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1 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
i ci facciamo a completare l’opera nostra, dando in questa Prefazione una spiega, per quanto più potremo concisa e limpida,
a e culta, quella che forma la più eletta parte della cittadinanza di una illustre metropoli, quella per la quale noi abbia
materiale del nostro libro) demmo nello Studio Preliminare che segue, una idea generale, una specie d’illustrazione storico
o libro) demmo nello Studio Preliminare che segue, una idea generale, una specie d’illustrazione storico-scientifica sulla
pensiero di scrivere un’opera per la gioventù studiosa ; dare ad essa una guida, che con mano ferma e secura, avesse potuto
e che a noi sembra, ed è, essenzialmente necessario nell’attuazione d’ una qualunque idea, cominciamo ad esaminare l’opera n
fatti, un ristretto analitico del Dizionario della Favola, dev’essere una specie di storia dettaglita delle divine ed umane
ittori si accordano col chiamare tempi eroici o favolosi ; dev’essere una esposizione esatta e circostanziata dei luoghi ov
anziata dei luoghi ove quelle ideate personalità vissero ed agirono ; una nomenclatura, per quanto più si possa, fedele e l
uei luoghi, i quali per la loro individuale importanza, richiedessero una più dettagliata illustrazione. Facemmo precedere
dio con la giunta di numerose annotazioni, onde i lettori si avessero una guida sicura, e per quanto più potemmo, dettaglia
i trovano continue allusioni pagane, e spesso l’esatta riproduzione d’ una figura mitologica, o tale quale la sognarono i po
volte che un libro, un’opera, un lavoro qualsiasi, si fa precedere da una epigrafe, altro non si vuol fare che dare in essa
lle trasmesseci dalle cronache mitologiche. Ma appunto questa formava una delle più ardue difficoltà dell’opera nostra. Con
tto analitico della Favola, nel quale fosse cosi di sovente riportata una classica citazione, un brano di altre opere, le q
ogni nazione, d’ogni favella. Ecco perchè noi abbiamo detta la nostra una opera storico-scientifico-letteraria ; ed abbiamo
te sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. ad avere
ne del Mito a quella più generale di simbolo o altegoria, e ne fecero una delle forme principali del linguaggio intuitivo e
e visibile e luminosa la verità di quanto asseriamo, quella cioè, che una religione qualunque ha sempre i suoi Mili, e i su
se non a ripetere le medesime cose ; se non a ribattere il chiodo di una verità inconcussa, e il raggio del vero scintilla
resso l’urna che, si vuole, racchiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito, la quale altro non è che
ua del Redentore, ella trema, impallidisce, piange di gioia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe, come per incanto,
ione pagana tenne alto e riverito il culto dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di
e riverito il culto dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza 
enza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più essenzialmente umana ; non venne a re
rta la terra. E allora, i simboli o miti atroci ed impuri, proprii di una religione che serviva più alle tristi passioni de
o visibile ai suoi sensi, tanto più volentieri l’uomo gli attribuisce una forma imitativa per riavvicinarlo a sè, portarlo
noi scorgiamo che assai di sovente la divinità non è rappresentata da una figura umana, ma spesso da un animale, o da un ob
ata da una figura umana, ma spesso da un animale, o da un obbietto di una qualunque materia ; ma ciò avviene solo perchè la
o fisica degli obbietti a cui egli accoppia essenzialmente, l’idea d’ una causa suprema. Allora, prono nella polvere, genuf
prannaturale, lo riverisce e lo adora, senza chieder dippiù. È questa una verità non meno inconcussa e positiva, dell’esist
dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tent
se, le quali, avendo avuto un principio, debbono essenzialmente avere una fine. Osserveremo ancora che siffatte credenze po
timenti, che vedeva la luce a Berlino nel 1850, dopo aver narrato che una larva bianca compariva nella casa degli Hohenzoll
Nel mese seguente, e propriamente il 22 maggio 1850, Séféloge traeva una pistolettata a Re Federigo Guglielmo, mentre stav
e condanna, forse, simili fantasticherie ; ma, noi lo ripetiamo anche una volta, nella citazione dei fatti, non discutiamo,
preliminare sulla Mitologia, aggiungeremo che, presso i pagani, data una volta ad un ente soprannaturale e fantastico, la
un racconto interamente fantastico, disse che il mondo era sospeso ad una catena d’oro, che Giove s esso aveva fissato nell
di quelli fisici coi morali. Cosi noi vediamo il principio morale di una leggenda eroica, immedesimato in un fenomeno astr
discende dal cielo alla terra ; un precetto morale, si personifica in una allegoria individualizzata ; il sole diventa Erco
senza ordine, e senza disposizione, pure esse sono ravvolte tutte in una tinta forte e spiccata, alla quale ciascuna gener
azioni gli avvenimenti antichi, e le antiche credenze, rimanendo come una reliquia del mondo antico a continuare le religio
ionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età, di una generazione, considerata sotto il suo più caratte
si riconosca quanto difficile ed ardua impresa, sia quella di dettare una storia analitica della Mitologia. È invero fatico
llegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo di un mito può essere un’idea, una credenza, un sentimento, ed anche un concetto del
ova nell’allegoria, in cui la cognizione dell’essere proprio, suppone una più matura riflessione. L’allegoria nel fatto esp
io, suppone una più matura riflessione. L’allegoria nel fatto esprime una cosa, mentre nell’idea che l’informa ne chiude un
nel fatto esprime una cosa, mentre nell’idea che l’informa ne chiude una dissimile ; il mito per contrario, rappresenta ci
a al Fondo, l’idea col fatto, senza avvertire codesta distinzione. In una parola, il mito altro non è che un simbolo attuat
elazione con questi. Gli antichi non si rappresentarono il mondo come una macchina portentosa, moderata dall’attrazione e d
grossolano, veniva man mano raffinandosi a misura che l’arte metteva una più armonica relazione fra il concetto dell’idea
mitologico-storico ecc. vol. I.  ; le Danaidi condannate a riempire una secchia senza fondo,54 e finalmente le Parche fat
cato di delucidare, adoperando anche nella fraseggiatura dei periodi, una elocuzione limpida e distrigata da qualunque vano
Da principio le immagini degli dei non crano che segni simbolici d’ una idea o d’una forza invisibile, ma in progresso di
io le immagini degli dei non crano che segni simbolici d’una idea o d’ una forza invisibile, ma in progresso di tempo quel c
ottrine arcane, servandolo come proprio retaggio. Inventarono inoltre una quantità di leggende e favole religiose, vestendo
cchi veduto, e contemplando L’eternità parea che in me trasfusa Fosse una stilla della sua grandezza. Byron — Caino Atto 3
legrinaggio di Aroldo — Canto I. Vol. I. … .or non sai tu che per una cattiva usanza quelle cose sogliono essere estima
mazioni gli avvenimenti antichi e le antiche credenze, rimanendo come una reliquia del mondo antico a continuare le religio
di questo Dio, e ricevette da lui, oltre allo spirito di divinazione, una freccia sulla quale egli traversava l’aria. Si ra
esto flauto che poi fu celebre sotto il nome di Palladio. Ma questa è una semplice diceria che non ha nemmeno la forza di u
adio. Ma questa è una semplice diceria che non ha nemmeno la forza di una tradizione. Vi sono stati altri due famosi sotto
adre di lui, stanca e trafelata dal lungo cammino, bevè avidamente ad una tazza che le fu offerta. Egli derise la Dea, e qu
se anche conosciuto sotto il nome di Alas-Stellio ; forse perchè vi è una specie di lucertola detta Stellia. Enea ebbe un c
d’uno dei destrieri di Plutone. 10. Abatos o Abato. — Era il nome di una altissima roccia separata dall’isola di Phile dal
bbondanza. — Divinità allegorica che si rappresenta sotto le forme di una donna giovane e bellissima, circondata di tutti i
no comunemente tenuti dagli antichi in assai vil conto, reputandoli d’ una indole affatto stupida : ma questa cattiva opinio
ragedia. Essi furono costretti di abbandonare la loro città a causa d’ una quantità prodigiosa di rane e di topi, che si mol
itirò nella città d’Ira alla quale dette il suo nome. Questa città fu una delle sette che Agamennone promise ad Achille, on
18. Abido. — Città dell’Asia sull’ Ellesponto. Anche in Egitto vi era una città di questo nome in cui sorgeva un famoso tem
nominasse Oenotrii viri. La etimologia del nome di questi popoli è di una profonda incertezza. Non c’è storico o accreditat
li Aborigeni delle nette e precise notizie, o fissare a loro riguardo una data qualunque. Tutto ciò che ha riguardo alla ve
lla folta tenebra dei tempi. 21. Abracadabra. — Nome superstizioso di una figura triangolare alla quale si attribuiva la vi
ta come un amleto divino e soprannaturale, ed adorata anche essa come una divinità. 22. Abracax o Abraxas. — Divinità singo
are che alcnni scrittori vogliono sia la Mithia dei Persiani. Si avea una grande venerazione sul suo nome, le cui lettere i
 — Ninfa sposata da Apollo. Era anche conosciuta sotto lo stesso nome una figlia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno d
sincerità dei giuramenti. Si scriveva la formola del giuramento su di una tavoletta, quindi la si gettava in quella fontana
sso. Dedalo, suo zio, ne fu così geloso che lo precipitò dall’alto di una torre. Minerva però mossa a compassione lo cangiò
. 121). 34. Acarnania. — Provincia dell’ Epiro. Anche in Egitto v’era una regione conosciuta sotto tale denominazione. Più
are al suo onore. Acasto dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, l
lle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca. — 
ivini. 40. Aceleo. — Uno dei figli di Ercole che dette il suo nome ad una città di Licya. 41. Acersecome. — I Greci davano
apea tagliare i capelli. In effetti questo Iddio veniva effigiato con una lunghissima capigliatura e senza barba. Però in G
a barba. Però in Giovenale questo vocabolo lo troviamo adoperato come una designazione qualunque, senza alcun rapporto, ad
revolmente Enca, e fece seppellire Anchise, padre di quest’eroe, su d’ una montagna. 44. Acete. — Capitano d’un vascello Tir
e. Vi fu anche un altro Acete, figlio del Sole e di Persa. Egli dette una delle sue figlie in consorte a Pirro. Evandro re
he si rese famoso per la sua stupidità. Si racconta di lui che avendo una volta pieno un vaso di fiori per servirsene da or
lice la sorte, poichè, Ercole afferratolo per le corna gliene strappò una , lo atterrò, e lo getto nel fiume Toa, detto da q
na sulle rive del Ponte-Eusino. Era generale credenza che essa avesse una sotterranea comunicazione con l’inferno, e gli ab
vicino alla città di Capua. 58. Acherusiade. — Era questo il nome di una penisola presso Eraclea del Ponte : si credeva co
ivenne il terrore de’ nemici. Durante l’assedio, Agamennone gli tolse una bella e giovane schiava detto Ippodamia, o anche
to che dico e a tutti in faccia, ond’anco Negli altri Achei si svegli una giusta ira E un avvisato diffidar dell’arti, Di q
atrimonio, e quando s’incamminava all’altare nuziale, Paride gli tirò una freccia al tallone. Achille morì di questa ferita
ia al tallone. Achille morì di questa ferita. I Greci gli innalzarono una tomba sul promontorio Sigeo, e Pirro suo figlio g
l quale vi si tributavano onori divini. Era anche Achillea il nome di una fontana vicino Mileto, detta così perchè l’eroe v
lse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio di Egeo ; dette il suo nome ad una parte della Persia. 66. Achmon. V. Achemone 67.
e e delle inquietudini. Si pretende da altri essere questo il nome di una fontana, ove le Grazie andavano a bagnarsi. 68. A
dolo un giorno sorpreso fra le braccia di Galatea, lo schiacciò sotto una rupe : ma la ninfa madre dell’infelice, cangiò il
ilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci era questo il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla quale
le trapassate genti, Altro non mi potè del suo lasciare, Ch’un amo ed una canna da pescare. (Ovidio. — Metamorfosi libro II
di Dall’Anquillara) 80. Acqua. — Di questo elemento fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di
ci ereditarono dagli Egizii tale opinione che, per questi ultimi, era una conseguenza della fertilità della loro terra cagi
re di S. Atanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel popolo a farne una delle sue principali divinità. Non minore era la
to. — Questa parola significa vino puro. Gli Ateniesi ne aveano fatto una divinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone er
soprannome di Bacco, col quale egli veniva principalmente venerato in una città dell’ Arcadia conosciuta sotto il nome di F
ficato che beve il vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nutrici di Giunone. La favola racconta che
no l’avrebbe ucciso. Per prevenire questa disgrazia egli rinchiuse in una torre dî bronzo la sua unica figliuola Danae. Ma
ella torre. Acrise avvertito che Danae era incinta, la fece legare in una piccola barca e l’abbandonò in preda alle onde. P
cola barca e l’abbandonò in preda alle onde. Politetto, re di Serifo ( una delle isole Cicladi) dove la barca approdò, tratt
rava a lasciare questa città con lui per ritornare ad Argo, quando in una partita di piacero volendo far prova della sua de
Essendosi recato a Delo per un sacrifizio, s’innamorò perdutamente di una giovine a nome Cedippe, la quale non volle ascolt
parole : allora avendo perduta ogni speranza di sposarla, incise su d’ una pietra queste parole : Io giuro per Diana di non
ne. Però tutte le volte ch’ella voleva maritarsi, veniva attaccata da una febbre violenta. Credendo allora che questa fosse
va attaccata da una febbre violenta. Credendo allora che questa fosse una punizione degli Dei ella sposò Acroncio. 92. Acte
Adefago (insaziabile) soprannome dato ad Ercole. Egli fece un giorno una scommessa con certo Depreo, figlio di Nettuno, a
ero a contese fra loro, si dissero delle ingiurie che terminarono con una lotta nella quale Ercole atterrò il suo antagonis
cui lo scrittore Atenco parla con molta severità. 100. Adea. — Nome d’ una delle Nereidi. 101. Adeo. — Antico Re dell’ Attic
sene padrone onde portargliela. Ateneo racconta di questa principessa una strana avventura. Dotata di uno spirito irrequiet
i di un abbandono che nulla giustificava, promisero ad alcuni corsari una forte somma di danaro onde far rapire la statua d
dappoichè il vascello non potè far cammino. Persuasi che quella fosse una punizione del cielo, discesero nuovamente la stat
accortasi della mancanza del simulacro dette l’ailarme, e ben presto una gran folla di popolo mosse alla ricerca di quello
bbandonare il loro paese e recarsi nella Caria, onde essi ad impedire una novella fuga la legarono con alcuni rami d’albero
Da quel tempo a commemorazione di tale prodigio fu stabilita in Samo una festa annuaria, a cui gli abitanti dettero il nom
eso intorno al simulacro di Giunone alcuni rami d’albero. Vi fu anche una sacerdotessa di Giunone così chiamata ; ed una ni
d’albero. Vi fu anche una sacerdotessa di Giunone così chiamata ; ed una ninfa ricordata nella favola sotto il nome di Adm
avola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capitale
altro uomo tanto generoso per morire in sua vece. Admeto attaccato d’ una malattia mortale era presso a morire, e nessuno s
la regina, ovvero la dama più nobile della città portava ella stessa una piccola statua di Adone, seguita da tutte le dame
uesto fiume le ferite che lo fecero morire, e siccome quelle onde, in una certa stagione dell’anno, diventavano rossastre a
e si crede essere la stessa che la Vittoria. Si chiamava anche Adorea una festa in onore delle principali divinità nella qu
a il Dio particolare della Sicilia, forse perchè in quell’isola v’era una città che portava lo stesso nome, oggi è la città
0. Adraneo. V. Adrameo. 121. Adrasta. — Ninfa figlia dell’oceano : fu una delle nutrici di Giove. 122. Adrastea — Nome dell
nome, che viene dall’α privativa e da δραω, δαδρασϰω io sono, dinota una divinità a cui nulla impedisce di agire : specie
non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrasto. —
n soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrasto. — Re d’Argo, fu o
parole greche αις capra ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Ae
onore di Bacco e di Cerere. 129. Aeta. — Re della Colchide. Egli ebbe una figliuola a nome Calciope, che dette in moglie ad
erea. V. Atherea. 131. Aetlio. — Fu uno dei figliuoli di Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che lo rese padre di E
soprannome. Essendovi in quelle circostanze un piccolo lago simile ad una cisterna, tutti coloro che venivano a consultare
one di Diana. Nella città di Egina si adorava il Dio Britomarte sotto una tale denominazione. 139. Afesi. — Sotto questo no
nere. Nell’isola di Cipro e in molte altre città della Grecia si dava una moneta d’argento a Venere onde prender parte a qu
, altri dicono di Apollo e di Epicaste. Furono famosj architetti, e d’ una furfanteria matricolata. Essi dettero una luminos
rono famosj architetti, e d’una furfanteria matricolata. Essi dettero una luminosa prova del loro duplice ingegno nella cit
 Polissena, Tragedia Atto II. Durante l’assedio di Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a causa d’una schiava
’assedio di Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a causa d’ una schiava per nome Briseide, figlia del sacerdote B
l tempo degli ecclissi lunari., ne prese occasione onde farsi credere una maga, ciò che fu alla disgraziata causa d’infinit
a greca di 60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli e
e. 159. Agathirno o Agatirno. — Figlio di Eolo : dette il suo nome ad una città che fece fabbricare in Sicilia. 160. Agathi
di Priamo re di Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole di Cadmo e di Armenia. Ancor giov
scrittori, pel suo preteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone con
reteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute sotto il nome
n mandorlo che produceva un bellissimo frutto. La favola racconta che una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto nel
a ninfa sua madre inviato alla Corte del re di Pessinunte per sposare una figliuola di lui. Già le cerimonie nuziali volgev
mbra non sarebbe andata soggetta alla corruzione. Questa favola che è una delle più stravaganti della mitologia pagana, era
’essa racchiude ad appagare il popolo e Pausania ce la riferisce come una tradizione propria degli abitanti di Pessinunte.
olo precedente. 168. Agdisto. Vedi come sopra. 169. Agdo. — Pietra di una grandezza straordinaria dalla quale è credenza ge
Città di Ageliana dove essa era singolarmente venerata. E questa però una opinione assai vaga ed incerta. Noi la riportiamo
nella sparizione degli oggetti. 183. Aglaja. — Era questo il nome di una delle Grazie. 184. Aglao. — Nome del più povero d
o orticello. 185. Aglaonice. V. Aganice. 186. Aglaope. — Nome dato ad una Sirena. I Lacedemoni chiamavano così Esculapio, D
na. 187. Aglaopheme. — Una delle Sirene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di
di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta curiosità. La Dea avea dato ad Aglauro
mente l’accesso, sicchè Mercurio con un colpo di caduceo la cangiò in una rupe. Dopo la morte, fu ad Aglauro innalzato un t
di Salamina fu stabilito il crudele sacrifizio di offerirle ogni anno una vittima umana alla quale si faceva fare per tre v
volte il giro del tempio, e poi il Flamine sacrificatore immergevale una lancia nel petto, e quindi la vittima era posta s
co, Defilo, re di Cipro, abolì l’orribile usanza facendo che invece d’ una vittima umana fosse sagrificato un bue. 189. Agli
no o Hagno. — Fu questo il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il suo n
a Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il suo nome ad una fontana celebre per favolose meraviglie. 193. Ago
. Una delle Grazie avea anche questo nome ; Erectheo re di Atene ebbe una figlia pure così chiamata, la quale Mercurio cang
otera. V. Agroletera. 214. Agyeo. — Soprannome di Apollo derivante da una parola greca che significa strada, cammino ; perc
ia del re Zeteus, fratello d’Anfione. Questa sventurata donna concepì una invidia mortale contro la moglie d’Anfione, perch
veva che un solo figlio. Spinta dalla sua cieca passione, ella uccise una notte il suo proprio figliuolo Itilo, che l’oscur
nte d’infinite sventure. 217. Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in Grec
dei giganti più ricordati dalle cronache mitologiche, il quale sposò una donna per nome Ifimedia. La favola racconta, che,
geo, seminata di roccie scoscese, e che presenta da lunge la figura d’ una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche
ra d’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove. 220. Ajace. — I mit
dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superava in tu
erava in tutti gli esercizii del corpo. Però violento e brutale, e di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotess
, fortemente sdegnata, risolvè di punirlo e fece da Nettuno suscitare una furiosa tempesta, non appena Ajace con la sua flo
era uscito dal porto per ritornare in patria. Dopo avere sfuggito ad una infinità di pericoli, lottando disperatamente con
tando disperatamente con le onde furiose, gli riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto al cielo imprecava gli Dei di
i lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli era vulnerabile in una sola parte del petto, nota però a lui solamente.
no alle mura di Troja. In seguito essendo stato ucciso Achille, surse una disputa fra Ulisse ed Ajace, a causa delle armi d
, furioso fino al delirio si gettò con la spada alla mano in mezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel su
irio si gettò con la spada alla mano in mezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel suo furore di uccidere
e, e il suono esclamativo col quale si esprime il dolore nel ricevere una ferita. Questa osservazione che potrebbe forse ta
ai Tribuai che, nel traversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli
Galli si avvicinavano. Come Ceditio era un uomo da nulla, ed i Galli una nazione lontanissima da Roma, e perciò sconosciut
della Caria. Questo nome gli viene dall’aver guadagnato il premio di una corsa, chiamandosi nella Caria Ala il cavallo e B
ane. — Fu il nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto di questa Dea
i aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto di questa Dea in una città, ch’egli edifico in Beozia e che da lui pre
no Ercole disarmato ed osarono attaccarlo, ma Giove li schiaccò sotto una grandine di pietre. 234. Albunea, famosa Sibilla
di pietre. 234. Albunea, famosa Sibilla che rendeva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo n
onosciuta sotto i nomi di Lecotea e di Matuta. Essa era riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio riverito su di una mont
. Essa era riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio riverito su di una montagna, che aveva lo stesso nome nella Lucania.
fino al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto di una sua tragedia la tradizione mitologica di Alceste,
ale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone fece dono di una magnifica collana che Polinice aveva regalata all
 — Moglie di Anfiloco. Essendosi ritenuta per se la mercede dovuta ad una povera operaia ne fu punita da Diana, la quale le
una povera operaia ne fu punita da Diana, la quale le accese nel core una violenta passione per un uomo chiamato Hanto. Per
fini a colpi di freccia. Le sette figliuole del morto, giovanette di una rara bellezza furono così dolenti per la morte de
e nell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione. Alcione era anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti della stirpe
eagro e figliuola d’Ida e di Marpesa. Similmente veniva così chiamata una delle sette Atlantidi figliuole di Atlante. Esse
nche Alcione. 249. Alcioneo. — Famoso gigante che soccorse gli Dei in una disputa che questi ebbero contro Giove. Minerva l
hiacciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia di
i. Vi furono anche diverse altre donne conosciute sotto questo nome ; una , figlia di Oenomao ; un’altra figlia del gigante
e ; una, figlia di Oenomao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; ed una terza pastorella, di cui parla Teocrito e Virgili
un terzo figlio d’Ippocone. 256. Alea. — Soprannome dato a Minerva da una città d’Arcadia, conosciuta sotto questo nome e n
V. Alea. 261. Aleissiare. — Ebe, dea della giovanezza, ebbe da Ercole una figliuola a cui fu imposto un tal nome. 262. Alem
ittà nella Celtica edificata da Ercole. 277. Alexiroe. — Ninfa che fu una delle mogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacc
alla parola greca αγφιτον che significa farina, davasi questo nome ad una divinazione in cui si adoperava il fiore di frume
ivinazione in cui si adoperava il fiore di frumento. 282. Alia. — Era una delle cinquanta Nereidi. Il suo nome le viene dal
aglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresentata con le sembianze di una donna giovane e bella, con un corno dell’abbondan
tologica ci racconta di lui, che per vendicare suo padre, il quale in una contesa con Minerva, era stato vinto da quella De
o prigioniero e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso in una gabbia di ferro, da cui andò poi Mercurio a liber
ella contrada si riunirono per isterminare il mostro, e organizzarono una caccia alla quale intervenne Atalanta figlia del
atelli d’Altea, punti dal veder fatti tutti gli onori della caccia ad una giovanetta, involarono ad Atalanta il corpo della
comunemente era quello di un albero. 310. Amadriadi. — Sebbene vi sia una completa analogia fra queste ninfe e quelle di cu
e codesto nome di Amadriadi dalle parole greche αμα insieme ; ed αρυς una quercia. Le Amadriadi non erano del tutto insepar
ia. Al dire di Esiodo, di Plutarco e di Ausonio, le amadriadi avevano una lunghissima vita, ma pure finalmente, lungi dall’
ve, il quale in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una delle sue corna alle ninfe che avean curata la su
a. È opinione generalizzata presso varii scrittori, che Amaltea fosse una giovanetta figlia di Melisso, re di Creta, che av
e abitavano senza uomini. Furono dette Amazzoni, che vuol dire senza una mammella, perchè bruciavano alle bambine, appena
trar d’arco alcun fisico impedimento. Esse non ricevevano uomini che una volta l’anno ; lasciavano morire i loro figli mas
no Arvali. Vedi Arvale. 325. Ambizione. — Gli antichi ne aveano fatta una divinità speciale. I Romani le aveano innalzati d
zione delle parole Ambrosia e Nettare. Secondo i poeti l’ambrosia era una sostanza destinata al nutrimento degli Dei, ed è
li Dei, ed è opinione sufficientemente generalizzata, che gommasse da una delle corna della capra Amaltea ; mentre dall’alt
ta la figlia Di Giove, Cilerea, gli allontanava E il cadavere ungea d’ una celeste Rosata essenza che impedia del corpo Stra
va la vita perfettamente felice, e conservava allo spirito e al corpo una giovanezza eterna e ridente. Il poeta Ibico citat
e ridente. Il poeta Ibico citato da Ateneo, ne ha fatto la materia di una comparazione per mezzo della quale ha voluto dare
ar nuovi corpi. 331. Amentheo. — Soprannome dato a Plutone perchè amò una ninfa a nome Menthea, la quale gli fu tolta dalla
articolari cerimonie. 333. Amicizia. — Presso i Greci ed i Romani era una divinità figlia della notte e dell’Erebo. Le opin
izia deificata dai Romani, ci ripete che essi la rappresentavano come una bella e giovane donna, vestita di ruvida stoffa,
cui la tradizione favolosa narra che gli abitanti furono distrutti da una spaventevole invasione di serpenti. 335. Amicleo.
uccise. 337. Amida. — Una delle figlie di Niobe. Era anche così detta una delle principali divinità dei Giapponesi. 338. Am
r. — Re della Licia. La tradizione favolosa dice che egli fu marito d’ una donna a nome Chimera, la quale aveva due fratelli
la forma di un montone e battendo col piede la terra ne fe scaturire una sorgente d’acqua. Bacco in riconoscenza e rendime
amoso per la sua bellezza. Essendosi un giorno Cinira addormentato in una sconcia positura, per effetto di ubbriachezza, la
emmo nello Studio preliminare sulla mitologia. Cinira addormentato in una sconcia positura, e deriso dalla nuora che egli p
ndo conosciuto dagli antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche uno
l greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città di Creta, e d’un’altra della Macedonia. 349
a. 349. Ampelusia. — Promontorio dell’Africa nella Mauritania. Vi era una caverna consacrata ad Ercole. 350. Amphiaro. — Ve
ata dai rimorsi, ella si nascose in un bosco, dove volendo tirare con una freccia su di una biscia, ferì invece un satiro c
lla si nascose in un bosco, dove volendo tirare con una freccia su di una biscia, ferì invece un satiro che la violò, malgr
e qualche tempo dopo la cangiò in fontana. Amyone fu anche il nome di una figlia di Belo. 360. Anacee. — Feste in onore deg
i tre erano Dymone, Tychiso e Heroso. 362. Anaclesa. — Era il nome di una pietra sulla quale credevano i Greci, che si foss
sua figlia Proserpina, rapita da Plutone. Le donne di Megara avevano una grande venerazione per questa pietra, la quale ve
impudenza. Secondo Cicerone e Pausania, gli Ateniesi ne avevano fatta una divinità. 366. Anaitide o Anetide. — Era la Diana
Castore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370. Anatole. — Nome di una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni ado
per sottrarsi alle persecuzioni di Apollo. 375. Anaxandra. — Nome di una eroina, che fu poi adorata in Laconia come una De
. Anaxandra. — Nome di una eroina, che fu poi adorata in Laconia come una Dea. 376. Anaxarete. — Principessa della stirpe r
el tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli di quel dio. 378.
. 378. Anaxiso. — Figlio di Castore e d’Ilacida. 379. Anaxithea. — Fu una delle Danaidi amata da Giove. 380. Anaxo. — Figli
d’Arcadia, che fece parte della spedizione degli Argonauti. Un giorno una delle sue schiave gli predisse ch’egli non avrebb
fatto la falsità di quella, ordinò che gli fosse incontanente portata una coppa piena di vino. All’istesso momento ch’egli
glia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con Ven
iù prezioso. Finalmente Anchise morì in Sicilia, dove Enea gl’innalzò una magnifica tomba. …… Caro mio padre, adunque. Sog
rra Plutarco, che essendosi in Celene, città della Frigia, spalancata una voragine. Anchuro per il bene pubblico vi si prec
ali fu dato il nome di Salii. Quando si portavano i dodici ancilii in una festa che durava tre giorni al principio del mese
te, non avesse voluto detronizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deserte vie di Atene. Minos, volendo ve
otendo dimenticarlo, sebbene moglie di altri, fece innalzare in Epiro una magnifica tomba al defunto eroe. 401. Andromeda. 
e d’Ipermestra. Erifile, sua moglie, palesò a Polinice per il dono di una collana d’oro, il luogo dove s’era nascosto Anfia
— Uno dei figli di Anfiareo. Ritornato dall’assedio di Troia, edificò una città a cui dette il proprio nome, e nella quale,
Anfipyro. — Soprannome dato a Diana. Questa parola significa — Avendo una lorcia nella mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinq
ettuno la mandò a cercare da due delfini, i quali gliela portarono in una conchiglia di madreperla e finalmente Anfitride c
adoperava dopo il bagno e de fece presente Europa, la quale divenne d’ una estrema bianchezza. 427. Angelo. — Fu il nome di
. Veniva loro attribuito il potere di dare alle acque di questo fiume una virtù contraria alla loro qualità naturale. 436.
ell’amore, veniva raffigurato come un fanciullo in atto di tormentare una farfalla che ha nelle mani, esprimendo così il to
avevano ricevuto da Bacco il dono di cangiare tutto ciò che toccavano una in vino, l’altra in biada e la terza in olio. Aga
finalmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata di sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Giove. La credenza
, che nudrirono Giove. La credenza più generalizzata è che ella fosse una ninfa del fiume Numicio, forse la stessa Anna sor
divinità pagane e gli angeli, Cherubini, etc. della Sacra Scrittura, una completa analogia. 443. Annemotisa. — Soprannome
bondanza e delle provvigioni da bocca. 445. Anoaretha. — Ninfa che fu una delle mogli di Saturno, che la rese madre di Ieod
ltri scrittori dicono che questo nome di Assur fosse dato a Giove, da una città del Lazio chiamata Ansur ove era particolar
città, Antenore andò a fondare la città di Padova. È questa peraltro una credenza assai vaga. Antenore ebbe molti figliuol
immortali fanciulli venivano rappresentati in atto di baloccarsi con una palma, e con le ali agli omeri. Antero deriva da
zo, presso il quale la favola racconta che Cerere, sotto la figura di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correr
te, ella fu condannata da questo crudele principe a morire di fame in una prigione, onde essa non potendo resistere all’orr
che volevano sposare Penelope. Ulisse, marito di questa, lo uccise in una festa. L’imperatore Adriano ebbe anche un suo car
r assistere alle lezioni del suo maestro, egli ogni giorno traversava una distanza di cinque miglia italiane. 479. Antoreo.
Servio Tullio. Un abitante della Sabina per nome Antron orace, aveva una vacca bellissima che formava tutta la sua ricchez
a patria, per ragioni che la favola non ripete, egli si stabili su di una montagna della Beozia, che da lui prese il suo no
indecenti. Terminati i 40 giorni il fortunato animale veniva posto in una barca dorata, e condotto traversando il Nilo nell
d’ Osiride ove erano fabbricate due ricchissime e superbe stalle ; in una delle quali rimaneva sempre rinchiuso non facendo
a faceanglisi magnifici e solenni esequie per le quali veniva profusa una larghissima somma di danaro. L’ Egitto intero era
famoso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che era una delle sette maraviglie del mondo, era consacrato
, ed altri in gallo o sparviero. Apollo viene rappresentato avendo in una mano una lira, circondato di varii strumenti d’ar
i in gallo o sparviero. Apollo viene rappresentato avendo in una mano una lira, circondato di varii strumenti d’arte e su d
questo nome, allorchè le si domandava la grazia di essere liberati da una passione d’amore. 501. Aposteosi. — Nome della ce
avano così gli Dei Egiziani, a cui si domandava la grazia di stornare una calamità. 503. Apparizione degli Dei. — V. Aoros
gli astri quest’uccello in segno della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era esclus
e alcuni scrittori riguardano come inventore della medicina. È questa una credenza assai vaga. 508. Aracinta. — Montagna de
atrice, e osò un giorno sfidare Minerva a chi avrebbe meglio ricamato una ricchissima tela. La Dea accettò la disfida, ma v
e sacri diversi arbori, perchè venivano in special modo consacrati ad una divinità ; così, per esempio, il mirto ed il laur
ccidere Arcade e in un banchetto in onore di Giove fece apprestare in una vivanda le membra di lui. Giove sdegnato di così
Nemea. Quand’era bambino la sua nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta di prezzemolo, mentre essa si recò a mostr
entato sopra una pianta di prezzemolo, mentre essa si recò a mostrare una fontana ai principi che traversavano quella città
o fra le più cospicue ed illustri famiglie. L’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che gli scen
spicue ed illustri famiglie. L’archigallo vestiva come una donna, con una tonaca ed un mantello che gli scendevano sino ai
sagettario. 524. Arctura. — Quantunque sia questo il nome proprio di una stella, pure gli scrittori del Paganesimo se ne s
o si dice Ardea. 528. Ardenna. — Soprannome di Diana che le veniva da una foresta delle Gallie chiamata anche oggi Ardenna
Siracusa. Cicerone dice che se questa fontana non fosse circondata da una triplice trinciera di pietre, sarebbe affatto cop
o Arga. — Ninfa che il sole cangiò in biscia. Era anche così chiamata una delle figliuole di Giove. La tradizione mitologic
ne mitologica racconta che il nome di Argea veniva similmente dato ad una festa celebrata dalle Vestali ogni anno negli idi
a dalle Vestali ogni anno negli idi di maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro al
l’ospitalità fece fare i funerali allo scellerato, e gli fece elevare una tomba, che da lui fu detta Argilete. 550. Arginid
in suo onore, e lo consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome di una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa di T
assai poco generalizzata fra gli scrittori. Argo si chiamava del paro una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunon
Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la quale dava respons
ndezza e senza piedestallo. 561. Aria. — Gli antichi ne avevano fatto una divinità ch’essi adoravano secondo differenti rap
il mostro. Arianna fuggì allora con Teseo, ma questi l’abbandonò su d’ una roccia nell’isola di Naxos, dove la sventurata do
lapio fanciullo allorchè la madre Coronide lo aveva abbandonato su di una montagna presso la città di Epidauro. 574. Ariste
di Proteo e dalle viscere delle vittime, narra la favola che uscisse una quantità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dop
a. — Presso i Romani al 19 di ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa militare nella quale si offeriva un sacrifi
Naupata, da un nipote di Ercole per nome Ippote, che lo avea creduto una spia dei nemici. Appena morto Arno un’orribile pe
mata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice era anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la quale s
o che correva più rapido delle onde dell’ Ebro. In mezzo della selva una donzella, Ch’era sua madre, si com’era avanti Che
rono sulle navi Troiane e divorarono i viveri. L’ Alighieri ci ripete una bellissima descrizione delle Arpie, dicendo che e
gli Dei. Gli antichi facevano comunemente incidere sui loro suggelli una figurina di Arpocrate, volendo così denotare esse
di Arpocrate che hanno un ramo di persico fra le mani. Plutarco ci dà una logica spiegazione di ciò, dicendo che le foglie
iegazione di ciò, dicendo che le foglie del persico hanno la figura d’ una lingua, ed il frutto quella di un cuore, volendo
l simbolo mitologico che, cioè, deve esservi tra il cuore e la lingua una perfetta armonia. 591. Arrichione. — Nome di un c
onia. 591. Arrichione. — Nome di un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci di Diana, di cui la favola ra
i Diana, di cui la favola racconta che avendo un giorno incontrato in una foresta Imolo re di Lidia, questi restasse talmen
trasportare in aria da un toro il re Imolo, il quale precipitando da una sterminata altezza su di alcuni pali dalla punta
eofonte, la spietata giovanetta assistette alla cerimonia funebre con una gelida indifferenza, del che sdegnata Venere la c
che sdegnata Venere la cangiò in pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola di Tolomeo Lago, la quale sposò Tolomeo
e fabbricata con pietre di calamita. Arsinoe fu similmente il nome di una città Egiziana posta sulle rive del lago Meris, i
sotterranei del labirinto. 595. Arte. — Gli antichi ne avevano fatta una divinità. Ariano ci rapporta che i Gadarii avevan
rezzato le feste di Bacco, questo dio per punirlo lo costrinse a bere una così sproporzionata quantità di vino, sicchè egli
la notte. Fu lui che dichiarò aver Proserpina mangiato sette acini di una melograna nell’ Inferno ; ciò che fu causa che Pr
glia dell’ Oceano e di Teti e moglie di Giapeto. Da lei prese il nome una delle quattro parti del mondo. 616. Asima. — Divi
a voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di Creta dove era
5. Astaroth. — Divinità dei Sidonii. Veniva onorato sotto la forma di una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Figlia
 — Re di Creta e padre di Minos. Egli era soprannominato Tauro e rapì una giovinetta a nome Europa figlia del re di Fenicia
. — Moglie di Endimione a cui dette gran numero di figli. Vi fu anche una ninfa conosciuta sotto questo nome. 630. Asterope
ovino greco consigliò la morte di Astianatte col farlo precipitare da una torre. Per seguire il consiglio crudele ma utile,
moglie, onde metterli in malo aspetto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole di Ettore la quale non potendo op
e Tlepolemo. Finalmente la favola ricorda di un’altra Astioche che fu una delle figliuole di Niobe. V. Niobe. 639. Astioco.
de. V. Crise. 641. Astiosea. — Moglie di Telefo. Si chiama anche così una donna da cui Ercole ebbe diversi figli. 642. Asti
che i Greci davano a Minerva. 662. Atenea. — Cecrope re d’ Atene ebbe una figliuola così nomata, la quale essendo profondam
se fare la dolorosa amputazione per averlo sorpreso fra le braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricev
amente quella che tagliava il filo della vita umana. 676. Attea. — Fu una delle cinquanta Nereidi. 677. Atteone. — Secondo
e della Beozia la cui capitale fu Aulisia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace di contenere 50
e di Troia. 683. Aulisea. — Soprannome di Minerva che a lei veniva da una parola Greca che significa flauto attribuendosi d
e gli propose di domandarle un pegno della sua tenerezza e ne ottenne una longevità senza eguale, tanto che Titone giunse a
a e ne ottenne una longevità senza eguale, tanto che Titone giunse ad una estrema vecchiezza e allora fu cangiato in cicala
vita, egli piombò improvvisamente su quel posto e ricevette al petto una mortale ferita dall’ombra di Aiace. Autoleone pla
ettro del guerriero con sacrifizii ed offerte e così potè vivere dopo una dolorosa malattia. 692. Autolico. — Figlio di Mer
lia di Cadmo e madre di Acteone. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una stretta intelligenza con gli Dei, erano presso i
n tempo di calamità, credendo che fossero potentissimi ad allontanare una pubblica sventura o a mettervi termine. 703. Aver
ssinomanzia o Animomanzia. — Specie di magìa nella quale si adoperava una pietra chiamata Gagale. 707. Axione. — Figlio di
forse la voce latina bellum, che significa guerra. Abbiamo da Erodoto una descrizione bellissima del tempio di Baal in Babi
belle o di Babilonia ; (la quale potevasi in effetti considerare come una intrapresa contro il cielo), abbia dato origine a
erla messa a sacco. Cambise, altro re dei Persiani, edificò in Egitto una città, alla quale dette similmente il nome di Bab
i si celebravano tre volte l’anno, ma poi furono moltiplicati fino ad una volta il mese. In Roma furono introdotte la prima
ro dio. Durante la celebrazione dei baccanali, esse, appena coperte d’ una pelle di tigre, tutte scapigliate, con in mano de
chè un’antica tradizione della loro famiglia, li faceva discendere da una figlia di Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 73
ch’in due ventri crebbe. Giove da sè spiccolla, e ne die cura Ad Ino, una sua zia, che cura n’ebbe, La qual, sebben di Glun
in Egitto, ove insegnò agli uomini l’agricoltura, piantò per il primo una vigna e fu adorato come Dio del vino. Egli punì s
’un becco, animale che a lui si sagrificava ; talvolta a cavalcioni d’ una botte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di
male che a lui si sagrificava ; talvolta a cavalcioni d’una botte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di pampini ; tal
tiri, e con un tirso nelle mani, in atto di far scaturire del vino da una fontana. Questo fu il padre Bacco, e l’inventore
ra all’attenzione dei nostri lettor, gioverà allo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici di questo lavoro ; quella
orna e lo raffigura con un tirso fra le mani. Bacco fu allevato su di una montagna chiamata Nisa. MOSÈ nativo anch’egli d’
ata Nisa. MOSÈ nativo anch’egli d’ Egitto, ebbe similmente due madri, una che lo partori l’altra che lo adottò. Abbandonato
agoe fosse la stessa che la sibilla Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e di Ossilo, il quale ebbe otto f
e Buroico. Era questo uno dei soprannomi d’ Ercole, che gli veniva da una città d’ Acaia, nota sotto l’istesso nome, e nell
he essa avea più caro degli altri, e ne ebbe due figli, un maschio ed una femmina. Ma gli altri Titani, gelosi della prefer
azzardò a trattenerla, ma nell’istesso momento si rovesciò dal cielo una gran pioggia, accompagnata da baleni e tuoni orre
a poi, non fidandosi a lui, Mercurio sott’altra forma, e parlando con una voce diversa, si presentò a Batto e gli offrì un
lando con una voce diversa, si presentò a Batto e gli offrì un bue ed una vacca se avesse voluto indicargli il luogo ove er
star di sè contenta : E del vin, che nel suo povero tetto Teneva, e d’ una rustica polenta, Ch’avea per uso suo fatta pur di
— Metamorfosi. Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. 753. Bauci. — Era una povera e vecchissima donna, la quale col marito F
ma donna, la quale col marito Filemone, vecchio quanto lei, viveva in una capanna. Giove, accompagnato da Mercurio, avendo
li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abitanti
e gli animali. Questa tradizione della favola Caldea, altro non è che una sfigurate ripetizione della creazione del mondo,
dio nero. 760. Beleno. — Gli abitanti della città d’Aquileia avevano una loro particolare divinità adorata sotto questo no
e circostanze di quell’antica città. Grutero fu il primo a pubblicare una raccolta preziosissima di queste iscrizioni, le q
lia. Secondo il citato autore, Bellona veniva rappresentata avente in una mano una verga grondante sangue, coi capelli spar
ndo il citato autore, Bellona veniva rappresentata avente in una mano una verga grondante sangue, coi capelli sparsi e con
le genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con una lettera diretta a Lobate, padre di Antea, rimette
nell’intenzione di farlo morire. Gli furono inoltre suscitati contro una infinità di nemici dei quali egli trionfò sempre,
a rimanerne vestigie. Erodoto, nel primo libro delle sue opere, ne fa una bellissima descrizione. 772. Belzebù. — Una delle
ente da questi insetti. Non pochi scrittori dell’antichità dicono che una tale denominazione fosse data a questo dio perchè
i Giove da un luogo presso Flavigni nella Borgogna, dove fu ritrovata una statua di questo dio, rappresentato sotto la figu
. Berecinta o Berecintia. — Nome che fu dato a Cibele, perchè sopra d’ una montagna della Frigia, che portava l’istesso nome
erecinto. 781. Berenice. — Moglie di Tolomeo Evergete, la quale aveva una magnifica capellatura, che ella recise ed offrì a
asta luce, Al nuzial mio letto ? In queste mura Una figlia del tempo, una mortale, Un atomo di polve osa rapirmi Dalle brac
di Elio. 783. Besa. — Divinità Egiziana, particolarmente venerata in una città dell’alto Egitto, che portava lo stesso nom
erale credenza che la pietra detta Abadir, divorata da Saturno, fosse una di queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origi
pietra misteriosa di Giacobbe sulla quale mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso altare di Betel di cu
tti era rivelato un qualche importante segreto di stato, e le fila di una cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, fi
u ucciso da Agamennone. 788. Bibesia ed Edesia. — Dee dei banchetti : una presiedeva al vino, l’altra alla gozzoviglia. La
nome fosse dato a quella città, per essersi ritrovato nel suo ricinto una iscrizione che diceva, Deœ Bibracli, cioè : alla
agrificava un agnella ; ed il luogo divenuto sacro, veniva recinto di una palizzata, per impedire che vi si caminasse. 796.
i. 798. Bilancia. — Il settimo segno dello Zodiaco, contrassegnato da una bilancia, che la tradizione favolosa dice esser q
sse dalla scure di cui egli si servì per recidersi le gambe. È questa una opinione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — Figl
a opinione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosci
— Rettile consacrato a Diana. Agamennone stando alla caccia ne uccise una che apparteneva particolarmente a quella dea, la
rmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo di lui una terribile pestilenza e ottenne da Eolo la sospens
enia, la quale, si dice, Diana salvasse. I Troiani anch’essi uccisero una biscia di Diana, e ciò fu causa della disastrosa
ntro i Rutuli. 803. Bistone. — Figlio di Marte e di Calliroe. Edificò una città della Tracia, a cui dette il suo nome. 804.
. Boedromie. — Feste che gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’ una vittoria, nel mese di agosto, a cui nella lingua
demoni. Dopo la sua morte gli fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli una ricchissima tomba e furono celebrate in suo onore
nde venerazione la Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che era una delle principali dell’Egitto,
Dea Bubaste ed ogni anno si celebrava in suo onore una festa, che era una delle principali dell’Egitto, e che richiamava un
onservazione degli armenti. 840. Bucentauro. — Si dava questo nome ad una specie di Centauro, che invece di avere la parte
o con uno sterminato numero di torce. I Cartaginesi avevano anch’essi una loro Buona-Dea, che comunemente si crede essere G
e. — Celebre pittore greco, il quale ritrasse il poeta Ippanaso sotto una figura estremamente ridicola. Il poeta per vendic
ente ridicola. Il poeta per vendicarsi la punse così spietatamente in una satira, che il pittore, deriso da tutti, si appic
ito eminente, e narra di lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una Diana, egli l’avesse fatta collocare in un luogo
i si precipitò in un pozzo. Altri scrittori dicono che Buteo sposasse una donna, la quale, per la sua incomparabile bellezz
di cui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figlia di Proteo : fu una delle mogli di Vulcano. 862. Cabiri. — Divinità c
. Camdea o Cadmia. — Pietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie di metallo di coloro giallognolo. Questa p
, dal quale, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fabbricare una città nel luogo ove un bue l’avesse condotto. All
ia, ove ospitò assai cortesemente Ulisse, gettato su quelle sponde da una tempesta. Essa lo amò, e visse sette anni con lui
con lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana. Giove, avendo p
della eloquenza e della poesia eroica. I poeti la rappresentano come una giovanetta coronata di lauro, adorna di flori, co
vanetta coronata di lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella mano diritta, con un libro nella sin
ade, dell’Odissea e dell’Eneide. 907. Callipatira. — Ebbe questo nome una donna greca, la quale, ricorrendo il tempo dei gi
giudici ; i quali però le fecero grazia, ordinando da quel tempo con una legge che i maestri degli esercizii dovessero ess
 Uno dei soprannomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di una parte del suo corpo. 909. Callirot. — Secondo Esi
di colonne di Ercole. 912. Calunnia. — Gli Ateniesi ne avevano fatto una Divinità. Per altro gli scrittori più rinomati de
l’oracolo rispose che avrebbero dovuto guardarsi non che dal compiere una simile impresa, pur dal pensarla. Essi però, lung
le…… Virgilio — Eneide — Lib. XI. trad. di A. Caro. Camilla morì in una battaglia uccisa da un colpo di giovallotto. Si c
amira. — Figlia di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città alla quale dette il suo nome. 924. Camos. —
che il Como dei Romani e dei Greci. Il re Salomone, per compiacere ad una delle sue concubine, innalzò al Dio Camos un temp
o degli inferni, ove si credeva fossero puniti coloro che la forza di una passione d’amore, avesse tratti a morte violenta.
to. 927. Campi Elisi. — V. Elisi. 928. Camulo. — Veniva così chiamata una delle Divinità dei Savizii. Si crede che fosse lo
de abitate da quei popoli, ove il Dio Camulo veniva rappresentato con una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome di
si credeva che i genii malefici facessero loro abituale soggiorno in una caverna. 933. Canatosa. — Fontana in cui Giunone
cero loro quand o assediarono il Campidoglio. Al dire di Eliano eravi una contrada nell’Etiopia, i cui abitatori avevano a
della Divinità a cui s’offeriva. 940. Canope. — Era questo il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I sacer
i maghi. Il simulacro di questa Deità, era un gran vaso sormontato da una testa umana e talvolta da quella di uno sparviero
vano resistere al loro. Allora un sacerdote del Dio Canope, volle con una sfida, provare il contrario, e le statue dei due
n grande sorpresa dei Caldei, essi videro ben presto uscire da quella una grande quantità di acqua, che spense interamente
lla sua rinomanza all’astuzia del sacerdote, il quale avea forato con una quantità di piccoli buchi le pareti del vaso, e d
za non appena l’azione del fuoco ebbe liquefatta la cera. Vi fu anche una città dell’Egitto conosciuta sotto il nome di Can
scello che conducea Menelao. Questo principe essendo stato gettato da una violenta tempesta sulle coste dell’Egitto, ebbe b
, per onorare la memoria del suo servo fedele, fabbricò in quel luogo una città, alla quale, in onore del morto, impose il
di Abaso : fu uno degli Argonauti. 943. Canuleìa. — Era così chiamata una delle quattro vestali scelte da Numa, allorchè is
aveva assai caro, dette, in memoria dell’ucciso, il nome di Caonia ad una parte dell’Epiro. 945. Caos. — Era, secondo gli s
e dell’Epiro. 945. Caos. — Era, secondo gli scrittori dell’antichità, una prima materia, sussistente abeterno, sotto una fo
ittori dell’antichità, una prima materia, sussistente abeterno, sotto una forma intralciata e confusa nella quale erano mis
a di quei popoli, che il Dio Pane si fosse nascoto sotto la figura di una capra. Erodoto, nelle sue opere, narra che la dev
Zodiaco. È opinione di molti rinomati scrittori, che questo segno di una delle costellazioni della fascia zodiacale, fosse
glie del centauro Chirone e figliuola di Apollo. Essa dette alla luce una fanciulla, a cui fu dato il nome di Ociroe, per a
coglio nello stretto della Sicilia. La Favola racconta essere Cariddi una donna la quale, avendo involato dei buoi ad Ercol
io, evitar Scilla per cadere in Cariddi. 963. Caride o Charisa. — Era una delle grazie ; Omero la dà per consorte a Vulcano
ndola. Gli abitanti di quell’isola istituirono in onore della defunta una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella
68. Caristie o Caritie. — I Romani, nel mese di febbraio, celebravano una festa così chiamata in onore della Dea Concordia.
trata, celebre indovina che fu madre di Evandro. Ella fu onorata come una Divinità, e dopo la morte si celebrarono in suo o
origine dalla riconciliazione delle dame romane coi loro mariti, dopo una lunga discordia, cagionata da una sentenza del Se
e dame romane coi loro mariti, dopo una lunga discordia, cagionata da una sentenza del Senato la quale proibiva alle dame d
are servigio della Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Brito
he traghettava le ombre dei morti sulle rive del fiume Acheronte, per una moneta che esse erano obbligate a dargli al momen
spiega il costume che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta : era quella la mercede devoluta a Caronte
atte col remo qualunque s’adagia. Come d’autunno si levan le foglie L’ una appresso dell’altra. infin che’l ramo Rende alla
spoglie ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gittansi di quel lito ad una ad una, Per cenni, com’augel per suo richiamo. Co
e ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gittansi di quel lito ad una ad una , Per cenni, com’augel per suo richiamo. Cosi sen
è incatenò Cerbero. V. Cerbero. 982. Carro di Giunone. — La Favola fa una notevole distinzione a questo proposito, dicendo
rapporta nelle sue cronache, che trovandosi i Cartaginesi decimati da una grande pestilenza, pensarono di placare lo sdegno
lui dato dal culto che gli si rendeva su due montagne di questo nome, una vicina al fiume Eufrate, l’altra nel basso Egitto
posta che il mostro sarebbe sparito, allorchè Andromeda, legata su di una roccia fosse da lui divorata. Il re ordinò il sup
e terre che circondavano il monte Parnaso. Apollo amò passionatamente una figliuola di lui ; e ciò à dato forse luogo alla
Castalia in fontana. V. Castalio. 993. Castianira. — Così aveva nome una delle mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluc
favorevoli ai nocchieri. La tradizione favolosa racconta che, durante una spaventevole burrasca, furono vedute aggirarsi al
con Castore, i Romani rinnovavano ogni anno nella festa dei Tindaridi una tale memoria, facendo passare innanzi al tempio d
Giustino, Castore e Polluce apparirono varie volte sulla terra ; e in una battaglia che i Crotoniati ebbero contro i Locria
— Famosa montagna della Colchide. La cronaca favolosa narra che sopra una delle sue rocce fu incatenato Prometeo, allorchè
Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva per lui di una flamma incestuosa, egli abbandonò la sua patria e
estuosa, egli abbandonò la sua patria e andò nella Caria, ove edificò una città. Quando il fratel la vede in tutto insana,
Minerva, i Greci costruirono un enorme cavallo di legno, alto quanto una montagna, il quale aveva rinchiusi nei suoi spazi
isa — I fatti di Enea. I Trojani caddero nell’insidia e atterrarono una parte delle mura di cinta per dar passaggio alla
Priamo. È opinione di Pausania che questo cavallo altro non fosse che una macchina di guerra, specie di ariete, inventata d
i Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri Achei, per mezzo di una larga breccia, prodotta dall’urto di quella macch
nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somigliante ad una grossa scimmi
abone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somigliante ad una grossa scimmia. Al dire di quest’ultimo, Pompeo f
Etiopia in Roma, ove non erasi prima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della g
ima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza di quello d’una capra. 1
testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza di quello d’ una capra. 1020. Cebrione. — Uno dei giganti che moss
madre, essendo seduta dappresso alla fucina di Vulcano, fu colpita da una scintilla di fuoco ; e che dopo nove mesi partori
ell’estrema piccolezza degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita di furto e di brigantaggio, e fabbricò la ci
1024. Cecrope. — Trasse la sua origine dall’ Egitto, da cui condusse una colonia nella Grecia ove fondò il regno d’Atene,
a si nascose in un cespuglio per spiarlo, e Cefalo credendo che fosse una fiera, la uccise con l’istessa arme ch’ella gli a
ella Frigia, ove era particolarmente adorata. Vi era anche nell’ Asia una montagna detta Celana, presso la quale Apollo pun
o anch’esso fosse sottomesso alla morte. Perciò Celma fu rinchiuso in una torre impene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di C
lla ninfa Pirene. Essendo stata uccisa involontariamente da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la madr
isa involontariamente da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la madre di lei fu così afflitta e versò t
fflitta e versò tante lagrime, che la Dea mossa a pietà, la cangiò in una fontana che dal suo nome fu detta Pirene. 1045. C
. — Moglie di Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia assai più bella di Venere, la Dea per vend
ù bella di Venere, la Dea per vendicarsi ispirò alla giovanetta Mirra una passione criminosa pel proprio padre. 1047. Cener
vendendo ch’egli era in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta di alberi ed egli fu cangiato in uccello.
rfosi Lib. XII trad. di dell’ Anguillara. 1049 Centauri. — Popoli di una contrada della Tessaglia. La favola ce li addita
trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di Apollo e di una figlia del fiume Peneo, chiamata Stilbia. Egli si
della terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar Egeo, famosa per aver
l’istesso supplizio ch’egli infliggeva ai viaggiatori. Cercione ebbe una figlia per nome Alope la quale Nettuno rese madre
bbandonavano ad ogni più turpe deboscia. 1061. Cercopiteca. — Nome di una delle divinità degli Egiziani : si crede comuneme
se nulla mangiato nell’inferno. Ma Ascalafo palesò ch’essa avea colto una melograna nei giardini di Plutone e ne avea mangi
solenni misteri delle sue feste. Veniva rappresentata sotto figura di una donna giovane e bella, avendo nella mano destra u
a sotto figura di una donna giovane e bella, avendo nella mano destra una falce, nella sinistra un pugno di spighe di cui a
i. Così furono detti da Cerisco figlio di Mercurio. Si aveva per essi una grande venerazione. 1065. Cerixo. — Fu uno dei sa
brazione dei giuochi funebri in onore di Giulio Cesare, fosse apparsa una cometa con la coda, o stella crinita, e che quest
n segnale dello sdegno di Apollo. 1070. Cesto. — Così veniva chiamata una cintura che Venere portava abitualmente, e nella
orte di sno padre egli andò a dimorare sulle rive del fiume Tiamio in una contrada, che fu detta Cestrina dal nome di lui.
altre donne. 1078. Cherone. — Figlio di Apollo. Dette il suo nome ad una città che da lui cangiò il suo antico nome di Arn
IV trad. di Vinc. Monti Chimera o Chimerifera era similmente detta una montagna della Licia, alla cui sommità, secondoch
er più bella di Diana, del che sdegnata la Dea, le forò la lingua con una freccia. 1083. Chiromanzia. — Così veniva detta l
Dante — Inferno — Canto XII. Una ferita ad un piede cagionatagli da una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate nel sa
i Argonauti, spaventati da un simile effetto ottico, avessero mandata una colomba la quale giunse felicemente a traversare
o disprezzato i misteri di Bacco, questo Dio, per punirlo, lo colpì d’ una tale ebbrezza che quasi demente fece violenza a s
e sia la stessa che la terra ; viene raffigurata sotto le sembianze d’ una donna bellissima, con una corona di torri sul cap
ra ; viene raffigurata sotto le sembianze d’una donna bellissima, con una corona di torri sul capo, circondata da animali,
lissima, con una corona di torri sul capo, circondata da animali, con una gonna seminata di fiori e montata su di un carro
ltro un’isoletta Ch’alpestra ed alta esce de l’onde, e fuma. Ha sotto una spelonca, e grotte intorno, Che di feri Ciclopi,
oche medaglie dei tempi antichi ove è scolpita la Dea della pietà con una cicogna accanto. 1100. Ciconi. — Popoli della Tra
gna accanto. 1100. Ciconi. — Popoli della Tracia : Ulisse, gettato da una tempesta sulle loro coste al suo ritorno da Troja
o la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padre reso invulnerab
o padre Nettuno cangiato in uno di questi animali. 1105. Cileno. — Fu una delle Plejadi. 1106. Cilixo. — Uno dei figli di F
Vogliono alcuni scrittori mitologici, che essa debba il suo nome, ad una figlia di Menofrone, chiamata Cillene : altri pre
lia di Menofrone, chiamata Cillene : altri pretendono che lo abbia da una principessa di questo nome pronipote d’Afanaso re
Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la morte di lui, fond ò una città a cui impose nome di Cilla, per onorare la
ll’Italia, nelle circostanze di Baja. La cronaca favolosa dice che in una delle contrade abitate da questi popoli, sorgesse
1114. Cimmeride. — V. Cimmeria. 1115. Cimodoce. — Ninfa del mare. Fu una delle compagne di Cirene, madre d’Aristeo. 1116.
Cimodocea. — Ninfa che predisse ad Enea l’evento della sua flotta. Fu una di coloro che si presentarono a Cibele, quando qu
Briareo. 1118. Cimoloe. — Una delle Nereidi. Essa ajutò i Trojani in una burrasca che Giunone aveva sollevata contro di lo
bi. 1128. Cinofontisa. — Detta anche Cinofontea : nome che si dava ad una festa celebrata ad Argo, durante la quale venivan
s’incontravano per la via. 1129. Cinosora. — Ninfa del monte Ida. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia di Giove
ensare dell’accaduto, rimase qualche tempo perplesso, allorchè intese una voce che gl’imponeva d’innalzare un altare nel lu
poterc di rendere amabile chi la possedeva, e riaccendeva il fuoco di una passione estinta. …. e dal seno il bel trapunto
so. — Era ritenuto come il simbolo della tristezza, o perchè tagliato una volta non rinasce più, o perchè i suoi rami senza
Corsica. 1142. Cirra. — Città della Focide vicino alla quale esisteva una caverna da cui soffiavano dei venti che ispiravan
quale esisteva una caverna da cui soffiavano dei venti che ispiravano una specie di divino furore, e facevano rendere respo
Tracia. 1145. Cissone. — Così avea nome un giovane il quale morì per una caduta, mentre danzava nei misteri di Bacco, inna
iteronio. — Così veniva denominato Giove perchè aveva un tempio sopra una montagna che portava l’istesso nome. 1156. Citora
dire di Eliano i Pagani ritenevano come pessimo augurio l’incontro di una civetta. 1158. Cizzica o Cisia. — Re dei Dolioni
ale dei Dolioni, la quale fu detta Cizzica o Cisia, e che poi divenne una delle più fiorenti città della Grecia. 1159. Clad
a. 1159. Cladea. — Fiume dell’Elide che veniva adorato dai greci come una divinità. 1160. Cladeo. — Uno degli eroi della Gr
 — Vedi l’articolo precedente. 1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la quale accusata di libertinaggio fu sa
a, fosse diventata un albero. Anche Teseo si dipinge sovente armato d’ una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò
ente armato d’una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò di una grossissima clava per combattere contro Creonte,
denti di Vulcano. 1169. Cledonismanzia. — Detta anche Cledonismo, era una famosa magia ; specie di divinazione che si tirav
sto augurio. 1170. Clemenza. — Di questa virtù avevano i pagani fatta una divinità ; e, secondo asserisce Plutarco, dopo la
seguito il premio nella lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un pugno, facendo così mo
io nella lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un pugno, facendo così morire un gran nu
te per mezzo dei dadi. 1180. Cleta. — Nome che i Lacedemoni davano ad una delle tre grazie. 1181. Clidomanzia. — Indoviname
che presiedeva alla storia. I poeti la rappresentano sotto figura di una donna giovane, d’imponente e maestosa bellezza, c
bellezza, con la fronte coronata di lauro, e avendo nella mano destra una tromba e nella sinistra un libro. 1186. Clita. — 
l quale l’abbandonò per ottenere i favori di Leupotea. Clizia concepi una così violenta gelosia, che in un accesso di dispe
l nome di Eliotropo. La cronaca mitologica ricorda due altre Clizie : una che fu moglie di Tantalo, l’altra di Amintore. 11
a tradizione favolosa racconta che Tito Tazio avendo per caso trovata una statua in una cloaca, la proclamò dea, imponendol
avolosa racconta che Tito Tazio avendo per caso trovata una statua in una cloaca, la proclamò dea, imponendole il nome di C
200. Cloridi. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò
l primo, e d’esser più bella della seconda. Clori fu anche il nome di una ninfa che sposò Zeffiro, il quale le dette per do
mpero sui fiori, ciò che la fece adorare sotto il nome di Flora, come una dea. 1201. Closio. — Soprannome di Giano : si dic
, figlia di Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi colo
i Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto
nna vestita di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto d’ una corona di sette stelle. 1204. Cnef o Cnufi. — Dio
Questa credenza religiosa di uno dei più antichi popoli del mondo, è una prova dell’antichità della tradizione religiosa d
de, e che non facessero alcun male a coloro che navigavano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrit
irgo. — La donna infernale, così veniva denominata Alettone o Alecto, una delle tre furie. V. Alectone. 1212. Cocito. — Fiu
di Colchi, hanno dato luogo alla falsa supposizione dell’esistenza di una città detta Colchisa, la quale non ha mai esistit
amosa regina Semiramide, fosse volata al cielo, sotto le sembianze di una colomba. Silvio Italico, rapporta nelle sue opere
e si fossero fermate sulla città di Tebe : e che dopo qualche istante una prendesse il volo verso la selva di Dodona, nella
una prendesse il volo verso la selva di Dodona, nella quale dette ad una quercia il potere di rispondere come un oracolo ;
l dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su di una quercia circondata da numeroso popolo, che vi si
famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che era una delle sette maraviglie del mondo, e che rappresen
a bellezza della sua chioma. Al dire di Ateneo si celebrava in Grecia una festa ad Apollo Comeo, nella quale tutti coloro c
llo Comeo, nella quale tutti coloro che vi prendevano parte vestivano una tunica bianca. 1226.Cometeso. — Padre d’Asterione
pel cui amore essa s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una sacerdotessa di Diana. 1228.Como — Dalla parola g
eganza della moda. Veniva rappresentata inghirlanda ta di fiori e con una torcia accesa nella mano destra. 1231.Concordia. 
ane. Feste in onore degli dei Consenti. In queste cerimonie si faceva una specie di obbligazione di onorare particolarmente
tavola ; ma ordinò fosse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa di forma e di materia diversa da quelle che
i tempi. In memoria di tale avvenimento, gli Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato il nome di festa delle Coppe.
o pietrose e sanguigne. 1246.Corcira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli di Nettuno. Quest’is
uigne. 1246.Corcira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli di Nettuno. Quest’isola è celebre pel
ale i Coribanti han preso il loro nome. 1256. Coricia. — Ninfa che fu una delle mogli di Apollo : dimorava abitualmente in
. — Ninfa che fu una delle mogli di Apollo : dimorava abitualmente in una caverna del monte Parnaso, conosciuta sotto l’ist
Al dire di Properzio s’invocava Bacco per le sue corna, dimandandogli una lunga vita, onde poter celebrare la sua virtù. 12
ltà di Coronide, lo cangiò di bianco in nero. Tempo fu già che amava una fanciulla Febo in Tessaglia, nata Larissea, Che l
a parola Κορὠνγ, significa cornacchia. Anche fra le baccanti ve ne fu una per nome Coronide, la quale fu rapita da Buteo. F
almente fuvvi un’altra Coronide, di cui fa menzione Pausania, come di una dea adorata in Sicione, ove non avendo un tempio
più fondata però sembra quella che attribuisce il nome di Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinariamente d’oro o
dinariamente d’oro o di argento, così poco concavo, che somigliava ad una piccola tavola, la quale veniva posta sul tripode
niziare nei misteri di Cotitto, e che avendo il poeta Eupoli, scritta una commedia ove sferzava mordacemente i cattivi cost
— Uno degli dei della mitologia egiziana. 1276. Crane. — Ninfa che fu una delle mogli di Giano. Si crede comunemente che si
uo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccise una delle sue sorelle, che Mercurio avea deflorata, e
nire a Crateo, ma questi non potendo vivere senza suo figlio, allesti una flotta e mosse egli stesso a rintracciarlo. Egli
e ne segui un accanito combattimento, nel quale Altmeno trafisse con una freccia Crateo. Questo sventurato principe morì d
e che egli avesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di felci di cui è sparsa l’isola Crau, al
questi ripudiò Medea, la quale per vendicarsi mandò in dono a Creusa una piccola scatola da cui uscì un fuoco che s’appicc
nome di Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e moglie di
lla Frigia un mostruoso serpente, al quale ogni giorno bisognava dare una giovanetta per pasto. Tutte le volte che il mostr
alla voracità del rettile, il padre di lei la mise furtivamente su di una barca, e per non esporla alla triste sorte delle
dio per punirlo di aver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mandò una grande quantità di sorci nei suoi campi. Però ess
e della testa recisa di Medusa : gli fu dato questo nome perchè aveva una spada d’oro nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote
nosciuta sotto il nome di Criseide. V. Criseide. Nella Troade, vi era una città conosciuta sotto l’istesso nome, celebre pe
one ricusato alle preghiere del vecchio, questi ottenne da Apollo che una terribile pestilenza avesse decimato l’esercito g
tituita al padre. Agamennone, costretto a cederla, ritolse ad Achille una schiava per nome Briseide, che era a lui spettata
i onoravano sotto questa denominazione, Giunone, rappresentandola con una lancia nella destra. D 1337. Dadea. — V. D
acrò quell’arboscello a Dafne ed egli stesso si fece di quelle foglie una corona, che poi porto sempre. Vi fu anche un’altr
Dafnefagi. — Vale a dire, mangiatori di lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovini, i quali prima di dare i loro r
pastore della Sicilia : fu figlio di Mercurio. Egli amò con passione una ninfa ed ottenne dagli dei la grazia che di essi
osì al fato che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere sua figlia in una torre di bronzo ; ma Giove, innamoratosi della be
ei e la rese madre. Acrisio, vedendosi ingannato, fece legar Danae in una piccola barca e l’abbandonò in preda alle onde.
rf. Libro IV trad. di Dell’Anguillara. Ma essa approdò felicemente a una delle isole Cicladi, dove Politetto, re di quella
, furono condannate nell’inferno ad attingere eternamente l’acqua con una secchia senza fondo. Le Danaidi, furono dette anc
ogica ricorda che i Geti e i Traci lo venerarono particolarmente come una divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e di E
to di fuggire dall’isola di Creta, e si ricovero in Asia, ove costrui una città detta dal suo nome Dardania, che fu più tar
imento di Preto contro Acrise. Daulle o Daulisia veniva pure chiamata una ninfa, la quale dette il suo nome alla città di D
iterone. Gli abitanti di Platea, celebravano queste medesime feste in una loro particolare maniera, in memoria del loro rit
sifae, donna di Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chiusa in una vacca di legno, perciò l’Alighieri dice falsa vac
a salvamento in Sicilia, dove per altro mori poco dopo, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re di quell’isola, a
i, erano propriamente quelli che avevano per padre un dio e per madre una donna mortale : o viceversa per madre una dea e p
er padre un dio e per madre una donna mortale : o viceversa per madre una dea e per padre un uomo. Fra i Semi Dei venivano
lli e le pietre, attribuendo a tutto ciò segreti e sovrumani poteri e una grande influenza sui destini degli uomini. Ed ora
Più comunemente detti Semi Dei : vale a dire quei mortali che per una qualche eroica azione durante la vita, venivano,
di Deidamia, la rese madre di Pirro, il quale, divenuto adulto, ebbe una figlia a cui impose il nome di Deidamia, in memor
no che veniva reso pubblicamente a quegli uomini che avevano compiuta una qualche gloriosa e memoranda azione. È questa una
he avevano compiuta una qualche gloriosa e memoranda azione. È questa una delle principali sorgenti dell’idolatria dei paga
intera città, quindi in tutta la contrada, ed è in questo modo che di una divinità particolare ad una famiglia, si viene a
a la contrada, ed è in questo modo che di una divinità particolare ad una famiglia, si viene a formare una divinità riconos
o che di una divinità particolare ad una famiglia, si viene a formare una divinità riconosciuta ed adorata da tutti. Così e
a profonda oscurità delle tenebre dei tempi, non ci permette di avere una cognizione solida e certa sopra altri uomini che
cognizione solida e certa sopra altri uomini che avessero esercitato una certa sovranità sui loro contemporanei, così Uran
città. Dopo che il corpo era stato sepolto con gran pompa, si metteva una figura di cera che ne somigliasse il volto su di
di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novello imperatore con una fiaccola appiccava il fuoco ai quattro angoli del
ntauro erasi dato a precipitosa fuga, per rapirgli la sposa, gli tiro una freccia che lo ferì mortalmente. Nesso, sentendos
e sente, Può dare al morto amor, forza e restauro. Già molto prima ad una sua servente L’avea fatta adornar di seta e d’aur
; ed altri finalmente dal delfino che Apollo dette per condottiero ad una colonia di Cretesi, che andarono a stabilirsi nel
stanza del monte Parnaso, s’avvide che le sue capre, avvicinandosi ad una caverna, gittavano un forte grido e fuggivano, co
to della sua luce immortale, bello della sua eterna giovanezza, e con una lira d’oronella mano, da cui traeva dolcissimi e
esta allegoria della favola, altro non si deve oggi scorgere senonchè una delle tante astuzie dei sacerdoti, che facevano a
V. Delia. Durante il periodo di queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazione nell’isola di Delo per offerire dei s
telli Palici. — V. Palici e Talia. 1404. Delo. — Isola del mare Egeo, una di quelle che componevano il gruppo delle Cicladi
città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo di carne di una vittima umana, immolata a Giove, fu cangiato in l
emofoonte. — Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, una tempesta lo gettò sulle coste della Tracia, ove f
llegoria mitologica narra che egli si fosse innalzato nell’aria su di una palla, e che facendo su quella il giro della terr
o. — Secondo i Platonici o seguaci di Platone si dava questo nome, ad una categoria di esseri fantastici che popolavano l’i
demonio o genio tutelare, che gli serviva per tutta la vita. È questa una credenza perfettamente simile, e identica del tut
in tutte le sue azioni. 1416. Dendroforia. — Si dava codesto nome ad una cerimonia che si eseguiva nelle feste di Cibele e
zioso presente. 1419. Derceto. — Detta anche Dirceto e Deraclite. Era una giovanetta la quale profonda, damente pentita di
, fu creduto che fosse stata cangiata in pesce. Gli Assiri a doravano una divinità sotto la figura di una donna, che dalla
giata in pesce. Gli Assiri a doravano una divinità sotto la figura di una donna, che dalla cintura in giù aveva il corpo di
giù aveva il corpo di pesce. Essi avevano per questa specie di mostri una grande venerazione. La cronaca favolosa ripete, c
sa ripete, che il frutto degli amori della disgraziata Derceto, fosse una bambina, che fu poi la famosa Semiramide, regina
orma, Già si scorgono e capi e braccia e colli, E d’uomini imperfetti una gran torma, Simili a’corpi ne’marmi scolpiti I qu
te della città e avevano in tutti i loro particolari, il carattere di una profonda e dolorosa tristezza. 1429. Dialeo-Flami
a lince e a capriol non reco, Dammi tenere ogai silvestre altura ; D’ una qual vuoi città fammi regina : Me vedran raro cit
assava quasi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una muta di cani. I Satiri, le Driadi, e tutte le alt
amoso tempio di Efeso tutto sfolgorante d’oro e che era ritenuto come una delle sette meraviglie del mondo, e come il più s
in onore di Giove propizio, durante le quali si faceva dagli abitanti una famosa fiera a cui non mancava alcuna specie di m
1435. Dictea. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Essa presiedeva
rianna che Teseo avea seco condotta dalla isola di Creta, ove sorgeva una montagna per nome Dictea 1437. Dictee-ninfe. — Ni
Iarba acconsentito, Didone fece tagliare in lunghe e sottili striscie una di dette pelli, le quali disegnarono sul terreno
Scena ultima. Dopo la sua morte Didone fu onorata in Cartagine come una dea e riconosciuta come la fondatrice dello imper
o impero cartaginese. L’episodio che racconta Virgilio nell’Eneide, è una mera invenzione poetica. Enea visse più di 300 an
. 1447. Difolle. — E più comunemente Dipolie. Si dava codesto nome ad una specie di cerimonia religiosa che gli Ateniesi ce
i, che può ben dirsi tutto l’olimpo pagano altro non essere stato che una vilissima ciurmeria di saltibanchi, più, al certo
se l’idea informatrice di un culto, rivelatore della divina maestà di una religione. 1455. Diocleide. — Più comunemonte Dio
. 1455. Diocleide. — Più comunemonte Dioclie. Si dava codesto nome ad una festa che si celebrava nell’ Attica, in onore di
se il Palladio che era la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran quantità di nemici. Ma di qual parte fosse
oprannome. Essa fu perduttamente amata da Marte, che le rese madre di una figlia, di cui nell’articolo precedente. 1461. Di
ri ; tolse nel tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e nel tempi di Esculapio, i
Quel Dio aveva in questa ciltà un tempio grande e ricchissimo, ove in una data stagione dell’anno, si celebrava dagli abita
simo, ove in una data stagione dell’anno, si celebrava dagli abitanti una festa ìn onore di lui che durava dodici giorni, e
, dopo di che cangio Dirce in fontana. 1470. Dircea. — Cosi avea nome una giovanetta, che Minerva cangiò in pesce, avendo o
con occhi impietriti, e vesti insanguinate ; avendo nella mano destra una torcia accesa, e nella sinistra un pugnale. L’em
co. Da principio si dava più particolarmente codesta denominazione ad una specie di inno osceno, che si cantava nei misteri
la sua non comune bellezza avesse ispirata a Minosse, re dell’isola, una violenta passione ; per mode che, avendo un giorn
giorno sorpresa la ninfa, volle farle violenza, ma essa, dall’alto di una rupe si precipito nel mare, ove cadde in una rete
a, ma essa, dall’alto di una rupe si precipito nel mare, ove cadde in una rete. La parola Dittina viene dal greco Δἱϰνυνγ c
ose, a cui si dava questo nome. Esse furono stabilite in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini e gl
ri, V. Cabiri. 1487. Dodona. — Città dell’ Epiro, presso la quale era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di querc
seguente l’origine dell’oracolo di Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue figliuole per nome Teba, di due meravig
orprendente prorogativa di parlare. Un giorno le due colombe volarono una in Egitto, e propriamente nella Libia, ove poi fu
ro rapito due sacerdotesse della città di Tebe ; e che avendo venduta una di esse nella Grecia questa avesse stabilito la s
ilito la sua dimora nella selva di Dodona, ove fece costruire a piè d’ una quercia un’ara in onore di Giove, di cui ella era
o erano comandati da Pirro. 1494. Dolore. — I pagani ne avevano fatto una divinità, e lo scrittore Igino lo fa essere figli
an-Nereidi. I poeti si sono sovente serviti del nome Dori, proprio di una particolare divinità marittima, per indicare il m
are istesso. Virgilio à detto : Doris amara. Dori fu anche il nome di una delle Nereidi, così detta da sua madre. 1500. Dor
era tirato da due draghi, a cui la tradizione mitologica attribuisce una celerità prodigiosa, forse per alludere all’ansia
Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa era di una così severa castità, che fuggiva perfino la vista
esso i pagani si credeva, che non si potesse entrare in un hosco o in una selva senza prima far delle offerte alle Driadi t
o la morte di Drimaco, lo avessero adorato come un dio. È questa però una opinione poco generalizzata. 1512. Drimo. — Una d
eva sulle ginocchia un bambino suo figlio, svelse un ramo di edera da una pianta vicina, per divertire l’infante. Bacco, a
nza che fosse loro permesso d’avere contatto coi loro sposi, meno che una sola volta l’anno, in un dato giorno. in cui era
i Eubagi, i Bardi, i Sarronidi ec. Èssi menavano almeno in apparenza, una vita austera ed irreprensibile. Si dedicavano all
i Druidi lo stato matrimoniale, e quando essi avevano tolta in moglie una donna, questa si chiamava Druidessa, ed aveva dir
madre. Essendo stati distrutti tutti gli abitanti dei suoi stati, da una terribile pestilenza, egli ottenne da suo padre G
ta al vigore ed alla forza. Ebe vien rappresentata sotto la figura di una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labbra,
vano onorato la sua vittoria con un monumento, imprecò contro di essi una maledizione che fu esaudita dai celesti. Gli Ache
di essi la maledizione di Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una statua in onore di Ebota, e così l’anno seguente,
, e poi coloro che riuscivano vincitori, incoronavano la sua statua d’ una ghirlanda di flori. 1528. Ecaerga. — Così avea no
sua statua d’una ghirlanda di flori. 1528. Ecaerga. — Così avea nome una ninfa dei boschi che fu celebre cacciatrice, ed e
nel borgo dell’ Attica, era un tempio dedicato a Giove Ecale, ove in una data epoca dell’anno, si celebravano delle feste
Teocrito lo Scoliaste, dice che Giove ebbe dai suoi amori con Cerere una figliuola che fu detta Ecate, la quale fu celebre
te. Esiodo, nelle sue cronache dell’antichità, ci presenta Ecate come una dea terribile che ba nelle sue mani il destino de
ali della medesima specie. Lo scrittore Capitolino ricorda che quando una Ecatombe veniva offerta da un imperatore, le vitt
r sollennizzare un felice avvenimento, sia per implorare il termine d’ una publica calamità. Diogene Laerzio, riferisce nell
er trovata la soluzione di un problema geometrico. È questa per altro una notizia nè generalizzata nè ripetuta fra gli scri
l’indovino Calcante avesse consigliato ai Greci di offerire in Crisa una Ecatombe ad Apollo, onde placarne lo sdegno. 1534
e Attico, chiamato per questo Hecacatombion e nelle quali si offeriva una Ecatombe. 1535. Ecatombe. — Dal costume che i pag
i, in rendimento di grazie della vittoria riportata, offrire agli dei una Ecatombe. Da questa costumanza si dava il nome di
erò Cerbero, la Chimera, il Leone Nemeo, e l’Idra di Lerna. Echidna è una parola che deriva dal vocabolo greco Εϰιδρα, che
dizione favolosa narra di lui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una grande siccità, per la quale morivano gran numero
un sol cocchio. A questi S’avventò Diomede ; e col furore Di lion che una mandra al bosco assalta E di giovenca o bue frang
questa non avesse disturbato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito di sua moglie, Giunone, saputo
le mosse. Egli pregò caldamente Ecuba di nasconderlo e di salvarlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuore della decadut
da una certa morte ; ed ora, al gran cuore della decaduta regina, era una trafittura mortale il vedersi schiava di quell’is
nel ripetere che, ai tempi di Strabone, si vedeva ancora nella Tracia una sepoltura, detta il sepolcro del cane, e nella qu
re. Da questo connubio nacquero i due fratelli Eteocle e Polinice, ed una figlia che ebbe nome Antigone. Gli dei, irritati
, era pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la città di Tebe con una orribile pestilenza, la quale non cessò che quand
cconta che essendo Edo gelosa di vedere che Niobe, sua cognata, aveva una numerosa famiglia, mentre essa non aveva che un s
ferno, ove fu data in preda alle Furie. 1553. Edone. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la qual
alinconico. 1554. Edonidi. — Le Baccanti erano così soprannominate da una montagna della Tracia, conosciuta sotto il nome d
tradizione mitologica ripete che il nome di questa città derivasse da una donna chiamata Efeso, la quale dette origine alle
più accreditati scrittori della favola. La città di Efeso sorgeva in una pianura irrigata dal fiume Caistro, nelle circost
to dei Greci nell’ Asia minore ; ma che allora altro non fosse se non una piccola borgata, vicina al tempio di Diana, la qu
la quale fin da quel tempo era venerata in quei luoghi ; e che poscia una colonia greca avesse costruita la città di Efeso,
eso, che si rese poi tanto celebre. Il famoso tempio di Diana, che fu una delle sette meraviglie del mondo, fu fatto costru
elebre per opere valorose, volle eternare il suo nome coll’incendiare una delle più meravigliose opere dell’ingegno umano,
esse consisteva nella corsa che tre giovanetti facevano, ciascuno con una torcia accesa nella destra. Quello fra i tre che
Grecia vi furono altre due città conosciute sotto il nome di Efira ; una nella contrada della Tessaglia, e propriamente ne
, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu patria di Sisifo. Efira, una città, natia contrada Di Sisifo, che ognun vincea
larmente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunto ne
Trezene, famoso per la sua saggezza. Pitteo lo accolse regalmente, e una sera, dopo un sontuoso banchetto, nel quale Egeo
, e non dubitando che il nascituro fosse suo figlio, consegno ad Etra una spada, ingiungendole di conservarla onde suo figl
in quel turno di tempo la sorte cadde sopra Teseo, designandolo come una delle vittime che ogni anno, per patto della scon
erribile viaggio, con altrettante di colore bianco, ove mai egli, per una speciale grazia dei numi, fosse ritornato salvo i
n gigante, famoso nella mitologia Scadinava. 1578. Egeria. — Ninfa di una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Pompil
e racconta che avesse presso forma umana, ed avesse sposato il re, in una selva presso le porte di Roma, la quale fu allora
menti, per modo che Diana, sturbata nei suoi sagrifizi, la cangliò in una fontana, che dal suo nome fu detta Egeria. Tra i
i i sacerdoti, consacrati al culto del nume che si adorava, scavavano una fossa in mezzo ad un campo, o in altro luogo adat
tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano quindi la fossa con una tavola forata in più punti e si gettava su di ess
sorgente ; e per sottrarre Egina alla paterna vendetta, la nascose in una isola del Golfo Saronico, detta Enone o Enopia. F
edi l’articolo precedente. Gli Egineti dopo essere stati governati da una lunga serie di re, dei quali solo pochi sono rico
e divinità campestri e boscherecce. Taluni scrittori fanno di Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli
eri, ed Egipio e Neofronte in Avoltoi. 1591. Egira. — Così aveva nome una delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio di
gisto, il quale, abbandonato dalla madre in un bosco, fu allattato da una capra, e poi raccolto da alcuni pastori. A che m
empi favolosi, non consente oggi a che noi battessimo nelle ricerche, una via libera e spianata : noi altro non possiam far
scrittori dell’antichità. Egitto secondo alcuni fu figlio di Belo e d’ una figlia del fiume Nelo. Altri pretendono che fosse
a città di Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di Nereo, fu una delle più belle fra le Naiadi. Allegra e spensier
onatilo, e Cronide e con essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il succo
unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e
di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalmente di una delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiam
inalmente di una delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata una figliuola di Epione e di Esculapio : essa fu sore
del famoso Maccaone. V. Macaone. 1596. Egnatia. — Ninfa riverita come una dea nella Puglia in cui gli abitanti credevano ge
gibolo. 1598. Egocero. — Soprannome del dio Pane, che a lui veniva da una parola Greca che significa capro, perchè egli ess
non averla trovata ostile alla sua vendetta ; e le avesse sacrificato una Capra ; da cio il soprannome di Egofaro che signi
vanetto Cretese il quale in compagnia di altri suoi campagni entro in una caverna consacrata a Giove, (che secondo la tradi
e secondo la tradizione era nato in quella) onde derubare il mele che una immensa quantità di Ape vi lavoravano. Egolio e i
rra la cronaca che Menelao, ritornando dall’assedio di Troja fosse da una tempesta costretto a ricoverarsi in un’isola dese
rta nelle vicinanze dell’Egitto e che egli fosse costretto a far colà una lunga dimora perchè i venti spirarono per molti g
inerva per la prosperità della repubblica. 1606 Ejona. Cosi ebbe nome una delle cinquanta Enereidi. 1607 Ejoneo.Fu l’avo di
a celebrata dagli Ateniesi in onore di Diana : venivano cosi dette da una parola greca che significa Cervo, perchè in quest
. 1609. Elafoballa. — V. l’articolo precedente. 1910. Elagabalo. — In una città dell’alta. Siria per nome Emesa si adorava
n una città dell’alta. Siria per nome Emesa si adorava dagli abitanti una deità a cui essi davano il nome dil Elagabalo, e
oprannome di Giove a lui venuto da un ricchissimo tempio che aveva in una città del Peloponnese chiamata Elts. 1615. Elefan
grido, fino da’ suoi primi anni, che Teseo, affascinato alla vista di una così incantevole creatura, la rapì un giorno che
la ricondussero a Sparta, ove essa dopo qualche tempo dette alla luce una bambina. Queste scandalose avventure lunge dal nu
ilmente ad abbandonare il consorte, a calpestare i più santi doveri d’ una moglie ed a fuggir seco alla corte di Priamo, ove
la lascivia dei suoi costumi era stata cagione. Elena si chiamò pure una giovanetta Spartana che, secondo la tradizione, f
avuto imposto dall’oracolo, onde ottenere dal cielo la cessazione di una terribile pestilenza. Al momento in cui tutto era
aquila rapì dall’altare il coltello, e lo lasciò cadere sulla testa d’ una giovenca, la quale fu immolata invece della giova
lla giovanetta Elena. 1620. Eleno. — Uno dei figliuoli di Priamo. Amò una giovanetta per nome Cassandra e la favola raccont
fetto del suo signore, avendogli predetto molti prosperi successi, ed una felice navigazione. L’avverarsi di tutte queste l
fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro che d
ione dell’ usurpatore Egisto, Elettra aveva appena 18 anni, e pure in una età così giovanile riuscì a salvare Oreste dalle
obbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la quale sp
ino la superficie delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie di met
ene di quelle rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie di metallo, la quinta parte del quale è ar
naxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfimaco ed altri — V. Anaxo — Da una schiava della Frigia per nome Medea, egli ebbe an
emico. Essendo Anfitrione andato ad inconirarlo, nel volere arrestare una di quelle giovenche ch’ erasi data alla fuga, le
vece di colpire l’ animale, percosse Elettrione così violentemente in una tempia, che gli produsse una morte istantanea. El
ercosse Elettrione così violentemente in una tempia, che gli produsse una morte istantanea. Elettrione era similmente il no
i produsse una morte istantanea. Elettrione era similmente il nome di una giovanetta che secondo la tradizione favolosa era
oli della Beozia dalla schiavitù, e fece in memoria di ciò fabbricare una città a cui fu dato il nome di Eleutera. 1631. El
vano anche dette Fetontee. La tradizione ripete a traverso il velo di una bellissima allegoria, che anche dopo la loro meta
e per sottrarsi al castigo ; e Atti, traversando l’Egitto, vi edificò una città a cui, in onore di suo padre Elio, dette il
costante di tutte le navigazioni dei greci. Elice fu anche il nome di una città dell’Acaja, ove Nettuno aveva un tempio ass
più lontane contrade. Sulla parte posta di contro all’oracolo, posava una grande lamina inargentata, specie di specchio che
el sole, e collocata in modo che tutto il tempio ne era illuminato di una luce vivissima. Si narra nelle cronache, che allo
sarebbe ritornato in Roma. Per tutta risposta egli ebbe dall’oracolo una vite fatta in pezzi. Macrobio, nelle sue opere, d
degl’inferni in cui i poeti dell’antichità, immaginarono che regnasse una eterna primavera, e dove le ombre dei giusti gode
regnasse una eterna primavera, e dove le ombre dei giusti godevano di una felicità perfetta. Sul beato confine Odi intorno
i Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamante. 1
ecia in onore di Europa Ellote, e durante la quale si portava in giro una enorme corona di mirto, che, secondo la tradizion
la sacerdotessa Ellotide che lo aveva in custodia. Qualche tempo dopo una terribile pestilenza devastò il paese, e gli abit
i suoi compagni, la cui nave già stava per far vela, che precipitò da una rupe assai alta e si uccise. Un Elpenore v’era,
do continuamente la bocca, piuttosto in atto di domandare sollievo ad una sofferenza, che in attitudine minacciosa Elpide a
lo venivano dallo avere un osso a traverso la gola, che gli cagionava una dolorosa ferita. Elpide non esitò un momento ad i
nome al dio dei gatti. 1658. Emacuria. — Nel Peloponneso si celebrava una festa in onore di Pelopo, nella quale i giovani r
elopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie di duello con delle verghe, e solo cessava
ia famiglia degli Emilii pretendeva di discendere. 1662. Emitea. — In una città della Caria, nota nella geografia antica so
ria, nota nella geografia antica sotto il nome di Castabea si adorava una divinità chiamata Emitea. Le veniva attribuito un
tesissimo, e si credeva generalmente che tutt’i malati che dormissero una notte nel recinto del tempio a lei dedicato, si t
inuamente da tutte le città circonvicine doni ed offerte ad Emitea di una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene non ci
one rivolse contro se stesso tutto il suo furore e abbracciando anche una volta Antigone, esalò l’estremo sospiro sul seno
un altro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli di Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la quale, a somiglianza d
— Festa celebrata dai Greci allorchè si consacrava un nuovo tempio ad una divinità. 1672. Endeide. — Detta anche Endia o En
na, la quale per visitarlo abbandonava di notte il cielo, ravvolta in una nube. V. Diana. Da questo commercio nacquero dive
cepolo di Dedalo, che si rese celebre quasi quanto il suo maestro. In una piccola città della Grecia, nelle circostanze di
a piccola città della Grecia, nelle circostanze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che era opera di lui, e
a di lui, e che veniva altamente pregiata. Egli aveva pel suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della disgrazia di l
ndovellico. — Gli abitanti della Spagna adoravano, sotto questo nome, una divinità la quale, insieme ad Ercole, formava la
o l’educazione di un eroe ; compiuta la quale tolse in moglie Creusa, una delle figlie del re Priamo, e la rese madre di un
l quale però Enea, ebbe seco stesso a felicitarsi d’esser figliuolo d’ una dea, perchè, senza il favore e la materna protezi
scentro con l’inimico, un positivo pericolo, Nettuno lo ravvolgeva in una nube invisibile sottraendolo così alle ferite e a
con tutti quei Trojani che vollero seguire le sue sorti, fuggendo per una porta segreta portando sulle proprie spalle il su
per mano il figliuolo Ascanio, e tutti ripararono momentaneamente in una caverna del monte Ida. In questa occas one Creusa
a, con tutti i suoi seguaci, potè dopo qualche tempo, imbarcarsi su d’ una nave che la favola dice costrutta da Mercurio, e
entare un’intera flotta ; e avviandosi verso l’occidente giunse, dopo una fortunosa traversata, nella Tracia ove edificò un
dente giunse, dopo una fortunosa traversata, nella Tracia ove edificò una città che fu detta Eno, forse dal nome di lui. Re
’apparente significato del responso, si portò nell’isola di Creta, ma una violenta epidemia scoppiata in quell’isola, lo co
Miseno. Enea ad onorare la loro memoria impose il nome della prima ad una città e quello del secondo ad una punta di terra
moria impose il nome della prima ad una città e quello del secondo ad una punta di terra conosciuta anche oggi sotto la den
successore al trono. Sola d’un sangue tal, d’un tanto regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e
nemica e ben presto sulle sponde del fiume Numico nell’Etruria, segui una sanguinosa battaglia, le sorti della quale già vo
tutt’i loro discendenti, il nome di Eolidi. Eneo sposò in prime nozze una giovanetta per nome Altea, che morì assai presto
ie. ed ella concepette e partori Henoc. Poi egli si mise ad edificare una città e la nominò dal nome del suo figliuolo Heno
zione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Ercole una data misura di vino e facevano libazioni al nume
le lo uccise sulle rive del fiume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con
in uso presso gli antichi di marcare le indicazioni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una
ni delle strade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. — Antica città del
tro scrittore dell’antichità, Enomao fu figlio di Alcione, e padre di una giovanetta bellissima, per nome Ippodamia. Second
seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed istitui una cerimonia funebre nella quale si recava ogni anno
lare duello. 1692. Enone. — Figlia del fiume Cebreno nella Frigia. Fu una delle più belle abitatrici del monte Ida. Apollo
alle voglie di lui, che per mostrar le la sua gratitudine le concesse una larga cognizione dell’avvenire, e delle diverse v
uale fu proclamato re. Tolta in moglie la ninfa Elise, ebbe da questa una figlia che chiamò Merope. Questa giovanetta di so
di Licaone, re d’Arcadia. Egli fu il primo a stabilirsi in Italia con una colonia greca. Secondo Virgilio egli dette anche
sa ad un albero, i Rodiani le inalzarono un tempio e l’adorarono come una divinità, alla quale dettero il nome di Entitride
Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli
lo, abitava in isola natante, Cui tatta un muro d’infrangibil rame, E una liscia circonda ecceisa rupe. Omero — Odissea — 
ddosso. Eono veggendo il pericolo di Ercole, scagliò contro l’animale una grossa pietra, ed allora i figli d’Ipocoonte usci
l giovane Eono il quale morì in conseguenza delle ferite. Ne successe una mischia nella quale Ercole stesso assai mal conci
i mal concio dovè ritirarsi. Però qualche tempo dopo, accompagnato da una mano di suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoo
presso la moglie del re Biblo. Epafo divenuto adulto, tolse in moglie una giovanetta per nome Menfi, ed avendo in seguito e
moglie una giovanetta per nome Menfi, ed avendo in seguito edificata una città le impose il nome della moglie. Fu questa l
bblicamente, ed erano preceduti da un giovine vestito di bianco e con una fiaccola nella destra. 1711. Epemenide. — V. Epim
. La favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un figliuolo ch
icoltura. 1721. Epicrene. — Ossia feste delle fontane. Così avea nome una pubblica cerimonia che i Lacedemoni celebravano i
Così avea nome una pubblica cerimonia che i Lacedemoni celebravano in una data epoca dell’anno, intorno alle principali fon
Epidauria. — Nella città di Epidauro, e poscia in Atene si celebrava una festa annuale in onore di Esculapio alla quale si
 — Gli abitanti di Delo e di Mileto ; celebravano in onore di Apollo, una festa, così chiamata, come quelli di Argo, ne cel
oventù avendolo suo padre posto a custodire la gregge, egli assiso in una caverna fu sorpreso da un profondo sonno che durò
rrogarono come un oracolo. Essendo, in quel torno di tempo, scoppiata una terribile pestilenza in Atene, gli abitanti fecer
he questi sdegnato contro Prometeo per aver questi fatta con la creta una figura umana e detto che era anch’egli un creator
ve che ad altro non era riuscito che a far felice Epimeteo lo mutò in una scimmia. 1737. Epinicie. — Davasi questo nome all
i questo nome alle feste che gli antichi celebravano per solennizzare una vittoria. 1738. Epinicio. — Si dava questo nome a
a Ηπηρλορ che significa torre gli Ateniesi avevan dato questo nome ad una statua altissima formata, di tre corpi in uno, ch
uno, ch’essi avevano consacrato ad Ecate e che rassomigliava molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome di una giovanetta,
ate e che rassomigliava molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome di una giovanetta, figlia di un greco chiamato Trachione
riconosciuta per donna, i suoi concittadini la lapidarono credendola una spia. 1742. Epiponsia. — Soprannome data a Venere
 Dalla parola greca σϰηη che significa barca, si dava codesto nome ad una festa delle barche, che si celebrava con grande a
2 del mese di Sciroforione (Maggio) celebravasi nella città di Atene, una solennità religiosa in onore di Minerva Scirade,
la dea. L’eroe prima di far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una capra, la quale istantaneamente congiossi in capr
tradizione, che mentre si aggirava pel campo, gli comparve un uomo di una grande statura, e con lunga barba nera, e che ave
Antiope, figlia del re di Tebe, Nitteo, si vide costretto a sostenere una guerra contro i Tebani per tale ragione e morì in
tto a sostenere una guerra contro i Tebani per tale ragione e morì in una battaglia. Altri asserisce esser morto in seguito
oltre un tempio a Minerva per la quale egli ebbe in tutta la sua vita una particolare divozione. La tradizione favolosa dic
nd’egli morì, scaturire dal tempio che egli stesso le aveva innalzata una fontana di olio. 1751. Epopte. — Era questo il ti
le dall’essere Vestali ; e a somiglianza dei pontefici essi vestivano una tunica orlata di porpora. 1753. Equestre. — Sopra
o alla lettera, e l’urto della cavalleria fu così impetuoso che bastò una sola carica per decidere della vittoria. Sebbene
ampo Marzio. 1755. Equità. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra. Ass
1755. Equità. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra. Assai sovente si
. — Veniva questa divinità rappresentata con una spada in una mano ed una bilancia nell’altra. Assai sovente si confondea c
furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di una città della Friotide, nella quale la tradizione f
Argo e di Micene ponendo così le basi a quel ristabilimento che forma una dell’epoche principali della storia greca. 1760.
ndo la formola antica si sacrificava a Junoni Pronube e le si offriva una ciocca dei capelli della sposa, mentre il fiele d
esistenza è tutta consacrata a suffragio dell’umanità, o a quello di una nazione. Le tradizioni favolose, relative a quest
grado la formale asserzione di Erodoto, l’Ercole greco non può essere una copia, o almeno una riproduzione dell’Ercole Egiz
erzione di Erodoto, l’Ercole greco non può essere una copia, o almeno una riproduzione dell’Ercole Egiziano. Primieramente
zza ; e finalmente il mito relativo al famoso figliuolo di Alcmena, à una tinta particolarmente greca, che armonizza con gr
ori dell’antichità, basterà ricordare che gli egiziani potevano avere una ampia conoscenza, e forse anche un culto di relig
e particolari divinità, che un cieco spirito di sistema à potuto, per una strana aberrazione, paragonare a creazioni comple
e greco non à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa costantemente,
te, nel mito Omerico, come essenzialmente pedestre. Lunge dal riunire una numerosa flottiglia per attaccare Ilione, (second
dio. In ciò non v’è nulla che possa a ver riguardo alla formazione di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn dato
one di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn dato prova di una lodevole penetrazione storica, sforzandosi instin
a nettamente la volontà di difendere la nazionalità, l’originalità di una creazione, che è quanto lo spirito inventivo dell
cole greco. Omero, nei suoi immortali poemi, non ci rivela traccia di una origine straniera o di diversi Ercoli : tutti i t
il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua auda
za nell’Olimpo, ove al fianco di Ebe, dea della gioventù, sfolgora di una luce immortale fra le altre divinità. Tali sono a
te le volte che non si voglia vedere in essa il simbolo mitologico di una forza fisica, straordinariamente sviluppata fino
zi ai Tribunali, egli si difese, richiamando alla memoria dei giudici una legge di Radamanto stesso, la quale mandava assol
lle campagne a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto di una forza e di nna statura colossale. Apollodoro gli
ndaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un coraggio e di una forza indomabile. Cosi d’Alemena il figlio Non v
he, uscendo dal monte Citerone, decimava gli armenti ch’ei custodiva, una grande porzione dei quali apparteneva al re Testi
cole. Del resto la tradizione del leone del monte Citerone, non è che una copia di quella del leone Nemeo, la cui pelle riv
arebbe dato : allora gli apparvero due donne di grande statura di cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il volto maes
nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Voluttà
nella battaglia ucciso da Ercole stesso, a cui Minerva avea regalato una magnifica armatura. Anfitrione stesso fu ucciso i
Apollo, e si fosse in conseguenza sottomesso ad Euristeo. Finalmente una terza tradizione dice che Euristeo. Finalmente un
risteo. Finalmente una terza tradizione dice che Euristeo. Finalmente una terza tradizione dice che Euristeo, mosso da un s
soccorso e la protezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcan
presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed
n mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile di una poderosa clava, tagliata da un secolare albero de
le naturalizzato, vale a dire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia
ire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo valor
o. Pausania aggiunge che essendosi un giorno l’eroe appoggiato contro una colonna innalzata in onore di Mercurio, nella cit
stalle di Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorno, segnano una delle sue più ardue fatiche, poichè a raggiunger
rovare la fedeltà di Minos, avesse fatto uscire dai flutti un toro di una bellezza sorprendente. Minos colpito dalla straor
to, fondò la città di Abdera in onore del suo amico Abdero, ucciso in una battaglia. Poi, combattendo contro le Amazzoni ;
ntro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro di cui si servi per attraversare l’Oc
nimale, Ercole lo condusse insieme agli altri verso il mare Ionio, ma una tempesta violenta sollevata da Giuno ne, gli fece
iando Ercole con Ifito figlio di Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in un momento di furore. Dall’eccelso pend
a Giustizia, di seguire il suo immutabile corso, ed Ercole colpito da una terribile malattia, andò a Delfo onde consultare
assai di sovente scambiato l’ Ercole greco col Sandon della Lidia. Da una schiava di Onfale a nome Cleoasia, e da Onfale st
a in onore del defunto. Dedalo riconoscente perciò gli fece innalzare una statua, contro la quale Ercole tirò una pietra cr
nte perciò gli fece innalzare una statua, contro la quale Ercole tirò una pietra credendo, mentre vi passava a fianco, che
raccolte da Apollonio, pretendono, per contrario, avere Ercole preso una parte attivissima nel memorabile fatto della conq
nata la sua schiavitù e guarito della sua malattia, Ercole intraprese una spedizione contro Troja, e mosse con diciotto nav
ccare la città. L’assedio essendo durato qualche tempo, Telamone aprì una breccia nelle fortificazioni e si slanciò il prim
ad Ificlo, fossero stati inviati come parlamentarî, e che gettati in una prigione, essi si fossero aperta una via fra i ne
e parlamentarî, e che gettati in una prigione, essi si fossero aperta una via fra i nemici a colpi di spada. Padrone della
ie a Telamone. Al suo ritorno da questa spedizione, egli fu spinto da una tempesta suscitata da Giunone, sull’isola di Coos
i furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto di una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Senti de
are qualche refrigerio alle sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a replica
, prima della sua apoteosi, sarebbe stato richiamato in vita odorando una quaglia, farebbe credere ad uno scambio erroneo e
incontestabilmente dal culto dell’Ercole Tirio, al quale si offeriva una decima. È anche nella sola città di Roma, che Erc
veniva adorato sotto la figura di un uomo dalle forme atletiche, con una lira nella mano. Tutte le diverse città della Rom
dell’antichità. Il carattere generale dei simulacri di Ercole, rivela una forza maschia e quasi soprannaturale, la quale ap
camente brutale. A Roma si conserva sotto il nome di Ercole Aventino, una statua dell’Ercole adolescente, in cui la forza d
sua comcompleta maturità maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’ una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una c
te egli è rivestito d’una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La testa e gli occhi, paragonati al resto
Le spalle, le braccia, le cosce, le gambe, i piedi e le mani rivelano una forza tremenda, invincibile, soprannaturale e fan
azione che segue dal compimento di penosi e lunghi lavori, ma sibbene una beatitudine completa, un riposo calmo e felice, u
o. — Uno dei figli del Titano Fetonte il quale dette il suo nome ad una città della Beozia detta perciò Eretria. 1769.Ere
che per riuscire vittorioso, avrebbe dovuto sagrificare a Proserpina, una delle quattro figliuole che egli aveva carissime.
ro con tanta tenerezza, che si erano scambievolmente giurato, che ove una di esse, fosse venuta a morire, le altre tre si s
re, che per il bene comune non aveva esitato un momento a sagrificare una figlia diletta, gli edificarono un tempio nella c
epolto nel tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributar
o la porta Collina, Venere ebbe diversi tempii a lei consacrati sotto una tale denominazione. Eliano ricorda di numerosi mi
nza bisogno nè di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giovanetta Greca la quale amò con passione un cac
che il suo prediletto le addimostrava, morì consunta d’amore cantando una malinconica canzona, in cui rimproverava a Menalc
le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il nome di una montagna nell’Arcadia, famosa per il cignale che
lo stesso nome. Ercole lo prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fatiche di quell’eroe. V. Ercole. 17
almente afflitta di quanto le era avvenuto, che andò a nascondersi in una caverna. Inlanto colla lontananza della dea dell’
ntananza della dea dell’agricoltura, la terra incominciava a soffrire una spaventevole sterilità, e la fame e la peste deci
i Erine. Dante — Inferno — Canto IX. 1785. Erinno. — Così avea nome una poetessa di Lesbo che le cronache del tempo fanno
onquisto di Troia e la futura grandezza di Roma. 1789. Eritolde. — Fu una delle Esperidi che fu cangiata in olmo. V. Esperi
, si dava cotesto soprannome a quel dio. Quella statua riposava sopra una specie di Zattera, ed una tradizione degli Eritre
me a quel dio. Quella statua riposava sopra una specie di Zattera, ed una tradizione degli Eritrei ripeteva che fosse giunt
donne di Eritrea avessero voluto tutte tagliarsi i capelli e formare una corda, avrebbero senza fatica tirato la statua al
ente accondiscesero a quanto imponeva il sogno del pescatore, e fatta una corda dei loro capelli, tirarono la statua di Erc
uogo ove fu combattuto la famosa battaglia fra Cesare e Pompeo, visse una maga di questo nome. Lucano ne fa il soggetto di
to di un colore rossiccio. 1795. Ermafrodito. — Gli antichi ne fecero una divinità, figlia di Mercurio detto anche Ermete e
o Anubi, la cui statua veniva rappresentata con un corpo umano avente una testa di sparviero o di cane. La statua poi di Er
mposto delle due figure di Apollo e di Mercurio, e rappresentante, in una sola figura, questi due numi. 1798.Ermarpocrate. 
