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1 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
fferta di veruna sorta, poichè niente poteva sperarsi dal medesimo. I suoi decreti erano immutabili, e la sua volontà infles
iletto. Questi animato dallo spirito di vendetta spezzò le catene de’ suoi fratelli, e s’impossessò dell’Empireo : ed aggiun
ttato, per avergli Urano presagito stando presso a morte, che uno de’ suoi figli lo avrebbe sbalzato dal Trono, appunto come
Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio, Giano civilizzò i suoi popoli, insegnò loro il corso dell’anno, l’agrico
aturale, che i poeti lo facessero nascere dal Cielo, e dalla Terra. I suoi attributi indicano le sue funzioni, Egli è vecchi
dre, perchè dopo la creazione del mondo, tutto era compito. Ingozzò i suoi figli, perchè il tempo tutto divora : indi li rib
ella, e la sposa di Saturno, a cui partorì molti figli. Varj furono i suoi nomi. Ebbe il nome di Cibele da una montagna dell
ome Tifèo. La terra lo cacciò dal suo seno per vendicare la morte de’ suoi fratelli. Questo Gigante era si spaventevole, che
Giove, volle questi occuparsi del governo del Mondo, e più ancora de’ suoi piaceri, ai quali si diede in preda sì fattamente
nte coverta da nuvole, coll’aquila accanto, ed armato del fulmine. A’ suoi piedi fanno sgabello il Rispetto, e l’Equità : ed
ettra, e sorella delle Arpìe. Ella era assai cara a Giunone, perchè i suoi annunzj erano sempre lieti, e perciò fu convertit
r liberare Proserpina, Cerere ricorse a Giove, che per altro esaudì i suoi voti : ma si ci opponeva un decreto del Destino,
gli comunicò una fame sì terribile, che lo ridusse a consumare tutt’i suoi averi per soddisfarla. Cerere vien rappresentata
. Questo mostro aveva cento teste : lanciava fiamme dalla bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo cover
essaglia, fu l’oggetto primiero delle sue cure : malgrado però tutt’i suoi pregi, non fu mai corrisposto da questa Ninfa. Un
pe attortigliata in una mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di questo Dio era in
me Esculapio fu l’innocente cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli gli attirò una nuova disgrazia. Fetonte
assicurarsene, locchè senza ritardo fu eseguito. Apollo depose tutt’i suoi raggi luminosi, e giurò per la Stige, che avrebbe
re Terra spaventata dal pericolo che le sovrasta, indirizza a Giove i suoi prieghi. Il Re degli Dei mosso a compassione died
si celebravano in onore di questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi figli. Apollo a colpi di frecce uccise i maschi,
o, lo cangiò in cervo. L’infelice Attèone volle darsi alla fuga, ma i suoi cani, che sotto tale aspetto nol riconobbero, l’i
non era al caso di riconoscerla, stava già sul punto di scagliarle i suoi dardi, se Giove non si fosse affrettato di evitar
rcade quello di Orsa minore, o Boote, Bifolco. Diana assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa di Enéo Re di
tesa andò avanti, si venne alle mani, o riuscì a Melagro di vincere i suoi nemici : in seguito egli sposò Atalanta. Malgrado
o sia bastone pastorale. Ornata di corona regale Melpomene spiegava i suoi dritti sulla tragedia collo scettro in una mano,
. Ecco ne’ seguenti versi espressi gl’impieghi tutti delle Muse. Ne’ suoi rapidi voli Urania svela Di natura i segreti, e d
o Cupido, Priapo, Imeneo, Dio che sovrastava alle nozze. Furono anche suoi figli Enea. e le tre Grazie1. La sua bellezza era
frassino, e si servì de’ rami di cipresso per fare le frecce. I primi suoi saggi furono sugli animali, per indi dirigerli ai
o, ed inventore, abbracciò una professione dove poteva far mostra de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbro ; e
quella di Lipari, e secondo alcuni poeti, sotto l’Etna2. Compagni de’ suoi lavori erano i Ciclopi, specie di giganti figli d
o sostenuto. Minerva al pari delle altre Dee fu egualmente gelosa de’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia di I
carro di acciajo è guidato da Bellona Dea similmente della guerra : i suoi cavalli nati da Borea, ed Erìnni chiamansi il Ter
l’industre Vulcano opra lodata. Il ferreo carro Attivitade guida ; I suoi spumanti indomiti destrieri, Spiran foco, saette,
into. Come aveva tutte le disposizioai a saper rubare, così fra tanti suoi attributi ebbe quello di Dio de’ ladroncelli, e r
e un figliuolo chiamato Ermafrodito, voce greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite
giuramento. Egli rimontò all’Olimpo, ed indi ne discese decorato da’ suoi raggi, ed armato della folgore. All’accostarsi tu
dicarsi di Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le feste di Bacco, questo D
gambe, mentre s’impegnava di tagliare tutte le vigne che stavano ne’ suoi stati. Vedesi ordinariamente rappresentato Bacco
agio dell’oracolo, con detronizzare Danao in vendetta della morte de’ suoi fratelli. Parte seconda Divinità del seco
Sileno figliuolo di una ninfa, aveva educato Bacco, e passò tutti i suoi giorni in ubbriacarsi, piacendogli assai il buon
angiare, il cibo che accostava alle sue labbra, diventava oro sotto i suoi denti, in guisachè sarebbe morto per inedia in me
o fiume colla sua corrente trasporta scagliette d’oro. Ritornando da’ suoi viaggi Sileno si fermò nell’Arcadia, dove in tutt
ceano, era il più saggio ed istruito tra i centauri. Celebri furono i suoi allievi, fra quali si distinse Esculapio, Giasone
di Cupido. Giunone che per effetto di rivalità odiava Venere, mercè i suoi incantesimi, trovò il mezzo per rendere mostruoso
le ultime parole di chi la interrogava. Narciso. Narciso passò i suoi giorni alla caccia. Un giorno mentre si riposava
se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ottenere l’oggetto de’ suoi desiri : le onde cristalline non offrivano che un
o impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nettuno. I suoi figliuoli chiamavansi al par di lui Tritoni. P
reto. Evitò il loro canto insidioso, turando con cera gli orecchi de’ suoi compagni, e facendosi egli stesso legare ad un al
o in sicurezza. Vedesi altresì assisa sopra un timone, o pur avendo a suoi piedi una ruota per correre da pertutto, e giudic
ntata assisa sopra una pietra quadrata per dimostrare la solidità de’ suoi giudizj, colla bilancia in una mano, e con una sp
da punisce i malfattori. Il di lei tranquillo aspetto annunzia, che i suoi giudizj sono sceveri di qualunque prevenzione. Ta
ella fede data, e ricevuta. A lei non si offriva alcuna vittima, ed i suoi sacerdoti avevano una veste parimente bianca.
e circondata da tutti gli strumenti che indicavano la sua attività. I suoi genitori erano l’Erebo, e la Notte. L’Inerzia.
o in una grotta. Egli è vestito di un abito che tutto lo circonda ; i suoi capelli, e la barba bianca sono coverti di ghiacc
resso di Licaone re dell’Arcadia. Questi dubitando della divinità de’ suoi ospiti, immaginò una prova terribile. Fece scanna
o al Regno di Atene. Al culto degli Dei del paese aggiunse quello de’ suoi , e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove, e d
offrire de’ sacrifizj agli Dei, a quale oggetto avendo spediti alcuni suoi compagni ad attinger dell’acqua in una fontana co
stille di sangue che ne grondarono, divennero serpenti. Continuando i suoi viaggi per l’Etiopia, Perseo liberò Andromeda1 le
esta giovane figliuola di Cefèo, e di Cassiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritornò da Polidette : indi con sua madre
nae ritornò ad Argo. Ivi ammazzò Preto che aveva cacciato Acrisio dai suoi stati, col quale si riconciliò. Ma fatalmente giu
lendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno che gli promise di esaudire i suoi voti. Un giorno, mentre Ippolito passeggiava alla
rribile. Castore, e Polluce germani di Elena ostilmente entrarono ne’ suoi stati, ed i sudditi l’obbligarono ad andare in es
are la sua pena. Teseo di ritorno alla terra procurò di rientrare ne’ suoi stati che aveva occupati Mnesteo : ma i sudditi m
vita, o avesse divisa la sua immortalità col fratello. Esaudì Giove i suoi voti, e fu deciso, che i due germani passassero s
adronì Giasone dell’aureo vello che portò sulla nave con istupore de’ suoi compagni, che si erano scoraggiti all’aspetto di
, dove procurò di sedurre il vecchio Egèo. Passò Giasone il resto de’ suoi giorni ora in un luogo, ora in un altro. Finalmen
mede. Il primo immolava a Nettuno tutt’i forestieri, ch’entravano ne’ suoi stati. Il secondo pasceva di carne umana i suoi c
eri, ch’entravano ne’ suoi stati. Il secondo pasceva di carne umana i suoi cavalli. La pena medesima fu loro applicata. Fece
Ma il Destino geloso della felicità di Admeto era presso a troncare i suoi giorni, quando Alceste che lo amava alla follìa,
contenta accoppiata ad un uomo, che aveva ammazzato di propria mano i suoi figli. Ercole che fra le sue virtù non contava la
to quel dono così funesto. Finalmente gittossi in un rogo, pregando i suoi amici di appiccarvi il fuoco. Il solo Filottete f
feroci, e divenivano altresì sensibili le piante, ed i sassi. Dopo i suoi viaggi per l’Egitto si ripatriò, ed ebbe per sua
ti di Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de’ suoi vagiti lo staccò dall’albero, e lo presentò al re
fu cagione di altre disgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Polinice suoi figli convennero di regnare un anno per ciascuno.
Argo raccontò il fatto ad Adrasto, che si accinse tosto a vendicare i suoi dritti colle armi. Dopo lunga, e varia fortuna di
ntemporaneamente con Polinice rifuggissi ad Argo, dopo avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una
eri di Polinice, perchè aveva chiamati de’ forestieri per difendere i suoi dritti contro la patria ; ma Antigone non tollera
oleva maritare a condizione, che lo sposo dovesse superare al corso i suoi cavalli, ch’erano velocissimi, perchè figli del v
tto, Enomao si uccise in mezzo della corsa, e Pelope s’impossessò de’ suoi stati, facendo gittare nel mare Mirtilo sotto il
al tempio di Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste con i suoi soldati di propria mano ammazzò la rea coppia. Ci
uolo di Priamo re di Troja, e di Ecuba, allora occupato a custodire i suoi armenti sul monte Ida, colà confinato da Ecuba se
cerva, e trasportò Ifigenia in Tauride, destinandola ad assistere ai suoi altari. Fecero vela finalmente i Greci, e trovaro
non combattere più per la Grecia, se prima non si fossero vendicati i suoi torti. Teti fin dal fondo del mare intese le quer
una nuvola il guerriero da lei protetto, e lo ricondusse in città. I suoi fratelli, i parenti, i Trojani tutti, e la stessa
digj in questa battaglia. Lo spavento, e la morte camminava innanzi a suoi piedi. Egli si rendette formidabile agli Dei mede
a tutto fu inutile. Gli permise soltanto di servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizione però di niente intraprendere
’ordine del suo amico : più voleva inoltrarsi, ma Apollo si oppose ai suoi progressi. Questo Dio per la terza volta spinse E
ioma, che divenne preda delle fiamme : volle inoltre, che quattro de’ suoi più belli cavalli con alcuni cani fossero gittati
glio, e la collera indussero questo Eroe a far morire il migliore dei suoi amici, ed una quantità di guerrieri, che avrebbe
coraggio far fronte ai perigli, ed alle disgrazie, e trar profitto da suoi lunghi, e penosi viaggi. Dic mihi, Musa, virum c
di sua madre : ordina che siano cacciati dalla reggia, scongiurando i suoi sudditi di ajutarlo a reprimere la loro temerità.
ipessa, espone quanto ha sognato ai genitori, e caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle sue compagne di anda
ra accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela, e sbattuto da una tem
i nell’Africa. Ivi fu maggiore il pericolo : gli abitanti offrirono a suoi compagni il loto2, frutto che aveva la proprietà
icilia che stava a fronte del porto. Avendo posto piede a terra con i suoi compagni entrò in una vasta caverna dove abitava
n occhio solo nel mezzo della fronte. Questo mostro che riconduceva i suoi armenti, accortosi che vi era gente nella caverna
utte le vie trovava mezzi per salvarsi, tenne a bada il Ciclope con i suoi racconti, e lo ubbriacò con vino generoso, che av
uscire dalla grotta : anche a questo pensò l’astuto Ulisse. Impose a suoi compagni, che nell’uscire gli armenti, si fossero
cciderla, se tentasse a sorte d’ingannarlo. Intimorita la Dea cadde a suoi ginocchi : giurò di far quanto avrebbe dimandato,
urò di far quanto avrebbe dimandato, e restituì allo stato di prima i suoi compagni. Ulisse si trovò così contento del tratt
pezia in un’isola consacrata al Sole presso le coste della Sicilia. I suoi compagni nella sua assenza sagrilegamente ne ruba
ebbe riveduto. Le dà parimente de’ consigli, onde ben regolarsi con i suoi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa p
i un figlio, che credeva di non mai più rivedere. Restituito Ulisse a suoi stati, vi stabilì la pace, e fece fiorire le arti
di rientrare nelle proprie caverne. Enea che vedeva appena sette de’ suoi vascelli credendo non senza fondamento che i rima
uriato elemento, entra in una picciola baja di Libia. Ivi frattanto i suoi compagni pensano a ristorare la flotta ; egli si
incipe Trojano. Venere intanto discesa dall’Olimpo avvisa Enea, che i suoi vascelli sono salvi, menochè un solo, in un porto
prossima alla bella Didone detta anche Elisa1. Dopo un istante vede i suoi compagni, che credeva annegati, avanzarsi, e dima
ere allora fa sgombrare la nuvola, e vedesi Enea in atto di offrire i suoi omaggi alla regina. Didone incantata dall’aria no
Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed alla testa di pochi suoi amici attacca quanti Greci incontra. Ma i suoi es
ed alla testa di pochi suoi amici attacca quanti Greci incontra. Ma i suoi essendosi serviti delle armi stesse tolte ai nemi
no : ivi morì il vecchio suo padre Anchise. Trapani fu il termine de’ suoi viaggi, allorchè volendo di là far vela per l’Ita
go di Averno, discende al soggiorno de’ morti : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Lete le
colo destinava in isposa a questo principe straniero, era l’erede de’ suoi stati ; Amata sua madre, ad onta dell’Oracolo, l’
’aveva promessa a Turno Re de’ Rutuli. In tale occasione spedì Enea i suoi ambasciadori al Re Latino, per fare alleanza col
assò alla corte di Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de’ suoi soldati. I principi vicini prendono parimente lo
. Formò una statua bellissima, e pregò Venere che l’avesse animata. I suoi voti furono esauditi : il marmo si ammollì, e div
lo. Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la chiedette per isposa ai suoi parenti : ma si oppose Cidippe a queste nozze. Ac
sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbre violenta, finchè i suoi parenti si determinarono di darla a Aconzio. A
ata si presenta a Tereo, e per maggiormente avvilirlo gitta innanzi a suoi piedi il capo intriso nel sangue dell’infelice fi
Heboni, e Neapolitae, si vede di altri emblemi fregiato. Macrobio ne’ suoi Saturnali ci dice la ragione, onde Ebone sotto la
a Chiese di S. Maria Maggiore (la Pietrasanta), luogo in cui mentre a suoi tempi si edificava, furono ritrovati non pochi an
o de rerum nat. (2). Megalesie furono dette le feste a suo onore. I suoi Sacerdoti distinti coi nomi Galli, e Corybantes,
esto bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate Metastasio in uno de’ suoi meravigliosi drammi ha parimente seguito le orme
2 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
vero Dio, sembra, Læt. Lib. 2 de fals. Rel. che abbia riconosciuto i suoi natali nell’Egitto, e nella Fenicia(3) e che prop
quali oltre le istruzioni dell’intelletto anche il cuore ne ricava i suoi morali vantaggi, perciò bipartita sarà la nostra
di suo padre, dover cioè venire un giorno, in cui da uno degli stessi suoi figli era spogliato temerariamente del Regno, con
ttacco. Al solo vedere le cento sue teste, al solo udire gl’ orribili suoi fischi, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impau
ciglio, intrepido nel cuore, forte nel braccio impugnando i vulcanei suoi fulmini gravemente il percosse, e ligato il profo
e Briareo, il vigoroso Encelado, e con essi tutto il folle stuolo de’ suoi potentinemici, e così vinto, e domato il loro org
nza del suo fratelle Giove variamente cambiandosi a sfogar si diede i suoi affetti. Rapì quindi ed Ifimedia figlia di Triope
un parto di maggior rilievo, e vantaggio ; onde questa fatta paga de’ suoi voti diede il proprio nome alla nuova Città chiam
ne, che tanta bruttezza tollerar non potendo di buon genio gli stessi suoi genitori, e soprattutto Giove geloso mai sempre d
, e resero al mondo celebre il suo nome non senza gloria degli stessi suoi collaboratori. Invenzioni del suo ingegno, e fatt
il gran Giove rendevasi il terror di chiunque osava far resistenza a suoi cenni. E chi in vero gli prestò braccio forte nel
braccio forte nelle sue antiche battaglie coi giganti ? Non furono i suoi fulmini, che atterrarono quei mostri infelloniti 
i suo marito, non senza suo disonore, e discredito divise con altri i suoi affetti, sebbene poi la sottil rete distesa dal s
te gli viene attribuito. Del resto la favola hà sempre riguardati per suoi figli tutti coloro, che celebri si resero nell’ar
e di questo Nume sebbene abbiano espressi in un modo poco sensibile i suoi fisici difetti ; la favola non però amante sempre
nella sinistra, e quel, che è più bello, svisato, e storpio ad ampi i suoi fianchi, sicche ben disse chi disse, che la sua f
alla pietà crudele, Nemico de’ mortali ogni momento, Che tien seguaci suoi ira, e spavento, Che si pasce di sangue, e di que
ina, Autor di pianto per qualunque stato, Che l’uom più fiero a piedi suoi s’inchina. Dal mondo sol per lui fù il ben scacci
per altro la favola in lui ancor riconosce le sue, per aver divisi i suoi affetti e con Venere, da cui ebbe Ermione, e con
lo quelli appunto si erano, che da religiosa destra si apprestavano a suoi altari. Perchè poi questi animali fossero stati a
o è tutta adattata a simboleggiare, ed esprimere i diversi moltiplici suoi impieghi. Pingevasi egli colle ali alla testa, ed
il era potersi spedire di tante faccende, se il vantaggio non avea de suoi celeri vanni ? Presenta altresi nelle mani un cad
ttati di amorevolezza, di concordia, e di pace. Si veggono pendere da suoi labbri alcune ben formate catene di oro per signi
uasi attratti da dolci ben forti ligami. Scorgesi finalmente in molti suoi ritratti una verga, onde divisar il suo impiego d
ci diversi impieghi impertanto facil cosa è rilevare la diversità de’ suoi nomi. Egli per cagion dell’uffizio di servire agl
col sottrargli il tempo, avessero del pari distolti da queste cose i suoi pensieri, oppur sia, che come invaghito de’ furti
lui non disse. Suo culto. Riceveva questo Dio al pari degli altri i suoi sacrificii. Su suoi altari(1) ove per altro soven
culto. Riceveva questo Dio al pari degli altri i suoi sacrificii. Su suoi altari(1) ove per altro sovente si trovava unito
e, che facevansi in suo onore, ammazzandole a colpi di frecce i sette suoi figli maschi, come pur colle sette donne fece la
da lei chiamato in soccorso,(1) che vittima addivenire degli ardenti suoi amori. Le stesse disavventure ebbe egli parimenti
re fatto consapevole di ciò il suo padre Orcamo da Clizia tradita ne’ suoi amori da questo Dio, e non potendo tanta sventura
le : Delfico per la città di Delfo nella Beozia, ove rendeva i famosi suoi oracoli(1) Pitio per la gloria d’ aver ammazzato
on cigno, ed un gallo dall’ altro, e finalmente con rampanti grilli a suoi piedi. E come in vero non convenirgli tal sembian
lebravansi in suo onore i giuochi detti dal suo nome Apollinari, e ne suoi sacrificii offerivansi fra gli animali più specia
sue fortune, e viver content per l’altezza del grado, da tumultuanti suoi affetti incessanemente travagliata nelle stesse s
ordici sue Ninfe la più bella ; purchè questi mosso a compassione de’ suoi affanni avesse con furia diventi annegata nelle o
il soggiorno.(1) Non contenta questa orgogliosa Dea di Ebe, e Vulcano suoi figli concepiti per opera del suo Giove, sollecit
se dietro le spalle le mani, ed un’ aurea incudine ligò destramente a suoi piedi. A tal vista risero sulle prime gli Dei, ma
ere. Per essa invero si scosse la terra, ed in vaghe forme presentò i suoi preziosi tesori a mortali, sichè questi rapiti da
te del fatto, dando presto di piglio a fiaccole accese mosse veloce i suoi passi a trovarla. Raggirossi affannosa per questa
consapevole del tutto dalla ninfa Aretusa, sollecita volse indietro i suoi passi ad informarne Giove per l’opportuno riparo.
cinta finalmente da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteggiata da u
celebravansi in onor di questa Dea in titolo di riconoscenza dovuta a suoi larghi favori ; due però furono i più solenni. Il
Eleusi, ove per man del re Celeo ebbe la Dea cortese accoglienze ne’ suoi affannosi viaggi(1). Di questa festa da durare no
Fù questa Dea gentil germogtio di Saturno, e di Opi, e ben retta ne’ suoi giudizii mostrò fin da’ primi albori tale affetto
o opposto si fosse alle innocenti sue brame ; e quindi fatta paga de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’ ester
l fuggir dalle consumatrici fiamme della cara sua Troja, tra gl’altri suoi più cari dei penati, che seco divotamente si tras
e questa Dea in particolar maniera l’accompagnatrice fedele fosse de’ suoi incerti viaggi, non che il fabro avventuroso dell
etti sibbene in tempii sacri ad altre Divinità ? Quale stupore se ne’ suoi tempii tanto era la compostezza de’ suoi adorator
inità ? Quale stupore se ne’ suoi tempii tanto era la compostezza de’ suoi adoratori, che anzicche essere animati sembravano
al prodigio se quelli rimossi per man di rispetto dalle vicinanze dei suoi altari, ben lungi da quei Sacri recinti con immot
istra, detto il corno dell’abbondanza, con viva fiamma, che onorava i suoi piedi ; benchè in alcuni suoi ritratti veggasi an
ondanza, con viva fiamma, che onorava i suoi piedi ; benchè in alcuni suoi ritratti veggasi ancora tenere nelle mani con gen
che difetto. Egli dopo averle sorteggiate strappava dalle braccia de’ suoi genitori la eletta, ed al tempio immediatamente l
ere quanto di prodigioso portava ella nel seno. Deluso però restò ne’ suoi sciocchi consigli il crudele. Imperocchè la grazi
, die chiaro a conoscere quanto dovea essere un dì gloriosa ne’ pregi suoi ammirandi(1). Sue vendette. Gonfia impertanto qu
di esser simile a questa Dea, e forse suporiore ancora nel lavoro de’ suoi gentili ricami, avvegnachè nella contesa partita
favore delle sua rivale istessa, o per grazia degli Dei impietositi a suoi tormenti non fosse stata cangiata in ragno, nella
fù il fulminar dall’alto ed infilzare a scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiace di Oileo, se no
altri educata. Fù nominata Cesia per indicar il ceruleo de’ graziosi suoi occhi. Finalmente perchè inventrice di molte arti
, che l’amore, quale lusingando i sensi nel cuor trasmette i velenosi suoi strali ? fù detta finalmente Melene, cioè tenebro
eo. Egli per aver un di mentre divertivasi alla caccia data libertà a suoi occhi di mirare questa Dea, che insieme colle sue
ura cangiato in cervo, e quindi inseguilo, ed ucciso infelicemente da suoi cani. Nè solo così fieramente puniva ella chiunqu
a insidiare qualche seguace sua Ninfa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di far violenza ad
esto sol ristretto però non era il suo ammirabil potere. Suo potere e suoi nomi. Essa qual celeste divinità dal ciel tramand
potere e suoi nomi. Essa qual celeste divinità dal ciel tramandava i suoi benefici influssi, e co’suoi raggi nella notte pi
bosco, che non ne senta il valore. Per questi, ed altri innumerabili suoi effetti essa fù confusa colla luna, e con questo
Luna, Diana Ima, Suprema, feras sceptro, fulgore sagittas. Gl’altri suoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di
. Questo è quel Dio, di cui i rei consigli Fer la moglie tremar, ma i suoi furori Furo ingannati, e generò più figli. Perdut
llo stesso però, che fece egli a suo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli di divorare ogni mas
ata falce nelle sue mani sostiene, ed un grazioso bambino s’avvolge a suoi piedi. Altri perchè lo confondono col tempo gl’ag
i tutte rivolse le sue cure a costruire tempii, ed altari in onor dei suoi Dri, e soprattutto di Giove Re, e Padre degl’altr
to, ed or dolore, Ora gioisce, ed or paventa, e geme. Tutti i seguaci suoi di pianti ei pasce, Gl’uomini, e i Numi a rea bat
ammanto coprendo orrendissime Arpie tanti cuori avvelena, quanti co’ suoi strali feriscc, Omnia vincit amor, così Virg : q
o soffio non fosse restata abbattuta ; mente non evvi, che da vezzosi suoi diletti non fosse rimasta infatuata ; cuore non m
diletti non fosse rimasta infatuata ; cuore non mirossi, che da dolci suoi strali non fosse stato corrotto. Col tenero suo p
rocurò allevarlo finchè giunto non fosse alla età di poter produrre i suoi effetti ; benchè per altro al vederlo Essa contro
cce alla mano, con turcasso sugl’omeri, cou porporine, e dorate ali a suoi fianchi, qual’idea di instabilità, e leggerezza(1
a padre di vizii. Lo guardera cieco, ma lo sperimentera tutt’occhio a suoi danni. Lo vedrà ignudo, ma ben ricco lo scorgera
drà ignudo, ma ben ricco lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli apriranno ferite ; le sue
ben ricco lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli apriranno ferite ; le sue lusinglie gl’i
obbe Plutone da Saturno, e da Opi non altrimenti che Giove, e Nettuno suoi germani fratelli gli alti gloriosi natali, e cadu
i natali, e caduto non molto dopo dal suo soglio il padre, insiem coi suoi due rinomati fratelli il vasto impero si divise,
iunone, che Giove suo fratello, e marito spesso con questa divideva i suoi affetti, con soprafina invenzione pensò disbrigar
 ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro inverno le sue dovizie, i suoi tesori, e comparir poi li lascia nella ridente pr
rtirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere gli amati suoi oggetti, e variemente disporli in grasiose manier
ere di restar solo sul trono abborrito, e negletto, per alleviarsi da suoi affanni montò un giorno il suo carro, e ratto sal
le sorprendenti sue doti. Tal vistosa figura pose in fiero tumulto i suoi affetti, e spinto dalla forza delle suscilate fia
livo con gentil lavoro, Ilare, grata, generosa, e pura Pinge ne’gesti suoi gioia, e decoro. Dal Ciel, dal mondo tutto è vene
vita un’ abil nocchiere. La cicogna poi, che fingesi tener stretta a suoi piedi manifesta ben chiaro le pruove del naturale
unto di questo uccello, che sempre più sollecito vive nell’allevare i suoi figli. Or se è vero, che la pietà al dir di Cicer
poi, che stringe nella mano ed il cane che costane si tiene dietro i suoi passi son veramente i simboli d’un’animo schietto
nze negli uomini fallaci, ma sol confidare in quel Dio verace e che à suoi confidenti promette con infallibil parola il vero
le pene de’mortali pingesi con urna, ed una verga, onde ombreggiare i suoi benefici influssi. E non è forse quell’urna, da c
riso inclina, Sguardo, che cinge al cor dolci catene. Spirano i gesti suoi ogni dolcezza, La sua voce nel cor piacer rinnova
e ogni sembianza, Ecco l’Occasïon, che l’uomo invano Che torni a voti suoi tien più speranza. Annotazioni Secondo la
arsi fuggir di mano le occasioni, che presentansi atte a promuovere i suoi vantaggi, e molto più quelli dello spirito, che u
no, Al mare, al fiume, al bosco, al monte, al piano Non tragge mai da suoi sudor contenti. Rapido a questo, e a quel par che
le veleno, che serba appunto in un vaso, onde compiere gli angustiati suoi giorni troppo chiaro ci dimostra il rimorso chi s
ro Mentre che incende il suo furor conforta : Volubil ruota è a passi suoi di scorta, Ed un timon, che scorre il salso imper
le guida i passi simboleggia la prestezza del vindicativo nel compire suoi rei disegni, ed il timone dimostra, che essa si a
guigne l’orme, La seguono il dolor, la tema, il lutto. Cadono a piedi suoi diverse Torme, Ecco la Crudeltà, che atterra il t
esta, che del mal sol gode. Della credenza altrui tiranna abusa, Tien suoi compagni tradimento, e frode, Compianger finge, e
mpresa, Spesso s’inoltra, e simular gli lice, E solo il tempo i falli suoi palesa. Costei, mortale, è d’ogni mal radice, Fro
re favella, Che gli solleva, anzi incoraccia il core, Che fra perigli suoi parve più bella, Perche figlia gentil del crëator
hiero. Ella trionfò tra mille, e mille affanni Senza mai vacillar ne’ suoi consigli ; Ella fè impallidire i rei tiranni, E s
i cader lei fece oppressi, La gloria, ed il terror fù di Monarchi Fra suoi trïonfi generosi, e spessi. Del fanatismo fù la v
e Sacerdote. Ivi le fiamme sue cotanto estese, Che aperse all’ uom de suoi tesori il regno, Ivi la verità ciascun comprese,
In cui seppe cangiar dell’ uom la sorte. E da colà stendendo i vanni suoi Tutti raccolse i vacillanti figli, Gìunse senza t
. Coll’ opre, cogli affetti, e con favella, Col voler, col saper, co’ suoi costumi Tanto fece avvanzar la navicella, Che obi
suo impero ogni cosa, così quella sopra di tutto estende ampiamente i suoi vanni. Est finitimus Oratori poeta così Cic. lib.
