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1 (1880) Lezioni di mitologia
ettuosi ricordi, quello di un ammiratore ed amico, che bramò anche in questa raccolta apparecchiare, per dirlo con modo dell’
lui, e tali giudizj riporteremo a suo tempo, come è debito nostro, in questa raccolta. — Dei difetti, o mancamenti, parlò l’Au
e del mondo avevano le diverse idolatre nazioni; poiché la notizia di questa formazione è fondamento di tutta la Mitologia, e
gesta dei numi, io leggerò la migliore traduzione che siavi; e quando questa manchi, sia tale che vivamente e con dignità non
ece le stelle e i pianeti, dando compimento alla creazione. Non so se questa serie di assurdità sia un’alterazione della Genes
: ma lo spirito s’innamorò dei suoi principj, si mi schiò con essi, e questa misura fu Desiderio chiamata. Di qui cominciò l’u
ce direttamente all’ateismo, come sembrò ad Eusebio di Cesarea. Forse questa cosmogonia a tanto sospetto soggiacque, perchè fu
animali, che quindi moltiplicarono col mezzo della generazione. 5 Se questa cosmogonia fosse la sola degli Egiziani, ninno po
pietra coperta di fasce, invece del figlio che occultò in Creta; onde questa isola va superba per essere stata culla di Giove;
re tranquillo dell’Olimpo, sposò Meti, dea fra tutte sapientissima; e questa era per dare alla luce Minerva. Sapendo il padre
dirsi, poiché innanzi le fa figlie della Notte. Natale Conti concilia questa difficoltà dicendo, che quando le Parche rendevan
o guidava le forbici fatali erano figlie della Notte. A me sembra che questa coatradizione, e mille altre, abbiano origine dal
a che il tabernacolo di Mosè costruito nel deserto fosse il primo: ma questa opinione dà troppo tardo principio all’idolatria,
iente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte di cielo, e questa dicevasi tempio: però Lucrezio dice i templi del
evasi tempio: però Lucrezio dice i templi del cielo; quindi fu comune questa denominazione a tutti i luoghi destinati al culto
ettura furono da Scopa Pario con solenne artificio distribuite. Ma di questa varietà erano causa i moltiplici attributi del nu
non fossero mai stati in uso, come un letterato francese pretende. A questa opinione, che onora il core e non la mente di chi
lidiva, e in rimirar le prove D’immortale valor, dicea piangendo: Mai questa torre Ettore mio non guarda! Ma già fu gloria deg
aminarono le loro mani e i templi degli Dei. È opinione di alcuni che questa orribile costumanza avesse principio coli’ idolat
ne opportunità di parlare. Causa di tanta empietà era la credenza che questa abominazione allontanasse l’ira divina, meritata
dieci uomini per la propria vita. Nè a sesso nè a età perdonavasi in questa orribile espiazione: ferivano i Sardi il tremulo
elao manifestare. Racine, prima lode del Teatro francese, ha adottata questa credenza, ed io ho reputato farvi cosa grata trad
il Giove Milichio a Sidone, la Diana Patroa, la Venere di Pafo. Sotto questa forma Bacco rappresentavasi. Semplici pietre addi
ero credere che la loro mitologia veniva interamente dall’ Egitto. In questa diversità di statura data ai numi furono seguiti
edicate, praticavano ornarle con nastri e fasce, uno’erle coli’ olio: questa ultima cura particolarmente, si rendeva ai Lari.
erivate le bellezze nel suo poema, non rendesse inutile e presuntuosa questa impresa. Quindi ho voi garizzato quella parte del
ete del regnare poteva ancora negli Dei! Nè bastò al sire dell’Olimpo questa vendetta: tolse a Saturno il mezzo di generare al
sso gigante già dato a Giove soccorso contro gli Dei congiurati. Dopo questa vittoria Giove soggiogò le nazioni dell’Oriente,
lutone e Nettuno col mezzo della sorte. Peride Callireuco non ammette questa credenza, considerando che solo le cose eguali si
iargli di possedere il cielo quasi propria sua casa. Lattanzio spiega questa favola istoricamente, asserendo che l’oriente fu
qualunque maniera succedesse la divisione dell’universo, Giove, dopo questa , fu tranquillo. Ozio beato regnò nell’Olimpo, e c
e Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero di tre. Nella base di questa macchina Fidia avea scolpito da una parte Giunone
cca. Tutta arrabbiata poi la lingua snoda: Dunque, disse, debb’io per questa vacca Sempre star in sospetto, in pene e in guai,
cone la formula e il modo: « Se rettamente, e senza inganno io faccio questa alleanza mi concedano ogni felicità gli Dei: se a
e. » Elicio, dal chiamare i fulmini, fu detto il Giove dell’Aventino: questa scienza fu posseduta, secondo gli storici, da Num
secondo il parere di molti si giovò totalmente dei lumi del figlio. A questa succederà la promessa Elegia di Properzio, che ho
a l’arte e la religion degli antichi, è nel Museo Pio dementino, dove questa divinità è siffattamente effigiata che sembra acc
i, dicendo che da Temeno fu educata. Ole antichissimo poeta, attribuì questa gloria alle Ore: Ovidio nelle Metamorfosi alle fi
gloria alle Ore: Ovidio nelle Metamorfosi alle figlie dell’Oceano; e questa opinione si avvicina a quella di Omero, ove Giuno
Oceano dice che nelle loro case già fu da essi beatamente nutrita. In questa diversità di nutrici e di patria, la fortuna dell
dei giganti costrinse gli Dei a fuggire nell’Egitto, prescelse la dea questa forma per celare le sue sembianze. Col sangue di
nte espressa dal marmo (così il Visconti), nè quanto possiamo dire di questa eccellente statua quasi colossale dell’altezza di
sicuramente con Omero per esprimerne la bellezza, pregio singolare di questa dea sopranominata costantemente λευκώλενος; dalle
della Giustizia, creduta esprimere il ritratto di Livia, col nome di questa prima Augusta, fu contradistinta, non riflettendo
ico che noi chia miamo etrusco. Questi caratteri ci danno il tempo di questa scultura per molto remoto, e per quello appunto,
rappresentano le tre divinità capitoline. Era così proprio il velo dì questa dea che Albrico e Fulgenzio, vissuti in un tempo
morì- Antonino Pio. » Giunone lattante. « Singolare è pel soggetto questa statua di Giunone lattante. Ma quanto siamo certi
ficio che potrebbe simboleggiarsi dal putta che stringe al seno. « Ma questa statua, la cui testa per la maestà dei lineamenti
nti fu sempre miracolosa, sono contento d’ indicare e non di comporre questa lite; e seguendo l’ istoria del nume, dirò che ad
he nella vita di lui ha soggiogate le favole col vero, ne avverta che questa fama fu sparsa accortamente da Piteo, avolo mater
che tutta la regione inondò coll’acque dalla vasta bocca vomitate. A questa , per allontanare lo sdegno del nume, fu offerta E
ne salute, e morte il mostro vendicatore. Erodoto spiega l’origine di questa favola dicendo, che Laomedonte si servi per edifi
acendo del dono esperimento. Degli altri simboli ed ufficii propri di questa divinità favellerò nella seguente Lezione, giacch
anza dello scalpello, la venustà del soggetto, rendono pregevolissima questa statuetta di grandezza naturale, di Mercurio fanc
, similissimo a quello che ha segnato l’antico scultore nei tratti di questa graziosa figura col suo maestrevole scalpello. Il
ααδυκειον, cioè verga di banditore e di araldo, rende assai distinta questa statua di Mercurio, giacché è la sola nella quale
ta statua di Mercurio, giacché è la sola nella quale siasi conservata questa singolare insegna del messaggiero dei numi. Ha eg
usta in forma di Venere, un istrione, un gruppo d’Esculapio e d’Igia, questa di Mercurio Agoreo, e diverse altre che si riport
aghi Umilmente volando…………………… » Eneide, lib. IV, v. 237 e segg. Di questa descrizione di Virgilio si giovò GianBologna nel
ubi de2:li Eo’iziani è lo stesso che Mercurio. Esaminerò la verità di questa asserzione favellando delle divinità egiziane. Ud
ei dotti e’degli artisti per rappresentante il figlio di Maia. Farò a questa succedere una breve Ode di Orazio in lode del num
re. Mercurio detto l’Antinoo di Belvedere. « Ecco la prima volta che questa insigne statua comparisce al pubblico senza la fa
no immagini di Mercurio; e forse non convenivano alla destinazione di questa statua, non essedovene alcuno caretteristico del
vvenenza del volto e l’increspatura dei capelli suscitarono l’idea di questa rassomiglianza, che non ha poi retto alla diligen
e arbitrio, L’ armoniosa relazion delle parti è tanto sorprendente in questa statua, che l’intelligente Pussino non ha prese s
onte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisburgo, quantunque
mmagine di Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asserzione di questa pretesa rassomiglianza ha sedotto Winkelmann, che
che questo ritrovato fu pure a Mercurio attribuito: conciliano alcuni questa difficoltà, concedendo la lira al figlio di Maia,
i chiamato Saurottono, v’illustrerà il Visconti. Molte cose intorno a questa divinità insegnate vi saranno da Callimaco nel su
case e le ville de’ grandi, i luoghi pubblici e i templi di Roma. In questa elegantissima statua siamo sicuri di ravvisare il
rottono che uccisore della lucertola. Nò il soggetto rappresentato in questa azione, nè l’artefice di sì bell’opera, sono menz
dovevano un giorno trafiggere il Pitone, lo potremmo congetturare da questa statua. La nobiltà delle forme e la bellezza idea
fu agli Iperborei mandata da Apollo. Ma secondo un’altra tradizione, questa seconda cappella fu edificata da uno di Delfo chi
sono state dette. « Secondo i mentovati, Delfo nacque da Apollo e da questa Tia: alcuni gli danno per madre ancora Melene fig
aucia di Crotone fu proclamato vincitore in Olimpia. Il terzo anno di questa olimpiade gli Anfizioni fecero delle variazioni,
ese di quelle nazioni, dalle quali erano stati offerti. Io sopprimerò questa parte del racconto di lui, perchè non conviene al
one, l’accusò al marito di averla volata violare. Cigno, ingannato da questa impostura, fece chiudere il fratello e la sorella
(È da notarsi questo passo di Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni p
Lezione. Udite la sorte di Niobe e dei figli di lei da Ovidio, che in questa parte ho volgarizzato. Vi recherà maraviglia che
a parte ho volgarizzato. Vi recherà maraviglia che ncii sia accinto a questa impresa dopo la celebre traduzione dell’Anguillar
e quali Winkelmann e Visconti illustrarono l’origine e le bellezze di questa statua, eterna maraviglia e disperazione dell’art
saettato è tanto evidentemente espressa, che non cade in equivoco. Se questa sola basta ad incantare chi osserva questo bel si
conviene, dissi, dissentire in ciò che riguarda il marmo, non solo di questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che questa,
l marmo, non solo di questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che questa , e gli altri capi d’opera dell’arte antica non si
ndo Plinio, poteva render l’autore illustre; non mi curerei, dico, di questa risposta, ma sosterrei piuttosto, che veramente è
i fa pensare che non fossero poi trasportati ad Anzo dove fu scoperta questa insigne scultura. « Più facilmente può credersi q
ve fu scoperta questa insigne scultura. « Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo di marmo di Prassitele che Plinio
ta in Atene dopo la cessazione di un male epidemico. Ben conveniva in questa occasione una simile rappresentanza di Apollo in
Che se si voglia vibrante i dardi contro il sespente Pitone, è anche questa un’immagine tutta propria dell’ Apolline Averrunc
he questa un’immagine tutta propria dell’ Apolline Averrunco, giacché questa favola fìsica non aveva altro significato che la
non voglio defraudare il lettore di una descrizione piena d’estro di questa statua dettata a Winkelmann dall’entusiasmo che c
quella sublimità in cui egli manifestossi alla mente di Omero: ma. in questa statua del figlio di Giove seppe l’ artefice, egu
iù sensibili tratti, che n’ho abbozzati. Depongo pertanto a’ piedi di questa statua l’idea che ne ho dato, imitando così color
i non è lontano dal credere che lo scultore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche di Calamide, corr
medesimo, di grandezza maggiore del naturale, nella Villa Ludovisi. È questa intatta al pari di quella, e anco meglio esprime
lio; la terza è nel Museo Capitolino, e la quarta nella Farnesina. Da questa si può prendere un’idea di quell’acconciatura di
di Ateneo che contiene due espressioni di Simonide m’impegna a fare questa osservazione. La prima è il tono della voce di un
rono una tinta di questi colori. » Scusate, per amore di Winkelmann, questa digressione di lui medesimo sopra i capelli biond
l’opinione degli antichi, quest’albero favorisce la divinazione. Per questa ragione in Atene si diede il nome di θαυμαντις13,
che nel dialetto cretese significa Topo, perchè Apollo deve averli da questa isola banditi. A Delo vi era una statua del nume
auto, l’altra la siringa, quella del mezzo la lira: si pretendeva che questa statua fosse fino dai tempi di Ercole. Il delfino
leste le soavi modulazioni della sacra favella de’ vati. In osservare questa bella statua attorniata dalle altre nove delle Mu
gue. « La maraviglia di chi considera il movimento e l’espressione di questa bellissima statua è giustificata dal pregio in cu
stro proposito si è che la figura di Nerone Citaredo è tanto simile a questa statua di Apollo, che ne sembra copiata nel modo
sse di emblema del citaredo imperatore. Possiamo dunque inferirne che questa che abbiamo presente fosse presso gli antichi la
istingue la corona del nostro Apolline può riferirsi a simil costume: questa gemma unica nel centro della corona, che corrispo
stremità del peplo, o palla, sembrava scherzare fra i talloni, poiché questa era la veste dello splendido corpo. Pendeva dalla
a, che gli circonda il petto, é più alta delle cinture ordinarie: era questa un altro abbigliamento della vestitura scenica, c
enete Apollo fu chiamato da Omero, non come generato di Licia (poiché questa favola, come osserva Eraclide Pontico, non appart
e i Mitologi diano a quest’ultimo origine differente. Prevalendomi di questa conseguenza, narrerò l’avventura di Fetonte; che
, ove Apollo dopo l’uccisione dei Ciclopi evitò l’ira di Giove. » Nè questa differenza deve farci maraviglia, giacché tutto q
le lane ferruginee. Eccovi esposti i principii della fanciullezza di questa diva, i cui attributi unì l’ Ariosto nella seguen
mitò tuoi studi santi. » Unisco la illustrazione di due simulacri di questa divinità, tratta dal Museo Clementino del celebre
rrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana questa tavola ci presenta, scultura bellissima donata da
mente aver rapporto a così fatte avventure. « Niuna cosa per altro in questa elegantissima statua mi è sembrata meritare tanta
a. Il fondamento di ciò è la favola Omerica, nella quale si narra che questa diva del mare die il suo credemno al naufrago Uli
giarsi: non mi sembra per altro legittima conseguenza l’inferirne che questa sola dea ne avesse il capo adornato. L’ispezione
dava a Leucotea come nudrice di Bacco, non così proprio per altro di questa seconda divinità che non possa attribuirsi ad alt
l’Urania colossale del Palazzo Farnese, e quel che è più osservabile questa nostra Diana, Omero stesso, ch’è il fondamento de
ne adorna le ninfe dello Scamandro. « Vero è con tutto ciò che forse questa è la sola figura che non sia bacchica, la quale s
i, che pure a simili soggetti appartengonsi. « Commento con diligenza questa parte dell’antico vestiario perchè non la veggo p
nco dagli eruditi rilevata in que’ monumenti che ce la mostrano. Anzi questa riflessione mi fa sovvenire d’un simulacro poco f
germana di Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la materia di questa statua, ch’è un marmo bianco greco, composto di v
ovengano queste diverse immagini da un medesimo originale. Sarà stata questa qualche eccellente opera di rinomati artefici, de
ti artefici, della quale non vi è restata negli scrittori memoria. Ha questa bella statua una specie di stivaletti, ch’erano i
i han creduto che il portar alle spalle il turcasso sìa distintivo di questa dea, ma i monumenti li contradicono. Delle altre
iuto costò lacrime a Ippona. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate di questa di vinità le geste più illustri. Ora conviene par
, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di questa divinità. Gli angoli della bocca sono un po’ rivo
tati all’ insù, e piccolo n’è il mento: vedesi però chiaramente esser questa sembianza un’idea imperfetta della bellezza anzic
mmella sinistra, e di tal colore sono pure i lacci dei calzari. Stava questa statua in un piccol tempio di una villa, che appa
n ferro nel fodero per indicare i sacrifizi umani; e il soprannome di questa deità vi è indicato per una testa di toro scortic
ulla quale la mezza luna si sia conservata, appartiene alla figura di questa dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le sue Or
i studii. Giova rammentare fra molti Ippolito, emulo della castità di questa dea, tanto da meritare l’ira di Venere, cui soddi
a patria onori gli sieno fatti. Quindi ho creduto potere aggiungere a questa Lezione la descrizione della morte di Ippolito, l
quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che fa Plinio di questa magnifica mole. « Fu fabbricato questo, tempio d
lo, e una di mano del celebre Scopa. L’architetto che condusse a fino questa greca mole fu Chersifrone, Ctesifone, ed è cosa m
certi gran sacchi ripieni di rena: poi lasciando scorrere leggermente questa sabbia, vennero gli architravi a prendere insensi
a relazione, avesse immaginato in qual maniera era riuscito a situare questa enorme macchina: ma invece di questo riferisce fr
Quel che racconta San Paolo della sedizione tramata dagli orefici di questa città, che tiravano il loro sostentamento nel for
tesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo di discutere 1’ origine di questa opinione. Osserverò solamente che secondo Esiodo,
e secondo Esiodo, che ha conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e
Partenio monte di Arcadia, atto alla caccia, occupazione favorita di questa dea. Lucifera, o Portaluce cognominavasi, e nei M
one dei fanciulli fino all’effusione del sangue. Gli altri cognomi di questa divinità hanno relazione ai luoghi, ove le sorgev
« Assai ci sorprenderebbe la stravagante immagine della dea, che in questa tavola ci si presenta, quando già da troppi monum
i, che invece di spiegare tutti que’ simboli coll’arcana teologia che questa dea riguardava, abbiano accozzati insieme diversi
sto principio andremo spiegando tutto quel che ci offre di misterioso questa bizzarra figura. Incominciando dalla sua forma, a
sterioso questa bizzarra figura. Incominciando dalla sua forma, altro questa non c’indica senonchè l’antichità del simulacro.
distinguendo informemente le varie membra. Se si vuol riconoscere in questa figura un vestigio dell’arte egizia, che pure ne’
che si eran formata que’ popoli del significato della lor divinità. A questa sola spiegazione lian rapporto le varie fasce che
ili sostegni fornita ce la presentano. Siccome il nostro marmo era in questa parte mancante, non ha quindi potuto conservarci
soro Gronoviano uniti alla dissertazione di Menestrier rappresentanti questa Diana medesima. Ed è molto probabile che siccome
re più credibile che sien sirene. « Enumerati così i varii simboli di questa immagine misteriosa, e conosciuto che abbiamo ess
no una prova di quanto fosse divulgata ancora per l’Italia e per Roma questa asiatica religione, conformemente a quelle parole
re porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la mezza luna, simbolo di Diana, e il suo simulac
di Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar le avventure di questa infelice, che Giove sedusse, mentre s’aggirava su
iva, o tìnge nel lodato rio I piedi estremi, a alle seguaci grida: In questa selva ignota al Sol, non temo Occhi profani: col
un lato nelle medaglie ateniesi, significa il sacrificio destinato a questa dea, alla quale, secondo Omero, s’immolava una va
o Stosciano, che offre Pallade sonante due flauti, e rappresentata in questa maniera si chiamava Pallade Musicale, perchè si p
er farne una Pallade che avea il soprannome di trombetta. La veste di questa dea è rossa, ed il manto, o la drapperia che vi è
e aver lo suole, il capo armato d’elmo. Deggio qui però osservare che questa dea sulle greche monete d’argento della città di
so Pallade il soprannome poco conosciuto di (grec); Polluce spiegando questa voce con quest’ altra (grec), non ce ne dà una pi
r voluto spiegare il mentovato scrittore. E anche vesimile che l’aver questa dea i capelli più lunghi dell’altre sia il solo f
se i titoli di (grec), e (grec), cìoò che ha bella ed aurea celata. E questa fregiata da due civette, uccello a lei sacro per
Minerva Itonia essendo apparsa la dea alla sua sacerdotessa lodamia, questa all’aspetto della Gorgone divenne sasso. Il resto
ù felice della tibia, giacché favoleggiarono che dopo l’invenzione di questa , avendone tentato il suono, si vide nell’acque pe
che Pericle le pose facendo credere al volgo sempre superstizioso che questa divinità gli si era in sogno manifestata per inse
dall’ altra la testa di Pallade, perchè col dio del mare divideva di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadella di E
opose di placare coll’accennato simulacro Minerva. « L’attitudine di questa figura (così il Visconti) che tien posato lo scud
a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo stile di questa statua non sia eccellente, pure ci presenta un be
ellavasi parma, e dai Greci scudo argolico, attribuito dai classici a questa dea. Così parla di questo Polibio: — La parma è f
lo chiama parma al libro xxvi. Gli scudi argolici dei Greci erano di questa maniera, secondo l’osservazione di Winkelmann (Mo
e padre. E se il primo l’è stato imposto dal vibrare e dallo scuotere questa lancia fatale, nessun’ altra statua ce l’offre in
o scorrendo, come dice il poeta, per gli ordini delle battaglie, e in questa attitudine di combattente è rappresentata ancora
imulacri degli Dei in un movimento straordinario. Nè s’incontra usata questa espressione quasi in altri soggetti fuorché nelle
clamide affibbiata sull’ omero destro, che distingue al primo sguardo questa maestosa figura, é stato motivo di attribuirla a
i attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri simboli proprii di questa dea del valore e del sapere. Non è già che non ap
l figlio tuo, che grato a Palla Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa Legge di Giove: chi gli eterni mira. Se non l’ele
na, maraviglia e delizia dell’universo. Antipatro Sidonio parlando di questa famosa pittura in tal maniera favella: Rimira Ven
— Dicesi che concepita in una conchiglia ripiena di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio di una bell
lla spuma del mare fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col qual
pietà ti prenda di me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perchè questa è la pena di chi giace con le dee. — Consolò Vene
torella, perchè secondo Aristofane gli amanti amano gli uccelli. Così questa dea si trova suU’ altare della Villa Borghesi. Ne
a la voluttà e la forma degli occhi proprii di Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che Giunone, della quale gli occhi
te di ferro. Udite da Winkelmann altre pregevoli cognizioni intorno a questa divinità. « Venere, egli dice, occupar deve il p
re del Museo Capitolino serbatasi meglio che tutte le altre statue dì questa dea, poiché, eccetto qualche dito che le manca, n
Venere dei Medici. Le belle forme dell’ adolescenza femminile che in questa si scorgono, ammiransi pure nella Teti seminuda d
di un bel vaso di terra cotta esistente nella Biblioteca Vaticana. Sì questa Venere che la prima ha negli occhi dolcemente ape
tita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bella statua di questa dea, che dianzi vedevasi nel Palazzo Spada in Rom
olare nei lineamenti, vezzosa neir attitudine, molle nell’espressione questa singolarissima statua. Ha saputo così bene nell’a
re del braccio al gomito, nomina espressamente le serpi. Fu rinvenuta questa bella scultura nella tenuta di Salone a destra de
e che significano: Bupalo lo fece. Per quanto però sia verisimile che questa base appartenesse alla nostra statua, non crederò
fosse lo stesso che la dea Siria, quantunque Luciano creda che sotto questa denominazione adorassero la luna. Amatusia fu chi
ue di Venere del Visconti, dalle quali quante cognizioni per ritrarre questa divinità potete dedurre! « Molte statue femminil
ruditi. Questa che conosciamo, con sicurezza ci fa strada a ravvisare questa dea in parecchie altre sculture. Il petto, in par
ttuto il cavalier Mengs, che la straordinaria bellezza della testa di questa statua, superiore al resto delle membra, benché n
grumi. Venere vincitrice. « Dagli scavi d’Otricoli vide ancor la luce questa graziosa figura, così però mal concia, che diffic
ezzo d’armatura di quelli che Venere ostenta. Fu dunque ristaurata su questa idea, e le fu aggiunta la palma allusiva al suo e
del suo poema avesse preesistito all’Eneide, sarebbe da credersi che questa favola si fosse voluta volgere in un complimento
re fu lanciato nel mare, ove l’educò Teti, antichissima fra le dee. A questa ingiuria dalla madre sofferta fu creduta dagli an
tretto a dargli la face ardente. Lucrezio con molta vaghezza paragona questa gara alla nostra vita, essendovi della morte biso
, o quasi conico, perchè quello dei fabbri antichi avea probabilmente questa forma. Una medaglia curiosissima è quella dell’ir
o d’ un fiore indicatole dalla moglie di Zeftìro vi esposi allora che questa gelosa matrona del Tonante fu l’oggetto delle mie
Lenno ostie umane gli erano sacrificate. L’urna nità abolì col tempo questa barbara usanza, e furono sostituite altre vittime
onzo legato lo tennero per tredici mesi, e perito forse sarebbe se di questa disavventura non fosse stato fatto accorto Mercur
li amanti, volò Venere in Pafo, e Marte nella Tracia. Palefato spiega questa favola dicendo che Sol figliuolo di Vulcano re di
ì Marte dagli antichi. Dio comune fu detto; e fra i diversi motivi di questa appellazione il più probabile è quello di Servio,
giamento. Vedesi pur cosi efìSgiato sulle monete e sulle gemme. » Da questa osservazione di Winkelmann forse il conte Rangias
iminuire le cure del regno, come è costume dei potenti, insidiò ancor questa fra le sorelle, e n’ebbe Proserpina, eterno dolor
e, che i Latini confusero da principio con Rea, la Terra. Distinta da questa , ella fu nonostante chiamata la regina di tutte l
ante che i granai non poterono contenerla. E facile d’immaginare dopo questa tradizione tutti gli epiteti, dei quali il nome d
consacrare il segno della Vergine, essendo la spiga un bell’astro di questa costellazione. Non solo i templi di Cerere erano
pane. Si faceva onore di tutto ciò che si referisce all’agricoltura a questa divinità, e ai suoi primi allievi. Così lo stacci
volta confuso. Il primo rassomigliava a un cilindro, e si trovano di questa forma nelle vicinanze di Palestrina; il secondo o
do se ne servivano nelle feste di Minerva era ripieno di lana, perchè questa dea, come vi accennai, aveva insegnata l’arte di
di spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine di Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. Il papavero era un si
ato sulla testa. Il papavero era un simbolo della fecondità, ed è per questa ragione che sopra alcune medaglie si vede Cerere
sto possa aver relazione ad Iside modello di Cerere, io non penso che questa maniera di rappresentare la dea greca sia tanto a
Cerere, e di tutte le altre cose interessano la storia ed il culto di questa divinità famosa, parlerò nelle seguenti Lezioni.
gia, Nè verun pegno dell’eterne cure Eia conforto? Soffersi assai per questa Pace infernale: dell’antica notte 1 principi ne a
ressa dagli ornamenti, la scultura dagli attributi simbolici. Innanzi questa epoca si vede Cerere espressa con un velo che cad
r esprimere un’ idea tanto comune? Dei secoli barbari è tutta propria questa maniera. Spanemio crede che la Pace rappresentata
ie con spighe nella mano, da Cerere non differisca. Che che ne sia di questa congettura, egli è certo che grande amicizia regn
amori di Cerere con Jasione. Gli scrittori seguenti hanno aggiunto a questa favola circostanze, che non la rendono nè più fac
i monumenti ha le spighe ed altri simboli a Cerere convenienti. Forse questa parità fu immaginata per mostrarne l’incertezza d
sce Proserpina malgrado le dissuasioni di Minerva. Mercurio, utile in questa intrapresa, precede il carro del rapitore, e semb
nere seduta, che ha sulle ginocchia Paride che l’abbraccia: innanzi a questa sta Amore ohe guarda Paride, e gii pone la mano s
gelo, e lambe Con fedel fumo l’innocente fiamma Le contigue pruine. A questa terra La madre ora commette il pegno ascoso, E vo
favellarvi delle forme, colle quali gli antichi artefici effigiarono questa divinità celebrata. Cerere, come vi accennai, ha
simulacri di Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch questa dea è in un carro tirato da due elefanti. In un’
i Farnese, già nel Gabinetto del re di Napoli: quello che è tenuto da questa figura sembra essere una specie di sacco. Un’urna
rincipali del nudo e senza affettata ricercatezza di partiti, rendono questa scultura un esemplare nel suo genere quasi inimit
le quali nella statua sono semplicissime e verisimilmente ideali. In questa oscurità non posso omettere di lodare l’avvedimen
e sembrano aver suggerito al nostro artefice il carattere generale di questa scultura destinata, come suppongo, per effigie di
a come la nudrice del genere umano. « Il ristauro è stato eseguito su questa idea. La divinità nella destra ostenta le spighe,
n Dea chiamate Miste. Il signor D’Hancarville ha preteso di escludere questa opinione, ma il famoso Visconti ha combattute le
roserpina, e i doni dell’agricoltura, dei quali fu la dea liberale in questa occasione al genere umano. Solevano nell’ultimo g
rito prescritte. Ai servi d’ambidue i sessi era vietato l’assistere a questa solennità tanto celebrata. Le Tesmoforie si veggo
esto particolare. Tertulliano nel suo Apologetico divide la gloria di questa impresa, dicendo che Orfeo in Pieria, Museo in At
ole amico e benemerito degli Ateniesi. Si trovò il modo di conciliare questa difficoltà. Piglio adottò Ercole, e così fu inizi
e era fama che per la prima volta fosse nato in Eleusi. Potete vedere questa gara rappresentata in un basso rilievo antico pub
o disse che la dea abitava nel mezzo dell’eterea regione del fuoco. E questa opinione segue Ovidio nei Fasti, dicendo: Non int
intendere per Vesta altro che la viva fiamma, che non vede nascer da questa alcun corpo. — Infatti, in Corinto vi era un temp
el mondo. Prendevano sinistro augurio se si estingueva, se si espiava questa negligenza con cure e con inquietudini da non dir
Temide, quest’ultima ne fé’ dono ad Apollo. Immolavano gli antichi a questa dea un’agnella nera, come rilevasi dal terzo libr
na donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo nella composizione di questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava le sue
è indicata da uno scoglio sul quale Temide è assisa per indicare che questa dea era figlia della Terra. « Una medaglia dell’i
, e scotendo il suo vasto corpo si lagna col Cielo. — Per allontanare questa funesta immagine, l’artista adotta quella, colla
lla sembra esprimere l’ammirazione, la riconoscenza, la gioia. Tale è questa composizione, ed io non so il perchè gli antiquar
e. I Latini, come nota Servio, diedero ad Amore il nome di Cupido. Ma questa regola non è generale, come in Virgilio, in Prope
Riunirò adesso le altre notizie tramandateci da^li antichi intorno a questa divinità potente. Nella famosa pittura di Zeusi i
ale attestava che Carmo fu il primo Ateniese che consacrò un altare a questa divinità. A Megara scorgevasi l’Amore scolpito da
iano del talamo di Venere, come Euripide si esprime. Rappresentato in questa maniera l’Amore era chiamato (grec) o chiavigero.
mma del Museo Fiorentino ci offre Amore che naviga sopra un’anfora, e questa immagine sembra esser tolta dall’Ercole di Omero.
seguitando il sistema che mi sono prefìsso, dirovvi ciò che intorno a questa dea pensavano gli antichi. Regina del Caos era in
scrittori innanzi figuravano alata la Notte. Virgilio seguitò ancora questa opinione, dicendo: Precipita la Notte, e con le n
econdo la fa sorgere dall’Oceano al cader del giorno. Sacrifìcavasi a questa dea il gallo come animale ai suoi silenzi: nemico
Albani, che esprime la scoperta dell’ adulterio di Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al di sopra di es
di Arùore del Museo dementino, data dal celebre Visconti. Succederà a questa un’elegante Canzone di Lodovico Savioli sopra Amo
a Amore e Psiche. Si presenterà l’occasione di ritornare col tempo su questa favola ingegnosa, con tanta venustà raccontata da
nta venustà raccontata da L. Apuleio: « Maggior sarebbe il pregio di questa bellissima mezza figura quando colla stessa proba
racciar l’autore. « La grazia e la venustà sono le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, nè di morbi
a monumento antico a mia conoscenza che possa illustrare l’origine di questa graziosa figura, inclinerei molto ad attribuirla
un miglior avvenire. Certo è che i sogni sono la compagnia eterna di questa cara divinità, come appare da Tibullo, che dice:
promettono felicità vestiti con pompa reale. Se qualche uomo entra in questa città, tutti gli si fanno incontro nel loro vario
alle Muse quanto il Sonno, e che eressero in Trezene un’ara comune a questa divinità. « Nè tal maniera di pensare deve sembra
qualche volta eccitato alla poesia dall’ immagine dello stesso Omero. questa , o altra sia stata però la ragione dell’alleanza
Ippocrene, e che inoltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno di questa famiglia, il quale si suppone essere stato il Tri
onetale, che fece coniar tali medaglie, troverà tante probabilità per questa spiegazione che giungeranno a rendergliela verosi
li antichi genitore di tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in questa opinione influì l’essere stati alcuni fra loro pr
ro le impressioni degli oggetti provati altre volte, nel che consiste questa facoltà dell’umano intelletto, si è voluto simbol
l debole dell’Antiquaria sian le troppo sottili interpretazioni, pure questa maniera di portare la sopravvesta, che costanteme
sti a giustificare un simil divisamento. «La dea eh’ è il soggetto di questa scultura abbastanza è nota pei carmi non meno deg
unica statua, e forse, più generalmente parlando, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel bassor
alla sinistra di Apollo sia piuttosto la Pizia. Piacemi estremamente questa suo congettura: aggiungo solamente per avvalorarl
ol nome però non di (grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E questa nel piano inferiore del bassorilievo dove i perso
bra probabile la lor congettura all’atto e all’abito dell’immagine: è questa velata e involta nella sopravesta, anzi par che t
la osservazione della natura che ha somministrata al pittore filosofo questa bella idea; l’ha egli appresa nel commercio degli
mi tirò, e mi avvertì. « Giacché è caduta in questo luogo menzione di questa eccellente pittura, osservo con piacere che le Mu
eschinella, E di fere ad antri gelidi Sempre accanto vivrò: Ed ora in questa , ed ora in quella Loro tana, ohimè, farnetica A e
sinistra Delle greggio nimico e degli armenti Contra gli aizza, e in questa guisa parla: Su, gli dice, su, fera belva, Vanne,
indi con licenziosa pompa riconducevasi al tempio. Il significato di questa favola fu indagato da quelli che nel decadimento
gelo. Ati, secondo essi, è il sole: più probabile, ma non certo è che questa invenzione significasse le diverse fasi o apparen
iobolo, ed a questo è allusivo il figurato della facciata opposta. In questa si vedono effigiati i mentovati animali, che coll
pensa gì’ insegnò l’agricoltura, e fu tanta la gratitudine del re per questa inestimabile cognizione, che gli cede la metà del
le collo spargimento del sangue umano. Presso i Cartaginesi veniva in questa maniera più particolarmente onorato, e questo cul
u cui è fondato il maggior rimprovero, che la posterità abbia fatto a questa Nazione. Diodoro di Sicilia riferisce che essendo
anciullo sacrificato. I Cartaginesi però non furono soli colpevoli di questa odiosa superstizione: anche gli antichi Galli, e
no a tavola i loro servitori, li regalavano generosamente. Cominciava questa solennità tumultuosa i 16 di dicembre, e durava t
ttà portava il suo nome. Ma non vediamo negli antichi poeti citati in questa isola una fabbrica, quantunque Ellanico pretenda
ta circostanza fisica determinò senza dubbio gli antichi a consacrare questa isola al dio del fuoco. I suoi sacerdoti avevano
fabbricare il ferro, risale molto alto nell’Istoria Greca. L’epoca di questa scoperta è del terzo secolo avanti la presa di Tr
la maggior parte suppongono che eglino aveano passato dalla Frigia in questa isola e lo sbaglio di quelli che s’allontanano in
Fréret si aggirano sulla differenza che passa fra Cibele e Rea, e fra questa ultima e la Terra: ed io credo inutile il darvene
ano Tessalonica li onorava di un culto singolare, e sulle medaglie di questa città si vedono col berretto del dio, di forma co
esto dio fanciullo con la Pace per nutrice, forse per significare che questa dea regna solo fra i morti. È opinione di alcuni
Racòti, luogo ove fu edificata Alessandria; che incominciò appunto da questa epoca ad essere più conosciuto Serapide, e che il
essandrino, lo riconosce pel gran Giove di Sinope ; e nelle monete di questa città, che divenne poi colonia romana, s’incontra
prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La composizione comincia in questo fiume: co
vvicina, ed è assiso sopra una pelle di avoltoio. Quelli che spiegano questa pittura a Delfo dicono che Eurinome è una divinit
arne dei morti, e loro non lascia che le ossa. I poeti non parlano di questa Eurinome. Per servire al testo conviene rappresen
dopo essa Glimene che le volge le spalle. L’istoria rende ragione di questa attitudine. L’avventura di Procri è nota. Dopo la
riate con arte. Benché l’azione di Ulisse sia l’oggetto principale di questa composizione, Polignoto non l’ha distinta con alc
ostretti dalle costumanze civili e religiose ad espressioni mediocri: questa stessa considerazione giustifica Virgilio, che fa
in alto vi sono due donne che portano dell’acqua in idrie rotte, onde questa si versa. Una è giovine, l’altra è vecchia: non h
il rimorso segue nel momento la colpa i poeti le figuravano alate, e questa idea dei poeti ha guidata la mano degli artisti a
i manichi. Quindi volgendosi all’Oriente, spargere del miele, e dopo questa libazione piegare a terra con ambe le mani nove r
to sposo dalla stessa Ipermestra, e la vostra fantasia potrà forse da questa descrizione ricavare il soggetto di una pittura.