pocrate — V. Arpocrate — è eloquente quanto la parola facile, che era una delle qualità del dio Mercurio. 1799. Ermatene. —
rva, il cui nome Greco è Atene, e di Mercurio. Questa figura aveva da una parte l’elmo, lo scudo e le altre insegne di Mine
ominazione di Eros, e da ciò dissero Ermero quelle statue che avevano una testa di Cupido. 1804. Ermete. — I Greci davano q
loro tutti i popoli della Grecia, rappresentavano Mercurio Ermete con una pietra di figura cubica con la sola testa, senza
e. Il citato scrittore narra, che alcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua di Mercurio gli avessero tolto
quale si annegò traversando il mare, sul dorso di un delfino, durante una tempesta. Un’antica tradizione, non molto divulga
o. Ermione è anche un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città posta su di un estremo lembo della penisola
a Argolide. Una vecchia tradizione racconta che in questa città eravi una strada per la quale si discendeva all’inferno. Le
suoi amori con Marte, Ermione, avesse fatto presente quest’ultima di una clamide intrisa di tutt’i delitti, cosa che fece
città di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la seconda conos
stanza dal Nilo. 1808. Ermosiride. — Si dava cotesta denominazione ad una statua di Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Qu
i insieme. Questa statua aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa di sparviero con un Aquila a fianco, per si
oneva il suo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’alto di una torre una fiaccola accesa che serviva di faro al
uo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’alto di una torre una fiaccola accesa che serviva di faro al giovine nu
stral, doppia ad un tempo Preda ei coglieva, un giovanetto ardendo E una donzella tenera. Leandro Il giovanetto dal gentil
assi Buon peregrin su la deserta spiaggia, Vedi tu quella torre ? ivi una lampa Guida al fervido amante Ero appendea ; Mira
anco deplora ! Museo Grammatico Gli Amori di Ero e Leandro. Avendo una tempesta sconvolte le onde del mare per più giorn
ellativo davano i greci a quegli uomini che si erano resi celebri con una serie di azioni gloriose ed insieme utili e benef
le col dare l’appellazione di eroe a quel mortale che aveva per madre una dea e per padre un uomo, o viceversa, per padre u
na dea e per padre un uomo, o viceversa, per padre un dio e per madre una donna. La maggioranza di questi scrittori trae il
’opinione di Lucano, il culto che si prestava agli eroi consisteva in una specie di pompa funebre, nella quale si celebrava
eroici furono spesso rese anche alle donne. 1812. Erofila. — Nome di una sibilla figlia del pastore Teodoro, e di una ninf
1812. Erofila. — Nome di una sibilla figlia del pastore Teodoro, e di una ninfa del monte Ida. Erofila predisse ad Ecuba le
o ch’ella portava nel seno quando andò ad interrogarla. Erofila passò una parte della sua vita a Claro, quindi andò a Delo
di Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nome di una specie di divinazione che i Persiani praticavano
ero d’incendiare il tempio che Diana aveva in quella città, e che era una delle sette meraviglie del mondo. Vi sono alcuni
egnato del cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pietra di colore nerastro, forse per in
di Giove Erseo, che sorgeva nella reggia trojana. 1820.Ersilia. — Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani
else come sua sposa e n’ebbe un figlio che poi fu chiamato Aollio, ed una figlia per nome Prima. La morte di Romolo penetrò
Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e nel me
cazione della moneta di rame. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata su
con la mano sinistra poggiata su di un bastone e avendo nella destra una bilancia. Esculano propriamente detto, era il pad
ino perché il rame e più antico dello argento. Anche per l’oro vi era una particolare divinità, e questa è la ragione per l
ni, sulle quali si vedono impresse tre dee aventi ognuna nella destra una bilancia ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed
lli e della quale usavano i patrizî romani. Si chiamava anche Esaforo una specie di bara, su cui venivano trasportati al ro
he Apollo avendo saputo per mezzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Elato, incaricò Dian
, e l’avesse esposto ad Epidauro, sul monte Titteo, ove fu nudrito da una capra e custodito da un cane. Il pastore Aristano
ne. Esculapio lo uccise, ma all’istesso momento un altro serpente con una certa erba nella bocca si avvicinò al morto compa
veva fra i denti. Da ciò, secondo Igino, Esculapio imparò a conoscere una certa pianta con la quale richiamava in vita i ca
rta pianta con la quale richiamava in vita i cadaveri. Esculapio ebbe una moglie per nome Epione (che significa calmante).
culto d’Esculapio fu da Epidauro trasportato in Roma in occasione di una peste. Questo Dio ha molti soprannomi come Arcage
arguire che tutte codeste numerose e diverse divinità avessero avuto una comune origine ; e che il cuito del serpente come
eniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una mano appoggiata sulla testa di un serpente e aven
riti del loro culto, nel più profondo silenzio. 1830. Esimnete. — Da una statua che Vulcano fece del dio Bacco, e che seco
gli abitanti delle spiagge vicine, ed era seguito nel suo pasaggio da una terribile pestilenza, che non solo uccideva gli u
api del governo, il re decise di comune accordo con quelli di mandare una deputazione all’oracolo di Apollo, onde consultar
sione stessa in moglie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giov
llo che fu chiamato Orcomeno. Divenuto adulto egli fondò nella Beozia una città conosciuta sotto lo stesso nome. ….. e qua
IX Trad. di V. Monti. 1832. Eso. — Con questo nome i Galli adoravano una divinità che si suppone fosse il loro dio della g
nde rendersela favorevole. Si dipingeva il dio Eso mezzo ignudo e con una scure nella mano levata in atto di percuotere. 18
cie di veste usata generalmente dai servi e dagli operai : essa aveva una sola manica e lasciava scoperte le spalle. 1834.
ccolse gran quantità di erbe, e ritornata presso di Esone, ne compose una bevanda e fatto scorrere dalle vene di lui il san
relle era Aretusa, Egle ed Ipertuosa : alcuni scrittori ne aggiungono una quarta a cui danno comunemente il nome di Erizia.
o una quarta a cui danno comunemente il nome di Erizia. È questa però una opinione poco generalizzata. Narrano le cronache
. Ercole uccise il Drago e portò le poma d’oro ad Euristeo. In questa una delle dodici fatiche dell’eroe. — Vedi Ercole. Di
chità, confonde le Esperidi con le Atlantidi, alle quali dà per madre una donna, per nome Esperide, da cui trassero il nome
assero il nome collettivo. Al dire del citato scrittore, esse erano d’ una tale bellezza, che la sola rinomanza di questa, s
bbliche calamità ; l’invocazione ai celesti onde renderli propizie ad una intrapresa, all esito di una guerra, al compiment
one ai celesti onde renderli propizie ad una intrapresa, all esito di una guerra, al compimento di un qualche fatto importa
to di un qualche fatto importante che interessasse radicalmente tutta una città, furono altrettante occasioni presso i paga
ificare che il compimento di alcuni atti ritenuti proprî a cancellare una colpa, o a scongiurare il cattivo influsso di una
proprî a cancellare una colpa, o a scongiurare il cattivo influsso di una qualche sventura che minacciasse la patria. Press
a il reo, col suindicato indizio di pentimento, allora faceva portare una pecora di un anno, e col sangue di questo animale
adizione ricorda più di un nome illustre e famoso, che avesse espiato una qualche uccisione in modo ben più semplice, come
on erasi consumato ma si era solamente stato in procinto di cedere ad una delittuosa tentazione, bisognava purificarsi le o
ssoluto dal delitto di parricidio, il re il quale non credette che in una città in cui professavasi di temere gli dei, il g
olo proprio lustrazioni, con le quali si redimevano gli eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popolazioni al cessare d
eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popolazioni al cessare di una pubblica calamità. Però è da notarsi che nella ce
to di espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che trascorreva tra una di queste pubbliche cerimonie ed un’altra, period
diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana di fresco tosata di una pecora lattante ; il tutto volgendo il viso dalla
ingi, ed anse. — Edipo Di fronde o lana ? Coro Del recente pelo L’ una tenera agnella. Edipo E che far poscia ? Coro
ò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di una lepre, una tempesta improvvisa, un sogno funesto,
edeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di una lepre, una tempesta improvvisa, un sogno funesto, e mille al
spressamente proibito il trasporto di qualunque oggetto che non fosse una delle vittime da immolarsi. Da ciò, forse, derivò
lta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio di Mercurio e di una giovanetta discendente della stirpe reale degli E
o a tutta prova, e aveva per la sua patria, e per le leggi di questa, una devozione senza limite. Egli morì sotto le mura d
trad. di F. Bellotti. 1850. Etelina. — I Greci davano questo nome ad una specie d’inno lugubre che si cantava nelle cerimo
Notte, figliuoli del Caos. 1852. Eternità — I Romani ne avevano fatto una divinità, alla quale, però, non dedicarono alcun
arono alcun tempio nè altare. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con una
sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con una Fenice d’appresso ; appoggiata ad un elefante e c
silao, che la fece prigioniera all’assedio di Troja, ella profittò di una tempesta, che costrinse la nave dove si trovava,
prigioniere. Coll’andare del tempo Protesilao fabbricò in quel luogo una città alla quale diede il nome di Scio. 1855. Eti
Scio. 1855. Etione. — Detta anche Etionome, fu secondo la tradizione, una delle figlie del re Priamo. Etione era anche un n
reti e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figl
umero di guerrieri, di amici cercarono di dissuaderlo dall’affrontare una certa morte. ……. Desolata accorse D’altra parte
e era lo studio delle scienze naturali. 1864. Eubea. — Così ebbe nome una delle amanti di Mercurio, che ebbe da lei un figl
ovviare che simili sconci si fossero ripetuti nell’avvenire, fu fatta una legge, con la quale la Pitia del tempio di Delfo,
annoverata fra le divinità. Veniva raffigurata sotto le sembianze di una donna in piedi, che ha nella mano sinistra una pi
sotto le sembianze di una donna in piedi, che ha nella mano sinistra una picca e nella destra una piccola statua della dea
a donna in piedi, che ha nella mano sinistra una picca e nella destra una piccola statua della dea Minerva ; forse a ricord
ad. di V. Monti. 1880. Eumene. — Gli abitanti di Scio onoravano come una divinità l’eroe Drimaco a cui davano la denominaz
Atridi in dono molti cavalli carichi di vino. 1888. Eunice. — Nome di una delle ninfe Nereidi. 1889. Eunomia. — Fu figlia d
bre suonatore della città di Reggio, per nome Aristano onde sostenere una sfida nella loro arte, avvenne strada facendo che
onde sostenere una sfida nella loro arte, avvenne strada facendo che una corda del liuto di Eunomo si fosse spezzata ; e n
del liuto di Eunomo si fosse spezzata ; e nel tempo istesso essendosi una cicala posata sull’istromento, supplì col suo can
ida. In memoria di questo fatto gli abitanti di Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale er
lzarono una statua rappresentandolo con un liuto sul quale era posata una cicala. I Locresi ritenevano per fermo che le cic
sta sulla sponda del fiume Asopo in Acaja, vi era un tempio eretto ad una divinità chiamata Eunosta. Essendo espressamente
entrare in quel tempio, era generale credenza che tutte le volte che una pubblica calamità affliggeva la città di Tanagra,
va a Venere prima d’intraprendere un viaggio per mare, onde ottenere, una felice navigazione. La geografia antica ci ammaes
tica ci ammaestra che nelle circostanze della città di Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sulla quale Venere avev
otta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di
matrimonio, essendo inseguita da certo Aristeo ; essa fu morsicata da una serpe, sulle sponde di un fiume, e morì in seguit
unico e costante oggetto dell’ amor suo. Euridice fu anche il nome di una figliuola, che Endimione ebbe dalla ninfa Asterod
ua era legata con delle catene d’oro. Il suo tempio non si apriva che una sola volta l’anno e in un giorno determinato nel
favolosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su di una
mpio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su di una pelle d’avvoltoio e mostrando i denti come un aff
de in potere dei greci, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua di Bac
toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulcano, e che Giove st
ello di uomini, i quali si accingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su di un altare di Diana Triclaria. Ris
, a proposito di questo re, che essendo stati gli Argonauti spinti da una tempesta sulle spiagge del suo regno, egli avesse
li miti, racconta che essendo stata la nave degli Argonauti spinta da una burrasca sulle spiagge della Libia, apparve loro
la Libia, apparve loro un tritone in forma umana e disse che mediante una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sic
orma umana e disse che mediante una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sicura e sgombera di scogli. Giasone rega
sava presentarsi mai alla sua presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte di bronzo per nascondervisi in caso di biso
lla dea Tellure la quale veniva così chiamata perchè le si attribuiva una forma vi petto assai larga. Questo vocabolo deriv
niva eletta al servigio di questo tempio, doveva esser stata maritata una sola volta nella vita, e dal momento che veniva i
lia, che fu maestro di Ercole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva una figlia per nome Jole, di cui aveva promesso la ma
vean le tazze. Sen gia manco nel corpo e nella mente. Quindi s’accese una cruenta pugna Tra gli sdegnati Lapidi e i Centaur
monte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza incantevole, e avea la pelle così bianca
lzarono agli onori divini, col nome di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo onore. È opinione di varì scrittori
rte del globo, i cui abitatori sono bianchi. Europa si chiamava anche una delle ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e di Te
Sicione. Al dire di Apollodoro fu questo principe, che chiamò Europa una delle cinque parti del mondo. Questa opinione non
ri al morto re, e quivi, vestitasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale era preparato il rogo,
a dell’oreo, e seppe le gloriose azioni da lui compiute, l’onorò come una divinità. A tale uopo fece innalzare un altare, e
, un giovine toro. Coll’andar del tempo questo sacrifizio fu ripetuto una volta l’anno sul monte Aventino. …… ed appressar
età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta Nereidi. 1920. Evemerione. — Dio
te attribuiti al poeta Proclo ed a Orfeo stesso. In essi si conteneva una specie di preghiera, che avea potere di far disce
dei tutelari. Dice Macrobio, che quando i romani cingevano d’assedio una città, avevano il costume di fare l’evocazione de
Fabiani. 1926. Fabio. — Uno dei figliuoli di Ercole, che egli ebbe da una figlia del re Evandro, per nome Vinduna. Al dire
secondo la tradizione, gli amori di Ercole e di Vinduna, avvennero in una fossa. Altri scrittori pretendono che questo prim
la caccia e l’uccise. Secondo riferisce Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassinio
cieco. Un giorno il dio di Epidauro, Esculapio, gli mandò per mezzo d’ una donna chiamata Anite, una lettera suggellata, con
Epidauro, Esculapio, gli mandò per mezzo d’una donna chiamata Anite, una lettera suggellata, con ordine di aprirla e legge
ezzo è la derisione degli Ateniesi. Poco dopo scoppiò in quella città una terribile epidemia, onde si andò a consultare l’o
te le strade. Da quel tempo le feste dette Falliche vennero celebrate una volta l’anno. Vedi l’articolo seguente. 1935. Fal
lla propria patria. La Fame veniva raffigurata sotto la sembianza di una donna smunta, pallida, emaciata ; cogli occhi inc
ersone, che dimoravano nei templi, e durante la preghiera cadevano in una specie di entusiasmo, e inspirate dalla divinità
oppo audace coraggio nella battaglia contro Enea, formò dal vapore di una densa nube un fantasma a cui dette la voce, le ar
ello fu spinto in alto mare. ……… Ivi di nebbia, Di colori e di vento una figura Forniò (cosa mirabile a vedere !) In sembi
lo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone di una nave. Narra la tradizione, che Venere, un giorno,
maraviglioso, del quale appena Faone si fu unto il corpo, diventò di una bellezza simile a quello di un dio, per modo che
all’oltraggiato marito. 1945. Fare. — Nella contrada di Acaja, vi era una città conosciuta sotto questo nome, e celebre per
ttà. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di contro a questa, sorgeva il simula
; quindi avanzarsi verso l’altare e mettere nella destra della statua una moneta ; e finalmente avvicinarsi al simulacro di
voleva la risposta dell’oracolo. 1946. Fascino. — Nome particolare di una divinità a cui i romani attribuivano il potere di
esta divinità durante le feste romane. 1947. Faside. — Apollo ebbe da una delle ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuo
i. Questa prima fatalità, inevitabile come tutte le altre, nasceva da una antica tradizione secondo la quale era detto che
l sepolcro di Laomedonte, allorchè fecero nelle mura della loro città una breccia che dette passaggio al famoso cavallo di
atina fatum che significa destino, si dava questo nome particolare ad una indovina chiamata Fauna come quella che annunziav
e Remo. 1954. Favola — È questo il vocabolo che si dà generalmente ad una narrazione, ed in particolare ai racconti adorni
ne è tutta dovuta all’immaginazione dei poeti ; ed altro non sono che una specie di parabole, sotto al cui velo trasparente
riconosce i suoi amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome di una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle sue crona
ome alla moglie del dio Fauno la quale, secondo la tradizione, era di una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò in viso
e si sacrificava un capriuolo, mentre nel mese di febbraio si svenava una pecora. 1959. Fauni — Dei campestri, figliuoli di
orno osservato un uccello che col cibo nel becco volava sempre presso una data caverna, mosso da curiosità penetrò in quell
mosso da curiosità penetrò in quella, e vide due bambini allattati da una lupa. Sorpreso da tale fatto, e convinto che era
attati da una lupa. Sorpreso da tale fatto, e convinto che era quella una rivelazione divina, portò con se i due neonati e
eleberrimi fondatori di Roma, ond’è che Faustolo, ebbe dopo la morte, una statua nel tempio stesso in cui si veneravano Rom
so quei popoli, i quali dopo averlo colmato di doni, lo fecero, sopra una loro nave, passare nell’isola d’Itaca, e narra la
avevano personificato questo mese e lo dipingevano sotto la figura dì una donna vestita di una tunica succinta, che lasciav
questo mese e lo dipingevano sotto la figura dì una donna vestita di una tunica succinta, che lasciava scoperto sino al gi
dai primitivi abitatori della Grecia, presso i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris in latino è di gener
istituzione di codesti ministri della religione pagana, i quali erano una specie di araldi d’arme, che intimavano la guerra
econdità, per avere dei figliuoli, e a tale uopo si assoggettavano ad una cerimonia per quanto oscena altrettanto ridicola.
lana. Sulle antiche medaglie si trova la fecondità rappresentata come una donna appariscente per florida bellezza, col seno
orgeva vicino a quello di Giove. La Fedeltà veniva rappresentata come una giovanetia coronata di foglie d’ulivo, con un’ins
una giovanetia coronata di foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una mano, e con una tortorella nell’altra, essendo qu
oronata di foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una mano, e con una tortorella nell’altra, essendo questo uccello il
oglie di Teseo re di Atene. Narra la cronaca che Teseo aveva avuto da una prima moglie un figliuolo chiamato Ippolito, il q
estar così priva della vista dell’amato giovane, fece edificare su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere
Narra la cronaca che ella, disperata si appiccasse, dopo aver scritta una lettera a Teseo, nella quale gli manifestava che
gnifica fuggio. 1978. Felicità. — I greci e i romani ne avevano fatta una dea, alla quale essi davano sovente l’appellazion
e di Eudemonia. V. Eudemonia. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna giovane e sorridente, con un cornucopia nel
la destra. 1979. Femonea — Ai tempi di Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chiamata, la quale fu la prima Pitia,
osa qualità di rinascere dalle proprie ceneri. Gli egiziani ne fecero una delle loro divinità, adorandolo sotto la figura d
aturalisti è che l’uccello Fenice nasce nei deserti dell’Arabia ed ha una lunghissima esistenza, vivendo da 500 ai 600 anni
numenti e particolarmente sopra i sepolcri, si scolpiva l’immagine di una Fenice per risvegliare così la idea dell’eternità
ento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amare da
di affrontare la collera di suo padre e andò nella Bitinia, ove fondò una colonia, e diffuse il culto degli dei della sua n
edemoni riconoscevano due sole Grazie, fra le dee che essi adoravano, una chiamata Fenna, dalla parola greca δαωεω che sign
cabolo ϰλειτες che significa tenebre. 1982. Fennide. — Così avea nome una figliuola del re di Caonia, la quale visse, secon
ire e dopo la sua morte, riferisce il cennato scrittore, che fu fatta una raccolta di tutte le predizioni di lei. 1983. Fer
romani, così avevano nome alcune feste funebri, che essi celebravano una volta l’anno, e propriamente nel giorno ventuno d
ore dei morti. Al dire di Ovidio, la celebrazione di queste feste, fu una volta impedita dai disordini delle guerre civili 
tatrice del polo. Gli abitanti di Smirne innalzarono alla dea fortuna una statua, che aveva il polo sulla testa e un cornuc
o di lei. Una cronaca alla quale si rapporta Ovidio, narra che avendo una volta il fuoco consumato un bosco sacro alla dea
radizione, allorquando Prometeo rubò il fuoco dal cielo lo nascose in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuo
Fetonte era similmente il nome di quel famoso figliuolo del Sole e di una ninfa per nome Climene. Le cronache della favola
la cui origine si attribuisce al fatto seguente. Fetonte avendo avuto una contesa con Epafo, questi lo insultò, dicendogli
narrò al padre quanto gli era avvenuto, e lo supplicò a non negargli una grazia speciale che avrebbegli domandata. Il Sole
per l’aria all’ingiù gran tratto spinto, Sembra quando dal ciel cade una stella. …………… Lontan dalla sua patria il Po l’acc
non invecchiano mai. 1998. Fia. — Al dire di Erodoto, così aveva nome una donna ateniese, di un’altezza quasi gigantesca ed
di Apollo. La tradizione mitologica dice che essi furono allattati da una capra, la quale essendo per ciò ritenuta come sac
tati da una capra, la quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una statua nel tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’an
loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli di Cartagine, surse una grave contesa a causa dei rispettivi contini ; e
a. Un’antica tradizione, narra che Demofoonte, re d’Atene, gettato da una tempesta sulle rive della Tracia, al suo ritorno
uta la promessa, sicchè Fillide disperata scrisse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella quale gli dice
ove volte ; e coll’ andare degli anni fu nel medesimo luogo edificata una città al la quale si dette il nome di Amfipoli, c
di mandorlo, che crescevano sul sepolcro dell’innammorata regina, in una data stagione dell’anno, avevano le foglie inumid
disgraziata Fillide, morta per amore. 2013. Fillo. — Alcimedonte ebbe una figliuola così chiamata, la quale fu da Ercole re
etta Ostracina, nelle circostanze della città di Figalia, e che quivi una gazza sentendo continuamente gridare il bambino,
pericolo. In commemorazione di quel fatto, fu in quel luogo costruita una fontana, alla quale fu dato il nome di fontana de
be un figliuolo chiamato Faride. Divenuto adulto fondò nella Messenia una città, alla quale dette il nome di Fare. 2015. Fi
, alla quale dette il nome di Fare. 2015. Filodoce. — Così aveva nome una ninfa che apparteneva al seguito di Cirene, madre
iorno, colpita quasi da un ispirazione del cielo, ella trapunse su di una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato di
revole occasione di vendetta. Infatti, giovandosi della ricorrenza di una festa a Bacco, che si celebrava nella Tracia, con
ò sulle sue armi, onde uccidere le due donne, ma queste si dettero ad una precipitosa fuga, e veleggiarono alla volta di At
dolcezza del canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle sue più belle Metamorfosi. E mentre che pe
orte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di fronde in fronde Con una melodia soave e bella : Tien del suo incesto anco
nguillara. 2019. Filonome. — La tradizione mitologica fa menzione di una figlia di Craugaso così chiamata, aggiungendo che
lie, si appiccasse per disperazione. Filonome era similmente chiamata una figliuola di Nittimo e della ninfa Arcadia. Narra
coraggio di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nascondere una colpa con un delitto. Però al dire del citato scr
, senza le famose frecce di Ercole, V . Fatalita di Troja, mandarono una deputazione a Filottete, onde sapere da lui il lu
iaggio la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede st
ale egli aveva accennato ai greci il luogo ov’erano sepolte, gli fece una mortale ferita, la quale ben presto si cangiò in
epolte, gli fece una mortale ferita, la quale ben presto si cangiò in una orribile piaga da cui esalava un insopportabile p
ilottete colle sue fatate armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome di Giove,
ia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpente. 2021. Fineo. — Re di una città della Tracia conosciuta nella geografia ant
tica sotto il nome di Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea e di Oritia, chiamata C
igliuoli Pandione e Plesippo. Coll’ andare del tempo innammoratosi di una figliuola di Dardano, per nome Idea, egli ripudiò
i. 2022. Fiscoa. — Nella parte inferiore della contrada d’Elide visse una giovanetta chiamata in tal modo, che fu amata da
Tessali, il fiume Peneo ; i Lacedemoni adoravano l’Eurota in virtù di una legge che imponeva siffatto culto ; e finalmente
e medaglie, su cui erano incise le parole Deus Rhenus ; il Paniso era una della principali divinità dei Messeni, i quali gl
imulacri ed altari, ma perfino un oracolo, e finalmente il Tevere era una delle divinità pro tettrici della Roma pagana. Al
ve n’è qualcuna secondo la quale parrebbe che i pagani avessero fatta una distinzione nella configurazione generale dei fiu
di A. Caro. lo Stige, Noi ricidemmo il cerchio all’altra riva Sovra una fonte, che bolle, e riversa Per un fossato che da
più che persa : E noi in compagnia dell’ onde bige. Entrammo giù per una via diversa Una palude fa, c’ ha nome Stige, Ques
mi piaci, Rispose ; ma ’l bollor dell’ acqua rossa Dovea ben solver l’ una che tu faci. Letè vedrai, ma fuor di questa fossa
il lago d’Averno ; e tutte quelle acque alle quali essi attribuivano una qualche misteriosa e sinistra potenza. 2026. Flam
a tradizione mitologica ce lo presenta come figlio del dio Marte e di una giovanetta per nome Crisa figliuola di Almo. Fleg
una giovanetta per nome Crisa figliuola di Almo. Flegia non ebbe che una sola figlia chiamata Coronide la quale fu sedotta
nel Tartaro, dove Flegia è condannato a rimanere eternamente sotto ad una rupe che minaccia di cadergli da un momento all’a
all’altro sul capo e schiacciarlo sotto l’immano peso. Come io vidi una nave piccioletta Venir per l’acqua verso noi in q
suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del Sole e propriamente di quello che
n presto, la rapì, la fece sua sposa e le dette l’impero dei fiori ed una perpetua giovanezza. La mère du Printemps, jeune
rima della fondazione di Roma ; lo che ci dimostra che la dea Flora è una più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci pa
a Flora è una più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla di una statua di questa dea dovuta allo scalpello dell’i
lia. Una somiglianza di nome fece nascere sul proposito di questa dea una leggiera confusione, la quale emerge unicamente d
l Campidoglio e questa dea veniva rappresentato sotto la sembianza di una giovanetta bellissima e sorridente, con in mano u
ssato annualmente la celebrazione di queste cerimonie in occasione di una sterilità che durò lungo tempo e produsse graviss
no turpissime oscenità ed infami dissolutezze, riunendosi al suono di una tromba le pubbl che cortegiane e le meretrici più
popolo il più abbominevole spettacolo. Narra la cronaca, che essendo una volta intervenuto ai giuochi Florali, Catone il s
della paura : i greci l’avevano divinizzata e la rappresentavano con una testa di leone. 2039. Foco. — Figlio di Eaco e de
o e della Nereide Pfammate. Narra la cronaca, che Eaco aveva avuto da una sua prima moglie due altri figliuoli chiamati Pel
i suoi figliuoli, vide nell’ accaduto, più un perfido assassinio, che una dolorosa combinazione, mandò in perpetuo bando da
uro Folo, il quale lo accolse con ogni amorevole cortesia e gli offrì una lauta cena. Durante il banchetto, avendo voluto E
alcuna, si dette a raccogliere i morti, ma sventuratamente si ferì in una mano, nel togliere ùna freccia da uno dei cadaver
ella città di Eritrea, visse un pescatore così chiamato, il quale per una malattia d’occhi perdette la vista. La tradizione
 vedi l’articolo seguente. 2049. Fornace. — I romani ne avevano fatta una divinità ed avevano in suo onore consacrata una p
mani ne avevano fatta una divinità ed avevano in suo onore consacrata una pubblica festa, che si celebrava annualmente dodi
i miti e dolci, laddove prima traevano vita di selvaggi. Egli edificò una città che dal suo nome fu detta Foronica. Fin qui
ta dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città di Egina, vi era una statua della Fortuna, in cui essa veniva effigiat
val più la fortuna che l’ aspetto. Pindaro invece, fa della Fortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte d
ne, dettero incarico al famoso statuario Bupalo, di lavorare per essi una statua colossale di questa dea, avente il polo su
esta dea, avente il polo sulla testa. Nella città di Tebe si venerava una statua della Fortuna che la rappresentava conduce
esentata la Fortuna talvolta con un sole sulla testa e tal’ altra con una mezza luna, per esprimere che essa al paro di que
ensatrice dei beni del mondo, e appoggia la mano destra sul timone di una nave, per spiegare che essa governa tutto l’ univ
i — La Fortuna — Canzone. Assai di sovente si dipinge la Fortuna con una ruota nella mano, per simboleggiare l’ incostanza
, fece costruire in onore di questa dea un tempio fabbricato tutto di una certa pietra, che aveva la durezza e la bianchezz
, per modo che le ferite fatte con quelle armi, erano incurabili. Con una di queste, Ercole uccise il Centauro Nesso, e fur
esortato anche dai consigli del suo ajo, fece segretamente preparare una nave e tolto parte dei tesori paterni, in compagn
neca è quello che fa menzione della dea Fulgora, dicendo che essa era una dea vedova. A ciò solo si limitano le delucidazio
e Bronte e Piracmone ignudi A rinfrescar l’ aspre saette a Giove. Ed una allor n’ avean parte polita. Parte abbozzata, con
ità ; sia come un tizzone fiammeggiante alle due estremità ; sia come una specie di freccia puntuta da ambe le parti. Al di
rad. di F. Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era assai in uso una specie di divinazione chiamata Capnomanzia, nella
i quali ebbero dapprima relazione gli Ebrei, dettero il nome di Ur ad una città, perchè ivi si adorava il Fuoco. In Persia
he appena essi entravano in quel temuto recinto, venivano assaliti da una specie di furore, che faceva loro perdere la ragi
erpenti invece di chiome ; vestite di abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile anche
me ; vestite di abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile anche di serpenti nella altr
. Furina. — Divinità dei ladri che presso i romani veniva onorata con una pubblica festa detta Furinalia, che si celebrava
alo. — Nella città di Emesa, nonchè in quella di Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamata, la quale veniva rappresen
ientrare premurosamente in quello, avesse osservato presso alla porta una vecchia donna immobile in un atteggiamento assai
e di posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti : fu una delle numerosissime ninfe Oceanidi. 2073. Galassi
trada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi generale di compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S. Jacopo nella
ostume che avevano i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la quale
ore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza di una vera passione. Ma la sciagura volle che Polifemo,
icercando continuamente di lei. E avvenne un giorno, che assiso su d’ una rupe sotto alla quale erano ascosi Aci e Galatea,
la spiaggia dei suol innammorati lamenti ; i quali si traducevano in una così aspra e rimbombante dissonanza che Aci e Gal
. Galintia — Una delle eroine della Grecia, in cui veniva onorata con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiade. F
o, in Siria e perfino nell’ Africa. I primi sacerdoti Galli formavano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la quale
da e ciarlatana, la quale girovagava di contrada in contrada, sonando una specie di crotalo, e raccogliendo le elemosine ch
ispondevano alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi di una specie di ritmo cadenzato e monotono, così si dic
Oltre a ciò, al dire del citato scrittore, i sacerdoti galli, avevano una gran quantità di obblighi e di doveri, imposti lo
ni. 2085. Gange. — Fiume delle Indie ritenuto da quegli abitanti come una delle loro più possenti divinità, e che essi ador
i da Tros padre di lui. Comunque sia, questo fatto dette principio ad una lunga guerra fra i due sovrani, la quale ebbe fin
emità del Gargaro, che Giove andò a posarsi onde essere testimonio di una battaglia combattuta fra i greci e trojani, duran
pieni di acqua limpida. Dopo di aver invocato i demonii, si prendeva una donna incinta od un fanciullo e si faceva osserva
nivano loro fatte, senza muovere le labbra, per modo che sembrava che una voce aerea avesse risposto alle dimande. 2090. Ga
razione che quei popoli tributarono a quest’animale, del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorandola assai d
a di un uomo colla testa di gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una casa moriva un gatto di morte naturale, tutti i c
Batilo. 2092.Gegania.—Secondo la tradizione storica, così aveva nome una delle prime quattro vestali istituite de Numa Pom
hè dei cronisti dell’antichità, non si faccia particolare menzione di una vera ed unica denominazione delle tre Grazie ; pu
e Plutarco, si chiamava così quella dea, che presiedeva al parto. Era una specie di configurazione della Giunone Lucina. Il
Giano, perchè a somiglianza di questa divinità, che aveva due facce, una per l’avvenire l’altra pel passato ; il mese di G
di Gennajo stando sul limitare del nuovo anno guarda in certo modo da una parte l’anno trascorso ; e dall’altra l’anno corr
a una parte l’anno trascorso ; e dall’altra l’anno corrente. È questa una delle configurazioni allegoriche più spiccate dei
parole greche γη terra, e μαντεια divinazione, si dava questo nome ad una specie d’indovinamento, che si faceva in generale
e esalazioni. Altravolta si faceva la geomanzia, segnando sul terreno una gran quantità di linee e di cerchi ; e tal altra
hi ; e tal altra finalmente segnando a caso sulla terra o sulla carta una gran quantità di punti. Le figure che la combinaz
di un cubo di altezza e che fossero discacciati dalla loro patria da una immensa quantità di grù. Al dire dello scrittore
erchè non v’era oracolo senza tempio. 2108. Geris o Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire di qualche autore, e
si dava il nome di Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che era una delle isole Sporadi, si celebravano dai greci del
a di tre giorni. Vicino al sepolcro del giovanetto Giacinto si vedeva una statua di Apollo, innanzi alla quale si offerivan
orte. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo, era questo il nome di una delle tante ninfe Nereidi. 2117. Gialemo. — I gre
ioche e Ascalafo. 2119. Giamidi. — In Grecia vissero due famiglie, una detta de’Giamidi, e l’altra dei Clitidi, alle qua
— Libro I. trad. di Giovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano o Gi
an Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico fra
rdito, si pose alla testa di un forte stuolo di suoi seguaci, corredò una flottiglia, approdò in Italia ove fece delle conq
na flottiglia, approdò in Italia ove fece delle conquiste, e fabbricò una città detta da lui Gianicola. La tradizione favol
mostrarsi riconoscente della reale ospitanza, avesse dotato Giano di una rara prudenza, e lo avesse rivestito del doppio d
à interpretazione alle due simboliche facce di Giano, dicendo che con una di esse guardava il passato, e con l’altra leggev
etti col nome collettivo Giani e quelli di Giano Quadrifronte avevano una porta e tre finestre sopra ognuna delle loro facc
, trad. del Cav. ermolao federico. Giante era similmente il nome di una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa in o
oduto in tutto il corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla quale si dava
, non avesse in quell’istesso momento fatto scaturiré dal suo tempio, una larga sorgente di acqua bollente, che travolse ne
que, finchè Apollo l’avesse resa immobile fissandola, con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella
A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Napee, fu re di Getulja. La tradizion
ne. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e di Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È detto che Giasione sposa
se che egli avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armarsi di due lance ; e reca
nde ; ond’egli rimase in forze su quanto gli restava a fare, senonchè una vecchia apparsagli improvvisamente, si offerse di
nda, non avendo a lamentare altro accidente, se non che la perdita di una scarpa, caduta nel fiume mentr’egli lo traghettav
incalzanti dimande di lui, e gli propose, onde allontanarlo da Jolco, una gloriosa e pericolosissima spedizione. L’astuto v
osse innamorata di Giasone, ond’ella che era già, sebbene giovanetta, una famosa maga, avesse potuto sottrarre coi suoi inc
ni condizioni ; e il giorno dopo si radunarono tutti gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito di cortigiani e d
numeroso stuolo di guerrieri, che come per incanto sursero da quelli, una grossa pietra, onde essi ciechi di furore, venner
e ; e appena giunto si accostò alla terribile fiera, l’addormentò con una bevanda incantata, preparata da Medea stessa, e p
e re di Corinto, visse vita errante e vagabonda. Al dire di Euripide, una predizione che Medea stessa gli aveva fatta, che,
sulla spiaggia del mare, all’ombra di quella nave già tirata a secco, una grossa trave cadde dalla tolda del vascello e fra
e il nome di Gehud, per essere unico. Avendo dovuto Saturno sostenere una sanguinosa battaglie, fece rivestire l’unico figl
esso i pagani, i quali ritenevano che in questa isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una
sola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle Nereidi. 2140. Gierace. — Così aveva nome u
sulla porta maggiore di un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una specie di lapide i cui Gieroglifici formavano un’
eroglifici formavano un’intera frase, dice il citato scrittore che da una parte si vedeva effigiato un bambino, simbolo del
propizia occasione a tenerne diffusamente parola. I Giganti erano di una forza straordinaria, e di una struttura mostruosa
diffusamente parola. I Giganti erano di una forza straordinaria, e di una struttura mostruosa, proporzionata alla loro smis
na. Delio in un corvo si nascose, il figlio Di semele in un capro, in una gatta La sorella di Febo, in una bianca Vacca Giu
il figlio Di semele in un capro, in una gatta La sorella di Febo, in una bianca Vacca Giunone, Venere in un pesce. D’un ib
rmolao Federico. Un’antica tradizione narra, a questo proposito, che una predizione dell’oracolo aveva profetizzato, che i
mo — V. Galatea. Mostro orrendo, difforme e smisurato, Che avea come una grotta oscura in fronte In vece d’occhio, e per b
ntesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli, era di una colossale sia tura. Turno infra’primi, di person
ata. Al dire del cronista Flegone, furono ai suoi tempi, rinvenuti in una caverna in Dalmazia, alcuni cadaveri giganteschi,
crofiride. Plinio asserisce, che essendo nell’isola di Creta crollata una montagna, fu trovato un cadavere lungo quarantase
ta cubiti. Il Boccaccio nella sua Genealogia degli dei, scrive che in una caverna del monte Erice, in Sicilia, fu rinvenuto
nave ; e che appena toccato si ridusse in polvere, meno tre denti, ed una porzione del cranio, che furono portati nella cit
continue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che era solcata la te
zo, che aveva ai fianchi due aperture a guisa di porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo
ache dell’antichità aggiungono che l’uccisione di Candaule fu causa d’ una sommossa nel popolo, già diviso in due partiti, u
are l’imminente spargimento di sangue, fu convenuto di rimettersi per una decisione, a quanto avrebbe risposto l’oracolo di
el citato scrittore, questi popoli furono sconfitti dalle Amazzoni in una battaglia che combatterono contro di esse sulla r
e παις fanciulla, e γυμνος ignudo, i Lacedemoni davano questo nome ad una specie di ballo che alcuni giovanetti interamente
delle feste in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la quale i danz
. 2155. Ginnosofisti. — Presso gl’indiani veniva dato codesto nome ad una corporazione di filosofi, i quali facevano profes
pacificare le ire furibonde di Eteocle e Polinice, dai quali ottiene una tregua ; ma poi, non essendo riuscita a pacificar
unemente il nome di Lætizia ; e la raffiguravano sotto le sembianze d’ una donna giovane e sorridente, con una corona nella
affiguravano sotto le sembianze d’una donna giovane e sorridente, con una corona nella mano destra, e con la sinistra appog
a, e con la sinistra appoggiata su di un’ancora. Gli antichi facevano una differenza fra la dea Lætizia e la Ilarità. — V.
bianze, anche gli oggetti inanimati, innalzandoli sovente al posto di una divinità, dette anche un’immagine palpabile al Gi
la settimana. Nè si creda che quanto noi ci facciamo ad asserire sia una nostra personale opinione. In tutto il corso dell
di quanto esponemmo. Così per esempio il cronista Ateneo, descrivendo una magnifica pompa, fatta in Grecia ad Antioco Epifa
ete che si vedevano nel corteo un gran numero di statue, e fra queste una che rappresentava la Notte, un’altra il Giorno e
femminile, cosi i pagani raffiguravano il giorno sotto le sembianze d’ una donna ; mentre il Crepuscolo, in greco ορδρος che
erto d’un gran velo che dal capo gli scendeva fino ai piedi, e avente una torcia nella mano, volendo con siffatta configura
a Notte. Anche il Mezzogiorno veniva raffigurato sotto le sembianze d’ una donna, essendo la parola greca μιοημβρια che sign
suole abitualmente levarsi la Luna. 2160. Giorni. — I pagani facevano una grande distinzione fra i giorni fortunati e i dis
i ed i greci non fecero che seguire le orme di quelli, attenendosi ad una consimile distinzione. Esiodo, nel suo trattato i
ella battaglia di Cremera. Dietro questa risposta, il senato promulgò una legge di comune accordo col collegio dei Pontefic
che in avvenire non si fosse nè intrapresa cosa alcuna, nè combattuta una battaglia nel giorno dopo gl’Idi, le None, e le C
itenuti come felici o infelici, a seconda degli eventi particolari ad una famiglia o ad un individno. Così Augusto non intr
uoli, se Rea, non avesse dato al marito, invece del pargoletto Giove, una pietra ravvolta nelle fascie, che Suturno ingoiò,
il tempo di darlo alla luce, si ritrasse nell’ isola di Creta, ove in una caverna conosciuta sotto il nome di antro Ditteo,
cronaca mitologica aggiunge che egli avesse dato a suo padre Saturno una bevanda, la quale ebbe la potenza miracolosa di f
itenuto dai pagani come il padre degli dei e degli uomini, ricinto di una gloria immortale, e padrone assoluto di tutto, se
nso più prezioso. Al dire di Pausania, il solo Licaone, fu quello che una volta sacrificò a Giove un fanciullo, ma l’esempi
mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una parte entro bollenti Onde ammollisce, e l’ altra
e a poco a poco ammaestrati, spargendo fra di loro i benefici semi di una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sotto u
benefici semi di una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sotto una specie di civile ordinamento, e non una vita selv
e conducendoli a vivere sotto una specie di civile ordinamento, e non una vita selvaggia, occupata solo nella caccia e nell
i cronisti e degli scrittori. Infatti molti fra questi pretendono che una tal divisione, fosse quella che stabilirono fra d
me altrettante divinità onnipotenti, ed esclusivamente indipendenti l’ una dall’altra nelle loro attribuzioni. Secondo rifer
cielo, sulla terra e sull’inferno. E lo stesso autore, a proposito d’ una statua di Giove, che si adorava nella città di Ar
lla giovanezza, cioè : Ebe ed Orta. I romani a queste ne aggiungevano una terza detta Giuventa, la quale veniva invocata da
venta, la quale veniva invocata dai giovanetti dopo d’avere indossata una veste, alla quale si dava il nome di Pretesta. La
erimonia nuziale, si metteva per poco sopra gli sposi. In Roma vi era una piccola strada in mezzo alla quale sorgeva un alt
otto le sembianze d’un giovanetto bellissimo, interamente nudo, e con una torcia accesa nella mano destra, per dinotare che
l’appellazione di Giuna Torquata. Così, al dire di Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la quale si rese celebre per
assoluto a causa delle virtù della sorella. 2174. Giunone — È questa una delle più importanti personalità della mitologia
brutalità fino a batterla e, secondo asserisce la cronaca mitologica, una volta la sospesa in aria ad una catena d’oro, con
ondo asserisce la cronaca mitologica, una volta la sospesa in aria ad una catena d’oro, con due incudini ai piedi. E non r
asseriscono che Giunone, sebbene divorata dalla gelosia, avesse più d’ una volta contracambiato i tradimenti del marito, con
tanto da altre dee, quanto da donne mortali, il cui numero raggiunge una cifra incalcolabile V. Ercole, Europa, Jo, Semele
e. In Grecia stessa, e propriamente vicino alla città di Argo, vi era una fonte chiamata Canatosa, e secondo altri Canata —
sacrata a Giunone, perchè si riteneva che la dea andasse a bagnarvisi una volta l’anno. Si credeva anche che le acque di qu
ache, che Giunone divenne madre di Tifone, facendo uscire dalla terra una specie di miasmo che ella ricevette nel seno ; ch
nformi ; e che da principio anche la statua della Giunone d’Argo, era una semplice colonna ; e non fu che allorquando l’inc
aggiunsero quel grado di perfezione, che anche oggidì si ammira, come una prova stupenda d’arte. Ordinariamente però, Giuno
. Ordinariamente però, Giunone veniva rappresentata sotto la figura d’ una donna d’imponente e maestosa bellezza ; ricoperta
e maestosa bellezza ; ricoperta d’un manto reale ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata di rag
zza ; ricoperta d’un manto reale ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata di raggi. Ai suoi pied
ella ; mentre il primo giorno d’ogni mese, s’immolava sui suoi altari una scrofa bianca. Si badava però con ogni accuratezz
dava però con ogni accuratezza di non svenar mai sugli altari di lei, una vacca ; perchè la tradizione mitologica ripeteva,
Giunone spaventata si fosse rifuggita in Egitto, sotto la sembianza d’ una vacca. Secondo riferisce Varrone, il nome di Giun
anno trasmesso sulla dea Giunone, aggiungeremo che i pagani le davano una gran quantità di appellativi e soprannomi ; alcun
redenza generalizzata presso gli antichi, che tutte le donne avessero una loro Giunone particolare e tutti gli uomini un ge
eri dei monumenti rispettati dal tempo, sia nei papiri. Infatti su di una pietra d’un monumento che si vuole sia quello del
ntichità, i quali asseriscono che in Roma il senato avesse promulgata una legge, la quale ordinava che tutti i pubblici giu
sviluppano così potentemente le forze del corpo, procurando a questo una sanità vigorosa e robusta. Fra i giuochi pubblici
mpici, la cui celebrazione marcava perfino con cronologica importanza una data nel corso dell’anno, alla quale i romani e s
dei sopracennati, ma che ciò non pertanto avevano presso gli antichi una tal quale importanza. Fra questi bisognerà ricord
elebrati con grandissima pompa e solennità, e con tutto l’apparato di una importantissima cerimonia religiosa, in onore di
e a cui di dodici Tauri il valore dagli Achei si dava Ed al perdente una leggiadra uncella Quattro tauri estimata, e che d
avano per lo stigie, che è un fiume di mestizie e di dolore, come per una cosa completamente ad essi contraria ; e che quin
rito, per Ercole, per le corna di Bacco, e per Castore e Polluce, con una formola particolare V. Castore e Polluce. Riguard
che la giustizia veniva comunemente raffigurata sotto le sembianze di una donna maestosamente severa, colla mestizia negli
ianze di una donna maestosamente severa, colla mestizia negli occhi e una spada nella mano. I greci la raffiguravano con un
izia negli occhi e una spada nella mano. I greci la raffiguravano con una bilancia ed una spada nuda, per dinotare che la g
e una spada nella mano. I greci la raffiguravano con una bilancia ed una spada nuda, per dinotare che la giustizia premia
ra Giuturna disperata si gettò nel fiume Numico, e Giove la cangiò in una fonte, conosciuta sotto l’istesso nome. ………E cos
Infatti le cronache dell’antichità, ci rivelano che nel Lazio, vi era una fontana chiamata Giuturna, che metteva foce nel f
nità, che i romani invocava no particolarmente quando intraprendevano una qualche impresa. 2180. Giuventa — Dea della giove
sercitata. Generalmente i gladiatori si servivano nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di brando, al quale
 — Medea — tragedia Atto 5.° Scena III 2183. Glauce — Così avea nome una delle cinquauta ninfe Nereidi. Al dire di Ciceron
infe Nereidi. Al dire di Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una terza Diana, moglie di Upi. 2184. Glauconoma — Un
i d’Ippolito, del quale la tradizione racconta, che essendo caduto in una botte di miele, vi restò soffocato e che il dio E
o, Glauco non dubitò che l’erba che nasceva su quelle spiagge, avesse una qualche segreta e particolare virtù ; onde volend
n folta e lunga barba ; con le sopracciglia unite in modo da formarne una sola ; col petto coperto di alga marina fino alla
a ; col petto coperto di alga marina fino alla cintura, da cui usciva una larga coda di pesce ripiegantesi sulle reni. Il c
one la cronaca mitologica, presentandocelo come figlio di Sisifo e di una ninfa atlantide chiamata Merope. Dall’ Eolide Si
ad. di V. Monti. Durante l’assedio, avendo Diomede sfidato Glauco ad una singolare battaglia, essi si accingevano al comba
i Istmi, e due nei giuochi Pitii. In memoria di ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste, sua patria, nella contrada Eub
reca οντεια che significa incantesimo. I pagani davano questo nome ad una specie di magia, che si faceva per compiere i mal
i Gordio ad uno dei villaggi ove dimoravano i Telmissi, s’incontrò in una giovanetta che andava ad attinger acqua ad una pr
elmissi, s’incontrò in una giovanetta che andava ad attinger acqua ad una prossima fonte ; e attratto da quella confidenza
. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso per mano di Teucro con una freccia che avea mancato Ettore. Al colpo tutta
glio Gorgïzon, cui d’Esima condotta Partori la gentil Castïanira, Che una Diva parea nella persona. Omero — Iliade — Lib. 
2193. Gorgoni — Queste tre sorelle figlie di Forco, dio marino, e di una donna per nome Ceto, formavano la triade che insi
che un occhio solo, ed nu sol dente, di cui si servivano a vicenda l’ una dopo l’altra. La loro capellatura era formata di
col nome di Nomadi, chiamavano gorgone un animale che so migliava ad una pecora ; il cui alito era così velenoso, che ucci
a all’istante tutti coloro che gli si avvicinavano. Aveva sulla testa una massa folta e pesante di lunghissimi crini, i qua
i romane combattevano nella guerra contro Giugurta, avendo incontrata una delle gorgoni le dettero la caccia per farla mori
critto che alcuni cavalieri Nomadi, essendosi un giorno imbattuti con una delle gorgoni, la uccisero da lontano senza che e
tituirlo alle sue regine, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua di Minerva, di oro massiccio, alta quattro
ltre moderne credenze vi sono autori che pretendono essere le Gorgoni una razza di cavalle allevate dai Fenici, i quali ave
Pallade Minerva, perchè essa portava, uno seudo, su cui era impressa una testa della Gorgone Medusa. 2195. Gortina — Detta
ri, vestite di lunghe tuniche dorate e col viso, le mani ed i piedi d’ una bianchezza marmorea. Comunemente una di esse, por
e col viso, le mani ed i piedi d’una bianchezza marmorea. Comunemente una di esse, portava in mano una rosa ; un’altra un r
i d’una bianchezza marmorea. Comunemente una di esse, portava in mano una rosa ; un’altra un rame di mirto, e la terza fina
a in mano una rosa ; un’altra un rame di mirto, e la terza finalmente una freccia. Questa è almeno l’opinione del citato sc
ude. I pagani ritenevano le Grazie come vergini ; sebbene Omero ne dà una per moglie al dio del Sonno ed un’altra a Vulcano
di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una delle Cicladi, avevano similmente un tempio alla
pagani aveano la costumanza di cominciare tutti i loro banchetti con una triplice libazione in onore delle tre Grazie. Nè
, avendo soccorsi d’aiuti è di danaro gli abitanti del Chersoneso, in una grave congiuntura in cui versavano, per eternare
uesto animale era nel fisico un misto del leone e dell’aquila ; aveva una lunghissima coda, quattro piedi armati di artigli
ssero davvero nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi era una miniera di oro, custodita dai Grifoni. Questa opi
e annunziatori di lieti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome ad una specie di danza, di cui si pretendeva fosse stato
l’inventore, perchè fu la prima volta ballata nell’isola di Delo, in una festa celebrata in onore di questo eroe, per sole
tetto un solitario gufo Molte fiate con lugubri accenti Fè di pianto una lunga querimonia. Virgilio — Eneide — Libro IV t
ti. Si vuole che Romolo li avesse istituiti in occasione del parto di una scrofa, che dette alla luce trenta porcellini.
ò nonostante il nome di Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una specie di dio preservatore, ch’essi invocavano al
e Visnù. Secondo la tradizione, queste tre divinità, informantesi in una sola, erano state da principio non solo divise, m
e del sole fino a mezzodi. Nei libri Zendi, Havan viene indicato come una divinità femmina, col sóprannome di Benefattrice
e di lui, il nome di Heriafadur, che significa padre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il quale
al, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la quale veniva circonda
dalla lunga barba d’argento. Le cronache arabe ripetono che essendosi una volta infranta la mano destra di quella statua, i
Essi tributavano a questo volatile, gli onori divini, adorandolo come una delle loro divinità, con un culto particolare, fo
o in altro paese, si lascia volontariamente morir di fame, affetto da una inguaribile nostalgia. Il cronista Eliano a sua v
ripete, che quest’animale, quando mette la testa sotto le ali, assume una forma somigliantissima al cuore nmano. Finalmente
Finalmente in alcuni naturalisti antichi e moderni, si trova ripetuta una singolare credenza su questo volatile. Si vuole c
deri dell’antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città di
che avea veduto sul volto della figlia adorata, dedicò alla pudicizia una statua, che poi fece mettere nello stesso luogo,
ro, nelle sue cronache sull’antichità, che i due fuggitivi, giunti ad una remota spiaggia lontanissima dall’isola inospital
o allora contro gli abitanti dell’Attica disertò la loro contrada con una terribile pestilenza, la quale non ebbe fine se n
arsi in tutte le forme che voleva assume re alle quali somigliava con una perfezione incredibile. Da cio l’etimologia del s
e Diodoro, da un sentimento di riconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il quale ha l’istinto di
 Dalla parola greca ιχὀνς che significa pesce. Veniva così denominata una specie di divinazione che si faceva consultando l
Un’antica cronaca dice anche a proposito del monte Ida, che essendo una volta caduto del fuoco dal cielo, poco tempo dopo
izione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne dell’Ellesponto. Secondo
e pronunciato il suo famoso giudizio. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la quale con la sorell
icare il fratello, trucidò Ida stesso. 2235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la quale era consacrat
agna Maler. Dionigi di Alicarnasso ripete che ogni anno, si celebrava una festa in onore della madre Idea, con pubblici giu
ori dell’antichità, che il nome d’Idea si dava più particolarmente ad una divinità protettrice e madre delle arti. 2237. Id
2240. Idia. — Figlia dell’Oceano e madre della famosa Medea. Idia fu una delle più belle donne dei suoi tempi. 2241. Idmon
ta la sua terribile verità. Un giorno, mentre gli Argonauti davano in una città della Tracia la caccia ad un cinghiale, Idm
no in una città della Tracia la caccia ad un cinghiale, Idmone ricevè una ferita, e morì poco dopo a causa di quella. Gli A
, fece ritorno in Creta, ma nella traversata, assalita la sua nave da una furiosa tempesta, era prossima a far naufragio. S
 Una delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 2244. Idra di Lerna. —
uoco sulla ferita. Il veleno di questo mostro era così terribile, che una sola goccia di esso, applicato su di una parte qu
stro era così terribile, che una sola goccia di esso, applicato su di una parte qualunque del corpo, cagionava istantaneame
’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò di salire su di una piccola biga, di cui dette a guidare i destrieri
erse. V. Filottete. 2245. Idria. — Gli egiziani davano questo nome ad una specie di grande anfora, forata da tutte le parti
role greche υδρω acqua e μανταια divinazione ; si dava questo nome ad una delle quattro specie generali d’incantesimi, in u
vedessero in fondo alla conca all’uopo preparata ; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di e
di Tebe. V. Capaneo. Ifi le corse dietro e la raggiunse sull’alto di una rupe, ove colle lagrime agli occhi, la supplicò i
bani, la morte della diletta figliuola. V. Evadne. Ifi ebbe pure nome una giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalm
giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalmente era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza delle
iava giovanetta rinomata per l’eleganza delle sue forme, e che divise una notte il letto di Patroclo, quando questi si recò
configurata del sacrificio d’Ifigenia. Ifianassa, secondo Sofocle, fu una delle quattro figliuole di Agamennone ; e Omero r
 Hiade — Libro IX trad. di V. Monti Ifianassa finalmente aveva nome una figlia di Proteo, re degli argivi, la quale fu to
ito, proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano di una di esse, all’uomo che le avesse guarite. Un famos
uginire, e che dopo qualche tempo avesse stemperato quella ruggine in una coppa di vino, e ne avesse bevuto per dieci giorn
ttà di Festo viveva un uomo poverissimo per nome Ligdo il quale aveva una moglie chiamata Feletusa. Vedendola prossima al p
tino voleva altrimenti, e Feletusa dopo qualche tempo dette alla luce una bambina. Però l’istinto santissimo della madre su
una bambina. Però l’istinto santissimo della madre suggerì a Feletusa una pietosa astuzia, ed ella fece credere al marito c
ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere su di una pietra la seguente iscrizione : Ifide giovanetto
a al suo primo rapitore, avesse nella città di Argo, dato i natali ed una bambina, che fu appunto questa Ifigenia ; e che C
piacere l’occasione di liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare una propria sua figlia. In varie cronache dell’antich
amennone. Altri scrittori fanno particolare menzione di due Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitennestra, l’altra figl
esta almeno l’opinione seguita dal Racine, nella sua Iphigénie, che è una delle più belle tragedie del teatro tragico franc
posizione del fatto. Trattenuta l’armata greca nel porto di Aulide da una interminabile bonaccia, i capitani greci, e segna
parisce, come per incante, e sull’ara si trova, svenata e palpitante, una cerva bianchissima, di una rara bellezza, che Dia
e sull’ara si trova, svenata e palpitante, una cerva bianchissima, di una rara bellezza, che Diana stessa ha sostituito all
scrittori e cronisti dell’ antichità, che Ifigenia fosse cangiata in una giovenca ; secondo altri in una vecchia e finalme
chità, che Ifigenia fosse cangiata in una giovenca ; secondo altri in una vecchia e finalmente secondo altri in un’orsa. Il
vamente al disumano disegno, e che allora l’indovino Calcante temendo una sollevazione nel campo greco, avesse fatto creder
one del padre e della figlia, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la quale avess
Agamennone e si fosse recato presso Clitennestra, alla quale consegnò una lettera falsificata in cui era scritto, contraffa
in sua vece si fosse sacrificato, sull’altare della cruenta divinità, una cerva bianca. Ifigenia in Tauride, è un’altra tra
l’altro si fosse legato con giuramento di portare al fratello Oreste una lettera. A questo nome succede il riconoscimento,
ia delude la vigilanza di Toante, re della Tauride, e col pretesto di una cerimonia espiatoria, che dovea farsi sulle rive
no detti Aloidi. Vedi questo nome. Ifimedia aveva avuto da suo marito una figliuola per nome Pancratide, la quale stando un
giea aveva nella città di Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una sua statua, ricoperta interamente da un velo, e i
dea. Generalmente i pagani rappresentavano Igiea, sotto la figura di una donna giovane ed imponente d’aspetto ; coi tratti
di una donna giovane ed imponente d’aspetto ; coi tratti del volto d’ una bellezza regolare e severa ; con una corona sul c
aspetto ; coi tratti del volto d’una bellezza regolare e severa ; con una corona sul capo come regina della medicina ; con
e e severa ; con una corona sul capo come regina della medicina ; con una coppa nella sinistra, e con uno scettro nella des
alizzato, soprattutto fra i ricchi pagani, di dedicare alla dea Igiea una sua statua, tutte le volte che risanavano da una
icare alla dea Igiea una sua statua, tutte le volte che risanavano da una malattia. Si trova in varie cronache che il nome
petendo che giunti gli Argonauti sulle spiagge della Troade mandarono una mano di esploratorl, comandati da Ila, ai quali d
tto anche Ilione. Il quarto re di Troja, chiamato Ilo, fece edificare una cittadella nelle mura di Troja e da ciò i poeti e
ttadella, ma la città intera di Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole di Priamo, re di Troja. Gli
in Roma che si dovesse portare nel tempio consacrato alla dea Ilizia, una moneta, alla nascita ed alla morte di ogni person
curi natali e poverissimo. Ancora fanciullo s’innamorò perdutamente d’ una giovanetta ateniese e non potendo nemmeno sperare
preparativi per le feste di Cerere, che con gran pompa si celebravano una volta l’anno sulla spiaggia del mare ; e siccome
ene assaporava la felicità di star vicino alla diletta del suo cuore, una mano di corsari piombarono improvvisamente sulle
onirono, e trafugatele prestamente sulle loro navi si avviarono verso una lontana e remota spiaggia dove giunti dopo aver s
sari richiedendo in premio di quanto egli avrebbe operato, la mano di una giovanetta ch’egli amava. La proposta fu accettat
ta e Imene parti la sera stessa per l’isola dei corsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto era
tto le sembianze di un giovanetto bellissimo, coronato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra ed un velo di c
quando andavano all’altare. 2271. Imero. — Figlio di Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Taigete. A proposito di
rato addosso l’ira di Venere, la dea per vendicarsi fece in modo, che una sera egli senza conoscere la propria sorella Cleu
ganelle acque del fiume che poi prese il suo nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la forma di un elmo che gli anti
onda tutte le volte che gli echi circostanti ripetevano lo squillo di una tromba. Altre opinioni asseriscono che il fiume I
fiume Imero cangiasse nuovamente il suo nome in quello di Eurola, per una consimile congiuntura V. Eurota. Imero era anche
ra di tre amorini. 2272. Imezio. — Nelle circostanze di Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il nome di Imetto, sull
. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua chiamata Jupiter-imperator e che secondo l
ei sepolcri. 2275. Impudenza. — Anche di questa avevano i greci fatta una divinità e le aveano consacrato un altare ed un u
la tradizione alla quale egli si attiene, fra Nettuno e Giunone surse una contesa, pretendendo ognuna di queste divinità di
guente. Nel tempio di questo dio, si conservava fra gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di grande valore, la qua
utore del furto. Narra la cronaca che il poeta Sofocle, ebbe in sogno una visione nella quale gli apparve Ercole stesso e g
tica tradizione diceva, che avendo questo principe perduta la vita in una battaglia, contro Mezenzio, combattuta sulle rive
ichi, si rileva che la Indovinazione altro non fu da principio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la quale per
suoi occhi mortali. I primi popoli che formarono della indovinazione, una scienza arcana e misteriosa, furono gli egizii ed
misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono di formarne una scienza fondata su regole e su precetti più o men
ne e come tali li tenevano in grande venerazione. Quando si praticava una qualunque divinazione, gl’indovini eran chiamati
ecisioni degl’Indovini. 2283. Indulgenza. — I pagani ne avevano fatta una divinità, e la rappresentavano sotto lo aspetto d
avevano fatta una divinità, e la rappresentavano sotto lo aspetto di una donna tranquilla e sorridente ; dallo sguardo dol
ti della Grecia, quella cioè, di mettere nelle labbra dei loro morti, una piccola moneta, che serviva a pagare a Caronte na
’l duro Affanno Con la debil Vecchiezza. Evvi la Tema, Evvi la Fame : una ch’è freno al bene, L’altra stimolo al male ; orr
se credenze dei suoi concittadini, e dette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta di religione. In quel torno di tempo, la ci
i religione. In quel torno di tempo, la città di Tebe, fu desolata da una terribile carestia, (della quale molti autori rip
ll’ara della divinità, Elle e Frisso. Questi però si sottrassero, con una precipitosa fuga, al destino che era loro riserba
ù, compagni, Le reti distendete in queste selve : Io con due leoncini una lionessa Qui pur or vidi ; e, quasi d’una belva,
selve : Io con due leoncini una lionessa Qui pur or vidi ; e, quasi d’ una belva, Corre sull’orme della sposa, insano ; E Le
tendea lieti Le pargolette braccia, della madre Strappa dal seno, e d’ una fionda a guisa, Due volte e tre nell’aria l’arran
ella in premio delle sofferte persecuzioni sarebbe stata cangiata in una divinità marittima, che i romani avrebbero adorat
ontro le persecuzioni del dio Silvano. Non si saprebbe in verità dare una spiegazione esatta, dell’analogia che vedevano gl
esagi dell’avvenire. Cicerone ripete, nelle sue opere, che era questa una delle più forti mattezze, che la superstizione fa
svenati nel sagrificio da lui offerto agli dei, non gli avevano dato una favorevole risposta, circa le sorti della battagl
e di un uomo di matura età, coperto di panni pesanti, inghirlandato d’ una corona di rami senza foglie, e con in mano un ucc
a parola φδονος di genere mascolino ; mentre i latini ne aveano fatto una dea, essendo nella loro lingua la parola invidia
sciva sola della casa paterna, e per impedirle la fuga, la ricinse di una densa nuvola, la cui oscurità si sparse tutta all
llora per sottrarre la sua amata al furore della moglie, cangiò lo in una giovenca. ……….. Ma previsto Avea Giove il venir
, imperocchè Giunone vieppiù sdegnata contro di lei, le fece apparire una furia, la quale turbandole la mente, e straziando
chiamato Epafo, ed ella stessa fu adorata sotto il nome d’Ifide come una dea. È questa almeno la tradizione alla quale si
’odiata giovanetta la morte del suo fedele Argo, avesse mandato ad Io una grossa mosca, la quale pungendola senza posa, la
prese il nome di Bosforo. …….. onde poi sempre Bimarrà fra’ mortali una gran fama Del tuo tragitto, e Bosforo nomato Sarà
temendo la vendetta della regina, s’imbarcò per lontani viaggi su di una nave, che avea nella prora la figura di una vacca
per lontani viaggi su di una nave, che avea nella prora la figura di una vacca, e questo ha dato motivo alla favolosa meta
V. Europa. Finalmente il nome di Ifide, col quale Io fu adorata come una Dea, le venne dato solo perchè Inaco, suo padre,
perimentato coraggio, che portavano le offerte ; ma poi essendo state una volta violate le leggi dell’ ospitalità, fu stabi
u padre del sole e della luna, e dei maggiori pianeti. Diodoro, dando una spiegazione più logica a codesta allegoria della
a chiamata Basilea, che lo rese padre di due figliuoli, un maschio ed una femmina ; il primo che fu chiamato Elio, e la sec
a, per averla trovata ribelle agli ordini suoi, la fece trascinare in una orrida prigione, coll’ intenzione di lasciarvela
dei sacrificii. 2300. Ippa. — Secondo riferisce Orfeo, così ebbe nome una delle nutrici di Bacco. 2301. Ippia. — Dalla paro
a porta maggiore di quel tempio era stata posta, dalla parte interna, una fascia tessuta in lana di color rosso ; e che que
dei ; ma rimase immediatamente punito dell’ atto sagrilego, perchè da una delle pareti del tempio scaturì una larga vena di
o dell’ atto sagrilego, perchè da una delle pareti del tempio scaturì una larga vena di acqua marina, la quale percosse Epi
he il paganesino raffigurava montati a cavallo. 2303. Ippo. — Nome di una delle tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi — Nom
ica ripete, che il cavallo Pegaseo battendo con l’unghia sonora su di una pietra, ne avesse fatto scaturire questa sorgente
zione mitologica narra, che giunta la figlia in età da marito, era di una così sorprendente bellezza, che colpì vivamente l
no di Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, madrigna di lui una violenta passione d’amore, che crebbe al punto ch
roprio consorte, pensò di prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una lettera, nella quale gli diceva, che il figliastr
d’Euripide, intitolata Ippolito. …. Al di là del confin nostro V’ è una spiaggia deserta, che fa lido M Saronico mar : qu
alla custodia del quale, vigilava un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene, costumavan
e che Fedra impose ad un tempio, che ella avea fatto fabbricare su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore di
Lisidice e di Nestore. Nettuno invaghitosene la rapì e la condusse in una delle isole Eschinadi. Dopo qualche tempo ella de
di nel desiderio della vendetta, congiurarono contro gli uomini, e in una sola notte ne uccisero quanti ne capitarono loro
sipile, alla quale un’altra sciagura fece, verso quel torno di tempo, una novella e profonda ferita nell’enima. Le donne di
onare il trono, e andare in bando dall’isola nativa. Rifuggitasi su d’ una spiaggia deserta, fu rapita da alcuni corsari e d
essi aveano smarrito, al suo ritorno trovò il bambino strangolato da una serpe. Licurgo furibondo contro di lei volle farl
to di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di una figliuola detta Ge ; nomi questi che significano
 È questo il nome che Esiodo nelle sue cronache dell’antichità, dà ad una delle tre Arpie. Le altre due, secondo l’ opinion
fa figliuola di Elettra e di Taumante. Iride veniva raffigurata come una giovanetta bellissima, con agli omeri due lunghe
l’ inferno nell’ Olimpo. La Iride pagana dev’ essere considerata come una divinità puramente fisica, la cui idea configurat
zione di quella meteora non si rende visibile alla terra, se non dopo una tempesta ; e siccome l’ arco-baleno ci annunzia l
era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e di forza.
aspetto di tarda età, assestò un tale colpo ad Iro, che gli fracassò una mascella, e lo stese al suolo coperto di sangue.
siderazione, di questa maraviglia, il senato romano avesse promulgata una legge, la quale esentava i discendenti di esse da
evano per le strade della città, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisaccia a tracollo
e della città, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisaccia a tracollo ; e portavano sov
à, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisaccia a tracollo ; e portavano sovente sulla s
orando la statua della dea. Portavano abitualmente i piedi coperti di una scorza d’albero finissima, cosa che ha fatto dire
no, e sorella e moglie di Osiride. Attenendosi il citato scrittore ad una strana tradizione egizia, aggiunge che Iside ed O
o argomento dallo straripamento delle acque del Nilo, che avveniva in una data epoca dell’anno, diceva che il Nilo, ingross
izione, trovata da tempo immemorabile, e che diceva « dea Iside che è una e tutte le cose ». Io sono la sola Divinità che
side, veniva scolpita la figura d’un gatto colla faccia umana, ovvero una sfinge ; e altra volta un globo, o un flore di lo
e, fece il giro di tutta Ia parte opposta del paese onde rintracciare una sorgente d’acqua pura a cui avesse potuto disseta
Corcireo. egli cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scaturire una sorgente di acqua limpida, che formo poi quel fiu
so Demetrio nelle sue cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il qu
nte Briareo, e da gran numero di demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle figliuole di Maccareo. Apollo la sedusse so
e, buoi, agnelli e volatili, e che in questa occasione essi compivano una barbara e truce usanza ; la quale consisteva nel
le lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore di legge una tradizionale costumanza, la quale voleva che allo
ale costumanza, la quale voleva che allorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece di ricevere una
i toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece di ricevere una dote, come è uso dei moderni, dovea fare ricchi d
rsi al luogo ov’ era imbandita la mensa, avendo Issione fatto scavare una larga fossa piena di legna e di carboni accesi, s
ncredibile ; onde fece travestire coi ricchi abiti della principessa, una schiava per nome Nefele, la quale entrata di nott
alla mensa degli dei. Ma un così straordinario benefizio fu pagato da una ingratitudine tanto più abbietta, per quanto auda
ore, Giunone accondiscese al volere di Giove e questi allora formò di una nuvola una donna a cui dette le sembianze della p
e accondiscese al volere di Giove e questi allora formò di una nuvola una donna a cui dette le sembianze della propria mogl
aro, dove Mercurio per suo ordine, legò lo sciagurato millantatore ad una ruota circondata d’innumeri serpenti e che doveva
innumeri serpenti e che doveva girare eternamente ; al dire di Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla sua ruota, e
sse assistito a quei giuochi. I giuochi istmici marcavano per i greci una data epoca ; nè più, nè meno che la celebrazione
e poetici, e da ultimo vi fu anche introdotta la rappresentazione di una gran caccia, per la quale i Corinti facevan venir
verde ; e quelli dei giuochi Istmici, di apio secco. Poi fu decretata una somma di danaro da Solone fissata a cento dramme
ione, la quale ripeteva che Nettuno ed il Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno di essi di avere la s
Progne. 2352. Itifallo. — Al dire di Plinio, così chiamavano i greci una specie di amuleto in forma di cuore, a cui attrib
e umane ; e che certo Aristomene, nativo di quella città avesse fatto una volta svenare in un sacrifizio trecento schiavi,
re di Giove Itomato. Nella città di Messenia si celebrava annualmente una festa chiamata Itomea nella quale si compiva una
elebrava annualmente una festa chiamata Itomea nella quale si compiva una strana cerimonia. Tutti coloro che vi prendevano
o a Giove, e versavano in un vasto serbatoio espressamente scavato in una parte del tempio, tutta quell’ acqua che poi serv
none. J 2358. Ja. — Fratello delle Jadi : egli morì sbranato da una leonessa. — V. Jadi. — Vi sono varii autori che l
onta la cronaca che allorquando il loro fratello Ja, morì sbranato da una lionessa, esse piansero così disperatamente la mo
rsonaggio il nome di Jagnede. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome una delle ninfe del seguito di Diana, che si trovava
, della quale si è servito il famoso poeta Euripide, come soggetto di una sua tragedia, intitolata Jon. Creusa, sedotta da
la sacerdotessa custoditrice del tempio, inspirata da Apollo, concepì una passione quasi materna per l’abbandonato bambino
ta risposta, Xuto con l’anima giubilante, si risovvenne di aver avuto una tresca amorosa, in un viaggio ch’egli fece a Delf
are la verità del fatto, condannarono Creusa ad essere precipitata da una rupe. A questa notizia, Creusa colpita da spavent
io di Apollo e non già di Xuto. Non è a dire l’alta costernazione che una simile notizia sparse negli astanti, i quali rima
do Pausania, abitavano nella città di Eraclea in Elide, ove scaturiva una fonte, sulla cui sponda v’era un tempio consacrat
e i greci resero al figliuolo suo. V. Trittolemo. 2376. Jopa. — Re di una contrada dell’ Africa. Secondo Virgilio fu espert
. 2377. Josso. — Dejoneo, figlio d’ Eurito, re di Tessaglia, ebbe da una giovanetta per nome Perigona, un figliuolo chiama
ato Josso. Divenuto adulto, egli si stabilì nella Caria, e fu capo di una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A propo
iscesero gli Jossidi. A proposito di questi, scrive Pausania, che per una superstiz iosa credenza, piuttosto di famiglia, c
i asparagi e di non sbarbicare le canne ; tributando a queste piante, una specie di particolare venerazione. Nè il citato s
za di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte di Giove, era una montagna delle Alpi consacrata a quel dio ; come
enerava il fanciullo Kama come dio dell’ amore, e gli si dava perfino una moglie chiamata Rati. Gli si era consacrato l’ al
i. Gli si era consacrato l’ albero chiamato in botanica Tulasi, che è una delle numerose varietà del gran fico delle Indie,
4 braccia, due al diritto, e due al sinistro lato ; delle quali però, una destra ed una sinistra, sono levate in aria, e le
al diritto, e due al sinistro lato ; delle quali però, una destra ed una sinistra, sono levate in aria, e le altre due son
nistra, sono levate in aria, e le altre due sono cadenti. Delle mani, una sola è chiusa, mentre delle tre altre, una string
sono cadenti. Delle mani, una sola è chiusa, mentre delle tre altre, una stringe una lancia, un’ altra uno scettro, e un’
i. Delle mani, una sola è chiusa, mentre delle tre altre, una stringe una lancia, un’ altra uno scettro, e un’ altra dei fi
nese Fokckio, o semplicemente Kio, cioè libro dei fiori eccellenti, è una specie di catechismo religioso, che poi divenne l
sta la dea che presiede al giorno in cui succede il novilunio. Kurù è una delle divinità alla quale i Bramani debbono, per
uire le famose piramidi d’ Egitto, le quali andarono considerate come una delle maraviglie del mondo. La tradizione vuole,
i 360 mila operai, i quali lavorassero 23 anni. Plinio asserisce, che una somma non minore di 1800 talenti, fosse spesa per
e spesa per il vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una più grande nel mezzo, e due meno elevate a destra
a destra e a sinistra. Esse sono con un intervallo di dugento passi l’ una dall’altra, distanti due miglia dal gran Cairo.
uno dei re Faraoni, il quale amantissimo della regina sua moglie, e d’ una sua figliuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe
ciano rapire dalle mani il perseguitato bambino. Kansa allora comandò una strage generale di tutti i fanciulli, che non ave
ero uccidere il fanciullo, onde sua madre per salvarlo, lo nascose in una misura di biada che i greci chiamavano Cipfelo. D
lato del mezzogiorno, e le altre sei quello del settentrione, mentre una stessa muraglia le circonda al di fuori. Oltre a
ente coperte di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran portico di colonne, in pietra bian
il padre degli dei, si venerava in quella città la statua di lui con una scure nella mano. Questo cangiamento negli attrib
lita, regina delle Amazzoni, le tolse le sue bellissime armi, fra cui una scure di maraviglioso lavoro, che l’eroe, donò ad
Carii, i quali in ringraziamento della vittoria, innalzarono a Giove una statua e gli posero la famosa scure fra le mani.
. — Figlio di Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli sposò una figlia di Eurota, re della Laconia ; ed avendo er
o a Giunone Lacinia, e racconta che Annibale, volendo impadronirsi d’ una colonna d’oro, che sorgeva in quel tempio, e non
ivarlo del solo occhio che avea (avendo Annibale perduto un occhio in una battaglia) se non avesse eseguito il suo comando.
dell’ oro che si era cavato dalla colonna nel puntarla, venisse fusa una piccola giovenca, che poi fu posta sul capitello
e, quando morì, fu consacrato, in memoria delle sue gesta un bosco in una contrada, che, dal suo nome, fu detta borgata dei
à che chiamano questo nume Lacteus Deus, ed altri ancora che ne fanno una dea chiamata Lacturcia. 2408. Ladone. — Fiume del
a figliuola.V. Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito di una figliuola di Autolico, chiamata Anticha, che poi
spoglie di quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e segnatamente una statua di Diana Lafria, che essi custodirono gelo
fabbricarono un tempio a Diana Lafria, e istituirono in onore di lei una festa annuale. 2413. Lacenoforie. — Dalle due par
e istituite per la sola plebe. 2414. Laghi. — I Galli celtici avevano una grande venerazione per i laghi, che essi consider
e d’oro e d’argento ecc. Oltre a questo eravi nel Gevodan, ai piedi d’ una montagna, un gran lago consacrato alla luna, sull
o, e un rappresentante individuale per le due parti, gettava ai corvi una focaccia, egualmente simile a quella gettata dal
nomina Taida. Ella richiese al famoso Demostene, diecimila dramme per una notte di piacere, onde provocò la famosa risposta
alcune donne di Corinto, invidiose della suprema bellezza di lei. In una contrada della città di Corinto, si vide per lung
di Laide, sul quale si vedeva scolpita, come un’allegoria sanguinosa, una lionessa con un agnello fra gli artigli. 2416. La
che attirano i passeggieri e poi li divorano. Lamia aveva anche nome una famosa cortigiana d’ Atene, figlia di Cleonora e
uanto era avvenuto, istituirono in onore delle sventurate giovanette, una pubblica solennità, che poi fu celebrata ogni ann
onviti e nelle nozze ; e finalmente le mettevano nei sepolcri. Quando una Vestale veniva sepolta viva, per aver lasciato sp
egnere il fuoco sacro della dea, si chiudeva con essa nel sotterraneo una lampada sepolcrale, la quale rischiarava la terri
si spense appena l’aria penetrò nel sotterraneo. Pausania racconta, d’ una lampada d’oro consacrata da Callimaco, innanzi ad
nia racconta, d’una lampada d’oro consacrata da Callimaco, innanzi ad una statua di Diana in Atene, e ripete che quella lam
i Diana in Atene, e ripete che quella lampada veniva riempiuta d’olio una sola volta l’anno, e ardeva poi sempre, senza che
o di più ritoccarla. Il cronista Solino asserisce un fatto simile per una lampada inestinguibile, trovata dopo lunghi anni
che un abitante della Lacedemonia, per nome Cleombroto, avesse vista una lampada perpetua ardere in un tempio, senza che i
veniva praticata la stessa usanza. Le Lampadaforie venivano celebrate una volta ogni tre anni, e si distinguevano col nome
arra la tradizione, alla quale si attiene il citato poeta, che avendo una tempesta gettato Ulisse e i suoi compagni, sulle
sse coi suoi seguaci abbandonò la Sicilia, la sua nave fu assalita da una così furiosa tempesta, che a stento riuscì egli s
i suoi compagni annegaroao miseramente. Lampezie avea similmente nome una delle Fetontidi, fu anch’essa figlia del Sole e d
i romani rappresentavano il loro dio della guerra sotto la figura di una lancia, prima di aver dato al simulacro delle lor
te parole, e trasportato dal proprio convincimento, Laocoonte afferrò una lunga asta di guerra, e con forza prodigiosa la l
n forza prodigiosa la lanciò contro i fianchi del cavallo, ove lasciò una profonda concavità. Ma tutto questo non valse a p
. di A. Caro : Il gruppo in marmo del Laocoonte, scolpito da Fidia è una delle più stupende opere dell’arte greca. 2429. L
ade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una giovanetta moglie di quel Protesilao, che morì uc
u portata a Laodamia, essa che amava teneramente il marito, fece fare una statua che riproduceva fedelmente la cara immagin
e riproduceva fedelmente la cara immagine del suo sposo ; e per farsi una dolce illusione, sempre soave al suo cuore innamo
ere sulla terra divisa dal suo diletto. Laodamia finalmente avea nome una principessa di Epiro, che insieme a sua sorella N
riuseì per poco tempo a sottrarsi al furore degli Epiroti, i quali in una rivoluzione avevano uccisi tutti i componenti del
dai rivoltosi in un tempio di Diana, ove erasi ricoverata ai piedi d’ una statua della dea, fu uccisa spietatamente da cert
che sono ricordate dagl’autori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la quale
placare l’ira inesorata del Pelide. V. Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, rite
ervire l’odiata consorte di Telefo, suo primo marito, si precipitò da una rupe, anteponendo l’onore alla vita. Al dire di P
iuso il corpo di questa sventurata principessa. Laodice fu similmente una regina di Cappadocia, di cui la tradizione serba
era stato sottratto furtivamente dalla reggia. Laodice, da ultimo, fu una figliuola di Agapenore che seguì il padre suo all
cui s’era servito, per modo che Apollo afflisse il popolo troiano con una terribile pestilenza, e Nettuno mandò dal fondo d
2435. Lapidazione. — Con questo nome veniva dagli Egineti denominata una festa che essi celebravano in memoria di due giov
e. 2437. Lapiti. — Da un figliuolo che Apollo ebbe dai suoi amori con una giovanetta chiamata Stobia, figlia di Pineo, e ch
osa guerra che sostennero contro i Centauri, e che ebbe principio per una dissensione surta fra di loro, durante il banchet
gendola del loro soprannaturale potere. I seguaci di Plutone facevano una distinzione negli dei Penati ; e chiamavano Lari
anamente, si offriva loro del vino, dell’incenso, dei fiori e perfino una porzione delle vivande che erano imbandite sulla
tutti quelle divinità che i pagani sceglievano come protettrici sia d’ una città, sia d’un luogo particolare, venivano class
maiali, in memoria della scrofa che avea partoriti trenta porcelli in una volta. V. Grundili. Finalmente, si celebrava in o
volta. V. Grundili. Finalmente, si celebrava in onore degli dei Lari una festa detta, secondo asserisce Macrobio, celebrit
morì ucciso da Enomao. 2446. Laterano. — I romani chiamavano lateres, una specie di cammino fabbricato in pietre cotte, che
apito da alcuni delfini ; per modo che non gli restò altra prole, che una leggiadra giovanetta per nome Lavinia, la quale p
ebbero a pentirsi del loro sconsigliato divisamento ; poichè Enea, in una battaglia campale sconfisse interamente l’esercit
dimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di grotta di En
non che mascherare con la larva simbolica dell’allegoria mitologica, una storia ritenuta come verissima dagli antichi Egiz
te con gran pompa e splendore. Anche i Tripolitani ed i Galli avevano una particolar divozione per questa dea, la quale ven
domestiche pareti, si accorse che il ridere gli era sempre inibito da una forza superiore. Però dopo qualche tempo avendo f
va di vedere, altro non scorse che un informe simulacro di legno, con una faccia così contrafatta e sconcia, che appena i s
Licurgo. 2452. Lavazione. — Era questo il nome che i romani davano ed una festa, che essi celebravano annualmente in onore
Lazio e dell’ Italia. Sola d’un sangue tal, d’un tanto Regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e
amme ; e il fuoco attaccandosi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce e di fumo, che ben presto ri
nesto al suo popolo, che per cagione di lei avrebbe avuto a sostenere una lunga e disastrosa guerra. Il re Latino, spaventa
e spiagge del Lazio, ed ebbe a sostenere, contro Turno re dei Rutuli, una lunga guerra, perchè questo, che era nipote della
ereditaria di sommo sacerdote. 2455. Lavinio. — Fu questo il nome di una città che Enea edificò, secondo il dettato dell’o
ove durante le feste latine, si dava codesto soprannome di Laziale ad una statua fatta scolpire da Tarquinio il superbo, e
ità, si rileva che i romani sacrificavano a Giove Laziale annualmente una vittima umana ; sebbene avessero preteso dai cart
o comune, ove gli alleati latini, romani, volsci, si fossero radunati una volta l’ anno ad epoca fissa, onde solennizzare u
fossero radunati una volta l’ anno ad epoca fissa, onde solennizzare una festa e compiere una cerimonia religiosa. Fu ques
volta l’ anno ad epoca fissa, onde solennizzare una festa e compiere una cerimonia religiosa. Fu questa l’istituzione prim
nazione di porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scrittori era una delle tre grazie, venendo alle altre due data l’a
e scultore della Grecia antica, rappresentò su d’un bassone rilievo d’ una statua di Nemesi, Leda in atto di condurre Elena
2466. Leena. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la quale al tempo che
il silenzio. Caduta la dinastia dei Pisistrati, gli Ateniesi eressero una statua alla cortigiana Leona, facendola rappresen
tua alla cortigiana Leona, facendola rappresentare sotto la figura di una Leonessa, che avea tronca la lingua. 2467. Lelapo
di Tebe. Il mio Lelapo (che del cane a me donato Tal era il nome) ad una voce é chiesto. Ovidio — Metamorf : — Libro VII.
addentarla, ma non riusciva a stringere che l’ aria. Finalmente dopo una lunghissima corsa, i due animali furono cangiati
ghissima corsa, i due animali furono cangiati in due figure di marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’ altra in a
o, (o meraviglia !) in mezzo A’ campi io veggo due marmoree forme. L’ una fuggir, l’ altra latrar ti sembra. Così pìacque a
, lo riconciliò con l’ eroe, col quale passato qualche tempo sostenne una triplice sfida, prima al giuoco del disco ; poi a
erna è celebre per la famosa Idra che fu uccisa da Ercole e che formò una delle dodici fatiche dell’ eroe, sebbene la crona
ce, che l’arme della quale Ercole si servì per uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di Lerna
he le onde del lago di Lerna, che giacevano sempre, all’apparenze, in una immobilità assoluta, quando si era a mezzo del la
i loro passi, essendo ella, secondo la tradizione favolosa, alta come una montagna. Tocco ne avean il limitare appena, Che
limitare appena, Che femmina trovar di si gran mole. Che rassembrava una montagna ;…., Omero — Odissea — Libro X. Trad. d
rigavano i campi Elisi, e sulle rive di esso si aggirava del continuo una sterminata folle di ombre di tutti le nazioni del
e del quale la tradizione mitologica ripete, che dopo aver corso per una sufficiente lunghezza, scompariva ad un tratto ri
Lettisternio. Nel tempio ove la cerimonia si compiva veniva drizzata una splendida mensa, circondata di piccoli letti, cop
deva parie al convito, mentre il posto delle dee era contrasegnato da una semplice sedia. Il primo Lettisternio fu solenni
Un rigido e pessimo inverno, seguito da un’estate ancor più cattiva ; una qualche epidemica influenza, fece morire un’enorm
erdoti risposero, che per far cessare il castigo, bisognava celebraré una festa con uno splendido convito, offerendolo a se
Tito Livio, nella åõå Storia Romana. Segui dopo la spiacevol vernata una pestilente state, per ogni sorta di animali ; ovv
di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, di cui riportammo più sopra una classica citazione, fa similmente menzione di un
rnio egualmente celebrato in Roma, onde implorare dai numi la fine di una terribile pestilenza. Ma, al dire del cennato aut
2482. Levana. — Divinità tutelare dei bambini, il suo nome deriva da una costumanza generalizzata presso tutti i pagani, i
a una costumanza generalizzata presso tutti i pagani, i quali, appena una donna aveva partorito, posavano sulla nuda terra
uale la tradizione mitologica ripete, che gli antichi avevano formata una specie di Campi Elisi, ove ritenevano che dimoras
le anime degli eroi. Al dire di Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua in quell’isola, nella quale, secondo il ci
a contrada della Magnesia, ov’essa aveva un tempio, in cui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto
he vinceva d’assai quella della madre di lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle donne dei suoi tempi. ….. Leucot
donne schiave di entrare in quel tempio, e se per disavventura veniva una di esse sorpresa in quel vietato recinto, la disg
lla Sicilia davano alla Luna, credendo che essa li avesse liberati da una epidemia. 2493. Liagora. — Una delle cinquanta Ne
se ritornando in patria accompagnato dai suoi seguaci, fu assalito da una violenta tempesta e gettato sulla spiaggia italia
e Liba si inebbriò per siffatto modo, che nel tripudio osò violentare una giovanetta nativa di Temessa. Istrutti gli abitan
ersi l’annuale sacrifizio della vergine, egli entrò nel tempio e vide una bellissima giovanetta che inginocchiata sull’ ara
presso gli antichi assai di sovente tutto il sacrifizio consisteva in una semplice libazione, mentre le libazioni accompagn
ori, che la dea Libentina, detta anche Libertina, altro non fosse che una configurazione della dea di Venere, a cui le giov
na configurazione della dea di Venere, a cui le giovanette, giunte ad una certa età consacravano i giuochi della infanzia.
opositi. Quando il carro era giunto sulla maggior piazza della città, una matrona incoronava innanzi a tutti il turpe emble
i effigie si vede ancora sulle medaglie antiche. È rappresentata come una donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra
medaglie antiche. È rappresentata come una donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra una tavoletta sulla quale eran
presentata come una donna con un cornucopia in una mano, e nell’altra una tavoletta sulla quale erano segnati molti punti e
deva il simulacro della dea Libertà, rappresentata sotto la figura di una matrona, vestita di bianco, con uno scettro in un
sotto la figura di una matrona, vestita di bianco, con uno scettro in una mano, un berretto nell’ altra, e con un gatto dis
ipendenza dichiaratissimo. 2504. Libetra. — Su quest’antica città che una volta sorgeva sul monte Olimpo, e vicino alla qua
ordo. Narrano le cronache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione di loro concittadini ad interrogare l
oracolo, gli abitanti credettero che il dio avesse voluto parlare di una belva, e persuasi che non vi fosse al mondo un an
vi fosse al mondo un animale che avesse avuto la forza di rovesciare una città, non badarono più oltre all’infausto presag
te ; e così addormentato si pose a cantare i versi di quel poeta, con una voce estremamente soave. Sparsasi ben presto la s
ole vide le ossa di Orfeo. Nella notte che seguì codesto avvenimento, una pioggia dirotta ingrossò siffattamente le acque d
la quale usciva da un sasso che imitava così perfettamente il seno di una donna che pareva l’acqua scaturisse da due mammel
, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma di danaro per ogni persona che moriva.
nome del morto e la somma versata. Tutto il danaro era conservato in una specie di cofano chiamato l’erario di Libitina. 2
dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerriera lancerebbe un sasso. La tradiz
er il singolare duello che quegli combattè contro Menelao, …… Quindi una lorica Del suo germano Licaon, che fatta I suo se
or ben era, E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta, E
mandato ostaggio, Tronca col ferro il collo ; e delle membra Semivive una parte entro bollenti Onde ammollisce, e l’altra p
to accorgersi del loro infame operato. Però verso il cadere del sole, una violenta tempesta si scatenò, impetuosa ed irrest
ica riferisce, che furono, a somiglianza di Romolo e Remo, nutriti da una lupa. 2512. Licea. — Montagna dell’Arcadia, dalla
Licnomanzia. — Specie di divinazione che si eseguiva colla fiamma di una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e usurp
trutte le femmine guerriere, donò a Lico, in premio della sua fedeltà una contrada che quegli chiamò Eraclea, in memoria de
le ricchezze il famoso tempio di Apollo in Delfo, le sotterrarono in una foresta. Qualche tempo dopo, mentre uno dei sacer
ospite traditore, e un giorno Licomede condusse Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e col pr
di, precipitò con un urto violento il mal capitato eroe dall’ alto di una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del qua
eppure. 2521. Licora. — Detta anche Licoria, fu, al dire di Virgilio, una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta
una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta ne parla come di una ninfa a cui la dea Lucina avesse insegnato a prot
a menzione per aver egli ricorso all’ oracolo di Delfo, onde fare che una certa tinta di religioso rispetto, tenesse a fren
fra poco, si sarebbe di nuovo recato in Delfo, onde consultare, anche una volta l’ oracolo, e prendere, da Apollo stesso, c
di vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre di Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne di Cirene, famose per la bianchezz
giche — Libro IV trad. di Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome di una delle Sirene, forse perchè le parole greche λιγυς
l fiume Cefiso, la quale, secondo la tradizione, dette il suo nome ad una piccola città nelle circostanze di Delfo, ove Apo
porti di mare. In simili congiunture la dea veniva rappresentata con una specie di gambero marino sulla testa. 2532. Limen
come dea protettrice dei pescatori, i quali in suo onore celebravano una festa detta dal suo nome Limnatidia. 2536. Limnat
quando lo si riguardava come protettore dei laghi. Per altro è questa una tradizione favolosa, che non ha molto logico fond
ssenia : fu uno degli Argonauti. Secondo il poeta Pindaro, egli aveva una vista così acuta, che ad una grandissima distanza
ti. Secondo il poeta Pindaro, egli aveva una vista così acuta, che ad una grandissima distanza, scoprì Castore nel tronco d
li abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario, con una festa, la quale cominciava sempre con un sacrifiz
cosse così violentemente coll’arco dello istrumento, che gli produsse una ferita sulla fronte, della quale dopo poco tempo
senza pericolo. In quanto al famoso lione Nemeo, la cui uccisione fu una delle dodici imprese di Ercole. — V. Ercole. — è
ne fosse Orfeo ; ed altre finalmente Apollo e Mercurio. La lira avea una figura triangolare, e si suonava con le dita. Da
egato. V. Narciso. 2546. Lissa. — Al dire di Euripide, così avea nome una delle tre Furie, e propriamente quella che ispira
tuo. — Così si chiamava quella specie di bastone augurale, ricurvo ad una delle estremità, che i sacerdoti Auguri portavano
onde predir l’avvenire. Presso i pagani, Lituo si chiamava similmente una specie di tromba guerriera ricurva, avente qualch
sce la cronaca favolosa, abbandonare un paese, il cui suolo produceva una pianta tanto preziosa. 2556. Lotofagi. — Antichi
Barbaria, nel gran golfo di Sirte. Narra Omero, che Ulisse gettato da una furiosa tempesta sulla spiaggia dei Lotofagi, man
decimo sbarcammo in su le rive De’Lotofagi, un popolo a cui cibo È d’ una planta il florido germoglio. Omero — Odissea — L
ole Plauzio, comandante supremo delle legioni romane, dopo aver vinta una battaglia contro i Volsci, consacrò e dedicò, all
ati col danaro che si ricavava dalla vendita del legname, tagliato in una porzione di quel bosco. Altri autori traggono l’o
considerata come la Luna, ed allora veniva raffigurata dai pagani con una luna crescente sul capo, con una torcia accesa ne
ra veniva raffigurata dai pagani con una luna crescente sul capo, con una torcia accesa nella destra e coperta d’un manto s
torienti e dei neonati. V. Lucifera. Altri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di Giunone, e
Bianchi. I romani rappresentavano la dea Lucina sotto le sembianze d’ una matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazz
ina sotto le sembianze d’una matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella destra, ed una lancia nella sinistra 
a matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella destra, ed una lancia nella sinistra ; ma più comunemente seduta
raccio sinistro un bambino ravvolto nelle fascie, e nella mano destra una specie di giglio. Lucina era anche detta Ilitia e
etta Ilitia ed Olimpica, e sotto quest’ultimo nome aveva un tempio ed una sacerdotessa presso gli Eliani. 2564. Luciniana. 
acrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio era presso gli antichi una festa quasi continua, imperocchè oltre ai giuochi
loro ignoranza, non sapeano rendersi esatta ragione, l’adorarono come una divinità suprema e le offerirono voti, preghiere
e molti popoli dell’antichità, han fatto di quell’astro un dio, altri una dea, e molti altri finalmente una configurazione
fatto di quell’astro un dio, altri una dea, e molti altri finalmente una configurazione ermafrodita. Il dio Luno veniva ra
tto le sembianze di un giovane, rivestito delle insegne militari, con una picca nella destra e con ai piedi un gallo, anima
itato, ripete a proposito del culto tributato al dio Luno dai pagani, una strana e ridicola congiuntura ; quella cioè, dura
radizione popolare dei romani, alla quale si attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutrice di Romolo e Remo, i quali bamb
ovani che vi prendevano parte, correvano del tutto ignudi, tenendo in una mano il coltello di cui s’eran serviti per immola
plificazione portata da Giulio Cesare in quell’ordino sacerdotale, fu una delle tante ragioni dell’odio che il popolo ebbe
. — Cerimonie espiatorie colle quali i romani credevano di purificare una città o una persona, contaminata da qualche impur
e espiatorie colle quali i romani credevano di purificare una città o una persona, contaminata da qualche impurità o da qua
te sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. 2. Pelas
10. navano scalzi. Iside viene comunemente rappresentata in figura di una donna con le corna di vacca. 11. .Brahma. — Voce
enitali straordinariamente sviluppate, e con in mano un cornucopia ed una falce. 13. Gnostici, professanti lo Gnosticismo
ra. 19. Ebioniti. — Cosi chiamati da Ebione, che fu il fondatore di una delle tante scuole o diramazioni dello Gnosticism
rine eretiche di Carpocrate, il quate fondò, nell’isola di Cefalonia, una setta che uni il culto di Gesù Cristo, a quello d
rofetico. Tutto ciò si rappresentava di notte : illuminando la stanza una torcia perchè non mancassero testimoni alla batta
i quali lo tengono in cosi grande venerazione che considerano il dare una sola occhiata alle sue sacre mura, come atto meri
dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tent
a Depose il figlio, a cui difesa Apollo Corse tosto, e l’ascose entro una nube. Onde camparlo dall’achee saette. 32. C
un enorme masso di rocce di 400 a 470 metri di altezza, che presenta una fronte dirupata e quasi perpendicolare da ogni la
ratte tanto da quella. che da questi ; ma non consentendoci lo spazio una lunga ed esatta esposizione di essi, riporteremo
rese celebre nella storia delle Crociate. Essa traeva il suo nome da una piccola città del Poitou, poco lungi dalla quale,
unto quello di Voltaire col quale é conosciuto in tutta l’ Europa, da una terra che faceva parte della fortuna di sua madre
lessandro Humboldt. La reggenza di Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazione di 1.280.000 anima cirea. Maraucche.
iale libbline, fosse soggiaciuta ad un toro, facendosi rinchiudere ia una vacca di legno. 44. Giunone. — Giove volendo pu
sotto i pledi due incudini e di legarle le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei cercarono di liberar
lcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull’isola di Lenno, si ruppe una gamba e restò sempre zoppo. 46. Ciro. — Celebre
48. Sabeismo. — Idolatria che consisteva nel culto degli astri. e fu una delle prime ad essere professata dagli nomini : l
erbigian. Mori nell’anno 513 avanti Cristo in età di 76 anni. Egli fu una delle vittime che caddero nella generale uccision
2 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ati, che racchiudessero istoriche verità sfigurate dalla bizzarria di una immaginazione amica della menzogna : non esclusi
usione. Tutto ha corpo, anima, spirito, sembianza. Ogni virtù diventa una Divinità. Minerva è il simbolo della prudenza, Ve
l’effetto dei vapori, è Giove armato per ispaventare i mortali. Sorge una tempesta, che sgomenta il Nocchiero, è Nettuno sd
nde in sconquasso. L’eco non è più un suono che rimbomba nell’acre, è una Ninfa, che si duole, o piange la morte di Narciso
e è pur anche il far la diceria del gran numero degli Dei. Nel creare una divinità non avevano limiti gli antichi : un timo
. Nel creare una divinità non avevano limiti gli antichi : un timore, una meraviglia, un accidente casuale bastava a far ot
se sarà composta de’ Semidei così detti, per esser nati da un Dio, ed una mortale, o da un Uomo, ed una Dea, come Ercole, C
osì detti, per esser nati da un Dio, ed una mortale, o da un Uomo, ed una Dea, come Ercole, Castore, e Polluce, e tanti alt
canto de’ poeti. Tra questi Agamennone, Ulisse, ec. ec. Vi ha altresì una moltitudine di favole accoppiate alla storia degl
i favole accoppiate alla storia degli Dei, ma che per altro non forma una parte del sistema religioso. Tali erano le favole
osto nell’opera. Il Destino era figlio della Notte : vien dipinto con una benda avanti gli occhi. Egli è, a dire il vero, u
Egli è, a dire il vero, un Nume cieco, e ’l suo governo ha per guida una invincibile necessità1. Giace a suo fianco un’ ur
ava. Tale precauzione a lui fu fatale : imperciocchè giunti quelli ad una certa età, si rivoltarono contro lo stesso loro p
 : ed aggiungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal
lvare la prole futura. Consigliata segretamente da Titèa si ritirò in una grotta Chiamata Dittèa nell’isola di Creta, ed iv
che nuovamente avevano dichiarata la guerra a Saturno1. Diede inoltre una bevanda allo stesso suo padre, colla quale gli fe
lvolta con quattro facce, per indicare le quattro stagioni. Ha dippiù una bacchetta nelle mani, perchè presedeva alle pubbl
bacchetta nelle mani, perchè presedeva alle pubbliche strade, o pure una chiave, perchè creduto l’inventore delle porte. S
ella Sicilia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una delle più chiare, e facili a spiegarsi. I Greci l
are, che il tempo veloce giunge, ed al momento sen fugge : porta seco una falce per tutto mietere, e consumare. L’ampollina
rtorì molti figli. Varj furono i suoi nomi. Ebbe il nome di Cibele da una montagna della Frigia : come pure Titèa, cioè, Te
èa sua madre. Questa Dea ci viene rappresentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata di foglie di quercia, ave
e di una donna robusta, coronata di foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di f
lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostro di una nave, per dinotare il di lei dominio sull’uno, e
ide innanzi un ariete, che battendo la terra col suo piede ne scaturì una sorgente di acqua. Bacco riconoscente innalzò un
stimonianza di Cicerone fu altresì detta Moneta dal Latino monere per una voce, che fu udita nel suo tempio in occasione di
n fiero terremoto, colla quale si avvertivano i Romani di sacrificare una troja gravida per placare lo sdegno degli Dei. Il
ei : ma cessarono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una volta al di loro cospetto. A tale uffizio fu dest
eva dato alla luce così storpio, e mal fatto, e volle vendicarsene in una brillante occasione. Giunone aveva preso parte ne
ttaccate ai calcagni, dopo averle legate le mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei si affaticarono di l
ù bella fralle Dee. Oltre di Argo aveva Giunone al suo servizio anche una messaggiera per nome Iride figlia di Taumante, e
ra di Erisittone, uno de’ primi di Tessaglia per aver questi tagliata una foresta consagrata a questa Dea, che gli comunicò
questi tagliata una foresta consagrata a questa Dea, che gli comunicò una fame sì terribile, che lo ridusse a consumare tut
arla. Cerere vien rappresentata ordinariamente coronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra un fascio di b
n rappresentata ordinariamente coronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra un fascio di biade1. Vesta.
e Cibele era Vesta Dea della verginità, e del fuoco, per cui portava una fiaccola nelle mani. Il principale suo culto cons
usa nel giuramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Latona, e sotto una pianta di palma partorì Apollo, e Diana. Apollo p
ece sotterrare viva ; ma Apollo, che non potè salvarla, la tramutò in una pianta, che dà l’incenso. Il rimorso di un tal at
cò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi nel Cielo sotto l’aspetto di una costellazione detta Serpentario, ascrivendolo al
igura di un uomo grave, coperto da un mantello con bastone, a cui sta una serpe attortigliata in una mano, ed una tazza nel
erto da un mantello con bastone, a cui sta una serpe attortigliata in una mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suo
ntello con bastone, a cui sta una serpe attortigliata in una mano, ed una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il t
sse sovente in forma di serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una ben seria sventura di Apollo. Non potendo questo
o il lavoro, gli mancò di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli stati di questo principe s
e cagione del suo esilio, così un altro de’ suoi figliuoli gli attirò una nuova disgrazia. Fetonte a lui nato da Climene fi
l paragone il suo flauto alla lira del figlio di Latona : gli propose una disfida, che Apollo volentieri accettò. Tmolo Re
lla di Apollo veniva riguardata in tre diversi aspetti, che le davano una triplice situazione ; cioè nel Cielo, nella terra
pretendere sopra Giunone. Ma Diana, che sotto il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero di Plutone, di là il
de influenza nell’impero di Plutone, di là il trasse, e lo nascose in una grotta del monte Latmos nella Caria. Vedesi Diana
eleva sulla testa, e se le adatta talvolta sulla sommità della fronte una mezza luna, le cui estremità sono rivolte verso i
. Talvolta è tirata su di un carro da due cervi : qualche volta porta una fiaccola in mano per isnidare gli animali selvagg
lla commedia era Talìa : la sua corona era di ellera, recando in mano una maschera, e ’l pedum, o sia bastone pastorale. Or
gale Melpomene spiegava i suoi dritti sulla tragedia collo scettro in una mano, e nell’altra una coppa avvelenata. Il suo p
i suoi dritti sulla tragedia collo scettro in una mano, e nell’altra una coppa avvelenata. Il suo portamento è nobile, e f
irige il ballo, e suona la lira, o pur batte il timpano. Ella ha seco una tazza, ed un tirso. Erato si occupa della bellez
Calliope presiede alla poesia epica. Ella tiene in mano un poema, ed una corona : nell’altra una tromba. Urania non ha al
poesia epica. Ella tiene in mano un poema, ed una corona : nell’altra una tromba. Urania non ha altr’oggetto, che il Cielo
insegna un compasso, un globo, ed altri istromenti matematici, oltre una bacchetta, colla quale fa le dimostrazioni delle
agile saltellando da fiore in fiore mercè le ali, l’avrebbe vinta, se una Ninfa chiamata Peristera non avesse ajutata Vener
more cangiò la Ninfa in colomba. L’ornamento principale di Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà di da
ura, che aveva la proprietà di darle sempre nuove attrattive. Giunone una volta la chiese in prestito per comparir più bell
che la vita, e gliela destinò per isposa. Psiche è rappresentata come una ragazza ingenua, e colle ali di farfalla. Vulc
olto nel cadere fralle di loro braccia. Egli si ruppe ciò non ostante una coscia, e restò zoppo1. Come era ingegnoso, ed in
a coscia, e restò zoppo1. Come era ingegnoso, ed inventore, abbracciò una professione dove poteva far mostra de’ suoi rari
no Bronte, Sterope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla sua fucina una quantità di capi d’opera, che formavano l’ammiraz
el fuoco, e la sua figura è poco vantaggiosamente espressa, cioè, con una gamba più corta dell’altra, e con un martello all
to poi da Giove al suo caro Ganimede1. Minerva. Minerva nacque in una maniera del tutto singolare. Giove dopo la guerra
i ; ma avendogli detto Urano, che questa donna avrebbe dato alla luce una bambina dotata di una perfetta saviezza, ed uu fa
Urano, che questa donna avrebbe dato alla luce una bambina dotata di una perfetta saviezza, ed uu fanciullino a cui il Des
re un ballo detto Pirrico, annunciandosi con soverchia gentilezza per una Divinità, che durante la sua vita doveva mantener
te battè la terra, e fece uscire un cavallo. Minerva ivi fece nascere una pianta di ulivo, ed ottenne l’intento. Iu seguito
bella, ma fiera nel tempo istesso. Portava in testa un caschetto con una civetta, uccello sno favorito2 : un’asta alla man
, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto gli offerì una vacca, ed un bue a condizione, che avesse svelato
nei piedi. Come direttore degli affari tiene in mano un caducèo, cioè una verga intorno a cui sono attorcigliati due serpen
sono attorcigliati due serpenti. Come protettore del commercio porta una borsa di cuojo : allorchè poi è incaricato di con
oi è incaricato di condurre le ombre de’ morti all’inferno, gli si dà una semplice bacchetta1. Bacco Dio del Vino. Bacc
e le comparve sotto l’aspetto di Beroe sua nutrice, chiedette a Giove una grazia, obbligandolo a giurare per Stige, che gli
e. Ma siccome non era giunto il tempo, che doveva nascere, Giove aprì una sua coscia, ed ivi racchiuse il bambino. Quando n
con capelli biondi inanellati, e coronati di edera2, o di pampini. In una mano tiene un tirso, e nell’altra de’ grappoli d’
re. Una pelle di pantera gli covre gli omeri si talvolta assiso sopra una botte, e tirato da due tigri1. Nettuno Dio del
ura assiso sopra un trono di ebano, avendo uno scettro a due punte in una mano, e nell’altra delle chiavi, per dinotare, ch
a non era la più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrovata una Dea, che di tutto suo genio si fosse a lui accopp
ntichi l’inferno fra le immense sotterranee voragini, ove risplendeva una luce diversa da quella, che sfavilla sotto le vol
iversa da quella, che sfavilla sotto le volte de’ Cieli. L’Averno era una dell’entrate principali per ivi penetrare. Alla p
l’entrate principali per ivi penetrare. Alla porta dell’inferno stava una moltitudine di Esseri malefici, fra i quali sopra
io dell’Erebo, e della Notte le riceveva nella sua barca al prezzo di una piccola moneta, e le trasportava nella ripa oppos
sollazzavano in mille guise per quelle vaste praterie, e godevano di una felicità non mai interrotta. Ben diverso era il T
da’ poeti, ove stavano ristrette le ombre de’ delinquenti soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione di buoni
che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in segno della loro dignità.
iravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una sfe
ro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una sferza di serpenti, colla
gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una sferza di serpenti, colla quale ffagellavano le o
, era condannato a trascinare per sempre un enorme sasso alla cima di una montagna, d’onde gravitando pel proprio peso rica
appiccato il fuoco al tempio di Apollo, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacciarlo
e li divorava a misura, che si rinnovavano. Issione era attaccato ad una ruota, che girava di continuo. Egli aveva osato d
i Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastica formata di nuvole, e che s’asso
alo quel Re crudele, che per mettere a prova la divinità degli Dei in una festa diede loro a mangiare il proprio suo sigliu
sente eternamente gli stimoli della fame, e della sete, malgrado che una pianta carica di frutta gli penda sulla testa, ed
lle quali era concesso tregua, e riposo allora che avessero riempiuta una botte, che non avea fondo. La loro istoria esige
o, non altrimenti che Fauno, e Pane. Sileno. Sileno figliuolo di una ninfa, aveva educato Bacco, e passò tutti i suoi
l suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo di una grotta, ove egli erasi addormentato : da lungo te
l dono dell’immortalità : ma essendosi fatta cadere sopra di un piede una freccia avvelenata di Ercole, provò un dolore tan
Esculapio, e ne fu punita con perdere la sua figura essendo divenuta una cavalla1. Pale. Pale è la Dca de’ pascoli, d
ta, e nella destra il corno dell’abbondanza. Una giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, era l
Pomona. Termine. Il Dio Termine, la cui statua non era altro che una pietra, o un tronco di albero, vegliava ai confin
orpo : il rimanente era un tronco, o pietra. Talvolta gli si adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto, era pertanto fi
ereo loro genitore. Eco. Eco figlia dell’Aria, e della Terra era una ninfa, che si nascondeva ne’ boschi fralle rupi,
ere l’oggetto de’ suoi desiri : le onde cristalline non offrivano che una lusinghiera immagine. Non volle pertanto abbandon
erminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nettuno. I suoi figliuol
i presagire il futuro : ma bisognava stentare moltissimo per carpirne una risposta sull’avvenire. Ciò si otteneva con fargl
eozia. Un giorno si avvide, che alcuni pesci che aveva nascosti sotto una cert’erba, ripresero nuove forze, e si slanciaron
e si slanciarono nelle acque. Egli si assicurò, che quest’erba aveva una proprietà particolare : ne mangiò, e si senti al
mate Leucosia, Ligia, e Partenope 1, dotate di estrema bellezza, e di una voce bellissima, seguaci di Proserpina. Allorchè
d artigli alle mani, ed a’ piedi. Cariddi, e Scilla. Cariddi era una donna crudele, che dava addosso, o assassinava i
Notte era altresì un altro mostro del mare. Per lo innanzi era stata una ninfa bellissima amata da Glauco : ma Circe sua r
velo, e la veste sono di color nero ornato di stelle. Porta talvolta una fiaccola rivolta verso la terra. Gli antichi sacr
ti della nostra vita. Ella è dipinta come uno scheletro colle ali, ed una falce. Gli antichi non offrivano voti, nè fabbric
erbe, che hanno la virtù d’addormentare i mortali. Riposa il Nume in una stanza sopra il letto coverto di piume circondato
to di piume circondato da cortine di color nero. Gli si vede appresso una quantità di sogni, che dormono ammonticchiati l’u
zza. Vedesi altresì assisa sopra un timone, o pur avendo a suoi piedi una ruota per correre da pertutto, e giudicare del me
luoghi. Nell’ingresso delle abitazioni stavano i Lari per allontanare una qualche disgrazia che avesse potuto entrare. Ques
amandata fino a’ tempi nostri, e persiste tuttavia in questa opinione una moltitudine di sciocchi, ed ignoranti2. Di va
abbondanza, e gli occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su di una ruota, che gira con velocità. Gli antichi credeva
ofo Greco. Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito di una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e di orecchi
’essi il silenzio nel numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma di una donna che chiamarono Muta. Temi. Figliuola de
tempio con istituire le feste Carmentali. I pagani supponevano in lei una grande penetrazione, per indicare che la giustizi
giustizia scopre la verità più nascosta. È rappresentata assisa sopra una pietra quadrata per dimostrare la solidità de’ su
adrata per dimostrare la solidità de’ suoi giudizj, colla bilancia in una mano, e con una spada nell’altra per vendicare eg
trare la solidità de’ suoi giudizj, colla bilancia in una mano, e con una spada nell’altra per vendicare egualmente i dritt
e della mensa era Como. Egli è rappresentato coronato di fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran parte della notte e
li uomini. Avendo Nettuno formato un toro, Vulcano un uomo, e Minerva una casa, questo Dio ebbe a ridirci qualche cosa. Le
io del Sonno, e della Notte. Il suo fare è grottesco, e porta in mano una maschera, ed un bamboccio. Imenèo. Imene, o I
enèo sotto l’aspetto di un giovane leggiadro, coronato di rose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie eran f
evano picciola statura ; ma un’aria dolce, e ridente, accompagnata da una fisonomia parlante, ed atta a conquistare i cuori
omini di quanto potevano temere, o sperare. Eccone un esempio. Assisa una donna con ispada in una mano, e nell’altra una bi
temere, o sperare. Eccone un esempio. Assisa una donna con ispada in una mano, e nell’altra una bilancia rappresenta Temi,
one un esempio. Assisa una donna con ispada in una mano, e nell’altra una bilancia rappresenta Temi, Dea della giustizia. C
Era questa Dea rappresentata assisa sul trono qual Regina, tenendo in una mano un caducèo, e nell’altra il corno dell’abbon
te pubblica. L’Abbondanza. Vedesi l’abbondanza sotto la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno di frut
La Povertà. Era questa figliuola del Lusso, e dell’Ozio dipinta come una donna pallida, magra, e coverta di cenci, spesso
ll’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianca, e sedendo s
ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La sua figura è di una giovane vergine vestita di un abito bianco, e sem
hi la credevano messaggiera di Giove. Virgilio ce la rappresenta come una donna di statura orribile, e gigantesca, ornata d
nata di piume, occhi, lingue, e bocche. « Ella, al dir di un poeta, è una Diva, o piuttosto un mostro di straordinaria gran
e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altra un
a rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo. Questa Dea s
uta. A lei non si offriva alcuna vittima, ed i suoi sacerdoti avevano una veste parimente bianca. Le Preghiere. Omero l
e sovente malconce1. Il Pudore. Vedesi il Pudore in sembianza di una donna coverta da un velo. La Sanità. Vien esp
nza di una donna coverta da un velo. La Sanità. Vien espressa con una coppa alla mano, ed accanto un altare, intorno al
Voluttà. Una femina nuda coronata di rose con coppa d’oro dove beve una biscia, è l’effigie della Voluttà. La Legge.