pe ingegnosa, e trasmutando lo scelto in sua sostanza può abbellire i suoi poemi in guisa, che valgono poi con gloria dell’
el verso sia sempre analoga all’ obbietto, di cui si parla in tutt’ i suoi rapporti ; in modo però che oscuro non diventi il
di Tito il vostro amore ; Ma il vostro amor non passi Tanto i confinï suoi , Che debbano arrossirne e Tito, e Voi. O nel des
querulo E giunto presso un’edera L’amico evoca, e smania, Che con suoi giri intrecciasi E il susurrar degli alberi Ric
a la Grecia oppressa Ricolmo d’ardimento, Con numeroso esercito E i suoi compagni providi Verso quel suol s’appressa. No
vendetta. Ma tosto che avvicinasi Dice a compagni : armatevi Fra suoi guerrieri carmi Ecco il momento estremo, L’invi
, e rotte ; Il Sol ritorna in sorte O qual lëon numidico Con tutt’i suoi Leonida In greggia di vitelli Cadde pugnando a
ua sorte, Dalla morte a lui presente. Se sperar non posso aiuto I suoi lombi a un masso appoggia, Meglio fia, ch’io cada
etto. Eccone intanto il modello Bruto, che condanna Tito, e Tiberio suoi figli a morte. Già la Romana libertà vagiva Per
lio, Bruto più di ciascun geme in perigli Perchè son congiurati i due suoi figli. Son venticinque giovani i rubelli, Che egl
poter con forte sentenza, quasi con colpo impreveduto, conchiudere i suoi detti. Il formar però poemi in questo metro degni
rar la greggia dal fatal periglio, E senza aver riposo Pretese di far suoi l’altrui tormenti, E oppresso, e desolato Mentre
a rea sventura Superbamente al mesto auriga impone, Che dia feroce ai suoi caval di sprone, E il corpo al genitor schiacciar
gli mai questa pertanto eccone la norma. Ovidio, che si licenzia da suoi Chi preveder potea si orribil danno ? Danno Chi
essere, anzi sempre la stessa si conserva nella natura de’ componenti suoi membri ; chiaro ognuno scorge come avendo io di e
masia appellasi Verso siccome in rapporto al numero, ed al valore de’ suoi componenti cangia sempre di aspetto, così apre il
. Quale cosa ben sapendo Ulisse nel passar per quel luogo con tutti i suoi , a questi turò con cera gl’orecchi, e se stesso f
esser decantati, e descritti. Quindi Iddio per rimuovere sempre più i suoi Ebrei dal culto, e dal rito de’ Gentili, nel seno
per moltissimi lustri vivevano nell’Egitto, del tutto proibì farsi i suoi altari di lavorate pietre : Quod si altare lapide
e la lira delle verdeggianti foglie di quello, e volle altresì, che i suoi virgulti servissero di corona a quanti distinguev
’ultimi tempi della Republica, come chiaro l’insegna Dionigi al 3 de’ suoi lib. Suo ritratto. (1). Il palladio, che conser
mente in suo onore : che anzi severamente puniva chi fuor dell’uso de suoi sacrificii l’avesse ammazzata, che perciò Marzial
pagati con tal sozzo danaro. Chi fù Diana. Sue vendette. Suo potere e suoi nomi. Suo ritratto. (1). Dalla cognizione di Dia
a adunque ad ognuno impresso quel documento, che diede un dì Seneca a suoi uditori : habete in animo Prudentiam, iu lingua
ii con fiaccole accese con occhio chiuso fuggiremmo anche l’ombra de’ suoi ritralti. Suo ritratto. (1). Bella è la descriz
essa ? Bacco prese vendetta di Penteo, che ritirato avea i sudditi da suoi sacrifici, e chi non conosce aver Mosè punito Far
feta Elia sembra che ne parli, come d’un vero uomo, qualora rivolto a suoi sacerdoti in atto d’insultarli diceva : Clamate
3 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
Elleni un’efficacia attiva e benefica, e la resero, in quasi tutti i suoi punti, maestra dell’incivilimento delle generazio
uanto asseriamo, quella cioè, che una religione qualunque ha sempre i suoi Mili, e i suoi Simboli, e le sue Allegorie, le qu
, quella cioè, che una religione qualunque ha sempre i suoi Mili, e i suoi Simboli, e le sue Allegorie, le quali tutte conse
po, in cui la superstizione pagana tenne alto e riverito il culto dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera
are sè stesso all’ente che adora ; e quanto questo è meno visibile ai suoi sensi, tanto più volentieri l’uomo gli attribuisc
il Tempo, viene raffigurato, nell’età favolosa, in atto di divorare i suoi figli ; allegoria spaventevole, sotto alla quale
altri fatti ricordati dalla tradizione mitologica, e configurati nei suoi miti, che noi non esponiamo per amore di brevità.
sogno di appoggiarsi a prattiche esterne e sensibili che colpiscano i suoi sensi, e sieno ín relazione con questi. Gli antic
in compagnia delle rose dell’aurora : lo so. Serbi l’età ghiacciata i suoi calcoli, a noi lasci le nostre immagini ; serbi i
chi vollero idealizzare in Saturno il Tempo che divora tutto, anche i suoi figli. 3. Abans. — Nome dato ad Apollo da un temp
n cui Giove era adorato, ragione per la quale questo Dio, fra i tanti suoi nomi, ba avuto quello di Abretano. 24. Abseo. — 
Acete. — Capitano d’un vascello Tirio. Essendo un giorno sbarcato coi suoi compagni sulle rive di un fiume, questi incontrar
e passato Ercole per discendere all’inferno. Senofonte riporta che ai suoi tempi si vedevano ancora le vestigie di tale disc
duto amico, fece legare Ettore al suo carro, e guidando egli stesso i suoi focosi destrieri, fece tre volte il giro delle mu
cati. Sofocle nella sua tragedia Edipo nell’atto V fa dire ad uno dei suoi personaggi queste parole che traduciamo alla lett
8. Acrise. — Re d’Argo. Avendo consultato l’oracolo seppe che uno dei suoi nipoti un giorno l’avrebbe ucciso. Per prevenire
Dea ne fu così irritata che lo cangiò in cervo e lo fece divorare dai suoi cani. Uno dei cavalli del Sole si chiamava anche
ottrarsi alle persecuzioni dell’usurpatore che si era impadronito dei suoi stati. Egli levò contro i Tebani un formidabile e
i mura perirorono quasi tutti. Poco dopo Adrasto persuase i figli dei suoi caduti compagni, a vendicarne la morte gloriosa,
r avidità di ricchezze, fece assassinare il suocero e s’impadronì dei suoi tesori. Ma non gioì a lungo del frutto del sangue
e di far sagrificare agli Dei tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. 130. Aetherea. V. Atherea. 131. Aetlio. — 
mando supremo di quell’esercito ove combattevano altri sei re sotto i suoi ordini. …. Ad alta impresa Te non scegliea la Gr
cio e Cilicio. Giove avendo rapito Europa, il padre Agenore ordinò ai suoi figli di andarne in cerca con espressa proibizion
he l’oscurità le impedi di riconoscere, e ch’ella scambiò per uno dei suoi nipoti a nome Amaneo. L’infelice Aidone, riconosc
la luce e che furono chiamati Aloidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano di Nettuno, Dio al qua
ontrada dell’Asia sulle coste del mare Caspio, così chiamata perchè i suoi abitanti erano originarii del territorio d’Alba i
to una grandine di pietre. 234. Albunea, famosa Sibilla che rendeva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur
llora Calliroe avendo saputo il fatto supplicò Giove, e ottenne che i suoi due figli Acarnasso ed Anfotero, ancora bambini,
o dice invece che Arfinoe stessa per vendicare suo marito uccidesse i suoi due fratelli. Indi il figliuol dell’inghiottito
ui érano legati i destini della patria, la quale cadde per questo coi suoi abitanti in potere di Minos. Niso allora si dette
le ingannata da Nettuno, partorì Oto ed Efialto. Aloeo li allevò come suoi proprii figliuoli. Vedendo che ogni mese essi cre
e di Calidone. Avendo un giorno questo principe dimenticato Diana nei suoi sacrificii, la dea per vendicarsi di quest’oltrag
on seppe frenare il suo sdegno, e trasportato dal suo furore uccise i suoi zii. Allora, Altea per vendicare la morte dei suo
uo furore uccise i suoi zii. Allora, Altea per vendicare la morte dei suoi fratelli, gettò nel fuoco il fatale tizzone a cui
itava il tronco di un’antica quercia, la quale innalzava orgogliosa i suoi rami su tutte le altre, fu un giorno uccisa dal f
to ch’egli portava la tazza alle labbra, gli fu annunciato da uno dei suoi ufficiali, che il cignale di Calidone devastava l
e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con Venere, che si era perdutamente innamor
e. L’oracolo avea sentenziato che la città non sarebbe mai libera dai suoi nemici, se non si fosse trovato fra le più illust
attivo augurio, ed in effetti l’indomani la terra si spalancò sotto i suoi piedi inabissandolo coi suoi cavalli. Plinio ed O
l’indomani la terra si spalancò sotto i suoi piedi inabissandolo coi suoi cavalli. Plinio ed Ovidio, riferiscono che i poet
o principe invase gli stati di Pterelao, divenne formidabile a tutt’i suoi nemici e punì Cometo del suo tradimento. Gli scri
li gridò non esser azione da valoroso l’andarsi a battere seguito dai suoi . Alle inattese parole, Xanto rivolse il capo per
ettere la barbara usanza e gittare delle figure di uomini. Ovidio nei suoi Fasti, attribuisee ad un’altra origine la istituz
o odio contro di essi, quando venne a stabilirsi in Italia, ordinò ai suoi seguaci di gittare nel Tebro dei fantocci fatti d
di cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto non solamente ai suoi abitanti in particolare, ma a tutt’i greci in gen
corpo. In un giorno di battaglia essa liberò il padre dalle mani dei suoi nemici, ponendo in fuga un drappello di quelli al
ogni anno nei campi un sacrifizio agli Dei facendosi accompagnare dai suoi dodici figliuoli. Qualche tempo dopo la fondazion
i versato in medicina. Secondo che riferisce Apuleio nel IV libro dei suoi Fiori, e Plinio nelle sue storie, veniva attribui
, la quale fu non meno della sua padrona famosa per la corruzione dei suoi costumi. 634. Astianatte. — Unico figlio di Ettor
lle mogli di Ercole. 636. Astilo. — Uno dei centauri che consigliò ai suoi compagni a non intraprendere la guerra contro i L
Astreo. — Uno di Titani padre degli Astri e dei venti ; Vedendo che i suoi fratelli avean dichiarato la guerra a Giove egli
ratelli avean dichiarato la guerra a Giove egli scatenò anche i venti suoi figli contro di lui ; ma Giove li precipitò sotto
. Atamante) la quale pei cattivi trattamenti costrinse Prisso ed Elle suoi figliastri a fuggire dalla casa paterna. 659. Ate
a giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerdoti. Tutto ciò che evvi di vero sotto codes
n suo fratello Tieste lo invitò ad un banchetto e gli fece mangiare i suoi propri figliuoli. La tradizione favolosa racconta
e. Egli stabili con Ercole che gli avrebbe ceduto la decima parte dei suoi bestiami, quando lo avesse aiutato a netture le s
Però avendo Augia mancato ai patti Ercole sdegnato l’uccise e dette i suoi stati a Fileo suo figlio. 681. Augurio. — Specie
a per la sua ampiezza e pel tumulto continuo che l’immenso numero de’ suoi abitanti facevano nelle sue mura ; le quali ebber
unì severamente Penteo, per essersi opposto alle solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò di tutt’i suoi nemici, ed uscì sem
sersi opposto alle solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò di tutt’i suoi nemici, ed uscì sempre vincitore dai mortali peri
tto diversi aspetti : talvolta con due corna sulla fronte, perchè nei suoi viaggi rivestiva sempre la pelle d’un becco, anim
rificavano a Bacco, quelli che più generalmente venivano immolati nei suoi sacrifizii, erano l’irco, perchè distrugge i germ
lla stessa, dolcemente commossa, supplicò la Dea a voler concedere ai suoi figli tutta quella maggiore felicità che un uomo
Βους, bove, ed ωφδος, occhio, era così denominata Giunone a causa dei suoi grandi occhi. 816. Boote. — Costellazione vicina
lo stesso Iddio proibisse per sempre la nascita di un uomo in uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso autore fa similmente men
er costume d’immolare a Giove tutti gli stranieri che approdavano nei suoi stati. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i su
e approdavano nei suoi stati. Fu ucciso con suo figlio, e con tutti i suoi adepti, da Ercole, al quale egli preparava la ste
uggire, e allora Ercole ; abbattuta la porta della caverna, riprese i suoi animali, dopo aver ucciso il ladro. Quegli è Cac
o, e giunto nella Beozia, offerì un sagrifizio agli Dei, ordinando ai suoi seguaci di andare ad attingere l’acqua necessaria
tingere l’acqua necessaria per l’offerta alla fontana di Dirce ; ma i suoi compagni furono tutti divorati da un drago. Miner
o novellamente consultato l’oracolo, per interrogarlo sulla sorte dei suoi figli, ne ebbe in risposta che erano loro riserba
assassinare ; onde ella, temendo che l’istessa sorte fosse toccata ai suoi figli, li fece segretamente imbarcare per la Grec
e fu uccisa da Giove, quando questi trasse dalla prigione infernale i suoi zii Titani. È opinione assai generalizzata presso
retamente Macabro, suo fratello, da cui ebbe un bambino, il quale coi suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di colpa ch
geva la sua nascita. Il padre di Canacea, furibondo per l’infamia dei suoi figliuoli, fece divorare dai suoi cani il neonato
anacea, furibondo per l’infamia dei suoi figliuoli, fece divorare dai suoi cani il neonato, e mandò alla madre un pugnale pe
i cui abitatori avevano a re un cane e ritenevano le sue carezze o i suoi latrati, come contrassegni della sua benevolenza
la pace fra le famiglie, divise per dissapori domestici. Ovidio, nei suoi Fasti, dice che veniva dato un gran pranzo, al qu
amoso cavallo di legno ; ma, secondo il solito. non si prestò fede ai suoi detti. …. O Pizio, acerho Nume, Grave salma al m
i guerrieri, montati su bianchi destrieri. Pausania però combatte nei suoi scritti quest’opinione, dicendo che le supposte a
ro però dice che questi erano i nomi dei cocchieri di Marte e non dei suoi cavalli. 1013. Cavalli di Reso. — V. Reso. 1014.
allo di legno, alto quanto una montagna, il quale aveva rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianchi un numero considerevole
so, per le ragioni precedenti, e anche ad Apollo, per la venalità dei suoi oracoli. 1029. Cedippe. — V. Acroncio. Vi furono
la Focide ; amò un gran numero di ninfe, ma fu sempre disprezzato nei suoi amori. 1033. Cefo. — V. Cebo. 1034. Celx. — Figli
fiume Peneo, chiamata Stilbia. Egli si stabili sul monte Pelione e i suoi discendenti furono detti Centauri. Essi furono i
montagne e di foreste, e celebre per le ghiande di cui si nutrivano i suoi abitanti, prima dell’invenzione del pane, e per i
si nutrivano i suoi abitanti, prima dell’invenzione del pane, e per i suoi colombi che, secondo la tradizione mitologica, pr
ggiavano dei prati su cui pasceva larga quantità di capre ; mentre ai suoi piedi strisciavano serpenti e rettili d’ogni mani
medicinali delle erbe e delle piante, divenne il più gran medico dei suoi tempi. Egli insegnò la medicina ad Esculapio, l’a
e la madre nel tempo della loro vecchiezza ; ed ama svisceratamente i suoi parti. Vi sono non poche medaglie dei tempi antic
ntochè quando quegli morì per la sua famosa caduta. Cigno abbandonò i suoi stati e recossi sulle sponde dell’ Eridano a pian
e divenuto vecchio, gli Dei mossi a compassione cangiarono in penne i suoi bianchi capelli, e lo trasformarono in cigno. L’a
1135. Cipfelide. — Nome patronimico di Cipfelo, tiranno di Corinto, e suoi discendenti. 1136. Cipresso. — Era ritenuto come
la tristezza, o perchè tagliato una volta non rinasce più, o perchè i suoi rami senza foglie hanno un aspetto lugubre. Si pi
icoperto il tripode sacro sul quale la pitonessa o sibilla, rendeva i suoi oracoli. Taluno fra gli scrittori dell’antichità,
miglia di Lajo, e fece morire Antigone, perchè avea dato sepoltura ai suoi fratelli — V. Antigone. È comune credenza ch’egli
o il suo dovere nei sagrifici, mandò una grande quantità di sorci nei suoi campi. Però essendosi Criniso corretto, Apollo st
izio dei propri figli, lo trattò assai male ed istigò Atreo e Tieste, suoi figliuoli, ad ucciderlo, ma eglino si ricusarono
alesare la verità, ed impedire che la sua morte fosse imputata ai due suoi fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli spe
so da Ercole. 1318. Cromise. — Figliuolo di Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili di carne umana, Giove lo fulminò. Vi fu a
poetici, che si credeva averne Omero stesso inseriti buon numero nei suoi poemi. Al dire di Diodoro, questa figliuola dell’
giuramento, s’innamorò di un’altra ninfa e fu cieco pel rimanente dei suoi giorni. 1346. Dafnomanzia. — Specie di divinazion
divino piangeva, danzando e gridando intorno a lui, impedivano che i suoi gridi fossero intesi da Saturno, che lo avrebbe d
idi fossero intesi da Saturno, che lo avrebbe divorato come gli altri suoi figli. 1364. Dattlomancia. — Specie d’incantesimo
’aria, quasi che l’anima del morto volasse nel cielo fra gl’immortali suoi pari a ricevere il culto che da quel momento le e
stante e fermo ; Ciò disse, e da furor spinta, con lui, Ch’adeguava i suoi passi arditamente, Si mise dentro a le segrete co
entro v’accolse, Cosi sperando un prezïoso dono Fare al marito, e del suoi falli antichi Riportar venia…. Virgilio — Eneide
nira, madre di Deifone, spaventata da un simile spettacolo, turbò coi suoi gridi i misteri della dea, la quale, montata in f
a stoffa, facendone un dono ad Ercole, persuasa così di ricondurlo ai suoi piedi. Dopo vario pensar le cade in mente Della
oni accesi d’un sacrifizio, malgrado gli sforzi che Lica e Filotette, suoi amici, fecero per arrestarlo. Dejanira, che amava
i del cielo. Callimaco — Inno a Delo. trad. di Dionici Stroc III. I suoi abitatori pretendevano che Apollo, dopo aver pass
coonte fu pure il nome di un greco, figliuolo di Megara, il quale coi suoi fratelli fu ucciso da Ercole. 1408. Demodice. — M
eperò la respinse di nuovo, ed allora la sibilla bruciò altri tre dei suoi volumi, seguitando a pretendere sempre lo stesso
ente la sua dimora celeste per visitarlo. Diana passava quasi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una m
cecato dalla passione dell’oro uccise il cognato per impadronirsi dei suoi immensi tesori. « … …il qual Licheo era molto ri
nome dell’assassino ; e dopo di averle additato ove erano nascosti i suoi tesori, le consigliò di fuggire e sparì. Didone c
da Iarba, re dei Getuli. Dapprincipio egli si oppose a che Didone coi suoi seguaci si stabilissero sulle terre soggette al s
tabilirsi in Italia. Si dice che egli vi fosse ucciso da Enea e che i suoi seguaci ne furono così addolorati, che gli dei co
ana. Ercole per comando di Euristeo, lo uccise facendolo divorare dai suoi stessi cavalli. 1459. Dione. — Ninfa, figlia dell
stesso, stanco della sua vita di delitto, persuase il più povero dei suoi seguaci a consegnarlo alla giustizia, onde ottene
dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti gli abitanti dei suoi stati, da una terribile pestilenza, egli ottenne
hi olimpici. Narra la cronaca che Ebota, fortemente sdegnato contro i suoi concittadini, perchè questi non avevano onorato l
connubio nacque Ecate. Teocrito lo Scoliaste, dice che Giove ebbe dai suoi amori con Cerere una figliuola che fu detta Ecate
cui per contrario moltissimi ripetono che quel filosofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere gli animali. Al dire di
ebe. La tradizione favolosa narra di lui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una grande siccità, per la quale morivano g
suoi stati una grande siccità, per la quale morivano gran numero dei suoi sudditi, le due giovanette, uniche figlie del re,
vendo un giorno di comune accordo con Giove, intrattenuta Giunone coi suoi piacevoli discorsi, onde questa non avesse distur
re di cinquanta figliuoli tra maschi e femmine : la maggior parte dei suoi figli morì sotto agli occhi della madre, durante
uerriero greco, che essa aveva veduto, quando era regina, implorare a suoi piedi la sua protezione, ond’essere salvato dai g
il vedersi schiava di quell’istesso uomo che essa aveva protetto nei suoi giorni felici. Dopo esser rimasta ancor qualche t
stini che si legavano alla vita del fanciullo, lo consegnò ad uno dei suoi ufficiali, con ordine espresso di farlo morire, m
aveva che un solo figlio, risolvette di uccidere il primo genito dei suoi nipoti, che dormiva nel medesimo tetto di Itilo.
ù magnificenza e ricchezza. Ma sembra che il destino si opponesse nei suoi voleri a che il tempio di Efeso rimanesse perenne
olimpiade, Alessandro il conquistatore, entrò in Efeso alla testa dei suoi eserciti, e per ricompensare il popolo della conf
’Attica di cui i Mezioniti eransi resi padroni. Egeo fu il solo fra i suoi fratelli che non potette aver prole ; onde consul
a sull’istesso vascello che lo avea ricondotto in Creta ; ma egli e i suoi compagni, nell’ebbrezza della gioja, dimenticaron
uanta petti, Esser già stato col gran Giove a fronte, Quando contra i suoi folgori e i suoi tuoni Con altrettante spade ed a
r già stato col gran Giove a fronte, Quando contra i suoi folgori e i suoi tuoni Con altrettante spade ed altrettanti Scudi
u talmente afflitta, che pianse giorno e notte, riempiendo l’aria nei suoi lamenti, per modo che Diana, sturbata nei suoi sa
riempiendo l’aria nei suoi lamenti, per modo che Diana, sturbata nei suoi sagrifizi, la cangliò in una fontana, che dal suo
del seduttore, giurò di vendicarsi anche di lui ; ma Giove scagliò i suoi fulmini e costrinse l’ Asopo a risalire verso la
coniar moneta, e che fu uno di essi, per nome Fidone, che consiglio i suoi concittadini, onde facilitare il commercio maritt
o di partire per l’assedio di Troja, affidò ad Egisto la reggenza dei suoi stati, e la custodia della propria moglie Clitenn
dei suoi stati, e la custodia della propria moglie Clitennestra e dei suoi due figli Elettra ed Oreste. Egisto però sconosce
do. Omero — Odissea Lib. III. trad. di I. Pindemonte. Tutti ebbe i suoi desir l’iniquo Egisto : Agammennone a tradimento
elle fra le Naiadi. Allegra e spensierata, faceva sovente vittime dei suoi scherzi i pastori e perfino gli dei campestri. La
iunone, perchè gran numero di quegli animali le venivano immolati nei suoi sagrifizii. 1600 Egofora. — La tradizione favolos
o soprannome della Dea Giunone che Ercole, dopo assersi vendicato dei suoi nemici, avesse fabbricato un tempio a Giunone in
pra. 1601 Egollo. — Giovanetto Cretese il quale in compagnia di altri suoi campagni entro in una caverna consacrata a Giove,
are il mele che una immensa quantità di Ape vi lavoravano. Egolio e i suoi amici onde evitare le punture di quegli animali s
acco per alludere al gran rumore che si faceva nella celebrazione dei suoi misteri. 1619. Elena. — È questo uno dei più inte
a d’essere insieme la più bella e la più lasciva e corrotta donna dei suoi tempi. La bellezza di lei levò tanto grido, fino
a donna dei suoi tempi. La bellezza di lei levò tanto grido, fino da’ suoi primi anni, che Teseo, affascinato alla vista di
ciò affidata alla custodia di Etra, madre di lui ; ma fu liberata dai suoi due fratelli Castore e Polluce, i quali la ricond
gl’innumerevoli mali di cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi costumi era stata cagione. Elena si chiamò pure u
di. Virgilio — Eneide — libro III. trad. di A. Caro Eleno fu tra i suoi fratelli quello che più sì distinse all’ assedio
losa era figlia del Sole e della ninfa Rodi. Essendo morta vergine, i suoi concittadini le tributarono gli onori divini. 162
a aveva nella città di Eleusi, di cui nell’articolo precedente, ove i suoi misteri venivano meglio che altrove celebrati. 16
ge, il più famoso fu quest’ultimo, il quale fu per gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scopertosi il delitto, gli autori di es
nelle cronache, Elio fu figliuolo di Basilea e di Iperione, e fu dai suoi zii, i Titani, annegato nell’Eridano. Al dire del
re Trajano mosse per la spedizione contro i Parti, vi fu taluno fra i suoi confidenti, che gli consigliò di consultare l’ora
elle sue armi. Trajano che non divideva la superstiziosa credenza dei suoi contemporanei, rispose che non voleva fare il via
rimitiva sua forma, egli corse con tanta velocità, onde raggiungere i suoi compagni, la cui nave già stava per far vela, che
o. — Re della Tracia, il quale con sua moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi adorare sotto la figura di Giove e di Giu
aledizioni del cielo. Ed essendosi il re stesso portato a vedere se i suoi ordini fossero stati eseguiti, Emone brandì il fe
ga e che Minerva lo arrestasse gettando l’isola di Sicilia innanzi ai suoi piedi. Però la gran maggioranza degli scrittori a
ortare il corpo del prode greco in Troja, quale trofeo del valore dei suoi soldati. Enea tentò varie volte d’impadronirsi de
onore, la triste gloria di esser moglie d’un vinto. Enea, con tutti i suoi seguaci, potè dopo qualche tempo, imbarcarsi su d
iata in quell’isola, lo costrinse a riparare in Sicilia, ove egli e i suoi Trojani ebbero le più affettuose e cordiali accog
Eneo in età assai avanzata fu cacciato dal trono, da Melas e da Agrio suoi nipoti, ma vi fu rimesso da Diomede. Egli però st
otente al grave ufficio dalla vecchiezza, abbandonò il reggimento dei suoi stati investendo del supremo potere Andremone suo
lla creazione ; ossia la prima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Fig
dovè ritirarsi. Però qualche tempo dopo, accompagnato da una mano di suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoonte, ed uccis
ndo Pausania, Endimione propose in Olimpia un premio alla corsa a tre suoi figliuoli, proclamando che il vincitore gli sareb
cui governo era tenuto da Nestore, il quale condusse gran numero dei suoi sudditi all’assedio di Troja. Di novanta navigli
dio di averlo salvato dal naufragio, che fece perire gran numero dei suoi compagni nel ritornare alle loro patrie. 1716. Ep
cosa volesse e chi fosse. Finalmente fu riconosciuto dall’ultimo dei suoi fratelli, che egli avea lasciato bambino di pochi
dio di Troja. Essendo stata in un conflitto riconosciuta per donna, i suoi concittadini la lapidarono credendola una spia. 1
raggio, delle inimicizie che le crudeltà di Corace avevano accese nei suoi sudditi, lo detronizzò, ed aggiunse in breve temp
accese nei suoi sudditi, lo detronizzò, ed aggiunse in breve tempo ai suoi novelli stati anche la città di Corinto. Finalmen
valleria, e per fare che la battaglia fosse decisiva, dette ordine ai suoi soldati che al momento di caricare avessero tolte
no ad un altare di Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli coi suoi seguaci. Ma gli Ateniesi presero le difese degli
nero Ossilo come inviato dai numi e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio nè di se
odo a concentrarsi sull’atletica figura dell’Ercole greco. Omero, nei suoi immortali poemi, non ci rivela traccia di una ori
uzioni, lo costringe ad errare sulla terra e sul mare, per compiere i suoi alti destini. Il cerchio del suo pellegrinaggio n
condotto a qualche male passo, lo inviò nelle campagne a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto di una forza e
a la Virtù, aveva il volto maestoso e pieno di dignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era ri
stoso e pieno di dignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita di una tunica bianchis
suo ritorno dai regni infernali. Fu allora che egli uccise Megara e i suoi figli, ma cadde egli stesso sotto il peso di un’e
izia di Giunone. Altri rapporta come, volendo espiare l’uccisione dei suoi figli, egli avesse seguito il comando di Apollo,
n Do. Egli tira d’arco con impareggiabile destrezza e persino uno dei suoi cavalli si chiama Airone, nome greco che Esiodo e
Minos colpito dalla straordinaria bellezza dell’animale, lo mandò nei suoi pascoli, sacrificandone un altro a Nettuno, il qu
propriarsi gli armenti di cui egli s’era impadronito, avendo ucciso i suoi due nemici, si rese nella città di Tirrenia. Nell
due nemici, si rese nella città di Tirrenia. Nella traversata uno dei suoi tori si sbandò, errando per le campagne di Reggio
ltri scrittori, Megara era già morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi figli dalla mano stessa di Ercole. Poco tempo dop
a la mano di sua figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, insieme ai suoi figli, nell’esercizio dell’arco, Ercole si presen
me peso del suo corpo faceva affondare la nave, e che abbandonato dai suoi compagni egli fosse giunto in Colchide per un cam
Padrone della città, Ercole fece morire a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Esioda la quale dette in m
da Giunone, sull’isola di Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi compagni a colpi di pietre. Egli si vendicò impad
fu la presa di Pilo, in cui ebbe a combattere Periclimene, Neleo ed i suoi figli i quali tutti caddero sotto i suoi colpi. F
tere Periclimene, Neleo ed i suoi figli i quali tutti caddero sotto i suoi colpi. Fu in questo combattimento che Ercole ferì
a questo principe la corona, uccise Laogara, re dei Driopi, e tutti i suoi figli con lui, per punirli della loro ribellione.