si può che d’esse ognuna Abbia già tolto al suo cugin la vita. Ma se questa mia destra ardito avesse Di trar di vita alcun, n
i e fuggi, ed al tuo scampo attendi: E se a fuggir tu non t’affretti, questa Agli occhi tuoi sarà l’ultima notte. Onde d’orror
Cerere madre di lei: ma l’ampiezza dell’istoria e degli attributi di questa dea non mi permise d’ inserirvi le altre notizie
ile il ridirvi come fu rapita in Sicilia; solamente aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti di que
per |Proserpina. Ora cani, ora nere ed infeconde vittime immolavano a questa dea gli antichi, e Virgilio narra che Enea le sac
prime le sembianze e l’ufficio «…………………… E guardiano E passeggiero a questa riva imposto Caron, demonio spaventoso e sozzo, A
poeta, tanto era Achille che Tersite. E con ragione ai Numi infernali questa idea d’eguaglianza diedero gli antichi, perchè tu
ige nell’inferno dei Pagani si offre dopo Acheronte. Esiodo vuole che questa fiumana sia nata dall’Oceano: altri figlia la dic
si non dissentono gli artisti che Nemesi hanno rappresentata. Infatti questa dea della retribuzione delle opere buone e cattiv
altro nome, e il freno per indicare la moderazione nelle parole e in questa guisa si scorge sulle medaglie. Sopra delle pietr
rato verso il viso, dà un’idea delle ricerche scrupolose, delle quali questa dea si occupa per discoprire i segreti più nascos
ato, si riferisce forse all’epiteto d’ irreprensibile dato da Omero a questa nazione. Quindi Fidia può avere avuto intenzione
he vi si ravvisano tutti quei simboli che gli antichi attribuiscono a questa nemica dei superbi, avuta per la persona allegori
figure degli Etiopi. Qui è la maggior esitanza di Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala di preziosi unguenti tutta
mio dottissimo amico, l’ Abate Zannoni, in un bella dissertazione su questa dea, che non ha veduto ancora la pubblica luce. E
ne; Segue alla lunga la più hreve, e credi Che quasi colle cresca; in questa guisa Sorge zampogna con dispari canne. Quelle ch
inno su Cerere, attribuito ad Omero, figlia la chiama dell’Oceano, e questa origine vien pure da Pausania attestata, che 1’ a
ediamo senz’ali, le aveva: perchè, secondo ch’egli crede, invocandosi questa dea dagli amanti le davano le ali di Cupido. Ma f
essuna cosa fu però più particolare alla Fortuna della ruota, essendo questa , come osserva il prelodato Buonarroti, un simbolo
egli uni, e il deprimersi alle miserie degli altri, ch’era creduto da questa Dea farsi con tanta velocità quanto si volge una
sua dipendenza da Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Apostata di levare questa statua, e di nasconderla sotto terra. Il simulacr
zzo a effigiarla nelle medaglie, perchè, secondo credono gli eruditi, questa Fortuna si assomigliava principalmente a una Vitt
non può meritare per l’arte. Comunissimo sono l’immagini in bronzo di questa deità, com’anche in gemme e in medaglie: non così
il polo che le pose sul capo. « Alcuni si contentano d’ intendere per questa voce il Cielo senza curarsi di sapere sotto che f
da Polluce ad una specie di scodella o di conca. Come dunque si vuol questa volta appropriare ad un corpo, che piuttosto somi
lante. Aveva molti tempii in Roma e nella Grecia, e Siila in onore di questa divinità istituì pubblici giuochi dopo aver vinti
volare, e con loro mai sempre restasse. Gli Egiziani simboleggiavano questa dea nella forma dell’aquila, alla quale Giove, al
estita, che tiene il caduceo nella destra. In una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie
desse alla resistenza del Senato romano, ad abolire ogni monumento di questa idolatria. « Fra i pochi che ne restano in marmo,
la sicurezza prodotta dall’aver volto in fuga e disarmato i nemici. A questa espressione di sicurezza parebbe che possa allude
nistro sul capo, se una statuetta simile, trovata posteriormente e in questa parte più intera, non ci apprendesse che la sua v
i Dei, (Allor risposi a lei) Il sommo impero del mio cuor si tiene, E questa i miei pensieri alto sostiene, E gli avvolge per
ancora in mano di Calliope musa dell’Epopea nelle stesse pitture: ma questa uniformità che darebbe delFimbarazzo negli intona
nio, che dice la storia invenzione di Clio. Una prova dell’impiego di questa Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plutarco,
ositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genuino di questa voce, in che è con preferenza adoprata da Omero,
esta, antica bensì, ma probabilmente di una Musa, non è la propria di questa statua che ne fu trovata mancante. Merita osserva
mparisce arrendevole nelle pieghe e mancante d’elasticità. Infatti fu questa pianta la materia più comune dei volumi ancora pr
la o una Ninfa o una Musa, e la decenza del vestimento ci determina a questa seconda opinione, giacché di rado le Ninfe in alt
sto l’attributo di Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito di questa Musa vi è qualche cosa ove fondare una maggiore p
ervazione del marmo si è che la cetra posata in terra resta presso di questa Musa, e non è, come nelle copie in rame, vicina p
nto, Talia. « La musa della Commedia facilmente si ravvisa in questa leggiadra figura della maschera comica e caricata
so ho annoverato fra i distintivi della Tragedia anche la positura di questa Musa, poiché con somma giustezza aveva riflettuto
emmo pure argomentare dai metri stessi dei drammi greci. « L’abito di questa Musa è una tonaca talare e lunghe maniche con sop
statua, lo che sempre più ci assicura che r artefice non ha usata di questa situazione senza mistero. Nel sarcofago di Villa
sotto scritta la Epigrafe Tersicore la Lira. « A dir vero si vede in questa Lira la testuggine che ne forma il corpo, secondo
te danzando, particolarmente intorno all’ are dei numi. L’impronta di questa origine si trova ancora nelle greche canzoni, e s
ccolo nel Museo del cardinal Pallotta; e simile alla nostra era ancor questa Musa nella Collezione della Regina di Svezia. Il
Nelle monete romane della famiglia Pomponia si riconosce la testa di questa Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto, come
lcuni han dedotto il suo nome dalla presentazione della verità. Oltre questa dottrina mi giova a ravvisar Erato in quella figu
uesto nappo rovesciato dal calcio di un uomo che gli palpita accanto, questa fanciulla profetessa vestita colla stola, che rig
coir insidia del peplo chiuso circondando Agamennone, lo percosse con questa doppia scure, colla quale gli alberi più grandi s
io di tempo sarebbero state con gran compassione rappresentate; ma in questa pittura ancor più ne vedrete. Guardate dunque: le
imaterza. Polinnia, Urania. Polinnia. « Non vi ha dubbio che questa statua, una delle più eleganti e conservate della
tenga alla Musa Polinnia. Anche nelle Pitture Ercolanensi è effigiata questa Musa senza veruno attributo, e la sola situazione
iuttosto il solo gesto è quello che la determina. Non sembrerà strana questa maniera di rappresentarla quando veniamo in un’es
chi che l’hanno espressamente chiamata la Musa della Memoria. Siccome questa facoltà molto si fortifica nell’uomo per mezzo de
osì la sua taciturnità e la cognizione della favola fecero presiedere questa Musa all’ arte dei Pantomimi, che a forza di gest
resentare di tutto il cielo poetico le avventure più dilettevoli. Che questa sorta di danze fosse diretta dalla Musa Polinnia,
nense. « Del rimanente, per non dubitare della reputazione che godeva questa figura presso gli antichi, basta riflettere che u
il nome e 1’ ufficio, stimò superfluo di sottoporre epigrafe alcuna a questa Musa come abbastanza palese dai suoi attributi. «
moderno ristauro, ma altri non potevano essere quando fosse stata pur questa la figura di Urania: e che la statua a questa Mus
quando fosse stata pur questa la figura di Urania: e che la statua a questa Musa si appartenesse, resta evidentemente provato
l ripiano delle scale del Palazzo de’ Conservatori in Campidoglio. Ha questa sul ripiano, eh’ è tutto d’ un pezzo col simulacr
a proveniente dalla Villa Adriana. « Non si dura fatica a riconoscere questa Musa negli antichi bassirilievi. Il globo e il ra
di Edipo sarà reso questo ufficio dalla sorella Antigone, essendo per questa effetto uscita di notte fuori del recinto delle m
o di riconciliare i due fratelli. Ma che diremo noi dell’artifizio di questa pittura? Poiché la luna sparge non so qual debol
’una dall’altra, attestando la guerra e la querela che dura ancora in questa tomba. — Andromeda. — Questo non è il Mar Rosso
questo, ed avendo compassione di Andromeda per esser stata esposta a questa bestia crudele, il combattimento é qui terminato,
i nostri studii. Urania sedente. « Se minore dell’ altre Muse è questa eleganti:.^sima statua, le supera forse tutte in
o star seduta come le altre sovra un sasso. Quello che è singolare in questa eccellente scoltura è il panneggiamento, sì per l
attato, sì per la qualità dell’abito che si è voluto rappresentare. È questa una tunica pieghettata, (grec) detta dai Greci co
er cancellare il già scritto, è senza dubbio la musa della Poesia. In questa attitudine appunto Laide incontrò nei giardini di
ma l’ ha indicato nell’aria attenta e pensierosa che ha saputo dare a questa figura, per la quale merita di essere con meravig
derargli i pugillari che ha nella manca: in una pittura di Ercolano è questa Musa così parimente rappresentata; e il quadro st
dall’ altra 1’ Ercole Musagete coli’ epigrafe Ercole delle Muse, e su questa non cade alcun dubbio. La seconda presenta al dri
h’ io credo, è Clio; secondo il Begero, è Calliope. Potrebbe anche in questa figura esprimersi l’una e l’altra, giacché il vol
ine espressa nell’area del dritto, mentre al rovescio è rappresentata questa dea della Lirica in atto di suonare il suo favori
e. Poiché la florida veste, i tirsi e la nebride, come inopportuni in questa circostanza, son rigettati. Nè le Baccanti si ser
del diletto amico. Queste sono le pitture di Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che venuto di Etiopia uccide Antiloco
Ma in qualunque maniera si giudichi di queste cose, che n’ importa di questa scienza? Perchè quelle mani unite fra loro come s
ue Grazie che a Venere accomodano la chioma. Può essere illustrata da questa delicata immagine di Claudiano, che ho espressa i
dicina, fondato sull’analogia che colla gratitudine hanno le dee. E a questa , soggiunge, alludono le tre Grazie scolpite in un
ll’età in cui fu ucciso. Voi non direte che Mennone fosse nero perchè questa pura e nativa nerezza eh e in lui ha un così grat
ce degli antichi, cioè di acquietare i dolori, non riducendosi allora questa parte delle umane cognizioni, divenuta col tempo
amosi del nume erano in Pergamo e in Tetrapoli. Narra Strabone che in questa ultima città, situata fra i Carii e gl’Ionii, era
uno congetturato che fossero di Esculapio e della Salute. Era sovente questa dea unita insieme con Esculapio, come si vedeva i
, che significa forza, che i Romani chiamarono valetudine. Era tutta questa comitiva di Dei fatta molte volte insieme, quando
ché quanto al suo nome, significa condurre a fine i mali. E perchè in questa si ringiovanisce, e nel tempo stesso siamo più de
figure erano stanti: nel nostro la figlia è in piedi, il padre siede: questa diversità rende il nostro assai più pregevole, po
agli scrittori, avessero sulle forme che conveniva dare a Bacco. Ed a questa importante ricerca ninno può meglio soddisfare ch
tue che rappresentino il dio del Vino. « La sorprendente bellezza di questa scultura non può rappresentarsi abbastanza nò col
zione, principalmente nelle persone dell’arte, pure questo restauro e questa denominazione mi sembrano fondatissime, e quasi c
fronte, lo provano. Ma un’altra prova non meno certa del soggetto di questa statua è quello appunto dove si fonda la contrari
ggiabile per un corpo maschile bellissimo di una bellezza effeminata; questa espressione è portata fino air ideale: volendo in
za rendeva cara quest’isola. Sarà colpa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema di lui, nella quale gareggia con
si svela: Oh, chi mi ferma Mentre il vero ridico? Oh, le mie notti Da questa imago liberate: Invadono Gli aditi, e le de’ suoi
: Cintia l’inermi Mani d’Agave superar le belve Vide sopra le rupi. A questa mia Fatica s’ammutir le Driadi. Il Padre D’Armoni
Agave? il figlio Savio, del seno tuo peso diletto! Echione fu padre a questa belva: Mira il lion eh’ io riconosco; ah spesso S
ali. Io vado a ritirarmi in Tracia, piuttosto che esser testimonio di questa profanazione del tempio degli Dei, e vedere Andro
fiolio. Giunone medita nell’istante uno stratagemma per vendicarsi di questa nuova amante. Ella s’indirizza alla dea della Fur
veduto, le dice, nelle forme maestose di un Dio. Giove si affligge di questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche nemiche
o termine, e non ve lo tolse che per darlo alla luce. Nell’istante di questa nuova nascita di Bacco l’Ore si trovano pronte pe
na, madre di Palemone. Ma Giunone avendo minacciata della sua collera questa nuova nutrice, Mercurio ritira il nume bambino da
o gli tien luogo di tutto: finisce per chiederlo a Giove, e sollecita questa grazia colle più vive istanze. Qui il poeta ci fa
iume per farne una frusta, e cinge di fiori lo corna dell’animale. In questa positura sfida la Luna, della quale il carro è da
cia il giovine Ampelo che muore della caduta. Un Satiro testimonio di questa sventura l’annunzia a Bacco, che inconsolabile di
il lauro, a Minerva l’ulivo, a Cerere le spighe. È rapita di gioia a questa vista, va a raggiungere le sue sorelle, e ritorna
tti i dolori. Ecco r origine poetica che Nonno dà a questo liquore. A questa prima tradizione ne aggiunge pure un’ altra. Supp
rammentò di un antico oracolo di Rea. In conseguenza fece un foro in questa rupe per procurarsi una specie di strettoio in cu
te. Le ninfe lo piangono, ed Amore giura di vendicarlo, sottomettendo questa bellezza feroce a Bacco. Tutta la natura piange l
la vergine celeste Astrea, oltraggiata dai delitti degl’Indiani. Dopo questa esortazione di Stafilo, Bacco invia un araldo al
uo liquore per consolarsi. Serve, dic’ella, eh’ io vegga una tazza di questa deliziosa bevanda, ed io non piangerò più. Questo
fa prigioniera. La Terra soccorre Ambrosia e la converte in vite. In questa nuova figura ella incatena il suo vincitore coi s
e questo corpo morto in mezzo alle fiamme, più grande dell’ordinario, questa donna che si getta disperatamente nel fuoco, tutt
urre Giove. Va a trovar Venere sul Libano per chiederle il suo cinto: questa vedendola afflitta ne domanda la ragione: Giunone
finge di amarlo. L’insensato credeva di potere, benché nero, ispirar questa passione, e Calcomedia compisce l’inganno coi suo
e sposarlo. Ma Teti, sotto l’aspetto di una Baccante, la distoglie da questa disperata risolu zione: le dice eh’ ella pure ha
giare il sangue, Nè palpitar sopra la polve il corpo. Un dio ti tolse questa vista, e gli occhi Violati non ha strage paterna.
, dei Centauri ed altri. I Baccanali compiranno le nostre ricerche su questa divinità e ad un tempo la Teologica Mitologia. Ne
cora una corona di alloro in segno della vittoria eh’ egli riportò; e questa corona è conosciuta sotto il nome di Grande. Una
ido, perchè quest’ animale è acquatico; e pretende con Buonarroti che questa figura rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdeg
che aver si debbe al maestro dell’antiquaria, io non sono contento di questa spiegazione, e reputo che Omero abbia dato un col
enti i tirsi, non osservandosi in loro l’ellera in altra forma che in questa , eccetto che alcune volte si vede un’asta circond
veggono in mano del centauro celeste fatto in forma di cacciatore. A questa necessaria digressione sul tirso aggiungo la desc
no esposti dal medesimo autore nel primo ragionamento che vi tenni su questa divinità. « Un altro carattere, e quasi un’egual
inità. « Un altro carattere, e quasi un’eguale bellezza si ammira in questa mezza statua di Bacco, trovata nel cavamente degl
la pianta è nata in quella guisa che il suolo l’ha prodotta. Infatti questa pittura ne dice che il colore dei capelli del gio
delle gambe, perché deve insieme saltare e seguire la mano destra. E questa è l’attitudine di uno che sostiene il disco: conv
ore, si mostruose deità, e non restano che i Satiri e i Sileni, e con questa compagnia nell’Isola di Nasso è dipinto Bacco dal
comune sistema greco, non sono di una genia diversa dai Satiri. Tutta questa famiglia si credette derivata da un antichissimo
o Heine. La Mitologia dei Latini è diversa molto da quella dei Greci: questa spira soavità ed eleganza: in tutto vi è l’origin
tologiche, lasciandone assai altre incerte e discordi: fra le quali è questa dei Fauni. Fauno non fu conosciuto dai Greci: con
istinguere con differenti nomi le diverse maniere di Fauni, lasciando questa appellazione a quelli che in forma umana han di c
noscente ai benefizii dello dio, tentava di sedurne la moglie. Rivelò questa al consorte gl’infami tentativi dell’ ospiste sce
tichi bassirilievi si veggono i Centauri tirare il carro di Bacco. In questa guisa sono scolpiti in un bel cammeo di cinque st
ono dovuto star nel mezzo: ma in un trionfo non sarà stata necessaria questa regola. Alcuni considerando in questi Centauri co
cavallo un tutto, per quanto può immaginarsi, uniforme. Si è situata questa rarissima statua nel seguito di Bacco, essendo no
e da dubitarsi che quelle nei vasi dipinti dispensan vino, o siano di questa classe o ne imitino il ministero: potrian talora
ri, e come dedicato a Bacco, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta di divinità era costume ordinario ergere ar
to che sì levi pago e satollo da ricca mensa. » Il Visconti ha presa questa idea del verso di Lucrezio. Cur non ut plenus vi
i, e che distinguono l’artista erudito dal volgo degl’ignoranti. Dopo questa serie di memorie avanzate agli sdeigni di colui c
ri sospetti. Che se mi si chiedesse qual può esser stata l’origine di questa falsa denominazione, e se l’impostura, o l’ignora
nilmente gemente, che partoriva Bacco in mezzo alle dee levatrici. Ma questa pittura convien dire che fosse una specie di paro
’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dall’altra
fatti suoni l’antica poesia. Un’altra ara coronata ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella di una M
lla laboriosità che del gusto dell’artefice, il quale dee aver tratto questa composizione tanto superiore al suo genio da egre
abito del re di Taprobana. Simile per avventura al pallio che avvolge questa statua, o l’altra conosciuta prima per Sardanapal
uo nascimento. « E credibile che in antico si vedessero nelle mani di questa statua il tirso e la fiala, insegne proprie del n
e dorme appoggiata all’urna, simile in atto alla pretesa Cleopatra di questa Collezione, e di un’ altra che è ancor senz’ urna
esentarsi qualche ritratto. Più decisivo al mio credere per confermar questa opinione è il partito, onde lo scultore ha condot
he speravano riportarne fecondità. Quindi Silio Italico descrive con, questa sferza il nume d’Arcadia. « La destra scherza las
menti bacchici rappresentano quindi Satiri, Fauni e Sileni forniti di questa specie di sferza. Bacco sul carro tirato da Cen
io costume vi esporrò quelli fra gli antichi monumenti che riguardano questa famosa impresa. Vi prego di accrescere la vostra
nete romane coli’ epigrafe: Agli Bei Auspici. Le medaglie provano che questa venerazione indivisa ad Ercole e Bacco perseverò
auri in alcuna immagine vedansi aggiunti ancora al carro d’Alcide. Di questa alleanza di Bacco e di Ercole è ancora un monumen
di tanto disordine. Baccanale. « I bassirilievi scolpiti attorno a questa grande e nobil vasca di greco marmo dissotterrata
i, e le due gran teste di leone ci ricordano i rapporti Dionisiaci di questa fiera che, sacra alla madre degli Dei, passò nell
me, secondo la dottrina dell’Egitto, nuotavano in fluido elemento. Da questa dottrina allegorica degli Egizj avrà probabilment
egizio si esercitasse. Quello che più, secondo il medesimo, comprova questa idea, sono il Sole e la Luna personificate in una
2 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
i escluderne non solo quanto riguardar poteva la parte più sublime di questa Scienza, e non ancora a portata de’ principianti,
è le cure di Cibele sua madre, che accorgendosi essere incinta, volle questa volta salvare la prole futura. Consigliata segret
si nuovamente con i Titani per fare la guerra a Giove. Fu vinto anche questa volta, e sopraffatto dalla disperazione ritirossi
potessero violare. Il Destino avea altresì predetto, che per ultimar questa guerra ci voleva la destra di un uomo : Giove a t
quivoci contrassegni del suo valore. Ciascuno degli Dei ebbe parte in questa mischia, e soprattutto si distinse Minerva, che s
he il nome ad eterna ricordanza di tale vittoria. Cadde finalmente in questa guerra Briarèo il più terribile tra i Giganti, ch
egli Dei. Il sacrifizio fu adempito, e cessò il pericolo. Nacquero da questa Dea tre figli, Vulcano, Ebe, e Marte. I due primi
simile miracolo. Dopo avere affidato il suo segreto a Flora, le fu da questa indicato un fiore, che appena toccato dalla Dea l
Proserpina, infelice cagione di tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giovane Dea in compagnia di alcune Ninfe passeggi
o in Lince, animale ch’è simbolo della crudeltà. Cadde la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ primi di
primi di Tessaglia per aver questi tagliata una foresta consagrata a questa Dea, che gli comunicò una fame sì terribile, che
esto Dio annuncia ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì seguir D
Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della propensione di Giove per questa giovanetta, ebbra di sdegno la scacciò dal Cielo,
sue cure : malgrado però tutt’i suoi pregi, non fu mai corrisposto da questa Ninfa. Un giorno mentre l’inseguiva a tutta possa
uo padre, e fu tosto cangiata in alloro. Il Dio, ad eterna memoria di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira de
questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira delle foglie di questa pianta, e volle altresì, che la corona di alloro
ponesse al mostro la sua figliuola Esione. Bisognò cedere : ed oramai questa principessa sarebbe stata la vittima infelice, se
ietà al segno di frastornare le feste, che si celebravano in onore di questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi figli. Ap
agò il fio del reato di Giove : Giunone implacabile trasformò in orsa questa Ninfa sventurata, che andò vagando per ben quindi
uodi Enèo finì di ucciderlo, e spinto dal coraggio che aveva mostrato questa giovane principessa, le offrì il teschio del cign
schio del cignale. I fratelli di Altea moglie di Enèo credettero, che questa spoglia dovesse essere di loro pertinenza. La con
significato di molti Inni, per indicare i diversi soggetti, che canta questa Musa. Ella regola altresì il gesto, e la pantomim
no, allorchè fu ferito da Saturno suo figlio. Appena uscita alla luce questa Dea, Zefiro la condusse all’Isola di Cipro, dove
ogno di Platone. Parecchi accreditati scrittori ci assisicurano che a questa Venere virtuosa si erano eretti magnifici templi
conosciuto. Venere afflitta per vedere il suo figlio fatto suddito di questa giovane, la perseguitò con tanta stizza, che infe
dopo la guerra de’ Titani sposò Meti ; ma avendogli detto Urano, che questa donna avrebbe dato alla luce una bambina dotata d
a grazia, obbligandolo a giurare per Stige, che glie l’accorderebbe : questa fu che Giove venisse a visitarla con tutto l’appa
o fu detto il domatore delle Indie, o del Gange, fiume che attraversa questa contrada. Era cosa pericolosissima l’irritare que
gitto suo fratello Re dell’Egitto : ma fu un tempo istesso l’avanzare questa promessa, e concepire un orribile disegno. Come l
sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguito di Diana : ma come questa non voleva per niente ascoltarlo, tentò egli di u
esima di Pane. Pico suo padre non avendo voluto ascoltar Circe, fu da questa trasformato in un uccello detto Picchio. Satir
o era in voga presso i Romani : i Greci però non han punto conosciuta questa Divinità. Flora. Flora così conosciuta dai G
suoi incantesimi, trovò il mezzo per rendere mostruoso il bambino che questa Dea portava nel seno : fu inoltre così proclive a
a bellezza, e di una voce bellissima, seguaci di Proserpina. Allorchè questa Dea fu rapita da Pluto, chiesero le ali agli Dei
issima amata da Glauco : ma Circe sua rivale avvelenò la fontana, ove questa ninfa era solita bagnarsi. Appena che Scilla si t
d una falce. Gli antichi non offrivano voti, nè fabbricavano templi a questa Divinità, perchè la più dura, ed implacabile.
denza è stata tramandata fino a’ tempi nostri, e persiste tuttavia in questa opinione una moltitudine di sciocchi, ed ignorant
ezza, e vivacità ai loro lavori. Eudemonia, o sia la Felicità. Era questa Dea rappresentata assisa sul trono qual Regina, t
vesciando un corno pieno di frutta di ogni sorta. La Povertà. Era questa figliuola del Lusso, e dell’Ozio dipinta come una
cenci, spesso in atto di darsi alla disperazione. La Speranza. A questa Divinità due tempj erano dedicati in Roma. In dop
tavola delle leggi, e la bilancia della Giustizia. La Natura. Era questa la Dea che sovrastava a quanto esiste, e vediamo.
bacchetta, che si stende nell’intero globo. L’Amicizia. Meritava questa Dea degli altari, ed in fatti gli antichi a lei b
l corpo terminava in serpente colla coda di scorpione. Una stretta di questa coda cagionava la morte1. Il Terrore. Una tes
ra con ghirlanda, ed un cestellino di rose. L’Està. Per esprimere questa stagione vedesi Cerere col corno dell’abbondanza,
’età dell’oro, tanto decantala da’ poeti sotto il regno di Saturno. A questa tenne dietro l’età dell’argento, ed ebbe meno pur
liuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di vedere questa giovane, si trasformò in pioggia di oro, e mentre
al guisa la sfigurò perchè amata da Nettuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel
ttuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel tempio di Minerva. Poichè Perseo fu a
re della Mauritania, che gli aveva negata l’ospitalità. Chi guardava questa testa era soggetto ad un tale destino, e le still
preda di un mostro marino, che uccise all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola di Cefèo, e di Cassiope. Perseo
per lui qualche inclinazione, ma senza esserne corrisposta. Irritata questa principessa dal disprezzo, volle vendicarsene con
re Atene da sì umiliante tributo. Sarebbe però senza dubbio perito in questa per altro gloriosa impresa, se Arianna figliuola
ivi si trovava. Disgraziatamente tanto egli, che il piloto obbliarono questa promessa. Egèo che impaziente attendeva sulla riv
sotto la custodia di un dragone terribile. Fu Marte tanto contento di questa offerta che promise immense ricchezze a chi avreb
gli Eroi della Grecia. Il vascello detto Argo fu quello che trasportò questa schiera di Eroi, perciò detti Argonauti. Noi non
cise l’indegno ladrone. Stupenda è la descrizione, che fa Virgilio di questa grotta nel lib. 8. Dell’Eneide. Stava nelle arene
estie feroci di differente specie. Admeto ebbe la fortuna d’impalmare questa principessa, avendo adempito a tale condizione me
ando Alceste che lo amava alla follìa, si offrì di morire per lui. Fu questa l’unica fiata che le Parche s’intenerirono : reci
este, e lasciarono vivere Admeto. Mentre si celebravano i funerali di questa grande Eroina, esempio dell’amor conjugale, arriv
pessa volendo interamente frastornarlo dall’affetto per Jole gl’inviò questa fatale camicia, mentre andava a fare un sagrifizi
cia, e dopo pochi momenti infelicemente morì. Orfèo inconsolabile per questa perdita volle scendere all’inferno per chiedere i
pirò. Così Tebe fu liberata : Edipo sposò sua madre, e divenne re. Da questa coppia incestuosa nacquero Eteocle, e Polinice, e
a vendicare i suoi dritti colle armi. Dopo lunga, e varia fortuna di questa guerra, stanchi i due fratelli risolvettero di te
e Partenopèo. Adrasto, come si è già detto, fu la molla principale di questa guerra, avendo aceolto nella sua reggia Polinice.
, fu anche pressato ad armarsi : ma sapendo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dalla corte di suo cognato, e s
erò dopo ripudiata per Calliroe figliuola di Acheloo, chiese di nuovo questa collana ai fratelli, che vendicarono l’affronto f
mura di Tebe. Adrasto fu il solo, che ritornò alla patria. Del resto questa guerra fu fatale a tutti coloro, che ci avevano p
, che ci avevano preso parte. Fra i personaggi, che si segnalarono in questa celebre epoca, non possiamo dispensarci dal nomin
a perduta. Ella gli strappò la spada, e la conservò. Nacque Egisto da questa violenza, che esposto dalla madre fu allevato da’
. Parte quarta Origine della guerra di Troja. L’origine di questa guerra bisogna ripeterla, al dir de’ poeti, dal C
e nella Tessaglia. Achille, che superò la gloria del padre, nacque da questa coppia. Tali nozze furono celebrate con gran pomp
battaglia vengono alle mani. Nel forte dell’azione Paride, cagione di questa guerra, uscito dalle file propose una pugna a cor
er restarci di sotto, si raccomandò alle gambe. Il poeta per palliare questa fuga l’abbellisce con dire, che Venere inviluppò
arenti, i Trojani tutti, e la stessa sua sposa diedero del ridicolo a questa fuga vergognosa. Pretesero giustamente i Greci l’
o di prima. L’invincibil Diomede, figliuolo di Tidèo, oprò prodigj in questa battaglia. Lo spavento, e la morte camminava inna
i degli estinti. Gli Dei, che avevano preso grandissimo interesse per questa guerra, furono convocati nell’Olimpo, e Giove ord
lanciata una freccia, che Apollo diresse al calcagno di Achille. Era questa la sola parte del suo corpo soggetta ad essere fe
ito di un tal dono. I poeti che scrissero dopo di Omero, immaginarono questa favola, come accessoria alla storia di Achille. F
lisse si contrastarono le sue armi al cospetto di tutta l’armata : ma questa volle che si dessero ad Ulisse. Ajace ne fu tanto
in cui Ulisse doveva uscire dall’isola di Calipso, spicca Mercurio a questa ninfa coll’intimazione di lasciarlo partire. Conv
ivenire suo sposo. Finalmente il destino ha permesso che scappasse da questa terra fatale, e battuto da nuova burrasca è stato
consigli, onde ben regolarsi con i suoi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa promette di dar la sua mano a chi meg
ciarono nel sito dove stavano accampati. Varj sono i sentimenti sopra questa macchina immensa : alcuni pretendono che si butti
’inferno, per offrirlo in dono a Proserpina. Riuscì ad Enea di trovar questa pianta. Finalmente colla scorta della Sibilla, pa
la sua flotta verso l’imboccatura del Tevere. Il Re Latino regnava in questa contrada. Una sua figliuola unica, che l’Oracolo
ad interromperne il corso, facendo uscire dall’inferno Aletto : inviò questa furia alla reggia d’Amata, ispirandole il progett
gura gigantesca, un solo occhio sulla fronte spaventavano anzi che no questa ninfa. Inutilmente si ornava il crine, e si radev
a mangiare le frutta a suo figlio. Alcune gocce di sangue caddero da questa pianta che prima era stata donna, ed inseguita da
iti : il marmo si ammollì, e diventò carne. Pigmalione la sposò, e da questa coppia nacque Pafo, che fabbricò la città di Pafo
Aconzio . Cidippe prese quella palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi, era sorpresa
ndo si fosse sacrificata a Bacco una vittima umana, ed in mancanza di questa la stessa Calliroc. Nessuno ebbe la voglia di mor
ere cangiata in uomo, e colla proprietà di essere invulnerabile. Perì questa ninfa nella guerra de’ Centauri, e de’ Lapiti, i
he cosa riguardante le Deità comuni alle altre nazioni. Quantunque di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima parte,
desi figliuola di Eumelo re di Fera in Tessaglia. Scrivono taluni che questa giovane amantissima della castità ritirossi nella
iquarj diverse iscrizioni in conferma di quanto da noi si assersce. A questa Fratria crede il Martorelli che fosse stato ascri
telare. ΗΒΩΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩΙ ΘΕΩΙ Heboni clarissimo Deo. L’ etimo di questa voce benchè alquanto stiracchiato, potrebbe ripet
scere di lei. Una antica iscrizione ci somministra piena cognizone di questa esotica Divinità. Omnipolenti Dei Mithrae Appi
rapide. Il di lui culto era etesissimo nell’Egitto. Crede Varrone che questa voce abbia tratta la sua origine dalla cassa, o t
rchè erano trasportati i Napoletani per lo studio dell’astrologia. Di questa scienza erano tatalmente appassionati, che Virgil
i edificava, furono ritrovati non pochi antichi monumenti riguardanti questa Deità. Ed è verisimile, che siccome al tempio del
ogni anno nella notte della Natività di Nostro Signore. Chiamasi oggi questa statua dal volgo falsamente il pesce Nicolò : ing
i semper anhelo Votivam taciti quassamus lampada mystae. Le feste di questa Dea erano celebrate con grandissima pompa ad imit
in atto di andare in cerca della rapita Proserpina. Tra i ministri di questa Dea erano ammesse altresì le donne. I sacrifizj e
ani, come rilevasi dalle parole taciti mystae di Stazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio, ed alt
ente a fronte della porta grande della Chiesa di S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano gli Alessandrini, ed Egiziani,
ortuna, bisogna tuttavia confessare che nella Campagna Felice esigeva questa Dea un culto particolare. Ciascuna città aveva la
ia dispensava gli onori divini, e ne ha conservato qualche memoria. A questa classe possono appartenere le Grazie, Priapo, Gio
cui sopra abbiamo parlato, si portava processionalmente l’immagine di questa sozza Divinità : costume peraltro indecente. Quin
costume peraltro indecente. Quindi come si desiderava l’abbondanza, e questa se non dalle campagne, sperar non si poteva, fu d
Flavia Artemisia uxore Jovi Ejazio libens votum solvit. La radice di questa voce è affatto ignota, se pure non si dovesse leg
176 3 temdi tempi 181 28 non, vollero non vollero 214 5 di questa di queste 222 17 Boezia Beozia 240 8 inclin
suae dissolvit eum . 1. Parecchi altri animali crano al servizio di questa Dea, a lungo descritti da Lucrezio nel libro seco
oli della sola Italia ; si può dire, che noi abbiamo perduto molto in questa parte. Di essi i più celebri sono Sotero, Eleuter
gli Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meraviglie del M
fervida loro immaginazione, le hanno confuse. 1. Trovasi rapportata questa Venere seconda da Pausania, ed Esichio. Senofonte
tero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladium era la famosa statua di questa Dea che conservavasi in Troja, e trasportata da E
Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano gli animali consacrati a questa Dea. Il che diè luogo a Demostene bandito dagli A
e Stige. 1. Credesi chiamato Lete uno de’ rami del Nilo. L’autore di questa favola forse fu Orfeo, che viaggiò nell’Egitto, e
chè radunò i raggi solari nello specchio ustorio. 1. Chi non vede in questa favola un’ allusione dell’universale diluvio acca
un’ allusione dell’universale diluvio accaduto ai tempi di Noè ? Come questa generale inondazione forma un’ epoca interessante
lle falde del Monte Aventino. 1. Sembra che i Greci abbiano foggiata questa favola, per fare allusione al seguente fatto atte
ttestato dalle sacre carte. La moglie di Loth era in Sodoma, allorchè questa Città andò in fiamme. Le virtù, ed i buoni andame
he fu esente dalla pioggia di fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto di questa Città pareva un inferno. Il divieto imposto a Lot
resso di se tenuto un picchio ha data l’occasione ai poeti d’inventar questa favola. Leggasi Ovidio, e Virgilio nel 7. Dell’En
3 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
ri e cronisti ; noi ci facciamo a completare l’opera nostra, dando in questa Prefazione una spiega, per quanto più potremo con
al quale ci siamo attenuti, onde render chiara ed utile allo studioso questa opera storico-scientifico-letteraria. Penetrare n
la quale noi abbiamo intrapreso e compiuto questo lavoro, si abbia in questa prefazione, un’idea chiara, netta, precisa, dello
trasse a spendere più anni di penoso lavoro intorno a quest’opera. Fu questa e non altra, la ragione per la quale noi, dopo av
sta e non altra, la ragione per la quale noi, dopo aver delucidato in questa Prefazione, alcuni punti (che, per avventura, pot
i faranno a consultare l’opera nostra. Ci adoperammo alacremente onde questa fosse, per quanto era in noi, completa e perfetta
ando le ragioni che ci indussero, dopo lunga riflessione, a preferire questa maniera di esporre, piuttosto che un’altra. Fisic
Ristretto analitico della Favola da uno Studio Preliminare, che segue questa Introduzione, onde dare in esso (come già accenna
ccar delle altre, la ragione più convincente che in tutto il corso di questa opera, ci ha fatto di sovente riportare le citazi
avoro, daremo ai lettori la ragione del perchè abbiam fatto precedere questa opera da tanto numero di epigrafi. In generale tu
non fossero quelle trasmesseci dalle cronache mitologiche. Ma appunto questa formava una delle più ardue difficoltà dell’opera
meta luminosa che ci eravamo imposti, noi faremo di pubblica ragione questa opera. Che i nostri concittadini accettino di buo
sie e sette, che ne afflissero il corso, un esempio meno palpabile di questa verità. Tutti gli eretici novatori del detto peri
sozza turba dei Peratensi,23 e degli Abelili inverecondi24. Seguendo questa dolorosa nomenclatura, noi potremmo giungere fino
no e soprannaturale, lo riverisce e lo adora, senza chieder dippiù. È questa una verità non meno inconcussa e positiva, dell’e
utte colsero le più nobili palme. Essi furono in certo modo, spinti a questa supremazia incontrastata, nello incivilimeato del
si sarebbe ridotto ad un solo il centro dell’arte, e la protezione a questa accordata sarebbe riuscita meno proficua esercita
bello, al grande, alla virtù l’azione delle intelligenze umane. . Nè questa raffinatezza d’immagini, nella creazione quotidia
a lui si attribuiscono tutte le azioni o i fatti di simil natura. Da questa scala ascendente di gloriosa rino manza, scaturis
formatori dei miti, la sola Forma rimane invariabilmente la stessa, e questa Forma è il racconto, i soggetti del quale sono gl
forma del mito si eleva a governare le menti. Allora l’immaginazione, questa regina dell’impero mitologico, si fa mediatrice f
travolge, che solleva e rovescia, che distrugge e rinnova le cose di questa terra. È il tempo, o piuttosto è Dio !… Carcano
gelli di vipere batte la misura. E l’uomo presume mettere il chiodo a questa ruota, che affatica il cielo e la terra ? Ah ! el
Venezia (Parte 1.° Cap.° 6.° pag.a 115) … migliorare lo spirito su questa terra è aprire all’anima cammini incogniti e più
esser questo flauto che poi fu celebre sotto il nome di Palladio. Ma questa è una semplice diceria che non ha nemmeno la forz
bevè avidamente ad una tazza che le fu offerta. Egli derise la Dea, e questa per punirlo della sua oltracotanza lo cangiò in l
ella di Diomede fece fabbricare. Altri vogliono che Ercole edificasse questa città in onore del suo amico Abdereo, che fu mise
chi in assai vil conto, reputandoli d’una indole affatto stupida : ma questa cattiva opinione non va punto d’accordo con la pa
guarirle. Affinchè l’incantesimo avesse forza d’agire, le lettere di questa strana paroia dovevano essere segnate come appres
lichei, numi particolarmente venerati in quell’isola. Si attribuiva a questa fontana la meravigliosa proprietà di far conoscer
i deputati che accompagnarono Diomede onde ridimandare Elena. Durante questa ambasceria, le cui pratiche riuscirono inutili, L
eti. 38. Acca. — Sorella e compagna di Camilla, regina dei Volsci. Di questa , Dante nel suo Inferno Canto primo, dice : Di qu
chiamava così Apollo come dio della medicina. Dalla significazione di questa parola che libera dalle malaitie si dava anche a
alle s’incamminò per portarli altrove, forse gettarli in un fiume. In questa posizione poco comoda essi sclamarono : Ecco Mela
tare nuziale, Paride gli tirò una freccia al tallone. Achille morì di questa ferita. I Greci gli innalzarono una tomba sul pro
mero, e che la opinione del Poeta sovrano è assolutamente contraria a questa credenza. Plutarco nella vita di Alessandro, racc
la racconta che fu figliuola del fiume Asterione e del paese Argo. In questa parola è compreso il significato che codesta bali
ppe che uno dei suoi nipoti un giorno l’avrebbe ucciso. Per prevenire questa disgrazia egli rinchiuse in una torre dî bronzo l
onde segnalare il suo coraggio. Passando per Lariffa egli incontrò in questa città Acrise suo avo, e lo riconobbe. Si preparav
questa città Acrise suo avo, e lo riconobbe. Si preparava a lasciare questa città con lui per ritornare ad Argo, quando in un
ritarsi, veniva attaccata da una febbre violenta. Credendo allora che questa fosse una punizione degli Dei ella sposò Acroncio
ere Ercole a rendersene padrone onde portargliela. Ateneo racconta di questa principessa una strana avventura. Dotata di uno s
a, e, offertole un sacrifizio ritornarono a bordo della loro nave che questa volta salpò felicemente. Admeta sul far del giorn
flareo e Paride e si mise egli stesso alla testa di quell’esercito. È questa spedizione che viene ricordata nella storia sotto
ella morte di Fetonte. L’etimologia greca ci avvalora maggiormente in questa opinione, dappoichè αιδω significa ardo abbrucio.
