro anni dei certami solenni, nei quali si davano ai vincitori come premio delle tazze d’
nfine queste è stanata, e feroce si scaglia in mezzo ai cacciatori, i quali vanno a gara per ferirla. Fra tanti dardi caduti
ella caverna del celebre Centauro, educato in tutte quelle arti nelle quali solevano ammaestrarsi i nobili figli di Eroi. Giu
o delle Simplegadi, specie di scogli all’ entrata del Ponto Eusino, i quali alternatamente si aprivano e si chiudevano, e con
etta pena d’ oltre tomba. Figli di Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadendo gli effetti delle colpe paterne, furono
he sua madre. Questo gli tirò addosso la persecuzione delle Erinni le quali non gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli
a; Penelope era perseguitata da molti che aspiravano alla sua mano, i quali intanto venivano nella reggia d’ Itaca e godevano
12 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
starcene tranquillamente alla opinione di quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apollo significa unico, e Febo luce e
poi che danzano intorno al carro rappresentano le Ore del giorno ; le quali sebbene soltanto per gli equinozii sieno precisam
ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione di ciascuna delle quali successivamente va il Sole a tramontare nei diver
110). I nomi dei segni del zodiaco appellano a fatti mitologici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppie
i che vi hanno relazione. Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali , che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi
I pittori pur anco ne fecero ritratti maravigliosi e ispirati, fra i quali meritamente è il più celebre quello dell’Aurora d
ianto e sepolto dalle sorelle dette Eliadi, cioè figlie del Sole ; le quali vinte dal dolore e dall’ afflizione furono trasfo
perciò chiamati Plesiosauri, Pleurosauri, Ittiosauri ecc., alcuni dei quali erano lunghi otto o nove metri. Gli zoologi poi a
sola strofa saffica tutti i principali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo di essere il nume dell’art
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
’antichità ; istoria vie più tenebrosa per la lontananza dei tempi ai quali appartiene. Intanto questi errori dominarono per
Numa, paragonando il loro religioso terrore a quel de’fanciulletti, i quali prendono per uomini vivi tutte le statue che lor
l politeista popolavano l’universo come altrettanti genj del male coi quali tregua non v’era mai ; e che senza posa prendevan
e i conviti, e quanti altri delitti tra le tenebre si sian commessi ; quali siano stati i cuochi ed i cani assistenti.149 Qua
no. Contuttociò di questi, per altro intrepidi, così da voi trattati, quali offese potete contare ? Da questi cotanto uniti e
e e la salute, vi scamperebbe dalle invasioni, io dico, dei demonj, i quali noi senza premio e senza mercede da voi cacciamo 
i santo commercio. Presiedono alcuni buoni uomini, i più vecchi,151 i quali non con prezzo alcuno, ma per pubblica approvazio
o per uscire da quella ignoranza e da quella corrotta barbarie, nelle quali si sarebbe trovato sepolto. Non ci volea meno che
i non fossero usciti dai loro deserti. Quanto agli eserciti romani, i quali avrebbero verosimilmente dilacerato l’imperio, i
e e ne’bagordi. Tra queste erano le cene di Serapi, dio egizio, nelle quali , pe’gran fuochi che si facevano in cucina, slavan
la sua salute, e intirizziva pel freddo e impallidiva come i morti, i quali , anche secondo l’uso dei Cristiani, si lavavano.