egualmente Ercole uccise perchè si era opposto al suo passaggio per i suoi stati, quantunque Diodoro rapporto che Amintore f
ver dato la sepoltura a Ipposo, figlio di Ceixo, ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti combattendo al suo fianco, egli
zò un altare a Giove, e volendo sacrificare a quel Dio, mandò uno dei suoi araldi a Trachina, onde avere un’abito da festa.
e ; i capelli crespi e foltissimi, il suo collo corto e muscoloso : i suoi tratti esprimono la temerità, la sua fronte la co
ò col patto che premio della pugna fossero, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua gli armenti di Gerione. Ne
momento egli ricuperò la vista, della quale godè fino all’ultimo dei suoi giorni. 1791. Eritto. — Sul monte Emo in Farsagli
er vendicarsi della infedeltà di Venere, allorchè questa dea ebbe dai suoi amori con Marte, Ermione, avesse fatto presente q
ante di Clazomene, il quale fu tenuto in conto di un possente mago. I suoi concittadini credevano fermamente che l’anima di
se ragioni obbligato Leandro a nascondere la sua fiamma, alla quale i suoi genitori, per antiche inimicizie, non avrebbero m
o). 1819. Erseo. — Soprannome di Giove che a lui veniva dall’essere i suoi altari in luogo scoperto e generalmente circondat
lapio ebbe una moglie per nome Epione (che significa calmante). Fra i suoi molti figli i più conosciuti sono Macaone, Podeli
sua fede ad Ercole, promettendogli in ricompensa di tanto servizio, i suoi invincibili cavalli. L’eroe infatti combattè ed u
re vecchissimo pregò la sua amante Medea di porre in opera alcuno dei suoi possenti segreti onde Esone ringiovanisse ; e che
questa una delle dodici fatiche dell’eroe. — Vedi Ercole. Diodoro nei suoi scritti sull’antichità, confonde le Esperidi con
fatto di Edipo, il quale esiliato della sua patria, drizzò per caso i suoi passi verso Atene, si fermò nel tempio delle Eume
. A cura Di questo padre, Antigone, rimani Quanto in favor de’genitor suoi Altri mai fa, nulla stimar si dee. Sofocle — Edi
delitti più atroci, insanguinarono la terra. Saturno stesso divora i suoi figli, e detronizza suo padre Urano, usurpando co
ettuno. 1873. Eufiro. — Uno dei sette figliuoli di Niobe, ucciso, coi suoi fratelli, da Apollo a colpi di frecce. V. Niobe.
se. 1884. Eumolo — Fu uno dei figliuoli di Atreo, il quale insieme ai suoi due fratelli Melampo ed Aleone vengono soprannima
ceano e secondo la favola madre delle Grazie che furono il frutto dei suoi amori con Giove. 1890. Eunomo. — Fu un famoso mus
di abilatori di quel cieco soggiorno. Ma la potenza irresistibile dei suoi armonici concenti ; la celeste melodia ch’egli tr
ri mesi sulle deserte rive del fiume Strimonio, riempiendo l’aria dei suoi gemiti dolorosi, e chiamando e piangendo la cara
, prendendo, da questo fatto semplicissimo, argomento ad un altro dei suoi innumerevoli miti, racconta che essendo stata la
Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più belli principi dei suoi tempi e comandava i Cetei, popoli della Misia, i
di entrare in città, e facevagli comunicare per mezzo di un araldo i suoi ordini. Quando Ercole mori, Euristeo perseguitò p
ldo i suoi ordini. Quando Ercole mori, Euristeo perseguitò per fino i suoi discendenti. — V. Eraclidi. — La tradizione ripet
ere, doveva far giuramente di viver celibe per tutto il rimanente dei suoi giorni. 1907. Eurito. — Uno dei giganti che dette
ta Lacedemone per nome Eurota, mise in derisione cotesta credenza dei suoi soldati e poco curante dei fulmini e dei lampi di
rante dei fulmini e dei lampi di che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in ordine di battaglia, ed appiccò la z
nome di Fovio, gli venisse per essere stato il primo ad insegnare ai suoi concittadini la maniera di prendere gli orsi vivi
stò la denominazione di cignala, per alludere forse alla laidezza dei suoi costumi. 1932. Falce. — Questo strumento era l’at
ontro gli dei che nella guerra coi giganti, avevano distrutti tutti i suoi figli, avesse partorito questa specie di mostro,
era questo il nome che si dava ad un Fauno, Il quale più sovente dei suoi compagni, prediceva l’avvenire, e dava persino de
quei singoli fatti che avevano relazione con la religione pagana, coi suoi misteri, colle sue feste, col culto onde venivano
affigurato cieco e con le ali, forse per dinotare che non riconosce i suoi amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome
e. Dicea che insigne de’ Feaci nave, Dagli altrui nel redire ai porti suoi , Distruggeria nell’oscure onde, e questa Cittade
opa. Allorquando Giove rapì la bellissima giovanetta, Agenore mandò i suoi figli Cadmo e Fenice, in traccia di lei. Ma non a
stato cangiato in genio, fu da Venere adibito alla custodia d’uno dei suoi tempii. Fetonte era similmente il nome di quel fa
rtabile il dolore che le dilaniava i fianchi fecondi, portò a Giove i suoi lamenti, supplicandolo che la liberasse da tanta
izia che Augia voleva usare ad Ercole, con negargli la ricompensa dei suoi servigi. L’eroe sdegnato contro la slealtà del re
i dette a fuggire rapidadamente, facendo risuonare il monte Pelio dei suoi nitriti. Cosi Saturno a vista della moglie Diffo
sto nel crudel bivio di essere spergiuro, o di cagionare il danno dei suoi concittadini, credè di poter eludere la propria c
; imperocchè nel passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce c
ad acerbi dolori, e privo d’ogni umano conforto su quelle rocce ove i suoi lamenti e le sue grida suonavano vuote ed inutili
sue frecce ; e ciò fece l’astuto greco onde riaccendere l’ardire dei suoi , i quali scorati dalia morte di Achille, disperav
eobola per sposare la novella amante. Ben presto Idea prese in odio i suoi figliastri e per liberarsene li accusò a Fineo di
della perversa donna, credè alle sue parole e fece cavar gli occhi ai suoi due figliuoli. Ma gli dei sdegnati fecero per mez
suo avo all’istesso crudele supplizio che egli aveva fatto subire ai suoi innocenti figliuoli. La cronaca aggiunge che gli
gli Argonauti, avesse chiesto a Fineo la grazia di porre in libertà i suoi sventurati figliuoli ; ma che quegli avesse recis
liberò a viva forza Pandione e Plesippo, uccise Fineo e divise fra i suoi due figliuoli i domini di lui. 2022. Fiscoa. — Ne
avonio amico di Catone, lo avverti del riguardo che avevano per lui i suoi concittadini, ond’egli per non turbare la festa,
enitore, informato del fatto e conscio delle continue dissenzioni dei suoi figliuoli, vide nell’ accaduto, più un perfido as
ssassinio, che una dolorosa combinazione, mandò in perpetuo bando dai suoi regni Peleo, Telamone e, la stessa Pfammate. 2040
o capo dei popoli Flegiani, postosi alla testa di un forte stuolo dei suoi seguaci, costringeva tutti i passaggieri che tran
lle sfere Tal’ ella mostri, ch’ ove uscir si veda L’ eletto suolo, al suoi desir si ceda. Pindaro — Ode VIII trad. da G. Bo
e, dalla prigione ove Saturno lo aveva rinchiuso per impadronirsi dei suoi regni, per ricompensare il suo liberatore lo aves
ninfe accompagnata Equitanti per mezzo all’ aura bruna. Rischiarò de’ suoi rai Infausta notte, quando Giulivi canti alzando.
iate intorno al trono di Plutone, in atto di attendere ansiosamente i suoi ordini, onde slanciarsi a straziare i colpevoli.
unone si alzò ad un tratto, e Alcmena fu immediatamente sollevata dai suoi dolori. L’ incauta Galantide dette in un forte sc
dall’ ignoranza, da poi che la Donnola porta quasi sempre in bocca i suoi piccoli nati, e cangia quasi continuamente di pos
he sull’ antichità, che allorquando uno dei sacerdoti galli moriva, i suoi compagni portavano il cadavere sulle spalle, e ge
ichissimi popoli della Germania, i quali al dire di Giulio Cesare nei suoi commentari, non avevano altre divinità che il Sol
ta a Febo ; (Tanto l’amico d’onorar gli piacque !) Che nelle foglie i suoi lamenti imprime : E doppio. ua Ai nel fior trovas
iamato Giano, che era appunto il figliuolo che Creuse aveva avuto dai suoi amori con Apollo, e lo adottò. Giano divenuto adu
mo intraprendente ed ardito, si pose alla testa di un forte stuolo di suoi seguaci, corredò una flottiglia, approdò in Itali
al suo tempio, una larga sorgente di acqua bollente, che travolse nei suoi gorghi gl’irrompenti nemici e gli fece tutti mori
iglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il quale gli offerse tutti i suoi doni : vale a dire il suo arco, le sue freccie ;
apee, fu re di Getulja. La tradizione narra che egli avesse fatto nei suoi stati innalzare in onore del dio, suo padre, cent
monte Pelio, el o affidò alle cure di Chirone, il più saggio uomo dei suoi tempi. Questi prese cura dell’educazione di lui,
ura ; e la sua nobile e bella persona, la fierezza che traspariva nei suoi atti, la disinvolta eleganza dei suoi movimenti,
la fierezza che traspariva nei suoi atti, la disinvolta eleganza dei suoi movimenti, impressi di reale maestà. Forte di br
già, sebbene giovanetta, una famosa maga, avesse potuto sottrarre coi suoi incantesimi Giasone, ai molti pericoli che lo cir
droni del prezioso vello, e quindi, presa con sè Medea, s’imbarcò coi suoi compagni per alla volta della Grecia. Ritornato a
aveva un dito alla bocca e gli occhi bassi, come persona raccolta nei suoi pensieri. Sulle mura dei templi, e più segnatamen
iganti fossero figli della Terra, la quale per vendicare la morte dei suoi figliuoli Titani, sterminati dagli dei, li avesse
oli istesse Giacquer sepolti i corpi scellerati, Dal molto sangue de’ suoi figli aspersa Che fatta fosse tiepida la Terra, È
tar più terrore fra gl’immortali, di quello che non facessero tutti i suoi formidabili compagni riuniti insieme. E narra ch
più grande da essi adoperata. Al dire del cronista Flegone, furono ai suoi tempi, rinvenuti in una caverna in Dalmazia, alcu
Gige. — Uno dei formidabili Giganti che insieme a Briareo ed a Cotto suoi fratelli, dettero l’assalto a Giove, scalando le
nifica oscuro ; perchè, secondo il citato scrittore, egli rinchiuse i suoi fratelli in un cupo antro, ove regnava perpetua l
i si liberò poco a poco di tutti coloro che potevano fare ostacolo ai suoi ambiziosi disegni ; fece morire lo stesso Candaul
endo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza di tutti gli altri suoi figliuoli, se Rea, non avesse dato al marito, inv
Terra, gli aveva annunziato ch’ egli sarebbe detronizzato da uno dei suoi figli. Però Rea, addolorata di veder distrutti i
zato da uno dei suoi figli. Però Rea, addolorata di veder distrutti i suoi figli, non appena dati alla luce, pensò di sottra
e avea divorati. Ciò fatto, sentendosi Giove forte dell’ appoggio dei suoi fratelli, pensò di detronizzare il padre, onde im
vincitore dall’ardua prova, Giove divise l’ impero dell’universo coi suoi fratelli, Nettuno e Plutone, dando al primo il re
sacrifizii che lo accompagnavano, erano sparsi universalmente come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i
lo accompagnavano, erano sparsi universalmente come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più fam
, erano sparsi universalmente come i suoi templi, i suoi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello
ano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tutti i suoi contemporanei. della Molossa Gente ad un tale a
gli uomini : e finalmente l’aquila, che con le ali spiegate riposa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia di Giove, s
, Moderatore, Vittorioso, Onnipotente, Invincibile ecc. Come pure dei suoi innumerevoli soprannomi i più generalmente usati
arda poi la divisione dell’ impero dell’ universo, fatta da Giove coi suoi fratelli, Nettuno e Plutone, essa pure ha dato ra
ndeva persino sulle coste dell’ Africa, e che Giove avesse diviso coi suoi fratelli l’ immenso dominio, ritenendo per sè i p
he significa rotondo. 2165. Giuba — Re di Mauritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato come un dio. Al dire di Minuzio
izie. Giove allora per mettere un argine al grave sconcio, creò i due suoi figliuoli, Eaco e Radamanto, giudici dell’Inferno
fiume Tereno, ove, al dire del citato scrittore, si vedeva ancora ai suoi tempi un altare di cui prendean cura i sacerdoti
imano V. Briareo — valse ad arrestare i rei disegni di Giunone, e dei suoi aderenti. Giunone perseguitò senza tregua non sol
cettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata di raggi. Ai suoi piedi riposava comunemente un pavone, suo uccello
va era l’agnella ; mentre il primo giorno d’ogni mese, s’immolava sui suoi altari una scrofa bianca. Si badava però con ogni
tradizione ci ripete che Giove, innamoratosi di lei, la richiese dei suoi favori ed ella aderì volentieri volentieri alle v
osità i più celebri eroi, onde onorare degnamente l’illustre nome dei suoi antenati. … . .e a me la vita Ippoloco donò, di
in Cariste, sua patria, nella contrada Eubea ; e dopo la sua morte i suoi concittadini gl’innalzarono un monumento eroico e
ativi per scioglierlo ; ma non essendone venuto a capo, temendo che i suoi soldati non avessero da ciò tratto cattivi auspic
penti nella sua casa e che sorpreso d’avere gl’inaspettati ospiti nei suoi domestici lari, egli avesse interrogati gli Arusp
è almeno l’opinione del citato scrittore ; quantunque altri cronisti suoi contemporanei, attestano che le Grazie venivano d
lia carissima ; ma Ulisse fu irremovibile nel suo volere, e forte dei suoi diritti, condusse seco Pelenope. Nel momento ch’e
aereo viaggio segui senza accidenti ; ma poi rassicurato dal vedere i suoi sforzi coronati di successo, e trasportato dalla
i fosse allevato. Anche Enea ebbe, secondo la cronaca tradizionale, i suoi natali su questa montagna, ove Venere, sua madre,
ntro di Apollo stesso. …… di quell’Ida io dico Che tra’guerrieri de’ suoi tempi il grido Di fortissimo avea, tanto che cont
ano e madre della famosa Medea. Idia fu una delle più belle donne dei suoi tempi. 2241. Idmone. — Celebre indovino della cit
mi che il padre dispietato compisse il suo voto, e lo scacciarono dai suoi stati e lo costrinsero a ricoverarsi sulle spiagg
elle sue cronache che Idomeneo, caduta Troja, ritornò felicemente nei suoi stati, ove morì poco tempo dopo nella città di Gn
ato dolore, alle preghiere del vecchio genitore, si precipitò sotto i suoi occhi sul rogo del marito, per morire con lui. If
oprie figlie ridotte a così mal partito, proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano di una di esse, all’u
mezzo ordinò un sacrifizio ad Ercole, onde placare questo dio, che i suoi popoli credevano loro nemico, e appena tornato in
edersi di acqua per la navigazione. Ila però non fu più rinvenuto dai suoi compagni, i quali ritennero ch’egli si fosse anne
o, e che Ercole discendesse dalla nave insieme a Telamone, e ad altri suoi compagni, per tagliare le legna sul monte Ida, on
eli vicissitudini della guerra, il piccolo Polidoro, prediletto fra i suoi figliuoli, lo mandò presso il genero Polinnestore
rasse presso Epalio, re dei Dorii, il quale essendo stato rimesso nei suoi stati da Ercole, accolse benignamente il figlio d
o di parentela e d’amicizia con Ercole prese a difendere gli Eraclidi suoi discondenti ; assegnò ad essi uno stabilimento ne
i discondenti ; assegnò ad essi uno stabilimento nell’Attica ; legò i suoi sudditi d’interessi e di relazioni con quelli ; e
va vincitore, Atreo, re dei Pelopidi, dovesse cedergli lo scettro dei suoi stati ; mentre se era vinto, gli Eraclidi non avr
nelle onde di quel fiume. Al dire di Tito Livio, si vedeva ancora ai suoi tempi un monumento consacrato a Giove Indigeto, o
gli arcani di quello e di squarciare il fitto velo che lo nasconde ai suoi occhi mortali. I primi popoli che formarono della
padre loro, a detrimento dei propri figliuoli, pensò di far morire i suoi figliastri, e per raggiungere con più sicu rezza
icu rezza lo scopo crudele, profittò delle superstiziose credenze dei suoi concittadini, e dette ai suoi tenebrosi maneggi,
ofittò delle superstiziose credenze dei suoi concittadini, e dette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta di religione. In que
o, sdegnato contro Ipernestra, per averla trovata ribelle agli ordini suoi , la fece trascinare in una orrida prigione, coll’
a Teseo, dopo di aver distrutta le Amazzoni a Temiscira, ed uccisi i suoi due fratelli Amico e Migdone. Egli portò ad Euris
aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni sua richiesta a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippolito nell’ uscire dalla c
la sua elevata posizione, dominava la pianura ove Ippolito eseguiva i suoi esercizii equestri ; ed aveva così agio a vedere
i. Narra la tradizione, che Apollo, per vendicare la morte di uno dei suoi sacerdoti, avesse mandata la pestilenza nel campo
i, cedette a suo figlio Alete il comando dell’armata che avea sotto i suoi ordini, e si esiliò dalla città di Naupatto. Suo
chi, e l’uso dei papiri. Aggiunge la cronaca che dopo la sua morte, i suoi figliuoli dedicarono alla memoria di lui alcuni m
rchitetti Trofonio ed Agamede, un grande edifizio onde rinchiudervi i suoi tesori. 2327. Iringa. — Una delle figliuole del d
re uno degli amanti di Penelope e per la sua grande povertà, da cui i suoi concittadini trassero argomento al proverbio : Pi
itando il tiranno Tifone, e poscia si consacrò tutta al benessere dei suoi sudditi governando l’Egitto finchè il più grande
nessere dei suoi sudditi governando l’Egitto finchè il più grande dei suoi figli, chiamato Oro, non ebbe raggiunta l’eta mag
monie diverse. ………………. I popoli Etiopi che il sole illumina dei primi suoi raggi, e gli Egiziani, che sono i primi sapienti
Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante la celebrazione dei suoi misteri, fu all’uscire, colpito da morte istantan
llorquando alcuno degli Issedoni perdeva il proprio genitore, tutti i suoi parenti gli portavano in dono gran numero di anim
to allora il principe contro Issione, lo scacciò ignominiosamente dai suoi stati. La tradizione mitologica prendendo argomen
detto Giapeto. Fu uno dei giganti che Giove fulminò per aver dato coi suoi compagni la scalata al cielo. V. Giapeto. Ivi Gi
di A.Caro. 2368. Jodama. — Madre del famoso Deucalione, che ebbe dai suoi amori con Giove. 2369. Jola. — Detto più comuneme
iberatrice, e all’ombra degli altari, affatto ignaro di chi fossero i suoi genitori, i quali restarono similmente ignoti all
e le braccia della divinità ; un fiore gli adorna il capo ; mentre ai suoi piedi è deposto un grosso corno marino, da cui es
adizione mitologica irlandese narra, che il diluvio sorprese Kapa e i suoi due compagni in un luogo chiamato Tuat-Imbir, e c
Matura e fu figlio di Vassudeva e della bellissima Devakì. Entrambi i suoi genitori discendevano dalla stirpe degl’ Indù. Na
che quella rinchiude filtri nelle vene della gigantessa che spira ai suoi piedi. Kansa allora ; non punto scorato nella sua
care in Roma. Però essendo morto improvvisamente il censore Flacco, i suoi contemporanei ritennero che quella morte fosse av
si credettero che l’ira che la dea avea fatta ricadere su di Oeneo, e suoi discendenti, si fosse placata. Le cronache dell’a
e Lico s’impossessò del trono. Dopo qualche anno però, morto Lico e i suoi figliuoli, i Tebani rimisero Lajo sul trono dei s
, morto Lico e i suoi figliuoli, i Tebani rimisero Lajo sul trono dei suoi avi. ….. In questa terra Laio, o Signor tenea di
cadde in potere del vincitore. Condotta innanzi a Demetrio, seppe coi suoi irresistibili vezzi innamorarlo in modo, che ben
i attiene il citato poeta, che avendo una tempesta gettato Ulisse e i suoi compagni, sulle spiagge di quell’isola, i seguaci
l quale promise il castigo dei colpevoli. Infatti allorchè Ulisse coi suoi seguaci abbandonò la Sicilia, la sua nave fu assa
sa tempesta, che a stento riuscì egli solo a salvarsi, mentre tutti i suoi compagni annegaroao miseramente. Lampezie avea si
zza di quella macchina e paventando un’insidia, cercò di persuadere i suoi concittadini ad opporsi a che il cavallo fosse in
feriva un sacrifizio nel tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dalla vicina isola di Tenedo si videro str
dotali, mandò un ultimo grido terribile verso il cielo e spirò come i suoi figli nell’orrendo attorcigliamento. La morte di
suoi figli nell’orrendo attorcigliamento. La morte di Laocoonte e dei suoi figliuoli fu da tutti ritenuta come il castigo de
imponendole di tenere le redini del governo, fino a che il primo dei suoi figliuoli avesse raggiunta l’età maggiorenne. Lao
tata libidine di regno, avvelenò l’un dopo l’altro i primi cinque dei suoi figliuoli, temendo d’essere un giorno spogliata d
ome infrangibile. 2437. Lapiti. — Da un figliuolo che Apollo ebbe dai suoi amori con una giovanetta chiamata Stobia, figlia
, e chiese a Latino un piccolo angolo di terra, onde stabilirvisi coi suoi troiani. Il buon re accolse cortesemente l’illust
alleanza con Enea, e gli offrì la figliuola Lavinia in consorte. Ma i suoi popoli si opposero a questa lega ed obbligarono i
sua amante, cangiò quei crudeli in rane. Erodoto però asserisce, nei suoi scritti sull’antichità, che Latona altro non fu s
, il quale per le sue immense ricchezze godeva del primato su tutti i suoi concittadini, ebbe la temerità di volere a forza
cro di legno, con una faccia così contrafatta e sconcia, che appena i suoi occhi l’ebbero fissata, egli ruppe in un violento
inia, che ad un principe straniero. Poco tempo dopo infatti Enea, coi suoi trojani, approdò sulle spiagge del Lazio, ed ebbe
oglie di lui, temè che il giovanetto principe non avesse attentato ai suoi giorni, onde assicurarsi il possesso della corona
alla morte di Ascanio, epoca in cui risalì sull’antico trono degl’avi suoi , che poi ella trasmise ai suoi successori, non la
cui risalì sull’antico trono degl’avi suoi, che poi ella trasmise ai suoi successori, non lasciando ai discendenti di Ascan
renza era serbato. Si dicea che Latino esso re stesso Nel desiguare i suoi primi edifizi, Là’ ve trovollo, di sua mano a Feb
ovollo, di sua mano a Febo L’avea dicato ; e ch’indì il nome diede A’ suoi Laurenti. Virgilio — Eneide — Libro VII trad. di
ualche ora dopo l’ eroica donna moriva, orribilmente straziata ; ma i suoi numerosi complici furono salvi perchè essa seppe
a, che offesa Temi per la morte della sfinge, e per vedere spiegati i suoi oracoli, mandò nelle campagne di Tebe un’ enorme
ormato da Vulcano, che ne fece un dono a Giove, il quale al tempo dei suoi amori con Europa lo regalò alla sua concubina. Co
ie. 2471. Leonidee. — Ad eternare l’invitto coraggio di Leonida e dei suoi trecento spartani, per la difesa del passo delle
orquando Ulisse giunse sulle spiagge della Lestrigonia, mandò due dei suoi seguaci verso il re del paese, per nome Antifate.