in fontana, le cui acque aveano il dono d’inspirare i poeti, e perciò questa fonte fu consagrata alle Muse, le quali furono an
no dietro le loro spalle per ripopolare il mondo. Giove innamorato di questa pietra la cangiò in donna e n’ebbe un figlio che
posto dalla Città di Ageliana dove essa era singolarmente venerata. E questa però una opinione assai vaga ed incerta. Noi la r
gio, e 13 dicembre. I Sacerdoti di Marte erano anche conosciuti sotto questa denominazione. 194. Agoni. — Si designavano con q
e colpivano la vittima sulle are della Divinità. 195. Agoniani. — Con questa parola che deriva dal verbo latino Ago, venivano
figlia Proserpina. Plutone era anch’egli soprannominato Ajdoneo, e da questa somiglianza di nomi ne è venuta la favola della d
la non ve n’è alcuna, la cui origine sia così nettamente precisa come questa . L’anno di Roma 364, un uomo del popolo a nome Ce
l quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto di questa Dea in una città, ch’egli edifico in Beozia e che
d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo di Ercole al quale per questa ragione si da tanto comunemente il nome di Alcide
di Anfiareo. Per ordine di suo padre uccise la madre Erifile, perchè questa aveva scoperto il luogo dove Anfiareo si era nasc
ringevano ad Arfinoe, e spingendo l’audacia fino al punto di farsi da questa restituire la collana per farne presente alla nuo
u rapita da Allyrotio che Marte uccise per vendicare l’oltraggio. Per questa vendetta egli venne citato in giudizio innanzi ad
i Apollo, ossia il sole, pubbliche feste e cerimonie. L’etimologia di questa parola Aliee viene dal greco αλιος che significa
vano con maggior frequenza che alle are degli altri numi. Dipingevano questa Divinità con le ali sugli omeri, per alludere all
i Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di questa giovanetta, figliuola di Danao, le usò violenza e
inalmente Ammone era anche il nome di un re della Libia, il quale per questa ragione viene spesso erroneamente confuso con Bac
ane quell’amore che ebbe principio col caos fu l’amore benefico, e da questa unione vennero gli uomini e gli animali. Non esis
Deità prima che Amore avesse unite fra loro le cose, e non fu che da questa comunanza fatta da lui, che furono generati i cie
quale fu insieme a sua sorella Melibea, risparmiata da Latona, quando questa uccise i fratelli e le sorelle di lei. Vedi Niore
ita da Plutone. Le donne di Megara avevano una grande venerazione per questa pietra, la quale veniva custodita ad Atene, secon
delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni adoravano Venere sotto questa denominazione. 372. Anauro. — Fiume della Troàde,
ri mitologici dicono che fosse la stessa che fu madre di Alcmena ; ma questa è un’assai dubbia supposizione, non essendo nella
cui dipendevano i destini di questo principe Fu durante il periodo di questa guerra che Giove prendendo le sembianze di Anfitr
concordano nella gran maggioranza, sulla probabilità che dette vita a questa favola, dal vedere i primi effetti dello straordi
in Roma dei grandi sacrificii. Discorde è l’opinione dei mitologi su questa divinità : gli uni vogliono che sia la stessa che
a casa Ulisse, guerriero greco che assediava Troia. Dopo la caduta di questa città, Antenore andò a fondare la città di Padova
caduta di questa città, Antenore andò a fondare la città di Padova. È questa peraltro una credenza assai vaga. Antenore ebbe m
noo. — Uno di coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, marito di questa , lo uccise in una festa. L’imperatore Adriano ebb
nella ciltà di Anxuro. 483. Anxuyro. — Vedi Anxuro. 484. Anzio. — In questa città della penisola italiana, erano gelosamente
απατορες che significa senza padre. Senofonte dà un’origine diversa a questa festa, e Strabono parla d’un tempio consacrato a
ollo che alcuni scrittori riguardano come inventore della medicina. È questa una credenza assai vaga. 508. Aracinta. — Montagn
i. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e di Dori e compagna di Diana, che questa Dea cangiò in fontana allorchè Alfeo la perseguit
hiudeva il palagio degli antichi re di Siracusa. Cicerone dice che se questa fontana non fosse circondata da una triplice trin
lche tempo nelle tranquille onde della fontana Aretusa. Ad avvalorare questa falsa credenza che Strabono combatte e nega nelle
ire la favolosa virtù di parlare e di rendere gli oracoli. Peraltro è questa un’opinione assai poco generalizzata fra gli scri
per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto non solamente ai suoi abitanti in
vidio, la tolse in moglie e collocò fra le costellazioni la corona di questa principessa. Dello Dio sempre giovane s’accende.
ore. — Padre di Argo e figlio di Crotopo. 578. Armata Venere. — Sotto questa denominazione i Lacedemoni adoravano Venere in me
a Ifielo, che fu uno degli argonauti da lei passionatamente amato. Di questa Arpalice si tiene memoria come inventrice di un c
li chiama arvirum sacerdotes, e narra nel modo seguente l’origine di questa istituzione. La nutrice di Romolo per nome Acca L
ausa che Proserpina non potette essere restituita a sua madre, quando questa andò a cercarla nei regni della morte, poichè Gio
nome ad alcuni popoli delle Indie che non avevano bocca. La verità di questa credenza è che presso quei popoli era ritenuta co
favola racconta che a proposito del nome da conservarsi o cangiarsi a questa città capitale della Grecia sorgesse un grave alt
, allorchè spaventata dalla vista d’un serpente, essa si arrestò e fu questa occasione al loro riconoscimento. 680. Augia. — R
lo paese della Beozia la cui capitale fu Aulisia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace di contener
io di Ulisse e di Calipso. Egli andò a stabilirsi in Italia, e da lui questa contrada fu detta Ausonia. 688. Auspicii. — Cerim
nome Autopsia V. Teurgia. 698. Autunno. — Gli antichi rappresentavano questa stagione sotto la figura d’un bel giovane, avente
le concubine di Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante di
ui lo esponeva del continuo l’implacabile odio di Giunone ; dappoichè questa Dea non si limitava solamente a vendicarsi delle
stesso gli fece da madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dalle acque gli fec
to era avvenuto. 746. Basillisa. — I Tarantini onoravano Venere sotto questa denominazione. 747. Bassareo. — Soprannome dato a
747. Bassareo. — Soprannome dato a Bacco, dal perchè si pretende che questa parola fosse il grido che si ripeteva nei baccana
al fin che n’esce. Più vede che la selva abbonda e cresce. Vuol tosto questa e quel mover le piante Per far l’offizio altrui c
onarii. — Sacerdoti di Bellona. Essi celebravano i riti e le feste di questa dea, pungendosi il corpo con le spade, e offerend
gli fece delle proposizioni alle quali fu insensibile. Antea punta da questa indifferenza, per vendicarsi lo accusò al marito
perità delle armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da questa prova di attaccamento, per modo che, qualche gior
di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi era un oracolo di questa divinità, che rispondeva per mezzo di alcuni bigl
li venisse dalla scure di cui egli si servì per recidersi le gambe. È questa una opinione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — 
i rendevano onori divini. Egli si trasformò in cavallo e per mezzo di questa metamorfosi procurò a Dardano 12 poledri, i quali
va questo semplice nome al buon Genio, Dio dei bevitori, il quale per questa ragione veniva sovente confuso con Bacco. In Grec
nguinoso culto con cui quest’ultimo veniva adorato, abbia dato vita a questa favola. La barbara superstizione del popolo, face
lo, faceva ad Osiride sacrificio di umane vittime, cosicchè le are di questa truce divinità, grondavano sempre di sangue. 854.
rdoti di essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro di questa Deità, era un gran vaso sormontato da una testa u
l’Erebo e la Notte, furono generati dal caos, volendo spiegare sotto questa allegorìa che questa materia prima era ravviluppa
furono generati dal caos, volendo spiegare sotto questa allegorìa che questa materia prima era ravviluppata nelle più folte te
ante Tifone, per sottrarsi a lui si trasformò in becco, e Giove sotto questa forma lo mise fra i segni dello Zodiaco. È opinio
lli di Enea. 956. Carda. Deita anche Cardia. — Al dire di Macrobio, questa Divinità presiedeva alle parti nobili e vitali de
posto ove giaceva la morta. Il re stesso era tenuto ad intervenire a questa festa ed a presiederne tutte le cerimonie. 966. C
alle dame di tener cani presso di loro. 974. Carmentis-Flamen. — Con questa denominazione veniva designato uno dei quindici f
Troia. — Narra Virgilio, che essendo i Greci stanchi dell’assedio di questa città, che già durava da dieci anni, docisero fin
ione e la defensione del Palladio, chè non si potrebbe mai perdere. E questa è la cagione perchè lo fecero fare cosi grande ;
Alcione. Altri scrittori dicono che Ceix fosse amato da Aurora, e che questa lo avesse sposato. 1035. Celadone. — Uno di color
. Essendo stata uccisa involontariamente da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la madre di lei fu così af
ia li disfece. Che giova a noi, se grande oltre misura Noi possediam questa terrena scorza ? Che giova a noi, se a noi l’alma
ella fecondità della terra, sottoposta al lavoro dell’ agricoltura. È questa la idea più generale che, seguendo la favola, si
È questa la idea più generale che, seguendo la favola, si può dare su questa Dea, poichè tanto i cronisti più accreditati, i m
; non si accordano fra di loro sulle diverse opinioni in proposito di questa famosa Divinità. Ve ne sono molti che la confondo
Cesare, fosse apparsa una cometa con la coda, o stella crinita, e che questa apparizione contribuì non poco alla apoteosi di l
ro figlio di Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamorata di questa donna bellissima, tutte le volte che si recava da
donne dei Ciconi avessoro ucciso Orfeo, perchè le avea disprezzate. È questa però un’opinione assai vaga. 1101. Ciereo. — Figl
ttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle sue penne. Il carro di questa Dea veniva sovente tirato da due cigni. Giove, pe
re d’Arcadia. Mercurio, che secondo la tradizione favolosa nacque su questa montagna, viene sovente dedominato Cillenio. 1110
lla sua flotta. Fu una di coloro che si presentarono a Cibele, quando questa Dea trasformò i vascelli d’Enea in ninfe del mare
insio. — V. Cinsia. 1133. Cintura di Venere. — Secondo la tradizione, questa misteriosa cintura aveva il poterc di rendere ama
nto nell’Epidauro che Teseo la rapì a Perifete, dopo averlo ucciso. È questa del paro l’opinione di Plutarco. ….. ed ei brand
ano ritenute come fausto o come funesto augurio. 1170. Clemenza. — Di questa virtù avevano i pagani fatta una divinità ; e, se
iziani della Tebaide, per un lungo elasso di tempo, non ebbero se non questa sola divinità immortale, e non riconobbero alcuna
i di Minos, se ne fosse disfatto egli stesso poi per proprio conto. È questa un’opinione assai vaga. 1209. Coccodrilio. — Gli
a città di Cita : si rese celebre per il vella d’oro. Gli abitanti di questa contrada, conosciuti sotto il nome di Colchi, han
tto uccello di Citerea, per essere sacro a Venere. Apulejo ripete che questa dea facea tirare il suo carro da due colombe e sp
rò le due montagne di Calpe ed Abila, quella ai confini dell’Africa e questa in Europa, allo stretto di Gibilterra, dando cosi
a Giunone, che la volle salvare : da ciò il titolo di Conservatrice a questa dea. 1238.Consiva. — Dalla parola latina consevo
he feste, dette Coree. 1245.Corallo. — Secondo la tradizione favolosa questa pianta nacque dal sangue che grondò dalla testa d
mi-dei ed eroi, che procurarono agli uomini l’abbondanza dei beni dei questa terra. Al dire di Focio, Ercole veniva spesso eff
del libertinaggio, particolarmente adorata nella Tracia. I misteri di questa dea erano considerati come i più infami. Al dire
dea stessa V. Bali. Gli Ateniesi ereditarono dalla Tracia il culto di questa turpe divinità. La cronaca narra che Alcibiade si
delle dee, di cui si compone l’Olimpo mitologico, ebbero i natali in questa città. 1289. Creteo. — V. Crateo. 1290. Cretesi. 
i Creta : si davano comunemente come le seguaci di Venere, per essere questa dea particolarmente adorata nell’isola. 1291. Cre
soprannomi della dea Giunone. 1336. Cuti. — I Sabini onoravano sotto questa denominazione, Giunone, rappresentandola con una
Omero stesso inseriti buon numero nei suoi poemi. Al dire di Diodoro, questa figliuola dell’indovino Tiresia, fu la famosa sib
inità che presiedevano alla campagna ed ai prodotti della terra, ed è questa la ragione per la quale, tanto sulle medaglie del
poi presso i Galli e finalmente presso i Tedeschi e gli Spagnuoli : è questa almeno l’opinione generalmente riconosciuta dai p
, che essi avevano nel culto degli idolatri. Dei naturali. Sotto questa denominazione comprendevansi il sole, la luna, le
. Dei grandi. La mitologia greca e romana non riconosceva sotto questa denominazione se non che dodici numi, i cui nomi
ra stabilito e riconosciuto dalla legge. Dei particolari. Sotto questa denominazione andavan compresi i dei Lari o Penat
antichi, a cui ognuno rendeva un culto particolare, erano comprese in questa categoria. Dei conosciuti. Secondo asserisc
Dei conosciuti. Secondo asserisce Varrone, erano annoverati in questa classe quei numi dei quali era noto il nome, le a
Diodati — Falli degli apostoli Capo XVII. Dei del cielo. Sotto questa denominazione complessiva eran compresi : Saturno
omini che avevano compiuta una qualche gloriosa e memoranda azione. È questa una delle principali sorgenti dell’idolatria dei
ll’antichità, sulla origine dell’appropriazione del nome di Delfino a questa costellazione. Taluni pretendono che fosse così d
una colonia di Cretesi, che andarono a stabilirsi nella Focide. Sotto questa allegoria della favola, altro non si deve scorger
celebre oracolo, che da quel tempo fu detto l’oracolo d’Apollo. Sotto questa allegoria della favola, altro non si deve oggi sc
nell’isola di Delo per offerire dei sagrifizi ad Apollo. I membri di questa deputazione si chiamavano Deliasti — V. Deliasti 
ida un demonio o genio tutelare, che gli serviva per tutta la vita. È questa una credenza perfettamente simile, e identica del
a, che dalla cintura in giù aveva il corpo di pesce. Essi avevano per questa specie di mostri una grande venerazione. La crona
’urna, nella quale sono rinchiuse le sorti degli uomini. I decreti di questa cieca divinità, regolatrice di tutte le cose, con
elli dei re e degli eroi, venivano incisi sul diamante. I ministri di questa cieca deità, erano le tre Parche, e al dire di Es
mbini. Appena nasceva un figlio si ripuliva tutta la casa in onore di questa divinità, onde renderla favorevole al neonato. 14
cedomi da essi celebrata in onore di Diana. La principal cerimonia di questa festa consisteva nel condurre dei fanciulli innan
opra la terra. Veniva comunemente venerata come dea della castità ; e questa virtù era in lei così tenace che cangiò Atteone i
che apparteneva al seguito di Diana fu scacciata ignominiosamente da questa dea per aver ceduto alle lascive brame di Giove.
ra per la delicatezza delle cortesie che essi scambiavano fra loro in questa occasione. 1434. Diattoro. — Dalle parole greche
are. Taluni scrittori pretendono che sia la stessa che Britomarte ; è questa per altro un’opinione assai incerta. Dictinnia er
stonassero e ferissero gli dei, e che questi dovesseso fuggire ora in questa ora in quella contrada della terra, sotto forma d
, ingoia Con fragor le speranze e le fatiche Del gagliardi coloni ; a questa guisa Sgominava il Tidide e dissipava Le caterve
ero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione per la quale si dà talvolta a questa d
adre di Venere ; ed è questa la ragione per la quale si dà talvolta a questa dea, il soprannome di Dionea. Anche Giu lio Cesar
6. Diaspoli. — Ovvero città di Giove nell’ Etiopia. Quel Dio aveva in questa ciltà un tempio grande e ricchissimo, ove in una
presso gli antichi era così frequente l’uso di prestar giuramento per questa divinità. Taluni scrittori dissero che Fidio foss
e della città di Tebe ; e che avendo venduta una di esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua dimora nella selva di Dod
gena, Citta. — Vale a dire città surta dai denti di un drago. Si dava questa denominazione alla città di Tebe. V. Cadno. 1505.
hi dell’ Inferno. V. Cerbero. Draghi Cerere. Il carro di questa dea era tirato da due draghi, a cui la tradizione
di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo avessero adorato come un dio. È questa però una opinione poco generalizzata. 1512. Drimo
stato matrimoniale, e quando essi avevano tolta in moglie una donna, questa si chiamava Druidessa, ed aveva diritto all’unive
no. — Al dire di Macrobio si dava anche comunemente il nome di Iano a questa divinità, ritenuta come simbolo del mondo che gir
tichità afferma che i popoli di Napoli adoravano un tempo Bacco sotto questa denominazione. 1527. Ebota. — Al dire di Pausania
la favola è che Ecate fosse uno dei nomi di Proserpina stessa : e che questa venisse detta la triplice Ecate e che fosse la Lu
o di grazie di aver trovata la soluzione di un problema geometrico. È questa per altro una notizia nè generalizzata nè ripetut
di grazie della vittoria riportata, offrire agli dei una Ecatombe. Da questa costumanza si dava il nome di Ecatonofle ad alcun
. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre di questa giovanetta, fortemente sdegnato degli amori colpe
altra ragione meravigliosa degli ecclissi, e la più generalizzata fu questa . Si disse che le streghe e tutti coloro che eserc
rdo con Giove, intrattenuta Giunone coi suoi piacevoli discorsi, onde questa non avesse disturbato un colloquio amoroso che Gi
o agli occhi della madre, durante il decenne assedio di Troja. Caduta questa città, Ecuba toccò ad Ulisse come parte del botti
uola di Pandaro e moglie di Zetto, il quale fu fratello d’Anfione. Da questa unione non nacque che un solo figliuolo chiamato
ndarono la Discordia onde disunirli, e ben presto il triste potere di questa terribile divinità, si fece sentire. Essendo un g
dato da suo suocero, per chiedergli Chelidonia, sorella di Edone, cbe questa bramava di rivedere, Pandareo assenti, e consegnò
Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la quale per questa ragione vien anche detta Eetia, ed anche Eeeta. 1
ia minore, nella Jonia La tradizione mitologica ripete che il nome di questa città derivasse da una donna chiamata Efeso, la q
da una donna chiamata Efeso, la quale dette origine alle Amazzoni. Ma questa opinione è assai poco ritenuta in conto presso i
ostanze del mare Egeo. Rinomati autori pretendono che la esistenza di questa città, fosse di molti anni anteriore allo stabili
i legno di cedro, e con statue e quadri di un valore favoloso. E pure questa opera colossale, che riuniva tante meraviglie d’a
Giasone, ma quasi che le maledizioni del cielo seguissero le orme di questa , le sventure lo assalirono di ripetuti e spietuti
ii ed offerte, onde implorare un parto felice. 1579. Egghitree. — Con questa denominazione i Greci indicavano quelle donne e q
ed in altre contrade, finchè Giove ordinò a Minerva di combatterlo e questa lo uccise. La Terra, sdegnata per questa morte, p
ò a Minerva di combatterlo e questa lo uccise. La Terra, sdegnata per questa morte, partorì i Giganti, che poi mossero guerra
i poeti e cronisti della favola è assai di sovente chiamato Giove con questa denominazione. 1588. Egipane — Il dio Pane veniva
lia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È questa per altro un’opinione non convalidata da valevoli
riuscì a spegnere colla sazietà del possesso, l’ardente desiderio che questa donna bellissima gli aveva acceso nel sangue. Neo
o 1. Scena 1 Qualche tempo dopo, avendo Tieste abbandonato Pelopea, questa consegnò al figliuolo Egisto la spada del padre,
ne, da lui involontariamente ucciso, chiamò Caonia. — V. Caone. …… e questa parte De la Caonia ad Eteno r. cadde Che dal nome
apire la statua di Diana. Egli corse pericolo della vita per compiere questa impresa, e tanto che la notizia della sua morte s
annome che i greci davano particolarmente a Bacco. Essi annettevano a questa parola la stessa significazione che i Latini al l
rchè l’eterna giovanezza del dio del vino, è benissimo raffigurata da questa pianta, sempre verdeggiante. Presso i pagani, si
. 1656. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto
ione con ricchissimi doni. L’opinione della potenza soprannaturale di questa divinità era estesa e divulgata per tutta l’Asia
olti in questo. Tutti i mitologi e cronisti dell’antichità parlano di questa divinità, il cui nome primitivo era Malpadia, e c
i ai suoi piedi. Però la gran maggioranza degli scrittori attribuisce questa ultima impresa a Giove fulminatore. Secondo rifer
e Pindaro, il gigante fulminato sotto l’Etna, fu il Titano Tifeo ; e questa è la credenza seguita, come vedemmo più sopra dal
Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra di questa , compiere le valorose sue gesta senza aver mai nu
, e tutti ripararono momentaneamente in una caverna del monte Ida. In questa occas one Creusa sua moglie disperse le tracce de
a molti Eroi del Lazio e de l’Ausonia tutta Desiata e ricerca……. …… A questa il mio paterno Oracolo, e del ciel molti prodigi
averlo reso padre di Meleagro e di Dejanira. Unito a Peribea ebbe da questa Tideo che fu poi padre del famoso Diomede. Eneo i
avanti di radersi per la prima volta la barba. Nella celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Er
cerlo nella corsa ; aggiungendo che coloro i quali volevano accettare questa condizione, sarebbero stati uccisi se riuscivano
ette sotto le mura di Troja, andò a ritrovare Enone sul monte Ida, ma questa per vendicarsi lo scacciò dalla sua presenza. Per
della quale fu proclamato re. Tolta in moglie la ninfa Elise, ebbe da questa una figlia che chiamò Merope. Questa giovanetta d
colonia greca. Secondo Virgilio egli dette anche il suo nome a tutta questa contrada che da principio fu detta Esperia, posci
quella in cui Vulcano, dio del fuoco, avesse posto la sua fucina. Per questa ragione le isole chiamate oggi Lipari, furono da
ndo in seguito edificata una città le impose il nome della moglie. Fu questa la celebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — S
un tempio sotto il nome di Giove Epidote. Presso i greci veniva data questa stessa appellazione al sonno, ed in generale a tu
erano morti alla prima guerra di Tebe, combattuta dieci anni prima di questa , a cui fu dato il nome degli Epigoni. 1732. Epime
nella piccola città di Sciro. È opinione di pregevoli scrittori, che questa solennità venisse detta Episcira in commemorazion
ta al nome di Venere sull’iscrizione del piedestallo della statua che questa dea aveva nel tempio di Delfo, per indicare che e
e quali non era concesso neanche all’Epopte di assistere, concessione questa , data ai soli sacerdoti. 1752. Epuloni. — I roman
i porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla Fortuna e col quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato nel nono
empio se avesse avuto la vittoria nella guerra contro i Celtiberi. In questa guerra ebbe Quinto Fulvio il comando delle cavall
erra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva nel periodo di questa solennità, si facevano le corse dei cavalli nel c
acevano le corse dei cavalli nel campo Marzio. 1755. Equità. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano
rsi del Peloponneso, dovevano attendere la terza generazione, essendo questa la vera spiega della risposta dell’oracolo. Infat
ogia della parola Eraclide nelle due parole gloria e Giunone, essendo questa dea la principal causa della gloria immortale ond
lto di religioso rispetto per l’Ercole greco, per mezzo dei popoli di questa nazione che emigrarono in Egitto. Quanto a Melkar
lto chiunque avesse respinto la forza con la forza. In conseguenza di questa legge, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, temendo
onte. Diodoro dice nelle sue opere, che Ercole riuscisse vincitore in questa battaglia perchè impedì alla cavalleria nemica di
o. Condannatosi volontariamente all’esilio pel dolore cagionatogli da questa azione crudele, egli si recò a Delfo onde consult
luogo che dovesse abitare, e fu, secondo il parere di Apollodoro, in questa città che egli ricevette per la prima volta dalla
e di Ercole ad Euristeo. La tradizione Omerica accenna, ragionando di questa subordinazione, alla costante inimicizia di Giuno
e di rimanere fuori le mura, essendo spaventato della sua forza. Dopo questa impresa, Ercole combattè contro la terribile idra
o contro molti popoli selvaggi e finalmente giunse nella Libia. Fu in questa traversata che egli uccise il famoso ladro Caco i
gio, sulle due opposte montagne che terminano l’Europa e l’Africa. In questa spedizione essendo vivamente incomodato dai raggi
areo ed Esioda la quale dette in moglie a Telamone. Al suo ritorno da questa spedizione, egli fu spinto da una tempesta suscit
Ercole fu gravemente ferito, ma Giove lo guarì istantaneamente. Dopo questa spedizione egli si rese a Flegra, ove per comando
ebbe a compagno Cefeo ed i venti figli di lui, che tutti morirono in questa spedizione. Avendo ucciso Ippocoone, Ercole si im
di ritirarsi nella città di Trachina presso Ceixo. Fu nell’andare in questa città, che Dejanira ebbe a sopportare l’oltraggio
rara bellezza. La tradizione ripetuta da Sofocle differisce molto da questa  : Ercole da quindici mesi è lontano dalla città d
Ercole avea con sè la giovanetta Iole, e temendo che innamoratosi di questa , non l’avesse completamente dimenticata, asperse
tà della Beozia detta perciò Eretria. 1769.Erea. — Gli antichi davano questa denominazione al giorno in cui si celebrava nella
rdata come madre degli astri, forse a causa del nome di suo marito. È questa peraltro un’opinione assai incerta e confutata da
di Oreste, quantunque questi fosse suo fratello per parte materna, da questa unione naque un figliuolo chiamato Pentilo. Dopo
sotto lo stesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fatiche di quell’eroe. V. Ercole
1783. Erinnie. — Venivano così in Grecia chiamate le Furie che sotto questa denominazione avevano un tempio in Atene nelle ci
ni. 1784. Erinni. — Nei poeti dell’antichità si trova di sovente data questa denominazione a quelle donne che furono cagione d
ia — V. Ericina. 1788. Eritrea — In Eritra, città della Beozia, visse questa sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nom
r giovanetto, bagnandosi nella fonte custodita dalla ninfa Salmatide, questa , vedendolo così bello se ne innammorò perdutament
cia. Al dire di Servio, un’antica tradizione favolosa dette origine a questa strana configurazione. Il citato scrittore narra,
lembo della penisola Argolide. Una vecchia tradizione racconta che in questa città eravi una strada per la quale si discendeva
Iaso, e Semele. Dalle numerose sventure di cui fu continuo bersaglio questa disgraziata famiglia ne è venuta la seguente trad
detto che Vulcano per vendicarsi della infedeltà di Venere, allorchè questa dea ebbe dai suoi amori con Marte, Ermione, avess
. Però questi due autori discordano fra loro in un sol punto di tutta questa tradizione. Secondo Ovidio, Ermione fatta sposa d
edi, e con atti di grande venerazione. Il periodo di tempo che durava questa cerimonia era ritenuto come festivo ; il carro ve
ico dello argento. Anche per l’oro vi era una particolare divinità, e questa è la ragione per la quale si sono ritrovate non p
ipudiò Arisba per sposare Ecuba) che il secondo siglio che avrebbe da questa seconda moglie, sarebbe stato cagione della rovin
a la Grecia adorato come un Dio, e non fu città, horgo o villaggio di questa popolosa contrada che non avesse un tempio a lui
cciso a tradimento. 1829. Eslchia. — Nella città di Clazomene si dava questa denominazione, dalla parola greca Ἠονπα che signi
spingevano la loro barbara superstizione fino a svenare sulle are di questa truce divinità, le loro mogli e i loro figliuoli
ne aggiungono una quarta a cui danno comunemente il nome di Erizia. È questa però una opinione poco generalizzata. Narrano le
ata. Narrano le cronache mitologiche, che quando Giove sposò Giunone, questa regalasse al marito un albero di pomi che faceva
te voci. Ercole uccise il Drago e portò le poma d’oro ad Euristeo. In questa una delle dodici fatiche dell’eroe. — Vedi Ercole
o scrittore, esse erano d’una tale bellezza, che la sola rinomanza di questa , spiese Busiride, re di Egitto, a comandare ad al
ngue delle vittime e dell’acqua lustrale. Non si deve però confondere questa lustrazione espiatoria, con quella che facevasi o
el qual giorno venivano immolate le vittime dette amburbiati. Oltre a questa un’altra solennità espiatoria veniva celebrata og
un’altra solennità espiatoria veniva celebrata ogni cinque anni, e da questa derivò la parola lustrare, nel significato di esp
uelle tazze ? Coro Libarue tre ; tutta versar la quarta. Edipo Ma questa pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! C
eca ci ammaestra, come il famoso stretto delle Termopili era posto su questa montagna. 1846. Età. — I cronisti ed i poeti più
e l’altra nei regni delle ombre. Il simbolo favoloso racchiuso sotto questa allegoria, riposa sull’essere stato Etalide arald
mpio alle tre Grazie, e ad istituire le cerimonie del loro culto. Per questa ragione, egli era riguardato come padre delle Gra
essamento a tutta prova, e aveva per la sua patria, e per le leggi di questa , una devozione senza limite. Egli morì sotto le m
e di un patrizio chiamato Lino. 1851. Etere — I greci appellavano con questa denominazione, i cieli distinti dai corpi luminos
e, e lagrimando E nudandosi il seno, la materna Poppa scoperse, e : A questa abbi rispetto, Singhiozzante sclamava, a questa,
Poppa scoperse, e : A questa abbi rispetto, Singhiozzante sclamava, a questa , o figlio, Che calmò, lo ricorda. i tuoi vagiti.