. Compariva fulminata da Giove, mentre ella si sforzava d’infrangere una tavola delle leggi, e la bilancia della Giustizia
ato. La Providenza. Gli antichi la dipingevano sotto l’aspetto di una venerabile matrona col corno dell’abbondanza in u
otto l’aspetto di una venerabile matrona col corno dell’abbondanza in una mano, e nell’altra una bacchetta, che si stende n
enerabile matrona col corno dell’abbondanza in una mano, e nell’altra una bacchetta, che si stende nell’intero globo. L’
en molti ne innalzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica, nel di cui lembo si leggeva questo motto 
onava la morte1. Il Terrore. Una testa di lione sopra il corpo di una donna disegnava il Terrore. Portava in mano un pu
corpo di una donna disegnava il Terrore. Portava in mano un pugnale, una fiaccola, e de’ serpenti. L’Occasione. È rapp
È rappresentata presso a poco come la Fortuna con un piede sopra di una ruota che gira rapidamente. La sua testa è calva
ava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti di Corinto le
agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti di Corinto le avevano innalza
innalzato un tempio. L’Invidia. L’Invidia abita sotto la volta di una rupe sterile, e senza verdura. Si asconde in un a
del gigante Pallante. Si dipinge alata con un ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di allo
ipinge alata con un ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di alloro, e di ulivo. La Prima
esprimere questa stagione vedesi Cerere col corno dell’abbondanza, e una corona di spighe. L’Autunno. Un giovane con c
otto l’aspetto di un vecchio che si riscalda, o stassene rinchiuso in una grotta. Egli è vestito di un abito che tutto lo c
i di ghiaccio1. La Discordia. Una donna con serpenti sulla testa, una fiaccola in una mano, e nell’altra una biscia, ed
La Discordia. Una donna con serpenti sulla testa, una fiaccola in una mano, e nell’altra una biscia, ed un pugnale rapp
onna con serpenti sulla testa, una fiaccola in una mano, e nell’altra una biscia, ed un pugnale rappresentava la Discordia
gli eroi. Semidei chiamavansi quei ch’ erano nati da un Dio, e da una mortale, oppur da un uomo, e da una Dea. Davasi i
ei ch’ erano nati da un Dio, e da una mortale, oppur da un uomo, e da una Dea. Davasi il titolo di Eroe a chi per qualche i
del mondo, al momento che Prometeo formò il primo uomo, e l’animò con una particella del fuoco celeste. Prometeo. Promet
uomo, servendosi del semplice limo della terra cui diede l’anima con una particella di quel fuoco celeste, che dal carro d
eneva, diede l’ordine a Mercurio, o a Vulcano d’incatenar Prometeo in una roccia del monte Caucaso, ove un’ aquila, o un av
delle loro temerarie intraprese ordinò a Vulcano, che avesse formata una statua. Volle altresì che ciascuno degli Dei le a
el fondo del vaso1. Licaone. Moltiplicatisi gli uomini vissero in una perfetta innocenza. Qual tempo fu detto l’età del
ll’Arcadia. Questi dubitando della divinità de’ suoi ospiti, immaginò una prova terribile. Fece scannare un ostaggio, che a
genere umano ; ma senza far danno alla terra, che voleva popolare di una nuova specie. Ordinò ai venti, che avessero unite
avevano partecipato dei delitti degli uomini. Questi si salvarono in una barchetta che si fermò nella cima del monte Parna
o consultò l’oracolo, dal quale gli fu risposto che avesse fabbricato una città in una contrada della Grecia, e propriament
oracolo, dal quale gli fu risposto che avesse fabbricato una città in una contrada della Grecia, e propriamente dove avesse
oggetto avendo spediti alcuni suoi compagni ad attinger dell’acqua in una fontana consagrata a Marte, un dragone che ivi er
o. La nascita di Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo aveva una figliuola di rara bellezza chiamata Danae. Come l
avrebbe dato la morte all’avo, rinchiuse Acrisio la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di
Danae madre di Perseo : del che accortosi Acrisio la fece mettere in una barchetta, e l’abbandonò alla discrezione del mar
a discrezione del mare. Battuta dai venti Danae per azzardo arrivò ad una delle isole Cicladi dove regnava Polidette, che v
e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo fingendo di volere sposare una principessa di Grecia, ed in tale occasione per o
ricoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole di Forco Dio marino,
di Corinto : Giove lo aveva sottoposto a Preto re d’Argo. Come aveva una vantaggiosa figura, Antea moglie di Preto ebbe pe
rogeo figliuolo di Minosse re di Creta, questo principe alla testa di una armata poderosa assediò Atene, e non si ritirò fi
Di là traversando l’istmo di Corinto, punì Sinni assassino, che aveva una forza prodigiosa, solito ad attaccare le vittime
ssa guisa. Passando per le frontiere di Megara precipitò dall’alto di una rupe l’infame Scirrone che spogliava i viandanti,
che se ritornava vittorioso avrebbe fatto inalberare al suo vascello una bandiera bianca in vece della nera che ivi si tro
suo avo Piteo. Divenne questo figlio in seguito l’odio del padre per una nera calunnia di Fedra. Volendo Teseo vendicarsen
n molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore, e Polluce germani di E
ccupati Mnesteo : ma i sudditi malcontenti di un re che loro attirava una folla di sventure, non vollero in niun conto rice
e di quelli dell’acquisto del vello. Bisognava in primo luogo rompere una barriera custodita da due tori (dono di Vulcano)
vorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista di una pietra ad essi lanciata posti in iscompiglio a vi
opito, indi ucciso quel mostro mercè l’efficacia di alcune erbe, o di una bevanda apprestata da Medèa. S’impadronì Giasone
ze per felicitare la nuova coppia, con aver fatto il dono a Creusa di una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La sven
ul vascello Argo che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta di una trave che si era staccata. Ercole. Nacque que
rribile, che in vederlo ritornare Euristeo si nascose per la paura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle di
d Esperusa figliuole di Espero germano di Atlante, che fu cangiato in una stella che comparisce al levarsi, ed al tramontar
fer, ed Hesperus. Osservammo già che Atlante era stato trasformato in una montagna, che sostiene il cielo ; le sue quattord
d’innalzargli un tempio di cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una visita, gli diede addosso, e lo stramazzò più vol
a, quali due monti prima erano uniti, ed esso li separò, dove innalzò una colonna col motto Non plus ultra. Finalmente rito
io del fiume involato la sposa, se Ercole non lo avesse arrestato con una freceia avvelenata. Questo mostro si vendicò in u
sse arrestato con una freceia avvelenata. Questo mostro si vendicò in una maniera terribile. Consigliò prima di morire alla
ribile. Consigliò prima di morire alla credula Dejanira di conservare una camicia intrisa nel suo sangue perchè la dasse al
amente nel giorno stesso delle nozze, cogliendo Euridice de’ fiori in una prateria, fu morsicata al calcagno da una biscia,
iendo Euridice de’ fiori in una prateria, fu morsicata al calcagno da una biscia, e dopo pochi momenti infelicemente morì.
ristèo che la inseguiva mentre coglieva de’ fiori, e nella fuga fu da una serpe morsicata. Quindi Aristèo a consigli di sua
e. Appena spiegato questo enigma, la sfinge si precipitò dall’alto di una roccia, e spirò. Così Tebe fu liberata : Edipo sp
far presenti ad Edipo tali per altro involontarj delitti. Suscitarono una pestilenza spaventevole in Tebe ; si ebbe ricorso
go, dove regnava Adrasto che gli fece grande accoglienza, e gli diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò di aggiusta
rrieri, che si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. Ella è stata i
opo avere ucciso i suoi zii. Adrasto parimente lo ricevè, e gli diede una sua figliuola in isposa. Tidèo era bravo, ed espe
sapeva il luogo della sua ritirata, che non tardò a scoprire mercè di una bella collana a lei donata da Polinice. Amfiarao
, che decise a favor di Giove, e contro di Giunone. Spiacque alla Dea una tale decisione, e per vendicarsi di Tiresia, lo p
e regnava nella Frigia. Non essendo questi stato chiamato da Troe in una festa che si celebrò nella città di Troja, per ve
apita sua cara Proserpina, si rivolse a tali odiose vivande, e mangiò una spalla di Pelope. Con un fulmine Giove incenerì T
ne sostituirono un’ altra di avorio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto di Ganimede, onde fu o
Frigia, e ritirarsi presso Enomao re di Elide. Questo principe aveva una figliuola chiamata Ippodamia, che voleva maritare
d’Ippodamia loro madre ammazzarono il loro fratello Crisippo nato da una concubina di Pelope chiamata Astiochea ; perlochè
misfatto. Tieste non aveva a rinfacciarsi che un solo delitto. Avendo una volta incontrata una giovanetta in un bosco consa
aveva a rinfacciarsi che un solo delitto. Avendo una volta incontrata una giovanetta in un bosco consagrato a Minerva, la v
losa condotta, che fece assassinare Agamennone nel proprio palazzo in una festa, nel giorno medesimo che ritornò dalla guer
no le ultime cose, accadde prima della guerra di Troja, di cui daremo una minuta descrizione nella seguente quarta parte de
al dir de’ poeti, dal Cielo. Giove sempre infedele a Giunone sentiva una forte inclinazione per Teti figliuola di Nereo, e
di oro nella sala del festino, col motto alla più bella. Ecco sorgere una briga fra Giunone, Minerva, e Venere. Da Giove fu
dunatasi in Aulide incontrò il primo ostacolo nel mare, dove regnando una calma perfetta, non potè passare l’Ellesponto. Co
placato lo sdegno di Diana contro di Agamennone, che le aveva uccisa una cerva a lei cara : questo delitto non poteva espi
a lei cara : questo delitto non poteva espiarsi, se non col sangue di una principessa della famiglia del reo. Mostrossi pro
era della Dea, che placatasi dell’offerta sostituì in luogo di quella una cerva, e trasportò Ifigenia in Tauride, destinand
giovane Eroe : gli fece conoscere quanto era preferibile la gloria ad una vita così vergognosa. Un altro decreto del fato c
. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta di Minerva chiamata Palladium, nella qu
onninamente tenere presso di se. Sdegnato Apollo suscitò nell’armata una fiera pestilenza. Consultato Calcante rispose, ch
ll’azione Paride, cagione di questa guerra, uscito dalle file propose una pugna a corpo a corpo con Menelao per terminare c
r palliare questa fuga l’abbellisce con dire, che Venere inviluppò in una nuvola il guerriero da lei protetto, e lo ricondu
scese sulla terra, e regolò la mano di uno de’ combattenti a lanciare una freccia diretta al re di Sparta. Il colpo arrivò
d insieme stabiliscono di suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una tenzone singolare col più forte de’ Greci. Tal di
malgrado terribile, restò dubbia. Spossati i due guerrieri proposero una tregua, per aver campo da rendere gli onori della
nell’Olimpo, e Giove ordinò, che nessuno avesse sposato partito per l’ una , e per l’altra parte : indi montò sul suo carro,
rojani, pensò di sciogliere l’assedio : ma i Greci tutti credendo ciò una viltà, furono di contrario avviso. Ciascun diceva
cabile cercava tutt’i mezzi, come distruggerli. Ella dimandò a Venere una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà di ag
e tempo ai Greci di prendere il necessario riposo. Fu deciso di darsi una nuova battaglia, e’ gli Dei stessi fra loro si at
ra della città. Funesto spettacolo agli occhi di un vecchio padre, di una madre, d’una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dal
à. Funesto spettacolo agli occhi di un vecchio padre, di una madre, d’ una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dalle torri di I
a ; ma nel punto che tali nozze si celebravano, da Paride fu lanciata una freccia, che Apollo diresse al calcagno di Achill
e l’esequie coll’intervento di Teti, e delle Nereidi. A lui fu eretta una superba tomba sulle rive dell’Ellesponto presso i
ro ad Ulisse. Ajace ne fu tanto indispettito, che giunse a massacrare una moltitudine di porci, credendo di sacrificare Aga
era indussero questo Eroe a far morire il migliore dei suoi amici, ed una quantità di guerrieri, che avrebbe potuto soccorr
otto la figura di un uccello, come altresì perchè si sentì animato da una forza più che naturale. Intima pel dì vegnente un
nti, si reca a Sparta da Menelao. Colà appena arrivato, è chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze di una figliu
na arrivato, è chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze di una figliuola di quel re, che gli disse aver inteso d
ver inteso da Proteo Dio marino, che suo Padre Ulisse è trattenuto da una ninfa in un’isola, dove sospira notte, e giorno i
odato all’isola de’ Feaci : ma Nettuno sempre a lui contrario suscita una burrasca cotanto furiosa, che il naviglio di Ulis
ulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isola di Ogigia ; isola dove regnava C
a di Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela, e sbattuto da una tempesta approdò alle Coste de’ Ciconi dove fece
uccidendo sei uomini per ogni vascello. Scappato dalle loro mani dopo una pugna sanguinosa, uscì di strada per la seconda f
sso vento portò la di lui flotta all’isola de’ Ciclopi, fermandosi in una picciola isoletta della Sicilia che stava a front
te del porto. Avendo posto piede a terra con i suoi compagni entrò in una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo di
Volendo questi favorire la navigazione di Ulisse, dopo avergli fatto una gentile accoglienza, ordinò, che tutt’i venti si
o fuori tutt’i venti che posero in iscompiglio le onde, e suscitarono una fiera tempesta. La nave sbalzata quà, e là a disc
La maga, dopo aver fatto gentile accoglimento agl’inviati, loro offrì una bevanda, che li trasformò al momento in porci. Av
trovava. Mai sempre prudente riunì i tesori, e li pose in serbo entro una caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta
ori, e li pose in serbo entro una caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò gli abiti di Ulisse in tanti ce
Fattosi introdurre nell’appartamento della saggia Penelope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere
a forza degli ordini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una freccia, e la fa passare per dodici anelli attacc
anto Achille. L’oggetto che si ha prefisso Virgilio, è quello di dare una origine illustre ai Romani, facendoli discendere
to i vascelli del figliuolo di Venere. Eolo ubbidisce, ed all’istante una terribile burrasca si alza dal profondo degli abi
e una terribile burrasca si alza dal profondo degli abissi del mare : una porzione della flotta si separa, e sarebbe sicura
i rimanenti fossero divenuti preda dell’infuriato elemento, entra in una picciola baja di Libia. Ivi frattanto i suoi comp
hè un solo, in un porto vicino, indi dopo averlo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli ord
contesta la gioja che sente pel suo arrivo, dando le disposizioni per una grandiosa festa. Sul finir del banchetto è richie
tutto il ferro, il fuoco, e la desolazione. Durante un tale disordine una gran parte degli abitanti tranquillamente dormiva
quella terra che il Destino gli prometteva. Fa costruire all’infretta una flotta con alberi tagliati sul monte Ida, e si sc
ze, che finse di acconsentirvi. Profittano le due Dive del momento di una tempesta suscitatasi mentre tutta la Corte della
pesta suscitatasi mentre tutta la Corte della regina era impegnata in una caccia : Enea con Didone si rifugiano in una cave
regina era impegnata in una caccia : Enea con Didone si rifugiano in una caverna, con uscirne divenuti già sposi. Ma Giove
con tanta cortesia. Accortasi del tradimento Didone monta il piano di una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l’ing
rafitta dalla disperazione, e dal dolore. Enea intanto sopraffatto da una burrasca fu costretto a fermarsi in Trapani, ove
ricoli, ad insinuazione d’Iride inviata da Giunone sotto l’aspetto di una vecchia, appiccarono il fuoco alle navi. La flott
divenuta preda delle fiamme, se Giove non avesse fatta a tempo cadere una pioggia abbondante : quattro soli vascelli non pe
he gli predisse quanto doveva accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare in una oscura
ll’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare in una oscura foresta, dove avrebbe ritrovata una pianta
gli ordinò di penetrare in una oscura foresta, dove avrebbe ritrovata una pianta, che aveva un ramicello, senza del quale n
l destino, e i due partiti stanchi dai disagi della guerra, proposero una pugna a corpo a corpo fra i due principali rivali
pari accanimento si azzuffano. Restò Turno perditore, e terminò così una guerra, che mettea sossopra l’Italia intera1.
mini, che dapertutto loro la negarono. Bauci, e Filemone abitavano in una meschina capanna coperta di giunchi, dove appena
no in una meschina capanna coperta di giunchi, dove appena si trovava una tavola di legno, che ne formava tutto l’addobbo.
li, che accolsero il sovrano degli Dei, e Mercurio, con preparar loro una mensa assai frugale, non permettendo Giove che am
il loro potere a chi gli aveva alloggiati, li conducono alla cima di una montagna con far loro vedere tutto il villaggio s
arravano i prodigj operati a loro favore, furon cangiati, Filemone in una quercia, e Bauci in tiglia. Piramo, e Tisbe.
atea. Il ruvido Ciclope Polifemo amava alla follìa la bella Galatea, una delle tante figliuole di Nereo. Assiso sulla riva
uolo di Fauno. Sorprese un giorno Polifemo la bella coppia a piedi di una roccia. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’onde 
Driope ninfa di Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami di una pianta detta Loto, per darne a mangiare le frutta
, e sentì germogliarsi sotto i piedi le radici, diventando ancor essa una pianta di simile natura. Pigmalione. Pigmalio
natura. Pigmalione. Pigmalione fu uno scultore abilissimo. Formò una statua bellissima, e pregò Venere che l’avesse an
sentire a sua moglie Teletusa, allora incinta, che se desse alla luce una femmina, avrebbe data la morte alla bambina, se p
a a nuoto lo stretto alla vista di un fanale, ch’ Ero accendeva su di una torre. Leandro aveva acquistato la superiorità su
u di una torre. Leandro aveva acquistato la superiorità sul mare ; ma una notte sorta all’improvviso una fiera tempesta, di
cquistato la superiorità sul mare ; ma una notte sorta all’improvviso una fiera tempesta, divenne preda dell’infido element
, gittandosi ancor essa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel temp
a queste nozze. Aconzio ricorse ad uno stratagemma. Gittò nel tempio una palla, dove era scritto : io giuro per Diana di
. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbre violenta, finchè i suoi parenti si determi
inutilmente Anassarte, figliuolo di un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte una corda, e co
n ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte una corda, e con quella per disperazione si strangolò
oreso sacerdote di Bacco, che vendicò il suo ministro con far sorgere una malattia in Calidonia, la quale prima alterava la
sta fu, che il malore cesserebbe, quando si fosse sacrificata a Bacco una vittima umana, ed in mancanza di questa la stessa
a di Coreso. Cleobide, e Bitone. Questi due giovani, figliuoli di una sacerdotessa di Argo, sono l’esempio dell’amor fi
irgli che avesse dimandato quanto sapeva desiderare. Titono chiedette una vita lunghissima, ma non avendo avuta l’accortezz
ta lunghissima, ma non avendo avuta l’accortezza di domandar benanche una perpetua gioventù unita alla vecchiaja, divenne t
ena le restò la voce. Cefalo, e Procri. L’Aurora avendo concepito una forte inclinazione per Cefalo figliuolo di Mercur
ide di un certo calpestio in un vicino cespuglio : credendo che fosse una qualche bestia feroce, scagliò il suo giavellotto
lla Tracia, ov’egli regnava. Aveva Progne lasciata nella casa paterna una sorella per nome Filomela, che amava colla massim
ene per contentare la sua sposa, ma nel condurla, per istrada concepì una violenta passione per Filomela. Quindi strada fac
l’annunzio che Filomela più non esiste. Quest’ultima era rinchiusa in una torre gelosamente custodita. Trovò però la manier
gure. Inorridì Progne a tal nuova, e come d’indole risentita escogitò una terribile vendetta. Profittando delle feste di Ba
terribile vendetta. Profittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua sorella dalla prigione : in
vernare. La morte di Numa le cagionò tanto dolore, che fu cangiata in una fontana. Arione. Arione fu un musico celeberr
avuto la fortuna di nascere. I. Partenope. Dicemmo già che una delle Sirene chiamata Partenope, che colle altre
e il suolo dove oggi è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, della quale così cantò il nostro Stazio
sepolcro bruciavano saci i Napoletani, e l’Ateniese Diotimo venne con una flotta per consultarne l’oracolo. Quindi il celeb
nta gelosia ne conservano la memoria, che anche a dì nostri osservasi una grande testa presso la Chiesa di S. Eligio, che c
oso tempio di Castore, e Polluce, oggi Chiesa di S. Paolo, ritrovossi una elegantissima Greca iscrizione sottoposta ad un e
queste in grado eminente quella della castità. Di costui innamorossi una ragazza chiamata Ocna figliuola di Colono. Accort
Reg. theca cal. parlando della Fratia dove adoravasi Eunosto, azzardò una congettura, che in seguito dopo la di lui morte i
e in seguito dopo la di lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una tale Fratria, alla quale non erano ammessi, se no
e ivi appunto avesse la suddetta dovuto esistere. Non fu bene accolta una tale opinione : ma scavandosi li fondamenti parec
una tale opinione : ma scavandosi li fondamenti parecchi anni sono di una casa in vicinanza della porta di S. Gennaro, si a
et littora, et amnes. A questo Nume il nostro Mazzocchi asegnò anche una fratria, ma senza daccene idea precisa. VI.
sidera excellit . Conservasi dalla nobilissima casa Borghese in Roma una lapida col motto Soli Deo invicto Mithrae. V
erano colla massima solennità celebrate, e non ha guari fu ritrovata una lapida col motto Dusari sacrum, così chiamato anc
Apollo queste nozze della germana : onde sfidatala un giorno a tirare una freccia ad un punto nero che nel mare si vedeva (
i che trasportarlo nel Cielo, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di Orione. La di lui statu
da noi non molto remoti avevano per costume i Napoletani di celebrare una festa in onore di Orione, nella quale fralle altr
ta in onore di Orione, nella quale fralle altre formalità si bruciava una barchetta in ogni anno nella notte della Natività
a, portando lettere, ed altro. Ma sparì finalmente il poverino mentre una volta faceva il solito tragitto, e fu creduto che
nella magna Grecia, chiamasi in Napoli vico Eraclio, o sia di Ercole, una straduccia nelle vicinanze della Chiesa di S. Ago
li luoghi ripetano il loro nascimento dai Fenicj, che loro adattarono una denominazione corrispondente all’indole del suolo
un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbastanza persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che di forma rotond
nio colla figura di un giovine guerriero con lunga veste, portando in una mano una patera, e nell’altra il corno dell’ za.
figura di un giovine guerriero con lunga veste, portando in una mano una patera, e nell’altra il corno dell’ za. Celebre f
mente osservato, si può aggiugnere che nelle antiche nostre monete da una parte si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra e
te si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa di una delle Grazie col motto Χὰριτες, Charites. Di Pria
teva, fu detto perciò Priapo il Dio degli orti. Di Giove Ejazio parla una nostra iscrizione : Titus Flavius Antipater Una
trade, portando la statua del loro nume. Danzavano davanti ad essa in una data cadenza : facevano degli orribili e strani c
eretto un magnifico tempio in Roma detto Capitolium da caput, cioè da una testa di un uomo chiamato Tolo, che si trovò nel
di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meraviglie del Mondo per i tesori, e
ei sensi. 1. Esistono tuttavia in Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal qua
tono tuttavia in Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal quale credono essere
scultori, e pittori hanno soppresso questo difetto, o l’esprimono di una maniera poco sensibile. Il Vulcano d’Atene fatto
tà. 2. Non senza fondamento credono taluni, che Vulcano favoloso sia una copia del famoso Tubalcain, di cui parlasi nel li
te adorato in Mensi, in Sicilia, in Roma. È rappresentato barbuto con una roba, che non gli giunge al ginocchio, con berret
e non gli giunge al ginocchio, con berretta in testa, con martello in una mano, con tanaglia nell’altra. Giovine però, e se
Libro dell’Eneide, che i sogni nell’inferno entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella di corno
dell’Occasione un Dio detto Καιρος ; i Romani per contrario ne fecero una Dea, perchè il suo nome in latino è di genere fem
to si dice) sulla grotta di Coccejo volgarmente detta di Pozzuoli, in una tomba, che ancora oggi si vede. Poco prima di mor
tri molti. 1. Classis Abantia, colonia venuta dalla Grecia sopra di una flotta. 2. Volucrem, eioè la colomba da noi sop
3 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
coli interessanti e creduti indispensabili a sapersi, trattandoli con una certa latitudine, ed impiegando ogni cura perchè
ti italiani de’ nostri tempi scritto in difesa della Mitologia contro una nuova scuola che condanna altamente e dispregia q
crearo : onde per tutta La celeste materia e la terrestre Uno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era
de per tutta La celeste materia e la terrestre Uno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era del mondo.
’arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava il petto D’ una saltante Driade ; e quel Duro Artico Genio destru
emidei chiamavansi propriamente quelli che avevano per padre un Dio o una Dea per madre. Semidei si dissero pure gli eroi c
o, Enea e tanti altri furono annoverati tra i Semidei. Formano alcuni una classe particolare degli esseri intellettuali e m
a, la Mente, l’Onore, ecc. La più generale divisione poi che fucevasi una volta degli Dei era in celesti, terrestri, marini
gli dei superiori Caos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione di tutti gli elementi da eui sertirono
cose passate e le future, per cui si disse che Giano aveva due facce, una per conoscere il passato e l’altra l’avvenire. Qu
questo Dio sotto forma di un veochio con lunga barba, colle ali e con una falce in mano, emblema del tempo, il quale passa
una mancava al voto di verginità, era portata con lugubre pompa sopra una bara fuor della porta Collina, e sepolta viva in
ubre pompa sopra una bara fuor della porta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranca a ciò costrutta nel campo, che
a, era sepolta viva. Vesta si rappresenta talvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una chia
appresenta talvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, con una torre sul
lvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, con una torre sulla testa, cir
a bella donna con un disco in una mano, ed una chiave nell’altra, con una torre sulla testa, circondata soventi da molte e
e spesso sopra un carro tirato da leoni. Talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano e con una patera, per ispargere
rato da leoni. Talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano e con una patera, per ispargere profumi sul fuoco sacro che
io maestoso, seduto su di un trono d’oro o d’avorio, collo scettro in una mano, la folgore nell’altra, l’aquila ai piedi e
are, fè venire un carro sopra il quale stava magnificamente addobbata una statua, facendo pubblicare, che quella era Plates
Dio del cielo la sospese in aria e le fè legar da Vulcano le mani con una catena d’oro dietro le spalle, e attaccare un inc
momento nemica implacabile dei Troiani ; e suscitando contro di essi una terribile guerra estese la sua vendetta fin contr
avendo manifestato che Proserpina avea colto nei giardini di Plutone una melagrana e ne avea mangiati sette grani, Cerere
d in Grecia ; i Greci riconoscenti istituirono in onore di questa Dea una festa che si celebrava colla più grande magnifice
olto questa festa dagli Egizi perchè i misteri cleusini non erano che una imitazione di quelli di Iside, la stessa cosa che
ificava il porco. Cerere si rappresenta comunemente sotto le forme di una bella donna di statura alta e maestosa, che ha il
a veste che le cade fino a’ piedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una mano ed alcune spich
e cade fino a’ piedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una mano ed alcune spiche o papaveri
iedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una mano ed alcune spiche o papaveri nell’altra. I pa
città fabbricata da Cecrope, e fu deciso che chi avesse fatto nascere una cosa più utile di un’altra avrebbe avuto quest’ o
i da tutte le parti della Grecia. Viene questa Dea rappresentata come una donna di una bellezza semplice, nobile e grave ;
parti della Grecia. Viene questa Dea rappresentata come una donna di una bellezza semplice, nobile e grave ; armata da cap
e grave ; armata da capo a piedi, coll’elmo in testa, colla lancia in una mano, come Dea della guerra e collo scudo nell’al
o che nol palesasse ad alcuno ; le additò poi un fiore sopra il quale una donna sedendo concepiva immediatamente ; e dicesi
iva immediatamente ; e dicesi di più che al solo toccarlo bastasse ad una donna per divenir madre. Giunone fece quanto le a
to Vulcano il sorprese ; questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse gli amanti e l
lla schiuma del mare, secondo altri dal sangue del Cielo mutilato con una falce da Saturno, da Giove e da Dione come opinan
dissolutezze di molte donne di questo nome siano state attribuite ad una sola. Dicesi che appena nata le Ore cui incombeva
è già parlato. Da Anchise principe troiano ebbe Enea cui fece dono di una armatura fabbricata da Vulcano, quando passò in I
statue e di templi che furono eretti in onore di lei, le fecero dare una quantità di soprannomi. Quei che più comunemente
tera molto da lei amata fu convertita in colomba da Cupido, poichè in una sfida che questi ebbe con Venere a chi sapeva cog
biata in rossa allorquando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figli di Venere si contano Amore e l
i di Venere si contano Amore e le tre Grazie. Rappresentasi or sopra una conchiglia tirata da due Tritoni, o da due cavall
o da due cigni o da due colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspir
ove per sè e per la sorella sua Minerva la grazia di poter conservare una perpetua verginità. Sotto il nome di Diana presie
avano feste in onor suo. Questa Dea si rappresenta sotto la figura di una donna giovine, nel fiore della bellezza, in abito
o da cacciatrice, coi capelli annodati di dietro, colla faretra su di una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco teso i
ndono per un prodigioso numero di cavallette che dopo avere devastato una parte dell’Asia minore, gettaronsi su la Tracia e
aveva avuto l’ardire di preferirsi a Latona ; e Niobe fu conversa in una rupe. Esculapio figlio di Apollo celebre nella m
on avendone ricevuto alcun premio, punì questa ingratitudine mandando una terribile peste tra quel popolo di cui fece orrib
otendola raggiugnere, la trasmutò in lauro, co’rami del quale si fece una corona. Zefiro giuocando con Giacinto al disco, l
za barba, bello, coi capelli lunghi e biondi sparsi sugli omeri ; con una cetra in mano, una corona d’alloro sul capo, con
i capelli lunghi e biondi sparsi sugli omeri ; con una cetra in mano, una corona d’alloro sul capo, con parecchi strumenti
inventata la lira e che la formasse la prima volta coi tesi nervi di una testudine morta, e che in cambio della lira avess
in cambio della lira avesse da Apollo il caduceo. Questo caduceo era una verga, che Mercurio imbattutosi un giorno in due
bel giovine, snello di corpo, col caduceo in mano, qualche volta con una borsa e colle ali alla testa ed ai piedi. Ora nud
alle, che non gli copre se non la metà del corpo. Talvolta egli porta una lancia o pertica armata di uncini oppure un tride
racce. Il pastore Batto che era stato testimonio del furto avea avuto una bella vacca onde conservasse il segreto ; ma aven
e non si avvedeva della malignità di questo consiglio, chiese a Giove una gràzia ma senza dirgli quale. Il Nume giurò per l
giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come una prova di amore, quello che dovea esserle cagione
emele, non abbruciasse con essa, Giove lo estrasse vivo e l’ascose in una delle sue coscie, ove lo tenne il resto dei nove
vecchio Sileno gli camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da una banda di Satiri. Lo spavento che inspirava un ese
lcuna resistenza per parte de’ popoli ; egli fu ricevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo di
la rapisse a Teseo medesimo. Il fatto è che la sposò e le fe’ dono d’ una corona d’oro lavoro egregio di Vulcano, che pose
i e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso, di cui si er
ri lo precipitarono dal cielo, e cadendo nell’isola di Lenno si ruppe una coscia e restò zoppo da ambi i lati perpetuamente
dell’Olimpo. Egli è certo però che dopo la caduta stette nove anni in una grotta profonda assistito da Teti ed Eurinome fig
rmione, il scettro d’Agamennone e la famosa rete di fili di metallo d’ una sì grande finezza che era invisibile, di cui si s
o il diritto di creare gli nomini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una donna cui diedero il nome di Pandora, e che per r
erno e non regnando che sui morti, la natura del suo impero inspirava una tale avversione a tutti, che non potè ritrovare a
in quella giornata provò la stessa fatalità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di Alemena. A lui ed a Proserpi
or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con una corona d’ebano su la testa ; talvolta si rapprese
orta all’inferno ; gli si vede spesse volte vicino il can cerbero. Da una gran parte dei Greci Plutone è stato considerato
cerbero. Da una gran parte dei Greci Plutone è stato considerato come una causa fisica, e gli hanno assegnato per soggiorno
era un luogo sotterraneo, vasto, oscuro, diviso in regioni diverse, l’ una terribile, ove si vedevano dei laghi, la cui acqu
nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or capo di Maina, promontorio
i Elisi erano il soggiorno felice delle ombre virtuose. « Ivi regnava una eterna primavera ; il fiato de’venti non si facev
issero Fortunate, o nell’Islanda la Tile o Tule degli antichi secondo una generale opinione. Chi li pone nel œntro della te
rtano pare che sin stata presa da Tartesso piccola isola che esisteva una volta all’imboccatura del Beti, oggi Guadalquivir
dei tassi che porgevano un’ombra mesta e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla quale si penetr
e d’olio perchè il suo corso era placido ; sulle sue sponde si vedeva una porta che comunicava col Tartaro. Si raffigura co
porta che comunicava col Tartaro. Si raffigura come un vecchio che da una mano tiene l’urna, dall’altra la tazza dell’obliv
livione. Si rappresenta anche coronato di papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi avevano collocata n
ra difficile e le sue acque con sordo strepito mormorando, ispiravano una cupa tristezza. I poeti ne fecaro una Ninfa figli
strepito mormorando, ispiravano una cupa tristezza. I poeti ne fecaro una Ninfa figlia dell’Oceano ; essa formava un decimo
nel Tartaro per aver prestato aiuto ai Titani. Viene preso anche per una parte dell’Inferno e per l’Inferno stesso. Si fa
Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo passar l’Acheronte in una nera barca condotta du Caronte, figlio dell’Erebo
io, ma di robusta e verde vecchiezza, al quale le anime dovevano dare una moneta per essere traghettate, e ponevasi perciò
eta per essere traghettate, e ponevasi perciò a’morti nel seppellirli una moneta sotto la lingua. Le anime degli insepolti
ascosta sotto e rra, e scaricavasi nel golfo Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa che terminava in quella di Acherus
glia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei la tenessero chiusa in una caverna ebbe nondimeno da Tifone, Orco, Cerbero,
uridice. La Sibilla che conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e di papavero. Molti si son dati
Giove e di Latona e sorella di Apollo. Riconoscesi sotto questo nome una benefica deità, per la quale Giove aveva più rigu
nerite che restituiscono la vita allo sfortunato Pelope. Cloto gli dà una spalla d’avorio, onde sostituirla a quella stata
a d’avorio, onde sostituirla a quella stata distrutta dall’avidità di una Dea. Si vedono versar lagrime sulla morte dell’av
con ali di pipistrello, con serpenti intreociati intorno al capo, con una torcia ardente in mano ed un flagello di serpente
voluto raffigurare i rimorsi che accompagnano i delitti. I Mani erano una specie di Geni che presiedevano a morti. Da alcun
le ossa, in veste nera, sparsa di stelle, colle ali e molte volte con una falce in mano. Il Sonno figlio dell’Erebo e della
l lento mormorio delle acque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su di un letto di piume che ha le tende nere
continuamente riposando in quel luogo. Si rappresenta con un corno in una mano e un dente di elefante in un’altra. Si rappr
capriccio e non secondo la ragione. Quando era giovine dicesi avesse una buonissima vista, ma che avendo dichiarato a Giov
discernimento. Si rappresenta sotto la forma di un vecchio che tiene una borsa in mano. I poeti hanno conservato il nome d
e le cagionava il ratto di sua figlia senza avverdersene ne mangiasse una spalla ; ma Giove inorridito per un tale misfatto
e in modo barbaro. Egli fu il primo che si fece reo dell’uccisione di una persona della sua famiglia. Questo delitto destò
lo percosse col fulmine e lo fece legare dalle Furie nell’ Inferno ad una ruota circondata da serpenti e che gira sempre. I
. I serpenti che circondano la ruota servono ad indicare i rimorsi di una coscienza lacerata dalla memoria di un orribile d
isse figlio della Terra, perchè sua madre lo partorì sotto terra o in una caverna ove Giove l’aveva chiusa per nasconderla
re. Nel giorno 19 di aprile celebravasi tutti gli anni nelle campagne una festa chiamata palilia in onore di questa divinit
pastori e di tutti gli abitanti delle campagne. Siccome Pane viene da una parola greca che significa tutto, fu egli perciò
e inferiore del corpo simile a quella di un capro. Gli si sacrificava una capra. Molti confondono Pane col dio Silvano e c
pra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo ultimo caso gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta di fog
l’umana forma ; ed in questo ultimo caso gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta di foglie e di pine, un a
oro lineamenti sono meno schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di essi più allegra. Si consacrava ad e
variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba di varie specie, con un abito assai
a d’erba di varie specie, con un abito assai corto, con de’ frutti in una mano ed il corno d’abbondanza nell’altra. Ebbe q
ae e riescì a piegarla colle persuasioni avendo prese le sembianze di una vocchia ; indi fattosi conoscere e trasmutatosi i
vi era forzato. Al pari delle altre Divinità marine aveva sulla riva una grotta in cui andava a riposarsi, e in quella rec
ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al frumento, ed in certi
rano coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo essi una delle Ninfe delle Isole Fortunate. Essa fu amata
i foglie di vite o di alloro, colla barba e la chioma scomposta e con una falce in mano per allontanare i ladri e gli uccel
ere quelli che non li rispettavano. A principio si rappresentava come una pietra quadrata o come un palo fitto in terra che
a che segnava il confine tra un campo e l’altro ; gli si diede poscia una testa umana : ma era sempre senza braccia e senza
o Dio alcun animale ; si stabilì poscia di sacrificargli un agnello o una porca lattante. I sacrifici pubblici avevano luog
signori appiccava il fuoco, poscia spargeasi su le brace del vino ed una parte delle provvisioni che avevano portate. Dopo
tà, aprirono questi otri, donde fuggirono i venti che furono causa di una sì spaventevole tempesta che fece perire tutti i
erire tutti i vascelli di Ulisse, il quale potè appena salvarsi su di una tavola. Questo principe si presentò nuovamente ad
ntello ed ha la figura di un giovine. Alcune volte si rappresenta con una fisonomia severa ed irritata, inviluppato in dens
a rappresentano il primo, che dicono vento furioso e freddissimo, con una coda di serpente ed i capelli sempre bianchi. Eur
; era in un’età in cui un giovinetto può facilmente essere tenuto per una fanciulla, allorchè divenne amante di una donzell
acilmente essere tenuto per una fanciulla, allorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa era di nasci
della cerimonia, tutta rubarono la brigata, e la trasportarono sovra una lontana spiaggia, ove, dopo aver sbarcata la loro
di fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra un velo di color giallo, pe
plicato alle nozze ; altre volte con abito bianco ornato di fiori con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio ; si trova an
una fiaccola in mano ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato di fio
ona di rose e di spini, un giogo ornato di fiori e due faci che hanno una fiamma medesima. Cupido Sono molto discord
ebo, e che entrambi facessero parte della corte di Venere Ammettevasi una differenza tra Amore e Cupido, e dicevasi che il
frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli animi, alcune volte con una torcia accesa, o con elmetto e lancia ; coronato
, perchè l’Amore non vede i difetti dell’oggetto amato ; talora tiene una rosa nell’una mano, e un delfino nell’altra. Ora
o alzato in aria, e Cupido cerca di pigliarlo saltando, e già stringe una freccia. Altre volte egli vuol prendere una pagli
o saltando, e già stringe una freccia. Altre volte egli vuol prendere una paglia, che Venere tiene in equilibrio sopra un d
tra le braccia ; ora è seduto dinanzi sua madre, la quale gli mostra una freccia ; ora con un piede in aria egli sembra me
ede in aria egli sembra meditare qualche astuzia, o, appoggiato sopra una base, suona la tromba col viso volto verso il cie
arco e il turcasso ai piedi ; o coll’elmo in testa, colla picca sopra una spalla e collo scudo in braccio, camminando con a
un altare infammato suona il flauto di molte canne ; o, all’ombra di una palma, abbraccia un ariete che guarda un altare f
mmeggiante. Esiste un quadro ove sonvi degli Amorini che fanno girare una cote. Un altro Amore che si è punto un braccio fa
ulli alati con turcasso, frecce e balteo. Avvi chi per Antero intende una divinità che guarisoe dall’amore. Altri lo fanno
la Notte e dall’Erebo, o dall’Inferno e dalla Notte, dipingendolo per una divinità dell’ultimo ordine, e dandogli per compa
, il Duolo e la Contesa. Gli danno dei dardi di piombo, che cagionano una passione di breve durata, alla quale succede pres
sazietà, mentrechè il vero Amore scocca dei dardi d’oro che inspirano una gioia pura ed un’affezione virtuosa e sinoera.
un volto. Altri lo dipingono con un bastone su la punta del quale sta una piccola figura, immagine della pazzia, in una man
la punta del quale sta una piccola figura, immagine della pazzia, in una mano, e coll’altra in atto di levare una maschera
a, immagine della pazzia, in una mano, e coll’altra in atto di levare una maschera dal proprio volto. Nettuno aveva fatto u
proprio volto. Nettuno aveva fatto un toro, Vulcano un uomo, Minerva una casa ; tutti e tre questi numi scelsero Momo per
n maggior violenza. Avrebbe desiderato che fosse stata fatta all’uomo una finestrella vicino al cuore, perchè se gli potess
ch’ella inventò le vele. Portavasi anticamento impressa su i sigilli una figura di Arpocrate per insegnare che si deve cus
ticolarmente consacrati, perchè le foglie di pesco hanno la figura di una lingua, e il suo frutto quella del cuore : emblem
e la lingua e la confinò nell’inferno perchè aveva scoperto a Giunone una delle sue relazioni amorose. Mercurio invaghito d
valli al di lei carro. Ercole la sposò in cielo e n’ebbe un figlio ed una figlia. In questa unione si vuol indicare che la
va il privilegio dell’immunità. Si rappresenta Ebe sotto la figura di una bella giovinetta, coronata di rose con un vaso in
to la figura di una bella giovinetta, coronata di rose con un vaso in una mano e nell’altra una tazza in cui essa versa il
lla giovinetta, coronata di rose con un vaso in una mano e nell’altra una tazza in cui essa versa il nettare. Il nettare er
o e nell’altra una tazza in cui essa versa il nettare. Il nettare era una deliziosa bevanda degli Dei, benchè da alcuni sia
e ei beveva già il nettare nella tazza degli Dei : coloro che avevano una volta assaggiato il nettare degli Dei non potevan
ono al suo giugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura alle volte con una face in una mano, mentre coll’altra sparge delle
iugnere la Notte ed il Sonno. Si raffigura alle volte con una face in una mano, mentre coll’altra sparge delle rose, per in
dipingono cieca e calva, colle ali ai piedi, uno de’quali tiene sopra una ruota, e l’altro sospeso in aria. La ruota gira v
ria. La ruota gira velocemente. Fu anche rappresentata con un sole ed una mezza luna su la testa, per indicare che essa pre
u di un trono sospeso in aria e portato da venti contrari, essa tiene una bacchetta magica in mano ; si scorgono su la di l
re forme, col viso acceso dall’ebrezza, coronato il capo di rose, con una face nella mano destra che sta per cadergli, e in
appoggiarsi colla sinistra sopra un tronco. Gli si fa tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume e
i ordini. Si rappresenta cieco col globo celeste sotto i piedi ed in una mano l’urna in cui si rinchiudono le sorti dei mo
urna in cui si rinchiudono le sorti dei mortali. Si dipinge anche con una corona sormontata di stelle ed uno scettro simbol
e esso non variava e che era inevitabile, si figurò dagli antichi con una ruota tenuta ferma da una catena. Si pretende che
ra inevitabile, si figurò dagli antichi con una ruota tenuta ferma da una catena. Si pretende che sia miserabile e che ogni
a di Apollo e di Climene, era la Dea della salute, e si aveva per lei una grande venerazione. Da Igiea si è formato Igiene
icina. Le statue che le furono dedicate si distinguono all’aspetto di una bella donna, con un braccio intorno del quale sta
intorno del quale sta avviticchiato un serpente il quale si diseta in una tazza che la Dea ha in una mano. Il serpente è l
icchiato un serpente il quale si diseta in una tazza che la Dea ha in una mano. Il serpente è l’emblema della salute e del
ingiovanisca sempre. Aveva dessa in un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne di
o Chirone, sul monte Tittone in vicinanza di Epidauro ; fu nutrito da una donna chiamata Trigone, e passando la sua vita ne
a donna chiamata Trigone, e passando la sua vita ne’giardini acquistò una perfetta cognizione de’semplici sotto la scuola d
te, con un cane presso di lui sdraiato ; qualche volta con un vaso in una mano ed il serpente nell’altra ; e finalmente app
so in una mano ed il serpente nell’altra ; e finalmente appoggiato ad una colonna intorno alla quale è nella stessa guisa a
anche il nettare a Giove quando era a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi. La s
uando era a mensa. Temi si rappresenta con una bilancia in mano e con una benda agli occhi. La sua bilancia fu da Giove pos
fu da Giove posta tra i segni dello zodiaco. Da alcuni si dipinge con una spada in mano. Ogni volta che presso i Romani si
mide o Temi si rappresenta di un contegno dolce, con volto soave, con una piccola statua del dio Pluto in una mano, con spi
tegno dolce, con volto soave, con una piccola statua del dio Pluto in una mano, con spiche, rose e rami d’olivo nell’altra
o Pluto in una mano, con spiche, rose e rami d’olivo nell’altra e con una mezza corona d’alloro in testa. Da altri si rappr
a corona d’alloro in testa. Da altri si rappresenta con un caduceo ed una fiaccola rovesciata. In una medaglia d’Augusto vi
Da altri si rappresenta con un caduceo ed una fiaccola rovesciata. In una medaglia d’Augusto vi è rappresentata con un ramo
. In una medaglia d’Augusto vi è rappresentata con un ramo d’olivo in una mano, e nell’altra una fiaccola accesa colla qual
usto vi è rappresentata con un ramo d’olivo in una mano, e nell’altra una fiaccola accesa colla quale incendia un trofeo d’
uesta Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, oppure di persone che
città. Si rappresenta armata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i
rmata dalla testa ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i capelli sparsi e gli occ
si e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono in mezzo di una battaglia percorrendo le file dei combattenti ecc
o il loro furore. Questa Dea è stata dipinta infuriata colla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto di slanciarsi
a a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io,
ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza dire quale essa si fosse. Il Sole i
iuramento, tentò ogni via ma inutilmente di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa, onde suo malgrado gli consegnò
ttoria La Vittoria fu personificata dai Greci che ne fecero anche una divinità. La vogliono alcuni figlia di Stige e de
fa nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta sotto le forme di una donna sempre allegra, con l’ali alle spalle, una
ta sotto le forme di una donna sempre allegra, con l’ali alle spalle, una corona d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo
na donna sempre allegra, con l’ali alle spalle, una corona d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo di palma. Qualche volt
enza ali. Ordinariamente è abbigliata di lunga veste sulla quale evvi una tunica che le scende sin verso la metà delle cosc
ende sin verso la metà delle coscie e che è ritenuta sotto la gola da una cintura. Gli Egizi la rappresentavano sotto l’em
ppresenta coll’ali, armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona di corna di cervo. Questa sì temuta divini
ssicuravano la fedeltà dei giuramenti. Erano rappresentate con ali ed una ruota sotto i piedi, simbolo delle umane vicissit
convengono a Nemesi. Teti dea dei mari Teti gran dea dei mari, una delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’O
iove da qualche periglio. Pare nondimeno che Teti altro non fosse che una divinità puramente fisica : chiamavasi essa anche
a dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di una bianchezza
mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di una bianchezza dell’avorio più rilucente ; pareva che
ndevano loro sulle spalle ed in balía de’ venti ondeggiavano. Teti da una mano portava lo scettro d’oro per comandare a’ fl
suo figlio attaccato alla mammella. Aveva essa sereno il sembiante da una dolce maestà accompagnato, che faceva i sediziosi
giava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito la s
are alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori,
ritornò colle Nereidi. Alcuni dicono ch’essa gittava i suoi figli in una piccola vasca d’acqua calda, per provare se erano
do l’intiera loro vita al più rigoroso esame. Si rimprovera a Minosse una mancanza che fu cagione d’una delle dodici fatich
rigoroso esame. Si rimprovera a Minosse una mancanza che fu cagione d’ una delle dodici fatiche d’Ercole. Aveva egli ommesso
a. Essendosi essa innamorata di Minosse che aveva veduto dall’ alto d’ una torre della città, mentre il padre era addormenta
i era da sè stesso ucciso per non cadere nelle mani del vincitore, in una specie d’aquila di mare che non vive che di pesci
icinto ripieno di boschi e di edifizi disposti in guisa che entrativi una volta più non se ne trovava l’uscita. Gli antichi
ci palazzi in un ricinto, ed era fabbricato e coperto di marmo. Eravi una sola discesa, ma nell’ interno trovavansi infinit
vasellaio. Dedalo ne ebbe tanta gelosia che lo precipitò dall’alto di una torre. Un’ azione tanto nera non poteva andar imp
e rinchiudere col figlio Icaro, alcuni dicono nel Labirinto, altri in una stretta prigione, da cui altra speranza non potev
zia. Osservando egli un giorno che i pesci da lui presi e posti su di una certa erba, ripigliavano forza e saltavano nell’a
nella loro compagnia. Eco Eco figlia dell’Aria e della Terra, una delle Ninfe seguaci di Giunone, abitava le sponde
e, e fu cangiata in rupe. Vuolsi che Pane innamorato di lei ne avesse una figlia iamata Iringa. Le Grazie Le Grazie
ne annoveravano due ed anche quattro. Omero dà il nome di Pasifea ad una delle tre suindicate. I Gréci le chiamavano Carit
delle tre suindicate. I Gréci le chiamavano Carite, nome derivato da una parola greca che significa gioia. Esse estendevan
a che essendo amiche della gioia innocente, non sapevano adattarsi ad una gravità austera. Si tenevano per mano perchè le a
ture e lasciavano ondeggiare il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie di abito succinto ed incolto piace assai p
to come in tutto il resto un certo che di trascurato è preferibile ad una fredda regolarità. Le Grazie erano le indivisibil
vola come le Muse, e giuravasi per la loro divinità. Pausania ammette una quarta Grazia che è la Persuasione facendo così c
o dette vergini perchè inalterabili sonoducazione. Sono dette Muse da una parola greca che significa spiegare i misteri, pe
ia e alle odi. Melpomene, ossia la melodiosa, regna sulla tragedia, l’ una delle cui parti essenziali erano altre volte i ca
olari. Le Muse possono essere coronate di piume perchè avendo elle in una sfida di canto vinte le figliuole di Acheloo, che
ro delle corone. Gli antichi davan loro degli abbigliamenti gialli, e una corona d’alloro e delle ali, queste ultime perchè
alli, e una corona d’alloro e delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re di Focide
a era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su di una testuggine per indicare la castità e la modestia
arlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio di parlare di una della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam fatt
fatto all’articolo di questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità una delle piû celebri nel suo genere e che dir si può
tagioni e della bellezza. Si rappresentavano comunemente danzando e d’ una medesima età ; il loro vestimento non discendeva
ol occhio e un sol dente tra tutte e tre e se ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una za
e servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiome di
pito di rendersi utile al genere umano, egli non avrebbe eseguito che una sola parte del suo divisamento, allora quando ave
nimale che i Nomadi chiamano Gorgone, il quale è molto somigliante ad una pecora selvatica, ed il cui alito è tanto velenos
ve lo precitò in terra e pose l’alato cavallo tra gli astri ove forma una costellazione. Anche Perseo se ne servì per liber
ui si spiega la favola del caval Pegaso. Medusa altro non era fuorchè una delle cinque navi della flotta di Forco, principe
Aretusa e Aracne Il nome di Ninfa indica nel suo vero significato una donzella maritata da poco tempo, una novella spos
indica nel suo vero significato una donzella maritata da poco tempo, una novella sposa. Si diede questo nome in seguito ad
he i popoli distruggessero troppo facilmente le foreste. Per tagliare una foresta bisognava che i ministri della religione
no da esse protetti. Potevano maritarsi. Euridice moglie di Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figura di
onne di fresco e robusto aspetto, la cui parte inferiore terminava in una specie di rabesco, descrivendo coi suoi giri allu
i un albero. La parte superiore, senza alcun velo, era ombreggiata da una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cin
eggiata da una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avevano in mano u
capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avevano in mano una scure, perchè si credeva che queste Ninfe punisse
. Narrasi a questo proposito che un certo Parebio stava per abbattere una superba quercia, la più bella di tutta la provinc
perba quercia, la più bella di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa, e lo supplicò di non offendere quell’alber
storico narra che un certo Reco della città di Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incurvata ed in procinto di ca
te sopra Delfini o altri mostri o cavalli marini. Si attribuisee loro una singolar bellezza, e si loda specialmente la legg
 ; talvolta erano ad esse immolate delle capre. Dimostravano di avere una particolare inclinazione per gli alcioni, augelli
pponesi la parte superiore del corpo a un dipresso simile a quello di una donna. Le Oceanidi, Le Nereidi, Teti, l’Oceano e
lle Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa ritornando
ta alla città da un ponte, ove vedesi ancora. L’Aretusa era realmente una fontana dell’isola d’Ortigia che rinchiudeva il p
ipinte in atto di versar l’acqua da un’ urna, oppure portanti in mano una conchiglia. Erano loro offerti dei sacrifici, i q
i pastori Diana sotto il nome di Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa lavoratrice figlia di un tintore chiamato
bellezza delle sue opere. Gli elogi che le si tributarono, le inspirò una tale presunzione, che osò sfidare Minerva stessa,
lle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste la figura di una donna avente nella mano destra il subbio, intorno
Aretusa e Iperetusa. Avvi chi conta la quarta chiamandola Espera, chi una quinta detta Eriteide ed altri parlano della sest
diversi. I pomi sui quali esso teneva sempre gli occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con uno di questi pomi la Dis
ni storici custodivano con molta cura o degli armenti o dei frutti di una grande rendita. Siccome erano belle e ancor più s
appresso lei evvi un arbusto che mette le prime foglie ; tien essa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata
etto ed un agnello. L’Estate coronata di spiche di frumento, tiene da una mano un fascio pur di spiche e dall’altra una fal
e di frumento, tiene da una mano un fascio pur di spiche e dall’altra una falce. L’Autunno ha nelle mani de’ grappoli d’uva
apo coperto, sta presso di un albero spoglio di verdura ; ei tiene da una mano dei frutti secchi e dall’altra degli acquati
frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia ripieno di frutti e una lucerta od un lepre, perchè è il tempo della cacc
hè è il tempo della caccia ; all’Inverno, un vaso ripieno di fuoco ed una salamandra. Gli antichi hanno caratterizzato la P
di second’ordine si dicono Tritoni e si dipingono per l’ordinario con una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche
elle corone di giunchi ; e ne sono stati rappresentati anche suonando una specie di flauto o zampogna, e tenendo un remo ne
a a Dicearchia oggi Pozzuolo ; la sua tomba fu trovata nell’edificare una città che dal suo nome fu detta Partenope. Questa
la testa di donna. Si danno loro in mano degli stromenti di musica ; una tiene una lira, l’altra due flauti e una terza un
di donna. Si danno loro in mano degli stromenti di musica ; una tiene una lira, l’altra due flauti e una terza un rotolo, c
degli stromenti di musica ; una tiene una lira, l’altra due flauti e una terza un rotolo, come per cantare. Sono tanto dis
sesso, ai tempi però in cui fu inventata questa favola ? Scilla era una bellissima ninfa della quale si era invaghito Gla
giata in un mostro che aveva dodici artigli, sei booche e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la
acendo perire i vascelli di Ulisse, suo amante. Si dice che Seilla ha una voce terribile e che le orrende sue grida rassemb
ntro e se li attrae per farli perire. Dalla testa siuo alla cintura è una donzella di una bellezza seducente, pesce enorme
rae per farli perire. Dalla testa siuo alla cintura è una donzella di una bellezza seducente, pesce enorme nel rimanente de
a di una bellezza seducente, pesce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un ventre di lupo. Credesi che
va le coste della Sicilia e portava su la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo era circondato di cani. Aggiun
osamente nei vortici, hanno dato motivo alla favola. Cariddi nome di una donna voracissima che avendo rubato ad Ercole cer
fosse da lui uocisa, da certi altri fulminata da Giove e cangiata in una voragine vorticosa, nello stretto di Sicilia, che
e offerte che ad essi si facevano in particolare erano incenso, vino, una coperta di lana ed una parte dei cibi giornalieri
i facevano in particolare erano incenso, vino, una coperta di lana ed una parte dei cibi giornalieri. Vuolsi che anticament
il fanciullo. Minerva lo raccolse e lo portò in casa di Alcmena, come una nutrice cui l’avesse raccomandato. Ercole ebbe mo
e, gli lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza di corpo inc
a testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza di corpo incredibile ; era anche un famoso
ecessari due uomini per portarla : egli però non aveva bisogno che di una mano per valersene quando la vuotava. Datosi per
da Echidna anch’essa, e che era un serpente di sette teste, a cui se una veniva recisa, immantinente rinasceva. Ercole la
i un tino di bronzo. 4.° Sul monte Menalo inseguì per un anno intiero una cerva che aveva i piedi di bronzo e le corna d’or
adocia. Non volevano uomini seco loro e non conversavano con essi che una volta ogni anno, e li rimandavano dopo alle loro
delle persecuzioni suscitategli da Giunone, diresse contro questa Dea una freccia a tre punte e la ferì nel seno, e n’ebbe
che sembrava non dovesser più calmarsi. Ercole ferì anche Plutone in una spalla, nel tetro soggiorno degli estinti, per cu
ndò in collera contro questo pianeta e tese l’arco per dirigere a lui una freccia ; il Sole ammirando il suo grande coraggi
lui una freccia ; il Sole ammirando il suo grande coraggio gli regalò una barchetta d’oro, su la quale dicesi egli s’imbarc
ma accortosi che Nesso si preparava a fuggire con Deianira, scoccogli una freocia che lo costrinse a fermarsi. Sentendosi i
rdinariamente rappresentato coi tratti di uomo forte e robusto, e con una mazza o clava in mano, armato delle spoglie del l
sservato che tutti i corpi celesti erano animati dal fuoco, vi accese una fiaccola e portatala in terra diede con essa alla
vita. Adirato Giove per questo attentato ordinò a Vulcano di formare una bellissima donna, di cui è già parlato all’artico
tutti di doni per cui fu detta Pandora e la mandarono a Prometeo con una scatola che conteneva tutti i mali. Prometeo ebbe
ormato da Prometeo per quelli che vogliono spiegare questa favola era una statua ch’ei seppe formare coll’ argilla, e fu de
non potè sortire durante il regno di Giove. Il dispiacere di condurre una vita miserabile in un paese selvaggio, è l’avolto
e senza costumi ; Prometeo principe istrutto insegnò loro a condurre una vita umana, e per questo si è forse detto che col
tta la superficie della terra fu inondata dalle acque ad eccezione di una sola montagna della Focide, il monte Parnaso, ove
no figlio di Giove, ed Anfittione che regnò nell’Attica. Ebbe inoltre una figlia per nome Protogenea la quale fu amata da G
o ch’ei sarebbe stato ucciso dal figlio di Danae, la fece chiudere in una torre di bronzo, ove la tenne ben custodita risol
che fu Acrisio della nascita di Perseo fecelo esporre colla madre in una sdruscita nave nel mare sperando che i flutti non
za perchè il naviglio fu trasportato sulle coste dell’isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta da un pesca
coraggio offerse di portargli invece del cavallo la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni, la sola che fosse mortale ; cu
suo soccorso. Mercurio gli prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra di diamanti fatta a forma di falce ; P
cciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convertendolo nel monte d
o avolo gli fece abbandonare il soggiorno di Argo e andò a fabbricare una nuova città denominata Micene. Perseo unitamente
egno, che facendo vedere ad Atlante la testa di Medusa, converselo in una così alta montagna, che l’occhio non giugne a sco
è il padre loro aveva voluto sapere i secreti degli Dei. Esse formano una costellazione chiamata le Pleaidi. Da Etra ebbe A
ra stato sì strettamente legato a quel sasso, che vi lasciò attaccata una parte della pelle. Egli aveva avuto da Antiope o
Teseo si ritirò a Sciro per finirvi tranquillamente i suoi giorni in una vita privata, ma il re Licomede geloso della sua
l re Licomede geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto di farg
ine verso Teseo rendendo onori divini alle sue ceneri. Fabbricarongli una superba tomba in mezzo della città, e gli innalza
colo di Apolline e n’ebbe in risposta : « Troverai in un vicino campo una giovenca ; seguila e fonda una città nel pascolo
sposta : « Troverai in un vicino campo una giovenca ; seguila e fonda una città nel pascolo ove essa si fermerà : darai a q
a lira di Anfione, prentendono alcuni che Cadmo non abbia fondata che una cittadella, la quale pigliò da lui il nome di Cad
erale. Narrasi che Apollo, o secondo altri, Mercurio gli fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eorde alle sette che
ei Traci di que’tempi, e ridurli dalla vita selvatica alle dolcezze d’ una incivilita società. Filosofo e teologo, giuns’egl
fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta di
ultavano. La lira d’Orfeo fu trasportata in ciclo e gli Dei ne fecero una costellazione. Le donne omicide furono da Bacco m
estinato agli amanti virtuosi. Orfeo rappresentasi ordinariamente con una lira in mano o un liuto. Antiope, Zeto Ant
nda sposa di Lico, sospettò suo marito, e fece rinchiudere Antiope in una stretta prigione ; ma Giove la liberò e la nascos
Alcuni accertano che Mercurio gliene insegnò i principii, e gli donò una lira alla quale Anfione aggiunse tre corde. Vien
o di Tracia, di abbandonare le campagne e le foreste per ritirarsi in una città, e porsi con buone mura al ricovero de’nemi
estirsi alla maniera dei Magnesi e di aggiungere a tale abbigliamento una pelle di leopardo simile a quella portata da Chir
quella truppa di eroi, la quale finito il sacrificio, s’imbarcò. Dopo una lunga e pericolosa navigazione le cui avventure h
sottopone al giogo, ara il campo, vi semina i denti del drago, lancia una pietra frammezzo ai combattenti sortiti dalla ter
emodo avanzato in età ad uccidere il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusinga di vederlo rinascer
passasse alle nuove nozze, e fe’ pure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste ; ma siccome questa era avvelena
el mare, riparato dai raggi del sole da quel vascello tirato a terra, una trave che se ne distaccò improvvisamente gli schi
uoi discepoli. Achille fu quegli per cui si pigliò, come avo materno, una particolare cura. Egli insegnò a tutti questi ero
dove ritirato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra di L
e loro grida. Argo figlio di Alettore co’legni del monte Pelio e con una quercia tolta alla selva Dodonea formò la nave ch
si a farlo morire, allorchè il suo ariete lo destò scuotendolo, e con una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui era e
e che dopo il sacrificio, l’animale fu trasportato in cielo ove forma una costellazione dell’Ariete, uno dei dodici segni d
ull’esservi nella Colchide torrenti che volgevano le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccolta con pelli di
e ch’ei lo facesse morire ; giacchè è noto che niuno è più crudele di una donna il cui risentimento sia punto dalla vergogn
bate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla quale istruiva il suocero dell’oltr
ro : aspettò fino allora in grazia del costume di que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe stata un indizio di indis
e. Ritornando Bellerofonte da questa terza spedizione, fu assalito da una truppa di Lici che erano stati inboscati da Gioba
un combattimento contro i Solimi, Ippoloco che fu padre di Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della quale Giove s’inna
al Pegaso. La Chimera, dicesi da chi vuol spiegare questa favola, era una montagna dell’Asia minore nella Licia, che al par
r molti anni sulle più alte montagne d’Arcadia, e passava le notti in una grotta poco lontana da una folta foresta. Abitava
montagne d’Arcadia, e passava le notti in una grotta poco lontana da una folta foresta. Abitavano in vicinanza due Centaur
alcuni, ella d’accordo col padre suo, mise il dono della sua mano ad una condizione capace di allontanare i più innamorati
ia, che era perito in un naufragio mentre andava a Claro oggi Calmine una delle Sporadi, per consultare l’oracolo d’Apollo,
entarsegli ed egli lo adottò. Essendo Giano cresciuto in età apprestò una flotta e fece vela per l’Italia, ove approdato, c
ce vela per l’Italia, ove approdato, conquistò molto paese e fabbricò una città che dal suo nome fu chiamata Gianicola. Nel
à. Alle volte si rappresenta Giano anche con quattro facce. Gli si dà una chiave ed un bastone in mano ; la chiave perchè c
vasi in tempo di pace. Questo tempio fu chiuso sotto il regno di Numa una sol volta ; dopo la seconda guerra punica un’altr
misura ch’egli andava avvicinandosi ad uno de’loro villaggi, incontrò una giovinetta che veniva ad attinger acqua, ed avend
quale avrebbe poi sposata la madre, dalla cui unione sarebbe sortita una detestabile stirpe. Laio per impedire tale enormi
riamente e decise di andare in Beozia. Giunto nella Focide, mentre in una contesa tra i Focesi e i forestieri ei volle pren
d Ismene. Gli Dei irritati di un tale incesto percossero i Tebani con una peste, che, secondo la risposta dell’oracolo di D
mmina al luogo dove egli deve spirare. Giunto presso un precipizio in una strada divisa in molti sentieri, siede sopra un s
sa la morte. Spiegano alcuni così la favola della Sfinge. Laio aveva una figlia chiamata Sfinge, la quale poco contenta di
ntenta di non aver parte alcuna al governo, erasi posta alla testa di una truppa di masnadieri che nei contorni di Tebe mil
udeltà, il corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile una figlia di quel carattere ; le ali esprimevano l’a
agli Dei per far prova della loro divinità e da essi risuscitato ebbe una spalla d’avorio in luogo di quella che Cerere ave
bedue rei della morte di Crisippo altro suo figlio che aveva avuto da una concubina per nome Astioche, non volle mai più pe
uristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con
tore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a Menelao
a di Agamennone a Diana, irritata perchè questo principe aveva uccisa una cerva che erale consacrata. Il re d’Argo dopo un
ente agl’interessi dell’intiera Grecia adunata. Ma Diana avviluppò in una nuvola l’altare ed il sacrificatore, salvò Ifigen
una nuvola l’altare ed il sacrificatore, salvò Ifigenia sostituendole una cerva e lei trasportò in Tauride, ove la fece sac
ordine del re Toante fu in procinto di essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara qui nacque fra i due amici, percioc
ao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso di una vipera come tutti generalmente credono. Paride
icesi che mentre Ecuba era incinta, parvele in sogno di avere in seno una fiaccola ardente ; consultati gl’indovini le fu r
inio della sua famiglia e della sua patria. Priamo a fin di prevenire una tale disavventura, appena Paride fu nato, lo cons
che talvolta gli sfuggivano, fecero sospettare ch’ei fosse uscito da una illustre famiglia. Venne a lui affidata la cura d
ggiudicò il contrastato pomo siccome premio della beltà ; quindi, per una necessaria conseguenza, si trovò egli esposto all
ono i principali tra i Troiani ; si aggiunsero ad essi Antenore re di una parte della Tracia co’ suoi figli, Mennone re del
assedio. Ma essendo insorta grave rissa tra Agamennone ed Achille per una schiava che il primo al secondo voleva togliere,
l’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove solt
lo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro di quello una lancia. In questo mentre, secondo Virgilio, due s
trodotto. Intanto Sinone a notte buia diede dall’alto della rocca con una fiaccola il segno a quelli che dietro Tenedo eran
olti quanti potè de’ Troiani superstiti, e fabbricata co’ legni d’Ida una flotta, si mise in mare. Dopo molte vicende sbarc
lio Giulio Ascanio, che edificò Alba e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Numitore padre d’I
n particolare voleva maritarsi, intraprendere un viaggio, liberarsi d’ una malattia, condurre a buon fine qualche impresa, t
uando costei voleva predir il futuro, usciva fuori di sè, parlava con una voce tremolosa e mozza, si contorceva orribilment
no re d’Orcomene n’ebbe un celebre nella Beozia il quale rendevasi in una caverna presso Lebadea ; perfino il bue Api ebbe
ma non sono tutti concordi riguardo al loro numero. Avvi chi ne conta una sola, quella di Eritrea nella Ionia ; chi tre, l’
che dovesse ella pure esser con lui condiscendente ; ma al piacere di una eterna gioventù, quello preferì essa di un’inviol
gioventù, quello preferì essa di un’inviolabile castità ; di modo che una trista decrepitezza non tardò a distruggere le av
più celebre nella Storia romana quanto i Libbi Sibillini vale a dire una raccolta di versi attribuiti. alle Sibille la qua
buiti. alle Sibille la quale conteneva i destini di Roma. Narrasi che una donna si presentò un giorno a Tarquinio Prisco, o
nta in tutto del favoloso, egli è però certo che i Romani possedevano una raccolta di sibillini versi. Il re li fece porre
i possedevano una raccolta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa di pietra, la quale fu posta sotto una volt
. Il re li fece porre in una cassa di pietra, la quale fu posta sotto una volta del Campidoglio. La custodia ne fu primamen
brare i giuochi secolari. Non si poteva consultare questi libri senza una speciale autorizzazione del senato, il quale non
va se non quando si doveva intraprendere un’importante guerra, sedare una violenta sedizione, allorchè l’esercito era stato
questi libri di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione era una specie di oracolo permanente, sì di sovente dai R
llora furono chiamati Parassiti gli adulatori i quali, per procurarsi una piacevole sussistenza, la delicatezza e la probit
esimi o se ne facevano lavare dai sacerdoti. Quando eravi un morto in una casa, mettevasi sulla porta un gran vaso pieno di
re a solennizzarli con sacrifici e con altre religiose cerimonie : in una parola la loro istituzione aveva per apparente mo
gli esercizi di questi giuochi servivano d’ordinario a due mire : da una parte i Greci, fin dalla prima giovinezza acquist
questi esercizi propri ad accrescere le forze del corpo e a procurare una vigorosa sanità. I Giuochi pubblici pei Greci era
n solo da tutta la Grecia, ma da tutte le parti della terra accorreva una prodigiosa moltitudine di spettatori e di concorr
tori delle odi immortali di Pindaro, non davasi altro premio, fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olim
’essi furono espulsi da Roma, dall’istante in cui la repubblica prese una forma regolare, diverse autorità presiedevano a q
4 (1897) Mitologia classica illustrata
ella terra, negli albori della vita intellettuale e sociale, crearono una quantità di favole e racconti intorno agli Dei de
r nulla di comune con Anassagora il quale aveva ritenuto il sole come una pietra e la luna come una terra; ed anche Platone
sagora il quale aveva ritenuto il sole come una pietra e la luna come una terra; ed anche Platone si mostrava convinto dell
om’ è noto, da scene mitologiche. Le arti alla lor volta esercitarono una grande efficacia sulla mitologia; molti racconti
ero la loro forma definitiva per opera dei poeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità fornì di quella un
nitiva per opera dei poeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità fornì di quella un’ immagine si viva che
ndoli di splendida forma poetica; e così la rozza materia ridussero a una serie ben ordinata e bella di poetiche narrazioni
re: come mai la Grecia s’ è venuta creando e per secoli ha conservato una serie così numerosa di leggende intorno ai propri
ddisfacente. Alcuni pensarono che la mitologia e religione pagana sia una deformazione di un primitivo sano monoteismo, def
si avvide che buona parte dei racconti mitologici non sono altro che una deformazione di frasi immaginose, usate da princi
dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Zeus, era in origine una divinità, venerata solamente in Argo, mentre la m
, come non dar luogo a un incrocio anche delle tradizioni mitiche e a una collisione per cui alcune Divinità dovevano avere
ragioni di somiglianza che pareva loro di scorgere. Così si fece come una fusione di essere mitici, il greco Zeus venne ide
volta gigantesco, onde Ares, ad es., essendo caduto in terra durante una battaglia, occupava uno spazio di sette plettri o
ità; e se nascono e crescono come gli uomini, hanno per sè il dono di una grande celerità; Ermes, nato al mattino, suona gi
e, torna nella sua culla. La principal prerogativa è poi questa, che, una volta raggiunto il pieno sviluppo delle loro forz
do Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una confusa miscel
ntesa questo voce non nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una confusa miscela di tutte cose, che è un concetto
la Teogonia s’ identificano, perchè, essendo gli Dei sorti dal Caos, una personificazione delle grandiose forze della natu
Rea lo nascose, e invece di esso porse al padre, involta nelle fasce, una pietra, che Crono, ingannato, ingoiò. Così Zeus f
Così Zeus fu salvo; e allevato dipoi segretamente da alcune ninfe in una grotta dell’ isola di Creta, crebbe ben presto in
sa, lo indusse a muover contro Zeus per rovesciarlo dal trono. Di qui una nuova, terribile lotta, che fe’ tremare cielo e t
ta l’ ira sua vomitando fuoco e fiamme. Alcuni poeti parlano anche di una Gigantomachia, ossia di una lotta contro Zeus dei
o e fiamme. Alcuni poeti parlano anche di una Gigantomachia, ossia di una lotta contro Zeus dei Giganti, nati dalle goccie
va e accigliata, con la testa coperta all’ indietro da un velo, e con una piccola falce in mano. Un busto ben conservato è
d’ un altare in marmo di Giove e rappresenta il tiranno seduto, a cui una donna in piedi, la moglie Rea, porge un involto c
mano. Si ricorda l’ inganno fatto a Crono da Rea, quando gli presentò una pietra in luogo del neonato Zeus. Assai più fr
utori e greci e latini, dove generalmente le due guerre si fondono in una , chi non ripensa la IV ode del libro terzo d’ Ora
vincitrice in lotta contro un gigante e vicina a esser incoronata da una Niche; in fondo si scorge la figura di Rea che in
e i mali; a tutela dell’ ordine, egli delega al re per qualche tempo una parte dell’ autorità sua sugli uomini, e li punis
rsephone, Proserpina, dea della vegetazione), con Eurinome (Eurynome, una oceanide) le Cariti o Grazie, con Mnemosine (Mnem
eravi ancora in tutta la Grecia alcun tempio a lui dedicato. Ivi era una sacra foresta di annose quercie, le cui foglie ag
a il dio di Eliopoli in Egitto, raffigurato come un giovane che tiene una mano sul timone del carro solare, ed ha nell’ alt
ano sinistra reggeva lo scettro sormontato dall’ aquila; nella destra una piccola Nike alata volgentesi a lui con una benda
all’ aquila; nella destra una piccola Nike alata volgentesi a lui con una benda, simbolo di vittoria, quasi significasse: d
zza dei legni preziosi, dell’ oro, delle pietre, dell’ avorio univasi una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazi
roduzioni su monete di Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine di tutta la statua col trono, in al
re la bocca lievemente aperta e le linee serene del volto accennano a una dolce mitezza. Celebre è anche la statua detta di
re, il fulmine, l’ aquila, la patera sacrificale come segno di culto, una palla sotto o vicino al trono, come segno dell’ u
ine la Niche o Dea della vittoria. Spesso la sua chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perchè la quercia era a lui sa
ercia, perchè la quercia era a lui sacra, o d’ un ramo d’ olivo, o d’ una benda indizio del potere regio. II. Era-
verso il quale essa compie la sua peregrinazione. Anche l’ essere Era una deità della tempesta spiega come sia stata pensat
onere — avvisare) che si credeva aver ricevuto da lei in occasione d’ una pubblica calamita. Per confusione di parole, se n
ubblica calamita. Per confusione di parole, se n’ era poi anche fatta una protettrice della moneta e della zecca romana. 5.
l’ arte antica, e formano ancor oggi l’ oggetto dell’ ammirazione per una perfetta rappresentazione della bellezza matronal
erfetta rappresentazione della bellezza matronale. Prima va ricordata una testa del Museo di Napoli (fig. 6) che probabilme
(fig. 9), pure conservata in Vaticano, rappresenta la Dea coperta d’ una pelle di capra, con lancia e scudo, in atteggiame
orribil testa della Gorgone Medusa. Era costei, secondo la leggenda, una giovine mortale che avendo osato paragonarsi in b
dov’ era la sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si conservava una statua di lei che si diceva caduta dal cielo. Rif
diremo più sotto. La venerazione delle genti Attiche per Atena aveva una splendida manifestazione nelle feste Panatenee ce
vallo, colle fiaccole, certami musicali e poetici, aveva luogo allora una solenne processione alla quale prendevano parte e
ano parte elette rappresentanze di tutte le tribù attiche, e riusciva una solenne testimonianza della gratitudine che si pr
gni anno, ma senza processione. 4. L’ italica Minerva o Men-er-va era una dea della mens o dell’ intelligenza come Pallade
identificata; con questo però che in Minerva prevaleva il concetto di una dea pacifica, protettrice delle arti e delle scie
rvavano con religiosa venerazione nelle città; le considera vano come una difesa e una garanzia contro i nemici esterni, e
eligiosa venerazione nelle città; le considera vano come una difesa e una garanzia contro i nemici esterni, e li chiamavano
a Medusa; la testa difesa coll’ elmetto attico, adorno sul dinanzi da una figura di sfinge, e sul lati da due grifoni in al
covacciato. La mano destra si stendeva innanzi sostenemmo sulla palma una statuetta della Vittoria alata. Così era raffigur
lle sicure imitazioni, ad es., quella riprodotta nella fig. 10, che è una statuetta alta un metro, trovata nel 1880 ad Aten
au colier che è nel Museo del Louvre. Noi riproduciamo nella fig. 11 una statua che è nel Museo nazionale di Napoli; figur
ra Atena coll’ elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pallio ricco di ben disposte pieghe,
poste pieghe, maestoso e nobile il portamento. La fig. 12 rappresenta una imitazione in bronzo d’ un palladio. La fig. 13 è
una imitazione in bronzo d’ un palladio. La fig. 13 è riproduzione di una statua del Museo Capitolino; non più l’ elmo atti
non più l’ elmo attico tondo, ma l’ elmo corinzio, l’ egida ridotta a una specie di corsetto colla testa di Medusa in mezzo
In tutti questi monumenti la figura di Atena appar contrassegnata da una grande dignità di linee, qual convenivasi alla ca
ide. Delo che prima era un’ isola non fissa, divenne d’ allora in poi una stabile terra perchè Posidone la assicurò con pot
mpio. E poichè tra le cose che più calmano lo spirito e gli infondono una tranquilla pace è la musica, niuna meraviglia che
pressione infallibile della segreta volontà del supremo Iddio, ebbero una notevole efficacia e nella politica degli Stati e
Delfo. Ivi la Pizia, sacerdotessa del Dio, assisa su un tripode sopra una apertura del terreno da cui esalava un vapore inn
rtura del terreno da cui esalava un vapore innebriante, era invasa da una specie di estasi, durante la quale, in mezzo a mo
sissimo fra i Greci, come generale doveva essere la venerazione verso una divinità datrice di tanti beni fisici e morali. L
nsi istituiti già da Teseo. 4. L’ Apollo della mitologia romana non è una deità italica, ma è lo stesso Apollo greco, molto
e medico si eresse un tempio in Roma fin dal 325/429, in occasione d’ una grave epidemia. E da allora si estese il culto se
lla loro forma ammodernata. Del divino suono della cetra di Apollo dà una bella descrizione Pindaro nella prima Pitica, ric
nche il nome di Apollo Actius o Palatinus. Si crede che di esso fosse una riproduzione la statua di Apollo Musagete che con
tusiastico rapimento » ( Gentile, Op. cit., p. 126). Non meno bella è una statua del Museo Capitolino, rappresentante Apoll
itele ideò un Apollo in nuovo atteggiamento, cioè in atto di uccidere una lucertola e compose la statua detta Apollo Sauroc
appoggia col braccio sinistro ad un tronco; la mano destra armata d’ una punta, mira una lucertola che striscia sul tronco
accio sinistro ad un tronco; la mano destra armata d’ una punta, mira una lucertola che striscia sul tronco; lo sguardo acc
eggenda del giovane Ippolito, caro ad Artemide per la sua castità, dà una chiara idea del concetto che di questa divinità s
dei Greci per Troia. E poichè anche gli Sciti della Tauride onoravano una loro dea con sacrifizi umani, fu con questa confu
ato Ifigenia nel momento che doveva essere sacrificata, sostituendole una cerva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Ta
a cerva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Tauride per farne là una sua sacerdotessa. In seguito Ifigenia aiutata dal
cò l’ Artemide dei Greci. In origine Diana era il femminile di Ianus, una potenza celeste, dea lunare, connessa anche press
entite di Diana furono scritte dai Latini. Il 34o carme di Catullo, è una preghiera innalzata a Diana da un coro di fanciul
vascolari e nelle statue pervenute a noi. Riproduciamo nella fig. 18, una statua trovata a Pompei e conservata ora nel Muse
a Pompei e conservata ora nel Museo Nazionale di Napoli, rivestita d’ una ricca tunica, a molte pieghe che scende sino ai p
tito da Elios, il sole che tutto vede, comparve improvvisamente e con una rete dalle maglie litte ed invisibili accalappiò
ivus; dopo la vittoria, gli si rendevano azioni di grazie offrendogli una parte del bottino; in caso di disdette, attribuit
ri di Cesare. 4. L’ Iliade e l’ Odissea son l’ opere dove s’ incontra una più viva rappresentazione del dio Ares. V’ è ben
nel portamento, con elmo, lancia e scudo. Nella fig. 21 riproduciamo una statua del Museo di Laterano in Roma, la cui mano
Museo di Laterano in Roma, la cui mano sinistra probabilmente teneva una lancia che ora è perduta. È della scuola di Polic
bero compassione di lui e lo accolsero e custodirono per nove anni in una profonda grotta del mare, dove egli attendeva a f
stesso che adirato contro Efesto per aver voluto dar aiuto ad Era in una contesa dei due coniugi, l’ aveva afferrato pei p
tre leggende, registrate già da Omero ed Esiodo, gli facevan compagna una delle Grazie, a significare che dall’ arte non pu
turalmente sede del culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi er
ola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande officina dove lo si sentiva co’ suoi Ciclo
ani, com’ è noto, chiamavano questo dio Vulcano (Vulcanus), o secondo una grafia più antica, Volcanus, o anche Mulcibero (M
santuario principale del Dio a Roma era il Vulcanal, non un tempio ma una specie di focolare pubblico, posto su un’ area al
one della Stata Mater, la madre che arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua nel foro vicino a quella di Vulcano; e mol
n Marte, narrato nel famoso passo dell’ Odissea (lib. 8o) ispirò pure una bella pagina ad Ovidio (Metamorfosi 4,170 e segg.
o. 1. Ermes, figlio di Zeus e di Maia figlia d’ Atlante, nacque in una caverna del monte Cillene in Arcadia (ond’ egli è
to al mattino, verso il mezzogiorno esce dalle fasce, e del guscio di una tartaruga, trovata dinanzi alla caverna, si forma
e del guscio di una tartaruga, trovata dinanzi alla caverna, si forma una lira, e suona e canta. Verso sera va nella Pieria
ollo d’ allora in poi prese diletto dell’ arte musica. A dar segno di una compiuta riconciliazione, Apollo donò al fratello
tri due si raccoglievano in nodo sul primo; più tardi si trasformò in una bacchetta, con due serpenti intorno attorcigliati
ominazione delle erme, ossia di quelle pietre quadrate, sormontate da una testa o anche da due addossate, che si collocavan
di Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione di una grande carestia, ma sembra sia rimasto sempre ple
eo. La società dei mercanti onorava in lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi di Maggio in onor di lui e della m
on dolce sorriso il suo sguardo. Belle le fattezze del volto, e hanno una cotal finezza d’ espressione come se nel marmo fo
hanno una cotal finezza d’ espressione come se nel marmo fosse infusa una piacente commozione dell’ animo ( Gentile, op. ci
il messaggiero degli Dei che per breve riposo s’ è messo a sedere su una rupe. Le ali ai piedi sono ivi assicurate per mez
que che il bel giovane, onde Afrodite era innamorata, morisse durante una caccia, ucciso da un cinghiale. Ella, addoloratis
one dea dei morti e nol voleva rendere. Alfine Zeus sentenziò che per una parte dell’ anno rimanesse Adone nel regno delle
(Hymen o Hymenaios), il Dio delle nozze. 2. Il culto di Afrodite ebbe una straordinaria estensione in tutte le regioni ove
à ebbe anche un’ importanza politica, credendosi ch’ ella esercitasse una benefica influenza sulla concordia fra i cittadin
e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall’ importanza che il culto di una tal dea aveva presso i Latini, provenne che quand
onda le voglie; più tardi si identificò Murcia a Murtea, e si pensò a una dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio
doppio fu eretto in Roma da Adriano. 4. Il nascimento e la storia di una dea così bella e cara agli uomini ispirarono molt
tura della primavera che non contenga le lodi di Venere; ricordiamone una sola, quella d’ Orazio (Carm. 1, 4, 5), dove tra
riportarono l’ immagine anche sulle loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella di Prassit
immagine anche sulle loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella di Prassitele e trovasi a
Nè solo era Estia la protettrice della famiglia, ma poichè lo Stato è una grande famiglia, così essa era per gli antichi an
, e nessun sacrificio aveva luogo senza che cominciasse e finisse con una libazione ad Estia; sicchè essa aveva la sua part
edi in atto tranquillo, compiutamente vestita e con l’ espressione di una severa onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30 una
n l’ espressione di una severa onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30 una statua del Museo Torlonia di Roma, detta comuneme
non è che la forma maschile di Diana, la luna, quindi era in origine una divinità della luce celeste, una divinità solare;
iana, la luna, quindi era in origine una divinità della luce celeste, una divinità solare; ma perchè il sole è in certo mod
nti e il di dietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed era detto Giano Gemino, G
ietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una dietro, ed era detto Giano Gemino, Giano bifronte
religiosa, in onor di qualsiasi divinità, doveva essere preceduta da una preghiera a Giano. Tra i fatti più notevoli della
tti più notevoli della vita pubblica era l’ uscita di un esercito per una spedizione di guerra; in quest’ occasione il coma
iano; le curie, inaugurando ogni loro adunanza, prendevan le mosse da una preghiera a lui; e dei pari nella vita privata og
abini, dopo il ratto delle lor donne, facevan guerra ai Romani, e per una porta aperta cercavano penetrare nella città Pala
rare nella città Palatina, zampillo d’ un tratto, per opera di Giano, una sorgente d’ acqua solforosa che impedi il loro av
ione degli artisti romani; anzi i Greci in più casi avevano ricorso a una simile immagine, per es., nelle doppie erme e nel
simile immagine, per es., nelle doppie erme e nella figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera di Scopa o di Pr
ano le due faccie barbute entrambe; più tardi si usò anche accoppiare una faccia barbuta ad una sbarbata. Non avendo altri
ute entrambe; più tardi si usò anche accoppiare una faccia barbuta ad una sbarbata. Non avendo altri monumenti di Giano, ri
ano bifronte. — Si assegnano a Giano come attributi suoi un bastone e una chiave, come Ovidio dice: Ille tenens baculum d
asse questo Dio nel culto comune insieme con Iupiter e Mars, formando una triade che si riteneva protettrice dello stato di
lio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al padre di guidare una volta il suo carro, e il padre avendo imprudentem
tivo di decorazione; ad es., nel frontone orientale del Partenone, ad una estremità erano scolpiti i cavalli di Elio emerge
edevano statue del Sole. Celebre è il così detto « colosso di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera di
lie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eretta nel 291 av. C.
nio della notte e del profondo sonno notturno; egli sempre dormiva in una grotta del monte Latmos, e ogni notte veniva Sele
ios, sul frontone orientale del Partenone. Anche veniva figurata come una bella donna a cavallo; tale la fece Fidia nella b
ronte; generalmente ha velata la parte posteriore della testa e porta una fiaccola in mano. c) Eos-Aurora. 1. Eos, l’
Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce del giorno, quindi era una deità bella e benefica. Le braccia aveva rosee; r
l linguaggio mitico è qui trasparente, non essendo altro in fondo che una poetica pittura del sorger dell’ aurora. Si aggiu
iove l’ immortalità; se non che, essendosi scordata di chiedere anche una perpetua giovinezza, ne venne ch’ egli invecchiò
to rughe, non più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, come una cicala, era un’ allegoria del giorno che è bello
ici fu Mater Matuta, il cui nome è connesso con mane e matutinus. Era una dea della prima luce, quindi anche del nascimento
incise non di rado troviamo la rappresentazione di Eos. Ora figura su una quadriga, ovvero è in atto di bardare i cavalli d
des), la costellazione delle pioggie e delle tempeste marine. Secondo una leggenda, erano cinque sorelle, le quali tanto pi
e pensavano che la celeste costellazione fosse stata immaginata come una mandra di porcellini, che sarebbe simbolo di feco
Orsa, detta anche il Carro. La leggenda la identificava con Callisto, una ninfa Arcade, del seguito di Artemide, amata da Z
ra asciutto ora umido aquosus Eurus ( Orazio Epod. 16, 54). Secondo una nota leggenda, tutti questi venti abitavano tutti
bitavano tutti riuniti nella Tracia, ovvero si credevano racchiusi in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custo
iuniti nella Tracia, ovvero si credevano racchiusi in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo loro
i conserva, ed è conosciuto sotto il titolo di « Torre dei venti ». È una specie di torre ottagonale, sul cui fregio trovan
e regioni greche furono particolarmente celebri pel culto delle Muse, una era la regione dell’ Olimpo colla Pieria, e altre
ocalità e leggende in cui si parla d’ un numero diverso) fu assegnata una provincia speciale e il patrocinio di un particol
ntivi, Clio un rotolo di carta e uno stilo; Calliope pure uno stilo o una cassa di libri, non sempre facile a distinguersi
, non sempre facile a distinguersi da Clio; Urania un globo celeste e una bacchetta; Melpomene e Talia le maschere tragica
ende gradevole la vita. Senza di esse, neppur gli Dei potevano godere una piena beatitudine. Musica, eloquenza, poesia, art
iprodotta nella fig. 39 che è nella Gliptoteca di Monaco. « Raffigura una donna di nobile bellezza appoggiata colla destra
oro molto cara e oggetto di ferventissimo culto. Già i Sabini avevano una divinità Vacuna, che doveva essere affine alla Vi
di palma e corona d’ alloro. Preziosa reliquia di scalpello antico è una statua trovata negli scavi d’ Olimpia nel 1875. È
o antico è una statua trovata negli scavi d’ Olimpia nel 1875. È essa una Niche alata, che i Messenii e quei di Naupatto, p
ocali (fig. 42); colla mano sinistra sosteneva l’ asta di bandiera di una nave vinta, e colla destra una tromba per annunzi
istra sosteneva l’ asta di bandiera di una nave vinta, e colla destra una tromba per annunziare la vittoria. Base della sta
colla destra una tromba per annunziare la vittoria. Base della statua una prora di nave. Era questa la statua eretta a rico
turale che Iride, la sua mistica rappresentante, fosse concepita come una messaggiera degli Dei; tale apparisce già in Omer
ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e di Era, era una personificazione della fiorente giovinezza. Nell’
tando l’ eterna giovinezza dello Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella nel tempio di Giove Capitolino.
o per pagare un tributo alla dea Juventas e rivolgere a lei e a Giove una pieghiera. Anche speciali sacrifizi a Juventas av
o de’ suoi capolavori, e questi è il Canova (1757-1822). La sua Ebe è una bella fanciulla in atto di versare il nettare.
le e un cane guarda in alto abbaiando. La difficoltà di rappresentare una figura librata nello spazio è stata vinta dall’ a
ivinità dell’ Amore, ebbe pei Greci un doppio significato; giacchè da una parte era il Dio cosmogonico, già da noi ricordat
ani il dio d’ Amore chiamavasi Amor o Cupido; ma non era in fondo che una ripetizione dell’ Eros greco, nè apparisce mai ch
ti ad essa relativi offrivano agli artisti della parola e del disegno una messe inesauribile di argomenti e di motivi. Spec
e Metamorfosi di Apulejo, scrittore del 2º sec. dell’ e.v. Psiche era una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza des
, si innamora egli stesso di lei, e vive con lei in felice unione, in una valle paradisiaca, in un palazzo fatato, dove nul
l’ Eros del secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue di tutta l’ antichità. L’
rappresentano le doglie del parto. Più comunemente Ilizia figura come una sola, e vien messa in rapporto con Era come dea d
zionate anche altre Deità o altri epiteti riferentisi al parto; prima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate
che altre Deità o altri epiteti riferentisi al parto; prima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate nel nono
ità o altri epiteti riferentisi al parto; prima una Nona, una Decima, una Partula come deità invocate nel nono o nel decimo
nel nono o nel decimo mese di gestazione e nel momento del parto; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso di accendere un
nto del parto; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso di accendere una candela nel momento della nascita; e le già nomin
e formole magiche aiutavano il parto; infine anche la ninfa Egeria, e una Natio, deità quest’ ultima venerata specialmente
igura di Ilizia sole va dagli artisti greci essere rappresentata come una donna tutta vestita, con una mano distesa in atto
artisti greci essere rappresentata come una donna tutta vestita, con una mano distesa in atto di porgere aiuto e una fiacc
donna tutta vestita, con una mano distesa in atto di porgere aiuto e una fiaccola nell’ altra mano, come simbolo del nasce
sculapio. 1. Asclepio era nato, dicevasi, da Apollo e da Coronide, una figlia del re tessalo Flegias, ed era il Dio dell
a religione di Esculapio, si veneravano come datrici di salute, prima una Strenia o Strenua, antica deità sabina, in onor d
tto un santuario con un sacro bosco nelle vicinanze del Colosseo, poi una Salus, onorata già nei primi secoli con templi e
s, onorata già nei primi secoli con templi e feste, appresso divenuta una divinità importantissima della religione ufficial
usti o Augustorum, identificata in seguito con la greca Igiea; infine una dea Carna o Cardea, a cui si attribuiva la virtù
si introdusse in Roma l’ anno 463 di R. (291 av. C.) in occasione di una fierissima pestilenza. Per suggerimento dei libri
ilenza. Per suggerimento dei libri sibillini, avendo i Romani mandato una deputazione ad Epidauro per condur seco Esculapio
ivano a un generoso benefattore dell’ umanità. Attributo suo costante una serpe, come simbolo della forza vitale che si rin
o avvolgentesi intorno ad un bastone da lui tenuto. Tale si scorge in una statua del Museo di Napoli, che noi riproduciamo
produciamo alla fig. 48. Altre volte si vedono assegnati ad Esculapio una coppa con bevande medicinali o un ciuffo d’ erbe
Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di Asclepio, in figura di una giovane donna, sana e robusta e nell’ atteggiamen
nte. IV. Divinità del Destino. a) Le Moire-Parche. 1. Era una persuasione comune e radicata presso gli antichi,
ti appimto il destino assegnato a ciascuno. In Omero si menziona solo una Moira, ma già Esiodo espone nella Teogonia la leg
sì dagli ultimi mesi della gestazione; a cui più tardi se n’ aggiunse una terza, Morta come dea della morte; così alle tre
e sorti dell’ umana vita, va ricordata Nemesi, la quale rappresentava una santa indignazione per ogni disordine morale, per
pure accolta fra i Romani, e, come attesta Plinio, le fu anche eretta una statua in Campidoglio. Gli scrittori greci che ha
egli edificò alla Dea col titolo di Fors Fortuna un tempio, e istituì una solenne festa annua che ricorreva il 24 Giugno. Q
stingueva come governatrice delle umane sorti; poi la si figurava con una cornucopia, ovvero con un giovane Pluto, dio dell
giovane Pluto, dio della ricchezza, in braccio. La fig. 49 riproduce una statua bellissima che è nel Braccio nuovo del Vat
a che è nel Braccio nuovo del Vaticano. La fig. 50 è pure ricavata da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro
ovavasi ad Antiochia; come protettrice di città la dea porta in testa una corona murale; nella mano destra tiene un mazzo d
care l’ incertezza della Fortuna, invalse l’ uso di rappresentarla su una palla o su una ruota. 3. Il destino riserva
zza della Fortuna, invalse l’ uso di rappresentarla su una palla o su una ruota. 3. Il destino riservato a ciascun uo
, o raffigurandoli in forma di giovani colla cornucopia e la tazza in una mano, un papavero e delle spiche nell’ altra.
sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una preghiera, nè costruirvi ponti o altre opere manu
ri pure l’ Asopo, nominato a Sicione, Egina, Tebe come capostipite d’ una diffusissima stirpe; l’ Alfeo, il fiume principal
evasi Fontus o Fons, figlio di Giano, in onor del quale si celebra va una festa il 13 ottobre, detta Fontanalia. Tra tutti
nno al momento della benefica inondazione. In Vaticano pure si ammira una bella statua del Tigri, la cui testa fu ristaurat
di esperienza, che colle sue figliuole abitava nel fondo del mare in una scintillante spelonca. Come tutti gli Dei delle a
dens virides siccare capillos, Pisce vehi quaedam; facies non omnibus una , Non diversa tamen, qualem decet esse sororum 32
rsi atteggiamenti. Un marmo, forse il più importante, che rappresenta una Nereide su un cavallo marino, trovasi nella Galle
di lui appunto vennero ivi istituiti i giochi Istmici, che divennero una festa nazionale di tutta la Grecia. Tra l’ isole
ionale di tutta la Grecia. Tra l’ isole ricordiamo Egina, Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta di Posid
ettuno (Neptunus) era il Dio romano rispondente a Posidone; ma presso una gente non essenzialmente marittima, il Dio del ma
uora placat C ollectasque fugat nubes solemque reduci t; 35 e come una folla tumultuante se vede comparire un grave e au
o le orecchie, un insieme di maestà e di forza; si dava però al volto una espressione più seria, senza quell’ amico sorriso
che indica la benevolenza. Solitamente poi si raffigurava Posidone in una positura speciale, facendo appoggiare una delle g
si raffigurava Posidone in una positura speciale, facendo appoggiare una delle gambe su qualche rialzo. Attributi costanti
enti dell’ arte antica. IV. Anfitrite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque nel
one e gliela ricondusse. Del resto in Omero Anfitrite è semplicemente una personificazione dei romoreggianti flutti marini,
vid. Met. 1, 14). In arte, soleva Anfitrite essere rappresentata come una figura giovane e bella, o seduta in trono vicino
un celebre gruppo a rilievo della Gliptoteca di Monaco, che si crede una riproduzione d’ un originale di Scopa. V. Trit
rande potenza; specialmente quand’ egli soffiava a tutta forza dentro una conchiglia marina, s’ agitavano i flutti e sorgev
o Vaticano, rappresentante un ittiocentauro in atto di trascinar seco una Nereide riluttante. VI. Proteo. Era Proteo
il suo gregge a meriggiare nell’ isola di Faro, ed egli stesso ivi in una caverna presso il lido si abbandonasse al dolce s
nel mare; allora mangiò egli stesso di quest’ erba e ne senti subito una tale sovreccitazione che si gettò in mare, dove b
rire a Glauco; ma la identificazione è incerta; potrebbe anche essere una personificazione di qualche parte di mare, per es
e figli Learco e Melicerte. A dare sfogo a questo sdegno, Era inspirò una pazzia furiosa ad Atamante, il quale uccise Learc
e era crucciata    Per Semele contra il sangue tebano,    Come mostrò una ed altra fiata, Atamante divenne tanto insano    
ccolta benevolmente la disperata donna e l’ innocente fanciullo, all’ una e all’ altro diedero l’ immortalità, lasciando ch
rte toccatale di poi, onde più volte la illustrarono; Euripide ne fe’ una tragedia, imitata dai tragici latini Livio, Ennio
nto che il re dell’ Inferno stava per rapirla. Anche si favoleggiò d’ una contesa fra le Sirene e le Muse, nella quale le p
che, indotti da queste riflessioni, gli antichi abbiano creata tutta una serie di divinità connesse colla terra, le une li
ssionato e rumoroso, di qui il culto e le leste dette orgiastiche (da una parola greca che significa sovreccitazione dell’
ione a Giove e a Tellus. — La statuaria antica rappresentava Gea come una mezza figura di donna che sorge dal suolo; tale s
entare suo figlio Erittonio ad Atena. Più tardi si rappresentava come una donna distesa al suolo, contorniata di bambini, u
appresentava come una donna distesa al suolo, contorniata di bambini, una cornucopia in una mano, un vitello giacente da la
una donna distesa al suolo, contorniata di bambini, una cornucopia in una mano, un vitello giacente da lato, a significare
reta, dove si diceva che ella avesse fatto allevare il figlio Zeus in una caverna del monte Ida (cfr. pag. 23). Perciò era
alli e concavi dischi metallici e corni e flauti, si abbandonavano ad una musica strepitosa ed orgiastica. I miti che si ri
sso di furore si uccise. Di che afllittala Dea, ordinò in onor di lui una cerimonia funebre da celebrarsi nell’ equinozio d
mmagine che lo rappresentava, e allora i Coribanti si abbandonavano a una gioia sfrenata e danzavano e coll’ armi si feriva
igogliosa e poi tosto appassisce e muore. La religione di Cibele ebbe una grande diffusione prima nelle provincie greche de
a pietra che era considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata nel tempi
no alla Dea portata sul carro tirato dai leoni, colla fronte cinta d’ una corona murale, a indicare ch’ essa era fondatrice
risce all’ introduzione del culto in Roma (fig. 54). In Vaticano v’ è una statua che rappresenta Cibele in trono, e un’ alt
ore e dell’ umido, porta a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per gli uomini, e a lei si riferiv
morale e civile. — Ma poichè la detta energia ha la sua sosta e quasi una temporanea cessazione nell’ in verno, così l’ imm
cita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus. A costei l’
a ancor nato, e perchè non aveva raggiunto la maturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo tempo; di qui
r la terra, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e più lieta. — Una bella legge
pampani o di edera) e fiaccole, ricingendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e di flauti facev
n serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e di flauti facevano una processione rumorosa detta tiaso (thiasus), danza
an luogo sul finir di Novembre o in principio del Dicembre; si faceva una processione col sacrifizio di un capro. Alla lest
nel Gennaio. Presso il Leneo, uno dei due templi di Dioniso, facevasi una solenne processione; si teneva un gran banchetto
teniesi e si celebrava con grande pompa. Durava più giorni e attirava una grande folla dai paesi vicini. In una grandiosa p
a. Durava più giorni e attirava una grande folla dai paesi vicini. In una grandiosa processione portavasi dal Leneo a un al
essione portavasi dal Leneo a un altro tempio, poi di nuovo al Leneo, una piccola immagine in legno del Dio, fra mezzo a li
lodi di questo Dio straordinario. Ricordiamo solo che Eschilo compose una trilogia intorno al mito di Licurgo, e trattò in
torto. In tutte queste statue e in altre molte apparisce Dioniso con una folta chioma, tutta a riccioli pendenti sulle spa
una folta chioma, tutta a riccioli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul corpo è
per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul corpo è posta una pelle ferina a tra verso il petto; in molti casi
verso il petto; in molti casi l’ unico vestimento. In mano il tirso e una coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia
varii monumenti, specialmente in basso rilievo. La fig. 59 riproduce una baccante giusta un rilievo marmoreo del Museo Cap
ti dalle ninfe; esse si lasciavano amare dai mortali, ma ne esigevano una irreprensibile fedeltà; onde ad es. Dafni, il bel
, orgoglio della sua isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice di una ninfa, poichè l’ abbandonò per essersi lasciato s
anti la sua sorte infelice. A volte si attribuiva a opera delle ninfe una alterazione o sovreccitazione a cui taluno si tro
Ma Narciso fu punito da Afrodite, perchè accostatosi per dissetarsi a una chiara fontana sull’ Elicone, s’ innamorò dell’ i
onsunto dal dolore. Il fiore a cui diè nome è rimasto come simbolo di una bellezza senza cuore. 3º Le Ninfe delle piante, d
oggetto di culto in molte regioni della Grecia, specialmente là dove una natura rigogliosa e tranquilla suggeriva l’ idea
o colla presenza delle ninfe. Le leggenda di Dafni è ricordata più d’ una volta da Teocrito ne’ suoi idillii, e diè poi arg
acqua, conchiglie. — Non infrequenti sono anche le statue di Narciso; una bellissima possiede il Museo di Napoli, in bronzo
di bestiale, naso rincagnato, capelli arruffati, orecchie caprine, e una codetta dietro o da cavallo o da capra, con tutte
forma di spiriti folletti, spaventassero la gente. 2. Ebbero i Satiri una ben notevole importanza nella letteratura greca,
ti, ora raccolgon l’ uva, la torchiano, bevon vino e s’ abbandonano a una festosa ebbrezza. Molte statue di Satiri trovansi
futuro. Ma l’ antica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì di una moltitudine di Sileni. Probabilmente si son qui f
era avido di nuove ricchezze, e questa passione lo portò a commettere una grande sciocchezza. Un giorno il vecchio Sileno,
n’ altra leggenda relativa a Mida era quella che lo faceva arbitro in una contesa musicale tra Pane ed Apollo; si narra va
are tale deformità e pur non potendo tenerla nascosta, scavo in terra una fossa e mormorò dentro di quella quali orecchie a
ra il Sileno, come altre figure del corteo bacchico, porta il tirso e una corona d’ edera e pampini. La fig. 64 ci dà un
ni. La fig. 64 ci dà un saggio della rappresentazione di Marsia. È una celebre statua del Museo Lateranense, creduta imi
asi che è fosse nato co’ piedi di capra, con due corna sulla fronte e una lunga barba e col corpo tutto peloso. La madre ri
antichi il suo nome (pan=tutto); laddove in verità esso proveniva da una radice significante pascolo, pascolare. Allevato
’ invenzione della zampogna, attribuita a Pane, diè anche occasione a una graziosa leggenda. Si favoleggiò ch’ egli fosse i
e a una graziosa leggenda. Si favoleggiò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia e l
lotta contro i Titani, giacchè appena egli aveva cominciato a sonare una tromba di conchiglia da lui trovata, i Titani era
Apollo fu pensato anche per via della musica; anzi si narrò anche d’ una gara musicale con Apollo, sedendo giudice il Tmol
ara musicale con Apollo, sedendo giudice il Tmolo, monte della Lidia; una evidente ripetizione della gara tra Marsia ed Apo
Marsia ed Apollo. L’ elemento orgiastico, la tendenza al chiasso e a una selvaggia eccitazione d’ animo che è inerente all
re con loro scambiato. Anzi l’ immaginazione fu tratta a creare tutta una famiglia di Pani o Panischi, genii dei boschi, da
toria fu il timor panico onde i nemici furono presi. D’ allora in poi una grotta nelle vicinanze di Atene fu consacrata a P
fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una corsa di fiaccole. Gli animali che solitamente si
za al Dio sonatore e danzatore. Gli scolii alla Terza Pitia ricordano una poesia perduta di Pindaro a Pane in cui lo si inv
sset fundere musam. 44 Anche Silio Italico nel 13o delle Puniche ha una rappresentazione veramente scultoria di Pane, fac
te scultoria di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia di una corona di pino, con le due corna rosse che scappa
; in mano un baston da pastore e il lato sinistro del corpo velato da una pelle di daino. Non v’ è balza così ripida e impr
tra i pascoli intorno intorno. Nell’ arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei
ll’ arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’ arte greca
barba e piedi caprini. Esempio ce n’ offre la fig. 65 che è tolta da una pittura murale trovata ad Ercolano. Gli attributi
ne, Priapo e le ninfe. In arte lo rappresentavano come un vecchio con una corona di pino in testa e un ramo della stessa pi
a stessa pianta nella mano sinistra, la quale talvolta sostiene anche una pelle ferina piena di frutti; nella destra un col
so di tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine di Fauni, com’ era avvenuto per Silen
ravansi il 15 Febbraio a Roma. Il santuario di Faunus Lupercus era in una grotta del Palatino detta appunto Lupercal, quell
con quelle striscie la gente che si faceva loro incontro. Era questa una cerimonia d’ espiazione che si credeva douasse pr
a quale la descrive vivamente Orazio nell’ 8a satira del primo libro, una specie di erina in legno con una roncola in mano
zio nell’ 8a satira del primo libro, una specie di erina in legno con una roncola in mano contro i ladri e un fascio di can
terminato che nei primi anni della repubblica. Sotto il tempio v’ era una camera dove si custodiva il tesoro dello Stato, i
ella dei Saturnali. Aveva luogo dal 17 al 19 Dicembre. In quei giorni una sfrenata allegria dominava in tutta Roma, ricordo
o infine a rallegrare il popolo i giochi del Circo. Insomma era tutta una festa di gioia per la città e più specialmente pe
e un vecchio e suo costante attributo è il. coltello da giardiniere o una piccola falce. b) Vertunno e Pomona. 1. Alt
ore di viti, or pescatore, sempre senza frutto; infine prese forma d’ una vecchia, entrò nel suo orto, lodo frutti maturi c
lla natura come ricco di bellezza così importante di effetti, giacchè una buona fioritura è la condizione prima di una buon
ante di effetti, giacchè una buona fioritura è la condizione prima di una buona annata. Ed essendo dea dei flori, Flora pro
ste celebrate in suo onore. In arte soleva costei rappresentarsi come una giovane nel fiore dell’ età, con corone di flori
va connesso il nome del Palatium o monte Palatino, sede in origine di una tribù di pastori latini, i quali formarono il pri
ondazione di Roma. Le Palilie erano feste campestri e consistevano in una serie di atti rivolti a purificare il bestiame e
che vollero consecrati a un Dio i confini che la segnavano. Si faceva una festa annua, il 23 Febbraio, detta Terminalia, in
in occasion della quale si incoronavano i termini e si offrira al Dio una focaccia o anche un agnello o un porcellino. Oltr
sotto la sua protezione anche i confini dello Stato; come tale aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, e
l tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termine; giacchè narravasi che allorqua
e il concetto di questo Dio; ma non sappiamo che lo si immaginasse in una particolar figura, nè che l’ arte l’ abbia rappre
sa era propriamente la dea delle biade, ma in genere le si attribuiva una sovranità assoluta su tutto ciò che concerne l’ a
rsa nel suo dolore, mentre intanto cessava la fertilità della terra e una universale carestia minacciava di sterminare l’ u
spetto era più che di donna, e la regina stessa sentivasi inclinata a una cotal soggezione e rispetto in presenza di lei; p
a imperitura sarà la sua gloria perchè ha riposato sulle ginocchia d’ una dea. In così dire svela a Metanira e a Celeo l’ e
letargo hivernale. Queste duravano ben nove giorni e consistevano in una serie di riti, cerimonie, pubbliche preghiere e p
col progresso di tempo anche questi s’ ammisero. Gli ammessi facevano una specie di noviziato; appunto le piccole Eleusinie
facevano una specie di noviziato; appunto le piccole Eleusinie erano una specie di preparazione, senza cui non si poteva p
Demetra; giacchè poco dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione di una carestia, per suggerimento dei libri sibillini, f
rimonie, anche con giuochi del Circo. Tali feste erano inaugurate con una solenne processione alla quale prendevano parte t
e perche rappresenta le più antiche tradizioni del culto eleusinio in una redazione già del tutto compiuta. L’ Elena d’ Eur
e Trittolemo è fatto figlio di Celeo, e la Dea l’ avrebbe guarito da una grave malattia per guadagnarlo poi al suo culto.
no e dalla corona di spighe che generalmente porta in testa; anche ha una fiaccola e una scatola chiusa, la così detta cist
na di spighe che generalmente porta in testa; anche ha una fiaccola e una scatola chiusa, la così detta cista mistica. La p
o. Giacchè come moglie del tenebroso re dell’ Inferno, anch’ essa era una potenza tenebrosa, colei che ogni essere vivo tra
e leggende si formarono, Persefone aveva un doppio aspetto, quello d’ una gentil fanciulla che risorge ogni anno a nuova vi
supposto sempre che l’ uomo si renda degno di questa vita felice con una condotta retta e approvata dagli Dei. Templi spec
nella Villa Borghese a Roma. Gli si poneva in mano anche lo scettro e una cornucopia. Il bidente che si vede in alcune stat
ia, come si descrive nel 20º canto, avendo Posidone dato col tridente una tremenda scossa alla terra, dicesi che Ade saltas
nno, non era ancor concepito come parte dell’ Inferno, ma era creduto una terra posta all’ estremo Occidente (detta l’ iso
ere di qua su per molte entrature, giacchè dapertutto dove si trovava una caverna, una lenditura che paresse internarsi nel
per molte entrature, giacchè dapertutto dove si trovava una caverna, una lenditura che paresse internarsi nelle viscere de
d’ aver offeso Zeus, ha avuto la pena di essere legato mani e piedi a una ruota che sempre gira. Infine le Danaidi, ossia l
sia le cinquanta figlie di Danao, ebe per ordine del padre avevano in una notte ucciso i loro mariti, erano condannate ad a
predizione a lui fatta de’ suoi casi futuri. Qui però non si parla di una discesa all’ inferno; son l’ ombre che evocate da
e a sfuggir loro; le fiaccole ch’ esse portano in mano rischiarano d’ una sinistra luce i passi di lui, e il tormento suo n
altro s’ appropriarono i concetti e le leggende ad esse relative. Ma una vera Deità italica rispondente alla greca non par
re ci fosse; si ricorda bensì un lucus Furinae, cioè un bosco sacro a una dea Furina; ma se questa dea Furina avesse nulla
rge dalla bocca e digrignano i denti; le vesti nere sono tenute su da una cintura rosseggiante di sangue. Il loro coro cant
ici, si modifico il concetto di Ecate; chè essa venne riguardata come una regina della natura, dominatrice nei tre regni de
i ufficiale riconoscimento. Ancora Diocleziano costruiva in Antiochia una cripta per il culto sotterraneo di Ecate, alla qu
r un’ idea di queste rappresentazioni gioverà la fig. 70 riproducente una statuetta in bronzo del Museo Capitolino. La figu
tuetta in bronzo del Museo Capitolino. La figura di mezzo ha in testa una berretta frigia con un diadema di sette raggi, ti
la figura di sinistra ha in ambe le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra
sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave e una fune o rappresenta la portinaia dell
una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave e una fune o rappresenta la portinaia dell’ inferno, in
ll’ estremo Occidente. La loro abitazione si diceva avesse due porte, una di corno l’ altra d’ avorio; dall’ ultima, essend
risparmiando i polpacci di chi tenta sfuggirgli; ora si pensava come una figura dall’ ali nere che intorno vola a sorprend
i tiranni di Corinto) era impressa la Notte che portava in braccio da una parte un fanciullo nero, dall’ altra un fanciullo
veva i suoi Penati, ma anche lo Stato, considerato dagli antichi come una grande famiglia. Già s’ è accennato (p. 111) al t
le case si facevano dal capofamiglia, giacchè attribuivasi a tali Dei una grande influenza sulla prosperità dello Stato. Nè
torico delle cose di Roma, assicura di aver visto in un antico tempio una rappresentazione di Dei Penati, in figura di due
igura di due giovanetti dall’ abito militare. Anche ora si può vedero una rappresentazione simile su una moneta dell’ età r
bito militare. Anche ora si può vedero una rappresentazione simile su una moneta dell’ età repubblicana, appartenente alla
ita e mettendo in bocca fave nere che poi gettava dietro sè ripetendo una certa formola di scongiuro. Si credeva che le omb
ologo bellissimo, che montre fa capire l’ argomento della Commedia dà una chiara idea dei rapporti che si supponevano tra i
uaria soleva rappresentare i Lares come giovani danzanti, con in mano una patera sacrificale o un orciuolo, e dall’ altra u
tera o nell’ orciuolo il liquido sprizzante. Si foggiavano vestiti d’ una tunica ornata di striscie di porpora stretta ai f
nelle pitture murali di Pompei o in bronzo. La fig. 71, raffigurante una statuetta di bronzo trovata a Roma, può darcene c
ari permarini a cui fu eretto un tempio nel campo Marzio in seguito a una vittoria navale (a. 575 di R., 179 av. C.) e che
ncora più ricca della teologica. 2. Come tra Dei e Genii si supponeva una differenza solo di grado, facendo i Genii inferio
ma questi son certo il numero minore; altri, molto più numerosi, sono una semplice creazione della fantasia; altri infine,
rsene felici nell’ isola dei beati, sotto il governo di Crono. Allora una cotal venerazione si aveva agli Eroi, e si può pa
Allora una cotal venerazione si aveva agli Eroi, e si può parlare di una religione degli Eroi, come si parlava di una reli
roi, e si può parlare di una religione degli Eroi, come si parlava di una religione dei morti; pero non mai più di tanto, s
l soffio della vita, l’ anima. Ancor più tardi a Prometeo si sostitui una dea Prometea, ossia la Cura, e si fecero così gli
e, Zeus puni l’ autore di questa profanazione facendolo incatenare su una rupe nei monti della Scizia e ordinando che ogni
asceva. Alla fine Eracle lo liberò dalle catene dopo avere ucciso con una freccia l’ aquila, e avendo il centauro Chirone a
d’ innumerevoli guai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna; gli Dei andarono a gara pe
adri; così da tutti donata fu chiamata Pandora. Zeus però le consegnò una scatola chiusa dove si trovavano tutti i mali; e
à di animo; rimanevan fanciulli fino a tarda età e s’ impigri vano in una morbosa sonnolenza. Trascuravan persino di render
ertito da suo padre dell’ intenzione che Zeus aveva di sterminare con una generale inondazione tutti i viventi, Deucalione
e. — Nella statuaria Prometeo plasmatore veniva raffigurato seduto su una rupe, con davanti a sè una figura fatta di terra,
eo plasmatore veniva raffigurato seduto su una rupe, con davanti a sè una figura fatta di terra, nell’ atto che questa vien
questa viene animata da Atena; il che è rappresentato col simbolo di una farfalla posta da Atena sulla testa della figura.
udine, di dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura di Prometeo con una cannuccia in mano, pronto a rapire il fuoco. Da u
a di Prometeo con una cannuccia in mano, pronto a rapire il fuoco. Da una parte si vede una coppia di uomini, maschio e fem
una cannuccia in mano, pronto a rapire il fuoco. Da una parte si vede una coppia di uomini, maschio e femmina; forse sono D
l Pelio. Questi ultimi si dicevano figli di Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somiglianza di Era. La
bro dal vino, fè atto di rapire con violenza la sposa; ciò dà luogo a una zuffa che diventa a mano a mano più fiera, infin
i Centauri per levarlo di mezzo furono obbligati a seppellirlo sotto una catasta di alberi. In leggende posteriori i Centa
store e Polideuce, Teseo, Nestore, Meleagro, Diomede, ecc. Abitava in una caverna dei Pelio, ma dopo la cacciata dei Centau
eva avesse posto sede sul promontorio Malea. Ferito per disgrazia con una delle freccie avvelenate del suo amico Eracle, ri
itannico di Londra; sono varie scene, ora è un centauro che porta via una donna da lui rapita tenendola strettamente abbrac
e n’ ebbe in risposta, tralasciasse di cercar la sorella, ma seguisse una vacca con macchie sul fianchi a forma di mezzalun
he egli avrebbe incontrato, e dov’ essa si fosse posata, ivi fondasse una città. Cadmo obbedi a quest’ ordine, e trovata ne
mò, ivi fondò la città detta da lui Cadmea, che più tardi fu Tebe. Ma una pericolosa avventura ivi attendevalo. Apparecchia
la vacca a Zeus, avendo mandato i suoi compagni ad attingere acqua ad una fonte vicina per le libagioni, un drago sacro a M
nti di quel drago. Ed ecco ben presto spuntar fuori dalla terra tutta una falange d’ uomini armati, i quali cominciano a lo
cui ancora Omero non sa nulla. Piuttosto è da credere che Cadmo fosse una specie di Ermes tebano, venerato dai Tebani come
eco del Museo di Napoli, ove Cadmo è raffigurato in atto di scagliare una pietra sul drago, mentre dietro lui sta Atena che
drago, mentre dietro lui sta Atena che dirige i suoi colpi, e davanti una figura seduta che personifica la nuova città che
oveniente dalla città di Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo aveva una figliuola di straordinaria bellezza, chiamata Ant
altra leggenda, Dirce essendo andata sul Citerone per prender parte a una festa bacchica, ivi trovò la schiava fuggitale; s
a cui ella voleva condannata Antiope; ne gettarono poi il cadavere in una fonte presso Tebe che da lei fu denominata Dircea
uono dolcissimo della lira moveva le pietre, si che da sè si ponevano una sopra l’ altra dove occorreva. Ancora son dalla l
chi e sei feminine secondo alcuni, secondo altri dieci per sorta. Era una famiglia felice, e i tanti figli com’ erano la gi
ne’ suoi rapporti domestici fu Zeto. Egli sposò Aedona (l’ usignolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno di Tantal
è vestita e altre cose indicano che il fatto avviene in occasione di una festa bacchica, come si suppone nella tragedia eu
atteggiamenti; un giovane giace morto; un altro si reclina moribondo; una figlia spira pietosamente sostenuta dal fratello.
Le leggende relative a Sisifo concorrono a tratteggiarlo come eroe di una straordinaria scaltrezza. Quando Zeus rapì da Fli
o e rivelatolo al padre; cio a condizione che Asopo facesse scaturire una fonte nella cittadella di Corinto; di qui la cele
e che gli fu consentito di tornare in vita per castigar la moglie; ma una volta vivo egli non volle più scendere all’ altro
ari che senza posa ondeggiando ne sferzano gli scogli e i monti dall’ una e dall’ altra parte, renderebbe probabile che le
Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio di questo carattere in una tragedia, sia il lato umoristico in un dramma sat
di Posidone e negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potnia diè argomento a una tragedia di Eschilo; e le disgraziate quadrighe d
usa (giacchè l’ uccisione attribuitagli di un cotal Bellero non è che una leggenda assai tarda originata dalla etimologia s
, pensò mandar Bellerofonte al suo suocero Jobate re della Licia, con una tavoletta suggellata, entrovi dei segni segreti p
i posti sulle rive dell’ Egeo; vedremo che si favoleggiava persino di una venuta delle Amazoni in Attica dove Teseo ebbe a
ciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano di una parte della Licia. Non molto però potè godere Bel
origine del mito di Bellerofonte, indubbiamente si troverà che esso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio di
ià nel sesto dell’ Iliade (v. 150-211). Poi si sa che Sofocle compose una tragedia intitolata Jobate, ed Euripide una su St
si sa che Sofocle compose una tragedia intitolata Jobate, ed Euripide una su Stenebea. Allusioni a questo eroe e alle sue v
rvasi nel Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una delle più trattate dai greci scultori. Le solevan
e quasi sempre di bipenne e di scudo a mezzaluna. Plinio racconta che una volta Fidia, Policleto, Fradmone e Cresila, per d
fecero a gara chi scolpisse la più bella Amazone. Vinse Policleto con una statua di bronzo che fu conservata parecchio temp
me quella celebre che è nella raccolta Capitolina (fig. 79); si crede una copia derivata dall’ originale del sunnominato Cr
innamorò. Di che accortasi la gelosa Era, mutò la sua sacerdotessa in una bianca vacca e l’ affidò alla custodia di Argo da
però come l’ avvenente fanciulla che era da principio; ed è tolta da una pittura murale che fu trovata nella casa di Livia
anaidi. 1. Epafo, il figlio di Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola, di nome Libia (Libya). Costei sposata
itto. Ora Belo ebbe alla sua volta da Anchirroe (la lonte scorrente), una figlia del Nilo, due figliuoli, Egitto e Danao, d
te delle nozze uccidesse il proprio consorte. Così fecero tutte salvo una Ipermnestra, la quale salvò il suo sposo Linceo.
gare equestri in onor d’ Era, nelle quali premio ai vincitori era non una corona ma uno scudo. Linceo fu anche ricordato co
moglie, e lo rimandò a Tirinto, dove gli fè costruire da operai licii una forte cittadella, assicurandogli così il possesso
aggio degli uccelli. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insiem
nacque poi il celebre vate Anfiarao. d) Perseo. 1. Acrisio ebbe una figliuola di nome Danae. Di costei prese vaghezza
gli avrebbe avuto morte per opera d’ un suo nipote, richiuse Danae in una caverna sotterranea. Onde volendo ivi penetrare Z
isio venne a saper questo, tutto ira, pose sua figlia e il bambino in una cassetta e questa fè gettare in mare, persuaso di
i decreti degli Dei? La cassetta si diresse verso l’ isola di Serifo, una delle Cicladi, un pescatore a nome Ditti (Dictys)
o poi la vendetta di Perseo, fatto omai grandicello, pensò affidargli una pericolosa avventura per liberarsene, e gli diè o
tentar l’ avventura pericolosa, cioè un elmo che rendeva invisibile, una magica sacca di viaggio e un paio di calzari alat
cui si dovevano servire alternatamente. Inoltre Perseo ebbe da Ermes una falce e da Atena uno specchio. Con queste istruzi
ra re d’ Etiopia un tal Cefeo, e Cassiepea era la sua moglie; avevano una figliuola assai bella, di nome Andromeda. Ora ess
ro a Posidone per ottener vendetta. Posidone colpi prima il paese con una grande innondazione, poi mandò un enorme e terrib
di Micene, e per via dei figliuoli natigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, giacc
itare rappresentino anch’ essi il lampo e il tuono? Sicchè tu hai qui una rappresentazione della grande lotta fra gli eleme
o entrarono nel dominio della letteratura e dell’ arte. Già Esiodo ha una quasi compiuta esposizione del mito nella Teogoni
rsi, il primo in un’ Andromeda e un Acrisio in Larissa, il secondo in una Danae, in un’ Andromeda e un’ altra intitolata da
lli, Polluce era un bravo pugilatore e anche cavalcatore. Essi fecero una spedizione di guerra contro Teseo che aveva rapit
zate ai figli di Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune d’ una mandra di giovenchi, per la divisione del quale n
udine ai Dioscuri per essere stato da loro salvato da certa morte. In una poesia scritta in onor di Scopa, della famiglia d
ini; a che contribuiva il fatto di essere i Dioscuri identificati con una costellazione, i lucida sidera fratres Helenae
eva rappresentare i Dioscuri come bel giovani, solitamente nudi o con una leggiera clamide in atto di tener in freno indomi
miti cavalli. Portavano in testa un berretto semi-ovale sormontato da una stella. I colossi di Monte Cavallo a Roma, sono t
Dioscuri; veramente non un lavoro originale di scalpello greco, bensì una copia ricavata da modelli in bronzo, ma in ogni m
greco, bensì una copia ricavata da modelli in bronzo, ma in ogni modo una copia fatta bene e forse dell’ eta di Augusto. A
a sua nascita Gea l’ affidò alla dea Pallade, e questa consegnollo in una cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie di C
ia da quest’ invasione se non sacrificando, per ordine dell’ oracolo, una delle sue figliuole agli Dei infernali; solo dopo
artisti attici. I Mezionidi in genere erano in Attica menzionati come una corporazione d’ artefici. 2. Venendo a dire più p
e che Teseo figlio del mare e di Etra, ossia l’ aria serena, è ancora una personificazione del sole che sorge dal mar d’ Or
a quel momento iniziò la sua vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una serie di fatti eroici. Generalmente se ne contano
sto, rozzo come il padre, che aggrediva i viandanti e li uccideva con una mazza di ferro (perciò detto Corinete, dalla voce
poi a sè i pini faceva che le persone venissero squartate. 3º Uccise una selvaggia e pericolosa scrofa che infestava il bo
nascosto da Minosse nel labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo di una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato appu
i Dioniso ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophoria), consistenti in una gara di corsa in cui venti giovani portavano tral
corsa in cui venti giovani portavano tralci di vite con grappoli e in una processione dal tempio d’ Atena a quello di Dioni
ine dell’ estate la dipartita di Apollo. Politicamente Teseo riunì in una comunità le varie regioni dell’ Attica, e istituì
incipe dei Lapiti nella guerra contro i Centauri (v. pag. 306); 3º in una spedizione a Creta, rapi Elena, la sorella dei Di
tà di Afidna ov’ ella era rinchiusa. 5º Insiem con Eracle, Teseo fece una spedizione contro le Amazoni, ed ebbe come premio
uello ch’ era denominato Theseum, è cosa dubbia. Inoltre fu istituita una festa speciale, denominata le Tesee, che celebrav
ramma satirico fu composto da Euripide sull’ avventura di Schirone. È una biografia regolare, come si trattasse d’ una figu
avventura di Schirone. È una biografia regolare, come si trattasse d’ una figura storica in tutti i suoi particolari, scris
ia qui a fare con astri celesti divinizzati è ben probabile. Europa è una dea lunare che è inseguita dal Dio del cielo in f
do in quando a segreto colloquio, die’ savie leggi ai Cretesi e fondò una potente signoria che si estese a molte isole dell
fu egli stesso ucciso per istigazione delle figlie di Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma di tarda formazione, Minosse di
ià si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di cui una , Erope, sposa prima a Plistene poi ad Atreo, fu m
espiro. Ma aveva anch’ egli il suo lato debole e ne fu vittima. Aveva una vena unica che dalla, testa scendeva sino ai tall
stesso tema si vede trattato in pitture vascolari, fra cui ricordiamo una bellissima su un vaso apulo rappresentante Talo c
ero e intrecciarono tante altre e greche e orientali, che n’ è venuta una complicazione grandissima. Noi dobbiamo limitarci
e cercar rifugio in Tebe ove il re Creonte l’ accolse. Di qui mosse a una guerra contro i Teleboi o Tafi, colpevoli di aver
con nove teste (il numero varia, alcuni dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni di di Lerna nell’
ne davanti a lui, n’ ebbe egli tanta paura che corse a nascondersi in una botte. Con quest’ avventura di Eracle si connette
onchè, in assenza di Augia, i Molionidi Eurito e Cteato sorpresero in una gola quest’ esercito e lo sconfissero. Tanto più
le dovè per vincerlo tenerlo sollevato da terra e soffocarlo così con una stretta delle sue braccia poderose. Altri nemici
tenesse egli la volta del cielo. E qui un’ avventura comica. Atlante, una volta che si senti libero dal peso del mondo, non
Ifito. Tale guerra contro i Pilii fu dai poeti posteriori narrata con una folia di particolari, e vennero introdotti a comb
dell’ eroe; infine come toro perdette uno dei corni, che riempito da una ninfa di flori e frutti diventò il Corno dell’ ab
ore del marito coll’ unguento avuto da Nesso, mandò in dono ad Eracle una bianca veste intrisa di quell’ unguento. L’ eroe
ccie. Mentre il rogo ardeva, ecco fra lo scrosciar dei tuoni comparir una nuvola in cielo, e un cocchio guidato da Atena ac
nvece Eracle che compie le dodici fatiche che altro può essere se non una forza benefica la quale lotta contro gli ostacoli
per le pendici del monte stesso un ladrone per nome Caco, abitante in una grotta dell’ Aventino presso il Tevere, gli tolse
orno il pretore offrisse a Ercole, in nome della città, un giovenco o una giovenca, e anche i privati, in caso di guadagno,
dar Pindaro, che nella prima Nemea a lodare un valoroso, vincitore in una lotta equestre, celebra con nobil arte la lotta d
della vita deva scegliere e percorrere, se quella del piacere che da una donna apparsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vie
tendo con invitta costanza le battaglie della vita, si rende degno d’ una gloria immortale. In tal senso Orazio parla di lu
ppresentava Ercole solo, per lo più si cercava rendere l’ immagine di una forza straordinaria; quindi testa piccola e collo
sinistra in aria mesta e pensierosa. Altro capolavoro di Lisippo era una statuetta, quasi ninnolo da mensa, detta perciò e
zio e ammirò come parvus (Hercules) videri sentirique ingens 51. In una grandiosa composizione Lisippo rappresentò anche
’ opera di Glicone Ateniese; ma alcuni credono si abbia qui piuttosto una copia od imitazione di qualche statua di Lisippo.
o II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte di una grande figura sedente, della quale rimangono solo
della quale rimangono solo il torace e le cosce; ma questa reliquia è una delle più belle cose pervenuteci dall’ antichità,
ne che riguardano spaventati. Nel Museo di Napoli si ammira ancor ora una pittura di Ercolano sullo stesso soggetto, e una
si ammira ancor ora una pittura di Ercolano sullo stesso soggetto, e una statuetta di scena analoga è nella Galleria degli
vasi di Volci e altri. L’ incontro col centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeiana che è nel Museo di Napoli; l’ e
a di Ercole col gigante Anteo; e della liberazione di Prometeo esiste una bella rappresentazione in un sarcofago provenient
con Atlante, il reggitore del mondo, giovi la fig. 86, rappresentante una celebre statua del Museo Nazionale di Napoli. — T
ia. Loro figlio era Meleagro, l’ eroe degli Etoli. Ora avendo Eneo in una solenne festa, celebrata in seguito ad abbondante
n tipo di bellezza e di forza insieme. La figura 87 riproduce appunto una statua di questo genere, conservata nel Museo Vat
della leggenda degli Argonauti; epperò anche qui siamo in presenza d’ una favola relativa a non fatto regionale che a poco
onseguenza di tutto ciò, riportare dall’ estero il vello d’ oro, come una specie di talismano atto a liberare la patria dai
tando Ino e i figli avuti da lei, prese Learco e lo scaraventò contro una rupe; scampò Ino coll’ altro figlio Melicerte sal
spedizione degli Argonauti. Giasone fe’ costruire nel portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal nome del suo costr
Anfiarao ed Eracle stesso; il quale ultimo però, per non assegnargli una parte troppo secondaria, s’ immaginò che si ritir
evolmente accolti da Cizico, re dei Dolioni. Partiti di là, furono da una notturna tempesta risospinti a Cizico, e qui non
aprivano e si chiudevano, e con tanta velocità che ben difficilmente una nave poteva passarvi di mezzo. Così istruiti gli
arono su tanti guerrieri, egli per consiglio di Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ essi ciechi di furore volsero
figlia del re Creonte, Medea per vendicarsi mande in dono alla sposa una veste e un diadema, che essendo avvelenati la fec
e Argo che gli si sfracellò addosso. 2. La leggenda degli Argonauti è una di quelle che offrirono più copiosi materiali all
Pelia. Anche la così detta Cesta del Ficoroni nel Collegio Romano ha una notevole rappresentazione dello sbarco in Bitinia
hiere che era con Laio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne nasce una contesa, nella quale Edipo uccide Laio e tutti qu
a, mandato da Era, adirata contro Laio, a infestar Tebe. E postasi su una rupe alle porte della città obbligava i passanti
figlia di Iperfante, sposata da lui dopo Giocasta. Dopo qualche tempo una terribile pestilenza venne a infierire in Tebe e
po morte con divini onori, queste avventure formarono l’ argomento di una poesia intitolata « Alcmeonide ». Fra i poeti lir
e tebane. Pelope richiamato in vita da Ermes, sostituitagli in avorio una spalla che Demetra già aveva consumata, peregrino
alla famiglia degli Eacidi. Eaco era un altro figlio di Zeus, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era re dell’ isola di
liuola del fiume Asopo. Era re dell’ isola di Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro Chirone. Per la sua pietà e b
auro Chirone. Per la sua pietà e bontà era caro agli Dei. Desolata da una peste la sua isola e spoglia d’ abitanti, ottenne
uritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte del suo dominio. Più tardi prese part
o tor di mezzo Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli, stanco d’ una caccia, s’ era addormentato sul monte Pelio, e to
Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla quale egli p
Astidamia. In ricompensa poi della sua castità gli diedero in moglie una formosissima Nereide, Tetide (Tetis); nella quale
; e Posidone donò a Peleo i cavalli Xanto e Balio, e l’ amico Chirone una pesante asta di effetti miracolosi. Da queste noz
io, così come era avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è questa una leggenda che Omero ancora non conosceva. Achille
di Ulisse. — Telamone, il fratello di Peleo, fuggendo da Egina, trovò una nuova patria in Salamina, ove il re Cicreo (Cychr
o, che, fuggito da Calidone e accolto da Adrasto re d’ Argo e sposata una figlia di lui, prese parte con lui alla guerra de
tenuto dal re Teucro il terreno per fabbricarvi la città Dardania. Da una figlia di Teucro, Dardano ebbe un figliuolo, Erit
ua grazia; il dimane trovò davanti la sua tenda il celebre Palladion, una statua in legno di Pallade Atena, al cui possesso
a questo re si sia tirato addosso sciagure e calamità, e infine anche una grossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la
fece di nuovo rifiorire il regno e colla moglie Ecuba (Hecabe) generò una numerosa famiglia. Il figlio maggiore e il più ce
sere stata invitata alle nozze di Peleo e Tetide, si vendicò destando una contesa intorno ad una mela su cui si trovava que
e nozze di Peleo e Tetide, si vendicò destando una contesa intorno ad una mela su cui si trovava quest’ iscrizione: « alla
esti fosse assalito. In breve si raccolse nel portò beotico di Aulide una ragguardevole flotta disposta a salpare verso ori
aveva allestito più di cento navi. Senonchè avendo Agamennone ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando
gamennone ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva di salpare. L’ indovi
ere immolata, quando d’ un tratto Artemide la sottrasse sostituendole una cerva, e la trasportò in Tauride per farla sacerd
he il Dio Apollo infesto il campo Acheo di grave pestilenza. Tenutasi una popolare adunanza per provvedere a questo guaio,
ico, e per mezzo della sua divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nuova armatura, scese di nuovo in campo, e allora
ente, era venuta l’ ora anche per lui. In un assalto alla porta Scea, una delle principali porte di Troia, mentre già egli
lo colpiva un dardo scagliato da Paride e diretto da Apollo. Secondo una leggenda posteriore, mentre festeggiava il suo sp
che erano in possesso di Filottete rimasto a Lenno. Ulisse organizzò una spedizione con Diomede, secondo altri con Neottol
te a Troia; il quale fu poi guarito della sua piaga da Macaone, e con una delle sue freccie uccise Paride, la cagion prima
tato di danno ai Troiani se l’ avessero offeso, per contro diverrebbe una salvaguardia della città se l’ avessero accolto e
de’ ragazzi li soffocarono tra le loro spire. Ai Troiani parve questo una punizione inflitta dagli Dei a Laocoonte per il c
irono dal cavallo i trenta guerrieri che v’ erano nascosti e apersero una porta della città; così prima che i Troiani avess
potuto dar l’ allarme, l’ esercito greco penetrò in Troia e cominciò una terribile strage e saccheggio, a cui vana resiste
toccata ad Agamennone. Dopo un viaggio non infelice, scampato anzi a una furiosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ E
ire ma anche l’ infelicità di non essere mai creduta, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non er
one e Clitennestra, al tempo della spaventosa catastrofe era stato da una sorella maggiore, Elettra, portato via e condotto
Strofio che era quasi coetaneo, e a poco a poco si contrasse tra loro una stretta amicizia, la quale si mantenne poi così c
alla guerra di Troia. Appresso narrasi, che Diomede colto in mare da una tempesta fosse sbalzato nelle coste italiane, e i
tempesta fosse sbalzato nelle coste italiane, e ivi prendesse parte a una guerra dei Dauni contro i Messapi, e v’ ottenesse
lasciata di nuovo la patria, si recò nell’ isola di Cipro e ivi fondò una nuova Salamina, ove si stanziò co’ suoi. Ma la se
omini. b) Partitosi di là, stava girando il promontorio Malea, quando una tempesta lo colse e spinse in alto mare. Dopo nov
tò nel paese dei Lestrigoni, giganti e antropofagi. Costoro abitavano una terra dove le notti erano così chiare che chi pot
del sonno, avrebbe potuto guadagnare doppia mercede giornaliera. Con una sola nave riuscì Ulisse a fuggire da questo paese
ia siano rispettate le mandre di Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la quale gli diede avvisi
la sprofonda nelle onde; annegarono tutti salvo Ulisse che afferrata una trave galleggiò sbattuto dall’ onde per nove gior
rono giochi in segno di festa; egli racconto le sue avventure; infine una nave dei Feaci ricondusse l’ avventuroso eroe all
grado di tendere il grand’ arco di Ulisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia attraverso dodici anelli di ferro. Ulisse
ce, con venti navi salpò dal portò di Antandro per andare in cerca d’ una nuova patria. Le vicende assegnate ad Enea furono
urono dalla tradizione modellate in parte su quelle di Ulisse; quindi una certa somiglianza. Prima visitò la Tracia, poi l’
portato da Troia con Neottolemo, alla morte di questo, aveva ottenuto una parte del regno di lui e sposato Andromaca, la ve
e Anchise cui egli seppelli sul monte Erice. Rimessosi in mare, lu da una nuova tempesta sbalzato sulle coste d’ Africa ove
Latino l’ accolse benignamente cedendogli spazio per la fondazione d’ una nuova città, e la mano della propria figliuola, L
endo, il gran poeta mantovano, la cui Eneide contiene nei primi libri una magistrale descrizione della caduta di Troia, la
elope ed Ippodamia, a destra Enomao con la moglie Sterope; seguono da una parte e dall’ altra le quadrighe e altre figure s
o va ricordato il celebre gruppo di Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna presso le terme di Tito a Roma, e da papa G
. Lo stesso serpente colle estreme spire della coda allaccia in basso una gamba dei figli di sinistra, mentre l’ altro serp
di dolorosa rassegnazione, sì che par voglia chiedere agli Dei perchè una sorte si crudele sia toccata a lui devoto sacerdo
o di un altro guerriero. Ne esistono copie antiche in diversi luoghi, una è nella loggia dei Lanzi a Firenze (fig. 89). Si
alla fig. 90 un noto gruppo del Museo Ludovisi di Roma rappresentante una giovine donna colla chioma tagliata, che fa genti
iveggenza e saviezza, ma specialmente Melampo, il quale avendo curato una covata di serpenti dopo aver dato sepoltura ai lo
rgo, ed ivi avendo Melampo saputo guarire le figlie di Preto, ottenne una parte del regno e così diè origine alla dinastia
vrano nell’ arte di osservare il volo degli uccelli. Gli si assegnava una vecchiaia favolosa, dicendolo nato nei primordi d
 C. si indicava la sua tomba nelle vicinanze di Aliarto. Tiresia ebbe una figliuola, Manto, dotata anch’ essa della facoltà
artisti mitici il più celebre è Dedalo, del quale abbia in già detto una parola (cfr. pag. 360 e 370). Lavorò nell’ isola
lla letteratura e nell’ arte classica. Di Melampo si occupa Esiodo in una poesia speciale, la Melampodia. Tiresia già compa
è neanche il fuoco. » 15. Quei che tiene un bastone colla destra e una chiave colla sinistra. 16. En. 7, 26: « dall’ a
n non cale le nostre preghiere, perchè non abbia a puniri i Nemesi; è una Dea violenta; guardati dall’ offenderla. » 30.
ati la pittura dell’ Ariosto, Orl. Fur. 33, str. 120. Erano sette in una schiera, e tutte Volto di donna avean, pallide e
disagiata e pericolosa. 51. « Un Ercole piccolo a vedersi ma che fa una grande impressione. » 52. Così intitolata, dal n
5 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
ipale di quel mio lavoro fu quello di porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la quale fosse ricca di erudizione per
ia all’ onestà de’ costumi ; essendo che non è mica agevole ritrovare una Mitologia che insozzata non fosse o più o meno de
orrere, perchè dalla terra scorrono tutt’i fiumi ; e Vesta (Εστια) da una parola greca che vuol dir fuoco, come appresso di
lui si dovesse la signoria dell’universo, pure scorgendo nella madre una propensione pel fratello Satùrno, a questo la ced
no mostrando la sola Giunòne. Dicono che invece di Giove gli presentò una pietra avvolta in fasce, detta Abadir o Betile, l
ece padrone di buona parte del suo reame ; percui questi il regalò di una sì segnalata prudenza, che le future cose non men
nza degli augurii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola di Giano e di Venilia, chiamata Canènte
i servivano gli antichi per iscrivere. Essi intonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato di cera, sopra la quale i
a attribuite a Chiròne e ad Achille. Chiròne ebbe dalla ninfa Cariclo una figlia detta Ociroe (Οκυροη, Ocyroë) o Melanippe,
a mentre maneggiava le armi di Ercole, ferito per caso in un piede da una saetta intinta nel sangue dell’idra di Lerna, imp
che un immortale avesse voluto morire per lui. Fu egli trasformato in una costellazione detta del Centauro. VII. Sacerdo
i doveva consacrarsi o espiarsi col Taurobolio, si faceva scendere in una profonda fossa che coprivasi di un graticcio, sul
figura rappresentava la terra che credevan gli antichi della forma di una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ im
Rinnovellavasi poi l’estinto fuoco co’raggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e
oscuri e coperti di un velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è una figura di Satùrno, di venerando aspetto, col capo
Capitolino, Satùrno velato e seduto è in atto di prendere e divorare una pietra che Rea gli presenta avvolta nelle fasce.
o ; e perciò si dipinge collo scettro nella sinistra, e nella destra, una lampana ch’è simbolo del fuoco. Cibèle poi era la
ttro stagioni dell’anno cui egli presedeva. Nelle monete di Giano, da una parte vedeansi le due facce, e dall’altra, una na
le monete di Giano, da una parte vedeansi le due facce, e dall’altra, una nave, per ricordare che Satùrno su di una nave er
le due facce, e dall’altra, una nave, per ricordare che Satùrno su di una nave erasi salvato nell’Italia ; o l’arca in cui
a Frigia ; Pessinuntia Dea, da Pessinunte, città che fu così detta da una parola greca (πεσειν) che significa cadere, perch
la tutela di questo nume erano i Gladiatori, perchè si reputava egli una divinità avida di sangue e crudele. Satùrno era a
; la sua fanciullezza fu in grande onore presso gli antichi, e vi era una divinità chiamata Veiovis che vuol dire Giove inf
vi pure ed aria ed acqua e fuoco ritrovavansi stranamente confusi. Or una mente divina gli elementi così mescolati bellamen
soffio divino. Di fatto vedendo Prometeo altro non essere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor
i vita priva e di senso, col favor di Minerva salito al cielo, accese una flaccola al fuoco del sole, e con questo fuoco ce
vedimento di Prometeo. Si racconta che avendo Epimeteo fatto di creta una figura umana, Giove sdegnato il cambiò in bertucc
a di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Minerva, o sia di una sapienza tutta divina ; e l’anima, un fuoco tratt
vulcani che sollevano in aria le intere rupi, si formarono l’idea di una guerra fra la terra ed il cielo. Virgilio (1) dic
monti a monti. Che altro mai, dice Macrobio (3), furono i giganti che una qualche empia generazione di uomini, i quali nega
one e Bauci. Dal sangue de’ Giganti (4) fulminati da Giove nacque una razza di uomini crudeli e spregiatori de’ Numi. G
dava pel suo regno, volle vedere se ciò fosse vero. E però gl’imbandì una tavola delle carni del fanciullo Nittimo, suo fig
erlà ; ma eran sì virtuosi che il nome di Bauci perproverbio denotava una povera, ma pietosa vecchierella. Or viaggiando Gi
tempio e di morire insieme. Furono esauditi i loro voti ; e giunti ad una gran vecchiezza, un giorno, stando presso alla po
avvide che Bauci si mutava in tiglio, e Bauci, che lo sposo diveniva una quercia ; e così si diedero l’ultimo addio(1).
dodici stanze o piccioli palagi per gli Dei maggiori, e nel bel mezzo una sala magnifica sì per deliberare e sì per banchet
delle nubi ; e però ha un sole sempre chiaro sulla vetta, godendovisi una serenità perpetua. Quindi significa il cielo stes
gnifica cibo degl’Immortali, o che dona l’immortalità, e credevasi di una dolcezza nove volte maggiore di quella del mele.
ed il nettare, la loro bevanda ; sebbene non mancano scrittori che l’ una coll’altro confondono. Tre in varii tempi furono
unòne ; la qual cosa voleva dire che gli Dei non invecchiano, godendo una perpetua giovinezza. Andato Giove un giorno cogli
alle nell’andare alla pugna. Virgilio però pare che per egida intenda una corazza, un’armatura da petto, su cui era il capo
nti. Or l’egida (αιγις, aegis da αιξ, αιγος, capra) era propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la coraz
raccontare la cosa dal principio. Non lungi dal monte Atlante (1) era una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno muni
; ed aveano un sol occhio, di cui si servivano a vicenda, sicchè or l’ una vegliava, ed ora l’altra alla custodia delle Gorg
uoli, Acrisio e Preto. Il primo dalla moglie Euridice o Aganippe ebbe una fig. chiamata Danae, dalla quale Giove procreò il
un figliuolo di Danae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi in una cesta coperta di cuoio espose alla discrezione de
la ed il nipote da Polidètte ; ma questi ottenne che si acchetasse ad una solenne promessa di Persèo, che non avrebbe mai p
come piacque a’ Numi, l’uccise. Altri però raccontano in questa guisa una tal favola (1). Polidètte desideroso di sposar Da
 ; ed avuli, da Mercurio il cappello ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o specie di falce di diamante ; da Min
onda. Giunto poi all’ estremità dell’ Etiopia, vide su di uno scoglio una donzella di leggiadra e regale sembianza colle ma
ldanza, legarono la figliuola a quello scoglio per essere divorata da una balena. Altri dicono che le Nereidi pregarono Net
tto lungo la riva del mare. E come volle la sua ventura, approdò colà una nave, che avea dipìnta l’immagine di un toro ; de
ì nell’Africa, e da luì gli Africani furon detti Poeni ; e Cilice, in una regione dell’Asia Minore che dal suo nome si chia
di cui seguendo le orme, ov’essa fermerà il suo cammino, edificherai una città, che chiamerassi Beozia. Scende l’eroe Feni
cidiale, e dopo pericoloso e lungo combattimento l’uccide. Allora udì una voce, la quale gli presagiva, ch’egli ancora sare
μεγαλον οαριστης). Egli faceva credere che ogni nove anni scendeva in una spelonca profondissima del monte Ida per ricevere
o oro, dalla quale la conservazione dipendea del suo regno. Avea egli una figliuola chiamata Scilla, la quale, credendo far
iso poi, mentre inseguiva la figliuola per punirla, fu trasformato in una specie di sparviere, ch’è nemico del ciri. Vuolsi
igabili ravvolgimenti. Altri però dicono che il laberinto di Creta fu una spelonca con moltissimi ravvolgimenti, ne’ quali
dia, percui lo precipitò dalla cittadella di Atene, spacciando poscia una casuale caduta. Minèrva n’ebbe pietà e cangiollo
al volo (3) ; e perciò Dedalo fuggì dal laberinto a volo, cioè, su di una nave velocemente portata dalle vele, ch’erano un
atria, si ritirò nella Cilicia, e s’impadronì della Licia ; e ciò per una contesa avuta col fratello Minos. Si vuole che vi
iberato l’Arcipelago da’ corsali che l’infestavano ; ed ancora perchè una gran fortuna di mare che poneva a rischio di romp
ati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale era una stella ; più spesso però nelle statue o veggonsi
iamo Arcade, fig. di Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era una giovane ninfa di Arcadia, fig. del re Licaone, la
e, ed il figliuolo trasportò in cielo, e ne fece due costellazioni, l’ una all’altra vicina. Il che vedendo l’implacabile Gi
, è chiamato ora tardo, ed ora pigro da’poeti(3). Arturo finalmente è una stella nella coda della costellazione di Boote ;
ono nella Tessaglia. Fingono i Poeti che, rimasta Egina spopolata per una pestilenza mandata da Giunone, Eaco, veduto a piè
popolata per una pestilenza mandata da Giunone, Eaco, veduto a piè di una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò Gio
alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di Eaco una strana siccità, con cui i Numi afflissero l’Attic
terra, agitata o da uno spettro, ch’era l’ombra stessa di Argo ; o da una furia ; o dall’animaletto che appellasi estro (οι
l dialetto degli Argivi, significava la luna, della quale era simbolo una donna col capo coronato ; e da ciò ha potuto aver
iandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina di Egitto che mostrò a quel popolo l’uso d
portò a regnare in Egitto, ove, per ordine di Giove medesimo, edificò una città famosa, che chiamò Menfi dal nome della mog
una città famosa, che chiamò Menfi dal nome della moglie, da cui ebbe una figliuola chiamata Libia, la quale, essendo stata
ione. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di Atlante e di
so dell’oracolo, andò nella Teucride, ove accolto dal re Teucro sposò una sua figliuola, da cui ebbe Erittonio. Quivi edifi
Teucro sposò una sua figliuola, da cui ebbe Erittonio. Quivi edificò una città detta Dardania, che fu pure il nome da lui
e da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella sua nave ad una catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea
anche i Greci gli dicdero un tal soprannome. Altri il fan derivare da una parola greca (αμμος), che significa sabbia, perch
pparve in sembianza di un montone, il quale col piede fece zampillare una sorgente di fresche acque. Allora Bacco quivi edi
sentato sotto la figura di un ariete, che i Sacerdoti portavano su di una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte lazze
a’ Pelasgi, il più antico popolo della Grecia ; o secondo Erodoto, da una donna Egiziana che ne fu la prima sacerdotessa. O
quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or in quella città era una selva tutta di querce consacrate a Giove, le qual
dula gente(3). Alcuni(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale
dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che n
mente dicono che a Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l’altra, a
tare la sua storia. Il vincitore dei giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di allo
arba d’oro. Del suo tempio gettò le fondamenta Tarquinio Prisco, dopo una guerra co’ Sabini ; ed ampliato poscia da Tarquin
liato poscia da Tarquinio Superbo, a tempo della Repubblica arrivò ad una magnificenza degna del nome romano(2). L’aia n’er
suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornato di nastri(2). E giunse
orato. Si vede pure Giove Serapide con la testa fregiata di raggi. In una medaglia di Alessandria vi è Giove Serapide col m
ve Serapide col modio circondato da’sette pianeti e dallo zodiaco. In una corniola del gabinetto del Re di Francia, l’Olimp
o simile al lembo dell’aurora boreale ; e nel contorno della pietra è una zona co’dodici segni dello zodiaco. Il Bacci così
minacciano il supremo Nume, che vibra contro di loro ì fulmini ». In una statua di Giove in terra cotta rinvenuta in un te
tissimi nella Libia. Ebe si dipinge col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come quella che versava
. Ebe si dipinge col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come quella che versava il nettare agli Dei
apra, ed οχη, alimento, perchè Giove fu nudrito in Creta col latte di una capra ; o perchè porta l’egida. Iupiter Anxurus
che quivi abbia avuto il suo natale, vicino al fiume Imbraso e sotto una pianta di vetrice(1). Nella sua fanciullezza fu e
ne sposò Giove ; e Varrone attesta che vi era un suo antico tempio ed una statua che la rappresentava in abito di novella s
ia, de’ quali si favoleggia ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella di tal nome, i quali sì forte si amavano,
risposto che se volea veder finita la peste, ogni anno dovea esporsi una Troiana donzella ad essere divorata da una balena
e, ogni anno dovea esporsi una Troiana donzella ad essere divorata da una balena. Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esi
imede(3). Ercole consegnò la figliuola al padre per andare a compiere una sua impresa ; dalla quale ritornato, Laomedonte g
ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida di Paride, sognò di partorire una fiaccola, che tutta quanta incendiava Troia. Siff
le controversie, venne in gran fama di equità in tutto il paese ; ma una famosa lite fece conoscere quanto le passioni tur
Peleo, a cui, benchè mortale, dice Omero, gli Dei diedero per isposa una Dea. Catullo ha scritto su tali nozze un epitalam
figliuolo di Priamo e però accolto nella reggia. Poco dopo, allestita una flotta, sotto specie di legazione, fu da Priamo m
reggia del tradito Menelao. Vi fu chi disse, quest’Elena essere stata una vera donna non già, ma un essere immaginario inve
lingua ad orribili presagi ; ed ahi ! gli disse, con infausto augurio una tal donna tu meni a casa, donna che tutta in armi
quale non era mai d’accordo, e garriva in modo indecoroso. Avvedutosi una volta Giove, dice Omero(5), degli artifizii di Gi
la flotta di Enea navigare alla volta dell’Italia per farvi risorgere una Troia novella e più potente ; prevede la grandezz
i suoi disegni sempremai le fallivano ; giacchè le convenne vedere da una fredda nube il trionfo di Enea, e permettere suo
lla nobiltà divina de’ suoi natali ; e ben conveniva che Giove avesse una consorte degna della sua grandezza ; e s’egli era
i è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nube posta di rincontro al sole ; e da Elettra, c
a, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra di una ruota, e l’altro, sospeso in aria. Da ciò la fras
infimo della ruota di Fortuna. La rappresentavano pure con un sole ed una luna crescente sul capo, ed appoggiata ad un timo
nave degli avvenimenti umani, o perchè presedeva alla navigazione. In una statua la Fortuna tiene nelle mani un cornucopia,
abbene. Ritornando alla Fortuna, negli scavi di Pompei si è ritrovata una statuetta di argento che rappresenta la Fortuna v
n timone nella destra ; il corno dell’abbondanza, nella sinistra ; ed una smaniglia figurata di un serpente le cinge il bra
tuna avea non pochi tempii ; e gl’Imperatori nelle loro stanze aveano una statuetta d’oro della Fortuna detta aurea, ch’era
enti delle donne ; e Giunoni furon detti i Genii delle donne ; percui una donna giurava per la sua Giunone, come un uomo, p
none Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una statua di Giunone in piedi e maggiore del natural
lo(2), come vedesi nella bellissima Giunone del Museo Pio-Clementino, una delle più perfette statue vestite che l’antichità
tro ed il pavone, vi è pure un piccolo simulacro della Vittoria su di una colonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di aver
olarmente proprii a questa Dea, che ad un semplice profilo rimasto di una testa muliebre in un guasto cammeo del Museo Stro
ozzi, pe’ tratti della bocca giudicar si può sicuramente esser quella una Giunone. » Massimo Tirio(1) dice che Policleto f
ella una Giunone. » Massimo Tirio(1) dice che Policleto fece in Argo una statua di Giunone, colle braccia bianche o di avo
la Regina, ed era coperta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi di Gordiano vedesi Giunone Samia
a moneta dipingesi in forma di matrona che sta ritta in piedi, avendo una tazza nella destra, ed un’asta nella sinistra col
utta di oro e di avorio colla corona sul capo, tenendo nella sinistra una melagrana, e nella destra lo scettro. Vi erano le
Iuno Moneta, detta a monendo, perchè ammonì i Romani di sacrificare una troia gravida per divertire i mali minacciati da
anderesti, diss’egli, se tu avessi i miei occhi : pigliali e parratti una Dea (2). Malamente Plinio(3) dice che ciò avvenn
i contro gli Dei, Giunone erasi nascosta in Egitto sotto la figura di una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Romane
so presso gli antichi popoli, ma a principio in Argo era figurata con una semplice colonna, perchè tutte le prime statue de
ano il premio della corsa nello stadio degli olimpici giuochi, ch’era una corona di ulivo. Quelle donne ricamavano un velo
perchè quantunque Minerva, Pallade ed Atene sieno presso gli antichi una medesima divinità ; nulladimeno Minerva o Atene e
e ; e Luciano in un suo dialogo lepidamente introduce Vulcano che con una scure ben affilata sta innanzi a Giove e da lui r
induce finalmente a dare il gran colpo, pel quale dal divin capo uscì una Vergine armata da capo a piedi, che scuoteva lo s
ozio chiamato Alalcomeno allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avorio, la quale fu da Silla recata a R
avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Eusebio vuole che vi era una donzella nelle vicinanze del lago Tritone, nell’A
elle arti, e forse ancor nelle armi, dopo la sua morte fu tenuta come una Divinità che alle belle lettere ed alle armi sopr
di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico era una statua che lo rappresentava sopra il suo trono co
tesso e la provvidenza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a quella del P
videnza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una potenza ed una intelligenza simile a quella del Padre de’ Numi(6
, nacque da se un ulivo nella cittadella di Atene, e presso a quello, una copiosa vena di acqua. Si consultò l’oracolo, ed
mo(2), come l’Iside degli Egiziani, e l’Aracne de’Lidii. Or questa fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmone, di C
gomitolare la lana, o avvolgerla al fuso, o far bellissimi ricami. Ma una gran maestria di rado è disgiunta da cieco orgogl
ebbe pietà Minerva e trasformolla in ragno. Il quale animaletto tesse una tela finissima di sì bello e maraviglioso artifiz
a quelle Dee. Ne fu dolente Minerva, la quale andata a specchiarsi in una limpida fontana del monte Ida, vide che non era s
Minos II, re di Creta, che visse 120 anni prima degli Argonauti, con una flotta liberò il mare Egeo da’ corsari, e s’impad
cuole, ed i maestri novelli offerivano le primizie de’ loro studii ad una immagine di Minerva che ponevano ne’ ginnasii. An
lla sanità e della vita degli uomini. Pericle fece innalzare in Atene una statua a Minerva Salutare. L’arte della guerra pi
eggi, da cui venne l’agricoltura. A Sais Iside era rappresentata come una donna che ordisce ; e Diodoro afferma ch’ella pro
ra. L’arte nautica dovea molto ad Iside, e nelle sue feste si portava una nave ; ed i Greci dissero che Minerva avea insegn
pettacolo dell’Areopago istituito dalla Dea stessa della sapienza per una causa famosa, e nel quale gli Dei stessi erano gi
con alcune pietruzze bianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di leg
quelli delle altre divinità. Ma oltre a ciò portava il peplo, ch’era una veste donnesca che mettevasi sopra tutte le altre
lo (κροκόπεπλος). Questa veste era in gran pregio in guisa che quando una donna a qualche Dea far voleva un’offerta, niuna
er via di occulte machine portavasi per le strade al tempio della Dea una nave fornita di remi e che per vela avea un peplo
na nave fornita di remi e che per vela avea un peplo. Se questo fosse una veste della Dea, o un arazzo ricamato, non è agev
r nascondere la deformità de’ suoi piedi. Dopo morte fu convertito in una costellazione detta Enioco. Nelle Panatenee maggi
Nelle Panatenee maggiori si cantavano da’Rapsodi i versi di Omero per una legge d’Ipparco, fig. di Pisistrato(3) ; ed alcun
ono ristabilite da Teseo per riunire le sparse borgate dell’Attica in una città ; e perciò vi erano ammessi tutt’i popoli d
tò Minerva in nulla inferiore a quella di Omero, cioè in sembianza di una vergine avvenente, cogli occhi azzurri, di alta s
i, di alta statura, coll’egida al petto, e con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed o
n serpe sull’elmo, perchè questo rettile è simbolo della prudenza. In una sardonica della collezione di Stosch, Minerva Sal
piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva di b
Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva di bel lavoro, sull’elmo della quale son
uale son quattro simboli della Dea, la civetta, uccello a lei sacro ; una sfinge ; il caval Pegaso, simbolo della fama e de
quattro cavalli, di cui Minerva dicesi inventrice. Pausania parla di una statua della Dea che avea un gallo sul cimiero ;
n, di un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanese, la quale ha una lunga veste, l’egida, un gallo sul cimiero, ed un
anese, la quale ha una lunga veste, l’egida, un gallo sul cimiero, ed una borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo di o
i oro. Nello scudo vi avea scolpito la battaglia delle Amazzoni(2) da una parte, e dall’altra, la pugna degli Dei e de’ Gig
tro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il tr
trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa su di un trono c
na statua di Minerva Poliade assisa su di un trono colla conocchia in una mano ed un globo sul capo. Se si rappresentava vi
no che quando uscì dal cervello del Nume, avea l’elmo, la corazza, in una mano la lancia, e nell’altra, uno scudo risplende
la lancia, e nell’altra, uno scudo risplendente ; e ch’era vestita di una veste, sulla quale brillavano i colori dell’iride
le figure di Minerva hanno la chioma di dietro raccolta e legata con una stringa, la quale sotto la legatura scende più o
a Pallade musica(4) ; ed in un bassorilievo vi è Pallade in piedi con una tibia in ciascuna mano. Sopra una medaglia di Ate
sorilievo vi è Pallade in piedi con una tibia in ciascuna mano. Sopra una medaglia di Atene vedesi Minerva che disputa con
l nome da darsi alla città ; essa ha fatto nascere allora l’ulivo. In una moneta de’ Magnesii vi è Minerva Pacifera, con l’
ntico pubblicato da Pietro Vivenzio, vedesi Pallade colla Vittoria in una mano, e che con un piede posa su di un globo, per
Calcide, nell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tempii era un altare o una statua di rame ; o perchè ella insegnò l’uso del
che un’Ermatena sia un pilastro, o colonna su di cui veggasi allogata una testa o un busto di Minerva senza braccia. Fulvio
o di Minerva senza braccia. Fulvio Orsini pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la
re in un ceppo quadrato. Ma per Ermatena deesi intendere propriamente una statua di mezzo busto, la quale sulla medesima ba
io e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva presso gli antichi spesso in una stessa moneta si rappresentavano ; si nominavano
n una stessa moneta si rappresentavano ; si nominavano tutti e due in una medesima iscrizione ; si allogavano in uno stesso
inerva, essa non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio era una statua di Minerva, o secondo altri, un piccolo sc
ile sino a che ve l’avessero custodita. Il Palladio secondo altri era una statuetta caduta dal cielo a Pessinunte, città de
no a che avesse conservato quel fatale deposito. Altri raccontano che una figliuola di Pallante, avendo sposato Dardano nel
ie ; ed uccisi i custodi, col favore di Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa di Pallade, con sacrilega mano la ra
delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno che
bullo(2). Febo e Bacco avean soli eterna la giovinezza ; e per lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo di
vvero di Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed allevato in una caverna, il fanciullo nascendo parve nato dalla t
un cervo di grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il quale sì per le campagne, e sì
arrestava de’fiumi e l’impeto de’ venti(1). Ebbe per moglie Euridice, una delle Driadi, la quale fuggendo un giorno i villa
igine dalla sacra istoria della moglie di Loth, che fu trasformata in una statua di sale. Or l’infelice Orfeo, mentre pel f
donia. Il capo poi per mare giunse a Lesbo ; e la lira fu cangiata in una costellazione bella di nove chiarissime stelle, c
loro vivere e vitto ferino, e dalle micidiali discordie le ridusse ad una vita compagnevole e civile. Finsero perciò un can
) afferma ch’esse nascono da’ morti giovenchi, trasformando la natura una cosa in un’altra ; ma oggidì si reputa ciò una fa
trasformando la natura una cosa in un’altra ; ma oggidì si reputa ciò una favola. Ad Orfeo convien soggiungere Lino, fig. a
fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re della Frigia. Si ritrovò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan,
io, di Gordio, re della Frigia. Si ritrovò egli una volta presente ad una contesa, in cui il Dio Pan, il quale era superbo
e lunghissime orecchie di asino ; il che volendo egli celare, portava una tiara o mitra all’uso de’ Frigii, colla quale cop
h’è nella Frigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma era una statua di Marsia, ove univansi i causidici per le
ro faccende e per comporre le liti(1). La sorgente del fiume Marsia è una palude spessa di cannucce buone per le linguette
cero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante figliuo
e degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante figliuole di una bellezza che non avea pari sotto le stelle ; che
ell’irreligioso animo della Regina. Eustazio racconta che morirono in una pestilenza ; il che i poeti dissero effetto delle
silenzio. Palefato vuole che sia nata la favola dall’aver Niobe posta una sua statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliu
ulla vetta del Sipilo per vedervi la favolosa Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza di una d
obe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza di una donna mesta e piangente. In Firenze vi è un’antic
Astinome con preziosi doni ad Apollo. Ma nella favola di Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una gloriosa spedizione,
ad Apollo. Ma nella favola di Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una gloriosa spedizione, per cui Apollo meritò il sop
i cultori delle arti belle. Qual signore del canto, andava superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercurio ;
e audaci figliuole di Piero ; e poscia le Muse sciolsero la lingua ad una dolcissima melodia, la quale tanto rallegrò la na
be il nome da Aganippe, fig. del fiume Termesso, essendo naturale che una fontana si chiami figliuola di un fiume. L’Ariost
appunto il Pegaso, il quale un giorno sull’Elicona col piede percosse una pietra, da cui spicciò un bel fonte di chiarissim
ccasione Cadmo, il quale cercando nella Beozia un luogo per edificare una città, mentre su di un bel destriero girava per v
ombreggiato di pregevole alloro, ed avea due sommità, Cirra e Nisa, l’ una consacrata ad Apollo ed alle Muse, e l’altra, a B
o miseramente strascinata, fu per compassione degli Dei convertita in una fontana del suo nome. Il supplizio di Dirce è rap
l’Olimpo(5). Le Clerc crede che la favola delle Muse ebbe origine da una qualche accademia di musica da Giove stabilita in
colpo che col suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure la v
rado negli antichi monumenti si veggono vestite di lunghe tonache, ed una o due piume sul capo, per la vittoria riportata s
elebra le azioni degli uomini grandi. Rappresentavasi in sembianza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fascio
apoteosi di Omero questa Musa tiene un doppio flauto. Si dipinge come una giovane inghirlandata di fiori, con carte musical
dia di cui vuolsi inventrice, ed all’agricoltura. Tiene nella diritta una maschera, ed ha il socco comico a’ piedi. La Tali
i spettacoli. Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di all
le pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di alloro, e col pedo o
a qual giovane donna, superbamente vestita e co’ coturni a’ piedi. In una mano tiene scettri e corone, e nell’altra, un pug
edi. In una mano tiene scettri e corone, e nell’altra, un pugnale. In una pittura di Ercolano si rappresenta vestita di una
tra, un pugnale. In una pittura di Ercolano si rappresenta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un peplo
i un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa cinta di alloro o di una benda ; colla destra si appoggia ad una clava, e
la testa cinta di alloro o di una benda ; colla destra si appoggia ad una clava, e tiene nella sinistra una maschera. Orazi
benda ; colla destra si appoggia ad una clava, e tiene nella sinistra una maschera. Orazio(1) ben due volte ha preso Melpom
i si attribuisce l’invenzione della cetra. Si rappresenta in forma di una giovane inghirlandata, e che ha in mano un’arpa,
Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata di mirto e di rose, avendo in un
ta in sembianza di una giovane coronata di mirto e di rose, avendo in una mano la lira, e nell’altra, un arco o plettro. Ne
b ουρανος, coelum), quasi celeste, perchè presiede all’astronomia. In una statua del Museo Pio Clementino, tiene in una man
iede all’astronomia. In una statua del Museo Pio Clementino, tiene in una mano il globo, e nell’altra, una bacchetta, con c
a del Museo Pio Clementino, tiene in una mano il globo, e nell’altra, una bacchetta, con cui facevansi le dimostrazioni ast
bacchetta un globo che poggia su tre piedi, ed ha dietro al suo capo una stella. Catullo la fa madre d’Imeneo ; ed Igino,
siodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata di alloro, di sembianza maestosa
ovane coronata di alloro, di sembianza maestosa, tenendo nella destra una tromba, e nella sinistra, un libro, e tre altri v
ve, volendo sapere qual fosse il mezzo della terra, mandò due aquile, una dall’oriente, l’altra dall’occidente, le quali, a
pio poi, ov’era allogato un simulacro di Apollo tutt’oro, stava su di una rupe altissima intorno intorno tagliata, ed il co
issima intorno intorno tagliata, ed il concorso della gente vi faceva una città ; e del tempio e della città le balze ed i
re ; il che rendeva attoniti quei che l’ascoltavano(1). L’oracolo era una spelonca profondissima con piccola apertura, onde
se di quel nume profetavano. E Plinio per cortina intende un treppiè, una picciola mensa fatta per tenervi bicchieri, appel
Le sue risposte non eran che liete ; e s’eran triste, esso taceva. Da una caverna vicino a quella città uscivan venti che i
osì istituironsi le feste dette Teorie, in cui gli Ateniesi mandavano una deputazione a Delo per offerirvi sacrificii ad Ap
à. Un giorno(2) avendolo mandato quel Nume ad attingere dell’acqua ad una fontana per alcuni sacrificii, il corvo, adocchia
ui parlando il poeta fa menzione dell’ara cornea, fatta da Apollo, ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costru
sse aiutato Alcatoo, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo di Pa
tro. L’Ariosto poi(3) chiama il sole, Apollo : Nel tenebroso fondo d’ una torre, Ove mai non entrò raggio di Apollo. Secon
Sole, perchè solo risplende nel cielo ; e da’Greci Ηλιος o Ηελιος da una voce greca che significa splendore. Dal Sole e da
ος da una voce greca che significa splendore. Dal Sole e da Perseide, una delle Oceanidi, nacque Circe ed Eeta, re della Co
eta, re della Colchide, il quale da Idìa procreò Medea. Circe poi era una maga assai celebre, che soggiornava nell’isola Eè
giornava nell’isola Eèa in un superbo palagio che sorgeva in mezzo ad una selva di annose querce. Da Omero chiamasiDiva ter
itornassero alla primiera forma umana. Eraclito(2) dice che Circe era una donna d’indole malvagia, che co’suoi artificii re
za che potesse morire ; tanto che si dice la vecchiezza di Titone per una età molto inoltrata. Or egli avea avuto dall’ Aur
ticolato. XVII. Iconologia di Apollo. Nel Museo Borbonico vi è una statua di Apollo detta da Winckelmann la più bell
a lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino c
o nella destra, e nell’altra mano portava le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezzo co
me di un’età perfetta i tratti della piacevole gioventù, e sembra che una tenera morbidezza scherzi sull’altera struttura d
olio degli Dei ; e simile a’ teneri viticci, scherza quasi agitata da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima
gono al Sole, come il cocchio luminoso, il Zodiaco, e simili. Così in una pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera
è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maraviglie del mondo, alto 105 piedi, ch’er
o, alto 105 piedi, ch’era allogato all’ingresso del porto di Rodi. Da una parte si vede la testa del simulacro circondata d
i raggi, come rappresentavasi il Sole o Febo Apollo. Il colosso ha in una mano l’asta, e nell’altra un flagello per indicar
io nardo. Secondo Callimaco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia di oro ; ed alle volte la veste lunga cita
di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione di una fiorente avvenenza che ornava le fresche sue guan
ezza. I suoi lunghi crini erano i raggi del sole, e gli si attribuiva una perpetua giovinezza, perchè il sole sorge sempre
irreo, Cirrhaeus, da Cirra, città della Focide, presso alla quale era una caverna, da cui sortivan venti che infondevano un
se, come dice il Salvini. Spada Delfica (δελφικον ξιφος) significava una cosa che facilmente può accomodarsi ad usi divers
abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saeculare) era una poesia che cantavasi ne’giuochi secolari che si c
ri Vai cacciatrice seguitando l’orme. Quindi comunemente si dice che una sola è la figliuola di Latona, la quale appellasi
otte. Le sue influenze si temeano assai dagli antichi, come quelle di una Dea che si mostra solo di notte. Da ciò gl’incant
Notte con Diana in quanto che rappresenta la Luna, percui dipingesi l’ una e l’altra nella stessa guisa ; e però non sarà in
regolare ed armonico movimento degli astri, loro attribuivano i poeti una specie di ballo ; anzi Luciano(3) afferma che gli
dell’ Erebo e della Notte, e fratello della Morte, perchè esso sembra una morte di breve tempo. E come il sonno è uno de’pi
tamorfosi. Ecco come la descrive il nostro Ariosto : Giace in Arabia una valletta amena Lontana da cittadi e da villaggi,
raggi, Sì gli è la via da’ folti rami tronca ; E quivi entra sottera una spelonca. Sotto la nera selva una capace E spazio
rami tronca ; E quivi entra sottera una spelonca. Sotto la nera selva una capace E spaziosa grotta entra nel sasso, Di cui
isola ove il Sonno avea la sua reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva di alti papaveri e di mandragore, piante so
li antichi monumenti l’immagine di un fanciullo alato col papavero ed una lucerna rappresenta il Sonno. Credevasi che colle
che abitavano al vestibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una di corno, dalla quale i veraci, l’altra d’avorio,
andi ali ; ora coperta di un largo e nero velo stellato che tiene con una mano, e con una fiaccola nell’altra, che tiene ro
operta di un largo e nero velo stellato che tiene con una mano, e con una fiaccola nell’altra, che tiene rovesciata in giù
o Pandora, da Iperione ebbe un figliuolo chiamato Elio o il Sole, ed una figliuola detta Selene o la Luna, insigni tutti e
alla riva di un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente di una aureola di luce e trasformato nella sostanza del
amava il fratello, alla nuova del suo infortunio erasi precipitata da una loggia del suo palagio ; e dopo quel sogno insiem
ne, ne fosse stato discacciato e condannato a dormire eterno sonno in una caverna del monte Latmo, nella Caria, alle bocche
a, o la Luna, o Selene sovente si dipingeva assisa su di un carro con una face in mano e colla mezza luna sul capo, percui
na degli astri da Orazio. E Diana lucifera ch’esser dovea la Luna, in una gemma si rappresenta con una fiaccola in mano ; p
iana lucifera ch’esser dovea la Luna, in una gemma si rappresenta con una fiaccola in mano ; percui le donne ne’ sacrificii
o la Luna si dipinge coperta di un gran velo seminato di stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nell’ar
gran velo seminato di stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nell’articolo di Diana diremo altre cose ch
. Giovenale(3) festivamente descrive l’intollerabile loquacità di una donna letterata e saccente, la quale, col solo su
ai oscuro il senso di questa favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu una Selene che visse fra gli Arcadi e che dopo la mor
nta di questo fanciullo. Giunone che la odiava, prese le sembianze di una vecchia appellata Beroe, secondo il costume degl’
 ; ma non sostenne l’infelice quella grandezza e morì o pel timore di una folgore che le scoppiò innanzi, o pel fuoco, onde
eguì pure cinghiali e feroci leoni. Un giorno, cercando nel covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto a morte crude
a sul lido un fanciullo a dormire quasi aggravato dal vino, vi scorse una bellezza, in cui traluceva un non so che di divin
vate Tiresia, di cui Penteo derideva i pronostici, gli avea presagita una morte funesta pel dispregiar che faceva le orgie
gioventù impugnar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non di una ghirlanda di ellera ; che pensassero all’onor del
sia(1), dopo il fatto di Penteo, avea invitato le donne Tebane a fare una gran festa in onore di quel nume, minacciando lo
pe della famiglia Cadmea, qual’era Bacco, le favole e le cerimonie di una divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa che
zione poetica, nella guerra de’ giganti Bacco, coperto della pelle di una tigre, liberò Giove da’loro assalti, e ne fu tagl
imo corteggio. E veramente Osiride, come racconta Diodoro, intraprese una celebre spedizione nelle Indie, accompagnato da P
, da donne assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba di uomini velluti che chiamavansi Satiri ;
iove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno di lei, si addormentò in una campagna, ove fu assalito da un serpente a due te
dio Pan ed il vecchio Sileno. Questo strano esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati invece di armi port
e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su di un cocchio tirato da due
rato da due centauri, de’quali uno suona il doppio flauto, e l’altro, una specie di cembalo, solito a suonarsi ne’ sacrific
a legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ quali fu accolto come una divinità che porta seco non il terrore delle armi
mpre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la testa calva e cornuta, naso gr
In un cammeo del Museo Borbon. Vedesi un Sileno caudato, assiso su di una nebride all’ombra di un albero, cui è sospesa la
e altre di lui immagini. Diodoro Sicolo dice che il primo Sileno avea una coda, della quale fu fornita tutta la sua posteri
o nei suoi viaggi e specialmente nelle Indie, coronato di edera e con una tazza in mano. Or avvenne un giorno(2) che Sileno
tà di Bacco che intendeva menarla in moglie. Le fece poscia il dono d’ una corona di oro, che avea ricevuta da Venere. Era e
cano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costellazione di nove stelle detta dagli astronom
ma comparazione, con cui Virgilio(2) rassomiglia l’infelice Didone ad una Baccante, la quale è presa da sacro furore, quand
po(4) ; andavano coronate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo o di cavriuiolo detta nebide ; e p
este o panieri di Bacco, nei quali, fra le altre cose misteriose, era una piramide, che alludeva o a’ due aggiunti misterio
e a meno in tutte le feste di lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile di uomini e di donne vestite i
e Bistonidi, cioè donne Tracie, perchè Bistonii erano gli abitanti di una parte della Tracia, in cui le orgie principalment
, ove celebravansi le sue feste ; Evias, o Evia da Orazio(1) chiamasi una Baccante, forse dalla voce evoè ! propria delle o
cavano con molto gridare ; Tiadi, o da θυω, celebrare le orgie ; o da una figliuola di Cefisso, fiume della Beozia, chiamat
poeta(2) favoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e for
do agricoltore, cominciò dopo il diluvio a coltivar la terra e piantò una vigna ; ed avendo fatto il vino, di cui non conos
poesia. Per questa ragione ancora credo che Pausania(6), descrivendo una statua di Bacco fatta da Policleto, dice che i co
nevano alla tragedia, erano i calzari proprii di quel nume, mentre in una mano teneva un vaso da bere, e nell’altra il tirs
ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione di una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’era un
ce l’invenzione di una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’era una danza delle Baccanti in onore del loro dio ; perc
ii ed a’conviti in onore di Bacco. E propriamente per tiaso s’intende una moltitudine di tripudianti o di convitati. Il gio
on meno che Apollo celebravasi per un’eterna bellezza, e pel fiore di una gioventù che non veniva mai meno. Quindi da Orazi
o di grazia potessero esprimere questa divina giovinezza di Bacco. Di una lunga chioma ancora e bellissima vedesi sempre ma
mato di tirso il vide Filostrato il vecchio ; e Callistrato(5) ammirò una statua di Bacco, ch’era avvenente, pieno di delic
chi, e coronato di edera, come Euripide il dipinge nelle Baccanti. In una statua del Museo Borbon. vedesi Bacco nel fiore d
col braccio sinistro appoggiato ad un tronco, cui si marita torluosa una vite con grappoli. Con la dritta elevata tiene un
dritta elevata tiene un grappolo, e con la sinistra appoggiata regge una tazza. Appresso De La Chausse(1) si rappresenta B
delicato, e co’crini raccolti e pendenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli di uva, come il de
ovente ancora come un fanciullo coronato di edera e di pampini. Ha in una mano un tirso ; nell’altra, de’grappoli d’uva, e
rython, cioè un vaso da bere in forma di corno, o un chantharus, cioè una coppa a due manichi. Effigiasi talvolta nudo ; ta
cioè una coppa a due manichi. Effigiasi talvolta nudo ; talvolta con una pelle di pantera alle spalle ; or sul dosso di Pa
li è assiso tranquillamente sopra il suo carro tirato da pantere ; ha una mano nella testa in segno di riposo, e rimira con
on indifferenza il vinto suo antagonista ». Nel Museo Borbon. si vede una Baccante infuriata che suona il cembalo. Vi è un
ata che suona il cembalo. Vi è un Fauno, dal cui omero sinistro pende una pelle di tigre, ed ha in bocca due tibie diritte.
solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed ha una nebride ad armacollo. Colla destra tiene in mano
Bacco dipingevasi col tirso nella sinistra, la tazza nella destra, ed una pantera a’ piedi, il quale animale significa che
perchè Bacco il primo insegnò a cavare il sugo dell’uva ; o da Brisa, una delle sue nutrici. Persio chiama Briseo il poeta
furon dette Evanti. Ευκομος, che ha bella chioma ; αβροκομης, che ha una chioma delicata ; κρυσοκομης, dall’aurea chioma ;
onato di edera. Plinio(1) dice che Bacco fu il primo a porsi in testa una corona, e che questa fu di edera. Leneo, Lenaeus
Euripide(1) ci fa sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto di una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che Bacco
re, e senza legge alcuna ; ma Laso, maestro di Pindaro, le ridusse ad una forma più regolare. In esse, volendosi in certo m
regolare. In esse, volendosi in certo modo imitare la sregolatezza di una mente alterata dal vino, dee regnare una licenza
o imitare la sregolatezza di una mente alterata dal vino, dee regnare una licenza ed un’audacia assai grande in guisa che i
a che il poeta, servendo al soperchio suo estro, passa senza legge da una ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(
esempi perfetti di ditirambica poesia, che potessero farci concepire una giusta idea di siffatto componimento ; ma gl’Ital
evole in tutte le cose. II. Storia favolosa di Venere. Venere, una delle più celebri divinità de’ gentili, era la de
grazie. Gli antichi ne distinguevano parecchie. Cicerone(3) dice che una era fig. del Cielo o di Urano, e della Luce o del
asi Dioneo da Virgilio(1). I poeti però confondono queste Veneri e ad una sola attribuiscono ciò ch’è proprio delle altre t
lle onde del mare, detta perciò Anadiomene. Igino poi(5) racconta che una volta dal cielo cadde nell’ Eufrate un uovo, che
nere, la più bella delle Dee, presso all’isola di Cipro, e portata da una conchiglia approdò a Citera, cit. di quell’isola,
ei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazione, ne hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e
le. Secondo Lattanzio, Venere non era altro che i poeti ne foggiarono una dea. Ma il Banier ricerca l’origine della favola
traccia del ferito Adone, la spina di un rosaio le punse il piede, ed una goccia del suo sangue che zampillò dalla ferita,
n Venere in Amatunta ; e nel tempio di Giove Conservatore a Roma avea una cappelletta, ove andavano alcune volte a piangerl
rata ; mentre Venere pone in opera tutte le forze sue per salvare e l’ una e l’altro, se stato fosse possibile, dal turbine
a dalla scaltra Giunone dovè un giorno la nostra Venere concorrere ad una orrenda strage che i Greci aiutati da Nettuno fec
sterioso cinto di Venere, fingendo che volea avvalersene per comporre una difficile lite fra l’Oceano e Teti ; ma veramente
do a piene vele la Troiana flotta dalla Sicilia alla volta del Lazio, una tempesta ad istanza di Giunone suscitata da Eolo,
a Giove sorrise, promettendo alla figliuola che un dì sarebbe risorta una novella Troia e che avrebbe riposto in cielo il m
olgorante di singolare dignità e bellezza. Temendo intanto(2), che in una città consacrata a Giunone, qual’era Cartagine, e
acrata a Giunone, qual’era Cartagine, e per la naturale incostanza di una donna, il suo Enea non avesse quivi a ritrovare s
go di Averno, pone il piede nel buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia di amorose colombe, che col fausto lor vol
tumulto Enea vuol richiamare ambe le parti all’accordo stabilito ; ma una saetta venuta non si sa da qual mano, ferisce gra
poema nazionale, come era l’Iliade di Omero pe’ Greci. Enea mo rì in una battaglia presso il Numicio, fiumicello nella Cam
che il sonno sta in grazia ed è caro a tutti. Ed in altro luogo (3), una delle Grazie, ornata il capo di eleganti bende, d
mero, dice Mad. Dacier, dà per moglie a Vulcano la bella Carite, cioè una delle Grazie, per indicare la grazia e la bellezz
o Aglaia, Eufrosine e Talia e figlie di Giove e della bella Eurinome, una delle Oceanine. Pausania afferma che qualche scri
alla destra di Apollo. Gli abitanti dell’ isola di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino.
rco nella destra, e nella sinistra portava le tre Grazie, delle quali una teneva la lira, la seconda un flauto, e la terza
zie, delle quali una teneva la lira, la seconda un flauto, e la terza una sampogna. Da Pindaro infine invocasi la veneranda
esedevano alle nozze, i Greci annoveravano anche Venere. A Sparta era una statua colla iscrizione « Venere Giunone » alla q
lo, che portavansi dagli uomini studiosi del vestire elegante ; e con una face di pino in mano, di cui solevan far uso nell
vano avuto commissione. Tra le quali si dice che, essendo stata presa una di eccelente bellezza dalla compagnia di un certo
tutti gli Dei e le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera di vizii e di sceller
erano a lei in particolar modo consacrati. Presso a quest’isola su di una conchiglia approdò Venere già nata dalla spuma de
oco. Il simulacro della Dea non avea forma umana, ma rassomigliava ad una piramide. Clemente Alessandrino (3) a proposito r
e colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucciso da Ercole ch’
ratostene riferisce che Canace Sicionio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere, la quale portava in
o un pomo in segno della vittoria riportata sulle Dee rivali, come in una moneta di Plautilla era Venere col pomo e coll’ep
loria di quell’insigne pittore. È noto poi che si rappresentava su di una conchiglia, come si vede in molti antichi monumen
a. Alle volte, dice Winckelmann(2), rappresentavasi la nostra Dea con una colomba in mano, e qualche volta con un fiore, il
le alla rosa ch’esce fuor della boccia al primo apparir del sole dopo una bella aurora, Heyne con molti versi dell’ Antolog
o la chiama opera bellissima, e ne propone il capo, come esemplare di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia oper
atue di questa maniera. Invece del deifino della Venere Medicea ha da una parte un gran vaso da profumi, su cui è gettato u
alla terra ; e Nerone nel suo principato invece di quella ve ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò un’altra Venere a’ me
rse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi
di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di lui discepolo, ne fece anche una bellissima, cui Fidia stesso diede l’ultima mano.
eva a guisa di bellissima donzella che sta sulle acque del mare e con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel sert
d’intorno. Comunemente però si rappresenta portata per le onde su di una conchiglia ; si vede anche spesso su di un cocchi
n mano, per indicare Venere Urania ; ora assisa su di un delfino, con una colomba in grembo ; ora con Adone accompagnato da
Cupido e colle Grazie ; ma più spesso come uscente del mare sopra di una conchiglia portata da due Tritoni, o su di un coc
a due Tritoni, o su di un cocchio tirato da due cavalli marini ; o da una capra marina. Qualche volta sembra appoggiata ad
oggiata ad un Tritone, tenendo in mano uno scudo, sul quale è dipinta una testa. Cavalcando un cavallo marino, pare che la
eri ; ed il cocchio della bella Ciprigna era portato per l’aria or da una bianca coppia di amorose colombe, or da’ cigni ed
asi di Venere, come il contrario si chiamava del cane. I Genii aveano una certa affinità colle Grazie, compagne di Venere.
er rappresentare le arti medesime in acconcia ed elegante maniera. In una pittura del Museo Borbonico si veggono i Genii de
chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed alati. Nel dipinto di una parete Pompeiana si rappresenta un genio in sembi
aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi era il costume di salutare una città o un luogo, quando vi entravano la prima vo
che il fatto dimostrò vero ; perocchè nel meglio della gioventu e di una fiorentissima bellezza attese solo alla caccia, o
iando. Stanco un giorno sì per la caccia e sì pel caldo, si ritirò in una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte di limp
ono utili all’uomo nello stato naturale, furono da lui trasformati in una divinità che presiede all’arte funesta della guer
Silvia ebbe Romolo e Remo. I popoli della Bitinia(2) raccontavano per una loro antica tradizione, che Giunone fece educare
lli, quando andava al combattimento. Essa avea in mano un flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli occ
guerra. De’ seguaci del nostro Marte fa pur menzi one Virgilio(2) in una comparazione fra il dio della guerra ed il giovan
orte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono di una gran tempesta, fosse stato rapito e portato in ci
o al padule di Capre, mentre ch’ei parlamentava, incontanente si levò una tempesta con grandissimo strepito e romore di tuo
de si credeva che ciascun senatore avesse sotto la toga portata fuori una parte del corpo di lui, acciocchè il fatto non si
occhè il fatto non si manifestasse. Al pari del marito anche Ersilia, una delle Sabine rapite, fu do po morte annoverata fr
erdoti a Marte Gradivo, chiamati Salii, e diede loro il distintivo di una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto un c
ficoltà esser rubato. Questi sacerdoti alle calende di Marzo facevano una danza per la città in onore di Marte, la quale ra
loro canto ed il passo al tintinnio degli scudi che percuotevano con una bacchetta o specie di pugnali. La festa durava tr
ar cosa che fosse importante, come maritarsi, imprendere un viaggio o una spedizione militare ec.(1). Il capo dei Salii si
trera moglie di Marte ; ma altri la dicono di lui figliuola. Era essa una celebre Amazzone, o lor regina, che fabbricò il c
he fabbricò il celebre tempio di Diana in Efeso ; e da lei ebbe Marte una figliuola chiamata Ippolita, la quale portava il
da Marte e dalla naiade Armonia ; o da Marte e da Venere. E veramente una nazione di donne bellicosissime, com’eran le Amaz
ellissimi due luoghi di Virgilio che la descrivono. Mentre Enea(3) in una parete del tempio di Giunone a Cartagine contempl
ucaso sulle rive del Termodonte, ed il loro nome significa un’eroina, una donna guerriera e capace di ardite e pericolose i
partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale avea promesso la metà del
tilo un funebre monumento. Lico infine, fig, di Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in onore di suo padre sacrific
ro da lupi, armato di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri di v
mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto di una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a Fir
glie. Alle volte vicino a Marte si dipingeva un lupo che portava seco una pecora, perchè il lupo per la sua rapacità e fero
asi dipinto nell’atteggiamento di un uomo che marcia a gran passi. In una parola, gli antichi monumenti, dice Millin, rappr
na parola, gli antichi monumenti, dice Millin, rappresentano Marte in una maniera molto uniforme, sotto la figura di un uom
αλκοχιτων, vestito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di una corazza di bronzo, sono epiteti frequenti presso
i in uso negli oracoli. E però si finse che Romolo e Remo non solo da una lupa, ma da un pico eziandio furono nutriti. Da O
i di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1) fa menzione di una festa in onore di Marte solita a celebrarsi in Ro
trologia e del calendario. Ed in questo mese gli Egiziani celebravano una gran festa in onore di Mercurio(3). Servio(4), pu
co, fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la quale sul Cilleno, monte del
zio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci chiamavan Temi, ed
a aiutato ne’ suoi negozii ed avea accresciuto il suo avere. E perciò una bottega, dove si espongono in vendita le merci, c
io che si voleva nato in quel giorno ; e gli sacrificavano, immolando una troia gravida, e se stessi e le loro merci, per m
io accompagnato colla Fortuna tenere un’ancora e sedere sul rostro di una nave. Ma non solo de’ mercatanti ; egli fu pure i
’ dintorni chiamato Batto, al quale, affinchè tacesse, donò quel nume una bellissima giovenca. Ma per assicurarsi della fed
ore, ritornò tosto da lui sotto altra forma, promettendogli in premio una vacca ed un toro, se gli avesse manifestato ove l
ile ripetizione di parole, ed è un vizio di elocuzione consistente in una moltiplicità di parole che non contengono alcun s
parla di un tale Batto, principe della città di Cirene, il quale avea una voce esile e balbutiva ; percui battologizzare (β
che osò vantarsi di essere più bella di Diana ; percui questa dea in una caccia le forò la lingua con una freccia. Di che
ella di Diana ; percui questa dea in una caccia le forò la lingua con una freccia. Di che fu sì dolente il padre Dedalione
ila, o in isparviere. Autolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza nel rubare, e di cangiar ciò c
ra. Si vuole (4) che Mercurio, avendo per caso ritrovato il guscio di una testuggine alla riva del Nilo, ed i soli nervi se
Mercurio avesse scelto questo numero per onorare le sette Pleiadi, da una delle quali egli era nato. Perciò fu detta Χελυς
sa che i loro corpi formano due semicerchi, e le teste si sollevano l’ una contro l’altra, spesso un poco al di sopra dell’e
a che quando Apollo pasceva le greggi di Admento, Mercurio gli regalò una lira, e n’ebbe in compenso questa verga prodigios
edesi Mercurio che ha due picciole ali alla testa, nella destra tiene una borsa, e nella sinistra un caduceo di antichissim
nella tragedia l’Alceste introduce l’Orco o Caronte che porta in mano una spada per tagliare la ciocca fatale di Alceste. M
tartaro. Laonde in molti bassirilievi questo nume si rappresenta come una divinità infernali ; e da Orazio (5) si chiama gr
eguiano. E come appunto Vipistrelli nottivaghi nel cupo Fondo talor d’ una solenne grotta, Se avvien che alcun dal sasso, ov
λις, urbs.) ; il prato e la sede de’ defonti erano un luogo vicino ad una palude non lontana da Menfi, chiamata Acherusia,
ato sotto la figura di un bue, sino ad un luogo, ove lo consegnava ad una persona mascherata da Cerbero. Orazio(1) finalmen
che Corico, re di Arcadia, ebbe due figliuoli, Plesippo ed Eneto, ed una figliuola chiamata Palestra ; e che avendo i due
piedi un gallo ed un becco(2) E com’egli formò la lira del guscio di una testuggine, così spesso questo animale si vede ai
ingegno, perchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito
una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca, e di una clamide, e che porta un ariete sotto il braccio.
naca, e di una clamide, e che porta un ariete sotto il braccio. Ed in una strada di Corinto vedeasi un Mercurio di bronzo,
piedi, ed il petaso alato sul capo. Sutto scoglio si vede a sinistra una testuggine ed a destra una lucertola, ed un ariet
sul capo. Sutto scoglio si vede a sinistra una testuggine ed a destra una lucertola, ed un ariete sta pure in piedi al suo
l’ariete, dice Millin, avea in Lesbo, ov’era onorato con quel titolo, una statua, opera di Calamide, che lo rappresentava n
un bell’intaglio di Dioscoride, ov’è rappresentato Mercurio che porta una testa di montone in un piatto ». In alcuni antich
 ». In alcuni antichi monumenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che gli esce di bocca e si attacca alle or
clamide, il petaso colle ali, stringe un caduceo, in punta al quale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto di bell
-Clementino, creduta un Antinoo, e da Winckelmann, un Meleagro. Sopra una pietra incisa si vede in atto di ricondurre un’an
2), che porta il caduceo. Da Omero dicesi Χρυσορραπις, cioè che porta una verga di oro, e Vergadoro, secondo il Salvini. Gl
cura della casa, a differenza dei Penati, i quali soprantendevano ad una città o ad un regno, e che a Roma si veneravano s
izioni Lares viarum ; ed in loro onore a’ 22 di Dicembre si celebrava una festa delta Compitalia. Servio li confonde co’ De
significa principe o signore. Si veneravano su’ focolari ed anche in una cappella detta lararium. I Cretesi aveano le loro
era essa, come Ge, Rea, Fitea, Cerere, Cibele ed altre Dee de’ Greci, una divinità speciale ; ma era piuttosto tutto ciò ch
ull’i mortali (2). Pare che gli antichi avessero attributo alta Terra una virtù fatidica. Appresso Cicerone (3) leggiamo ch
ra, custodiva il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevendo l’acqua, pred
a descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato nel fianco di una rupe, a cui si andava per cento vie e cento porte
de, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, dice Fontenelle, era sopra una montagna, in un recinto fatto di pietre bianche,
bianche, su cui si alzavano obelischi di rame. In questo recinto era una caverna a foggia di un forno, fatta a scalpello.