il quale non appena li ebbe raggiunti se ne mangiò uno, e chiamando i suoi Lestrigoni fece raggiungere l’ altro fuggitivo, o
’ orribile scena, lasciando su quel luogo di morte più della metà dei suoi compagni. ….. I Lestrigoni l’ udiro, E accorrean
a madre di lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle donne dei suoi tempi. ….. Leucotea prole D’Eurinome la prima pe
morte la sua diletta, ma non avendo poluto strapparla dalle mani dei suoi carnefici, perchè il destino si oppose, asperse d
aduta la città di Troia, Ulisse ritornando in patria accompagnato dai suoi seguaci, fu assalito da una violenta tempesta e g
ia italiana, nel paese dei Bruzî, ove dopo molti pericoli, giunse coi suoi a prender terra a Temessa. Calmatisi gli spiriti,
uoi a prender terra a Temessa. Calmatisi gli spiriti, Ulisse offrì ai suoi compagni uno splendido banchetto, ove Liba si ine
neva l’oracolo temuto ; e l’irrequieta ombra di Liba lasciò in pace i suoi uccisori. Aggiunge la tradizione che trovandosi i
grano, di danaro e di vino che l’imperatore regnante aveva donato ai suoi popoli. 2501. Liberatore. — I poeti dell’ antichi
ettro in una mano, un berretto nell’ altra, e con un gatto disteso ai suoi piedi. Era accompagnata dalle due dee, dette Adeo
le lo spinse a far trucidare tutti gli stranieri che transitavano pei suoi stati. Si vuole che Giove stesso, viaggiando, fos
crope regnava in Atene ; e che sul principio del suo regno fu caro ai suoi popoli, che egli cercò d’incivilire. La città di
ti più accreditati del paganesimo, racconta che Licaone per indurre i suoi sudditi all’ osservanza delle sue leggi, avesse f
pretesto di fargli ammirare il magnifico panorama che si stendeva ai suoi piedi, precipitò con un urto violento il mal capi
o, e fu ucciso da Apollo, perchè essendo Lino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi di suonar meglio di quel dio,
ad investigare il luogo ; e che quegli abitanti lunge dal far male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di
Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra, e tutti gli altri suoi seguaci, che poi gustarono di quel frutto, non vo
Elleni un’efficacia attiva e benefica, e la resero, in quasi tutti i suoi punti, maestra dell’incivilimento delle generazio
che l’Europa abbia posseduto, indipendentemente dagli antichi. Fece i suoi studi nell’ Università di Oxford, e compiutili, s
ri nel 1256. Le sue cognizioni matematiche, affatto straordinarie pei suoi tempi, gli acquistarono grande riputazione. 35.
e successo agli studi seri ed alle arti dilettevoli, volle porgere ai suoi concittadini un saggio delle sue cognizioni matem
d’ Oxford. Mori l’ 8 novembre del 1674 nel 66. anno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel cimitero di San
4 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
cantarono cogli armoniosi suoni di lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii verso gli uomini, la necessità dell’ or
a pratica del bene. » Diremo loro che la poesia sarebbe spoglia de’ suoi ornamenti senza la Mitologia. E difatti essa pers
e l’intendimento di questa scuola per poi discendere a distruggere i suoi errori(1) : Audace scuola boreal, dannando Tutti
iore dei figli di Urano, apparteneva l’impero del mondo, ma cedette i suoi diritti a Saturno dietro le preghiere di sua madr
l fratello Saturno non alleverebbe figli maschi ; e questi divorava i suoi figli a misura che nascevano. Tuttavia Rea o Cibe
ha gli stessi attributi di sua madre colla quale è soventi confusa. I suoi sacerdoti chiamati Coribanti ed anche Cureti le r
ispargere profumi sul fuoco sacro che si manteneva contínuamente ne’ suoi templi. Il pino è la pianta che le si consacrava.
si del trono Giove sposò sua sorella Giunone e divise l’impero co’due suoi fratelli Nettuno e Plutone, cedendo al primo il r
i Egizi lo chiamavano Giove Ammone. Gli altri nomi erano tratti o da’ suoi attributi o dai luoghi da esso abitati. Quello di
a, dicono che Saturno fu re di Creta ; che fu spogliato del regno da’ suoi figli com’egli ne aveva privato il padre suo ; ch
le donne costumate, e quelle di cattiva vita non potevano entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figl
primizie de’ frutti e v’era pena della vita per chi avesse sturbato i suoi misteri. Se le sacrificava il porco. Cerere si ra
si offriva il toro, il verro, l’ariete e qualche volta il cavallo. I suoi sacerdoti si chiamavano Salici. Fabbricaronsi mol
r la soverchia sua deformità ed ebbe un numero infinito d’amanti. De’ suoi amori con Marte da cui ebbe Cupido se n’è già par
i marini, or sopra un cocchio tirato da due cigni o da due colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto
suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspira la più viva gioia, le siede su le
nuamente alla caccia, e non abitava che nelle selve, accompagnata da’ suoi cani. Fu sempre gelosa della sua bellezza e degli
ora natante e ch’egli poi rese ferma, e che ivi diede alla luce i due suoi figli.   Apollo   Il primo uso che Apollo
lle volte degli agnelli ed anche un toro. La palma e l’alloro erano i suoi alberi favoriti. Tra i fiori erano a lui consagra
pro, il giacinto, ecc. I giovani giunti alla pubertà consacravano ne’ suoi templi la loro capigliatura, come le giovani depo
padre, al levare del quale doveva ogni giorno trovarsi per ricevere i suoi comandi, li serviva tutti con uno zelo infaticabi
veva cura di tutti i loro affari. Onde potesse velocemente eseguire i suoi ordini Giove gli aveva attaccate le ali alla test
te. Giove che non poteva violare il suo giuramento comparì armato de’ suoi fulmini, e Semele, semplice mortale, restò arsa c
e vollero opporsi allo stabilimento del suo culto, trionfò di tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’esponeva l’odi
giorno di festa solenne consacrata a Bacco. Questo Dio fu accolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avend
i vino ; si raffigurava delle volte colle corna in testa ; perchè ne’ suoi viaggi si era coperto sempre della pelle di un ca
o di Giove e di Giunone. Nacque egli così deforme, che appena nato, i suoi genitori lo precipitarono dal cielo, e cadendo ne
nferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fratelli, ebbe in parte l’impero dell’inferno nel
si medesimi. La moneta posta in bocca al defunto indicava che tutti i suoi creditori erano soddisfatti, giacchè gli rimaneva
dipinge come brava cacciatrice, dotta avvelenatrice, che fa prova de’ suoi veneficii cogli stranieri, avvelena il proprio pa
sta guisa stando sedute intorno al trono di Plutone, attendono esse i suoi ordini con un’impazienza che mostra tutto il loro
i stelle diceasi abittue l’Inferno colla Morte, col Sonno e coi Sogni suoi figli. La morte è la più implacabile tra le Dee.
suo tempo. Avendo occupato l’istmo di Corinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso di enorme sasso
silo. Abbandonato da tutti si rivolse a Giove il quale ebbe pietà de’ suoi rimorsi e per consolarlo della tristezza in cui t
i. Giove in riconoscenza lo avrebbe scelto unitamente a Gige e Cotto, suoi fratelli, per servirgli di guardia. Pretendesi da
. Oltre l’esser stato padre di Pane dicesi che fosser pur anche figli suoi le tre Parche, il serpente Pitone ed il Cielo ste
paventare chi cercava di avvicinarlo. Comparve in forma di spettro ai suoi figli Tmolo e Telegone giganti crudelissimi, e fu
i rado in pubblico e soltanto a certe ore determinate passeggiava co’ suoi cortigiani. Facile e pronto di spirito, sapeva tr
tto un Dio marino figlio di Nettuno perchè era possente sul mare, e i suoi sudditi, popolo marittimo e dedito alla navigazio
ol capo circondato di nuvole, e stillante acqua da tutte le parti de’ suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella caverna
zza ; la Ricchezza e l’Indigenza, il Despotismo e la Schiavitù sono i suoi seguaci, e le cammina sempre dinanzi la Sicurezza
i uomini di vestire da donna, ed alle donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci correvano di notte in maschera al chiaror
nistri di questo potente Dio erano le Parche incaricate di eseguire i suoi ordini. Si rappresenta cieco col globo celeste s
si applicò con molta saggezza nell’amministrare con tanta giustizia i suoi popoli, che fu sempre dappoi riguardata come Dea
tanza si scorge la Carità che fugge con un fanciullo nelle braccia. I suoi sacerdoti celebravano la sua festa correndo gli u
all’astronomia, aveva predetto quel calore immenso che ebbe luogo ai suoi tempi e che desolò il suo regno. Vittoria
l castigo dei colpevoli, e nell’altro con estremo rigore li puniva. I suoi castighi erano severi, ma giusti, e niuno potea s
. I suoi castighi erano severi, ma giusti, e niuno potea sottrarsi ai suoi colpi. Questa divinità sovrana dei mortali, giudi
ettro d’oro per comandare a’ flutti ; dall’ altra teneva sovr’uno de’ suoi ginocchi il piccolo dio Palemone suo figlio attac
i sediziosi venti e le nere tempeste fuggire. I Tritoni conducevano i suoi cavalli, e ne reggevano le dorate redini. Una gra
osciuta, se ne ritornò colle Nereidi. Alcuni dicono ch’essa gittava i suoi figli in una piccola vasca d’acqua calda, per pro
o Saronico al braccio di mare dove Sarone annegò e desso fu messo da’ suoi popoli nel numero degli Dei del mare, e divenne i
ostr’era. Fece edificare molte città. La sua giustizia e l’ amore pe’ suoi sudditi, che lo risguardavano come il favorito de
alla quale ebbe parecchi fanciulli. Si rendette formidabile a tutti i suoi vicini e fece delle conquiste nelle isole poco di
gli estinti, abbia fatto costruire questo edificio per rinchiudervi i suoi tesori che, in forza di potenti talismani, erano
la famiglia di Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e vuolsi che fosse allievo di Mercurio. Egl
ce, erano come automati che si credevano animati. Dedalo aveva fra i suoi allievi un nipote per nome Ascalo, noto anche sot
fu tanto meglio accolto, quanto che la fama vi avea fatto conoscere i suoi rari talenti. Minosse II che regnava allora in Cr
i parte inferiore terminava in una specie di rabesco, descrivendo coi suoi giri allungati un tronco e le radici di un albero
Sirene, e avvertito da Circe, turò colla cera le oreochie di tutti i suoi compagni, e si fece pei piedi attaccare e per le
ncantato dai dolci suoni delle Sirene, avesse egli voluto fermarsi, i suoi compagni, aventi le orecchie ben chiuse, lungi da
i suoi compagni, aventi le orecchie ben chiuse, lungi dal secondare i suoi desiderii, a norma dell’ordine che avevano da lui
se che gli facevano, di insegnargli mille belle cose, che fè cenno a’ suoi compagni di scioglierlo, loochè essi furono guard
icoso, si presentò ad Euristeo, sotto i cui ordini dovea imprendere i suoi combattimenti e le sue fatiche per la sorte della
sarebbe posto nel rango degli Dei allorchè avesse compiuto i gloriosi suoi destini. Giunone eccitò contro di lui Euristeo. Q
itò incessantemente ed ebbe cura di occuparlo bastantemente fuori dei suoi stati onde togliergli i mezzi di sturbare il suo
legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne umana facendo loro divorare prin
o di Cadice. Questi era un gigante con tre corpi che faceva pascere i suoi buoi con carne umana. Per custode delle sue mandr
ltro che il sole. L’universalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli
in onore del medesimo Ercole eretti i quali segnavano il termine dei suoi viaggi in oriente. Tali colonne e tali altari ser
e marito di Pirra figlia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti gli uomini con un diluvio univers
lontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di voler dare un pranzo ai suoi amici purchè ciascuno dei convitati gli facesse d
in Etiopia ove arrivò nel momento in cui Andromeda stava per finire i suoi giorni divorata da un mostro marino colà mandato
in sasso lo stesso Acrisio che volevagli contrastare il passaggio pe’ suoi stati. Posto sul trono Ditti fratello di Polidete
ui prese il nome di mar Egeo ora Arcipelago. Ribellatisi finalmente i suoi sudditi contro di lui e vedendosi disprezzato dag
dagli Ateniesi, Teseo si ritirò a Sciro per finirvi tranquillamente i suoi giorni in una vita privata, ma il re Licomede gel
ore che ignorava la qualità del rapitore, ordinò a Cadmo e agli altri suoi figli di andarne in traccia per ogni parte e di n
re la sua riconoscenza agli Dei con un sacrificio. A tal fine mandò i suoi compagni a cercare acqua in un vicino bosco consa
ri danzavano ; poetiche esagerazioni per dinotare o la perfezione de’ suoi talenti, oppure l’arte mirabile ch’ei seppe porre
to le prime lezioni di teologia iniziandolo ai misteri di Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in questa scienza lo
ffinchè il misero padre occupato a raccoglierle ritardato venisse ne’ suoi passi. Giunsero alla corte di Alcinoo re dei Feac
astore e Polluce, Ercole, Enea, Giasone, Achille e molti altri furono suoi discepoli. Achille fu quegli per cui si pigliò, c
Centauro soffriva acerbi dolori, per cui pregò Giove di porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, tocoo dalla sua sciag
ni per andar in cerca di quel giovinetto da esso molto amato. Anche i suoi compagni non poterono consolarsi per tal perdita
nicato la prerogativa di traversare l’aria, e Nefele lo aveva dato ai suoi figli per sottrarli all’orribile sacrificio che l
ieva con cortesia i viandanti e custodiva le strade. Giano insegnò ai suoi popoli le divisioni dell’anno, l’uso delle barche
tivi per isciornelo : ma non avendo potuto riuscirvi, e temendo che i suoi soldati ne traessero cattivo augurio : Non import
ambidue favorevolmente, ed offrìloro il suo potere per appoggio ed i suoi stati per asilo. Edipo si ricordò un oracolo d’Ap
mendonte e Partenopeo caddero anch’essi estinti ; e Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovè tornar
uscite che essa perfettamente conosceva. Edipo la forzò fin ne’propri suoi trinceramenti e la fece morire. Pelope, Atreo,
Ippodamia ed il regno. Egli si rese ben tosto formidabile ai principi suoi vicini ; estese il proprio dominio sopra tutta l’
ste s’impadronì del regno d’Argo e fu sua prima cura di allontanare i suoi pronipoti Agamennone e Menelao. I due giovani pri
per le sue conquiste e per la morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed il più potente princi
to l’uccisore di Atreo che era suo cugino per vegliare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina, gli riuscì di se
ani ; si aggiunsero ad essi Antenore re di una parte della Tracia co’ suoi figli, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di
e smisurati serpenti venendo dal mare avviticchiarono Laocoonte e due suoi figli, e mentre erano i Troiani atterriti da tal
me traditor della patria. Omero però lo dipinge come uno de’ migliori suoi difensori, e fattolo venire alle mani prima con A
ii. Alessandro entra nel tempio di Giove Ammone e lascia alla porta i suoi cortigiani e financo il suo caro Effestione. Ves
ui solennemente portavasi da sacerdoti, e da’ segni che ella dava coi suoi movimenti, i sacerdoti interpretavano le risposte
. Col tratto del tempo in un giorno d’ogni mese, il Dio pronunciava i suoi Oracoli, i quali non si rendevano tutti nella ste
so di cui facevano uso i sacerdoti nei sacrifici. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi eran distinti con no
5 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
Giove, andavano a consultarlo, ma senza poter mutare gl’ inesorabili suoi decrèti. E qualora questi decreti fossero la cons
no scoprì la frode ; laonde per non vedere esclusi dal trono i Titani suoi figli, mosse guerra a Saturno, lo vinse, e lo imp
dell’ Europa che furono i primi ad essere abitati e inciviliti : ed i suoi figliuoli hanno lasciato più fama del padre. Poic
rra si spalancò al colpo del suo scettro, ed egli trasse la preda nei suoi tenebrosi dominii. La tenera fanciulla ed innoce
eto ; poichè la Terra (25) moglie di Celo (25) per vendicare i Titani suoi nipoti precipitati da Giove nel Tartaro, gli fece
Saggi politici.) 73. Simulando Giove di voler ricolmare anch’egli dei suoi doni Pandora, le regalò un vaso chiuso, con l’ord
bbe uno in Roma erettogli da Romolo ; e moltissimi altri per tutto. I suoi tre Oracoli (667) principali erano quelli di Dodo
ato da Plutone (213), che malvolentieri vedeva ritorsi da Esculapio i suoi morti, fulminò il medico temerario che troppo si
venture d’Apollo placaron Giove, che gli rese la divinità con tutti i suoi privilegj, e lo destinò a diffondere la luce sull
eguirlo occultamente e nascondersi in una folta macchia per ispiare i suoi passi. Cefalo, [ILLISIBLE]ssato dalla stanchezza
opravvesta di scarlatto con certi trinci e groppi che imitassero quei suoi riverberi nelle nugole, quando è vermiglia. Dalle
per effetto di stolto orgoglio vantarsi con tutti e continuamente de’ suoi celesti natali ; quasichè l’avere Apollo per padr
ne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con altri suoi folli compagni ; e vantando, secondo il solito, l
idiscono le campagne. 119. La terra, adusta fin nelle viscere, alza i suoi gemiti a Giove (63), ed egli, per impedire l’ulti
laghi, Amabil sire é il cigno ; e coll’impero Modesto delle grazie i suoi vassalli Regge ; ed agli altri volator sorride, E
on la sua lira spezzato il capo al maestro. 122. Apollo pronunziava i suoi oracoli (667) in Delo, in Pataro, in Claro, in Te
(402 e seg.) stabilì i giuochi Pitii ; ed uno sul monte Soratte ove i suoi sacerdoti camminavano a piedi nudi sui carboni ac
gliavano d’assalto Priene sua patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi averi ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani
to Priene sua patria, fu stimolato a porre in salvo i suoi averi ed i suoi scritti, ed egli partendo a mani vuote rispose, i
in gran pregio la verecondia, e cangiò in cervo e fece inseguire dai suoi cani il cacciatore Atteone (aktè, sponda, gr.), c
e dell’ Oriente dove è posta l’ India, e illumina successivamente co’ suoi raggi tutto l’universo. 152. Dopo il ritorno dell
e svolge ampiamente il concetto della Venere genitrice, dichiarando i suoi pregi ed il suo potere. Vediamone la elegante tra
ea, sperdi dal cielo All’apparir tuo primo ; a te sommette I giocondi suoi fior l’industre terra, T’arridon le marine, e ser
o. » Psiche, credula e insospettita, diventò impaziente di chiarire i suoi dubbi ; e il giovine incognito, saputi i consigli
 » E si chinava su lui avidamente per contemplarlo, non badando che i suoi moti facessero pendere la lucerna ; sicchè una go
; poichè hai dubitato, tu sei colpevole verso l’ Amore, e indegna dei suoi beneficj. Amore non vuole diffidenza nè sospetti 
glio Del Sonno, a cui le rose Amor sacrava Perché in silenzio i furti suoi chiudesse ; E si gli additi in aurea nube il sogn
one, il Candore sopra la fronte ; la Timidezza temperava l’ardore dei suoi sguardi ; il Sorriso animava con eloquenza le lab
erenice, sposa di Tolomeo Evergete re d’ Egitto, le offerse in voto i suoi capelli bellissimi, implorando ch’ei tornasse inc
le seducenti delizie terrene che rapiscono l’uomo, lo distraggono dai suoi doveri, e lo spingono a lacrimevol ruina tostochè
(568), ammonito da Circe (575), turò con cera le orecchie di tutti i suoi compagni, e fece legare sè medesimo all’albero mæ
così chiamata in onor della madre. Siccome la peste aveva spopolato i suoi stati, così ottenne dal padre che le formiche div
osì ottenne dal padre che le formiche diventassero uomini, e dette ai suoi sudditi il nome di Mirmidoni (92). Vi governò poi
la Rabbia, il Pallore e la Morte : in una parola ecco il rimorso co’ suoi tormenti a’ quali niun colpevole può sottrarsi :
, Diana (138) nei boschi. Era fama che Ecate profondesse ricchezze a’ suoi adoratori, gli accompagnasse nei loro viaggi, e d
feo, Icelo e Fantaso, e gran quantità di sogni, che tutti questi sono suoi figliuoli. I sogni siano certe figurette, altre d
rfetti. » (Vasari, loc. cit.) 241. Il Sonno (240) aveva anch’esso i suoi figli, ed erano i Sogni dei quali due o tre si di
ante in cielo, Tonar quaggiuso e folgorare a prova. Questi su quattro suoi giunti destrieri, La man di face armato, alterame
ori. Folle ! che con le fiaccole e co’ bronzi, E con lo scalpitar de’ suoi ronzini, I tuoni, i nembi e i’folgori imitava Ch’
onativi promessigli per isposarne la figlia Dia ; ed esso gl’involò i suoi cavalli. Issione, dissimulando lo sdegno, chiamò
brati nello stesso giorno ; ma Danao, saputo dall’oracolo che uno dei suoi generi Io avrebbe detronizzato, ordinò alle figli
Quei che frode Hanno ordito ai clienti ; i ricchi avari, E scarsi a’ suoi , di cui la turba è grande…. Tutti, che brutte ed
r disperse in pochi istanti. È cieco, per indicare ch’egli dispensa i suoi tesori a caso, tanto ai buoni quanto ai cattivi.
i lo adoravano sotto forma di una lancia confitta in terra.56 260. I suoi dodici sacerdoti istituiti da Numa eran detti Sal
ruttanti dai vulcani parevano uscire dalle sotterrance fornaci. Erano suoi garzoni i Ciclopi (Kyklos, circolo, ops, occhio,
(Petrarca, Parte I, Son. XXVI.) Sterope, Bronte e Piragmone erano i suoi più assidui lavoranti. — Questi Ciclopi furono pr
la perfetta bellezza di Venere non potesse cadere sotto la sferza dei suoi motteggi, ma egli trovò materia di biasimo nei co
ersona. Non aveva nè tempio, nè sacerdoti, nè sacrifizj di vittime. I suoi adoratori lo invocavano e prima e dopo il pasto,
te di fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso staffile. 288. I suoi sacerdoti, chiamati Bellonarj, ne celebravano le
e bernoccoluto e con la bocca ridente che arriva fino agli orecchi. I suoi capelli sono arruffati, e la barba incolta. Gli s
ua o Fatuella quand’era animata da ispirazione divina, e prediceva ai suoi contemporanei il futuro. Quindi il suo nome fu da
me e di Silvani Fur compagni di Febo. Infra le Muse Scherzar ne’fonti suoi vedeali Imetto, E ne’suoi colli il Tebro. Oggi, l
agna, gr.) proteggevano le montagne, e solevano accompagnar Diana nei suoi viaggi e nelle sue cacce. Queste ninfe insieme co
spesso per manto una pelle di cane. Ciascuna famiglia romana aveva i suoi propri Penati, e li portava seco ad ogni variar d
n difesa ancora. Ma dovendo cader, le sue reliquie Sacre, e gli santi suoi numi Penati A te solo accomanda, e tu li prendi P
n carro tirato da quattro cavalli ciechi al par di lei, e schiaccia i suoi adoratori, e ogni dì muta favoriti e ministri. Il
e prime creature lieta Volve sua spera, e beata si gode. In Italia i suoi tempj più famosi erano ad Anzio, città del paese
invidiosi, gl’ingrati, gli orgogliosi, gli spergiuri e gl’ inumani. I suoi gastighi erano rigorosi ma giusti, e gli stessi r
vede appoggiata ad un leone, simbolo della forza che deve sostenere i suoi giusti decreti. Prima del diluvio di Deucalione a
oichè davasi questo berretto agli schiavi messi in libertà. Gli altri suoi attributi sono uno scettro od una bacchetta chiam
onno chiude le sue pupille. Ogni evento felice l’affligge o sveglia i suoi sdegni ; destinata a patire ed a far patire, ella
rso il tempio dell’Immortalità e della Memoria a scolpirvi i nomi dei suoi adoratori. Quando il fulmine ruppe le ali alla st
ulla fronte maestosa, Figlia della virtù, nobil fierezza, Che i tardi suoi timidi amici sprezza. Era costei la più lucida De
e le loro mani ; e le facevano molte offerte, ma senza macchiar mai i suoi altari col sangue delle vittime. Sul rontespizio
gliosa bellezza ; ma ne andava tanto orgogliosa, che Minerva cambiò i suoi capelli in serpenti, e insieme con le sorelle che
l numero, quando si rammentò della sua arme fatale, e il rapitore e i suoi compagni diventarono pietre. L’eroe, vittorioso d
to gigante con tre teste, tre corpi e sei ali, che faceva custodire i suoi greggi da un cane con due teste, e da un drago co
e, e da un drago con sette. Dicono anche di lui che facesse nutrire i suoi bovi con la carne umana ; e sotto le forme di que
guisa di scorpion la punta armava. Ercole uccise Gerione e tutti i suoi sgherri, e gli tolse i bovi. 380. Augia, re dell’
i questa perfidia, si apparecchiava ad abbandonare il paese, quando i suoi tori passando in vicinanza della caverna comincia
non men che caro, Sacro è pur anco : il genitor, la madre, E i figli suoi , questo è d’Admeto il sangue : Or, qual di questi
tà in preda alla confusione. Vi si era rifugiata Medea (454), che pe’ suoi delitti aveva dovuto fuggir da Corinto, e governa
eva al fianco ; e scoperti i perfidi disegni di Medea, la scacciò dai suoi stati. 407. Poichè Teseo fu dichiarato erede del
vendetta di Nettuno (185) che gli aveva promesso d’ esaudire tre dei suoi voti. Ippolito, salito sopra il suo carro, abband
, e si ritirò nell’ isola di Sciro, proponendosi di finirvi in pace i suoi giorni nelle dolcezze della vita privata. Ma Lico
ell’ isola, mosso da gelosia per la fama dell’ eroe, o istigatovi da’ suoi nemici, lo fece assalire a tradimento e dirupare
, gloriosissima impresa e piena di rischi, promettendo di rendergli i suoi stati qualora tornasse vittorioso dalla Colchide
isele di sposarla. Medea, che era esperta nella magia, addormentò co’ suoi incantesimi il drago, e spianò a Giasone la via a
i quella colpevole avventuriera bastarono per rivendicare a Giasone i suoi stati, perchè i figliuoli di Pelia li ritennero c
onia, di dove Arione passò a Corinto anche prima che vi giungessero i suoi nocchieri. Periandro, saputa la loro perfidia, se
questa città col suono della sua lira. 486. La favola aggiunge che i suoi compagni nell’andare a prendere l’acqua dalla fon
agognare la libertà e la repubblica. 506. Polinice, per far valere i suoi diritti, eccitò le armi di tutta Grecia contro il
lope, figlio di Tantalo (250) re di Lidia, costretto ad abbandonare i suoi stati a motivo di un terremoto, si rifugiò in Gre
l’ Asia Minore, fondata parecchi secoli avanti l’era volgare, sotto i suoi re, che furono Dardano, il fondatore, Erittonio,
) nel giudizio della bellezza. 520. Ma Venere (170) protesse sempre i suoi diletti Trojani, e talora trasse anche Giove nel
di Troja, e capo dell’esercito trojano, Ettore (591) e Paride (597), suoi figli : Laocoonte (605) ; Reso (570) re di Tracia
e che il codardo rapitore d’Elena prese la fuga). Tornato in Troja, i suoi compagni ed Elena stessa gli rinfacciarono la sua
tenda del Pelide. Egli allora sdegnatone all’ estremo si ritrasse ne’ suoi alloggiamenti deliberato avendo di non voler più
oglie, dovè fuggire e ricoverarsi presso Dauno re d’Illiria, dove co’ suoi compagni fu cangiato in airone. Pare che questa f
terza allor regnava. Ma fu tanto utile ai Greci per la saviezza dei suoi consigli, da far dire ad Agamennone, che se avess
. Corso il magnanimo fra mille spade, E i giorni a Nestore comprò co’ suoi  ; Quindi l’ annovera tra i figli eroi L’antica et
ericolo, fece voto a Nettuno (185 che se gli concedeva il ritorno nei suoi stati, gli avrebbe immolato il primo vivente che
più servire ad un re tanto iniquo ; e l’obbligarono ad abbandonare i suoi stati ; laonde si rifugiò sulle coste della grand
ose in vigore nella nuova città le savie leggi di Minosse, e perciò i suoi sudditi molto l’onorarono dopo morte. Ajace.