14 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
Sommario —  1. Donde trasse la iniziativa la scienza mitografica, e quali cagioni concorsero a propagarla. 2. Come l’uomo p
moltiplice, interpetrare la parola Mito nel vero suo significato e di quali vesti fu poscia ricoperta quando erano in onore g
noi, come fanno i pittori, che volendo dar forma a gl’intelligibili, quali sono gli errori, le virtù, la scienza, le passion
io Politico del signor Vmboldt nella istoria degli Americani, infra i quali non pochi in istato ancora di selvaggi tengono co
rgeva miti di narrazioni vere, ma fittizie, immaginarie, fantastiche, quali nascevano dalla ignoranza. Lo smodare de’costumi
piedi ponevano tre figure muliebri circondate da un serpente, tra le quali quella, che sorgeva in mezzo, era un simbolo dell
tto Apollo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra
ssere stati detti essi eroi, perchè nascevano da nozze solenni, delle quali era nume Giunone, e perciò generati con amor nobi
ire in sentimento di signori delle famiglie a differenza de’famoli, i quali vi erano come schiavi…. E quel geroglifico o favo
l’aratore — co’serpenti alati i solchi, che lascia dietro l’aratro, i quali sovente vanno serpeggiando. Varrone poi, prendend
e’popoli stando fermi nelle prime terre fondarono le città, Dea delle quali è Cibele. Fu detta Vesta, Dea delle divine cerimo
giustizia. Da ciò gli antichi le attribuirono virilità e truculenza, quali caratteristiche trasparivano da gli occhi suoi, d
ipingendoli di color glauco, come si scorge nelle fiere robustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali ti
le fiere robustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali tinti di color glauco sono si vivamente lucenti,
r prodigioso, e tutto degno Di maraviglia. Per Minerva e Giove Non so quali sieno tali cose…… » Cupido si finge fanciullo ;
vennero gl’influssi, che le furono attribuiti, e gli emblemi sotto i quali erano indicati, e gl’inni religiosi, che vennero
il canto e le ridde, ed aveva sempre con seco musici e cantori, fra i quali nove leggiadre donzelle molto intente al canto e
lla largizione de’beneficii è d’uopo aver mire pure e sante, senza le quali tutto va perduto e contaminato, e che la munifice
rte, intendendosi dall’altra parte co’denti i sudditi del principe, i quali sollevandosi dopo la sconfitta di lui, Cadmo li f
cora questa : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate, tra le quali l’una ha le mire al popolo, l’altra al lare. E co
15 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
e giovinette, viene a significare che eran veri e proprii automi. Dei quali i primi tentativi dovevan risalire ai tempi di Om
he suonare e giuocare. Parlando poi della formazione dei fulmini, dei quali gli Antichi attribuirono la costruzione meccanica
i, colla macchina elettrica ? Passando ora a parlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi,
fica celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutti feroci ed ant
dipendono unicamente dalla organizzazione degli esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna nè potere la volontà, quali s
esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna nè potere la volontà, quali sono la respirazione, la circolazione del sangue,
16 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ne della favola. L’indica il suo nome composto di due voci Greche, le quali unite significano discorso sulla favola. La serie
mente nascondere varj precetti della morale. Gli Egiziani, presso de’ quali ebbero la loro origine, i Greci che le accolsero,
magni, Dii Consentes, quasi consentientes. Venti se ne contano : fra’ quali dodici soltanto erano ammessi nel consiglio celes
, Castore, e Polluce, e tanti altri. Parleremo in seguito degli Eroi, quali erano i Re, e gl’illustri guerrieri, soggetto del
vea esso praticato con suo padre. Egli dunque divorò tutt’i figli, ai quali aveva data la vita. Il solo Giove fu esente da ta
ti occuparsi del governo del Mondo, e più ancora de’ suoi piaceri, ai quali si diede in preda sì fattamente, che la sua maest
avremo sovente occasione di parlare delle diverse sembianze, sotto le quali si cangiò con avvilire la sua dignità. Omero, che
la porta dell’inferno stava una moltitudine di Esseri malefici, fra i quali soprattutto le Malattie, la Vecchiaia, la Paura,
e Stige, le cui acque giravano nove volte per que’ contorni, e per le quali i giuramenti fatti neppure gli Dei potevano manda
i allontana. Supplizio proporzionato al suo delitto. Le Danaidi, alle quali era concesso tregua, e riposo allora che avessero
olito, e si fece amare moltissimo dai pastori, e dalle pastorelle, a’ quali cantava delle tenere canzoni, atteso il suo dolce