la Terra, avvisando che ad uomini di strana corporatura ben conveniva una madre di smisurata grandezza. Perciò vediamo che
rano intesi a pascolare gli armenti, abitavano negli antri e menavano una vita senza leggi, senza agricoltura e senza relig
ma i Ciclopi inventori delle torri. Le mura di Micene, e specialmente una porta sormontata da leoni, fu opera loro ; ed ess
rarne delle pietre. E come gli Egiziani nelle miniere facevano uso di una lucerna legata alla fronte che li scorgesse in qu
si confonde. Or vi furono tre maniere di quesio strumento, quello ad una canna (μονοκαλαμος), che ritrovò Mercurio ; l’alt
traverso. Ed al dir di Ovidio (4), in fistola fu trasformata Siringa, una delle più belle Naiadi che abitavano un monte vic
e che fa naturalmente un leggiero venticello intromesso pe’ forami di una cannuccia , abbia data a’ rusticani uomini l’idea
di Fauni, di Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi ogni albero avea una ninfa che il custodiva ; e son pur troppo conte l
capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. Nel M
n Fauno di bronzo ben conservato e di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima casa di Pompei, la quale da questo pre
embre alcune feste dette Faunalia, per le quali Orazio (1) ha scritto una bellissima ode ch’è una specie d’inno. I Luperci
Faunalia, per le quali Orazio (1) ha scritto una bellissima ode ch’è una specie d’inno. I Luperci poi eran sacerdoti del d
rappresenta con un giovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o
nfe. Saliro era propriamente un dio boschereccio ; e Satiri erano una specie di semidei, abitatori delle selve, cornuti
recarono a Silla, innanzi a cui dimandato chi egli fosse, proruppe in una voce che niente avea dell’umano, ma che sembrava
el nitrito, e del belato delle capre. Il gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma di uomo di picciola
o delle capre. Il gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma di uomo di picciola statura, col naso adunc
troducevano sulla scena e ch’eran Dei sucidi e sfacciali, fu nominata una rappresentazione da’ Greci detta Satirica, di cui
r rallegrare gli animi dopo la tragedia. Satira poi chiamasi eziandio una poesia mordace che si propone di riprendere i viz
tte sermones, e scritte piuttosto in basso stile. Ebbe un tal nome da una scodella (a lance satura), che piena di varii fru
e ogni vizio e diverse cose abbraccia(4). E satura significava ancora una vivanda formata di varie specie di cibi. E Pescen
lcune deità subalterne, a cui non attribuivasi l’immortalità, ma solo una vita lunghissima, come a’ Fauni, a’ Satiri ec. e
una vita lunghissima, come a’ Fauni, a’ Satiri ec. e che riputavansi una specie di Genii locali che aveano un culto partic
gli che poteva cangiar di forma, come Proteo. Era anche il simbolo di una naturale attitudine e destrezza di agire, per la
(6). Tibullo(1) lo pone nell’Olimpo, sebbene fosse nume campestre. In una statua vedesi Vertunno tutto vestito, colla barba
no tutto vestito, colla barba e colla spoglia di un animale ; e sopra una piega della coda vi sono molti frutti. Si rappres
a coda vi sono molti frutti. Si rappresenta pure come un giovane, con una corona di diverse piante, nella sinistra, alcuni
stra, alcuni frutti, nella destra, un cornucopia. Nel foro romano era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano mol
omona, dea de’giardini e de’fruti, e di lui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi del Lazio che per la sua destrezz
ini, di cui T. Tazio introdusse il culto a Roma. Nel Museo Borb. vi è una statua colossale di Flora in marmo pentelico pann
a fragranza. Le vere statue di Flora sono molto rare. A Pompei vedesi una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi
o del Console, o di qualche altro alto magistrato. Se le sacrificava una troia gravida ; e dalla vestale Claudia le fu edi
eva lontani i ladri e gli uccelli (1), e perciò gli mettevano in mano una falce, ed appellavasi il terrore de’ ladri e degl
entava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di alloro. Da’ poeti (
evasi di minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir di Ovidio, una Dea de’ pastori, cui facevan voti pel felice part
e vindice delle usurpazioni. Numa il fece adorare sotto la figura di una pietra quadrata, a cui si facevan sacrificii in o
) era un tempio con un’antica statua della dea Tellure Euristerna, ed una sacerdotessa. In Esiodo (2) leggesi Γαιαευρυστερν
eravano grave e pesante. La vittima che si sacrificava alla Terra era una troia gravida, come praticavasi nelle rusticane f
ola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed acque vive, ed intorno intorno a
boschetti, ed in ogni stagione bellissimi fiori. Quella città non già una città pareva, ma un gran tempio di Cerere, ed i c
Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. Or vicino ad Enna era una spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpina, f
calafo. Or in questi suoi viaggi, assetata la povera dea, andò ad una rustica casuccia, da cui, picchiando, vide uscire
ra dea, andò ad una rustica casuccia, da cui, picchiando, vide uscire una vecchia che al chiedersele dell’acqua da Cerere,
do un giorno per certi giardini ricchi di alberi fruttiferi, ne colse una bellissima melagrana, di cui mangiò sette granell
eano forma di donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due code. L’ una dolcemente cantava ; l’altra suonava il flauto, e
Io fui, ella disse allora, levando sulle onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e
e trasformazione. Cicerone(1) così descrive la fontana Aretusa : « In una isoletta ch’è l’ultima parte della città di Sirac
na a credere l’unione delle acque dell’Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di Delfo, il quale, inanima
lo di Delfo, il quale, inanimando un tale Archia di Corinto a mandare una colonia a Siracusa, disse : Oltre il tenebroso m
feo che confonde le sue acque colla fontana Aretusa . Si racconta che una tazza caduta nell’Alfeo presso ad Olimpia, si vid
e nell’Alfeo si getta il soperchio di quegli animali. Ma è tutto ciò una favola ; perchè l’Alfeo manifestamente mette foce
lti giorni si trattenne a cielo scoperto ; ma ritrovata da Celeo e da una sua figliuola, fu amorevolmente invitata a casa l
amorevolmente invitata a casa loro, avendo la dea presa sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e marit
non iniziati. Era pur delitto disprezzare questi misteri e questa fu una delle principali reità di Socrate. Molti grandi u
li uomini v’imparavano l’arte di ben vivere ed erano aiutati a menare una vita migliore. Alcuni pretendono che in essi s’in
estra. Erisittone, re di Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale
rere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel mezzo della quale era una ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facevano
mosa quercia, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che di una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in form
dò la Fame, per soddisfar la quale consumò tutto il suo avere e vendè una sua figliuola Mestra o Metra, la quale, ricevuto
ra ritornò Pelope in vita, e per la spalla mangiata da Cerere ne pose una di avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un
he colla sinistra prende un lembo del manto, nel quale Mercurio mette una borsa piena di danaro, per indicare che i due gra
due fiaccole in mano. Negli antichi monumenti figuravasi il più come una donna robusta, coronata di spighe, bionda e quasi
di molte spighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli antichi ponevano una corona di spighe avanti la porta del tempio di qu
intrecciate fra un velo bianco che le discende su gli omeri. Ha sopra una tunica senza maniche, ed un peplo giallo con pieg
lo con pieghe fluttuanti. Tiene un fascio di spighe nella sinistra ed una face accesa nella destra. X. Principali epitet
n cui la messe suol esser matura ; e perciò la Vergine si dipinge con una spiga in mano. Gli agricoltori dedicavano a Cerer
d è candida. Qualche erudito crede che venga da Tubalcain, con cui ha una manifesta somiglianza. Dicevasi pure Mulciber (a
l precipitò dal cielo con un calcio ; dalla quale caduta n’ebbe rotta una gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto
del fuoco ; ma Virgilio(5) la pone in un’isola vicina a Lipari, ch’e una delle Eolie o Vulcanie. Or ciò si finse, perchè l
dal cielo, tolse in moglie Venere, la più bella fra le Dee, o Aglaia, una delle Grazie, secondo Esiodo. III.Vulcano, dio
ole. Cadmo nel dì delle sue nozze donò alla sposa Armonia un peplo ed una collana fatta da Vulcano. Questi(3) fabbricò con
a del mare per consolarlo, lo esorta a soprassedere, finchè gli porti una nuova armatura. Ella di fatto si presenta a Vulca
olenteroso si accinge all’opera e fabbrica uno scudo, di cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezzo di poesia che c
i per la salvezza degli altri Dei, avendo ucciso il gigante Clito con una mazza. Allorchè Diomede, coll’aiuto di Pallade,
i Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza di ferro, uccideva i viandanti che capitava
, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, col martello nella destra, ed una tanaglia nella sinistra. I monumenti antichi rapp
ta ; mezzo coperto di un abito che gli giunge sopra il ginocchio, cou una berretta rotonda e puntuta, cou un martello nella
ne altre cose di Vulcano. Luciano racconta(1), che vennero a gara una volta, sull’eccellenza dell’arte, Minerva, Nettun
rte, Minerva, Nettuno e Vulcano ; e che Nettuno fece un toro, Minerva una casa, e Vulcano, un uomo. Il dio Momo, scelto ad
ontesa, nell’opera di Vulcano notò questo difetto, che non avea fatto una porta al petto dell’uomo, per iscorgere i pensier
lcano, in cui i Romani facevano un picciol saggio del loro studio per una certa superstizione di buouo augurio. Plinio il g
admo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Autonoe. Era nella Beozia una valle ombrosa chiamata Gargafia con un limpidissi
Or Atteone che là vicino passava coi suoi veltri, seguendo l’orme di una fiera, fu da Diana trasformato in cervo ; nel qua
a favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non che della sua
egnata la uccise con uno strale. Dedalione per dolore si precipitò da una rupé del Parnaso, ma Apollo per compassione il ca
aventata la madre, e preso di fretta il fatale tizzone, il nascose in una cassa. Eneo intanto in tempo della messe avea fat
Diana fu a bella posta trascurata. La Dea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta
per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta presso la città di Caledone, un cinghiale
i eroi della Grecia, invita il fiore de’ giovani guerrieri e bandisce una caccia non mai veduta per uccidere il mostruoso c
lli di Altea, mal soffrendo che il premio del valore si fosse dato ad una donzella, violentemente le tolgono la pelle dell’
atue che rappresentano Meleagro. Il Museo Pio–Clementino ne possedeva una statua che ora trovasi in quello delle Arti a Par
primi capi d’opera dell’antichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il quale è appoggiato ad una
elle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed ha appresso a se il suo cane ; ed a’ su
Museo Borb. si ammira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simulacro
ra un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simulacro di Diana : siede Me
Dea un’indole crudele. Cosi gli Achei le sacrificavano un giovane ed una donzella ; ed a Sparta le s’immolava ogni anno un
tieri rosseggia. Ed Erodoto afferma (2) che i popoli della Tauride ad una vergine immolavano qualunque naufrago o Greco, ch
nnone avea offesa gravemente la nostra Dea coll’uccidere nella caccia una cerva a lei consacrata e per essersi vantato che
o più sicuro. Or eletto egli supremo duce de’ Greci contro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira di Diana,
l sacrificio, ricoprendola di folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva, ed un toro ; ed essa per aria fu portata n
etamente nella corte di Strofio, re della Focide, che avea per moglie una sorella di Agamennone. Il quale accolse il giovan
principi si strinse un’amicizia si grande, che cresciuta coll’età fu una delle più famose amicizie della Grecia. Oreste in
a patria ; il che diede occasione alla gara de’ due amici. Or ella dà una lettera diretta al fratello Oreste che credeva in
one formano il soggetto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumben
a della caccia. Perciò portava la veste succinta e quindi fermata con una zona o cintura. Senofonte(1) scrive che la caccia
era intesa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi, accompagnata da una muta di cani e da un drappello di ninfe, specialm
per ciascuno si pagavano due oboli al tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in onore di questa Dea dalle
e’mortali corpi autrice. Da Catullo chiamasi Giunone-Lucina, perchè l’ una e l’altra Dea presedeva a’parti ed alla nascita ;
atto colle corna delle capre uccise da Diana sul monte Cinto, che era una delle maraviglie del mondo. Essa fu pure assai ve
nologia di Diana. Diana, come Dea della caccia, si vede sempre in una biga tirata da due cervi velocissimi ; ovvero, in
cervi velocissimi ; ovvero, in lunga verginal veste discinta, cavalca una cerva. I poeti tanto al sole che alla luna assegn
o non di dittamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una corona di lauro nella destra, colla sinistra appo
rchè la Luna in cielo, Diana in terra, e Proserpina nell’inferno sono una medesima divinità. Secondo il Millin, Diana, in u
nell’inferno sono una medesima divinità. Secondo il Millin, Diana, in una bella pittura, è seguita dalle Ninfe, sue compagn
o su gli omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto di scoccare una freccia. Una statua del Museo Napoleone rappresen
oleone rappresenta Diana cacciatrice, calzata di ricco coturno ; posa una mano sulla faretra, tiene con l’altra l’arco, ed
mano sulla faretra, tiene con l’altra l’arco, ed afferra per le corna una cerva. Dice Millin che le due trecce che formano
lis da fax, facis, fiaccola, perchè Diana talvolta si rappresenta con una fiaccola in mano per significare Io splendore del
pinto dalla vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei, colla quale la greca p
dicevasi un uomo che si era reso celebre per prodigiosa forza, o per una serie di belle azioni, ed a cui dopo la morte pre
a di un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano di Zeusi ; ed in una pittura di Ercolano si vede Ercole bambino che st
ul partito da abbracciare, gli apparvero due donne di grande statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di c
prima fatica fu l’uccisione di un leone di enorme grandezza ch’era in una selva d’Acaia detta Nemea, e che si appella il le
e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate con
d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era egli un gigante a tre corpi o
o nel numero degli Dei ed allogato fra gli astri. Apollodoro dice che una nube lo accolse con un gran tuono e lo portò in c
verso i mariti, furon condannate nell’inferno a versare dell’acqua in una botte forata che non si riempiva mai ; onde il pr
ron guarite da Melampode con buona dose di elleboro. Acrisio poi ebbe una figliuola chiamata Danae, che fu madre di Perseo,
gevano di assedio, ne ottenne buona parte del regno, e quivi fabbricó una città detta Argos Hippium o Argiripa. Fu finalmen
i dal terreno, a guisa degl’insetti, e che per ciò portavano sul capo una locusta d’oro(1). Fra le città di quel paese prim
are la sua figliuola Etra. Egeo intanto, temendo di condurre in Atene una straniera per moglie, fece disegno di abbandonarl
dotta Etra in un alpestre luogo, sollevò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella quale, riposta la sua spada, sordo
ad uccidere il mostro, ed imbarcatosi consegna al nocchiere due vele, una nera ed un’altra bianca ; la prima, segno d’infau
del figlio. I quali s’incontrarono nella Focide, ed insorta fra loro una contesa, Edipo ammazzò Laio che non conosceva ; e
utto il paese vicino a Tebe, e che nel volto e nelle mani rassembrava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uc
l re Adrasto che gli promise di riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa spedizione, nella quale il celebre indovin
sia piede di mensa, del Museo Borb. si vede un centauro ricoperto di una nebride svolazzante e senza barba, che tiene coll
to di una nebride svolazzante e senza barba, che tiene colla sinistra una siringa. Vuolsi che sia il celebre Centauro Chiro
dal quale gli fu risposto che si fosse guardato da colui che portava una sola scarpa. Indi a poco, facendo egli un sacrifi
l fiume Anauro, mentre si affrettava di varcarlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere a Pelia che di lui d
l’oracolo. Laonde, avendo domandato al nipote che dovesse mai fare di una persona, da cui esso per detto dell’oracolo avess
di Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nefele un fig. chiamato Frisso ed una fig. detta Elle. Sposò poscia Ino, fig. di Cadmo 
Percui, avendo Atamante consultato l’oracolo sul modo di far cessare una gran carestia, Ino trovò il modo di far dire a’sa
l mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Forse quest’ariete era una nave chiamata l’Ariete che in su la prora avea la
arte o a Mercurio, e l’aurea pelle donò ad Eeta, il quale l’appese ad una quercia in un boschetto consacrato a Marte o in u
ove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il quale Linceo aveva una vista sì acuta che vedea sino nelle viscere delle
viscere delle montagne, percui vista lincea si disse proverbialmente una vista acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico,
roe, fu per la sua bellezza dalle Ninfe rapito nell’atto che bevea ad una fonte. Or mentre si tratteneva Ercole, inconsolab
o stretto. Per consiglio adunque dell’indovino lasciano volare avanti una colomba e non si cimentarono di passare lo strett
iglio della stessa Medea, non avesse procurato di introdurre fra loro una strana discordia. Ciò fatto, l’eroe domanda ad Ee
a Iliade, poema inimitabile, che non debbe essere già riguardato come una mera finzione, ma piuttosto come una copiosa racc
debbe essere già riguardato come una mera finzione, ma piuttosto come una copiosa raccolta delle più antiche storie della G
ll’Asia co’ contrarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia, come di sopra si è
mandò la peste nel campo de’ Greci. Oltre questa sciagura nacque pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig. di P
lo uscire di questa specie d’inazione ; allorchè, avendo udito che in una zuffa Patroclo, fig. di Menezio, cui Achille avea
un combattimento presso le mura di Troia(1). Dopo la sua morte nacque una famosa gara fra’Greci per ottenerne le armi fabbr
scritte nel secondo libro dell’ Eneide, smantellano le porte, e fatta una breccia nelle mura della città, vi fanno entrare
che allogano sul Pergamo, ch’era la cittadella di Troia. Si danno ad una gioia immoderata, e la notte, sepolti nel vino e
cco ed a fuoco l’infelice città, la quale, se crediamo a Virgilio, in una notte sola fu interamente distrutta, di modo che
o validissimi argomenti a provare che la venuta di Enea in Italia sia una mera favola. Per dire poi le sue avventure bisogn
to da’ Latini Neptunus. Cicerone(1) pretende che questo nome venga da una parola latina (a nando), che significa nuotare, p
nome venga da una parola latina (a nando), che significa nuotare, per una semplice mutazione delle prime lettere ; ma Cotta
la latina (a’nubendo vel a nuptu), che significa coprire, perchè come una nube ricopre il cielo, così il mare ricuopre la t
tor della terra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era una specie di scettro a tre punte, che sempre mai por
. Come Nettuno era Dio del mare, così a ragione se gli attribuiva una grandissima potenza, attesochè maraviglioso è l’i
i cambiamenti nel corso dei torrenti e de’fiumi. Erodoto(2) riferisce una tradizione de’ Tessali, i quali affermavano che l
è dopo Giove, Nettuno era il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa sua potenza sul mare ci dà
ituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crudeltà che gli uomini
n sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza di un monte. Molti poeti
to di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagione di
nume, dal quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza di uomini di gigantesca statura e feroci, c
sse, quivi regnava Antifale, la cui moglie, dice Omero, era alta come una montagna. Essi fecero mal governo de’ compagni di
mo poi figurato in forma di un vecchio assiso sulle onde del mare con una picca in mano ed un mostro marino al fianco ; tie
he spesso si adopera a dinotare il mare(1). Essa si rappresenta su di una conchiglia tirata da delfini o da cavalli marini,
ttro d’oro ; e secondo lo Spanheim, si suole anche rappresentare come una sirena, cioè mezzo donna e mezzo pesce. Virgilio(
tiere, detto perciò canoro, precedendolo ed annunziandolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia di cono, di
e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta di cui Ovidio(2) ha b
o, pose sì strano furore nell’animo di quel re, che pigliando Ino per una leonessa, ed i figliuoli Learco e Melicerta per l
del mare e di ammirare stupefatte la prima nave Argo che per loro era una novità mostruosa ; e ad esse attribuisce uno sgua
iati di perle, sopra delfini e cavalli marini, portando per lo più in una mano il tridente di Nettuno, e nell’altra, un del
era ora un giovane, ora un leone, ora un toro, ora un fiume ora anche una fiamma. La quale favola ha dovuto avere origine d
ersa da quella di Giove, avendo la barba più increspata, ed essendovi una considerevole differenza nel getto de’capelli che
prora di un vascello carico di grano, indica l’abbondanza arrecala da una prospera navigazione. Sopra una medaglia, in cui
rano, indica l’abbondanza arrecala da una prospera navigazione. Sopra una medaglia, in cui la vittoria comparisce sulla pro
one. Sopra una medaglia, in cui la vittoria comparisce sulla prora di una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel rove
e vittoria navale di Demetrio Poliorcete sopra Tolomeo. Nettuno sopra una medaglia dell’imperator Claudio, porta la folgore
na medaglia dell’imperator Claudio, porta la folgore, come pure sopra una pietra incisa. Alcuni vogliono che negli antichi
cuni vogliono che negli antichi monumenti non si vede mai Nettuno con una corona di giunchi ; ma d’ordinario, a guisa di Gi
giunchi ; ma d’ordinario, a guisa di Giove, porta un diadema, o pure una benda regale. La corona di giunchi non vien data
rmazione di Scilla ; poichè se nell’Eneide dice ch’essa al di sopra è una leggiadra donzella, mentre termina in corpi di lu
nzella, mentre termina in corpi di lupi colle code di delfini (2), in una egloga poi afferma che finiva in cani marini (3),
ssimi nello stretto ch’è fra la Sicilia e la Calabria. Or Cariddi era una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, la qu
r cui Aide dinota un luogo tenebroso, o secondo la frase di Virgilio, una casa senza luce (sine luce domus), o come dice Da
vista del Sole. percui tenebre cimmerie proverbialmente si dicono per una foltissima caligine. Strabone però parla de’Cimme
e della terra si facesse cadere giù nel Tartaro. Intorno ad esso avvi una trincea di solido bronzo, e porte e mura di bronz
no ; ma è stato poco accurato nel distinguerne le parti. Secondo lui, una strada silenziosa e declive, fiancheggiata mestam
se azioni, trasportarono quanto di ameno e dilettevole può immaginare una bella fantasia colpita dalla dolcezza del clima e
vole varietà della natura. Poscia la Grecia, coltivando gli studii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un luo
piaceri di un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla cosc
udio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla coscienza di una virtù pura e costante. Pindaro finge due regni so
a Saturno. Quivi soggiornano le anime felici degli eroi che godono di una coscienza tranquilla e sicura, a’quali un terreno
Or raccogliendo in uno le cose dette da’poeti sull’Inferno, ne daremo una descrizione composta delle differenti idee della
ago di Averno, per folte tenebre che il circondavano, spaventoso, era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora u
, spaventoso, era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora una spelonca di spaventosa profondità, ch’era nel Ten
a profondità, ch’era nel Tenaro, promontorio della Laconia, credevasi una delle bocche dell’inferno. Nel primo entrare del
generalmente si dica che le Ombre debban passare il fiume Slige su di una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna di esse
su di una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna di esse dar debbe una moneta per nolo. Cerbero, cane a tre teste, sta c
che dovea staccare da un albero sacro a Proserpina, che trovavasi in una selva all’ingresso dell’Inferno. Traghettata la S
era la bocca dell’inferno, o l’inferno stesso. Virgilio (1) descrive una profonda spelonca trovata in rozza e scheggiosa r
cinta da annose e folte selve. Della sua bocca usciva un alito, anzi una peste, percui gli uccelli non vi poteano volar di
e luoghi sotterranei e caliginosi (1), finsero i poeti, essere quivi una bocca dell’inferno, per la quale entrò il figliuo
ciulli. Strabone(2) dice che l’Averno negli antichissimi tempi era da una selva inaccessibile di grandi alberi circondato,
stati cangiati in vigneti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di Apollo, dall’alt
fangoso sporgere in fuori che quivi fa il mare. Aveva pur questo nome una caverna vicina all’Acheronte che comunicava coll’
o volgeva torrenti di fiamme e da ogni lato circondava il Tartaro. Da una parte dell’ Inferno, dice Silio Italico(3), si ap
Flegetonte ; e lo Stige, per essere assai torbido e limaccioso più ad una palude rassomiglia che ad un fiume. Il Cocito, di
Stige, le cui ripe appellansi da Properzio sorde, cioè inesorabili, è una palude di orrida pece e di solfo limaccioso e fum
da pece e di solfo limaccioso e fumante. Le sue acque mandavano fuori una nebbia foltissima, percui nebulosa appellasi da O
« L’acqua dello Stige forma un sotterraneo ruscello sempre coperto d’ una cupa notte. Scorre esso nel Tartaro, ma la decima
) erano diversi dalle ombre de’ morti, intendendo alcuni per Dei Mani una maniera di Dei Infernali che si placavano con cer
e le tombe de’ morti, eran riputati violatori degli Dei Mani, secondo una legge delle dodici tavole (4) ; sebbene altri dic
à il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig.
resso Virgilio (5) la Sibilla Cumana, per farlo star cheto, gli porge una mistura sonnifera. Orazio (6) finalmente, facendo
ig. dell’Acheronte e della Notte, onde presso Virgilio Enea sacrifica una sterile vacca alla madre delle Eumenidi, cioè all
to e Minos. Il nocchiero della palude infernale che tragittava in una barca le anime de’morti, chiamavasi Caronte, dett
ipite Cerbero, per tutto un anno, come dice Servio, ne pagò il fio in una prigione. E temeva pure ch’ Enca imitato avesse l
a esso significa un nocchiero. I gentili ponevano in bocca a’cadaveri una moneta di oro o di argento per pagare a Caronte i
del loro passaggio. Pare che Virgilio (2) ci descriva il Tartaro come una orrenda prigione, in cui Radamanto, a guisa de’Tr
ide acque che gli giungevano sino alle labbra, senza poterne mai bere una goccia, mentre saporosi frutti da’rami gli pendon
continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di Tantalo il timore di una guerra imminente. Orazio (3) paragona a Tantalo g
erchè come quell’ infelice sta in mezzo alle acque e non può gustarne una stilla, così l’avaro in mezzo alle ricchezze non
di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota circondata di serpenti, che gira velocement
he Mercurio o Ermete accompagnava le anime degli eroi, avendo in mano una verga ch’era il caduceo. Disse pure che l’inferno
e onore. Si radunavano i giudici di là da un lago che tragittavano in una barca. Appena un uomo era morto che conducevasi a
i (quasi summus Manium. Capell.), sebbene Ovidio (1) ne parla come di una divinità incerta. Ad esso attribuivansi i fulmini
 ; e da Ovidio, tiranno del profondo inferno. Claudiano (5) introduce una Parca, che chiama Plutone sommo arbitro della not
ti che hanno un cuore crudele ed inesorabile ; e ci vien descritto di una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir di C
tterraneo ed infernale ; con che volevano farci intendere i poeti che una sola è la divinità che governa l’universo. Abbiam
inghirlandato, come dice Furnuto. Un raro medaglione di Adriano offre una figura ritta in piedi, avente la barba e portante
lle greche medaglie, ove Plutone è rappresentato assiso, portante ora una patera, ed ora un’asta ; una volta sola la forca,
one è rappresentato assiso, portante ora una patera, ed ora un’asta ; una volta sola la forca, e due soltanto col modio di
matici ci offrono Plutone che rapisce Proserpina da lui portata su di una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con una
a lui portata su di una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con una folta barba ed in aria severa, ed ha sovente sul
. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto o capelvenere,
lore, e ne fu guarito da Peone, medico degli Dei, che avea pur sanata una ferita di Marte fattagli da Diomede. Lo scultore
e fattagli da Diomede. Lo scultore Cefisodoto (3) avea fatta in Atene una statua della Pace, che portava Pluto o Plutone in
onevasi qual segno funebre avanti la porta de’ defonti (6), e ciò per una sua proprietà, che una volta reciso, non rinasce
bre avanti la porta de’ defonti (6), e ciò per una sua proprietà, che una volta reciso, non rinasce mai più, simbolo della
si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte di una vittima che dovea sacrificarsi agli Dei e gettarl
li Dei e gettarli nel fuoco ; perciò si finge che Proserpina toglieva una ciocca di capelli agli uomini destinati quasi vit
erpina. Plutone, dice Claudiano(4), volendo dividere il suo trono con una giovane Dea, e non trovandone una nell’Olimpo, nè
, volendo dividere il suo trono con una giovane Dea, e non trovandone una nell’Olimpo, nè sulla terra, che accettar volesse
quercia, come alcuni interpetri vogliono, sebbene altri intendano di una corona di quercia che portano sul capo, perchè an
tà regolavano(4). Per significare un uomo, di cui la vita fosse stata una serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascer
si rappresenta assisa allato a Plutone, sopra un trono di ebano e con una fiaccola in mano ; ovvero sopra un cocchio con du
abbiano rappresentato. Plinio(2) scrive che Prassitele fece di bronzo una Proserpina rapita, opera ch’egli chiama bellissim
ampio peplo ; sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora di una collana e di due braccialetti con perle. Sopra i
arola Κορας, donzella, che trovasi in molte medaglie, prova ch’essa è una Proserpina, la quale, essendo figlia di Cerere, p
nistravano tutte le cose ad essi necessarie. E Libitinense chiamavasi una porta dell’anfiteatro, perchè da essa faceansi us
l corso ; e quel filo misterioso, quanto poco dobbiamo appoggiarci ad una vita che si attiene a cosa sì debole. Se esse ave
ste l’ordine ed il sistema dell’universo. A Proserpina si sacrificava una troia, ed anche una vacca nera e sterile(1), in s
istema dell’universo. A Proserpina si sacrificava una troia, ed anche una vacca nera e sterile(1), in segno della sua steri
6 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
ndo siffatto argomento in tutta la sua estensione, v’abbia introdotta una connessione di Fatti in forma di perpetua, nè mai
maltrattava. Titea finalmente trasse dal suo seno il ferro, ne formò una falce, e la diede a Saturno, ond’ egli insieme co
artifiziosamente nol avesse serbato in vita. Colei presentò al marito una gran pietra ; egli la credette il nato bambino, e
caricò Saturno, e sua moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa truppa di Cretesi e di altri esuli, debe
n ricambio lo associò al suo regno : e per indicare ciò, volle che in una parte delle monete fosse impressa la sua immagine
monete fosse impressa la sua immagine a due faccie(13), e nell’ altra una nave, che ricordasse quella, su cui Saturno avea
da maravigliarsi, giacchè appresso i Mitologi spesso trovasi confusa una coll’ altra Divinità. Cibele quindi si appellò an
ome d’ Iside(b). Come tale si teneva per moglie d’ Osiride(10), e per una delle più grandi Divinità dell’ Egitto. Da Iside
Iside aveva certi Sacerdoti, che si diceano Isiaci, i quali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè di sale,
li, vedendo gravida Taletusa, sua moglie, le ordinò, che se partoriva una femmina, la uccidesse, poichè mon avrebbe avuto c
na, la uccidesse, poichè mon avrebbe avuto con che sostenerla. Nacque una bellissima bambina ; ma Teletusa, cui Iside avea
mpano(d). Il loro capo si chiamava Archigallo. Questi cingeva in capo una mitra, al collo una gran collana, che gli discend
po si chiamava Archigallo. Questi cingeva in capo una mitra, al collo una gran collana, che gli discendeva sino al petto, e
pre viversene casto. Egli non istette alla promessa, e prese ad amare una Ninfa(14) ; figlia del fiume Sagari o Sangaro, e
lo diede a’ Tirreni(b) (15). La Dea ne prese vendetta. Sangaride era una delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipendev
tì in Pino(16), albero che fu poscia a lei consecrato(c) (17). Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste d
ano il nome di Amata, la quale era stata la prima Vestale(e). Addette una volta al servigio di Vesta, doveano rimanorvi tre
era forza sufficiente a farlo più oltre avànzare. Finalmente Claudia, una delle Vestali, vi riuscì : ella atuccò la sua cin
iuochi dinanzi al tempio della stessa Dea(c). Vi s’introdusse inoltre una certa sacra ceremonia, chiamata Lavazione, perchè
zione conveniva placaro Cibele col sacrifizio di due vittime, nate da una sola giovenca. Trenta di queste gravide s’immolar
ta ad Eleusi, si sentì talmente stanca e assetata, che si appressò ad una capanna per ricercarvi dell’acqua. Una vecchierel
usi, avendo veduto Cerore, la quale in aria mesta stava sedendo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una
stava sedendo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di rallegrarla con varj
gi, restituì a Cerere il carro(8), e stabilì in Eleusi a di lei onore una festa(e) (9). Non altrimenti Cerere per essere st
matrimonio con Crisorte. Plemneo, venuto in cognizione che Cerere era una Dea, le eresse un tempio(b). Si abbattè parimenti
in Nettuno, il quale, trasformatosi in cavallo, la rendette madre di una figlia, che fu nominata Era(c). Altri dicono che
donata ogni speranza di ritrovare la figlia, si fermò desolata presso una fonte. In questa avea il dolore cangiata la Ninfa
era avvenuto, nè potendo farlo colla voce, supplì col far comparire’ una fascia, caduta a Proserpina in quelle acque. La r
elogranato. L’ avea veduta Ascalafo, partorito ad Acheronte da Orfne, una delle più celebri Ninfe dell’ Averno. Colui pales
hè in Enna, antica città della Sicilia aveva un augustissimo tempio e una statua, con tale artifizio formata, che chi la mi
a Laconia, nel quale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e di M
n Eleusi, e queste in Agri, appresso il fiume Ilisso. Le minori erano una spezie di preparazione alle maggiori. Niuno potev
Credevasi, che l’essere fatto partecipe di questi Misterj producesse una dolce tranquillità di vita in questo mondo, e la
esse una dolce tranquillità di vita in questo mondo, e la speranza di una migliore nell’ altra (d). Niuno poteva palesare i
i morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la quale non deponevano, se non quan
ina certi Giuochi(14) detti Demetrj, ne’ quali il vincitore riportava una corona d’ orzo (c). Il Floriferto era una Festa,
uali il vincitore riportava una corona d’ orzo (c). Il Floriferto era una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe al
sacrificarle. Un talé sacrifizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sacrifi
saltando, intuonava inni a Cerere ; versava latte, vino, e mele sopra una giovenca ; e finalmente la immolava (f). Scaliger
a Porta-fiaccola, perchè nelle Solennità di questa Dea do vea portare una fiaccola, come faceva Cerere, quan do andava in c
ì osò di tagliare anche un bosco a Cerere consecrato. Eravi in quello una quercia, in cui soggiornava una Ninfa, cara alla
a Cerere consecrato. Eravi in quello una quercia, in cui soggiornava una Ninfa, cara alla stessa Dea. Erisittone atterrò p
l Fato, che la Fame si unisse con Cerere ; quindi costei per mezzo di una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le viscere
lcuno l’interno suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola, di nome Metra, e questa pure egli vend
tirato da Dragoni alati, con un fascetto di papaveri nella destra, e una fiaccola nella sinistra. Le si dà il papavero, o
i bronzo, e delle picche (a), Pausania numera tralle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel t
a numera tralle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel tempio di Minerva presso i Tegeati (b)
tempio di Minerva presso i Tegeati (b). Aglaosténe nomina tra quelle una Ninfa del monte Ida in Creta, chiamata Cinosura,
monte Ida in Creta, chiamata Cinosura, che fu da Giove convertita in una stella dello stesso nome (c). Altri vogliono, che
overno di Saturno sotto quello di Giove, finirono le altre tre età, l’ una detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e l
poi ebbe da Deucalione due figliuoli, Anfittione (b) ed Elleno(c), e una figlia, Protogenia (d), che fu da Giove renduta m
ttatori doveano spogliarsi delle loro vesti. Diede motivo a tal legge una donna d’Elea, chiamata Callipatera. Costei, sapen
ta Callipatera. Costei, sapendo, che le donne venivano precipitate da una rupe, qualora avessero passato il fiume Alfeo per
nche esercitarvisi (e). Il premio, dato da principio a’ vincitori, fu una corona d’ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi c
he dovei servire di vittima, mangiava di quel grano, il sacerdote con una scure feriva quell’animale, e davasi alla fuga. Q
di Giove, detto Taulone, o Diomo, o Sopatro, vide mangiarsi da un bue una focaccia, ch’ egli avea offerto al suo Nume. Sdeg
era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anell
tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di lui b
i avea sacrificato a Giove. Suila sommità della stessa beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto
sto Flamine i capelli ; e i medesimi doveansi poscia sotterrare sotto una verde quercia. Finalmente se moriva a tal Sacerdo
ol titolo di Giove Statore (c). La statua di questo Dio ivi stringeva una picca nella destra, e un fulmine nella sinistra.
no di Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. La stessa
ia di ulivo. La stessa statua era d’oro e d’avorio. Avea nella destra una Vittoria, parimenti d’oro e d’avorio ; nella sini
u allevato (i). Ne’ dintorni di Celeno, Città della Frigia, si aperse una vasta e profonda voragine. Mida, che allora ivi r
uasi tutte le Città, della Grecia (c). Vennero instituite per causa d’ una celebre vittoria, riportata da’ Greci, essendone
erdettero trecento mila uomini(d). Tali solennità si cominciavano con una processione, anounziata colle trombe. Vi concorre
eduta da alcuni Città della Tessaglia, da altri dell’Epiro (a), eravi una foresta piena di quercie, da dove credevasi che i
li i più antichi, che abitarono la Grecia (b). Altri soggiungono, che una nera colomba volò da Tebe in Dodona. Quivi sopra
ra per istabilire ivi un Oracolo (c) (12). In quella foresta scorreva una fontana, parimenti sacra a Giove. Essa si denomin
vesse a lei conferito l’intelligenza (e). Ella scelse la cupa ombra d’ una venerabile quercia, donde dava le sue misteriose
l quale secondo alcuni era un vaso, ma secondo la comune opinione era una sedia, sostenuta da tre piedi(f). Non molto dopo
e per acquistare maggiore riputazione all’anzidetto Oracolo. Si formò una statua di rame, che rappresentava Giove armato di
acolo. Si formò una statua di rame, che rappresentava Giove armato di una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni, ne’
he fu il primo ad alzargli un tempio (b). Appresso di questo scorreva una fonte indovina, detta l’ Acqua del Sole. Questa e
la sembianza di ariete percosse col piede la terra, e così gli additò una sorgente d’acqua(a). Comuncue ciò sia, certo è, c
atua del Nume, quando si portava in processione, veniva riposta sopra una dorata nave. Ottanta sacerdoti se ne caricavano l
e sotto il nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la quale oltre i due soliti occh
un toro, delle di cui viscere ne venisse distribuita a ciascun popolo una porzione (d). Tale sacrifizio si appellava Laziar
e spoglie opime(18) delle medesime sul Campidoglio, ove le appesse ad una quercia in dono a Giove. Ivi pure eresse il primo
di lui posteri colà vi recavano le spoglie nemiche, per consecrarvene una parte a questo Dio (b). Quindi Giove fu anche chi
affinchè si potesse sacrificare allo stesso Nume, si Iasciò scoperta una parte del predetto tempio, perchè altrimenti non
io, e la terza sotto Tito. Tre volte parimenti venne rifabbricato : l’ una da Silla Dittatore, l’altra dall’Imperatore Vespa
fosse stato allevato dalle Ninfe, Tisoa, Neda, e Agno (d). Eravi colà una fontana, che avea il nome della terza di queste N
ella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da di là si alzava tosto una nuvoletta, che andava condensandosi, e finalmente
o le dovute lustrazioni, necessariamente nello stesso anno moriva. Se una bestia, inseguita da’ cacciatori, colà si ritirav
che Giove fu detto Liceo, perchè gli Arcadi, mentre passavano a nuoto una certa palude, venivano da lui cangiati in lupi, e
, quando stabilivano le alleanze, solevano giurare per Giove, tenendo una pietra in mano (b) ; ovvero perchè Rea, come abbi
chè Rea, come abbiamo raccontato, presentò a Saturno in vece di Giove una pietra, che fu da quello divorata (c). Si chiamò
che vi trovavano, senza però portarne via alcuna. I Lettisterni erano una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialm
naggi, si manifestarono per quelli ch’erano, e seco condussero su per una collina Baucide e Filemone. Erano questi poco dis
Prometeo allora coll’ajuto di Minerva ascese in Cielo ; e, appressata una face al carro del Sole, ne portò un’ altra volta
di questo nuovo insulto, commise al Dio Vulcano, ch’ei pure formasse una donna, a cui si diede il nome di Pandora, ossia f
ole Eschilo (b), a Vulcano, che legasse Prometeo sul monte Caucaso ad una colonna (c), o ad una rupe (d). Là un avoltojo (e
cano, che legasse Prometeo sul monte Caucaso ad una colonna (c), o ad una rupe (d). Là un avoltojo (e), o un’aquila, nata d
Prometeo se ne stette per trenta anni, dopo i quali Ercole uccise con una saccta l’avoltojo, ministro delle sovrane vendett
mo, figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’era corris
re dal mondo, e di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò in una pianta, la quale suole crescere lungo le rive de’
’avorio, col fulmine nella destra e col regio scettro (c), ovvero con una Vittoria nella sinistra. Appresso al di lui sogli
riore. Questo era stato subito rinchiuso appresso la palude Stigia in una boscaglia, circondata da triplice muro. Un antico
detto uccello l’immortalità, lo trasferì in Cielo, affinchè divenisse una Costellazione vicina all’ Orsa maggiore (a). B
. Giove s’inserì tosto il non ancor maturo infante a perfezionarsi in una delle sue oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che B
sta incenerita Semele, se lo ripose, come abbiamo testè accennato, in una coscia, e ne fece le veci di madre(a). Alcuni dic
di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nutrici ; o perchè aveva un tempio i
mente per volere di Bacco stesso sostituirono in luogo del giovinetto una capra, per cui il Nume acquistò il nome di Egobol
acre ceremonie (a). Ne’ primi tempi si offriva un vaso pieno di vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio di un Irco, anima
ogno, ossia gran misura di vino, perchè ne’ conviti ciascuno bevea da una tazza, la quale serviva per lui solo. Voleasi cou
re superava ogni altro, conseguiva in premio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la quale talvolta
i rappresentavano Commedie(b). Le Antesterie secondo alcuni non erano una festa particolare, ma con tal nome si chiamavano
con torcla accese per Atene(b). Coloro, che v’intervenivano, tenevano una tazza in mano, e faceano nel tempio di Bacco ampi
l Nume fu detto Nittelio (c). Egli ebbe un tempio nell’ Attica presso una Cittadella, detta Caria da Car, siglio di Foronec
lle Feste di Bacco(d). Pausania vuole, che sieno state dette Tiadi da una certa Tia, che fuila prima Sacerdotessa di Bacco(
eano la cognizione delle ceremonie, solite a praticarsi nell’ Eroide, una delle tre Feste, che ogni arino si celebravano in
donia(m). Ebbero il nome di Bassaridi, o perchè solevano cuoprirsi di una lunga veste, detta da’ Traci bassaride ; o dal lo
prezzo. Ei se ne querelò con Bacco ; e il Nume suscitò tra que’popoli una malattia somigliante all’ubbriachezza, la quale,
nè volendo neppure ella sopravvivere a lui, si privò di vita appresso una fontana, che prese poi il di lei nome(b). Fu pure
corpo in un pozzo. Avea quegli due figliuole, Penelope ed Erigone, e una cagna, chiamata Mera, la quale sempre lo seguiva.
Questi lo fece cadere in sì forte ubbriachezza, per cui egli commise una nefanda scelleraggine. Lo stesso Nume desolò inol
di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la di cui acqua cangiavasi ogni anno in
he doveano usare per guarire le loro malattie. Era pure sacra a Bacco una quantità di vasi, atti a contenere il vino. I più
gro ; bionda la chioma, e ondeggiante sulle spalle(e). La sua veste è una pelle di pantera. Tiene in mano un tirso(23). Sta
e dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’ Acaja, fra gli orrori di una caligine, fatta porgere all’ improvviso, donde ni
rovviso, donde niuno si accorgesse, che un Nume stava conversando con una mortale(3). Giunone, sollecita sempre di Giove, l
ci Panopte, ossia tutte occhi, perchè intorno al câpo ne avea cento ; una parte de’ quali sempre vegliava, mentre l’ altra
loro Estro, da’ Latini Asilo, e dagl’ Italiani Tafano. Tale intetto è una spezie di mosca, ch’ estremamente traraglia i gre
i Preto. Usò questi di tutti i mezzi per uarirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse sue figliu
ti i mezzi per uarirnele, e perfino promise una parte del suo reno, e una delle stesse sue figliuole in matrimonio a chi le
ta Dea mandò tra loro la Dea Eride. Stava allora il marito per finire una seuia curule, e la moglie la tessitura d’una tela
ora il marito per finire una seuia curule, e la moglie la tessitura d’ una tela. Proposero di gareggiaro, e stabilirono che
se per compire più presto la sua opera, avesse a ricevere dall’ altro una serva. Vinse Aedone. Politecno n’ebbe grande invi
olitecno n’ebbe grande invidia, e andò a ricercare a Pandareo l’altra una figliuola, Chelidone, fingendo che la di lei sore
le fece, che venne in cognizione di tutte ciò, ch’erale accaduto. L’ una e l’altra risolvettero di far mangiare a Politecn
onsisteva nell’ offerire alla Dea porzione del capelli della sposa, e una vittima, il di cui fiele gettavasi lungi dal temp
ascuna Curia (e). Altri dicono, ch’ella venne così denominata, perchè una delle ceremonie del matrimonio appresso i Romani
otto cui si univano gli sposi. Elle sotto tal nome aveva un altare in una strada, denominata Vico Giugario (c). Finalmente
fferto il sacrifizio, detto Ecatombe(19), si disputavano ciascun anno una corona di mirto, e uno scudo di bronzo, preposto
rsi e colle tonache sino alle ginocchia. Quella, che vinceva, ridevea una corona d’ulivo, e porzione di un bue sacrificato,
zava in Pellene con giuochi, ne’ quali davasi per premio al vincitore una veste preziosa (a). Finalmente Giunone, come Regi
. Il Nume voleva riconciliarsi seco lei, ma ella vi dimostrava sempre una forte resistenza. Citerone, re di Platea nella Be
ella Beozia, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua di legno, che la vestisse pomposamente, e
e vesti della supposta novella sposa. S’avvide allora, che quella era una statua, e riconomendo l’azione, come un tratto d’
l tempo, quattordici delle principali città, della Grecia preparavano una statua di legno, adoma de’ più ricchi abbigliamen
di legno, adoma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel giorno della Festa una Matrona di ciascuna città, coperta di lunga veste
erano ridotte in cenere (f). Fu detta Prodromia, perchè ella pure era una delle Deità, che si veneravano prima d’ intrapren
rni di ciascun meso, denominael Calende (e). Allora le si sacrificava una giovenca bianca, o una capra (f). Al tempo della
nominael Calende (e). Allora le si sacrificava una giovenca bianca, o una capra (f). Al tempo della guetra degli Arunci i R
icercavano. Distribuise tralle milizie, finsero di celebraro tra loro una festa, e talmente ubbriacarono quelle truppe, che
desime caddero tutte in profondo sonno. Le donne allora dalla cima d’ una ficaja selvaggia, detta caprifice, diedero un seg
il nome di Caprotina, e a lei instituì un sacrifizio, il quale sotto una selvatica ficaja ogni anno si rinovellava. Filoti
enerare Giunone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e di uno scudo(
d’oro, alle quali Diana dava la caccia nelle pianure della Tessaglia, una ne venne salvasa da Giunone (c). Derivò a Giunone
pur celebre la festa di questa Dea in quella città Essa consisteva in una solenne processione. Cento buoi inghirlandati pre
edeva nel predetto tempio in grande soglio d’oro e d’avorio. Aveva in una mano un pomo granato, e nell’altra uno scettro, s
elleno disputavano della loro bellezza, e la più avvenente riportava una palma (c). Giunone dipingesi anche sopra un carro
izione, che ce ne dà Virgilio(b). Due porte, dic’ egli, ha l’Inferno, una di corno e l’altra d’avorio. All’ ingresso dello
ni, morti nell’ istante medesimo, in cui erano nati. Si va quindi per una vasta campagna, denominata Campo delle lagrime ;
gne(21) in cogliere flori(22). La vide Plutone ; la rapì ; e apertasi una profonda voragine, si fece strada agli abissi, ne
inalzato un tempio a Summano, e che non ne aprivano le porte, se non una volta l’anno, volendo così dare ad intendere, che
e porte, se non una volta l’anno, volendo così dare ad intendere, che una sola volta si discende all’ Inferno(g). Gli si di
nzachè chi ne usa, sia dagli altri veduto(a). Egli stringe inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la
i altri veduto(a). Egli stringe inoltre in una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve di scettro,
del Nume contro Pitone (d). Il premio de’vincitori ne’primi tempi era una piccola corona d’alloro (e). Vi s’introdussero po
rirono altresì delle corone d’oro. In questi Giuochi davasi in premio una Diota, ch’era un’anfora a due manichi d’oro, o d’
ano di eccellenti (h). Finalmente in Delfo ogni nove anni celebravasi una solennità, denominata Septerio. Mostravasi allora
, ramingo del pari sulla terra, esibì la sua assistenza a quel re per una somma di danaro. Compito il faticoso lavoro, Laom
ò di soddisfare alla convenuta mercede (b). Quindi Apollo fece perire una gran parte di quegli abitanti con una peste desol
(b). Quindi Apollo fece perire una gran parte di quegli abitanti con una peste desolatrice (c). Nè fu solamente in Troja,
si finalmente con Giove, sali di nuovo all’Olimpo, e fu venerato come una Divinità (e). Il tempio più famoso, che gli si fa
che sul monte Parnasso v’avea un antro, e che in questo stava aperta una voragine, ove alcuno capro avvicinatesi furono as
oi, per rendere noti i suoi Oracoli nel tempio anzidetto, si servà di una Sacerdotessa, denominata Sternomantide, o Pitia,
 ; più giorni eranle necessarj a riaversene ; e bene spesso veniva da una presta morte sorpresa. Molte precauzioni si usava
ecrate, giovino Tessalo, rapì la Pitonessa di quel tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle donne doveano avere più di
scacciato, si ritirò in Creta. Poco tempo dopo avvenne agli Egialesi una pestilenza desolatrice di tutto il loro paese. Co
, e vi sacrificavano un bue e due capre bianche ad Apollo, e a Latona una giovenca colle corna dorate(a). Macrobio dice, ch
nti del paese avrebbono loro mosso guerra. Costretti coloro a passare una notte lungo le rive dell’Ellesponto, avvenne che
sso fosse la verificazione dell’Oracolo, e in quel luogo fabbricarono una città, che denominarono Smintia, dalla voce greca
appellò Clario, perchè eragli stato consecrato un tempio, un bosco, e una fonte in Claro, città della Ionia, fabbricata app
l premio de’ quali secondo Pausania era un vaso intagliato(e), ovvero una veste, detta clena, come vuole lo Scoliaste di Pi
e vuole lo Scoliaste di Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto
nome di Tirseo era onorato in Cianea, città della Licia. Ivi v’ avea una fontana, a lui sacra, in cui vedeasi indicato tut
famoso Abaride Scita, e figlio di Seuta. Egli fu regalato dal Nume d’ una freccia d’ oro, con cui sollevavasi in aria, e sc
rto di magnifica e lunga veste, co’ capelli sparsi, e cingeva in capo una corona d’ oro. Venivano poscia due cori, l’ uno d
Venivano poscia due cori, l’ uno di giovani, che stringevano in mano una bacchetta inghirlandata di fiori, e l’ altro di d
Le due armate si trovarono nello stesso tempo obbligate di celebrate una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione
so tempo obbligate di celebrate una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto una sospensione d’ armi, e sì gli uni che gli altri t
Polemata, capo de’Beozj, vide in sogno un giovane, che lo regalava d’ una intera armata, e comandavagli di consecrare ogni
(c). Il Sole arse d’amore per la vezzosa Leucotoe, nata da Eurinome ; una delle Oceanidi, e da Orcamo, re degli Assirj(d).
e d’ unirsi seco lei in matrimonio. V’ acconsentì la giovine. Clizia, una delle Oceanidi, che amava assaissimo il Sole, pen
pinta da gelosia e invidia, corse a palesarlo ad Orcamo, Scavò questi una fossa, e vi seppellì viva la figlia. Il Sole, spe
po e il terreno. Questo mandò tosto un’insolita fragranza, e produsse una pianta d’incenso. La maligna Clizia poi dovette p
ucopio, per simboleggiare l’ abbondanza, ch’ egli produce. Ha in capo una corona di raggi, ed è tirato sopra un carro da qu
ardo al culto, che rendevano a Latona ; e tentava di persuaderle, che una madre di due soli figliuoli, qual’ era stata cole
Latona ; e che le medesime inalzarono a Latona stessa per gratitudine una statua in Argo(a). Apollodoro soggiunge, che fu r
smenio, a lui consecrato. Apollo per tal delitto scoccò contro di lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane in prese
tempo stesso di farlo per timote di castigo, scavò in rimota campagna una fossa, ed ivi appagò il suo desiderio. Qualche te
Filandro e Filacide. Questi furono esposti alle bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto gli abitanti di El
a. In memoria di tal fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle montagne di Creta, spedirono al tempio d’Ap
ra una delle montagne di Creta, spedirono al tempio d’Apollo in Delfo una capra di bronzo, che allattava due bambini(b). Ap
quell’uccello(c) (55). Ovidio racconta, che Apollo, volendo celebrare una festa in onore di Giove, commise ad un Corvo di r
commise ad un Corvo di recargli pel sacrifizio dell’acqua, tratta da una fontana, che gl’indicò. L’uccello spiegò a tale o
turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pure una corona d’alloro, e tratra c
intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pure una corona d’alloro, e tratra coll’altra un arco con
corona d’alloro, e tratra coll’altra un arco con varie frecce, ovvero una lira. Il motivo, per cui divenne sacro ad Apollo
asse di forma. Nè in vano pregò, poichè d’improvviso videsi mutata in una pianta d’alloro(a). Ecate. ECate secondo al
figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebbe da Tia, una anch’ella delle Titanidi, per cui la Luna fu chia
celebre Aristeo, e da Autonoe, figlia di Cadmo. Quegli, avento fatta una grande strage di selvaggina in boschi e in monti,
e ingombra di cipressi e di pini. Nell’estremità della stessa v’avea una sorgente d’acqua, in cui Diana era venuta a ricre
te Atteone. Appena se ne accorsero le Ninfe, che, formata alla meglio una corona a Diana, procurarono di nasconderla. Ranid
, e ottenne da Giove, che colui fosse trasferito in Cielo, dove forma una Costellazione (a) (6). Molti altti vennero puniti
pezialmente Chione, Cidippe, e Melanippo con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di Chione, figlia di Dedalione,
destinata ad altre nozze ; ma tutte le volte che voleasi celebrarle, una violente febbre, che sorprendeva la giovine, ne l
tarsi, ne profanarono quel sacro luogo. La Dea per punirli mandò loro una malattia, per cui poco tempo dopo moritono. Nè qu
e furono dall’ Oracolo consigliati ad immolare a Diana un fanciullo e una fanciulla. Per un secolo si rinovò ogni anno ques
sua giustizia ottenne da Giove il privilegio di sempre dormire(8) in una spelonca del Latmo, monte della Caria (d). Era là
che il nome di Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa era una delle compagne di’ Diana. Riusciva molto esperta
iù reggersi, implorò la protezione di Diana. Questa Dea la involse in una nuvola, e la adombrò di sì folta caligine, che pe
s’accorsero, che quel tempio minacciava rovina. Si rifugiarono sopra una noce, e restarono sospese a’ rami di quella (b).
a aver ucciso di propria mano il suo predecessore, e stringeva sempre una spada per resistere a chi tentava di privare lui
ere a chi tentava di privare lui pure di vita. Quì si celebrava anche una festa, in cui i Romani si astenevano per qualche
usamente altrove. La ceremonia consisteva nell’applicare leggìermente una spada sul capo d’ una vittima umana ; e alcune go
eremonia consisteva nell’applicare leggìermente una spada sul capo d’ una vittima umana ; e alcune gocce, sparse in orore d
te. Per calmare Diana, le si sacrificarono molte fanciulle, e si fece una legge, che nessuna donzella del. Borgo si potesse
con tre teste, e quattro braccia (e). Gli Ateniesi aveanle consecrato una statua, la quale denominavanò Epipirgide, da epi,
e, perchè quella avea tre corpi d’un’altezza straordinaria, simile ad una torre (a). Fu detta Trivia per le tre strade, ch’
d una torre (a). Fu detta Trivia per le tre strade, ch’ella scorre, l’ una del cielo, l’altra della terra, e la terza dell’
al tempo delle quali le venivano offerti in sacrifizio un fanciullo e una fanciulla per placarla, mentr’era adirata per cau
ervio Tullo, sesto re de’ Romani, si portava anche al medesimo tempio una moneta per chiunque moriva, e riponevasi la stess
eso nell’ Acaja. Augusto, avendo spopolata Calidone, diede a’ Patresi una parte di quelle spoglie, tralle quali eravi la st
fuggire. Si riprendevano, e si riconducevano all’altare. In mezzo ad una tale confusione niuno ne risentiva alcun pregiudi
potevano aver ingresso a ballare le sole vergini. La Diamastigosa era una Festa instituita da Licurgo, nella quale gli Spar
alla costanza. Coloro poi, come scrive Cicerone, non ispargevano mai una lagrima, nè mettevano alcun lamento. Quelli, che
l regno di Servio Tullio. Un certo Antrone Coracio, Sabino, possedeva una bellissima giovenca. Gli fu predetto che chi la a
e (e). Diana, considerata come la Dea della caccia, rappresentasi con una mezza luna sulla fronte, calzata di coturni, con
, e Venere Pandemo, ossia Popolare (a). Cicerone ne distingue tre : l’ una , figlia del Cielo e del Giorno ; l’altra, prodott
io(c) ; in Cnido, antica città di Caria, la quale divenne celebre per una maravigliosa statua di marmo, formata da Prassite
ra il continuo oggetto della di lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine di tale bellezza e leggiadria, che ne res
ressò Pigmalione all’altare della Dea, e la pregò, che gli concedesse una moglie, che fosse somiglievole alla sua statua. S
parte-superiore erano uomini, e nell’inferiore pesci, e finivano con una lunga coda(b). Si appellò Pandemia, perchè è la D
l nome fu poi corrotto nell’anzidetto di Murcia o Murzia. Ella aveva, una Capella non lungi dal Foro Boario alle radici del
oce Androfona, significa omicida, e fu attribuita a Venere, attesochè una certa donna Greca, di noma Laide, figlia di Timan
ndonata la virtù. A tale risposta il Senato ordinò ; che fosse eretta una statua a Venere Verticordia, ossia Cangia-cuori (
gemme. Dedalo, eccellente artefice, di cui parleremo, v’avea riposto una giovenca d’oro, la quale perfettamente imitava il
di Cipro, introdotte da Cinira. Niuno v’era ammesso, se non isborsava una moneta a questa Dea(e). Gli abitanti d’Erice, cit
rchè allora dalla parte dell’ Africa Venere e le colombe ; guidate da una porporina, e molto più bella delle altre, se ne r
ventura, perchè Cencride, madre di lei, si milantava d’avere in Mirra una figliuola più avvenente della stessa Venere(d). A
tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla porta di colei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino e odori, e la cin
deva. Egli, stanco di tolerare più a lungo siffatto martirio, attaccò una fune alla soglia della porta di colei, se l’annod
i Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del s
prima, perchè era stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse con una di quelle spine, per la quale puntura la rosa div
sulle spiaggie del mare per asciugarsi i capelli, e veggendo da lungi una ciurma di Satiri, corse a nascondersi tra alcuni
lmente perchè la Dea avea cangiata in mirto Mirena, giovine Greca, ed una delle sue sacerdotesse(16). Le perle altresì eran
lare ornamento di Venere, come quella, che si voleva nata nel mare in una conchiglia piena di margarite (d). Plinio (e), e
eopatra nell’aceto, fu divisa in due parti per farne gli orocchini ad una statua di Venere. Lampridio lasciò scritto, che l
idio lasciò scritto, che l’Imperatore Alessandro Severo fece porre ad una statua della stessa Dea due grosse pietre, le qua
ssere (d). E’accompagnata da Cupido, ed ha per suo speziale ornamento una misteriosa cintura, detta da’Greci zona, e da’Lat
lo mangiato, lo restituì poi, come abbiamo detto, alla luce, mediante una bevanda, che gli fu data da Meti. Secondo un’altr
moti(d). Fu denominato Onchestio, perchè aveva un tempio, un bosco, e una festa in Onchesto, città della Beozia(e). Era sop
le Feste Posidie o Posidonie. Questo Nume aveva nell’Isola di Tenedo, una delle Cicladi, un gran tempio, considerabile per
onne, erette nella pubblica piazza. Fu loro aggiunta finalmente anche una somma di danaro, che da Solone si fissò a cento d
Tre volte si cantava in lode del vincitore un Inno, detto Callinico : una volta cioè nel luogo, ov’era coronato ; l’altra n
esso Scrittore, fu popolata da dieci figliuoli, che partorì a Nettuno una figlia di Clitone e di Leucippe. Questo Nume sul
ppresentasi con lunga barba, e striage per iscettro il tridente, ch’è una forca a tre denti, regalatagli da’Ciclopi al temp
i da’Ciclopi al tempo della guerra contro i Titani(c). Il suo carro è una vasta conchiglia, tirata sulla superfizie del mar
dato dalle Nercidi e da’Tritoni. Lo precede Nerco, il quale, suonando una spezie di tromba, formata d’una conca marina, ann
Lo precede Nerco, il quale, suonando una spezie di tromba, formata d’ una conca marina, annunzia la presenza del Dio delle
ci tra tutti i sacri edifizj dell’antichità Pagana. Fidia lo adornò d’ una statua d’oro e d’avorio, la quale era alta trenta
rimo dì del mese ricevevano dagli Agremoni sacerdoti il sacrifizio di una schiacciati, fatta col mele(a). Fu chiamata Ergan
in tale stato la convertì in ragno, il quale anche oggidì va tessendo una finissima tela per eternare la memoria del suo an
e(d). Ciò si conferma dalle due medaglie, indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno,
aveva in Trezene, era della più remota antichità, e fabbricato sopra una rupe. Vi si vedeva al tempo di Strabone(e) una la
tà, e fabbricato sopra una rupe. Vi si vedeva al tempo di Strabone(e) una lampada inestinguibile, e un edifizio, opera d’It
iù celebri lavori di Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra una delle colline di Sparta presso la Cittadella. Ebb
stata presa da nemiche armi. Il Sacerdote di questo tempio v’entrava una sola volta all’anno(a). Questa Dea ebbe parimenti
uel tempio. Le due giovani vi rimasero incenerite. Insorse ben presto una pestilenza, che desolava Corinto ; nè essa second
o tempio a Minerva sotto il nome di Ellotide. S’instituì allora anche una Festa, detta Ellozia, in cui i giovinetti correva
d’Istide, perchè furono esaudite ; quando la pregarono di renderle in una sola notte madri di varj figli per accrescere il
piedi e a cavallo con torcia accese ; il secondo la lotta ; il terzo una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di
eti e Musici. Il premio di questi Giuochi era un vaso pieno d’oglio e una corona d’ulivo. Tali Giuochi erano accompagnati a
hi ; il quinto era il più festivo, e si faceva in quello per la città una magnifica cavalcata, alla testa della quale si po
ale si portava a guisa di vessillo il Peplo di Minerva(6). Era quello una veste bianca, a ricamo, d’oro, senza maniche, sop
rse, Pandroso, e Aglauro o Agraulo, nate da Cecrope, re d’Atene, e da una figlia di Atteo, antico abitatore dell’Attica, e
si le abbiano eretto un tempio presso quello di Minerva, e instituita una festa, detta Pandroso(d). Que’di Epidauro concorr
rimarrebbono sempre sterili, qnando non avessero alzate due statue, l’ una ad Ausesia, e l’altra a Lamia. Coloro interrogaro
per questo, ch’eglino sacrificavano ogni anno alla Dea, e celebravano una Festa, detta Litobolia, ossia Lapidazione, in ono
e sacrifizj furono i Rodiani. Per questo Giove cuoprì la loro isola d’ una nuvola d’oro, e’ cui fece piovere immense ricchez
a si rappresenta in divise di guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civetta sopra di quello, coll’Egide al petto, e c
altavano per la città, e battevano nello stesso tempo sullo scudo con una nuda spada, che tenevano nella sinistra. Cantavan
d’alloro, e a cielo scoperto sacrificavano nel Campo Marzio un capro, una pecora, e un bue a Marte per espiare(2) le armi e
getto appena nati nel fiume Erimanto. Le acque li portarono appresso una quercia, dove vennero allattati da una lupa. Il p
Le acque li portarono appresso una quercia, dove vennero allattati da una lupa. Il pastore Telefo poi li raccolse, prese cu
Coloro lo fecero prigioniero, e per varj mesi lo tennero rinchiuso in una gabbia di bronzo. Non avrebbe più riacquistata la
si sospesa alla volta dell’ Olimpo(f). Per quella cadura gli si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli acquistò il
ori i Ciclopi(f). Secondo un’antica tradizìone, riferita da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro,
tradizìone, riferita da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la quale egli spedì in Cielo a Giuno
atto costruì nell’ Olimpo un magnifico palagio di bronzo, e vi piantò una fucina, nella quale vi lavorava solo(I). Vulcano
leva starsene in affettuosi trattenimenti don Marte(2). Vulcano formò una sottilissima rete di ferro, la distese sul terren
. Albrico lo dipinse coll’aspetto di fabbro, deforme e zoppo, che con una mano alza in aria un maltello, e coll’altra strin
copia il mele(b). (c). Nat. Com. Mythol. l. 2. (8). Il Destino era una cieca Divinità, nata dalla Notte(c), e la quale r
lutarco perchè aveva dato un altro aspetto al suo regno, introducendo una vita civile tra que’ popoli selvaggi. (e). Nat.
alcuna. Tutto era de’padroni, i quali però talvolta rilasciavano loro una porzione de’ritratti guadagni, chiamata peculio (
ui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona di fiori(e). Non bisogna confondere il sim
anche di fiori il capo, il collo, e’l petto(a). (18). La Sintesi era una corta veste, tessuta a varj colori. (a). Macrob
lore. Il premio, che riportavano i Gladiatori, da prima consisteva in una palma, in danaro, e in una rozza verga di legno,
avano i Gladiatori, da prima consisteva in una palma, in danaro, e in una rozza verga di legno, detta da’ Latini rudis (b),
ente a fare qualche cosa. Rappresentasi con piedi alati, assisa sopra una ruota, in atto di volgersi con somma rapidità in
Eternità(a). Questa nelle Medaglie comparisce velata, e appoggiata a una colonna(b). Vedevasi anche in atto di portare sop
endida veste, e coronato la fronte, eccitava prima gli astanti a fare una preghiera a’ Numi, onde fossero propizj all’ogget
portuno a fare tal ceremonia, poichè non era permesso di prenderne da una vigna, che non ancora fosse stata tagliata. Era p
Quando poi erasi per sacrificate, il Sacerdote assaggiava prima egli una tazza di vino puro, indi ne faceva gustare agli a
). I Poeti però confondono queste due Dee, nominando frequentemente l’ una per l’altra(c). (b). Cic. de Nat. Deor. l. 3.,
(l). Ovid. Fast. l. 3. (a). Val. Max. l. 4. (3). L’Oracolo era una bilingue e oscura risposta, come credevasi, de’ N
. La Divinazione si accrebbe ben presto tra gli Egiziani e i Greci. L’ una e l’altra Nazione, per sottrarla a qualsivoglia e
a di lui origino ce ne fa il seguente racconto : smuovendo, dic’egli, una gleba coll’aratro nel Territorio Tarquiniese un T
ti luoghi a predirvi l’avvenire. Si aggiunge, che la di lui moglie in una di tali circostanze ne fece seppellire o abbrucia
uinio stava allora ravvolgendo nella mente, se era possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza di
po i sacri Ministri, detti perciò Pollarj, gettavano a quegli animali una certa pasta, detta offa. Se i Polli non imbeccava
Finalmente riguardo all’antica Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie di Divinazione, la quale si faceva col fuo
mento e lo strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua di legno, la quale rappresentava la Dea Mi
a quale rappresentava la Dea Minerva in atto di tenere nella sinistra una conocchia col fuso(c), e nella destra un’ asta e
ede(b). V’è chi pretende, che i predetti Greci non abbiano rapito che una copia simile all’ originale ; che il vero Palladi
oi vogliono, che Diomede dopo la distruzione di Troja, trasportato da una burrasca in Italia, sia stato dagli Dei avvertito
Declaustr. Diction. Mythol. (8). Per Buona Dea si riconosceva anche una Divinità misteriosa, il di cui nome non era noto
ra maschile. Alla Buona-Dea sul monte Aventino si eresse un tempio da una vergine, la quale altri credono essere stata Clau
pure gli Egiziani rendevano gli onori Divini. Dicesi finalmente, che una certa Pamila di Tebe in Egitto, ritornando dal te
mpio di Giove, ov’ erasi recata per attignere dell’acqua, aveva udito una voce, che le comandava di pubblicare la nascita d
come giovani, portate da Delfini o da Cavalli marini, tenendo in mano una corona o un piccolo Delfino(n). Najadi poi furono
uno di quelli nel seno, e partorì un fanciullo. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe egli di sì r
Il Sommo Pontefice P. Licinio condanuò ad essere battuta colla sferza una Vestale, che avea lasciato spegnersi il sacro fuo
egnersi il sacro fuoco in tempo di notte(g). Tralle Vestali parimenti una certa Emilia, accusata del medesimo delitto, invo
re lapidate quelle Vestali, che non serbavansi vergini. Festo accenna una legge, per cui era loro reciso il capo. S’introdu
ne, il primo fra gli Antichi, che ne parlasse, non fa menzione che di una sola Sibilla(e). Parecchi ne’ secoli posteriori s
venne consecrata al tempio di Apollo in Delfo. Sebbene desse risposte una sola volta all’anno, pure si raccolse gran quanti
rinomatissima, è certo, che se ne scolpiva l’effigie nelle moneto con una Sfinge a canto. Fu questo un mostro, nato secondo
fiume Anio, volgarmente detto Teverone, v’aveano innoltre un bosco e una fonte, sacri alla stessa Sibilla(a). Dicesi che l
il diritto di leggere e interpretare i medesimi libri, i quali erano una spezie di Oracolo, cui Roma spesso consultava(a).
Libri, propose al Senato di spedire ambasciatori in Eritrea per farne una nuova raccolta. Così si fece ; e P. Gabinio, M. O
lle stesse si offrivano al predetto Dio vino, incenso, e le interiora una pecora e di un cane (a). Runcina era invorata all
n Cizico certe Feste, detto Ferefattie, nelle quali le si sacrificava una nera giovenca (l). (c). Ovid. Fast. l. 4. (4).
ell’odio d’ Agenore, figlio di Triopa, re d’Argo, e dove avea sposato una donna, da cui ebbe i due figli, Trittolemo ed Eub
er aver saccheggiato un tempio di Cerere, fu primieramente punito con una tormentosissima fame, e che poi fu messo a morte
r correggere i costumi dell’ animo (f). Quasi tutti erano dedicati ad una o a più Divinità, e quindi non s’intraprendevano
in aria per trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco era una palla di figura piana e rotonda, pesantissima, pe
di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lungi di una determinata meta (b). Queglino, che vi si esercit
mide (o). Il premio, che da principio riportavano a tali Giuochi, era una semplice corona d’erba. Quando uno di loro non av
stessi la escritavano. Vestivano un abito di porpora, si ornavano di una corona il capo, e stringevano in mano una bacchet
di porpora, si ornavano di una corona il capo, e stringevano in mano una bacchetta, da cui si denominavano Rabduchi, o Rab
ravasi altresì da’ Romani uno spettacolo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta di tutti gli alberi (h).
Sacerdoti d’illustri natali. Per insegna della loro dignità portavano una corona di spighe, legata con bianco nastro. Crede
presero di Giove i Coribanti, in Cnosso, città di Creta, si celebrava una Festa, detta Coribantica (a). (b). Nat. Com. My
hè Giove, come vedremo, avea posta al mondo Minerva senza il mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli altr
ttere, ch’ella pure da se sola partorisse ; e che battendo poscia con una mano la terra, ne usciroso dei vapori, i quali fo
l corpo di costui era di tale altezza, che arrivava alle stelle : con una mano toocava l’Oriente, e coll’altra l’Occidente 
giunse all’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui una parte di quella stessa Isola, chene cuoprì il cor
io della Corsa ; e il figlio suo, Pisidoro o Eucleo, vi conseguì pure una corona : Allora ella si manifestò per quella ch’e
, e v’abbia riportato il premio della Corsa. Gli Spartani le eressero una statua(b). Tra gli uomini poi Corebo, nativo d’El
va. Diagora, Damagete, Àcusilao, e i di lui figliuoli ebbero ciascuno una statua in Alti(a). Ligdamide Siracusano rinovò il
acere, che divenne pazzo. Ritornando quindi alla sua patria, entrò in una Secola, e scosse sì fortemente la colonna, la qua
nte questo Atleta, confidando nella propria robustezza, volle fendere una quercia, che già cominciava ad aprisi ; e il suo
rsa. Questo godeva sì alta riputazione, che gli Efesini gli offrirono una somma d’argento, ond’egli si dicesse del loro pae
i in età di nove anni, ritornando dalla scuola, e avendo osservato in una pubblica strada una statua di bronzo, la portò si
i, ritornando dalla scuola, e avendo osservato in una pubblica strada una statua di bronzo, la portò sino alla sua casa ; i
rimise nel luogo stesso, donde l’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui nemici veniva
a’ medesimi Giuochi. Demarato altresì vi si segnalò. Tutti tre ebbero una statua in Altri(b). Timanto, nativo di Cleone, av
il premio. Così avvenne ; e a Fidola si permise innoltre d’innalzare una statua al suo cavallo(d). Polifite, e Callitele,
iglio alla Corsa de’cavalli. In Alti cravi il carro di Polifite sopra una colonna alto della statua di suo padre(a). Butaci
vati Giuochi Eutimio, nativo di Locri, fu sempre premiato, eccettuata una sola volta, in cui per via d’inganno restò supera
romaco, figlio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in
Ebbe una statua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, in una spezie di Academia, ovela gioventù faceva i suoi
l premio del Pancrazio tre volte a’ Giuochi Istmici, due a’ Nemei, ed una agli Olimpici(d). Appresso Pausania oltre i prede
. l. 8. (a). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (14). Le Sorti erano una spezie di Divinazione, la quale si eseguiva in du
col porla sull’altare(c). In vece di questo se ne servirono anche di una pietra(d). Il giuramento appresso i Greci era acc
nasse quegl’insetti, i quali colla loro moltitudine solevano produrre una grave pestilenza. Ne’Giuochi Olimpici tostochè si
ostochè si sacrificava al. Dio Miode, si vedeva uscire dal Territorio una nuvola di Mosche. Il predetto Nume era invocato a
ese del pubblico nel Campidoglio ; e ogni anno ne conducevano in giro una , portata sopra un letticciuolo, e posta sopra un
rappresentavasi anch’egli, come abbiamo osservato, sotto la figura di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figli
vi celebrò allora anche dei Giuochi, perchè in quel tempo sovrastava una nuova guerra con Antioco (b). Notisi per ultimo c
in mano. I felmini poi di Giove si figuravano in due maniere : o come una spezie di tizzone fiammeggiante in ambe l’estremi
e fiammeggiante in ambe l’estremità, il quale talora non mostrava che una sola fiamma ; ovvero come una macchina acuta in o
emità, il quale talora non mostrava che una sola fiamma ; ovvero come una macchina acuta in ognuna delle due parti, e armat
se prima non vi si fosse drizzato un altare, e offerta in sacrifizio una pecora di due anni, detta bidente, ossia alla qua
mente chiudevano l’urna nel sepolcro, e vi scolpivano un’iscrizione e una preghiera a’Numi per impetrare tranquillo riposo
che vi trovavano, senza però portarne via alcuna. I Lettisterni erano una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialm
detto Re era religioso e caro al suo popolo, a cui insegnò a condurre una vita meno selvaggia di prima ; ch’egli eresse su’
se ne avrebbe potuto accorgere. Così avvenne ; e ben lo comprovarono una grande tempesta, insorta con gagliardissimo vento
to a sorte, dall’anzidetta Ara sino alla città prendeva a correre con una fiaccola accesa in mano. Se questa gli si estingu
ro appellavasi chi portava la face (a). Le medesime Feste ricorrevano una volta ogni tre anni. La prima si chiamava Atenea,
a. Cerere, di lei madre, per allontanarla da quel Nume, la nascose in una grotta della Sicilia. Giove vi penetrò anche colà
fondo (a). Lo spergiuro in tal caso diveniva subito cieco, o perdeva una mano, o veniva sorpreso dalla morte, e sommerso n
i perciò gli tributarono onori Divini, e gli eressero un tempio sopra una montagna, detta dal nome di lui Cario (a). (36).
iare alcuno ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto di una fascia di porpora, si faceva sedere sopra un tron
loro Insegna (h). Essa era d’oro o d’argento, e veniva portata sopra una picca, colle ali spiegate, e col fulmine tragli a
sa, che le sia stato eretto alcun tempio. Pausania solamente ricorda una statua, che le venne innalzata da’Tebani nel temp
fora(d). (b). Ovid. Metam. l. 3. (3). Euripide dice, che fu Dirce, una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella, che trasse
dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio di Rodi vuole, che Merourio
nascere da Eretteo, altri da Cadmo(a), ed altri da Atlante e da Etra, una delle Oceanidi(b). Chi ne numera cinque, e chi se
le, essendo stato messo a morte da un serpente o da un cinghiale o da una leonessa, fu da loro pianto sino a morire di dolo
n, piovere, perchè, avendole gli Dei trasferite in Cielo, ove formano una Costellazione nella testa del Toro, esse, quando
pportava il ratto di Proserpina, dandole a bere il Ciceone(l), ch’era una mescolanza di molti liquori(m). (c). Declaustre
ciavano andare eziando da per tutto i buoi(i). Credeasi, che Fauno in una foresta presso la fontana Albunea desse Oracoli i
avversione. Il Ciclope per vendetta e gelosia inseguì Acide, e svelta una porzione di monte, la scagliò contro di lui, e lo
no(e), le Probo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e di una capra : ed è per questo, dicono essi, che Silvano
tte giravano attorno alla porta della casa, ne batteano la soglia con una scure, poi con un pestello, e finalmente la netta
lia con una scure, poi con un pestello, e finalmente la nettavano con una scopa, affinchè Silvano, veggendo questi segni, n
edeva alle parti nobili del corpo umano. La medesima da principio era una Ninfa della selva Elerna no’dintorni del Tevese,
a questi va ne fu uno molto celebre, nato da Mercurio o da Pane, e da una Ninfa(f). Nonno lo fa figlio della Terra. Dicesi,
te esteriormente si apponeva qualche ornamento. Alcune ve n’erano con una o due palle in cima al coperchio. Altre si vedeva
rano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente erano
i, guerreggian guerreggiando contro Mezenzio, fecero allo stesso Nume una libazione di tutto il loro vino (a). (a). Job.
ste si dicevano Septerio e Carile. Queste seconde erano consecrate ad una fanciulla, di nome Carila, che si appiccò per ave
orno di vitte e nastrì (c). I Poeti finalmente attribuiscono al tirso una mirabile virtù : bastava, dicono essi, battere co
che passava fra’loro genitori. Scoperta nella parete, che separava l’ una dall’altra casa, certa assai tenue fessura, ne pr
ano o disperate affatto, o poco sperabili le loro nozze, macchinarono una notturna fuga, e stabilirono di trovarsi in campa
lirono di trovarsi in campagna alle radici dì un bianco Gelso, presso una fonte, vicina al sepolcro di Nino. Circa l’ora ap
erta di bianco velo. Al chiarore della Luna vide usciro dalla foresta una leonessa, lorda di sangue, che a quella volta s’a
che insegnò a mescolare l’àcqua col vino (d). (22). Narce nacque da una giovine della Bassa Elidé, di nome Fiscoa. Fece g
r. Evang. Propos. 4. (23). Pausania scrive d’aver veduto in Arcadia una statua di Bacco, sul di cui tirso eravi un’aquila
ppresso il re Ebialo, che gli diede in moglie Ilebia, sua figlia, con una porzione de’ suoi Stati (a). (4). Argo ebbe in m
id. Metam. l. 1. (6). Epafo sposò Menfi, figlia del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome di sua moglie. Ebbe una
del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome di sua moglie. Ebbe una figlia, detta Libia, che Nettuno rendette madre d
e mai alcuno, a cui potesse manifestare i casi suoi. Formò finalmente una tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila
isfatto, e l’empietà del colpevole. Compito il lavoro, lo consegnò ad una delle custodi della prigione, e per via di moti l
lo divise ancor palpitante in più pezzi, ponendone parte a bollire in una caldaja, e patte ad arrostire su’ carboni. Progne
che abbia avuto origine da Demogorgone (h) ; altri da Etere, ossia da una Nereide (i). V’è finalmente chi dice, che Giove l
lo che gli acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo titolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia, nel tempio
a sampogna (e). Questo stromento musicale prese il nome di Siringa da una Ninfa d’Arcadia, figlia del fiume Ladone. Era col
mò l’anzidetto stromento, e lo appellò Siringa (f). A Pane si dà pure una corona di pino (g) in memoria della Ninfa Piti ;
u trasportato da sì grande gelosia, che la precipitò dalla sommità di una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il qual
enominato Lupercale. Questo però secondo Servio era non un tempio, ma una spelonca, situata sotto il monte Palatino (a). So
io, dove per comando di Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una moneta alla nascita di ciascuno. Erasi stabilito
osa nella di lei casa paterna ; ivi nel dì seguente pernottava, ma in una stanza separata da quella della sposa ; finalment
inchè entrava nella casa dello sposo (a). Oltre l’accennato velo avea una cintura, la quale veniva poi sciolta dallo sposo.
i in Roma conducevano per mano la sposa, ed un altro la precedeva con una fiaccola. Questa, primachè la sposa entrasse nell
ofman. Lex. Univ. (22). Sotto il nome di Feronia alcuni riconoscono una Dea de’ boschi (g). (c). Satir. 5. l. 1. (a).
ta di serpente. Egli stava legato con catena parimenti di serpenti in una spelonca dinanzi all’ Inferno, e ne custodiva le
ioe, che li divorava(h). (3). Gli Antichi riconobbero la Morte, come una Divinità, nata, ed educata dalla Notte(a). E perc
e faccie, con bianca barba, e in atto di dormire. Vicina ad essa v’ è una falce, un ragno, e quantità di ricchezze. Le due
unge Ovidio, sogliono vestirsi di tante varie forme, quante spighe ha una messe, frondi una selva, e arene il lido del mare
ono vestirsi di tante varie forme, quante spighe ha una messe, frondi una selva, e arene il lido del mare(g). I più noti so
ovò motivo di motteggiare ciascuno di quelli(h). Minerva avea formata una bellissima casa ; e Momo la biasimò, perchè non e
nte(i). Questi ultimi tre Sogni si dipingono con ali, con papaveri in una mano e qualche volta con un vaso nell’ altra(l).
n una mano e qualche volta con un vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato di
I nomi loro erano Tisifone, Megera, e Aletto(l). Sofocle ne introduce una quarta, di nome Lissa, ossia rabbia (m). Le Furie
insanguinate, con capelli annodati di vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, sparsa pure di serpenti, n
on capelli annodati di vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, sparsa pure di serpenti, nell’ altra(b). Q
ltri dicono da Tifone e da Chedria(m). Essa era un mostro composto di una strana mescolanza di tre sorta d’ animali, per cu
gli diede la sua figliuola, Filonoe(f) o Achemenia, in matrimonio, e una parte del suo regno(g). Dicesi, che l’anzidetta m
stò consunto dall’ inedia(a). Lasciò due figli, Isandro e Ippoloco, e una figlia, detta Laodamia. Isandro morì in un combat
ltri nove, altri cinquanta(d), altri cento(e). Qualora se ne recideva una , altre due tosto ne rinascevano(f) ; e sembrava i
un solo colpo. Il veleno finalmente di quest’ Idra era sì fatale, che una freccia, tinta dello stesso, recava inevitabilmen
ll spalle, i denti lunghissimi, e il corpo coperto di squame (a). Con una sola orchiata davano li morte, e secondo altri ca
per tre notti il padre di famiglia si alzava dal letto, e recavasi ad una fontana a piedi ignudi e in silenzio, facendo sol
ravi poi Caronte, figliuolo dell’ Erebo e della Notte, il quale sopra una leggierissima barca, formata di scorza d’olmo, tr
di se gratuitamente : quindi a chi moriva, si poneva sempre in bocca una piccola moneta, detta da’ Greci Danace, e da’ Lat
o a Proserpina. Quello coglievasi da un albero, collocato nel mezzo d’ una foresta vicina all’antro, ove la Sibilla di Cuma
fata, con occhi incavati, coperto di lacera veste, e aggruppata sopra una spalla(b). (13). Lo Stige trasse il suo nome dal
la Terra(d). Apollodoro Grammatico vuole, che abbia tratto origine da una certa pietta, la quale trovavasi nell’ Inferno(e)
ue figliuole, Vittoria, Fortezza, e Valore(g). Apollodoro ne aggiunge una quarta, ch’egli denomina Emulazione(h). Altri dic
parole altrui. Narcisso poi fu da Venere punito. Eravi in que’ luoghi una fonte di limpida acqua. Quì si fermò il giovine s
nche ad un certo Eutelida. Questi pure la prima volta, che si mirò in una fontana, talmente restò invaghito di se medesimo,
lla ve ne aggiungeva varie altre. Pretendeva di conficcare chiodi con una spugna, e soleva ricusare ciò, che grandemente br
a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che gli toccava le labbra(a). C
’acqua, che gli toccava le labbra(a). Cicerone vuole, che sovrastasse una gran pietra al di lui capo, e che questo ne venis
servitosi dell’ inganno, non attese, che a prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala di fuoco, v’imbandì di sopra
e Giunone. Costei ne avvertì Giove, il quale, per accertarsene, formò una nuvola somigliantissima alla moglie, e la present
colpì col, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava sempre girando
i lui moglie si ritirò in Larissa, dove sì l’uno che l’altra accesaro una fiaccola sulla sommità d’una torre, per reciproca
issa, dove sì l’uno che l’altra accesaro una fiaccola sulla sommità d’ una torre, per reciprocamente avvertirsi, che v’erano
ato tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè di Amimone, ch’era una di quelle, sposata ad Encelado, si sa, ch’essa, t
stava il commesso misfatto, si ritirò ne’boschi : che volendo vibrare una freccia contro una cerva, ferì in veco un Satiro 
isfatto, si ritirò ne’boschi : che volendo vibrare una freccia contro una cerva, ferì in veco un Satiro ; che questi la ins
un’oca, cara assaissimo a Proserpina. Andò quella a nascondersi sotto una pietra. Proserpina le corse dietro, e nel riptend
corse dietro, e nel riptenderla vide uscire da sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la quale a motivo di ci
o (g). Platone lasciò scritto, che Pluto non era cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Ebbe una figlia, di nome Eu
che Pluto non era cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Ebbe una figlia, di nome Euribea (i). Nè solamente Pluto e
Dio Arcolo (c). (26). Racconta Valerio Massimo, che due figliuoli e una figlia d’un certo Valesio vennero attaccati da gr
usania dice, che Diomede, ritomando da Troja, ed essendosi salvato da una burrasca appresso i Trezenj, dedicò un tempio ad
hi Principi della Beozia, scelse i due predetti fratelli a fabbricare una torre per custodirvi i di lui tesori. Queglino la
he la terra si aprì sotto i di lui piedì, ed egli vi restò sepolto in una fossa, detta poscia la Fossa d’Agamede, sopra di
una fossa, detta poscia la Fossa d’Agamede, sopra di cui vi si eresse una colonna(a). Di Trofonio poi leggesi, ch’egli avea
decreto del Senato. Il nome di questa Dea fu dato da’ Romani anche ad una porta della loro città, e a certe Feste, dette pe
darono a cercare quella Ninfa nel predetto luogo, nè vi trovarono che una fontana, in cui immaginarono, che colei fosse sta
o come altri vogliono, Ismenio(b). (14). Tra quelle statue ve n’era una , eretta da Lisandro, Generale degli Spartani, al
eclaustre Diction. Mythol. (15). Creusa dopo aver partorito Jone in una grotta, velo abbbandonò, rinchiuso con certi orna
Jone in una grotta, velo abbbandonò, rinchiuso con certi ornamenti in una cesta. Mercurio per eccitamento d’ Apollo ne tras
giare la tazza, ch’eragli stata presentata piena di vele, no, ne fece una libazione agli Dei. Una colomba, a caso ivi volat
pio, ed essi condannarono la regina ad essere precipitata dall’alto d’ una rupe. Creusa si ritirò appresso l’altare del Nume
Ogni anno in Autunno e Primavera solevano radunarsi alle Termopile in una pianura, bagnata dal fiume Asopo : donde que’ Dep
ti colei diede alla luce l’anzicetto fanciullo. Questi, trovandosi in una selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalat
ovandosi in una selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato di una corona e di una verga, per cui divenne giovine fa
selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato di una corona e di una verga, per cui divenne giovine fatidico. Per tal
madre di Bianore, soprannominato Ocno. Questi fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome di sua madre(a
(d). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (24). Sul monte Soratte eravi una fontana, la di cui acqua bolliva al levar del Sol
figlio di Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta di gran velo, con una stella in capo, e assisa sopra un carro, tirato d
d’ Aloeo denominate Melete, Mneme, e Aede(i). Cicerone ve ne aggiunge una quarta, di nome Telsiope(a). Divennero poi nove.
una quarta, di nome Telsiope(a). Divennero poi nove. Varrone apporta una ragione, per cui crebbero a tal numero, e Diodoro
l’elogio degli Eroi. Rappresentasi coronata d’alloro, colla tromba in una mano, e con un libro d’ Istoria nell’altra(d). La
Agricoltura, e presiede anche alla Commedia. E’ coronata d’edera, con una mascheta nella destra(b). Melpomene è autrice del
lla Tragedia, e comparis e maestosa in volto, con corone e scettri in una mano, e con pugnale nell’altra(c). Terpsicore pre
e nell’altra(c). Terpsicore presiede alle danze. Questa porta in capo una corona, e ha in mano un flauto, o un’arpa, o una
Questa porta in capo una corona, e ha in mano un flauto, o un’arpa, o una chitarra(d), di cui alcuni la fanno inventrice(e)
la lira. Una corona di mirto e di rose le circonda la fronte, stringe una lira nella destra, e tratta colla sinistra un arc
ta colla sinistra un archetto. Anche appresso di lei vedesi Amore con una fiaccola accesa in mano(f). Polinnia si riconosce
ia, vicino all’ Olimpo, e sacro ad esse. Sul predetto monte trovavasi una fonte del medesimo nome, la quale era parimenti s
va ; che i Tespj ogni anno celebravano sul monte Elicona a loro onore una festa musicale ; e che Roma avea eretto ad esse t
redire il futuro per mezzo del volo degli uccelli, e inoltre fabbricò una città ch’ebbe pure il di lui nome, e che poi rima
l’anzidetto Diluvio(g). Il monte Parnasso si divideva in due punte, l’ una delle quali chiamavasi Titoreo, e l’altra Jampeo(
no al Parnasso, le invitò a ritirarsi nel suo palagio, finchè cessava una dirotta pioggia. Finita questa, volevano le Dce p
assai sconcio le di lei guancie. Minerva per accertarsene si recò ad una fonte del monte Ida, e non appena v’ osservò la s
tare i Telmissj, dotti nell’ arte d’ indovinare, quando si abbattè in una giovinetta di quella stirpe, a cui manifestò la c
al di lei padre, e con sacre frondi avealo coperto per consegnarlo ad una nutrice. Rimase deluso il materno tentativo, poic
che quello fosse tosto esposto a’ cani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinchè di sua mano si uccide
non volendo corrisponderle, abbandonò la patria, e andò a fabbricare una città nella Caria. Bibli allora pianse tanto, che
bricare una città nella Caria. Bibli allora pianse tanto, che divenne una fonte(a). (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
figlia di Nitteo. Era peritissimo nella Musica. Ricevette da Mercurio una lira, a cui egli v’aggiunse tre coide, e con essa
lora, che prima di morite almano gli fosse permesso di toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò gli fu accordato.
passeggiando con varie Najadi in amenissimo prato, premette col piede una biscia. Questa la punse col velenoso dente nello
tà Romana, e Dea de’ cancelli. Il Muratori pubblicò un’ Iscrizione da una tavola di bronzo con due figure. L’ una rappresen
ri pubblicò un’ Iscrizione da una tavola di bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo, l’ altra una donna con uno st
tavola di bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo, l’ altra una donna con uno strumento da suono, detto sistro, c
rumento da suono, detto sistro, con un serpente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con un rostro di nave a’
ltri lo chiamano, Ireo (c) o Irieo (d), nato da Nettuno e da Alcione, una delle Atlantidi. Questi, comechè fosse un povero
la stessa Dea lo uccise co’ dardi, perchè volle fat violenza ad Opi, una delle di lei seguaci (e), ovvero a lei stessa, co
questa gli abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed Etolo, e una figlia, di nome Euridice(d). Endimione propose la
anche a ciò, che accompagna la motte ; ovvero perchè in Dello v’avea una piccola statua della Dea, la quale siponeva sulle
o, considerato come il Dio della Medicina. Al moribondo si recicideva una parte de’capegli, i quali come primizie si offeri
no tutto ciò, ch’era necessario pel funerale. Davasi in mano al morto una focaccia di miele e di papavero, onde Cerbero al
usava un liquore, in cui v’entrava della mirra, ma fu poi proibito da una legge delle dodici Tavole(d). Finalmente la famig
io, ch’erano per incontrare. Notisi altresì, che la Caneforia non era una festa, ma una ceremonia della festa, la quale si
er incontrare. Notisi altresì, che la Caneforia non era una festa, ma una ceremonia della festa, la quale si diceva Proteli
. Plin. l. 30. (1). Appresso le mentovate statue se ne vedeva pure una , eretta da Lieurgo al Dio Riso. A questo Nume anc
cella stessa, che passando di notte lo Stretto a nuoto. Erone teneva una face accesa sull’alto d’una torre, affinchè Leand
di notte lo Stretto a nuoto. Erone teneva una face accesa sull’alto d’ una torre, affinchè Leandro potesse scorgere, dov’ell
. l. 9., Paus. l. 1. (e). Declaustre Diction. Mythol. (4). Vi fu una Dea, detta Genetlia, o Genetillide, cui le donne
ia, o Genetillide, cui le donne sacrificavano dei cani, e celebravano una festa, chiamata pure Genetillide (b). Riguardo al
o odiava Venere. Questa, veggendolo sì deforme, lo fece esporre sopra una montagna, vicina a Lampsaco, dove fu allevato la
iapo rappresentasi colle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le di lui
trumentì per coltivare gli orti, da ceste per tipori vi le frutta, da una mazza per allontanare i ladri, e da una bacchatta
e per tipori vi le frutta, da una mazza per allontanare i ladri, e da una bacchatta per impaurice gli uccelli (a). Que’di L
dinario era l’asino, perchè questo, ossendo rimastovinto da Priapo in una certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o I
ranissima bellezza, ma povero, e di abbietti natali. Egli s’invaghì d’ una giovine della sua città, ma non oszva di manifest
otte, e chi più resisteva alla fatica e al sonno, riportava in premio una focaccia di miele, e delle confetture(g). Le Graz
e un mostro, e voleva togliersi dal conceputo dubbio. Mentre lo sposo una notte dormiva, ella accese una fiaccola, e s’avvi
dal conceputo dubbio. Mentre lo sposo una notte dormiva, ella accese una fiaccola, e s’avvide ch’era Cupido. Una goccia d’
balia di due serve, chiamate la Tristezza e la Solitudine, affinchè l’ una e l’altra avessero a sempre più cruciarla. Venere
profondo sonno. Non si sarebbe più destata ; se Cupido colla punta d’ una freccia non ne l’avesse risvegliata. Lo stesso Nu
ttenne. Venere sdegnata, che le si fosse allontanata dal suo servigio una Sacerdotessa, la quale oramai erale divenuta assa
m. Mythol. l. 2. (2). Si crede, che il mentovato mostro marino fosse una balena. La misera Esione (tal’era il nome della f
figliuola, venisse esposta all’anzidetto mostro marino, la pose sopra una naye, affinchè fosse dalla sorte altrove portata.
ertitosi in orso o cane, la rendette madre di Aceste. Questi fabbricò una città, e la chiamò Segesta(a). (b). Virg. Acnei
ficile il consultarlo (h), perchè faceva successivamente passaggio da una in un’altra forma, del tutto diversa. Compariva a
go giovine (c). Vertunno aveva in Roma un tempio, in cui si celebrava una festa, chiamata Vertunnalia (d). (8). Glauco era
quali colei soleva lavarsi. La giovine appena vi si tuffò, che prese una forma mostruosa. Ella acquistò sei teste e dodici
antissimo dell’agricoltura. Uno re suoi servi, stanco d’affaticare in una vigna, da lui piantata, gli predisse, che già non
per dimostrate la fallacia della predizione, si appressò alle libbra una tazza di vino, raccolto da quella vigna. Nel mome
ole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la rendette madre di Pterelao (b). (12)
no, in cui eglino nacquero, viveva per comando del padre rinchiusa in una carcere. Beto ed Eolo si affrettarono a liberarne
elicerta si diede anche il nome di Portuno ; e ch’egli si dipinse con una chiave in mano, perchè si credeva che difendosse
iulli(e). Nel tempio di Nettuno in Corinto Portuno aveva un altare, e una capella sotterranea, nella quale pure gli si sacr
del Tevere presso il predetto monte(b). Stazio ne fa menzione, come d’ una festa lugubre. (a). Paus. in Corinth. (b). I
fiori(g), e della quale abbiamo altrove parlato. Servio lo fa sposare una delle Stagioni, e ne fa nascere Carpo, che da Gio
ofondo antro(a). E quì parlando d’Eolo, notiamo altresì, ch’egli ebbe una figlia, di nome Alcione. Costei amò grandemente C
a chi andava e ritornava(b). La Temposta, ossia la procella, divenne una Divinità, a cui si sacrificavano delle pecore ner
essa, così dotta dal pane, che somministrava. Varrone poi distingue l’ una dall’altra(g). (a). Declaustre. Diction. Mythol
. Paus. l. 8. (2). Eneo, figlio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in onore di tutti gli Dei per ringraziarli
entarono d’atterrare il feroce animale. Atalanta finalmente colpì con una saetta la fiera sotto un orecchio, e ne vide aspe
e. Morì per viaggio, e il suo corpo fu da Diomede fatto trasferite in una città del Territorio d’ Argo, la quale portò posc
desimo, il quale fece un carro che si poteva nascondere sotto l’ala d’ una mosca ; scrisse dei versi d’ Omero sopra un grano
morte di Aglauro o Agraulo. Pretendesi, che sotto il regno di Cecrope una crudele malattia desolasse Atene. L’Oracolo consu
arsi pel pubblico bene. Aglauro lo fece col precipitarsi dall’alto di una torre. Gli Ateniesi per riconoscenza le innalzaro
lo, che ne avrebbe trionfato, qualora avesse sacrificato a Proserpina una delle sue figlie. Queste erano quattro, Ottonea,
sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito a M
opo la morte di Romolo al Senato, ch’egli lo avea veduto rivestito d’ una maestà divina, e in atto d’ ascendere al Cielo ;
il nome di Quirino. Così fu : i Romani gl’ inalzarono un tempio sopra una montagna, detta perciò Quirinale. La porta, per c
Bellona seminasse discordie tra’ cittadini. Dinanzi al medesimo eravi una colonna, detta bellica, ossia guerriera, verso cu
el braccio, e col raccorno il sangue nella palma della mano per farne una libazione alla loro Dea(f). A tanta barbarie si s
er farne una libazione alla loro Dea(f). A tanta barbarie si sostituì una semplice finzione. Quando celebravano la festa de
to a questa Dea (h). Bellona rappresentasi colle chiome sparse, e con una sferza in mano per eccitare i guerrieti a’ combat
ano per eccitare i guerrieti a’ combattimenti(a). Silio Italico le dà una face in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bel
tare i guerrieti a’ combattimenti(a). Silio Italico le dà una face in una mano, e uno scudo nell’ altra(b). Bellona era ann
oma, molto più lo fu nella Cappadocia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità, e i di lei Sacerdoti e
e dalla voce pagos, altezza, perchè quel tribunale era situato sopra una collina, sacra a Marte (f), da che questo Nume iv
die d’argento, sopra le quali l’ accusatore e il leo si assidevano. L’ una chiamavasi Anetias, ossia sedia dell’ innocenza ;
). Discussa la causa, i giudici deponevano i loro voti in due urne, l’ una chiamata della morte, e l’altra della misericordi
re(c), Divinità, alle quali ordinariamente si sacrificavano un cane e una pecora. Fu ad esse eretto fuori della città di Ro
. Ceculo fu creduto figlio di Vulcano, perchè fu concepito in forza d’ una favilla, che volò nel seno di sua madre, mentre q
Ceculo, perchè avea gli occhi assai piccoli. Egli fabbricò in Italia una città, e la denominò Preneste(f). Inoltre con un’
7 (1880) Lezioni di mitologia
ettera, colla quale, trenta anni appresso, e’ consentiva la stampa di una parte del Corso medesimo agli Editori Fiorentini:
iava l’universo, narra lo stesso, fu da Belo divisa in due parti: con una di queste formò la terra, coli’ altra il cielo, u
finalmente col mot, o mud che è lo stesso del fango, e secondo altri una corruzione nata dalla mistura delle acque, onde d
ite: riporteremo solamente che dagli Egiziani era adorata fra l’altre una certa divinità detta Neph, da cui era opinione di
ggiata nel sembiante di un uomo di color celeste, che avea nelle mani una cintura ed uno scettro, sulla testa un maestoso p
usi i suoi figli, onde la Terra era afflitta. Nel suo dolore fabbricò una falce, che diede a Saturno; ed egli, insidiando i
altro mostro detto Echidna, cioè vipera, che nella metà era simile ad una bellissima ninfa, e nell’altra ad un orribil serp
ontro il Fato. Rea consigliatasi coi suoi genitori presentò a Saturno una pietra coperta di fasce, invece del figlio che oc
Auguri rivolti all’oriente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte di cielo, e questa dicevasi tempio: però Lu
ere pure m^ani e core innocente alla divinità nelle tenebre ancora di una falsa religione: Nè minor cura adopravasi nell’is
credute poco accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e farina di orzo, detta mola, e s
sacrifizio che loro facevasi da quei che scampati erano al furore di una malattia chiamavasi lustrazione, o ringraziamento
in Virgilio nel funerale di Miseno, quantunque Teofrasto ne dica che una pietra circolare chiudeva la salma destinata al r
nistra collocato, consacravasi ad Apollo, ovvero a Bacco, secondo che una commedia una tragedia veniva rappresentata. Quand
ato, consacravasi ad Apollo, ovvero a Bacco, secondo che una commedia una tragedia veniva rappresentata. Quando l’ultima vi
vi a cercar merci ed oro profondendo la vita. Sacrificavano a Giunone una giovenca colle corna dorate quei felici, che cred
colle corna dorate quei felici, che credevano aver sortito dal cielo una moglie pudica, e le offrivano incenso sotto il no
orisse il parto quando era per farli ricchi di prole. Un bianco toro, una corona, opime spoglie offrivano a Giove quei Cons
di Erodoto, il quale afferma che i popoli della Tauride immolavano ad una Venirine tutti gli stranieri che il nau fragìo ge
ati a vincere il suono delle loro grida. Fra gli stessi Giudei vi era una valle, detta del ruggito, dove s’immolavano i bam
a nella Tauride nel momento dell’ espiazione, e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero delle sue Met
o delle sue Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu cangiata in una specie di Genio immortale, e che nell’isola di Le
molti famosi lirici, e specialmente da Stesicoro, la quale narra che una donzella di questo nome fu in Aulide sagrificata,
to, sì che visto ancora Fede non ottenea. Giaceva al suolo Palpitante una cerva, e vasto il corpo E belle avea le forme, e
eguenze, e tessere di tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali una sola nazione di tutte l’altre è maestra. Per evit
e. Erme (come noto è a tutti) chiamavansi le pietre quadrangolari con una testa, alle quali, con profondo scherzo, paragona
ello il volto di Alcibiade; al che allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di sue bellezze glori
iade; al che allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di sue bellezze gloriosa scrive che norma i
i nome Amaltea, ma chiamata ancora Olenia dei Classici, perchè presso una città di Beozia detta Oleno fu nutrita. Una medag
aniera col cielo la terra. Il celebre ratto di Europa che die nome ad una parte del mondo, è fra le segnalate imprese di Gi
oni Abitatori del veloce flutto Suonano a nozze la ricurva conca. Con una mano Europa al lungo corno S’attien del tauro; co
udiò la consorte, e le successe nel talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua propizia fortuna
li meno chiari. Deu calione da lodoma, Britomarte da Carme, Megato da una delle ninfe Sitinidi, Edio padre d’Endimione da P
rche. E a questo fato soggiacer dovevano brancolando nelle tenebre di una religione così diversa per origine, indole, tempo
te antichità: un Giove in bronzo, un vecchio tempio di Saturno e Rea, una selva sacra, chiamata bosco di Olimpia. Ivi si ve
o dopo il diluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina di grano e mie
osta di farina di grano e miele. Fra queste antichità io pongo ancora una colonna, su cui è la statua di Socrate, uomo degn
anni non avea cessato d’insegnare e di avere discepoli; il secondo di una modestia rara, che dagli affari pubblici e dalle
tratto dal monte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta pendeva una Vittoria di bronzo dorato, e sotto il simulacro d
le foglie di ulivo cingeva la fronte del nume, che nella destra tenea una Vittoria, pure di avorio e di oro, nella sinistra
erano ai piedi dello stesso trono, erano di mille figure adornate; in una erano figurati sette vincitori dei giuochi olimpi
no, vi erano ancora due colonne che gli erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrata dipinta di figure tutta 1’ opera
l numero di tre. Nella base di questa macchina Fidia avea scolpito da una parte Giunone, Giove e le Grazie; dall’altra il S
dal mare era accolta dall’Amore, e la dea della Persuasione oftVivalo una corona. Nè in questo bassorilievo dimenticati era
ninfa, e non ascolta; Ma Giove che d’averla era disposto, Fé’ nascer una nebbia oscura e folta, Che con la ninfa il teness
ona, e quindi amore. Troppo è contro il suo fin ch’egli si spoglie D’ una vita si dolce e sì gioiosa. Ma se nega alla sua s
he più d’ognun chiaro vedevi. Una infelice e tetra notte oscura: Solo una man con tuo gran danno e scorno T’ha tolto i lumi
entir giammai? Non pon già tempo in mezzo alla vendetta. Ma fa venire una furia infernale Centra la figlia d’Inaco, ristret
ostra Annibale che nella sinistra afferrando un agnello, nella destra una pietra, chiama in testimonj delle sue promesse Gi
Giraldi nella figura di due ingenui fanciulli in mezzo a due figure, una virile detta Onore, 1’ altra muliebre su cui si l
attribuirono quel miracolo che fece il Redentore per le preghiere di una legione cristiana. Gli Ateniesi con questo nome l
arci credere che invece del fulmine reggesse, come divinità propizia, una patera in atto di gradire e ricever le offerte, c
trono del Giove di Fidia in Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in una rara medaglia mezzana, di Faustina giuniore, del
celebre LeBrun fra i più bei monumenti di Roma, e ne fu disotterrata una copia in piccolo, presso Corinto, da un viaggiato
austro, si avventò sulla creduta rivale, ed avendola riconosciuta per una statua, terminò col riso l’ordita frode, e ne fu
sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge di Numa, le donne famose per impudicizia ch
redici, può farne al giusto comprendere tutto il merito. E certamente una delle più perfette statue vestite, che ci rimanga
lineamenti del volto lungi dall’indicarci qualche ritratto, ci mostra una fisonomia affatto ideale, che non combina coli’ i
dai Greci appallavansi, e le vesti così pieghettate στολιδωτοι, e di una di queste così pieghettate fa menzione Senofonte.