i assalirono all’improvviso, uccisero Reso nel sonno, ed involarono i suoi cavalli prima che potessero abbeverarsi alle acqu
atiche d’un assedio che durò dieci anni, prima di poter ritornare nei suoi stati dovè ancora lottare per altrettanto tempo c
più possente fra loro, lo rinchiuse nella propria caverna con tutti i suoi compagni per farne lauto pasto. 573. Ulisse per s
ccecò il solo occhio che aveva in mezzo alla fronte ; indi comandò ai suoi compagni d’aggrapparsi sotto il ventre dei capron
tri ove stavano rinchiusi i venti contrarj alla sua navigazione. Ma i suoi compagni, vinti da indiscreta curiosità, apersero
Sole. Questa Dea, sendo esperta nella magia, usò tutto il potere de’ suoi incantesimi contro lo scaltro re d’Itaca e contro
l potere de’ suoi incantesimi contro lo scaltro re d’Itaca e contro i suoi compagni, perchè non le uscissero dalle mani. Tra
del medesimo Dio obbligò Circe a restituire le primiere sembianze ai suoi compagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il
per la sospirata isola d’Itaca, e fu gran ventura se tanto egli che i suoi compagni poterono resistere, come già narrammo, a
ava, tesseva la lana, lavava la biancheria, le sue vesti e quelle dei suoi fratelli ; e Minerva, Dea delle arti, vegliava su
bucato ; e quel giorno v’andò con le compagne per lavare le vesti de’ suoi fratelli. Intanto che il sole le asciugava, Nausi
buona accoglienza annunziando all’ospite ch’ei farà allestire uno dei suoi migliori navigli perchè lo conduca ad Itaca. Ulis
i e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò col più tenero addio, ed i suoi occhi seguirono per lungo tempo la nave. L’ eroe
Itaca dopo un’ assenza di venti anni. 579. Siccome parecchi principi suoi vicini, che lo credevano morto, erano andati a fa
ella bolgia dei frodolenti, fa palesare a lui stesso il vero fine dei suoi viaggi, e gli fa narrare in altro modo l’ esito d
cchi e tardi, Quando venimmo a quella foce stretta Ov’Ercole segnò li suoi riguardi,106 Acciocchè l’ uom più oltre non si m
per far credere che gli fosse stata data da Priamo (587) ; tantochè i suoi stessi soldati gli si levarono contro e lo lapida
 ; rifabbricò la città ruinata da Ercole (368), e rese floridissimi i suoi stati ; ma il rapimento d’Elena (601) commesso da
riamo, scampò da morte per cadere in misera schiavitù, nelle mani dei suoi nemici. Ulisse, dopo averla lungamente cercata, l
atta ed errante fra i sepolcri de’suoi figliuoli periti tutti sotto i suoi occhi. Presala seco, la menò alla corte di Poline
Tracia, al quale Priamo aveva dato in custodia Polidoro il minor dei suoi figli, con immensi tesori, ed ella trovò sulla sp
chille, e singhiozzando La tremenda baciò destra omicida Che di tanti suoi figli orbo lo fece… Achille stupì a quella vist
. ……….. E gli angui S’affilàr drittamente a Laocoonte ; E pria di due suoi pargoletti figli Le tenerelle membra ambo avvinch
e nei Campi Elisi (216) gli eroi trojani e suo padre, dal quale udì i suoi futuri destini e quelli della sua posterità. 614.
glio Ascanio, che fabbricò la città d’Alba-lunga ; e quindi i posteri suoi in numero di quattordici regnarono sul paese lati
rare un figliuolo, senza bisogno di pigliar moglie. Furono esauditi i suoi voti ; e dalla pelle del bove che aveva ucciso na
ritar tempio ed altari più giustamente di lei. 631. Latona commise ai suoi figliuoli la vendetta di tanta offesa ; laonde Ap
e non potè fare altro che sciogliersi in lacrime sopra i cadaveri de’ suoi cari figliuoli ; e tanta era la sua immobilità ch
pubblica di Firenze vedonsi le statue che rappresentano la Niobe ed i suoi figliuoli, opere attribuite a scalpelli greci ; m
egnale : Ippomene si slancia il primo, e accortamente lascia cadere i suoi tre pomi d’ oro l’ uno a qualche distanza dall’ a
arrano che il gelso restasse tinto dal sangue dei due amanti, e che i suoi frutti cominciassero allora a nascere vermigli in
ma torre di dove Ero, già turbata da tristo presentimento, spingeva i suoi sguardi ora sulla superficie delle acque, ora sop
il suo fratello minore che era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi . Divulgatasi la fama di questo miracolo in tutta
a, e da ogni parte accorrevano gli uomini a consultarla, essendochè i suoi oracoli ottenevano venerazione presso i Romani co
ua tutela ; ed anche senza tale estremo bisogno, la patria adottava i suoi figli e provvedeva alla loro educazione ed alla f
oria riportata ai giuochi Olimpici, condusse un giorno in Olimpia due suoi figliuoli, i quali concorsero, e meritarono la co
carro tirato da sci cavalli, banchettava un giorno in una grotta coi suoi amici, quando ne cominciò a franare la volta, ed
il saggio moderar procuri, Nemico al folle orgoglio, E ognor pacato i suoi desir misuri. Lieti favor non durano, Benchè ad
l quale, volgendosi alquanto a tal vista, esorta palpitando vie più i suoi , chiamandoli a nome. Ma essi, animati dal vicino
e, Nel ritrassero pesto, insanguinato, Tal che nessun più degli amici suoi Ravvisar lo potea. Tosto arso a lui Fu il rogo ;
l’armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi  ? Celeste è questa Corrispondenza d’amorosi sensi
te intorno Con un rampollo di felice oliva Spruzzando di chiar’onda i suoi compagni, Li purgò tutti, e ’l vale ultimo disse.
fratello. 697. Questo Dio, che prima era re d’Argo, avendo lasciato i suoi stati al fratello Egialea, andò a stabilirsi in E
parti alla testa di un grand’esercito, lasciando Iside a governare i suoi stati per lui, e dandole Mercurio (160) per consi
eci. Ebbe anche il nome di Padre delle battaglie, perchè adottava per suoi figliuoli tutti coloro che rimanevano uccisi comb
ran madre terra, sposata al Tartaro partorì Tifeo o Tifone ultimo dei suoi figli con cento teste e cento bocche dalle quali
In quest’isola del mar Egeo era un vulcano che vomilava fiamme ; edi suoi abilanli furono abilissimi nel lavorare il ferro
ca le sinuosità del suo corso, e quella in toro i danni cagionati dai suoi straripamenti. Ercole gli staccò un corno, ossia
ala di Metelina, ò celebre per la fertilità del suo territorio, per i suoi vini squisiti, e per essere stata patria d’uomini
propria nulrice che ivi lasciò sepolta. 105. Per compagnia. 106. I suoi segni. Intende delle cosi delle colonne d’Ercole,
’ infsuzia, alla vista della sua vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi anni, le lacrime di tenerezza le inondarono
lavano le donne, le colombe e gli alberi : Giove Ammone pronunziava i suoi oracoli senza tanto apparato ; in alcuni luoghi s
6 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
a della mala fede di Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; —  suoi figli, 111 ; — suoi oracoli, 122 ; — sua disfida
Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; — suoi figli, 111 ; —  suoi oracoli, 122 ; — sua disfida con Marsia, 125 ; — 
punito da Ercole, 380. Aulide, 529. Aurora, moglie di Titone, 112 ; —  suoi figli, 113 ; — moglie di Cefalo, 116 ; — come é r
i Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; — sua educazione, 149 ; —  suoi viaggi, 151 ; — sposa Arianna, 152 ; — feste in o
191. Celeo, re d’Eleusi, 54. Celo, Cielo o Urano. Sua moglie, 23 ; —  suoi figli, 26. Cencreo, re di Salamina, 229. Centauri
Cercione, masnadiero ; suo gastigo, 413. Cerere, sua nascita, 51 ; —  suoi figli, 52 ; — ratto del[ILLISIBLE]ua figlia Prose
atto di Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; — sue nozze, 40 ; —  suoi differenti nomi, 40-42 ; — come vien rappresentat
nti nomi, 40-42 ; — come vien rappresentata, 44 ; — sue feste, 47 ; —  suoi sacerdoti, 48 ; sacrifizi istituiti in onor di Ci
rra, 647 e seg. Dia, 248. Diagora, 670. Diana. Sua nascita ; 137 ; —  suoi diversi nomi, 138 ; — protegge Endimione, 139 ; —
di Venere, 608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa sua moglie, 609 ; —  suoi amori con Didone, 610 ; — suo stabilimento in Ita
tro di lui, 365 ; — come si placasse, 366 ; — sua educazione, 367 ; —  suoi figli, 368 ; — le dodici fatiche d’Ercole, 369 e
9 ; — separa due monti, 390 ; — è di nuovo in odio a Giunone, 391 ; —  suoi amori, 392, 393 ; — uccide il centauro Nesso, 394
da Giove, 290 ; — suo culto, 291 ; — come vien rappresentato, 292 ; —  suoi figli, 293. Esiodo, 480. Esione, figlia di Laomed
oglie di Edipo, 491. Giove. Sua nascita, 28 ; — sposa Giunone, 64 ; —  suoi figli, 146, 160, 170, 228-230, 270, 274 ; — guerr
meteo, 70, 71 ; — sue metamorfosi, 74, 75 ; — gastiga Licaone, 78 ; —  suoi differenti nomi, 79 ; — suo culto, 81 ; — come è
esentato, 83 ; — pluralità di Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; —  suoi figli, 86 ; — sua indole, 88 ; — sua persecuzione
a. Sue avventure, 125. Marte, Dio della guerra : sua nascita, 255 ; —  suoi figli, 256 ; — ferito da Diomede, 257 ; — come vi
Diomede, 257 ; — come vien rappresentato, 258 ; — suo culto, 259 ; —  suoi sacerdoti, 260 ; — pluralità di Marti, 261. Mauso
l cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi ; — sposa Anfitrite, 188 ; —  suoi figli, 189-191, 201-204 ; — come vien rappresenta
i. Pane, Dio dei pastori, 294 ; — suo simulacro, 295 ; — sue feste e suoi sacerdoti, 296 ; — considerato qual simbolo dell’
. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511 ; — sue avventure, 512, 513 ; —  suoi figli, 514. Pelopidi, discendenti di Atreo, 368.
i Priamo, 589. Polifemo, gigante, 273 ; — tenta far perire Ulisse e i suoi compagni, 572. Polinestore, re di Tracia, 589. Po
8. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo impero, 27 ; — sua moglie, 28 ; —  suoi figli, ivi ; — è combattuto e fatto prigione da.
196 ; — loro perfidi artifizj, 197 ; — tentano di sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa. Sua metamorfosi, 299. Sis
Vello d’Oro, 449. Venere. Sua nascita, 170 ; — sposa Vulcano, 171 ; —  suoi figli 172 ; — Cupido, 173 ; — Imene, 174 ; — le t
Adone, 177 ; — punisce Psiche, 178 ; — luoghi ov’era adorata, 179 ; —  suoi diversi nomi, 180 ; — come rappresentata, 181 ; —
7 (1897) Mitologia classica illustrata
he, temendo Urano di perdere la signoria dell’ universo per opera dei suoi minori figli, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, li rel
orte; e così avvenne. Crono temendo di essere detronizzato da uno de’ suoi figli, li ingoiava tutti appena nati; già ave va
eati. Zeus divenuto signore dell’ universo, divise questo dominio co’ suoi due fratelli, riservando a sè il Cielo, lasciando
una Niche; in fondo si scorge la figura di Rea che invoca pietà per i suoi figliuoli. Già si è detto che vinti i Titan
i i Titani, e ottenuta la signoria dell’ universo, Zeus la divise co’ suoi due fratelli, Ades e Posidone, riservando a sè il
cui mezzo Giove aveva fissato il volto della Gorgone per atterrire i suoi avversari. 2. Alle attribuzioni fisiche del sommo
; ogni capo di famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nome de’ suoi dipendenti offriva a lui regolari sacrifizi. Inso
. Era ritenuto anche il principal dio degli oracoli, ed aveva anche i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei di Dodo
ninfa Adrastea, e ricevette il latte dalla capra Amaltea; e perchè i suoi vagiti non giungessero alle orecchie di Crono, i
on giuochi di guerra, ed essa serbasse un’ accanita ostilità contro i suoi nemici, ad es. nella guerra troiana contro i Troi
serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a terrore de’ nemici suoi . In fondo tutto ciò rappresenta la nube temporale
era. 5. Numerosissimi cenni di Atena-Minerva, e parziali racconti de’ suoi miti troviamo nella letteratura greca e latina. B
in terra prima di trovar un luogo sicuro dove dare alla luce i figli suoi . Finalmente ebbe ospitalità nell’ isola di Delo,
; e celebri cantori dell’ età mitica, come Orfeo e Lino, furono detti suoi figliuoli. Ma la più grande importanza presso tut
ttribuitogli potere divinatorio. Era creduto il profeta di Giove, e i suoi oracoli, considerati come l’ espressione infallib
arco e le saette, riferentisi al dio solare che ferisce col dardo de’ suoi raggi (cfr. l’ espressione lucida tela diei di
visto Artemide nel bagno fu trasformato in cervo e fatto sbranare dà suoi proprii cani, che la dea aveva contro lui aizzati
fu ucciso da Eracle; e del selvaggio re tracio Diomede che pasceva i suoi cavalli con carne umana, finchè fu ucciso anch’ e
carne umana, finchè fu ucciso anch’ egli da Eracle e dato in pasto a’ suoi cavalli istessi; e del re Tessalo Flegias (Phlegy
iere Amazzoni eran dette figlie di Ares. Men rozzo si mostrò Ares ne’ suoi rapporti con Afrodite, secondo la leggenda riferi
offrendogli una parte del bottino; in caso di disdette, attribuite a’ suoi sdegni, si cercava ammansirlo con grandi sacrifiz
fino, dove dice che, invocato da Stilicone perchè venga a difendere i suoi Traci, sorge dalle rupi nevose dell’ Emo e gridan
uoi Traci, sorge dalle rupi nevose dell’ Emo e gridando così eccita i suoi ministri: Fer galeam, Bellona, mihi nexusque rot
’ isola di Efesto; ivi era una grande officina dove lo si sentiva co’ suoi Ciclopi a batter colpi e attizzar vampe di fuoco.
o degli Dei e l’ esecutore dei loro ordini. Veloce più del vento, co’ suoi alati calzari narravasi che percorresse e terre e
on la figura di Giano bifronte. — Si assegnano a Giano come attributi suoi un bastone e una chiave, come Ovidio dice: Ille
te sul suo carro tirato da due cavalli bianchi. Si favoleggiò pure de suoi segreti amori. Tra le altre è celebre la leggenda
etto, e vestitasi del suo mantello d’ oro, si affrettasse a bardare i suoi cavalli Lampo e Faetonte (splendore e scintillio)
zionato come sposo di Eos, e come cacciatore, emulo di Artemide e da’ suoi strali ucciso. Dopo questo, si diceva fosse stato
esse Muse, ma anche i teatri, le biblioteche, ecc. Ogni musa aveva i suoi distintivi, Clio un rotolo di carta e uno stilo;
mabilità, in genere tutte le qualità che rendono l’ uomo simpatico a’ suoi simili. Le Cariti erano oggetto di culto fin da a
Eracle. Uno scultore moderno tentando questo argomento compì uno de’ suoi capolavori, e questi è il Canova (1757-1822). La
e baciarsi. — Nelle opere antiche Eros apparisce solitamente alato, e suoi attributi son l’ arco e le freccie; talora anche
lie Epione, ossia quella che lenisce, che mitiga, che risana; e tra i suoi figli, oltre i due celebri medici ricordati da Om
adducendo le guarigioni miracolose da lui operate, le sue epifanie, i suoi oracoli. 4. Tra le opere letterarie ove si parla
si nell’ Antologia. Fra i Latini, va ricordato Catullo che in uno de’ suoi poemetti scherzosi, volgendo la parola ad un amic
corona murale; nella mano destra tiene un mazzo di spiglie e sotto a’ suoi piedi comparisce la figura del fiume Oronte. Solo
o; perciò incorse nello sdegno di Era che prese a perseguitar lei e i suoi due figli Learco e Melicerte. A dare sfogo a ques
la madre Idea o montana, e rappresentava la natura montagnosa che ne’ suoi cupi recessi alberga e feconda tanta parte della
dare attorno su un carro tirato da leoni, o pantere, e col corteo de’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti
fe. Le leggenda di Dafni è ricordata più d’ una volta da Teocrito ne’ suoi idillii, e diè poi argomento a un celebrato roman
in cura Dioniso bambino e lo allevò e divenne poi fedele compagno de’ suoi viaggi. Più tardi lo si immaginò come un vecchio
, la quale avevalo immensamente arricchito. Ma avvenne a lui quel che suoi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, ta
na di lieti canti e rallegra l’ animo di chi vive in essa, ha anche i suoi solenni silenzi e nella vasta solitudine avvien c
ia minacciava di sterminare l’ umana schiatta. Invano Zeus le inviò i suoi messi per ammansir la corrucciata e indurla a tor
leo e altri tre principi Eleusini, Trittolemo, Eumolpe e Diocle, come suoi sacerdoti iniziandoli ai misteri del proprio cult
n però da tutti tu accolto benignamente; trovò le sue opposizioni e i suoi nemici; onde la Dea dovè intervenire castigando i
solo le donne maritate. Il culto di Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione di Dem
maritate. Il culto di Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione di Demetra colle divi
ferno. Allorquando, dopo la vittoria di Zeus, questi aveva diviso co’ suoi fratelli il dominio dell’ universo, toccò ad Ade
Cimmerii e l’ evocazione dell’ ombre e la predizione a lui fatta de’ suoi casi futuri. Qui però non si parla di una discesa
ella morte di suo marito Ceice. Ivi si dan compagni al Sonno i Sogni, suoi figli e ministri, ed è Morfeo quegli che obbedend
i protettori della cucina casalinga. — Nè solamente ogni casa aveva i suoi Penati, ma anche lo Stato, considerato dagli anti
dola come cani di guardia, lavorivano la prosperità e la felicità de’ suoi abitanti. Niun avvenimento, triste o lieto, accad
zia di Apollo, il quale, allorquando, in punizione d’ aver ucciso co’ suoi dardi i Ciclopi fu obbligato a rimaner schiavo di
ra; invece la bella e fiorente Alcestide, sebbene affezionatissima a’ suoi due figliuoli, non dubitò accettar la morte per p
i eroi greci a Troia, e si la notare specialmente per la bellezza de’ suoi cavalli; Apollo stesso li aveva più volte abbever
alo. Apparecchiandosi a sacrificare la vacca a Zeus, avendo mandato i suoi compagni ad attingere acqua ad una fonte vicina p
dmo, insospettito, andò egli stesso alla fonte, e vista la strage de’ suoi , sostenne fiera lotta col drago e infine l’ uccis
gliare una pietra sul drago, mentre dietro lui sta Atena che dirige i suoi colpi, e davanti una figura seduta che personific
lla più vecchia Autonoe, cioè Atteone, mutato in cerva e sbranato da’ suoi cani per castigo di aver vista in bagno Artemide,
ornito di corna che prenunziano la metamorfosi, si difende da due de’ suoi cani che lo hanno assalito. c) Antiope e i
ende da due de’ suoi cani che lo hanno assalito. c) Antiope e i suoi figli, Anfione e Zeto. 1. Allorquando Cadmo la
di straordinaria bellezza, chiamata Antiope. Costei avendo concesso i suoi favori a Zeus avvicinatosi a lei in forma di Sati
e, e per fortunata combinazione trovò nelle solitudini del Citerone i suoi due figli omai cresciuti, ai quali, dopo riconosc
eus), voleva impedire alle donne tebane il culto alla dea Latona e a’ suoi figli, di cui ella stimavasi di molto superiore;
Frigia, dove ancor non cessa di versar lagrime. — Non più felice ne’ suoi rapporti domestici fu Zeto. Egli sposò Aedona (l’
n piangere e lamentarsi. Convertita da Zeus in usignolo, continua co’ suoi queruli trilli a rammentar la sua disgrazia. Dell
n altri giochi di Potnia presso Tebe; e la disgrazia fu che i cavalli suoi infuriati gli guadagnaron la mano e ne fecero str
il divino eroe se la cavò anche allora uccidendo a uno a uno tutti i suoi assalitori. Finalmente Jobate preso d’ ammirazion
stro s’ avvicinava pien di desiderio a lei, quando Perseo volando co’ suoi alati calzari giunse in Etiopia. Subito s’ offrì
ai figli di Mezione o Mezionidi, si fosse rifugiato a Megara; di là i suoi quattro figli, teste nominati, i Pandionidi, si s
mitica. Allorquando Egeo prese congedo da Etra, pose la sua spada e i suoi sandali sotto un masso sul monti tra Trezene e Er
tiopa), Teseo pregò Posidone a punirlo, e questi, mentre Ippolito co’ suoi diletti cavalli scarrozzavasi lungo la via del ma
iografia regolare, come si trattasse d’ una figura storica in tutti i suoi particolari, scrisse in più tardi tempi Plutarco.
ndo alcuni anche di Sarpedone, eroe licio. Zeus poi laseiò Europa e i suoi figli alla custodia del re del luogo, Asterio. Ch
eus Asterios, come a dire Dio degli astri, cielo stellato. Cacciati i suoi fratelli, Minosse regnò solo in Creta e si sposò
uo destino. Di che egli montato in furore, così la leggenda, uccise i suoi tre figli avuti da Megara e due figli di Iflcle.
n masso enorme. Nella bile velenosa sparsa dall’ idra morente tinse i suoi dardi, e ne ottenne che le ferite da quelli prodo
rapire la regina; allora le Amazoni presero le armi contro Eracle e i suoi . Ne seguì aspra zuffa; Ippolita fu da Eracle ucci
esso, sentito di che si trattava, non dubitò promettere il decimo de’ suoi armenti, tanto era persuaso dell’ ineffettuabilit
he, offeso dai raggi cocenti del sole tramontante, puntò contro lui i suoi strali, onde Elios ammirato di tanto ardire gli l
orte, ma egli spezzò le catene ond’ era avvinto e uccise Busiride e i suoi figli, facendo poi anche baldoria alla tavola reg
bionda e bella figliuola Iole in isposa a chi sapesse vincere lui e i suoi figli nel trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano
on voleva concedergli la figliuola pel motivo ch’ egli aveva ucciso i suoi bambini avuti da Megara, ed era stato in servitii
. La città fu presa e Laomedonte cadde per mano d’ Eracle con tutti i suoi figli, ac eccezione di uno, Podarce. Eracle diede
riscattato, e divenne capostipite dei Dardanidi. — A questo punto si suoi collocare la spedizione contro Augia e l’ istituz
di sposar Iole, tornò sull’ Oeta, ivi fe’ erigere un rogo per finir i suoi strazi tra le fiamme. Ma niuno de’ suoi voleva da
’ erigere un rogo per finir i suoi strazi tra le fiamme. Ma niuno de’ suoi voleva dar fuoco al rogo; infine Peante padre di
in di lui onore e gli sacrificò uno dei buoi ricuperati. Evandro ed i suoi fecero festa ad Ercole che aveva liberato quei lu
enso Orazio parla di lui quando descrive l’ uomo retto e costante ne’ suoi propositi, cui nè i torbidi politici nè gli accid
i ammansare quel firo animo. Riprese le armi e postosi alla testa de’ suoi , diè tale assalto ai nemici che questi rimasero p
ne la cessazione della siccità. Allora Nefele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono di un ariete dal vello d’
e principali da Omero e da Esiodo, ispira poi, in questo o quello de’ suoi momenti, nobili opere ai poeti posteriori; la qua
tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide mettono in iscena Giasone ne’ suoi rapporti o con Medea o con Fineo o con Eeta e i C
o è nel Museo Lateranense, e rappresenta Medea in atto di preparare i suoi farmachi circondata dalle Peliadi, per far ringio
ersuasione che Polibo e la di lui moglie Merope (o Peribea) fossero i suoi veri genitori. Ma un giorno in un banchetto qualc
re. Egli allora pensò di evitar Corinto, dove credeva aver lasciato i suoi genitori, e s’ avviò per la strada di Tebe. A un
fratello. Si finse pronto a riconciliarsi con lui, e lo richiamò co’ suoi a Micene. Tieste fidando nelle parole del fratell
co’ suoi a Micene. Tieste fidando nelle parole del fratello venne co’ suoi due figli, Tantalo e Plistene, alla reggia di Mic
olita), moglie di Acasto, si invaghì di Peleo, ma lo trovò ritroso a’ suoi desideri e allora calunniollo presso il marito, c
tre generazioni; pure vi prese parte e giovò colla sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di L
li uomini; e da costui nacque Troo che diè il nome ai Troi o Troiani, suoi discendenti. Ebbe infatti tre figli, Ilo, Assarac
do Paride, che era bellissimo ed aitante della persona, vinto tutti i suoi fratelli in certe gare istituite da Priamo, venne
sicato da un serpe in un piede; dopo di che molestando i compagni col suoi lamenti e col fetore della ferita, si deliberò di
de ancella di Achille; e in fatto, lasciata Criseide al padre mando i suoi messi a prendere Briseide e la fè condurre alla s
alla sua tenda. Achille sdegnato di questo procedere si appartò fra i suoi , rifiutando di prender più oltre parte alla guerr
cità di non essere mai creduta, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non era stata accolta che con
nni prima di tornare a Sparta; ma ivi giunto godette per il resto de’ suoi giorni non interrotta felicità. Trista sorte inve
ll’ isola di Cipro e ivi fondò una nuova Salamina, ove si stanziò co’ suoi . Ma la serie più interessante di avventure capitò
distrusse la lor città, ma poi sorpreso di notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partitosi di là, stava girando il prom
i (mangiatori di loto, un frutto di color rosso) nella Libia. Tre de’ suoi compagni, mandati a esplorare il paese, gustarono
un mare in apparenza calmo e seducente. Ulisse tappò le orecchie de’ suoi compagni con cera; egli stesso si fe’ legare all’
miva in quel momento che i Feaci lo sbarcarono e deposero con tutti i suoi tesori sulla riva, n) Negli ultimi anni la casa d
infine riconoscere da Penelope, con lei e col vecchio Laerte visse i suoi ultimi anni felicemente nella sua patria. La trad
avamente difenderla, ma poi visto che era tutto perduto si ritirò co’ suoi sul vicino monte Ida portando a spalle il vecchio
nati comparsigli in sogno gli additarono l’ Italia come la patria de’ suoi maggiori. Allora egli si rimise in mare diretto i
gorie dei vati, dei poeti, degli artisti. 2. Ogni stirpe greca ebbe i suoi vati e indo vini; in parte li abbiamo già ricorda
lla Tessaglia in Messenia ivi propago la sua stirpe; Melampo e Biante suoi figli vissero e fiorirono contemporaneamente alla
ra figlio della Musa Urania, come Orfeo di Calliope, e rallegrava de’ suoi canti le regioni dell’ Elicona. Forse costui non
a terra, mentre l’ ardente Vucano va a visitare le gravi officine de’ suoi Ciclopi. » 12. « In questa statua in piedi e ves
tirano i fiumi e si vedono uscir fuori le colline; ecco il mare rià i suoi lidi e nel loro alveo contengonsi i pieni fiumi;
8 (1880) Lezioni di mitologia
dell’Autore, si acquisterà migliore intelletto del suo metodo4 e de’ suoi fini, e apparirà splendidamente la singolare armo
ssea ancora imita l’astro medesimo allora che tramontando, sembra coi suoi raggi mandare l’ultimo saluto alla terra. Ma poco
ombro. Ciò per molti secoli fu infinito: ma lo spirito s’innamorò dei suoi principj, si mi schiò con essi, e questa misura f
invisibil natura, il supremo dominio delle cose, la spiritualità dei suoi moti. Nell’evo era simboleggiato l’universo. Eppu
umi. Orfeo, che molte cerimonie relio’iose istituì colla divinità dei suoi versi, viene accusato per alcuni di avere a suo c
a cosmogonia orfica, egli potrebbe trionfare di tutte le calunnie dei suoi avversarj. In tanta discordia di opinioni, non po
i quali aveano cento mani e cinquanta teste. Teneva Cielo rinchiusi i suoi figli, onde la Terra era afflitta. Nel suo dolore
tanto la discordia fra gli Dei, e Cielo minacciava di punire i Titani suoi figli. La Notte, benché niun dio degnasse il suo
i Titani la memorabil vendetta. Stige giunse la prima sull’Olimpo coi suoi figli; lo che tanto piacque a Giove che doni ed o
vecchio consultati gli oracoli, che predetto gli avevano che uno dei suoi figli gli avrebbe tolto l’impero del cielo, onde
dava alla luce. Ma nulla basta contro il Fato. Rea consigliatasi coi suoi genitori presentò a Saturno una pietra coperta di
volendo vendicare i Titani, e generò l’ultimo e il più terribile dei suoi figli. Tifone, dalle di cui spalle nascevano cent
fé, mescono il sangue Quattro destrier d’alta cervice, e quattro Fidi suoi cani: e ciò bastasse: Ah ch’entro L’alma d’Achill
n voi deve produrre l’aridità di queste ricerche. Seneca intanto, coi suoi versi immaginosi, vi sarà di sollievo. Il Sacrif
idere Antiope sua moglie e figliuola di Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguirono gettandosi nel fuoco8; vittima vo
po tale Che prima al re titol di padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più cari Fu condotta all’aitar tutta tremante: No
te, o Greci, odimi Achille: Adesso un Dio per me vi parla, e spiega I suoi decreti e la sua scelta. Un’altra Ifigenia macchi
, e forse del feral coltello Le dimore accusava, e il volsjo ammira I suoi natali e la sua sorte: il core Pietà furtiva perc
sse dopo la pugna famosa, e coll’eterna armonia della sua cetra e dei suoi versi di incognita e maravigliosa dolcezza così r
così riempisse il cuore dei numi. Il divino Pindaro colla maestà de’ suoi versi ci dipinge l’aquila, assisa sullo scettro d
se la sua divinità il padre degli uomini e degli Dei, onde essere dei suoi amori contento. Dopo le nozze di Meti figlia dell
e folta, Che con la ninfa il tenesse nascosto; Qui lei fermata ed ai suoi preghi volta, Non pensa di partirsi così tosto, M
dando intorno. Del marito ha timor, che in ciel non vede, E conosce i suoi furti e la sua fede. Noi ritrovando in cielo, è
ttorno: Che, se ben dietro a lui si parte o riede, Dinanzi agii occhi suoi sempre la vede. Lascia che pasca il dì l’erbose
veramente parca che piangesse. Parca che con Giunone e col marito De’ suoi strani accidenti si dolesse, E che chiedesse il f
e mai giocondo e grato E tornata che fu l’umana faccia, I pie dinanzi suoi si fer due braccia. L’unghia sua fessa di nuovo
lo insegna, riportando queste parole pronunziate da Romolo, mentre i suoi cedevano; — Padre desili uomini e degli Dei, qui
n eburnea cella, Nido d’ogni delizia, accoglie e serba Tutti i tesori suoi . Spiccan tra questi Due preziosi arnesi: e primo
conchiglie Formar candide bacche, a cui frammisto Fulgido elettro de’ suoi rai l’asperge. Tra ‘1 scintillar di quei raggiant
ile adorna Vide al suo piede il già pentito sposo Chieder gemendo de’ suoi proprii oltraggi, Quasi di proprie colpe, a lei p
la Fortuna Equestre, volle l’antica superstizione che colla morte de’ suoi figli fosse della sacrilega rapina punito. Giunon
sse stabilito da Ercole, quando dopo aver pugnato con Ippocoonte ed i suoi figli, volle onorare la dea, che favorevole gli e
di soccorso, e tante Morì sul labbro la parola. E Giove Ed i fulmini suoi m’eran sugli occhi, Quando Giuno soggiunse: Ah mi
Nettuno al tumulto levasse il capo grazioso fuori del mare, e che ai suoi detti i rivali fratelli le contrastate acque abba
a meta in Ega, Ove d’auro coruschi in fondo al mare Sorgono eccelsi i suoi palagi eterni. Qui venuto, i veloci oro-criniti.