ando l’antico simulacro Dell’Alma dea : là vi sarà chi debbe Giudicar questa lite ; e suasive Parole e modi troverem, da trart
io in prossimità dell’Areopago. Minerva  — Pol che tal beneficio a questa terra Per lor s’appresta, lo ne vo lieta ; e grat
calamità affliggeva la città di Tanagra, n’era causa la violazione di questa legge. Si facevano in simili congiunture le più s
tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era soggetta nè alla vecchiezza nè al
ante Assalse e prese veramente degno Di perdono e pietà : se quello o questa Si ritrovasse nel Tartareo chiostro, Ritenne ’l p
e Orfeo rivide la diletta Euridice, e lusingandosi che ella l’avrebbe questa volta seguito per non abbandonarlo più mai, si ri
morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe riveduta più. In seguito di questa risposta, perduta l’unica speranza che lo teneva
Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Giove lo aveva amato, e questa fu la vera ragione dell’odio che Giove ebbe poi t
scere da quegli abitanti, e salvò la vita a quei due giovanetti. Dopo questa avventura, Euripile risanò completamente, e da qu
di varì scrittori dell’ antichità, che il nome di Europa fosse dato a questa principessa, perchè significa bianchezza, e che d
precipitò per disperazione nel fiume Imero, che da quel tempo fu, per questa ragione, chiamato Eurota. 1911. Eusebia — Dalla p
o la decima parte. E te, o Giunone regina, la quale al presente abiti questa città, prego parimente, che tu seguiti noi vincit
a di tutte la più solenne e la più frequentemente adoperata. L’uso di questa evocazione dei morti, risale ai tempi più remoti
ll’ antichità. Gli autori profani ritengono Orfeo come l’inventore di questa cerimonia, che aveva un ordinamento lugubre e sol
evano per le strade della città, mentre continuava la celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di feccia di
a coi giganti, avevano distrutti tutti i suoi figli, avesse partorito questa specie di mostro, chiamato la Fama, affinchè rend
mato la Fama, affinchè rendesse noto all’ universo i loro delitti. È questa fama un mal, di cui null’ altro È più veloce ; e
incavati e vitrei, e col corpo magro e scarno. 1939. Fanatici. — Con questa particolare denominazione gli antichi chiamavano
oracolo che la dea Vesta e Mercurio, avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di marmo,
ra tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di contro a questa , sorgeva il simulacro della dea Vesta, similmente
mbini. Le Vestali avevano il carico particolare di fare i sacrifizi a questa divinità durante le feste romane. 1947. Faside. —
lavoro di un uomo mortale, avesse cooperato all’opera dei celesti. Fu questa la ragione per la quale i greci adoperarono ogni
e remoti ove non era permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempre muto per gli uomini ; e non r
sonno si credeva fermamente che egli s’intrattenesse cogli dei. …… È questa selva Immensa, opaca, ove mai sempre suona Un sac
gli altrui nel redire ai porti suoi, Distruggeria nell’oscure onde, e questa Cittade copriria d’alta montagna. Così arringava
 Giunone, come dea della purificazione, veniva onorata in Roma, sotto questa denominazione. Altri scrittori pretendono che la
1970. Februo — Discorde è l’opinione degli scrittori della favola, su questa divinità ; imperocchè, Macrobio, dice che era un
ice perfettamente a Plutone. 1971. Febbre — I romani avevano ricevuta questa divinità per trasmissione dai primitivi abitatori
rasmissione dai primitivi abitatori della Grecia, presso i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris in latino è
dell’ingiuria fatta alla città di Roma. Se trascorsi trenta giorni da questa intimazione, i nemici non avevano cercato di ripa
chè avendo confidato alla sua nutrice Oenone, il suo colpevole amore, questa che amava ciecamente la sua padrona prese impegno
al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presagio di prossima morte questa apparizione della Fenice. Nell’ intento di portar
ttenzione dei lettori sulle idee da noi esposte nella introduzione di questa nostra opera, gioverà grandemente far notare che
S. Cirillo, S. Epifanio ed altri, si sono avvalsi nei loro scritti di questa credenza pagana del risorgimento, dalle proprie c
to noi esponemmo nello studio preliminare sulla mitologia che precede questa nostra opera. L’opinione dell’esistenza della fav
laidi vezzi di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amare da questa , la quale abbandonò facilmente il vecchio padre,
fuggendo E un atroce imprecar del padre mio Amintore d’Orméno. Era di questa Ira cagione un’avvenente druda Ch’egli sprezzata
ferisce Strabone, che coloro i quali erano posseduti dallo spirito di questa dea camminavano sui carboni accesi senza soffrire
una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco nel gambo di questa pianta, che per naturale conformazione, puo, rite
isura che l’ordine alfabetico che noi seguitiamo nella esposizione di questa nostra opera ce ne darà il destro, ci limiteremo
unto al vivo dalle oltraggiose parole, se ne lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro di suo padr
e a Venere come madre dell’ amore. 2004. Filace. — Ossia custode : da questa significazione si dava un tal soprannome ad Ecate
Discorde è l’opinione dei cronisti della mitologia sulla paternità di questa principessa ; poichè alcuni la fanno figliuola di
e della famiglia, per punire la figlia dell’onta ch’ella riversava su questa , appena ella ebbe partorito, l’avesse fatta insie
o, re di Tracia, sposato Progne, la più giovanetta delle due sorelle, questa che amava teneramente Filomena, non potendo viver
sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stesso col quale egli aveva a
no degli Argonauti ; e a proposito della sua famosa ferita ripete che questa non fu cagionata dalla freccia, ma sibbene dalla
e lo presenta come quello che accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cerca di sua figlia Proserpina. Cer
ente di un albero di fico, facendo per tal modo conoscere agli uomini questa pianta, il cui prezioso frutto non era servito, p
avessero rappresentati come giovanetti e talvolta anche come donne. È questa però un’ opinione respinta’ dalla gran maggioranz
grige. Dante — Inferno — Canto VII. il Cocito, Poi sen van giù per questa stretta doccia Infin là ove più non si dismonta :
qua rossa Dovea ben solver l’una che tu faci. Letè vedrai, ma fuor di questa fossa. Là ove vanno l’anime a lavarsi, Quando la
rano riservato il diritto di creare dei sacerdoti Flamini, i quali in questa occasione prendevano oltre al nome della divinità
ma fella ! Flegiàs, Flegias, tu gridi a vòto, Disse lo mio signore, a questa volta : Più non ci avrai, se non passando tl loto
più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla di una statua di questa dea dovuta allo scalpello dell’immortale Prassite
ecia in Italia. Una somiglianza di nome fece nascere sul proposito di questa dea una leggiera confusione, la quale emerge unic
oma, il quale per ricompensa la mise fra le sue numerose divinità. Fu questa la ragione che fece confonderla spesso coll’antic
tempio dell’ antica Flora sorgeva in Roma dirimpetto al Campidoglio e questa dea veniva rappresentato sotto la sembianza di un
ui cadeva un’ abbondante pioggia di fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il soprannome di madre chiamandola madre Flor
nelle onde. Fin quì la parte mitologico-favolosa. La parte storica di questa allegoria, è che Forco era un re della Corsica, i
greci scrittori ebbero ognuno delle idee individuali e particolari su questa dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città
famoso statuario Bupalo, di lavorare per essi una statua colossale di questa dea, avente il polo sulla testa. Nella città di T
ani, era stato trasmesso dai greci ; e il primo dei sovrani che adoro questa dea, fu Servio Tullio, che le fece inalzare un ma
simiglianza della infinita moltiplicità delle statue e dei templi di questa dea, erano del pari infiniti e svariati i nomi ed
estina. Nerone al principio del suo regno, fece costruire in onore di questa dea un tempio fabbricato tutto di una certa pietr
ochi sono gli scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzione di questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache della fav
ola, il quale gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi anni di questa unione furono felici, ma scorso qualche tempo, Ae
a seppellirlo tal quale esso lo aveva lasciato. Faremo qui notare che questa antica tradizione religiosa, riferita da Plinio,
co. In Persia si spingeva anche più oltre l’ adorazione del fuoco. In questa contrada, vi erano alcuni dati recinti chiusi tut
ircondata di raggi. È opinione di molti scrittori dell’antichità, che questa divinità sia la stessa che quella conosciuta sott
che i moderni astronomi han chiamata Via lattea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche
o che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa , che gli eroi avevano accesso in cielo. Al dire d
te s’ appella : La nobiltà del ciel vi si riduce, La plebe alberga in questa parte e in quella Questa è la via, la qual dritto
ola Galatea deriva dal greco γαλα che significa di latte, e si dava a questa Nereide a causa della sua bianchezza. 2076. Gale
e cinquanta Nereidi. 2077. Galeote — La tradizione della favola fa di questa divinità, uno dei principali numeri degli Illei,
di si ritiravano, astenendosi durante il periodo di sette giorni dopo questa funebre cerimonia, dall’ entrare in un tempio ; r
annome della dea Ebe, la quale al dire di Pausania, era adorata sotto questa denominazione nella cittadella di Fliasi, in un b
o attribuite. 2098. Genetillidi. — Il solo autore antico che parli di questa divinità è il cronista Pausania, il quale riferis
teva perfino l’esistenza di due genii uno buono e l’altro cattivo. Da questa credenza largamente diffusa nei tempi della relig
o pacifici e consolatori. Altri poi, si credeva, andassero errando in questa o in quella parte come condannati all’esilio. Que
Penati ed ai Demoni. V. queste differenti voci. 2101. Genisse. — Era questa la denominazione collettiva, che si dava a tutte
la Giunone Lucina. Il sacrifizio più comune che i romani offerivano a questa divinità, era un cane : a somiglianza di ciò che
era presso i pagani consacrato al Dio Giano, perchè a somiglianza di questa divinità, che aveva due facce, una per l’avvenire
modo da una parte l’anno trascorso ; e dall’altra l’anno corrente. È questa una delle configurazioni allegoriche più spiccate
azioni si potesse predire l’avvenire. 2105. Gerania. — A proposito di questa città, che secondo la geografia antica, sorgeva s
che al dire di qualche autore, era la stessa che Cerere o la Terra. E questa per altro un’opinione seguita da ben pochi scritt
cie che andarono a stabilirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa della quale
Perciò nei misteri Eleusini, celebrati in Grecia in onore di Cerere, questa dea veniva adorata insieme a Proserpina e a Giacc
Ovidio — Metamorf : Libro X Fav V trad. del Cav. Ermolao Federico È questa almeno la tradizione più generalizzata e più nota
i folgoranti : pindaro — Odi Pitie — Ode IV trad. di G. borghi. Fu questa l’origine della famosa spedizione conosciuta nell
ro alle mani fra loro, e si distrussero gli uni cogli altri. Compiuta questa prima parte della sua colossale impresa, Giasone
ogli ornamenti reali, e poscia lo sacrificò su di un altare. Forse da questa tradizione dell’antichità mitologica, emerge il s
Lipari, aveva codesto nome presso i pagani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera
lica che forma il sostrato principale della mitologia pagana aveva in questa specie di scrittura un largo campo di configurazi
appellazioni che si davano alle donne dei sacerdoti Gierofanti. Però questa opinione è combattuta da diversi scrittori e mito
i greci ἱερος, σϰοπεα che significano considero. 2149. Giganti. — Era questa la denominazione generale che si dava a quegli es
larmente, parlandone allorchè l’ordine alfabetico che noi seguiamo in questa nostra opera, ci porgerà piu propizia occasione a
in suo soccorso tutti gli dei ; ma questi spaventati fuggirono chi in questa e chi in quell’altra parte del globo, sotto la fi
bro V Fav. IV trad. del Cav. Ermolao Federico E qui, a proposito di questa favolosa scalata, che i figli della Terra, nella
ta di generazione in generazione, avrebbe potuto essere la origine di questa favolosa guerra mossa dai Giganti a tutte le divi
isognò vuotarvi due intere zucche, secondo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e che era la più grande da ess
rifizi delle feste in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la quale i
a vita non aveva potuto far germogliare un mite seutimento d’amore. E questa anche l’idea seguita da Alfieri. …….. il ferro E
infelici, a seconda degli avvenimenti. Al dire del sudetto scrittore, questa superstiziosa credenza dei romani ebbe origine da
che la repubblica aveva di sovente a soffrire qualche danno, esposero questa loro osservazione al senato, affinchè ne venisse
agione i Fabii furono tutti uccisi nella battaglia di Cremera. Dietro questa risposta, il senato promulgò una legge di comune
e mi fece. Nè le due di Tebe Beltà famose Sémele ed Alcmena, D’Ercole questa genitrice, e quella Di Bacco de’mortali allegrato
ente venivano a lui offerte la farina ed il sale, mentre sulle are di questa onnipossente divinità, ove mai non venivano svena
one, e tanto che molti lo hanno confuso con Cam, figliuolo di Noè. Da questa prima configurazione del Giove pagano, ne venne p
nte, fino alla Spagna ; ed a Nettuno la supremazia su tutti i mari. È questa forse la ragione che fece ritenere questi tre fra
tempio alla Gioventù, e furono allora istituiti i giuochi in onore di questa dea, della continuazione dei quali non fa menzion
caratteri cabalistici, lettere ed altre figure. Coloro che eseguivano questa divinazione giravano con tanta celerità, intorno
eva che le anime dei morti, dovessero essere giudicate all’ uscire di questa vita, onde ricevere il premio o il castigo delle
zo alla quale sorgeva un altare consacrato a Giunone Giuga, e che per questa ragione si chiamava Vicus Iugatinus. 2169. Giugan
hise risolversi a prendere la fuga, Venere, madre d’Enea, li spinse a questa risoluzione, che fu poi cagione della loro salvez
mandato assoluto a causa delle virtù della sorella. 2174. Giunone — È questa una delle più importanti personalità della mitolo
ale credenza, che Giunone odiasse tutte le donne di facili costumi, e questa credenza fu maggiormente avvalorata presso i roma
notizie trasmesseci da molti di essi riguardo ai diversi figliuoli di questa dea. Infatti Esiodo asserisce aver Giunone avuto
che il papero e lo sparviere erano gli uccelli a lei consacrati, ed è questa la ragione per la quale si vedono auche oggidi, m
igioso dei pagani sopratutto fra i greci ed i romani aveva reso sacri questa specie di pubblici spettacoli, i quali eran sempr
an pompa in onore di qualche nume ; che non si poteva dar principio a questa pubblica solennità se non dopo aver offerto dei s
o quest’ultima formola di giuramento, lo storico Aulo Gellio dire che questa fu introdotta presso i romani anche nei misteri E
o, facendo punire di morte chi ricusava di farlo. 2178. Giustizia — A questa divinità i greci davano il nome proprio di Astrea
tempio della Misericordia, non essendo possibile che si fosse adorata questa mite e soave divinità da un popolo che assisteva
ficato. Virgilio asserisce che Medusa era la loro regina e che quando questa fu disfatta V. Medusa le tre sorelle andarono ad
asciò andare la femmina dei due serpenti, e dopo pochi giorni morì. A questa tradizione favolosa si attiene lo stesso Cicerone
Amadriade, la quale ebbe da lui sette altre figliuole, che insieme a questa Granea furono dal nome, della loro madre, chiamat
a è che le tre Grazie fossero figliuole di Bacco e di Venere. Secondo questa ultima asserzione più divulgata, le Grazie avevan
oranei, attestano che le Grazie venivano dipinte interamente nude ; e questa opinione è presso di noi avvalorata da gran numer
trovavano quasi sempre delle statuette rappresentanti le Grazie. Con questa singolare costumanza, volevano forse gli antichi
veva un tempio ed un bosco a lui consacrato. I poeti antichi chiamano questa città col nome di Cryncus. 2205. Gru. — Presso i
ttoria contro il Minotauro V. Teseo, Minotauro. Coll’andare del tempo questa danza fu eseguita anche nella città di Delfo, dal
lla luce trenta porcellini. H 2210. Hada. — I babilonesi davano questa appellazione alla loro più alta dea : la stessa c
di lui mare e isola d’Icaro. Diversa, per altro, sebbene informata su questa base, è la favola che i poeti e i cronisti della
o. Anche Enea ebbe, secondo la cronaca tradizionale, i suoi natali su questa montagna, ove Venere, sua madre, lo dette alla lu
la tradizione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne dell’Ellesponto. Seco
gne dell’Ellesponto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo di questa montagna era scavato un antro ove, si vuole, che
ne ha molti i quali pretendono che il sacrificio fosse consumato ; e questa opinione è seguitata anche da varii autori modern
gli abitanti salivano per adorare, con le mani levate verso il cielo, questa loro strana divinità. Con tale cerimonia il culto
an numero di sacrifizii, onde placare lo sdegno della dea. Tolta così questa prima ragione del male, venne facilmente a capo,
gli atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. — A proposito di questa fanciulla la tradizione mitologica alla quale si
sse nella città di Argo, dato i natali ed una bambina, che fu appunto questa Ifigenia ; e che Clitennestra sorella di Elena, o
na figlia di Agamennone e Clitennestra, l’altra figliuola di Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Racine, nella sua I
della propria figliuola Ifigenia placata la collera degl’immortali. A questa sola condizione, aggiungeva l’inesorabile indovin
gli condiscese a sacrificare la propria figliuola. Ma anche innanzi a questa terribile risoluzione ; sorgevano ostacoli e diff
iuochi Olimpici. V. Olimpici. 2256. Ifitima. — Mercurio s’innamorò di questa ninfa e la rese madre dei satiri. 2257. Igiea. — 
ta ninfa e la rese madre dei satiri. 2257. Igiea. — I greci adoravano questa divinità come dea della buona salute, e la faceva
e la testa per bere nella coppa ch’ella ha nella mano sinistra. Sotto questa configurazione si sono trovate moltissime statue
ea si dava sovente a Minevra, la quale veniva dai greci adorata sotto questa denominazione. Anche i romani adoravano Igiea com
bandonate del nome mille volte ripetuto dell’amico carissimo : almeno questa è la tradizione a cui si attiene Virgilio stesso.
amo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità narrano a proposito di questa principessa un lagrimevole fatto. Il re suo padre
iuolo Difilo. Qualche anno dopo avendo Polinnestore ripudiata Iliona, questa ad istigazione dei greci, scoprì l’arcano a Polid
sgravo. Durante i dolori del parto, le donne facevono dei sacrifizi a questa dea, credendo così di liberarsi più presto. Le cr
adella d’Ilione, stette in piedi ; e che non fu che dopo la caduta di questa che egli si chiamasse Iulio e secondo altri Ascan
veva la forma di un elmo che gli antichi chiamarono Trafitide ; e che questa pietra aveva la strana facoltà di saltare da sè s
inio portò dalla Macedonia. 2274. Imprecazioni. — In latino dirœ. Era questa la denominazione di alcune divinità, che presso i
ecazioni, allorquando ci ripete quelle contro l’uccisore di Lajo. Di questa terra, ond’ho possanza e trono, Non sia nessun ch
o quelle contro i violatori dei sepolcri. 2275. Impudenza. — Anche di questa avevano i greci fatta una divinità e le aveano co
, aveano, secondo riferisce Servio, il soprannome d’Indigete e allora questa parola deriva da inde genitus, cioè : nato nel pa
nzionati, secondo che l’ordine alfabetico da noi seguito nel corso di questa nostra opera, ce ne ha porto l’occasione. Queste
o in un bosco ; la moglie ed i figliuoli in fiere, e in un accesso di questa abberrazione schiacciò contro il muro il capo del
a. 2287. Intereidona. — Dal verbo latino intercidere, i romani davano questa denominazione, alla divinità che presiedeva a tut
e, i presagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezze, che la superstizion
mano un uccello acquatico. 2290. Invidia. — I greci aveano fatto di questa triste passione un dio, essendo la parola φδονος
ell’antichità non fanno menzione, nè di altari, nè di statue erette a questa divinità ; e solo alcuni autori come Luciano ed O
utori come Luciano ed Ovidio, ci hanno trasmesso delle descrizioni di questa funesta passione, prese dagl’invidiosi medesimi.
pafo, ed ella stessa fu adorata sotto il nome d’Ifide come una dea. È questa almeno la tradizione alla quale si attiene Ovidio
a Ifide, la quale i greci confusero con Io V. Argo. 2293. Ipar. — Con questa parola, i greci dinotavano i due segni sensibili
degl’ Iperborei, conduceva all’ isola di Delo, ove Apollo a causa di questa grande devozione che aveano per lui quegl’isolani
tendo con l’unghia sonora su di una pietra, ne avesse fatto scaturire questa sorgente, che poi da lui prese il nome di fonte d
e fenicie, fosse stato il primo a scoprire quella fontana, che fu per questa ragione chiamata fonte delle muse —  V. Muse e Pe
iuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A proposito di questa giovanetta, le cronache dell’antichità ci ricorda
attribuiva, secondo Esiodo, Ello per sorella, perchè in lingua greca questa parola vuol dire tempesta ; ed infatti l’apparizi
ollo sul monte Soracte. Aggiunge la cronaca che in considerazione, di questa maraviglia, il senato romano avesse promulgata un
ran numero di animali come pecore, buoi, agnelli e volatili, e che in questa occasione essi compivano una barbara e truce usan
Giove e della ninfa Meleta, e re dei Lapidi nella Tessaglia. Almeno è questa la opinione più generalizzata ; sebbene è assai d
he pascevano nelle campagne della Tessaglia. Issione punto al vivo da questa abusiva maniera di procedere, sebbene in qualche
quali venivano eseguiti con la maggiore magnificenza ogni tre anni, e questa usanza era per i Corinti così importante, che anc
gran numero di odi in onore dei vincitori dei giuochi istmici, e per questa ragiòne il quarto libro delle opere di lui, porta
ome la patria di Ulisse, il più astuto dei greci. Omero l’ha resa per questa ragione, celebre nella sua immortale Odissea. It
nea, in Beozia, un tempio comune con Plutone dio delle ricchezze. Con questa unione allegorica delle due divinità, i pagani vo
bagno. 2364. Jante. — Detta anche Giante, fu sposata da Ifide quando questa cangiò il suo sesso e divenne uomo. V. Ifide. Jan
aceva sulla spiaggla dell’arcipelago, ai piedi del monte Pelio. Fu in questa città che Giasone, dopo il suo ritorno dalla famo
corde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sulla paternità di questa giovanetta : infatti alcuni pretendono che ella f
vrebbe incontrato all’ uscire dal tempio, sarebbe stato suo figlio. A questa risposta, Xuto con l’anima giubilante, si risovve
à del fatto, condannarono Creusa ad essere precipitata da una rupe. A questa notizia, Creusa colpita da spavento, si ricoverò
alcun’altro cronista dell’antichità, ci hanno trasmessa la ragione di questa singolare costumanza. 2378. Jou. — Era questo il
divenne la bibbia dei Buddisti. 2389. Kekki. — Nella Lapponia si dava questa denominazione al dio protettore della agricoltura
no fra le braccia. 2393. Kurù. — Nel culto religioso degl’ indiani, è questa la dea che presiede al giorno in cui succede il n
o la doppia denominazione di Lacedemonia o Lacedemone, e di Sparta, a questa famosa città della Grecia. Questo Lacedemone fu,
uoi figliuoli, i Tebani rimisero Lajo sul trono dei suoi avi. ….. In questa terra Laio, o Signor tenea di re possanza Pria ch
la luce due bambini morti. La povera giovanetta fu così addolorata di questa sventura che in pochi giorni perdette affatto la
pporsi a che il cavallo fosse introdotto al di là delle mura, e fu in questa occasione che egli pronunziò il famoso motto, che
ne trasse l’anima di Protesilao che presentò alla fedele Laodamia. Ma questa , trascorso il tempo assegnato da Giove non volle
e dell’ Asia, un sepolcro nella Frigia, ove era rinchiuso il corpo di questa sventurata principessa. Laodice fu similmente una
roprio figliuolo Giove, si dava un tal soprannome a questo dio. Sotto questa denominazione ordinariamente egli viene confuso c
puleio, i pagani ritenevano come sacrosanto il giuramento fatto sotto questa misteriosa parola. Cicerone stesso asserisce che
teriosa parola. Cicerone stesso asserisce che un giuramento fatto con questa formola : Jovem lapidem jurare, era ritenuto com
ffrì la figliuola Lavinia in consorte. Ma i suoi popoli si opposero a questa lega ed obbligarono invece Latino ad armarsi cont
isola di Chemnide, che sorgeva in mezzo ad un lago, chiamato Bute. Da questa ultima opinione del classico autore, sembra che i
. Anche i Tripolitani ed i Galli avevano una particolar divozione per questa dea, la quale veniva adorata anche sotto il nome
etare le notizie che le cronache dell’antichità ci hanno trasmesse su questa importante personalità mitologica, venerata dai p
erza inesorabilmente le oscenità che i pagani di Roma commettevano in questa occasione. 2453. Laverna. — Dea dei ladri, i qual
I. — Epist. XVI. trad. di Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome di questa dea venivano complessivamente chiamati Lavernione
ita da Tarquinio il superbo, in onore di Giove Laziale. La origine di questa solenne cerimonia dei romani ebbe principio dal f
a, onde solennizzare una festa e compiere una cerimonia religiosa. Fu questa l’istituzione primitiva della festa Laziar, il cu
nendo alle altre due data l’appellazione di Comassia e Gelassia. Però questa opinione di qualche autore, non è la più generali
e cerimonie, placare l’ ombra di Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ragione per la quale molti autori han creduto
priamente all’ epoca della vendemmia, ond’ è che il mese consacrato a questa operazione agricola, veniva dai pagani chiamato L
quelle acque, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa era di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortunati ca
mparire, ricco di abbondanti acque, vicino alla città di Bereniee. Fu questa forse la ragione che fece ritenere dalla supersti
la fine di una terribile pestilenza. Ma, al dire del cennato autore, questa cerimonia riusci completamente inefficace, per mo
ricorrere ad altra divozione per raggiungere lo scopo desiderato ; e questa fu la istituzione dei giuochi scenici, V. Giuochi
fu ucciso a colpi di puguale e di frecce. V’ à qualche autore che da questa tradizione toglie solamente l’intervento di Apoll
ne, che quando essa e le sue compagne si precipitarono in mare, fu da questa che l’isola del mar Tirreno, sulla spiaggia occid
duce l’incenso si chiama egli stesso Leucotea. Orcamo che fu padre di questa giovanetta, fu il primo che fece piantare alcuni
di sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani lo invocavano con questa appellazione, quando correvano alcun pericolo, da
mente il nome di Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità era molto più celebre che in Grecia, rit
a nelle circostanze di Libetra un torrente chiamato Sus. Ingannati da questa oscura ambiguità dell’ oracolo, gli abitanti cred
utori che dicono Libia fosse figliuola di Pamfiloga e dell’ Oceano. È questa però un’opinione non riconosciuta dalla generalit
e dell’ amore, onde gli uomini si ricordassero della loro caducità. È questa anche l’opinione del cronista Dionigi d’ Alicarna
orrendo fracasso, incenerì gli autori di quell’ opera nefanda. Fu in questa occasione che generalmente fu ritenuto aver Licao
eneralmente fu ritenuto aver Licaone istituiti i sacerdoti Luperci. È questa per altro un’ opinione poco generalizzata. 2511.