ni distintivo delle gentildonne e delle matrone, onde ben conviensi a una dea che era chiamata dai Gentili Magni Matrona To
a tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata nelle sem. bianze di una matrona stolata, che ha nella destra la patera e
o circondato dalle Grazie e dall’Ore, di maravigiioso lavoro. Avea in una mano un pomo, e lo scettro nell’altra. Simile eff
ssa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plutarco
apparisce dalle sue medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, p
nto la sposa e la germana di Giove, e per l’ornamento del capo, e per una certa nobile fiso nomia che è sua propria, altret
medaglie in gran bronzo di Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve ne ha, nella quale è effigiata Giunone sedente
er non aver avuta parte nel natale di Pallade, voleva anch’essa avere una prole che fosse sua unicamente, doride o Flora fu
atterizzate sul volto della dea confermano questo pensiero. Può dirsi una Giunone Marziale, che ad altro per avventura non
a nelle monete di Gallo e di Volusiano, da alcuni antiquari preso per una tanaglia, alluda forse alla maravigliosa generazi
ciano che Nettuno formò un toro. Minerva inventò il modo di costruire una casa, e da Vulcano fu l’uomo composto. Un’altra v
o Nereidi posate sopra i delfini gii facevan corona. In due medaglie, una di Vespasiano, l’altra di Adriano, intitolate a N
nume rappresentato è un Nettuno, che affatto nudo é rappresentato in una statuetta di bronzo dell’ Ercolano 11. Plutone no
r Giove, e per tale ristorato nel palazzo Verospi: errore derivato da una certa simiglianza colle sembianze fraterne. Ora,
Lezione decimaterza. Mercurio. La favola non essendo in parte che una serie di racconti alterati dalla maraviglia, dal
i, veniva lo dio signore del fulmine. Escito, incontrò presso la casa una lènta testuggine, che pasceva la florida erba, e
e li fornì di due gioghi, vi tese sopra sette corde, e tentandole ad una ad una col plettro ne risvegliò l’armonia, che co
ornì di due gioghi, vi tese sopra sette corde, e tentandole ad una ad una col plettro ne risvegliò l’armonia, che colla pro
erra quando il potente figlio di Giove arrivò al fiume Alfeo, dove in una stalla nascose i bovi dalla larga fronte involati
parte dei monumenti le ali appariscano sul suo petaso, o cappello, in una medaglia di Metaponto si vedono legate al capo co
altro di Mercurio, come ne fan fede molte antiche gemme, fra le quali una bellissima del Museo Strozzi, ed un’altra della c
il quale serve per farlo al primo colpo d’occhio conoscere. L’abito è una specie di camicia o suhucida, che si osserva qual
ol denotarsi, secondo Plinio, la concordia dei feroci, o si allude ad una favola rammentata da Igino, che ha lo stesso sign
significato. « Benché il simulacro non sia di greca scultura ha però una certa nobila semplicità nella composizione, pregi
al tempio della Fortuna Primigenia, che ne abbelliva le falde fino ad una certa altezza, e di maniera che se ne godeva nel
evidentemente che spettavano questi avanzi al Foro Prenestino, che in una di esse vien menzionato: e non altrove appunto ch
artisti per rappresentante il figlio di Maia. Farò a questa succedere una breve Ode di Orazio in lode del nume, la quale ho
che crespi in nessuna immagine di Teseo s’incontrano. Se d’Ercole ha una certa robusta muscolatura, che anco traspare sott
ita, è la meno probabile delle tre: non ha forse altro fondamento che una leggera somiglianza di attitudine conia celebre s
un’aggiunta fatta da quell’Augusto alle vicine Terme di Tito; come se una statua, dissot» terrata dalle rovine di un edifiz
della figura. E il numero delle copie antiche che ci rimangono ne dà una maggiore idea del merito dell’ originale, che tal
divide l’impero del cielo, e va superba della luce fraterna. In Delo una palma additava ove la madre perseguitata si appog
cure; onde cercando compensi al suo dolore, convertì la giovinetta in una verga dell’ incenso odorato, che sale alle sedi d
ronzo), fece un Apollo jmbere insidiante ad un serpente lucertola con una saetta da vicino. L’età della nostra figura, l’at
aetta da vicino. L’età della nostra figura, l’attitudine di scagliare una freccia da vicino e senza l’arco, la situazione d
effigiato dallo scultore fra giovane e fanciullo, che fa prova contro una lucertola puerilmente di quelli strali inevitabil
zo, ma non posso crederla quella stessa che ha- fuso Prassitele, anzi una copia alquanto minore, perchè le altre in marmo s
Delfo era il luogo ove la Terra rendeva le sue risposte, e che Dafne, una delle ninfe della montagna fu scelta dalla dea on
a del dio fosse composta dai remi di un lauro di Tempo, e non era che una semplice capanna. È grido che successivamente del
he non deve sembrare incredibile, poiché Acrisie avea fatta edificare una camera della stessa materia per la sua figlia, la
vuole clie nella più remota antichità Parnaso avesse in questo luogo una città,fondata. Egli era figlio della ninfa Cleudo
tie feroci, che con gli urli servivano loro di scorta, vi edificarono una città chiamata Licorea per questo motivo. Con tut
ua denominazione. Altri dicono che Castalio, figlio della Terra, ehhe una fanciulla chiamata Tia, che fu la prima insignita
in onore del dio; dal che, dicono, è nato che tutte le donne prese d’ una santa ebbrezza hanno voluto praticare le stesse c
egli in versi esametri, dei quali è tale il senso: — Apollo scoccherà una freccia mortale contro il bandito del Parnaso, e
giuochi Pitici. Dicesi che questi giuochi consistevano anticamente in una gara di musica e di poesia, nella quale il premio
uole che nò Orfeo, il quale rispettabile rendeva un’alta saviezza con una perfetta cognizione dei misteri, nè Museo che si
che in Olimpia: la quadriga fu solamente eccettuata. I fanciulli per una legge espressa, furono ammessi alla corsa dello s
Pitici si aggiunse la corsa dei cavalli. Nell’ottava Pitiade si diede una corona pei giuocatori d’ istrumenti a corde senza
e quello che riguarda la mitologia e l’arte. « Delfo è situato sopra una sommità, dalla quale si può discendere per tutte
lustre per tre vittorie riportate ai giuochi pitici, due al pentatlo, una alla corsa. ma più illustre ancora pel suo combat
combattimento navale contro i Persiani. A dritto dunque gli eressero una statua in Delfo. Nel recinto del tempio vedrete s
el trionfo che riportarono su gli Spartani. Consiste in un Apollo, in una Vittoria con le statue degli eroi originarii di T
Eteocto da Isi; finalmente lo stesso Polinice ed Ippomedonte, nato da una sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro di An
nè in alcun altro del delfico tempio. Segue il dono dei Gnidii, eh’ è una statua equestre di Triopa loro fondatore, Latona,
rate. Gli Ateniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro una specie di cappella, i primi per lasciar una memor
truita col nome di tesoro una specie di cappella, i primi per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di que
di di bronzo ne stavano sospesi alla volta. Sopra questo portico vi è una rocca ove sedeva Erofile Sibilla quando gli oraco
Erofile Sibilla quando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Drop
one sul carro, dono dei Cirenei, popolo della Libia di origine greca; una statua equestre di Achille, dei Tessali; un Apoll
ine greca; una statua equestre di Achille, dei Tessali; un Apollo con una cerva, dei Macedoni, che abitano la città di Dion
a bruciare la nave di Protesilao. Cigno ebbe da Proclea un maschio ed una femmina; il primo si chiamò Tene, ed Emitea la se
annato da questa impostura, fece chiudere il fratello e la sorella in una cassa, e li gettò nel mare. Salvati per loro vent
l principe dei poeti. — Felice ed infelice, giacché tu sei nato per l’ una e l’altra sorte, tu vuoi sapere qual’è la tua pat
a testa e nel tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure
del funereo letto Con sparse chiome le sorelle meste. Fere lo strale una fra queste; cade, E muor baciando la fraterna boc
’ispezione oculare. L’artefice, che si era sollevato fino a concepire una bellezza che con venisse ad un dio, l’ha poi espr
che è cessato il vento. Guarda egli il colpo delle sicure saette con una certa compiacenza che mostra la soddisfazione del
e la non curanza del pubblico di Roma per le arti del disegno. E poi, una villa che onoravano tanto spesso del loro soggior
equidistante dagli omeri. Questa terza difficoltà può incontrar più d’ una risposta. E per lasciare la generale che nulla vi
a e di effetto. Che se s’insistesse ancora, e si opponesse, perchè di una statua così eccellente non abbiano parlato gli an
onio, o da Adriano che frequentavano quel soggiorno. « Questa statua, una delle più maravigliose, rappresentava l’Apollo Al
la cessazione di un male epidemico. Ben conveniva in questa occasione una simile rappresentanza di Apollo in atto appunto d
fuse col diluvio universale, perciò adattatissimo simbolo del fine di una mortalità impetrato dalla potenza d’Apollo. « Nel
su tanto incomparabile simulacro, non voglio defraudare il lettore di una descrizione piena d’estro di questa statua dettat
ino a noi si sono conservate. Direbbesi che l’ artista ha qui formata una statua puramente intellettuale, prendendo dalla m
’età perfetta i piacevoli tratti della ridente gioventù, e sembra che una tenera morbidezza scherzi sulla robusta struttura
sino alla regione delle bellezze eteree, o diventa un Genio, e prendi una natura celeste per riempier l’anima tua coll’idea
l’anima tua coll’idea di un bello sovrumano; potrai formartene allora una giusta immagine, poiché in quella figura nulla vi
l’agil piede lo ha raggiunto e trafìtto. Il suo sguardo, sollevato in una piena compiacenza, portasi quasi all’infinito ben
pe l’ artefice, eguale a quel gran poeta, tutte rappresentare come in una nuova Pandora le bellezze particolari, che ad ogn
a sua morbida chioma simile a teneri pampini scherza quasi agitata da una dolce auretta intorno al divino suo capo, in cima
al credere che lo scultore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche di Calamide, correggendone i di
cone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel di Lisippo, di cui esiste una copia antica in Firenze: così Cleomede nello scol
e, Terror dei boschi, contrastar le spoglie; Ai capelli l’error frena una benda. Ed ai voti di mille amanti oppone Odio e r
e veloci, come amor consiglia: Così Gallico cane in voto campo Siegue una lepre: ella col pie salute Cerca, ei la preda, e
monia combinate la robustezza di un’età perfetta, e le molli forme di una florida gioventù. Queste forme sono grandiose, e
un garzone nobile, e nato a grandi imprese. Si vede nella sua figura una sanità vivace che annunzia la forza, simile all’a
testa del nume, dopo la celebre di Belvedere, è senza dubbio quella d’ una poco osservata statua sedente del medesimo, di gr
di Tessaglia. Vi hanno quattro teste di Apollo perfettamente simili: una è quella statua di Belvedere, l’altra unita al bu
dovea vedersi il laccio che li sosteneva. « Tale è la capigliatura di una figura muliebre in una delle più belle pitture de
che li sosteneva. « Tale è la capigliatura di una figura muliebre in una delle più belle pitture dell’Ercolano, la quale p
d un autore tragico si posa sopra un ginocchio, e sta scrivendo sopra una tavola. La somiglianza dell’acconciatura dei cape
’impegna a fare questa osservazione. La prima è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca di porpora, ed il p
sservazione. La prima è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca di porpora, ed il personaggio messo in scen
di simil genere che gii hanno dati i poeti, saranno state dipinte con una capellatura bionda, come noi possiamo giudicare d
lino fossero neri, ma solamente ombrati, come sembra, ed è realmente, una bella chioma bionda quando divisa vi si forma del
lli biondi, che interiormente, e nei luoghi ove sono ombrati, offrono una tinta di questi colori. » Scusate, per amore di
rosegue il medesimo) è qualche volta rappresentato nelle medaglie con una patera in mano, e tiene al tempo stesso un ramo d
o, a quelli che morendo di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco III re di Siria i
ia di argento di Antioco III re di Siria i due sassi sono indicati in una figura seduta di Apollo, coi capelli annodati sop
gno è un’immagine rara, ma bella e significantissima, che si trova in una medaglia. La medaglie della città di Tessalonica
tesso di lauro come vincitore nel suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli p
a. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli presenta una tazza di ambrosia, immagine tolta da Omero. Apoll
magine tolta da Omero. Apollo si trova con dei cervi e dei cani sopra una medaglia; e rappresentato con questi attributi er
opo, perchè Apollo deve averli da questa isola banditi. A Delo vi era una statua del nume con un arco nella destra, e le tr
ie poste sulla sinistra: ciascuna di esse teneva istrumento musicale: una il flauto, l’altra la siringa, quella del mezzo l
le teste fornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di una tomba di marmo antico trovata in Francia, non son
i Citaredo. E se mi sarà lacito d’inoltrare le confetture, dirò che è una replica, o una copia fatta da mano maestra, dell’
e mi sarà lacito d’inoltrare le confetture, dirò che è una replica, o una copia fatta da mano maestra, dell’Apollo sonatore
stato il motivo che indusse gli antichi scultori a copiarla per fare una statua dell’imperatore, come ancora delle diverse
egna ora in Vaticano, un busto colossale di Traiano in Campidoglio, e una singolarissima testa di Augusto in età senile in
eo, secondo la espressione di Apuleio, pende dagli omeri del nume per una specie di armacollo. Tali cetre più grandi, che c
fosse prescelto questo simulacro a rappresentare Nerone, che mostrava una somma emulazione coi più famosi sonatori di cetra
vi versi io canto, Sacerdote alle Muse. Innanzi ai lari Cada percossa una giovenca. L’urna Ministri l’acque di Cirene: il s
olo Le lascia arbitrio della morte il Fato. Ahi: trionfo miglior fora una donna Per quelle vie che incatenato scorse Giugur
eva della destra porta di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una di Fidia, l’altra di Scopa, rappresentanti Mercur
rcurio e Minerva. Patroo cognominarono Apollo, non come protettore di una città sola, ma quasi padre di tutte. Rendevano fa
tuito da Castore e da Polluce, del quale era premio, secondo Pindaro, una veste, e secondo Pausania, dell’argento. Col nome
a partoriti i due numi, ai quali poscia fu consacrata nel sito stesso una selva, ove Apollo dopo l’uccisione dei Ciclopi ev
da Dionisio queste due divinità, alle quali Latona non era stata che una semplice nutrice. Questa opinione fu seguita da E
iuola, quello che dimandi; avrai cose ancora maggiori. Ti do, non che una torre, trenta cittadi trenta che non sapranno esa
ò che nell’isola, Lipari or detta, e già Meliguni, stavano intorno ad una massa infocata, la quale preparavano per un lavor
la dea in atto di estrarre dal turcasso, che tiene appeso agii omeri, una freccia per lanciarla coir arco, ch’ella reggeva
per lanciarla coir arco, ch’ella reggeva nella sinistra. È vestita d’ una semplice tonaca spartana, così appunto senza mani
atue di divinità femminili. Due sole borchie sostengono sopra di essa una specie di peplo; tutto l’abito insomma è tanto se
una specie di peplo; tutto l’abito insomma è tanto semplice quanto a una dea si conviene che è nemica d’amore. Notabile è
or Bonarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, nè
ci maraviglia che tuttavia non sia stata scolpita succinta, quando in una moneta della famiglia Ostiglia l’osserviamo in ve
che ha raggiunto, stretto da lei per le corna colla sua destra, e con una lancia da cacciatrice nella sinistra. E poi si pu
, poiché le Muse stesse non sono aliene da questo nume, a cui è sacra una delle sommità del Parnaso. La nostra Diana si ren
ione. Potrebbe dirsi che Bacco, come deità della campagna, era ancora una delle deità della caccia. Spesso in atto di cacci
si i Fauni e anche i Centauri, che pur sono suoi seguaci: Narcisso in una pittura dell’Ercolano, quantunque cacciatore, è o
cisso in una pittura dell’Ercolano, quantunque cacciatore, è ornato d’ una corona bacchica. Anzi osservo in Polluce che un a
ppresentavano i cacciatori. Simili mantelli che nascondono per lo più una sola mano, si veggono soltanto in qualche figura
capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di veste muliebre e con una mano nella stessa guisa avvolta nel manto. Non mi
ui testa è dal credenmo legata, come Winkelmann stesso denominò Cadmo una simil testa virile, si potrebbe dire che la nostr
ore Atteone, e cacciatrice anch’essa e in atto di cacciatrice dipinta una volta da Lesche, a cui sarebbe stato dato il cred
nta una volta da Lesche, a cui sarebbe stato dato il credemno come ad una Cadmeide, e però germana di Leucotea. Non voglio
uale non vi è restata negli scrittori memoria. Ha questa bella statua una specie di stivaletti, ch’erano i coturni venatori
. — Obbediente ai detti La schiera le dilette opre interrompe. S’apre una valle che Gargafia ha nome Cui l’acuto cipresso o
, diva, provasti l’arco d’argento: La prima in un olmo, la seconda in una quercia, la terza in una belva, la quarta scoccas
’argento: La prima in un olmo, la seconda in una quercia, la terza in una belva, la quarta scoccasti le infallibili saette
a terza in una belva, la quarta scoccasti le infallibili saette sopra una città di scelerati, che contro i suoi, contro gli
discordia, che scote le case piii ferme; pongono le sedie intorno ad una sola mensa le parenti, le cognate. Sia, o veneran
ne avesti per compagne? Dillo, dea, onde agli altri si canti. Dolica, una delle Cicladi, fra l’isole ti fu la più cara; Per
mai finche avendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta di una montagna nel mare, e quivi balzata nelle reti ai
pieghe parallele e compresse, viene nell’orlo esteriore circondato da una stretta fascia di color d’oro, sopra alla quale s
pure i lacci dei calzari. Stava questa statua in un piccol tempio di una villa, che apparteneva alla sepolta città di Pomp
a più che ogni altra delle dee maggiori ha la figura e le sembianze d’ una vergine, eh’ essendo dotata di tutte l’attrattive
lla caccia, sua piacevole occupazione, e quale appunto si conviene ad una dea, che per lo più rappresentasi in atto di corr
o, fra tutte le sue belle Oreadi distinguevasi: per lo più non ha che una corta veste, la quale non le oltrepassa il ginocc
i sacrifizi umani; e il soprannome di questa deità vi è indicato per una testa di toro scorticato, sospesa ad un albero ch
e, e sopra tutto delle querce. Una pittura di Ercolano ci rappresenta una Driade, di cui la parte inferiore è formata di fo
il suono, e scossa Fu la calma del pigro aer: gemendo Fin dall’abisso una tremenda voce Risponde al grido: a noi ricerca il
tuo misero figlio. Richiamarli volea: terror la voce Accresce a loro: una ferita sola Son le sue membra: di querele e gridi
ve, di quattrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asserisce Pindaro in una delle sue Odi ch’egli fosse edificato dalle Amazz
ostrava la semplicità dei primi templi, giacché non consisteva che in una nicchia scavata in un olmo, in cui apparentemente
alte. Fra queste colonne ve n’eran 36 ben lavorate collo scalpello, e una di mano del celebre Scopa. L’architetto che condu
ilmente il loro posto. Chersifrone ebbe maggior difficoltà a collocar una pietra di maggior mole sopra la porta del tempio.
rme macchina: ma invece di questo riferisce freddamente e con serietà una visione dell’architetto, al quale apparve Diana e
che disegnò la città di Alessandria, e che del monte Atos voleva fare una statua ad Alessandro. Quest’ultimo, che fu veduto
i. Era quasi tutto l’altare di mano di Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro massiccio, della quale Erodoto, che
gli Efesii aveano ancora collocata per gratitudine nel medesimo luogo una statua d’oro in onore d’Artemidoro, uno degli art
celerato pegno. Ahimè, dove son tratta? ah voi, fratelli, Perdonate a una madre: a tanta impresa Mancan le mani: meritò la
al carro della diva. Ippolito Pindemonte dice con molta leggiadria in una sua Canzone alla Luna: « L’Ore in oscuro ammanto
presso gli Argivi. Ortia scrive Esichio che fosse denominata Diana da una regione dell’Arcadia, ed infame ne era il tempio
sta a notare, senonchè le statue di Diana in tal guisa espresse, sono una prova di quanto fosse divulgata ancora per l’Ital
metrio un orefice che lavorava in argento dei tempietti della dea con una certa somiglianza al gran tempio di Efeso, una de
empietti della dea con una certa somiglianza al gran tempio di Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la più stupenda,
rinchiusa nel castone di un anello, la cui gemma trasparente, eh’ era una sottil calcedonia, la copriva e la difendeva. Si
on alcune piccole perle. Una sì rara antichità mi è sembrata degna di una sì minuta descrizione, e perchè illustra il citat
e scanalate e col capitello ionico erano appunto le colonne incise in una patera etrusca insieme con due Amazoni, che ora s
to furto La moglie non saprà: se noto ancora Le fosse, vale, sì, vale una lite Quel volto: e ratto di Diana il manto E le s
fremente cavallo nato dal tridente del nume, la maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito, di Vi
in piedi. La sua figura, vale a dire il Palladio dei Troiani, teneva una lancia nella mano destra, un fuso nella sinistra,
nella mano destra, un fuso nella sinistra, e così credesi vederla in una medaglia posteriore a Troia. Avanti che le fosse
rificio destinato a questa dea, alla quale, secondo Omero, s’immolava una vacca. Nel numero delle rappresentazioni rare è q
immolava una vacca. Nel numero delle rappresentazioni rare è quella d’ una pasta antica del Gabinetto Stosciano, che offre P
a costruzione di Capua, è egualmente rara. Si è portati a prender per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di
lmente rara. Si è portati a prender per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata
ti a prender per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e di freccia p
Ercolano armata di arco e di freccia portata sulla spalla, per farne una Pallade che avea il soprannome di trombetta. La v
è stata riguardata come l’immagine del fuoco etereo. Nel rovescio di una medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade montata
ovescio di una medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade montata sopra una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’ucce
olo di Roma, ove qual dominatrice dei regni mostra nell’atteggiamento una franchezza e superiorità da sovrana di quasi tutt
; Polluce spiegando questa voce con quest’ altra (grec), non ce ne dà una più chiara idea: ma probabilmente quest’epiteto i
n ce ne dà una più chiara idea: ma probabilmente quest’epiteto indica una maniera particolare di legare le chiome: maniera
di questo dio sul basso rilievo del sacrifìcio di Marc’ Aurelio, e su una medaglia di Adriano nella biblioteca Vaticana. »
lla biblioteca Vaticana. » Udite adesso quel che Visconti nota sopra una statua della dea. « Questo elegante simulacro di
tiquari: tanto si son dilettati di misteriose interpretazioni, che in una simile testa rappresentata in gemma han travedute
la istessa nazione la disse, onde nelle ‘medaglie di Atene si vede da una parte il tridente, dall’ altra la testa di Pallad
r le fatiche. In un villaggio dell’Arcadia nominato Teuti, Minerva ha una statua ove è rappresentata ferita in una coscia,
a nominato Teuti, Minerva ha una statua ove è rappresentata ferita in una coscia, che dice aver veduta Pausania con una leg
rappresentata ferita in una coscia, che dice aver veduta Pausania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il
anciare un dardo contro Agamennone. Ritornato in sua casa l’eroe ebbe una visione, in cui Pallade gli mostrava la ricevuta
questa statua non sia eccellente, pure ci presenta un bell’insieme, e una buona disposizione di panneggiamento sì nella ton
ella tonaca che nel manto, ed in oltre ci offre le armi di Pallade in una maniera assai distinta. Chi osserva la sua celata
tanta sottigliezza ed artifizio lavorati che risuonavano al sonar di una cetra. Lo scudo finalmente è rotondo, quale dagli
l’egida che ha sul petto. L’egida usata da Giove per scudo sì vede in una gemma presso Winkelmann, e disposta a guisa d’amm
che scocca il dardo. M’era caduto in pensiero se questi simulacri di una guerriera tanto espressivi non si avessero piutto
nto interrotte come in drappo che resti per qualche part^ aderente ad una superfìcie aspra sottopostagli, la quale aiteri q
o di guerra, non si è stimato improprio aggiungere alla nostra statua una testa antica non armata del suo consueto cimiero,
a destra, come lo regge nel bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed in una mezza figura singolarissima ch’ò nella Villa Ludo
e: E giusto cedere a Venere nella bellezza. — Dicesi che concepita in una conchiglia ripiena di perle, navigò con questa a
di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio di una bella donna fa dire alla dea: Questa sarebbe degn
ricoprono di veste incorruttibile, e sopra il capo immortale pongono una vaga corona, e nell’orecchie traforate l’oro più
a bella Venere, Temi generosa, o Pallade dagli occhi glauchi, o forse una delle Grazie o delle Ninfe: salve; io ti farò un’
i studii. Venere è stata rappresentata ancora presso gli Etruschi con una tortorella, perchè secondo Aristofane gli amanti
il pomo, perchè questo frutto gettato dall’amante alla fanciulla era una dichiarazione di amore, come da molti antichi scr
mava: ed in sì fatta maniera si vede solamente in due opere in marmo, una delle quali è il monumento circolare del Campidog
erà rappresenta Venere coU’arco nella mano sinistra, e con un pomo ed una freccia nella destra. Arduino vuole applicare que
aestà e di grandezza. Si crede di trovare ancora la Venere Celeste in una bella figura vestita delle pitture di Ercolano, c
le figure eguali e ben conservate nella Villa Albani. A Sparta vi era una Venere eseguita in cedro, incatenata, per signifi
costante nell’amore. La Venere Celeste di Fidia posava un piede sopra una testuggine per indicare (secondo Plutarco) alle d
e alla rosa che esce fuor dalla boccia al primo apparir del sole dopo una bella aurora, e par che senta quell’ età in cui l
na bella aurora, e par che senta quell’ età in cui le membra prendono una più compiuta forma, e comincia il seno a sollevar
ima volta ignuda esporsi al di lui sguardo. È nella stessa attitudine una Venere del Museo Capitolino serbatasi meglio che
asta; tal pure è altra statua, la quale è copia fatta da Menofanto di una Venere che stava presso Troade, come scorgesi dal
proprio a Giunone. Porta pure questo diadema Venere vittrice, di cui una statua che posa un piede su un elmo fu dissotterr
rne esistenti nel Palazzo Barberini, ha così cinto il capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade,
ntemente ignuda. Vestita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bella statua di questa dea, che dianzi vedevasi n
endevano anticamente delizioso. Presso della medesima fu disotterrata una base antica con lettere greche che significano: B
che questa base appartenesse alla nostra statua, non crederò mai che una scultura così elegante e gentile sia stata lavora
icamente falsificato. Quanto fosse lecito di portare nelle tenebre di una tanta antichità la luce di qualche debole congett
nta antichità la luce di qualche debole congettura, potremmo supporla una replica della Venere nel bagno di Policarmo ammir
ant’ uomo. Non solo, come osservai, figurarono la diva sorgente sopra una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pu
nio fé’ l’immagine di Venere sedente col capo ornato di nimbo, che in una mano aveva un papavero, nell’altra un pomo. Vener
tro all’omero il manto si è avuto luogo di ragionare per riconoscervi una leggiadria introdotta nelle arti greche assai di
prevenuto in ciò il celeberrimo signor Heyne: osserverò solamente che una Venere ignuda col cesto cinto sotto le mammelle s
rende singolare questo bel simulacro di Venere, quanto il presentarci una immagine della Venere di Guido, capo d’opera di P
e delle antichità e delle arti poter vedere così intiera e conservata una immagine di quel nobile simulacro, che i Gnidi pe
i marmo non ci è noto. Chi sa che la testa che è in Madrid non ne sia una parte, fortunatamente pervenuta sino a dì nostri?
lle statue di Venere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica di Menofanto, ha invece dell’urna un
cui esiste in Roma una copia antica di Menofanto, ha invece dell’urna una scatola d’abbigliamenti detta dai Greci (grec), d
arsi. Sebbene le acque, simbolo delle quali è l’idria, hanno a Venere una relazione anche più stretta, per esser ella nata
lei i porti e i promontori:: come consta fra gli altri del Circeo da una iscrizione vetustissima scolpita sul vivo sasso,
scolpita sul vivo sasso, da quella parte appunto ov’è stata scoperta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua
congetturare il soggetto. Due osservazioni mi persuadevano a crederla una Venere coll’armi, quale ha talvolta nelle medagli
on abbia voluto rappresentar Venere come la dea della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre di Roma e di En
Venere come la dea della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre di Roma e di Enea. Siccome dunque non manca
per segnale, non doveva in altra maniera farla rappresentare che come una dea vittoriosa. Infatti, Venere armata era il suo
ggetto è quella che le dà qualche pregio, e non la fa disconvenire ad una gran collezione. » Lezione vigesimanona. Vulc
usania nelle Attiche narrano che il nume, memore dell’ingiuria, mandò una sedia d’oro a Giunone con alcuni lacci nascosi, c
di Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni gli diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una rete con tanto arti
lie (quantunque alcuni gli diano Aglaia una delle Grazie), e fabbricò una rete con tanto artificio, che la consorte ed il d
ltro un’isoletta, Ch’alpestra ed alta esce dall’onde e fuma. Ha sotto una spelonca, e grotte intorno Che de’ feri Ciclopi a
e e Brente e Piracmone ignudi A rinfrescar l’aspre saette a Giove. Ed una allor n’aveaii parte polita. Parte abbozzata con
letta, ove belando D’agnelletti e di pecore saltella Candida greggia: una selvetta, un fonte Prestan rezzo e bevanda, e spa
i soldati, di rapina: non ostante, alcuni gli hanno dato per compagna una certa Neriene, nome oscurissimo nella Mitologia.
, quale è quello di un’intera armata che segue il nemico. In mezzo ad una nuvola di polvere s’inalzò verso l’Olimpo, e col
gata da suo padre contro gli adulteri, ed essendo stato informato che una dama della sua corte avea commercio impudico con
e è quello di Servio, che lo vuole derivato perchè nelle guerre or l’ una or l’altra parte favorisce. Gradivo e Quirino pre
umenti le maniere nelle quali fu Marte rappresentato. Marte armato di una sferza come vendicatore, si trova sopra delle med
o della guerra e della pace. Qualche volta egli è rappresentato sopra una biga condotta dai suoi figli il Terrore e la Fuga
asse. Vedesi con un olivo in mano il Marte Pacifero in un rovescio di una medaglia dell’imperator Massimino. E così pretese
i i lavori degli antichi. Le due più belle figure di questo dio. soqo una statua sedente coll’Amore ai piedi nella Yilla Lu
ente coll’Amore ai piedi nella Yilla Ludovisi, ed un piccolo Marte su una delle basi dei due bei candelabri di marmo, che e
riano, il quale nell’immagine del dio della guerra è rappresentato in una statua del Museo dementino, siano derivate le imm
tua del Museo dementino, siano derivate le immagini di Marte barbato, una delle quali è il chiamato Pirro del Campidoglio.
ardire Nettuno dal delitto fraterno, violò anch’egli Cerere, e n’ebbe una figliuola che i Greci stimavano sacrilegio il nom
gnore Eleusio, cui la moglie Jona avendo partorito Trittolemo cercava una nutrice. La dea si offerse per questo ufficio, ed
ti versi il celebre Visconti dare la spiegazione del basso rilievo di una patera non ancora compreso. Tanto è vero che gli
madre di tutte le piante e di tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla di epiteti consimili, che l’autore degl’Inn
iulli che tengono il corno dell’abbondanza, e ciascuno è posto presso una delle sue mammelle. Questa attitudine le conveniv
vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa di papavero. Il serpente che è, per così di
da cavalli, o da buoi. La dea stava in piedi sul suo carro, teneva da una mano le redini, dall’altra una fiaccola, che in o
tava in piedi sul suo carro, teneva da una mano le redini, dall’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo di
ere. Le offrivano delle vitelle, e qualche volta è rappresentata con. una testa di toro. Quantunque tutto questo possa aver
ediamo ancora nei monumenti antichi Cerere tenente della mano diritta una testa di montone, animale che le sacrificavano. M
ordinarli, misteriosi. Però si vede nelle medaglie romane Cerere con una fiaccola da ambedue le mani, e con una troia ai p
lle medaglie romane Cerere con una fiaccola da ambedue le mani, e con una troia ai piedi. Degli altri simboli e maniere di
de ai profani Giganti sian del ciel le strade aperte? Dimanda a Giove una consorte, e Giove Non fia che a te la neghi. — Ud
. — O tu d’Atlante Tegeo nipote, deità comune A Dite e al ciel, che l’ una e l’altra soglia Puoi varcar solo, e che del dopp
agione per la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla quale siede uno di questi a
alia città dell’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba nell’altra, lo che accennav
l’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba nell’altra, lo che accennava i mal gradit
di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicata con l’abito di una vecchia contadina seduta sopra un bove: ella port
ei quali uno arava, l’altro seminava. Yi si attribuisce pure a Cerere una falce, un flagello. Quante cose inutili: che gros
alche miserabil capanna. Quando non si può esprimere con un sol tocco una grande idea, si ricorre agli accessorii, si molti
accia di lei Castore e Polluce: sta in piedi accanto ad un altare con una patera nella mano. Chi cercherà la spiegazione di
rande amicizia regnava fra le dee. Perciò Cofìsidoro immaginò di fare una statua della Pace, che avesse in seno il giovine
ome in un monumento da Winkelmaun pubblicato. In quello si vede sopra una colonna la Persuasione; sotto i piedi di lei Vene
redute Cariatidi, dubita di ravvisarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch questa dea
è in un carro tirato da due elefanti. In un’ altra si vede presso lei una formica, che trasporta una spiga di grano. Credes
elefanti. In un’ altra si vede presso lei una formica, che trasporta una spiga di grano. Credesi trovare in una figura rip
lei una formica, che trasporta una spiga di grano. Credesi trovare in una figura riportata dallo Spon la Cenere Nutrice; ma
del re di Napoli: quello che è tenuto da questa figura sembra essere una specie di sacco. Un’urna sepolcrale, pubblicata d
tata sulle medaglie di Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da una parte della sua veste. Osserva Winkelmann che non
una parte della sua veste. Osserva Winkelmann che non si vede mai con una chiave sulle spalle, come da Callimaco è dipinta.
re in nessun luogo è stata effigiata con sì belle sembianze quanto in una moneta d’argento della città di Metaponto nella M
ancora pel conio monete più belle di alcune siracusane rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un Vincitore
ppresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un Vincitore con una quadriga. Queste monete avrebbon dovuto esser meg
ell’agricoltura. Stranissima era l’opinione del Venuti che la credeva una Giulia Pia: men strana quella di Paolo Alessandro
anzi fanno emergere le forme principali del nudo; davvicino sembrano una esatta imitazione della natura. Insomma se il pre
e maestria. « Questa figura femminile priva delle braccia, vestita di una semplice tunica talare stretta e alquanto ripresa
cco, o di Mercurio, di Marte, così di altre ragioni si servissero per una Venere, d’altre per una Giunone, o per una Minerv
arte, così di altre ragioni si servissero per una Venere, d’altre per una Giunone, o per una Minerva. Quindi osservando nel
ragioni si servissero per una Venere, d’altre per una Giunone, o per una Minerva. Quindi osservando nella figura una certa
re per una Giunone, o per una Minerva. Quindi osservando nella figura una certa proporzione meno svelta che in altre figure
o nella figura una certa proporzione meno svelta che in altre figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo di p
io, ho creduto che siasi voluto rappresentar Cerere, a cui si compete una beltà alquanto rustica come alla dea dell’agricol
compete una beltà alquanto rustica come alla dea dell’agricoltura, e una statura quadrata e robusta così bene espressa da
a pingue messe. Appoggia la sinistra allo scettro, ben conveniente ad una dea ch’era fra le dodici deità maggiori della rel
i Pompeo, essendo le rappresentazioni teatrali entrate anch’ esse per una parte non ultima del culto greco e romano, ed ess
fatta a donna mortale, pervenne ad Eleusi. Mestissima si assise sopra una pietra detta Agelasta, cioè sensa riso, presso il
leusini, rinacque dopo tanto tempo il riso sopra le sue labbra, mercè una vecchia detta Jambe. Quindi è che le donne Eleusi
gi sperati. L’ostia che doveva immolare chi desiderava iniziarsi, era una troia gravida, che prima era lavata in Cantaro un
eo. Nei primi tempi non v’ era spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendita per l’erario di Atene fissando una merce
stogitone pensò di trarre una ^rendita per l’erario di Atene fissando una mercede per coloro che volevano iniziarzi. Convie
aveva mangiato. Rispondevano: Digiunai, e bevvi il ciceone, — ch’era una bevanda composta di molti liquori, che Cerere per
a bevanda composta di molti liquori, che Cerere per le persuasioni di una donna chiamata Baubone, bevve nel suo dolore per
o, Atene aveva il diritto di dare questi ministri, che dedicandosi ad una perpetua verginità, stimavano gran rimedio agl’im
i misteri di Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti, dice in una sua Ode: Io vieterò che chi ha divulgato gli arca
ra verdi sponde. Del Sole con la fredda ombra dei rami Tempra i raggi una selva, e il proprio inverno Mantien. L’abete vinc
ate, come spesso si veggono nei monumenti antichi, e fra gli altri in una pompa Bacchica espressa in un basso rilievo pubbl
a che frequentavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una specie di caccia, certame, che giovani a piedi e
il dubbio tumulto, e nota è solo A Citerea che spaventata gode. Cerca una strada fra l’opaca terra Il re dell’ombre coi des
ri, e prole, Aurea dimora, e più felice etade. Ciò che i numi mertaro una sol volta Sempre tenghiamo, più fecondi prati Con
tà del subietto. È sentimento di alcuni che due Veste vi siano state: una , madre" di Saturno, che Pale ancora fu detta; e Y
Mileto. Ecateo Milesio nelle Genealogie dice che Vesta si figura in una donna sedente circondata da delle piante, e da og
mali, che l’accarezza. È chiaro che confonde Vesta colla Terra. Sopra una lampade di bronzo del Museo Romano si vede la dea
Sopra una lampade di bronzo del Museo Romano si vede la dea che tiene una fiaccola accesa in forma di lancia nella mano des
he tiene una fiaccola accesa in forma di lancia nella mano destra, ed una patera, simbolo comune a quasi tutte le divinità,
nità, nella sinistra. Ella è rappresentata nella stessa maniera sopra una medaglia dell’ imperator Vespasiano. In altre ell
medaglia dell’ imperator Vespasiano. In altre ella tiene comunemente una lampade per indicare il fuoco eterno. Sopra un mo
ttro. L’abito suo è di matrona; qualche volte invece della lampade ha una torcia, il Palladio o una piccola Vittoria. I tit
rona; qualche volte invece della lampade ha una torcia, il Palladio o una piccola Vittoria. I titoli che ha nelle medaglie
o l’unico aspetto di tutta la natura nell’universo, che consisteva in una rozza ed indigesta mole, in un inerte peso, ed in
antichi e nelle medaglie i modi diversi di rappresentare la Terra. In una pittura antica del sepolcro dei Nasoni, ov’è effi
a pugna tra Ercole ed Anteo, la Terra è rappresentata nella figura di una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo nell
nteo, la Terra è rappresentata nella figura di una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo nella composizione di quest
o, che rinnuovava le sue forze ogni volta che toccava la Terra. Sopra una pasta antica è indicata da uno scoglio sul quale
lla medaglia la Terra, ma in un atteggiamento tranquillo e sicuro. Da una mano ella sostiene il corno dell’abbondanza; dall
utilità gli artefici possono trarre dalle combinazioni dei poeti. In una medaglia di Giulia Augusta esposta dal Begero, si
o e delle Stelle fìngesi madre. Stassi adagiatamente sotto l’ombra di una palma per dinotare la sua continua fecondità, ess
uro, distinguevasi un Amore, che, gettato l’arco e la freccia, teneva una lira Presso i Tespiesi popoli della Beozia era l’
ingolarmente venerato. La sua statua, come nei tempi più antichi, era una pietra informe non mai adoprata. Successivamente
va il viaggio di Tespi unicamente per vederla. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella quale vi era il p
lo delle Grazie alla diritta di loro. In Egira l’Amore alato stava in una piccola cappella accanto alla Fortuna, probabilme
ora, e questa immagine sembra esser tolta dall’Ercole di Omero. Sopra una pietra conosciutissima, l’Amore è a cavallo sopra
i, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al di sopra della sua testa una vesr,e volante seminata di stelle si scorge in un
ra della sua testa una vesr,e volante seminata di stelle si scorge in una gemma antica, ove il Maffei ha creduto vedere la
, ove il Maffei ha creduto vedere la dea dell’Ore. Monfaucon parla di una consimil figura dipinta in un antico manoscritto,
ta in un antico manoscritto, della quale il drappo è blu, e che tiene una fiaccola rovesciata, con l’iscrizione: La Notte.
ggetto, ma che non esiste più, la Notte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e
a figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e con una fiaccola nella mano. Compirò il mio ragionamento
Quel che sicuro è, che la moltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di questo nume; ed io la
de a Giunone ch’egli non avrebbe addormentato Giove, perchè, avendolo una volta ardito, fu da lui precipitato nel mare, dov
avolosa città del Sonno. È situata, secondo quel faceto scrittore, in una vasta pianura circondata da una selva di papaveri
ta, secondo quel faceto scrittore, in una vasta pianura circondata da una selva di papaveri grossi come alberi, e di mandra
Sonno derivo dagli antichi monumenti. Questo dio è rappresentato per una figura addormentata nelle braccia di Morfeo suo f
sta appoggiata sopra le due mani poste sopra un cippo ed incrociate l’ una sull’altra. Il Sonno è pur rappresentato con un g
Sonno è pur rappresentato con un giovine genio che si appoggia sopra una fiaccola rovesciata, e sì trova colla parola Sonn
ia sopra una fiaccola rovesciata, e sì trova colla parola Sonno sopra una pietra sepolcrale nella Villa Albani con sua sore
rifizi al Sonno, come l’amico delle Muse. Quindi nel Museo Clementine una statua di lui è posta dopo le figlie di Mnemosine
sull’omero manco. « Così presso a poco é figurato il Sonno eterno in una bell’ara del Palazzo Albani, dal quale è stata pr
del Palazzo Albani, dal quale è stata presa l’idea di porgli in mano una face rovesciata, simbolo dei seutimenti che per l
Così appunto si vede in un bel basso rilievo del Palazzo Mattei, e in una statua del Museo Pio dementino, nella quale ha i
sovraccennate difficoltà, cade immediatamente, quando si rifletta che una testa simile alle monete della famiglia Tizia, ha
lo alato, è in atto di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di morb
de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori mancano di rado di una qualche avventura, che i sogni degli amanti non a
surriferita riflessione del signor Herder, pure in qualche monumento una figura di questo genere, e simile in gran parte a
e è l’effigie della Morte. Tale è al certo il giovinetto coronato con una face rovesciata nella destra e i papaveri nella m
significare altra cosa, anzi voler indicare la positura di sovrappor una all’altra gamba, in cui sono espresse ordinariame
gamba, in cui sono espresse ordinariamente sì fatte immagini, mostra una assai scarsa lettura dei greci scrittori presso d
e gambe non appariscono in queste immagini, come nella maggior parte, una all’ altra sovrapposte, nè tali sono in quelle de
l minor dei figli, dopo avere incatenati i fratelli fece al padre con una falce adamantina quell’ingiuria, che in lui fu ri
o e la pena di Promoteo suo figlio. Avanti la guerra dei Giganti ebbe una figlia chiamata Anchiale, che diede il suo nome a
i Giganti ebbe una figlia chiamata Anchiale, che diede il suo nome ad una città della Cilicia. Di Mnemosine non sappiamo se
iuttosto un disco veduto di profilo per presentarvi sopra le offerte, una cassettina di profumi che i Latini chiamavano ace
di Omero, son tutti allegorici piuttosto che mitologici e storici. È una dell’ultime figure: e siccome sono queste situate
ci e storici. È una dell’ultime figure: e siccome sono queste situate una dietro l’altra, così ancora l’epigrafi corrispond
’altra, così ancora l’epigrafi corrispondono al piano di tutte e due: una però è scritta sotto dell’altra. Quindi è nata es
abile che possa darsi questo abbigliamento a Sofia, come si è dato ad una filosofessa. « Mi resta finalmente ad osservare c
è dato ad una filosofessa. « Mi resta finalmente ad osservare che in una maniera, per la sua semplicità e nobiltà degna de
servite, come si suol dire, di ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in atto di stropicciare un orecchio col mott
l)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra, il quale non era che una pietra grigia informe di mediocre grandezza. Fu i
cenza dei suoi costumi. Dopo la preghiera afferrò la fune in mezzo a una moltitudine, che invano si affaticava, e trasse c
letta, e la pietra di Pessinunte che somigliava per la sua scabrosità una testa umana, videsi sopraposta a guisa di volto n
in piedi avanti a lei sedente. In piedi troviamo la dea appoggiata ad una colonna in una medaglia pubblicata dall’Eckel; ed
a lei sedente. In piedi troviamo la dea appoggiata ad una colonna in una medaglia pubblicata dall’Eckel; ed in diverse med
a sopra un grosso bastone, la destra oziosa. Accanto di questo vedesi una punta di fabbrica, avanti cui stanno due figure m
fatto costume; vi sono dei monumenti ove veste al consueto dei Frigii una tunica con maniche succinta, talvolta ancora con
pastorale, gli giace accanto. La siringa, ed unita ad essa due tibie, una diritta, l’altra curva, consuete ad accompagnare
uete ad accompagnare i riti di Cibele, erano scolpite, dice Zoega, in una delle fiancate dell’ara, ed essendo rimaste invis
corre primiera Ati fra’ boschi bui; qual ‘ve ‘1 pesante Giogo declina una giovenca fera Non doma ancor. La pieveloce guida
e adorno. Io, io dei numi ancella? Io ministra di Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io di me parte, io steril uom sarò?
ra e spesso mentovato nei mar mi antichi. Cavavasi per questo oggetto una profonda fossa coperta di un intavolato fornito d
questo oggetto una profonda fossa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj a modo di crivello: occultava
nò l’ingrato genitore. Saturno fuggitosi dalla sua carcere giunse con una flotta da Giano in Italia, che gli fu ospite cort
suo regno. La grata posterità, dice Ovidio, impresse nelle monete da una parte una nave, e dall’altra un’effigie con due f
. La grata posterità, dice Ovidio, impresse nelle monete da una parte una nave, e dall’altra un’effigie con due fronti, per
a comunemente come un vecchio incurvato sotto il peso degli anni, con una falce in mano per indicare che presiede al tempo
e in mano per indicare che presiede al tempo e all’agricoltura. Sopra una base quadrata, antico monumento, unico della sua
o monumento, unico della sua specie, si vede Saturno, al quale Rea dà una pietra inviluppata in un drappo. Si mettevano dei
i ai piedi, forse per indicare non il tempo in generale, ma solamente una piccola parte di questo. Lezione quarantesimaq
ra immaginazione, simili a quelli delle nostre novelle. Se ne conosce una terza specie, di cui la memoria si era conservata
limaco e i poeti posteriori, come Virgilio e Ovidio, hanno immaginato una quarta specie di Ciclopi, dei quali fanno dei fab
ma i loro figli. I Ciclopi fabbri, e dati a Vulcano per aiuti, erano una finzione nuova immaginata dopo Omero. Il Vulcano
bbro. L’isola di Lenno era consacrata a Vulcano: vi aveva dei templi; una città portava il suo nome. Ma non vediamo negli a
l suo nome. Ma non vediamo negli antichi poeti citati in questa isola una fabbrica, quantunque Ellanico pretenda che fabbri
e ai Greci, perchè quest’arte era molto più antica nell’Oriente: come una specie di medici e d’ incantatori, che univano al
chiamavano Idei: ora il nome d’Ida era comune a due montagne situate una in Creta, in Frigia l’altra. Il frammento di Foro
sta città si vedono col berretto del dio, di forma conica, tenenti da una mano un martello, dall’altra una tanaglia. Dopo i
del dio, di forma conica, tenenti da una mano un martello, dall’altra una tanaglia. Dopo i Ciclopi, ai quali la somiglianza
ll’Inferno degli Idolatri, che prestò all’ immaginazione di Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci, quanto lo è qu
usania nel suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli Ateniesi una statua di questo dio fanciullo con la Pace per nu
1’ opinione del principe degli antiquarii la seguente descrizione di una statua di Plutone del Museo dementino data da Qui
ume dei regni sotterranei, o infernali, che vale lo stesso. Forse per una simile ragione fu creduto Plutone il nume dei mor
fu venerato dal Paganesimo sotto il nome di Serapide. Così ebbe fama una divinità dell’Egitto, oscura fino ai tempi di Ale
ortici, ed in un’altra in Villa Borghese alla quale è stata innestata una testa imberbe e non sua fa congetturare che celeb
all’elee, albero funereo e glandifero. L’elee era, come il cipresso, una pianta sepolcrale e di tristo augurio: quindi può
crizione di due pitture di Polignoto fatta da questo autore. Vi regna una confusione che oscura la distribuzione delle part
u il bisavolo del poeta Archilo co. Cleobea tiene sulle sue ginocchia una cista, eguale a quelle che sono in uso nelle fest
a saccheggiati i tempi degli Dei: egli è punito del suo sacrilegio da una donna perita nella composizione dei veleni, e so
inome, che ha un color nero che al blu si avvicina, ed è assiso sopra una pelle di avoltoio. Quelli che spiegano questa pit
oio. Quelli che spiegano questa pittura a Delfo dicono che Eurinome è una divinità dell’Inferno che mangia la carne dei mor
montoni neri pel sacrifizio. Da presso si vede un uomo seduto, che fa una corda col giunco: è Ocno, come lo mostra l’iscriz
seduta sopra uno scoglio, e guarda la sorella di lei Fedra sospesa ad una corda che tiene con due mani. Questa disposizione
na. Ercole privato dei figli che da essa aveva avuti, la repudiò come una sposa disgraziata. Al di sopra delle donne delle
onne delle quali abbiamo parlato è la figlia di Salmoneo seduta sopra una pietra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa
della fossa. Dietro lui si vede Anticlea madre di Ulisse seduta sopra una pietra. Elpenore è vestito da marinaro con una tu
di Ulisse seduta sopra una pietra. Elpenore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più b
oscia dicendo: Vicino a loro si vede Antilo co: egli ha i piedi sopra una pietra ed appoggia il suo viso e la sua testa sop
è accanto, l’ascella sinistra appoggiata sul suo scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il gioco delle figlie di Pa
ene una bacchetta nella mano. Il gioco delle figlie di Pandaro sparge una varietà grata. L’ attitudine di Antiloco, che pos
una varietà grata. L’ attitudine di Antiloco, che posa il piede sopra una pietra, si riscontra sovente nei monumenti. Gli a
amicizia antica. Al di sopra di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia di Prete e proni potè di
a madre gli accanto; eglino tengono un cerbiatto, e sono seduti sopra una pelle di cervo. Un cane da caccia è seduto ai lor
canti di Orfeo. Schedio che comandava i Focei all’assedio di Troia ha una corona d’erbe campestri sulla testa, e tiene un p
stri sulla testa, e tiene un pugnale. Presso lui è Pelia assiso sopra una sedia; egli ha la barba e i capelli bianchi, e ti
tto che più non sussiste. Al di sopra di Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra, ed accanto a lui Olimpo, rappresentato ne
considerazione giustifica Virgilio, che fa gemere Enea all’aspetto di una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aiace f
e sembra oppresso dalle tristezza. Presso lui è Memnone seduto sopra una pietra. Accanto a Memnone è Sarpedone, che appogg
Memnone è Sarpedone, che appoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle sue sulle spalle di Sarpedone. Il pittore h
dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta nelle sembianze di una giovine che tiene un arco scitico, e che ha le sp
una giovine che tiene un arco scitico, e che ha le spalle coperte da una pelle di leopardo. Più in alto vi sono due donne
è giovine, l’altra è vecchia: non hanno iscrizione in particolare, ma una sola comune ad ambedue, la quale nota che queste
ha i piedi sulle ginocchia di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa del loro paese, ed i poeti c’insegnano che
ati trattati. Dopo Callisto e l’altre donne che la circondano si vede una balza dirupata. Sisifo figlio d’Eolo si sforza di
una balza dirupata. Sisifo figlio d’Eolo si sforza di spingere in su una grossa pietra. Se vede nello stesso luogo un dogl
un vecchio, di un fanciullo e di molte donne poste sopra uno scoglio: una di queste è accanto a un vecchio, ed è molto vecc
tiene in continuo spavento. Omero non dà altri tormenti a Tantalo che una sete ardente, e una fame che lo divora. Ma Pausan
avento. Omero non dà altri tormenti a Tantalo che una sete ardente, e una fame che lo divora. Ma Pausania osserva che Polig
ioma legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle pitture del sepolcro dei Nasoni illustrate
il duro Affanno Con la debil Vecchiezza; evvi la Tema, Evvi la Fame, una ch’ è freno al bene, L’altra stimolo al male. Orr
re Etrusche, serva per sostener le ali legate alle spalle, mentre qui una delle figure alate n’è priva, e l’altra senz’ali
e figure alate n’è priva, e l’altra senz’ali lo porta. Sarà piuttosto una specie di legami destinati a reggere l’abito succ
lla sinistra un serpente del quale è perduta la testa: un’altra porta una torcia ardente, e sembra che le tre restanti, che
nte di torcie fossero armate. Le teste conservate sono tutte nude; d’ una manca la testa, e quella della prossima è moderna
rcadia erano con istraordinaria religione venerate, ed immolavan loro una agnella gravida e nera. Questi sacrifizi si facev
alle Furie erano di narciso e di croco. Furnuto ed Eustazio allegano una ragione ridicola relativamente al primo fiore. Qu
oso. Molto d’appresso al tempio si vede un piccolo terreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figura d
loro assegnano ancora dell’altre funzioni. Ministre del Fato, dettano una le nostre sorti, l’altra le scrive, l’ultima le e
mpli, che avevano nella Grecia: i Lacedemoni ne avevano eretto uno in una loro città vicino al sepolcro di Oreste, ed i Sic
tore delle Parche, vicino al quale ne avevano un altro queste dee. In una statua di Teocosmo, nella quale lavorò ancora Fid
ominato Dio. Vicino al ‘sepolcro di Eteocle e Polinice stava scolpita una delle tre Parche, cui Pausania assegna un’aria fe
feroce, gran denti, mani adunche; insomma sembianze più terribili di una fiera, per additare il terribile destino di quei
ra fantasia potrà forse da questa descrizione ricavare il soggetto di una pittura. Già spargeva la notte il fosco e l’ombr
ce esser pia? Che deggio io far del ferro? in che conviensì Coll’arme una donzella? io piiì conformi Ho le braccia e le man
vano a questa dea gli antichi, e Virgilio narra che Enea le sacrificò una sterile giovenca. Ma passando a cognizioni per vo
cora pel conio, monete più belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore
resentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore su di una quadriga. Queste monete avrebbero dovuto esser me
blicato recentemente dal celebre Zoega, è accanto a Plutone effigiata una figura, che colla destra raccoglie il peplo, e ch
tumanza degli antichi il porre nella bocca dei morti un obolo, ch’era una piccola moneta, per pagare il nolo della barca al
manto esce il precetto Che Tesifone è presta ad eseguirlo. Ella con l’ una man la sferza impugna, Nell’altra ha i serpi, ed
iere del suo figlio convertì in uomini delle formiche che erravano in una querce vuota ed antica. Questi nuovi mortali furo
nni la loro divinità. Gli Dei che giuravano per Stige dovevano tenere una mano sulla terra e l’altra sul mare. E dubbio dov
altri è un fonie dell’Arcadia vicino al monte Cilleno, che cadendo da una rupe altissima dopo poco cammino fra i macigni, c
Favoleggiarono che Plutone ruppe la fedeltà giurata a Proserpina con una figlia di questo fiume, chiamata Minta, che fu da
ribuzione delle opere buone e cattive è comunemente rappresentata con una ruota ai suoi piedi, e tenente un freno nella man
freno nella mano, che da Buonarroti e da Winkelmann è stato preso per una fionda, quantunque del freno, e non della fionda,
i diti, significa la misura che i Greci chiamavano (grec), simbolo di una retribuzione giusta ed equa di tutte le azioni. L
o questo punto di vista eh’ Esiodo la chiama figlia della Notte. Però una medaglia dell’imperatore Adriano la rappresenta c
ma da lui con ragione dissente, come udirete, Visconti. La figura di una donna alata, che in un quadro dell’ Ercolano semb
e avuto intenzione di rappresentare i favoriti di Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei beneficii di lei si rendono
rtuosa dei beneficii di lei si rendono degni. Visconti così illustra una statua di Nemesi del Museo Pio dementino. « Quan
posizione di un argomento interessante e sicuro, acquista egli allora una più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimen
ro gli antichi del cubito di Nemesi, dalla maggior parte spiegato per una verga, che il simulacro della dea stringesse in m
ringesse in mano. Il dubbio di Spanhemio parve a ragione a Winkelmann una certezza, o egli stesso senza riflettere alla con
le in questo, ma non egualmente nell’applicare la sua osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la quale solleva, è ve
la dea si racconci il peplo sul petto. « Quindi, appena ideata, ebbe una folla d’imitatori, che la replicarono in varii ge
si dovuto porre in mano il freno per imitare le due Nemesi di Smirne, una delle quali nella mano sinistra ha il freno, l’al
zione di tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal quale esposizione di questo nobilissimo marmo
armo in mano dello scultore Agoracrito, che lo prescelse ad efiSgiare una Venere, soggetto che volea rappresentare in conco
i. Qui è la maggior esitanza di Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala di preziosi unguenti tutta propria di Vener
ione, non esser la nostra vita che un continuo scherzo della fortuna, una perpetua vicissitudine fra i beni e i mali, fra l
e e d’uno in altro sangue. Oltre la difension de’ senni umani: Perchè una gente impera, e l’altra langue. Seguendo lo giudi
li a Nemesi, e con lei fu sovente confusa. In fatti in un rovescio di una medaglia pubblicata dal senator Buonarroti, Nemes
il cielo, e in mano la cornucopia. Una Nemesi pur coir ali si vede in una iscrizione appresso il Grutero, che venne presa d
ch’era creduto da questa Dea farsi con tanta velocità quanto si volge una ruota. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, com
Per escludere ogni sospetto di gentilesimo le pose col tempo in testa una croce per mostrare la sua dipendenza da Dio. Ciò
credono gli eruditi, questa Fortuna si assomigliava principalmente a una Vittoria. L’unirono per lo più però con la Croce,
mbrogio, e da Prudenzio che ne scrissero contro. La Fortuna felice in una medaglia di Giulia Pia è fatta con un putto avant
i i Genii delle città. La Fortuna, dice Winkelmann tiene un timone in una mano, e nell’altra il corno dell’abbondanza. Il t
oltura, cho sono le due sorgenti della ricchezza. Nel Museo dementino una statua della Fortuna così viene illustrata da Vis
petto che si voglia con tal divisamento far onore a quei due Poeti di una filosofia che non hanno mai immaginata. Esiodo dà
i antichi, il cranio dell’uomo, e fino l’orologio solare, il quale da una concava superficie di segmento sferico venia form
segmento sferico venia formato, e vien perciò comparato da Polluce ad una specie di scodella o di conca. Come dunque si vuo
lo, quando vedo che i monumenti non mei contrastano. Intendo per polo una specie di celata, pìleo, quale appunto osservo su
ì vogliamo chiamarlo, divenuto simbolo proprio della Fortuna, ci darà una chiara spiegazione di quelle espressioni di Orazi
olito ornamento del calato non manca alla nostra statua, ma è però di una figura molto comune, e che somiglia quasi alle to
la Vittoria è rappresentata, come per l’ordinario, sotto la figura di una donna seduta, mezza vestita, che tiene il caduceo
na donna seduta, mezza vestita, che tiene il caduceo nella destra. In una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano d
destra. In una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie di. querce, ed uno scudo dalla s
rce, ed uno scudo dalla sinistra. Una Vittoria dormente si vede sopra una medaglia dell’imperatore Filippo. Indica una Vitt
a dormente si vede sopra una medaglia dell’imperatore Filippo. Indica una Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea d
a celebrata, o che meriti d’esserlo, sembra essere stata indicata con una Vittoria alata, che fa libazione ad una Musa: val
bra essere stata indicata con una Vittoria alata, che fa libazione ad una Musa: vale a dire, che con un vaso ella versa acq
ad una Musa: vale a dire, che con un vaso ella versa acqua o vino in una coppa, che la Musa, caratterizzata colla lira, so
di Simmaco ci rammentano. « Rari ciò non ostante sono i simulacri d’ una certa grandezza, o perchè fossero per maggior par
er l’invenzione, assai elegante per la maniera è il nostro. « Esprime una vittoria navale coll’appoggiare il piede su di un
be che possa alludere la situazione del braccio sinistro sul capo, se una statuetta simile, trovata posteriormente e in que
di Tito, si vede la Vittoria col rostro di nave. Chi sa che non fosse una semplice imitazione di quelle tante immagini, che
nel mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichità di rivederne una più completa e più conservata qual è la presente.
vi fossero l’epigrafi, non può darne alcuno nelle nostre statue, ove una sola Musa ha il volume, e Calliope ha all’incontr
musa deiristoria, che siccome rammenta i secoli addietro in prosa, da una parte può scrivere con piiì franchezza, e dall’al
qualunque altro se ne scorgono i differenti attributi, dà il volume a una sola Musa, che perciò deve interpretarsi per quel
ome delle Ninfe che dà Virgilio alle Muse. Il suo vestire consiste in una tunica con mezze maniche, strette e allacciate co
ersi davi o bottoncini, chiamata dagli antichi tunica axillaris, e in una sopraveste che le si avvolge intorno dal mezzo in
sacra ad Apollo, e perchè la testa, antica bensì, ma probabilmente di una Musa, non è la propria di questa statua che ne fu
e abbellivano i portici di Ottavia, questo volume potrebbe servire di una congettura per fissare 1’età incerta di quell’art
la Mattei sarà più verisimilmente Clio la musa col volume scolpita in una delle fiancate, che quella della cetra che è la p
oni. Euterpe. « Questa graziosa figura rappresenta certamente una delle Muse. Il sasso ove siede come la precedente
Il sasso ove siede come la precedente, è un argomento per crederla o una Ninfa o una Musa, e la decenza del vestimento ci
e siede come la precedente, è un argomento per crederla o una Ninfa o una Musa, e la decenza del vestimento ci determina a
e per altro non poteva altra cosa reggere per la sua disposizione che una bacchetta o una tibia. La prima l’avrebbe dimostr
poteva altra cosa reggere per la sua disposizione che una bacchetta o una tibia. La prima l’avrebbe dimostrata Urania, la s
rania, perchè nell’abito di questa Musa vi è qualche cosa ove fondare una maggiore probabilità pel soggetto prescelto, oltr
ditare i segni. La Musa rappresentata in questo bel marmo è ornata di una gemma sull’orlo superiore della tunica in mezzo a
della tunica in mezzo al petto. Simili ornamenti più sono proprii di una musa teatrale qual’era Euterpe, che della severa
dagli spettacoli ci viene attestato dai Classici, e può bastarne per una prova l’iscrizione delle Commedie di Terenzio in
qual proposito giova riflettere che nello stesso palazzo si conserva una Polinnia del tutto simile alla nostra, mancante p
siano state le Muse trovate insieme, e che fossero anticamente tutta una collezione. « Mi resta a soggiungere che nel bass
colla nostra Musa, e che perciò dovevano esserle sacri. Fi vestita di una tunica colle maniche sino a mezzo braccio strette
le quali le due prime, che restano su gli omeri, sono più grandi. Ha una sopraveste bizzarramente involta, i sandali ai pi
vi in ogni Lezione, finché non saremo giunti alla Mitologia Bacchica, una delle Immagini di Filostrato. Queste non sono che
i, che paventano di dare principio alla battaglia. E qui si manifesta una bella e gentile invenzione del pittore, il quale
erficies, è coperta della pelle di leone, che secondo Polluce formava una parte del l’apparato tragico. Sembra che ì simbol
la Tragedia, giacché le vendemmie videro nascere in questo spettacolo una delle invenzioni più nobili dello spirito umano,
he vale canto del capro, mostra che simili divertimenti non erano che una sequela del sacrificio, che facevasi al nume inve
mentare dai metri stessi dei drammi greci. « L’abito di questa Musa è una tonaca talare e lunghe maniche con sopra un peplo
rapprentata Melpomene in varie antiche immagini se ne vede un’orma in una simile statua frammentata già in Villa Madama, or
antico stata ristaurata, e il ristauratore avea cangiato la spada in una clava di cui rimanevano le vestigia in alcuni per
a sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma di una semplice aluta, calcare già da noi in altre statu
sia, il distintivo delle quali suole essere assai attamente la cetra: una cioè quella della lirica sacra ed eroica, l’altra
nella Collezione della Regina di Svezia. Il rincontro dei monumenti è una prova della stima in cui si avevano anticamente g
nella destra e nella manca la cetra. Lo Schott, indotto in errore da una stampa, ha preso il plettro per un volume, ed ha
lieta danza nuziale. E vestita, come la maggior parte delle Muse, di una tonaca a mezze maniche, fermata con piccole borch
bastano però a farcela distinguere nel mi sarcofago Capitolino, dove una sola ha la cetra, e l’abbiamo sull’autorità degli
pugillari, come vedremo in appresso. Restano due Muse senza simboli, una delle quali sarà Erato, l’altra Polinnia. Rechere
to non potrà esser che la terza figura, che posando la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una
o la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto a guisa di rete che (grec)
i crini si riversano ad esso bagnati di sudore-, si è sparsa intorno una lieve polvere, che gli mostra meno belli, ma più
o l’oracolo, e lo stesso sonno è dipinto con faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è di suo domi
o sonno è dipinto con faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è di suo dominio la notte e il giorn
nia, Urania. Polinnia. « Non vi ha dubbio che questa statua, una delle più eleganti e conservate della collezione,
utta ravvolta nel proprio manto, e quasi cogitahonda. Nè si creda ciò una capricciosa congettura, poiché resta perfettament
Flora sono aggiunti modernamente, così non esiterei molto a crederla una Polinnia, giacché, oltre la somiglianza del capo
one che godeva questa figura presso gli antichi, basta riflettere che una similissima, ma senza capo, è in Roma nel Palazzo
otti, che un’altra è nel giardino Quirinale, e che nel nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritratto di una matrona
e, e che nel nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritratto di una matrona romana, tal quale anch’ essa alla Polinni
à dirsi Polinnia che la quinta, la quale sta appoggiata col gomito ad una rupe, e così colla destra si sostiene il mento ch
Colonna. « Che più? in simile attitudine esistono ancora due statue, una minore del naturale nel palazzo Lancellotti a Vel
Elena illustrato dall’Orlandi, sono tre Muse, assistenti all’azione, una delle quali è precisamente la stessa figura da no
noi determinata per Polinnia nel sarcofago Capitolino. Le altre due, una delle quali ha le tibie, T altra la lira, sono a
tra, quella del Giardino Quirinale, quella del Palazzo Lancellotti, e una figura di Matrona del Museo Pio-Clementino, sarà
erpetrar sempre per Polinnia quella Musa così appoggiata al gomito, è una doppia sua immagine nel bassorilievo della Villa
attei, dove alla sua figura, simile alla sovra descritta, si aggiunge una maschera ai piedi per simbolo delle pantomime tea
o attributo disconverrebbe affatto a Calliope e ad Erato, darà sempre una maggior probabilità al nostro divisamente. Ur
lle parli che nella Capitolina son genuine e non riportate. « È stata una fortuna pel Museo dementino di poter possedere co
conda nel secondo piano; nel sarcofago della Villa Mattei la prima in una fiancata, 1’ ottava in quello del Campidoglio. Se
ano; e perchè l’abbiglia mento di tal figura conviene perfettamente a una Musa. È coronata di fiori come la nostra Polinnia
he abbiamo osservato esser la palla citaredica l’ortostadio, cinto di una gran fascia quale appunto veggiamo e nel protagon
vuole essere di accordo nè mescolare le sue fiamme, ma le allontana l’ una dall’altra, attestando la guerra e la querela che
erlo. Quanto alla giovinetta, ella é piacevole e gentile per esser di una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la s
ma più ancora per la sua beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di gra
i dove le altre, e quantunque vi siano indizi per crederla ancor essa una Musa, comecché mancante delle braccia e del capo,
o che per Musa la caratterizzasse, determinandola al tempo stesso per una delle muse di Pindo lo star seduta come le altre
sì per la qualità dell’abito che si è voluto rappresentare. È questa una tunica pieghettata, (grec) detta dai Greci come a
vo vestigio nè in autori nè in monumenti. Abbiamo, è vero, in Polluce una tonaca detta catonace perchè appunto avea le part
lade di Fidia, onde non debbonsi avere per abbigliamento improprio di una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica di Pal
iormente perchè presiede alle Scienze; ed è però congiunta con lei in una bella pittura dell’Ercolano. Merita però osservaz
la testa riportata per essere antica. Si vede adorna sulla fronte di una penna, fregio non insolito delle Muse come trofeo
tata descritta senza considerargli i pugillari che ha nella manca: in una pittura di Ercolano è questa Musa così parimente
l Tesoro Brandeburgico. La prima moneta offre la testa d’ Apolline da una parte, dall’ altra 1’ Ercole Musagete coli’ epigr
esta non cade alcun dubbio. La seconda presenta al dritto la testa di una musa coronata, come tutte le seguenti, di alloro,
a nell’area un volume coi suoi lacci svolazzanti: al rovescio si vede una figura in piedi collo stesso volume. Questa, seco
o il Begero, è Calliope. Potrebbe anche in questa figura esprimersi l’ una e l’altra, giacché il volume è simbolo, ed anche
ro la testa il plettro, come ha osservato l’Havercampo, e al rovescio una Musa che suona la cetra retta da una colonna, ed
vato l’Havercampo, e al rovescio una Musa che suona la cetra retta da una colonna, ed è prohabilmente Erato; secondo il Beg
cenna col radio i circoli segnati su del globo che vien sostentato da una specie di tripode. La quinta moneta rappresenta u
ien sostentato da una specie di tripode. La quinta moneta rappresenta una Musa senza verun simbolo, colla destra involta ne
n simbolo, colla destra involta nel manto, e dalla parte del dritto è una corona d’alloro nell’area. Questa, secondo me, è
icore dal Begero, con due tibie decussate nell’area del dritto, e con una sola in mano nel tipo del rovescio. « Le ragioni
dei monumenti, e principalmente nelle immagini delle Muse fornite di una greca epigrafe, le quali si ammirano fra le tante
e che spaventa i Greci, perchè avanti all’arrivo di Mennone stimavano una favola i Negri. Ora avendo i Greci ricevuto il co
viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quanto al figlio di Tideo una libertà generosa lo esprime. Voi ben discernerete
erati in battaglia: aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito di una pelle di leone, con un volto lieto e risoluto get
Le gambe sono svelte e leggiere, e tutto il corpo ben proporzionato a una gran facilità nel corso. Il sangue dall’altra par
nato a una gran facilità nel corso. Il sangue dall’altra parte mostra una vivacità quale ha il colore sparso sull’avorio in
inua egli, era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dardo, la terza un ra
era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dardo, la terza un ramo di mirto
se che fosse suo padre. Elide, Delfo, Perga, Perinto, Bisanzio, Paros una delle Cicladi, vantano, secondo Pausania, templi
iovani, vergini, con veste sciolta e trasparente. Vogliono alcuni che una dia il benefìzio, l’altra lo riceva, la terza lo
llo e più conservato delle Grazie è quello del Palazzo Ruspoli. Sopra una pietra incisa, rammentata da Winkelmann nei suoi
o moglie di Vulcano. Simil berretto sospetta il Visconti che fosse in una gemma pubblicata dall’Agostini, ed osserva che ne
so che fosse un elmo, come appare dal disegno, non disconviene dare a una Grazia l’attributo della dea della Sapienza, giac
ciò eh’ è ringraziamento, ha introdotte appresso Esculapio le Grazie, una rivolta di schiena, e l’altre due di fronte, e tu
ramoscello e delle spiche di grano. Pensa a ragione Visconti che sia una tavola votiva offerta da un convalescente al dio
e hanno le tre Grazie posate sulla patera, che ha in mano Gi anone in una medaglia inedita di Faustina minore della Collezi
torno spuma, questo guerriero magnanimo che riguarda fieramente e con una certa audacia contro le onde, è Aiace Locrense, d
mante e le rupi cavernose che ne sono bagnate incessantemente. Quindi una larga fiamma accresciuta dal vento, onde il foco
o coperto di tende e di padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una città ben cinta di mura, io non so perchè non sar
ltura di Mennone non si trova. Solo si vede in Etiopia trasformato in una pietra nera nelle sembianze di un uomo seduto: ma
l sole ne percoterà la bocca, quasi cetra da plettro percossa manderà una voce, che consolerà il giorno coll’artifìcioso li
usi avvenisse. Ivi è fama ohe il fanciullo fosse nutrito dal latte di una capra custodita dal cane d’una greggia. Il pastor
l fanciullo fosse nutrito dal latte di una capra custodita dal cane d’ una greggia. Il pastore si avvide della mancanza; ed
ne, che significa esser di buona salute e complessione, e dice essere una medesima cosa con Telesforo e Alexanore che vuol
un piede del quale vi era un’immagine di questi tre Dei. Telesforo in una medaglia dei Nicei vedesi con la penula cuculiata
figura del mese di Dicembre in un antico calendario: questo abito per una devota allegoria fu dai monaci adottato. In molte
ello di Firenze nella Galleria non resta che la statua di Esculapio e una sola mano della Salute. In quello ambedue le figu
rsità rende il nostro assai più pregevole, poiché lo possiamo credere una copia di quello descrittoci da Pausania, come il
alla mediocre esecuzione del gruppo, nel tempo stesso che lo dimostra una copia, ne persuade sempre più la provenienza acce
onosciuti propri: di queste divinità. « Ad Esculapio è stata adattata una testa con barba essendo per lo più barbato questo
no può meglio soddisfare che Visconti nella seguente illustrazione di una delle più belle statue che rappresentino il dio d
disegno: le prime non la dipingeran mai così bene alla fantasia, che una giusta immagine se ne faccia: il secondo, per qua
quasi insensibilmente su quel bellissimo corpo, fan sembrare come per una certa magia cedente il marmo, e spirante. « Quest
certe: i lunghi e bei capelli cadenti sul petto e sugli omeri ne sono una prova; il carattere dei lineamenti quasi feminili
manevano attaccate al torso del simulacro, compisce la dimostrazione: una testa, fra le altre, merita esser particolarmente
tino epigramma così lo descrive: « E trae il tenero Bacco la forma di una vergine. » Quindi Momo, presso Luciano, rileva t
sessi, da sembrare fra le fanciulle un giovinetto, fra i garzoncelli una fanciulla. Se queste espressioni non dipingono la
me il nostro, la mollezza del nume della Voluttà, ma vi hanno misto o una sveltezza o una robustezza maggiore secondo le id
mollezza del nume della Voluttà, ma vi hanno misto o una sveltezza o una robustezza maggiore secondo le idee che aveano in
lacro è un modello impareggiabile per un corpo maschile bellissimo di una bellezza effeminata; questa espressione è portata
all’occhio e alla mano. « Taluno ha creduto rilevarvi il difetto che una coscia sia più sottile dell’altra: se si fossero
Colui che cerchi E coi voti e col pianto, arde l’indegno Dell’amor di una schiava: arde, e ritorna Coll’adultera sua, che a
il Padre Col tuono a lei la maestà crudele; E per l’aure tremanti odi una voce Replicarsi: il mar suona, Ato crollò, Nei ta
atroci donne ondeggia, ed alza Ver lui le mani nel furor concordi; Ed una i piedi a lui, che nella polve Si rivolge, traeva
zza. Fa che un’altra volta Forsennata divenga, e Penteo fiera Chiami: una fiera io misera credea Svenare: or del mio figlio
e di Giove suo padre. Egli risplenderà delle grazie della gioventù, e una mitra in forma di serpenti attortigliati coronerà
acco l’Ore si trovano pronte per riceverlo, e pongono sulla sua testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli di un
salirvi, e tenta di condurlo: toglie dei giunchi del fiume per farne una frusta, e cinge di fiori lo corna dell’animale. I
de dimenticare il perduto giovinetto. Gli racconta per questo oggetto una graziosa favoletta, che contiene un’ allegoria fi
formando un coro circolare. Qui è la preghiera che indirizza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dima
oi sguardi sul muro, ove dell’universo il fato sta scritto. Vi scorge una Tavola antica quanto esso, che conteneva tutto ci
ante, s’inalza sotto le forme d’un arbusto che produce l’uva, e forma una vite. Il nuovo albero prende il nome di Ampelo, c
olo di Rea. In conseguenza fece un foro in questa rupe per procurarsi una specie di strettoio in cui mettere l’ uve. Egli l
Muse la celebreranno. Ma Bacco esce dal seno materno più rilucente di una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gli fo
rilucente di una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siri
e piangerà ben tosto i lacrimevoli casi che vi avverranno. Ha per ora una corona di edera che gli pende con negligenza sull
l’arrabbiata Megera che pianta dei salci accanto a lui, e fa sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue di Atteone e di
iriti dal furore del vino sono alterati! Bacco guarda tutto questo da una rupe con le gote gonfie pel corruccio, e punge le
ui mute si stanno, rammentando il loro delitto. Sono sedute in terra: una appoggia la sua testa su le ginocchia; 1’ altra l
re, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda di sterminare una nazione che non sa rispettare gli Dei. Gli annunz
me, di cui le acque son cangiate in vino da Bacco dopo la disfatta di una parte degl’Indiani. Quelli che avanzano, maravigl
er passato il fiume Astaco si appressa alla vicina foresta abitata da una ninfa detta Nice, Vittoria. Questa era una giovin
vicina foresta abitata da una ninfa detta Nice, Vittoria. Questa era una giovine cacciatrice, che stava sopra una rupe sco
a Nice, Vittoria. Questa era una giovine cacciatrice, che stava sopra una rupe scoscesa avendo ai suoi piedi un leone terri
di Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le sue preghiere, e scocca una freccia sul misero amante. Le ninfe lo piangono,
iovinetto infelice. La morte d’ Imno non fu impunita. L’ amore scocca una freccia contro Bacco, che scorge la fanciulla in
rirne i rimproveri: linalmente si avvede di esser madre. Dà alla luce una figlia chiamata Telete, e Bacco edifica in questo
ste in Oriente coli’ apparecchio meno di un guerriero che del capo di una festa Bacchica. Arriva sulla terra fertile di Ali
ospite dà in ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e gli dà pur una pianta di vite da coltivare. Bacco continua il su
con Pito: Meti continua a dormire. Stafilo accompagna Bacco, gli dona una tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e
dimanda il suo liquore per consolarsi. Serve, dic’ella, eh’ io vegga una tazza di questa deliziosa bevanda, ed io non pian
l ritorno del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disprezza l’arma
ente. Deriade dalla sua parte arma gl’Indiani, e si accampa vicino ad una oscura boscaglia. L’armata di Bacco giunge sulle
Nè trionfa: ma poco tempo dopo il serpente è risuscitato per virtù d’ una certa pianta chiamata fior di Giove, che applicat
meroso Deriade, che si gloria di discendere dall’Idaspe e da Astraide una delle figlie del Sole, e secondo altri da Ceto e
e da Astraide una delle figlie del Sole, e secondo altri da Ceto e da una Naiade. Questo Canto contiene notizie curiose sui
i raggi di quest’ astro avevano scacciate le ombre dalla terra quando una pioggia di sangue venne a predire agl’Indiani la
rito. Il fiume Alfeo si alza dalle sue acque profonde onde presentare una corona di ulivo selvaggio al vincitore che passa
mma sia destinata a così nobile uso, poiché qual vittima più degna di una moglie che s’ immola per amor del marito: — L
si afiliggeva sulla misera sorte di lui. Ella era occupata a formare una corona di fiori per Venere, e sale al cielo, onde
lli fanciulleschi onde fossero premio al più bravo, ed il poeta ne fa una piacevole descrizione di que’ giuochi innocenti.
l giovine Ganimede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia d
ipitarsi nel mare piuttosto che sposarlo. Ma Teti, sotto l’aspetto di una Baccante, la distoglie da questa disperata risolu
virtù accanto alla corona d’Arianna, e splenderà con Ofiuco. Disse, e una densa nuvola inviluppando la giovine ninfa la tol
com’ egli era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta ancora una corona di alloro in segno della vittoria eh’ egli
avete udito nel darvi l’estratto del poema di Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola di Samo si vede la rappresent
sti animali amano il vino. Nei primi tempi si rappresentava Bacco con una testa di toro; e si congettura da un Inno degli a
biondi, che interiormente e nei luoghi ove sono ombreggiati mostrano una tinta di questo colore. Con tutta la venerazione
, delle quali veruna è giunta fino a noi, è quella nella quale teneva una fiaccola in mano per far lume a Cerere che cerca
e faci. — E in Atene, secondo quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco
ome vestito da Bacco in atto di celebrare gli Orgii, mostra che aveva una face. Si adopravano queste, non tanto perchè lo c
aveva una face. Si adopravano queste, non tanto perchè lo credessero una medesima cosa che il sole, come vi accennai nel p
ppresenta Bacco, il nume porta per bicchiere un corno, che finisce in una testa di capro: siccome sono fatti quei due grand
ssero delle aste armate, come si vede, fra gli altri, aver il nume in una medaglia dei Nisei: ordinariamente però in memori
quale forse per la similitudine fu chiamata e creduta esser veramente una pina, con de nominarne anche il medesimo tirso; s
la pannocchia nei marmi sono basse assai senza risalto conveniente ad una pina, e sovente di proporzione maggiore di quelle
rso nei Baccanali: quando ne’ veri le foglie dovevano esser cucite ad una per una, non attaccate ai rami. Poiché per lo più
Baccanali: quando ne’ veri le foglie dovevano esser cucite ad una per una , non attaccate ai rami. Poiché per lo più, senza
. A questa necessaria digressione sul tirso aggiungo la descrizione d’ una mezza figura di Bacco datane da Visconti. Voi ci
e è dipinto. — Riposa ritto co’ piedi incrocicchiati appoggiato sopra una piccola asta dalla sinistra: la destra giace sui
etro e la gamba destra, fa oblique le parti dinanzi, e mostra elevata una delle gambe, perché deve insieme saltare e seguir
la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle di cerbia
iù volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorfosi
giuso. » I Sileni, secondo il più comune sistema greco, non sono di una genia diversa dai Satiri. Tutta questa famiglia s
, ai vostri marmi. « Si è ricevuta comunemente presso gli antiquari: una distinzione, che molto serve a classificare le ta
in sembianze semicaprine fu comunemente effigiato: diedero al secondo una fronte calva, un naso schiacciato, una lunga barb
effigiato: diedero al secondo una fronte calva, un naso schiacciato, una lunga barba, un petto irsuto, una statura bassa e
fronte calva, un naso schiacciato, una lunga barba, un petto irsuto, una statura bassa e corpulenta. Riconoscevano in Pane
n petto irsuto, una statura bassa e corpulenta. Riconoscevano in Pane una delle più antiche divinità d’Arcadia e dei pastor
a che conosce le cagioni ed i fini delle cose, ed ha pieno il petto d’ una sincera filosofìa. Questa idea ci dà di Sileno la
filosofìa. Questa idea ci dà di Sileno la sesta Egloga di Virgilio, e una simile ne dovette avere il Greco artefice della b
vò Eineo la morte nella casa del perfido genero, che cader lo fece in una fossa di carboni accesi, alla quale avea fragili
o accertarsi della verità di quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvola le sembianze di Giunone. Strinse il credul
tanco di esser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruota di ferro circondata di serpenti. Eccovi esp
sso conduce in cielo Arianna: guida il carro Imeneo, o sia Genio, con una face; ed Amore re<^i:>‘e la veste ad Ariann
accosto all’ onde del mare vi è la Ninfa, o Genio di quell’isola, con una vela che le svolazza sulla testa per indicare il
e cose prese dai libri antichi non ancora a tempo suo perduti, adduce una più stretta attenenza dei Centauri con Bacco: poi
i Giulia Augusta di Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e una Centauressa: nel primo dei citati cammei sono qua
uello si potesse aver nella destra per essere rotto, tiene coll’altra una lampade, o face accesa, che soleva portarsi nelle
embali, che erano fatti come i nostri d’un cerchio, al quale era tesa una pelle. Vi attaccavano qualche volta dei sonagli,
rtato dal Bartoli, che ha il fondo dipinto, come si usa ancor oggi, d’ una tigre; talora, come si fa altresì adesso, nel cer
tico di vetro riportato dal Buonarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tig
ato dal Buonarroti, in cui Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tigre consacrata accant
Bacco sta a giacere su una rupe in seno ad una delle sue nutrici con una tigre consacrata accanto e fra due Fauni, vedesi
ed erano perciò leggieri e semplicemente composti di un cerchio e d’ una pelle tiratavi sopra, secondo quello del coro del
il primo ad immaginar le Centauresse par che Luciano l’ insinui. E da una pittura di lui, crede Winkelmann, imitata una gem
uciano l’ insinui. E da una pittura di lui, crede Winkelmann, imitata una gemma eh’ egli riporta nei Monumenti inediti, e c
a una gemma eh’ egli riporta nei Monumenti inediti, e che rappresenta una Centauressa in atto di allattare un piccolo Centa
dal ritorno di un banchetto. Preceduto da un Fauno barbato e cinto d’ una pelle ai lombi che si fa scorta con face in ambe
llo che l’abbraccia, e quasi lo trae. Involto dagli omeri al piede in una palla, che gli scopre il lato e il braccio destro
li, istrumento sonoro composto di due verghette rotonde di metallo da una parte più sottili che dall’altra dove terminano c
o di tirso tenta involargli. Due fanciulli coi tirsi gli recan dietro una sottocoppa a tre piedi, su cui si scorge una picc
i tirsi gli recan dietro una sottocoppa a tre piedi, su cui si scorge una piccola ara dove ardono incensi. Un vecchio Fauno
marmo bianco statuario recentemente scavato presso al Laterano, ed è una prova novella del merito del suo originale, che è
rma del piccolo cavaliere. « L’Amorino, che è sul secondo, è cinto di una fascia per sospendervi la faretra. Queste figurin
o (grec) dalla caccia delle lepri in cui s’adoprava, e sull’esempio d’ una bell’ara della Villa Borghese, se gli è posta in
l’esempio d’una bell’ara della Villa Borghese, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella sua caccia, di cui d
ostiene il ventre del Centauro simile al Capitolino, si vede scolpita una siringa con alcuni rami di pino, arnesi proprii d
r occasione a quel proverbio verso le persone ipocondriache: Sta come una Baccante. Ma deponevano tale esteriore negli onor
Naiadi e di Baccanti. E Ovidio nel fine del iv libro De Ponto, nomina una poesia, ove elle si descrivevano come amate sempr
l’are antiche assai rare. « Il masso è quasi un parallelepipedo lungo una volta e mezzo la sua larghezza e circa due l’alte
l’are degli Dei terrestri, e forse la nostra ara serviva a sostenere una braciera d’altra materia, come esempli non mancan
iderare i bassirilievi: in quello della principal facciata è ripetuta una composizione così famosa e frequente negli antich
na delle più ammirate ne’ secoli dell’arte greca. La sua bellezza n’è una prova ulteriore. Un uomo corpulento con lunga e b
nto di tanti monumenti, i quali cimostran Bacco espresso più volte in una simil figura. Il Bellori che lo chiamò Trimalcion
« Posate su d’un altro letto d’incontro Bacco, scorgonsi due figure, una di giovin seminudo, l’altro di donna, involte amb
figura, cui sembra al gesto della man destra che il giovinetto diriga una dell’acclamazioni solite costumarsi negli antichi
all’ aperto un terzo Fauno, sembra portare un’otre sull’omero manco, una Baccante ubriaca, che sostien lentamente colla si
e fatiche deiragricoltura, e vicino a quella un vecchio rustico munge una capra, alla quale una giovine pastorella sta vell
ura, e vicino a quella un vecchio rustico munge una capra, alla quale una giovine pastorella sta vellicando il mento perchè
ambedue, perchè il diadema fu invenzione di Bacco. Sostengo il primo una piccola Menade cinta piuttosto che vestita di neb
due faci ardenti, al lume delle quali due genii della Morte bruciano una farfalla, simbolo della vita, e rivolgono intanto
trapassati, o ancora che pur cotento sull’esempio del dio del Vino di una vita lieta e voluttuosa, cedeva poi alla sorte co
to nel marmo un uomo, il di cui volto maestoso e sereno è decorato da una lunga e coltissima barba che gli cade sul petto,
tà dell’abito corrisponde al lusso della sua capigliera. È vestito di una larga tunica sovrabbondante ancora in lunghezza a
volgo l’evidenza dell’opinione, perchè la statua trovata nei ruderi d’ una Villa Tosculana, era situata in una nicchia che v
hè la statua trovata nei ruderi d’una Villa Tosculana, era situata in una nicchia che veniva da quattro feminili statue sor
Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo, di Euridice,
un errore conforme a quello dei moderni antiquarii, che hanno dato ad una figura simile il nome di Trimalcione: leggendo es
che quel rimanente neppur valea quel nulla che indicava il gesto. Ora una simile attitudine ed espressione si dava dagli an
stito e colto, ma l’anima stessa mostra quella stupida contentezza di una persona abbandonata a’ piaceri, e che non sente r
elli sembrano stillanti di preziosi balsami, e l’abito è eseguito con una somma verità d’ imitazione, e composto con ottimo
Ctesiloco discepolo di Apelle scelse questo argomento per soggetto di una poco religiosa pittura, nella quale avea rapprese
in mezzo alle dee levatrici. Ma questa pittura convien dire che fosse una specie di parodia d’ altre composizioni espriment
alcun poco Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto di una pelle di capriolo detta nebride e sacra alla nasc
cco, i quali due ultimi dai Latini si dissero Libero e Libera, ebbero una stretta ed evidente unione nel culto del paganesi
acco sembra esser nata dall’affinità delle loro invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l’altro provvede i mortali di mi
o, o Ampelo, sotto la spalla sinistra, e tenuto pel destro braccio da una Baccante, ch’è forse Mete dea dell’Ubriachezza. I
mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di un serto d’ a
è poco appresso col suo bastone pastorale: si rivolge indietro verso una Beccante cinta di nebride, la quale sembra invita
ebride, la quale sembra invitarlo alla danza: quindi sorgono due are, una con fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’
« Un giovine quasi nudo, se non quanto ha gettata sull’omero sinistro una pelle di pardo, suona con forza un istrumento da
ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella di una Menade, o Baccante furiosa, che può sembrare inva
i frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiusa, e un Fauno con una capra empiono il basso del quadro. Que st’ ultimo
va. Altri monumenti bacchici. Un’ altra immagine di Bacco barbato, una statua di un Fauno ed un’ altra ninfa Bacchica, e
tra conosciuta prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto di cui una statuetta di Bacco sostenuta in mano da un Fauno
, e tratta da buono esemplare, che vi è stato reso con fedeltà ma con una certa durezza. Fauno. « I festosi compagni di B
ntato di proscrivere i Baccanali. Un angue striscia pure sul petto di una piccola ninfa, che dorme appoggiata all’urna, sim
risimile che il soggetto del nostro marmo sia piuttosto r immagine di una defunta rappresentata sul coperchio del suo monum
gioventù della donna estinta avran dato luogo a rappresentarla quasi una ninfa della contrada; e le insegne Bacchiche sì b
ulacro quasi intatto, la quale non oltrepassa la mediocrità, è ancora una conferma alla congettura proposta. Sileno. « Ne
. « Nel grazioso bassorilievo rappresentante Sileno tutto ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie di coturno son d
serpente Orgio, e vicino sorge un rustico altare. Innanzi un Fauno ed una Canefora, cioè una di quelle donne che portavano
icino sorge un rustico altare. Innanzi un Fauno ed una Canefora, cioè una di quelle donne che portavano nei canestri le pri
tri le primizie delle frutta consacrate al nume, sono accompagnate da una pantera e da un leone, sul cui dorso, giusta la d
ezzi nell’India a trarre l’aratro, e che spurii appellavansi. « Segue una coppia d’altri prigionieri: una donna acconciata
o, e che spurii appellavansi. « Segue una coppia d’altri prigionieri: una donna acconciata nel capo come l’Indiano sull’ele
rso. Altri portano canestri di frutta forse esotiche, ed accompagnano una pantera già mansuefatta. « Lo stile del bassorili
vano ogni tre anni in onore di Bacco, altre solennità Dionisiache, ma una delle più famose favole fra quelle che alla stori
simo, e solleva la teda maritale. Amore è mezzo seduto sulla groppa d’ una delle pantere, e sembra che la governi, « I petto
fiere, sono di fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fiato ad una specie di buccina, o tromba, e così accenna la mu
a, e la destra in atto di riposo ripiegata sul capo, giace in seno di una dea seminuda, velata anch’essa come la sposa, e c
ndiscese pure a porgere a lui adulto il proprio petto per guarirlo da una furiosa mania, non saprei deciderlo. La prima sup
sulla pantera, parte striscia i pie sul suolo e cammina, dovea esser una delle più vaghe e bizzarre nell’originale; ma nel
ell’eroe gli uccelli Stinfalidi. Il comune loro culto fu ravvivato da una superstiziosa adulazione quando Settimio Severo l
oppa del Centauro a destra. Un Fauno che suona un simile istrumento e una Vittoria che solleva un trofeo scorgono tra le ar
ricevuto nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita di una testa di pantera, gl’intagli del giogo rappresent
eosi di quest’ultimo. Egli giace sulle spoglie del leone abbracciando una gran tazza da bere in m’ezzo a Satiri e Fauni, ch
esti mal indossate, nelle quali è sul punto d’ inciampare. Son queste una tunica manuleata, in cui soltanto ha il destro br
o in tempo a sedersi. Se non che la nostra figura invece del tirso ha una gran face nella manca, arnese ugualmente proprio
ompagni. Un flauto è alla bocca del Fauno abbigliato della spoglia di una pantera, e il Satiretto, che viene appresso, è an
fanciullo, che la precede, sembra intento anch’ esso a trar suono da una specie di piva conosciuta presso gli antichi sott
terra con espressione maravigiiosa di avidità si tracanna il vino da una tazza da lui con ambe le mani sostenuta. Tutte le
he ridano, Qual fa d’un corno e qual della man ciotola, Qual ha preso una ninfa, e qual si rotola. Sopra l’asin Silen di be
lettori. 4. Daremo intorno al metodo ch’erasi prefisso il Niccolini, una sua lettera bellissima e inedita. 5. Porfirio,
divinità egiziane non posavano sopra un fondo stabile, ma bensì sopra una nave; che non solamente il sole, ma eziandio le a
quel ch’egli insegnava del moversi la terra sopra l’acque a guisa di una nave; e di essa trovansi le traccio in alcuni mon
raccio in alcuni monumenti dell’antichità. Nella Villa Ludovisi vi ha una piccola Iside di marmo, che tiene sopra una nave
ella Villa Ludovisi vi ha una piccola Iside di marmo, che tiene sopra una nave il pie sinistro; e sopra una nave posa i pie
ola Iside di marmo, che tiene sopra una nave il pie sinistro; e sopra una nave posa i piedi un’ altra figura nella Villa Ma
desimo, comprova questa idea, sono il Sole e la Luna personificate in una quadriga sostenuta da una nave. Tutto questo è sc
ea, sono il Sole e la Luna personificate in una quadriga sostenuta da una nave. Tutto questo è scolpito in un vaso esistent
8 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
l’invenzion delle Furie, ministre inesorabili degli aeuti rimorsi di una eoscienza colpevole, nate dal sangue umano scelle
cati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole di un Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce, ec
piede sul nostro globo ; aveva sul capo un diadema stellato, e nell’ una mano lo scettro simbolo del supremo potere, nell’
o di ferro e chiodi e cunei e graffi e liquido piombo, e tutta intera una suppellettile da patibolo, per significare che il
divinità. 25. Cielo o Cèlo figlio dell’ Aria e del Giorno passava per una divinità antica quanto il Destino. I poeti lo chi
e questa al marito, e gli tenne celato Giove, offrendogli in sua vece una pietra che da Saturno fu subito divorata. E ciò f
e tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in sembianze di giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle strad
ine con una bacchetta in mano, quale Dio tutelare delle strade, e con una chiave per aver inventate le porte. Talvolta le s
er agevolare il commercio ; e i primi conj rappresentavano da un lato una nave, simbolo del commercio, e dall’altro un uomo
n temono la falce del tempo, sicchè messer Francesco prosegue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo,
3. Gli eruditi distinguono tre divinità con lo stesso nome di Vesta : una , detta anche Terra e moglie di Celo (25), è la ma
Cibele con sembianze di donna veneranda e forte, e le posero in capo una ghirlanda di quercia, perchè un tempo gli uomini
ingon la fronte, additano le città poste sotto la sua tutela ; mentre una chiave nella destra significa i tesori chiusi nel
dei venti e delle procelle…. Terribile invero, e fantastica maestà d’ una Dea feconda di tanti beni e di tanti mali ! 45. V
e aveva la testa turrita e velata la fronte ; nella destra sosteneva una face e nella sinistra un giavellotto o il corno d
 :13 Solinga nell’ altissimo de’ cieli, Inaccessa agli Dei, splende una fiamma Per proprio fato eterna ; e n’ è custode L
è custode La veneranda Deità di Vesta. Vi s’ appressa e deriva indi una pura Luce che, mista allo splendor del Sole, Ting
parte, invidïate Dalla rosa superba. Anco talora Di quel candido foco una scintilla Spira la Dea nell’ anime gentili, Che r
l tempio erano precedute da un littore armato dei fasci consolari. Se una Vestale incontrava un reo condotto al supplizio,
staffilate e coltelli, indizio del cieco fanatismo (il furor sacro) d’ una falsa religione. Uscivano costoro dalla feccia de
no i Cureti a educar Giove (29). 49. Sacrificavano a Cibele un toro o una capra o una scrofa a motivo della sua fecondità.
a educar Giove (29). 49. Sacrificavano a Cibele un toro o una capra o una scrofa a motivo della sua fecondità. Il bossolo e
te delle messi e dei cereali. 52. Cerere ebbe dal fratello Giove (63) una figlia chiamata Proserpina (53) ; e Giasone, figl
la Licia (Asia-minore) le intravvenne di voler estinguere la sete ad una fonte ov’ erano certi villani che per malvezzo gl
a un giorno de’suoi viaggi, e tormentata dalla sete, entrò in casa di una vecchiarella per nome Bècubo, che amorevolmente l
ècubo, che amorevolmente le offerse da bevere, e le dette da mangiare una scodella di pappa. E Cerere a dir vero ne faceva
sse già moglie di Plutone (213) e regina dell’inferno. Laonde, accesa una fiaccola al fuoco del monte Etna, entrò nelle vis
ha volto bello, membra robuste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mamm
trice del genere umano. Talora ha nella destra un covone di spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiaccola. Al suo c
ha nella destra un covone di spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiaccola. Al suo carro vanno attaccati due leoni
a voce Proserpina. 61. Per lo più la vittima sacrificata a Cerere fu una scrofa gravida o una ariete ; nè a’suoi altari me
1. Per lo più la vittima sacrificata a Cerere fu una scrofa gravida o una ariete ; nè a’suoi altari mescevasi vino o si rec
iritto di creare gli uomini, si concertarono fra di loro, e formarono una donna facendole ciascuno di essi un dono particol
e fosse uno di loro, e scelleratamente gl’imbandì carne umana. Allora una fiamma vendicatrice distrusse per ordine di Giove
i in forma d’ariete, battè la terra con la zampa, e ne fece scaturire una sorgente. Allora Bacco, per gratitudine, gli cons
e nella destra la folgore ed uno scettro simbolo dell’onnipotenza, ed una statuetta della Vittoria nella sinistra ; allato
vendolo male adempito, Giove glielo tolse, e collocò il giovinetto in una costellazione detta l’Aquario (687). 88. Giunone
ndole altera, diffidente, gelosa e fastidiosissima a Giove, tanto che una volta, volendo egli punirla de’suoi interminabili
ue calamite, con due incudini ai piedi e colle mani legate a tergo da una catena d’oro. 89. Ma non essendo stata efficace q
o re d’Argo ; e per salvarla dalla persccuzione di Giunone la celò in una nube, e la trasformò in vacca. Giunone insospetti
rcote (364) a grandi rischi. 92. Giunone devastò l’isola d’Egina con una spaventosa pestilenza che fece perire tutti gli a
adre perchè ripopolasse il suo regno ; ed egli fece scaturir fuori da una vecchia querce della dodonea foresta una quantità
egli fece scaturir fuori da una vecchia querce della dodonea foresta una quantità prodigiosa di formiche, le quali presero
 ; ed in premio di questa cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia di T
dalla quale riceveva sempre buone nuove, che per ricompensa le regalò una splendida veste di tre colori, e la pose in cielo
i pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di cristallo nelle mani di una fanciulla, o pochi sorsi d’acqua spruzzati in ari
della prerogativa di far tornare la giovinezza. Credevano che la Dea una volta l’anno vi si bagnasse. Le feste, che a lei
li, a somiglianza di quelle del dio Pane (294). Lucina è la figura di una matrona che ha nella destra una tazza e una lanci
dio Pane (294). Lucina è la figura di una matrona che ha nella destra una tazza e una lancia nella sinistra ; oppure compar
4). Lucina è la figura di una matrona che ha nella destra una tazza e una lancia nella sinistra ; oppure comparisce assisa
on un bambino fasciato ed un giglio. Qualche volta aveva sulla fronte una corona di dittamo, perchè la superstizione credev
comunemente un’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma co
’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiziani
afflitto da questa avventura, staccò un ramo dall’albero, se ne formò una ghirlanda (che Dante chiama la fronda Peneia), e
lauro. I poeti attribuivano due particolari virtù a questa pianta : l’ una di preservare dalla folgore ; l’altra di far vede
, ove s’imbattè in Nettuno (185), esule anch’egli dal cielo in pena d’ una cospirazione ordita con altri Dei contro Giove.
spose di dover placare Apollo e Nettuno, esponendo ogni anno sul lido una giovanetta per esservi divorata dai mostri marini
iove l’immortalità, ma non pensò ad implorargli anche il privilegio d’ una perpetua giovinezza ; sicchè Titone, riducendosi
molate alle ceneri dell’estinto. 115. Gli Egiziani alzarono a Memnone una statua nella città di Tebe ; e credesi che quando
rocri, presa da gelosia, volle seguirlo occultamente e nascondersi in una folta macchia per ispiare i suoi passi. Cefalo, [
accostare smosse il cespuglio. Cefalo si credè di essere insidiato da una belva nascosta in quelle fronde, vi lanciò il suo
li antichi rappresentavano l’Aurora con la veste di color rancio, con una face in mano, in sull’uscire da un palazzo vermig
nel suggerire al pittore Taddeo Zuccheri le invenzioni per dipingere una camera nel celebre palazzo di Caprarola appartene
Roma, descrive così con molta leggiadria l’Aurora. « Facciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegn
nti, così ha tre nomi, alba, vermiglia, e rancia. Per questo le farei una veste fino alla cintura, candida, sottile, e come
dida, sottile, e come trasparente. Dalla cintura fino alle ginocchia, una sopravvesta di scarlatto con certi trinci e gropp
r di rose. Negli omeri le si facciano l’ali di vari colori ; in testa una corona di rose ; nelle mani le si ponga una lampa
di vari colori ; in testa una corona di rose ; nelle mani le si ponga una lampada o una facella accesa, ovvero le si mandi
 ; in testa una corona di rose ; nelle mani le si ponga una lampada o una facella accesa, ovvero le si mandi avanti un Amor
da o una facella accesa, ovvero le si mandi avanti un Amore che porti una face, e un altro dopo, che con un’altra svegli Ti
un altro dopo, che con un’altra svegli Titone. Sia posta a sedere in una sedia indorata sopra un carro simile tirato o da
il nome che Omero dà loro di Lampo e di Fetonte. Facciasi sorgere da una marina tranquilla, che mostri d’esser crespa, lum
ta notizia di consimile incendio nel littorale d’Italia, immaginarono una caduta del sole, il quale ad essi pareya che tram
(364) ; il quale Ercole, se volessimo credere alla favola, offeso da una riprensione troppo severa, avrebbe con la sua lir
, in Cirra, ma soprattutto a Delfo30 in un magnifico tempio, mediante una sacerdotessa chiamata Pitia o Pitonessa (V. Sibil
cco (146) andò in Frigia, Sileno (150) che lo accompagnava si fermò a una fonte ove Mida aveva fatto porre uno spillo di bu
sso, il quale contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era questa una statua di bronzo alta settanta braccia, che posan
posando i piedi sopra due rôcche distanti oltre venticinque braccia l’ una dall’altra, sovrastava all’entrata del porto di R
astava all’entrata del porto di Rodi. Rappresentava il dio Apollo con una radiante corona in testa, armato d’arco e di frec
iù celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo di Belvedere, ed è una meraviglia dell’arte. Diana. 137. Dian
terra, Ecate (234, 2°) nell’inferno ; ma con questi diversi nomi era una sola divinità, e i poeti la chiamavano triforme D
bianchi ; ma quando presiede all’astro notturno ha la testa ornata d’ una mezza luna, e un branco d’amorini l’accompagna ve
ior numero d’immagini ai lettori. « La sua figura (della Luna) sarà d’ una giovine d’anni circa diciotto, grande, d’aspetto
e cuoprano le orecchie, e fuori della testa con due cornette, come d’ una luna crescente, o secondo Apuleio, con un tondo s
di qua e di là abbia alcuni serpenti, e sopra certe poche spighe, con una corona in capo o di dittamo, secondo i Greci, o d
tra veste tutta nera, ma chiara e lucida, sparsa di molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamen
te che siano ignude, con le loro maniche larghe ; con la destra tenga una face ardente, con la sinistra un arco allentato,
sonio. E facendo giovenchi, vogliono avere le corna molto piccole, ed una macchia bianca sul destro fianco. » (Vasari. Vita
ne era cruccciata Per Semelè contra ’l sangue tebano. Come mostrò già una ed altra fiata…. Dante, Inf., c. XXIX. La sdegn
8) re di Creta, che era stata abbandonata da Teseo (402), c le regalò una corona d’ oro ingemmata, capo d’opera di Vulcano
dai sacerdoti ; e di quando in quando la collocavano sotto l’ombra di una quercia o d’un fico, ed ivi le facevano i soliti
Anacreonte greco seppe piacevolmente scherzare intorno a Bacco. Ecco una canzonetta piena di festività baccanale : — Quan
moderato del vino mantiene la vivacità della giovinezza ; ed ha nell’ una mano i grappoli d’uva o la tazza, e nell’altra un
Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga di Mosè fece scaturire una sorgente d’acqua. Infine il primo, toccate col ti
sacre carte, indichiamo questo parallelo a solo oggetto di ricordare una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco ebbe più nomi
. IV. Trad. del Caro. 161. Il caduceo tenuto in mano da Mercurio era una verga alata in cima e con due serpi avvoltele int
orpo di un uomo in quello d’un animale, e da questo in un albero o in una pianta, perchè essi dicono che tutto ciò che vege
veva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentavano con una catena d’oro pendente dalla bocca a significare c
vanza della buona fede tra i mercatanti ; era figurato per lo più con una borsa nell’una mano, un ramo d’olivo e una clava
ra figurato per lo più con una borsa nell’una mano, un ramo d’olivo e una clava nell’altra : il primo, simbolo della pace t
r la parola, industrioso, commerciante, educatore, segna, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale D
255), il cinto a Venere (170) e lo scettro a Giove (28) ; ma questa è una bizzarra allegoria della prontezza con la quale M
quale era già reputato inventore. Questa lira fu formata col guscio d’ una testuggine e con le corde di lino. 167. Un altro
nando poco dopo sotto le sembianze di contadino gli offerse un bove e una vacca per farsi dire dove fosse il gregge che era
olanti, e nelle verdi Campagne universal spirando amore, Fai si che d’ una in altra si propaghi Stirpe la vita con accesa br
o di potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolta è cieco o con una benda sugli occhi ; ha in mano una face, simbolo
di frecce ; talvolta è cieco o con una benda sugli occhi ; ha in mano una face, simbolo di attività, e conserva sempre la s
e ’n versi. Petrarca. Lo stesso Petrarca nel Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e feconda di nuove idee :
ali ; così venne rappresentato nell’atto di tormentare e di straziare una farfalla afferrata per le ali ; e il Petrarca par
ione del velo delle Grazie. Pindaro volge questi versi alle Grazie in una delle sue Odi olimpiche : Per voi negli uomini T
ezza protesse e ricolmò di favori. Dicono che questo principe, osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito d
orza e dalla prudenza, non vale a salvar l’uomo dai pericoli, e ne fa una debole femminuccia. Venere afflittissima di quest
del far del giorno spariva, e abbandonava la donzella ai tormenti d’ una curiosità non sodisfatta. « Chi sei tu dunque, es
porgere a Psiche l’occasion di vederlo, ma senza conoscerlo. Sceglie una bella notte d’estate ; piglia le ali e le freccie
lo, non badando che i suoi moti facessero pendere la lucerna ; sicchè una goccia ardente cadde sul seno del giovine, che sv
’ hai tu fatto ? Invano ella tenta di rattenerlo, e lo scongiura ; ma una voce debole e lontana susurra queste parole : « T
l’oracolo di Venere, e la Dea la condannò a sopportare gravi fatiche, una più penosa dell’altra. Ed ella, docile e rassegna
d’impietosire l’adirato Nume. Venere le ordinò d’andare ad attingere una secchia d’acqua fangosa ad una fontana custodita
Venere le ordinò d’andare ad attingere una secchia d’acqua fangosa ad una fontana custodita da quattro furibondi draghi ; q
sse : « Va a Proserpina, e chiedile per me di porre in questa scatola una porzione della sua bellezza ; ma bada poi di non
alora alle fresche onde eliconie Gode i puri lavacri, atti e parole D’ una venusta immortal luce abbella. Segga, e carezzi i
formata dalla schiuma del mare, fu tratta nell’isola di Citera sopra una conca marina, accompagnandola le Nereidi (315) e
tato in più modi la Dea della bellezza. In Elide stava a sedere sopra una capra, con una testuggine sotto il piede, a signi
i la Dea della bellezza. In Elide stava a sedere sopra una capra, con una testuggine sotto il piede, a significare che l’am
presentarono assisa con Cupido in un carro di madreperla, ossia sopra una conchiglia marina, tratta da colombe, da cigni o
za essa non è pregevole. Fu anche figurata col pomo della bellezza in una mano ed un mazzo di papaveri nell’altra, perchè t
a in Firenze nella galleria del Palazzo Pitti. 182. Omero ha fatto una vaghissima descrizione del cinto misterioso di Ve
ano libazioni di vino in onore di Venere popolare, e le sacrificavano una capra bianca sull’ara ove il fuoco era acceso col
le ; quindi è lo Dio delle acque. 187. Poichè fu scoperto complice in una congiura ordita contro Giove, n’ ebbe per castigo
dolo tra gli astri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite saliva una conchiglia di splendida candidezza con una gran v
o impero, Anfitrite saliva una conchiglia di splendida candidezza con una gran vela ondeggiante color di porpora ; cavalli
l dir della favola, ogni sera il sole andava a riposarsi, e per carro una conchiglia di straordinaria bellezza e più candid
igie di vecchi con folta barba, chioma lunga e ondeggiante, e in capo una corona di giunchi. Si appoggiano sopra un’ urna d
nsorte in mar degli altri Dei » (Dante, Parad. c. I.) 202. Scilla era una bella ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata da Gl
infa si vide cangiata in un mostro con dodici branche e sei teste ; e una moltitudine di cani le uscivan dal corpo, i quali
nti : Nel destro lato é Scilla, e nel sinistro É l’ingorda Cariddi : una vorago D’un gran baratro è questa, che tre volte
faccia, il collo, e ’l petto Ha di donna e di vergine : il restante D’ una pistrice immane, che simili A’delfini ha le code,
rire con lui, Gli Dei inteneriti da tanto amor coniugale cangiarono l’ una e l’altro in Alcioni. 207. Nettuno ha folta barb
lmati per nuotar meglio. 208. Il carro di Nettuno aveva la forma d’ una larga conchiglia ; le ruote erano d’oro, e pareva
li dell’istmo a Corinto (674), dove Nettuno aveva un tempio celebre e una statua di rame alta sette cubiti. Gli abitanti di
Italia e segnatamente nella Campania presso il lago Averno esistesse una via per discendervi, quella per la quale Enea fu
ricinta annose e folte. Escia della sua bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui volar di sopra Con la vita agli ucce
tutti sanno : « Per me si va nella città dolente ec., » ed Enea vide una folla d’ orrendi spettri : Nel primo entrar del
l duro Affanno, Con la debil Vecchiezza. Evvi la Tema, Evvi la Fame, una ch’ é freno al bene, L’altra stimolo al male, orr
I Greci consideravano l’Inferno come diviso in due vaste regioni : l’ una era « la valle d’abisso dolorosa, Che tuono accog
aggi. Virgilio descrive i Campi Elisi e le loro ombre : ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che
ù che in su l’altro eretto. Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta D’ una fessura che lagrime goccia, Le quali accolte fora
ta. Ma la mitologia degli antichi assegna a ciascuno di questi fiumi una più distinta origine, feconda anch’essa d’idee mo
e sponde coronate di tassi che mandavano ombra mesta e tenebrosa, era una porta eretta su cardini di bronzo, e che dava acc
i lato il Tartaro. Nella sua vicinanza non cresceva alcun albero, non una pianta verdeggiava sulle sue sponde ; e dopo lung
e per nove volte girava intorno all’Inferno. I poeti ne hanno formata una ninfa, figlia dell’ Oceano (192) e di Teti (192),
atti nel suo nome. 222. Giurando per lo Stige gli Dei dovevano tenere una mano stesa sulla terra e l’altra sul mare ; e chi
ll’ inferno per aver soccorso i Titani contro Giove. Talora significa una parte o tutto l’inferno. 224. Il Lete, chiamato a
vanno l’anime a lavarsi » era figurato in un vecchio con l’urna nell’ una mano, e la tazza dell’oblio nell’altra. Era impos
Ma ’l severo nocchiero, or questi or quelli Scegliendo o rifiutando, una gran parte Lunge tenea dal porto e dall’ arena.
to e dall’ arena. (Loc. cit.) Ogni ombra dovea pagargli il passo con una moneta ; per lo che i Greci e i Romani ponevano u
ssero maggiore autorità appo i Cretesi, ogni nove anni si ritirava in una caverna, dando a credere che ivi Giove (63) gliel
(63) gliele dettasse. Come presidente dei giudici infernali, aveva in una mano lo scettro e nell’altra l’urna fatale conten
opinione della sua equità, che se volevano attestare la giustizia di una sentenza, benchè severa, la chiamavano una sente
attestare la giustizia di una sentenza, benchè severa, la chiamavano una sentenza di Radamanto. Anch’ egli ……..ode, esami
esce il precetto Che Tesifone (232) è presta ad eseguirlo. Ella con l’ una man la sferza impugna, Nell’altra ha serpi ; ed a
entate con ali di pipistrello, con serpenti attorcigliati sul capo, e una fiaccola in mano ; ed avevano per compagni il Ter
vevano per compagni il Terrore, la Rabbia, il Pallore e la Morte : in una parola ecco il rimorso co’ suoi tormenti a’ quali
fferano e di narcisi ; coperse gli altari con frutta e miele ; immolò una pecora nera, e consumò il corpo della vittima sop
Eumenidi. Quivi le incoronò d’olivo, sacrificò due tortorelle, e fece una libazione d’acqua di fonte con vasi che avevano i
occhi di fuoco e fauci aperte a lamentevoli latrati. Nella destra ha una face, un flagello e un pugnale ; nell’altra una c
rati. Nella destra ha una face, un flagello e un pugnale ; nell’altra una chiave e una tazza funebre, per le libazioni alle
estra ha una face, un flagello e un pugnale ; nell’altra una chiave e una tazza funebre, per le libazioni alle quali presic
n mezzo ai trivj dove sorgeva la sua statua, le imbandivano ogni mese una cena che era poi goduta dai poveri in onor suo. T
utabile, gr.). Assise in fondo a squallida caverna al fioco barlume d’ una lampada, vestile di ampia e candida cappa filavan
a. Il suo colore indicava il destino dei mortali : il nero annunziava una vita corta e sventurata, il bianco un’esistenza p
239. La si vede negli antichi monumenti, ora con intorno alla testa una zona svolazzante smaltata di stelle, ora con un m
una zona svolazzante smaltata di stelle, ora con un manto azzurro ed una teda rovesciata ; e scorre silenziosa pel cielo,
gnudo, talvolta con l’ ali, talvolta senza, con due facelle accese, l’ una delle quali faremo che s’accenda a quella dell’Au
o come disopra, e volto verso la notte ponendogli dietro fra le gambe una grande stella, la quale fosse quella di Venere, p
er chè Venere e Fosforo, ed Espero e Crepuscolo, par che si tenga per una cosà medesima. » (Vasari, vita di Taddeo Zucchero
mmaginare uno, dove siano sempre tenebre e non mai sole. A piè d’esso una concavità profonda, per dove passi un’ acqua come
ignudo secondo alcuni, e secondo alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera di sotto. Tenga sot
denotare l’oblivione, ancorchè altri lo facciano pieno di frutti. In una mano abbia la verga, nell’altra tre vessiche di p
ed incerti che sono. Volino, e si girino, intorno a lui, facendo come una rappresentazione, con trasformarsi in cose possib
’acqua, parte di legno. Fingasi che in questo luogo siano due porte ; una d’avorio, donde escono i sogni falsi, ed una di c
luogo siano due porte ; una d’avorio, donde escono i sogni falsi, ed una di corno, donde escono i veri. E i veri, siano co
che dei mortali, senza portar rispetto nè a grado nè ad ingegno : Ed una donna involta in vesta negra, Con un furor qual’i
l’abbondanza di tutte le cose ci salva da lei, e le svolazza intorno una farfalla per rammentare che, se il corpo muore, l
che, se il corpo muore, l’anima non perisce, e che La morte è fin d’ una prigione oscura Agli animi gentili : agli altri è
monte Etna, il quale, a motivo dei suo cratere ignivomo era preso per una sbocco infernale. Ovidio dice che quando il gigan
uzione del Caro.) 247. Flegia, figlio di Marte (255) e di Crisa, ebbe una figlia chiamata Coronide (133) che fu amata da Ap
lminò nel Tartaro (216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di legarlo a una ruota fasciata di velenose serpi, e che girando c
lago, La cui bell’ onda gli toccava il mento. Sitibondo mostravasi, e una stilla Non ne potea gustar ; chè quante volte Chi
Tante l’onda fuggia dal fondo assorta, Si che appariagli al pié solo una bruna Da un Genio avverso inaridita terra. Piante
i nella prima notte delle loro nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una di esse, Ipermestra, salvò lo sposo Linceo. Giove
el quale stanno tutti i flagelli che affliggono l’umanità. Ha in capo una corona d’ebano, di narcisi e di cipresso. La dest
a prima e la più nobile origine della dovizia. E figurato vecchio con una borsa in mano ; e zoppicando va innanzi a passi l
luna O che già fu, di quest’anime stanche, Non poterebbe farne posar una . (Dante, Inf. c. VII.) Marte. 255. Marte
on aveva voluto esser da meno di lui. 256. Marte ebbe da Venere (170) una figlia chiamata Ermione, e da Rea-Silvia sacerdot
, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma di una lancia confitta in terra.56 260. I suoi dodici s
er dare un nome alla città fondata da Cecrope egiziano, condottiero d’ una colonia in Grecia. I dodici Numi principali furon
etarono quest’onore a chi dei due avesse creata la cosa più utile per una città. Allora Nettuno, battendo la terra col suo
virtù e della vera sapienza. Di consueto ha in capo l’elmo con sopra una civetta ; in una mano l’asta, nell’altra la scudo
ra sapienza. Di consueto ha in capo l’elmo con sopra una civetta ; in una mano l’asta, nell’altra la scudo, e l’egida sul p
nto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle di un mostro chiamat
osi. Gran mercè che della smisurata caduta non riportò alla fine che una gamba rotta ! Gli abitanti di Lenno59 lo raccolse
er se ne calava : Mostro orrendo, difforme e smisurato, Ch’avea, come una grotta oscura in fronte Invece d’occhio ; per bas
loro eguaglianza. Infatti Cassiodoro fa derivare il vocabolo Muse da una parola greca che significa eguali, simili. 275.
ero, ghirlanda di varie plume in capo, e massime bianche e nere. Avrà una mano appoggiata ad un’arpa. » Se queste arti so
a stupida e di fattezze grossolane, con due grandi orecchie d’asino e una zampogna in mano. Sarà in atto di fuggire dal cos
Apollo, saltando giù da un sasso rozzamente scolpito e rappresentante una figura con testa e crine di cavallo, viso e collo
di donna, corpo e piedi d’uccello, coda di pesce. » La Licenza poi è una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto
po, tirso in mano. Anch’ella sarà in atto di fuggire schermendosi con una mano dai raggi d’Apollo che la persi cuolono. » E
a fa smorfie ad un fanciullo vicino a lui, mentre questi si tiene con una mano al viso una grande maschera caricata e ridic
n fanciullo vicino a lui, mentre questi si tiene con una mano al viso una grande maschera caricata e ridicola. » 278. Le M
ginandosi di poter volare com’esse ; ma appena spiccatosi dall’alto d’ una torre, precipitò, com’era naturale, sulla terra,
— Anche le nove figlie di Pierio, dette le Pieridi, pagarono il fio d’ una stolta presunzione, poichè avendo voluto sfidare
reggia dell’Olimpo. Immenso fu il loro numero, poichè vi era compresa una moltitudine di divinità allegoriche, le quali, co
È rappresentato col capo coperto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una marionetta nell’altra
col capo coperto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una marionetta nell’altra, indizio della
erto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una marionetta nell’altra, indizio della follia, arre
dato di rose appassite. E’ s’appoggia languidamente col braccio sopra una lunga lancia da cacciatori ; gli sta presso una f
nte col braccio sopra una lunga lancia da cacciatori ; gli sta presso una fiaccola arrovesciata, e a stento si regge il cap
sta presso una fiaccola arrovesciata, e a stento si regge il capo con una mano sotto il mento. I vapori del vino, la rilass
nte semplice recando avvolta intorno al collo o nelle mani od in seno una grossa biscia. È noto che il serpente fu adorato
boli dell’immortalità. Esculapio ebbe tempio anche nell’isola di Coo ( una delle isole dell’Arcipelago), ed i malati erano s
o di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale era stato costruito il s
oprintendevano alla pastorizia ed ai boschi. Veniva immolata ai Fauni una capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i p
i capra ; la barba, le corna e le orecchie di caprone ; eran cinti da una corona d’abeto, e ne tenevano un ramo nella destr
iade Nicea che fu da esso inebriata col trasformare in vino l’acqua d’ una fonte ov’ella era solita dissetarsi. 305. Hanno l
del dio Termine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una corona di pampani o d’alloro : e talvolta la sua
inaggio e d’orticoltura. Gli veniva sacrificato un asino in memoria d’ una singolare sfida di canto seguita tra lui e un som
orme bocca, il naso aquilino, le spalle straordinariamente larghe, ed una invereconda deformità insomma da non ’si dire. Ma
itrofi o dei viandanti. Prima fu un tegolo o un tronco d’albero ; poi una grossa pietra quadrata o un piuolo, indi uno stip
sa pietra quadrata o un piuolo, indi uno stipite piramidale con sopra una testa che aveva l’effigie d’idolo agreste ; ma no
ltro saltavano la fiamma. Il più agile otteneva in premio comunemente una capretta o un agnello. La festa finiva con un ban
festa finiva con un banchetto nel quale il pastore più vecchio faceva una patetica invocazione alla Dea della pastorizia. L
omona acconsentì alle sue nozze. Le metamorfosi di Vertunno son forse una lezione agli agricoltori, poichè non potrebbe mer
grappoli d’uva, con in mano il corno dell’abbondanza, od assisa sopra una paniera colma di fiori e di frutta. In Roma ebbe
tuite in onor di lei verso l’anno 172 av. l’èra crist. in occasione d’ una grande sterilità, eran dette giuochi floreali o f
ndo e ballando al suon delle trombe. La più snella otteneva in premio una corona di fiori. Nei monumenti antichi vediamo Fl
mplice donzelletta, adorna di ghirlande e di mazzi, e recando in capo una paniera di fiori : Salve, o sorriso degli Dei, g
i vaghe fanciulle assise su cavalli marini, con in mano un tridente o una corona od un piccolo delfino. Talora la parte inf
i coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al pascolo di Driante una grotta consacrata alle ninfe, cavata d’un gran ma
zia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme facevano componimento di una danza. Il giro dentro della grotta veniva appunto
spondere nel mezzo del masso. Usciva dall’un canto del sasso medesimo una gran polla d’acqua, che per certe rotture cadendo
argento onde scaturisce l’acqua ; hanno in mano conchiglie o perle, e una ghirlanda di canne incorona la sciolta chioma. Il
icare la sventurata Eco ; menò’l’insensibile giovinetto sul margine d’ una fonte, e lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde,
e, e quelle dei Penati per lo più effigiati in due giovani assisi con una lancia per uno ed un grosso cane accovacciato a’p
to a’piedi, risiedevano per entro i recessi più segreti della casa in una cappella detta Lararium ; e colà avevano tabernac
imali domestici e fedeli ; e i medesimi Lari avevano spesso per manto una pelle di cane. Ciascuna famiglia romana aveva i s
i Lari non abbandonavano mai l’abitazione dove erano stati collocati una volta. 328. Le feste celebrate in onore di questi
rio Genio, offerendogli vino, fiori ed incenso, ma senza mai spargere una goccia di sangue. 331. Il genio buono aveva sembi
l conflitto di vari naturali effetti. I poeti la descrivono calva con una benda sugli occhi, ritta con ali a’piedi, e l’un
suolo in atto di volare, mentre l’altro appena tocca la superficie di una sfera, od il cerchio d’una ruota che gira, ed è s
ntre l’altro appena tocca la superficie di una sfera, od il cerchio d’ una ruota che gira, ed è simbolo dell’incostanza. Qua
ulla fronte ; posa un piede sulla ruota, e tien l’altro per aria ; in una mano ha un rasoio e nell’altra un velo ; i quali
mano ha un rasoio e nell’altra un velo ; i quali emblemi indicano che una volta perduta l’occasione, è impossibile ritrovar
un vivere agiato e felice secondo i buoni suggerimenti della natura, una felicità premio della virtù e del lavoro ; che se
d’uno in altro sangue, Oltre la difension de’ senni umani :70 Perchè una gente impera e l’altra langue, Seguendo lo giudic
i sia protetto l’innocente e il debole contro l’oppressore. Talora ha una lancia per colpire il vizio, ed una tazza piena d
le contro l’oppressore. Talora ha una lancia per colpire il vizio, ed una tazza piena di liquore celeste per fortificare la
d i Romani le alzarono un’ara nel Campidoglio, sulla quale deponevano una spada prima di partir per la guerra, scongiurando
téa. 335. Atéa (ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro sollecita che di far
tra alla bocca e un sigillo nella sinistra. Aveva la fronte ornata d’ una mitra con la punta divisa in due parti eguali, ed
diedero a Temi sguardo franco e severo, ed immaginarono che avesse in una mano le bilance, simbolo dell’equità, e nell’altr
che avesse in una mano le bilance, simbolo dell’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento di vendetta o di viol
fronti era ’l valore Dell’ onorata gente ……. E qui si fa a nominare una lunga lista d’uomini e donne illustri di tutti i
rappresentata con ali al tergo e con la tromba ; talora ne ha due, l’ una per divulgare la menzogna, l’altra la verità.
chiavi messi in libertà. Gli altri suoi attributi sono uno scettro od una bacchetta chiamata vindicta, un giogo spezzato ed
e pupille ; i denti neri, e coperta di micidial veleno la lingua ; in una mano ha tre serpi, un’ idra nell’altra od una tor
l veleno la lingua ; in una mano ha tre serpi, un’ idra nell’altra od una torcia accesa, e sul seno un rettile mostruoso ch
La discordia. 343. La Discordia o Erinni, figlia della Notte, éra una Dea autrice d’immensi guai, ed alla quale venivan
calunnia. 345, 2°. Carlo Dati nella vita d’Apelle ci somministra una bella descrizione di questa maligna divinità. « D
degno e la rabbia ch’ ella chiudeva nel cuore. Portava nella sinistra una fiaccola, e con l’altra mano strascinava per la z
a voce gli Dei per testimoni della propria innocenza. Facevale scorta una figura squallida e lorda, vivace ed acuta nel gua
La melanconia. 345, 4°. Presso al Dolore procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta di velo più sottil
languide appariscono le tinte e vicine a spegnersi, ed inclinanti ad una cara e mesta conformità. Lo sventurato che fugge
uine. La forza. 346. Gli antichi onoravano la Forza facendone una Dea figlia di Temi (337) e sorella della Temperan
della quale non può sussistere. La rappresentavano sotto l’emblema di una donna armata all’amazzone, che abbraccia con la d
emblema di una donna armata all’amazzone, che abbraccia con la destra una colonna, e impugna con la sinistra un ramo di que
ramo d’ olivo ; talora ebbe il caduceo come favorevole al commercio, una face arrovesciata ed alcune spighe di grano.