bra, e l’aria vezzosa del volto, son rammentati da Luciano in uno dei suoi Dialoghi, in cui delinea collo spiritoso suo stil
va dal Foro Romano l’ imminente Campidoglio colle sue fabbriche e coi suoi templi. In questo piano adunque, oltre le colonne
lacavano onorandolo sopra ogni altro dio come narra Giulio Cesare nei suoi Commentarj. Di Mercurio Agoreo, di cui il simulac
, il petaso, il caduceo, la borsa. Non sono però questi simboli tanto suoi proprii che senza uno o più di questi non s’incon
cia, che il dio intorno al collo sperava. Trionfò Apollo delli stessi suoi danni, facendo a sé sacro l’ albero in cui si can
Marziale un epigramma sovra il Saurottono, che si ammirava in Roma a’ suoi giorni, e così si esprime: — fanciullo insidioso,
eo figlio di Antifemo. È fama che la Terra pronunziasse ella stessa i suoi oracoli in questo luogo, e pure i suoi Nettuno co
rra pronunziasse ella stessa i suoi oracoli in questo luogo, e pure i suoi Nettuno col ministero di Pircone. Si pretende che
dalle contrade Iperboree la costruzione del tempio ove Apollo dava i suoi oracoli: asserisce inoltre che molti fra loro pro
I poeti dicono che fu da Apollo ucciso un drago, cui la sicurezza dei suoi oracoli aveva la Terra affidata. Si racconta anco
una freccia mortale contro il bandito del Parnaso, e lo distenderà ai suoi piedi. Macchiato di un sangue così vile, ricorrer
cresce poi il piacere a considerare le perfezioni d’ogni sua parte. I suoi capelli raccolti in un nodo sopra la fronte, e ci
il sopracciglio del dio del giorno. Il lungi-saettante si ravvisa nei suoi sguardi, e la sua faretra appena agli omeri sembr
etteratura, che si è compiaciuta fare al pubblico un dono postumo dei suoi scrìtti. Mi conviene, dissi, dissentire in ciò ch
la tranquillità dell’animo rimaner sembrano inalterabili, e gli occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mostrar suole
, e come amante Spera quel che desia; mentono al nume Pur gli oracoli suoi . Qual lieve paglia Arde, e splende per largo ince
este arti, e a compiacersi di riportarla come di uno dei più gloriosi suoi fasti. Ci narra Svetonio che volle esser venerato
sovente è detto da Omero, perchè equiparato al sole che da lontano i suoi effetti produce. Pagaseo, perchè in Pagase, ove l
, e dell’immenso Olimpo il re, che colla man tremenda Vibra i fulmini suoi , paventa, o figlio, Questo mio carro, e chi maggi
abil acque: ah tu più saggio Sii nei tuoi voti: — Avea Febo compiti I suoi consigli: non gli udì Fetonte, E la dimanda incal
ra il freno errante Abbandona. Lo sente Eto sul tergo, E dei fratelli suoi la fuga accresce: Non ha legge l’error: l’impeto
o le strade e i porti. — Così avendo favellato confermò colla testa i suoi detti. Andò quindi la fanciulla a Leuce monte di
ione del nostro simulacro non sia quella della caccia, ma che lanci i suoi dardi o contro il tentatore Orione, come canta Or
atto di cacciatori veggonsi i Fauni e anche i Centauri, che pur sono suoi seguaci: Narcisso in una pittura dell’Ercolano, q
i si attribuisce, non si osserva ora che nelle immao’ini di Bacco de’ suoi seguaci. E questo l’ephaptis, che secondo Polluce
al cielo Facea l’ombre minori, allor che chiama L’Ianzio giovinetto i suoi compagni, Che gian pei boschi con error diverso:
a lo segue: ei fugge Pei luoghi istessi ove inseguì le belve; Fugge i suoi servi: dir volea: Fermate, Sono Atteone, conoscet
asti le infallibili saette sopra una città di scelerati, che contro i suoi , contro gli stranieri, molte colpe avea commesse.
etto orizzontalmente in guisa che stendasi sui circostanti oggetti. I suoi capelli sono d’ogni intorno della testa ripiegati
llenta alfine La fuga, e stanno ver la tomba antica, Che dei regi avi suoi l’ossa nasconde. Sospirando vi corro, e m’ accomp
e, ove discende L’acqua dei rivi che le piogge unisce. Qui violento i suoi nemici incontra Il cinghial, più di folgore veloc
ide. Incerto Fra vendetta e timor di fato eguale Stava il fratello: i suoi dubbi interrompe Meleagro, e nel sen ribagna il f
Ai templi degli Dei doni portava Altea pel figlio vincitor, ma vede I suoi fratelli estinti, e palma a palma Batte: d’alte q
me un simbolo della natura. Così si esprime quel dottissimo Padre ne’ suoi commenti all’Epistola di San Paolo agli Efesini:
elice, che Giove sedusse, mentre s’aggirava sulla terra bisognosa de’ suoi uffìcii pei danni dall’ ardimento di Fetonte prod
nte volte non ardì posarsi, E verso i lari errava, e per li campi Già suoi : fuggiva dei latranti cani L’ire minori fra scosc
un trofeo; per aver Medusa contrastato con Minerva sulla bellezza dei suoi biondi capelli, per tal presunzione cangiati in s
l’armi di Diomede, che dall’opportunità del luogo invitato, scese coi suoi compagni in questo loco, ove, ardendo le navi di
a onde il petto della dea si suppone armato, la quale coi rilievi dei suoi orli guerniti di serpi sospenda così il sovrapjos
lor che ai bagni Cari a Diana involontario errore Lo condurrà: ma dei suoi cani stessi Sarà cena feral: la madre afflitta Er
questa dea si trova suU’ altare della Villa Borghesi. Nel numero dei suoi attributi è ancora il ventaglio: il pomo, perchè
illo. A questo allude Properzio in quel verso: Portò Venere stessa ai suoi l’armi di Cesare — e a questo si riferiscono tutt
o, e sopra un basso rilievo della Villa Borghesi, si vede lavorar coi suoi compagni i Ciclopi, che qui hanno due occhi. I Fa
e corna Ventila a voto, e s’arrabatta e scrolla. Ma cade oppresso; i ‘ suoi muggiti ascolti Se credi al ofuardo: le voraci fe
Marte per questo motivo. Aveva il nume, per assicurare il segreto dei suoi furti amorosi con Venere, posto Alettrione a cust
pace. Qualche volta egli è rappresentato sopra una biga condotta dai suoi figli il Terrore e la Fuga. Una sola figura del P
, e trema In rimirarlo. Opposta ad Euro giace L’implacabile casa, e i suoi furori Le fan corona. Son di ferro i muri, E di f
rona. Son di ferro i muri, E di ferro le soglie e le colonne. Quivi i suoi raggi perde il sole, e fugge L’atre sedi la luce
la profonda neve Dà loco. Regge con la man sanguigna L’atra Bellona i suoi cavalli, e stanca A lor con l’asta il polveroso t
di tutto ciò che si referisce all’agricoltura a questa divinità, e ai suoi primi allievi. Così lo staccio non poteva essere
porre nell’opere a Cerere relative. Una rappresenta questo insetto ai suoi piedi, l’altra al suo carro lo aggiunge. I galli
ostri oma^^sri innanzi alla Terra che la prima fra gli Dei qui rese i suoi oracoli; in seguito a Temi che a sua madre nel sa
provisa notte Splendon le fiamme che nel cielo avventa, E con i danni suoi l’incendio nutre. Ma benché bolla per soverchio a
e Frigie sedi Di Cibelle turrita. Onde le membra Pieghevoli dirige ai suoi serpenti, E l’aer fende, e tratta i nembi a volo.
stra ostenta le spighe, dono da lei fatto alla nostra specie, che pei suoi insegnamenti mutò la ghianda caonia con la pingue
li era la prima dispositrice, finalmente per ogni luogo a cagione dei suoi misteri che sembravano conciUare la filosofia col
un giorno, sedendo presso il simulacro della dea, o per astenersi dai suoi doni, o per timore della carestia già da lei mand
re apparizioni, spaventando le menti, le convinceva della santità de’ suoi prestigi. Secondo Aristide, il tempio Eleusino ac
tutto germogli: Ibla fertil c’invidii, e a noi conceda La gloria dei suoi vinti orti: dispergi Nelle mie vene quel che spir
s’inspira a lui nel volto; Nelle fauci, nel sen gli soffia, e versa I suoi digiuni nelle vuote vene: Compita l’opra, la feco
cader del giorno. Sacrifìcavasi a questa dea il gallo come animale ai suoi silenzi: nemico. Molti figli attribuisce la Mitol
ndio, come vuole Pausania, o si ammirava, come vuole Plinio, anche ai suoi giorni ne’ porticati di Ottavia. Asserisce questo
ì vedendo, e l’adorò la terra. Venere al terzo Cielo Tornò da’ freddi suoi vedovi altari Te consigliando alla giurata guerra
che sono sulla terra perpetua eredità dell’uomo. Questo Dio però coi suoi benefizii ci rapisce, quasi crudele esattore, la
ata, simbolo dei seutimenti che per lui si estinguono. L’ara che è ai suoi piedi é forse quella di Trezene, ch’ebbe comune c
o, postivi quasi altrettanti emblemi ad esprimere la sua possanza e i suoi pregi. « Il primo, e il più raro, è il ghiro, ani
rar la forza Non potea: pel segnato arco ritorna. Ma fra la plebe dei suoi figli il padre Chiama Morfeo che mente ogni figur
ella Tessaglia, e si applicò con tanta saviezza a render giustizia ai suoi popoli che fu considerata sempre dopo come la dea
esse alla dea di poter dar pubblica testimonianza dell’inno cenza dei suoi costumi. Dopo la preghiera afferrò la fune in mez
i modi narrata. Ovidio narra che Ati scelto dalla dea per custode dei suoi santuari gli promise castità eterna. Innamoratosi
ma Dal placido riposo Ati riscossa Rimembrando con fresca memoria Dei suoi casi la flebile storia, E veggendo chiaramente Qu
titolo di Padre degli Dei, forse per la crudeltà ch’esercitò contro i suoi figliuoli. Forse ancora l’idea della sua atroce n
enza dubbio gli antichi a consacrare questa isola al dio del fuoco. I suoi sacerdoti avevano la reputazione di guarire le mo
consultare 1’ anima di Tiresia sui mezzi di ritornare felicemente ne’ suoi stati. Si vede subito un fiume ch’è l’Acheronte:
nuto cieco: la sua aria è melanconica ed abbattuta, la sua barba ed i suoi capelli sono incanutiti per la vecchiaia: egli ha
pere dei grandi maestri. Conviene non ostante sapergli buon grado dei suoi viaggi, dei quali vi consiglio la letttura, onde
è un luogo chiamato Acè, cioè medicina, perchè Oreste fu guarito dai suoi furori, ed eglino vi hanno edificato un tempio al
iderio ardente E la voglia paterna, onde egli sia Compagno agli altri suoi malnati amanti. Io son pur, lassa me: vergine e d
ali alberghi Per numerar gli esanimati corpi Dei miseri fratei generi suoi . Che si giacean nei mal bramati letti, Nel sangue
le opere buone e cattive è comunemente rappresentata con una ruota ai suoi piedi, e tenente un freno nella mano, che da Buon
ne è di melo selvaggio per mostrare la durezza e l’inflessibilità de’ suoi decreti. Una figura di marmo alla Villa Albani è
tura, è Nemesi probabilmente, ed hanno creduto per isbaglio un elmo i suoi capelli annodati sulla cima della testa. L’allego
lcro. « La misura del cubito era il primo e il più caratteristico dei suoi simboli, col quale non solamente la giustezza ind
per l’arte memorando, che da Varrone venia preposto a quanto sino da’ suoi tempi aveva saputo effigiare la greca scultura, s
acere in quello della dea dell’ indegnazione, che sperava ultrice dei suoi torti, e tale infatti la rese la perfezione, coll
li vivaci. Stava accanto al padre Icaro, e tratta con ridente volto I suoi perigli, ignaro, ed or le piume Serra, che mosse
e e in medaglie: non così però in marmo, e col corredo conservato dei suoi attributi. La nostra, dissotterrata nello scavo a
n onore di questa divinità istituì pubblici giuochi dopo aver vinti i suoi nemici. Generalmente la Vittoria è rappresentata
se più lungo culto fra le deità del Paganesimo, non essendo cessati i suoi pubblici sacrifìzii che verso la fine del quarto
scrivere con piiì franchezza, e dall’altra suol tanto diffondersi nei suoi scritti, che male a proposito cercherebbe di regi
maniera di rappresentarla quando veniamo in un’esatta cognizione de’ suoi studii prediletti e delle sue varie incombenze. I
a con cui i matematici indicavano nelle scuole loro le figure, sono i suoi distintivi, tanto conosciuti e tanto costanti, ch
i sottoporre epigrafe alcuna a questa Musa come abbastanza palese dai suoi attributi. « E vero che nella nostra statua cotes
camente lo stilo, non so se disposta a segnare sulla cera le note dei suoi pensieri, o disposta a rivolgerlo per cancellare
, come tutte le seguenti, di alloro, e che ha nell’area un volume coi suoi lacci svolazzanti: al rovescio si vede una figura
n ostante la sua bellezza ve lo mostrerà, la sua grande ‘ statura e i suoi rasi capelli. Presentemente egli piange prostrato
fece sull’uccisore di Patroclo. Mennone è non ostante in piedi fra i suoi Etiopi schierati in battaglia: aspro e terribile,
alazzo Ruspoli. Sopra una pietra incisa, rammentata da Winkelmann nei suoi Monumenti inediti, si vedono due Grazie che a Ven
perchè questo fiume, quantunque scorra nell’Egitto, ha nell’Etiopia i suoi fonti. Ah quanta forza e vigore mostrano i suoi o
to, ha nell’Etiopia i suoi fonti. Ah quanta forza e vigore mostrano i suoi occhi benché spenti dalla morte I Mirate la lanug
alute: onde Apollo era fatto padre di Esculapio, perchè il Sole con i suoi annuali giri comunica la salubrità all’aria. Alla
late adesso la pittura: la stanza ov’egli infuria contiene Megara co’ suoi figli; i vasi, le mole per le vittime, le legna d
anto più che gli statuarii han voluto esprimere in un sol simulacro i suoi diversi attributi, altre volte non ne han conside
, le mie notti Da questa imago liberate: Invadono Gli aditi, e le de’ suoi membra già care, Fra le mense ed il vino in preda
ula voce in questi accenti: Ninfe Amadriadi mi ascondete: Agave Ama i suoi figli: e saran ree le mani? Ah madre mia, madre c
bella Semele, che a Venere paragona. Lo splendore del giorno nuoce ai suoi amori: egli sollecita il sole a finire il suo cor
e chiama la notte troppo lenta a coprire col suo velo il mistero dei suoi piaceri. Finalmente giunge la notte: il cielo non
minato che dalle stelle. Giove discende sopra Semele, e gli prodiga i suoi favori, prendendo presso lei tutte le forme che r
Furberia, che errava sulle montagne di Creta sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timori: ella le dice di temer
a sulle montagne di Creta sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timori: ella le dice di temer che Giove non finis
te attaccato. La interroga qual è il mortale, o il dio che ha avuto i suoi primi favori. Dopo molte dimando la persuade che,
soglia, e ne fremeva L’Eolia casa: impaurito il sole Nuovo cammino ai suoi destrieri insegna Ino tremò: mesto terrore invade
bero vita Per me le spume, e da lor tengo il nome Grato. — Nettuno ai suoi preghi acconsente: Scioglie da tutta qualità mort
iceverlo, e pongono sulla sua testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli di un serpente tortuoso, di cui la fronte
cia della sua vendetta il toro crudele nello stesso tempo che pasce i suoi occhi nel veder le grazie del suo misero amante.
ht; inalza la sua coppa. Uditi questi detti, la giovine ninfa volge i suoi sguardi sul muro, ove dell’universo il fato sta s
to da una rupe con le gote gonfie pel corruccio, e punge le donne coi suoi sdegni violenti. Elleno non s’ avveggono di quell
basciata, Iride risale al cielo. Nelristante Cibele invia il capo dei suoi cori e delle sue danze per riunire un’armata, che
zione del pari che gl’Italiani da Fauno comandati. Emazione conduce i suoi guerrieri di Samotracia: e già tutte le schiere e
nto seguente il poeta ci dipinge Cibele che arma in favore di Bacco i suoi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al suo soccorso i
poeta ci dipinge Cibele che arma in favore di Bacco i suoi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al suo soccorso i due Cabiri fig
ta della quale Bacco si move. Il poeta ne descrive la sua armatura, i suoi vestiti, che rappresentavano il cielo e le stelle
una giovine cacciatrice, che stava sopra una rupe scoscesa avendo ai suoi piedi un leone terribile, che abbassava davanti a
spressa la passione di lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le sue preghiere, e scocca una frec
e quali discende. La segue per tutto: ma la crudele nega soddisfare i suoi desiderii, lo minaccia, e s’ invola alla sua pers
ua verginità, vuole uccidersi e cerca il rapitore per trapassarlo coi suoi dardi. E costretta ad esiliarsi dalle selve a lei
li. Oronte dà esempi di valore ai proprii soldati, e nulla resiste ai suoi sforzi: egli si misura collo stesso Bacco. Il num
rmire come Bacco. Lo dio ha un sogno che lo sveglia, s’arma, chiama i suoi Satiri: Stafilo e Botri si svegliano con Pito: Me
n araldo al capo degl’Indiani, a Deriade per proporgli di accettare i suoi doni, o di prepararsi al combattimento, ed aspett
anti alcion percosser l’ali Alla vergine intorno, e in flebil carme I suoi casi piangendo, ombra le fanno Delle conteste piu
ale la Discordia, colle sembianze di Cibele, viene a rimproverargli i suoi ozii, e 1’ esorta a combattere contro Deriade. Ba
te in vite. In questa nuova figura ella incatena il suo vincitore coi suoi giri tortuosi. Invano tenta di liberarsi. Le ladi
fra le loro acque, e gareggiavano neir accarezzarlo. Melicerta ed Ino suoi parenti, divinità marine, gli sono liberali d’ og
e minacele, e rimanda il suo araldo. Gli dice che se vuol rivolgere i suoi passi verso la Battriana vi troverà il dio Mitra,
verà il dio Mitra, e in Persia Tassino Fetonte. Quanto a lui ricusa i suoi doni e il suo vino, e non vuol bere che le acque
isteo, Mercurio prende cura di Pane figlio di Penelope, e Vulcano dei suoi Cabiri. Bacco s’inoltra alla testa della sua arma
si del riposo in cui languiva, si duole degli ostacoli che Giunone ai suoi trionfi frappone. Ati l’amante di Cibele, di cui
veva partorito di poco; e Saturno che divora le pietre che prende pei suoi figli. Tali erano a un dipresso i soggetti mitolo
cielo e riprende le antiche sembianze. Deriade unisce incontanente i suoi guerrieri, che chiama da tutte le parti dell’Orie
isfatta. Non ostante Deriade pieno di un’orgogliosa fiducia dispone i suoi Indiani contro lo dio, e loro rivolge un discorso
questa vedendola afflitta ne domanda la ragione: Giunone le espone i suoi timori sulle conseguenze dell’afi’etto che Giove
al sonno sono presi, la Furia si arma contro Bacco, e già fischiano i suoi serpenti. Nella figura di un leone infuriato si p
gura di un leone infuriato si precipita sopra Bacco, e gli comunica i suoi furori. Ne sono descritti i terribili effetti nel
di sua madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espone il motivo dei suoi timori per Bacco, e lo persuade a prender parte n
hé nero, ispirar questa passione, e Calcomedia compisce l’inganno coi suoi discorsi. Intanto ella profitta del silenzio dell
esidererebbe di mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder potesse, nella form
mira nel canuto petto Queste ferite. — Mise acuto grido Erigono: nei suoi sonni di pianto Desiava abbracciarlo, e le parea
monumenti avanzati all’ ignoranza ed al tempo. Quindi vi parlerò dei suoi seguaci, cioè dei Satiri, dei Fauni, dei Centauri
il primo a veder luce nell’antichità figurata. Vogliono che Bacco e i suoi seguaci si servissero delle aste armate, come si
assando la testa tanto la pieghi fino alla parte destra, che guardi i suoi fianchi, e che lo lanci come levandosi da terra,
: le sue forme sono belle, ed esercitate alla corsa. Apollo abbassa i suoi occhi al suolo fra la maraviglia e il dolore. Ahi
o, qualche volta un ramo di ferula, che come simbolo d’iniziazione ai suoi misteri si dà pure ai suoi ministri e alle sacerd
ferula, che come simbolo d’iniziazione ai suoi misteri si dà pure ai suoi ministri e alle sacerdotesse. Diodoro la vuol de
so con Pan; ora guerriero, ora protettore dell’ armento fu creduto. I suoi figli sono creduti deità fatidiche, sino ad Augus
imento lo espiò, raccolse liberalmente nel cielo, lo mise a parte dei suoi segreti. Issione divenuto felice ritornò scellera
fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia di Bacco e dei suoi seguaci. « Le tredici figure componenti il bassor
ici di Bacco negli antri di Nisa in Arabia, anzi l’accompagnarono nei suoi viaggi, come alcuno aggiunge, e furono cangiate n
il luogo agreste della scena, quale appunto amavasi da quel nume pei suoi diporti non meno che per gli arcani riti. « I bas
nor Jenkins, rappresenta il simulacro di Bacco fra le offerte dei dei suoi seguaci; la stessa è scolpita in un vaso e in un
le membra paterne, ed è in atto di lanciarsi in braccio al germano. I suoi capelli sono cinti già di diadema come a re si co
ore di religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la sua clamide, i suoi calzari somigliano estremamente a quelli coi qual
da un sarcofago la cui fronte adornava, ci offre Bacco nel mezzo dei suoi seguaci. Le nove figure che io compongono sono di
immagini appunto provano ancora che a Bacco stesso, piuttosto che ai suoi seguaci e ministri, debbono attribuirsi statue sì
to dai Corjbanti, ch’ella ha nelle mani, e colla tibia che ispirano i suoi compagni. Un flauto è alla bocca del Fauno abbigl
9 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
usa della sua fine funesta, perchè le Tracie femmine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo nel giorno delle feste di Ba
ndone putrefare le carni, ne sorgerebbero nuovi sciami a ripopolare i suoi alveari. Quel che disse il vecchio profeta si avv
atue che di lui vedonsi ovunque. L’estinto Leone, non si sa per quali suoi meriti, fu cangiato nella costellazione che ne po
de re dei Bistonii in Tracia pasceva di sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli carnivori, ed egli andò a far visi
el tiranno, lo prese gentilmente per la vita e lo diede a divorare ai suoi cavalli stessi ; dei quali poi s’impadronì e li r
tardi, « Quando venimmo a quella foce stretta, « Ov ’Ercole segnò li suoi riguardi, « Acciocchè l’uom più oltre non si mett
dà la seguente spiegazione il Machiavelli nel cap. 12 del lib. ii dei suoi celebri Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio :
olte prima d’ora abbiamo avuto occasione di rammentar questo Eroe : i suoi concittadini lo hanno introdotto in tutte le più
eri e dei mostri che infestavano quelle regioni. E qui incominciano i suoi fatti eroici ; dei quali accenneremo soltanto i p
figlio. Medea prestamente fuggì e andò altrove a finire oscuramente i suoi giorni. Trovò Teseo tutto il regno in iscompiglio
le seguenti parole : « Nettuno aveva promesso a Teseo di appagare tre suoi desiderii : desiderò Teseo irato la morte del fig
o passava lungo la spiaggia del mare ; per la qual vista spaventati i suoi cavalli lo trascinarono furiosamente tra gli scog
tragedia di Racine, intitolata Fedra. Anche Teseo finì miseramente i suoi giorni ; in lui già avanzato negli anni si avverò
ondo altri Polibo) non era suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispos
’ho veduto per l’ultima volta ! e si acciecò ; e lasciato il regno ai suoi figli perchè alternativamente lo governassero un
vita, quantunque per causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle sue due figlie, non che il fr
estinato esclusivamente a parlare degli Indovini. LIV Pèlope e i suoi discendenti Dalle atrocità degli Eraclidi conv
ni durissime, cioè o di superarlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuperabile), o di e
che in una tragedia latina si faceva dire ad Atreo : « È sepolcro ai suoi figli il padre loro121. » L’odio esecrando di At
uno degli Argonauti ; e di altre sue imprese e vicende, come pure de’ suoi due celebri figli Aiace Telamonio e Teucro, parle
o la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera causa di quella guerra.