saggio ed istruito tra i centauri. Celebri furono i suoi allievi, fra quali si distinse Esculapio, Giasone, Castore, Polluce,
ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sgravò di due ovi, in uno de’ quali stava rinchiuso Polluce, ed Elena, nell’altro Cas
e lavorare un campo vergine con seminarci i denti di un dragone, da’ quali dovevano venir fuora alcuni uomini armati, che fa
o Gerusal. Canto 16. Navigò Ercole l’Oceano fino a Calpe, ed Abila, quali due monti prima erano uniti, ed esso li separò, d
ondò il suo volere. Per compenso n’ebbe l’arco, e le frecce, senza le quali non poteva cader Troja. Le fiamme consumarono sol
erabile. Perì questa ninfa nella guerra de’ Centauri, e de’ Lapiti, i quali non potendola ferire strapparono degli alberi, e
ttato un tale argomento : contentandoci noi de’ ristretti limiti fra’ quali ci siamo contenuti. Avviso.   Si è cre
trattato di quanto riguarda il nostro assunto. Le tante vicende, alle quali è stata soggetta la nostra Patria, il lungo andar
ste in onore della Fortuna. I Romani dissero Charistia i conviti, ne’ quali si univano i parenti, ed affini in contrassegno e
, e si facevano de’ conviti detti lectisternia, a stratis lectis, nei quali sedevano gl’invitati. Questi al dire di Livio, s’
tutelare, gli Artemisj la Luna, i Cinei Anubi, e così gli altri, dei quali con ingegnosa sottigliezza lungamente scrisse il
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
l’immaginazione211). Non deve dunque recar maraviglia che i Pagani i quali avevan popolato di Dei il Cielo e la Terra person
so a poco gli stessi emblemi o distintivi ; il più caratteristico dei quali è il tridente, che consiste in una forca con tre
avviso, Nettuno le mandò due eloquentissimi delfini a persuaderla ; i quali adempiron così bene la loro commissione, che cond
itone che fu lo stipite delle diverse famiglie e tribù dei Tritoni, i quali formarono il corteggio e la guardia d’onore delle
esi. Anche la moglie di Nettuno ebbe onori celesti dagli astronomi, i quali diedero il nome di Amfitrite al 29° pianeta teles
idi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato dai poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite mog
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
fu così snaturato come furono in appresso Aristodemo ed Agamennone, i quali non esitarono ad uccider le loro figlie, non già
no Atlantico presso il promontorio che tuttora dicesi Capo verde ; le quali perciò sembra che debbano corrispondere alle isol
sa di ucciderla sarebbe stata impossibile senza l’aiuto degli Dei ; i quali per favorire il figlio di Giove gl’imprestarono l
costellazioni boreali si conservano tuttora dai moderni Astronomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata cia
Vi si aggiungono altresì i prosatori antichi Apollodoro e Pausania, i quali però invece della torre di bronzo rammentano una
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
i della Grecia ; e lo stesso T. Livio ne adduce diversi esempi, tra i quali il più celebre è quello, già da noi registrato, d
ne pensassero Demostene, Cicerone e Catone Uticense, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle
accennate autorità e da altre molte che si potrebbero citare, e delle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente p
on disconobbe e non calpestò i principii eterni della morale, senza i quali non può prosperare l’umano consorzio, nè sostener
appellata divina ; e che perciò la minaccia era contro i Persiani, i quali dall’oracolo eran chiamati figli delle donne per
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
ui civiltà è figlia la nostra. Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano espresse e rappresentate dai loro poet
Dei e Dee avevano figli e figlie che erano altrettante Divinità ; le quali venivano a rappresentare i diversi effetti o feno
pali elementi si producevano. Perciò abbiamo notato frequentemente in quali casi, secondo i moderni progressi delle scienze,
rni progressi delle scienze, le idee degli Antichi fossero vere, e in quali false. Quindi, per esempio, alla causa mitologica
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
imi maggior rispetto e venerazione, le dedicavano agli Dei Mani ; pei quali però non sappiamo con certezza se intendessero le
perciò più vero e confacente sarebbe l’assomigliarvi i miserabili, i quali , vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dov
cisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre e dell’avo derivarono i loro appel
tiani son tutte eterne. Notabilissimi sono i principii filosofici dai quali deduce la reità dei motivi a delinquere, o come d
epoli, e costituì la famosa scuola dei Pitagorici, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue as
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appresso.