Talvolta egli ha per emblema un giovine assiso che scrive al lume di una lucerna con un gallo accanto. — « Occuparsi, dice
ro nella camera per lo finestrone che si è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi ben
elo trasparente fino ai piedi, succinta nel mezzo della persona ; con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra raccol
persona ; con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra raccolga una falda di gonna ; stia fermata sul piè destro, e t
a, e paia sdegnata ch’ella si sia levata prima di lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di b
a lei nel cielo dello sfondato farei alcune figurette di fanciulle l’ una dietro all’altra, quali più chiare e quali meno,
ra, e sopr’essa lasci cadere il braccio destro spenzolone, e vi tenga una gamba cavalcioni in atto di posare per ristoro e
cavalcioni in atto di posare per ristoro e non per infingardia. Tenga una corona di papaveri ed uno scettro appartato da un
igilanza ha in capo un gallo che canta, a questa si può fare ai piedi una gallina che covi, per mostrare che ancora posando
e in Italia, dove sorgeva alata con augusto sembiante, porgcndo con l’ una mano la corona d’alloro, e recando nell’ altra co
orona d’alloro, e recando nell’ altra con aspetto di trionfale maestà una palma intrecciata all’ ulivo per denotare che la
avillanti al par degli astri. Regge con la sinistra un libro aperto e una palma, che spesso è quella del martirio ; ed ha n
ù lucida Dea Del Ciel, la Verità : fiaccola ardente Lassuso accesa in una man tenea, Nell’altra un specchio in guisa tal lu
e cela il reo coltello. La virtù. 351. Chi non avrebbe fatto una Dea di questa augusta figliuola della Verità (350
fatto una Dea di questa augusta figliuola della Verità (350) ? Ella è una donzella « Pudica in faccia e nell’andare onesta,
elle grandi anime. I Romani poi la rappresentarono sotto la figura di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo
timento virtuoso che ne accende deve seguirci fino alla tomba, perchè una volta che abbiam cominciato ad amare, il non amar
asse comprendevano gli Dei che ebbero per genitori un ente celeste ed una creatura mortale, e quelli Eroi che furono predil
io di Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchiuse la figlia in una torre di metallo, perchè l’oracolo aveva predetto
el temuto nipote, lo fece esporre con sua madre in preda alle onde in una debole navicella. La sventurata coppia fu spinta
A tale effetto cominciò a fargli desiderare la gloria, e gli propose una spedizione lontana e difficile. Si trattava di an
no e di Celo. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avvenente e con una chioma di maravigliosa bellezza ; ma ne andava ta
questa disgrazia, che abbandonò il soggiorno d’Argo, e andò a fondare una nuova città col nome di Micene, ove poi fu ucciso
del Borghi.) Il Dati nella vita di Zeusi, illustrandone un quadro fa una bella descrizione di questo fatto : « Tra le oper
di esser partoriente, appariva che per la paura, gettatasi attraverso una veste, si fosse tolta di letto scapigliata, grida
a mani alzate. Le cameriere, stordite mirandosi, diceano non so che l’ una all’altra. I Tebani con armi alla mano erano acco
profetico. Tutto ciò si rappresentava di notte, illuminando la stanza una torcia, perchè non mancassero testimoni alla batt
di quel leone. Questo nuovo mostro avea sette teste, e troncatagliene una , altre due ne spuntavano più tremende, a meno che
a palude. Oppure è da credere con alcuni che questa Idra significasse una moltitudine di serpenti velenosi che desolavano q
n faccia fu per morirne dalla paura. 373. Nel monte Menalo s’annidava una cerva smisurata, co’piedi di metallo e con le cor
enuta dall’ipocrisia e dalla frode. Dante nel XVII dell’Inferno ne fa una maravigliosa pittura : Ecco la fiera con la coda
ed uccise il principe sconoscente. 381. Nettuno (185), propostosi in una sfuriata di collera di distruggere tutta la Greci
un furiosissimo toro che gettava fiamme dalle narici ; ma Ercole fece una delle maggiori prove di valore domandolo e libera
cò tra le sue braccia. 387. 1 Pimmei erano uomiciatti alti poco più d’ una spanna, ma pieni appunto di sfacciatissima presun
a lotta con Anteo. Si condussero in questa impresa come all’assalto d’ una città. Le due ali dell’esercito si precipitarono
ale la sua preda, rese la diletta sposa ad Admeto. Alfieri ha tessuto una tragedia su questo bellissimo argomento ; e ci pi
comunicazione coll’Oceano, e separò due montagne che si toccavano, l’ una detta Calpe in Europa, l’altra Abila in Affrica.
commise ad Amore la sua vendetta. Questo Dio svegliò allora in Ercole una passione così sfrenata per Onfale regina di Lidia
1). 395. Nesso, prima di morire, volle vendicarsi ; e donò a Dejanira una tonaca bagnata col suo sangue, facendole credere
(370), ed appoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, che era l’ albero a lui
l suo anello, poi si tuffò nelle onde, e ne lo ritrasse unitamente ad una corona che Anfitrite (188) gli aveva posto sul ca
suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo celò la sua spada sotto una enorme pietra ; e le raccomandò, qualora partoris
sola, volle consolarla della perfidia di Teseo, e sposandola, le donò una bella corona d’ oro, capo d’ opera di Vulcano (27
lo, indotto poi dalle minacce di Minosse, lo fece perire soffocato in una stufa. 424. Dedalo ebbe anche fama di esimio scul
edesi anzi che le sue ali sieno un’ allegoria per indicare le vele di una nave, quantunque non manchi fondamento a supporre
elle quali solamente oggi si onora. Non è raro incontrar le tracce di una civiltà molto inoltrata negli antichissimi tempi,
lapio (289) rese la vita ad Ippolito, e che Diana (137) lo coperse d’ una nube per farlo evadere dall’ inferno. Fedra poi l
a che fossero state riposte, rinvennero gigantesche ossa, e lì presso una lancia e una spada. Cimone fece trasportare le ve
state riposte, rinvennero gigantesche ossa, e lì presso una lancia e una spada. Cimone fece trasportare le venerate ossa a
moria. Castore e Polluce. 441. Questi due eroi furono figli d’ una bellissima donna dell’ Etolia, chiamata Leda (74)
bero molta parte nella conquista del Vello d’ oro (449). Nel tempo di una furiosa procella gli Argonauti videro comparire u
49). Nel tempo di una furiosa procella gli Argonauti videro comparire una fiammella sulla lor testa, e subitamente il cielo
emini o Gemelli ; e siccome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle di questa costellazione tramonti
zzo guscio d’ uovo, e brandiscon la lancia. Talora si abbracciano, ed una lucida stella splende sul loro capo. Giasone,
incontrando la moglie con due figliuoletti, uno per braccio, la credè una leonessa con due leoncini. Allora si spinse forse
ne era crucciata Per Semelè contra ’ l sangue tebano, Come mostrò già una ed altra fiata, Atamante divenne tanto insano, Ch
sponda del mare dietro quella nave tirata a secco, gli rovinò addosso una trave, e n’ ebbe fracassata la testa. Bellero
di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito di una pretesa cospirazione ordita contro di lui. 463. P
angiò in cigno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona di nove bellissime stelle somministrate da
preso da inesprimibile gioia al vedere uscir fuori da quelle vittime una moltitudine d’api, anche maggiore di quelle che a
o con tutto ciò di non intenerire quei barbari, si lanciò in mare con una ghirlanda in capo e con la lira in mano. 480. Qua
. Quel delfino per ricompensa fu collocato da Giove fra gli astri, in una costellazione vicina a quella del Capricorno (676
alla dolcezza di quell’ armonia andavano da sè stesse a collocarsi l’ una sull’altra. Ingegnoso emblema del potere della po
qual luogo dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora di fondare una città nel punto dove sarebbe stato condotto da un
ch’egli era nato per commettere delitti orrendi, e per esser padre di una detestabile prole. Allora, atterrito dalla funest
tr’essi. Alcuni spiegano questa favola supponendo che la Sfinge fosse una fanciulla presuntuosa, figliuola di Laio, la qual
aver parte alcuna negli affari dello stato, s’era messa alla testa d’ una masnada di malviventi, e devastava le campagne vi
o che era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena di una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e credia
a senza violenza, per nascondere quetamente nel suo seno la vittima d’ una tremenda persecuzione celeste. Antigone, modello
pada. 508. Infatti a così bella prova di patriottismo tenne dietro una completa vittoria ; gli Argivi furon respinti, e,
hiarò complice d’ Antigone, e volle subire la stessa sorte. Così perì una progenie infausta, nata ad ammaestrare i popoli s
ano. L’amante poteva correre il primo, ma il re, che lo inseguiva con una lunghissima lancia ; era tratto da due cavalli in
offese Atreo nell’onore, e dovè fuggirne lo sdegno ; ma ingannato da una falsa riconciliazione pagò crudelmente il fio del
onsiglio di Pallade (263) costruirono un cavallo di legno alto quanto una montagna, e pieno i fianchi di risoluti guerrieri
llora che Diana sdegnata contro Agamennone, perchè ei le aveva ucciso una cerva a lei consacrata, negava ai Greci il vento
è Diana, sodisfatta dell’obbedienza, fece comparire invece d’Ifigenia una cerva ; e contenta di questa vittima, trasportò l
enere (170) che, per sottrarlo ai colpi del vincitore, lo ravvolse in una nube (cioè a dire che il codardo rapitore d’Elena
lati alla Dea tutti gli stranieri che vi approdavano. Allora fu vista una generosissima gara d’amicizia, nella quale ambedu
varie gioie ed arredi femminili, tra i quali aveva mischiato ad arte una spada, un elmo ed altre armi. Achille, secondo ch
i immortali.96 Presto Achille diventò il primo eroe della Grecia ; ma una contesa nata fra lui ed Agamennone privò lungo te
nozze, il vilissimo Paride scoccò a tradimento nel calcagno d’Achille una freccia avvelenata, e l’uccise. Passò per tradizi
a morte del suo figliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnata da una lunga schiera di ninfe per andare a piangere sull
divini. Alessandro il Macedone andò a visitarne la tomba, la onorò d’ una corona, e disse che invidiava ad Achille d’aver a
sso uccise lo sventurato Priamo (587), fece precipitare dall’ alto d’ una torre il giovine Astianatte figliuolo d’ Ettore (
mancato alla promessa, e ne pagò il fio ; perchè nell’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col
sul piede col quale aveva additata la tomba d’ Ercole, e vi produsse una piaga da cui esalava un fetore così insopportabil
ebbe l’ audacia di sfidarlo a singolare battaglia, e restò ucciso con una delle frecce d’Ercole, che ferivano sempre mortal
e per non rivedere i luoghi dov’era morto il suo amico ; e unitosi ad una schiera di Tessali andò a stabilirsi nella Calabr
ea, e non potè salvarlo dall’ impeto di Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Questa Dea, per punirlo di tanta audac
ava che Omero eternasse il suo nome, perchè l’ oracolo aveva predetto una morte certa al primo che ponesse piede sulla spia
cipe ritornava a Creta, carico delle spoglie troiane, quando lo colse una tempesta violentissima, e lo ridusse agli estremi
ra’ Greci, e com’ esso ardito, impetuoso ed invulnerabile, fuorchè in una parte del petto soltanto a lui nota. Cosi, quand
e Minerva (262), per punirlo della sua tracotanza, gli suscitò contro una furiosa burrasca mentr’ ei ritornava da Troja. Aj
riosità, apersero gli otri, e tosto si scatenarono i venti sollevando una furiosa tempesta che li respinse nuovamente in Si
di non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò andar via sopra una fragile zatta. A gran fatica Ulisse potè approdar
alza con fraterna benevolenza, e lo fa sedere ; i servi apparecchiano una tavola e la ricoprono di squisite vivande ; la se
i che fosse stato capace di tendere l’arco d’Ulisse, e di far passare una freccia a traverso molti anelli messi in fila. 58
rreva per sedarlo ; e senza esser visto dal figliuolo restò ucciso da una sua freccia avvelenata. Ma Dante, che lo trova al
dalla luna, Poich’entrati eravam nell’alto passo : Quando n’ apparve una montagna bruna Per la distanza, e parvemi alta ta
i nemici. Furono immaginate lettere finte, e fu posta nella sua tenda una somma di denaro per far credere che gli fosse sta
tta dei Greci, tornando dalla presa di Troja, fu assalita di notte da una furiosa tempesta, egli fece subito accendere molt
d’Ecuba (589), la quale essendo incinta di lui sognò d’aver nel seno una face che un giorno avrebbe incenerito l’impero tr
olendosi vendicare di non esservi stata invitata, comparve in mezzo a una nube, e lasciò cadere fra le Dee un pomo d’oro su
a ad un rapitore di donne. 603. Ferito a morte da Filotlete (546) con una freccia d’Ercole (368), Paride si fece recar subi
conosciuta quand’era pastore, e che aveva ricevuto in dono da Apollo una profonda cognizion delle piante medicinali. Quant
ruina di Priamo suo padre, di Paride e della città, la rinchiusero in una torre dove « verace sempre, e non creduta mai » c
ni più lacrimevol tragedia. 607. Questa catastrofe è rappresentata in una delle più belle sculture greche, divenuta ormai p
va seco rapita per consacrarla al suo culto. 610. Enea potè costruire una flotta di venti vascelli, e co’ Trojani sopravvis
suti all’ultima ruina della patria, andò errando pe’mari in traccia d’ una terra ospitale ; costeggiò la Tracia, la Grecia e
sempre inseguito dall’ira di Giunone (85), incorse, per causa sua, in una furiosa tempesta che lo gettò sulle coste dell’Af
re d’un paese vicino, tanto terreno quanto potesse contenerne in giro una pelle di bove tagliata a strisce ; e su questo sp
con la spada che aveva donato all’eroe. 613. Spinto nella Sicilia da una nuova tempesta, Enea vi celebrò i giuochi funebri
ace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve nel tempo di una battaglia, essendo stato rapito in cielo da Vener
Orione. 618. Giove (63), Nettuno (185) e Mercurio (262) andarono una volta ad alloggio in casa di un contadino della B
e a segno, e mirò tanto bene, che Orione rimase mortalmente ferito da una sua freccia. Ecco come sovente i capricci e le fo
di quella preferenza, e tentarono di rapirla per loro ; laonde nacque una zuffa, nella quale Meleagro, ferì a morte gli zii
II.) 633. Nonostante un oragano la trasportò nella Libia in vetta d’ una montagna, dove continuò a spargere lacrime, le qu
a, dove continuò a spargere lacrime, le quali si vedevano sgorgare da una rupe marmorea. — Nella galleria pubblica di Firen
; laonde Tereo infuriato chiese le armi ; ma le donne fuggirono sopra una nave che le aspettava, e si ricovrarono in Atene.
lione. 639. Pigmalione, celebre scultore dell’isola di Cipro, fece una statua tanto bella che ne divenne innamorato perd
sclamava, se è vero che la vostra possanza non abbia limiti, fate che una figura adorabile come questa diventi mia sposa. »
a nelle lor vene. Le strinse la mano, v’impresse un bacio…. Non è più una statua. Ella può vederlo, può udirlo, scende dal
r venire superata dagli uomini più veloci, dichiarò, per liberarsi da una folla importuna di pretendenti, che non voleva da
o. 645. Tisbe arrivò la prima sotto quel gelso, ma fu sorpresa da una leonessa che aveva le fauci lorde di sangue ; e s
ta destinata per moglie ; ed Ero per dirigerlo nel tragitto accendeva una face sulla cima della torre dove abitava. Nell’ a
re umano, ed ecco inondarsi tutta la superficie della terra, meno che una montagna della Beozia chiamata Parnaso (123). 649
è tessuta di prodigj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lungi da una casa campestre di suo padre ; e venuta la notte s
da una casa campestre di suo padre ; e venuta la notte si ricoverò in una caverna, ove dormì per cinquantasette anni di seg
del vero. Gl’ Indovini. 659. La predizione del futuro formava una scienza tutta fondata sulla superstizione, ed ave
ma Fino a Governo, dove cade in Po.135 Non molto ha corso, che trova una lama Nella qual si distende, e la ’mpaluda, E suo
i vantaggi e gl’inconvenienti d’ambedue i sessi, fu scelto giudice d’ una contesa insorta tra Giove (63) e Giunone (85) su
scose per non andarvi ; ma Erifile sua moglie, sedotta dal donativo d’ una collana, svelò a Polinice (505) il suo nascondigl
di Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città di quel nome in Italia, e fu la stessa che
ani consultavano nelle grandi calamità questi libri, i quali, essendo una raccolta delle predizioni delle Sibille, contenev
mana che dicevano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna avev
za della gioventù ; ma la figlia di Glauco ricusò questo dono, sicchè una malinconica e languida vecchiaja tenne dietro all
ncitore diventavano celebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana di quella che vien dai natali,
mescolate le lodi della città natia. Il XXIII canto d’Omero contiene una bella e compiuta descrizione dei primitivi giuoch
, volle che fosse pubblicato vincitore suo padre. Pindaro celebra con una bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. — Dia
atto d’ amor filiale. — Diagora di Rodi che si era fatto illustre con una vittoria riportata ai giuochi Olimpici, condusse
presso Lacedemone, trionfò due volte ; e i concittadini gli alzarono una statua. Un invidioso andava ogni notte a schernir
dioso andava ogni notte a schernirla e a frustarla ; sicchè alla fine una volta la statua gli cadde addosso e lo schiacciò.
uoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una mano un carro tirato da sci cavalli, banchettava
con una mano un carro tirato da sci cavalli, banchettava un giorno in una grotta coi suoi amici, quando ne cominciò a frana
e nella traduzione del Borghi, le quali sentenze saranno intanto come una conclusione della morale che si può ricavare dai
salto, il disco, la lotta e il pugillato ; e nella prima istituzione una corona d’apio cingeva le tempie dei vincitori. In
hanno il capo ricoperto di un elmo leggiero, a difesa delle tempie in una fortuita caduta. Ed ecco già suona la tromba ; al
te la ingannevole calma in repentini pericoli. Ora nondimeno dimostrò una maravigliosa equità : perchè, subitamente variand
sero così, che le otto teste delle due quadrighe sembrava che fossero una schiera sola, appartenente ad un sol carro. Si ca
ndottiero traboccò sul timone : ed intanto l’altro cocchio pendeva da una parte, trascinando nella polvère l’asse privo di
rgo d’acciajo, ornato di argento, sul petto di cui si vedeva scolpita una quadriga in oro, col motto : « È felice ogni affa
lo più volte a nome. Quand’ecco si udì susurrare e crescere alla fine una voce d’applauso ; ed apparve nello steccato il co
con impeto un breve manto in cui era involto, e si mostrò ignudo, con una fascia ai lombi, secondo è costume. Erano fosche
io ; e quasi si combaciavano le vicine sembianze, offrendo agli occhi una piacevole differenza il volto del giovine cosi le
i, impaziente della vittoria, incominciò a scuotere il garzone, or da una parte or dall’altra agitandolo, per istenderlo al
endo Il pro’ d’ Atene aurigator, le redini Stringe ad un tratto, e da una parte sbalza, Evitando de’ carri e de’ cavalli La
teorie dell’astronomia, se si prendono nove gradi del cielo, tanto da una parte quanto dall’altra dell’eclittica,142 per qu
littica,142 per quanto si stende la circonferenza di questa, ne nasce una zona o cintura o fascia, la quale fu chiamata zod
iove (63) e messo nel numero degli astri, ossivvero quello che indicò una sorgente a Bacco (146) allorchè questo Dio errava
emea (370) ucciso da Ercole. 682. La Vergine, la qual si dipinge con una spiga in mano, sta collocata framezzo alle ricolt
a caccia, ed è sotto la figura di Centauro (430) in atto di scagliare una freccia ; lo che potrebbe anche denotare la viole
foglie che principiano a verdeggiare. Ha seco un agnello od accarezza una pecora. L’ Estate è coronata di spighe e quasi nu
rezza una pecora. L’ Estate è coronata di spighe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta, e nell’altra un mazzo di spigh
pecora. L’ Estate è coronata di spighe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta, e nell’altra un mazzo di spighe già leg
enni ; e prezïosi Vasi accogliean le lagrime votive. Rapian gli amici una favilla al sole A illuminar la sotterranea notte,
a ; e chi sedea A libar latte e a raccontar sue pene Ai cari estinti, una fragranza intorno Sentia qual d’aura de’ beati El
ochi coi quali solevano celebrare la memoria degli eroi : …………. Essi una pira Cento piedi sublime in ogni lato Innalzàr pr
mmo, Di angoscia oppressi, collocàr l’estinto ; Poi davanti alla pira una gran torma Scuoiàr di pingui agnelle e di giovenc
il giorno Ch’io pur di Pluto alla magion discenda. Non vo’gli s’erga una superba tomba, Ma modesta. Potrete ampia e sublim
intenti Chi lo spogliò, chi lo lavò, chi l’unse. Poichè fu pianto, in una ricca bara Lo collocaro, e di purpuree vesti, De’
he e scelte, e di viu puro asperse ; Poi di sua mano acconciamente in una Di dorato metallo urna riposte. Lo stesso Corinéo
malcontenti indiscreti e desiderosi di mutar padrone, coi quali ordì una congiura, e, invitato Osiride ad un banchetto, gl
cosi 162 2°), era chiamato Api, e scelto di color nero, con in fronte una macchia bianca di forma quadra, una figura d’aqui
elto di color nero, con in fronte una macchia bianca di forma quadra, una figura d’aquila sul dorso, e a destra un altro se
he sole avevano il diritto di vederlo ; indi era condotto pel Nilo in una bellissima nave sino a Memfi, ed allo sbarco era
, e non già dalle lunghe piogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie di mitra, dalla quale spuntano due corna ;
o in un uomo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nell’altra. Il suo culto fu sem
o fu sempre associato a quello d’Iside e d’ Osiride. Anche Serapide è una delle principali divinità egiziane, ed aveva un m
n Cerere (51) o con Cibele. In certe medaglie antichissime ha in mano una nave per denotare i servigi da lei resi alla navi
o nella primavera gli Egiziani le dedicavano, come a regina dei mari, una bella nave costruita apposta ; e sulla vela erano
camminavano a piedi nudi o con sandali di scorza d’albero ; recavano una bisaccia sulle spalle ed un campanello in mano. O
di Parigi. Quei popoli credevano ch’ella fosse giunta fra loro sopra una nave, ed alcuni scrittori danno questa origine al
ni rappresentano Brama con quattro braccia e con quattro teste. Ha in una mano un circolo, emblema dell’immortalità, in un’
stesso tenore. 725. Gl’Indiani credono di più che Visnù debba subire una decima trasformazione, nella quale piglierà la fo
chi. 728. Lo adoravano sotto emblemi diversi, cioè, sotto la figura d’ una querce quando lo scongiuravano a comunicare la su
dei Druidi, al cospetto del popolo, saliva sull’albero, e segava con una falcetta d’oro quel vischio, il quale pel capo d’
eligione, ma tenevano anche le redini del governo temporale, formando una corporazione numerosa e prepotente, padrona assol
741. Odino aveva in Upsal un magnifico tempio col tetto contornato da una catena d’oro ; e un altro gliene fu eretto in Isl
ssare si abbassavan le montagne, colmavansi le valli, e se gli apriva una via per luoghi inaccessibili. Da lui furon creati
icchezze sotto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli e
l’anno 1 100 avanti l’Era Cristiana. Altri dicnno ch’egli perisse in una battaglia datagli dagli Ateniesi al tempo d’Erett
mento. Altri ropntano che il continente atlantico degli antichi fosse una parto della moderna America, dovo i molti vulcani
ei Giganti, suscitata da Tifeo per vendicara i Titani, e cho, sccoudo una più accurata investigazione cbbe per campo l’Ital
na più accurata investigazione cbbe per campo l’Italia, adombra forse una calsstrofo di fuoco particolaro a questo pseso, e
Trofonio, e andassero a cercarlo a Lebadia ove pronunziava oracoli in una caverna. Obbedirono, trovaron l’antro di. Trofoni
Grecia. Vi scendevano per angusta gola, iulerrogavano tenendo io mano una focaceia di miele, e ai senlivano trascinali con
ri feste in onore di questi Dci. L’altare d’Apollo a Delo pasaava per una delle msrsviglie del mondo, e lo credevano eretto
e capre che pascolavano sul monte Parnaso giunsero in un luogo ov’era una profonda caverna ; e respirando il vapore (gas) c
lzato un lempio ; e l’affluenza dei divoti crebbe tanto che ne nacque una città. L’oracolo sulle prime rispondeva in versi 
oarrano che Venere si raccomandò anche ad Apollo perchè le insegnasse una via a mederare il suo dolore ; e queste Dio le co
gli scaltri secerdoti sapevano come ripescarlo in modo da non perdere una sola moneta, e lacerimonia andava così. a fiuire
l’oliziano. » 37. Buccina Tritonis è così chiamata dai naturalisti una dolle più grosse conchiglie marine. 38. L’Arpia
. 42. Promontorio del Peloponneso nella Laconia. Alle sue falde era una caverna larga e profonda onde esalava un vapor ne
o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo di Campo di Marte ad una gran pianura consacrata o questo Dio e posta fuor
s navigazione ai lidi del Nuovo Mondo s’accorgesse dell’accostarsi ad una terra dagli olezzi dei fiori, portati sulla sua n
icelli. 64. Dalla parola penus o penetrale che significa l’interno d’ una magione. 65. Julo 66. Forse dal verbo geno, usa
altro non era in sostanza che un ricco tesoro portato da Frisso sopra una nave, che fu l’ ariete meraviglioso. 89. Alcuni
verosimile l’ opinione di coloro che credono la Chimera essere stata una montagna vulcanica della Licia, abitala da leoni
ti gli altri Dei. Aveva per stemms nello scudo uu uomo senz’armi, con una fiaccola accesa, e con queste parole scritte in o
ivisa. Ivi inoltre scolpite avea due bella Populuse città. Vedl nell’ una Conviti e nozze. Delle teda al chiaro Per le cont
uetta era formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso, ed aveva una certa molla nascosta per farla muovere come una m
Peloponneso, ed aveva una certa molla nascosta per farla muovere come una marionetta, cosa che ispirava molta venerazione n
i Tilo. Sul principiare del secolo XVI un certo de Frédis lo trovò in una volta solterranea, e lo vendè a papa Giulio II. O
città fabbricate aullo stretto dell’ Ellesponto, in riva al mare a l’ una rimpatto all’ altra, aono aeparate da un tratto d
prendere un viaggio, maritarai, costruire un palazzo, saper l’esito d’ una malattia ec. Giove a Dodona, in Libia ; Apollo a
to e simili altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vinceva c
tori si battevano co’ pugni talvolta armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in u
9 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
Monumento eroice, ed era un asilo. I Greci sopra i medesimi ergevano una colonna, i Romav’ inalzavano delle statue(a). Il
no delle statue(a). Il culto, che prestavasi agli Eroi, consisteva in una pompa funebre, al tempo della quale si celebrava
ietro alla prima giovenca, che avrebbe incontrato, ed ivi fabbricasse una città, ove quella si sarebbe fermata. Cadmo non m
e fermata. Cadmo non molto dopo si abbattè appresso la fonte Turia in una giovenca dell’armento di Pelagonte, la seguì sino
antica boscaglia. In un antro, posto nel mezzo di quella, v’avea purè una fontana. Là si avviarono i Fenicj ; e al loro rum
ti, ossia Seminati (b). L’anzidetta Dea avvertì allora Cadmo, che con una pietra nascostamente colpisse uno di coloro. Queg
si felice. La gloria d’aver ucciso l’orribile bestia, di aver fondato una cospicua città, e d’aver conseguito sì illustre s
del funesto vaticinio. Acrisio rinchiuse la sua figliuola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giove però, invaghitosi della
o, da lei partorito. Eglino vennero portati sulle spiaggie di Serifo, una delle Isole Cicladi(3). Un pescatore, dinome Ditt
servarono lo stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere di formarne una sementa nel fondo del mare(7). Perseo poi alzò tr
ezzo a Giove. Sacrificò nello stesso tempo un toro a Giove, a Pallade una giovenca, e a Mercurio un vitello. Si unì poscia
), Mestore(10), Alceo(11), Elettrione(12), e molti altri figliuoli, e una figlia, detta Gorgofone(13). Il fine di Perseo fu
are il loro valore (b). Essi furono detti Argonauti, perchè montarono una nave, detta Argo(8) dal nome di quello, che avoal
di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure additò la via di usc
ute aste si avventarono contro Giasone. L’Eroe scagliò nel mezzo loro una grossa pietra, per cui di tale furore si accesero
l Vello d’oro, in compagnia di Medea, la quale aveva seco portato via una parte de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lid
nti arieti. Come lo ebbe dinanzi a se, lo scannò, e poi la immerse in una caldaja, in cui eranvi mescolate certe erbe. Ne u
no sotto artifiziosa indifferenza, e spedì in dono alla novella spora una veste e una corona. Glauce, appenachè si pose ind
ifiziosa indifferenza, e spedì in dono alla novella spora una veste e una corona. Glauce, appenachè si pose indosso l’una,
lla spora una veste e una corona. Glauce, appenachè si pose indosso l’ una , e cinse dell’ altra la fronte, videsi tutta circ
Giasone le fosse stato infedele(26). Giasone poi, dopa aver condotto una vita errante, mentre si riposava sulla spiaggia d
a partorisse il bambino, che portava nel seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ Alcmena, s’avvide di ciò, che la D
ime si cangiarono in un ammasso di stelle, le quali formano nel Cielo una zona, chiamata Via lattea (c) (4). Altri soggiung
tro la sua caverna, la quale aveva due aperture. Dopo d’averne chiusa una , v’entrò per l’altra, si avventò contro la bestia
mezzo d’un araldo, chiamato Copreo. Dicesi, ch’ Ercole siasi formata una veste della pelle di quel leone, la quale a guisa
er dimostrare il suo rispetto vero sì celebre ospite, voleva immolare una vittima a di lui onore. Ercole lo persuase di dif
derli, e parte ne trucidò, parte ne mise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la
arte ne mise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo
ise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia, la quale egli trasse dal corpo d’uno deg
i estinti suoi compagni. Ercole lo onorò con magnifici funerali sopra una montagna, che poscia si chiamò Foloc(b). Era pari
i animali colla clava, per cui acquistò il nome d’ Ippottono Alzò poi una tomba al predetto giovine, e appresso della medes
poi una tomba al predetto giovine, e appresso della medesima fabbricò una città, che dal nome di lui appellò Abdera(a) (8).
ne ricercò le Ninfe, le quali abitavano appresso il fiume Eridano in una spelonca. Elleno lo inviarono a Nereo, da cui ne
erò l’ Egitto da Poligono e. Telegono, fratelli, nati da Proteo, e da una Ninfa, detta Coronide. Queglino, soggiornando in
di nome Siface, il quale divenne re della Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome di sua moglie(c)
ntonino Liberale(e) e Ovidio(f) dicono, che coloro erano governati da una donna, la quale, per essersi creduta superinore i
di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò contro di quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo caricarono
nò ad essi, e li uccise col padre loro. Per tale motivo offerì poscia una capra in sacrifizio a Giunone. Tale ceremonia si
sse giumo opportunamente Ercole a alvargli la vita. Questo Eroe prese una falce, trono il capo a quel tiranno, liberò Piple
e, ma anche perchè avea bisogno del di lui ajuto. Quel Principe aveva una figlia, detta dagli uni Mnesimaca, e Ippolita dag
a grandezza, e avea tre bocche, dalle quali mandava fuoco. Abitava in una caverna sul monte Aventino, donde frequentemente
o fratello. Fu perciò, dicono, annoverata tralle Dee, ed ebbe in Roma una Capelletta, ove le Vestali le offerivano de’ sacr
ei. Per vendicarsi delle persecuzioni di Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la lasciò ferita nel seno. Molestato d
tro, di lui il suo arco. Il Sole ammirò tanto coraggio, e lo regalò d’ una tazza d’oro. Ercole lottò ne’Giuochi Olimpici con
cere, si rallegiô col figlio pel di lui valore. Ercole per ultimo con una freccia offese Plutone, che fu costretto di salir
nse che ad Ercole sieno apparsi la virtù e il Piacere, e che mentre l’ una e l’altro volevano trarlo a se, egli scelse di se
e d’Ogmio. Fu poeta e musico ; e quindi rappresentavasi colla lira in una mano, mentre coll’altra stava appoggiato sulla cl
dalle quali si rilevavano le risposte del Nume (d). Era stata rubata una pesantissima tazza d’oro nel tempio d’Ercole. Que
in Eritrea, citta dell’ Arcadia. Ivi la di lui statua era posta sopra una zattera, perchè gli Eritrei pretendevano, che que
che se le donne si fossero tagliati i capelli, e ne avessero formata una fune, conquesta si sarebbe tratta la zattera senz
e figlie ad Ercole, dopo d’averlo ubbriacato in un convito. L’Eroe in una sola notte rendette ciascuna madre d’un figlio, e
sene dall’ Inferno, si cre ette ch’ egli fosse morto ; e però insorse una sollevazione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio
jutato Ercole a vincere le Amazoni, e avendone ricevuto in ricompensa una città, la avea denominata Eraclea per onorare il
do, che quegli fosse Euristeo, coll’ arco lo inseguì. Fu rinchiuso in una stanza, ed ei ne spezzò le porte, che diceva esse
esse impedito(23). Finalmente caduto in profondo sonno, fu legato, ad una colonna. Dopo alquanto di tempo si destò, guarito
tava di rapirla. L’Eroe tese tosto l’arco, scaricò contro il Centauro una freccia, tinta del veleno dell’ Idra di Lerna, e
e Ercole non fosse stato abbastanza punito, lo afflissero inoltre con una malattia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si por
e la pelle di leone, lo vestì in abito donnesco ; e postagli in mano una conocchia, gl’ impose pene obbrobriose, qualora n
il fuso (a). Narrasi, che Ercole, viaggiando con Onfale, si ritirò in una grotta. Colei aveva anche là coperto l’Eroe de su
vide egli Lica, il quale pallido e tremante stava nascosto nel cavo d’ una spelonca. Allora sciolo improvvisamente il freno
a medesima, nè mangiare cosa alcuna ivi posta : e ciò in pena d’avere una donna ricusato di somministrare dell’ acqua ad Er
ta la barba e i capelli. Queglino portavano allora al tempio d’Ercole una misura di vino, ne facevano delle libazioni, e ne
acrifizio eravi un doppio spettacolo di giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto, e un trepiede di bronzo (e). Il
secrato a questo Eroe, e dove v’avea un pilastro tutto di smeraldo, e una sedia di pietra preziosa (f). Il Fabretti rapport
ra, separò le due montagne, Calpe ed Abila, e sopra cadauna vi piantò una colonna, per ricordare a’ posteri il termine dell
o a quella tomba Miscelo alzò, come l’Eroe avea vaticinato, le mura d’ una nuova città, e la chiamò Crotone (a) (37). Tra i
l’ altare di Giove un toro indomito, che faceva un orribile guasto in una vicina foresta. Fillio, prima di tentare l’arduo
o due tori, i quali, dopo d’aver lungo tempo contrastato tra loro per una giovenca, erano caduti a terra semivivi. Incoragg
recce. Talvolta comparisce col cornucopio sotto il braccio (b). Cinge una corona di pioppo, perchè viaggiando pel regno di
eduto figlio di Vulcano(2), e soprannominato Corinete, perchè portava una clava, detta in greco corine (3), con cui uccidev
gran forza curvati, affinchè al raddcizzarsi di essi, traessero seco una parte del corpo, squarciato in due. Teseo fece so
Teseo era uno straniero, venuto ad usurpargli il dominio ; e composta una venefica bevanda, volle che il Re stesso ne porge
). Pallante, e i di lui figliuoli come riconobbero Teseo, suscitarono una congiura contro Egeo. La rea trama fu scoperta, e
lfo, che gli commise di prendersi Venere per guida, e di sacrificarle una capra in riva al mare. Così egli fece, e la Dea t
suo vascello, e in particolare delle fave. Mise il tutto a cuocere in una pentola, e lo mangiò co’suoi compagni. Ciò fu imi
crifizio ad Apollo. Alcune giovanette facevano poi intorno all’altare una danza, in cui rappresentavano gl’intricati giri d
di tali Feste non era permesso il punire reo alcuno (b). La Grue era una danza, che ogni anno facevasi dalle giovani Ateni
ne dal padre suo di spiegare al suo ritorno, se mai poteva riuscirvi, una vela bianca, mentri le vele del naviglio, su cui
abitanti de’Borghi vicini, i quali sino a quel tempo aveano condotto una vita selvaggia, e agli stranieri conferì gli stes
amia(g), e Plutarco Deidamia(h). Al convito nuziale, apparecchiato in una grotta, cinta di piante, furono invitati i Centau
cosse a Teseo le guance e il petto. Irritato l’ Eros Ateniese, pigliò una tazza ben grande e scabra per un rilievò d’ intag
o, e le orecchie. A vendicarlo si fece innanzi Farco, che, scavato da una rupe un macigno, tentò di scaricarlo sopra Teseo 
uel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa nel tempio di Diana Orzia(b). Fu allora, ch
preso da invilia di sì grande personaggio, lo precipitò dall’ alto d’ una rupe(a). Gli Ateniesi dopo molti secoli onorarono
e lo splendore. Riparò le fortificazioni della Capitale, e v’aggiunse una Cittadella, detta Pergamo. Fabbricò un magnifico
detta Pergamo. Fabbricò un magnifico palagio, e v’eresse un altare e una statua a Giove, soprannominato Erceo. Tutto era g
Paride, di cui diffusamente ne parleremo anche quanto prima, allestì una flotta di venti vascelli(13) per andarsene in Gre
cudo di lui. Il Greco allora si scagliò sopra l’infelice vecchio, con una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra imme
ove restò confuso tralla moltitudine degli altri estinti (b). Secondo una Tradizione, riferita da Servio, Pirro trasse Pria
ori della di lui Reggia, gli recise la testa, la ripose sulla punta d’ una picca, e la fece portare in giro per tutta la cit
oi concittadini (b) (1). Questo Eroe trovò alla porta del Greco campo una pietra sì grande, che due de’ più robusti uomini
v’acconsentì(c). In quella circostanza Achille accordò pure a Priamo una tregua di dodici giorni, onde potesse rendere al
si celebrarono dei Giuochi funebri(7). Andromaca pure gli fece ergere una magnifica tomba in Epiro, dove la avea condotta N
sua pattia. Ecuba, rimasta di lui incinta, sognò che aveva partorito una faccola, la quale poi arse tutta Troja. Gl’ Indov
lo ; ma ogni rimedio fu inutile, perchè la freccia, che lò colpì, era una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel
incipe Trojano, nacque da Venere e da Anchise(a) (1). Fu allattato da una certa Caieta, la quale diede poi il suo nome ad u
. Fu allattato da una certa Caieta, la quale diede poi il suo nome ad una città, dove fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combatt
onte Ida, poco distante dalla città(7), formò ivi co’ suoi seguaci(8) una flotta di venti navi per fuggire(a) (9). Si trasf
ì nella Tracia appresso Polinnestore, e v’intraprese la fondazione di una citta. Volendo prima offerire sulla spiaggia agli
o del Cretese Scamandro, aveva dato l’origine a’ Trojani. Là fabbricò una città, cui diede il nome di Pergamo. Poco dopo so
cilia ; che sarebbe disceso nell’Inferno ; e che dove avrebbe trovato una scrofa con trenta figliuoli, avrebbe fabbricato u
e avrebbe trovato una scrofa con trenta figliuoli, avrebbe fabbricato una città. Eleno pose fine alle predizioni, consire l
o giugnessero in Italia. Per riuscirvi chiese ad Eolo, che suscitasse una tempesta. Così fu ; e le navi di Enea vennero spi
à era per giungervi moltitudine di forestieri. Da un altare uscì pure una fiamma, che cinse il capo di Lavinia, e poi si sp
re stava coricato sulle pelli delle sacrificate vittime, udì in sogno una voce, la quale lo avveriva, che sarebbe arrivato
sò Lavinia, dopo la morte di Latino salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi e
egli accolse Anna, sorella di Didone, la quale eravi stata portata da una burrasca, mentre fuggiva dalle persecuzioni di Pi
lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva di quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete gli si r
fu estratto il corpo, quelle acque così si diminuirono, che divennero una fontana(g). Agamenonne. Agamenonne, figliu
subito Agamenonne spiegare le vele alla volta della nemica città ; ma una calma nojosissima lo andava tenendo invece sulle
eniva, perchè Diana era sdegnata con Agamenonne, il quale avea ucciso una cerva, a lei consecrata. Proseguì Calcante a prot
obe, la trasportò nella Taurica Chersoneso, e in di lei mogo sostituì una cerva (b) (17). Cessò allora la calma ; e Agameno
Regno(23). Colei, mal comportando il ritorno del marito, gli presentò una veste nel momento, in cui usciva del bagno. Le di
asciarono lo scettro a que’di Cheronea. Questi popoli lo tennero come una Divinità, gli offerirono sacrifizj, e preteseto c
i Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato una sorella di Agamennone, chiamata Anasibia (a). App
isto nel tempio d’ Apollo, mentr’egli stava esaminando le interiora d’ una giovenca, che avea sacrificato. Lo stesso Poeta s
salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento di recare una lettera in Argo. Allora fu, che nacque generosa g
regno di Spasta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che sia morto d’ una puntura di serpente, mentre viaggiava per l’ Arca
scurato di sacrificare a Giove e alle Divinità del mare per ottenerne una prospera navigazione. Per tutto quel tempo i vent
dette Menelee, e gli si tribucavano altri onori, come se fosse stato una delle supreme Divinità. Non altrimenti fu nel med
doni(d) (4), e da Menescio, suo parente(5), a cui diede il comando di una parte de’Tessali. Affidò pure il comando di altri
sfece Strambelo figlio di Telamone. Dopo tale fatto l’Eroe si lavò in una fontana, la quale trovavasi in Mileto, e fu poi c
all’Eroe il prenderla ; e già era per desistere dall’impresa, quando una giovine di quella città, la quale avea preso ad a
Achille, e che pregò Apollo a prenderne vendetta. Il Nume, velatosi d’ una nuvola, si manifestò a Paride, ed eccitollo a vol
i mai volare alcun uccello(b). Essa finalmente ci vien descritta come una spezie di Campi Elisj, ove soggiornavano molti Er
lui, portò al Greco campo moltissimo grano. Ulisse allora contraffece una lettera di Priamo, in cui quel re ringraziava Pal
gran quantità de’ di lui compagni(a). Ulisse poco tempo dopo sofferì una nuova burrasca, per cui videsi trasportato a quel
are quell’abitazione, Polifemo vi ritornò, e ne chiuse l’ingresso con una pietra, la quale non si sarebbe potuto smuovere d
evanda, finchè ne rimase ubbriaco. Avea trovato Ulisse in quell’antro una mazza d’ulivo, lunga, e grossa, come un albero di
Ciclope allora all’udire Ulisse, che da lungi lo beffeggiava, svelse una cima di monte ; e rabbiosamente scagliatala contr
inalmente all’isola d’Eolo, ne ottenne rinchiusi in un otre, ossia in una pelle di capro, i venti Boreali, acciocchè essi n
bo. Vicino alla città di coloro si abbatterono i compagni d’Ulisse in una giovine, che andava ad attignere acqua alla fonta
mente corrispose al saluto de’Greci, ma nello stesso tempo porse loro una bevanda, che li cangiò in porci. Uno solo di loro
esponeva, e gli diede un antidoto contro gl’incanti di Circe. Esso fu una pianta, che aveva nera la radice, e bianchi i fio
compagni, Euriloco e Perimede, si recò al Regno di Plutone. Ivi scavò una fossa, vi fece delle libazioni, e svenò un nero a
vi scavò una fossa, vi fece delle libazioni, e svenò un nero ariete e una pecora. V’accorsero tutte le ombre per bere il sa
te a’loro navigli, e spiegarono le vele a’venti. Giove suscitò allora una fiera burrasca, per cui la loro nave fu ridotta i
il timone. Ulisse a tanta sciagura oppose un’invincibile costanza, e una presenza d’animo molto soprendente. Leucotea, fig
o stato deplorabile, a cui il Greco era ridotto. Ella gli somministrò una fascia, colla quale l’infelice si sostenne sulle
ro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una panchetta nell’ultima diritta spalla. Se ne quere
ece ; e fu allora, che lo riconobbe da certa cicatrice, rimastagli da una ferita, ch’egli aveva ricevuto, quando andò alla
arsene ad Itaca, ed ivi farsi riconoscere da Ulisse. Venne gettato da una burrasca sulle coste di quell’Isola, di cui ne ig
si fece a respingernelo, e Telegono senza conoscerlo lo trafisse con una lancia(e). Ditti Cretese disse, che ciò avvenne a
ono, che reciprocamente si fecero dei regali. Ajace ricevette in dono una spada, ed Ettore un pendaglio(g). L’Eroe finalmen
ce si accese di tanta collera, che divenne furioso. Si avventò contro una greggia di pecore, credendo ch’essa fosse coloro,
) (4). Altri dicono, che Ajace, combattendo contro Paride, ne riportò una ferita, per cui poco dopo morì(c). La terra, imbe
e due prime lettere del di lui nome A I(d). I Greci alzarono ad Ajace una magnifica tomba sul monte Reteo(e) (5). Questo Er
o(e) (5). Questo Eroe ebbe inoltre nell’ isola di Salamina un tempio, una statua d’ebano, e certe Feste, dette Ajanzie, nel
no tanto solleciti di tramandare a posteri la memoria d’Ajace, che ad una delle loro Tribù imposero il nome di Ajantide(a).
appresso la città di Terapne nella Laconia. A lui era pur consecrata una fontana, detta Polideuces ossia la fontana di Pol
ovani, che d’ordinario starmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta di quella(c) (7). Panormo e Go
inio, che tutto il paese, il quale era al di là dell’Istmo, e formava una parte considerabile della Grecia, dal nome di lui
pia. Si aggiunge, che quell’ Eroe gli sacrificò un montone nero sopra una fossa, e che i Magistrati si recavano nel medesim
Ismene(a). Fencide, citato dallo Scoliaste di Euripide(b), dà a Edipo una terza figlia, di nome Giocasta(3). Edipo non goda
in Atene, dove Teseo cortesemente lo accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di pietra, si spogliò delle sue vesti, si p
quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statua in Delfo(d). Capaneo avea sposato Evadne,
, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol avesse tradito. Anch’egli perci
Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il
li nuovamente dormisse nel tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fontana, sacra allo stesso Anfiarao, e da cui, cr
riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ; ed una moneta d’oro o d’argento gettavasi in essa de chi
da Licurgo, re di Nemea. Le ricercarono, ove avrebbono potuto trovare una sorgente d’acqua. Ella stessa volle guidarli alla
questo viene sempre da quella combattuto. La Virtù parimenti stringe una corona d’alloro, o una palma, perchè l’uno e l’al
quella combattuto. La Virtù parimenti stringe una corona d’alloro, o una palma, perchè l’uno e l’altra, in quanto che semp
, simbolo della quale è la luce. Quindi la Prudenza ha nella sinistra una face. Davansi a questa Dea anche due faccie, coll
ede in mano a tale Divinità un libro. Sopra di questo sta riposandosi una , Civetta, animale, il quale abbiamo detto essere
de’quali bene spesso se ne serve per apparire qual’è. Ha ella in mano una Pernice, perchè anche questo animale è fornito di
uesto animale ama le grandi, e sdegna le vili azioni. La Fortezza con una mano si appoggia sull’estremità d’una colonna, e
le vili azioni. La Fortezza con una mano si appoggia sull’estremità d’ una colonna, e coll’altra tiene un ramo di rovere, pe
. Ha la Speranza appresso di se un’ancora. Vedesi anche appoggiata ad una colonna. Talvolta tiene in mano delle spighe, e d
egrità di tutte le sue operazioni(a). La Giustizia secondo Igino ebbe una figliuola, vindice acertima delle scelleraggini,
e fatte a’ loro sepolcri(e). La Giustizia si fa vedere in piedi sopra una pietra quadrata, la quale, essendo perfettamente
e altresì di terribile guardatura, colla bilancia nella destra, e con una spada nella sinistra : simboli, co’ quali si fa i
inzio e di Attilio dal Decemviro M. Attilio Glabrione. Là per mezzo d’ una tavola si ricordava la bella azione di pietà che
er mezzo d’una tavola si ricordava la bella azione di pietà che operò una figlia verso sua madre. Valerio Massimo(a) la rac
erò una figlia verso sua madre. Valerio Massimo(a) la racconta così : una donna, convinta di capitale delitto, era stata co
tabilì di lasciarla piuttosto morire di fame. Egli permise altresì ad una figliuola di colei l’ingresso nella prigione ; ma
enissero alimentate dal pubblico erario. Notisi, che Fesso in vece di una madre nomina un padre(a). Tale Tradizione fu segu
to Cimone da Valerio Massimo(b), e Micone da Igino(c). Tiene la Pietà una mano sul proprio cuore, perchè ella si fa conosce
Plebea, ossia del Popolo. Diede occasione a tale distinzione di nomi una contesa, ch’ebbe la predetta Virginia colle Dime
de nozze, e consideravano la moltiplicità de’ matrimonj, contratti da una stessa persona, come un’impudicizia, tollerata da
elli che beneficano, quelli che contraccambiano, e quelli che fanno l’ una e l’altra cosa. Le introcciate mani poi delle med
quello, a di cui favore viene fatta. Questa Divinità stringe inoltre una catena d’oro, per simboleggiare il dolce legame d
attore. V’è appresso di lei un’aquila, la quale, avendo fatto preda d’ una Lepre, la tine sotto gli artigli, e lascia, che s
n incendio al tempo dell’Imperatore Comodo(c). La Pace finalmente era una delle cinque Deità, dette Appiadi, perchè i loro
rta seco la maggiore felicità deglì Stati ; perciò questa ha in dosso una bianca veste. Nella destra tiene un ramo d’ulivo,
to di quell’albero caratterizza la dolcezza, che nasce dalla pace : e una corona, o un ramo d’ulivo faceva riconoscere a’ G
indizio della medesima. Talora questa Dea è in atto d’abbruciare con una face un mucchio d’armi, per esprimere, ch’ella es
ire, e le inimicizie. Colla sinistra tiene lègati insieme un leone e una pecora. Questi sono due animali, di natura affatt
ntimenti dell’animo, quali essi internamente sono. Colla destra tiene una candida colomba, e colla sinistra porge in atto g
ario più giovevole effetto dalla riprensione. La medesima virtù cinge una ghirlanda d’assenzio sulla fronte. L’assenzio è p
uni amara, ma loro giova, qualora è attesa. La Riprensione ha in mano una lingua, nella ; di oui cima v’ è un occhio. Quell
dinotare la sincerità di questa virtù(a). La Fede tiene colla destra una chiave, simbolo della secretezza, la quale il più
viene rappresentata per mezzo di due figurine, che si danno la mano l’ una coll’ altra, per indicare l’unione delle genti, c
delle genti, che reciprocamente si serbano fedeli. Talora ha in mano una tortorella ; tal’ altra sta a’suoi piedi un cane.
ra ha in mano una tortorella ; tal’ altra sta a’suoi piedi un cane. L’ una e l’altro sono animali fedelissimi. Umiltà.
e, che si forma l’umile, della bassezza de’ proprj meriti. Ha in mano una palla, perchè siccome questa, quanto più è percos
a se si abbassa. La medesima Virtù vedesi anche in atto di conculcare una corona d’oro, per far conoscere, ch’ella niente c
esciuto nell’ età, uccide il proprio padre. L’Empietà stringe altresì una face, e la rivoglie ad abbruciare un Pellicano co
riflette poi mai alle sue imperfezioni. Esso finalmente sta appresso una fonte, da cui scaturiscono moltissimi fiumi, perc
Lusso atterra magnifici palagi. Affettazione. L’Affettazione é una caricata espressione in qualsivoglia azione. Ques
è è questa l’età, che più d’ogni altra lo coltiva. Tiene nella destra una maschera, perchè l’Affettato s’allontana da ciò,
so chi sfaccendato e maligno ; e immaginandosi, che quest’ aura fosse una Ninfa, corse ad avvisarne Procride. Costei, sopra
e a rinfrescarlo. Al proferire il nome d’aura udì, o parvegli d’udire una voce come di persona, che piangeva ; ma non ne fe
attenevasi conun giovine, di nome Pteleone, il quale le avea regalata una corona d’oro per ottenerne corrispondenza(b). Un
lorioso presto langue e si annienta. La Vanagloria tiene colla destra una tromba, perchè chi è dominato da siffatta passion
sto Vizio finalmente stringe nella sinistra un filo, con cui è legata una Vespa. Questa è un insetto, che manda un suono mo
si moltiplica in mano di lui le ricchezze. Questo vizio tiene stretta una borsa, e sempre la guarda con tutta attenzione. G
osì il maligno non cessa mai di nuocere ad altrui. La Malignità tiene una Coturnice in mano. Quell’animale è di sì pessima
re cangiante, con un mantice nella destra per accendere il fuoco, con una corda nella sinistra, e con un Camaleorite appres
eorite appresso di se. Altri ce la danno a divedere con due faccie, l’ una di bella giovine, e l’altra di macilente vecchia.
e lingue indicano anch’esse il continuo ciarlare. In cima del capo ha una Rondine, la quale, come la Cicala, sta in atto di
ale, come la Cicala, sta in atto di cantare. Finalmente tiene in mano una Cornacchia. Questo uccello perdette la grazia di
sto Vizio facilmente fa perdere il lume della ragione. Ha per cimiero una testa d’Orso, da cui escono fiamme e fumo. L’Orso
lore, indivisibile compagno di questo Vizio. Ha ad un lato un legno e una veste. In quello si genera il Tarlo, in questa la
che dà ad intendere che l’Ozioso conduce vita abbietta. E’ vestito d’ una pelle di Porco, ch’ è animale di somma viltà e da
rgono coloro, che sono sopraffatti da questo Vizio. Ha appresso di se una Volpe, animale, che qualorà gira per qualche palu
simboleggiare le speranze, continuo pascolo di chi giuoca. In capo ha una mezza luna e un oriuolo. Quella risveglia l’incos
lo più fondato sulla sorte. Viene finalmente da quella agirato sopra una ruota, sotto di cui v’è un precipizio. Questo esp
che Lucullo, ritornato dalla guerra contro Mitridate, volle scolpire una statua della Felicità, e ne commise il lavoro ad
e il caduceo nella destra ; oppuré due Cornucopj, che s’incrociano, e una spiga dritta nel mezzo di quelli. Il cornucopio e
a’ piedi un Cornucopiò, abbondante d’oro e d’argento, sopra cui evvi una Nottola. Appresso di se ha una colonna. Il comico
ante d’oro e d’argento, sopra cui evvi una Nottola. Appresso di se ha una colonna. Il comico Aristofane vorrebbe, che la Ri
ali, come sono ingiallite, sono an he ridotte a maturità, e divengono una delle principali sorgenti dell’ Abbondanza. Colla
norò, dopochè si sottrasse alla tirannia de’ Re. Vi si stabilì allora una Feota, detta Regifugio, o le Fugali. Una delle ce
Libertà, che credetto rinascere appresso di se. Questa Deità tiene in una mano un pileo, perchè i Romani, quando concedevan
lo innanzi dovevano averlo sempre nudo. Ella stringe nell’ altra mano una picca, o una bacchetta, perchè i padroni nel dona
vevano averlo sempre nudo. Ella stringe nell’ altra mano una picca, o una bacchetta, perchè i padroni nel donare a’ servi l
chè i padroni nel donare a’ servi la libertà, solevano toccarli coll’ una o coll’altra. Allgrezza. L’Allgrezza è cont
de’ tempj nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla destra una tazza di vino, perchè questo ha la virtù di ralle
potevano consultare le Sorti. Nel Campidoglio v’ aveano due Statue, l’ una delle quali rappresentava la Buona Fortuna, e l’a
alche cosa. Vedesi Egli in età giovanile, e in mezzo alle tenebre. In una mano ha un bastone, e nell’altra una face. E’ gio
ile, e in mezzo alle tenebre. In una mano ha un bastone, e nell’altra una face. E’ giovanetto, perchè in questa età spezial
nificano la fuga, cui bene spesso si danno i timidi. Gli sta appresso una Lepre, animale di suà natura timidissimo. Ind
d’ Europa Taso, figlio di Nettuno, il quale poi si fermò a fabbricare una città nell’ Isola, detta dal’nome di lui Taso, su
norarono di tempj, altari, e sacerdoti(d). Ella inoltre ebbe in Creta una fesea, detta Ellozia. Si portavano allora solenne
detta Ellozia. Si portavano allora solennemente le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era di d
nso gli conferì la prerogativa di presagire il futuro, e gli concesse una vita sette volte più lunga, che quella degli altr
no fra loro(a). Ritornando a Tiresia, dicesi, che vi fosse in Arcadia una fontana, detta Telfussa, o Tilfossa, la di cui ac
tiranno d’Argo, che regnò molti secoli dopo Perseo(a). (2). Secondo una tradizione, riferita da Apollodoro(b), non Giove,
egaso nacque anche Crisaore, così detto, perchè comparve al mondo con una spada d’oro in mano(c). Igino però fa nascere Cri
il nemico d’ Ercole, come vedremo (i). (10). Mestore ebbe in moglie una figlia di Pelope, detta Lisidice, che partorì Ipp
(12). Elettrione regnò in Micene, sposò Anasso, sua nipote, e n’ebbe una figlia, di nome Alcmena. Costretto a guerreggiare
, tolte a’ nemici. Anfitrione gli andò incontro ; e volendo arrestare una giovenca, ch’erasi allontanata dalle altre, testè
. Hofman. Lex. Univ. (1). La madre di Giasone secondo Apollodoro fu una figlia di Autolico, chianata Polimede(a), o Polif
ì in matrimonio con Nefele, da cui ebbe un maschio, di nome Frisso, e una femmina, detta Elle(h). Questi due si dissero anc
elle di quello si chiamò Tosone, o Vello d’oro, e che venne appesa ad una pianta nel bosco, sacro a Marte(a). Dopo tutto ci
considerata sacra e fatidica perchè la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o dal
più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso di navigare con una , che ne conteneva cinquanta, detta perciò anche P
Ionia, dove sposò la figlia del fiume Meandro(h). (11). Linceo aveva una vista sì acuta, che vedeva nel fondo del mare, e
(d).Ritornando da Colco, mori per un morso di serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del mare, e poi gli Africani gli
non vedendosene corrisposta, ordinò che quello fosse fatto morire in una carcere. Testore fu incaricato d’ eseguire il tru
(c). (d). Ovid. Epist. 6. (e). Apollon. l. I. (19). Cizico sposò una figlia di Merope, nativo di Percote, per nome Cli
ece dall’ Eroe Tomo. Strabone dice, che la predetta strage avvenne in una delle Isole del mare Adriatico, dette poi Absirti
(25). Vuolsi da alcuni, che Medea abbia spedito a Creusa solamente una corona, piena di veleni, di cui essendosene Creus
damante, figlio di Nicia, e famoso Atleta della Tessaglia. Avea colui una statura gigantesca, una forza, un coraggio, una d
, e famoso Atleta della Tessaglia. Avea colui una statura gigantesca, una forza, un coraggio, una destrezza straordinaria.
Tessaglia. Avea colui una statura gigantesca, una forza, un coraggio, una destrezza straordinaria. Numerosi Leoni eranvi ne
iede, per cui lo aveva afferrato. Dicesi anche, che questo Atleta con una sola mano arrestò in un momento un carro, che, ti
amante li uccise tutti con un solo pugno. Egli finalmente, entrato in una grotta con alquanti amici per salvarsi dalla temp
ase sepolto sotto le rovine della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua nel bosco sacro di Giove Olimpico (a). (a
in Ibio. (8). Altri dicono, che la città di Abdera fu fabbricata da una sorella di Diomede, che le impose il proprio nome
ol. l. 2. (e). Paus. l. 9. (12). Plutarco dice, che Calcodone ebbe una Cappella nella città d’Atene(h). Non si sa, se eg
di quello, che fu padre di Elefenore, e restò ucciso da Anfitrione in una guerra, ch’ebbero i Tebani contro gli Eubei, de’q
sto solo di sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’ebbe una figlia, di nome Policaste, e sette figliuoli, chi
ne. Egli mentre conduceva i buoi di quello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e morì. I di lui compagni lo trasportarono
dosi alle rive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la sollevò con una spezie di turbine oltre le cime de’monti, e final
li amori di Borea. Il Poeta Cleante narra, che questo Vento amò anche una figlia d’Arcturo, di nome Clori, e la trasportò s
ingordigia dagli Antichi fosse tenuta in pregio, giacchè ne formarono una Divinità, cui veneravano sotto il nome di Adefagi
colei avea corrisposto all’amore d’Acheloo, la precipitò dall’alto di una rupe. Ella era per partorire. Il suo amante, trov
esi, che Apollo avesse rapita ad Ila l’anzidetta giovine nel tempo di una festa ; che Ida, armato d’arco, avesse inseguito
polemj. Uomini e donne vi concorrevano, e il premio del vincitore era una corona di pioppo(b). (a). Potter. Archacol. Gra
gli Achei, avendo ricevuto ordine dall’Oracolo di andare a stabilire una colonia, spedirono allo stesso Oracolo Miscelo pe
illio non sapeva come riuscirvi, ma avendo trovati alcuni rimasugli d’ una lepre, che poco tempo innanzi era stata divorata
ggere al dolore, concepito per la perdita del figlio, si precipitò da una rupe, e delle lagrime, ch’ella avea versato, si f
i madre, per occultare la nascita, lo espose, tostochè lo partorì, in una foresta, dopo d’averlo coperto d’una parte della
espose, tostochè lo partorì, in una foresta, dopo d’averlo coperto d’ una parte della sua veste. Là il bambino venne allatt
ilo quelle di mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dando alle una e alle altre certa piegatura, onde rassomigliasse
aveano trapassate varie Isole, quando Icaro, trasportato dal genio d’ una carriera del tutto nuova, abbandonò il padre, e s
Egli la sposò, e le impose il nome di Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e che d
ovani Ateniesi, che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’ era una bellissima di nome Peribea. Minos tostochè la vid
e di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono strepitos
ita in quell’ Isola da un Sacerdote di Bacco (d). In Nasso si celebrò una Festa, detta Ariannea, la quale non inspirava che
ica delle spoglie, che aveva ripotate dall’ Asia, allorchè seguita da una potente armata, disfece gli eserciti di Laomedont
nell’ Erebo. Grineo, che stava vicino al truciduto compagno, schiantò una delle are fumanti ; e scagliatala tralla folla de
ue dalla ferita. Caraso si studiava di smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia di porta, si provò di scagliarla a
due Lapiti, mihacciavi lo stesso a Driante ; ma colpito nel collo da una pertica abbrustolita, grondante di sangue si pose
i un’ Orsa, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e teneva egli in mano una tazza di vino. Lo vide appena Forbante, che, vibr
rboruto Petreo faceva con ambe le braccia ogni sforzo per ischian are una quercia, piena di ghiande. Vi sopraggiunse il val
quercia, piena di ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e con una lancia gli rrapassô le coste. Colpiti ugualmente
con un colpo di stanga, datogli nel petto. Cimelo poi restò ferito da una freccia nell’inguinaglia. Sotto il ferro di Mopso
ere, nè avesse alcuna notizia di lui. Ovidio fa, che colei gli scriva una lettera, in cui lo rimprovera della sua indiffere
. Fillide alfine disperata s’impiceò(a). I di lei parenti le alzarono una tomba, su cui nacquero degli alberi, le foglie de
o delle lagrime per la perdita della predetta Principessa(b). Secondo una Tradizione gli Dei cangiarono Fillide in mandarlo
sse l’eccidio di Troja per mezzo della Litomanzia, ossia coll’ajuto d’ una certa gemma, che di notte si lavava alla luce d’u
ssia coll’ajuto d’una certa gemma, che di notte si lavava alla luce d’ una candela in acqua fontana, e che dopo d’essersi fa
in matrimonio Andromaca, ch’era stata moglie d’Ettore, e gli cedette una parte dell’Epiro, chiamata poscia Caonia da Caone
i Troja, per non cadere in ischiavitù, siasi precipitata dall’alto di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenente tr
de, che il tempo verifico. Fu altora derisa da prima, e poi chiusa in una torre. Qui raddoppie le sue declamazioni sulla ce
epolta in Amichea, citta della Laconia. Que’popoli la riconobbero per una Divinita, e le cressero un tempio(d). Plutarco di
Elena, essendosi imbarcata con Paride per trasferirsi in Troja, fu da una procella gettata sulla costa d’Egitto, all’imbocc
fumo oscurarono il chiarore della luce. Videsi poscia volare in aria una fosca favilla, che si unì e si addensò con altre
a rinovarne l’esequie colla loro morte. A Mennone altresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto nel tempio d
ve del Peneo, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si segnalò in quella
iò Ecuba nel Greco campo. L’infelice donna, che preferiva la morte ad una vengognosa schiavitù, andava ricolmando i Greci d
a moglie sua feconda. Quegli lo consigliò d’introdurre un coltello in una certa quercia, di lasciarvelo arrugginire, di mes
mpio in Abido(d). I Chersonesj e i Tessali celebrarono a di lui onore una festa, detta Protesilaia(a). Laodamia poi, intesa
rotesilaia(a). Laodamia poi, intesa la morte di Protesilao, fece fare una statua, che lo rassomigliava, e sempre la tenne a
i Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo precipitò dall’ alto di una torre Trojana(b). Euripide nella Tragedia delle T
rio, uccise quel Sovrano, salì sul di lui trono, diede il suo nome ad una città, situata sul fiume Caico, e la stabilì Capi
alle fiere ; e che gli Dei per in zzo di Mercurio gli abbiano spedito una spada, lavorata da Vulcano, con cui potè proveder
e a consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in una delle Isole fortunate, ove avrebbe veduto Achille
Macedonia offerivano dei sacrifizj a Peleo, e gl’immolavano ogni anno una vittima umana(c). (3). Tetide era una Ninfa sì b
leo, e gl’immolavano ogni anno una vittima umana(c). (3). Tetide era una Ninfa sì bella, che Giove stesso voleva prenderla
sentiva alle nozze d’un mortale ; e il suo ordinario soggiorno era in una grotta lungo le rive del mate, che bagna la Tessa
a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1). Secondo alcuni la madre di Enea fu una donna Trojana, che portava il nome di Venere(a).
era dietro la porta, o intomo al focolare(f). Si collocavano anche in una Cappelletta, denominata Penetrale(g), e Larario,
Venivano rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovvero sotto quello di questo stes
contrastavano tra loro intomo alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò alcun danno,
tte dell’eccidio di Troja, si salvò a traverso de’nemici, tenendo per una mano un suo nipore, e portando coll’altra i suoi
ione de’due fratelli (b). (7). Lesche, poeta Greco, il quale compose una piccola Iliade, dice, che Enea rimase prigioniero
le tanto spazio di terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare con una pelle di bue. L’ottenne : quindi, tagliata la pel
riscie, occupò con quella tanta terra, che fu bastevole a fabbricarvi una ben vasta città. La denominò Cartagine, e nel mez
vasta città. La denominò Cartagine, e nel mezzo della stessa vi formò una Cittadella, a cui dalla pelle del bue diede il no
Id. Acneid. l. 6. (a). Virg. Aeneid. l. 7. (18). Evandro nacque da una figlia del fiume Ladone (f), o dalla Ninfa, chiam
i, o sopra le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste era una pelle di tigre. Quando marciò contro Enea, fece c
ertita in sogno da Didone, che abbandonasse quel soggiorno, fuggì per una finestra, e corse a precipitarsi nel fiume Numici
una finestra, e corse a precipitarsi nel fiume Numicio, dove divenne una Ninfa, e assunse il nome di Anna Perenna. Altri p
assunse il nome di Anna Perenna. Altri poi sotto tal nome riconobbero una certa vecchia di campagna, che somministrò viveri
dissero, che Anna Perenna altro non era che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la quale fu nutrice di Giove. Co
munque ciò sia, notiamo per ultimo, che Anna Perenna fu venerata come una Dea, e che a di lei onore si celebrava lungo le r
e una Dea, e che a di lei onore si celebrava lungo le rive del Tevere una festa assai giuliva (a). (e). Virg. Acneid. l. 
là per ignoti mari. Uno di questi ultimi fu anche Agapenore. Egli da una procella fu gettato sulle coste di Cipro ; e cost
tello, non fu accolto dal padre. Si ritirò quindi in Cipro, ove fondò una città, che denominò pure Salamina. Dopo la morte
lio di Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiudedeva una statua di Bacce, for
ivisione delle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiudedeva una statua di Bacce, formata da Vulcano, e poi regala
atrasso. V’osservò, che allora si stava sacrificando un giovanetto, e una fanciulla a Diana Triclaria. Quivi si fermò, e tr
ire pìù oltre. Patroclo, pieno di spavento, balzò dal darro, e lanciò una grossa pietra, da cui colpito Cebrione nella fron
ella fronte perdette la vita. Patroclo voleva spogliarlo delle armi ; una Ettore, incoraggito da Apollo, gli si oppose. Com
oluzione. Questi, trasportato dalla collera, ferì col dardo la Dea in una coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arriva
che li consigliò di placare la predetta Divinità. Eglino le eressero una statua, che la rappresentava con una ferita in un
tta Divinità. Eglino le eressero una statua, che la rappresentava con una ferita in una coscia(a). (14). Tersite era un mi
Eglino le eressero una statua, che la rappresentava con una ferita in una coscia(a). (14). Tersite era un miserabile buffo
no, che, essendosi ricercato a que’due Indovini, quante frutta avesse una certa ficaja, si trovò che il numero n’era tale,
ea asserito. Interrogato poscia Calcante quanti feti portasse in seno una porca, quando fosse per partorire, e con quali se
di tristezza(b). Questi dopo motte ebbe un tempietto in Daunia sopra una collina appresso all’altro piccolo tempio di Poda
Lirici, racconta che l’Ifigenia, sacrificata in quell’occasione, era una figlia, la quale Elena, sorella di Clitennestra,
sì dicendo, scagliò con forte braccio nel fianco dello stesso cavallo una grand’asta. Al fiero urto si scosse, e risuonò d’
fu vicina a’ Trojani lidi, il regio legno dall’alto della poppa alzò una fiamma. Sinone al noto segno quietamente aprì il
sto nelle selve. Un certo pastore lo raccolse, e lo fece allattare da una capra. E siccome tal’animale chiamasi da’ Greci e
rofio e Medone (c). (25). Sofocle ci dà a divedere Crisotemide, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli o
r ucciso la madre, perdette la mente. Vicino allo stesso tempio eravi una spezie di tomba, detta la sepoltura del dito, per
ste e d’Ifigenia. Si sospendeva inoltre un’ignuda spada sulla testa d’ una vittima umana, e alcune gocce di sangue, che da q
uella puntura. Il re di Sparta, per onorarne la memoria, fabbricò ivi una città, che denominò Canobo, e nella quale al mome
ingessero furibonde, che la strangolassero, e che la sospendessero ad una quercia(b). Que’di Rodi fabbricarono ad Elena un
(c). Gli Spartani pure le inalzarono un tempio, e la venerarono come una Divinità(d). Ella ebbe Feste, dette Elenie, le qu
sse belle le giovani deformi. Una ricchissima donna di Sparta partorì una bruttissima bambina, la mandò spesso nel predetto
tta per la perdita di suo padre, che qualche tempo dopo era perito in una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove visse di rapi
ebre Astronomo di Samo, fece credere, ch’essa fosse stata caugiata in una Costellazione, detta poi la Chioma di Berenice (a
a Giove l’istanza, acciocchè ripopolasse la di lui deserta città con una copia di abitatori, cotrispondente a quella delle
, fu esposto sul monte Partenio nell’Arcadia, e là venne allattato da una cerva. Aleo, padre d’Auge, intesa la mascita del
gliuola(d). Pausania dice, che Auge, rinchiusa col figlio, Telefo, in una cesta, fu gettata da Nauplio in mare, e che venne
si attaccò al partito de’ Trojani contro i Greci. Costoro, gettati da una procella sulle coste della Misia, si disponevano
v. (a). Hom. Iliad. l. 19. (10). Amintore, padre di Eenice, amava una certa Clizia, mentr’egli aveva in moglie Cleobula
h’egli appena nato fu esposto sul monte Ida, e che venne allattato da una cagna(e). Il medesimo molto si segnalò, combatten
quello di Arne(b). (d). Declaustre Diction. Mythol. (4). Secondo una tradizione, riferita da Pausania(c), Icario, vole
hè confonde Nauplio, di lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una delle Danaidi, le quali, per essere nipoti di Bel
lire Palamede appresso il mare, e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove gli abitanti di que’dintorni si re
col piede il luogo, ove giacevano le ceneri d’ Ercole. Non molto dopo una delle frecce avvelenate di quell’Eroe cadde accid
ilottete sul piede stesso, con cui avea percosso la terra, e gli aprì una piaga sì puzzolente, che i Greci lo abbandonarono
. (13). Le Sirene erano Ninfe marine, figlie del fiume Acheloo, e di una Musa, che alcuni dicono essere stata Melpomene(b)
canto i passeggieri, i quali poi vi naufragavano(g). Secondo Tzetze l’ una di esse cantava, l’altra suonava la lira, e la te
tutti coloro, che aspiravano alle di lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e promise a’suoi amanti di manifestare la s
disfaceva quel ch’era andata facendo il giorno. Al fine fu tradita da una sna schiava, e obbligata a ultimare l’opera intra
are alla diritta di Telemaco uno sparviero, che teneva tragli artigli una colomba, la bezzicava, e ne spargeva le penne a t
isola, e lo condannò ad un perpetuo esilio. Il giovanetto montò sopra una nave, e come videsi lontano da quelle spiaggie, s
eo, figlio di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in moglie una delle sue figliuole, la quale Diodoro Siciliano c
donte, che divenne la di lui seconda moglie(b). Telamone n’ebbe anche una terza, che Sofocle(c), Pindaro(d), Diodoro Sicili
sull e coste della Sicilia, vi perdette le armi di Achille. Questé da una burrasca vennero portate sulla tomba d’Ajace(a).
he le onde non ne portarono colà se non lò scudo. La tomba d’Ajace fu una di quelle, che Alessandro il Grande volle vedere
e anche Filònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una delle di lei compagne(a). (a). Nat. Com. Mythol
vasi, fu un Eroe Ateniese, chiamato Academo. Egli diede il suo nome a una villetta suburbana d’Atene, denominata perciò Aca
ecyd. apud Scholiaso. Apollon. (4). Anasi e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio di Castore e di Polluc
chi dice, che il mentovato mare fu detto Mirtoo non da Mirtilo, ma da una giovine, chiamata Mirtone, la quale restò in quel
costanza s’instituirono dei Giuochi, ne’quali le giovanette centavano una canzone, detta Arpalice, allusiva alla morte di q
liberato dalla Sfinge, soggiacque non molto dopo alla persecuzione d’ una Volpe sì feroce che ne fece orribile guasto. Temi
va ogni artifizio e studio, Cefalo, figlio di Dejone o Dejoneo, re di una parte della Focide, o, come altri vogliono, figli
le quali si chiamavano Argia e Deifile. Ne ricevette in risposta, chè una di esse si sposerebbe con un cinghiale, e l’altra
detti animali. Dopo qualche tempo Polinice si recò in Argo, coperto d’ una pelle di leone, perchè gloriavasi d’aver indosso
Argo, coperto d’una pelle di leone, perchè gloriavasi d’aver indosso una veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, v
ndosso una veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare, che
fratello. Comunque ciò sia, Tideo finalmente restò ferito a morte da una freccia, vibrata contro di lui dal Tebano Menalip
, e figlio di’ Elcaone, vibiò un dardo contro Diomede, che lo ferì iu una spalla. Il figlìo di Tideo, furibondo per tale fe
erare le spoglie dell’amico, ma il suo fine, se Venere nol cuopriva d’ una nube, sarebbe stato simile a quello di Pandaro. I
ile a quello di Pandaro. In quella circostanza Diomede ferì la Dea in una mano(c). Diomede uccise altresì Dolone, ch’erasi
i eranò tre, Balio, Santo, e Pedaso. I due primi nacquero da Podarge, una delle Arpie, e dal vento Zefiro. I medesimi erano
). Dolone, per riuscire nel tentativo, erasi coperto tutto il corpo d’ una pelle di lupo. Quando fu vicino a’ Greci imitò la
quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statua in Delfo(d). Capaneo avea sposato Evadne,
, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto, con una collana d’oro nol avesse tradito. Anch’egli perci
Nume, e che gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il
li nuovamente dormisse nel tempio(a). Vicino al predetto tempio eravi una fontana, sacra allo stesso Anfiarao, e da cui, cr
riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ; ed una moneta d’oro o d’argento gettavasi in essa de chi
Io era stato negl’Istmici, ne’ Pitici, e’ negli Olimpici. Gli si alzò una statua nel sacro bosco d’Olimpia. Ne’ predetti Gi
10 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
mondo fisico, ora il mondo civile e morale. Noi, senza far precedere una lunga prefazione a queste brevi pagine, diciamo s
i antichi Greci e Latini in crearsi i loro Dii, ed escogitarne poscia una Teogonia, che commisero alla casta ieratica, la q
eglio che Alessandro il genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia di Numa o di Pitagora, che molto hanno
a a questo ragionamento — Si dimostra come i miti furono creduti come una messe, cui ognuno può porre la falce, e dar loro
crearo : onde per tutta La celeste materia e la terrestre Vno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era
de per tutta La celeste materia e la terrestre Vno spirto, una mente, una divina Fiamma scorrea, che l’alma era del mondo.
e — non si aveva che la vera religione primitiva pura e divina, quale una candida figlia del cielo discesa in su la terra p
si avere per religione che un’emanatismo ; ora come un moltiplice con una divisione sostanziale, e non ne sorgeva che un po
la pluralità degli Dei ; ora l’Ente e l’esistente presentandosi come una identità sostanziale, non si pone dagl’incauti ch
paesi e dei secoli. La prima di queste strade, che può paragonarsi ad una linea retta luminosa continua, la quale rimonta a
erva in tutta la sua purezza. La seconda, che può rappresentarsi come una linea tortuosa avviluppata dalle tenebre piena d’
tore, il culto e l’amore a lui dovuto, la religione, per dir tutto in una parola, dovè parlare eloquentemente nel suo cuore
o e tradizionale serbarono non meno il concetto di Dio, fu instituita una Mitografia, ed alla casta feratica fu affidata la
n figlio deifica un padre rapito al suo amore ; ora la desolazione di una madro fa un Dio del figlio, a cui la natura ha to
arte de’ vati. Entro la buccia Di quella pianta palpitava il petto D’ una saltante Driade…. Quella limpida fonte uscia dall
lli alla dea Collina ; le valli a Vallonia. Nè fu loro dato ritrovare una Segezia(3) di tanto potere, a cui una volta affid
onia. Nè fu loro dato ritrovare una Segezia(3) di tanto potere, a cui una volta affidassero le biade ; ma fecero presedere
mondo, e può trarsene un esempio ancora da Platone, sebbene viveva in una età assai posteriore. Ei nella sua Repubblica (5)
ita dell’uomo, descrive un’antro, ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine di uomini gravati di catene, a non po
a non potere nè alzare, nè muovere il capo, irradiando a loro spalle una luce, che solo per loro splende a riflesso, e pas
quando si voleva additare la sovranità de’mari presentavasi un globo una ad un timone ; e quando piaceva darsi un’immagine
resentava sormontato da un’aquila ad ali dispiegate ; e quando davasi una nozione della eternità veniva seguito da una feni
iegate ; e quando davasi una nozione della eternità veniva seguito da una fenice ; e quando alle vittorie ed ai trionfi un
a, nelle monete o medaglie faceva imprimore un globo, su cui poggiava una vittoria alata con in mano una corona. Ancora con
va imprimore un globo, su cui poggiava una vittoria alata con in mano una corona. Ancora con miti descrivevansi gli avvenim
amore per Giunone, dea de’matrimonii solenni, stringe in vece al seno una nube : indicavasi dalla istoria poetica con quest
e celebrate solo da’ nobili, non si permettevano alla plebe, e ciò da una delle leggi delle XII. Tavole(1), cui presso gli
Cretesi lasciati liberi i connubii a gli estranei venuti in Creta con una nave detta Toro. Da’ questi e da innumeri altri m
ta si finsero molte cose contra la natura e il decoro degl’immortali, una diva dal cervello di Giove, Minerva ; un dio dall
con misteri egulmente ingannevoli ed empii, ed introdussero nel mondo una divinità corporale, che tutto lo informasse, qual
arabei, ritrovando in ogni creatura, benchè minuta, nicchio capace di una intera e propria deità ». « La novità dello imma
te ed immaginate a talento, ognuno ha creduto i miti e le favole come una messe, cui può mettersi impunemente la falce, e s
tempo ad intendere, che il culto renduto a quest’anima dell’universo una al culto del Sole, della Luna e di altri corpi ce
ntanto i pittori e gli scultori volendola personificare e darne fuori una iconologia, ce la presentano sotto il tipo di una
icare e darne fuori una iconologia, ce la presentano sotto il tipo di una divinità allegorica, figlia del Sonno e della Not
tipo di una divinità allegorica, figlia del Sonno e della Notte, con una maschera in volto e splendidamente vestita, cui v
 — come questa divinità nacque in mente degli Egizii. 30. Vulcano — è una personificazione del fuoco, cui traggonsi molti v
na, ed i pianeti andar tutti interiormente alimentati da un anima, ed una mente trasfusa da ogni parte agitare la immensa m
io dall’ Agostino, ed io qui lo trascrivo, voltandolo in italiano con una libera versione — Or si crede, ei dice(1), esser
dava per figlio il dio Bacco. Fu creduto che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre
ta nodosa ed obbliqua indicavasi gli ubbriachi andar vacillanti or da una parte, or da un’altra. A lui si innalzavano simul
nel luogo da cui son nati ; e quando si disse che a lui fu presentata una zolla, una pietra in vece di Giove, si volle sign
a cui son nati ; e quando si disse che a lui fu presentata una zolla, una pietra in vece di Giove, si volle significare, ch
opinioni degli scrittori, che parlarono di questa divinità, può darsi una duplice interpetrazione, che in tutto non rifugge
a, e. gli si assegna lo imperio dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura di tutti gli altri elementi(1)
senza distruggere la centrifuga, libra in alto le sfere, ed ingenera una mirabile armonia in tutto il sistema planetario.
e le caratteristiche del sole istesso. Gli facevano pendere dal mento una prolissa barba, per indicare la emissione de’ragg
per significare la luce eterea — gli facevano stringere nella destra una lancia, e gli ponevano su la fronte una immagine
cevano stringere nella destra una lancia, e gli ponevano su la fronte una immagine della vittoria, due simboli del suo pote
lebrava in onor di Apollo alcuni giuochi detti Pizii, onde perpetuare una vittoria, che si voleva riportata da questo nume
la terra portavano il guasto, e contaminando tutte le cose per via di una putredine, la quale originata dal calore operante
utredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè di una effervescenza, che ricoprendo il sole istesso con
…… Ed è detto Apollo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ; onde il Pegas
e dalla terra al cielo. I miti raccontati di questo nume non sono che una perfetta allegoria, con cui si vuole indicare il
corre, come è noto dall’astronomia, per le vie del cielo, gli fè dare una tale attribuzione. 26. L’Agostino intende per Mer
ciò dalla utilità della parola. A simulacri di lui si metteva in mano una verga di oro, e se ne faceva gran conto, credendo
molte pietre ; perciocchè ognuno che vi passava dappresso vi gettava una pietra, e questo per utilità comune, chè torna ut
più appariscenti. 28. Lo immenso scrittore della Scienza Nuova porge una diversa interpetrazione de’miti di Mercurio, e no
sservazione de’pianeti e de’pretesi loro influssi, personificando per una divinità il pianeta che chiamasi Marte, trassero
su la terra andasse zoppicante per tutta la sua vita, non è altro che una personificazione del fuoco, che acceso la prima v
nia. — Pari interpetrazione può avere l’altro mito — aver fenduto con una scure il capo di Giove, e che ne sia uscita fuori
nto di loro si disse dal poeta dell’Iliade e della Vlissea, non è che una perfetta allegoria, personificandosi con questi i
. Cerere — Etimologia di questa parola —  il modo di rappresentarsi è una simbolica dell’agricoltura 36. Altri particolari
ioni, che si davano a questa Dea — si rappresentava sotto le forme di una donna a tre teste, interpetrazione di questa form
pirava, il signor Albano, a rappresentar l’aria sotto le sembianze di una Diva, portata su di un carro da pavoni. 34. Tulli
i schiavi, ma civile, onde i nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 3
chiavi…. E quel geroglifico o favola di Giunone appiccata in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune legat
Giunone appiccata in aria con una fune al collo, con le mani pur con una fune legate, e con due pesanti sassi attaccati a’
erere — Fu tempo quando s’innalzarono are, e si porsero sacrificii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con u
alzarono are, e si porsero sacrificii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con un manipolo di spighe in un al
no, con un manipolo di spighe in un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor di spighe. Ella era Cerere, e fu cos
o guidato da Trittolemo, o trascinato da due serpenti alati. È questa una simbolica tutta propria dell’agricoltura. Col car
triamo e andiamo satolli. A lei si offriva il papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondità di tal fl
. Cerere sua madre dolente della perdita della rapita figlia, accende una fiaccola a gl’incendii dell’Etna, e la cerca per
ria delle Opere della Natura (1), e qui lo ripetiamo per dare ad esso una più estesa interpetrazione. È desso un trastato t
E perciò celebravansi per questa figlia di Cerere due feste, lieta l’ una in primavera, lugubre l’altra in autunno. L’Agost
ura con pubblico lutto, venne in mezzo la ubertà de’campi, e, renduta una tale Proserpina, surse l’allegrezza tra tutti, e
uiti giorni solenni. 38. Eusebio prendendo il sole per Plutone, porge una diversa interpetrazione a questo mito « Proserpin
fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse di lei tutto era una simbolica. Ella rappresentavasi come una donna ro
to si disse di lei tutto era una simbolica. Ella rappresentavasi come una donna robusta e possente, onde dare una immagine
ca. Ella rappresentavasi come una donna robusta e possente, onde dare una immagine della fermezza e stabilità della terra.
la fermezza e stabilità della terra. Le si circondavano le tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una
davano le tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una volta gli uomini nudriti del frutto di questo alb
obo della terra. A questo mito lo scrittore della Scienza Nuova porge una diversa interpetrazione. « Cibele, ei dice(1), o
endicole tirate da tre angoli. Così Plutaron(1). Altri la derivano da una parola celtica men, che in italiano risponde a gi
ero nascere con la fantasia fiera egualmente e goffa, che Vulcano con una scure fendette il capo di Giove, onde nacque Mine
rciocchè personificandosi ella per la sapienza, può considerarsi come una virtù, che tutto raccoglie in uno per saper conte
nciliare gli amori. 44. A Venere si dava per figlio il Dio Cupido, ed una a lei era venerato. Chi sia questo nume ben si sc
’ardimento Dell’uomo è in lui, muliebre tendenza, Vn’amenzia funesta, una ragione Cordata circospetta, una ferina Veemenza,
liebre tendenza, Vn’amenzia funesta, una ragione Cordata circospetta, una ferina Veemenza, indomabile fatiga, Vn’ambir prod
spesso irrompe violentemente negli animi degli uomini. Gli pongono in una mano l’arco e gli strali, nell’altra una face, pe
degli uomini. Gli pongono in una mano l’arco e gli strali, nell’altra una face, perciocchè l’amore è come un dardo, che dag
, che dagli occhi scende al cuore, e vi apre profonda ferita — è come una fiaccola, che infiamma ed accende, ingenerisce e
izione di quelle cose, che sono di forma avvenente e graziosa ; o per una certa follia, un delirio, che nasce dall’oltremis
ene dell’intelletto. Rabaud di Saint-Etienne porge al mito di Venere una diversa interpetrazione « I pianeti, così egli, e
sì egli, erano adorati relativamente alle vere o false influenze, che una lunga osservazione ad essi attribuiva. Venere ant
detta da Orazio Diva Triformis, perciocchè ella era considerata, come una divinità celeste, onde confondevasi con Febe, oss
ivinità celeste, onde confondevasi con Febe, ossia con la Luna ; come una divinità della terra, e chiamavasi Diana ; come u
on la Luna ; come una divinità della terra, e chiamavasi Diana ; come una divinità infernale e portava il nome di Ecate e P
re per la caccia, se pur non si voglia derivare da dies giorno, che’è una stella, che precede la comparsa del Sole su l’ori
to, o perchè ella veniva placata con cento vittime, o perchè desse in una erranza di cento anni coloro che dopo morte andav
dipingeva con l’arco, con il turcasso, e seguita da cani. Era questa una simbolica, con cui volevasi indicare come questo
he Diana veduta nuda da Atteone celebre cacciatore, mentre si bagnava una alle sue ninfe, l’abbia cambiato in cervo, lascia
cervo, lasciandolo sbranare da’suoi cani, che lo seguivano. È questa una narrazione tutta istorica. — Atteone tutto intent
o di Omero(6), porgevasi in voto l’arco, la preda e la esultazione di una danza. Pindaro in un inno salutolla fluviale(7).
le madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di cigna
altre italiane, memoria, meditazione e canto, che altro non sono che una vera personificazione di tre obbietti, che servon
il carattere, il nome istesso cui eran chiamate, altro non erano che una simbolica ed una allegoria, con cui si voleva esp
nome istesso cui eran chiamate, altro non erano che una simbolica ed una allegoria, con cui si voleva esprimere i più prez
amente considerato. si espongono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti di Bellorofonte e di Cadmo. 57. Ercole ucc
a narrossi, che Ercole ancor bambolo strozzasse due colubri, per dare una nozione del tempo dell’eroismo bambino. Come del
orpi, quando essendogli mancate le frecce, invocando Giove, gli mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, mena
i bovi di lui per farne dono ad Euristeo. In questo mito si nasconde una verità, che non può andare discorde dalla istoria
di un’anima sola in tre corpi. E quando a questo mito si volesse dare una perfetta allegoria, potrebbe portare questa inter
r ogni parte della terra dall’orto fino all’occaso — A chi non sfugge una profonda intellettiva non può sfuggire del pari d
nalmente di quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, come su di una irradiante quadriga, trascorrendo dall’oriente al
Alessandro il grande quando rivide il suo Nearco, che credeva estinto una alla sua flotta, volle render grazia con un sacri
suoi Fastì (1) che i romani in ciascuno anno celebravano le sue feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiungiamo la
rafforzare quanto finora abbiamo detto, qui esporremo in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche di Ercole, per compararle
zare quanto finora abbiamo detto, qui esporremo in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche di Ercole, per compararle con il
in ospitalità dal Centauro Chirone uccide i centauri altercantisi per una botte di vino — uccide un feroce cignale, che inf
, o lo animale di Erimante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai piedi di bronzo, sa
l tramonto della costellazione detta Calliope, che vien dispinta come una cerva. V. Ercole disperde gli uccelli Stinfalidi,
donne guerriere, figlie di Marte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una donzella dagli oltraggi di un mostro marino — ris
i alla custodia di un Dragone. Veste inoltre, per fare un sacrificio, una tonica sparsa di sangue di un Cintauro, che fu mo
he denti ne restarono detti, egli ara i primi campi del mondo : gitta una gran pietra, ch’è la terra dura, che volevano per
ndole, come meglio ci è dato, in italiano. Ei ne’suoi Fasti drizzando una apostrofe a Giano : — Per qual Dio, egli dice(3),
sta : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate, tra le quali l’ una ha le mire al popolo, l’altra al lare. E come tra
cce. I tempii di Giano Quadrifronte portavano quattro lati eguali con una sola porta, e tre finestre per ciascun ato. Co’qu
acrobio(3) vuole che a lui si erano innalzati dodici altari, per dare una simbolica dei dodici mesi dell’anno. 69. La Sfing
sorella di lui chiamata Armonia, e menolla a seconda consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte di Cadmo, dolente d
avrebbe morto siffatta Sfinge — Edipo lo uccise. 70. Pane — Pane era una divinità boschereccia, e rappresentavasi nella pa
o, e nella inferiore irio e sotto le sembianze di caprone. Era questa una simbolica escogitata da gli antichi, onde personi
rciocchè la natura, l’universo è uno, ed unigenito. Si diceva vestire una veste di pardo bella e screziata di varii colori,
e cose. Creduto custode degli orti e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno di ogni specie di f
provvisi, perchè non se ne conosce la cagione. Pane, per dir tutto in una parola, era considerato come un demone, come l’an
tate Dei lib. IIII cap. VIII. (2). Cloacina — Tito Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in u
cina — Tito Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando di ch
Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando di chi fosse le
nimos conceperat ignes Ore dabat pleno carmine vera Dei. In Roma era una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi fu n
Campidoglio, ove ella abbe stanza. (4). Rvmina —  È così detta da una parola antiquata rumen, che significa mamma, onde
ma, onde nacque ficus ruminalis, sotto la quale pianta fu creduto che una lupa desse le mamme a Romolo e Remo. (1). Senti
11 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
luce. Gea, di ciò sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, nè formò una falce dentata, ed istigò i figli a vendicarsi del
se abbondantemente senza essere coltivatale che i popoli vivessero in una perfetta innocenza, e tranquillità. A Saturno in
e all’ inganno. Cangiossi, dicon le favole, in corvo, e fatta sorgere una tempesta, quasi da essa fuggendo, ricoverossi in
e la perdita deplorandone, fu secondo le favole cangiato in fiume. In una congiura degli Dei contro di Giove, avendo Giunon
vendo Giunone ancora pigliata parte, Giove la fè dà Vulcano legar con una catena d’ oro le mani dietro le spalle, ed attacc
zo serpente. Minerva per occultar questo mostro il consegnò chiuso in una cesta alle tre figlie di Cecrope, Pandroso., Erse
congegnata a Pandroso, Erse, ed Aglauro figlie di Gecrope, chiuso, in una cesta il bambino Erittonio mezz’ uomo e mezzo ser
ue giorni cominciando dai 19 di Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della
ulcano marito di Venere, questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse i due amanti,
iocchè il fatto restasse occulto, le recise la lingua, e la chiuse in una prigione, dicendo a Progne ch’ ella era morta per
sporre appena nati i due gemelli in un bosco, ove furono allattati da una lupa. Raccolti dal pastore Faustolo furon poi ess
sse figlia di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una corona di alloro o una palma nelle mani. Capo 
e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una corona di alloro o una palma nelle mani. Capo VII. Di Vulcano. Qua
enici sotto il nome di Astarte. Tutte però comunemente confondonsi in una , vale a dire nella seconda. Nelle nozze di Peleo,
ata in rossa, allor quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra gli uccelli il cigno; il passero, e
mba, in cui si disse cangiata da Cupido la ninfa Peristera, perchè in una sfida ch’ egli ebbe con Venere a chi sapesse cogl
eristera aiutando Venere la rese vittoriosa. Rappresentavasi or sopra una conchiglia tirata da due Tritoni, o da due Cavall
Psiche per accertarsene, alla notte, mentr’ era addormentato, accese una lucerna, e prese un coltello con animo di ammazza
gli era tutt’ altro, rimase attonita, il coltello le cadde a terra, e una scintilla del fuoco della lucerna caduta sopra un
e cadde a terra, e una scintilla del fuoco della lucerna caduta sopra una spalla’ di Amore il ferì. Egli destatosi al dolor
a, ed aggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. Avide di quest
che una di loro volea prendersi in isposa. Avide di questo le sorelle una dopo l’ altra salirono lo scoglio, da cui Zefiro
ono lo scoglio, da cui Zefiro le avea portate al palagio di Amore, ed una dopo l’ altra da esso precipitarono. Intanto Vene
ti montoni, che pasceano di là di un fiume in luoghi inaccessibili, e una canna del fiume le insegnò la maniera di averlo;
nna del fiume le insegnò la maniera di averlo; in seguito di portarle una brocca piena di un acqua nera custodita da due dr
detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e di una delle muse, che alcuni vogliono esser Urania, alt
d altri Clio. Ei presedeva alle nozze, rappresentavasi avente in mano una fiaccola accesa. Capo IX. Dell’ Aurora, del So
ra a ristorarlo, uno che da lungi l’ udì, credette ch’ egli chiamasse una Ninfa di questo nome, e riferillo a Procri. Quest
ri. Questa ingelosita andò per sorprenderlo, e non lungi dal fonte in una densa macchia si ascose. Di là udì Cefalo chiamar
ra fece tale strepito fra le fronde, che Cefalo credendo nascosta ivi una fiera lanciò il dardo, da cui la misera Procri ri
li, preceduta da Fosforo o Lucifero sotto la forma di un Genio avente una stella in fronte, e una fiaccola in mano ed accom
o Lucifero sotto la forma di un Genio avente una stella in fronte, e una fiaccola in mano ed accompagnata da altri Geni qu
Ferse, o Perseide Eeta, Pasifae e Circe. Factente, secondo Ovidio, in una contesa con Epafo figlio di Io; sentendosi da lui
e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la sciag
ie di lui piangendone la perdita fu disciolta in aura; finalmente con una bevanda incantata, e col tocco della Sua verga mu
per cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede co
Trasse però dal fianco di lei un bambino, cui fece prima allattar da una capra, e poscia allevar dal centauro Chirone, e c
suo tosatore di non manifestarle a nessuno; ma questi non potendo per una parte tacere, è temendo per l’ altra di esser pun
acere, è temendo per l’ altra di esser punito, scavò in segreto luogo una fossa, e vi mormorò dentro: Mida ha le orecchie d
i Mnemosine, o Dea della memoria. Le Muse eran nove, e ciascuna aveva una particolare ispezione, Clio per la istoria, Euter
irono convertite in uccelli, ed ei volendo inseguirle precipitossi da una loggia, e rimase estinto. Capo XI. Di Diana.