ure della vera causa di quella guerra. LVI La città di Troia e i suoi re Dalla Grecia convien passare all’Asia Minor
ed a calare intesa : « Ed esser mi parea là dove foro « Abbandonati i suoi da Ganimede « Quando fu ratto al sommo concistor
re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i suoi predecessori ; ma lo rappresentano con caratteris
di gesta in quell’impresa, di esser fatti da Omero i protagonisti dei suoi due poemi l’Iliade e l’Odissea. E veramente di Ac
E ritiratosi nelle sue navi con Patroclo suo inseparabile amico e coi suoi Mirmidoni non si oppose, benchè in cuor suo ne fr
i dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rendessero solennemente i funebri onor
ndo il solito, ne fa soltanto un cenno, perchè sempre suppone noto ai suoi lettori tutto ciò che hanno scritto i classici gr
falso che sia) che due grossi serpenti si avvinghiarono a lui e a due suoi figli e li strangolarono tutti e tre. Fu detto su
ora nella galleria del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto di fare i supremi sforzi per libera
ello della morte del vecchio re Priamo, che dopo aver veduti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte
ti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte dei suoi sudditi, e presa e incendiata dai Greci la sua ci
da tanti atroci dolori d’animo, avesse perduto la ragione e finito i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti gli altri e figl
roia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta che era il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una sua parente a
e. Neottolemo, ossia Pirro figlio di Achille, tornando in Grecia co’ suoi Mirmidoni, condusse seco tra gli altri schiavi El
ssa sposa di Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uccise. I suoi figli e discendenti si mantennero per molti secol
il figlio che era stato il primo a venirgli incontro, fu cacciato dai suoi sudditi e si rifugiò nella Magna Grecia, ove fond
l cor sofferse affanni, « Mentre a guardar la cara vita intende « E i suoi compagni a ricondur ; ma indarno « Ricondur desia
ende « E i suoi compagni a ricondur ; ma indarno « Ricondur desiava i suoi compagni, « Che delle colpe lor tutti periro. »
olo scampato a nuoto, giunse nell’isola dei Feaci, ultimo termine de’ suoi errori e de’suoi travagli ; poichè ivi accolto on
dei pericoli nei quali incorsero, nel passarvi framezzo, e Ulisse e i suoi compagni : « Navigavamo addolorati intanto « Per
lstrom sulle coste della Norvegia. Di quel che avvenne ad Ulisse e ai suoi compagni nell’antro del Ciclope Polifemo la narra
ù mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto del figlio e di alcuni suoi sudditi che gli erano rimasti fedeli, vendicarsi
di giungervi, ed altri che non tornò più in patria e perì insieme co’ suoi compagni in una tempesta. E quest’ultima opinione
barbari, ammira la forza e l’astuzia, e sceglie per protagonisti dei suoi due poemi il più forte e il più astuto dei person
urbine, che fece affondar nel mare la sua nave con esso lui e tutti i suoi compagni. Queste particolarità, che son tutte d’i
el loro prestigio. Un altro fatto straordinario avvenne ad Enea ed ai suoi compagni nelle isole Strofadi, e fu di trovarvi l
reduto infallibile, tanto che niuno osava dubitare della veracità dei suoi presagi. Avendo egli detto nel tempo della guerra
da lui ottenne notizie sicure della sua famiglia, del suo regno e dei suoi futuri destini. Ebbe Tiresia una figlia chiamata
almente rammentando in una similitudine la Sibilla Cumana, che dava i suoi responsi colle foglie nella sua caverna, come abb
a nell’isola di Lesbo, congiurarono di ucciderlo per impadronirsi dei suoi tesori. Egli accortosene, cominciò a cantare e su
dei Centauri. 112. Orazio nell’Ode 18ª del lib. i, consigliando i suoi amici a non ber mai troppo, e specialmente nei ge
10 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
satio, seminagione, perchè quel nume la insegnò agli uomini de’ tempi suoi  ; o dalla voce ebraica sathar, nascondersi, perch
no dell’inganno, e credendone a parte Satùrno, coll’aiuto de’ Titàni, suoi figliuoli, gli mosse guerra, e vintolo, il trasse
(3). III. Discacciamento di Satùrno. Partizione dell’universo fra’ suoi figliuoli. Età dell’oro. Satùrno adunque, dis
che gli Egiziani prestavano a certi animali. Ma finalmente Giove co’ suoi fulmini inseguì il mostro, il quale pel Mediterra
corpo sovrapposta tutta quanta è la Sicilia. Spesso invano fa tutt’i suoi sforzi per liberarsi da quell’eterno peso che sde
gli uomini con un diluvio. Era nella Focide un monte insigne pe’ due suoi vertici, e sì alto che trapassava le nubi, chiama
ante a contemplare gli astri, e che sostenne la scienza del cielo co’ suoi studii indefessi e coll’invenzione della sfera ar
contro la madre, col mostrar loro il capo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in sassi. L’isola di Serifo (2) è
che ha dovuto dare occasione a’Poeti di fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote di Acrisio, re
genore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, con un drappello di nobi
la giovenca stessa in sacrificio a Giove, o a Minèrva, e però manda i suoi compagni ad attignere l’acqua da un fonte nella v
ebbe da Tindaro i due gemelli Castore e Polluce ; ed Elena li chiama suoi germani fratelli, e nati dalla stessa sua madre (
eacus), altro figliuolo di Giove, fu il più giusto principe de’ tempi suoi , e perciò si annoverava fra’ giudici dell’inferno
ssò nella Frigia(2), ove introdusse un segreto e misterioso culto de’ suoi Dei, che si conservò lungo tempo in quelle contra
i conservò lungo tempo in quelle contrade. Ideo, fig. di Dardano, co’ suoi compagni si stabilì nelle montagne dette da lui I
l quale per natura è padre di tutti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figliuoli. Vicino al tempio di Giove Ammone ritro
ella chiesa di Aracoeli. Ed in questo tempio l’antica Roma vide tanti suoi guerrieri trionfanti render grazie a Giove delle
estuggine, animale che ancora porta la casa sul dosso, ed in pena de’ suoi scherni condannolla ad un perpetuo silenzio. Si s
Polluce, la quale era di straordinaria bellezza. Or Menelao andò per suoi affari a Creta ; ed allora fu che Paride, mancand
che scatenasse i venti per disperdere la nemica flotta di Enea. Ma i suoi disegni sempremai le fallivano ; giacchè le conve
permettere suo malgrado che fosse posto nel numero degli Dei e che i suoi posteri regnassero su tutta la terra. VII. Gra
i. Appresso Omero(1) Giunone stessa si vanta della nobiltà divina de’ suoi natali ; e ben conveniva che Giove avesse una con
empre assisa presso al trono della Dea, pronta ad eseguire gli ordini suoi  ; e quando moveva a fare le imposte cose, tutta f
andonato gli Assiri ed i Persiani, e poscia Alessandro il grande ed i suoi successori. Giova infine avvertire che il Fato di
ormi. Le sacerdotesse di lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi altari di un’erba che nasceva nel fiume Asterione
o nata le avesse offerto de’ sacrificii. Di ciò il Sole fece intesi i suoi figliuoli, cioè que’ di Rodi, affinchè fossero st
r irrigarne il beato suolo ; e Minerva fu anche con loro liberale de’ suoi doni, percui si resero famosi nella scoltura, ved
isponeva, tutto era dal suo cenno divino comprovato. E però Omero ne’ suoi poemi rappresenta Achille, Ulisse e tutti gli ero
, e ne fu con riso schernita da Giunone e da Venere, perchè, con que’ suoi occhi azzurri e colle gote gonfie, appariva defor
re inventò l’uso di andare in cocchio per nascondere la deformità de’ suoi piedi. Dopo morte fu convertito in una costellazi
adio e gli Dei Penati, cui egli innalzò de’tempii nella Samotracia. I suoi nepoti andarono a Troia e nella più riposta parte
a, Lampesia e Lampetusa. Il quale giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali, da Epafo, fig. di Giove e d’Io, fu motteg
rarla, e si volse, ma solo per vederla svanire per sempre dagli occhi suoi e ritornare al soggiorno delle ombre. Allora squa
n molte sembianze e presagiva il futuro. Ei gli disse ch’eran morti i suoi sciami per gli oltraggi fatti ad Euridice, e per
avola dall’aver Niobe posta una sua statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalmente Pausania racconta che fu eg
iò soprastante rovina all’incauta città ; ma non si volle dar fede a’ suoi presagi(1). Sposò Corebo che perì nell’ultima not
poesia, non che della musica e di tutte le belle arti. I poeti erano suoi sacerdoti e figliuoli ; essi credevansi da lui in
o di un antro del Parnasso, ove stavasi rìntanato, avea tutti morti i suoi compagni che a quel fonte erano andati ad attigne
che negli ombrosi boschetti di Tivolì, dal timo fabbrica il mele de’ suoi dolci carmi(2). Nè sulla terra solamente, ma nel
icenza appena cedeva a quello di Diana in Efeso, ed ove Apollo dava i suoi oracoli in versi. Si vuole edificato da Manto, fi
li oracoli. Anche a Delo, luogo natale del nostro Apollo, dava egli i suoi oracoli. E passava sei mesi dell’auno, e proprio
ndannato a non poter bere in tutto il tempo che il fico ha immaturi i suoi frutti. Apollo pose fra gli astri il corvo, il se
non mendace ; e Callimaco afferma ch’ egli giura sempremai il vero. I suoi oracoli eran reputati veraci e fermi ; e si finse
ssomiglia il corpo di Ettore ad un fiore, che Apollo uccide co’ dolci suoi raggi : ……..Tu fresco e rugiadoso Or mi giacì d’
detto Peane (παιαν, Paean) dal greco (παιειν) che significa ferire. I suoi dardi uccisero il mostruoso Pitone ed i Ciclopi,
che colpisce da lungi, e più altri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano f
tro fosse stato la divinità di quasi tutte le antiche nazioni. Avea i suoi tempii ed i suoi sacrificii, e si diceva fig. d’I
a divinità di quasi tutte le antiche nazioni. Avea i suoi tempii ed i suoi sacrificii, e si diceva fig. d’Iperione, mentre A
che, approdato Ulisse a quell’isola, ebbe il dolore di vedersi molti suoi compagni trasformati in porci per virtù di alcuni
i da Scilla, bellissima ninfa, fig. di Forco e di Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò la fonte, ove Scilla era
atto di unire il canto al dolce suono della sua lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti di Delo consacrarono una stat
morbidezza scherzi sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole al
e il sopracciglio del Dio del giorno. Il lungisaettantesi ravvisa ne’ suoi sguardi, e la faretra appesa agli omeri sembra ch
chi ravvisa Apollo cacciatore, chi quel Nume, dopo avere scagliato i suoi dardi contro i Greci ; altri, dopo la strage che
o, che nella destra tiene un flagello, e colla sinistra le redini de’ suoi velocissimi cavalli. Ha intorno a se i dodici seg
gli uomini, e la luna per le donne esprimono la più alta bellezza. I suoi lunghi crini erano i raggi del sole, e gli si att
guarisce ; o perchè, quando Latona, partita dall’isola di Eubea, co’ suoi figli Apollo e Diana, passando vicino all’antro d
a, antica città dell’ Asia Minore, ove ne’ sei mesi di inverno dava i suoi oracoli. Apollo Sosiano, Sosianus, cioè Salvator
entù, era dedicato ad Apollo, Dio delle scienze e delle arti. Sotto i suoi portici e ne’ suoi giardini Aristotele passeggian
ad Apollo, Dio delle scienze e delle arti. Sotto i suoi portici e ne’ suoi giardini Aristotele passeggiando insegnava filoso
ttà dell’Epiro. Si vuole che Bacco, vedendo che Medea colla virtù de’ suoi incantesimi restituito avea Esone alla primiera g
iali e feroci leoni. Un giorno, cercando nel covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto a morte crudele da quella fie
pampini. Vestiva un abito di color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi piedi ed era fatto alla foggia de’ Tirii. Fu sua
anto sdegno per le sue feste, che a tutto potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig.
pel dispregiar che faceva le orgie di Bacco ; ma quegli, schernendo i suoi detti, cercava distornare i Tebani dal celebrar q
manca colle figliuole, nè il vecchio Tiresia. Solo Penteo rampogna i suoi , dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze
ò Bacco un otre pieno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi  ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fede
i ellera, usato dal nostro nume nelle sue guerre dell’ India, e che i suoi seguaci portavano nelle feste di lui ; e perciò l
percui su di un asino, ove a stento si reggeva, accompagnò Bacco nei suoi viaggi e specialmente nelle Indie, coronato di ed
seriamente ci racconta che viaggiando Bacco vicino al monte Rodope, i suoi seguaci per caso batterono i loro bronzi, e che u
d’oro co’ ramoscelli. Giunone pregò la Terra di poterne piantare ne’ suoi giardini ch’eran vicini al monte Atlante. Ora l’E
tere in duello con Menelao a patto che il vincitore abbiasi Elena e i suoi tesori. Si viene al combattimento, e Paride è nel
otrebbe solo scusare, dicendo avere egli seguita l’opinione de’ tempi suoi , che questi Dei inferiori, cioè, avessero i loro
o avea presagita la serie fatale degli avvenimenti di quell’eroe, de’ suoi posteri e della nuova città che sorger dovea in I
nanzi a Giove sull’Olimpo, e delle calamità, onde opprimeva Enea ed i suoi Troiani, gravemente si duole. A tali pietose rimo
dovea rendere invitto, ed in cui erano bellamente effigiati i posteri suoi e la futura gloria de’ Romani. Enea lieto l’ammir
futura gloria de’ Romani. Enea lieto l’ammira e l’indossa a danno de’ suoi nemici. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imp
arii casi e molti acerbi e duri perigli, Fondò la sua cittade, e gli suoi Dei Ripose in Lazio : onde cotanto crebbe Il nome
ce lor canto. Era questa la gaia e splendida corte di Venere ; ma dei suoi figliuoli il principale era Cupido. Ella presso V
n delfino, con una colomba in grembo ; ora con Adone accompagnato da’ suoi cani ; ora con Cupido e colle Grazie ; ma più spe
l’Oceano. Tiresia(5) ch’era per le città della Beozia assai conto pe’ suoi vaticinii, consultato dalla madre, rispose che il
do Ne la battaglia, o con lo scudo intuona, O fulmina con l’asta, e i suoi cavalli Da la furia e da lui cacciati e spinti Ne
ivi, E calpestando i morti, e fan col suono Dei piè sino agli estremi suoi confini Tremar la Tracia tutta, e van con essi Lo
zzodì già suonava la cetra, e la sera rubava i buoi ad Apollo. Ma dei suoi furti parleremo appresso ; solo quì notiamo che G
on molto lucro, di ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresciuto il suo avere. E perci
o ladro. Orazio (1) chiama Mercurio tutto astuzia, allorchè volea co’ suoi giocosi furti involar qualche cosa. Racconta posc
pollo trasse quel landroncello avanti a Giove per la restituzione dei suoi buoi, ed in che modo Mercurio si schermì destrame
esta ed a’ piedi, onde velocemente portasse per ogni luogo gli ordini suoi . Omero (2) e Virgilio (3) in bella guisa descrivo
e morte ; aduna e sparge i venti, E trapassa le nubi. Caro. Or ne’ suoi frequenti viaggi portava in mano Mercurio questa
a del guscio di una testuggine, così spesso questo animale si vede ai suoi piedi. La lucertola poi che se gli vede vicino, f
Ippolito ; liberò Giove dal mostruoso Tifone che lenealo avvinto co’ suoi serpentini stragrandi ravvolgimenti(2) ; per coma
lasi madre, perchè nudrisce gli uomini e gli animali che sono i figli suoi . E Plinio(4) dice che per ragione de’ grandi meri
to si rassomigliavano. Quindi l’Alamanni (2) : Il cornuto pastor co’ suoi Selvani, Co’ suoi Satiri e Fauni, a lui compagni,
ano. Quindi l’Alamanni (2) : Il cornuto pastor co’ suoi Selvani, Co’ suoi Satiri e Fauni, a lui compagni, Vengan con le zam
ato in disgrazia di Vertunno un uomo volubile e che non è padrone de’ suoi pensieri. Alcuni derivano il nome Vertunno dall’a
nte, co’capelli fatti in trecce e sparsi di fiori ; i nudi e delicati suoi piedi sfiorar sembrano appena le tenere erbette,
ali passeggia. Zaffiro la solleva e la regge in aria sopra i leggieri suoi vanni. Ad ogni passo di lei spunta dal suolo un n
di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gli onori divini. I suoi misteriosi riti si celebravano in casa del Pontef
fferiva del latte, e di latte si spargeva la statua di lei (4) ; ed i suoi sacrificii si chiamavan Palilia o Parilia. Nel su
aturno e moglie di Sicano, antichissimo re della Sicilia, il quale a’ suoi popoli insegnò l’uso del frumento. Vi fu già un t
l tartareo fondo. III. Continuazione – Ascalafo. Or in questi suoi viaggi, assetata la povera dea, andò ad una rusti
di che pianse, e fu in collera colla Sicilia tutta, quasi ingrata a’ suoi beneficii, percui privolla di tutt’i suoi doni. A
lia tutta, quasi ingrata a’ suoi beneficii, percui privolla di tutt’i suoi doni. Allora, per pietà di sì gravi mali, la ninf
e dell’Alfeo. Or lieta la dea a tal nuova, volle che Aretusa i tristi suoi casi narrasse e per qual modo fosse stata in sì s
ndo Esiodo. III.Vulcano, dio degli Egizii – Sue doti, incumbenze e suoi pregiati lavori. I poeti han foggiato il loro
il grazioso racconto. IV.Di alcune imprese di Vulcano e di alcuni suoi figliuoli. Nella guerra contro i giganti il n
e che ciò faceva non per ragion di augurio, ma per attendere a’ serii suoi studii. I Romani aveano un tempio consacrato a Vu
n bel giorno di està, si lavava. Or Atteone che là vicino passava coi suoi veltri, seguendo l’orme di una fiera, fu da Diana
era, fu da Diana trasformato in cervo ; nel qual sembiante veduto dai suoi cani, fu da essi miseramente lacerato. Apollodoro
le è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il suo cane ; ed a’ suoi piedi è il teschio dell’ucciso cinghiale. Nel Mus
a, pareva che Diana fosse stata più avida di sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii partecipavano della fierezza di que’ p
Annisiadi, le quali avean cura de’ calzari venatorii della Dea e de’ suoi cani, attaccavano al cocchio di lei le cerve e le
amasi da’piè di bronzo (2), per dinotare la robustezza e velocità de’ suoi piedi. In quarto luogo portò vivo sulle spalle il
e fosse andato a cogliere le poma d’oro nell’atto ch’esso sugli omeri suoi sosteneva il cielo invece di lui ; sebbene altri
ca ; e recatosi sull’Eta o Oeta, monte della Tessaglia, degli orrendi suoi ululatì riempì que’ luoghi ; e vinto finalmente d
. L’albero consacrato ad Ercole era il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti e gli eroi che aveano operato famose im
Questo regno fu così detto da Argo, uno de’suoi re e fig. di Giove. I suoi pascoli erano di tanta rinomanza che si finge, Ne
oli erano di tanta rinomanza che si finge, Nettuno avervi pascolato i suoi cavalli. Con Argo confinava Micene, da Orazio(1)
endolo riconosciuto per suo re, Egitto sotto la condotta de’cinquanta suoi figli mandò contro di lui poderoso esercito e l’
cavò gli occhi e maledisse la sua infelice discendenza. Intanto i due suoi figliuoli Eteocle e Polinice, dopo la morte del p
rto, ed in tal guisa scoprì se stesso. Achille adunque alla testa de’ suoi Mirmidoni, popoli della Ftiolide, andò cogli altr
tranze di Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni di tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo uscire di ques
el regno di Alba Longa. I Cesari ambiziosamente affettavano di essere suoi discendenti, siccome i Romani non lasciarono di d
o. III. Continuazione – Potenza di Nettuno – Alcuni dei principali suoi figliuoli. Come Nettuno era Dio del mare, cos
o rappresenta nell’atto che sorte dalle onde, facendo tremare sotto i suoi piedi i monti e le foreste : « Egli ha fatto tre
della nave Argo ; Erice, re della Sicilia. che per avere posto fra i suoi armenti uno de’buoi di Gerione, che Ercole avea s
Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelosita di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, ove quella vergine
o banchetti, e solo, spirato quel tempo, può egli rientrare in tutt’i suoi diritti. » Così riferisce Esiodo (3). Virgilio po
come nel celebre luogo di Virgilio, ove si dice che ciascuno soffre i suoi Mani(5), cioè i suoi mali, le sue pene. Ovidio e
o di Virgilio, ove si dice che ciascuno soffre i suoi Mani(5), cioè i suoi mali, le sue pene. Ovidio e Tibullo (1) allogano
faci delle Furie agitati e scossi. Ciascuno è dalle sue magagne e da’ suoi errori in istrana guisa agitato ; ciascuno è dall
tra, mentre tiene nella sinistra un’anima, il Cerbero accovacciato a’ suoi piedi, e d’appresso tre Arpie, per le quali forse
ia consumati dal fuoco. Anche i tori e le capre si bruciavano sopra i suoi altari(5). Il cipresso era l’albero di Plutone, e
11 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
e Cadmo stette appresso il padre suo, ma insieme con Cilice e Fenice, suoi fratelli (2), dovette andar cercando Europa, sua
racolo di Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea ben chiusi di mura, e affidati a
ura, e affidati alla guardia d’un Dragone, tenendo sempre lontano da’ suoi confini ogni etraniero. Risvegliatisi pertanto in
a e Orione, nati da Micala, famosa Maga della Tessaglia, la quale co’ suoi incantesimi più volte avea fatto discendere la Lu
età. Il pietoso figlio, osservando il genitore, vicino al termine de’ suoi giorni, pregò Medea, che ridonasse al vecchio pad
a Giasone, e ne esagerò l’ingratitudine. Esaltò come il maggiore de’ suoi meriti quello di aver ringiovinito Esone. Quelle
ta di Micene. Euristeo inoltre mandava dal predetto luogo all’ Eroe i suoi ordini per mezzo d’un araldo, chiamato Copreo. Di
mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo d’uno degli estinti suoi compagni. Ercole lo onorò con magnifici funerali
garle, e quel re gli promise in ricompensa la decima parte di tutti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior no eseguì l’ E
ttà, che chiamò Tingi dal nome di sua moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi travagli si pose a dormire sulle arene della Libi
ovviso ritorno di lui dall’ Inferno cangiò tutta la scena. Megara co’ suoi figliuoli vennero liberati dalle mani di Lico, e
rito della sua frenesia. Conobbe allora la strage, che avea fatto de’ suoi , se ne afflisse estremamente, e si tenne per lung
fale, si ritirò in una grotta. Colei aveva anche là coperto l’Eroe de suoi vestiti, ed ella aveasi indossata la pelle di leo
dicò, ch’Ercole avesse così punito il disprezzo, che aveasi fatto de’ suoi sacrifizj (a). Ercole esorcitò la sua protezione
ò la moglie e il figlio appresso Pitteo. Nello stesso tempo nascose i suoi calzari e la sua spada sotto un grosso sasso, e c
te e Demofonte(g) (27). Questo Eroe, veggendosi calunniato appresso i suoi da un certo Lico (h), fece passare la sua famigli
e il terrore de’ Greci, e comparve il più forte e valoroso di tutti i suoi concittadini (b) (1). Questo Eroe trovò alla port
aventò Priamo dell’infausto vaticinio, e commise ad Archelao, uno de’ suoi servi, di esporre il fanciullo, subitochè fosse n
e già riuscito vano il di lui ricorso(b). Paride volle cimentarsi co’ suoi più valorosi nemici. Come poi vide andargli incon
o Menelao, fu sorpreso da tale spavento, che ben tosto si ritirò tra’ suoi . Rianimato da’ rimproveri di Ettore, suo fratello
straordinario valore, lo fece comparire un’altra volta alla testa de’ suoi (c). Allora fu, ch’egli venne alle mani con Achill
Ritiratosi sul monte Ida, poco distante dalla città(7), formò ivi co’ suoi seguaci(8) una flotta di venti navi per fuggire(a
. Gli fu risposto, che si riducesse alle terre, popolate un tempo da’ suoi antenati. Spiegò quindi le vele alla volta di Cre
al solo vedere Menelao talmente si atterì ; che si ritirò appresso i suoi . Ritornato al campo, sarebbe caduto sotto le mani
guisa,che non potesse fuggire. Menelao prese seco tre de’più robusti suoi compagni, entrò di buon mattino nella grotta di P
tto Licomede, un figliuolo, chiamato primieramente Pirro a motivo de’ suoi biondi capegli, e poi Neottolemo, perchè in età a
e il comando di una parte de’Tessali. Affidò pure il comando di altri suoi soldati al prode Eudoro, nato da Polimela, figlia
offendeva. Intollerante il Greco Eroe di vedere vani tutti gli sforzi suoi , si levò alla fine dal braccio lo scudo, ed ora c
mento il pensiero di farlo perire. Avvenne, che Ulisse fu inviato da’ suoi nella Tracia per riportarne de’viveri, ma se ne r
lisse giovò moltissimo a’ Greci nel tempo della guerra Trojana sì co’ suoi consigli, che col suo valore. Egli insieme con Di
, perchè così si dolesse. Colui rispose, che Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lui compagni lo eccita
a volta di quelle terre, quando Ulisse, sorpreso dal sonno, lasciò a’ suoi compagni il governo del naviglio. Queglino, crede
di spavento, e minacciò d’ucciderla, se non avesse ritornati tutti i suoi compagni alla loro primiera figura(12). La Maga p
osto nelle Siene(13). Usò egli la precauzione di far turare a tutti i suoi compagni con cera le orecchie, onde non udissero
rne tre(b). Era altresì agilissimo alla corsa(c). Fece cadere sotto i suoi colpi Pulidamante, figlio di Pantoo(d) (1), e Cle
to, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato anche dagli uom
eusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rup
corpo d’esercito(a). Polinice, mentre marciava contro Tebe, passò co’ suoi compagni per la foresta di Nemea nell’Acaja. Tutt
zi a ciascuna delle sette porte di Tebe. Eccocle del pari distribuì i suoi più valorosi guerrieri in guisa, che da ogni part
ino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ suoi . E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui vene
n quello qual regina, di pallido aspetto, che teneva le virtù sotto i suoi piedi(a). La Virtù rappresentasi giovine, bella,
sta Dea un altro tempio(c). L. Silla, divenuto trionfatore di tutti i suoi nemici, le instituì anche dei pubblici Giuochi(d)
quanta qualsivoglia donna della sua città potea vantarne in forza de’ suoi natali. Ella quindi fabbricò un altro tempio alla
ltro amico ; in candida veste, perchè sinceri e ingenui sono sempre i suoi sentimenti. Sulla fronte porta scritto l’estate e
tringe altresì una face, e la rivoglie ad abbruciare un Pellicano co’ suoi figliuoli : con che vuolsi indicare, che le azion
e ha le ali al dorso, e i piedi ignudi, per esprìmere l’ ampiezza de’ suoi disegni, e la velocità, con cui li vuole eseguiti
rtuna, e l’altra il Buon-Evento. Era questo un Nume, che avea avuto i suoi primi altari ne’ campi, ove gli agricoltori porge
soldato riprese subito il perduto coraggio. Tullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto di questa D
tà, ne rimase in quello stesso istante incenerita. Finalmente Ino co’ suoi figliuoli si precipitò nel mare. Questa ultima do
ena. Costretto a guerreggiare contro i Teleboi, affidò il governo de’ suoi Stati ad Anfitrione, suo nipote. Ritornossene vit
rdoti del tempio d’ Apollo Delfico per averne un oracolo favorevole a suoi disegni. La città di Tebe venne non molto dope af
a pianta nel bosco, sacro a Marte(a). Dopo tutto ciò Frisso terminò i suoi giorni, perchè Eeta lo fece morire per impadronir
o, perchè colei sperava, che il regno in tal guisa sarebbe rimasto a’ suoi figliuoli. Ella manifestò il reo disegno alla ste
e della sorella, consultò l’Oracolo, e ne intese, che, per appagare i suoi desiderj, conveniva, ch’ ella si vestisse da sace
d. l. I., Conon c. 41. (b). Apollon. l. 4. Argon. (20). Medea co’ suoi incantesimi operò grandi prodigi : ritornò le acq
Hyg. fab. 24. 25. (26). Medea trovò Ercole furibondo, lo risanò co’ suoi rimedj, ma non ne ottenne alcuna assistenza(d).