al presente secolo non se ne dubitava, ed oltre al dirsi precisamente quali erano le sedici lettere importate da Cadmo, si no
o come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo. È però fuori
ulta est gloria. » Non è per verità molto utile neppure il conoscere quali furono le lettere inventate da Palamede, e quelle
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitavano sulle rive settentrionali del Ponto Eus
sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali , vanno gradatamente decrescendo fino al centro de
eraltro fra i cerchi 6°, 7°, 8° e 9° vi son tre baratri o abissi, nei quali conviene scendere in un modo straordinario e peri
metamorfiche, ecc. ; insomma tutti i diversi strati, sull’ultimo dei quali abitiamo. Questo è quel che asserisce la scienza
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
azza della Signoria si vedono otto Satiri di bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e gli altri qu
te l’Aminta del Tasso e il Pastor fido del Guarini, in ciascuna delle quali Favole trovasi un Satiro, che sebbene parli elega
Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti
o una canna con stracci in balìa del vento. Molti poeti latini, tra i quali Orazio e Marziale, si sbizzarrirono a dileggiar t
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
belle arti speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. Come Dio della Poesia rappre
lativi comuni a tutte loro, derivati dai luoghi ov’esse abitavano ; i quali termini son più usati dai poeti greci e latini ch
indegni i carmi « Ed esprima il mio canto il suon dell’armi ; » nei quali due ultimi versi accenna pur anco la necessità de
Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzati insegnando loro a cantare, a
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
alludono. Cinquanta furono gli Eroi che vi presero parte, alcuni dei quali eran prima intervenuti alla caccia del cinghiale
Giasone accorsero gli Eroi da tutte le parti della Grecia, alcuni dei quali eran già stati con lui alla caccia del cinghiale
lai e Zete, figli di Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i quali le respinsero fino alle isole Strofadi, ove poi f
onquistare il Vello d’oro : bisognava ancora vincer gl’incanti, nelle quali arti i Greci eran novizii in confronto dei Colchi
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
inella politica dopo che i Senatori lo ebbero segretamente ucciso ; i quali non sapendo poi come acquietare il popolo che ric
gliati in forma di edifizio a quattro o cinque piani, sull’ultimo dei quali ponevasi un carro dorato con la statua dell’Imper
oniate in memoria di altrettante apoteosi diverse ; in ciascuna delle quali vedesi un’ara ardente ed un’aquila che ergesi a v
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
l’invito i più distinti eroi che vivessero in quel tempo : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre
oi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in appresso. Degli al
anche in appresso. Degli altri eroi intervenuti a questa caccia, dei quali non si conoscono fatti più celebri di questo, ne
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
l’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in Roma,
s Isim. » Di questa Dea eran devote principalmente le donne ; tra le quali è rammentata da Tibullo la sua Delia, che passò a
e in battaglia. Osìride è chiamato ancora Seràpide ; sotto ambedue i quali nomi è rammentato dagli scrittori latini. Nel tem
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
ventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi ide
ti si citano quelle del Mississipì e del lago Chelco nel Messico ; le quali son coltivate e producono alberi, piante di fiori
lla Galleria degli Uffizi di Firenze le statue attribuite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la sua famiglia colpita dal
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
creare, ossia dal produrre le biade50. I Greci la chiamavano Demèter quali Gemèter (madre Terra) per questa stessa ragione.