che, allorquando Licurgo si presentò alla Pitia, che dava i responsi, questa lo chiamasse il diletto degli dei, e gli facesse
Bacco quando lo si riguardava come protettore dei laghi. Per altro è questa una tradizione favolosa, che non ha molto logico
a delle tre Furie, e propriamente quella che ispirava il furore. Fu a questa Furia che Giunone ordinò di farsi accompagnare da
olla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il Sole. E
io, cominciavano nel terzo giorno dopo gli Idi di febbraio. Per altro questa opinione del famoso poeta, è combattuta dal croni
perci non erano punto stimati, nè si faceva verun conto di essi, così questa amplificazione portata da Giulio Cesare in quell’
tavo per le femmine : talvolta si prendeva anche il quinto giorno per questa cerimonia dei bambini. Comunemente le lustrazioni
ella che si esegue nella città di Messina, ha luogo il 15 Agosto. Per questa ragione l’Assunta viene comunemente denominata la
utte colsero le più nobili palme. Essi furono in certo modo, spinti a questa supremazia incontrastata, nello incivilimeato del
si sarebbe ridotto ad un solo il centro dell’arte, e la protezione a questa accordata sarebbe riuscita meno proficua esercita
i, conosciuto però sotto il nome di Cecco d’ Ascoll per esser nato in questa città della Marca d’Ancona nell’ anno 1237. Narra
della reggenza del suo nome. È posta sulla riva destra dell’Havel. In questa ciltà nacque Alessandro Humboldt. La reggenza di
4 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
tralasciare di toccare almen superficialmente la latina ? Il tutto a questa norma scorgerete quivi fedelmente eseguito. Se du
ro Darvi parti maggior con voi m’impegno. Sarà mia gloria il dir, che questa terra Benigna accolse il primo sudor mio, Ad onta
ispregevole conclusione di leggieri non si efformerà da colui, che di questa scienza esaminerà più posatamente i vantaggi. Ed
e al fin aversi cognizione della Teologia, e Religione de’Gentili, se questa in buona parte è fondata sulle fantastiche idee d
a ecc. Questa era la più generale divisione delle gentili Divinità, e questa seguirono la maggior parte de’Mitografi ; ma perc
rali vantaggi, perciò bipartita sarà la nostra operetta in rapporto a questa scienza. Nella prima parte parleremo de’venti Dei
qual madre feconda d’un parto di maggior rilievo, e vantaggio ; onde questa fatta paga de’ suoi voti diede il proprio nome al
sue fortune. Chi fù Vulcano. Nacque egli da Giove, e da Giunone, o da questa sola, come pur pretende la favola, pria di giunge
ra di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di questa , e di altre molte buone accoglienze successivamen
elare ; ma per buona sua sorte stanca fermandosi presso la Dea Flora, questa all’udire il disegno del suo cammino con dolce so
ebbe egli parimenti a provare nel corteggiare la Ninfa Bolina, mentre questa amò più tosto abbandonarsi nel seno del mare, che
altresi per sdegno la denunciante Clizia in girasole. Perduta intanto questa sposa trasse al suo fianco sì Climene figlia di T
ortavasi con intenzione di fissar quivi il soggiorno.(1) Non contenta questa orgogliosa Dea di Ebe, e Vulcano suoi figli conce
bellissima Venere in isposa. Suo ritratto. Pingevasi ordinariamente questa Dea con aria di maestà assisa sopra d’un carro ti
ante reiterate ripulse in sua sposa. Suoi nomi. Con varii titoli era questa Dea comunemente salutata. Fù detta Argiva dal pop
ne travagli indura, L’augel per essa spiega allegro l’ ali. Cerere è questa onor d’ agricoltura Dichiarazione e sviluppo
o, quod cunctarum frugum creatrix sit, et altrix. Sue disgrazie. Fù questa Dea fregiata di tanta beltà, che gli Dei stessi r
sa Proserpina innocente cagione delle sue sventure. Imperocche rapita questa là ne’ campi della Sicilia dal suo zio Plutone so
accese mosse veloce i suoi passi a trovarla. Raggirossi affannosa per questa , e quella parte della terra, sichè di essa a ragi
suo marito Plutone. Sue vendette. Gelosa pur troppo fù del suo onore questa Dea ; sicche il suo sdegno evitar non poteva chiu
torno raggirandosi le prestano divotamente gli omaggi. Suoi nomi. Da questa efficie della Dea simboleggiante molto al natural
i sacrificii, secondo la diversità de’luoghi, celebravansi in onor di questa Dea in titolo di riconoscenza dovuta a suoi largh
eleo ebbe la Dea cortese accoglienze ne’ suoi affannosi viaggi(1). Di questa festa da durare nove giorni tanta era la celebrit
lla ? Descrivasene perciò con tutto piacere la vita. Chi fù Vesta, Fù questa Dea gentil germogtio di Saturno, e di Opi, e ben
suoi più cari dei penati, che seco divotamente si trasse, volle, che questa Dea in particolar maniera l’accompagnatrice fedel
e il fabro avventuroso delle sue novelle fortune. A fronte intanto di questa gran cura, che per tal Deità nudrivano religiosam
casta, e d’illibata matrona ? Crebbe però oltre ogni uman credere per questa Dea l’ossequio, e vieppiù ne rifulse la gloria, q
lle vergini, alle quali con special modo premeva il dovere di onorare questa Dea(1). Di tanto ci assicura Ovidio. Hic locus e
intonsi regia magna Numae. Ne’ primi tempi costume non fù effigiar questa Dea, ma una viva fiamma soltanto al vivo espressa
Ella rende gentil qualunque sorte : Figlia di Dio la gran Sapienza è questa . Dichiarazione e sviluppo La prodigiosa, e
iluppo La prodigiosa, e singolar maniera, in cui al mondo comparve questa Dea, troppo chiaro adombrò i rari pregi, de’ qual
loriosa ne’ pregi suoi ammirandi(1). Sue vendette. Gonfia impertanto questa Dea dell’amor di se stessa, e molto più superba p
dimone Aracne. Questa perchè superba un di vantossi di esser simile a questa Dea, e forse suporiore ancora nel lavoro de’ suoi
passione eruttate alcune parole contumeliose, e degradanti l’onor di questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno privata
le nome di Operaria. Suo ritratto. L’atteggiamento, in cui pingevasi questa Dea ha più il terribile delle battaglie, che la p
e Gorgona desecto vertentem lumina collo. Suo culto Roma per onorar questa Dea di Sapienza, non men che di castità volle, ch
ed insieme col fumo delle capre svenale alzar divoti le loro preci a questa Dea d’ogni umano sapere. Cap. XI. Venere
e di pudore, Alla sana ragion sempre rubella. Ogni bene, ogni mal da questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che
. Dichirazione, e sviluppo Non fia maraviglia se nel parlar di questa Dea regina delle grazie, e madre degl’amori, m’in
a, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti dal poter di questa Dea sono argomenti parlanti come della sfrontatez
almente le Babilonesi, le Sire, le Medi, le Persiche, le Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione di
del proprio onore venivano vergognosamente a ritrarre ; anzi sacre a questa Dea dicevansi quelle, che a turpe meretricio eran
eguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si amante di sua onestà questa Dea non fia maraviglia se non sol fuggiva le conv
di mentre divertivasi alla caccia data libertà a suoi occhi di mirare questa Dea, che insieme colle sue Ninfe si tuffava nelle
tra fixit arundine linguam. Sebbeno la occupazione più ordinaria di questa Dea fosse stata la caccia, come sopra si è detto,
enchè gl’antichi Mitologi la distinsero, e forse per non attribuire a questa Dea di castità le leggierezze della Luna col Past
ompendiati nel suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effigie di questa Dea ha più del boschereccio, che del Divino. Ping
). Suoi tempii. Varii, e molti furono i tempii edificati in onor di questa Dea, non sol nella Grecia, ed in tutte le spiagge
Da qual principio poi commossi i gentili siansi indotti a credere in questa ineluttabile Deità, non così chiaro si scorge per
terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e nel seno di questa ogni frutto bramato senza stento biondeggiante si
na ambollina al suo fianco, quelle per dinotar la velocità del tempo, questa il corso sempre uniforme, e costante. Singolari f
voleva Venere sua madre a disbrigarsi di un tal figlio appena nato. A questa quindi attribuir si deve la colpa, che per sottra
rendo l’iraconda Giunone, che Giove suo fratello, e marito spesso con questa divideva i suoi affetti, con soprafina invenzione
mai sempre qualunque gloria de’figli, ben scorge ognuno non essere io questa volta nella dura necessità di raggirarmi a lungo
a dura necessità di raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e di Gea, detta comunemente
tratto. Molto misterioso impertanto, ma assai espressivo è il tipo di questa gran Dea. Rappresentasi ella sotto le sembianze d
rnamento, e difesa torri, e castella, come non apporre alle chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra
mparir poi li lascia nella ridente primavera, come non dare in mano a questa Dea la cotanto prodigiosissima chiave ? Se la ter
ra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotonda si di
ro ?(1). Suoi sacrificii. Poco convenevoli però erano alla maestà di questa Dea le cerimonie, che precedevano, e seguivano i
alità trattar colla figlia di Cocito per nome Menta ingelosita cangiò questa in erba dello stesso suo nome : onde così non ave
unicamente l’obbietto. Suo ritratto. In diversa forma fù effigiata questa Dea. La rappresentarono alcuni in triste atteggia
gera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto di questa Dea. Il più speciale è da dirsi quello, che otten
tata divisa insiem colle principali virtù anche i vizii, conchiudendo questa seconda parte colle descrizioni delle quattro sta
Figlia del tempo, che l’aspetta, e guata. Sappi mortal, la Veritade è questa . Annotazioni Questa bella virtù, quanto de
mano agli oppressi, i forti sprezza. Spada, e bilancia ha in man, con questa prova Scandagliare, e punir dritti sol prezza Giu
dipinta in atteggiamento di Vergine coronata d’alloro, perchè siccomo questa foglia non cangia mai colore ad onta d’ogni intem
e i nodi. Regge un timon colla sua destra mano, L’altra sparge oro in questa parte, e in quella, E nulla cura il vil piacer mo
oggi è rara. Annotazioni. Molto espressivi sono i caratteri di questa bella virtù detta dal divin Metastasio l’arabe Fe
gia desìo, Nè in alcun tempo alle preghiere è sorda. Mortal odi chi è questa , e nel tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda
nna, che preme la destra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa più abbondante di latte sogliono le madri allevar
riguardata, e più tempii s’innalzarono in suo onore. Bella virtù ! Da questa deve farsi rapire chiunque brama prestare a Dio s
ì fatal modello, Se vuoi saper che asconde un tale arcano : Collera è questa di ciascun flagello. Annotazioni E chi non
ecedere da un Leone, onde ognuno ravvisasse di quale eccesso è capace questa belva quando è stizzita, e quel pugnale, che con
are gli altri contro so stessa rivolge tutto lo sdegno e le furie. Da questa strana sua indole ammaestrata la più sana parte d
ua sua, che il tutto rode, Raro la forza sua riman delusa, Culunnia è questa , che del mal sol gode. Della credenza altrui tira
po i falli suoi palesa. Costei, mortale, è d’ogni mal radice, Frode è questa , che tien la rete tesa, E chi la scampa si può di
’incauti, e mal accorti barbaramente seduce. E qual figura in vera di questa più espressiva per indicar la rea qualità de’ fra
rivolge, e a danni ognor s’indura : Trema mortal, che la discordia è questa . Annotazioni. Chi non orridisce al ritratt
cordia è questa. Annotazioni. Chi non orridisce al ritratto di questa furia d’Averno ? Il viperino della sua chioma, il
bisso hà il proprio albergo. Annotazioni Sotto le sembianze di questa afflittissima donna rappresentasi la povertà, ond
o annienta, e pur l’uom non corregge : Necessaria, e fatal la morte è questa . Annotazioni La descritta imagine della mo
i volge par, che il ciel balena Premio, e tormento all’uom l’estade è questa . Capitolo XXIX. Autunno. Sonetto
elequenza, certa e determinata materia non mai riconosce, quindi come questa assoggetta al suo impero ogni cosa, così quella s
sollecito impegno di chi s’accinge a comporre un canto, un poema, in questa parte deve singolarmente risplendere, perchè in e
intese Per troppo furor. Dell’armi il destin. Udito, che Tebe Fù questa la morte Per tutto hà trionfato Dell’ uomo poss
i guerrieri carmi Ecco il momento estremo, L’invitto gran Leonida E questa sera io giurovi Corre con pochi all’armi. Con P
te. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in tal modo rimati. Il primo è un sett
erò Devoto al cenno ubbidirò. Il decasillabo poi, che è il Sole di questa oscura notte del Novenario, la vera delizia dell’
cizio di altri più facili metri, e poi con avvedutezza a discendere a questa ardua impresa. Diamone intanto il modello. Atti
te difficoltà per la sua concatenazione, quante maggiori dovrà averne questa , stante che le voci sdrucciole non avendo un suon
ogliere. Or senti, e vedi se ti par possibile, Fra le sue ruberie pur questa annovero, Che ad ognun, che l’udì parve incredibi
diedero perciò mai il perfetto ritmo di essa. Se però ben si rifletta questa è da dirsi la vera tessitura dell’Esiodica pastor
degna sempre di riflessione in tutte le composizioni, e molto più in questa , che di tutte è la più nobile mi spinge per un mo
eggansi in vero i Sonetti de più celebri compositori, e si vedrà, che questa parte appunto hà formato il principale loro scopo
o il principale loro scopo. Può darsi in vero chiusura più bella o di questa del Petrarca. « Poco manco che io non restassi in
esta del Petrarca. « Poco manco che io non restassi in Cielo » « o di questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor del Mo
di questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor del Mondo » o di questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio imparerai »
o » o di questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio imparerai » o di questa del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da fortuna
esta del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da fortuna oppresso » o di questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio sol mi co
questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio sol mi contento » o di questa del Maggi : « Passò l’onda villana, e non rispose
iverse scorgiamo ne poeti specialmente antichi concatenati i Sonetti, questa però ciò non ostante ne’ nostri giorni è la più u
l mio senza copiar le altrui fatiche, così mi conviene fare ancora in questa specie di componimento, tutto che sappia, che i m
o fissera unicamente a quello, ben sapendo, che non può mancargli mai questa pertanto eccone la norma. Ovidio, che si licenz
oppia specie. Di una doppia varietà sono le strofe appartenenti a questa classe. La prima comprende tre Aselepiadiadei, ed
principe fra destrieri distinto sotto il nome Hyppius, e Nettuno per questa sua bravura acquistò dritto su cavalli e marini,
ione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci di questa Dea recatasi da Eolo per ajuto, non che delle con
Suoi sacrificii. (1). Molti scrittori servendosi nel senso largo di questa parola chiamano sacrificii eleusini tutti quelli
t, tenebrisque pudorem Celat, et a cunetis expellitur aere toto. Per questa ragione Demostene qualora imprese a deridere gli
fù Venere. (1). Non solo a Dei però, ma agl’uomini sibbene esibivasi questa Dea trascinata dalla forza delle sue passioni. Le
ferenza d’ogni altro animale. Imperochè nella dolce contesa, che ebbe questa Dea col Dio Cupido circa la frettolosa raccolta d
ragione può dirsi, che ella tra fiori si dilettava della rosa, perchè questa nelle rosseggianti sue foglie sempre rammentavale
domo domiui Dei tui. E qual abominazione in vero potrebbe pensarsi di questa più nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo imperat
mpognate si barbare usanze quasi generalmente praticate conchiude con questa Epifonema l’istoria : Tantum religio potuit suad
he il parer di chi il dice figlio del Cielo, e di Ecate, perchè sotto questa seconda divisa chiaro non scorgendosi, come passa
. Suo ritratto. (1). Non ignoro io esservi stato chi ha preteso, che questa celebrata Cibele fù figliuola di un antico Re del
egata gli aveva tal figlia per sposa ; ma come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi di quella lo lascio ad es
stesso argomento dicendo : Apre l’ uomo infelice allor che nasce In questa valle di miserie piena Pria che al sol gli occhi
bene in questi miei componimenti le tre parti divisate nel Cap. I. di questa parte. Egli se bene riflette scorgerà nei primi v
5 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
ranno trarre per questi non poco giovamento. Taluni, forse comparando questa ultima produzione con le altre nostre opere finor
lava per la onnipotenza degl’imperi, che facevano fermo piedestallo a questa larva di religione, onde non cadere essi medesimi
sofia nella mente dell’uomo vanno sempre compagne indivise ; e quando questa si ottenebra, si smarrisce, si disperde per le am
n filosofia un dettato tutto ontologico — l’Ente crea l’esistente — e questa fu la filosofia di tutti i tempi fino a quando no
iero eterodosso, che ignora e nega la creazione, e per la mancanza di questa idea intermedia divinizza la natura ed umanizza D
torna di nocumento a’ popoli ; l’altro da’principi e da sacerdoti. Da questa esposizione di Scevola lo immenso Varrone, come a
mistica, fisica e civile. Mitografia mistica, ossia favolosa — ed in questa si finsero molte cose contra la natura e il decor
o di minutissimi corpicciuoli indivisibili. Mitografia civile — ed in questa riponeva tutti gl’ Iddii, che furono immaginafi d
idersi apertamente di queste umane invenzioni ». « Occuparono perciò questa seconda uscita con misteri egulmente ingannevoli
esseri diversi da lei usciti, tutta sopra queste intelligenze e sopra questa anima del mondo vanno raggirando la teogonia degl
i, e donde può trarsene la etimologia — Iconologia di Giove e come da questa si trae la interpetrazione del mito, cui si scopr
ullio nel lib. 11 della Natura degli Dei. 18. Nettuno — etimologia di questa parola tolta da Tullio e da Varrone — varii nomi
questo nume, come ne interpetra i miti. 25. Mercurio — etimologia di questa parola — dall’allegoria de’suoi miti si scuopre,
interpetrazione tolta dalla Scienza Nuova del Vico. 29. Marte — come questa divinità nacque in mente degli Egizii. 30. Vulcan
per la istruzione de’giovanetti, debbonsi far precedere le lezioni di questa alla interpetrazione di quelli, onde intender le
1), esser Giove l’anima del mondo corporeo, che riempie e muove tutta questa mole, che voglion composta di quattro, o di quant
portava il nome di Ditirambo, ossia due volte nato ; sebbene altri a questa voce danno il significato di aprire ; poichè il v
, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indicavasi gli ubbriachi
a terra, ciò che volevano avvenuto a tempi di Saturno, onde pe’latini questa età risponde a quella dell’oro de’greci ; e portò
così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto di questa etimologia, che egli stesso poscia la rigetta. Va
lando nel gran campo delle opinioni degli scrittori, che parlarono di questa divinità, può darsi una duplice interpetrazione,
tore dell’universo — di Latona, e con questo traendo la etimologia di questa parola del verbo latere nascondere, si volle sign
loro umori pestilenziali con la oltre misura delle intemperie. E con questa osservazione ben dobbiamo approvare la etimologia
to, credendosi d’inestimabile valore quando altri venisse battuto con questa , e ciò dalla utilità della correzione. A questa v
i venisse battuto con questa, e ciò dalla utilità della correzione. A questa verga si ponevano attorti due colubri, simbolica
ignificare, che il dominio dei fondi era de’senati regnanti... Sicchè questa verga alata di Mercurio de’Greci, toltane la serp
cuola stoica potrà dirsi non meno, che gli antichi si avessero creata questa divinità, onde prestare un culto a questa loro an
antichi si avessero creata questa divinità, onde prestare un culto a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi di
tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è questa un’allegoria de’fenomeni prodotti dall’eruzioni v
te Giove. Capitolo III. Sommario — 33. Giunone attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno di Orfeo —  da’concetti di
i Giunone dell’autore della Scienza Nuova. 33. Cerere — Etimologia di questa parola —  il modo di rappresentarsi è una simboli
articolari di Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimologia di questa parola — Plutone rapisce Proserpina, e la traspor
te da Eusebio, e da Bacone. 39. Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di sua simbolica — Vn’altra
ione dello scrittore della Scienza Nuova. 40. Minerva — Etimologia di questa parola — 41. Interpetrazione del suo mito dello s
rola Diana. 45. Atteone e suo mito. 46. Attribuzioni, che si davano a questa Dea — si rappresentava sotto le forme di una donn
resentava sotto le forme di una donna a tre teste, interpetrazione di questa forma — Altra interpetrazione tolta dallo scritto
. Vesta. 48. Altre attribuzioni di Diana. 49. Le Muse — Etimologia di questa parola, e vario suo significato. 50. Donde da tre
to. 53. Le Grazie — Simbolica ed allegorie delle Grazie — Sviluppo di questa simbolica e allegorie. givnone, gerere, proserpi
e, minerva, venere, diana, vesta, le mvse, le grazie. 33. Givnone — A questa Diva in un inno di Orfeo è dato il nome di regina
o alle donne ne’dolori del parto. Ma di questi e di altri titoli, cui questa Diva era onorata dai greci e da’latini, è d’uopo
un carro guidato da Trittolemo, o trascinato da due serpenti alati. È questa una simbolica tutta propria dell’agricoltura. Col
deriva da περθιν devastare, e φενιν uccidere. Quanto sia a proposito questa etimologia non può cadere in dubbio dalla interpe
pullulare, che nella stagione di primavera. E perciò celebravansi per questa figlia di Cerere due feste, lieta l’una in primav
condità de’semi mandati alla terra. E narra(1), che mancando un tempo questa fecondità, andando la terra infruttuosa, fu immag
re rapita da Plutone e portata con lui nell’Orco ; e compianta poscia questa sciagura con pubblico lutto, venne in mezzo la ub
el tempo arate furono le prime are del mondo. » 40. Minerva — Nacque questa Diva nella mente de’poeti, per crear un tipo di s
fonte inesausto della sapienza divina. Taluni si finsero in tal modo questa prima intelligenza per dire, che Dio per verbum a
la idea eterna di Dio, che altro non è che ordine eterno ». 42. Ma di questa Diva non poche altre cose, poichè ne’suoi nomi, e
rimanendo sempre nella sua purezza, vera simbolica della verginità di questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal cervell
altri non può guardarli che di trasverso. 43. Venere — Fu immaginata questa Diva dagli antichi greci onde personificare i sen
tutta propria di essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano di questa pianta per conciliare gli amori. 44. A Venere si
rciò si dipingeva con l’arco, con il turcasso, e seguita da cani. Era questa una simbolica, con cui volevasi indicare come que
iato in cervo, lasciandolo sbranare da’suoi cani, che lo seguivano. È questa una narrazione tutta istorica. — Atteone tutto in
Rea veniva riconosciuta come la Dea del fuoco. Da’greci fu immeginata questa divinità, onde personificare il fuoco di tanto ut
utato a Vesta gli onori dovuti, e di averne turbato il riposo : non è questa , dice Plutarco, che un’accusa tutta allegorica, c
ivermondo. Vesta, dice Ovidio(3), non è altro che la terra ; e poichè questa si sostiene col suo proprio peso, è detta Vesta.
o gli omeri, per esprimersi la forma quasi rotonda della terra, e che questa in tal modo conglobata vien posta. Si credeva ess
questo un fatto istorico personificato con un’allegoria. sviluppo di questa allegoria. 60. Ercole personaggio allegorico — Co
 tempii ed altari simbolici innalzati a Giano. 70. Pane, simbolica di questa divinità boschereccia, e sua interpetrazione. 71.
questo mito si volesse dare una perfetta allegoria, potrebbe portare questa interpetrazione — Con Gerione intendersi il fulmi
n cui fu creduto essere Ercole la forza della natura. E per esprimere questa forza fu porta a lui da Greci un’arma possente, l
ue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso al guado di un fiume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il
ento, andarono ad occupare nuove sedi : in alto la luce, più vicino a questa l’aere, in mezzo la terra ed il mare. Io allora,
co la cagione della mia forma, che tu desideri sapere ; e, conoscendo questa , non ignori del pari quale sia il mio ufficio. Tu
cagione della mia figura. Già tu pure in qualche parte conosci ancora questa  : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate
ipo, gittossi giù da un monte e finì di vivere. La interpetrazione di questa favola è tutta istorica. — Cadmo impatronitosi de
di uomo, e nella inferiore irio e sotto le sembianze di caprone. Era questa una simbolica escogitata da gli antichi, onde per
uin promitto, inquam, hostire contra ut merueris, cioè eguagliare ; e questa altra sua frase — Par pari hostimensum datum est
Apollo e Diana, fu detta Elori. (2). Matvta — Taluni vogliono esser questa dea la stessa che l’Aurora, onde traggono l’origi
aggono l’origine del tempo mattutino. (3). Roncina — Varrone deriva questa parola da runcare, che importa svellere, onde nac
ta Carmentale dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino a questa un’ara nel Campidoglio, ove ella abbe stanza. (
6 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
delli versi strani » ascondono antica sapienza e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo di parlar f
entate, possono dirsi fisiche. 15. La più comune opinione fa nascere questa Mitologia e questa favola nell’ Oriente, nell’ Eg
si fisiche. 15. La più comune opinione fa nascere questa Mitologia e questa favola nell’ Oriente, nell’ Egitto, nella Fenicia
lib. I.) Uno Dio, pensarono i pagani, cambiò l’aspetto e lo stato di questa materia inerte ; ne trasse l’etere che formò il c
mprigionò nelle viscere della terra ; ma Titea non volendo sopportare questa ingiustizia, aperse loro le carceri, e lasciò che
se, e si conquistò il dominio del mondo. Chi non direbbe adombrato in questa favola un primo sconvolgimento cagionato sulla su
oli ad un parto, Giove (63) cioè e Giunone (85), fece veder solamente questa al marito, e gli tenne celato Giove, offrendogli
o i cembali e battendo fra loro molti scudi di bronzo. 30. Finalmente questa cautela non valse, e Titano scoprì la frode ; lao
terrore. Cerere. Proserpina. 51. Fu invero benefica divinità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e di Cibele (40),
so dall’ affanno di Cerere, promise di farle ricuperare la figlia, se questa nell’Inferno non avesse toccato nè bevanda nè cib
nza amor, senza legge e senza fede. Anguillara. Ascalafo poi sotto questa forma diventò il favorito di Minerva, indicando c
teneva chiusa rigorosamente ai profani ; e tra le greche solennità fu questa la più celebre e la più misteriosa. Perciò tali f
un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia, nel tempo di questa processione, le donne correvano qua e là con fiac
morì divorando con orrenda rabbia le proprie membra. Chi non vede in questa favola atroce quanto grave delitto sia l’empietà
possa i Giganti, restò vittorioso. I più terribili tra’suoi nemici in questa così detta pugna di Flegra (valle della Tessaglia
ntro il cielo. È fama che dal fulmine percosso, E non estinto, sotto questa mole Giace il corpo d’Encelado superbo ; E che qu
cadia, fu il primo ad immaginare sacrifizj di animali agli Dei, e per questa assuefazione alle atrocità divenne crudele a segn
legate a tergo da una catena d’oro. 89. Ma non essendo stata efficace questa lezione a correggerla, Giove risolse di prendere
ale effetto gli diede un mazzo de’suoi papaveri, e poi d’ucciderlo. E questa fia lezione a coloro che si lasciano troppo sedur
rso la figlia d’Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regina e di Giove, pregò il padre perchè ripopola
ì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed in premio di questa cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, con una p
rito, il quale aveva per suo araldo Mercurio (160). Giunone amò tanto questa sua confidente, saggia e docile giovinetta, dalla
mblema d’Iride. 95. In ogni parte di Grecia e d’Italia erano templi a questa Dea consacrati ; ma con maggior culto l’onoravano
lla fronte una corona di dittamo, perchè la superstizione credeva che questa pianta procurasse alle donne un parto pronto e fe
racoli. Indi furono istituiti da Teseo i giuochi Pitii per rammentare questa prova di filiale affetto (672). 100. Ma la vittor
02) che era morto per cagione dei mostri marini ; ma Giove, reputando questa risurrezione quale oltraggio alla divina potenza,
rla, sulle proprie sponde la trasformò in alloro. Apollo, afflitto da questa avventura, staccò un ramo dall’albero, se ne form
rtisti e di guerrieri. Il significato del vocabolo è il fondamento di questa favola, poichè Dafne in greco vuol dir lauro. I p
in greco vuol dir lauro. I poeti attribuivano due particolari virtù a questa pianta : l’una di preservare dalla folgore ; l’al
arono a Memnone una statua nella città di Tebe ; e credesi che quando questa statua era investita dai primi raggi del sole di
d’armoniosa dolcezza. L’affettuoso tratto di amicizia ch’ei ricorda, questa credenza del suo dolce cantare, la candidezza del
li partendo a mani vuote rispose, io porto con me ogni cosa 31. Forse questa risposta poteva esser tacciata di presunzione ; m
ue dal sangue di Medusa (357), allorchè Perseo (353) recise il capo a questa Gorgone. Suol dirsi che Apollo e le Muse consento
e lancia i tuoi dardi ! e con l’andare del tempo, dopo ogni vittoria, questa esclamazione diventò grido di gioia. Il Corvo ed
to colosso, il quale contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era questa una statua di bronzo alta settanta braccia, che p
he Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva promesso di vivere continuamente
ica appunto cento buoi. Con l’aiuto di Ifigenia (527) sacerdotessa di questa Dea, Oreste (527) e Pilade (534) ne recarono in I
alò una corona d’ oro ingemmata, capo d’opera di Vulcano (270). Morta questa principessa, la sua corona fu posta fra le costel
tutto ciò che vive deve avere un’ anima. Il filosofo Pitagora propagò questa credenza in Italia ; ed era convinto d’aver già v
a Marte (255), il cinto a Venere (170) e lo scettro a Giove (28) ; ma questa è una bizzarra allegoria della prontezza con la q
ena sua vita aspra ed acerba Sotto mille catene e mille chiavi. Ed a questa medesima pessima divinità la Mitologia ha dato pe
degli Dei per raccorne gli avanzi. Forse quel sommo filosofo esponeva questa opinione perchè Amore, sebbene ricco d’ineffabili
incipe, osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di f
dai pericoli, e ne fa una debole femminuccia. Venere afflittissima di questa morte, richiese a Giove 35 il suo diletto Adone,
tua affezione osi tradirti ? Tu devi scoprirlo ad ogni costo ; prendi questa lucerna e questo pugnale ; sincerati sul conto su
va Venere le disse : « Va a Proserpina, e chiedile per me di porre in questa scatola una porzione della sua bellezza ; ma bada
, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celeste, contento di questa umile sottomissione, le fa sparire di sopra il vo
e unione di quella. Facile è discoprire gl’insegnamenti morali che in questa favola sono ingegnosamente riposti. Altri con più
o la parola psicologia o trattato dell’anima. Il Foscolo così ricorda questa favola ch’ ei finge istoriata nel velo delle Graz
lce a’cattivi, ed a’buoni acra. (Petr., Trionfo d’Amore, c. IV.) Ora questa isoletta, un tempo tanto leggiadra, è uno sterile
aliano Canova seppe far risorgere con tanta lode, è la sua Venere ; e questa pure si ammira in Firenze nella galleria del Pala
, e nel sinistro É l’ingorda Cariddi : una vorago D’un gran baratro è questa , che tre volte I vasti flutti rigirando assorbe,
l mare si mette in calma, e la tempesta rispetta la tenera prole ; ma questa calma dura solamente per quattordici giorni, che
e dei saggi. Virgilio descrive i Campi Elisi e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra
e lagrime goccia, Le quali accolte foran quella grotta. Lor corso in questa valle si diroccia.50 Fanno Acheronte, Stige e Fl
iroccia.50 Fanno Acheronte, Stige e Flegetonta ; Poi sen van giù per questa stretta doccia Infin là ove più non si dismonta.5
aspetto e d’anni, ma di forze, Come Dio, vigoroso e verde è sempre. A questa riva d’ogn’intorno ognora, D’ogni età, d’ogni ses
a luce ; e come madre delle Furie le immolavano pècore nere. Anche di questa divinità immagina più compiuta pittura l’Annibal
pposita parte, a piè dell’ovato, sia la Notte, e come l’Aurora sorge, questa tramonti ; com’ ella ne mostra la fronte, questa
come l’Aurora sorge, questa tramonti ; com’ ella ne mostra la fronte, questa ne volga le spalle ; quella esca di un mar tranqu
uesta ne volga le spalle ; quella esca di un mar tranquillo e nitido, questa s’immerga in uno che sia nubiloso e fosco. I cava
nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ; di questa mostrino le groppe. E così la persona istessa del
e sia di color fosco, perciocchè la fanno un ramo della Letea. Dentro questa concavità sia un letto, il quale, fingendosi d’es
esistenza dei quali crede ancora il volgo ignorante, sono un resto di questa antica superstizione) ; finalmente gli Dei-Mani c
ostro chiamato Egide, il quale vomitava fuoco, e fu da lei ucciso. Su questa divina armatura campeggiava la testa anguicrinita
augurio se stava zitto, perchè la prudenza non è ciarliera. Forse da questa antichissima allegoria è nato il pregiudizio dell
no La greggia a’ piedi, e la zampogna al collo, Quella il suo amore e questa il suo trastullo Ond’orbo alleggeriva il duolo in
avevano liberati dalle loro infermità. Pare che nei primi tempi fosse questa la sola scuola pratica dei medici greci. 292. Esc
rcitarono la medecina nell’isola di Coo, e ne diressero la scuola. In questa famiglia nacque il celebre Ippocrate. È attribuit
iace al giogo…. (Baldi, L’Orto.) Flora e Feronia 312. Flora, questa vezzosissima Dea dei fiori e della Primavera, fu
tra viva, che di fuora era tonda, e dentro concava. Stavano intorno a questa grotta le statue delle ninfe medesime nella medes
albero un favo, lo fece assaggiare alle compagne, che tutte liete di questa scoperta, dettero alle api il nome di Melisse, ed
; ma saputo da un antico oracolo di Temi (337) come il primogenito di questa ninfa fosse destinato a divenire più famoso del p
na nella Sicilia, ed Alfeo in fiume nella provincia d’Elide. Tuttavia questa metamorfosi non valse a diminuir l’affetto d’Alfe
per Troja assai s’è fatto. Se difendere omai più si potesse, Fôra per questa man difesa ancora. Ma dovendo cader, le sue reliq
, esclama : …….O della patria Sacri numi Penati, a voi mi rendo. Voi questa casa, voi questo nipote65 Mi conservate : questo
L’immaginazione ricca d’allegorie suggerì ai Greci altri emblemi per questa indivisibile compagna del Destino oltre quelli gi
o sollecita che di far del male agli uomini. Giunone per consiglio di questa Dea aveva ingannato Giove facendo nascere Euriste
a dover porre in bilancia le une ed a far punire gli altri ; se pure questa mutilazione non è più severo avvertimento ai giud
tare vane o cattive azioni, e quando mescolano il falso col vero : È questa Fama un mal, di cui null’ altro È più veloce, e c
a libertà. 341, 2°. I Greci e i Romani ebbero in gran venerazione questa Dea. Libertà va cercando ch’ è si cara, Come sa
menti Ottenebrate. L’invidia. 342. Tanta è la prepotenza di questa funesta passione che gli antichi la immaginarono
arlo Dati nella vita d’Apelle ci somministra una bella descrizione di questa maligna divinità. « Dipinse egli nella destra ban
Verità, non meno allegra che modesta, nè meno modesta che bella. Con questa tavola scherzò Apelle sopra le proprie sciagure,
347. In veste candida, e con celeste riso sul volto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed era la D
te ripigliarlo. E, dove la Vigilanza ha in capo un gallo che canta, a questa si può fare ai piedi una gallina che covi, per mo
eo coltello. La virtù. 351. Chi non avrebbe fatto una Dea di questa augusta figliuola della Verità (350) ? Ella è una
o. Così rimase avverato l’oracolo. Fu tanto il dolore cagionatogli da questa disgrazia, che abbandonò il soggiorno d’Argo, e a
te Anfitrione e la madre Alcmena, in cui si scorgea lo spavento. E se questa non fu la medesima tavola, simigliantissima era e
so e più forte e più temibile. Forse gli antichi vollero celebrare in questa fatica il prosciugamento di qualche pestifera pal
mento di qualche pestifera palude. Oppure è da credere con alcuni che questa Idra significasse una moltitudine di serpenti vel
indietro nel tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’autore di questa perfidia, si apparecchiava ad abbandonare il paes
to sulla spiaggia dopo la sua lunga lotta con Anteo. Si condussero in questa impresa come all’assalto d’una città. Le due ali
risposta. Onde mia cura Fu di carpirla io prima ; io che straniera In questa reggia venni, e a me pur largo Concede il Fato, c
ad una corona che Anfitrite (188) gli aveva posto sul capo. Tuttavia questa opinione merita poca fede, essendo smentita dal s
e geloso, lo precipitò dalla sommità della cittadella di Minerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo rattenne per aria,
to in catene, finchè non scese Ercole (383) a liberarlo. Nel tempo di questa prigionia Elena fu rimessa in libertà dai fratell
il figliuolo avuto dalla regina delle Amazzoni. Una volta condusse in questa città la nuova sposa, e non sì tosto Fedra ebbe v
ome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle di questa costellazione tramonti quando l’ altra si leva su
ero in Tessaglia viaggiando in mezzo a molti rischi. I più dicono che questa spedizione ebbe luogo 60 anni prima della guerra
474) il giorno stesso delle sue nozze, sicchè mortalmente afflitto di questa perdita scese all’inferno (215), e la richiese a
za, fu punta da un serpe, e morì nell’atto. 475. Gli Dei per vendicar questa morte fecero perire tutte le api d’Aristeo, ed eg
a, e quivi riprese la primiera sua forma. 484. Agenore, disperato per questa perdita, ordinò a Cadmo di andare a cercare la so
zia sul modello della Tebe d’Egitto. Anfione (481) costruì le mura di questa città col suono della sua lira. 486. La favola ag
figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa donna quale arte ella debba avere insegnato ai Gr
ne, e lo ricoverò nella sua capanna. 493. La regina di Corinto, avuta questa notizia, volle vederlo ; e siccome non aveva figl
ontario bando da Corinto, e s’incamminò verso la Focide. 495. Appunto questa sua premura di fuggire i decreti del Fato lo tras
o sdegno che Giunone (85) aveva concepito contr’essi. Alcuni spiegano questa favola supponendo che la Sfinge fosse una fanciul
cchiaia con un bastone che gli fa da terzo piede. La Sfinge, vinta da questa spiegazione, si annegò da sè stessa nel mare. 50
cia contro il fratello ; e i principali eroi degli Argivi s’unirono a questa guerra iniqua di fratelli contro fratelli, e fatt
se stato sacrificato alla patria. Creonte, come colpito dal fulmine a questa risposta, non vuole acconsentire alla morte del f
del vento. 513. Già tredici sventurati amanti erano stati immolati in questa gara ineguale, finchè gli Dei mossi a sdegno fece
ntre del simulato cavallo, introdussero l’armata greca nella città, e questa in breve fu ridotta in cenere dopo un assedio di
bbedienza, fece comparire invece d’Ifigenia una cerva ; e contenta di questa vittima, trasportò la vergine in Tauride per farl
elao chiese il premio della vittoria, ma i Trojani glielo negarono, e questa perfidia riaccese gli sdegni dei Greci. 531. Dopo
ille, ma ch’ei sarebbe perito sotto le sue mura. Teli, per distornare questa predizione funesta, vestì il giovinetto in abiti
padre ; e il supremo comandante de’Greci fu obbligato a sottoporsi a questa restituzione ; ma per rendere il contraccambio ad
uest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narra che con l’ aiuto di questa Dea potè ghermire i cavalli di Reso (570) ; invol
re d’Illiria, dove co’ suoi compagni fu cangiato in airone. Pare che questa finzione sia immaginata per esprimere la valorosa
ro la pelle del leone, lo rese invulnerabile, eccettone il luogo dove questa pelle era stata sbranata dalla ferita con che Erc
che proferiron sentenza a favor suo. 565. Ajace fu tanto sdegnato di questa parzialità che perdette l’uso della ragione, e di
stretto a partire contro i Trojani ; ma Palamede ebbe a pagargli cara questa scoperta (584). 570. Ulisse con l’eloquenza, con
di Minerva (263), religiosamente custodita dai Trojani nel tempio di questa Dea, e che vantavano scesa dal cielo, e collocata
freccia a traverso molti anelli messi in fila. 581. Ulisse applaudì a questa proposta ; e tutti i pretendenti si provarono ma
dissi, che per cento milia108 Perigli siete giunti all’occidente ; A questa tanto picciola vigilia109 De’ vostri sensi, ch’
er seguir virtute e conoscenza. Li miei compagni fec’io si acuti, Con questa orazion picciola, al cammino, Che appena poscia g
ore aveva fatto uccidere per impadronirsi delle sue ricchezze. Allora questa infelicissima madre entrò furibonda nel palazzo d
si ricovrò sul monte Ida con quanti potè raccogliere dei Trojani. In questa fuga piena di rischi e d’affanno perdè la diletta
questo, poichè dicono che avesse, non si sa come, offeso Diana, e che questa Dea per punirlo facesse sbucare dalla terra uno s
alloggio di tutti i più ricchi possidenti d’un villaggio, e solamente questa misera coppia di vecchiarelli con tutto amore gli
vostra possanza non abbia limiti, fate che una figura adorabile come questa diventi mia sposa. » In sul finire di tali parole
la più virtuosa delle mogli. Chi non vede ingegnosamente adombrata in questa favola la suprema contentezza del genio creatore
opo, avendo i due sposi recato offesa a Cibele (40), furono puniti da questa Dea coll’ essere trasformati in leoni. Piramo
irono ai figliuoli di più vedersi. Gli amanti non poterono obbedire a questa legge severa, e fissarono un ritrovato fuori dell
minciarono a consultarlo a guisa d’oracolo. Visse dugento anni, ed in questa lunga età si nutrì solamente d’Ambrosia (222) som