. Fineo finalmente in pena della crudeltà, esercitata cogli anzidetti suoi figliuoli, restò ucciso da Ercole(e). (a). Joh.
Medo, il quale dopo la morte di suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi il nome di Medi (c). Altri dicono, che Me
morte fu anche chiamata Pasifae, perchè allora manifestava a tutti i suoi oracoli(e) (a). L. 3. (13). I vascelli mentov
empio di Serapide. Dicono, che quando il Sole nascente la toccava co’ suoi raggi, essa rendeva un piacevole suono ; laddove
olo. L’avaro Trace, che niente d’inganno sospertava, seguito da’ soli suoi figliuoli, i quali erano ancor in tenera eta, tra
icolmando i Greci d’ingiurie e maledizioni per incontrare il fine de’ suoi giorni, che tante sospirava. Ella vi riuscì, poic
nome ad una città, situata sul fiume Caico, e la stabilì Capitale de’ suoi Stati(a). (a). l. 9. (a). Ovid. Epist. Heroid
è provedere alla sua salvezza. Assistito poscia da Giasone e da altri suoi amici(a), rientrò in lolco, e vi uccise Acasto, e
e’nemici, tenendo per una mano un suo nipore, e portando coll’altra i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo, d
Diomede rimesso il Pallade, rapito da Troja. Daquel tempo Naute, e i suoi discendente ebbero la custodia di quel sacro simu
bra di Sicheo. Compito quello, alzò un rogo, e sopra di quello finì i suoi giorni (c). Quesra sì intrepida azione le acquist
orrere sopra un campo, coperto di spighe, senza farle piegare sotto i suoi piedi, o sopra le onde del mare, senza restarne b
ra una pelle di tigre. Quando marciò contro Enea, fece cadere sotto i suoi colpi un’infinità di Frigj. Rimase uccisa da Arun
, e marito di Medesicasta, figlia di Priamo (e). Fece spirare sotto i suoi colpi Protoone (f). Essendo ritornato dall’assedi
jani(a). Ma Patroclo comparve ad Achille, e lo pregò di sollecitare i suoi funerali, onde potesse aver ingresso anch’egli ne
Greci avessero formata l’immensa mole di quel Cavallo. Rispose, che i suoi , dopochè rapirono il Palladio, non godettero più
e tale amore sentiva per lui, che veggendolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di consecrare
i fosse ritornato a lei vincitore. Così avvenne : e Berenice appese i suoi capegli nel tempio dell’anzidetta Dea, eretto in
ebrati in di lui onore, e però detti Eaci(b). (5). Menestio doveva i suoi natali al fiume Sperchio, e alla bella Polidora,
rribile strage de’Trojani. Dopo la presa di Troja avendo udito, che i suoi gli si erano ribellati, si trasferì in Italia con
rovato. Il pascatore ubbidì, e ne ottenne in ricompensa, che egli e i suoi discendenti avessero il privilegio di conservare
dre avea inteso dall’Oracolo, ch’egli sarebbe stato ucciso da uno de’ suoi figliuoli. Altemene in forza di tale predizione s
orte di Giocasta ; che Edipo regnò secolei in Tebe ; e che ivi finì i suoi giorni(e). (c). Declaustre Diction. Mythol. (
morte, ma continuò a vivere in Tebe. Come poi vide morire tutti due i suoi figliuoli, anch’ella si trafisse il petto colla s
67 (5). Apollodoro dice, che Edipo fu scacciato di Tebe dagli stessi suoi figliuoli, Eteocle e Polinie(a). (e). In Oedip.
ro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcuni de’ suoi , che gli recassero la testa del predetto Menalipp
to, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’ suoi fulmini(b). Fu quindi considerato anche dagli uom
eusina, ove era stato inalzatò il rogo al suo maritò. Là si vestì de’ suoi più belli e preziosi ornamenti ; ascese sulla rup
ino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ suoi . E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui vene
12 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
nia, nelle parti che ancor resistevano alle armi romane, conservava i suoi culti sanguinarj ; nè conosceva libazioni più gra
andro. Attraversata dagli eserciti macedoni, l’India avea dischiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ; era il nuovo
rsale. Il mondo romano, travolto in mille stranezze da’suoi vizj, dai suoi lumi stessi, dall’avvilimento di tutti i culti, d
il vecchio politeismo formava ancora la base della società romana : i suoi templi e i suoi idoli erano per tutto innanzi agl
eismo formava ancora la base della società romana : i suoi templi e i suoi idoli erano per tutto innanzi agli sguardi ; i su
i suoi templi e i suoi idoli erano per tutto innanzi agli sguardi ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. Le sue f
tudine a cagione delle sue pompe e delle sue feste. e soprattutto de’ suoi legami colle istituzioni dello Stato. Ma la relig
mi. Come ha trionfato di tanta rabbia ? Dandosi mansueto in balia dei suoi persecutori. Lamennais. Difesa de’ cristiani
fia mai che una setta, che ha del divino, con fuoco umano vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il q
i Parti, o l’altre genti qualunque siano, purchè d’un sol luogo e dei suoi confini, che le genti d’un mondo intero ? Noi sia
a però è grata a Dio. Preghiamo anco per l’imperadore, per i ministri suoi , per le potestà secolari, per la quiete delle cos
rir mai ! Ma si vede la festuca negli occhi altrui, e non si vede nei suoi la trave. Tante tribù, tante curie e decurie infe
vrebbe poi avuto bisogno questo albero dei popoli prima di stendere i suoi rami di nuovo su tutte quelle reliquie ? Che lung
’arena, bisognava che la Religione avesse, per così dire, anch’essi i suoi atleti ed i suoi spettacoli nei deserti della Teb
che la Religione avesse, per così dire, anch’essi i suoi atleti ed i suoi spettacoli nei deserti della Tebaide. Gesù Cristo
13 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
di siffatti elementi, non potendo da sè stesso porgere amica mano ai suoi bisogni, senza avere speranza d’incivilirsi, perp
ivina, nacque il politeismo, e quasi ogni aggregazione sociale ebbe i suoi Iddii peculiari, pochi eletti infuori, che scrban
uopre, che con questo nume indicavasi l’apparente corso del sole ed i suoi fenomeni, pruove. 26. S. Agostino v’intende non a
le cagioni produttrici del politeismo, e le origini del mito ne’varii suoi concetti, or portando nostra mente alla interpetr
i di non volgare sapienza, volendo esprimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e di simboli. Per
a — Lo chiamavano Saturno, ei dice(3), voltando nella nostra lingua i suoi concetti, chè era solito divorare tutte le cose c
dai mali della vita. E non meno, attenendoci alla etimologia de’varii suoi nomi, di leggieri scorgerassi, come questo nume i
un’immagine dell’etere emanante dal suo seno, come dal suo centro. A suoi piedi ponevano tre figure muliebri circondate da
simbolo della terra. 21. A lui il vaticinio del futuro. Perciocchè i suoi risponsi erano obbliqui, ambigui e difficili ad i
llegoria, con cui si vuole indicare il corso apparente del Sole, ed i suoi fenomeni. Ei si dipingeva con un caduceo in mano,
e la parola. « È detto Mercurio, così egli(1), voltando in italiano i suoi concetti, quasi medius currens, perchè la parola
lla parola. Nelle classiche opere de’greci si possono spigolare molti suoi nomi tutti allusivi alla parola. E su le prime è
ti di Mercurio, e noi per adornare queste povere pagine riporteremo i suoi concetti, scegliendone solo poche parole tra la d
irilità e truculenza, quali caratteristiche trasparivano da gli occhi suoi , dipingendoli di color glauco, come si scorge nel
φρονες cioè stolti, insani, insipienti. A Venere assistono le Muse, e suoi compagni sono Suadela e Mercurio, poichè coloro c
e di Marte, col quale entrava essa in congiunzione, secondo i diversi suoi aspetti in cielo ». 45. Diana — Ella fu detta da
a cacciar ne’boschi, alimentava molti cani, e nulla si dava cura dei suoi beni di fortuna, fino a mancargli del tutto, onde
l tutto, onde si disse essere stato cambiato in cervo, e divorato dai suoi cani. 47. A lei si davano diversi nomi, e per que
udizione. A questo a noi sembra, che abbia inteso l’Alighieri in quei suoi versi(1), « Minerva spira e conducemi Apollo, E
pagnia delle Muse, onde fu detto Musagete. Ovidio non meno espone nei suoi Fastì (1) che i romani in ciascuno anno celebrava
o l’uno che soleva sacrificare tutti gli estranei, che giungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figli
X. Ercole vince Gerione, cui la favola da tre corpi, e ne conquista i suoi buoi, uccide un principe crudele, che perseguitav
arra la favola, che Cadmo nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte di Dirce, per cavarne acqna,
14 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
hiamarono Afrodite. Urano da titainein affrettarsi appellò Titani i suoi figli, perchè affrettati si erano ad opra iniqua
hè ebbe a dar Giove suo ultimo maschio alla luce, ricorse ai genitori suoi Urano e Gea per consiglio ed aiuto, onde occultar
bbe Tereo; da Ilia, o Rea Silvia ebbe Romolo e Remo. Per nascondere i suoi amori con Venere tenea di guardia Alettrione, ma
enne assoluto. Marte riguardavasi come Dio principale della guerra, e suoi ministri, secondo Esiodo, erano il Terrore e il T
di; che camminavano per se stessi, le donne d’ oro che aiutavanlo ne’ suoi lavori, i cani d’ argento e d’ oro, che stavan a
pria condannate a mostrarsi ignude, e poscia cangiate in pietra. De’ suoi amori con Marte già si è detto Ma oltre a questo
la vita di lui, quanto il tizzone, rimise per vendicare la morte de’ suoi fratelli il tizzone sul fuoco, e Meleagro consunt
due leoni, e colle chiavi in mano, con cui apre alla buona stagione i suoi tesori, e li chiude all’ inverno. I suoi sacerdot
i apre alla buona stagione i suoi tesori, e li chiude all’ inverno. I suoi sacerdoti eran detti Galli dal fiume Gallo nella
ufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e ricco di doni lo fece da’ suoi trasportare in Itaca. Ovidio aggiugne; che per C
er sede giù nell’ Inferno insieme colla Morte, eoi Sonno, e co’ Sogni suoi figli. Morfeo figlio e ministro del Sonno era que
di Eolo avendo occupato l’ istmo di Corinto, infestava l’ Attica co’ suoi latrocini, e schiacciava, secondo Lattanzio, col
ea nell’ isola di Creta. 9. Vinse Diomede re di Tracia, che pasceva i suoi cavalli colle carni degli ospiti, e da’ cavalli m
a altri Stenobea si accese di Bellerofonte, e non potendolo trarre ai suoi desideri, l’ accusò presso il marito quasi avesse
ei ne fu discaccialo. Mancavano a Tebe le mura, delle quali Cadmo e i suoi successori Polidoro e Labdaco non l’ avean recint
e non lungi da Tebe entra nel fiume Ismeno. Capo VII. Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figli
i Polibio andò a consultar l’ oracolo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornare nel
uto e alla nuova perfidia di Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi eserciti sotto la guida di sette illustri capitan
edonte e Partenopeo caddero anche essi estinti; ed. Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovette tor
Giasone con trargli il sangue dalle vene, e nuovo sangue creargli co’ suoi sughi incantati, e bramando le figlie di Pelia, c
condo altri, di Onagro re di Tracia e della Musa Calliope, fu a tempi suoi insigne musico e poeta, ed uomo eloquentissimo; e
e smisurati serpenti venendo dal mare avviticchiarono Laocoonte e due suoi figli; e mentre erano i Troiani atterriti da tal
li altri partivano era Timaslo insepolto; poi da Tiresia udì i futuri suoi casi; ragionò coll’ anima della madre Anticrea, c
dico. Sotto a questa sembianza egli andò prima da Eumeo guardiano de’ suoi porci, ove essendo pur giunto il figlio Telemaco
ato in Cigno, e Mennone a’ preghi dell’ aurora convertito insieme co’ suoi compagni negli uccelli detti Mennonidi; Paride uc
ella patria. Omero però nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire alle mani prima con Ach
va da! crepitare, dal fumo, traevansi gli auguri. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi erano distinti con n
ennemente portavasi da’ Sacerdoti, e da’ segni che ella dava co’ vari suoi movimenti, i Sacerdoti interpetravano le risposte
15 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
mò una falce, e la diede a Saturno, ond’ egli insieme co’ Ciclopi(5), suoi fratelli, che da Urano erano stati rinchiusi nel
avea divorati(b). Titano ne venne in cognizione, e unitosi quindi a’ suoi figliuoli, caricò Saturno, e sua moglie di pesant
lissimo pastore della Frigia. Cibele lo avea poi stabilito preside a’ suoi sacrifizj, a patto però che avesse doveto sempre
lince, animale di acutissima vista(d). Trittolemo poi, ritornato da’ suoi viaggi, restituì a Cerere il carro(8), e stabilì
però aver diminuito in modo alcuno l’interno suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola, di nome Me
o nell’ età, scacciò il padre suo dal trono, e ne divise l’impero co’ suoi fratelli, Nettuno e Plutone. Destinò l’uno signor
ce che uno de’Dattili, di nome Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi fratelli dall’Ida, monte di Creta, in Elide, ivi
i una foresta piena di quercie, da dove credevasi che il Nume desse i suoi Oracoli. Questi e per la loro origine e pel modo,
sse rispondere con più solennità, quanto quello di Giove Ammone, ma i suoi detti erano molto intricati ed oscuri. La statua
mia sua equità, non fece uso del suo potere, che per rendete felici i suoi sudditi, e per eccitarli ad onorare gli Dei e spe
etto tempj e altari. Così operando, talmente si rendette egli caro a’ suoi , che ancor vivente ne riscuoteva gli onori divini
sia nato in Tebe(b) ; ma la maggior patte soggiunge, ch’ ei trasse i suoi natali nella città di Nisa, donde prese poi il no
e di donne, e seco loro s’accinse alla grande impresa. Opponevasi a’ suoi disegni il fiume Idaspe, ed ei lo disectò. Conqui
(c). V’è chi dice, che Licurgo avea comandato, che si tagliassero ne’ suoi Stati tutte le viti ; ch’egli stesso volle darne
ne, e raccolti ad uno ad uno gli occh di’ Argo, ne fregiò le code de’ suoi pavoni. Sciolt poi il freno all’ ira e alla vende
avea cominciato a Inondare quelle campagne, e fu restituito dentro i suoi limiti (e). Ebbe il nome d’ Imbrasia dal fiume Im
i cipresso vennero collocate nel tempio. Giunone nella Laconia dava i suoi Oracoli da uno stagno, in cui, gettandosi delle f
, con cui Apollo manifestò, ch’egli dallo stesso tempio voleva dare i suoi Oracoli. Diodoro di Sicilia narra, che sul monte
rore profetico, si chiamava Coreta(b). Apollo poi, per rendere noti i suoi Oracoli nel tempio anzidetto, si servà di una Sac
iglia. Il Sole, spettatore di tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi raggi di aprire la strada alla misera, onde ritor
Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi . Gli soggiunse, che prendesse dal tempio un tripo
lto ad Atteone, e lo cangiò in cervo. Così trasformato s’incontrò ne’ suoi cani. Fuggì impaurito, ma finalmente raggiunto da
Anfiteno o Anfisteno, il di lui padre, Anficle, Irbo, suo figlio, e i suoi népoti, Astrabaco, e Alopeco, Spartani, divennero
Era chiamata Murcia o Murzia, ossia Dea de’pigri, perchè tali rende i suoi adoratori. Altridicono, che Venere da prima si di
cesa d’ Enea in Italia, e che quell’ Eroe non fece che arricchirlo de suoi doni(d). Si trovavano nel medesimo in gran copia
r lettera sfogava colla giovine le sue tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla porta di colei, come a una Divinità, e
Sacerdotessa d’Apollo, e donna fatidica. La celebrità degli avverati suoi vaticinj avea talmente reso famoso in Lenno e in
asse a’ Romani la felicità medesima, che aveano goduto Remo e Romolo, suoi figliuoli. La terza, acciocchè la fecondità, che
da’ Greci Efestiadi, e da’ Latini Vulcanie(e). Aveva per compagni ne’ suoi lavori i Ciclopi(f). Secondo un’antica tradizìone
tratti guadagni, chiamata peculio (b). Questa classe di Servi aveva i suoi Dei particolari, deteti Anculi(c). (17). I Greci
glia di Foroneo, a cui successe nel regno degli Argivi. Adiratosi co’ suoi sudditi, rinunziò il trono al fratello Egialeo, e
consultava(g). In altro modo pure ella si esprimeva : scrivea cioè i suoi detti sopra secche foglie, da lei disposte nell’i
che no bosco sacro del tempio di Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni il sepolcro di questa femmin(c). E quì si
uramente a chi la interrogava. Eraclide vuole che costei enunziasse i suoi vaticinj a’ tempi di Solone e di Ciro(d). La Frig
pastore Faustolo, e nutrice di Remo e di Romolo, proceduta da dodici suoi figliuoli, faceva ogni anno un sacrifizio per chi
in tali Giuochi, quando per la terza volta fece pure fronte a tutti i suoi Avversarj, nè gli restava a vincerne che uno, per
ento, sostenuto contro gli abitanti della città d’ Egesta. Gli stessi suoi nemici dopo morte gli alzarono un monumento, ed a
marmo in Pellene, in una spezie di Academia, ovela gioventù faceva i suoi primi esercizj. Questa ultima statua a lui ancor
ercizj. Questa ultima statua a lui ancor vivente era stata eretta da’ suoi concittadini, per premiarlo d’aver riportato il p
poi la discorre in altro modo : Licaone, dic’egli, volendo ridurre i suoi Sudditi all’osservanza delle sue leggi, pubblicò,
sse il nome di un figlio di Cerere ; ch’egli accompagnasse la Dea ne’ suoi viaggi(i) ; e che le facesse obbliare il dolore,
Egli viveva al tempo, in cui Pandione regnava in Atene(f). Insegnò a’ suoi il culto degli Dei della Grecia ; e però fu denom
uì di passaggio possiamo ricordare, che ogni parte della porta avea i suoi Numi particolari. Il Dio Forculo presiedeva a ciò
cque da una giovine della Bassa Elidé, di nome Fiscoa. Fece guerra a’ suoi vicini, si rendette molto potente, e alzò un temp
alo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4). Argo ebbe in moglie Ismene, figl
redetto, senzachè avesse mai alcuno, a cui potesse manifestare i casi suoi . Formò finalmente una tela di bianco velo, ed int
a veneravano Brizo, come la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella città offerivano a qu
l mezzo d’una foresta vicina all’antro, ove la Sibilla di Cuma dava i suoi Oracoli. Appenachè veniva staccato, un altro simi
bbe il delirio di lui, che finalmente sul fiore più fresco degli anni suoi morì d’acerbo dolore : Fu cangiato in un fiore, c
titudine i popoli. Di Minos si aggiunge, ch’egli attese a dirozzare i suoi sudditi con leggi, che poscia servirono di nonna
dde a Marsia(h). Questi dopo morte fu pianto dalle Ninfe, da’ Satiri, suoi fratelli, e da ogni pastore di que’ dintorni. Da
re Apollo e Diana(a). Niobe poi tal dolore concepì per la perdita de’ suoi figliuoli, che Giove per pietà la convertì sul mo
bbe conseguito l’Imperio dell’ Asia. Non vi riuscì ; e temendo, che i suoi soldati ne ttaessero cattivo presagio, lo tagliò
Isola di Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore di cetra a’ suoi tempi. Dopo essersi trattenuto lungo tempo appres
nse col velenoso dente nello stesso piede, e sul più verde degli anni suoi la fece morire. Altri dicono, che fu punta da que
non potè fargli pagare il’ fio, che bramava, perchè quello venne da’ suoi cittadini nascosto sotterra (c). (4). Alcuni las
bbe per madre Astipalea. Egli fu amantissimo dell’agricoltura. Uno re suoi servi, stanco d’affaticare in una vigna, da lui p
in vece perirono. Nettuno, che in quella circostanza avea soccorso i suoi figliuoli, li istruì della loro nascita, e della
a’ Numi. Ad amareggiare il di lei contento si presentarono agli occhi suoi i cadaveri di Plesippo e di Tosseo, che si portav
tore ; conchiuse, che Romolo medesimo ricercava di venire adorato da’ suoi sotto il nome di Quirino. Così fu : i Romani gl’
a coloro, che non voleva ammettere in città(e). Anche Bellona aveva i suoi Sacerdoti. Questi si chiamavano dal nome di lei B
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
dovea fabbricare. Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trov
ntela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio meri
ndatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e neppure i suoi discendenti. Di lui ci dicono i Mitologi che si r
ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poet
olla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma an
tento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anc
lla lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alfabetare, anal
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
senza tante sicumere e accordature d’orchestra. Finsero che Bacco nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato n
Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria man
pel culto di Bacco. Fu poi generosissimo co’suoi devoti cultori, ma i suoi doni erano pericolosi per la sovrabbondanza stess
e di gozzoviglia. In questo senso l’usò anche il Petrarca in uno dei suoi più celebri sonetti : « L’avara Babilonia ha col
D’ira di Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ; ed ha fatti suoi Dei « Non Giove e Palla, ma Venere e Bacco. » Al
Il regno di Bacco è finito dove Febo non lo favorisce colla forza dei suoi raggi calorifici e chimici. Testimoni i Germani,
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagi
ano si accorse della frode e della violazione dei patti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo
Cibele in una oscura prigione. Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio T
elesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e di
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
a o adorava, nè perciò ebbe mai tempii ed offerte. Immaginavano che i suoi decreti, riferibili a tutte le future vicende (ec
e vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero a
rrogazione delle pene ! A compagne del Fato e ministre esecutrici dei suoi decreti aggiungevansi dagli Antichi la Necessità,
aganesimo, era anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutrice de’ suoi decreti sull’esistenza dei viventi ; ma fu consid
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
lcano è conosciuto questo Nume anche dal nostro volgo ; e la fama dei suoi esterni difetti, benchè a lui non imputabili, si
me accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi pregi nella Metallurgia. A Vulcano infa
ongono in mano un martello e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. Molti sono i lavor
ibro viii dell’Eneide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ;
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ll’albero della nave, avendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener doves
li animali viventi, non è vero che sia un animale carnivoro, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciull
o « Lo sparso gregge : e sì il tumulto cresce, « Che fatto al carro i suoi delfini porre, « Quel dì Nettuno in Etiopia corre
da essi, ma vincerli e dominarli, facendoli servire o vivi o morti ai suoi proprii vantaggi234. Infatti l’uomo ha saputo rid
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
XXIX Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri Pur di esser re, Plutone benchè nato i
Cerbero che aveva 3 teste, e difendeva meglio e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potesse una coorte di Svizzer
questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori sapessero bene la Mitologia, e che perciò
iva « Nelle tenebre eterne, in caldo e in gielo. » E usando i soliti suoi modi cortesi, « Batte col remo qualunque si adag
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
in cielo, « Tonar quaggiuso e folgorare a prova. « Questi su quattro suoi giunti destrieri, « La man di face armato, altera
on andassero in possesso generi estranei alla famiglia, propose che i suoi 50 figli sposassero le 50 figlie di Danao. Questi
io per cacciarvi tanti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei, di ogni classe e condizione, laici
ruti, proibi di mangiar la carne di qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a cibarsi soltanto di vegetabili ; il che
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
adulazione al potere assoluto e dispotico del supremo imperante o dei suoi eredi e successori, non già come in Grecia un att
in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini illustri, e grate dei benefizii da essi ri
onquistatore del mondo, senza che pensasse mai a deificare alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
ri dell’innocenza perseguitata favorirono quell’Eroe, sottoponendo ai suoi servigi il caval Pegaso posseduto prima da Perseo
cipitò dall’alto sulla terra ; e così miseramente finì Bellerofonte i suoi giorni. Il Pegaso continuò il volo sino al Firmam
ttane dagli avversari del Savonarola ed imprudentemente accettata dai suoi fautori, riuscì funesta al Savonarola stesso. Il
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
ano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua mad
schio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta. Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distint
orvi rimedio ; chè ella sola il poteva. Quelli che gli apprestavano i suoi affettuosi compagni furono affatto inutili, e la
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
veva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggett
racconta Ovidio nel iv dei Fasti : ogni superstiziosa religione ha i suoi adattati alle fantasie ed alla credulità dei popo
entare elettro negativo, scoperto nel 1772 da Muller, e che per molti suoi caratteri imita le sostanze metalliche. Da questo
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
re, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a
e13. Il notare questi diversi usi e significati della parola Natura e suoi derivati, credo che sia più utile per la studiosa
a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi c
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
via « Per discacciare i mostri ottima sia. « E prima fa che ‘l re con suoi baroni « Di calda cera l’orecchio si serra, « Acc
l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. Ecco perchè d’ora in avanti anche i nos
ebbe dovuto subire anche la morte, se non la di fendevano Adrasto e i suoi compagni. Dante in un sol verso accenna questo fa
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
alazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per
ía. È facile lo spiegar questa favola, se riflettiamo che il Sole coi suoi raggi chiamati poeticamente dardi, o strali, o sa
i che vedeva togliersi le sue prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudditi, se ne lagnò con Giove ; e questi, non po
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
pere che l’ara consacrata ad Ercole in Roma chiamavasi Massima, e che suoi sacerdoti erano i Potizii e i Pinarii. Lo stesso
il politeismo dei Troiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma. Qu
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
olle seguenti parole : « Il popolo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la sua potenza » 59. Era
i Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
fica ; ma essa pure, nella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro ge
cristallino dell’occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi colori, ed è quella che determina il colore parti
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
era adorata da quasi tutti i popoli idolatri ; e Cesare rammenta nei suoi Commentarii, che gli antichi Germani regolavano l
ulla faccia e lo trasformò in cervo, che nel fuggire fu raggiunto dai suoi propri cani e da essi miseramente dilaniato. Diss
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
iù impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili versi lo stesso Virgilio. Si riferisce a
del Leopardi. Il traduttore lo intitolò Titanomachia, aggiungendo ai suoi lettori questa avvertenza : « Già sapete che non
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
re275). Socrate diceva così per secondare il linguaggio e le idee dei suoi connazionali e per essere inteso da loro ; ma in
oteista. Bastino a provarlo le seguenti massime che egli insegnava ai suoi discepoli : « Il Dio supremo governa il mondo com
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
iose produzioni ; ed anche, secondo la Mitologia, pel gran numero dei suoi figli, che Esiodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000
eno seppe valersi Dante come di similitudine per dare idea di uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti. La favola è
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi libri sulla Natura degli Dei, sul Fato e sulla Di
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
nverso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antich
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
re anche per Saturno e per Cibele, ma principalmente per Titano e pe’ suoi discendenti, come vedremo a suo luogo e tempo. Ur
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
liberarla e la tenesse altrove nascosta o incognita pel rimanente dei suoi giorni. — Altri poi asseriscono che si calava nel
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
e umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
ichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro al
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
 — Il selenio è un corpo elementare elettronegativo che per molti dei suoi caratteri armonizza col solfo, ma è molto raro in
45 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
che poi fu detto Argolide. — Molte fondazioni furono poi fatte dai suoi figli e nipoti, detti Inachidi. — Foroneo, fi
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
a Cerere dagli emblemi coi quali è sempre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fr
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
io del Dio Pane con questa Ninfa sembra significare che solo ai detti suoi l’Eco rispose. Questo Dio era adorato principalme
48 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
v. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contorni. Ancorchè la storia nol dica, possiamo t
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici. La statua di Giano con due fac
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
i raffrenar coll’impero sovrano le anime dei malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere di torment
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
Antichi160. Perciò il culto di Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Commentarii ci lasciò scritto che i Galli adorava
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
bre per le sue Satire, nel parlar di giudizii diversi che ne davano i suoi contemporanei, così dice : « Sunt quibus in sati
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
rasformati in costellazioni, oltre Perseo, la sua moglie Andromeda, i suoi suoceri Cefeo e Cassiopea, e finalmente qualche t
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
per sè da quelle Dee un simil canto, che abbatta l’invida rabbia de’ suoi nemici : « Ma qui la morta Poesia risurga, « O s
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
reduta manifestazione della volontà degli Dei287). Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli era in Affr
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