ne significa che Proserpina figlia di Cerere simboleggia le biade, le quali stanno sei mesi sotto terra e sei mesi sopra terr
scere le immagini sculte o dipinte della dea Cerere dagli emblemi coi quali è sempre rappresentata. Sono emblemi suoi distint
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
llo di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali , come dice Orazio, avevano il barbaro costume di
Marte dicendo : Mars vigila ; sottintendendo in favore dei Romani ; i quali si credevano tanto da lui prediletti e così esclu
e appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, perchè apparteneva a
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
potè mancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò la reggia Tebana e ucc
i avevano altri nomi, cioè di Menadi, Tiadi, Bassaridi ; il primo dei quali significa furenti, il secondo impetuose, ed il te
anno pur anco il mantello o la veste di pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi nebridi con voce greca adottata da
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’
nappellabile. Questi giudici si chiamavano Minos, Eaco e Radamanto, i quali in origine erano stati sulla Terra tre ottimi re
lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite. Vediamo ora quali di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Aligh
35 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
ar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e nuove illustrazioni poetich
mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscono le favole ; e principalmente in un
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
oè il verbo chimerizzare e i nomi chimerizzatore e chimerizzatrice, i quali sebbene sieno poco usati parlando, pur si trovano
consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
ltre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei
l cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali , come egli sapientemente dichiara, non può esser
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
le Inferiori Divinità. Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di
he dei più celebri popoli antichi, frammiste a racconti favolosi, dai quali bisogna distinguerle e sceverarle. A quest’epoca
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o suprem
tre Dee, ed anche da donne mortali, altri figli in gran numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
e Driadi, che si diedero alle Ninfe, indicano col loro significato a quali cose queste Dee presiedevano ; poichè derivano da
qualche altra che non troverebbe luogo più opportuno altrove. Tra le quali son da rammentarsi pel loro proprio nome le Ninfe
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
la, la diede in custodia ad Argo che aveva cento occhi, cinquanta dei quali erano sempre aperti e vigilanti anche quando Argo
iziani perciò adoravan gli Dei sotto la figura di quelle bestie nelle quali credevano che questi si fossero trasformati. Il n
42 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
uria. In caso di negativa eran concessi 33 giorni a risolvere, dopo i quali rompevan liberamente la pace. Il feciale tornava
ano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
a decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più
odici altari, indicanti i dodici mesi dell’anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, co
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
razione di questo astro dipendesse dagl’incantesimi degli stregoni, i quali colle loro magiche parole avessero tanta potenza
come Dea della caccia ; e credevasi che accompagnata da 50 ninfe, le quali al par di lei avevan rinunziato a prender marito,
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
he sulle creazioni opposte e sui combattimenti dei due principii, dai quali ripetevano le grandi catastrofi della natura, le
e le eccezioni approvate dalla Crusca, se ne trovano altre 6 ; tra le quali è da notarsi il genio della lingua, espressione c
46 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
ntare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi numerati, e non conten
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
culto materiale dei prodotti della natura (feti) 24), quei mitologi i quali ci raccontano che quella pietra divorata da Satur
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
reggia col Sabeismo, e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
la sua moglie era la Notte. Dei figli parleremo in appresso e diremo quali fossero. Ma intanto è notabile la spiritosa inven
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
esso Tito Livio, non che da tutti gli altri storici e poeti latini, i quali concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu p
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
i dagli scrittori ecclesiastici dei primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mito
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
erso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il Poliziano, l’Ariosto, il Tas
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
lo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si lamentano pietosamente
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
notammo tutte le eccellenti qualità che gli erano attribuite, per le quali veniva ad esser l’ideale della divinità dei filos
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
ealmente vero. Trovansi infatti anche altrove dei fiumi, le acque dei quali nel loro corso spariscono sotto terra, e a gran d
56 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
azione delle epoche principali e meno incerte della storia antica, le quali hanno qualche relazione coi fatti ricordati dalla
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
paventa da quelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali prove di fatto, diversi aneddoti riferiti nelle a
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
mirto perchè è una pianta che meglio vegeta intorno alle acque, dalle quali credevasi esser nata Venere. Inoltre ella produss
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
enneremo soltanto l’esito finale, che fu la disfatta dei Titani ; dei quali il molto sangue e le diverse e orribili piaghe mo
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
ore : e dall’esser egli il Dio della mercatura e del commercio, nelle quali occupazioni si commettevano anticamente molte fro
61 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
o di Tereo, 637. K Kici-Manitu, 744. L Laberinto, 419 ; —  quali erano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parc
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