è ne’fati. Ah ! senza pianto L’uomo non vede la beltà celeste. E da questa favola può cavarne grande insegnamento chi audace
do Creso, prima di combattere Ciro, consultò la Sacerdotessa, n’ ebbe questa risposta : Creso, passando l’ Alcice, rovescerà u
rlo con un pugno, e mangiarlo tutto in un giorno. Sia o no esagerata, questa prova dimostra che l’uso della forza era diventat
edeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto scoppiettar di mano lodò questa buona speranza, ed il vecchio crollando la canuta
all’altra dell’eclittica,142 per quanto si stende la circonferenza di questa , ne nasce una zona o cintura o fascia, la quale f
iaco non resta veramente tutta intera dentro la larghezza di esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unico oggetto di cir
orno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi ? Celeste è questa Corrispondenza d’amorosi sensi, Celeste dote è ne
ublime Voi poscia alzarla, o duci achei, che vivi Dopo me rimarrete a questa riva. Del Pelide al comando obbedïente Con larghi
fabbricata vicino ad un tempio d’Iside : para Isidos. Vero è poi che questa divinità era considerata qual protettrice di Pari
’ella fosse giunta fra loro sopra una nave, ed alcuni scrittori danno questa origine alla nave disegnata nell’arme della detta
ndovinare il futuro mediante l’osservazione delle stelle ; ed è forse questa l’origine dell’astrologia giudiciaria. 713. I Per
Marte. 734. I Galli si vantavano discendenti di Plutone (213), e per questa credenza misuravano il tempo non a giorni, ma a n
mangono. 8. Latium, a latendo, dice Ovidio. 9. Appare evidente che questa poetica invenzione delle quattro elà del mondo si
no ancora gli sconvolgimenti cho possono aver dato origine non solo a questa favola, ma anche a quella della caduta di Vulcano
figli con cento teste e cento bocche dalle quali mandava fuoco. Non ò questa la terra cho manda fuoco dallo sue viscero, essen
medesimi nomi. Por combinare poi colla fisica la spiegazion morale di questa favola, immaginano alcuni autori che i Giganti fo
nteae. » (Mario Pagano. Saggio I.) 22. Nè Omero nè Esiodo parlano di questa metamorfosi di Giove in cigno, nè dell’uovo marav
l Cerbero per condurlo ad Euristeo. 43. È probabile che l’origine di questa favola dei Campi Elisi sia egiziana ; poichè il p
nell’acqua e adescandoli con quella. 84. Bieche, inique. 85. Forse questa favola potrebbe essero spiegata cosr : L’Acheloo
aviglioso. 89. Alcuni interpreti della Mitologia non vedono altro in questa spedizione che ono dei primi viaggi mercantili pe
97. L’ asta di Memnone. 98. Altri narrano diversamente la morte di questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimentare di
Setta, oggi Ceula in Affrica. 108. Cento mila. 109. Non vogliale a questa piceola vigilia de’vostri sensi (alla vostra cort
a sopra uno dei più calamitosi avvenimenti di Tebe. Regnando Anfionc, questa città fu in preda al flagello della peste, e la f
i mesi, e nella base della statua eretta alla aua memoria fu scolpita questa breve ma commovente iscrizione : O madri feconde,
one (177 nola), amato da Saffo, famosa poetessa, era assai valente in questa maniera di giuochi. 142. Circolo immaginato a co
7 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
dare a trovare, chi dice il Mar Rosso, e chi il Mare Adriatico ; e su questa fatica che ora direbbesi erculea (benchè vi manca
carbonizzata, e l’incendio si comunicò anche alla reggia. Nè solo di questa atroce vendetta fu paga la furibonda Medea, ma uc
perie, cadde una trave sulla testa dell’Eroe e lo uccise. E forse per questa fine ingloriosa non ebbe egli dopo la morte quegl
il modo di vivere della città, ossia dei cittadini ; quindi, secondo questa etimologia e questo primitivo significato, dicons
orali di tutte, e segno manifesto di decadenza della civiltà ; poichè questa se non è accompagnata dalla moralità, non è altro
intorno a lui, e formarono le mura di Tebe80. È facile intendere che questa favolosa invenzione significa il potere della poe
’è da aspettarsi che Giunone lo perseguiterà. Infatti si racconta che questa Dea cominciò a perseguitarlo prima che egli nasce
illustre da Era, ossia da Giunone, vale a dire per le persecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza di ortografia l
ì timido animale, che abitava sul monte Mènalo in Arcadia ; ma poichè questa cerva era sacra a Diana, stimavasi un sacrilegio
oltre a togliere il cinto ad Ippolita la uccidesse, non pensarono che questa stessa Amazzone fu data da Ercole in moglie al su
di cautela e di confine dell’umano ardire. Gli Spagnoli coniarono con questa iscrizione posta fra due colonne le loro monete,
io infernale per restarvi eternamente in corpo e in anima. Ercole per questa spedizione, oltre la clava, prese una catena e in
rtosi Ercole, lo sollevò per aria e lo soffocò tra le sue braccia. Di questa favola dà la seguente spiegazione il Machiavelli
molte altre mogli da lui sposate in Grecia, ed anche una in Italia, e questa dicono che fu la figlia di Evandro. Ebbe perciò m
i cui fu detto che comparve a Leda sotto la forma di Cigno. Inventata questa trasformazione di Giove in cigno, i Mitologi fant
do il vocabolo Dios uno dei greci nomi di Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità di asserzioni dovrà recar maraviglia :
l’antico linguaggio astronomico, entra il sole nel mese di maggio. In questa costellazione si vedono col telescopio sino a 85
na stella sopra la fronte. Credevano gli Antichi che quando compariva questa costellazione, si rasserenasse il Cielo e cessass
e perciò, secondo il linguaggio astrologico, era sotto l’influenza di questa costellazione. La rammenta da prima col nome di C
io. » La chiama poi il segno che segue il Tauro, quando racconta che questa fu una delle sue stazioni nell’ascendere al Parad
Di Minosse raccontasi ancora che liberò i mari vicini dai pirati ; ma questa impresa, frequentemente necessaria a quei tempi,
otauro vivesse. Per ben due volte gli Ateniesi soddisfecero gemendo a questa orribile condizione imposta loro dal vincitore. L
, ma si aggiunse che eran nati dalle Nuvole ; e per quanto sia strana questa invenzione, anche Dante la riporta nella Divina C
creduto suo padre) che punisse Ippolito. Lo stesso Cicerone riferisce questa favola colle seguenti parole : « Nettuno aveva pr
ta dei sette Prodi, perchè sette furono i valorosi capi o generali di questa guerra, cioè : Adrasto, Polinice, Tideo, Capaneo,
aneo, Ippomedonte, Anfiarao e Partenopeo. Ma poichè i fatti d’arme di questa guerra, per quanto sanguinosi e strenui, non prod
uccise proditoriamente Polinice, e vedendolo morto prima di lui, con questa infernale soddisfazione spirò. I poeti inventaron
a tenuto in sospetto e timore per le sue figlie. E la spiegazione era questa  : Poichè Polinice, essendo discendente d’Ercole,
a sua prima sposa Alfesibea ; ma poi ripudiatala per isposar Callirœ, questa desiderò di possedere la famosa collana di Erifil
ed atti alle battaglie. Ma dei fatti d’arme e degli effetti ultimi di questa guerra scarseggiano e sono incerte le notizie : d
o Foscolo, l’Agamennone e l’Oreste di Alfieri. Inoltre appartenenti a questa stirpe dei Pelopidi furono due dei principali per
i popoli e di tutti i tempi il conoscere almeno i fatti principali di questa stirpe funesta e troppo famosa per infami delitti
el loro nome, che in greco significa formica, diede motivo a inventar questa favola della loro origine ; la quale però parve s
a capitale. Quantunque piccolo principe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina, dalla quale doveva nascere
o convitati tutti gli Dei e le Dee, esclusa soltanto la Discordia. Ma questa Dea maligna e nemica di pace trovò il modo di spa
ca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera causa d
esso lo stretto dei Dardanelli, reclamò la priorità di tale scoperta, questa è pel mondo letterario una conferma che sia ora f
ubicazione della famosa città di Troia123. Il nome di Troia, con cui questa città è passata ai posteri, consacrata all’immort
ocabolo Pergamon significava appunto luogo od oggetto elevato ; e per questa stessa etimologia pergamo in italiano è sinonimo
r nazione per esser divorata come vittima espiatoria. Sulla scelta di questa decideva la sorte, la quale dopo qualche anno cad
rima da Teseo, e poi divenuta moglie del re Menelao, come dicemmo : e questa stessa, secondo le promesse di Venere, doveva div
nili donneschi portato ancora una finissima armatura da guerrieri, fu questa che fece palese Achille ; il quale dimenticando i
’anni « Pria per valletto nel mestier dell’armi, « Poi per compagno a questa guerra diemmi. « Infin ch’ei visse, e fu ‘l suo s
parla, e perciò appunto Cicerone non lo crede, e stima invece che sia questa una invenzione dei Tragici 130. Se però il fatto
 Doveva prender parte alla guerra di Troia un discendente di Eaco ; e questa fatalità si avverò la prima colla venuta di Achil
divenne amico dei Greci per sentimento di gratitudine. Dante rammenta questa virtù dell’asta di Achille nei seguenti versi del
che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già una superstizione, ma una necessaria prec
a precauzione di guerra. Ulisse e Diomede provvidero che si avverasse questa fatalità, uccidendo Reso prima che arrivasse a Tr
a. » 6ª Fatalità. — Dovevasi abbattere il sepolcro di Laomedonte : e questa fatalità fu compiuta per opera dei Troiani stessi
ora letto l’Iliade, potrà, dopo l’introduzione da me fatta di sopra a questa lettura, intender tutto il poema senza fatica. Su
tura, offrendo per riscatto ricchissimi doni che seco aveva recati. A questa vista Achille si sente commosso e diventa un altr
cendio di Troia palesa pur anco il motivo per cui ricorsero i Greci a questa insidia : « ……….. Sbattuti e stanchi « Di guerre
asportarsi in Italia, ove fondò Padova. Che anche Dante avesse di lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il nome di An
per compassione in cagna ; ma parve a Dante poco dignitosa per Ecuba questa metamorfosi, e pietosamente la modificò dicendo,
l’ordine cronologico degli avvenimenti. Le incomparabili sciagure di questa regia famiglia hanno sempre ispirato gli artisti
ibuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote di Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero che parla più volte con gran lod
a schiantò : ma di taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io con questa « L’albero e la carena in un legai, « E sopra mi
olte guise « Mi confortava. » (Odiss., xii. Trad. di Pindemonte). Da questa descrizione, che è una delle quattro più maravigl
o diversa da quella che narra Omero), affinchè sembri più vera ; ed è questa  : che Ulisse volle passar le colonne d’Ercole, os
orgea « Di mirti in sulla cima e di cornioli « Una folta selvetta. In questa entrando « Per di frondi velare i sacri altari, «
Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista fine di questa infelice regina ; ma poichè Virgilio ne fa dare d
ve regnava Alceste di sangue troiano. L’Ariosto ha voluto significare questa città facendo una perifrasi allusiva alla sepoltu
gilio alla teologia cristiana, e senza allontanarsi dalle dottrine di questa , descrivendo con mirabil fantasia e sapienza l’In
rgilio, finchèsarà in onore la lingua latina. Nè può credersi che sia questa una mera invenzione di Virgilio, poichè oltre i p
di superstizioni ; perciò è da vedersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e quale estensione di significato le attri
o. Cicerone inoltre ci fa sapere che non è stato egli il primo a far questa distinzione, e che non solo i filosofi, ma anche
Mantova, che Dante fa raccontare a Virgilio stesso, ed assicurare che questa è la verità, e che qualunque altra asserzione è u
Quintiliano, nel lib. viii delle sue Istituzioni Oratorie, nel lodare questa tragedia ne riporta un sol verso, che è tanto cit
spero derivò poi la parola vesper in latino e vespero in italiano. Ma questa stella non è veramente altro che il pianeta di Ve
Hesperus. » — I Greci chiamavano Esperia l’Italia, perchè vedevano da questa parte la stella Espero, ed ultima Esperia la Spag
i tori mugghiavano intorno ad essa credendola viva. E Dante allude a questa invenzione nel Canto xxvi del Purgatorio, ove dic
non ber mai troppo, e specialmente nei geniali conviti, rammenta loro questa funesta pugna dei Centauri eccitata dal vino : «
super mero « Debellata. » 113. Ovidio ha descritto molto a lungo questa pugna nel lib. xii delle Metamorfosi, e la fa rac
in maximos luctus incidit. » — (Cic., De Off. i, 10.) Dante applica questa stessa distinzione anche ai voti imprudenti, e fa
ibile. 123. Chi fosse vago di conoscere le particolarità relative a questa scoperta ed alla questione di priorità fra il dot
nel libro i delle Tusculane, riporta tradotta da lui stesso in latino questa parlata di Socrate ; della quale il punto riferib
elle sale della Galleria Capitolina in Roma) rappresenti Meneceo. — E questa una di quelle statue che dai primi repubblicani f
8 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
i preferita ad altre di simil genere. Desideriamo poi soprattutto che questa nostra fatica possa esser di qualche utilità agli
oeti, di scoprir loro le ricchezze che da più di tremila anni asconde questa perenne miniera di leggiadre invenzioni. Le folli
Mitologia contro una nuova scuola che condanna altamente e dispregia questa maniera di studii, siccome frivoli ed infruttuosi
esprime il poeta nel porre in chiaro il consiglio e l’intendimento di questa scuola per poi discendere a distruggere i suoi er
a dell’ urna D’un’innocente Najade ; ed, infranta L’urna, il crudel a questa ancor diè morte. Garzon superbo e di sè stesso am
i. L’orologio a polvere che gli si vede a canto indica la rapidità di questa rivoluzione. Saturno ha dato il suo nome ad un pi
schiacciandoli sotto le stesse montagne da essi ammonticchiate. Dopo questa vittoria Giove più non pensò che agli amori ed eb
accorto Giove dell’avvicinarsi di Giunone mentre stava con Io, cangiò questa in vacca per nasconderla alla moglie. Insospettit
ove, si riconciliò, ridendo con lui dell’accaduto. Avendo preso parte questa Dea alla congiura degli Dei contro Giove, ed esse
asone ebbe Pluto dio delle ric-chezze, e da Giove Proserpina. Essendo questa stata rapita da Plutone dio dell’inferno, Cerere
er vendetta Ascalafo in barbagianni. Giove per alleviare il dolore di questa Dea ordinò che Proserpina passasse sei mesi colla
n Sicilia ed in Grecia ; i Greci riconoscenti istituirono in onore di questa Dea una festa che si celebrava colla più grande m
, cui era sommo delitto il manifestare. Pare che i Greci abbian tolto questa festa dagli Egizi perchè i misteri cleusini non e
di Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordano su la storia di questa divinità che confondono con Cibele. Da questa Dea
cordano su la storia di questa divinità che confondono con Cibele. Da questa Dea ha preso il suo nome un pianeta. Minerva
rti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la nascita di questa Dea. Giove prima di sposare Giunone aveva Meti pe
intervenivano degli spettatori da tutte le parti della Grecia. Viene questa Dea rappresentata come una donna di una bellezza
cienze e delle arti. Il pianeta detto Pallade ha preso il suo nome da questa Dea. Marte Marte, dio della guerra è figli
te per apprenderne il modo, si fermò nei giardini di Flora, ove fu da questa interrogata dell’oggetto del viaggio ; venutane F
ammirando la sua bellezza. Sono abbominevoli i disordini commessi da questa Dea al dir de’ poeti. Venere ha dato il suo nome
con Diana uccise co’suoi strali i quattordici figli di Niobe, perchè questa principessa aveva avuto l’ardire di preferirsi a
i Ciclopi che avevano somministrato i fulmini al padre degli Dei. Per questa vendetta fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio
so Admeto re di Tessaglia, del cui gregge fu fatto custode ; ed è per questa ragione che venne onorato come Dio de’pastori. Me
abbricare le mura di Troia e non avendone ricevuto alcun premio, punì questa ingratitudine mandando una terribile peste tra qu
la Galleria del Gran Duca di Toscana a Firenze. Fra le statue antiche questa è quella che ha meno sofferto dal furore de’ barb
mici e di tutti i pericoli cui l’esponeva l’odio di Giunone ; giacchè questa Dea non odiava soltanto le amanti di Giove, ma es
con una focaccia di mele e di papavero. Molti si son dati a spiegare questa favola che credesi derivata dall’uso degli Egizi
Ceo Titano e Febe sacerdotessa di Apollo. Si danno molti caratteri a questa Dea e varia all’infinito la sua genealogia ; pare
s’impadronisce del soglio, edifica un tempio a Diana, e fa immolare a questa Dea tutti gli stranieri spinti dal caso sulle cos
non vi fu alcuno tanto ardito per tentare di piacere ad esse. È forse questa la ragione per cui fra tutte le divinità furon es
no, con il Terrore, la Rabbia, il Pallore e la Morte per compagni. In questa guisa stando sedute intorno al trono di Plutone,
tutti gli anni nelle campagne una festa chiamata palilia in onore di questa divinità. I contadini avevano in quel giorno tutt
nte verdeggiante e per ciò desistettero dall’impresa. I sacerdoti di questa Dea camminavano a piè nudi sopra i carboni ardent
sposò Clori secondo i Greci è Flora secondo i Latini ; e l’imeneo di questa amabile coppia si mette in primavera.   Zeffi
nivano offerti dei sacrifici. Quando le donne celebravano le feste di questa Dea, chiamate giuochi floreali, correvano giorno
ve delitto il violare. Pretendesi che si debba a Numa l’invenzione di questa divinità come un freno più atto delle leggi a mod
voluto indicare i dodici venti principali. Levando il velo che copre questa favola pare ad alcuni che Eolo sia stato un princ
Un altro Amore che si è punto un braccio fa spillare il suo sangue su questa pietra, e Cupido affila su di essa certi dardi ch
i lui per mare e per terra finchè l’ebbe trovato. Vuolsi che fosse in questa circostanza ch’ella inventò le vele. Portavasi an
bole e colle mani sulla bocca, come i figli stanno nel seno materno ; questa attitudine fu interpretata dai Greci per comando
n un corno d’abbondanza in mano e un dito su la bocca. Si offrivano a questa divinità le lenticchie e le primizie dei legumi ;
carro. Ercole la sposò in cielo e n’ebbe un figlio ed una figlia. In questa unione si vuol indicare che la forza va comunemen
erato come alimento ; e bisogna che fosse ben squisita bevanda poichè questa parola è stata poseia metaforicamente usata dai p
obo celeste, il cui perpetuo moto dimostra egualmente l’incostanza di questa Dea. Da alcuni si figura la Fortuna seduta su di
dicina che riguarda la conservazione della salute. Si attribuiscono a questa Dea varie invenzioni, appartenenti alla medicina.
la sua applicazione. Gl’infermi, per quanto si riferisce, avevano in questa Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre nel
mati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, lo era maggiormente in Cappa
no tesi i Titani, co quali era in allora in guerra ; oppure prendendo questa guerra come fatto storico, qualche principessa de
ne, e gl’inspirò un ardire che niun periglio poteva far vacillare. A questa Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel pi
ra che gli fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia di questa , e gran Dea delle acque. Teti aveva molti tempii
angiata da Circe in mostro marino dopo aver avvelenato la fontana ove questa Ninfa andava a lavarsi. Glauco era infatti un abi
na della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam fatto all’articolo di questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle
uon Ordine, la Giustizia e la Pace. Volendo indicare senza dubbio con questa finzione che il buon uso delle Ore mantiene le Le
rantendenza dell’educazione di Giunone ; diffatti in alcune statue di questa Dea, veggonsi al dissopra del capo di lei rappres
lla gara che ebbe con Minerva, come si è già riferito all’articolo di questa Dea. Ecco il modo con cui si spiega la favola del
n offendere quell’albero, dicendogli : « La mia esistenza dipende da questa pianta : converrà ch’ io perisca nel momento stes
occorso di Diana che la cangiò in fonte. Alfeo che la riconobbe sotto questa trasformazione abbandonò la figura della quale er
di Aretusa. Allora la casta Diana aprì la terra per dare passaggio a questa fontana la quale attraversando i più profondi ant
mento a segno di percuotere Aracne, il che pose in tanta disperazione questa giovine, che andò incontanente ad appiccarsi. Ma
re che essa non riuscisse a strozzarsi, cangiandola in ragno, e sotto questa metamorfosi ella ha conservato la passione di fil
inerva che nella loro lingua indicava mestiere di tessitore. Vicino a questa figura eravi quella di un ragno, da essi chiamato
ò in Mauritania, uccise il drago, portò i pomi d’oro a Euristeo, e in questa guisa compì l’undecima sua fatica. Vogliono alcun
heloo e della Musa Tersicore. Erano compagne di Proserpina e allerchè questa fu rapita da Plutone, ebbero le braccia cangiate
ll’amicizia sì raro nel loro sesso, ai tempi però in cui fu inventata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della q
mele o guastava gli alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno di questa Divinità. Stercuzio o Stercuto o Sterculio o Ster
vendicarsi delle persecuzioni suscitategli da Giunone, diresse contro questa Dea una freccia a tre punte e la ferì nel seno, e
Ercole. L’uomo formato da Prometeo per quelli che vogliono spiegare questa favola era una statua ch’ei seppe formare coll’ a
pi morì miseramente. Alle preghiere di Diana Esculapio lo risuscitò e questa Dea lo converse in istella. Fedra punta da rimor
di un sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuolsi da molti che questa Proserpina fosse moglie di Edomo re dell’Epiro, p
o di rapire Ippodamia sposa di lui e le altre donne che assistevano a questa festa. Ercole, Teseo e gli altri Lapiti vendicaro
n seguito pubblicato ch’egli era figlio di Apollo e della musa Clio e questa opinione adottata da alcuni poeti è divenuta quas
iandolo ai misteri di Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in questa scienza lo perfezionarono, ch’egli è riguardato s
gli si presentava per acquistarne. Fu annunciata per tutta la Grecia questa spedizione ed accorse in folla a Iolco il fiore d
ure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste ; ma siccome questa era avvelenata, così appena Glauce se l’ebbe post
a in Asia sopra l’ariete dal vello d’oro Elle cadde nel mare, che per questa ragione fu detto Ellesponto ora stretto dei Darda
ni, possono essere riguardati come tosoni d’oro. Altri pretendono che questa favola tragga origine dalle belle lane di quel pa
hiamato Bellerofonte che in greco significa uccisore di Bellero. Dopo questa uccisione si rifuggì volontariamente presso Preto
imi, popolo della Pisidia, credendo che dovesse sicuramente perire in questa impresa, ma egli ritornò vittorioso. Dopo la scon
paesi vicini, ed egli le vinse similmente. Ritornando Bellerofonte da questa terza spedizione, fu assalito da una truppa di Li
ellerofonte col caval Pegaso. La Chimera, dicesi da chi vuol spiegare questa favola, era una montagna dell’Asia minore nella L
tti i giovani principi del paese alla testa dei quali pose Meleagro e questa spedizione è celebre nell’antichità sotto il nome
a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma questa uccisione fu cagione della sua morte ; perocchè A
alla famosa caccia del cinghiale di Calidone, e che Meleagro capo di questa spendizione ne divenne innamorato ; che avendo es
vidiate meco l’onore e la preda. » Atalanta fu tanto più lusingata da questa distinzione, in quanto che i più illustri princip
asto re d’Argo. Avendo obbliato Ippomene di renderne grazie a Venere, questa spinse i due amanti a profanare il tempio di Giov
o d’Apollo, morì di cordoglio o si gettò nel mare al ricever che fece questa triste nuova mandatagli dalla regina degli Dei pe
elmisi, dotti nell’arte d’indovinare, ai quali, secondo si riferisce, questa scienza era tanto naturale che passava fin nelle
care a Giove sotto il titolo di re e di sovrano. Egli condusse con sè questa donzella onde imparare da lei la forma del sacrif
iogliesse l’enimma, e perir facesse la Sfinge, perchè era destino che questa dovesse morire sì tosto che l’enimma da alcuno fo
e al più eminente luogo del palazzo, vi attacca un laccio fatale e in questa guisa si precipita nel Tartaro ; poi datosi ad un
Ippomedonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo e mosse contro di Tebe, e questa fu chiamata la Guerra dei sette prodi innanzi Teb
gretamente lo seppellì. Creonte, essendone stato istrutto, ordinò che questa amorosa sorella fosse sepolta viva, in pena d’ave
ece imbandire le membra e le presentò a suo fratello. Non contento di questa atrocità, fece recare verso la fine del pasto le
per ispogliare il tempio, e il fe’dal popolo ammutinato assassinare ; questa è almeno l’opinione generale, malgrado dicasi da
parte della pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più sacra ed augusta. Per mezzo degli Oracoli
fici. Nel predire il futuro si distinsero anche le donne, e famose in questa professione furono le Sibille. Così chiamavano i
presagivano i destini di Roma, e poscia dicesi che disparve. Sebbene questa storia senta in tutto del favoloso, egli è però c
9 (1897) Mitologia classica illustrata
ene frantesa e sfigurata. Lo stesso Gladstone ai nostri giorni è di questa opinione, l’unica, secondo lui, che getti piena l
e civile sapienza; laonde l’opera del moderno esegeta dovrebbe essere questa , d’interpretare le allegorie e i miti, rimettendo
tro al tedesco Creuzer è abbastanza lunga la schiera dei seguaci di questa dottrina. — In ultimo son da ricordare i nobili s
ndissimo valore hanno accolto e considerano anche ora come definitiva questa soluzione del problema mitologico; la quale, a gi
opo nascostele, torna nella sua culla. La principal prerogativa è poi questa , che, una volta raggiunto il pieno sviluppo delle
viscere terrestri. La Tessaglia appunto era stata scelta a teatro di questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i segni di
e vascolari e rilievi marmorei che ancora conservansi e rappresentano questa o quella scena della Gigantomachia. Si noti che m
i al culto di Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in onore di questa triade Capitolina si istituirono i Ludi Romani co
a battaglia che si combatteva presso Troia ( Il. 8, 18 e seg. ), fate questa prova: appeso giù dal cielo un canapo d’ oro, att
Zeus omerico; ma che bene ha saputo esprimere il governo del mondo in questa strofa: Qui terram inertem qui mare temperat Ven
nde diffusione del culto e al numero grandissimo di templi dedicati a questa divinità in tutta la Grecia. Ma il monumento più
ebbe nome da lei, anzi l’ intiera regione Attica. Per il possesso di questa terra aveva la Dea gareggiato con Posidone il re
a), e Delo, che vuol dire « quella che mostra » è il luogo adatto per questa epifania della luce. E come la luce combattè e di
porta il nome (il disco del sole dissecca all’ esterno la pianta, ma questa rigermoglia e rifiorisce). È adunque palese il si
ovane bello di forme, accoppiante la grazia alla forza. Si segnalò in questa rappresentazione specialmente la giovane scuola A
d Artemide per la sua castità, dà una chiara idea del concetto che di questa divinità s’ eran formati i Greci. Era poi anche m
lagellare a sangue alcuni fanciulli nell’ annual festa della Dea. Con questa divinità sanguinaria si connette la leggenda di I
citi della Tauride onoravano una loro dea con sacrifizi umani, fu con questa confusa l’ Artemide Ortia, e ne nacque la leggend
di Dione, quella che a Dodona era venerata come la sposa di Zeus. Ma questa leggenda cedette il luogo ad un’ altra, a cui i p
to che emanava dal suo corpo. S’ indovina il significato primitivo di questa dea della bellezza; non è altro che l’ aurora, fi
a bellezza e dell’ amor sessuale. Presto si distinsero tre aspetti di questa deità; contrassegnati col nomi di Afrodite Pandem
ell’ amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Afesibea. Era questa leggenda d’ origine asiatica, e sebbene più volte
e significa bellezza e grazia (cfr. venusto, venustà). Però in Italia questa Deità ebbe anche un’ importanza politica, credend
ni, provenne che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende di questa furono accolte in Occidente, facile ascolto trovò
di Era; è da notarsi pero che nei poemi omerici non è mai menzionata questa divinità; primi a parlarne furono Esiodo e l’ aut
acra fiamma era ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascuranza era aspramente punita. Le Vestali era
in carica, recavansi a offrir sacrifizio. — L’ annua festa in onor di questa Dea, detta Vestalia, aveva luogo il 9 Giugno. All
moderno, e forse non giusto perchè probabilmente la sinistra mano di questa statua teneva uno scettro. XI. Giano. 1.
endo figurar Giano, costantemente s’ attenne altipo bifronte. Non che questa sia stata un’ invenzione degli artisti romani; an
plendido palazzo e i celebri giardini custoditi dalle Esperidi. A far questa traversata l’ immaginazione popolare avevagli ass
a del sorger dell’ aurora. Si aggiungevan leggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel quale essa di
si che Eos avesse scelto a sposo il bel cacciatore Orione; ma neanche questa scelta fu fortunata, perchè Orione fu ucciso dagl
igliante alla sua madre Eos. — Tali le principali leggende relative a questa Dea. La quale non ebbe in nessun luogo un culto s
revano giù con dolce mormorio, e può ben essere che l’ impressione di questa musica della natura, abbia evocato l’ immagine di
e Irene, ossia l’ ordine legale, la giustizia, la pace, prevalendo in questa forma di leggenda il concetto morale di queste De
per annunziare la vittoria. Base della statua una prora di nave. Era questa la statua eretta a ricordo della vittoria riporta
inità romana corrispondente a Ebe appellavasi Juventas o Juventus. Ma questa aveva significato politico, rappresentando l’ ete
— Del resto nella statuaria antica non si trovano rappresentazioni di questa Dea; raffigurata la troviamo solo in pitture vasc
issima fanciulla, che per la sua bellezza destò la gelosia di Venere; questa allora ordinò a suo figlio che eccitasse in lei a
prese a raffigurare il Dio d’ amore in età di fanciullo, adattandosi questa meglio alla rappresentazione delle varie ghermine
te una serpe, come simbolo della forza vitale che si ringiovanisce; e questa serpe o si rappresentava carezzata da lui, o avvo
so i Romani il destino era espresso con Fatum, la parola divina; e di questa voce s’ usava il plurale fata (anche, in linguagg
quando l’ equilibrio fosse ristabilito. Omero non la conosceva ancora questa Dea; in Esiodo stesso non ne è il concetto così b
. c) Forchi e Cheto. A differerenza degli altri figli di Nereo, questa coppia rappresenta quella segreta terribile forza
la Lidia e nella Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione era la città di Pessinunte, situata nel
maggiore, presso il fiume Sangario (od. Sakaria); nelle vicinanze di questa città erano sacri a Cibele il monte Dindimo, onde
o ad una musica strepitosa ed orgiastica. I miti che si riferiscono a questa Dea portano pure un carattere selvaggiamente fant
e la Dea seduta su un leone. Il tamburello è l’ attributo costante di questa Divinità. III. Dioniso-Bacco. 1. Uno fra
monte Pelio, le Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personificazione di questo
lle sue varie forme, così i Satiri erano i rappresentanti maschili di questa medesima vita; erano quindi genii dei boschi, del
li concepiva come esseri sensuali, procaci, maliziosi; e, conforme a questa bestiale natura, attribuiva anche alla loro figur
mini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e questa passione lo portò a commettere una grande sciocch
voleggiò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libe
era per essere presa da lui che rincorrevala, pregò Gea l’ aiutasse; questa la mutò in canna: onde Pane in luogo della ninfa
o principale poi era ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di questa regione, Pane era venerato in Beozia, in Macedoni
otevano con quelle striscie la gente che si faceva loro incontro. Era questa una cerimonia d’ espiazione che si credeva douass
a più rigogliosa fertilità in tutta la Natura. In origine il culto di questa divinità era ristretto alle città dell’ Ellespont
ano, il grembo pieno di frutta. Così Pomona. c) Flora. 1. Anche questa era un’ antichissima deità italica, molto venerat
e del 21 Aprile. L’ arte non si sa che abbia mai preso a rappresentar questa Dea. e) Termine. 1. Veramente non era un Di
opolari adunanze. Tra le sacre leggende che si connettono col nome di questa Dea, nessuna è più conosciuta e più importante pe
mandar Ermes nell’ Inferno per indurre Ade a restituir Persefone; ma questa aveva già gustato il melograno, simbolo d’ amore,
evano un’ altra festa per celebrare il ritrovamento di Proserpina e a questa intervenivano in bianche vesti portando in dono p
rappresentazione letteraria di Demetra si trova nell’ inno omerico a questa Divinità, inno di grande interesse perche rappres
i nuovo e ritornare nel nulla al tardo autunno. Gli Attici chiamavano questa Dea preferibilmente Cora, la fanciulla. Ma Persef
a più lieta esistenza, supposto sempre che l’ uomo si renda degno di questa vita felice con una condotta retta e approvata da
, il padre della ricchezza). A Plutone diedero compagna Proserpina, e questa le venne associata come nel regno così nel culto.
a bensì un lucus Furinae, cioè un bosco sacro a una dea Furina; ma se questa dea Furina avesse nulla a che fare colle Erinni g
si chiamassero i Penati, non è detto, perchè le credenze popolari in questa parte rimasero sempre un po’ indeterminate; ma pe
con cui invitava le ombre a lasciare il suo tetto. Si attribuivano a questa venuta delle ombre le spaventose apparizioni di s
ora Augusto, il suo genio fu detto il Lare pubblico. Tanto più crebbe questa tendenza nell’ età imperiale, estendendosi anche
ra detto il capostipite della stirpe eolia. Qui spesso s’ intrecciava questa teoria con quella dell’ autoctonia, in quanto si
che un artefice plasma delle figure d’ argilla. Dapprima si attribui questa origine solo alla prima donna sorgente d’ ogni ma
do stata come profanata la pura forza celeste, Zeus puni l’ autore di questa profanazione facendolo incatenare su una rupe nei
zza; dopo lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel sonno, e questa era la morte. Successe un’ età d’ argento, durant
persino di rendere onori agli Dei; onde Zeus preso da furore disperse questa schiatta, e te essere l’ età del bronzo. Gli uomi
isperse questa schiatta, e te essere l’ età del bronzo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte e di g
una rupe, con davanti a sè una figura fatta di terra, nell’ atto che questa viene animata da Atena; il che è rappresentato co
oriente della regione Tessala e ricovrarsi sul Pindo, a occidente. A questa lotta presero parte, a difesa dei Lapiti, Teseo e
tto e la faccia d’ uomo. Innumerevoli monumenti antichi ci presentano questa figura. Una antichissima e celebre Centauromachia
fra di loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero superstiti di questa feroce pugna, chiamati Echione, Udeo, Ctonio, Pel
Zeus ammessi all’ eterna vita dei Campi Elisi. Molti fra i motivi di questa leggenda sono certamente antichi, ad es. l’ uccis
la musica e della poesia, proraotore di ogni più fina arte. Si mostrò questa differenza anche nella costruzione delle famose m
regal padre, così erano l’ orgoglio della madre fortunatissima. Ma da questa felicità dovevano piombare nella più crudele dell
corpo e con le sue vesti, gridava rivolta a Latona: « lasciatni almen questa ch’ è la minore! Di tante quest’ unica ed ultima
erarla; il quale allora a lei consegnò Sisifo. Ma questi riuscì anche questa volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo o
o il cavallo alato o la Chimera o le Amazoni o la trista fine di lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come fa ad es. O
onte. Ma Era, pronta alla vendetta, mandò un assillo alla giovenca, e questa infuriata dal di lui morso cominciò a correre all
 81 rappresenta la venuta di Ermes per la liberazione d’ Io, figurata questa però come l’ avvenente fanciulla che era da princ
i aveva imparato a intendere il linguaggio degli uccelli. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie di
per questo, tutto ira, pose sua figlia e il bambino in una cassetta e questa fè gettare in mare, persuaso di sottrarsi così al
tro Fineo fratello del re a cui la ragazza già era stata promessa. In questa guerra molto giovò a Perseo il capo di Medusa, gi
no di Acrisio dopo averlo ucciso, scambiò Argo con Tirinto, cedutagli questa signoria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli f
vari oggetti di uso domestico. Si notano due momenti nella storia di questa rappresentazione artistica. I più antichi si inge
pporto di parentela tra questi eroi. L’ idea prevalente venne a esser questa che Tindareo, Afareo, Leucippo, Icario fossero fr
oro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugini. La cagione di questa contesa è diversamente narrata; or si dice che na
chi, per la divisione del quale non rimasero d’ accordo. In ogni modo questa lotta fu fatale ad entrambe le fraterne coppie; C
de luori della sala da pranzo, d’ un tratto sprofonda il pavimento di questa , traendo a morte Scopa e tutti quelli che con lui
e rendeva possibile la coltura della terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione di coltura un po di merito spettava ai
ostanza, ma posteriore al diluvio. Una leggenda a lui particolare era questa , che dopo la sua nascita Gea l’ affidò alla dea P
era questa, che dopo la sua nascita Gea l’ affidò alla dea Pallade, e questa consegnollo in una cassa chiusa alle sue sacerdot
Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrio
sanabili. Si noti che Euristeo non volle, secondo alcuni, menar buona questa fatica perche Eracle si fè aiutare da Iolao. c) I
fu da Eracle uccisa, e questi potè andarsene col desiderato cinto. A questa fatica si connettono altre, che son fra i parerga
o fatto vedere ad Euristeo, lo ricondusse di nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Euristeo.
rpato il regno. Eracle lo vinse e restituì la signoria a Tindareo. In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e ment
In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e mentre era in questa città, generò con la bella Auge, figlia del re, q
e figura sedente, della quale rimangono solo il torace e le cosce; ma questa reliquia è una delle più belle cose pervenuteci d
e che strozza in culla i serpenti. Già il pittore Zeusi aveva dipinto questa scena aggiungendo le figure di Alcmena e di Anfit
guito ad abbondante vendemmia, trascurato di sacrificare ad Artemide, questa si vendicò mandando un fiero ed enorme cinghiale
gio e videro ben presto la loro città cinta d’ assedio dai nemici. In questa distretta gli anziani e i sacerdoti di Calidone s
tinata siccità sulla terra di Atamante. Ino pensando approfittarsi di questa congiuntura per toglier di mezzo i figli del prim
o. Qui entra in scena Medea, la figlia di Eeta, che ha tanta parte in questa leggenda. Innamoratasi di Giasone s’ impegnò ad a
di Medea. Non sono poi molto numerosi i monumenti d’ arte concernenti questa leggenda. Un bel bassorilievo è nel Museo Lateran
le materia e argomento ad opere letterarie ed artistiche. E perche in questa istoria s’ intrecciano vicende a cui presero part
e Edipo, che vuol dire « dai piedi gonfi », perchè presentava appunto questa particolarità di avere enfiati i piedi. Così creb
itando poi la strada verso Tebè, Edipo incontrò la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo di leone e la faccia di donna
i eroi morti si riunirono per vendicare i loro padri. Perciò chiamasi questa la guerra degli Epigoni o seconda guerra Tebana.
eggenda di Erifile. Ma sopra tutto i Tragici attinsero a piene mani a questa ricca fonte di leggende; Eschilo col « Sette cont
este (Thyestes), altre vittime della maledizione divina che pesava su questa famiglia, almeno secondo le leggende posteriori,
parecchi avanzi. Ma ben presto scoppiò rivalità tra i due fratelli, e questa a poco a poco divenne odio e odio mortale. Tieste
il figlio, così come era avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è questa una leggenda che Omero ancora non conosceva. Achi
rno in grazia a Priamo. Allora intraprese un viaggio oltre mare, e in questa occasione ebbe il premio promessogli da Afrodite;
navi. Senonchè avendo Agamennone ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva
di guerra. Una tempesta invero lo colse presso il promontorio Malea e questa lo sbalzò colle sue navi in Creta e in Egitto, e
ato per forza Cassandra che s’ era avvinghiata alla statua della Dea, questa lo puni facendolo naufragare presso il promontori
faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di lui e di Circe, da questa mandato alla ricerca del padre e sbarcato casualm
i sul vicino monte Ida portando a spalle il vecchio padre Anchise. In questa fuga egli perdette la moglie Creusa ma salvò il f
pide a queste leggende riferentisi; basti dire che tutti i momenti di questa istoria furono sceneggiati, dal sacrificio d’ Ifi
doro della scuola di Rodi ed è probabile risalga all’ età classica di questa scuola (terzo secolo av. C.; il Lessing lo giudic
ore, ma propriamente il dolor fisico sono espressi all’ estremo… ». A questa fine analisi dei Gentile si può aggiungere l’ oss
parte del regno e così diè origine alla dinastia degli Amitaonidi. A questa appartennero Adrasto, Anfiarao, Alcmeone, Anfiloc
mmansivano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di acerba morte per essere stata morsicata da un
o che Euridice seguisse un’ altra volta Orfeo nel regno della vita, a questa condizione che durante il tragitto egli non si vo
rattenersi dal voltarsi indietro per guardar la sposa amata, e allora questa d’ un tratto spari; Orfeo tornato in terra, andò
Vucano va a visitare le gravi officine de’ suoi Ciclopi. » 12. « In questa statua in piedi e vestita, leggermente trasparisc
10 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
intelletto all’acquisto di ogni più sublime e difficile cognizione ; questa esattezza d’ordine non venne fin’ora osservata da
l tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che bramosi di leggere o questa solamente o quella, niente delle altre si curano.
za finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondochè furono dal Gentilesimo divinizza
to ciò concorse a stabilire la varia forma della Mitologia. Quindi fu questa sempre mai un vago sì, ma immenso e fertile terre
rigia, e sopra il quale fu da principio venerata(a). Sotto ii nome di questa Dea riconoscevasi la Terra, benchè questa, come a
nerata(a). Sotto ii nome di questa Dea riconoscevasi la Terra, benchè questa , come abbiamo osservato, fosse di lei madre ; ma
ibele atterrò la quercia ; a cui era affissa la vita di Sangaride ; e questa più non esistette. Ati voleva allora per disperaz
reo o Megareo, e Atalanta, figlia di Scheneo re di Scito, cangiati da questa Dea negli anzideetti animali(e) (22). Lo scettro
eranza di ritrovare la figlia, si fermò desolata presso una fonte. In questa avea il dolore cangiata la Ninfa Ciane, quando el
Crisantide quella che indicò il ratto di Proserpina a Cerere, quando questa Dea giunse in Argo appresso Pelasgo, figlio di Tr
volte fermandosi, cantando inni, e sacrificando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone di mirto o di narciso, per
ia bella danza, da’ balli sacri, che vi facevano le donne in onore di questa Dea. Non molto lungi eravi un sasso, chiamato Age
Daduco o Lampadeforo, ossia Porta-fiaccola, perchè nelle Solennità di questa Dea do vea portare una fiaccola, come faceva Cere
tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola, di nome Metra, e questa pure egli vendette per isfamarsi. Ella però, de m
teasi desiderare (c) : ed esso quindi simboleggiava l’abbondanza, che questa Dea recava alla terra. Cerere finalmente comparis
tea (d). In Igino leggesi, che la nutrice di Giove fu Adamantea ; che questa sospendeva la culla del bambino a’ rami di un alb
terzo li sacrificava. Vuolsi che l’origine di tal ceremonia sia stata questa  : un sacerdote di Giove, detto Taulone, o Diomo,
rchè era creduto il suscitatore del tuono. I Latini lo chiamavano per questa ragione Tonante. Sotto questo titolo Augusto gli
risguardava come il padre del giorno, ossia l’autore della luce. Per questa ragione fu anche detto Luceno o Lucezio (c). Si d
della Porta Capena presso un tempio di Marre. Diceasi che subito dopo questa ceremonia se guiva la pioggia (f). Il Dio sotto q
animo da’ pensieri molesti, o fa, che si parli liberamente(f). Sotto questa denominazione gli si celebravano in Roma le Feste
lo piede sopra l’otre. V’è chi crede, che coloro, i quali celebravano questa Festa, accompagnassero il loto salto col suono e
no di bue, perchè gli Antichi soleano bere con quello il vino(l). Per questa ragione Bacco fu denominato Tauricorno(m). Giu
come quanto prima riferiremo (g). Giove invaghitosi della bellezza di questa Dea, e volendo ridorla sensibile al suo amore, re
), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e da Ismene, e sacerdotessa di questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendente belle
l freno all’ ira e alla vendetta, sì furibonda dette la gioventa, che questa prese a correre in più parti della terra, finchè
è solemente gelosa, ma superba altresì all’ eccesso diede a divedersi questa Dea. Per questo pue fece ella provare a molti il
osi felici, ma da che si vantarono di amarsi piucchò Giove e Giunone, questa Dea mandò tra loro la Dea Eride. Stava allora il
te, se mai avesse indicata alcuna di tali cosa ad Aedone, appresso di questa la condusse secondo il patto in qualità di serva.
to da Apollodoro (b), dice che Giunone fece perire Sida, perchè anche questa erasi millantata di essere più bella di lei. Benc
vea il suo tempio in un bosco, che da’ Latini chiamavasi lucus (g). A questa Dea ricorsero le donnè Sabine, perchè dopo il lor
potevano più partorire. Un augure sacrificò un becco. Colla pelle di questa vittima furono sferzate quelle donne, ed esse al
erchè vegliava alla conservazione della loro Repubblica. La Dea sotto questa denominazione ebbe un tempio famoso in Lanuvio, c
Imbraso nell’Isola di Samo, in cui i Sacerdoti lavavano la statua di questa Dea ; e però quelle acque erano riputate sacre (f
). Virgilio racconta, che rimasto coneunto dal fuoco un bosco sacro a questa Dea, se ne volle trasportare altrove la statua ;
che poi nestò connimato dalle fiamme(25). Era pur celebre la festa di questa Dea in quella città Essa consisteva in una solenn
ettro, sulla sommità del quale eravi un Cuculo (a). Le Feste, sacre a questa Dea, furono dette Giumonali o Ginnonie. Tito Livi
agine. Si pretendeva che la Dea avesse presieduto alla costruzione di questa città, e che la proteggesse al pari dell’Isola di
ata Taumanziade (g), o Taumantide (a), perchè nacque da Taumante. Era questa la di lei ambasciatrice (b) (26). Tralle altre Ni
chè Latona, essendo per partorire, fu cangiata in quell’ animale. Per questa ragione anche nel tempio di Delfo vedeasi un simu
dava al tempio d’ Apollo Ismenio o Galasio. L’origine di tale Festa è questa  : gli Eolj ; che abitavano in Arne e ne’ luoghi c
e i nemici. Egli perciò ebbe cura di celebrare la comandata festa ; e questa poscia si conservò nella Grecia(a). Le Targelie s
agrime egli proruppe, che divenne verde cipresso. Afflitto Apollo per questa metamorfosi, ordinò, che il cipresso fosse in avv
con Clatra(54). Gli animali sacrì ad Apollo furono la cicala, perchè questa sempre canta ; il lupo, sì perchè Latona secondo
sse potuto essere la causa del di lui castigo. Sappiamo da Omero, che questa Dea come intese, che anche Orione, figlio di Nett
a di essere riconosciuta per tale, anzi arrossiva delle lodi, che per questa ragione le si davano. Stanca un giorno entrò a ri
tentato di conversare seco lei, ella ne fremette (d). Altri derivano questa denominazione da’ notturni terrori, che soleva de
erivano questa denominazione da’ notturni terrori, che soleva destare questa Dea (e). Il Vossio pretende, che il nome di Levan
avasi illegittimo. Al medesimo atto religioso vi presiedeva Levana, e questa avea in Roma altari e sacrifizj (f). Ecate finalm
gliosa statua di marmo, formata da Prassitele, la quale rappresentava questa Dea(d) ; in Isparta, ove trovavansi molte statue
nella creazione del mondo(m). Cesare, che pretendeva di descendere da questa Dea per mezzo di Julo, figlio d’Enea, le fece erg
ecrato a Giulio Cesare(a). Si disse Calva, ossia senza capelli. Sotto questa denominazione ebbe due tempj in Roma. Il primo le
la testa a motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione di questa Dea di riacquistare in brevissimo tempo i loro ca
sopra un monte presso Napoli. In esso eravi la statua la più bella di questa Dea, che si fosse fatta da Prassitele, e di cui u
Dalla maggiot parte delle Greche città vennero celebrate in onore di questa Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri erano quel
rodotte da Cinira. Niuno v’era ammesso, se non isborsava una moneta a questa Dea(e). Gli abitanti d’Erice, città della Sicilia
cere alle due Dee, le rimise al giudizio della Ninfa Calliope ; e che questa decise, che lo avessero a possedere ciascheduna p
, tragli alberi erano a cagione della loro bellezza le piante sacre a questa Deità (b). La prima, perchè era stata tinta del s
oteva entrare nell’antico ; ed Epito, re d’Arcadia, che volle violare questa legge, divenne cieco(c). Si chiamò Enosictone, pe
ri le Feste, chiamate degli Egineti, perchè in Egina si celebravano a questa Divinità per sedici continui giorni. I soli citta
maggior parte de’ Mitologi dicono, ch’ella fu concepita da Meti ; che questa , tostochè ne comparve gravida, fu da Giove ingoja
no de’ Giganti, i quali aveano mosso guerra a Giove(d). Le nutrici di questa Dea furono Alalcomenia, Aulide, e Telsinia, figli
reta ; o finalmente dall’altra voce sciron, ombrella, perchè sotto di questa portavasi la di lei statua dal sacerdote Eretteo,
acerdotale in Atene, e consecrata a Minerva. Gli Ateniesi iu onore di questa Dea celebravano le Feste Scire, o Sciroforie(b).
, indicate presso l’Haimo e’l Goltzio. Era attribuito quell’animale a questa Divinità, perchè è simbolo di sapienza, attesa la
pullulare un germoglio d’ulivo, simbolo di pace. I Numi decisero, che questa fosse migliore della guerra ; e però la Dea diede
s, rame, perchè di tal metallo era formata la statua e il tempio, che questa Dea avea in Isparta. I giovani di questa città oc
a la statua e il tempio, che questa Dea avea in Isparta. I giovani di questa città oclebravano le Feste, chiamate Calciecie, n
hile, che le si attribuiva(f). Le altre Feste, instituite in onore di questa Dea, furono le Quinquatrie, l’Arreforia, e le Pan
za maniche, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili di questa e delle altre Divinità(a) (7). Nel predetto ultim
a altri Poeti Latini, così lo fa nascere dalla sola Giunone : turbata questa Dea, perchè Giove avea fatto uscire Minerva dal s
ungo viaggio, si pose a sedere appresso la porta della Dea Flora, e a questa manifestò il motivo della sua discesa sulla terra
io, cui non vollero che assistesse alcun uomo (g). Le Feste, sacre a questa Deità, furono l’Equirie, le Ancilie, le Matronali
luogo, in cui questo Nume siasi tanto onorato, quanto in Roma, perchè questa lo risguardava come il padre di Remo e Romolo, e
ruppe in altissime risa, e per qualche tempo si parlò nell’ Olimpo di questa ridicola scena. Vulcano finalmente alle preghiere
lasciava tutta consumare dal fuoco, allora se ne recideva la testa, e questa colla pelle veniva appesa alle colonne del tempio
mo riconobbe un’altra Vesta, figlia di Saturna(a), e sotto il nome di questa venerava egli il fuoco(b). I Poeti però confondon
sola Erofila, nata in Eritrea, città dell’Asia Minore(f). Dissero che questa viaggiò moltissimo, e fu però con varj nomi indic
metri predicesse l’avvenire. Celio Rodigir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia di Dardano e di Neso, nata da
Virgilio la chiama Deifobe, figlia di un certo Glauco(e). Narrasi di questa Sibilla, che Apollo non solamente le concesse di
pio di Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni il sepolcro di questa femmin(c). E quì si noti, che i boschi furono i p
nell’Asia, o grande concorso vide Ancira, città della Frigia, da dove questa fatidica donna dava le sue risposte. La Tiburtina
à li cangiò in leoni(a). Notiamo per ultimo, che non è da confondersi questa Atalanta coll’altra d’ Arcadia, e figlia di Giasi
Alcuni confusero Cerere con Cotitto, Dea della lascivia. Il culto di questa si professava nella Tracia, nella Grecia, e in Co
spettacolo, mise un grido, con cui interroppe l’azione di Cerere ; e questa , salita di nuovo sopra il suo carro, lasciò Deifo
addestrasi negli esercizj atletici (d), Il preside all’ istruzione di questa gioventù si appellava Efebarca. A tale oggetto er
ortavano una corona di spighe, legata con bianco nastro. Credesi, che questa sia stata la prima sorte di corone, la quale sias
e è la bevanda degli Dei, come l’ambrosia n’è il cibo. Credevasi, che questa , come suona la sua crimologia, rendesse immortale
ntichi. Alcuni pretendono, che sieno nati non dalla sola Terra, ma da questa e da Urano (f), ovvero dal Tartaro (g). Omero li
, e coll’interpretarvi il verso, che primo si offtiva agli occhi : ma questa ultima manlera di presagire il futuro si diceva a
e inventate, o molto coltivate dalle Ninfe Trie, nutridi d’ Apollo. A questa spezie di Divinazione si può ridurre anche quella
, che fossero stati così denominati da Circe, figlia del Sole, perchè questa fu la prima, che l’introdusse (f). (a). Varro d
cchina acuta in ognuna delle due parti, e armata di due frecce. Sotto questa seconda forma sembra, che abbia voluto darcelo a
ino alla città prendeva a correre con una fiaccola accesa in mano. Se questa gli si estingueva, primachè fosse giunto alla met
Il nome poi di Plejadi deriva dal verbo Greco, plin, navigare, perchè questa Costellazione indica il tempo atto a navigare, ch
Vergilie dal nome Latino, ver, primavera, perchè circa l’Equinozio di questa stagione appariscono(g). Tralle Plejadi Merope è
ilunno, e Deverra. La ceremonia, concui le medesime si onoravano, era questa  : tre uomini durante la notte giravano attorno al
o in Elide sotto il nome di Minerva Narcea. Egli il primo instituì in questa contrada della Grecia sacrifizj a Bacco, e compos
e rive del predetto fiume. A quel varco trovandosi la giovine, chiese questa soccorso alle Ninfe, sue sorelle, e a Ladone, suo
eggi da’ lupi. Riguardo poi al sacrifizio della capra, narrasi, che a questa col progresso del tempo siasi sostituito un irco
giorno dopo la loro nascita, nel quale s’imponeva ad essi il nome. A questa Dea si offeriva allora un sacrifizio, si aggirava
l’uomo d’ogni terreno bene(d). Orazio dà alla Morte le ali nere(e). A questa Dea, tenuta sempre come inesorabile, non fu mai d
de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella città offerivano a questa Deità delle piccole barche, piene d’ogni sorta di
aos e della Caligine, e padre della Notte(h). Cicerone però dice, che questa era di lui moglie(a). Virgilio parla dell’ Erebo,
ima invocavasi per aver danari (l) : benchè Giovenale ci attesta, che questa Dea non ebbe nè culto, nè altari (a). Si ricorrev
rsate dal grande amore per Alceste, talmente intenerì Proserpina, che questa gli ridonò in vita la generosa consorte(b). Altri
ttonita ripeteva gli applausi alla decantata celebrità de’vaticinj di questa donna(e). (10). Nicostrata si trasferì in Italia
occhio, di cui erano state private per decreto del Senato. Il nome di questa Dea fu dato da’ Romani anche ad una porta della l
ncipali sono Pane, di cui abbiamo già parlato, e Pale(f). In onore di questa i Pastori celebravano nel principio del mese le F
ritirarsi nel suo palagio, finchè cessava una dirotta pioggia. Finita questa , volevano le Dce proseguire il loro cammino ; ma
llino, ossia fonte del Cavallo (g). Secondo i Poeti anche chi bevea a questa sorgente, formava degli eccellenti versi(h). (41
ndimione abbia avuto in moglie Asterodia, o Cromia, o Iperippe, e che questa gli abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo,
ine de’loro giorni non era lontano dal principio degli stessi, poichè questa Deità, la quale presiedeva a ciò, che dava la vit
ia si opponeva la Dea Strenua, la quale rendeva attivi i pigri (c). A questa davasi anche il nome di Agenoria o Agenora dal ve
E’famosa l’Istoria del matrimonio di Cupido con Psiche. I genitori di questa consultarono Apollo intorno i di lei sponsali, e
r tale fatto versò tante lagrime, che fu convertita in fontana. Anche questa divenne sacra alle Muse. Il cavallo Pegaso bevett
o amore, finchè Scilla fosse vissuta. Circe, estremamente sensibile a questa ripulsa, si propose di sfogare il suo sdegno coll
secondo altri vennero infettate non da Circe, ma da Anfitrite, perchè questa s’adirò nel vedere Scilla, che stava trattenendos
itteo mosse guerra ad Epopeo, re de’ Sicionj, perchè gli aveva rapito questa sua seconda figliuola. Il combattimento riuscì sa
ci Efestiadi e Plote, e da’ Latini Vulcanie ed Eolie(g). Esse presero questa ultima denominazione dal re de’Venti, ch’era Eolo
mata da Tazio, il quale, volendo impadronirsi del Campidoglio, invocò questa Dea, onde gliene aprisse l’adito ; nè sapendo qua
elli anche Atalanta, figlia di Jasio, o Scheneo, re degli Argivi. Era questa molto rinomata pel suo coraggio. Un’orsa la aveva
al tempo delle quali, si lavava la statua di Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso in Atene. I giorni di quelle Fes
are l’aria intorno a ciò, che era da purificare. Quando poi si faceva questa sacra ceremonia per un luogo pubblico, allora si
la città del medesimo nome, nella quale trovavasi un tempio, eretto a questa Dea (h). Bellona rappresentasi colle chiome spars
ellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità
chio era singolarmente venerato da’ Romani anche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco di che mangi
cepito in forza d’una favilla, che volò nel seno di sua madre, mentre questa stava appresso il fuoco. Altri lo dissero figlio
11 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
al benefico e generoso Suo Cuore. E veramente da che posi il piede in questa città di Napoli, fra le altre d’Italia bellissima
o, in ogni mio frangente, tenne tutte le vie per giovarmi. Di che con questa mia dedicatoria intendo renderle cordialissime gr
i. Per un’altra ragione poi ho voluto fregiare del venerato Suo Nome questa mia scrittura, ed è appunto la poca cosa ch’essa
eggier fallo, secondo lo stile de’ moderni, allungando più del dovere questa mia dedicatoria ; pure, se non Le do molta gravez
ezza, piacemi brevemente discorrere con V. E. R. sull’intendimento di questa opericciuola, chè così verrà a scorgersi per avve
ioè l’Epiro, ch’è la parte inferiore della Grecia, toccò in sorte. In questa partizione del mondo fatta da’ figliuoli di Satùr
tempio tiene rinchiusa e la pace e la guerra, e che a suo talento or questa ne fa uscire ed or quella. Virgilio (2) al contra
lla Frigia, ove Cibèle avea un tempio di grandissima magnificenza. Da questa città fu portata a Roma la famosa pietra che dice
e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte di capra e con mele. Or questa capra avea due curvi bellissimi corni, de’ quali
e Giove volea per se solo il poter formare degli uomini, fabbricarono questa donna e tutti l’arricchirono de’ loro doni ; e ch
vesse animato con fuoco tolto dal cielo. Quanta somiglianza poi abbia questa favola col racconto di Mosè sulla creazione dell’
è procreati entrambi dalla Terra (γηγενεις, terrigenae). L’origine di questa favola da’ Poeti sì variamento raccontata, è nell
gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere, di pesce ; e Mercurio, d’ibi. Da questa trasformazione ebbe origine il ridicoloso culto c
andore, per cui ha preso il nome dal latte. A destra ed a sinistra di questa strada sorgevano le magnifiche abitazioni degli D
capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Giove e di Minerva ; e questa fu la pelle della capra Amaltea che allattò Giove
il volesse, come piacque a’ Numi, l’uccise. Altri però raccontano in questa guisa una tal favola (1). Polidètte desideroso di
ch’era Andromeda, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, avea detto di superar le
e, avendo dimorato alcun tempo nella Tracia con Telafassa, sua madre, questa morta, andò a Delfo per consultare l’oracolo dell
ll’altezza della verità nel profondo mare degli errori, chè veramente questa è gran massima : non investigare le cose che vin
telli un giorno vivano entrambi, ed un giorno sien morti. Eustazio in questa favola vede la costellazione de’ Gemini, i quali
ale ottenne che vietato l’avesse di tuffarsi nelle onde. Da ciò è che questa costellazione, aldir de’ poeti, non mai tramonta.
a si appella pure Carro (αμαξα, plaustrum), perchè le sette stelle di questa costellazione verso il polo artico rappresentano
ezzi di legno paralleli insieme uniti a due traversi pur di legno ; e questa primitiva configurazione si ravvisa tuttora nel s
timide colombe recano l’ambrosia a Giove. Giunone I. Nomi di questa Dea e lor ragione. Cicerone(4) crede che il n
ol nome di Giove, e Rodope, con quello di Giunone. Per la qual follia questa Dea li cangiò in due monti altissimi, che serbano
iate ne’marmorei gradini, del suo tempio(1). Ma più conto è l’odio di questa Dea contro i Troiani per l’oltraggio recatole da
di farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sentenziò a favore di questa Dea ; e d’allora in poi Minerva e più la nostra G
urale, opera di Prassitele, il quale fu il primo a dare lo sfendone a questa Dea. Era esso un ornamento del capo a guisa di co
alla bocca imperiosa, i cui tratti sono sì particolarmente proprii a questa Dea, che ad un semplice profilo rimasto di una te
ed un’asta nella sinistra colla iscrizione : Iunoni Lucinae. E perchè questa Dea era il Genio delle donne, per ciò ne’ vasi et
tia, e la chiama figliuola della potente Giunone ; ed Esiodo dice che questa Dea partorì Ebe, Marte ed Ilitia o Lucina. Iuno
di una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Romane in onore di questa Dea. Si vuole che Giano avesse introdotto in Ital
o che il morire(1). Minerva o Pallade I. Diversi nomi dati a questa Dea e lor ragione. Questa Dea ebbe due nomi p
iura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al dir di St
ercui chiamossi lo scoglio di Aiace. Altro argomento della potenza di questa Dea è il sapere che quando Prometeo di fango form
erati erano sotto la guardia e tutela di lei. Da ciò pure avvenne che questa Dea fu qual signora e protettrice venerata singol
e del ricamo(2), come l’Iside degli Egiziani, e l’Aracne de’Lidii. Or questa fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmon
pera Palladia (2). Giasone, al ritorno della sua spedizione, consacrò questa nave a Minerva, che la collocò fra le stelle. Il
vo di Minerva. Molte altre erano le arti e le invenzioni attribuite a questa Dea(2) ; e però gli artefici a lei porgevano le l
inerva Salutare. L’arte della guerra più che ogni altra apparteneva a questa Dea. Esiodo fa uscir Pallade dal cervello di Giov
iù sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa causa. Essi legati dalla religione del giuramento
mitarra pendente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco di questa Dea era sormontato da un gallo, animale, cui piac
i, Minerva ha l’elmo crestato. Nella pugna di Giove contro i Giganti, questa Dea fece grandi prodezze, percui Luciano la chiam
pente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli
o pettinata solamente o in ricci lunghi inanellati, in modo però che questa chioma si spande e si slarga verso il fine…. Da q
modo però che questa chioma si spande e si slarga verso il fine…. Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria de
le gare i capelli di dietro, propria delle figure di Pallade, sembra questa Dea essere stata cognominata Αθηνα παραπεπλεγμενη
ella Beozia, ov’era un simulacro di lei ; o da Alalcomena, nutrice di questa Dea ; o dal verbo greco αλαλκω, iuvo, percui può
ossi, assai amante dell’astronomia, si annegò nel Po. I poeti poi con questa favola ci avvertono a non cercar quelle cose che
il quale matrimonio fu felice per numerosa e bellissima prole. Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità
nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata la virtù di presagire il
suoi presagi(1). Sposò Corebo che perì nell’ultima notte di Troia ; e questa incendiata, toccò in sorte ad Agamennone, cui più
a, la quale bevuta dava virtù di poetare ; e questo fu l’Ippocrene. A questa favola, dice Solino, diede occasione Cadmo, il qu
i un bel destriero girava per varie contrade, fu il primo a ritrovare questa fontana. Il dissero consacrato alle Muse, perchè
orofonte, mentre bevea al fonte di Pirene. Anzi Stazio(3) afferma che questa fontana eziandio scaturì per un colpo che col suo
venzione del flauto ; percui sul basso rilievo dell’apoteosi di Omero questa Musa tiene un doppio flauto. Si dipinge come una
davano una deputazione a Delo per offerirvi sacrificii ad Apollo. Per questa scienza del futuro fu consacrato ad Apollo il cor
vvelenò la fonte, ove Scilla era solita bagnarsi ; percui, entrandovi questa , secondo la sua usanza, subito sentì cangiarsi la
le onde, come se il mare stridesse nel discendere in esso il Sole. Da questa opinione ebbe origine la favola di considerare il
le statue della Casa aurea di Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa , la quale è la più sublime fra le opere antiche c
appellavanosandalia leptoschide, sandali di sottili strisce ec. » In questa statua chi ravvisa Apollo cacciatore, chi quel Nu
l cocchio, che corre sì veloce le strade del cielo(1). I due piedi di questa famosa statua di bronzo poggiavano sopra i due mo
parlato di Apollo. Diana o la Luna. I.Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Le vetuste teogonie per lo
i Σεληνη da σελας, che vuol dire splendore. II. Storia favolosa di questa Dea. La Luna era la più grande divinità del p
presenta con una fiaccola in mano ; percui le donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel sacro b
re al mondo prima della Luna. Heyne(5) crede assai oscuro il senso di questa favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu una Sele
sso gli antichi il Sole ; e pare che Virgilio ed Ovidio(1) rafforzino questa opinione. Il qual nome, egli dice, fu dato al Sol
ente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O per paura di questa subita mutazione, o per un cieco furore mandato l
l terrore delle armi, ma l’insegnamento della coltura della terra. In questa spedizione egli toccò col tirso l’Oronte e l’Idas
apo e conduttore della festosa schiera de’ Satiri e delle Baccanti in questa famosa spedizione fu il vecchio Sileno, satiro ch
ssero nella Grecia, e si contano fra le più antiche orgie di Bacco. A questa specie di orgie appartiene la bellissima comparaz
ci divertimenti, della musica teatrale e della drammatica poesia. Per questa ragione ancora credo che Pausania(6), descrivendo
e e più care, le quali con bell’accordo di grazia potessero esprimere questa divina giovinezza di Bacco. Di una lunga chioma a
inio(1) dice che Bacco fu il primo a porsi in testa una corona, e che questa fu di edera. Leneo, Lenaeus pater, da λυαιος, to
aride e della vittoria che riportò la nostra Dea sulle due rivali. Or questa vittoria non fu la sola cagione che spinse Venere
no feriti. La qual cosa sembrò così ingiuriosa alla divinità, che per questa ragione Platone cacciò Omero dalla sua repubblica
a Giulia vedeasi segnato il nome di Venere. Per ciò Cesare consacrò a questa Dea il mese di Aprile, che Ovidio(2) afferma, ess
io sempremai assisteva Venere colla sua eloquenza. Esiodo rappresenta questa Dea accompagnata da Cupido e seguita dal Desideri
Ed invero da Lucrezio (2) si scorge, essere stata antica credenza che questa Dea principalmente all’apparire della primavera m
nere stessa, mentre le Muse celebrano i numi col dolce lor canto. Era questa la gaia e splendida corte di Venere ; ma dei suoi
io era menata, rispondevano ad alta voce ; onde per l’avvenire lu poi questa voce nelle nozze gridata e celebrata. » Varrone a
ozze, quando portavasi a casa del marito la novella sposa (1) ; e che questa voce si adopera spesso a significare le stesse no
empio poi eretto a Citera era tenuto pel più antico di quanti ne avea questa Dea nella Grecia ; il che dimostra che il culto d
in atto di asciugarsi la chioma nell’istante ch’esce delle onde. Era questa la Venere Anadiomena och’esce del mare, nella qua
toriosa (victrix) è adorna di un simile serto. La più bella statua di questa Dea, ma senza braccia e che pone il sinistro pied
rappresentata come stante in piedi avanti a Paride. Lessing dice che questa Venere non può essere che la Gnidia, vale a dire,
l Museo Capitolino si è conservata meglio di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Parigi, e s
portata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle statue di questa maniera. Invece del deifino della Venere Medicea
υμι, esco fuori ; soprannome dato a Venere come uscente dal mare. Per questa ragione fu pur chiamata Venere marina ; Ευπλοια (
o con Venere ; ed altri dicono essere stata Proserpina. Nel tempio di questa dea si conservavano le cose necessarie pe’ funera
i, cioè le colombe mandate dalla madre Venere. Si divertiva un giorno questa Dea col figliuolo Cupido a coglier fiori. Cupido
Marte, perchè quel tribunale era posto su di un rialto. I giudici in questa famosa causa furon dodici, ed appartenevano alle
porta Capena ; ed in Livio(2) ritroviamo un tempio di Marte avanti a questa porta, che si vuole ristaurata da Silla. Nel mese
rore di Bellona, spacciavano di predire il futuro. Potrebbe dirsi che questa superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come q
e stranissime etimologie del nome Ermete ; e non pochi fanno derivare questa voce dal verbo ερμηνευω, interpetrarè, perchè Mer
ragione poi si disse che Mercurio presedeva alla mercatura, perchè in questa professione vi abbisogna molta industria e destre
riderne grandemente. Ed Omero (2) con molta gravità descrive come in questa circostanza Apollo trasse quel landroncello avant
segno superba che osò vantarsi di essere più bella di Diana ; percui questa dea in una caccia le forò la lingua con una frecc
padre della curva lira (curvaeque lyrae parentem. Lib. I, od. 10). Or questa era propriamente quello strumento musicale da’ La
e nubi. Caro. Or ne’ suoi frequenti viaggi portava in mano Mercurio questa verga detta caduceo (ραβδος), che Omero ed Orazio
greggi di Admento, Mercurio gli regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verga prodigiosa, colla quale quel nume guidava a
ali dolcemente assouna, Sempre che il vuole e li dissonua ancora. Con questa conducea l’alme chiamate Che stridendo il seguian
ettuno ; e che poscia la Terra avesse ceduto il suo oracolo a Temi, e questa ad Apollo. Euripide (4) chiama il tripode di Apol
el Capricorno, perchè egli in quel periglio erasi mutato in capra. Da questa trasformazione degli Dei in bestie nacque il cult
coi Fauni e cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito di questa folla di boscherecci Iddii giova qui riferire un
ificare la fecondità di essa. Cerere. I. Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Cicerone (1) deriva il nom
lle biade. Servio (2) il fa venire dall’antico cereo per creo, perchè questa Dea si reputava la creatrice del grano. Da’ Greci
loro le leggi (3). Di tutt’i luoghi della terra niuno fu più grato a questa dea che la Sicilia, la quale era tutta a lei ed a
Atene, così detta da Eleusi, fig. di Ogige e maestro di Mercurio. In questa città celebravansi le feste eleusine istituite da
erirsi da’ non iniziati. Era pur delitto disprezzare questi misteri e questa fu una delle principali reità di Socrate. Molti g
delle grandi solennità ; o per supplire a qualche rito trascurato. A questa Dea si facevau pure sacrificii di erba verdeggian
e d’oro e di chiodi di diamante. Diana I.Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Nell’articolo di Giano si
etto, dice Platone, perchè Diana fu vergine. II.Storia favolosa di questa Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane : la prim
la di Delo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che Giove amò assai questa sua figliuola specialmente per la sua verginità ;
 Cinghiale Caledonio. Da non pochi fatti della storia favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello di
buoi, montoni, cervi ec. ed anche vittime umane ; il che dinotava in questa Dea un’indole crudele. Cosi gli Achei le sacrific
con gran pompa portata all’altare della Dea per esservi immolata ; ma questa mossa a pietà dell’ innocente fanciulla, la tolse
re da quel tempio il simulacro di Diana e trasportarlo in Argo. Avuta questa risposta, coll’amico Pilade tosto s’imbarca, e gi
nano alla patria. Questa favola non ritrovasi in Omero ; ma i casi di questa principessa e della famiglia di Agamennone forman
zio vergine custode de’monti e delle foreste ; e Callimaco dice che a questa Dea sono a cuore gli archi, ed il ferir lepri, e
l tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in onore di questa Dea dalle donzelle che prendevansi tutte in giro
erò, nella famosa spedizione contro Troia, fu eletto supremo duce ; e questa incendiata, dopo molte vicende, ritornato a Micen
separate le fiamme del rogo, su cui si bruciavano i loro cadaveri. E questa fu la prima guerra di Tebe tanto celebrata da’poe
a prima nave che dall’artefice si chiamò Argo. Catullo(1) afferma che questa fu la prima nave che avesse solcato l’infido elem
tra l’infelice città di Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade, poema
menti. Secondo Virgilio mille erano i vascelli impiegati dai Greci in questa spedizione ; secondo Omero erano 1186 ; ed al dir
edizione ; secondo Omero erano 1186 ; ed al dir di Tucidide, 1200. In questa guerra erano impegnate tutte le forze de’Greci, s
icarlo del torto, ed Apollo mandò la peste nel campo de’ Greci. Oltre questa sciagura nacque pure una gara funesta fra Agamenn
tigazioni di tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo uscire di questa specie d’inazione ; allorchè, avendo udito che in
otta presso lo stesso autore deride siffatta etimologia, potendosi in questa guisa, egli dice, da ogni parola derivare un’altr
nel tristo regno delle ombre penetrasse la chiara luce del giorno. E questa sua potenza, per la quale chiamavasi scotitor del
no era il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa sua potenza sul mare ci dà Virgilio(3), quando di
i innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia
e quali parole argomentano alcuni che quel gran poeta dovea conoscere questa verità geografica, che il mare circonda la terra.
le sue magiche arti in mostro marino. Pare che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig. di Niso, di cui si è parl
ati in quel caliginoso luogo, che tanto è lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine di ferro fatta
o, che dovrebbesi riferire per intero, affinchè si conoscesse appieno questa materia. Ovidio(2) ci ha dato pure la sua descriz
Livio, de’Bruzii e de’ Lucani, non lungi dal mar Tirreno. E vicino a questa Pandosia fu ucciso Alessandro, re di Epiro. Nella
inesorabili, intente solo a punire il delitto sì nell’ inferno che in questa vita, e che ponevano nel cuore degli scellerati s
one dell’universo a lui toccò l’inferno. Diodoro di Sicilia vuole che questa favola abbia avuto origine dall’essere stato Plut
. Lib. II. od. 14. v. 33.) Proserpina I. Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Dovendo noi parlare di Pro
a germogliare, perchè per essa le biade germogliano ne’campi ; percui questa Dea fu annoverata eziandio fra’numi che presiedon
la figliuola, purchè la stessa gustato non avesse alcun cibo, essendo questa fatal legge delle Parche(1). Il mentovato Claudia
che teneva Proserpina, allorchè fu rapita da Plutone. Il rapimento di questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua vita ch
ile(1), in segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa Dea era il papavero, come l’emblema del sonno de’
12 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
luogo, in cui supponevasi riseder principalmente: e tenendo dietro a questa divisione noi verremo qui accennando le principal
rano ad opra iniqua di cui predisse che portata avrebbero la pena. Nè questa lardò lungamente. Perciocchè avendo Saturno intes
ercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re di Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’ appressar di Giunone, e per nasc
nalmente altri pretesero che fosse Figlio sol di Giunone, dicendo che questa indispettita perchè Giove da se solo prodotto ave
re andava per consultarne l’ Oceano, fermatasi nel giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al tocco e all’ odore di cui
egli Nerio o Nerione, che nel sabino linguaggio significa forza; e da questa pretendevano i Neroni di trarre la loro origine.
di Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo. L’ occasione di questa istituzione si fu, che avendo Numa per consiglio
lle quali furono invitati tutti gli Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato sulla mensa un pomo di oro colla iscrizio
tinta. Si disse poscia che accusato innanzi all’ Areopago di Atene di questa uccisione fu condannato a perpetuo esiglio. Rappr
te di Scilla, per vendetta avvelenò la fonte ove Scilla lavavasi onde questa cangiossi in mostro marino; rifiutata parimente d
ero, il serpente Pitone colle sue frecce poi mise a morte. Superbo di questa uccisione si fece Apollo a dileggiare il fanciull
Bacco vien detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Bero
o delle ricchezze, unita a Giove divenne madre di Proserpina. Essendo questa da Plutone stata rapita nelle campagne dell’ Enna
te schiava perfino la figlia Metra per comperarsi di che mangiare. Ma questa mal sofferendo la schiavitù raccomandossi a Nettu
a prima da Pane e da Apolline, e divenuta poi moglie di Andremone, da questa pianta cogliendo alcuni fiori per divertire il fi
lio, il cacio, ed il mele. Mentre inseguiva Euridice moglie di Orfeo, questa fu morsicata da un serpente nascosto fra l’ erbe,
le api. Ma, secondo Virgilio, essendo egli ricorso alla madre Cirene, questa il guidò a Proteo, che gli scoperse la cagione de
da quale segnava il confine tra un campo e l’ altro, ma in seguito a questa pietra si sovrappose una testa umana. Fu detto da
leo in appresso ucciso il fratello Foco nato da Psamate ninfa marina, questa mandò un mostruoso lupo a devastargli l’ armento;
igia. Eran esse, al dir di Ovidio, compagne di Proserpina, e allorchè questa fu da Plutone rapita, e bramando di andarne in tr
all’ onde, ove fu poi fabbricata la città di Napoli, fu cagione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla era figli
vedersi posposta infettò la fonte, ove Scilla lavavasi, e con ciò fu questa convertita in un mostro, che Omero dipinge con do
entale e punire i condannali. Persecutrice e punitrice delle colpe in questa vita era Nemesi o Adrastea figlia della Notte sec
ati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo di Giove e di Elara; ma perchè questa il partorì sotto terra, ove Giove l’ aveva chiusa
tasse dietro le spalle le ossa della gran Madre. Comprese doversi per questa intender la Terra, e per quelle i sassi; e quindi
vicino ad essere strozzato si cangiò in toro; ma essendogli sotto di questa forma da Ercole strappato un corno, fu alla fine
Licia la veste tinta del sangue di Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ amor suo, come il Centauro le avea promesso;
figlio in una cassa, e gettar in mare, affinchè amendue perissero. Ma questa , secondo alcuni, fu portata dall’ onde ai lidi de
fieramente gli Zii Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua morte; perocchè Altea
alla fine che data avrebbe la mano a chi lei avanzasse nel corso, con questa legge però, che raggiugnendoli fosse in poter suo
che Ippomene sposò; ma scordatosi egli, di renderne grazie a Venere, questa spinse li due amanti a profanare il tempio di Gio
Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello di Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe ordine dal padre di anda
gliesse l’ enimma, e perir facesse la Sfinge, poichè era destino, che questa dovesse morire sì tosto, che l’ enimma da alcuno
un drago, e da due tori spiranti fuoco dalla bocca e dalle nari. Per questa spedizione Giasone invitò gli Eroi più famosi, ch
fe pure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste; ma come questa era avvelenata così appena Glauce se l’ ebbe post
d arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Euridice, ed essendo questa , caduta estinta per morsicatura di un serpente ne
di rimovere il sasso e pigliarne la spada, glielo mandasse. Teseo di questa spada fornito, emulando le glorie di Ercole, si d
cque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e di Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Castore e Polluce d
lie di Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della malvagità di questa donna, perciocchè o temesse di lui o d’ esso acce
n sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuolsi però da molti che questa Proserpina fosse moglie di Edoneo re dell’ Epiro,
elici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della sua vita. Erasi questa d’ incestuoso amore accesa per Ippolito, e rigett
na egli colla sua e coi compagni che in essa erano potè camparne. Con questa approdò all’ isola Eea, ossia al promontorio Circ
oravano le sostanze di esso, si trasformò in vecchio mendico. Sotto a questa sembianza egli andò prima da Eumeo guardiano de’
di Enea, cui egli inseguendo fino ad una nave a ciò appostata, fu da questa portato in Ardea capitale de’ Rutoli. Tornato a L
liarsi contro a’ Troiani, onde la battaglia si fece generale. Enea in questa è ferito di saetta in una gamba, e sanato da Vene
ti. Mera indicò ad Erigione figlia di lui il luogo ov’ era sepolto; e questa per dolore si appiccò, che sopravvenuta la peste
amo e di Alessiroe ama non riamato la ninfa Eperie. Mentre P insegue, questa è morsa da un serpente. Esaco per dolore si getta
Chi andava per consultarlo dopo varie preparazioni entrar facevasi in questa caverna, dalla quale uscendo riferiva quanto vi a
13 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
origine di Venere è narrata dagli Antichi in due modi. Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della sti
a preferenza della prima che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il greco nome di Afrodite, che significa appu
e furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecondazione delle acque marine nacque Afrodite,
e onde del mare per dire che era uscita da quelle. Quindi alludendo a questa origine la rappresentarono nel primo fior dell’et
i Latini, ed è divenuto tanto comune nelle lingue affini, Cicerone dà questa etimologia e significazione : Venus, quia venit a
ibuiti difetti e vizii, a Venere più che mai. Cominciarono a dire che questa Dea, per la sua singolare e impareggiabil bellezz
facendole soltanto sentire la sua voce, esprime filosoficamente, che questa e tutte le altre affezioni dell’anima, o vogliam
to dalla crisalide che si trasforma in farfalla. Dante afferrò subito questa idea, e la espresse maravigliosamente in quella s
sempre Imene con le catene, per rima obbligata, a unire gli sposi. Da questa mitologica frivolezza non si è ancora ben purgato
no affettuosissime e feconde ; e la favola aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua
rediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scom
i avviene. 185. Lo stesso Ugo Foscolo alludendo alle Grazie ne diede questa spiegazione : « L’arte e la coltura danno avvenen
significa desiderio, e ne deriva cupidità, cupidigia, ecc. 187. Con questa greca voce Psiche (anima) è composto il termine p
14 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
il protagonista degli Argonauti, e acquistò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerra di Troia. Lo s
del Zodiaco. Quindi i poeti alludendo a tal fatto mitologico chiamano questa costellazione l’animal di Frisso ; e Dante l’appe
i ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio di sette anni, usa questa perifrasi mitologica ad un tempo ed astronomica :
lla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio marittimo che f
lo ai solenni filologi : con tante idee poetiche e storiche che desta questa spedizione, non mi sento disposto ad arrestarmi a
nuovi eroi dei diversi Stati della Grecia per accomunar la gloria di questa impresa a tutta la Nazione, poichè si fanno ascen
cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave di cinquanta remi. In questa comune e nazionale impresa per altro il solo Gias
or suo che sarebbe perito in quella impresa. Fu costruita la nave per questa spedizione coi pini del monte Pelio e colle querc
, « Che suole aitarlo ai perigliosi passi ; « E conchiude tra sè, che questa via « Per discacciare i mostri ottima sia. « E pr
ncipale, scopo del loro viaggio ; quindi ci affretteremo a parlare di questa . E sebbene la presenza e il braccio di tanti famo
ra qualunque impresa da compiersi colla forza, trovaron per altro che questa non bastava a conquistare il Vello d’oro : bisogn
Valerio Flacco in latino. Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche. 65. Perciò da
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
ianesimo dovè sostenere contro di essi. E appunto per dare un’idea di questa lotta, per far conoscere ai giovani studiosi ques
r dare un’idea di questa lotta, per far conoscere ai giovani studiosi questa importantissima epoca di transizione tra il Pagan
ggior copia di argomenti a meditare su questo gran fatto, abbiamo, in questa seconda edizione, aggiunto anche, a guisa d’appen
io rimpiangeva la pietà dei primi Romani per gli antichi loro Dei, ma questa pietà confondevasi allora coll’amor della gloria
inazione e di quel gusto squisito nelle arti che formava la gloria di questa , Alessandria era piuttosto la Babele dell’erudizi
un rito solitario e nascosto che si smarrì in vane superstizioni ; e questa religione così semplice produsse dipoi quell’impo
empi del Cristianesimo, e s’assomigliavano in parte alle cerimonie di questa legge santa. Dominava soprattutto in questi paesi
elle domestiche sentenze operato per la sola inimicizia che avete con questa setta, è stato precluso il sentiero alla sua dife
ubito che abbandonarono l’ignoranza, parimente cessarono d’odiare. Di questa sorta di gente si fanno i Cristiani,147 cioè di q
le e ne’ castelli ogni sesso, ogni condizione, ogni età, ogni grado a questa setta se ne passi ; e se ne attristano come d’un
la giustizia medesima. Dicono però costoro : Non è buona cosa, perchè questa setta molti tira al suo partito, mentre quanti so
tete contare ? Da questi cotanto uniti e disposti fino al morire, per questa ingiuria come vi è corrisposto, quando anche una
ono solo il corpo di vivande ; ma l’animo ancora di santi ricordi. Or questa è l’adunanza de’Cristiani, la quale dire si può i
i piaceri e della stessa vergogna, avevano una medesima religione ; e questa religione passionata distruggeva ogni speranza di
Che prima erano idolatri. 148. Ai Cristiani si apponeva da’ Gentili questa calunnia, che nelle loro adunanze uccidessero un
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
i. Orazio rammenta più volte (ma ironicamente, perchè non vi credeva) questa magica potenza delle streghe sulla Luna e le Stel
l tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana era considerata come
iene un levriero che si volta a guardarla ; e perchè si distingua che questa cacciatrice è Diana, le si aggiunge sull’alto del
on sapendo che fosse sua madre, stava per trafiggerla con un dardo. E questa costellazione fu detta Orsa maggiore ed anche Eli
e Artofilace all’Orse (secondo la frase dell’Ariosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e di certo
parteneva ad una famiglia odiosa a Giunone, fu spinto malignamente da questa Dea ad entrare in quel boschetto per procurargli
e maliarde e le streghe nei loro incantesimi. Omero però non parla di questa ributtante Dea, e il passo in cui ne discorre Esi
uso nei trivii di offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte da questa Dea eran poi ben volentieri divorate dai poveri.
più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tutte di donna ; e questa triplice immagine ponevasi nei trivii, ond’ebbe a
pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno quello
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
i sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. Per questa stessa ragione che anticamente le poesie erano ca
ea della Memoria (come indica il greco vocabolo), per significare che questa facoltà dell’anima, la Memoria, è la madre delle
ie equine e bovine, e a tutti ben noto129. Perciò i poeti, accorti di questa derivazione, difficilmente se ne servono per tras
i titoli dati alle Muse v’è quello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re di Tessaglia s
a dirsi che i poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspira
fne in greco significa lauro. Dalla somiglianza del nome ebbe origine questa trasformazione. Il lauro d’allora in poi fu sempr
elle sue celebri ottave, conosciute sotto il nome di Stanze, rammenta questa metamorfosi descrivendo secondo la Mitologia il g
el fiore che porta lo stesso nome del giovinetto134. Invenzione anche questa dello stesso genere delle precedenti. Ma i mitolo
he da Orazio nell’ Ode 15 del lib. i, ut caneret fera Nereus fata. Da questa frase è composto l’equivalente verbo vaticinari,
tima esclamazione di dolore che proferi Giacinto morente. Alludendo a questa spiritosa invenzione dei mitologi, il Poliziano c
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
ulla nascita di Minerva Dea della sapienza. Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cer
tto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era questa , com’è veramente, la più bella e sapiente allegor
onvien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi di questa Dea. Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade
bero il campo a Nettuno e a Minerva. Quegli fece nascere il cavallo e questa l’olivo ; e fu stimato più utile l’uso dell’olio
i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente questa invenzione e riprodotta a gara con splendide form
figura della mostruosa testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera
ata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col
nimale che conserva l’abitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel
inta, e per dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno. È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate
19 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
ù volte ne rimase atterrato ; ma qualora toccava la terra, sua madre, questa sempre gli somministrava forze maggiori, per cui
decreto, ciascuno pose il sassetto nero nell’ urna ; e vuotatasi poi questa , si trovarono tutti cangiati in bianchi. Tale met
l sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e questa pure morì allora di dolore(e) (5). Enea. E
i Oracoli. Fu allora, che Giunone ricorse alla Furia Aletto, affinchè questa destasse in Amata e in Turno sentimenti di furore
erchè comunemente erano creduti figlinoli di Atreo. Per accordare poi questa opinione coll’altra, secondo la quale si asseriva
i conveniva purificare sì quelli, che il simulacro nel mare ; e che a questa ceremonia non doveva assistere alcuno. Con tale r
do lo Scoliaste dello stesso Apollonio furono Cariclo e Filira, madre questa , e quella moglie di Chirone. Cresciuto il giovane
condo un’antica Tradizione, riferita da Servio(f). Achille avea amato questa Amazone anche prima di azzuffarsi secolei, e ne a
ò Cicno in bianco volatile, che ritenne il suo primiero nome(b). Dopo questa memorabile e laboriosa tenzone Achille si ritirò
e C. Mario dopo la sua vittoria, riportata sopra i Cimbri, consecrò a questa Divinità un nuovo tempio, il quale era sì unito c
uò giovargli, vengono espresse dal Compasso e dall’ Archipenzolo, che questa Virtù tiene nella, destra. E’pur necessaria al Pr
e è la luce. Quindi la Prudenza ha nella sinistra una face. Davansi a questa Dea anche due faccie, colle quali dimostravasi, c
atura ragione ; per cui nelle difficili emergenze si prende piuttosto questa , che quella deliberazione. L’aspetto del Consigli
iracondo, e il Delfino riesce al nuoto rapidissimo. Sono pertanto da questa Divinità calcati, per avvertire, che ne’consigli
ia e legittima disposizione de’beni proprj, o degli altrui. Dipingesi questa virtù in età avanzata ; col comperso in mano, e c
ura de’beni proprj o degli altrui non s’impara che coll’esperienza, e questa non s’acquista che col progresso degli anni. Il c
Questa Virtù si dimostra giovine, perchè essa rogna principalmente in questa età. E’in abito succinto, colle braccia ignude, e
conseguire, e alla determinazione d’ottenerlo. I Greci riconoscevano questa Dea sotto il nome di Elpide. I Romani le fabbrica
Attilio Regolo. La stessa nazione dopo la sconfitta di Canne dedicò a questa Dea un altro tempio(c). L. Silla, divenuto trionf
o per intraprendere qualche guerra, solevano offerire un sacrifizio a questa Dea nel Campidoglio, e dare in suo onore uno spet
arono pure le Nemesee, ch’erano feste lugubri, perchè si credeva, che questa Dea proteggesse i morti, e vendicasse le ingiurie
le, essendo perfettamente eguale da ogni lato, indica il carattere di questa virtù, ch’è quello di mostrarsi eguale con tutti.
on una spada nella sinistra : simboli, co’ quali si fa intendere, che questa Deità pesa in certa guisa le azioni, e come premi
o agli o chi, per indicare ch’ella non ha riguardo a chiccbessia. Per questa medesima ragione gli Egiziani formavano le statue
ssia. Per questa medesima ragione gli Egiziani formavano le statue di questa Dea senza testa, volendo in tal modo significare,
, quando trattasi di mostrarsi qual’è, ella niente cura le dovizie di questa terra. Sta finalmente appresso questa Dea la Cico
ella niente cura le dovizie di questa terra. Sta finalmente appresso questa Dea la Cicogna, perchè i Romani aveano opinione,
risce anche colle ali, le quali ammaestrano, che chi vuole esercitare questa virtù, dee farlo con prontezza, onde l’azione di
forze si somministra agli altri ciò, di che abbisognano. La veste di questa Dea è bianco, perchè tal colore, essendo consider
considerato tra tutti il più semplice, è opportuno ad insegnare, che questa Virtù dey’essere pura, nè mai diretta dal vile in
consecrato da Cn. Flavio(a). Due spighe di grano adornano la mano di questa Dea, per indicare l’abbondanza, che dalla Concord
perciocchè come quelle, unite insieme, divengono forti, così mediante questa virtù si stabilisce maggior forza nelle operazion
evano coloro, che professavano le Belle Arti, affinchè la presenza di questa Dea allontanasse ogni disapore dalle loro dispute
a pace, la quale porta seco la maggiore felicità deglì Stati ; perciò questa ha in dosso una bianca veste. Nella destra tiene
apportare la pace. Il caduceo pure era indizio della medesima. Talora questa Dea è in atto d’abbruciare con una face un mucchi
e la verità col decorso del tempo si manifesta. Democrito diceva, che questa Virtù giace d’ordinario nel fondo d’un pozzo, per
rensione è rimprovero de’ vizj onde vederne l’emendazione. Comparisce questa virtù di età matura, perchè taletà, essendo di ma
lto, erano vestiti di lino bianchissimo, per dinotare la sincerità di questa virtù(a). La Fede tiene colla destra una chiave,
bolo della secretezza, la quale il più delle volte deesi osservare da questa virtù. Qualche volta viene rappresentata per mezz
reputa inferiore agli altri, quando non è veramente tale. Dimostrasi questa Divinità cogli occhi fissi in terra : lo che indi
ella bassezza de’ proprj meriti. Ha in mano una palla, perchè siccome questa , quanto più è percossa in terra, tanto più s’inal
o è un raffinamento in tutto quel, che concerne i comodi e piaceri di questa vita. Esso comparisce cinto la fronte di reale co
ione in qualsivoglia azione. Questo Vizio dipingesi giovane, perchè è questa l’età, che più d’ogni altra lo coltiva. Tiene nel
i questo Vizio è di colore simile a quello della ruggine, perchè come questa consuma ogni metallo, così il maligno non cessa m
al suono del flauto, facilmente si lascia prendere dal cacciatore. E’ questa l’indole di chi ama d’essere adulato, di lasciars
ù favoriti. Loquacità. La Loquacità è il soverchio parlare. Sta questa colla bocca aperta, perchè ella sempre parla. La
accompagnata da forte desiderio di vendicarsi. Ella è giovine, perchè questa è l’età la più facile ad aditarsi. E’cieca, perch
Ha ad un lato un legno e una veste. In quello si genera il Tarlo, in questa la Tignuola : i quali animali logorano poi la cos
sa a sedere, colla guancia appoggiata sulla sinistra, e col gomito di questa sul ginocchio. Tiene il capo chino, e cinto con p
a innaridisce l’albero stesso, che le fu di sostegno per innalzarsi ; questa , che viene prodotta da’ vapori, tratti dal Sole,
impadroni della Repubblica, si propose anch’egli d’ergere un tempio a questa Dea dinanzi la Curia Ostilia ; ma la morte ne lo
zza è ampia possessione de’ beni, appartenenti all’uso e al comodo di questa vita. Rappresentasi di consolante aspetto, e in a
cennato Poeta, che la Ricchezza si figurasse cieca, perchè non sempre questa creduta Divinità favorisce i meritevoli. Abbon
esì molte piazze, cinte all’incorno di portici. Tiberio Gracco alzò a questa Dea sul monte Aventino un bellissimo tempio, le d
bellissime statue. Clodio volle pure, che un tempio fosse inalzato a questa Divinità nel luogo, ove fu atterrata la casa di C
tiene un piede sulla prora d’un naviglio : lo che dà a conoscere, che questa Dea esercita il suo dominio tanto sulla terra, ch
a mano ha un bastone, e nell’altra una face. E’ giovanetto, perchè in questa età spezialmente per difetto di cognizione e di e
ullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto di questa Divinità. Il Timore si rappresenta pallido e co’
o anche Atamantidi(i). Non molto dopo Atamante ripudiò Nefele, perchè questa di quando in quando davasegni dì pazzia ; e prese
ti doni avvelenati, affinchè egli li presentasse a Creusa ; e che per questa ragione que’ di Corinto lo lapidarono (c). (c).
lcippe la di lui moglie, Marpissa la figlia, e Afarclo il rapitore di questa (c). (26). Nesso, ferito da Ercole, si ridusse ne
no, che le Oscoforie si dicessero da principio l’ Oscillazione, e che questa Festa si celebrasse dagli Ateniesi per espiare la
a Merione(c). Dopo la morte di Paride prese egli in moglie Elena ; ma questa introdusse Menelao ed Ulisse, ove Deisobo dormiva
o dieci vascelli(d). L’azione più memorabile, ch’egli allora operò, è questa  : Achille, per vendicarsi di Agamennone, il quale
sa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde ammalato, e morì di languidezza. La
ire, ch’ella era figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re di Megara. E’ questa quella, che diede alla luce il predetto Ajace(h).
conobbe per suo figlio, ed ella tosto si uccise(d). V’è chi, seguendo questa opinione, soggiunge, che i pred tti figli nacquer
n qualsisia uomo : lo ché gli avvenne, per aver ferito Venere, quando questa difendeva il suo figliuolo, Enea(c). Durante la n
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
cese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutt
atorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima perifrasi : « E se licito m’è, o s
ttori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64. Nell’Affrica q
agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete. E non
to Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume. Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo di un fatto o avveni
o imperioso ; e l’ ha usato anche il Giusti nella satira del Ballo in questa espressione : « Con un olimpico cenno di testa. 
vansi ogni 4 anni i celebri giuochi detti appunto perciò Olimpici. Da questa quadriennale solennità della Grecia ebbero il nom
tto, nel deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Sc
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
o genere : è superba, dispettosa e vendicativa. Accennata l’indole di questa Dea, diciamo come si rappresenta nelle pitture e
ordici bellissime ninfe94). Molti altri nomi ed attributi eran dati a questa Dea ; e l’etimologia dei primi fa conoscere la sp
quella la celeste bevanda. Aggiungono alcuni mitologi, che un giorno questa Dea nell’esercizio del suo ministero cadde sconci
Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea. Favoriva sì e proteggeva essa quei popoli ch
o se ne presenterà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o di popoli da essa perseguita
alla dea Giunone è il mito della sua ancella e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e
ero di raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e che allorquando questa luce è fatta cadere sopra un prisma, i raggi che
none accenna quasi sempre o ai grandi occhi o alle bianche braccia di questa Dea, facendone un distintivo e, a quanto pare, un
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
ano, e quella dei Giganti, cioè dei figli della Terra, come significa questa parola secondo la greca etimologia. Perciò devesi
rza erale stato tolto70. Ecco la vera causa della Titanomachia : e di questa guerra accenneremo soltanto l’esito finale, che f
il miglior diritto fosse degli Dei che rimasero vincitori, mentre in questa era più veramente dei Titani che furono vinti. Er
ca città di questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, e
riginale : « È fama che dal fulmine percosso « E non estinto sotto a questa mole « Giace il corpo d’Encelado superbo : « E ch
chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le fa precedere una dottissima e splendid
. Il traduttore lo intitolò Titanomachia, aggiungendo ai suoi lettori questa avvertenza : « Già sapete che non è opera special
che non è opera speciale, ma un gherone della Teogonia. » 68. Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
iade50. I Greci la chiamavano Demèter quali Gemèter (madre Terra) per questa stessa ragione. L’adoravano ancora e le facevano
ano la lor priorità sopra i greci nell’arte di coltivar la terra. Per questa ragione Virgilio nelle Georgiche loda l’ Italia c
one nell’inferno, e gli altri 6 mesi colla madre sulla terra54. Tutta questa immaginosa invenzione significa che Proserpina fi
la scrofa, perchè, dice Ovidio, scava col suo grifo le biade sacre a questa Dea. Fra i supposti miracoli fatti da Cerere, olt
e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa , se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne
nte in quella dei nomi proprii, usavano spesso il G invece del C. Per questa stessa ragione è asserito dagli eruditi legali ch
. 52. Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è spiegato all’articolo di questa Dea, ove ho riportato questo stesso verso dell’ A
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
l’ufficio ad Urano, e poi come sostituto anche a Giano, di far girare questa vôlta o callotta sferica celeste e con essa tutte
elso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, ci
n’isola galleggiante potesse trovarsi anche in mare103). Dante adottò questa stessa idea di Pindaro, e se ne valse stupendamen
ambedue furono creduti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzione dal dardeggiar dei raggi del Sole e de
uor suo, ma pubblicamente, Latona e la stimava a sè inferiore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di qu
feriore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa sua folle empietà fu terribilmente punita nella c
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
le in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre di Evan
palle, con un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non era nè la Giunone Argiva, nè la Giunone Roman
bbe Dante ; ma Ovidio asserisce che i contadini furono molto lieti di questa protettrice dei loro forni, e che la pregavano de
iva a monendo (dall’avvertire) perchè gli antichi Romani dicevano che questa Dea li aveva avvertiti che facessero un sacrifizi
di espiazione immolando una scrofa pregna. Cicerone stesso disapprova questa e simili stolte superstizioni nel lib. ii De Divi
i si attribuivano i temporali notturni come a Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo d
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
are talmente ameno e beato da preferirsi alle terrestri condizioni di questa mortal vita. Lo stesso Omero ci narra che Achille
rimpianger la vita mortale e preferire la più meschina condizione di questa . La prescienza del futuro non li allettava quanto
etempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degli estinti, dopo
vita un’altra volta « Tornin di sopra a riveder le stelle 255. » Da questa celeberrima esposizione di principii filosofici e
« La pena mia : non violate il giusto, « Riverite gli Dei »268. Ma questa predica è inutile nell’Inferno ; e perciò Dante n
a l’anima s’immedesima colla divina sostanza, supponendosi emanata da questa , ovvero sussistente eternamente con essa. » Quest
mmi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in 93 centesimi. Il nome di questa piccola moneta, l’ obolo, ha avuto una gran fortu
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
i che parole, perchè non avevano veruna idea del fluido elettrico, di questa misteriosa e tremenda forza invisibile e imponder
nomeno e l’elettricità stessa), ma si fermarono per secoli e secoli a questa prima osservazione, e non andaron più oltre191, l
rma nell’atmosfera della nostra Terra e con elementi che provengon da questa  ? e che noi possiamo riprodurre a nostro beneplac
ller, dell’ordine dei Branchiopodi, e della famiglia dei Monocoli per questa loro caratteristica di avere un sol occhio. Se ne
er le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pil
l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta,
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
ndo a settentrione, per ritornare in tempo la mattina all’Oriente. Ma questa invenzione, benchè sembri intesa a significare i
oli del porto, e le navi passavano a piena vela fra le sue gambe. Era questa una delle 7 maraviglie del mondo, ma fu atterrata
dal fango della terra e dall’infezione dell’aría. È facile lo spiegar questa favola, se riflettiamo che il Sole coi suoi raggi
i mitologi che Esculapio avesse una figlia chiamata Igiea, o Igia. Fu questa una personificazione, o vogliam dire deificazione
ogliam dire deificazione dellaSanità, come significa il greco nome di questa Dea. Infatti da Igiea è denominata Igiene l’arte
esto termine è derivato il nome di elettricità, perchè l’esistenza di questa fu osservata la prima volta confricando l’ambra,
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo
ulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo numero p
on è facile intendere il significato. Generalmente qualunque poeta in questa vastissima regione immaginaria crede di avere sco
 Che gli pendea, come a pastor, dal fianco. » E per intender poi che questa è una imitazione del gigante Polifemo descritto d
rta e l’umano e il divino. » (Purg., xxv, 79.) « Cotal vantaggio ha questa Tolomea « Che spesse volte l’anima ci cade « Inna
nas a consceleratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome di questa specie di Sogni son derivate ancora le parole Fan
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
XLIV La caccia del cinghiale di Calidonia È questa la prima impresa dei tempi eroici in cui si trovi
tutti i più coraggiosi e prodi giovani della Grecia a prender parte a questa caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro. Acco
tti dovremo parlare anche in appresso. Degli altri eroi intervenuti a questa caccia, dei quali non si conoscono fatti più cele
u dessa la prima a ferire, benchè leggermente, il cinghiale, dopo che questa fiera aveva già fatto strage di tre o quattro cac
ccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : «
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una bellissima giovinetta, che Giove rapì trasfor
. « Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio, « Che se quello in serpente e questa in fonte « Converte poetando, io non l’invidio ;
Cadmo stesso non fosse Fenicio, ma Egiziano, come afferma Pausania. A questa questione si collega l’altra sull’ origine dell’
opa, o vogliam dire dall’Oriente in Occidente. 57. Dante rammenta questa favola del ratto di Europa nel Canto xxvii del Pa
a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteri
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ti avessero mosso guerra a Giove ; ma i poeti trovaron poco spiritosa questa invenzione e la trascurarono affatto. E pochi alt
ù semplice e più naturale del ratto di Orizia è, secondo Platone, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tem
altrove che egli sposò la Dea Flora e le diede potestà sui fiori ; e questa favola significa soltanto che il tepido vento chi
uti e contrassegnati nella così detta Rosa dei Venti ; e la ragione è questa , che gli Antichi stessi furono incerti nel determ
o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con questa perifrasi mitologica : « Quand’Eolo Scirocco fuo
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
ai Romani. I Chinesi vi credono ancora oggidì. Inoltre è notabile che questa credenza nei Genii o negli spiriti, come poi si c
ti. Non sarà dunque un fuor d’opera il risalire alle prime origini di questa invenzione. Tralascierò di parlare della Trimurt
o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da questa dissimili ; e mi basta per la spiegazione dei Gen
Genio, « Lieve lieve per l’aere labendo, « S’avvicina alla Terra ; e questa ride « Di riso ancor non conosciuto. » « …………… « 
e l’altro del Magalotti ; ma il Fanfani riportando nel suo Dizionario questa stessa espressione dichiara che è francese affatt
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
ima, e trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove di co
e la terra sino alle Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche questa regione. Egli aveva sempre l’aspetto di giovane19
me con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande esempio degli ecces
nderle atte a produrre il vino ; ma Dante fu il primo a indicare come questa azione si esercita e compiesi. Egli dice nel Cant
xi, 4.) 196. Ovidio, nel lib. iii delle Metamorfosi così racconta questa favola, accennando in una parentesi di non presta
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
è un quid simile dell’Oceanus circumvagus dei Latini. È rappresentata questa Dea come un’avvenente giovane con una reticella d
iani gli stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa ipotesi. Anche la moglie di Nettuno ebbe onori ce
riconosconsi i Tritoni stessi nelle opere d’arte. Si sottoscrivono a questa favola anche i naturalisti, poichè hanno dato il
enigne Divinità marine. Ma lasciamo raccontare a Dante la sventura di questa famiglia ; e poi poche altre parole basteranno a
dea di uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti. La favola è questa  : Glauco era un pescatore della Beozia, il quale
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
Maggiore, e alla nipote quello di Giovane o Minore. Per dare anche a questa un qualche ufficio fu inventato che presiedesse a
ta minore non prese marito e fu Dea della castità. Quindi il culto di questa Dea fu affidato ad alcune sacerdotesse chiamate l
praticavasi in Troia, e che da Enea fu trasportato in Italia46. E che questa Dea, prima della fondazione di Roma, fosse adorat
contarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani su
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
dicemmo. La spiegazione più plausibile che suol darsi della Chimera è questa  : che invece di essere un mostro fosse un monte i
alle falde i serpenti. E per quanto a taluni non soddisfi pienamente questa spiegazione, nessuno ha saputo sinora trovarne un
ll’aggettivo chimerico che ne deriva55. Anzi sulla base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui
era dimostra che di tutte le cose favolose ond’ è piena la Mitologia, questa è stimata la più favolosa di tutte, appunto per l
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu prima che altrove adorata. Alcuni autori l
ta fu confusa collo Dea Tellùre, e perciò le fu dato anche il nome di questa . Aveva poi molti altri nomi, come Berecinzia, Din
ra sacro il leone come il re degli animali terrestri. I sacerdoti di questa Dea si chiamavano Galli, Coribanti, Cureti e Datt
o e poi precipitato fra i dirupi e i sottoposti abissi di un monte. E questa è la prima metamorfosi, ossia trasformazione, di
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
nero quasi tutti empii, scellerati e crudeli. Giove, avuta notizia di questa general corruzione del genere umano, volle assicu
l quale abitiamo. 86. Anche Dante chiama la terra madre comune ; e questa espressione è al tempo stesso mitologica, biblica
 » (Ovid., Metam. i, 414.) 88. Roccia nel comune significato che questa parola ha in italiano equivale a rupe, balza scos
la ha in italiano equivale a rupe, balza scoscesa, luogo dirupato. In questa significazione la troviamo spesse volte anche nel
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto campo lib
re, alle gioiose « Contrade de’felici e de’beati « Giunsero alfine. È questa una campagna « Con un aer più largo, e con la ter
i ministri non mancassero al loro dovere di tormentare i dannati. Era questa all’incirca la topografia delle regioni infernali
floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiuden
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
Mercurio Chi è che non conosca qualcuno dei molti significati di questa parola Mercurio ? È un termine rammentato frequen
gnificare il busto del dio Mercurio posto sopra una colonnetta ; e in questa stessa significazione si adopra tuttora in italia
l poeta, pretendendo di conoscere come accogliesse Mercurio dall’alto questa preghiera, soggiunge che sorrideva, ricordandosi
ette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è questa  : chi, nelle cose illecite, per lucro favorisce,
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
nna apparve santa e presta « Lunghesso me per far colei confusa. » E questa donna santa era la Virtù, che stracciando le pomp
e per l’avuta pena « Prima morì che fosse in su l’arena »233. Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornat
ei mari glaciali alla pesca delle Balene ? 233. Ho riportato tutta questa poetica descrizione, perchè vi è dipinta mirabilm
o di grasso che è alto almeno quindici pollici. In tutto il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno d
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
che di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lett
e tra le altre benevole e squisite espressioni mi scriveva : Vegga se questa lettera che io scriverei, possa correre. E la let
cogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
a intendersi e studiarsi la loro Mitologia. Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e
nche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia. Infatti risalendo alla Cosmogonia dei
viltà greca e romana. Se negli Dei superiori di cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo personificate le più grandi
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
sere ragionevole sente la dignità dell’umana natura e riconosce in sè questa ingenita forza e facoltà di prestare o negare lib
tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui
i aggiungevansi dagli Antichi la Necessità, la Fortuna e la Morte ; e questa era anche chiamata l’estremo fato o l’ultima nece
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui prescelte come
uelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Terra, l’espressione mitologica è tanto famigerat
tto proverbiale : « L’ultima che si perde è la speranza. » 83. Su questa favola il poeta Eschilo compose tre celebrate tra
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
gio, come i Romani dai Troiani. E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare pi
ali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei focolari, parola questa che alcuni etimologisti notano come composta coll
rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservaz
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
la forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. Nel Medio Evo dopo
a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa  : che attribuendosi oltre che una forza straordin
e, alludendo ai connubi delle Divinità cogli esseri umani ; e secondo questa etimologia verrebbero ad esser sinonimi Eroi e Se
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine di tem
i della Farsalia : « Nos in templa tuam Romana accepimus Isim. » Di questa Dea eran devote principalmente le donne ; tra le
i donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, perchè credevano che questa Dea insieme col suo fratello e marito Osiride, do
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
vi rimase la voce sola che ripeteva appena le ultime parole altrui. A questa favola allude Dante nel Canto xii del Paradiso co
lla vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse come Sol vapori ; » e fa questa similitudine per dar la spiegazione che quando co
giato nel fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’una volta a questa favola, come, per esempio, nel Canto xxx dell’Inf
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
lo, non son riusciti ancora ben bene, dopo circa 2000 anni, a levarsi questa curiosità : sembra che il Padre Nilo si diverta a
con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira in isposa. E di questa pugna dovremo parlare altrove più a lungo. I fium
na di averne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportun
52 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
memoria delle savie leggi date ai mortali da Cerere. Altri dicono che questa festa fu istituita nell’Attica. — Il vascello, su
gna di Roma). Età dell’oro (vedi la favola. Saturno ec.). Ma prima di questa epoca, fino da tempi antichissimi, l’Italia è abi
ii con Sarpedonte e Glauco, i Traci con Piroo ed Acamante. Dicesi che questa guerra costasse ai Greci 800,000 uomini ed ai Tro
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
lle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi troviamo un Dio che abita
iferirsi le fantastiche descrizioni che ne fanno i poeti pagani. Ed è questa l’opinione non solo dei commentatori della Bibbia
ri a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta con questa apostrofe : « Salve, magna parens frugum, Saturn
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
i18. Anticamente, e molto prima della fondazione di Roma, la festa di questa Dea celebravasi soltanto nelle campagne dai pasto
, ossia dei frutti degli alberi. Anche i fiori avevano la loro Dea, e questa chiamavasi Flora ad indicarne col nome stesso l’u
dell’ invenzione e l’eleganza dello stile hanno fatto trovar posto a questa Satira in tutte le edizioni anche ad usum Delphin
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
una torre di bronzo per impedire che prendesse marito. Ma fu inutile questa precauzione, poichè Giove stesso trasformatosi in
al Pegaso nato dal corpo di essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poco questa strana invenzione di Esiodo, non l’adottò, e diss
. « Disse la donna : o glorïosa Madre, « O re del Ciel, che cosa sarà questa  ? « E dove era il rumor si trovò presta. « E vede
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
sponso, e tal’altra il luogo sacro in cui si rendevano i responsi : e questa differenza di significato facilmente s’intende da
colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero
li, « come costoro cominciarono dipoi a parlare a modo dei potenti, e questa falsità si fu scoperta nei popoli, divennero gli
57 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
Avviso per questa terza edizione. La favorevole accoglienza o
gia dei Signori Nöel e Chapsal, ci ha confortati a mettere al la luce questa terza edizione, che abbiamo cercato rendere anche
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
forme potesse considerarsi un maschio o una femmina, lo divorò. Anche questa stranezza potrebbe spiegarsi come un simbolo dell
urno dal Cielo ; ma non estese la condanna a Cibele sua madre, perchè questa , dopo la perdita del trono e il carcere sofferto,
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
ro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. La parola Apoteòsi, secondo la greca e
stema religioso dai Sabei, antico popolo dell’ Arabia meridionale. Fu questa pur anco la religione dei Persiani, come sappiamo
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
irino. Il popolo che credeva Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura come una teologica conseguenza de
a che l’imperatore non fosse morto, ma soltanto malato ; e per aiutar questa finzione ponevasi in un gran letto di avorio la s
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
iamerebbesi con termine dantesco la Tenebra anzichè la Notte5, poichè questa suppone l’esistenza del giorno, e giorno vero e p
sto il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto di questa antichissima erudizione ; e così ciascun che legg
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
ispirava. Nè già si contentavano essi di lasciare le loro vendette a questa Dea, ma davano opera ad ottenerle e compierle col
è che in Roma nel culto pubblico e nel tempio che erale stato eretto, questa Dea fu adorata come figlia di Giove e della Giust
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. È questa una osservazione generale che non convien dimenti
ici della creazione, comprende anche gli studii speciali riferibili a questa . 11. Nelle Pandette è così definita la schiavitù
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
eco significa canna, la somiglianza del nome potè aver dato origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne, di Giacin
ffetti del fenomeno acustico dell’Eco. Il matrimonio del Dio Pane con questa Ninfa sembra significare che solo ai detti suoi l
65 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
elle Arti. » Ci siamo poi studiati di render profittevole alla morale questa lettura, eccitando i giovinetti a ricavare utili
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità di questa nuova religione ; e tutto l’impero romano, abiura
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
tinismi, o vogliam dire parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolatre invece di Idolatri ; e cosi altrove Eres
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
più facili e più alla portata della comune intelligenza. E poichè in questa classe si trovano i più degl’italiani e quasi tut
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
venir sì ratto, Che’l muover suo nessun volar pareggia. » 173. Da questa favola si disse derivato l’uso invalso di conside
70 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli le statu
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Indice alfabetico » pp. 516-
i termini mitologici e scientifici spiegati in ambedue i volumi di questa mitologia NB. I numeri indicano le pagine. I term
72 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
cacciatori, 142 ; — suo tempio in Efeso, 143 ; — sacrifizj e culto di questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Didone, r
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