ia di Giove e di Latona, due altre Diane da Cicerone si accennano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia
secondo le favole dall’ orina di Giove, Nettuno e Mercurio chiusa in una pelle di bue, e sepolta sotterra, avendo alla cac
la mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedicata era una cerva. In Tauride però le si immolarono per alcun
rimer la sua velocità. Davaglisi pure in mano il caduceo; vale a dire una verga attorcigliata da due serpenti, colla quale
ra anche chiamato Dio de’ mercatanti, e spesso perciò dipingevasi con una borsa nelle mani. Dio dell’ eloquenza fu egli pur
la lira, che si disse da lui formata la prima volta coi tesi nervi di una morta testudine. Le statue che si ponevano sulle
stellazione, che ha questo nome. Preso da’ corsari di Tiro, che sopra una spiaggia il trovarono addormentato in sembianza d
per inventore del vino, e le sue feste celebravansi dalle Baccanti in una specie di furore, ond’ erano da’ Greci chiamate o
a furore. In queste il giovane Cisso spensieramente saltando cadde in una profonda fossa, e da Bacco venne cangiato in eder
eo re di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compagne lo fece a
ch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto s’ era con una scure a tagliarle, tagliossi le gambe. All’ incon
apo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia ornata anch’ essa di pampini. Suoi seguaci
le fiaccole accese alle fiamme del monte Etna. Aretusa, che era prima una ninfa dell’ Elide, e che inseguita dal fiume Alfe
Nolte manifestato, che nei giardini di Plutone avea Proserpina colto una melagrana e mangiatine sette grani, Cerere frodal
lle sue scorrerìe arsa di sete e sudata e affannata chiedea ristoro a una buona vecchia, il figlio di lei Stellione si fe s
Roma a lei offerivansi ne’ sacrificlatte, vino e fave, ed immolavasi una troia. Le feste Cereali si celebravano nella citt
ne di Cerere. Capo XV. Di Vesta. Due Veste si distinguevano, l’ una che si tenea per madre di Saturno, e confondeasi
altro modo si raccendeva, che per mezzo de’ raggi solari raccolti con una specie d’ imbuto sopra materie facilmente combust
ggirare frettolosamente un cono, o fuso di legno nel foro fatto entro una tavola pur di legno, finchè si accendesse. Il med
do il fuoco sacro, il quale nell’ uno e nell’ altro caso portavasi da una Vestale sopra l’ altare entro un crivello di rame
i a forza di battiture, ed ella era portata con lugubre pompa sopra i una bara fuor della porta Collina, e sepolta viva in
re pompa sopra i una bara fuor della porta Collina, e sepolta viva in una stanza sotterranea a ciò costrutta nel campo, che
ta di torri per indicar le città, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle
i da essa cangiato in pino. La vittima che a Cibele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua di Ci
fondata caglone chiamasi tuttavia terror panico. A Pane sacrificavasi una capra; e le feste lupercali, che in Roma celebrav
vogliono molti essere stato cangiato in cipresso. A Silvano offertasi una troia. Fauno, altro Dio campestre figlio di Mercu
custode degli orti. Effigiavasi colla barba, e la chioma scomposta, e una falce di legno in mano per allontanare i ladri e
ominciò prima a piegarla colle persuasioni, assumendo le sembianze di una vecchia, indi si tramutò improvvisamente in belli
i era grave delitto il violare. La sua figura a principio non era che una pietra, da quale segnava il confine tra un campo
tra un campo e l’ altro, ma in seguito a questa pietra si sovrappose una testa umana. Fu detto da’ Romani, che quando trat
ica vasi alcun animale; poi s’ istituì di sacrificargli un agnello, o una troja lattante. Fra le terrestri Divinità annover
Geni delle donne più comunemente erano detti Giunoni. Dal Genio e da una vergine Sabina diceasi nato il Dio Fidio fondator
ucciso il padre, ricoverossi in Italia, dove sui colle Palatino fondò una piccola città chiamata da lui Pallanteo; Acca Lau
ezz’ uomo e mezzo pesce, e suol precedere il carro di Nettuno sonando una conca marina. Secondo Omero, Nettuno da Ifimedia
ra. Rappresentavasi con chiome cerulee, e col tridente in mano, sopra una grande conchiglia tirata da due cavalli marini. A
i ai 21 di Agosto. Due Dee marine lor proprie avean pure i Romani, l’ una Venilia per cui i flutti vengono al lido, e l’ al
ale, die’ egli, fu re di Corsica e di Sardegna, e vinto da Atlante in una battaglia navale e sommerso, fu detto poi da’ com
isifone ad ispirar tal furore ad Atamante, che credendo in Ino vedere una lionessa, e nei due figli Learco e Melicerta due
con triplicali denti con cui divorava i passaggieri. Cariddi fu prima una donna voracissima, che avendo rubato ad Ercole ce
, da lui fu uccisa, e secondo altri fulminata da Giove; e cangiata in una voragine vorticosa, che inghiottiva le navi e i n
titto riguardata da alcuni come la stessa Proserpina, e da altri come una Dea da lei diversa. I Sacerdoti di Cotitto chiama
gne e degli spergiuri era Orco Dio del giuramento. Gli Dei Mani erano una specie di geni, che presedevano a’ morti. Da alcu
ete con fior di papavero. I sogni, secondo Omero, avean due porte: l’ una di corno per cui usciano i veri, l’ altra di avor
Averno nella Campania, ora Terra di Lavoro nella Puglia, l’ altro per una caverna del Tenaro, or capo di Marina promontorio
sepolti doveano pagarne il nolo, per cui nel seppellirli poneasi loro una moneta, sotto la lingua. Di là dell’ Acheronte er
one, per farne prova gli te comparire sotto alla sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare, e dalla qual
mine lo percosse, e lo fe poi dalle furie legare giù nell’ Inferno ad una ruota circondata da serpenti e che sempre gira. T
Semidei chiamavansi propriamente quelli che avean per padre un Dio, o una Dea per madre, ed Eroi quelli che distinti si era
sputavano, Prometeo mise innanzi un gran bue furbescamente diviso. Da una parte ei nascose sotto la pelle le intestina e ca
to terra. Ma Prometeo riuscì a trovarlo, ed agli uomini lo riportò in una cava ferula o sferza o come volgarmente dicesi ca
esi canna d’ India. Allora Giove sdegnato impose a Vulcano di formare una bellissima giovane, e a Minerva, a Suada, alle Gr
ra e della punizione di Prometeo sia stata, che avendo questi formata una statua di argilla, salì al cielo coll’ aiuto di M
lla, salì al cielo coll’ aiuto di Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola, con essa diede alla sua statua anima e
io. Deucalione con Pirra sua moglie figliuola di Epimeteo, postosi in una nave, salvossi io Beozia sopra il monte Parnasso;
ta parimente da Echidna, che era un serpente di sette teste, a cui se una ne veniva recisa, immantinente rinasceva. Egli se
n cignale ferocissimo. 4. Inseguì per un anno intero sul monte Menalo una cerva, che aveva i piedi di bronzo e le corna d’
o aver consumalo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia di sassi, co’ quali li mise in fuga, e il
per la coda, onde le orme indicassero contrario cammino, le chiuse in una caverna del monte Aventino, dov’ ei si; stava, Er
ove si fosser le vacche involate. Ma nel partire udendo il muggito di una si accorse dov’ erano, e rovesciato nel Tevere il
nell’ onde Euboiche, ove fu convertito in uno scoglio; indi costrutta una pira, su quella si abbracciò, date prima le sue s
ssere ucciso dal figlio, che nato fosse da Danae, la fece chiudere in una torre ben custodita da guardie, perchè niun uomo
dato Perseo alla luce, Acrisio là fece chiudere insieme col figlio in una cassa, e gettar in mare, affinchè amendue perisse
, la cassa, dov’ eran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al re Polidett
per allontanarlo con onorevol pretesto, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e di Ceto, e regin
vincerla ebbe Perseo da Mercurio i talari o coturni alati, da Vulcano una spada adamantina, da Plutone l’ elmo, e da Pallad
angiate in vacche, e ne furono poi guarite da Melampo, il quale sposò una di esse, e diede l’ altra a Biante suo fratello.
a ebbe in risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece una città nel luogo, ove un bue l’ avrebbe condotto.
rte, e questi vennero tutti quanti divorati da un drago. Desolato per una tal perdita fu confortato dar Minerva a combatter
econdo le favole al suon della lira trasse le pietre a soprapporsi l’ una all’ altra spontaneamente. Era Anfione figlio di
tornar potesse in grazia del marito, ottenne di tenerla rinchiusa in una stretta prigione. Fu però Antiopa liberata da Gio
amente, e risolse di andare in Beozia. Giunto nella Focite, mentre in una contesa tra i Focesi ed i forestieri ei volle pre
ignificalo, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pell
anto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di Cali
r vivessero. Argo figlio di Alettore co’ legni del monte Pelio, e con una quercia tolta alla selva Dodenea formò la nave, c
se al padre loro prescrisse a queste di ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promettendo che con sue erbe l’ avrebbe
passasse alle nuove nozze, e fe pure in suo nome presentare a Glauce una bellissima veste; ma come questa era avvelenata c
tre stava esaminando le saette di Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a caso il ferì gli creò tal dolore, che desid
mmortale, e mortale era Castore. Polluce però, onde aver col fratello una sorte comune, ottenne da Giove che a vicenda l’ u
a l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una vacca di legno, e fornì ad Arianna figlia di Mino
narsene ad Atene, seppellì in presenza di Etra sotto ad un gran sasso una spada, ordinandole, che, se nascesse da lei un ma
e di lui o d’ esso accesa ne fosse respinta, indusse Egeo a porgergli una tazza avvelenata. Ma nel presentarla riconobbe Eg
campato poscia da Ercole. Tornato in Atene si diede Teseo ad unire in una sola città i vari casali che formavano la popolaz
li Dei per far pruova della loro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla di avorio in luogo di quella che Cerere av
il perdono, indi uccise i due figli di lui glieli diede a mangiare in una abbominevole cena, da cui dicesi che il Sole tors
il padre al barbaro sacrificio; ma Diana salvò Ifigenia sostituendole una cerva, e lei trasportò in Tauride, ove la fece sa
ordine del re Toante fu in procinto di essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara qui nacque fra i due amici, percioc
anzi al patrio altare. Vuolsi ch’ egli perisse alla fine pel morso di una vipera. Menelao avendo nella presa di Troia ricup
Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in sogno di aver in seno una fiaccola ardente, il che essendo stato interpreta
figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re di una parte della Tracia coi figli Elieaonio e Polidama
ove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pentesil
lo invece col piede. Ma allorchè le frecce ne furon tratte, cadutagli una di queste sol piede, incominciò egli a mandar tal
’ atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio dì Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì nel calcagno, ove solt
adirato ne venne sì furioso che ne perde la ragione, e lanciatosi in una mandra di pecore si die a farne strage credendo d
lo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro di quello una lancia. In questo mentre, secondo Virgilio, due s
rodotto. Intanto Sinone a notte buia diede dall’ alto della rocca con una fiaccola il segno a quelli che dietro Tenedo eran
ssandra nel tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per op
l nome della patria intitolò pur Salamina. Diomede, secondo Omero, in una battaglia, nella quale gli Dei medesimi vollero p
nella patria Argo venne ad approdar nella Puglia, ove presa in moglie una figlia di Dauno, fondò presso il monte Gargano la
i, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli colla
e a Calipso di rilasciarlo. Ma allorchè navigando prosperamente sopra una zatta da lui costrutta ei fu vicino a Scherla, or
rutta ei fu vicino a Scherla, ora Corfù, isola de’ Feaci, Nettuno con una fiera tempesta gli sciolse la zatta e ne disperse
disperse i legni, sicchè Ulisse a grave stento, avvolgendosi al petto una fascia datagli da Ino Leucotea, potè a nuoto salv
liberalmente accollo, e spedito con ricchi doni sicuro in Itaca sopra una loro nave, la quale da Nettuno sdegnato fu poi al
rora rendette pure più lunga, andò il mattino seguente in villa a far una dolce sorpresa al vecchio Laerte suo padre; ed es
uasto, ed essendo venuti Ulisse e Telemaco per discacciarlo, egli con una spina avvelenata del pesce trigono o tortora mari
lti quanti potè de’ Troiani superstiti, e fabbricata co’ legni d’ Ida una flotta, si mise in mare. Approdò prima nella Trac
de’ rami per velarne l’ altare, vide da essi gocciolar sangue, e udì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Po
da cui oriundo era Teucro, Enea là si diresse, e cominciò a piantare una nuova citta, cui disse Pergamea. Ma sopravvenuta
inciò a piantare una nuova citta, cui disse Pergamea. Ma sopravvenuta una fiera pestilenza, apparvero di notte ad Enea gli
isole Strofadi, ora Strivali, ove inquietato fu dalle Arpie, o Celeno una di queste predissegli che non avrebbe avuto seggi
Sibilla Cumea, e fermarsi, dove alla riva di un fiume veduto avrebbe, una candida Troia con trenta candidi figli. In questo
implacabile dei Trojani spedì Iride, che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar fuoco all
tro di queste rimasero incendiate, il fuoco dell’ altre fu estinto da una dirotta pioggia mandata da Giove. Allora il vecch
o essendosi pur confermato da Anchise in sogno, Enea fondò per quelli una città, cui diede il nome di Acesta. Partito alla
ome di lui appellò Miseno, scese colla Sibilla sotterra, entrando per una spelonca vicino al lago di Averno. Trapassati i m
tabilirsi sul colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il consigliò di ricorrere a’
nzio e Lauso figlio di lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò una falsa immagine di Enea, cui egli inseguendo fino
gli presentò una falsa immagine di Enea, cui egli inseguendo fino ad una nave a ciò appostata, fu da questa portato in Ard
e la battaglia si fece generale. Enea in questa è ferito di saetta in una gamba, e sanato da Venere. Tornato al campo va in
ro poi, che Enea fatta la pace coi Latini sposò Lavinia, che fabbricò una città, cui dal nome di essa chiamò Lavinia, e che
io Giulio Ascanio, che edificò Alba, e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Numitore padre d’
tesso. Or essendosi questi chinato un giorno, stanco della caccia, ad una fonte per bere, veduta in esso la propria immagin
Tisbe babilonesi opponendosi i parenti alle nozze da lor bramate, per una fessura del muro che divideva le case loro, conce
o al sepolcro di Nino. Tisbe è la prima a recarvisi; ma spaventata da una lionessa, che fatta strage di buoi veniva a bere
intenso, e Clizia in girasole. Parte I. Capo IX. La ninfa Salmace in una fonte della Caria abbraccia Ermafrodito figlio di
persuade alle figlie di Pelia di uccidere il padre e farlo cuocere in una caldaia, promettendo di ringiovanirlo, poi sovra
la vigna; che gli uccisori furono quindi cercati e messi a morte; che una festa in seguito s’ istituì ad onore d’ Icario e
pure di aver un toro che Fillio gli ricusa; per dispetto si getta da una rupe, ed è convertito in cigno. La madre si strug
Eaco figlio di Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede di a
sto di Creta esige promessa da Teletusa sua moglie, che se partorisce una figlia, l’ uccida. Ella partorisce la figlia Ifi,
re della pena. Il giovane Cisso saltando nelle feste di Bacco cade in una profonda fossa, ed è mutato in edera. Parte I. Ca
rtiti in tori. Parte I. Capo VIII. Pigmalione scultore s’ innamora di una sua statua, chiede a Venere che sia animata, e l’
ra di Tito Tazio re dei Sabini contro di Roma, Terpea apre al Sabini, una porta; Venere ottiene dalle Ninfe, che le vicine
uria un aratore profondando l’ aratro più addentro del solito solleva una zolla pesante, cui vede cangiarsi in fanciullo, a
ie l’ anima, e la porta in cielo, dove si manifesta sotto la forma di una cometa. Appendice. Origine dell’ idolatria. Ri
, si indoravan le corna, le si poneva sul capo la mola salsa, che era una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le str
, e se eran guaste o infette, che era di augurio sinistro; per ultimo una porzione della vittima abbruciavasi in onor degli
il primo, e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’ era una specie di berretto bianco, poi venivano il Marzia
ero istituiti da Tagete Etrusco, il quale si favoleggiò esser nato da una grossa zolla di terra, cui sollevò un agricoltore
tia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni, dal
sponevansi in versi. 4. L’ oracolo di Trofonio, il quale rendevasi in una caverna presso Lebadea città della Beozia. Era Tr
a Fortuna a Preneste e ad Anzio rendevasi per via di sorti t gettando una specie di dadi, su cui erano scrìtti de’ Caratter
Sibilla Cumana, la quale si disse che offerse al re Tarquinio superbo una raccolta di versi sibillini in nove libri, chiede
i Corinto. A questi giuochi concorreva tutta le Grecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di
e Grecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma
corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma i vincitori erano poi cele
12 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
uti, cioè 13 secoli avanti il Cristianesimo, era Eeta, il quale aveva una figlia nubile chiamata Medea ed un piccolo figlio
francese sulle nevose cime delle Alpi. Quella antica è probabilmente una invenzione poetica per encomiar quegli Eroi che n
pote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricominci
ù tremenda. E qui ricominciano gli atroci fatti e le magiche frodi. È una invenzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovi
nno in perfetto accordo colla moglie ed avutine due figli, ricominciò una vita errante in cerca di straordinarie avventure 
ve Argo dopo il famoso viaggio fu collocata sulla riva del mare sopra una base come un glorioso trofeo, e che Giasone frequ
nave sconquassata nel lungo viaggio e corrosa dalle intemperie, cadde una trave sulla testa dell’Eroe e lo uccise. E forse
il Vico, asseriscono che il toro che rapì Europa non fosse altro che una nave coll’insegna o col nome di quell’animale, e
lo verosimile. Lo stesso Cicerone nelle sue opere filosofiche riporta una scena della tragedia degli Argonauti di Lucio Acc
a quale il poeta finge, che un pastore che non aveva mai prima veduto una nave, nello scorgere dall’alto di un monte il vas
n della cetra e i nautici canti, comincia a sospettare che sia quella una nuova invenzione maravigliosa dell’umano ingegno.
fosse un capo lavoro dell’arte tragica76 ; e tanto più è da lamentare una tal perdita in quanto che nessuna altra tragedia
nata dalla moralità, non è altro, secondo la frase del Romagnosi, che una barbarie decorata. La civiltà infatti com’ebbe or
con questo stesso intento invoca Dante le Muse a dare alla sua poesia una efficacia pari a quella di Anfione : « Ma quelle
ce, perdè la sua sposa che morì per essere stata morsa in un piede da una vipera. La desolazione di Orfeo è indescrivibile 
plorata di riprender la sua diletta Euridice. Vi aggiunsero per altro una condizione (sic erat in fatis), che precedendola
uribondo ad inseguire Euridice, che fuggendo per la campagna calpestò una vipera, pel cui morso velenoso morì, come abbiam
i suoi alveari. Quel che disse il vecchio profeta si avverò. Ed ecco una nuova metamorfosi mitologica non mai osservata in
piacque e lo lasciò cadere nella volta celeste, ove scorgesi tuttora una striscia biancastra, che perciò gli antichi chiam
i aggiunsero che avea sette teste, e (maggior maraviglia), che recisa una testa ne rinascessero due. Questa Idra avea per s
trali non mai viste dagli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una di esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica :
devastazioni come il cinghiale di Calidonia. Ercole da sè solo compiè una più ardua impresa che ucciderlo, perchè lo prese
rir di paura. 4ª Fatica : La Cerva di Mènalo Non sarebbe stata una gran fatica se Ercole avesse dovuto uccidere un s
nel 1540, quand’egli primo vi penetrò, avesse trovato su quelle rive una repubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stall
e stalle che eran vicine alla città. Dal puzzo che ne usciva temevasi una infezione, tanto lasciandovi quanto asportandone
di Lerna, e preso vivo il Cinghiale di Erimanto, non dovè sembrargli una straordinaria fatica il liberar Creta da un Toro
nzarsi nell’Oceano Atlantico. Anche Dante rammenta quello stretto con una perifrasi esprimente questo fatto mitologico, fac
corpo e in anima. Ercole per questa spedizione, oltre la clava, prese una catena e incatenò il Cerbero ; e andò quindi a ce
ea chiamata Acònito, dalle cui foglie estraesi l’aconitìna che spiega una potente azione velenosa sull’economia animale. Da
ico continente. Queste imprese spontanee furon chiamate dai Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche di giu
e colle sue mani i due poeti in un fascio 90, e li calò lievemente da una grande altezza nel profondo dell’Inferno : « Ma
i esistito. I poeti dicono che era figlio di Vulcano e che abitava in una caverna del Monte Aventino, che egli chiudeva con
li attribuiscono molte altre mogli da lui sposate in Grecia, ed anche una in Italia, e questa dicono che fu la figlia di Ev
tentò di rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra di L
che ne venivano insieme a brani le carni ; e mentre furibondo cercava una fonte ove gittarsi, veduto Lica che impaurito era
a fonte ove gittarsi, veduto Lica che impaurito erasi nascosto dietro una rupe, credè ch’ei fosse reo ; lo afferrò per un p
pe, credè ch’ei fosse reo ; lo afferrò per un piede e roteandolo come una fionda lo scagliò tre miglia lontano nel mare, ov
ea della Gioventù. Gli Astronomi antichi diedero il nome di Ercole ad una delle costellazioni boreali che è composta di 128
ia : la finzione e la menzogna sono molteplici ; la verità soltanto è una . La storiella dell’uovo divenne tanto popolare ch
e con un’asta in mano, si vedono spesso, specialmente in pittura, con una stella sopra la fronte. Credevano gli Antichi che
chiama poi il segno che segue il Tauro, quando racconta che questa fu una delle sue stazioni nell’ascendere al Paradiso :
nte parlare, trattando di Mitologia. Minosse prese in moglie Pasifae, una delle figlie del Sole, dalla quale ebbe un figlio
ove gli erano dati a divorare i condannati a morte. Era il Labirinto una fabbrica di un gran numero di stanze e anditi tor
Aveva prima dato ad Icaro saggi avvertimenti di tenersi, volando, in una via di mezzo ; ma il giovinetto li trascurò, e pe
ltro minorare la fama delle sue imprese coll’attribuirne il merito ad una special protezione soprannaturale. Egeo re di At
pite in casa di lui ; ma dovendo partir per la guerra, lasciò ad Etra una spada che essa dovea consegnare al figlio quando
ali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quella c
si di cangiar le vele alla nave. Egeo che tutti i giorni andava sopra una altura sporgente in mare per osservar se compariv
ese vivo il cinghiale di Maratona e lo sacrificò ad Apollo ; combattè una seconda volta colle Amazzoni colle quali aveva pr
à del più efferato tiranno. Ecco come Dante riferisce questo fatto in una similitudine nel Canto xxvii dell’Inferno : « Co
e, e dice fra le altre cose, che essendo conservato in Agrigento come una rarità ed opera d’arte antica fu rapito dai Carta
battimento : ma appena i due campioni si furon veduti nacque tra loro una tal simpatia, che, deposte le armi, si abbracciar
entando di rapire la sposa ed altre donne convitate : onde che nacque una tal mischia così terribile e sanguinosa, che quas
ero le fiere, ed appeso per un piede a un ramo d’albero. Ma invece di una fiera crudele passò prima di là un pietoso pastor
percorrer la Grecia in cerca di avventure, e incontratosi in Laio in una strada stretta di una solinga campagna venne a qu
n cerca di avventure, e incontratosi in Laio in una strada stretta di una solinga campagna venne a questione col cocchiere
eocle e Polinice, e due figlie Antigone ed Ismene. Dopo qualche anno, una fiera pestilenza devastava il regno ; e dall’Orac
nte d’Ercole, portava sulle spalle per distintivo, e quasi per manto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro
uasi per manto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pelle di cinghiale, Adrasto interpretò che le par
rasto non conoscesse bene l’indole di questo suo genero, affidandogli una sì delicata missione, poichè questi è quello stes
ada nella reggia stessa ed al convito di Eteocle ; e poi inseguito da una schiera di soldati, li mise in rotta ed in fuga e
iolenti contro Dio, ci narra che egli vide Capaneo nell’Inferno sotto una pioggia di fuoco che cadeva dall’alto « ……….. in
a, « Sarebbe al tuo furor dolor compito. » Quest’uomo bestiale aveva una moglie affettuosissima chiamata Evadne che non vo
mancasse in quella impresa un così saggio e provvido capitano, regalò una preziosissima collana ad Erifile pregandola di pe
o e scellerato ad un tempo118 ; e Dante esprime lo stesso concetto in una similitudine del Canto iv del Paradiso : « Come
so dai fratelli di lei. Così la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sciagure che di conse
ue per causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi generi ed una delle sue due figlie, non che il fratello e la so
volte sui teatri romani ; e Cicerone nel De Officiis riferisce che in una tragedia latina si faceva dire ad Atreo : « È sep
Egisto, nato d’illegittime e vietate nozze ; e poichè fu allattato da una capra ebbe quel nome che in greco indica un tale
famiglie e popoli per cui Giove mostrasse qualche predilezione, mandò una sì spaventevole pestilenza in quell’isola, che mo
uel regno in un modo miracoloso : fece uscire da un tronco di quercia una gran quantità di grosse formiche, le quali appena
ì bella che tutti i pœti l’accettarono, e Dante stesso se ne vale per una bellissima similitudine nel Canto xxix dell’ Infe
à di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina, dalla quale
arata contro i Troiani la guerra, l’amor materno la spinse a prendere una nuova precauzione, a trafugare il figlio nell’iso
lle finchè i Greci non lo scuoprirono. Dante rammenta questo fatto in una similitudine nel Canto ix del Purgatorio : « Non
dubbio senza risolverlo ; e soltanto si affermò da qualcuno che sopra una parte di quel classico terreno sorge un villaggio
regione perfino alla profondità di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte delle rovine di quella celebre città,
, reclamò la priorità di tale scoperta, questa è pel mondo letterario una conferma che sia ora finalmente accertata non sol
rova anche chiamata Dardania, Teucria, Ilio e Pergamo. Anche Dante in una stessa terzina la chiama Troia ed Ilio, o Ilion,
combusto. » Ed inoltre ripete ambedue questi stessi termini anche in una terzina del C. xii del Purgatorio, dicendo in pro
lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante. In tutto ciò concorda
ittà ed anche il territorio. Questa distinzione che riconoscesi più d’ una volta nelle espressioni di Virgilio fu adottata d
e Nettuno soltanto, ma tutti gli Dei ne furono irritati, e mandarono una inondazione ed una pestilenza nella Troade. Così
, ma tutti gli Dei ne furono irritati, e mandarono una inondazione ed una pestilenza nella Troade. Così accadde anche allor
rsi da questi mali dovevano tutti gli anni esporre a un mostro marino una fanciulla di lor nazione per esser divorata come
che Ecuba quand’era incinta di questo figlio sognò di aver partorito una fiamma che incendiava tutta l’Asia. Gl’interpreti
a un tal nodo gordiano da non potersi sciogliere facilmente neppur da una Dea. In quanto al pastore fu trovato il modo di f
ichè Menelao non volle morir così presto, e Venere era tutt’altro che una Dea sanguinaria e micidiale, ricorse alle arti su
lio perderla che riacquistarla. Ma i Troiani non vollero rendere nè l’ una nè gli altri. Ecco la vera causa della guerra di
d alle loro ancelle ; ed avendo fra i monili donneschi portato ancora una finissima armatura da guerrieri, fu questa che fe
i Ulisse s’infiammarono gli spiriti guerreschi del giovane Eroe, e ad una lunga vita effemminata ed oscura preferì una brev
i del giovane Eroe, e ad una lunga vita effemminata ed oscura preferì una breve esistenza terrena, ma piena di gloria immor
sero che per ottenere favorevoli i venti conveniva placar gli Dei con una vittima umana ; e tanto poteva le superstizione a
, e trasportò altrove Ifigenia, e in quella vece sostituì per vittima una cerva. Finalmente dopo avere i Greci aspettato pe
e perciò appunto Cicerone non lo crede, e stima invece che sia questa una invenzione dei Tragici 130. Se però il fatto esis
e fosse il motivo, nessuno scusa nè assolve Ulisse di avere inventato una sì nera calunnia. Immaginarono poi certe fatalità
freccie che erano tinte nel sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in un piede, e gli cagionò una piaga così fetente
ngue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in un piede, e gli cagionò una piaga così fetente, che i Greci nell’andare a Tro
di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già una superstizione, ma una necessaria precauzione di g
recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già una superstizione, ma una necessaria precauzione di guerra. Ulisse e Diomed
e perciò per traslato suol dirsi un’iliade di sventure a significare una lunga serie di esse. Sebbene il titolo d’Iliade c
el mio umile racconto. La causa che inimicò Achille con Agamennone fu una prepotenza del re dei re. Era uso comune in quell
ravano gli schiavi non come persone, ma come cose. — Aveva Agamennone una schiava chiamata Crisèide perchè figlia di Crisa
a Agamennone stesso con modi aspri e minacciosi. Poco dopo infierendo una pestilenza nel campo greco, fu creduta una vendet
iosi. Poco dopo infierendo una pestilenza nel campo greco, fu creduta una vendetta di Apollo per l’insulto fatto al suo sac
ri capitani, foss’anche lo stesso tremendissimo Achille. Seguì allora una tale altercazione con parole e frasi sì poco parl
a sua armata, oltre la restituzione di Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie figlie in isposa, Achille stette fe
dei capitani di ambe le parti, vi fosse, senza bisogno di pattuirla, una tregua necessaria indispensabile. È da credersi a
ov’eran quelle di Patroclo, com’egli avea desiderato. Insorse quindi una grave contesa per decidere chi dovesse possedere
l senno, e divenuto furibondo, mentre errava per la campagna incontrò una mandra di porci, e credendoli altrettanti greci l
e pel dolor della sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena di affanni e di privazioni. Non fu già
aver nuovamente nel campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti non si
acaone e Podalirio figli di Esculapio ; e allora mise in opera subito una di quelle freccie saettando Paride, che di quella
rimo della Licia ed il secondo dell’Etiopia, andarono alla guerra con una schiera di lor gente, e furono entrambi uccisi in
rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degli uccelli di una nuova specie non prima veduta, che furon chiamati
a percossa dai raggi del Sole, uscivano suoni musicali come quelli di una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo che
occulti accessi nella cavità della statua suonavano a quelle date ore una cetra. Non convien passar sotto silenzio la regin
Virgilio e Ovidio asseriscono essere accorsa in aiuto dei Troiani con una schiera delle sue compagne e che fu uccisa da Ach
nati dall’accortissimo Ulisse, fu un grande azzardo chiudersi come in una torre di legno nelle vicinanze di Troia, mentre i
tevoli serpenti che li cingono con le loro spire. Può vedersene anche una copia in marmo (fatta da Baccio Bandinelli) nella
che dopo aver veduti spenti i suoi più prodi e più cari figli, oltre una gran parte dei suoi sudditi, e presa e incendiata
Quei Mitologi i quali dicono che invece di Ifigenia fosse sacrificata una cerva, asseriscono che Diana trasportò Ifigenia a
o di Sparta che era il regno dei suoi antenati, e ricoveratasi presso una sua parente a cui era morto il marito in quella g
ripudiò e la fece sposare ad Eleno, e diede ad entrambi la libertà ed una parte del regno dell’Epiro che era divenuto suo,
nella Puglia, ove sposò la figlia del re Dauno che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fondò la città di Arp
l’arme : « Un sol non ne inghiottì l’onda vorace. » (Odiss., iii.) È una invenzione dei successivi Mitologi che Idomeneo a
sua presenza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una turba di principi greci delle Isole Ionie, che cr
ta greca capitanata da Agamennone, e diviso da quella per violenza di una tempesta, Ulisse fu spinto ad Ismaro, città dei C
e dei Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ; di là nell’Eolia, ossia in una delle isole Eolie fra la Sicilia e l’Italia, e in
ia. Partito da quell’isola e perduti tutti i compagni che perirono in una tempesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola di Ogi
pesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola di Ogige, e di là salpando in una nave da lui stesso costruita ebbe a soffrire un’a
o di tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente in Itaca su di una nave dei Feaci stessi. Tra i casi più straordinar
lo, sarà bene sentirlo narrare da Omero stesso : « Ei s’abbattero a una real fanciulla, « Del Lestrìgone Antifate alla fi
itare appena, « Che femmina trovâr di sì gran mole, « Che rassembrava una montagna ; e un gelo « Si sentiro d’orror correr
rupe « Terribilmente rimbombava intorno, « E, l’onda il seno aprendo, una azzurigna « Sabbia parea nell’imo fondo : verdi «
ell’albero l’irata « Onda schiantò : ma di taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io con questa « L’albero e la carena
. » (Odiss., xii. Trad. di Pindemonte). Da questa descrizione, che è una delle quattro più maravigliose rammentate da Oraz
esso Dante trovò il modo d’inserire nella Divina Commedia il canto di una Sirena, alla quale fa dire, tra le altre cose, ch
altri che non tornò più in patria e perì insieme co’ suoi compagni in una tempesta. E quest’ultima opinione è quella che se
è quella che segue Dante nella Divina Commedia. Anzi è qui da notarsi una gran diversità di opinione fra Omero e Dante risp
ndevano dall’impeto degli affetti, che anche nei tribunali umani sono una causa attenuante che induce i giudici a minorare
nna ambedue questi Omerici Eroi all’Inferno, assegna loro giustamente una pena molto diversa, secondo le diverse colpe : po
aveva già passata la linea, ossia l’equatore, quando vide in distanza una montagna bruna più alta di quante mai ne avesse v
lla luna, « Poi ch’entrati eravam nell’alto passo, « Quando n’apparve una montagna bruna « Per la distanza, e parvemi alta
sero nella sua emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipoi con una flotta di 20 navi partì dalle spiaggie della Troa
desse. « Però disse ‘l Maestro : se tu tronchi « Qualche fraschetta d’ una d’este piante, « Li pensier ch’hai si faran tutti
sto non piccolo anacronismo, l’invenzione di Virgilio fu ritenuta per una verità istorica ed ebbe gran fama, perchè faceva
sangue troiano. L’Ariosto ha voluto significare questa città facendo una perifrasi allusiva alla sepoltura che ivi diede E
ida insieme ne gittaro ; « E più degli altri Enea. » Qui il poeta fa una lunga descrizione dei funebri onori che furon res
finchèsarà in onore la lingua latina. Nè può credersi che sia questa una mera invenzione di Virgilio, poichè oltre i poeti
nto nel paese dei Latini, e ne sposò la figlia Lavinia ; che sostenne una pericolosissima guerra contro di Turno re dei Rut
un irrefrenabile desiderio di conoscere il futuro, e al tempo stesso una classica illusione a credere che facilmente se ne
rare che la Divinazione non esiste 155 ; ma noi non avremo bisogno di una simile dimostrazione, dopo quanto abbiam detto pa
i equivale a dire che la Divinazione di qualunque genere o specie era una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi poli
inventarono i Mitologi antichi, che Tiresia fosse chiamato a decidere una questione insorta fra Giove e Giunone, se cioè fo
i Tebani esularono insiem con lui ed andarono a cercar nuove terre ed una nuova patria. Credevasi inoltre che anche dopo la
a sua famiglia, del suo regno e dei suoi futuri destini. Ebbe Tiresia una figlia chiamata Manto, indovina anche essa, che e
assicurare che questa è la verità, e che qualunque altra asserzione è una menzogna. Meno rammentato, sì dai poeti antichi c
Venendo ora a parlar delle Sibille, non si può così facilmente dare una sentenza su queste donne straordinarie e misterio
ndannate all’Inferno ; e solo ne parla incidentalmente rammentando in una similitudine la Sibilla Cumana, che dava i suoi r
n niello o graffito dieci Sibille, sotto ciascuna delle quali è posta una iscrizione latina che accenna qual fosse la profe
ammetta tra i fatti istorici che Tarquinio Prisco avesse comprato da una donna misteriosa, creduta una Sibilla, i libri si
che Tarquinio Prisco avesse comprato da una donna misteriosa, creduta una Sibilla, i libri sibillini. I quali poi furon ten
non già di ragionamento nelle scienze umane. Solo potremo rendercene una ragione probabile riflettendo che Sibille chiamav
edè, e forse era vero, che alcune di queste Sacerdotesse preferissero una vita girovaga allo star sempre confinate nei pene
a profetare. Quindi si raccolsero i loro responsi, veri o supposti, e una copia di queste raccolte erano i così detti libri
, aveva nome Albunea, della quale è rammentata la grotta da Orazio in una delle sue Odi165. 71. Dicono gli scrittori an
71. Dicono gli scrittori antichi che alla foce del fiume Fasi v’era una città omonima che apparteneva al regno della Colc
gato nell’antica città di Tomi sul Mar Nero presso Odessa, ci dice in una elegia (Trist. iii, 9ª), che Medea uccise e fece
ne abbiano ritentato la prova. Peraltro la trasfusione del sangue di una bestia nelle vene dell’ uomo o della donna non è
l’operazione della trasfusione del sangue di un agnello nelle vene di una signora non anco trentenne, in caso di anemia gra
nel concetto di innesto ematico ; e promise un premio di lire 1500 e una medaglia d’oro di lire 500. 74. Per chi studia o
inato da luce fosforescente, e non la sola punta, ma anche l’ asta ed una parte della catena. Salla punta degli altri 12 pa
amina che comunica col suolo. I contadini delle vicinanze dissero che una mezz’ ora prima che incominciasse la bufera, i bu
101. Alcuni Mitologi inventarono ancora che Dedalo facesse a Pasifae una vacca di legno tanto al naturale che i tori muggh
: « Dovete dunque sapere come sono due generazioni di combattere : l’ una con le leggi, l’altra con la forza : quel primo m
bestia e mezzo uomo, se non che bisogna ad un principe sapere usare l’ una e l’altra natura, e l’una senza l’altra non è dur
n che bisogna ad un principe sapere usare l’una e l’altra natura, e l’ una senza l’altra non è durabile. » — (Il Principe, c
nza ; come pure dei due appellattivi Romani e Quirites il primo aveva una significazione più estesa, riferibile non solo al
etiam exitus ab utroque datur conturbato errantique regi : Ambo ergo una necarier precamur, quoties hoc agitur, ecquando n
o xvii del Purgatorio colle seguenti parole : « Surse in mia visïone una fanciulla, « Piangendo forte, e diceva : O regina
elebre statua detta comunemente il Gladiator moribondo (che vedesi in una delle sale della Galleria Capitolina in Roma) rap
le della Galleria Capitolina in Roma) rappresenti Meneceo. — E questa una di quelle statue che dai primi repubblicani franc
sa di misterioso, poichè, secondo alcuni Etimologisti, vuolsi che sia una parola composta che in lingua greca significhi pe
i per decreto divino, quasi si fosse voluto riconoscere nelle Sibille una missione divina. 163. In quell’inno che la Chies
13 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
e ne’falsi Iddii, omai per tutto si dubitava persino dell’esistenza d’ una natura divina. Cotesta rivoluzione fu da principi
uite dai nostri avi nei sacrificj e nelle cerimonie ; e l’esistenza d’ una natura eterna, la necessità per l’uomo di riconos
completo a noi rimasto dalla mitologia pagana, pajono il trastullo d’ una immaginazione poetica che ricrea lettori sbadati
preparare intrighi, la facilità stessa con cui ne veniva a capo, era una prova della superstiziosa credulità del popolo. I
Angaria e di Velleda, deificate dalla superstizione de’Germani, più d’ una volta avevano spaventato la fortuna di Roma. Il p
senza abbattersi in qualche capolavoro delle arti, posto a consacrare una tradizione religiosa. Ma l’incredulità s’era già
rai, pasciuti per tutto d’insulti, fecero sul suolo della loro patria una eroica resistenza. L’assedio di Gerusalemme fu pi
redenza che usciva dalla Giudea ; anzi ella vide in questo esterminio una prova della sua verità ; e Roma, dopo aver distru
o esterminio una prova della sua verità ; e Roma, dopo aver distrutto una nazione stanziata in un angolo dell’Asia, ebbe a
o una nazione stanziata in un angolo dell’Asia, ebbe a combattere con una religione universale. Il mondo romano, travolto i
facevano altro che rimescolare il caos delle opinioni senza rinvenire una credenza che potesse rialzare l’intelletto dell’
tenerli soggetti. Altri s’accomodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e di godimenti : il vecchi
a sopravvissuto pur anco all’incredulità che fomentava ; era divenuto una specie d’ipocrisia pubblica professata dallo Stat
, onde fu guasto il linguaggio medesimo, a questo eran giunte di fare una cosa sola della virtù e del piacere. Da queste se
, gl’interessi e le opinioni dominanti in tutto l’universo I Armato d’ una croce di legno, fu veduto a un tratto avanzarsi i
zione. Alle splendide feste del Paganesimo, alle seducenti immagini d’ una vaga mitologia, alla comoda licenza della morale
isto séguito della povertà, il cilicio, la cenere e tutti i simboli d’ una deplorabile miseria, d’una profonda costernazione
il cilicio, la cenere e tutti i simboli d’una deplorabile miseria, d’ una profonda costernazione ; chè quest’è appunto quel
a vi conduce i sapienti, e la politica gl’imperatori. Allora comincia una guerra sterminatrice : non si perdona nè a sesso
ati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue. Finalmente, i carnef
liano Cecilio cartaginese, presentò ai governatori dell’impero romano una scrittura in loro difesa, che intitolò : Apologet
della vostra poca equità, l’odio che portate ai Cristiani. Ed in vero una tale sorta di poca equità, dal titolo medesimo, c
ilità ; condannati, s’attristano, si scolpano, e accusano gl’impeti d’ una non ben disciplinata inclinazione, il destino e l
no al morire, per questa ingiuria come vi è corrisposto, quando anche una sola notte con poche facelle potrebbe aprir la st
do anche una sola notte con poche facelle potrebbe aprir la strada ad una larga vendetta, se fosse lecito a noi ricompensar
fosse lecito a noi ricompensare il male col male ? Ma non fia mai che una setta, che ha del divino, con fuoco umano vendich
ermoglia, quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. Molti appresso di voi esortano
uelle de’gentili. 749. Siamo un corpo unito dalla religione, e da una dottrina divina, e da una confederazione piena di
Siamo un corpo unito dalla religione, e da una dottrina divina, e da una confederazione piena di speranza. Siamo soliti di
onore, perciocchè le cose di Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sorta di cassetta, non è di disonore il danaro ch
o seno della medesima ignoranza usciti, sono restati abbarbagliati da una stessa luce di verità ! Ma forse tanto meno siamo
brare i misteri di Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolare una legione di cuochi. Le guardie del fuoco stan vigi
si farà facilmente il conto, che la querela che ci fate in ordine ad una sola spezie di cose, vien compensata dal comodo d
rbarie, nelle quali si sarebbe trovato sepolto. Non ci volea meno che una moltitudine immensa di solitari sparsi nelle tre
Goti. Finalmente il Politeismo non era punto, com’è il Cristianesimo, una specie di religione letterata (se così possiam di
foreste, il mondo romano, marcendo ne’suoi costumi, era minacciato de una spaventevole dissoluzione. Forse che si sarebbero
, partecipavano degli stessi piaceri e della stessa vergogna, avevano una medesima religione ; e questa religione passionat
eriva ; e le arti decadevano. La filosofia non serviva che a spargere una specie d’empietà, la quale, senza condurre alla d
ruzione, se non fosse soggiaciuto alla forza di armi straniere : sola una religione può rinnovellare un popolo nelle sue so
cidessero un bambino e sel mangiassero ; calunnia che avea origine da una atorta interpretazione del Sacramento dell’ Eucar
icina la fine del mondo. 151. I Preli o Presbileri, così chiamali da una voce greca, che suona vecchio. 152. Numera lult
14 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
della Mitologia, dalla definizione di essa pria d’ogni altra cosa per una ben chiesta ragion di chiarezza incomincia. La Mi
erciò d’essere a ragion negletta, anzi che studiata ; pur tutta volta una tal dispregevole conclusione di leggieri non si e
iata non l’ avesse in questo parto ingannato, dandogli ad inghiottire una pietra, detta poi Abder, in luogo dell’amato suo
fatture degli orribili Ciclopi. Non godè egli però dopo tal divisione una lunga tranquillità nel suo Regno, perche più guer
e sotto silenzio trascorse. Sua contesa cou Minerva. Ebbe questo dio una gran contesa colla dea della Sapienza Minerva per
e da popoli abitanti alle marine spiagge venne Nettuno riguardato per una gran Deità, cui di tratto in tratto innalzarono f
rlo dalla barbara morte, non poterono però camparlo dalla sventura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertan
a quei buoni amici più valevoli mezzi a procacciarsi il necessario ad una più comoda vita. Fissò quivi a tal uopo ampia fuc
Fals. Rel. Cioè, che ad ogni Dio per quanto era possibile deputavasi una congrua vittima : quindi questi animali quali sim
irabil vigorìa di spirito, e di corpo, che di poche ore appena nato d’ una morta testuggine trovata sul Nilo valse ad efform
appena nato d’una morta testuggine trovata sul Nilo valse ad efformar una lira non mai più per l’addietro veduta, detta per
ortamento, e sembianza sconosciuto gli si fè d’innanzi promettendogli una più ampia mercede, se svelato gli avesse il temer
da dolci ben forti ligami. Scorgesi finalmente in molti suoi ritratti una verga, onde divisar il suo impiego di sciogliere
iò le loro statue Hermathenae, sacrificar si doveva in segno di culto una vitella, e con gran cerimonia ancora bruciar si d
se grande scoglio (detto isola di Delo) ove ricoveratasi Latona sotto una pianta di verdeggiante palma sgravossi della dopp
ll’ Eridano l’audace Fetonte, che morendo lasciò al padre in sua vece una novella eredità di tristi affanni, e dolori. Suo
primavera simile a quella degli elisii campi sul volto, colla lira in una mano, e col suo arco nell’ altra, con cornacchia
uc azioni Era il fonte delle sue tristezze un vano orgoglio misto con una solta gelosia ; percui a morte perseguitava chiun
di febbrajo, in cui in suo culto celebravansi i giuochi Lupercali in una maniera poco decente, degna perciò di non essere
re espressa. Gl’animali inoltre da sacrificarsi nelle sue feste erano una bianca vacca, la scrofa, il montone, l’ Oca, e fi
o di spiche, e papaveri sul capo, e con altro a piedi, stringendo con una mano piccola falce, ed un fascetto di recise spic
carmina dicat. Che l’Ostia poi, di cui qui parla il poeta sia stata una troja chiaro si rileva da quel verso di Ovidio :
magna Numae. Ne’ primi tempi costume non fù effigiar questa Dea, ma una viva fiamma soltanto al vivo espressa formava il
atrona di ricca stola vagamente adornata, mostrando nella destra mano una lampada, ed un vaso stringendo nella sinistra, de
più spietata, ed a tempi di Tarquinio Prisco erano vive rinserrate in una fossa colla provisione di poco oglio, pane, latte
luce con un fanciullo, cui dal fato si riserbava l’impero del mondo, una bambina di tanta ; e tale sapienza, che avanti a
fosse del suo tormento il motivo. Vide allora con suo stupore uscire una bambina ben grande, e tutt’armata, che intorno a
empo stesso assai fiera, con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno scudo sull’altro brac
sai fiera, con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno scudo sull’altro braccio, e coll’Eg
to si credeva affrontata se si fosse altrimenti praticato, che cangiò una volta in tori alcuni popoli di Cipro, che ardiron
atue, per l’ornamento delle pitture ; si chè per esso Efeso abitacolo una volta de’Cari, e de’Lelegi, e quindi Colonia degl
ue fatum. Cap. XIV. Saturno Sonetto C eppo possente d’ una stirpe altera, Fabro d’ogn’avvenir, d’ogn’possanz
i sudditi, gli benedisse in guisa la terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e nel seno di questa ogni frut
tri perchè lo confondono col tempo gl’aggiungono sul dorso le ali, ed una ambollina al suo fianco, quelle per dinotar la ve
o la sua protezione scorrere comunemente si credeva. Presenta inoltre una bacchetta nella mano qual presidente alle pubblic
alle pubbliche strade, ed invece di essa alle volte in molti ritratti una chiave, detto perciò Clavigero qual’inventore de’
sun del suo regno disserrar mai più poteva quella porta, per cui ebbe una volta in quel luogo l’ingresso(1) … Facilis des
e non potere rimaner superstite quel frutto immaturo impietosito aprì una sua coscia, e quivi l’inchiuse fino a tanto che g
cocchio a guisa di botta tirato da Tigri, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta di pampini di vite, dett
a guisa di botta tirato da Tigri, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta di pampini di vite, detta volgarm
na seduta su d’un carro tirato da leoni, tutta coronata di torri, con una chiave alla mano, ammantata d’una veste vagamente
leoni, tutta coronata di torri, con una chiave alla mano, ammantata d’ una veste vagamente adornata di fiori, con un timpano
d essa con date cadenze, e variamente percuotendosi alzavano tutti ad una voce alti gridi alle stelle. Altra consimile fest
fflitta Genitrice altro in tutto non le avevano potuto impetrare, che una dimezzata libertà, come cel descrive Ovid. Et Dea
e i pregi di Natura, Che porta al crin serto di verde alloro, Versa a una man ricchezze a dismisura, Che fanno della terra
a quel cuore che caramente l’alberga. Le ricchezze poi, che versa con una mano, e l’olivo, che porge graziosa coll’altra so
Sonetto Con biondo crin cinto di verde ulivo, Con bianco ammanto una gentil donzella, Porta a una mano amabil tortorel
cinto di verde ulivo, Con bianco ammanto una gentil donzella, Porta a una mano amabil tortorella, Seguitata da un can svelt
il tortorella, Seguitata da un can svelto, e giulivo. Tien nell’altra una picca, e l’occhio vivo Par che penetri il core, e
veramente i simboli d’un’animo schietto e fedele. Che se finalmente d’ una picca armata si scorge tutto é per far fronte all
d’ognun si mostri accinta ; Ma non ascolta mai querele, e lutto. Con una mano a ognun dona la spinta, Tien l’altra un vaso
imo, ed ultimo conforto degli uomini pingesi qual vaga donna, che con una mano spinge ognuno ad ogni benchè ardua impresa ;
F emina vaga con piangenti lumi Vittima geme di fatal dolore Presso una rea prigion sembra, che muore Ancorchè invoca ind
La providenza ristoratrice delle pene de’mortali pingesi con urna, ed una verga, onde ombreggiare i suoi benefici influssi.
? Mille, mille cese diconsi da Scrittori sulla felicità ; ma di tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felice, che a D
, e fugge, Come Meteora, che le selve adugge, Passa come passar suole una voce. Crinita fronte porta, ed è precoce Il suo f
Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occasione è dipinta con una crinita fronte, e tutta calva da dietro, onde ogn
rso Sonetto U om scarmigliato, umil, tremante, oppresso Con una man si stringe un serpe in seno, Tien l’altra un
Sonetto D i vaghe forme, e velenoso fiato Sorridendo si mostra una donzella, Cui dalla bocca spunta un serpe alato,
vecchia, mascherata, Che il suo deforme in ricco ammanto cele, Porta una benda in man, che gli occhi vela Ad ognun, cui fa
it. Capitolo XVII. Primavera Sonetto D i fiori ornata una gentil donzella, Col vago sguardo, e l’allegrezza
ne, un Ezechia, un Tobia, e tanti altri, non che fra le donne istesse una Maria, un’ Anna, una Debora, una Giuditta par che
bia, e tanti altri, non che fra le donne istesse una Maria, un’ Anna, una Debora, una Giuditta par che altro mezzo non rico
altri, non che fra le donne istesse una Maria, un’ Anna, una Debora, una Giuditta par che altro mezzo non riconobbero, ond
onciliarsi l’attenzione, e la benevolenza di chi ascolta ; ma sibbene una ben adatta maniera di proporre l’argomento del po
bono quei colori, pei quali rendesi la poesia, qual veramente ella è, una parlante pittura. Or acciocchè tal sia, specialme
tal caso quei soli debbonsi eleggere, che col primario scopo abbiano una qnasi necessaria relazione ; altrimenti l’ episod
ù robuste, quivi in somma rattrovansi i più desiderabili ornamenti in una varietà la piuchè diffusa ; onde sciegliendo ognu
e per la soverchia semplicità triviale. 2. Si ricordino di tenere per una sillaba sola, fuorchè nella fine del verso, le pa
he non lo sono, come mas stoso glorioso ecc : si possono prendere per una , o due sillabe secondo che lo richiede l’armonia
eferito. 3. Non facciansi finalmente lecito usar per poetiche licenze una voce per un’ altra, e dire per esempio col Tasso
ettnra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Persia, che ad una di queste due pene l’aveva condannato. E non fu f
ssa guisa divisata nel capitolo precedente, mentre basta averlo detto una volta per sempre. L’ accento in questo verso cade
di questi versi, non soggetti però sempre a tal numero, costituiscono una strofa nel lor metro, di cui eccone l’esempio.
però abbraccia due sdruccioli, e due settenarii rimati. In tal metro una particolar attenzione è da mettersi sù sdruccioli
so. È vero altresì, che non è men degno di lode quel poeta, che su di una bagatella forma un vasto canto, e che dal nulla c
mento ; assai pregevole però nelle cose campestri, e pastorali. Costa una tal sestina di sei ottonarii, de’ quali il primo
o modo l’esempio. Titiro, che deplora la sua mandra tradotta via da una furiosa tempesta. Torvo il ciel di nubi carco
e ! Si strascina irato al mare. Tutto al mar si porta il fiume Là una pecora belante, Cade svelta la pendice, Che pre
suoi lombi a un masso appoggia, Meglio fia, ch’io cada a morte Che una rupe in fuor stendea E in quell’acqua, che giù pi
stituiscono ogni strofa in tal metro. Qui la mente vien sottoposta ad una interminabile legge di rime, che si succedono rap
i di coraggio gl’iniziati a quest’arte. Eluderanno ogni difficoltà se una saggia cautela useranno nella scelta di tronchi b
non anco parte Per sedurre i Romani adopra ogn’arte. Si forma in Roma una fatal congiura Per dare al Regge l’usurpato sogli
vuole, e se per accidente s’incoutra a terminare il sccondo verso con una rima, che non abbia le altre due compagne, trovas
foco al mio ricovero, E innanzi a tutti con prestezza estranea Tolse una secchia, e un banghettin di sovero. Tit. Ma pria
l seguente esempio intendo insegnare sol un modello, e non prefiggere una norma invariabile della Canzone. Per la morte d
rimi onori atti a far scorno alla morte istessa, oggi quasi che fosse una canzone de veneti Gondolieri è caduto iu potere d
e. Or per ben riuscirvi bisogna, che ogni parte del Sonetto contenghi una proporzionata dose di materia. Ragion dunque vuol
gior copia di acque, nell’ avvicinarsi al suo termine deve finire con una sentenza, che ferisce il cuore, e cagiona una for
termine deve finire con una sentenza, che ferisce il cuore, e cagiona una forte sorpresa. Leggansi in vero i Sonetti de più
risposta, ed il Sonetto coll’ intercalare, a quali in fine aggiungerò una norma del Sonetto a rime obbligate. I. Il Sonetto
rma, esempliflcando la speculativa conoscenza di ciascuna di esse con una strofa pratica da me stesso bassamente lavorata a
antate a danze, costa di due sillabe differenti nella lor quantità, d’ una lunga cioè, e d’una breve come Curre, Tembla, Cer
a di due sillabe differenti nella lor quantità, d’una lunga cioè, e d’ una breve come Curre, Tembla, Cerne ecc. III. Il Giam
menti satirici, e pungenti è l’opposto del Trocheo, perche costante d’ una breve, e d’una lunga, come Boni, Viri, Dabunt ecc
e pungenti è l’opposto del Trocheo, perche costante d’una breve, e d’ una lunga, come Boni, Viri, Dabunt ecc. IV. Il Tribra
lici salti erano le mosse de’ piedi, perciò consiste in due brevi, ed una lunga, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui per
imidi ec. Qui però pria di passar oltre fa di mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia breve per sua natura, pur se f
Trocheo passa a Spondeo, lo che non sarebbe avvenuto se fosse seguita una vocale, come Christus amandus. Cap. II. Del
asi a far cadere la cesura (ossia distaccamento dell’ultima sillaba d’ una parola) o dopo il secondo piede, o dopo il primo,
comunemente si scande per due piedi Dattili, o Spondei come siansi ed una cesura, due altri dattili quindi con altra cesura
Archilochio detto da Archiloco suo inventore costa di due Dattili, ed una cesura, come : Flumina praetcreunt Oraz. lib, 4.
. Or. lib. 1. Od. 12. V. L’ Innominato primo costa di tre dattili, ed una cesura, come : Munera, laetitiamque Dei. Virg. 1.
, nè brigandomi delle composizioni lavorate ad un sol torno, cioé con una sola specie di versi dette Carmen Monocolon, pren
Le strofe, che comprendono due versi di differente natura sono d’ una moltiplice varietà ; nove comunemente se ne asseg
umphat hostibus. VII. La settimana accoppia un Dimetro manchevole di una sillaba in principio con un Trimetro manchevole a
e di una sillaba in principio con un Trimetro manchevole anch’esso di una , ma nella fine, come. Unicus Dei timo Potest pro
rticolo II. Delle strofe di quattro versi di doppia specie. Di una doppia varietà sono le strofe appartenenti a ques
n Orazio, perche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e di un Alcaico minore, c
c. Sen. Callim. Apertamente confessarono esser la pluralità degli Dei una chimera, ed una fantastica invenzione, le orme in
Apertamente confessarono esser la pluralità degli Dei una chimera, ed una fantastica invenzione, le orme in ciò seguendo de
a il nome di uome, ma di bestia, cui sol è più connaturale, e propria una tal passione ! Suoi nomi. (1). Da questi ultimi
i il culto abolito voleva S. Paolo ebbe questi a sostenere il peso di una forte sedizione contro di esso sollevata dagli or
n’altro argomento conchiudo con questo adattatissimo apologo. Un uomo una volta con un’uccello vivo chiuso in mano portossi
lor Dio Signore ? Sue prodezze. Sue vendette. Suo ritratto. (1). Non una , e sempre la stessa era la materia, di cui erano
co ricavò il modo delle musicali cadenze quando facendo battere su di una incudine quattro martelli di 6 12 18 24 libre l’u
a susseguente incomincia da vocale. La Sinalefe è la incorporazione d’ una vocale finale nella vocale iniziale. Ambedue ques
si forzosi. Il Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
an prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’ una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolit
aliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente,
a motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in ef
ente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cotesti
po che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cotesti impostori eran
ad essi premeva che il popolo fosse animato a sperare o a disperar d’ una impresa. In ogni caso poi il loro zelo era sosten
è più facile perpetuare dieci errori o dieci pregiudizi che stabilire una verità ! V. Feciali, sacerdoti romani che avevano
pace. Il feciale tornava allora sul territorio nemico, e vi lanciava una picca insanguinata, intimando guerra con cerimoni
ui incontrati per via. Egli benediva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca,
a gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’uliv
iedistalli le statue degli Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro
to giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contorni.
lustrazione di un campo consisteva nel condurvi tre volte all’intorno una vittima scelta, e nel bruciare i profumi sul luog
evano tre volte intorno all’esercito schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano c
lte intorno all’esercito schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gli immolavano con imprecazi
il giro della cascina, ed offriva a Pale latte, vin cotto, miglio ed una focaccia. Le lustrazioni pubbliche e nazionali er
agia. Medea l’aveva propagata nella Tessaglia, ec. La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il de
i Pagani per onorare gli Dei, per espiare i delitti o per allontanare una calamità. Prima del saerifizio il sacerdote tuffa
gnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non gli permetteva d’ entrare n
di fichi, e non gli permetteva d’ entrare nei templi se non che dopo una eompleta espiazione. XIII. Vittime, ostie, olocau
Massimo li consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu di verghe cun una scure nel mezzu, destinato a scurtare i cunsoli e
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
e le beatitudini dell’Elisio non erano eterne, e che le anime avevano una perpetua rotazione di passaggi alternativi dall’u
ggi alternativi dall’una all’altra vita. Si viene ad accennare ancora una specie di Purgatorio prima di passare ai Campi El
a invenzione dell’ obolo da pagarsi a Caronte fu bonariamente creduta una indubitabile verità nei secoli più rozzi ; e perc
rità nei secoli più rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta di tal nome nella bocca degli esti
di pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati. E qui ne faremo una breve rassegna. La pena generale per tutti i dann
er Giunone, fu punito nel Tartaro coll’esser legato a cerchio sopra a una ruota che velocemente e continuamente girando ren
a. Omero la descrive così : « Sisifo altrove smisurato sasso « Fra l’ una e l’altra man portava, e doglia « Pungealo inenar
oserpina, non si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spalla di Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei
discendenti di Pelope, portavano un distintivo, o come ora direbbesi, una decorazione, consistente in una piccola spalla d’
un distintivo, o come ora direbbesi, una decorazione, consistente in una piccola spalla d’avorio263). Il padre scellerato
avorio263). Il padre scellerato ed empio fu condannato nel Tartaro ad una pena che tutti i poeti greci e latini rammentano,
o, « La cui bell’onda gli toccava il mento. « Sitibondo mostravasi, e una stilla « Non ne potea gustar : chè quante volte «
ante l’onda fuggìa dal fondo assorta, « Sì che appariagli ai piè solo una bruna « Da un Genio avverso inaridita terra. « Pi
pena di Tantalo aggiunge il timore continuo di essere schiacciato da una rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il to
omigliarvi i miserabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar
i loro mariti furon condannate nel Tartaro ad empir d’acqua infernale una botte pertugiata, o come altri dicono sfondata, c
Augusto270. È notabile che nell’Inferno dei Pagani le pene non hanno una evidente correlazione ai delitti, nè vi si scorge
pene non hanno una evidente correlazione ai delitti, nè vi si scorge una opportuna proporzione fra questi e quelle. In tal
hiesta : « Filosofia, mi disse, a chi la intende, « Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende « D
he spandono piacevole odore. Anche in Meccanica ha il nome di Danaide una specie di ruota idraulica che serve a convertire
di ruota idraulica che serve a convertire il movimento rettilineo di una corrente d’acqua in un movimento di rotazione con
rrente d’acqua in un movimento di rotazione continua ; e si fece così una felice allusione al continuo attinger dell’acqua,
in 93 centesimi. Il nome di questa piccola moneta, l’ obolo, ha avuto una gran fortuna e un gran credito ; è passato in qua
ai moderni recar maraviglia che i Pelopidi portassero per decorazione una piccola spalla d’avorio, essendo noi avvezzi a co
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
rata come la Luna, immaginarono i mitologi che essa sotto la forma di una avvenente e giovane Dea percorresse le vie del Ci
ndimione, e stava sul monte Latmo che è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato di un profondo son
fi. Trovansi pitture e stampe in cui vedesi Endimione addormentato in una caverna e la Luna che sta a guardarlo. I poeti po
a metà della gamba, pendente alle spalle il turcasso cogli strali, in una mano l’arco e nell’altra un guinzaglio con cui tr
he amoreggiava con Giove. La qual’orsa fu poi da Giove trasformata in una costellazione per impedire un matricidio, vale a
issima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di
itologi aggiungono che anche Arcade figlio di Callisto fu cangiato in una costellazione detta Arctophylax, cioè custode del
cacciatore Atteone, il quale essendo penetrato in un boschetto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la
ente dilaniato. Dissero i mitologi che Atteone, perchè apparteneva ad una famiglia odiosa a Giunone, fu spinto malignamente
lignamente da questa Dea ad entrare in quel boschetto per procurargli una sì miseranda fine. Atroce e vergognosa vendetta !
ruosa Ecate. Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, second
endo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cing
he ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta qu
il passo in cui ne discorre Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o di eretici dell’antico pa
t. 8 del lib. I dice delle due famose streghe Canidia e Sagana, che l’ una invocava Ecate, e l’altra Tisifone ; e nel Carme
alla Luna145. Diana aveva in Efeso un famoso tempio, considerato come una delle 7 maraviglie del mondo, che fu arso, pur d’
ii Ecumenici, non trovasi che qualche lurida capanna mezzo sepolta in una pianura paludosa da cui sollevansi esalazioni del
sotto più forme. » 136. Orazio nell’ Ode 5 del lib. v, parla di una maga, « Quæ sidera excantata voce Thessala « Lun
ervet ut in ternas compita secta vias. (Ovid., Fast. i, 141.) Dante una sola volta nella Divina Commedia dà il nome di Tr
18 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
. Aci, trasformato in fiume, 273. Acrisio, 75. Rinchiude la figlia in una torre di metallo, 353 ; — perde il trono e lo ria
uno degli scultori del Laocoonte, 607. Agesilaos, V. Plutone. Aglaia, una delle tre Grazie, 175. Aglauro. Sua invidia punit
2. Atreo, figliuolo di Pelope, e fratello di Tieste, 514-515. Atropo, una delle Parche, 235. Atteone, cangiato in cervo, 13
Calisto, ninfa, madre di Arcade, 75 ; — sue sventure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274, e seg. Calliroe, madre di
o, 122. Climene, figlia dell’Oceano, 118, 316. Clinopatro, 670. Clio, una delle nove Muse, 274, e seg. Clitennestra, mogli
SIBLE]ia. Sua metamorfosi, 130. Cloride, moglie di Nereo, 553. Cloto, una delle Parche, 235. Cocalo, 423. Cocito, fiume del
eteo, sposa Pandora, 73. Eraclidi, discendenti di Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole. Sua nascita
seo, 402. Ettore, eroe trojano, figlio di Priamo, 591-596. Eufrosine, una delle tre Grazie, 175. Eumenidi, nome delle Furie
cerdote di Cerere, 60 (nota). Eunomia, figlia d’Astrea, 337. Euriale, una delle Gorgoni, 357. Euridice, moglie d’Orfeo ; su
opa, madre di Minosse e di Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Euterpe, una delle nove Muse, 274 e seg. Eveno, fiume, 393.
ue avventure, 89-90. Iobate, re di Licia, 463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Danaidi, 252. Ippio, soprannome di Nettuno,
. L Laberinto, 419 ; — quali erano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parche, 235. Ladone, padre di Siringa, 299.
sua malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio di Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megapento, figlio di Preto, 3
egapento, figlio di Preto, 363. Megara, moglie d’Ercole, 391. Megera, una delle Furie, 232. Melampo, 92. Melanconia, divini
, 449. Melissa, Ninfa Oreade, ritrovatrice del miele, 319. Melpomene, una delle nove Muse, 275. Meneceo, muore per la salve
ccasione, divinità allegorica, 332. Oceano, Dio marino, 192. Ocipeta, una delle Arpie, 191. Odino, divinità scandinava, 739
; — rapisce Elena, 601 ; — combatte con Menelao, 602 : — è ucciso con una freccia d’Ercole, 603. Parnaso, monte sacro alle
 arma la Grecia contro il fratello, 506 ; — sua morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia di Priamo
, divinità allegorica, 240. Speranza, divinità allegorica, 349. Spio, una delle Nereidi, 316. Stagioni, 688 2°. Statore, so
, 79. Stelle o Stellio, convertito in tarantola da Cerere, 57. Steno, una delle Gorgoni, 357. Stenobea, moglie di Preto re
Focide, 533. Suada. Vedi Pito. T Talete, filosofo, 122. Talia, una delle tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse
T Talete, filosofo, 122. Talia, una delle tre Grazie, 175. Talia, una delle nove Muse, 275. Tantalo. Oltraggia gli Dei,
rpandro, 478 (nota). Terra, 25, 26. Tersandro, 510 (nota). Tersicore, una delle nove Muse, 275. Teseo. Sua nascita, 402, 40
Tiresia, indovino, 660, 661. Tisbe, amante di Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Titani, discendenti di Titano ;
rito dell’Aurora, 112. Tizio. Suo delitto e suo gastigo, 249. Toossa, una delle figlie di Forco, 204. Trasibulo, 670. Tride
79 ; — come egli punisce i Proci, 580-581 ; — sua morte, 582. Urania, una delle nove Muse, 275. Urano, vedi Celo. V V
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
ente confuse e amalgamate nei poeti posteriori, che attribuiscono e l’ una e l’altra indifferentemente e congiuntamente a Ve
e serve di transizione dall’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e
or dell’età e della bellezza, affatto nuda e senz’alcun ornamento, in una conchiglia marina spinta a gara dagli zeffiri sul
sue freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar mai a scegliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima
e Dee, senza pensar mai a scegliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto
egliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate
omanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e conclusero che dopo mille prove a cui Cu
meno morbose o moleste del nostro corpo. Psiche è rappresentata come una giovanetta delicatissima colle ali di farfalla, p
? » (Purg., x, 123…) L’Amore malnato e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in atto di tormentarla col
on v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ; con una face ardente nella destra, simbolo del mutuo affe
vanetta uscita appena dalle onde del mare era rappresentata nuda e in una conchiglia marina, oppure, e specialmente in scul
aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un
vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose. La rosa erale
hè per bellezza e fragranza è la regina dei fiori : il mirto perchè è una pianta che meglio vegeta intorno alle acque, dall
ea Venere. 182. Esiste anche in Firenze nella Galleria degli Uffizi una vaghissima pittura del Botticelli rappresentante
ardente, « Giovane e bella in sogno mi parea « Donna vedere andar per una landa « Cogliendo fiori, e cantando dicea : « Sap
nda, « Ch’io mi son Lia, e vo movendo intorno « Le belle mani a farmi una ghirlanda. » 184. I vocabolarii italiani fra l
significa sul talamo, ossia letto nuziale ; e perciò sta ad indicare una canzone per nozze. È di antichissima origine, poi
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
campestri Chiunque ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza di forme fra essi e il Dio Pane,
ori pongono le figure dei Satiri per cariatidi ; della qual parola dà una bella spiegazione l’Alighieri nella seguente simi
itudine : « Come per sostentar solaio o tetto « Per mensola talvolta una figura « Si vede giunger le ginocchia al petto, «
ccolo Bacco nelle braccia, che trovasi nella villa Pinciana, e di cui una copia in bronzo esiste nel primo vestibolo della
dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. Era rapprese
. Era rappresentato con un berretto frigio coi sonagli, un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che egl
a Fauna per indicare complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione, nel modo stesso che dicono la Flora
Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fiori spuntano sul te
tratto qualcuna non egualmente felice, ed inoltre poco dignitosa per una divinità, qual fu l’invenzione del Dio Priapo. I
ccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una canna con stracci in balìa del vento. Molti poeti
ribuisce l’invenzione a Numa Pompilio, che volle così santificare con una idea religiosa il diritto di proprietà e renderlo
proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire la rappresentanza di una Divinità tutelare di tal diritto a un segno mater
a pena della deportazione in un’isola e la confisca del bestiame e di una terza parte dei beni del condannato. Il Dio Termi
una terza parte dei beni del condannato. Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitoli
irca diciotto anni : il quale nella mano destra tiene sospesa in aria una tazza ; la quale egli guata fiso, e disiosamente
chi languidi e imbambolati per berlasi tutta. Ha nel sinistro braccio una pelle indanaiata di tigre, e co’polpastrelli, cio
la Galleria degli Uffizi. Lo stesso Michelangiolo giovanissimo scolpi una bella testa di Fauno. 17. « Et teneram ab rad
phini. 24. Orazio accenna che nelle Feste Terminali sacrificavasi una agnella : « Vel agna festis caesa Terminalibus. 
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano a
roduttrice, delle biade (magna parens frugum)51. Cerere ebbe da Giove una figlia chiamata Proserpina in latino e in italian
serpina in latino e in italiano, Persephone in greco, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi d
iglia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorrevano
in gufo o barbagianni, uccello di cattivo augurio. Si venne allora ad una transazione, e fu convenuto per la mediazione di
mblemi coi quali è sempre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e pariment
sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri ne
Cerere. Per maggior distinzione fu rappresentata ancora talvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava il ti
o da serpenti alati, o vogliam dire draghi volanti, ed avente in mano una o due faci accese : si riconosce subito Cerere ch
omonimo con quello di questo piccolo rettile, diè motivo ad inventare una tal trasformazione. Dante che ben volentieri ripo
esta, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè
lla sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual co
e. Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì
re ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in
ea co’denti. » Dante rammenta questo celebre mito, e se ne vale per una similitudine della magrezza a cui per pena eran r
iunar quando più n’ebbe tema. » E il Giusti, nella Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo d
to Caio deve pronunziarsi Gaio. 51. Ripeterò in questo scritto più d’ una volta che senza la cognizione della Mitologia non
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
nistri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di r
to assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnand
ano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea la corona ; un manto
igliò la bella e cortese giardiniera del Paradiso terrestre ; ma come una matrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altr
ndeva meglio e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potesse una coorte di Svizzeri. Di Pluto, Dio delle ricchezze
hezze, considerato come un ente diverso da Plutone, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era
le Dee che i Greci chiamavano le Mire. In origine i Greci conoscevano una sola Dea Mira uguale in potenza e in ufficio al F
o di un filo di lana, che esse incominciavano a filare quando nasceva una persona, e che recidevano, quando quella persona
o, non mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifr
morti (specialmente nei giorni delle più micidiali battaglie), dall’ una all’ altra riva dello Stige o dell’Acheronte. La
isfatti. In tal modo venivano i mitologi a rappresentare i rimorsi di una rea coscienza248. Le Furie furon dai Greci chiama
tichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo e della Notte, e dimorante in una caverna lungo le rive del fiume Lete, e perciò po
sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale c
ero ha ricevuto l’onore dagli astronomi che il suo nome fosse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catal
famiglia delle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inoltre ad una specie di vipere. 240. « Colà donde si niega
pendea, come a pastor, dal fianco. » E per intender poi che questa è una imitazione del gigante Polifemo descritto da Omer
nserra quivi ; « Con quel sen va dove il suol far satollo, « Suonando una zampogna ch’avea in collo. » 244. La voce Parc
ire che son così chiamate ironicamente. — Troveremo un caso simile in una delle denominazioni delle Furie. 245. Anche i p
uistato perfettamente la forma. Un commentatore storico vi troverebbe una reminiscenza di quei Potestà e giudici dell’antic
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
poi la Dea Leucotoe, aveva della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nome Frisso ed Elle ; che non contenti
u diretta la spedizione degli Argonauti ; e non la considerarono essi una impresa di rapina, ma come l’esercizio di un diri
del suo impareggiabile montone, furon costretti a costruire ed armare una nave che fu creduta la prima inventata dagli uomi
re, come abbiam detto, almeno a cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave di cinquanta remi. In questa comune e nazion
aravigliosi, degni di poema ; gli altri Eroi vi rappresentan soltanto una parte molto secondaria ; ma appunto per questo vi
di Eea, vocabolo d’incerta e vaga significazione, indicante soltanto una terra lontana, come l’Oga Magoga della Bibbia e i
ante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa,
sodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e rammentato più d’ una volta dall’Alighieri, cioè la liberazione del re
coll’immaginare che il Senàpo imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella di Fineo, ha riunito in
e dipoi il diverso modo di liberazione da lui immaginato : « Dentro una ricca sala immantinente « Apparecchiossi il convi
e nefande, « Tratte dal cielo a odor delle vivande. « Erano sette in una schiera, e tutte « Volto di donne avean pallide e
o scalco poi comanda « Che riponga la mensa e la vivanda. « E così in una loggia s’apparecchia « Con altra mensa altra viva
luogo ha, fonte. « Quasi della montagna alla radice « Entra sotterra una profonda grotta, « Che certissima porta esser si
opo Astolfo, dice di averle trovate, mette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti
, quanto al fine ultimo della medesima, se Giasone non avesse trovato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo sop
li Argonauti in greco, e Valerio Flacco in latino. Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv de
suoi compagni. Dante in un sol verso accenna questo fatto, anzi ne fa una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, dicen
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
rchè vedevano da ogni parte dove finivan le terre da loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione di
celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fon
tivi ; il più caratteristico dei quali è il tridente, che consiste in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il pote
nda ai flutti e scuote la Terra cagionando terremoti216). Ha in testa una corona d’alghe o altre piante marine, e sta in un
i216). Ha in testa una corona d’alghe o altre piante marine, e sta in una gran conchiglia posta sopra un carro tirato da qu
vallo. Ma quando P. Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affrica la potenza cartagine
fiaccare in Affrica la potenza cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del m
one di tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto trattamento per una numerosa famiglia. Perciò Nettuno si risolse ben
dei Latini. È rappresentata questa Dea come un’avvenente giovane con una reticella da capelli che le cinge la testa, – pro
iri le terrestri Divinità) e di suonar la tromba marina 218), che era una conchiglia ritorta simile a quelle dette volgarme
ti come le folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata di nuovo genere che niun mortale vide giam
era crucciata « Per Semelè contra ’l sangue tebano, « Come mostrò già una ed altra fiata, « Atamante divenne tanto insano,
a sopra l’erba, gustando di quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuova vita, e spiccando un salto ritornavano in m
lli marini. A questo Nume costituito in sì umile ufficio attribuirono una prerogativa degna dei più grandi Numi e dello ste
r prendere qualunque forma che più gli piacesse. Vi aggiunsero ancora una sua stranezza, che egli cioè non volesse presagir
chiestole. E come non bisognava stancarsi ad aspettare, se Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a riprende
s, virides siccare capillos, « Pisce vehi quædam : facies non omnibus una , « Nec diversa tamen, qualem decet esse sororum. 
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
tela, in legno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con
ane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? È
degli altri Numi superni. Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate n
greco e in latino a significare il busto del dio Mercurio posto sopra una colonnetta ; e in questa stessa significazione si
a indicare qualunque busto di Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccola colonna. Il nome di Mercurio ha evidente
pure anco il Dio dei ladri. E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dall
della gran macchina sociale. Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendeva
credevasi che Mercurio avesse formato questo stromento col guscio di una testuggine adattandovi 7 corde158. I poeti latini
e vacche ad Apollo, incontrò per via il pastor Batto, al quale regalò una giovenca perchè non lo scuoprisse ; ma poi per pr
di un altro che cercasse il ladro di quell’armento e promise a Batto una vacca e un bove, se glie ne indicava le traccie.
genere di piante. La più comune dicesi volgarmente Marcorella, che è una corruzione del termine mercuriale. Mercuriali si
ebre il Mercurio di Giovan Bologna, statua in bronzo che ornava prima una fontana della villa Medici in Roma, ed ora vedesi
dici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercuri
piccolissimo punto d’appoggio. Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità di copie di diverse dimensioni. 155. Sp
vean per costume di incoronarsi d’olivo, come accenna Dante stesso in una similitudine del Canto ii del Purgatorio. « E co
ina invece la madre, di lui Maia ; e pare che così voglia attribuirsi una maggior licenza poetica, che non sia in uso comun
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
orio immagina di aver fatto un sogno, nel quale, per quanto parvogli, una donna « Io son, cantava, io son dolce sirena « C
subito dopo soggiunge : « Ancor non era sua bocca richiusa, « Quando una donna apparve santa e presta « Lunghesso me per f
artenope andò a morire sulla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Parte
degli altri cetacei dalla figura umana, mentre poi vanno a finire in una coda orizzontale, come una gran parte dei pesci22
figura umana, mentre poi vanno a finire in una coda orizzontale, come una gran parte dei pesci227. Da sì lieve causa e somi
in un orribile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una muta di cani latranti. Cariddi poi, benchè credut
fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro di Messina, e vi formò una pericolosa voragine. La geografia ci dice che Sci
e vi formò una pericolosa voragine. La geografia ci dice che Scilla è una scogliera sulla costa della Calabria ulteriore I2
o, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo
quando flagella furiosamente le onde colla potente sua pinna produce una piccola tempesta e ne rimbomba il suono per le so
schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar ve
« Da quella forza che ogni forza eccede, « Da quella forza che più in una scossa « Tira, ch’in dieci un argano far possa. «
o lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un con
elle mirabili immagini ariostesche. Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che cioè la N
ulle marine e uomini marini. 228. Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dell
izione, perchè vi è dipinta mirabilmente l’ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fatti di diverso
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
XXV Bacco I mitologi greci avevano una fantasia inesauribile per inventar cose strane e
direbbesi due volte nato, perchè la così detta seconda madre non era una femmina, ma un maschio. Convien dunque darne la s
venti non solo fra gli uomini, ma ancor fra le donne. Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi pe
n volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampin
anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i
(cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in par
ed il buono se ne trovò molto contento, e le regalò come dono nuziale una preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egre
oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome di corona
e, che significa fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata stafu
ave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande es
acco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò c
chimici. Testimoni i Germani, i Batavi, i Britanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, bevitori di cervog
e Magalotti, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carl
ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi nel Bacco in T
lib. iii delle Metamorfosi così racconta questa favola, accennando in una parentesi di non prestarvi fede egli stesso : « 
 : « Nel cervellaccio imbizzarrito e strambo « Senti ronzar di versi una congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Sen
28 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
per l’altro in tutto l’anno ; e per gli antichi Romani v’era inoltre una ragione speciale riferibile all’uso che avevano d
bandonava « Del timon luminoso alla sorella. » Inoltre aveva il Sole una maestosa e ricchissima reggia, opera di Vulcano10
le, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed er
a di essere imitata o copiata. Il Sole nel corso dell’anno percorreva una strada (detta dagli astronomi orbita, e più propr
mi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17 gradi, ed ove
cioè zona di animali, perchè le costellazioni che vi si trovano (meno una sola) hanno il nome di diversi esseri animati. Si
ar dei miti che vi hanno relazione. Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte grec
o relazione. Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi nella galle
ria degli Uffizi in Firenze. Anticamente ergevasi nell’ isola di Rodi una statua colossale in bronzo rappresentante Apollo,
porto, e le navi passavano a piena vela fra le sue gambe. Era questa una delle 7 maraviglie del mondo, ma fu atterrata da
me dice Dante, inventarono i mitologi che tra i figli del Sole vi era una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la quale ogn
a madre Climene andò nella sublime reggia di Apollo e chiese al padre una grazia, prègandolo a giurare per le acque del fiu
n figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salute. Nella invenzio
to di quest’apostolo. Idearono ancora i mitologi che Esculapio avesse una figlia chiamata Igiea, o Igia. Fu questa una pers
ogi che Esculapio avesse una figlia chiamata Igiea, o Igia. Fu questa una personificazione, o vogliam dire deificazione del
, ii, 55.) 120. Orazio nel Carme secolare, indica chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attributi
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
ione di regno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la sua in una torre di bronzo per impedire che prendesse marito
fortezza inespugnabile alla quale potesse accostarsi un asinello con una soma d’oro48. Acrisio prese allora un’altra mezza
e allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio
escrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo ( una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente acco
ia lo eccitò, coll’allettamento della gloria che ne acquisterebbe, ad una impresa stranissima e pericolosissima da eseguirs
gone era già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel suo celebr
bre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem di smalto, «
rovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita di Medusa, distacca
calcio al terreno presso il monte Elicona nella Beozia, fece sgorgare una fonte che fu poi sacra alle Muse e fu chiamata Ip
l valor personale e per non nuocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne vale
ozze di Perseo con Andromeda furono disturbate negli ultimi giorni da una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a
ae a sposarlo ; ed egli per toglier d’impaccio la madre, lo cangiò in una statua. All’avo Acrisio, che ancor viveva, perdon
eo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di stelle cadenti, di cui hanno luo
doro e Pausania, i quali però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della rec
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
IX Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e di Cibele fu dato il no
fu dato il nome stesso dell’ava, cioè di Vesta ; e per distinguere l’ una dall’altra fu aggiunto all’ava l’aggettivo di Pri
i sul posto stesso di quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da una violenta inondazione ; un altro simile si vede ne
popolo che dipendesse la prosperità dello Stato ; e temeva imminente una grave sciagura, se fossero neglette o non rispett
prender marito : il che però di rado accadeva, poichè fu considerata una determinazione infausta per la Vestale. I voti e
utto, detti nefasti, ossia infausti. Ebbero luogo pur troppo, e più d’ una volta ; ed anche in Tito Livio ne troviamo il ric
oviamo il ricordo e la narrazione49. Ma però in compenso e premio di una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei loro
Stato e beni e cospicue rendite. Assuefatte perciò sin da bambine ad una vita così dignitosa, splendida e principesca non
te come l’ Araba fenice. 48. Il Pontefice Massimo quando avea scelto una di queste giovanette, per consacrarla Vestale usa
Vestali. Alcuni autori dicono che la Vestale colpevole era calata in una stanza sotterranea nel campo scellerato, e postol
zione, che davasi nel Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in una fossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual
ossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza bolgi
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
grande assurdo, che cioè queste Divinità potessero morire ; il che è una contradizione in termini teologici. Erano meno as
lo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure essen
cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una d
nte Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. La qual ca
namorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a
ine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di es
one e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. Dante allude più d’ una volta a questa favola, come, per esempio, nel Can
Ninfa Galatea è molto rammentata, specialmente dai poeti latini, come una delle più belle Ninfe ; e dicono che se ne fosse
ttori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleri
ene inteso che le Ninfe mitologiche non eran perfette divinità, ma in una condizione media fra quella degli uomini e quella
ì per lì lo avessero ben presente) e si affrettarono a chiamar Ninfèa una pianta aquatica (detta altrimenti Nenufar e volga
ni chiama vasi Ninfèo non solo il tempio sacro alle Ninfe, ma altresì una particolar costruzione architettonica, o fabbrica
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jove juvat, dicono i mitologi latini). I grec
ssa sorella e moglie di Giove92). Nella sua pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e benefica ; ma essa pure, nella vit
manto, i cui lembi estremi le stanno ricinti a mezzo la persona ; in una mano ha lo scettro e talvolta nell’altra una mela
a mezzo la persona ; in una mano ha lo scettro e talvolta nell’altra una melagrana frutto dell’albero a lei sacro, e ai pi
ltre un trono d’oro, un ricco e splendido carro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo di quatto
li Dei, quando erano a convito con Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano
feticisti egiziani che adoravano le bestie fu ricevuta e adorata come una Dea, e restituita poi da Giove nella primiera for
a Giunone è il mito della sua ancella e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e cre
ra sussistenza « Dell’alto lume parvemi tre giri « Di tre colori e di una contenenza ; « E l’un dall’altro come Iri da Iri
è divenuta così importante ed estesa, che può quasi considerarsi come una scienza particolare ; e perciò i moderni alle ant
a nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta aven
. « Ast ego quæ divûm incedo regina, Jovisque « Et soror et coniux una cum gente tot annos « Bella gero. » (Virg., Æneid
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
na, e facendola di origine divina. Anche Orazio disse che l’anima era una particella dell’aura divina 27). Questa per verit
era una particella dell’aura divina 27). Questa per verità apparisce una opinione più filosofica e biblica28) che mitologi
a dire che scorrevano rivi di latte e di miele. Ma il nostro Dante fa una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo :
nde, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette sì la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però
soggiunge tosto : « …. O Marco mio, bene argomenti. » Qui osserverò una volta per sempre che alle erronee o pregiudicate
magine di questo Dio. Si rappresenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di
questo Dio. Si rappresenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarse
presenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o
amano sal di Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica saturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo
o riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prim
ta quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima signifi
me, ossia con tre faccie). Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano e
34 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
e compresse, furon dai poeti riunite le strane vicende di entrambe in una sola narrazione, e come se fossero una sola guerr
strane vicende di entrambe in una sola narrazione, e come se fossero una sola guerra. Anzi poichè la seconda fu più terrib
regola e norma ai maggiori e ai minori nostri poeti68. Per altro in una narrazione critica dei miti convien distinguere l
l titolo della contesa. La prima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione di diritti o di pretese fra due famigl
dinastiche ; ma la seconda era stimata, come direbbesi modernamente, una irruzione del Comunismo a distruzione del Gius Co
ia dell’ordine sociale di fatto ; e gli antichi la considerarono come una lotta del principio del male contro quello del be
quello del bene, e perciò celebrarono la vittoria di questo72. Fatta una tal distinzione, resta ora da accennare soltanto
di vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto
ma giganti. » Per quanto Dante ci confessi sinceramente ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per quest
rano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Giganti, e la massima parte fuggir
o, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le fa precedere una dottissima e splendida descrizione delle eruzioni
venna nel visitare il sepolero del divino poeta, da lui invocato come una divinità : « O gran padre Alighier, se dal ciel
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
egli era il maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio
na corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e gen
o speciale ufficio : Calliope con volto maestoso, cinta la fronte di una corona d’ellera, e in mano l’epica tromba. Polin
ia coll’alloro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la
otolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e nell’altra il plettro. Clio colla
ano. Talia con volto allegro e ridente, la corona d’ellera in capo e una maschera, oppure, come voleva il Parini, uno spec
con volto serio, la regal corona in capo, la maschera da tragedia in una mano, e nell’altra lo scettro o il pugnale, e cal
r salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torre, mettessero le ali e volassero via. Pireneo
persecutore dei dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto gli egregi poe
io ebbe a soffrir disgrazie e dispiaceri. Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale es
o d’allora in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i
lo e contento anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia di Giacinto il disco scagliato da Apollo ;
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
o era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una bellissima giovinetta, che Giove rapì trasformato
racolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla
a domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra. Dove ei la incont
ago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorge
lla strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di uomini armati che si misero subito a
i suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e nepp
ti. Di lui ci dicono i Mitologi che si ritirò insieme colla moglie in una solitudine, e che ivi furono ambedue cangiati in
oi al nome di Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira di fare una città simile alla famosa Tebe di Egitto, e che pe
nicia in Europa, C. O. Muller l’ha rigettata, considerando Cadmo come una Divinità pelasgica. Ed ecco come dalla Mitologia
, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione de
curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di di
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
eva aggiungersi dai Lanuvini alla Dea Giunone. Poi divenne un nome di una particolare Divinità ; e Cicerone nel lib. i De N
Cicerone nel lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un pic
. La Dea Fornace fu un’invenzione del re Numa Pompilio. Era veramente una Dea da quelle etadi grosse, come direbbe Dante ;
a Muta non ci danno notizia che Ovidio e Lattanzio ; e dicono che era una Naiade, la quale fu privata della favella da Giov
di Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miracolo, ma udì anche una voce dal Cielo che prometteva ai Romani la maggio
caduto dal Cielo. Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del
a festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Perenna era una Dea adorata soltanto dai Romani, perchè credevano
Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè era considerata come una Ninfa del fiume Numicio. Ovidio ne dà l’etimologi
cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si chiuse
i aveva avvertiti che facessero un sacrifizio di espiazione immolando una scrofa pregna. Cicerone stesso disapprova questa
linio nel luogo da me citato di sopra. Non ha fatto dunque il Preller una nuova scoperta, ma soltanto ha dimostrato con qua
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur an
vie per andare all’Inferno ; ma ne rammentavano principalmente due : una sotto il promontorio di Tenaro (ora capo Matapan
e gioiose « Contrade de’felici e de’beati « Giunsero alfine. È questa una campagna « Con un aer più largo, e con la terra «
globo. Lo spazio è abbastanza grande da entrarvi parecchie cose. Con una periferia di 21,600 miglia geografiche pari a 40,
00 miglia geografiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri qu
enza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cu
ne in osservazione, di raziocinio in raziocinio a creare recentemente una nuova scienza, la Geologia, che comprende la Geog
evano che vi abitassero le anime dei Beati. Orazio ne fa poeticamente una splendida descrizione nell’ Ode 16ª del lib. v ;
Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa
atur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere :
p. xxiii. Quando si trova un gesuita tra i più zelanti antesignani di una ipotesi scientifica, anche il devoto femmineo ses
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
tuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria marea e spingerli ad invadere le vi
d invadere le vicine convalli. Tutti perirono, fuorchè un sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono
n sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in ba
acolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), una empietà o violazione dei sepolcri, interpetrarono
e quelle di Deucalione uomini. Ecco perchè, dicono i poeti, noi siamo una dura stirpe, tollerante delle fatiche, e diamo in
ri che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi nel mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo fantasmagori
rreno l’uno di faccia all’altra in atto di scagliare dietro le spalle una pietra, e a poca distanza le pietre già prima sca
 ; e quello storico, chiamato il diluvio universale, e di cui trovasi una general tradizione in tutti i popoli, è l’ultimo
nche oggidì nel fondo dei laghi e nelle inondazioni dei fiumi. — Così una scienza che due secoli indietro non esisteva nepp
roche, in inglese rock e in tedesco felsart. 89. Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i termini m
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
e degli ufficii di lui, credo opportuno di presentarne il ritratto. È una eccezione al mio metodo, che mi par giustificata
potrà sembrare ai dì nostri piuttosto uno sforzo d’immaginazione, che una indubitabile interpretazione, poichè dicono sul s
a di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e nell’altra la sampogna.
quello di Apollo rispetto a Dafne. Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gl
di Ciparisso ecc. Sul rozzo stromento della sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. Non contenti di eredere che
ettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, poichè con una sola similitudine e in soli due versi e mezzo, ri
timor pànico venne posteriormente a significare anche presso i Pagani una paura senza fondamento, ciò stesso dimostra che s
gani una paura senza fondamento, ciò stesso dimostra che si aveva per una ubbìa e non per un miracolo. Anche Cicerone nelle
re il capitolo con queste quisquilie filologiche, terminerò esponendo una solenne osservazione filosofica del celebre Bacon
imologia di questo nome deriva da pao (io pasco) ; e che pan è perciò una contrazione di paon. 11. « Pan primus calamo
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le su
r gli uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni
amorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo
arti utili alla vita (il quale ingegno perciò può dirsi poeticamente una scintilla del fuoco celeste) ; e inoltre la puniz
rometeo per rapire il fuoco celeste, inventando che egli accese lassù una verghetta o un fascetto di legna ; e cosi vengono
a per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi, produc
di marito e di padre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie di lamentarsi e stizzirs
e alcuni mitologi fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta, di mano in mano che ne verrà l’occasi
l poeta Eschilo compose tre celebrate tragedie, che facevan seguito l’ una all’altra, cioè Prometeo portator del fuoco, Prom
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
entavano alcune delle Inferiori Divinità. Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; op
Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achil
altro come necessaria la condizione che uno dei genitori debba essere una Divinità. Quindi anche un semplice mortale poteva
ndo vigore e il così detto diritto della privata violenza. Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, rifer
i rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di
padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’ una è detto in quale di esse egli era più giovane, in
olta per ordine cronologico ; e di quelli che si trovarono insieme in una data spedizione prima accennerò brevemente le par
tra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a
è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi cal
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
ermesso. Nella parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti
voragine ; e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie di caldaia, che i Greci chiamavano lebete
loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’immagin
ticense, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicament
. Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto
one compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle
oltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa div
el Cristianesimo ; e così assegnavano gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che era l’effetto natu
mpi della guerra Troiana, nella quale l’indovino Calcante rappresenta una parte importantissima, come interprete degli Dei,
ali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’ una , si può dedurre con sicurezza di non errare, che
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione igne
edesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove que
tto in Roma ai tempi della seconda guerra punica allorchè, infierendo una pestilenza, le risposte dei libri sibillini presc
suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe che i Frigi credevano caduta mirac
che i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una di quelle pietre meteoriche, dette ora aereoliti)
altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga
mpo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di ani
matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso
coltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e,
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
za apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stess
ettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commiss
e, immaginando che vi sarebbe perito, se egli era reo, oppure darebbe una prova della sua innocenza se riuscisse vittorioso
isfi pienamente questa spiegazione, nessuno ha saputo sinora trovarne una migliore. I Naturalisti hanno dato il nome di Chi
è raro il trovar dipinta o sculta la figura della Chimera. Ne esiste una di bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è
o per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non reca di certo una gradita sensazione all’occhio dei profani, qual f
tesso. Il duello che usa tuttora è un avanzo dei secoli barbari, e fa una gran tara alla tanto vantata civiltà moderna. 5
moderna. 55. Anche i poeti latini, quando volevano significare che una cosa era impossibile o incredibile, o almeno che
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
attribuzioni degli altri. Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione di diversi Stati o Principi sotto la
araviglia, leggendo il titolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che pure è conosci
to o l’ultima necessità. La Necessità considerata dai Politeisti come una Dea è la personificazione e la deificazione dell’
ificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destinate a produrre certi determinat
a Necessità costringe gli uomini a fare o soffrire, perciò fu-creduta una Dea avversa anzi che propizia agli umani desideri
nto in Italia, e in Roma stessa più che altrove. Rappresentavasi come una donna stante in equilibrio con un sol piede sopra
esentavasi come una donna stante in equilibrio con un sol piede sopra una ruota o un globo, per indicare la facile sua muta
an sottoposti anche i Semidei, quantunque uno dei loro genitori fosse una Divinità di prim’ordine. Così fu ristretta fra ce
47 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
Anni av. G.C. 1986. Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese che poi fu detto Argolide. —
ento del lago Copaide. Anche ai tempi di Silla era celebrata in Atene una festa che ricordava questo fatto. 1582. Cecrop
e ricordava questo fatto. 1582. Cecrope, d’origino egizio, conduce una colonia nell’Attica, già chiamata Actea. Sposa la
chiamata Actea. Sposa la figlia d’Atteo, successore d’Ogige. Fabbrica una piccola città, detta Cecropia, che fu poi l’Acrop
l’Acropoli (città alta). Quindi le dodici borgate che Teseo riuni in una sola città, col nome d’Atene. — Instituzione del
rinvenire la sorella Europa rapita da Giove (vedi la favola), conduce una colonia nella Beozia, fonda Cadmea, che fu poi la
e di Perseo. 1335. Giano, principe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna di Roma). Età dell’or
ti dai Pelopidi. — Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia, invade una parte del Peloponneso. Atreo e Tieste, discendent
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
tamente debbono apparire strani e irrazionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di
di Giove e di Giunone. Ma poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente di Giove, il Fato, agli ines
e è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il r
i dopo di esso, fu così abile Archita, come si racconta, da costruire una colomba volante. Altri automi più semplici, e non
a consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ec
Bronte e Piracmone ignudi « A rinfrescar l’aspre saette a Giove. « Ed una allor n’avean parte polita, « Parte abbozzata, co
’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione de
) 194. Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi della geologia.
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
occhio nùdo ne annoverarono sette, e attribuirono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse nel lo
e. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’ una volta con questo nome. Anzi Dante considerando fo
disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia
alberi, piante di fiori e legumi. In Francia e in Svizzera ve n’erano una volta molte più che al presente. Anche in Italia
adottò questa stessa idea di Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bellissima similitudine nel raccontare che egli s
stimava a sè inferiore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia. Di questa sua folle empietà fu terribilme
amo ancora dal seguente epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima statua di Niobe sculta da Prassitele :
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla
stioni decretò che avrebbe questo privilegio quel Nume che producesse una cosa più utile al genere umano. Gli altri Dei las
a sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai piedi una civetta o un gufo, animale a lei sacro. Secondo
le cose che agli altri restano oscure ed ignote. E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur an
e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata
per dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno. È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per
femminile significa tela, e al maschile ragno, e Plinio asserisce che una donna chiamata Aracne inventò le tele, e Clostère
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
ro iddio ? Abbiamo perciò davanti a noi un soggetto o argomento che è una vera fantasmagoria mondiale dai tempi preistorici
o vogliam dire due cause supreme di tutte le cose, entrambe eterne, l’ una opposta e nemica dell’altra ; e, senza aggiungerv
ui egli parlava non poteva significare, nella sua segreta intenzione, una divinità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione d
a. Così nella colonna Traiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Diana ;
forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera 278. Questa parola Genio ebbe un gran cred
significati ; e confinerò qualche prosaica osservazione filologica in una nota, essendo più che persuaso, convinto, che la
vece accenna un altro uso della parola Genio in questi termini : « Di una persona eccellente nella sua arte o in più discip
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero ancor
inatore dei propri elementi di cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglior natura. Qual fosse questo Dio non lo sa,
seri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad
iscriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei
o o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche talvolta una gran confusione amministrativa in uno stabiliment
a gran confusione amministrativa in uno stabilimento industriale o in una pubblica azienda. 3. « Lucidus hic aer et quæ
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
esa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino soltanto incid
ome dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » Dopo altre vice
e lo cedè ad Atalanta. Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantars
iosa forza e ferocia del mostruoso cinghiale. Ma la scena termina con una favola di nuovo genere, invenzione che Dante stes
casione. Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi ag
eri inesplicabili. 62. I posteri conservarono per molti secoli come una preziosa reliquia il teschio e la pelle del cingh
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
o in tutte le religioni idolatre, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi,
altrettante divinità. Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di
tti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. È questa una osservazione generale che non convien dimenticare
del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto
reato tanto fisico, quanto morale o intellettuale12. Cicerone compose una celebre opera intitolata Della natura degli Dei ;
suoi derivati, credo che sia più utile per la studiosa gioventù, che una eruditissima discussione, a guisa de’più tenaci a
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
o. Omero aggiunge che ai lati del suo trono teneva Giove due coppe, l’ una del bene e l’altra del male, per versarle a suo b
r la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase semp
acco, assetato e smarrito nel deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fontana per dissetarsi. Il tempio che Bacco per g
Oracoli dei Pagani. I paleontologi hanno dato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corn
ovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, «
dì. Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del Dio filosofico, riconosciuto
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
erte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle Virtù e d
le Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio al
Sole ; e Ovidio ci dice che gli sacrificavano il cavallo per offrire una veloce vittima al celere Dio (ne detur celeri vic
to Egiziano. Il Sabeismo sarebbe stato anch’esso, com’era in origine, una specie di Feticismo, benchè meno goffo, non meno
to degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale. 166. Tert
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
ichiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo
mo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli di una Divinità. Nell’Impero Romano all’opposto l’apoteo
Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura come una teologica conseguenza della prima ; e il Senato f
rro dorato con la statua dell’Imperatore. Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d
esso degli Dei l’anima dell’Imperatore. Se poi facevasi l’apoteosi di una Imperatrice, invece di un’aquila sostituivasi un
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
Dea della sapienza173. Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice
e la causa della loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine
o alle materie di cui è composto il pianeta, atte a rifletterlo, o ad una densa atmosfera che lo circondi. Dante aveva osse
sfera che lo circondi. Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estrem
do egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgator
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
r considerata l’Aria come uno dei 4 elementi del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo di luce), p
tava in isola natante,43 « Cui tutta un muro d’infrangibil rame, « E una liscia circonda eccelsa rupe. « Dodici, sei d’un
« Costoro ciascun dì siedon tra il padre « Caro e l’augusta madre, ad una mensa « Di varie carca delicate dapi. « Tutto il
secondo Platone, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tempesta o di un uragano. Di Zeffiro abbiamo già
zo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole Eolie. 44. Ovidio ne determina e
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi
nia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’ una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle
osse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Meta
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
ontentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi
’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cortesi
ndio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Bar
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece di ciascun
incertezza se quell’oggetto informe potesse considerarsi un maschio o una femmina, lo divorò. Anche questa stranezza potreb
figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione. Quando Giove fu adulto, coll’aiu
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
nate le moderne ipotesi astronomiche, per cui si ammetta nello spazio una materia cosmica, onde si formano le nebulose e le
più antico degli Dei. Personificato il Cielo, ossia considerato come una persona divina, si pensò a personificare analogam
aliani. Da questo matrimonio nacquero due figli, Titano e Saturno, ed una figlia chiamata Cibele. Titano in prima, e poi un
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
ologi germanici sulle origini dei miti, potrà dar vita, col tempo, ad una nuova scienza che starà alla Mitologia greca e ro
taliano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un cibo
n libro facile e popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesante mole di peregrina e non necessaria erudiz
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
capo o principe. Chi non la pretende a filologo è indifferente per l’ una o per l’altra etimologia ; ma quanto all’origine
la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib. v d
enza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39. 32. «
66 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
non interrotto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più gradevole e più istruttiva, mentre la
, Giuseppe Borghi ec. Così possiam dire che il nostro libro comprenda una specie d’Antologia Mitologica opportunissima anch
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
e leggi e furon sì civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano
Che più ? anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce, era una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli e fi
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
oraneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammira
, e precisamente a tutti i Ghibellini (considerandoli come componenti una sola famiglia per gl’interessi comuni che avevano
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
mba, « Perocchè nella terza bolgia state. » 6. Chi ha letto almeno una volta tutta la Divina Commedia sa bene che vi si
greca direbbesi apocope ; come pure il verbo orate per adorate, che è una licenza poetica chiamata aferesi. 8. I più dott
70 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle pi
71 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
 Come sarebbe a dir la Gretteria « E la Trappoleria, « Appartenenti a una Mitologia « Che a conto del Governo a stare in b
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
stromento sacro per le cerimonie religiose era il sistro, formato di una larga lamina di metallo piegata in figura ellitti
73 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
o acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. E poichè è un’alta gl
74 (1855) The Age of Fable; or, Stories of Gods and Heroes
ip surpassed the material. No. 2. Page 60. Facies non omnibus una , Nec diversa tamen, qualem decet esse sororum. — 
75 (1898) Classic myths in english literature
4, 368, 396, 398; Wagner’s; Com. § 185. Or Val′kyrs. Valmiki, 35. Var′ una ; see under Hindoo divinities (1). Vayu; see under
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